Insegnare.Lim - Religione 4-5

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Religione

nella Scuola Primaria

Introduzione

“l’Irc…aiuta a ritrovare, al di là delle singole conoscenze, un senso unitario e un’intuizione globale... Attraverso il suo percorso didattico, secondo le finalità tipiche della scuola, se fatto seriamente, l’Irc non minimizza la fatica del conoscere e si inserisce attivamente nell’impegno della scuola italiana a far fronte alle esigenze delle nuove generazioni…” da “La sfida educativa” a cura del Comitato per il progetto culturale della CEI

Sono sempre stata convinta del fatto che un buon insegnante è sicuramente colui che non smette mai di apprendere dai libri e dalle interazioni con gli altri e l’ambiente, colui che è sempre pronto ad accogliere nuove idee e nuove tecniche che possono servire, colui che sa riconoscere che il processo della conoscenza non è mai a senso unico e che la scuola ha ancora qualcosa da dire e da dare in un contesto di società molto fragile, disunita, al punto che il sociologo Bauman la chiama “società liquida”. Se è vero che non ci sono più regole forti e che tutte le agenzie educative, a partire dalla famiglia, si sono indebolite, è altrettanto vero che l’educazione non può esimersi dal suo compito primario di “condurre fuori da”, secondo il modello della maieutica socratica, come l’ostetrica che aiuta il bambino a nascere.

Il seguente progetto didattico che si presenta come una guida, vuole essere, semplicemente, uno strumento di facile utilizzo per accompagnare il lavoro del docente in una scuola che continuamente si rinnova in quanto strumento funzionale di una società complessa, che richiede come prima competenza quella di imparare ad imparare.

Impostazione didattica

• La guida presenta un’articolazione a “maglie larghe” e non a schema rigido o chiuso, poiché pur prevedendo un percorso unitario e con tappe, a volte propedeutiche, propone una serie di attività tra le quali ognuno può scegliere quella che meglio si inserisce nel proprio lavoro programmatico.

• Suggerisce tante proposte che mirano a favorire l’evoluzione unitaria del bambino nel rispetto del suo sviluppo cognitivo ed emotivo-affettivo. Le molteplici attività, infatti, si propongono come obiettivo l’attivazione del pensiero divergente, creativo, alternativo e originale ritenuto complementare al pensiero convergente, logico e razionale.

• Si sviluppa attraverso un legame trasversale con tutte le altre discipline. Merita una particolare sottolineatura la buona sinergia con l’area linguistico-artistico-espressiva e con quella antropologica, soprattutto con la storia, nelle classi terza, quarta e quinta, per un reciproco potenziamento. Ritengo quest’ultimo un punto di forza del lavoro, poiché, mi sembra prematuro presentare in classe terza la storia di un popolo, quello ebraico, nato duemila anni prima di Cristo, quando i bambini vengono appena introdotti al concetto di storia e studiano solo la preistoria. Per questo motivo si propone l’attivazione di percorsi di ricerca storico-religiosa e la loro coniugazione con i processi di apprendimento.

• Valorizza l’utilizzo di diversi linguaggi, con particolare riferimento all’arte, da sempre ottima “veicolatrice” del messaggio cristiano. L’uso del linguaggio dei segni e dei simboli che si richiamano alla fede dei cristiani, rappresenta una strategia adatta allo sviluppo del bambino in questa fascia di età, per aiutarlo a percepire il significato profondo di “realtà invisibili”, attraverso espressioni visive.

• Tiene in considerazione i Traguardi per lo Sviluppo delle Competenze al termine della Scuola Primaria approvati con D.P.R. dell’11 febbraio 2010:

Traguardi per lo Sviluppo delle Competenze al termine della Scuola Primaria

• L’alunno riflette su Dio Creatore e Padre, sui dati fondamentali della vita di Gesù e sa collegare i contenuti principali del suo insegnamento alle tradizioni dell’ambiente in cui vive; riconosce il significato cristiano del Natale e della Pasqua, traendone motivo per interrogarsi sul valore di tali festività nell’esperienza personale, familiare e sociale.

• Riconosce che la Bibbia è il libro sacro per cristiani ed ebrei e documento fondamentale della nostra cultura, sapendola distinguere da altre tipologie di testi, tra cui quelli di altre religioni; identifica le caratteristiche essenziali di un brano biblico, sa farsi accompagnare nell’analisi delle pagine a lui più accessibili, per collegarle alla propria esperienza.

• Si confronta con l’esperienza religiosa e distingue la specificità della proposta di salvezza del Cristianesimo; identifica nella Chiesa la comunità di coloro che credono in Gesù Cristo e si impegnano per mettere in pratica il suo insegnamento; coglie il significato dei sacramenti e si interroga sul valore che essi hanno nella vita dei cristiani.

• Propone percorsi calibrati appropriati al livello di concettualizzazione del bambino, cercando di partire sempre da esperienze concrete. Tenendo presenti gli studi di Piaget sullo sviluppo intellettivo dalla nascita all’adolescenza e gli stadi di cui parla Bruner nel processo di acquisizione del pensiero maturo (attivo-iconico-simbolico)1, si introducono i bambini, in modo graduale, al concetto di religione. Credo che in questa fase del ciclo scolastico, gli alunni debbano essere aiutati a capire come nasce la religione, perché possano riconoscere ed apprezzare la novità di un Dio Rivelato. Solo dopo aver compreso che cos’è una religione, come insieme di elementi che legano un gruppo di uomini ad una particolare idea di Dio, potranno fare propri i concetti di monoteismo e politeismo per godere, infine, la gioia di una Rivelazione ricca di storie avvincenti e messaggi positivi, che non rischiano più di rimanere in bilico tra realtà storica e immaginazione.

• Offre un insegnamento confessionale, ma non “catechetico” o “iniziatico” (secondo le indicazioni dell’Accordo di revisione del Concordato L.121 del 23/3/1985 che riconosce la religione cattolica come parte costitutiva del patrimonio storico, culturale ed umano della società italiana), che promuove lo sviluppo delle conoscenze e l’acquisizione delle abilità di base, per accompagnare il bambino verso il raggiungimento di reali competenze socio-relazionali, cognitive-trasversali e specifiche disciplinari, tenendo presenti le quattro aree tematiche individuate nel già citato D.P.R. 11 febbraio 2010:

Gli Obiettivi di Apprendimento per ogni fascia d’età sono articolati in quattro ambiti tematici, tenendo conto della centralità della persona di Gesù Cristo:

• Dio e l’uomo, con i principali riferimenti storici e dottrinali del Cristianesimo;

• la Bibbia e le fonti, per offrire una base documentale alla conoscenza;

• il linguaggio religioso, nelle sue declinazioni verbali e non verbali;

• i valori etici e religiosi, per illustrare il legame che unisce gli elementi squisitamente religiosi con la crescita del senso morale e lo sviluppo di una convivenza civile, responsabile e solidale.

• Scompone gli Obiettivi di Apprendimento previsti al termine della classe quinta, declinandoli nei due anni in modo da rendere chiaro il traguardo per ogni percorso specifico proposto.

1 D. Fontana, Manuale di psicologia per insegnanti, Erickson.

Obiettivi di Apprendimento al termine della classe quinta della Scuola Primaria

Dio e l’uomo

• Descrivere i contenuti principali del credo cattolico.

• Sapere che per la religione cristiana Gesù è il Signore, che rivela all’uomo il volto del Padre e annuncia il Regno di Dio con parole e azioni.

• Cogliere il significato dei sacramenti nella tradizione della Chiesa, come segni della salvezza di Gesù e azione dello Spirito Santo.

• Riconoscere avvenimenti, persone e strutture fondamentali della Chiesa cattolica sin dalle origini e metterli a confronto con quelli delle altre confessioni cristiane, evidenziando le prospettive del cammino ecumenico.

• Conoscere le origini e lo sviluppo del cristianesimo e delle altre grandi religioni individuando gli aspetti più importanti del dialogo interreligioso.

La Bibbia e le altre fonti

• Leggere direttamente pagine bibliche ed evangeliche, riconoscendone il genere letterario e individuandone il messaggio principale.

• Ricostruire le tappe fondamentali della vita di Gesù, nel contesto storico, sociale, politico e religioso del tempo, a partire dai Vangeli.

• Confrontare la Bibbia con i testi sacri delle altre religioni.

• Decodificare i principali significati dell’iconografia cristiana.

• Saper attingere informazioni sulla religione cattolica anche nella vita di Santi e in Maria, la madre di Gesù.

Il linguaggio religioso

• Intendere il senso religioso del Natale e della Pasqua, a partire dalle narrazioni evangeliche e dalla vita della Chiesa.

• Riconoscere il valore del silenzio come “luogo” di incontro con se stessi, con l’altro, con Dio.

• Individuare significative espressioni d’arte cristiana (a partire da quelle presenti nel territorio), per rilevare come la fede sia stata interpretata e comunicata dagli artisti nel corso dei secoli.

• Rendersi conto che la comunità ecclesiale esprime, attraverso vocazioni e ministeri differenti, la propria fede e il proprio servizio all’uomo.

I valori etici e religiosi

• Scoprire la risposta della Bibbia alle domande di senso dell’uomo e confrontarla con quella delle principali religioni non cristiane.

• Riconoscere nella vita e negli insegnamenti di Gesù proposte di scelte responsabili, in vista di un personale progetto di vita.

• Mette al centro del processo educativo la relazione docente-discente, perché, come sosteneva il grande padre della Chiesa, Gregorio Magno, commentando il passo evangelico in cui Gesù invia i discepoli due a due (Lc 10,1-12), la comunione e l’amore vicendevole sono la prima grande predicazione e l’arma più forte per toccare i cuori e per partecipare, quindi, alla formazione integrale dei futuri cittadini.

• Aiuta a riconoscere l’Irc come una bella risorsa per il lavoro collegiale del corpo docente che promuove e valorizza, secondo le finalità proprie della scuola italiana, il dialogo tra le diversità, mettendosi continuamente in gioco in una ricerca di crescita umana e spirituale.

• Ipotizza, attraverso un modello cooperativo di costruzione partecipata delle conoscenze ed un coinvolgimento polidimensionale, una serie di percorsi che, partendo dai reali bisogni di crescita

del bambino, lo guidano alla costruzione del sé, perché diventi capace di formulare risposte nuove alle proprie domande di senso.

• È una guida mista che dà l’opportunità, per chi lo desidera, di mediare l’apprendimento con le TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) grazie al supporto di un CD-Rom ricco di risorse digitali. Molti percorsi prevedono, infatti, approfondimenti multimediali (per PC e/o per lavagne interattive), nell’ottica delle “intelligenze multiple”di Gardner. Attraverso attività multimediali, il bambino ha la possibilità di imparare in modo piacevole, senza bisogno di troppi prerequisiti, in quanto si tratta di un apprendimento di tipo simbolico-ricostruttivo e la verificavalutazione si situa nella natura stessa dell’attività.

• Ha una veste grafica che permette di individuare immediatamente la tematica con i relativi percorsi e le diverse attività correlate.

Le finalità

Insegnare religione cattolica alla Scuola Primaria significa, innanzitutto, aiutare il bambino ad entrare nel meraviglioso mondo della fede, rendendolo sempre più consapevole del dato storico-biblico che accompagna questo insegnamento, ma senza dimenticarne mai il fascino strettamente legato al mistero, cioè all’inconoscibilità profonda di Dio: più lo conosciamo più sembra diventare misterioso! La presente guida, pertanto, si propone di sostenere l’insegnante nel processo di insegnamento-apprendimento, in cui due soggetti, docente e alunni, percorrono insieme una strada che introduce questi ultimi verso una prima conoscenza del mistero della religione, che accompagna da sempre l’uomo di ogni tempo. La guida, partendo dal vissuto emozionale del bambino, mira, secondo le finalità proprie della Scuola Primaria, a:

• risvegliare la ricerca del“senso”, elemento essenziale per la costruzione della persona nel suo percorso di crescita e ad essa propone le risposte della religione cristiana;

• qualificare l’Irc come un insegnamento di tipo storico, culturale e religioso che, attraverso l’utilizzo del metodo storico-scientifico e critico, può essere proposto a tutti i bambini, credenti e non;

• stimolare il confronto e il dialogo, invitando a comprendere l’origine delle diverse idee, religiose e non, per un’interpretazione positiva della diversità.

Le tecniche e i linguaggi usati

• Il racconto, come narrazione di fatti accaduti oppure fantastici, richiama innanzitutto un ambiente familiare e, se il narratore è veramente coinvolto, ciò stimola l’interesse, suscita la curiosità, aiuta la riflessione e la formulazione tanto di domande quanto di ipotesi di risposta, divenendo così veicolo di un messaggio o di un dato storico e/o storico-biblico. La tecnica del racconto è molto importante perché, se proposta con un linguaggio semplice e chiaro (ecco perché vengono presentati testi riadattati alle esigenze dell’età degli alunni) in modo da produrre un forte coinvolgimento emotivo, aiuterà i bambini nel loro processo di astrazione, soprattutto in relazione al dato biblico, spesso vissuto come un avvenimento che si colloca tra la storia e la fantasia. Inoltre, attraverso il narratore, l’esperienza raccontata può riprendere vita e questo è molto importante per il dato storico-biblico che non è un passato raccontato, ma, piuttosto, un presente “risvegliato”: la storia delle promesse divine che, ricordate da un popolo, danno un senso al presente e speranza nel futuro.

• Il brainstorming: la traduzione letterale delle parole inglesi che compongono questo termine aiuta sicuramente a comprenderne il significato: brain = cervello (idee) + storm = tempesta, quindi “tempesta di idee”. Il fondamento di questa attività è lo sviluppo del pensiero creativo e lo scopo

è quello di trovare e far emergere il più alto numero di idee possibile su un argomento precedentemente definito, senza darne subito un giudizio di valore. Questa tecnica, che nasce in campo pubblicitario, può essere molto utile anche in ambito scolastico, per facilitare l’espressione, da parte dei bambini, della propria versione, delle proprie conoscenze, idee, precomprensioni, esperienze ed emozioni in relazione ad un determinato argomento. Far emergere le libere associazioni che ognuno fa rispetto ad un tema, senza operare censure e critiche, rende gli alunni parti attive del processo di insegnamento-apprendimento, ne consolida l’attenzione, ne risveglia l’interesse e li aiuta a diventare più consapevoli del loro pensiero, mentre per l’insegnante rappresenta un momento di maggiore conoscenza del mondo creativo dei bambini e di verifica-valutazione della situazione iniziale del gruppo classe, su cui costruire nuovi percorsi per nuove competenze; in quest’ultimo caso, il brainstorming può rappresentare anche un buon punto di partenza nel processo di problematizzazione.

• La problematizzazione o tecnica del problem solving è un elemento determinante per stimolare nei bambini un processo introspettivo di ricerca e di conferma delle e nelle proprie possibilità. Attraverso l’utilizzo dello schema proprio del metodo scientifico, si può abituare i bambini a porsi sempre domande di fronte ad ogni realtà della vita e a cercare in loro stessi delle ipotesi di risposta. Il passaggio successivo sarà quello di invitarli ad accogliere le risposte convenzionali trovate dall’uomo, ma anche ad accettare che spesso, soprattutto in campo religioso, le certezze assolute non esistono; la fede, infatti, è per sua natura, fiducia verso una realtà che rimane in parte “mistero”.

• Il linguaggio dei simboli e la lettura di immagini: è un dato di fatto che la vita dell’uomo sia costellata di segni di ogni genere che ci informano su varie realtà e l’esperienza religiosa non fa sicuramente eccezione. I bambini vivono in un contesto “globale” in cui non mancano certo segni che esprimono una comunione tra l’uomo e Dio, ed è importante che ne percepiscano l’importanza e ne comprendano il valore simbolico. È molto rilevante anche la decodificazione del linguaggio simbolico di immagini di vario genere ed in particolare delle opere d’arte che possono facilitare nel bambino l’approccio a questo modello espressivo e la crescita della passione per la bellezza in ogni sua forma.

Struttura della guida

La guida è organizzata in due volumi, uno per il monoennio e primo biennio e l’altro per il secondo biennio. Ogni classe è suddivisa in Unità Formative, centrate su nuclei tematici specifici e articolate in modo da sviluppare il senso della ricerca e il gusto della scoperta. Per questo, ogni Unità Formativa è introdotta, sintetizzata e sviluppata come segue:

• la MAPPA CONCETTUALE serve all’insegnante come struttura mentale per avere chiari i contenuti didattici da affrontare e, al bambino (cui potrà essere presentata alla fine in modo interattivo con la LIM), come elemento di sintesi del percorso fatto;

• la PROGRAMMAZIONE è elaborata secondo uno schema non rigido, che lascia ampio spazio a modifiche e arricchimenti, in modo da corrispondere alle reali e, quindi differenti, situazioni didattico-educative. Ogni Unità si esplicita in tre percorsi specifici, ognuno costruito attorno ad un particolare contenuto, tenendo presente che, per questa disciplina, il processo di valutazione si fonda su un apprendimento di tipo cognitivo che non può prescindere dall’aspetto affettivo-emotivorelazionale, non verificabile con la precisione delle conoscenze.

Gli step dei percorsi

Ogni Unità Formativa è articolata in tre percorsi, ognuno dei quali a sua volta è strutturato in quattro step, contrassegnati dalle seguenti icone:

START: è il punto di partenza con attività iniziali per aiutare i bambini ad entrare a piccoli passi nell’argomento che si desidera proporre. I linguaggi e i mezzi utilizzati saranno i più diversi.

RISORSE IN GIOCO: questa fase offre proposte ludico-manuali per coinvolgere maggiormente il gruppo classe sul tema trattato. Se è vero che ognuno di noi sviluppa in modo più completo alcuni tipi di intelligenza e relativi linguaggi, l’utilizzo di canali comunicativi, quali giochi, simulazioni e manipolazione concreta di simboli, non può che influenzare positivamente il processo di insegnamento-apprendimento.

In fondo al volume si trova un’ampia sezione di cartamodelli da fotocopiare e ritagliare per la realizzazione delle proposte manipolate.

FILO DIRETTO CON: ogni tematica viene esplicitata e approfondita attraverso collegamenti con la realtà esperienziale dei bambini (Filo diretto con la vita, con la realtà) e con vari tipi di fonti (fonti bibliche, fonti storico-geografiche, fonti magisteriali).

Si precisa che molti testi, racconti e passi biblici sono stati rielaborati per permetterne una maggiore fruibilità da parte del docente ed una migliore comprensione per lo studente.

SCHEDE OPERATIVE: strumenti per esercitare, consolidare e verificare l’acquisizione dei contenuti essenziali al termine di ogni percorso. In questa fase sarà richiesto all’alunno di mettere in gioco tutte le sue potenzialità perché l’insegnante possa intervenire con ulteriori proposte di recupero, approfondimento e consolidamento. Tutte le schede sono presenti in formato PDF sul CD-Rom così da poter essere utilizzate con la LIM per lavorare con il gruppo classe.

Circle time

Guida mista

L’attività didattica è affiancata dal supporto del CD-Rom: all’interno dei percorsi l’insegnante trova indicato da icone come e quando utilizzare i tanti strumenti digitali presenti nel CD-Rom:

Canzoni e musiche classiche per animare la lezione e supportare le attività didattiche.

Video, foto e documenti per arricchire e integrare gli argomenti trattati. Molto importante è, infatti, il ruolo dell’immagine per i bambini, in quanto un linguaggio a loro molto familiare e di facile assimilazione.

Immagini fotografiche delle principali opere d’arte da proiettare e ingrandire con la LIM per analizzarle insieme al gruppo classe.

Mappe concettuali interattive di tutte le Unità Formative e PDF di tutte le schede operative della guida da utilizzare con la LIM per lavorare bene con il gruppo classe.

È un metodo di lavoro molto efficace nelle conversazioni per aumentare la vicinanza emotiva e dare la possibilità a tutti di far emergere il proprio pensiero. Per questo si invita il gruppo classe a disporsi in cerchio, seduti per terra o utilizzando delle sedie, per dare effettivamente l’idea di una circolarità nella comunicazione. È molto valorizzante per i bambini farli parlare, dando loro delle regole, magari alzando la mano. Sarebbe preferibile svolgere la conversazione in un luogo diverso dall’aula in cui normalmente si fa lezione (biblioteca, aula multimediale, palestra…), ma se ciò non è possibile è sufficiente modificare l’ambiente spostando banchi e cattedra. È importante che anche l’insegnante si senta parte integrante del gruppo e limiti il suo intervento a qualche domanda e poche risposte.

Prima di iniziare la conversazione si chieda ai bambini di chiudere gli occhi e fare tre respiri profondi, ispirando con il naso ed espirando con la bocca. Questa procedura, anche se all’inizio potrà sembrare un po’ artificiosa, è molto importante perché segna un “rito di passaggio” da una situazione ad un’altra e abitua i bambini ad allenarsi alla concentrazione.

La conversazione può prendere il via dalla lettura di un testo o da qualche domanda. Per non perdere il lavoro di riflessione si consiglia all’insegnante di prendere appunti che potranno essere: - riletti per tirare delle conclusioni insieme ai bambini; - utilizzati per ulteriori attività di approfondimento o espressione creativa.

CLASSE IV

UNITÀ FORMATIVE

• Il politeismo antico

• Il monoteismo ebraico

• Gesù, vero uomo e vero Dio

Introduzione alla classe quarta

In classe quarta è molto importante suscitare negli alunni l’interesse verso la conoscenza del passato, per aiutarli a riconoscere nella storia ebraica il passato di Gesù e nella sua vita le fondamenta della nostra cultura.

Unità Formative

1 Il politeismo antico

Ripartendo dalla definizione del termine “religio- ne”, gli alunni saranno guidati verso la scoperta delle religioni politeiste delle antiche civiltà del- la Mesopotamia, dell’Egitto e della Grecia, indi- viduando in esse tutto ciò che caratterizza un pensiero religioso organizzato. Questo lavoro sarà propedeutico per la seconda unità in quan- to, riconoscendo l’uomo come punto di parten- za del pensiero politeista, mette in risalto la pe- culiarità della Rivelazione del Dio di Abramo.

2 Il monoteismo ebraico

Il metodo proposto è quello della narrazione, che ha come contenuto principale gli avvenimenti e i personaggi dell’Antico Testamento, al fine di far riflettere gli alunni sulla novità della Rivelazione. Le notizie saranno arricchite da diverse informazioni sulla cultura, le tradizioni e gli usi del tempo, per aiutare i bambini a riconoscere nella storia ebraica l’inizio della Storia della Salvezza, che arriva sino a noi.

3 Gesù, vero uomo e vero Dio

Si mira a far comprendere agli alunni che la venuta di Gesù sulla Terra è, per i cristiani, il proseguimento del disegno salvifico di Dio, in quan- to Gesù è il compimento dell’alleanza. Il lavoro sarà finalizzato ad una maggiore conoscenza dell’uomo Gesù di Nazaret, per comprendere il si- gnificato storico-culturale della sua venuta e il valore etico-religioso dei suoi insegnamenti. Ci sarà un percorso specifico sul Natale e uno sulla Pasqua, in cui verrà data particolare rilevanza al rapporto tra la religione ebraica e quella cristiana, attraverso un continuo richiamo e confronto tra le due, perché i bambini scoprano che la nascita di Gesù, annunciata dai Profeti, è la Parola di Dio che si è fatta carne e la Pasqua cristiana è il compimento delle promesse bibliche. Gli eventi dell’Incarnazione, Passione, morte e Risurrezione, saranno messi in relazione con le profe- zie messianiche e con la situazione geo-politica della Palestina di quel tempo, al fine di aiutare i bambini a riconoscere in Gesù l’alleanza nuova, iniziata e voluta da Dio, tanto tempo prima, con il popolo di Abramo.

Unità Formativa 1 - Il politeismo antico

religioni

politeiste monoteiste comportamenti religiosi dell’uomo

Mesopotamia

Egitto

Grecia

Traguardi per lo sviluppo delle competenze

Competenze di riferimento disciplinari

Obiettivi di apprendimento

idea della divinità - riti

luoghi sacri - miti persone sacre - regole scritture sacre idea dell’aldilà - preghiere tempi sacri e feste

L’alunno si confronta con l’esperienza religiosa e distingue la specificità della proposta di salvezza del Cristianesimo. Sa distinguere la Bibbia da altre tipologie di testi, tra cui quelli di altre religioni.

Arricchire la personale visione della realtà leggendo, interpretando e rielaborando fonti religiose di vario genere. Saper cogliere il significato profondo e la novità della Rivelazione rispetto alle religioni politeiste delle prime civiltà. Saper collocare nello spazio e nel tempo alcune antiche religioni politeiste.

1 Conoscere la religiosità di tipo politeista dei popoli della Mesopotamia, dell’antico Egitto, dell’antica Grecia.

Contenuti Le caratteristiche delle antiche religioni politeiste della Mesopotamia, dell’antico Egitto e dell’antica Grecia.

Discipline coinvolte Storia, geografia, italiano, arte e immagine.

Prove di verifica e valutazione

Indicazioni metodologiche

Vista la natura della disciplina gli alunni saranno valutati sia nell’apprendimento della cultura cristiana, sia sotto il profilo affettivo-relazionale, privilegiando le conversazioni insegnante-alunni, la narrazione di vissuti personali, le realizzazioni grafico-pittoriche, la lettura di immagini di vario genere, l’analisi di testi poetici e musicali. Le verifiche verranno effettuate in modi semplici e graduali attraverso la compilazione di schede di consolidamento, per valutare l’ascolto, la partecipazione, l’interesse, la comprensione e la capacità di rielaborare ed esporre oralmente i contenuti.

Le strategie didattiche che verranno poste in atto saranno fondate sull’immagine in un rapporto di complementarietà con il linguaggio verbale, con quello audiovisivo e con quello musicale, per guidare i bambini alla conoscenza delle antiche religioni politeiste, terreno su cui si innesterà la Rivelazione del Dio unico, al fine di permettere loro il passaggio dalla concretezza immediata all’astrazione, dal sensibile allo spirituale.

Classe 1 - Taldaldjkasldjkasdioiòàùelndld jhdeheouuh jljsdhehuh jhdejhdejdeuhe.

U. F. 1: IL POLITEISMO ANTICO >>

Primo percorso <<

O. A.: 1 Conoscere la religiosità di tipo politeista dei popoli della Mesopotamia.

Per iniziare il percorso del nuovo anno scolastico riproponiamo ai bambini lo schema della religione, delineato in classe III. Affinché possiamo parlare di una religione organizzata è necessario che ci siano alcuni elementi:

REGOLE

cose da fare e non fare

IDEA DELLA DIVINITÀ

TEMPI SACRI E FESTE

RELIGIONE

RITI

gesti particolari fatti di azioni e preghiere verso la divinità

PREGHIERE

modi per comunicare con la divinità

UN GRUPPO DI UOMINI IDEA DELL’ALDILÀ

PERSONE SACRE

coloro che guidano la comunità e sono incaricati di svolgere i riti: sciamani, sacerdoti, intermediari

Specifichiamo poi che le religioni possono essere di due tipologie:

• religioni politeiste, quelle in cui si crede e si adorano più dei o divinità; infatti il termine deriva dalla radice greca poly, che significa “molti”e il termine “theos”, che significa “dio”;

• religioni monoteiste, quelle che credono in una sola divinità identificata con il nome “dio”; infatti il termine deriva dalla radice greca monos, che significa “unico, solo”e il termine “theos”, che significa “dio”.

LUOGHI SACRI
LIBRI SACRI MITI

Si può schematizzare come segue:

RELIGIONI

POLITEISTE

DIVINITÀ

MONOTEISTE

Affronteremo lo studio delle antiche religioni politeiste a partire dagli elementi che costituiscono una religione, quindi lo schema iniziale sarà un punto di partenza, ma verrà riproposto alla fine anche come scheda di verifica (nella sezione dedicata alle schede operative).

Per introdurre il politeismo antico presso gli antichi popoli delle Mesopotamia, dell’Egitto e della Grecia, partiamo dalla realizzazione e lettura di una cartina geografica che ne evidenzi la collocazione territoriale.

Fotocopiamo per ciascun alunno la cartina (cartamodello 1 in fondo al volume): individuiamo subito le linee corrispondenti ai grandi fiumi, visto che le prime grandi civiltà sorsero lungo i corsi d’acqua (concetto che approfondiranno con l’insegnante di storia) e facciamo colorare la cartina secondo la legenda.

Legenda

- giallo per l’Egitto - rosso per la Mesopotamia - verde per la Grecia - arancio per tutte le altre terre

con le fonti storico-geografiche

La Mesopotamia (letteralmente “terra tra i fiumi”) era un territorio che comprendeva la fertile pianura tra il Tigri e l’Eufrate; oggi corrisponde all’Iraq che confina a nord con la Turchia, a ovest con la Siria e la Giordania, a sud con l’Arabia Saudita e a est con l’Iran.

In Mesopotamia, circa 3500 anni a.C., si sono susseguiti diversi popoli, tra cui ricordiamo: i Sumeri, gli Assiri e i Babilonesi

Le religioni di questi popoli si fusero in una forma di politeismo diffuso. Queste popolazioni credevano in un numero molto elevato di divinità che rappresentavano elementi o fenomeni naturali: gli dei erano immaginati con corpo simile a quello degli esseri umani.

Approfondimenti: documento 1

Nel Pantheon (dal greco pan che significa “tutto” e theòs che significa “dio”, quindi “l’insieme di tutti gli dei”) mesopotamico si contano più di settecento divinità, in quanto ogni città aveva il proprio dio locale. Al vertice si possono considerare due triadi:

• la prima, del cosmo, costituita da Anu (dio del cielo), Enlil (dio del vento) ed Ea (dio delle acque);

• la seconda, degli astri, formata da Sin (dio della luna), Utu o Shamash (dio del sole e della giustizia), Išhtar (dea dell’amore e della fertilità).

A Babilonia era venerato come dio supremo Marduk, signore degli dei. Gli dei erano considerati capricciosi, ambigui e incostanti, quindi venerati con timore e onorati per non incorrere in punizioni o eventi terribili. I fedeli non potevano parlare con gli dei senza la mediazione dei sacerdoti. Questi, infatti, erano gli unici che potevano rivolgersi alle divinità e conoscere i loro ordini, per questo avevano un potere enorme; persino il re non poteva agire senza averli prima consultati. Il termine SACERDOTE, dal latino sacerdòtem, indica colui che compie qualcosa di sacro, offre a dio cose sacre e guida le cerimonie. I sacerdoti erano coloro che con le proprie azioni “rendevano felici” le divinità: si occupavano di lavare, profumare, rivestire e ornare con gemme preziose le statue degli dei e svolgevano i riti sacri, ma non solo. Era considerato sacerdote chiunque svolgesse una qualsiasi attività all’interno del tempio (dal canto alla manutenzione), per questo si distinguevano in diverse classi, a seconda delle funzioni. A capo di tutti i gruppi era il Sommo Sacerdote, l’unico a poter entrare direttamente nella cella del dio.

Luoghi sacri

Le ziggurat (note anche, secondo traduzioni fonetiche diverse, come ziqqurat, ziqqurath, ziggurath) sono le costruzioni templari caratteristiche delle religioni dell’area mesopotamica, la cui forma ricorda quella di una piramide “a gradoni”.

Erano costruite con mattoni di argilla essiccati al sole, tenuti insieme ed impermeabilizzati con del bitume, ed erano strutturate in una serie di terrazze poste l’una sopra l’altra, raggiungibili da lunghe rampe di scale che conducevano fino alla sommità dell’edificio.

Ziggurat di Ur
Sacerdote sumero

In cima sorgeva la parte più sacra del tempio, l’abitazione terrena del dio e qui poteva entrare solo il Sommo Sacerdote; si pensava che in questa sala dimorasse la divinità quando scendeva sulla terra, durante le feste in suo onore.

L’altezza della ziggurat (fino a sette piani) aveva un significato religioso profondo, perché avvicinava gli uomini al cielo, quindi, agli dei; ma gli studiosi sono concordi nel sostenere che serviva anche a proteggerli dalle inondazioni dei fiumi. Dalla cima, infatti, i sacerdoti monitoravano i fiumi e scrutavano la volta celeste: questi popoli furono tra i primi grandi astronomi dell’antichità e a loro dobbiamo la divisione del tempo in anni, mesi, settimane, oltre alla divisione delle giornate in ventiquattro ore. I sacerdoti si occupavano anche di astrologia, per ricavare auspici e profezie dall’osservazione degli astri, e praticavano la divinazione, cioè cercavano di prevedere il futuro e la volontà degli dei interpretando i sogni o la forma delle viscere degli animali che venivano sacrificati.

Al tempio, centro della vita cittadina, venivano consegnati tutti i prodotti della terra come offerta agli dei; gli alimenti, conservati in grandi magazzini posti a piano terra, venivano ridistribuiti al popolo direttamente dai sacerdoti. Attorno alla ziggurat si svolgevano tutte le attività commerciali, in quanto molti mestieri venivano esercitati direttamente nelle botteghe del tempio, dalla tessitura all’oreficeria, dalla lavorazione della birra a quella delle pietre. Nei piani intermedi, in genere, si trovavano le scuole di scrittura cuneiforme e le biblioteche.

Le ziggurat erano destinate esclusivamente al culto e non utilizzate a scopo funerario (come nel caso delle piramidi egiziane).

Feste, riti e preghiere

Sia i riti che le preghiere venivano organizzati in modo autonomo all’interno dei vari templi. È opinione condivisa da molti studiosi che le preghiere venissero accompagnate da musiche e canti.

Tra i riti principali e quotidiani al tempio si possono distinguere: • le offerte, la più importante riguardava l’offerta dei cibi all’effigie del dio, accompagnata sempre da formule di ringraziamento. Dopo l’esposizione su un tavolo, che fungeva da altare, gli alimenti venivano ritirati e finivano sulle tavole dei sacerdoti come cibo di comunione con le divinità. Altro rito di offerta era rappresentato dai profumi, ossia resine odorose che venivano bruciate su di un apposito braciere dove il fuoco rimaneva sempre acceso; • i sacrifici che potevano consistere nel bruciare dei vegetali o nell’uccisione di un animale. Nel secondo caso l’animale sacrificato veniva suddiviso in tre parti, una da restituire all’offerente, una per i sacerdoti e l’ultima da bruciare per la divinità. Quando l’animale veniva bruciato il sacrificio era detto “olocausto”.

Altri riti erano quelli legati a particolari festività. Lungo era il calendario di festività sacre legato al ciclo della natura: le feste coincidevano con la semina, i raccolti e la filiazione degli animali; in queste occasioni le statue degli dei venivano trasportate in processione per le vie della città, allo scopo di onorare gli dei.

Molto importante a Babilonia era la festa del Nuovo Anno (Akitu), celebrata in primavera, dopo la mietitura. Durava undici giorni ed era preceduta da

un rito di espiazione del re al tempio: il re veniva condotto dai sacerdoti al tempio e, attraverso particolari azioni, prendeva sulle sue spalle tutti i peccati del popolo e doveva sottoporsi a particolari penitenze. Ad un certo punto della festa il Sommo Sacerdote schiaffeggiava il re per ricordargli di essere un uomo al servizio degli dei: se questi piangeva, il dio Marduk concedeva all’impero un anno prosperoso, altrimenti erano previsti presagi nefasti. Durante le celebrazioni venivano recitati anche alcuni poemi sacri: l’Enuma Elish sulla creazione e l’Epopea di Gilgamesh sull’esaltazione della forza e dell’amicizia. Alla fine del rito tutto il popolo era purificato.

Libri sacri e miti

Dall’antichità, l’invenzione della scrittura viene fatta risalire ai Sumeri con la scrittura cuneiforme (anche se i geroglifici sembrano essere antecedenti), mentre sarà un’elaborazione fenicia quella dell’alfabeto fonetico. Gli abitanti della Mesopotamia usavano tavolette di argilla sulle quali tracciavano con l’aiuto di una canna tagliata dei segni cuneiformi: verso il 1400 a.C. si sviluppò una specie di alfabeto cuneiforme (brevi incisioni a forma piramidale e appuntita, che possono ricordare dei chiodini o dei cunei). Grazie a queste tavolette alcune storie mitologiche, che circolavano tra i popoli mesopotamici, sono arrivate sino a noi. Ricordiamo:

• Enuma Elish (letteralmente “quando di sopra”, sono le prime due parole del testo accadico) sulla creazione del mondo e dell’uomo. Si tratta di un poema raccolto su sette tavolette d’argilla, ritrovate nella biblioteca di Ninive da Henry Layard nel 1849.

• Epopea (genere letterario usato per raccontare un insieme di fatti eroici e memorabili) di Gilgamesh sull’importanza della vita e dell’amicizia, perché nulla resta dopo la morte.

Leggiamo alla classe una versione rielaborata e adattata di questi miti.

Enuma Elish

La religione dei popoli mesopotamici si fonda sulla lotta tra gli dei della luce, del bene e dell’ordine e quelli del male, delle tenebre e del caos.

Secondo il mito, all’origine del mondo

Bassorilievo raffigurante Marduk contro Ti’amat
Frammento dell’Enuma Elish

ci fu una durissima battaglia tra Ti’amat, divinità femminile spaventosa (un po’ belva e un po’ uccello), che rappresentava il caos dell’inizio e gli dei. Per combatterli, Ti’amat chiamò a sé una schiera di mostri e serpenti guidati dal comandante Kingu. Quando gli dei si resero conto che contro Ti’amat non bastavano la sapienza e le forze della natura, decisero di chiedere aiuto al potente Marduk. Marduk affrontò la dea e quando quest’ultima aprì la bocca per inghiottirlo, le soffiò contro un vento fortissimo, poi scoccò una freccia che dalla gola le arrivò fino al cuore e la uccise. Con la parte superiore del suo corpo fu creato il cielo e con quella inferiore la terra, mentre dagli occhi si originarono il Tigri e l’Eufrate. Dopo questa vittoria Marduk divenne il primo degli dei, Signore dell’universo. Un bel giorno, però, gli dei, stanchi di dover assolvere da soli a tutti i compiti che gli erano stati affidati dal loro capo, gli chiesero di trovare una soluzione: così lui, con l’aiuto di Ea, fece uccidere Kingu (tenuto prigioniero nelle segrete, dopo la sconfitta) e con il suo sangue mescolato ad argilla ed acqua creò uomini e donne. Secondo la mitologia sumerica, gli uomini furono “inventati” e fabbricati per servire le divinità attraverso i sacrifici e la costruzione dei templi. Gli uomini, infatti, venivano considerati i servitori degli dei.

Epopea di Gilgamesh

Gilgamesh era il potente re di Uruk: un uomo ricco, forte e raffinato, ma tiranno e oppressore nei con fronti dei suoi sudditi. Questi, stanchi della situazio ne, pregarono la dea Ishtar di essere liberati da lui, ma ahimè la dea se ne innamorò! L’eroe, però, respinse le nozze con la dea che, sdegnata, creò con il fango Enkidu, un essere dalla forza indescrivibile, perché po tesse vincere Gilgamesh. Ma i due avversari, ammirati dalla reciproca forza, divennero amici. Enkidu ebbe un effetto benevolo sul re ed insieme affrontarono nu merose avventure e valorose imprese per difendere il popolo. Dopo un po’ di tempo, però, Enkidu si amma lò e morì e Gilgamesh, per la prima volta, sperimentò la sconfitta e il dolore come condizioni proprie della vita umana. Per sette giorni e sette notti Gilgamesh pianse l’amico, poi, quando il lutto fu finito, si accorse di essere rimasto solo. Dopo aver conosciuto le gioie di un’amicizia perfetta, sentiva adesso, opprimente, la consapevolezza dell’inevitabilità della morte. A quan to dicevano i sapienti, c’era un solo uomo a cui non era stata data in sorte la morte. Era Utnapishtim, co lui che gli dèi avevano salvato dal Diluvio. Lui era il solo tra gli uomini che aveva ricevuto l’immortalità.

Così, grazie alle sue indicazioni, Gilgamesh trovò la pianta dell’immortalità che cresceva nei fondali marini. Arrivato nel punto indicatogli da Utnapishtim, si legò ai piedi pietre pesanti e si tuffò dalla barca. Trascinato dalle pietre sul fondo del mare, Gilgamesh vide la pianta che cercava. L’afferrò e le spine gli ferirono le mani, ma l’eroe, incurante del dolore, riuscì a strapparla. Tagliò le funi che lo ancoravano alle pietre e tornò in superficie. Avrebbe dato da mangiare la pianta dell’immortalità a tutti i suoi amici e se ne sarebbe cibato lui stesso, ma quando si fermò presso un lago per passare la notte, un serpente sbucato dall’acqua sentì la dolcezza della pianta poggiata sulla riva, si avvicinò e la mangiò. Subito, l’animale perse la pelle, tornando giovane, e fuggì via. Così l’immortalità toccò al serpente, che ogni anno lascia la sua vecchia pelle, mentre gli uomini sono destinati a morire. Gilgamesh chiese agli Inferi di poter riabbracciare ancora una volta il suo caro amico Enkidu e dopo molta insistenza si aprì una fessura negli Inferi e lo spirito di Enkidu, come una folata di vento, tornò sulla terra. I due amici parlarono a lungo della vita nell’aldilà. Enkidu rivelò all’amico che l’aldilà è un luogo oscuro e tetro, dove il corpo viene mangiato dai vermi come un vecchio vestito e il nutrimento è la polvere del terreno e la creta. Dopo centoventisei anni di regno, Gilgamesh, il re di Uruk, ebbe la sorte comune dell’umanità. L’uomo che aveva combattuto contro esseri divini e aveva viaggiato ai confini del mondo, giacque un giorno sul suo letto, senza vita. Neanche lui, con tutta la sua forza, riuscì a sottrarsi alla condanna della morte.

Idea dell’aldilà

In Mesopotamia si credeva che l’Aldilà fosse il regno delle ombre: era un luogo triste e oscuro, abitato da strane creature “vestite d’ali”, dove non sorgeva mai la luce, si mangiava terra e creta e si beveva acqua torbida. In questa visione dell’aldilà manca completamente la speranza in una vita migliore e la ricerca di un senso della vita stessa, quindi l’uomo aveva paura della morte, dato che la decomposizione del corpo faceva perdere tutte le gioie della vita.

Simboli

Tra gli elementi che caratterizzano il politeismo mesopotamico ricordiamo il Sirrush, un animale fantastico, simbolo sicuramente di astuzia, con lungo collo e testa di serpente, corpo squamoso e zampe anteriori di leone, zampe posteriori di aquila, provviste di artigli, lingua biforcuta e un corno sul capo. Ne troviamo alcune raffigurazioni nella bellissima porta dedicata ad Išhtar, a Babilonia (fatta costruire in maiolica azzurra, era l’entrata principale della città, impressionante spettacolo di forza e grandezza; è stata smontata e ricostruita pezzo per pezzo nel museo di Berlino), dove questi mostri serpentiformi, avevano, forse, il ruolo di difensori. Spesso il Sirrush viene associato al dio Marduk.

Possiamo sintetizzare l’evoluzione avvenuta nei paesi mesopotamici dai pittogrammi alla scrittura cuneiforme, attraverso tre tappe.

Sirrush, particolare della porta di Išhtar, Babilonia

Approfondimenti

La stele del Codice di Hammurabi: è un blocco di pietra nera di origine vulcanica, alto più di due metri, sul quale sono incise in caratteri cuneiformi 282 leggi, che formano uno dei primi codici di leggi scritte, conosciute con il nome di “Codice di Hammurabi”, il re di Babilonia che ne ha voluto la realizzazione (XVIII secolo a.C.). L’azione di governo messa in atto da Hammurabi era incentrata sull’unità dello Stato e sull’idea di una “regalità sacra”, in quanto discendente direttamente dagli dei, come si può evincere dal prologo iniziale: “Gli dei mi chiamarono per promuovere il benessere del popolo: chiamarono me, Hammurabi, il devoto degli dei, per far sì che la giustizia trionfasse nel paese, perché il forte non schiacciasse il debole.”

PROPOSTA 1

Realizziamo una ziggurat.

- Fotocopiare per ogni alunno il cartamodello 2 in fondo al volume.

- Con l’aiuto di un taglierino, tagliare lungo le linee continue verticali, e piegare lungo le linee tratteggiate (fig. 1-2).

- Incollare le estremità della fotocopia ad un cartoncino A4 colorato piegato a metà, poi schiacciare bene le piegature (fig. 3).

- Aprire il cartoncino ed ecco realizzata la ziggurat (fig. 4).

Per rendere la costruzione più simile alla realtà si può far colorare la fotocopia prima di iniziare il lavoro.

Fig. 3
Fig. 2
Fig. 1
Fig. 4
Stele con inciso il Codice di Hammurabi

PROPOSTA 2

Proponiamo ai bambini di scrivere il proprio nome come se fossero scribi dell’antica Mesopotamia, attraverso un’attività semplice e divertente basata sulla manipolazione della materia, che farà sperimentare la tecnica utilizzata 5000 anni fa dagli antichi popoli della Mesopotamia per scrivere.

Occorrente

panetti di creta o in alternativa di Das - una busta di plastica della spesa o un sacchetto di quelli neri per l’immondizia - una matita da disegno

Istruzioni

- Aprire a metà il sacchetto di plastica e ricoprirci il piano di lavoro, per evitare di sporcare il tavolo o il banco. Dividere la creta in pezzi e distribuirne uno a ciascun bambino.

- Dopo aver impastato un po’ la creta con le mani, stenderla sul piano con il mattarello (si può usare anche un pennarello) in modo da ottenere una “tavoletta” dello spessore di circa 1 cm. Cercare, per quanto possibile, di dare una forma rettangolare (fig. 1).

- Per quanto riguarda lo stilo (la “penna” utilizzata dagli antichi per incidere la tavoletta) prendere una matita (meglio se poco appuntita), poi scalfire con un taglierino la parte finale, per darle la forma triangolare allungata di un cuneo (fig. 2).

- Appoggiare lo stiletto ottenuto sulla tavoletta, premendo fino a farlo entrare nella creta alla profondità desiderata, e scrivere il proprio nome usando una delle traduzioni della scrittura cuneiforme (fig. 3).

- Lasciare essiccare le tavolette al sole o sul calorifero o, in alternativa, cuocerle al forno.

Alfabeto derivante dalla scrittura cuneiforme
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 1

Scopri nel disegno della città di Babilonia la ziggurat e colorala. Poi rispondi alle domande.

• Qual è l’aspetto caratteristico della ziggurat? ........................................................................................................................................................................

• Qual è il suo significato religioso?

• Chi poteva salire fino all’ultimo piano e perché?

• Cosa avveniva nella ziggurat ed intorno ad essa?

Rispondi alle domande.

• Alcuni miti delle religioni mesopotamiche sono arrivati fino a noi grazie a: invenzione della scrittura traduzione orale

• Come scrivevano i popoli della Mesopotamia?

• Ti ricordi come si chiamava questa scrittura? Perché?

• Ricordi a quale mito si riferisce l’immagine a fianco?

• Come è stato formato il mondo?

• Come è stato creato l’uomo?

Ricordi di cosa parla l’Epopea di Gilgamesh? Prova a riassumerla sul quaderno.

Leggi il seguente frammento del Codice di Hammurabi, poi rispondi alle domande.

“Se un uomo libero cava un occhio ad un altro uomo libero, gli si caverà un occhio. Se un uomo libero cava un occhio ad un uomo povero, pagherà una tassa.

Se qualcuno commette una rapina ed è preso, costui sarà ucciso.

Se un uomo libero farà cadere un dente ad un uomo libero, si farà cadere il suo dente. Se un uomo libero farà cadere un dente ad uno schiavo, pagherà una multa.

Se una casa crolla e muore il padrone, sarà messo a morte colui che l’ha costruita. Se muore il figlio del padrone, sarà messo a morte il figlio del costruttore.”

• Secondo te, i Babilonesi consideravano gli uomini tutti nello stesso modo? ......................

• Da che cosa dipendeva il diverso trattamento? ...........................................................................

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• Per le persone di uguale livello sociale, era prevista la “legge del taglione”. Sapresti spiegare questa espressione?

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• Ti sembra che Gesù, con i suoi insegnamenti, ci dica di fare allo stesso modo dell’antico

Codice di Hammurabi? ............................................................................................................................

• Perché? .................................................................................................................................................... .......................................................................................................................................................................

• Allora prova a spiegare con parole tue qual è il più grande insegnamento di Gesù espresso nella frase: “Ama il prossimo tuo come te stesso”.

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Completa

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U. F. 1: IL POLITEISMO ANTICO

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>> Secondo percorso <<

O. A.: 1 Conoscere la religiosità di tipo politeista dei popoli dell’antico Egitto.

Nel mondo del faraone

Introduciamo il percorso sulla religione egizia, chiedendo ai bambini cosa conoscono di questo popolo, poi ascoltiamo insieme la canzone proposta.

Io sono il faraone

Rit. Sono il re degli Egiziani e per tutti decido io il domani perché di ogni terra sono l’unico padrone e nessuno mi può fare un’obiezione sono di ogni giorno l’unico sole ascolta bene: Faraone è il mio nome.

Porto sempre il capo rasato, ma non pensare che sia pelato perché indosso splendidi copricapi d’oro massiccio e gemme adornati! Discendo dagli dei e sono onnipotente se non mi credi, chiedilo alla mia gente! Sono molto ricco e godo dell’immortalità sono io che decido ogni verità!

Rit. Sono il re degli Egiziani...

Dalle mie mogli, tanti figli devo avere perché a uno di loro passerò il mio potere ogni giorno al tempio onoro qualche dio sono il faraone e tutto quanto è mio!

Rit. Sono il re degli Egiziani...

Idea della divinità

La civiltà egiziana si è sviluppata tra il 4000 e il 3300 a.C. lungo le rive del grande fiume Nilo (uno dei più lunghi del mondo con il Rio delle Amazzoni).

Per gli antichi Egizi esisteva una divinità per ogni aspetto della natura e della vita. Gli dei si distinguevano in:

• antropomorfi, quelli rappresentati in forma umana;

• zoomorfi, quelli rappresentati con la testa di un animale. Tutti, comunque, avevano preceduto gli uomini sulla Terra e possedevano

con le fonti storico-geografiche

Musica: traccia audio n. 1

Approfondimenti: documento 2

una forza e un potere che nessuno, oltre al faraone, poteva eguagliare. Alcuni dei come Ra, il dio sole, Horus, dio del cielo, Anubi, dio dei morti che poi sarà sostituito da Osiride, Iside, dea della maternità e delle arti, erano adorati in tutto l’Egitto, mentre altri, meno potenti, erano oggetto di culto solo in alcune città.

Il faraone – re-dio

Il potere del re era immenso: egli era considerato un dio, rappresentava l’universo. In vita veniva identificato con Horus, il dio sole dalla testa di falco, dopo la morte con Osiride, giudice dell’aldilà. Per gli Egizi era lui, il re-dio, a garantire l’ordine dell’universo, il sorgere del sole e le inondazioni del Nilo, da cui dipendeva la vita del Paese. Il fatto che il popolo credesse nella divinità del faraone ne facilitava sicuramente il governo. Non solo la persona del re era divina, ma anche il suo nome era sacro e non veniva pronunciato: per questo usavano la parola “faraone”, che significa “grande casa”. I suoi sudditi si potevano avvicinare a lui solo chinando il capo verso terra. Aveva diversi copricapi (come ci mostra l’iconografia e la statuaria egizia), in quanto la corona, riservata alle divinità ed al sovrano, era simbolo di potere con attributi magici. Tra questi ricordiamo:

• la corona bianca simbolo dell’Alto Egitto (il bianco simboleggia il loto).

• la corona rossa simbolo del Basso Egitto (il rosso ricorda il papiro).

• la doppia corona simbolo dell’unità del regno, formata dalla combinazione della corona rossa e bianca.

• la corona blu con il cobra (simbolo del faraone: secondo la credenza egizia, il cobra, con il soffio di fuoco del suo veleno, teneva lontane dal faraone le forze nemiche), usata come elmo da guerra.

• il copricapo di forma rettangolare, di lino color oro e turchese, che discende ai lati del viso fino alle spalle, richiamando le ali del falco Horo, portato spesso al posto della corona e circondato dal serpente cobra.

Il faraone inoltre poteva apparire anche con la corona propria di qualche divinità che in quel caso gli trasferiva i propri attributi e poteri.

Altri due simboli caratterizzavano il faraone:

• il bastone ricurvo del pastore, uno scettro a uncino, per indicare il ruolo di guida che si prende cura del suo popolo;

• la frusta per mietere il grano, simbolo di Osiride e della fertilità della terra.

Erano considerati sacri e adorati come vere e proprie divinità anche alcuni animali, forse perché gli Egizi erano un popolo di agricoltori e rispettavano gli animali da cui ottenevano favori: ad esempio il gatto salvava i cereali dai topi, il coccodrillo (si pensava che fosse un dono divino quello di morire sotto i suoi denti) scendendo verso il delta annunciava la piena del Nilo e l’ibis si nutriva di serpenti appena nati. Il falco, che volava alto nel cielo e osservava tutte le cose sulla terra con vista aguzza divenne, per queste caratteristiche, un naturale simbolo del sole. L’ippopotamo era simbolo di fertilità.

Il serpente, ed in particolare la femmina del cobra, per la sua caratteristica di dilatare la parte posteriore della testa e tendere la pelle del collo fino ad assumere una forma simile a quella di una racchetta per riuscire a sputare veleno contro l’aggressore, era considerato simbolo dell’occhio del dio solare Ra, forza distruttrice, al servizio del faraone per sterminare i nemici dell’Egitto. La mucca rappresentava la dea Hathor, che era la principale divinità dell’amore e della fertilità, governava la bellezza e la musica. Il babbuino veniva associato a Thot, dio della luna e della sapienza, forse perché si credeva che i babbuini potessero prevedere il sorgere del sole, sedendosi con la testa rivolta verso est poco prima del suo sorgere. Le scimmie, in generale, erano tenute come animali domestici e si riteneva che simboleggiassero l’amore e la fertilità.

Lo scarabeo, un coleottero molto comune in Egitto, conobbe una fortuna straordinaria e non si sa bene perché sia divenuto il simbolo del divenire e dell’essere. In natura quest’insetto compone una palla di sterco fresco nella quale depone le uova e che poi fa rotolare in un luogo sicuro. Quando nascono i piccoli, questi grazie allo sterco si nutrono e crescono. Gli Egizi, forse, vedendo lo scarabeo uscire dalla palla di sterco che poi spingeva, ritennero che l’insetto si creasse da sé e potesse essere paragonato al dio sole Ra. Certo è che tutti lo utilizzavano come amuleto in grado di trasmettere, per magia, il soffio vitale di cui era segno e che non c’era una mummia che non ne avesse uno tra le sue bende! In Egitto si sviluppò con grande fortuna la fabbricazione degli scarabei in pietre diverse o in terra smaltata.

Altra divinità molto importante era il fiume Nilo, da cui dipendeva la vita stessa del popolo egizio.

Il sacerdote, per definizione, era il “servo di dio”, chiamato a prendersi cura di lui e della sua casa, tenendo pulito il tempio e i suoi oggetti sacri. Ma i sacerdoti non si occupavano solo dei riti religiosi, bensì anche della magia e dei vari settori della scienza, compresa la medicina. Per gli Egizi, le malattie erano causate da spiriti cattivi o erano punizioni degli dei offesi dal comportamento dell’uomo, per questo ci si rivolgeva ai sacerdoti-medici-maghi.

Tre erano le categorie in cui si classificavano i sacerdoti:

• quelli che si occupavano delle cerimonie pubbliche;

• quelli che recitavano a memoria i libri sacri;

• quelli che controllavano e amministravano i raccolti e le offerte alle divinità. Il rispetto per la loro figura e per le divinità era assicurato da una grande superstizione che aleggiava presso gli Egizi.

Bast, la dea gatto
Scarabeo

Luoghi sacri

Il tempio egizio non era, come la chiesa lo è per i cristiani, il luogo in cui ci si recava per pregare: era solo l’abitazione del dio, dove il faraone e i sacerdoti offrivano doni e sacrifici di animali. Era decorato con statue e colonne dipinte. La statua della divinità veniva conservata nella parte più buia, interna e protetta del tempio. A questa sala potevano accedere solo il faraone e i sacerdoti più importanti. Intorno erano costruiti altri locali e porticati per le cerimonie pubbliche, le abitazioni dei sacerdoti, i magazzini e la scuola per i giovani nobili (solo maschi) e futuri sacerdoti. Le porte del Santuario rimanevano chiuse e sigillate durante tutto l’anno e venivano aperte solo per le feste solenni.

La struttura del tempio è la seguente:

a. l’ingresso del tempio è costituito da due grandi muri che si riducono man mano che salgono verso l’alto e rappresentano le lontane montagne tra cui il sole nasce e muore;

b. segue una prima stanza a cielo aperto, circondata da molte colonne; si tratta di un’area semi-pubblica a cui possono accedere anche i fedeli;

c. un’altra sala, circondata da colonne, il cui soffitto è generalmente dipinto di stelle o simboli di divinità, precede l’ingresso nella zona più sacra;

d. l’ultima stanza prima del santuario è quella adibita alla preparazione delle operazioni di culto;

e. in fondo, l’ultima cella è la stanza più sacra in cui si conserva la statua del dio;

Riti e preghiere

f. possono esserci delle cappelle laterali per ospitare divinità minori o per fungere da magazzini.

Davanti al tempio spesso venivano costruiti bellissimi obelischi, monumenti fatti con un solo pezzo di marmo a forma di guglia, e sfingi, mostri di marmo con corpo di leone e volto umano, guardiani del tempio. Intorno al tempio si svolgevano molte delle principali attività commerciali ed amministrative delle città.

Altro luogo sacro per la religione egizia erano le piramidi (vedi pagina 30).

Le festività più importanti erano quelle legate al ciclo della terra (cambio di stagione, raccolto…) ed in particolare alle inondazioni del Nilo. Il culto, in genere, non era pubblico, ma riservato ai sacerdoti e al faraone. Ogni giorno si svolgeva il rito di purificazione, vestizione e ornamento della statua del dio; poi, per restituirgli l’anima, al sorgere del sole, si offrivano sacrifici di animali, cibi, profumi e bevande. L’offerta agli dei rimane il rito più

Tempio di Amon-Ra a Luxor
Sfinge di Chefren

importante e non pubblico. Sappiamo che un tipo particolare di rito erano i “drammi sacri” che riproducevano gli eventi dei miti.

In alcune occasioni la statua di un dio veniva trasportata da un tempio all’altro, in visita ad altre divinità, con vere e proprie processioni sacre. Tra i riti, infine, ricordiamo quelli legati alla sepoltura dei morti.

Idea dell’aldilà

Uno degli aspetti più importanti e conosciuti della religione egizia è il culto dei morti

Secondo gli Egizi l’uomo era formato da un corpo, il Khet, e un’anima, il Ka. Quando l’uomo moriva il suo Ka abbandonava temporaneamente il corpo e doveva superare il tribunale di Osiride, per ottenere l’immortalità e ricongiungersi al corpo (per questo motivo il corpo doveva rimanere intatto e ave-

va bisogno di una casa per la nuova vita). Il Ka veniva condotto da Anubi al cospetto del Signore dell’eternità (Osiride) e, dopo una lunga confessione, aspettava il giudizio. Osiride pesava il cuore del defunto, che doveva essere leggero come la piuma di Maat, dea della verità e della giustizia. Se il cuore pesava più della piuma, a causa delle cattive azioni, la dea Ammit (con muso di coccodrillo e corpo per metà di leone e per metà di ippopotamo) si gettava sul defunto per divorarlo dandogli una morte definitiva. Se il cuore era“leggero”, il defunto poteva intraprendere il viaggio nell’aldilà seguendo le preziose indicazioni fornite dal “Libro dei morti” che veniva deposto in ogni tomba. Da questa convinzione nacque la pratica della mummificazione dei corpi e la costruzione di tombe simili ad abitazioni con tutto quello che poteva essere utile al defunto nella vita ultraterrena: mobili, armi, oggetti, cibi…

La mummificazione aveva lo scopo di preparare il corpo per la vita eterna, conservandolo il più a lungo possibile intatto per ricongiungersi al Ka, così veniva imbalsamato:

• per prima cosa un sacerdote estraeva dal corpo gli organi interni, eccetto il cuore, e li collocava in quattro vasi detti “canopi”;

• poi ripuliva il corpo con vino e profumi;

• successivamente lo immergeva per settanta giorni nel natron, un sale di sodio esistente in natura, per eliminare l’acqua presente nella pelle e nelle ossa;

• terminato questo periodo il corpo veniva lavato nuovamente e riempito di

Pittura raffigurante la pesatura dell’anima
Sarcofago

erbe odorose, cera d’api e resina; • infine, si avvolgeva in bende di lino, inserendovi amuleti portafortuna in modo da ottenere una mummia e veniva posta sul volto una maschera con dipinti gli occhi, in modo che il defunto potesse continuare a osservare lo svolgimento della vita esterna.

Intanto gli artigiani costruivano una cassa per il corpo: il sarcofago. Esso aveva la funzione di proteggere il morto dalle intemperie e dalla sabbia del deserto.

Le piramidi

Mentre era ancora in vita, il faraone si faceva costruire la tomba per la vita nell’aldilà: la piramide, una casa-tomba, edificata con grandi blocchi di pietra squadrata. Centro della piramide era la camera funeraria, con le pareti riccamente dipinte, dove si trovava il sarcofago con la mummia del faraone. C’erano poi dei condotti d’aria per guidare l’anima verso l’aldilà e dei corridoi che portavano verso camere vuote per ingannare i ladri.

Anche i ricchi si costruivano delle belle tombe, mentre i poveri venivano avvolti in lenzuoli di lino e deposti sotto terra.

Simboli

Gli archeologi hanno ritrovato una quantità straordinaria di amuleti, che dimostrano il valore dato dagli Egizi alla superstizione e alla magia: • l’Occhio di Horus (“che tutto vede”) era simbolo potentissimo di regalità e di protezione, chiamato anche ”Occhio della Perfezione che tutto vede”. Il simbolo fu trovato sotto il dodicesimo strato di bende sulla mummia di Tutankhamon: si pensava, infatti, che questo amuleto fosse di grande aiuto per contrastare il maligno o per proteggere il viaggio del defunto verso l’aldilà. Veniva anche impresso all’ingresso delle abitazioni e sui sarcofagi, per proteggerli. Il mito racconta che nel corso del combattimento fra Horus e Seth, Seth strappò al rivale l’occhio lunare e lo gettò dall’altra parte del mondo. Il cielo notturno, senza la luce della luna, piombò così nel buio più profondo. Per fortuna il saggio Thot si mise alla ricerca dell’occhio, lo ritrovò, lo riparò e lo restituì a Horus rimettendolo al suo posto; • l’Ankh (o croce ansata) era un simbolo di origine antichissima, che significava “vita” con un doppio valore di esistenza terrena e vita eterna. Nelle raffigurazioni compare spesso in mano agli dei, ma anche ai faraoni; riferito a questi ultimi, significa sia vita ricevuta (dagli dei), sia potere di dare vita (al popolo). È simbolo d’immortalità, chi lo detiene è padrone del-

Piramidi di Cheope, Chefren e Micerino a Gaza
Struttura della piramide di Cheope
camera sepolcrale del faraone camera sepolcrale sotterranea
Occhio di Horus
Ankh

la vita e della morte. Viene anche chiamato “chiave di Iside” o “chiave della vita”, poiché grazie ad esso il defunto poteva accedere alla vita ultraterrena.

Libri sacri e miti

Il “Libro dei morti” è una raccolta di testi scritti su papiro, ritrovati nelle tombe, vicino alle mummie, a cui si attribuiva un potere magico: si credeva infatti che avrebbero dato al defunto tutte le indicazioni per raggiungere l’aldilà. Questo libro conteneva inni e preghiere dedicati agli dei dell’ Egitto, in particolare a Ra e Osiride, ma era anche un percorso guidato che consentiva al defunto di trovare la strada della vita eterna, evitando trappole e pericoli. Le illustrazioni del libro presentano un oltretomba pieno di laghi, fiumi, strade e porte, dietro le quali, spesso, si nascondevano terribili creature. Il mito della creazione degli Egizi è, come molte altre cosmogonie, assai complesso e presenta varie versioni; leggiamo alla classe una rielaborazione del mito.

Mito della creazione

Secondo i testi delle Piramidi, il dio creatore Atum-Ra, uscì da un uovo emerso dalle tenebre caotiche e senza vita delle acque primordiali, chiamate Nu o Nun. Atum-Ra appena uscito dall’uovo, con uno starnuto generò Shu (il nome significa “il fiato di Atum” ed è raffigurato da una piuma), dio dell’aria, poi con uno sputo diede vita a Tefnut (il nome significa “saliva di Atum” ed è raffigurato con la sagoma di una bocca da cui esce un fiotto di saliva), dea dell’aria umida. Da questa coppia di dei nacquero Geb e Nut che, innamorati, se ne stavano tutto il tempo abbracciati, impedendo alla vita di germogliare. Atum-Ra allora comandò a Shu di separarli. Shu (il dio del vento) riuscì facilmente ad infilarsi tra i due, calpestò Geb e con le mani sollevò Nut. è con questa separazione che il caos venne definitivamente sconfitto e furono creati il cielo e la terra. Geb, muovendosi con forza nell’intento di ricongiungersi a Nut, generò le anfrattuosità del terreno e le montagne. Nut (il cui nome significa appunto “cielo stellato”) formò col suo corpo un semicerchio che rappresenta il cielo. Ra ogni giorno saliva in cielo con la sua barca, portando il sole agli uomini. Geb veniva raffigurato sdraiato, appoggiato ad un gomito, con un ginocchio piegato e con un braccio nell’aria. La posizione distesa di Geb simboleggiava le valli, le colline e la terra e la sua risata era considerata la fonte dei terremoti.

Secondo altri miti della creazione:

• il dio sole Ra uscì da un uovo deposto dall’oca detta “Gran Chiacchierona”;

• il dio sole Ra apparve da un fiore di loto blu cresciuto nel limo del Nilo;

• il dio sole Ra apparve sotto forma di uno scarabeo e fece nascere la vita dalla sua palla infuocata.

Pittura raffigurante il mito della creazione.

I figli di Nut

Tanto tempo fa, Ra, capo di tutti gli dei, regnava felice ed indisturbato sull’Egitto, ma un giorno un servitore gli riferì di aver sentito Thot (dio della saggezza) confidare a Nut (dea del cielo) che suo figlio sarebbe diventato faraone al posto di Ra. Quest’ultimo, furibondo, per difendere il suo trono fece scendere una terribile maledizione su Nut: “A Nut non nascerà nessun figlio, in nessun giorno e nessuna notte di nessun anno!”. Nut fu terribilmente addolorata dalla maledizione, tanto desiderava avere dei figli, e chiese aiuto a Thoth, che non avendo potere contro la forza di Ra, le suggerì un raggiro. Così Thoth si recò da Khonsu (dio della luna e grande giocatore d’azzardo) e lo sfidò ad una partita di senet (antico gioco da tavolo simile agli scacchi). Iniziarono a giocare e Thoth, vincente, cominciò a vantarsi della sua bravura, tanto che Khonsu, irritato, decise di scommettere un’ora della sua luce. Ma Thoth continuò a vincere e Khonsu a scommettere ore di luce! Quando Thoth ebbe abbastanza ore di luce da formare cinque giorni interi, salutò l’amico e se ne andò. Inserì i cinque giorni nel calendario (fino ad allora di 360 giorni) tra la fine di quell’anno e l’inizio di quello nuovo e visto che si trattava di giorni in più, questi rimanevano fuori dalla maledizione di Ra. Nut proprio in quei cinque giorni diede alla luce i suoi cinque figli: Osiride, che divenne faraone dopo Ra, Harmachi, che si trasformò in sfinge, Seth, che fu faraone per poco tempo dopo aver ucciso il fratello buono, Iside, fedele e amata moglie di Osiride, e Nefti, moglie di Seth. Khonsu uscì indebolito dalle sconfitte subite a senet e perse per sempre un po’ della sua luce: ecco perché la luna brilla luminosa in cielo per pochi giorni al mese, nel resto del tempo ha bisogno di rimettersi in forze!

Iside ed Osiride

Osiride privò Ra del dominio sul cosmo e portò la civiltà agli uomini: insegnò loro come coltivare la terra e produrre il vino e fu molto amato dal popolo. Seth, invidioso del fratello, cospirò per ucciderlo. Costruì in segreto un preziosissimo sarcofago appositamente sulle misure del fratello e poi tenne un banchetto. Durante la festa mostrò a tutti la bellissima cassa di legno lavorato e disse che l’avrebbe regalata a chi vi fosse entrato con precisione. Seth incoraggiò il fratello a provare. Appena Osiride si sdraiò dentro la cassa, Seth la chiuse e la gettò nel Nilo. Iside, sposa amata, con l’aiuto della sorella Nefti riportò Osiride alla vita usando i suoi poteri magici, ma prima che lui si potesse vendicare, Seth lo uccise facendo a pezzi il suo corpo e lo disseminò per tutto l’Egitto. Iside cercò senza tregua i pezzi del corpo del suo sposo e, trovatolo tra le paludi del Nilo, lo ricompose con l’aiuto del fedele Anubi, signore delle mummie. Così fu restituita la vita ad Osiride, che divenne re del mondo dei morti. In questo tempo Iside riuscì a dare alla luce il loro figlio Horus che, allevato segretamente, quando fu abbastanza grande affrontò lo zio Seth in battaglia, per vendicare la morte del padre.

I due dei erano entrambi forti, così alla fine il consiglio degli dei cacciò Seth e decretò la vittoria di Horus, che divenne il re dell’Egitto. Con la lotta tra Seth ed Horus ebbe inizio l’eterno conflitto tra il bene e il male, in cui nessuno dei due è mai definitivamente sconfitto.

PROPOSTA 1

Costruiamo una piramide.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 3 in fondo al volume.

- Far colorare di giallo le quattro facce e far disegnare su ciascuna, con un colore scuro, i blocchi di pietra squadrati.

- Far ritagliare lungo i bordi esterni, poi incollare il modello ad un cartoncino colorato e ritagliare di nuovo.

- Infine piegare le alette e incollare.

PROPOSTA 2

Ricostruiamo il sarcofago di Tutankhamon.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 4 in fondo al volume.

- Far colorare i disegni, poi ritagliare lungo il tratteggio e incollare ogni immagine su un cartoncino delle stesse dimensioni.

- Far sovrapporre i quattro disegni seguendo i numeri, dal corpo mummificato (1), alla bendatura (2), alla maschera funeraria (3), al coperchio del sarcofago (4); praticare un forellino dove indicato e legarli insieme con un fermacampione. Si otterranno così tutte le fasi necessarie a preparare il defunto per il suo ultimo viaggio nell’aldilà.

PROPOSTA 3

Gli Egiziani erano soliti mettere nelle tombe il “Libro dei morti”, un antico papiro sul quale erano scritti, in geroglifico, formule magiche, consigli e preghiere per il viaggio nell’aldilà. Dividiamo la classe in coppie e ad ognuna chiediamo di inventare una prova che il defunto dovrà affrontare nell’aldilà, con relativo consiglio e preghiera.

Rispondi alle domande.

• Perché il faraone era tanto importante per gli antichi Egizi? .............................................................................................................. .............................................................................................................. ..............................................................................................................

• Osserva l’immagine e cerchia con il rosso quali erano i simboli del faraone, poi spiegali. ..........................................................................................................

Collega ogni corona al nome corrispondente e colorala nel modo esatto. Poi completa.

La doppia corona è simbolo del ...................................................... dell’Egitto: la prima di colore ...................................... ricordava il papiro del Nilo, la seconda di colore ....................................... simboleggiava il fiore di loto. La corona ..................................., con il cobra, veniva indossata come . Il era circondato dal ....................................; era di lino di colore ........................................... e ............................................., scendeva ai lati del viso fino alle .............................. come le .............................. del falco Horo. doppia corona corona blu copricapo rettangolare

Secondo il mito della creazione rappresentato dal disegno, sapresti individuare il nome delle divinità e i simboli?

Collega le divinità alla categoria a cui appartengono.

Io sono OSIRIDE, dio della morte, dell’aldilà e dell’agricoltura.

Io sono THOT, dio della saggezza, messaggero degli dei. Sono anche il dio della scienza, della scrittura e delle fasi lunari.

ZOOMORFE

Io sono ISIDE, la dea della maternità e della fertilità, ma anche dell’amore, per la dedizione che ho dimostrato verso mio marito Osiride.

Io sono RA, creatore di tutto, signore dell’universo.

ANTROPOMORFE

Io sono ANUBI, il dio sciacallo, proteggo il regno dei morti e presiedo all’imbalsamazione dei faraoni defunti.

Io sono KHNUM, dio delle sorgenti del Nilo e della potenza creatrice delle inondazioni.

Scrivi le lettere corrispondenti ad ogni definizione.

Rispondi alle domande.

Stanza a cielo aperto circondata da colonne, accessibile a tutti i fedeli. L’obelisco è un monumento alto e stretto, ricavato da un unico blocco di pietra, che termina con una punta piramidale.

Cella-casa della divinità dove può accedere solo il faraone o il Primo Sacerdote.

• Fuori dal tempio potevano essere costruite anche delle sfingi, ricordi cosa sono?

• Cosa sono i due monumenti nelle immagini e a quale religione appartengono?

Elenca sul quaderno le funzioni delle due costruzioni.

B C

Riordina i disegni con i numeri da 1 a 4, poi scrivi per ciascuna immagine una breve didascalia.

Rispondi alle domande.

• Perché gli Egizi imbalsamavano i defunti?

• Secondo gli Egizi, cosa avveniva quando subentrava la morte?

• Come si chiamava questa pratica funeraria?

Completa lo schema con gli elementi che costituiscono la religione dell’antico Egitto.

RELIGIONE EGIZIANA

U.

F. 1: IL POLITEISMO ANTICO

Classe 1 - Taldaldjkasldjkasdioiòàùelndld jhdeheouuh jljsdhehuh jhdejhdejdeuhe.

>> Terzo percorso <<

O. A.: 1 Conoscere la religiosità di tipo politeista dei popoli dell’antica Grecia.

In cima al monte Olimpo

Si propone di introdurre la religione greca con una canzone sulle varie divinità. Questo permetterà ai bambini di familiarizzare da subito con alcuni nomi degli dei che compongono il Pantheon dell’Olimpo. Chiediamo ai bambini se già conoscono alcune storie della mitologia greca o qualche personaggio di quelli citati nel testo. Ci servirà per comprendere le loro conoscenze pregresse sull’argomento e partire con le nuove.

Gli dei dell’Olimpo

Musica: traccia audio n. 2

Rit. Veniamo dall’Olimpo e siamo più di sei mangiamo miele e ambrosia e siamo tutti dei.

ZEUS, grande dio del cielo, capo degli dei, forte e fiero, insieme a lui c’è ERA moglie severa.

ERMES di tutti è il messaggero, DIONISO beve vino a cuor leggero, EFESTO cura il fuoco e i vulcani creando metalli con le mani!

Rit. Veniamo dall’Olimpo...

DEMETRA dea della terra e ARES è dio della guerra, EROS gestisce l’amore sulla terra e AFRODITE tra le dee è la più bella, ATENA protegge sapienza e scienza, ARTEMIDE nella caccia ha gran potenza. POSEIDONE del mare è unico padrone, mentre APOLLO in musica e poesia è un gran campione!

Rit. Veniamo dall’Olimpo...

Questa religione riguarda i popoli che abitavano l’antica Grecia, cioè gli Elleni prima e gli Achei più tardi, noti anche come Micenei dal nome della loro città più importante, Micene; successivamente si aggiunsero i Dori.

Idea della divinità

I Greci adoravano numerosi dei ai quali attribuivano i pregi e i difetti degli uomini; erano rappresentati come i mortali e si comportavano allo stesso modo: litigavano, si ingannavano, amavano, odiavano, gioivano, tradivano, si vendicavano e soffrivano.

Gli dei erano immortali, abitavano in cima al monte Olimpo (che è, con i suoi 2917 m, la montagna più alta della Grecia; per questo, forse, è divenuta, nell’immaginario popolare, la sede degli dei), avevano enormi poteri, il loro cibo era il nettare e la bevanda l’ambrosia (una qualità di pianta).

Tra queste divinità, però, esisteva una forza oscura e potentissima, che non ebbe mai volto umano: il Fato o destino. Rappresentava una volontà superiore che determinava ogni avvenimento, ad essa dovevano sottostare anche gli dei. Distinti dagli dei c’erano gli eroi, esseri umani con particolari poteri: la guarigione, la veggenza, la forza...: erano chiamati anche “semidei”.

In Grecia non vi fu mai una casta sacerdotale chiusa, in quanto c’erano molte persone in grado di entrare in contatto con gli dei e con l’aldilà: indovini, guaritori e poeti. I sacerdoti erano custodi e funzionari del tempio, incaricati dalla comunità ed esperti nei sacrifici e nelle offerte per accattivarsi il favore degli dei; potevano essere anche donne.

Riti

e preghiere

Tutti i mortali dovevano onorare gli dei con lodi, preghiere, feste, offerte e sacrifici; infatti, si può affermare che i Greci fossero un popolo che pregava molto.

I riti più frequenti erano i sacrifici. C’erano poi precisi riti di nascita, nuziali, funerari, e così via. In più ogni divinità gradiva un particolare tipo di ritualità.

con le fonti storico-geografiche

Approfondimenti: documento 3

I riti funebri testimoniano che i Greci credevano in una vita oltre la morte; ai morti si metteva in bocca una moneta (obolo) per pagare a Caronte il passaggio del fiume Acheronte, e in mano una focaccia da gettare al cane Cerbero, custode dell’Ade, mondo degli Inferi. Nel regno dei morti si distinguevano l’Eliseo e il Tartaro. Il primo era luogo di beatitudine per i giusti, mentre il secondo era luogo di tormenti per chi si era macchiato di delitti. I sacrifici prevedevano diverse fasi: la scelta e la decorazione della vittima, la purificazione dei celebranti, la consacrazione attraverso il cospargimento di una mistura d’orzo e sale, l’offerta e il banchetto.

Idea dell’aldilà

Secondo i Greci l’essere umano era composto da due parti: un corpo che si muove, agisce e muore ed una parte invisibile che sopravvive anche dopo la morte.

Il regno dei morti era chiamato “Ade” (Inferi, Oltretomba, Averno o Tartaro) ed era un luogo tenebroso situato all’interno della terra, governato da Ade, fratello di Zeus e Poseidone. Si pensava che tutti i morti, fossero stati in vita buoni o malvagi, giungevano nell’Ade attraverso una qualsiasi voragine aperta nel terreno (in genere attraverso i crateri dei vulcani) e che in questo luogo ci fossero numerosi corsi d’acqua. Il fiume principale, che circondava

Monte Olimpo

l’Ade ed era situato subito dopo l’ingresso, era l’Acheronte e la sua riva era sempre colma delle anime dei morti, in attesa del traghettatore Caronte. Questi era un vecchio di orribile squallore, ma dagli occhi fiammeggianti come brace e dalle membra ancor piene di vigore. Per traghettare le anime dei morti sull’altra riva, si serviva di una grossa barca, vecchia e malandata. Trasportava solo i morti che potevano pagarlo con l’obolo, un’antica moneta greca che i parenti ponevano in bocca ai defunti; gli altri dovevano aspettare cento anni (secondo alcuni, per l’eternità), in una lunga attesa di tormenti. Oltrepassato il fiume, i morti percorrevano un lungo viale, attraversavano un boschetto di pioppi e di salici ed infine arrivavano ad una grandissima porta da cui tutti dovevano passare. Lì c’era un terribile guardiano, Cerbero, cane mostruoso fornito di tre teste, che vegliava rabbioso contro i vivi che tentavano di entrare e contro i morti che cercavano di uscire.

Dietro la porta c’erano le tre aree in cui risiedevano i morti per l’eternità:

• la prateria degli Asfodeli, immersa in una noia senza fine, dove si trovavano coloro che in vita non si erano macchiati di colpe gravi, ma nemmeno erano stati buoni e virtuosi;

• il Tartaro, immerso nel buio e solo ogni tanto rischiarato da vampe di fuoco, destinato agli empi che nella vita si erano macchiati di colpe verso gli dei o verso i propri simili;

• i Campi Elisi (o Elisio), luoghi pieni di luce e di fiori, riservati ai giusti, ai virtuosi, ai saggi e agli eroi; qui essi vivevano eternamente sereni, dediti alle occupazioni che più li avevano dilettati in vita, tra musiche, danze e banchetti.

Luoghi sacri

Il tempio greco era l’abitazione della divinità, formato da una stanza principale, il naos, dove era conservata l’immagine scultorea del dio cui era dedicato; a questo nucleo centrale si affiancavano altri ambienti, destinati a funzioni religiose. Inizialmente il tempio aveva solo un portico anteriore, ma con il passare del tempo si estese a tutto l’edificio con un colonnato continuo, che costituirà l’immagine più tipica del tempio greco.

Il tempio era meta di processioni e accoglieva i riti cittadini durante le feste.

I fedeli non vi potevano entrare e celebravano i propri riti e sacrifici all’esterno, su altari appositamente costruiti davanti all’ingresso. C’erano altari per l’incenso, altri per i sacrifici e altri per l’offerta delle primizie della terra, come focacce di farina e di miele. Frequenti erano anche le offerte di vasi, scudi, armi.

Un altro importante luogo di culto erano i templi oracolari, ossia santuari di consultazione in cui si credeva che il dio, se interrogato, rispondeva con l’oracolo, magari per bocca di un sacerdote.

I templi sorgevano in posizione dominante rispetto alla città greca, in luoghi che prendevano il nome di “acropoli”.

Tempio di Poseidone a Paestum

Tempi sacri e feste

Antesterie: erano feste (una in autunno, l’altra in primavera) in onore di Dioniso. Il primo giorno aveva luogo la festa dell’apertura delle botti, durante la quale si beveva in allegre riunioni del vino nuovo e si riempivano i recipienti per il giorno successivo, quando si celebrava la festa delle brocche con una cerimonia religiosa in onore di Dioniso. Il terzo giorno, infine, era dedicato alla festa delle marmitte. Nelle case si cuocevano semi di varia specie, che venivano offerti a Dioniso e ad Ermes su quattordici altari, quanti cioè erano i pezzi in cui Dioniso era stato sbranato dai Titani. Per tutta la durata delle Antesterie i templi venivano chiusi.

Lampaforie o Lampadedromie: erano feste in onore di Efesto, si celebravano ad agosto e duravano otto giorni. I partecipanti a cavallo, ma più frequentemente a piedi, si rincorrevano, tenendo in mano delle fiaccole. Dovevano fare attenzione a non spegnerle: spesso, queste passavano di mano in mano quando ai corridori non reggeva più il fiato. La gara consisteva nel portare la fiaccola accesa dall’altare di Efesto all’Acropoli. Al primo arrivato spettava in premio un’anfora d’olio.

Olimpiadi: erano gare atletiche in onore di Zeus, chiamate “giochi olimpici” dalla città di Olimpia dove si svolgevano ogni quattro anni. Duravano sette giorni a luglio o ad agosto: il primo giorno era dedicato ai sacrifici agli dei e al giuramento degli atleti, l’ultimo giorno venivano premiati i vincitori; il premio consisteva in una corona di foglie di ulivo e in una statua che li rappresentava a Olimpia. Le gare vere e proprie si svolgevano in cinque giorni e comprendevano: corsa, corsa di cavalli, pugilato, lotta libera, salto in lungo, lancio del disco, lancio del giavellotto...

Durante le olimpiadi venivano sospese tutte le guerre e le condanne a morte. L’istituzione dei giochi olimpici si perde nella notte dei tempi.

Libri sacri e miti

I Greci non avevano veri e propri libri sacri, furono i poeti ad inventare e a diffondere i miti degli dei, composti per l’ascolto e non per la lettura. I poemi più importanti sono quelli omerici (Iliade e Odissea, che hanno come temi il valore guerriero, l’amor patrio, la religiosità, la devozione filiale, ma anche il saper vivere) e i poemi di Esiodo (tra i quali ricordiamo la Teogonia, contenente molti miti).

Secondo i Greci il mondo iniziò con un grande disordine, il Caos, poi da esso nacque Gea (la madre Terra), la quale partorì Urano (il cielo) che divenne poi suo marito. Ebbero molti figli, tra cui quattordici Titani (creature fortissime).

Uno di loro, Cronos (il Tempo) guidò una ribellione dei suoi fratelli contro il padre Urano e lo depose dal trono.

Cronos generò Zeus, il quale, aiutato dai fratelli e dalle sorelle, Poseidone, Ade, Estia, Demetra ed Era, affrontò i Titani in battaglia e li sconfisse.

Zeus depose Cronos e divenne il re di tutti gli dei. Essi scelsero di abitare in cima al monte Olimpo, nel nord della Grecia, la cui cima è invisibile perché sempre coperta da nubi, e da lassù spiavano gli uomini.

Zeus da quel momento dominò il cielo, i suoi fratelli Poseidone e Ade ebbero il potere rispettivamente sul mare e sugli Inferi, mentre la terra fu governata in comune da tutti e tre.

Leggiamo alla classe le rielaborazioni di alcuni miti dell’antica Grecia.

Il mito di Orione

Orione era un bellissimo cacciatore che si vantava di essere il più bravo sulla terra. Artemide, dea della caccia, sentendo parlare di questo giovane tanto pieno di sé, decise di incontrarlo. Come lo vide la bella dea se ne innamorò e, corrisposta, cominciò a cacciare con l’amato per i quattro angoli della terra. Apollo, dio del sole e fratello di Artemide, con la quale si divertiva a fare gare di caccia, geloso del loro legame, decise di escogitare un piano per eliminare Orione. Solo così, infatti, la sorella avrebbe ripreso a giocare con lui per i boschi della Grecia. Allora senza esitare sfidò Artemide ad una gara di tiro con l’arco: avrebbe vinto chi riusciva a colpire un oggetto lontanissimo che affiorava dalle onde del mare. Artemide, competitiva come sempre, non si fece certo pregare, accettò la fida e scagliò il suo dardo infallibile, colpendo in un baleno l’oggetto che, in realtà, era la testa di Orione. Affranta dal dolore per aver perso l’amato, Artemide ottenne da Zeus che Orione diventasse una delle costellazioni più belle del cielo. Così ogni notte lei poteva ammirarlo nel cielo.

Il mito di Pandora

Zeus, per punire gli uomini e per renderli mortali, decise di inviare sulla terra Pandora, una creatura modellata dal fango grazie ad Efesto. Il suo nome significa “tutti i doni” perché Atena la vestì e le insegnò i lavori femminili, Afrodite le diede la bellezza perché gli uomini se ne innamorassero ed Ermes le insegnò l’astuzia e l’inganno. Infine Zeus le regalò un vaso di terracotta sigillato e le disse di non aprirlo mai e per nessun motivo. Pandora, però, molto curiosa, non riuscì a resistere alla tentazione e aprì il vaso. Fu terribile! Dal vaso uscirono tutti i mali e le sciagure che conosciamo oggi: febbre, malattia, sofferenze, dolore e morte. Pandora, spaventata, cercò di richiuderlo velocemente, ma invano: nel vaso restò imprigionato solo lo spirito della speranza, che si trovava in fondo. Zeus, infatti, impietosito, lo aveva messo tra i mali, perché l’uomo potesse sopportare il peso della vita mortale. Così la speranza cominciò a bussare dall’interno del vaso chiedendo di essere liberata e Pandora l’ascoltò, e ancora vive tra gli uomini per poter alleviare i loro dolori.

Il mito di Aracne

Aracne era un’ottima filatrice che, abituata a ricevere complimenti, incominciò a vantarsi di essere non solo la più brava fra i mortali, ma addirittura in grado di gareggiare con gli dei. Atena, dea della sapienza,

protettrice dei filatori, irritata dalla sua grande superbia, si presentò alla fanciulla sotto forma di vecchietta e le consigliò di non offendere gli dei. Per tutta risposta, Aracne affermò con forza e decisione di essere migliore di Atena. A questo punto la dea, irritata, riprese le sue sembianze e sfidò la giovane ad una gara di tessitura. Una dea non poteva certo accettare che una comune mortale affermasse di essere migliore delle divinità! La gara a “suon di fili” ebbe inizio. Atena realizzò un splendido arazzo rappresentante lo scontro fra lei e Poseidone per la città di Atene, mentre Aracne fece un’immagine degli amori di Zeus. Il risultato finale fu sorprendente: il lavoro di Aracne era molto più bello di quello di Atena! Allora la dea, non potendo ammettere di essere stata sconfitta, distrusse l’opera di Aracne e per punirla della sua superbia la trasformò in un ragno e le disse: - Da oggi potrai tessere, sì, ma per te sola e sarai costretta a filare in eterno una tela sottile e delicata che pochi noteranno sulla terra, così nessuno ti paragonerà più agli dei!

Clizia e il girasole

Clizia era una giovane ninfa innamorata di Apollo, dio del sole. Ogni giorno lo osservava portare il carro solare in cielo e ogni sera lo salutava sospirando, visto che il suo amore non era corrisposto dal bel dio. Così cominciò a deperire, rifiutando di nutrirsi e bevendo solamente la brina e le sue lacrime. Trascorse il resto dei suoi giorni seduta a terra ad osservare il dio che ogni mattina salutava il giorno con l’aurora e ogni sera, al tramonto, colorava di rosso l’orizzonte, senza mai rivolgerle neppure uno sguardo. Così, consumato dall’amore, il suo corpo cominciò a mettere radici sul terreno e il suo volto si trasformò in un fiore giallo che cambia inclinazione durante il giorno secondo lo spostamento dell’astro nel cielo e, perciò, ancora oggi è chiamato “girasole”.

Il mito di Prometeo

Prometeo era un titano (un gigante) che spinto dal suo grande amore per gli uomini, volendo migliorare le loro misere sorti, decise di rubare il fuoco agli dei per farne dono ai mortali, contro il volere del grande Zeus. Così un giorno chiese a Dioniso un po’ del suo vino migliore e si diresse a far visita ad Efesto, dio del fuoco. Entrato nelle profondità del vulcano, dove egli abitava, cominciò ad elogiarlo per le stupende opere che era in grado di creare con il fuoco, poi lo invitò a brindare. Quando Efesto fu completamente ubriaco si addormentò e Prometeo riuscì a rubare una scintilla di fuoco e la portò agli uomini. L’uomo fece rapidi progressi grazie al fuoco: imparò a modellare vasi e ciotole, a costruire case con mattoni di argilla cotta e a fabbricare armi di metallo per la caccia. Ma una notte, Zeus, guardando sulla terra, vide

del fumo e capì ciò che aveva fatto Prometeo. Lo mandò a chiamare e gli comunicò la sua terribile punizione: il titano avrebbe passato il resto della sua vita incatenato su una roccia deserta delle montagne dell’Est, dove, ogni giorno, un’aquila si sarebbe recata per nutrirsi del suo fegato, che si riformava ogni notte. Passarono più di trentamila anni prima che Prometeo fosse liberato dal potente Eracle.

Le fatiche di Eracle (Ercole per i Romani)

Nato da Zeus e da una donna mortale, Eracle fu perseguitato fin dalla nascita dall’odio di Era, moglie gelosa e vendicativa del re degli dei. Quando era ancora bambino Era mise nella sua culla due mostruosi serpenti che lui strozzò insieme con le sue manine; infatti, come figlio di un dio, egli aveva una forza eccezionale. Quando fu adulto, colpito dall’odio della regina dell’Olimpo, impazzì e in un attimo uccise moglie e figli. Per potersi liberare da questa orribile colpa fu costretto a superare dodici prove, le famose “fatiche di Eracle”.

1) Uccise il leone di Nemea, mostro dalla pelle invulnerabile, che devastava il paese e divorava gli abitanti e il loro bestiame. Eracle lo uccise a mani nude e con la sua pelle fece un mantello, mentre la testa l’usò come elmo.

2) Uccise l’idra di Lerna, un drago mostruoso con nove teste che possedevano un alito mortale, che distruggeva i raccolti e le greggi. Quando Eracle cominciò a tagliare le teste con la spada si accorse che da ognuna ne ricrescevano due, per cui capì che doveva bruciarle.

3) Catturò la cerva di Cerinea, che aveva le corna e gli zoccoli d’oro ed era sacra ad Artemide, per questo doveva essere catturata viva.

4) Catturò il cinghiale di Erimanto, enorme e ferocissimo. Eracle riuscì ad afferrarlo e immobilizzarlo, poi lo legò e se lo caricò sulle spalle.

5) Pulì in un solo giorno le stalle di Augia che erano piene del letame accumulatosi da anni dagli immensi armenti del re. Eracle riuscì a ripulirle, facendo passare nella stalla la corrente di due fiumi, le cui acque portarono via tutta la sporcizia.

6) Uccise con le sue frecce gli uccelli di Stinfalo, che avevano artigli, becco e anche penne di bronzo, che scagliavano come frecce, e si nutrivano di carne umana.

7) Catturò il toro di Creta (da non confondersi con il Minotauro), che era stato mandato per vendetta da Poseidone al re Minosse, per seminare il terrore nell’isola e distruggere le campagne.

8) Catturò le cavalle di Diomede, che si nutrivano di carne umana, fornita loro dal re attraverso l’uccisione di tutti gli stranieri che passavano per la sua terra. Eracle le legò e diede loro in pasto lo stesso Diomede.

9) Conquistò, dopo una lunga e sanguinosa battaglia, la cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni.

10) Riuscì a prendere i buoi di Gerione, un mostro orrendo che dalla cintura in su aveva tre corpi e possedeva un gigantesco cane da guar-

dia con due teste.

11) Si impadronì dei pomi d’oro delle Esperidi (divinità della notte) dopo averne ucciso il guardiano, un drago con cento teste.

12) Catturò Cerbero, il mostruoso cane a tre teste che stava a guardia dell’Ade.

Il mito di Demetra e Persefone

Zeus ebbe una figlia da Demetra, dea della fertilità della terra, di nome Persefone, che fu rapita da Ade, dio dell’oltretomba. Avvicinatasi ad un narciso per coglierlo, all’improvviso fu travolta dal carro di Ade, uscito da uno squarcio nel terreno e guidato da neri cavalli. Ade la trascinò nelle viscere della terra per sposarla contro la sua volontà. Demetra, sconvolta, cercò la figlia per molto tempo e si dimenticò della terra che fu invasa da un durissimo inverno senza fine. Zeus, preoccupato, chiese al fratello Ade di restituire Persefone alla madre. Ade acconsentì dicendo che la giovane poteva tornare sulla terra solo se non aveva mangiato nulla nel regno dei morti, ma dato che lei si era nutrita di sei chicchi di melograno, il cibo dei morti, almeno una parte dell’anno l’avrebbe dovuta passare nel mondo sotterraneo. Così la giovane fu costretta a passare sei mesi con il marito negli Inferi e sei mesi con la madre sulla terra. Da questo fatto nacquero le stagioni: il ritorno di Persefone sulla terra coincide con la gioia di Demetra che cura la terra e fa rinascere la vita durante la primavera e l’estate, mentre la sua permanenza nell’Ade rappresenta il dolore della madre, che fa scendere sulla terra l’autunno e l’inverno.

PROPOSTA 1

Costruiamo il tempio greco.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 5 in fondo al volume.

- Far colorare di marrone chiaro tutte le figure.

- Far ritagliare lungo i bordi esterni tutte le figure, poi incollare sul quaderno; per prima cosa la base, il naos, cioè la stanza principale, poi il frontone e il tetto. Successivamente inserire le colonne, incollandone ciascuna sul rispettivo spazio indicato dai cerchietti sulla base.

PROPOSTA 2

Proponiamo ai bambini di diventare “artisti narratori”. Dividere la classe in gruppi da tre o quattro alunni e consegnare ad ogni gruppo il testo di un mito greco. Ogni gruppo dovrà raccontare al resto della classe il proprio mito con una breve drammatizzazione e sintetizzandolo in una serie di disegni.

Completa i fumetti e collegali alla divinità corrispondente.

Io sono dio della musica.

capo degli dei.

Io sono dea della terra e delle messi. Io sono

Sono il terribile e governo il regno dei morti.

Sono dea della caccia, bravissima ad usare l’arco, mi chiamo

............................

Il tridente è il mio scettro e governo il mare, sono

Come me non c’è nessuna, sono dea della bellezza e mi chiamo

...............................

Il mio animale sacro è il pavone e sono la moglie di Zeus: mi chiamo

Leggi le definizioni e riporta i numeri nei quadratini corrispondenti.

1) FRONTONE: elemento triangolare posto a coronamento della facciata di un edificio.

2) COLONNA: elemento verticale portante, di sezione circolare, che sostiene il peso delle strutture soprastanti.

3) CAPITELLO: parte superiore di una colonna, con funzione decorativa.

4) ARCHITRAVE: trave principale, appoggiata sopra i capitelli delle colonne.

5) FREGIO: motivo pittorico decorativo posto, in genere, sopra l’architrave.

L’immagine rappresenta il mondo degli Inferi presso gli antichi Greci; scrivi i nomi corrispondenti alle diverse figure.

Completa lo schema con gli elementi che costituiscono la religione dell’antica Grecia.

Unità Formativa 2 - Il monoteismo ebraico

Rivelazione di Dio

alleanza

Storia della Salvezza monoteismo

popolo ebraico Patriarchi

Legge il Liberatore

fedeltà Giudici, Re e Profeti

Traguardi per lo sviluppo delle competenze

Competenze di riferimento disciplinari

Obiettivi di apprendimento

L’alunno riconosce che la Bibbia è il libro sacro per cristiani ed ebrei e documento fondamentale della nostra cultura, sapendola distinguere da altre tipologie di testi, tra cui quelli di altre religioni; identifica le caratteristiche essenziali di un brano biblico, sa farsi accompagnare nell’analisi delle pagine a lui più accessibili, per collegarle alla propria esperienza.

Saper cogliere il significato profondo e la novità della Rivelazione ebraico-cristiana rispetto alle religioni politeiste delle prime civiltà. Saper collocare nello spazio e nel tempo alcuni personaggi biblici.

1 Cogliere la specificità della singolare alleanza tra il popolo ebraico e il Dio di Abramo.

2 Ricostruire le principali tappe della Storia della Salvezza attraverso l’analisi di alcuni testi biblici relativi a figure significative ed eventi importanti.

Contenuti Il monoteismo ebraico.

Lettura di passi biblici, di cartine geografiche e della linea del tempo.

Discipline coinvolte Storia, geografia, italiano, arte e immagine.

Prove di verifica e valutazione

Indicazioni metodologiche

Vista la natura della disciplina gli alunni saranno valutati sia nell’apprendimento della cultura cristiana, sia sotto il profilo affettivo-relazionale, privilegiando le conversazioni insegnante-alunni, la narrazione di vissuti personali, le realizzazioni grafico-pittoriche, la lettura di immagini di vario genere, l’analisi di testi poetici e musicali. Le verifiche verranno effettuate in modi semplici e graduali attraverso la compilazione di schede di consolidamento, per valutare l’ascolto, la partecipazione, l’interesse, la comprensione e la capacità di rielaborare ed esporre oralmente i contenuti.

Le strategie didattiche che verranno poste in atto saranno fondate sull’immagine in un rapporto di complementarietà con il linguaggio verbale, con quello audiovisivo e con quello musicale, per guidare i bambini alla conoscenza della Storia della Salvezza ed aiutarli a riconoscere in essa la storia dell’amicizia di Dio con l’uomo, al fine di permettere loro il passaggio dalla concretezza immediata all’astrazione, dal sensibile allo spirituale.

U. F. 2: IL MONOTEISMO EBRAICO

>> Primo percorso <<

O. A.: 1 Cogliere la specificità della singolare alleanza tra il popolo ebraico e il Dio di Abramo. 2 Ricostruire le principali tappe della Storia della Salvezza attraverso l’analisi di alcuni testi biblici relativi a figure significative ed eventi importanti.

Sulle orme dei Patriarchi

Per introdurre la Storia della Salvezza proponiamo la canzone che racconta la vocazione di Abramo (Gen 12,1-9).

Vocazione di Abramo

Rit: Abramo non temere io sono il Signore, l’unico vero Dio che parla al tuo cuore! Se di me fidarti vorrai, ti assicuro che non ti pentirai, due promesse oggi ti faccio: una terra e un figlio per te, non saranno più un miraggio!

Esci dalla tua terra e va dove ti mostrerò, prometto che di te un grande popolo farò, con tua moglie e la tua gente senza paura seguimi in questa mirabile avventura!

Avrai un figlio e una grande discendenza ti chiedo solo di aver fede e pazienza, ti darò un luogo dove farli riposare, una striscia di terra bagnata dal mare.

Rit: Abramo non temere io sono il Signore... Ti prometto che mai più solo resterai e quello che hai lasciato non lo rimpiangerai: io sono colui che è, che era e che sarà niente e nessuno potrà mai cambiar questa verità.

Conta se riesci le stelle che sono in cielo tanto numeroso sarà il tuo popolo, credimi sono sincero e da quel giorno Abramo decise di partire per un lungo viaggio l’unico Dio cominciò a seguire!

Rit: Abramo non temere io sono il Signore...

Musica: traccia audio n. 3

Nella prima grande sezione della Bibbia, l’Antico Testamento, si narra la storia del popolo ebraico e della sua alleanza con il Dio rivelato.

Nel 1850 a.C. circa, nella città di Ur, in Mesopotamia, Dio si rivela ad un uomo, Abram, e gli chiede di:

• lasciare tutto e partire dalla sua terra;

• incamminarsi verso un Paese che gli sarà indicato.

Inizia in questo modo la storia di una grande amicizia e nasce così la prima religione monoteista.

LE PROMESSE DI DIO AD ABRAM

LA BENEDIZIONE che significa presenza, protezione e aiuto

UN FIGLIO che significa una grande discendenza

UNA TERRA che sarà la Palestina, anticamente chiamata Canaan

Abram, il cui nome di derivazione ebraica significa “Padre di molti/dei popoli” è il primo Patriarca delle religioni monoteiste. La sua storia è narrata nel libro della Genesi (12,1-9) ed è ripresa anche nel Corano. Probabilmente era capo tribù di un popolo di pastori nomadi dell’antica Mesopotamia. Il suo nome originale era Abram, poi cambiato da Dio in Abramo.

Dopo aver affrontato il tema della “chiamata”, chiediamo ai bambini: - Perché Dio, l’unico Dio, non si è rivelato prima e ha lasciato che gli uomini inventassero tante storie sulla religione?

Possiamo parlare di una “pedagogia divina”, spiegandola con un esempio e una frase di sintesi: un bambino appena nato non è in grado di andare in bicicletta; prima deve imparare a muoversi da solo, spesso gattonando, poi a stare in posizione eretta e successivamente a camminare e correre; solo quando sarà ben sicuro dei suoi movimenti, possiamo insegnargli ad andare in bicicletta.

Sintesi conclusiva: Dio ha creato l’uomo libero e intelligente, l’ha lasciato crescere e si è rivelato a lui solo quando ha ritenuto che fosse in grado di comprenderlo e di conoscerlo.

Di seguito proponiamo due numeri della Costituzione Dogmatica sulla Divina Rivelazione - Dei Verbum (n. 14-15), per aiutare i bambini a comprendere sempre più il legame che unisce l’Antico e il Nuovo Testamento, unica grande Rivelazione del Dio amore. con le fonti magisteriali

La Storia della Salvezza nei libri del Vecchio Testamento

Iddio, progettando e preparando nella sollecitudine del suo grande amore la salvezza del genere umano, si scelse con singolare disegno un popolo al quale affidare le promesse. Infatti, mediante l’alleanza stretta con Abramo e per mezzo di Mosè col popolo d’Israele, egli si rivelò, in parole e in atti, al popolo che così s’era acquistato come l’unico Dio vivo e vero, in modo tale che Israele sperimentasse quale fosse il piano di Dio con gli uomini e, parlando Dio stesso per bocca dei profeti, lo comprendesse con sempre maggiore profondità e chiarezza e lo facesse conoscere con maggiore ampiezza alle genti. L’economia della salvezza preannunziata, narrata e spiegata dai sacri autori, si trova in qualità di vera parola di Dio nei libri del Vecchio Testamento; perciò questi libri divinamente ispirati, conservano valore perenne: «Quanto fu scritto, lo è stato per nostro ammaestramento, affinché mediante quella pazienza e quel conforto che vengono dalle Scritture possiamo ottenere la speranza».

Importanza del Vecchio Testamento per i cristiani

L’economia del Vecchio Testamento era soprattutto ordinata a preparare, ad annunziare profeticamente e a significare con diverse figure, l’avvento di Cristo redentore dell’universo e del regno messianico. I libri poi del Vecchio Testamento, tenuto conto della condizione del genere umano prima dei tempi della salvezza instaurata da Cristo, manifestano a tutti chi è Dio e chi è l’uomo e il modo con cui Dio giusto e misericordioso agisce con gli uomini. Questi libri, sebbene contengano cose imperfette e caduche, dimostrano tuttavia una vera pedagogia divina. Quindi i cristiani devono ricevere con devozione questi libri: in essi si esprime un vivo senso di Dio; in essi sono racchiusi sublimi insegnamenti su Dio, una sapienza salutare per la vita dell’uomo e mirabili tesori di preghiere; in essi infine è nascosto il mistero della nostra salvezza.

Per avviare la conversazione domandiamo ai bambini:

- Dopo aver ascoltato le parole di questo documento ufficiale, scritto dai vescovi cattolici nel 1965, secondo voi, qual è o chi è il collegamento tra gli Ebrei e i cristiani?

- Cosa significa “pedagogia divina”, tenendo presente che la pedagogia è la disciplina che studia le finalità, i metodi e i problemi che riguardano l’educazione dell’uomo?

Fotocopiamo per ciascun alunno la cartina (cartamodello 6 in fondo al volume) e ricostruiamo insieme il viaggio di Abramo.

Abramo partì da Ur verso Carran, poi arrivò in Canaan presso Sichem. A causa di una carestia soggiornò in Egitto, infine, tornò in Palestina vicino al deserto del Negheb. Secondo la ricostruzione storica alcuni gruppi si fermarono a sud, altri salirono più a nord verso Ebron, quindi questo popolo prese possesso di Canaan. Ur è un’antica città sumera che conobbe grande splendore verso il 2100 a.C. In essa è stata ritrovata una delle grandi Ziggurat mesopotamiche. Harran al tempo di Abramo era un’importante città, passaggio obbligato per le carovane che dall’Oriente volevano recarsi a Ur o in Egitto. Canaan: questo nome ci è arrivato dall’ebraico, ma la sua origine non è chiara, un’ipotesi accreditata è la traduzione con “rosso porpora” forse riferita al colore rosso porpora che le popolazioni stanziate in questa terra lavoravano. Questo termine, nella Bibbia, indica le popolazioni che abitavano la Palestina prima dell’insediamento ebraico.

Approfondimenti

I popoli nomadi: sono dei gruppi etnici che non hanno una fissa dimora, ma si spostano sempre o per motivi di sussistenza o per motivi di tradizione storica e culturale. Il nomadismo di Abramo è legato soprattutto al soddisfacimento delle esigenze del bestiame, in quanto la sua famiglia apparteneva ad una tribù di pastori.

L’abitazione dei popoli nomadi era una tenda fatta con pelli di capra e di pecora sostenute da alcuni paletti di legno fissati a terra. Per rendere il rivestimento impermeabile si doveva attendere che la prima pioggia lo facesse restringere. L’arredamento interno era formato da tappeti e stuoie, e alcune tendine separavano le diverse “stanze”. Recipienti, arnesi da cucina e altri beni erano custoditi all’interno della tenda, accanto ai paletti. L’acqua, il latte e il burro venivano conservati nelle ghirbe, otri fatti di pelle di pecora. In genere le donne vivevano in una zona separata della tenda e nessun uomo, oltre al capo famiglia, poteva entrarci. Gli altri uomini, infatti, dovevano stare fuori, sotto una veranda con uno speciale rivestimento di tessuto.

con le fonti storico-geografiche

Approfondimenti: documento 4

Harran
Damasco
Babilonia
Bersabea
Sinai
Zoan Egitto
Mar Mediterraneo
Mar Rosso
Mesopotamia
Siria
Arabia
Golfo
Persico Canaan
Nilo
Ur

Presentiamo ora a tappe la prima parte della Storia della Salvezza: quella dei Patriarchi.

I tappa - Le promesse e l’alleanza (Gen 15,1-19)

Dopo la sosta in Egitto, Dio rinnova ad Abram la promessa di un figlio e garantisce la sua fedeltà con un patto.

Sembra che fosse usanza, presso i popoli dell’antica Mesopotamia, siglare un patto di alleanza (come un contratto di oggi) con un giuramento imprecatorio, accompagnato da un rito che ne esprimeva il senso in modo simbolico. Uno di questi riti consisteva nel dividere in due parti l’animale sacrificale e disporre le due parti in modo da tracciare una specie di sentiero entro il quale passavano rispettivamente i due contraenti, imprecando la stessa morte sopra chi si fosse dimostrato inadempiente. Pertanto Dio garantisce la sua fedeltà alle promesse in questo modo: chiede ad Abram di procurarsi una giovenca, una capra e un ariete, di spaccarli in due, di disporre per terra, una di fronte all’altra, le due metà e, infine, di passarci in mezzo (come fosse una firma sul contratto). Più tardi Dio stesso si manifesterà con un fuoco ardente e fumante che attraverserà il percorso tracciato.

II tappa - Il figlio della schiava (Gen 16)

Dato che il “figlio della promessa”tardava ad arrivare, Sarai, moglie di Abram, suggerì al marito di concepire un bambino con la sua schiava Agar. Era un’usanza comune a quel tempo considerare figli della moglie anche quelli nati dalle loro schiave. Da questa unione nacque Ismaele, ma il comportamento sfrontato di Agar impedì a Sarai di amarlo come un vero figlio. Per Abram sarà certamente un episodio molto amaro quando si sentì costretto a cacciare madre e figlio nel deserto, dopo aver capito che non lo poteva considerare il figlio della promessa (perché non nato da sua moglie). Ismaele e Agar trovarono consolazione presso Dio e, secondo la tradizione, da questa stirpe ebbe origine il popolo arabo e la religione islamica. Per questo motivo Abramo è considerato il “Patriarca, cioè padre nella fede” dalle tre grandi religioni monoteistiche: Ebraismo, Islamismo e Cristianesimo. Si può riprodurre alla lavagna il seguente schema e farlo copiare ai bambini sul quaderno:

MUSULMANI

III tappa - Il segno dell’alleanza (Gen 17,9-14)

Quando Abram ebbe novantanove anni, Dio gli parlò di nuovo per rinnovare le sue promesse e gli cambiò il nome in Abramo (che significa “padre di una moltitudine”), poi gli chiese di portare un segno fisico nel proprio corpo a testimonianza dell’alleanza: la circoncisione (un piccolo taglio del prepuzio, parte esterna dell’organo genitale maschile). Così questo “rito” veniva praticato su ogni bambino maschio, otto giorni dopo la sua nascita. Era ed è un segno indelebile di appartenenza al popolo ebraico (questo, oggi, vale anche per l’appartenenza alla fede islamica) e significa che l’alleanza con Dio non può essere cancellata. In quell’occasione cambiò anche il nome di Sarai in Sara, che significa “principessa”.

IV tappa - Le Querce di Mamre (Gen 21,8-21)

Raccontiamo questo episodio che è una manifestazione della Trinità (in quanto i tre uominiangeli sono segno del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo), partendo dall’osservazione del quadro di Chagall.

Dio ancora una volta rinnova la sua vicinanza ad Abramo e conferma la sua promessa: avrà un figlio da Sara, sua moglie. Mentre sedeva all’ingresso della sua tenda, presso le Querce di Mamre, vide tre uomini venuti a fargli visita. Subito si affrettò a servirli perché aveva riconosciuto in essi la presenza di Dio. Mentre banchettavano insieme gli rivelarono che entro l’anno Sara avrebbe dato alla luce suo figlio, il figlio tanto atteso. Sara, all’ingresso della tenda stava ad ascoltare e quando udì tale notizia, incredula sorrise. Ma dato che nulla è impossibile a Dio, un anno dopo Sara diede alla luce il figlio Isacco, che significa “motivo di sorriso”, perché, disse, fu motivo di grande gioia. Abramo aveva cent’anni quando nacque il figlio promesso da Dio.

V tappa - Il sacrificio di Isacco (Gen 22,1-19)

Dopo aver narrato ai bambini questo episodio, poniamo loro le seguenti domande, usando la tecnica del problem solving:

- Perché Abramo non è così stupito dalla richiesta di Dio?

- Perché Isacco non scappa quando si accorge che manca l’agnello per il sacrificio?

- Cosa voleva dire Abramo quando, sapendo chi era a dover essere sacrificato, dice al figlio “Dio sul monte provvede”?

Dopo aver scritto le loro ipotesi, insieme, cerchiamo di costruire la risposta: Abramo non è stupito perché per lui offrire sacrifici a Dio sembrava un’azione normale, infatti lui proveniva da una religione politeista, dove questo tipo di riti era molto praticato. È chiaro che le altre due domande hanno un’unica risposta: la fede del padre che è anche la fede del figlio.

Spieghiamo questo episodio biblico attraverso i seguenti punti:

• Dio con la sua richiesta ad Abramo di sacrificare il figlio tanto atteso e amato, vuole mettere alla prova la fede di Abramo.

d’arte: tavola 1 da proiettare e ingrandire con la LIM

Chagall, Abramo e i tre angeli, (tav. 1)
Galleria

• Dio non accettando l’uccisione di Isacco (fermando la mano di Abramo), condanna ogni tipo di sacrificio umano perché lui è l’unico padrone della vita.

• Dato che Abramo ha dimostrato la sua fede, rinnova al popolo ebraico la promessa e la benedizione.

VI tappa - I discendenti d’Isacco (Gen 25,19-28)

Raccontiamo la storia direttamente dal testo biblico.

Questi sono i discendenti d’Isacco, figlio d’Abramo. Abramo generò Isacco; Isacco aveva quarant’anni quando prese per moglie Rebecca, figlia di Betuel, l’Arameo di Paddan-Aram, e sorella di Labano, l’Arameo. Isacco implorò il Signore per sua moglie Rebecca, perché ella era sterile. Il Signore l’esaudì e Rebecca, sua moglie, concepì. I bambini si urtavano nel suo grembo ed ella disse:

– Se così è, perché vivo? - E andò a consultare il Signore. Il Signore le disse: – Due nazioni sono nel tuo grembo e due popoli separati usciranno dal tuo seno. Uno dei due popoli sarà più forte dell’altro, e il maggiore servirà il minore. Quando venne per lei il tempo di partorire, ecco che lei aveva due gemelli nel grembo. Il primo che nacque era rosso e peloso come un mantello di pelo. Così fu chiamato “Esaù”. Dopo nacque suo fratello, che con la mano teneva il calcagno di Esaù e fu chiamato “Giacobbe”. Isacco aveva sessant’anni quando Rebecca li partorì. I due bambini crebbero; Esaù divenne un esperto cacciatore, un uomo di campagna, e Giacobbe un uomo tranquillo che se ne stava nelle tende. Isacco amava Esaù, perché la cacciagione era di suo gusto. Rebecca invece amava Giacobbe.

Spunti per la riflessione:

• il nome “Esaù” in lingua ebraica significa “rosso”;

• il nome “Giacobbe”, invece, significa “scalcagnatore” o “soppiantatore”. La radice ebraica da cui deriva questo nome significa “tallone, calcagno” e più specificamente “afferrare per il calcagno o soppiantare”. Giacobbe fu chiamato così in riferimento alla sua nascita.

• Il nome nella Bibbia è molto importante perché oltre ad identificare una persona, dona significato alla sua vita. Per esempio i nomi “Sarai” e “Abram” dopo che Dio li ha cambiati in “Sara” e “Abramo”, non saranno più ricordati a significare l’idea di un passato che non è più, perché il popolo di Abramo ha abbandonato i vecchi culti idolatrici e ha aderito alla fede nell’unico Dio.

VII tappa - Giacobbe ruba primogenitura e benedizione al fratello Esaù (Gen 25,29-34; 27,1-41)

Con astuzia e inganno, aiutato dalla madre Rebecca, Giacobbe sottrae al fratello la primogenitura , che equivale al diritto di succedere al padre nella guida del popolo e nella proprietà delle ricchezze (“l’ereditarietà al potere” è destinata al primogenito maschio) e la benedizione , segno dell’alleanza con Dio, che doveva essere trasmessa di padre in figlio. Ecco come avvenne:

Una volta, rientrato affamato dalla campagna, Esaù vide Giacobbe che aveva cotto un piatto di lenticchie.

Quando gli chiese da mangiare poiché era sfinito, Giacobbe, con astuzia, chiese in cambio la primogenitura ed Esaù accettò. Successivamente rubò anche la benedizione di Isacco in punto di morte, riservata al primogenito. Infatti, indossando gli abiti del fratello e legando pelli di capretto alle braccia e al collo, ingannò il padre, che era quasi cieco e riconosceva i figli dall’odore.

Dopo questi fatti diventò priorità per Esaù uccidere il fratello che l’aveva ingannato, per questo motivo Giacobbe dovette rifugiarsi presso lo zio Labano, verso Oriente. Qui Giacobbe lavorò molti anni al servizio di Labano, prese in moglie le sue due figlie Lia e Rachele ed ebbe dodici figli, considerati anche quelli delle schiave Bila (schiava di Rachele) e Zilpa (schiava di Lia).

I figli di Lia: il primogenito di Giacobbe, Ruben, poi Simeone, Levi, Giuda, Issacar e Zàbulon. I figli di Rachele: Giuseppe e Beniamino. I figli di Bila: Dan e Nèftali. I figli di Zilpa: Gad e Aser. Giacobbe, dopo essersi accordato con lo zio, decise di tornare in Palestina perché aveva ancora un grosso peso nel cuore: riconciliarsi con il fratello Esaù.

Per avviare la riflessione, partiamo dalla domanda: - Come si possono interpretare questi fatti?

Dopo aver ascoltato le ipotesi dei bambini possiamo concludere che è Dio a guidare la storia degli uomini e per realizzare le sue promesse si serve anche dei loro sotterfugi e delle loro macchinazioni. Per Dio nulla è scontato e tutti sono importanti al di là delle discriminazioni umane (anche Esaù, infatti, riceverà una seconda benedizione dal padre e diventerà capo di un grande popolo, gli Edomiti).

VIII tappa - Da Giacobbe a Israele (Gen 32,23-33)

Lotta di Giacobbe con l’angelo a Penuel

Durante la notte, prima di incontrare Esaù, Giacobbe si alzò, prese le due mogli, le due schiave, i suoi undici figli e anche tutti i suoi averi e fece loro passare il torrente dello Jabbok. Lui rimase solo e lottò con un uomo fino all’apparire dell’alba; quando quest’uomo vide che non poteva vincerlo, gli toccò la giuntura dell’anca, e la giuntura dell’anca di Giacobbe fu slogata. E l’uomo disse: – Lasciami andare, perché spunta l’alba.

E Giacobbe: – Non ti lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto!

L’altro gli disse: – Qual è il tuo nome?

Ed egli rispose: – Giacobbe.

Quello disse: – Il tuo nome non sarà più Giacobbe, ma Israele, perché tu hai lottato con Dio e con gli uomini e hai vinto.

Giacobbe gli chiese: – Ti prego, svelami il tuo nome.

Quello rispose: – Perché chiedi il mio nome? – e lo benedisse lì. Giacobbe chiamò quel luogo “Penuel”, perché disse: – Ho visto Dio faccia a faccia e la mia vita è stata risparmiata.  Il sole era alto quando egli passò Penuel e zoppicava dall’anca. Per questo, ancora oggi, gli Israeliti non mangiano il nervo sciatico degli animali, che è sopra l’articolazione del femore.

Giacobbe si trova faccia a faccia con Dio e questa volta quando gli viene chiesto il nome non può più mentire (come aveva fatto, invece, davanti al padre cieco quando rubò la sua benedizione), infatti, risponde “Giacobbe”, che significa “soppiantatore”. Quella di Giacobbe è in qualche modo un’ammissione di colpa e insieme una richiesta di perdono, per questo chiede la benedizione. Dio fa molto di più, cambia il suo nome in “Israele”. L’etimologia di questo nome è incerta e discussa, riportiamo alcune delle interpretazioni più accreditate:

• secondo alcuni studiosi il nome deriva dall’unione del verbo s ’ arar (“governare, avere autorità”) e del sostantivo el (“Dio”). Il significato sarebbe dunque “Dio governa” o “possa Dio governare”;

• secondo altri, invece, l’etimo è da rintracciarsi nel verbośs ’ arar (“combattere”), in questo caso il significato sarebbe “colui che ha combattuto con Dio” o “Dio combatte”.

- Cosa può significare questa storia per le nostre vite?

IX tappa - Giuseppe, il re dei sogni (Gen 37-50)

Per concludere il periodo dei Patriarchi, presentiamo la storia di Giuseppe venduto dai fratelli. A questo proposito si consiglia di vedere con i bambini il film di animazione, Giuseppe, il re dei sogni.

Ecco come si possono interpretare i fatti:

• l’invidia dei fratelli è un male, perché l’invidia è un sentimento deleterio per il nostro cuore;

• il loro comportamento è visibilmente ingiusto;

• Dio rimane fedele, infatti non abbandona Giuseppe e si serve di questi eventi per realizzare le promesse fatte ad Abramo, Isacco e Giacobbe;

• la tribù sarà salvata dalla carestia grazie all’intervento di Giuseppe.

• i discendenti di Abramo potranno trovare pace e consolazione in Egitto, dove rimarranno per quattrocentocinquanta anni crescendo di numero fino a diventare un vero popolo.

Le avventure di Giuseppe concludono la prima parte della Storia della Salvezza, quella dei Patriarchi. Grazie al favore di cui egli godeva presso il faraone d’Egitto, suo padre Giacobbe con tutti i suoi fratelli (e le relative famiglie-tribù), trovarono riparo in questa terra, in seguito alla carestia che si era abbattuta su Canaan. Il popolo d’Israele viene così accolto benevolmente dagli Egiziani e può vivere in pace e prosperare per molti anni. Alla morte di Giuseppe, però, la situazione cambia decisamente a sfavore degli Ebrei perché il nuovo faraone, temendo che il loro numero potesse diventare una minaccia per l’Egitto, decide di sottometterli come schiavi, quindi, Israele da popolo libero diventa schiavo degli Egizi.

PROPOSTA 1

Per approfondire la riflessione sul sacrificio di Isacco, presentiamo l’episodio attraverso due noti dipinti, analizzandoli attraverso le domande proposte.

– Come è raffigurato Abramo nei due dipinti?

– Chi ferma la mano di Abramo e perché?

– Chagall in alto a destra ha rappresentato una scena che non c’entra niente con questo episodio, qual è? Perché secondo voi l’ha inserita?

– Quale dei due dipinti vi sembra rispondere meglio alla drammaticità del momento? Perché?

PROPOSTA 2

Costruiamo la tenda di Abramo per rappresentare l’episodio delle Querce di Mamre.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 7 in fondo al volume.

- Far colorare i disegni e far ritagliare le tre figure lungo tutto il perimetro tratteggiato e incollarne ognuna su un cartoncino colorato, poi tagliare di nuovo.

- Piegare la figura 1 ed incollare in modo da ottenere una scatolina. Poi incollare la base della scatolina ad un cartoncino giallo (fig. 1).

- Successivamente ritagliare da un foglio A4 colorato una grande T rovesciata, per realizzare il telo che protegge la parte interna della tenda, e incollarla sul cartoncino giallo, inserendo anche un bastoncino di legno a metà dell’ingresso a sorreggerla (fig. 2).

- Sistemare Abramo sotto la quercia accanto alla tenda a destra e i tre uomini a sinistra (fig. 3).

PROPOSTA 3

Realizziamo le carte di identità dei Patriarchi.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 8 in fondo al volume.

- Chiedere ad ogni bambino di scegliere uno dei Patriarchi conosciuti e completare la sua carta d’identità.

Periodo dei Patriarchi (ricordiamo che queste date sono molto approssimative, quindi vanno accompagnate con “circa”):

LIM

Abramo 1850 a.C. circa - Isacco 1800 a.C. circa - Giacobbe 1800 a.C. circa - Giuseppe 1750 a.C. circa Fig. 1

Spieghiamo ai bambini che la stella a sei punte è un simbolo del popolo ebraico. Nasce dall’intersezione o incontro tra due triangoli che rappresentano l’uomo e Dio. Quello con la punta rivolta verso l’alto è l’uomo nell’atto di rivolgersi a Dio, mentre quello con la punta rivolta verso il basso è Dio che entra nella storia dell’uomo per accompagnarlo come un amico.

2

3

Caravaggio, Sacrificio di Isacco, (tav. 2)
M. Chagall, Il sacrificio di Isacco, (tav. 3)
UOMO
DIO
Galleria d’arte: tavole 2-3 da proiettare e ingrandire con la
Fig.
Fig.

Segna nella cartina con il rosso gli spostamenti di Abramo.

Segna con una X la risposta esatta.

• Dio chiese ad Abramo di:

non fare più il pastore; coltivare la terra; lasciare la città di Ur dove abitava.

• Abramo rispose a Dio:

«Non posso obbedire»; «Lasciami un po’ riflettere»; «Farò, o Signore, come tu dici».

• Abramo partì da Ur:

• Abramo è importante nella storia ebraica perché:

viaggiò in terre sconosciute; era capo di tante tribù; ebbe sempre fiducia in Dio.

• Abramo fu un grande Patriarca, cioè:

grande condottiero di popolo; padre della fede nell’unico Dio; capo di tribù nomadi. da solo;

• Abramo è amato e venerato:

con la moglie Sara, i servi e le greggi; con la moglie Sara e il figlio Isacco. solo dagli ebrei; solo dai cristiani; dagli ebrei, dai cristiani e dai musulmani.

Harran Damasco
Babilonia
Bersabea Sinai
Nilo
Zoan
Mar Mediterraneo
Mar Rosso Canaan
Ur Egitto
Mesopotamia
Siria
Arabia Golfo Persico

Segna con una X la risposta esatta.

• Cosa significa il nome “Isacco”?

Motivo di sorriso.

Mandato da Dio.

• Cosa significa il nome “Esaù”?

Primogenito.

Rossiccio.

• Cosa significa il nome “Giacobbe”?

Soppiantatore. Prediletto della madre.

• L’alleanza che Dio ha stabilito con Abramo, si trasferisce al popolo ebraico con:

Isacco, Esaù e Giacobbe; Isacco, Giacobbe e Giuseppe.

Colora lo schema della discendenza di Abramo e realizzazione della promessa secondo le indicazioni:

Dio

Abramo

Lia*

Ruben

Simeone

Levi

Giuda

Issacar

Zàbulon

Zilpa*

Gad

Aser

- con l’azzurro i nomi dei Patriarchi - con il rosso i nomi delle donne (sono contrassegnati da un *) - con il verde i nomi degli uomini

Sara*

Rebecca*

Esaù

Rachele*

Giuseppe

Beniamino

Giacobbe

Efraim

Manasse

Bila*

Dan Asenat*

Nèftali

Isacco

Disegna nei fumetti i due sogni di Giuseppe.

Completa il testo con le parole proposte.

invidia - lunghe - Giacobbe - popolo - grano - prova - fratelli - carestia - faraone schiavo - Egitto - Israele

Giuseppe ricevette dal padre una tunica nuova dalle

maniche, questo fece scoppiare l’................................... dei ................................... che decisero di venderlo come ................................... a dei mercanti. Lui si ritrovò in ................................... e

dopo aver interpretato i sogni del ................................... fu nominato viceré. A causa di una , i fratelli andarono in Egitto per comprare il .

Giuseppe, dopo averli messi alla .................................., li perdonò e così tutto il ...............................

d’................................... andò a vivere là.

Rispondi alle domande.

• Che significato avevano i due sogni che fecero arrabbiare i fratelli di Giuseppe, rappresentati nelle nuvolette?

• Perché Giuseppe si può definire “l’uomo del perdono”?

U. F. 2: IL MONOTEISMO EBRAICO

>> Secondo percorso <<

O. A.: 1 Cogliere la specificità della singolare alleanza tra il popolo ebraico e il Dio di Abramo. 2 Ricostruire le principali tappe della Storia della Salvezza attraverso l’analisi di alcuni testi biblici relativi a figure significative ed eventi importanti.

Il Liberatore di Israele

Introduciamo questa nuova tappa della Storia della Salvezza con la seguente canzone:

Mosè

Rit: Mosè, Mosè tu sei grande più di un re, al massacro sei scampato per volere del Signore dalle acque sei stato salvato per diventare d’Israele il salvatore. Mosè, Mosè tu sei grande più di un re.

In Egitto con Giuseppe gli Ebrei tanti anni fa arrivarono e come uomini liberi gli Egiziani li trattarono, ma del loro numero in aumento il faraone ebbe paura fu così che ebbe inizio questa orribile sciagura.

In poco tempo e senza troppi pensieri il faraone realizzò i suoi desideri: e senza far memoria dei suoi avi trasformò gli Ebrei in schiavi.

Rit: Mosè, Mosè tu sei grande più di un re…

Chiaramente il Dio dell’alleanza del suo patto non si dimentica né si stanca un bimbo lui salvò e Mosè lo chiamò.

Il bimbo crebbe alla corte del faraone e quando fu pronto per salvare la sua nazione Dio nel fuoco gli parlò e il suo volere gli rivelò.

Rit: Mosè, Mosè tu sei grande più di un re…

Musica: traccia audio n. 4

In questo secondo percorso ripartiamo dal patriarca Giuseppe per far comprendere ai bambini che gli Ebrei entrarono liberi in Egitto, ma alla morte del faraone, il suo successore non vide di buon occhio la crescita numerica di questo popolo, così nel giro di poco tempo gli Israeliti vennero resi schiavi. Non soddisfatto di ciò, il faraone ordinò l’uccisione dei figli maschi, gli unici che, secondo la tradizione, possono, attraverso la discendenza, mantenere viva l’Alleanza.

Raccontiamo ai bambini l’episodio della nascita di Mosè in Es 2,1-10. Sulla storia di Mosè si consiglia di vedere con i bambini il film di animazione, Il principe d’Egitto, nel quale si possono ritrovare anche molti elementi caratteristici della religione egiziana, affrontata nella precedente unità formativa.

Continuiamo a presentare a tappe la Storia della Salvezza: il Liberatore.

I tappa - Il roveto ardente (Es 3,1-15)

Questo avvenimento è molto importante perché dimostra che Dio è fedele per sempre e perché in esso c’è la rivelazione del nome divino. Facciamo notare ai bambini che Dio si rivela in due modi, definendosi:

• “Io sono il Dio dei vostri padri, di Abramo, di Isacco e di Giacobbe” che non viene meno al suo patto;

• “Io sono colui che sono”, cioè colui che esiste, è presente da sempre, senza inizio né fine.

Il nome di Dio assume così un doppio significato:

• di salvezza, è presente per salvare il suo popolo;

• di essenza, esiste di per sé, creatore non creato.

Il testo che esprime il nome di Dio, nella Bibbia ebraica, ha creato non pochi problemi di traduzione: si tratta, infatti, di un tetragramma biblico (sequenza di quattro lettere) composto da quattro consonanti (nell’originale ebraico mancavano le vocali). Le traslitterazioni (cioè la trascrizione di un testo mediante un sistema alfabetico di arrivo diverso dall’originale) più attestate e riconosciute dagli studiosi sono “JHWH” o “YHWH”. Per quanto riguarda la pronuncia, gli ebrei hanno sempre considerato il tetragramma troppo sacro per essere pronunciato: nella lettura della Bibbia e nelle preghiere questo termine viene, infatti, sostituito con le parole ebraiche Adonai (“il Signore”) ed Elohim (“Dio”). Il consenso della maggior parte degli studiosi, anche ebrei, è per la traduzione che aggiunge le vocali A ed E, ottenendo così il nome YAHWEH (si pronuncia Jahvè).

Ecco il tetragramma con le corrispondenti lettere dall’alfabeto ebraico:

Ricordando che l’ebraico si scrive e si legge da destra verso sinistra (Y – H –W – H) e aggiungendo le vocali E ed A, si ottiene YAHWEH.

con le fonti bibliche

Altri studi hanno utilizzato le vocali E-O-A da cui Yehowah, in italiano Geova, ma questa forma di vocalizzazione sembra forzata e quella precedente rimane la più accreditata sia in campo cristiano che ebraico.

II tappa - Le piaghe d’Egitto (Es 7-10)

Introduciamo questa tappa con uno schema riassuntivo.

Dio parla a Mosè nel roveto perché liberi il suo popolo e gli dona il potere di compiere prodigi

Mosè all’inizio è titubante, poi accetta la sua missione e va dal faraone

Facciamo riflettere i bambini su due aspetti:

Il faraone non accetta di lasciar liberi gli Ebrei, così Dio, per difendere il suo popolo, manda dieci piaghe a tormentare l’Egitto

• la durezza del cuore del faraone, accecato dalla gelosia, dal potere e dall’odio;

• l’azione di Dio che, fedele al patto, fa di tutto per proteggere e liberare il suo popolo.

Chiediamo ai bambini:

- Ma Dio, se compie cose così tanto terribili, è un Dio buono o cattivo?

Infatti questo gesto sembra essere un aspetto oscuro della personalità del Dio, il “padre buono” che ci ha fatto conoscere Gesù. Per aiutare i bambini a comprendere questi fatti all’apparenza un po’ controversi, spostiamo il confronto sul piano personale: come i genitori sarebbero disposti a compiere qualsiasi gesto nel caso che il proprio figlio si trovi in pericolo, così Dio protegge e difende il suo popolo, come un padre e una madre.

III tappa - Il passaggio del Mar Rosso (Es 15,1-13)

Dopo aver ascoltato la storia presentiamo ai bambini il “canto della vittoria”, intonato dagli Ebrei dopo il passaggio del Mar Rosso e spieghiamo che questo evento è celebrato nella Pasqua ebraica. Il termine PASQUA, infatti, significa “passaggio”. Non ci soffermeremo sulla festa perché le sarà dedicato ampio spazio nell’Unità Formativa 3 (vedi pagina 120).

Il canto della vittoria

Rit: Cantiamo in onore del Signore, stupenda è la sua vittoria egli è il nostro Salvatore, alleluia, alleluia!

Ha gettato in mare cavallo e cavaliere, mia forza e mio canto è il Signore, egli mi ha salvato e lo voglio lodare, è il Dio di mio padre e lo voglio esaltare!

Dio è prode in guerra, si chiama Signore. I carri del faraone ha sommerso nel Mar Rosso.

Musica: traccia audio n. 5

Sprofondaron come pietra e l’acqua li coprì e il loro grido di guerra più non si udì.

Rit: Cantiamo in onore del Signore…

La tua destra, Signore, si è innalzata, e le acque si accumularon come un argine, si alzarono le onde in mezzo al mare e il tuo popolo redento lo poté attraversare.

Con sublime grandezza il tuo alito soffiasti e guidasti il tuo popolo con forza e decisione. Nessuno è come te fra gli dèi, Signore, operatore di prodigi e nostro Salvatore.

Rit: Cantiamo in onore del Signore…

IV tappa - L’alleanza (Es 20 e Dt 5)

Dopo aver affrontato il dono dei Dieci Comandamenti sul monte Sinai, leggiamo alla classe la storia Il paese senza regole. Aiutiamo i bambini a comprendere che le leggi sono indette per il nostro bene, sono come dei “segnali stradali” che ci guidano ad affrontare positivamente gli avvenimenti della vita. Ci suggeriscono come evitare il male e compiere il bene. Per questo motivo il rispetto dei comandamenti non può nascere dalla paura del castigo, ma dal desiderio di stare bene con gli altri e dall’amore verso Dio e verso il prossimo. Ciò che viene negato nel decalogo, infatti, non sono altro che tutte quelle azioni che rovinano il rapporto con Dio, con gli altri e con l’ambiente.

Il paese senza regole

La gente del paese si era stancata delle regole. Tutto era comandato! Agli scolari veniva prescritto a che ora cominciava la scuola, che dovevano portarsi un fazzoletto, che a casa dovevano lavarsi i denti... C’erano regole che dicevano come si doveva attraversare la strada, fino a che ora la sera si poteva fare la doccia e in quali orari si poteva suonare il pianoforte. Le regole erano talmente tante che la gente decise: d’ora in avanti non ci saranno più regole! Che bello! Naturalmente la scuola rimase vuota perché i bambini preferivano andare in piscina. La gente metteva i tavoli in mezzo alla strada perché lì c’era più sole. I giovani alzavano il volume degli impianti stereofonici. Quando Pietro uscì dalla piscina non trovò più i suoi pantaloni, perché se li era infilati Nicola. «Non ci sono più regole!» gridò Nicola ridendo e se ne andò. Maria trovò nella sua cameretta la piccola Elsa del piano di sopra mentre stava «operando» la sua bambola preferita. «Che cosa stai facendo alla mia bambola?» chiese Maria. «Non ci sono più regole» rispose Elsa. Raccolse tutte le bambole di Maria e se le portò via. «Non

raccontare bugie!» disse il papà a Bruno. «Non ci sono più regole» rispose Bruno «quindi non posso aver detto bugie». Molti non trovavano più i loro soldi.

I bambini si mettevano a dormire dove capitava; le automobili urtavano contro i tavoli messi in mezzo alla strada e gli autisti erano disperati perché nessuno dava retta ai clacson. «Dove sono i bambini?» «Chi ha rotto il mio tavolo?» «Dov’è la polizia?». Ma al posto della polizia nessuno rispondeva al telefono. Perché, se non ci sono più regole, non c’è bisogno che nessuno le faccia rispettare. Nella stessa notte un uomo si mise a suonare le campane della chiesa. La gente accorse sul sagrato e quando tutti furono riuniti disse: «Così non possiamo vivere!» «È vero» risposero tutti. «Sì, vogliamo di nuovo avere le regole!». E insieme cominciarono a fissare le regole: i bambini devono obbedire ai genitori; i genitori devono amare i figli; nessuno deve fare del male all’altro; nessuno deve prendere ciò che è di un altro; bisogna dire la verità.

«Queste regole ci vanno bene» dissero e se ne ritornarono a casa tranquilli e contenti.

J. Osterwalder, Raccontami una storia che parla di Dio, LDC

Come esercizio potremmo trasformare quelle tra le dieci leggi, che sono scritte in forma negativa, in chiave positiva con l’aiuto dei bambini, in modo da ottenere:

• per il primo comandamento “ama me solo, perché io sono il tuo Dio”;

• per il secondo “usa il mio nome quando è necessario”;

• per il quinto “vivi rispettando la vita di tutti”;

• per il sesto “rispetta il tuo corpo e quello degli altri”;

• per il settimo “possiedi solo quello che puoi acquistare con il tuo lavoro”;

• per l’ottavo “dì sempre la verità”;

• per il nono “ama solo tua moglie come l’unica regina della tua casa”;

• per il decimo “cerca di essere felice con quello che possiedi”.

Approfondimenti

L’Arca dell’Alleanza: Dio ordina a Mosè di costruire una cassa portatile fatta con legno di acacia ricoperto d’oro per custodire e trasportare le tavole della legge. Sul coperchio chiede che siano posizionati due cherubini d’oro, disposti l’uno di fronte all’altro con le ali spiegate in segno di protezione. Nei momenti di sosta l’Arca dell’Alleanza viene riposta sotto la Tenda del Signore, realizzata con pregiatissimi tessuti viola, rossi e porpora. «Faranno dunque un’arca di legno di acacia: avrà due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza, un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d’oro puro: dentro e fuori la rivestirai e le farai intorno un bordo d’oro. Fonderai per essa quattro anelli d’oro e li fis-

serai ai suoi quattro piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull’altro. Farai stanghe di legno di acacia e le rivestirai d’oro. Introdurrai le stanghe negli anelli sui due lati dell’arca per trasportare l’arca con esse. Le stanghe dovranno rimanere negli anelli dell’arca: non verranno tolte di lì. Nell’arca collocherai la Testimonianza che io ti darò. Farai il coperchio, o propiziatorio, d’oro puro; avrà due cubiti e mezzo di lunghezza e un cubito e mezzo di larghezza. Farai due cherubini d’oro: li farai lavorati a martello sulle due estremità del coperchio. Fa’ un cherubino ad una estremità e un cherubino all’altra estremità. Farete i cherubini tutti di un pezzo con il coperchio alle sue due estremità. I cherubini avranno le due ali stese di sopra, proteggendo con le ali il coperchio; saranno rivolti l’uno verso l’altro e le facce dei cherubini saranno rivolte verso il coperchio. Porrai il coperchio sulla parte superiore dell’arca e collocherai nell’arca la Testimonianza che io ti darò. Io ti darò convegno appunto in quel luogo: parlerò con te da sopra il propiziatorio, in mezzo ai due cherubini che saranno sull’arca della Testimonianza, ti darò i miei ordini riguardo agli Israeliti». La misura del cubito era di circa mezzo metro e corrispondeva idealmente alla lunghezza dell’avambraccio, a partire dal gomito fino alla punta del dito medio.

Con il termine “cherubini” si indicano gli angeli più vicini a Dio, di solito dediti alla protezione del suo trono.

Le tribù d’Israele: quando gli Israeliti, divisi in dodici tribù, che facevano capo ai dodici figli di Giacobbe (tranne Levi e Giuseppe, in quanto ai Leviti fu affidato il compito di occuparsi del Tabernacolo e dell’Arca e Giuseppe fu sostituito dai suoi due figli Efraim e Manasse, adottati formalmente da Giacobbe), si muovevano così come quando si fermavano, si disponevano secondo un ordine preciso indicato direttamente da Dio a Mosè (Nm 2): «Il Signore disse ancora a Mosè e ad Aronne: “Gli Israeliti si accamperanno ciascuno vicino alla sua insegna con i simboli dei casati paterni; si accamperanno di fronte a tutti intorno alla tenda del convegno. Negli spostamenti si metterà in marcia, davanti a tutti, la tenda del convegno con il campo dei leviti, poi le tribù che seguiranno nella marcia l’ordine nel quale erano accampati, ciascuno al suo posto, con la sua insegna. A est, verso oriente, si accamperà l’insegna del campo di Giuda, accanto a lui si accamperà la tribù di Issacar; poi la tribù di Zàbulon; si metteranno in marcia per primi. A mezzogiorno starà l’insegna del campo di Ruben con le sue schiere; accanto a lui si accamperà la tribù di Simeone; poi la tribù di Gad. Si metteranno in marcia in seconda linea. Ad occidente starà l’insegna del campo di Efraim con le sue schiere; accanto a lui si accamperà la tribù di Manasse; il capo dei figli di Manasse, poi la tribù di Beniamino; si metteranno in marcia in terza linea. A settentrione starà l’insegna del campo di Dan con le sue schiere; accanto a lui si accamperà la tribù di Aser; poi la tribù di Nèftali si metterà in marcia per ultima, secondo le loro insegne.

Gli Israeliti agirono secondo gli ordini che il Signore aveva dato a Mosè; così si accampavano secondo le loro insegne e così si mettevano in marcia, ciascuno secondo la sua famiglia e secondo il casato dei suoi padri».

Nèftali Gad Aser
Simeone Dan* Ruben* * Tribù capogruppo

V tappa - Giosuè e la Terra Promessa (Gs 1,1-6) Raccontiamo ai bambini che Dio preannunciò (Nm 20,12-13) a Mosè che a causa della poca fede del popolo, lui non sarebbe riuscito a introdurre la stirpe di Abramo nella Terra Promessa: la Palestina; quindi gli ordinò di scegliere un successore in Giosuè. Così Mosè benedì ed istruì Giosuè secondo le indicazioni di Dio, poi si addormentò sul monte Nebo, guardando in lontananza Gerico al di là del Giordano, il luogo dell’ingresso nella Terra Promessa. Mosè morì all’età di centoventi anni. Gli Ebrei entrarono in Canaan dopo aver trascorso quarant’anni nel deserto, grazie a Giosuè, ma, trovando le terre occupate da altre popolazioni, dovettero affrontare molte battaglie per conquistare finalmente una terra dove poter prosperare e trovar pace.

Concludiamo questa parte della Storia della Salvezza, sottolineando il fatto che il monte rappresenta il luogo della presenza di Dio, dove Lui parlando si rivela e fa conoscere il suo amore e la sua volontà:

• il monte Oreb è il luogo della vocazione di Mosè;

• il monte Sinai è il luogo dell’alleanza;

• il monte Nebo è il luogo della morte e sepoltura di Mosè, ma nessuno sa precisamente dove si trovi questo sepolcro, sappiamo per certo che solo l’amore di Dio e del suo servo restano nel silenzio del monte.

Approfondimenti

Riportiamo parte di un’intervista radiofonica sul rapporto tra montagna e spiritualità di Amedeo Lomonaco a mons. Gianfranco Ravasi: «Nella tradizione di tutte le culture, la montagna è vista come la sede dell’incontro tra il divino e l’umano, tra il terreno e il celeste. C’è quindi la tendenza a considerare, proprio per la sua verticalità, la montagna come il luogo dell’incontro col mistero divino, un simbolo del trascendente, di ciò che supera la quotidianità e l’oscurità della valle. I monti nella Bibbia sono sicuramente una presenza incessante ed una presenza simbolica. La montagna rappresenta lo staccarsi dalla banalità, dalla superficialità, dalla quotidianità per cercare di interrogarsi sulle questioni fondamentali dell’esistenza. Per il cristiano è la scoperta, attraverso il silenzio, attraverso la contemplazione della natura, di una parola e di una presenza che ci supera: è la parola e la presenza di Dio».

PROPOSTA 1

Inventiamo con i bambini il “decalogo della classe”: dieci regole condivise e ritenute utili per star bene a scuola, con adulti e coetanei. È importante che siano accettate da tutti e da tutti riconosciute importanti e non calate da qualche “autorità”. Dopo aver intrapreso una conversazione sull’argomento, realizziamo un cartellone come documentazione del percorso.

PROPOSTA 2

Costruiamo l’Arca dell’Alleanza.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 9 in fondo al volume.

- Far colorare tutta la figura con il marrone per riprodurre il legno, eccetto le

borchie e le figure dei cherubini, per le quali usare colori che indicano l’oro. - Far ritagliare la figura ed incollarla su un cartoncino colorato, poi ritagliare di nuovo. - Piegare lungo tutte le linee e, prima di incollare per chiudere come una scatoletta, far passare due bastoncini di quelli usati in cucina per gli spiedini spuntandoli alle estremità (fig. 1) e all’interno, sulla base, incollare le Tavole della Legge. - Incollare tutte le linguette, in modo da chiudere l’Arca per custodire le tavole, eccetto quelle del coperchio: qui praticare due fori dove segnato e utilizzare un fermacampioni per chiusura (fig. 2-3).

PROPOSTA 3

Presentiamo alla classe il Tabernacolo, definito anche “Tenda del Convegno o dell’Incontro”, che era un vero e proprio santuario mobile dove si conservava l’Arca dell’Alleanza e dove Mosè incontrava il Signore “faccia a faccia, come un uomo parla con un altro uomo”(Es 33,11). Era, infatti, al centro di ogni azione: tutta la vita ed i movimenti del popolo ebraico ruotavano intorno ad esso. In Esodo 25-28 viene riportata una descrizione molto dettagliata su come gli Israeliti avrebbero dovuto edificare il Tabernacolo.

Approfondimenti

Il Tabernacolo: l’area dove veniva collocato era delimitata da una recinzione (46 m x 23 m, alta 2,3 m) fatta da teli di bisso (tessuto di puro lino, molto leggero e raffinato, in genere chiaro) sorretti da colonne di rame con aste d’argento. L’ingresso era fatto con teli di porpora viola, rosso e scarlatto. All’interno della recinzione, il Tabernacolo aveva una forma rettangolare, realizzata con teli di bisso decorato (viola, rosso e scarlatto) sostenuti da assi in legno di acacia. Sopra, come copertura di tutta la struttura, c’era una tenda fatta con pelli di capra, di tasso e di montone dipinte, in parte dipinte di rosso. Nel suo interno, il Tabernacolo comprendeva due stanze che erano separate da un telo porpora, rosso e scarlatto dove erano raffigurati dei cherubini, appeso a delle colonne ricoperte d’oro. Questo telo creava così due luoghi: il primo era detto “Luogo Santo”, dove erano ammessi sia i leviti che i sacerdoti e qui si trovavano il candelabro d’oro a sette braccia e la tavola dei pani dell’offerta (che dovevano essere sempre alla presenza del Signore). Nel secondo, chiamato “Luogo Santissimo o Santo dei Santi”, invece, poteva accedere solo il Sommo Sacerdote e una volta all’anno, in esso veniva custodita l’Arca dell’Alleanza con i Dieci Comandamenti e altri oggetti sacri come la verga di Aronne fiorita e la Manna. Nel cortile, infine, si trovavano l’altare sacrificale, sul quale venivano bruciati gli animali (capri, agnelli, vitelli...), e una vasca di bronzo per i lavaggi rituali.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 10 in fondo al volume e descrivere insieme a loro il Tabernacolo. Poi far scrivere al posto giusto, nei cerchietti, il numero corrispondente seguendo le indicazioni:

1. prima stanza chiamata “il Santo”;

2. seconda stanza chiamata il “Santo dei Santi;

3. altare per bruciare l’incenso;

4. catino di bronzo per le purificazioni rituali.

Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3

Descrivi brevemente sul quaderno le piaghe d’Egitto, osservando i disegni.

• Ti ricordi quale fu l’ultima catastrofe mandata da Dio agli Egizi?

Osservando la cartina rispondi alle domande.

• Gli Ebrei entrarono in Canaan da sud o da nord? ............................................................

• Il monte Nebo, dove morì Mosè, dove si trova secondo te, a sud o a nord del Mar Morto? ...............................................................

• Sempre tenendo come riferimento il Mar Morto, dove si trova il monte Sinai?

Canaan
Monte Sinai
Egitto Nilo MarRosso
Monte Nebo Mar Morto

Trascrivi le lettere ebraiche che compongono il tetragramma del nome di Dio e aggiungi le giuste vocali: otterrai il nome ............................................................. .

Colora con il giallo i comandamenti che riguardano il rapporto tra Dio e l’uomo e con il verde quelli che regolano i rapporti tra gli uomini.

Non rubare.

Non uccidere.

Rispetta tuo padre e tua madre.

Non usare il mio nome per scopi inutili.

Non avere altro Dio oltre a me.

Non desiderare la moglie del tuo prossimo.

Non testimoniare il falso contro nessuno.

Segna con una X le affermazioni corrette.

Ricordati di dedicare a me il giorno di sabato.

Non tradire la fiducia di tua moglie o di tuo marito.

Non desiderare le cose che appartengono a un altro.

I comandamenti sono indicazioni per vivere bene con se stessi, con Dio e con gli altri. I comandamenti sono leggi valide solo per i cristiani.

I comandamenti segnalano comportamenti che possono portare danni a sé e agli altri.

Gesù racchiude tutto il Decalogo in un solo comandamento detto “comandamento dell’amore”, ricordi qual è?

Durante gli anni nel deserto, gli Ebrei si muovevano secondo un ordine ben preciso e davanti, ad aprire il corteo, c’era la tribù di Levi, che si occupava dell’Arca e di montare e smontare il Tabernacolo.

Seguendo le indicazioni, disegna nei riquadri il simbolo di ogni tribù.

1. Ruben = uomo

2. Simeone = torre

3. Giuda = leone

4. Dan = serpente

5. Nèftali = cervo

6. Gad = tenda

7. Aser = ulivo

8. Issacar = asino

9. Zàbulon = barca

10. Beniamino = lupo

11. Efraim = toro

12. Manasse = palma

Rispondi sul quaderno.

• Perché gli Israeliti furono resi schiavi in Egitto?

• Mosè era un Ebreo o un Egiziano?

• Da chi fu allevato?

• Cosa avvenne sul monte Oreb?

• Come si chiama la festa che ricorda il passaggio del Mar Rosso?

Nèftali
Gad Aser Simeone
Dan Ruben
Giuda Efraim
Issacar Manasse
Zàbulon
Santuario
Beniamino

U. F. 2: IL MONOTEISMO EBRAICO

>> Terzo percorso <<

O. A.: 1 Cogliere la specificità della singolare alleanza

tra il popolo ebraico e il Dio di Abramo. 2 Ricostruire le principali tappe della Storia della Salvezza attraverso l’analisi di alcuni testi biblici relativi a figure significative ed eventi importanti.

Una nuova epoca

Per introdurre il terzo momento della Storia della Salvezza, leggiamo alla classe la storia di Sansone.

Sansone (Gdc 13-16)

I figli d’Israele elevavano preghiere al Signore perché da lungo tempo erano oppressi dal popolo dei Filistei, popolo di conquistatori, molto superiori a loro sul piano militare, in quanto utilizzavano armamenti in ferro. Allora il Signore intervenne e diede un figlio ad una donna sterile. L’angelo del Signore apparve alla donna e le disse: – Ecco, tu sei sterile e non hai figli; ma concepirai e partorirai un figlio che sarà consacrato a Dio e libererà Israele dalle mani dei Filistei. Questo era il segno che il bambino era tutto di Dio: fin dalla nascita non doveva tagliarsi i capelli, in cambio avrebbe ricevuto una forza straordinaria. E fu veramente così: la donna partorì un figlio e lo chiamò Sansone, che in ebraico significa “piccolo sole”, ed egli crebbe con una grande forza fisica, tanto che una volta lo spirito del Signore lo ricoprì e, senza armi in mano, squartò un leone che gli veniva incontro ruggendo, come si squarta un capretto. Grazie a Sansone, gli Ebrei poterono vivere tranquilli per un po’ senza il pensiero degli attacchi dei Filistei. Questi ultimi, però, stanchi di quest’uomo che sembrava invincibile, per catturarlo decisero di ricorrere all’inganno. A lui piaceva molto una donna filistea di nome Dalila ed ella, d’accordo con i capi del suo popolo, cercò di farsi dire qual era il segreto della sua potenza. Sansone all’inizio non volle rivelarlo, ma alla fine, stanco delle pressioni dell’amata, gli rivelò che sulla sua testa non era mai passato un rasoio. Allora lei lo fece addormentare, poi chiamò un uomo e gli fece tagliare le sette trecce che portava in testa e la forza l’abbandonò. I Filistei lo legarono con funi e quando fu sveglio, Sansone cercò invano di liberarsi. Così lo fecero prigioniero, lo resero cieco e lo misero a girare una macina come una bestia da soma. Lentamente la sua capigliatura cominciò a ricrescere e con essa tornò anche la forza, ma tutti erano lieti che lui non potesse più far nulla, dato che non aveva più l’uso degli occhi. Così durante una festa alla divinità che adoravano, condussero Sansone al tempio per deriderlo. Lo posero in bella vista, fra le colonne. Sansone chiese al ragazzo che lo teneva per mano: – Lasciami, che io possa toccare le colonne sulle quali poggia la co-

struzione, e mi appoggi ad esse.

Il tempio era pieno di uomini e donne e tutti i prìncipi dei Filistei erano lì. Allora Sansone invocò il Signore e disse: – Signore mio Dio, ti prego, dammi forza per quest’ultima volta, perché io mi vendichi in un colpo solo dei Filistei.

Poi tastò le due colonne, si appoggiò ad esse e disse: – Che io muoia insieme con i Filistei!

Si curvò con tutta la sua forza e la casa crollò addosso a tutti i presenti; furono più quelli che Sansone uccise con la sua morte, di quanti ne aveva uccisi in vita.

Dopo aver raccontato la storia, spieghiamo che il popolo d’Israele, formato dalle dodici tribù dei figli di Giacobbe, aveva strutture sociali semi-nomadi. Quando, con Giosuè, il popolo ebraico si stanziò a Canaan, ogni tribù entrò in possesso di una parte del territorio cananeo, cominciò così un processo di progressiva sedentarizzazione con un’organizzazione sociale legata sempre all’agricoltura e alla pastorizia. In ogni tribù le decisioni e i problemi erano trattati da un’assemblea di uomini. Ogni tribù era piuttosto autonoma nel suo territorio rispetto alle altre, infatti non esisteva un’autorità centralizzata, solo in circostanze gravi o per affrontare lotte contro popoli nemici ad Israele, Dio sceglieva dei condottieri occasionali: i Giudici. Questo periodo, che va dal 1250 a.C. circa al 1000 a.C., è chiamato “tempo dei Giudici”: capi, in genere militari, scelti da Dio in determinate occasioni per liberare una o più tribù dalla minaccia dei nemici.

Riprendiamo, sempre scandendola a tappe, la Storia della Salvezza: dai Re all’invasione romana.

I tappa - Samuele, Profeta e ultimo dei Giudici (1 Sam 3)

Samuele fu consacrato a Dio fin dalla nascita, tanto che crebbe presso la Tenda del Convegno sotto l’ala protettrice del sacerdote Eli. Egli amministrò la giustizia con molta saggezza e, quando il popolo ebraico chiese a Dio di avere un unico Re in cui ogni tribù potesse riconoscere il proprio capo, Samuele fu chiamato a consacrarlo.

L’elezione del Re, infatti, avveniva tramite il rito della consacrazione nel quale il sacerdote versava un’ampolla d’olio sul capo del prescelto, per ricordare che il suo potere veniva da Dio.

II tappa - I Re (1 e 2 Sam e 1 Re 3)

• Saul: fu consacrato primo Re d’Israele intorno al 1020 a.C. dal profeta Samuele, ma, nonostante fosse un buon condottiero, perse il favore divino quando, sconfitti gli Amaleciti, si diede al saccheggio delle città. Il cuore di Saul cambiò: divenne cupo, diffidente e soprattutto geloso del favore accordato a Davide, figlio di Iesse, che era stato indicato da Samuele come suo successore sul trono d’Israele. Egli dimenticò ben presto che il suo potere e la sua ricchezza venivano da Dio. Durante una battaglia, gravemente ferito, Saul chiese al suo scudiero di ucciderlo per non subire l’umiliazione della

con le fonti bibliche

Approfondimenti: documento 5

prigionia, e al suo rifiuto si diede da solo la morte gettandosi sulla propria spada.

• Davide: era l’ultimo dei figli di Iesse, pastore di Betlemme, della tribù di Giuda, il più gracile e rosso di capelli, fu scelto dal Signore e consacrato Re da Samuele intorno al 1000 a. C.. Venne educato a corte ed emerse per la sua astuzia, che compensava ampiamente la mancanza di forza fisica. Famoso è l’episodio dell’uccisione, con cinque sassolini nella bisaccia e una fionda, del gigante Golia, nella guerra contro i Filistei. Dopo questa impresa gli fu data in moglie Micol, la figlia di Saul, dalla quale non ebbe figli; l’odio del Re, però, lo costrinse a fuggire da Gerusalemme e a rimanere nascosto per molti anni. Alla morte di Saul fu acclamato Re. Durante il suo regno, Israele affrontò e vinse numerose battaglie. Egli governò per settant’anni (dal 1004 al 961 a.C. circa) e riuscì a dare una certa stabilità al Regno, indicandone Gerusalemme come capitale. Morì lasciando a Salomone la realizzazione del suo sogno più grande: il tempio di Gerusalemme. Fu autore di un gran numero di canti e preghiere raccolti nel libro dei Salmi.

• Salomone: figlio di Davide e Betsabea, governò su Israele dal 970 al 930 a.C. circa. Ultimo dei Re del regno unificato, Salomone riuscì nell’impresa che Davide potè solo cominciare: realizzò a Gerusalemme il primo tempio che sostituiva il Tabernacolo, luogo della presenza di Dio in mezzo al popolo. Con l’inizio della monarchia, infatti, Davide portò l’Arca a Gerusalemme con l’intenzione di costruire un tempio. Il Tempio di Salomone, conosciuto come “Primo Tempio”, ricalcava nella struttura quella dell’antica Tenda del Convegno, ma era più grande. Salomone è ricordato soprattutto per la sua saggezza, dono di Dio. Un episodio legato alla sua sapienza è in 1 Re 3,16-28.

Il giudizio di Salomone

Due donne si presentarono da Salomone, ciascuna aveva partorito un figlio a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, ed entrambe dormivano nella stessa casa. Una notte accadde che uno dei due bambini morì e sua madre, secondo colei che accusava, aveva scambiato il figlio morto con il suo, ancora vivo mentre lei dormiva. Salomone, dopo aver ascoltato le due donne sostenere più volte le loro tesi, fece portare una spada e ordinò che il bambino vivente fosse tagliato a metà per darne una parte a ciascuna di esse.

A questo punto interrompiamo il racconto e domandiamo ai bambini se ritengono giusta la soluzione di Salomone o come si sarebbero comportati al suo posto. Poi sveliamo il finale della storia: allora la vera madre lo supplicò di consegnare il bimbo all’altra donna, pur di non farlo uccidere. Salomone capì, in questo modo, quale era la vera madre e le restituì il bambino vivo!

III tappa - I Profeti

Alla morte di Salomone, il Regno s’indebolì e si divise in due Stati.

REGNO DI ISRAELE a nord con capitale Samaria

Molto più esposto ai culti pagani, dura solo due secoli, crolla nel 722 a.C. ad opera degli Assiri.

DIVISIONE

DEL REGNO

REGNO DI GIUDA a sud con capitale Gerusalemme

Cade per mano dei Babilonesi nel 587 a.C., quando la capitale viene attaccata e distrutta insieme al suo tempio ed il popolo viene deportato in Babilonia.

Nel 750 a.C. inizia un nuovo periodo: il tempo dei Profeti Nel 539 a.C. l’esercito persiano conquista Babilonia e il re Ciro permette agli Ebrei di tornare in Palestina: possono ricostruire le case ed anche il tempio di Gerusalemme. Le sventure però non sono terminate, poiché Alessandro Magno nel 333 a.C. occupa la Palestina dando inizio alla dominazione greca. Nel 63 a.C. i Romani occupano la Palestina e ne affidano il governo ad Erode il Grande.

Durante le varie dominazioni, coloro che tengono viva la speranza del popolo e la fede nel Dio di Abramo, sono i Profeti.

I Profeti sono uomini chiamati in modo speciale da Dio, che hanno con lui una relazione profonda e vitale. Essi richiamano i fedeli alla fiducia nell’Alleanza e annunciano la venuta di un Salvatore; sono figure molto importanti per il popolo durante l’esilio.

VISIONI Dio comunica ai Profeti messaggi attraverso

AZIONI SIMBOLICHE

PAROLE INTERIORI

Il Profeta è l’uomo pieno dello Spirito di Dio, che alla luce della fede scopre il senso della situazione in cui vive, annuncia la parola di Dio e denuncia, senza timore, il peccato del popolo. Un uomo diviene profeta attraverso una “vocazione”, cioè una vera e propria chiamata di Dio che, pur rimanendo nel mistero, si rivela chiaramente e in modo certo. Dopo la “chiamata”, il profeta rimane in contatto stretto e diretto con Dio per tutta la vita attraverso i modi riportati nello schema. Essere profeta, quindi, non equivale a svolgere una professione o un mestiere, ma è

SOGNI

una chiamata che spesso mette il soggetto in contrasto con le autorità e le istituzioni. Alcuni Profeti hanno scritto le loro profezie e i libri che le contengono sono detti “profetici”. Le parole dei Profeti, che si riferiscono alla venuta di Gesù, il Messia, sono definite “profezie messianiche”. da L. Serofilli, Tutta la Bibbia raccontata ai bambini, Piemme

A seconda della loro influenza nella storia del popolo, i Profeti si dividono in: Profeti maggiori e minori.

I Profeti maggiori sono: Isaia, Geremia, Baruc, Ezechiele e Daniele. Quelli minori: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Miche, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia. C’è, inoltre, Giovanni Battista, considerato l’ultimo dei Profeti, anche se non rientra nell’elenco in quanto contemporaneo di Gesù.

PROPOSTA 1

Costruiamo in classe una grande linea del tempo che riporti gli eventi e i personaggi che hanno segnato la Storia della Salvezza, fino all’arrivo dei Romani in Palestina e alla nascita di Gesù.

1850 a.C. Abramo

1800 a.C. 1750 a.C. 1250 a.C.

Tempo dei Patriarchi Schiavitù in Egitto

Isacco Giacobbe Giuseppe

950 a.C. Salomone

Divisione del Regno in due Stati

1000 a.C.

Tempo dei Giudici Pasqua e Terra Promessa Tempo dei Re

Saul Giosuè Mosè Davide

333 a.C. Greci

PROPOSTA 2

Dominazioni straniere e Tempo dei Profeti Dominazione romana

63 a.C. Romani

722 a.C. Assiri 587 a.C. Babilonesi 539 a.C. Persiani 0 Nascita di Gesù

Presentiamo alla classe la struttura del Tempio di Salomone. - Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 11 (A, B) in fondo al volume e analizzarlo insieme.

Il primo Tempio di Gerusalemme era strutturato come una lunga casa con tre stanze:

1. il vestibolo, ambiente che introduceva al Tempio;

2. il Santo con l’altare per l’incenso, qui potevano entrare solo i sacerdoti e i Leviti;

3. il Santo dei Santi con l’Arca dell’Alleanza, qui poteva accedere solo il Sommo Sacerdote una volta all’anno;

4. tre piani di locali tutt’intorno, usati come magazzini;

5. il bacino di bronzo per le purificazioni;

6. l’altare per i sacrifici.

- Far scrivere ai bambini il numero corrispondente alle varie parti del Tempio nei cerchietti giusti.

- Infine, far colorare la figura del Sommo Sacerdote e del sacerdote, dopo aver letto l’Approfondimento:

Approfondimenti

I sacerdoti: secondo l’Esodo, il primo Sommo Sacerdote fu Aronne, fratello di Mosè e la carica era ereditaria. Solo in epoca ellenista (II-I secolo a.C.) la carica smise di essere ereditaria: la sua nomina fu affidata al regnante di turno, straniero (Seleucidi) o ebreo (Maccabei) che fosse e, quando il Sinedrio divenne un’istituzione stabile e influente, il Sommo Sacerdote divenne il capo di quest’organo legislativo. Erode il grande nominò almeno sei Sommi Sacerdoti, e in seguito i governatori romani si arrogarono il diritto di nomina. Dopo la distruzione del Tempio nel 70 d.C., cessarono sia il servizio sacerdotale che la carica del Sommo Sacerdote, in quanto vennero dispersi. Kohanim (Kohen al singolare) vengono definiti i sacerdoti, cioè discendenti di Aronne; essi si occupavano concretamente dei sacrifici rituali. Gli abiti dei sacerdoti erano: una tunica di lino pregiato, una cintura con i quattro colori sacri (viola, porpora, scarlatto e bianco) e il turbante. Il Sommo Sacerdote, invece, indossava un turbante viola con una lamina d’oro con scritto “santificato Yhwh” e un pettorale d’oro, con dodici pietre preziose, una per ogni tribù d’Israele, disposte in quattro file (una fila con una cornalina, un topazio e uno smeraldo, la seconda con un turchese, uno zaffìro e un berillo, la terza con un giacinto, un’àgata e un’ametista e la quarta con un crisòlito, un ònice e un diaspro). Sopra la tunica portava l’efod, una tunica più corta (una specie di grembiule) realizzata con i quattro colori sacri e l’oro.

I Leviti: erano i discendenti della tribù di Levi e avevano il compito di sorvegliare il Tabernacolo e, più tardi, il Tempio. Essi non ottennero alcuna parte della terra d’Israele, poiché servire Dio era la loro eredità. I Leviti erano stati scelti per questo speciale ruolo perché, mentre erano in Egitto, avevano mantenuto fede alla religione dei loro padri. Nel deserto non avevano adorato il vitello d’oro, ma avevano appoggiato Mosè. Come per i Kohanim, il lavoro dei Leviti divenne meno rilevante dopo la distruzione del Tempio, anche se mantennero alcune funzioni. Oggi, come in passato, i Leviti aiutano i Kohanim a prepararsi per il servizio liturgico, lavando loro le mani prima che essi benedicano la comunità.

PROPOSTA 3

Costruiamo il Tempio di Salomone

- Fotocopiare per ogni alunno il cartamodello 12 (A, B) in fondo al volume, ingrandendo il formato.

- Far ritagliare tutte le singole figure lungo i perimetri esterni e colorarle tutte con diverse tonalità di marrone, giallo e oro.

- Costruire il cortile piegando lungo i quattro lati e incollando le linguette, come una semplicissima scatolina.

- Incollare al cortile la base, poi piegare le mura esterne del Tempio fissandocele sopra (fig. 1).

- Costruire le due stanze interne, Santo e Santo dei Santi (fig. 2), incollarle l’una all’altra e posizionarle all’interno delle mura.

- Completare con il bacino di metallo fuso per le purificazioni e l’altare dei sacrifici da incollare sul cortile davanti al Tempio (fig. 3).

Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3

Osserva come si stanziarono le dodici tribù del popolo ebraico nella Terra di Canaan, e colora ogni territorio con un colore diverso.

Segna con una X la risposta giusta.

• Chi tra i figli di Giacobbe non ebbe una parte di terra?

Ruben e Levi . Giuseppe e Beniamino.

Levi e Giuseppe.

• Perché Levi non ebbe una parte di terra per la sua tribù?

Perché la sua tribù doveva occuparsi del servizio presso il santuario.

Perché la ebbero i suoi figli.

• Come si chiamano i figli del Patriarca Giuseppe?

Efraim e Manasse.

Zàbulon e Giacobbe.

Giuda e Abramo.

Ogni tribù come organizzò la propria vita economica e sociale nella sua parte di territorio cananeo? Prova a spiegarlo con parole tue.

L’immagine rappresenta un episodio della storia di Sansone. Scrivi cosa ricordi di lui.

Completa con le parole mancanti:

predilezione - Profeta - capo - consacrati - Israele - Re - Dio - Giudici

Samuele, ultimo dei ....................................., fu anche un ........................................., chiamato da

....................... per consacrare il primo ....................... d’Israele. Per sottolineare la ....................... di Dio, i Re d’.............................. venivano ............................. con l’olio versato sul ...............................

Rispondi alle domande.

• Chi erano i Giudici?

• Perché Dio li nominava?

• Ti ricordi come avveniva l’elezione dei Re?

• Chi fu il primo Re?

• Come si comportò?

Davide è conosciuto come il “Re pastore e cantore”, in quanto ha scritto numerosi inni, canti e preghiere, tra i quali il salmo 150, vero inno di lode a Dio. Leggilo e scrivi vicino ad ogni disegno il numero corrispondente.

Alleluia.

Lodate il Signore nel suo santuario, lodatelo nel firmamento della sua potenza. Lodatelo per i suoi prodigi, lodatelo per la sua immensa grandezza. Lodatelo con squilli di tromba (1), lodatelo con arpa (2) e cetra (3); lodatelo con timpani (4) e danze (5), lodatelo sulle corde e sui flauti (6).

Lodatelo con cembali (7) sonori, lodatelo con cembali squillanti; ogni vivente dia lode al Signore. Alleluia.

Ricordi l’episodio di Davide contro Golia? Collega ai due personaggi, Davide e Golia, le rispettive armi.

• Per quali cose è ricordato Salomone?

Osserva la legenda della cartina e completa.

Alla morte di Salomone il Regno si divise in due Stati: il Regno di Giuda con capitale ......... ............................................ e il Regno di Israele

con capitale ........................................................

Seguirono poi una serie di invasioni durante le quali il popolo ebraico trovò conforto e sostegno della sua fede in Dio nelle parole dei .........................................................................

Leggi le frasi profetiche e collegale alla rispettiva definizione:

parole di consolazione

parole di rimprovero

profezie messianiche

Si allieterà la vergine alla danza, i giovani e i vecchi gioiranno. Io cambierò il loro lutto in gioia, li consolerò e li renderò felici, senza afflizioni. (Ger 31,13)

Purificatevi, togliete il male delle vostre azioni dalla mia vista. Ricercate la giustizia. (Is 1,16-17)

Tu Betlemme, città così piccola, da te nascerà colui che sarà il Salvatore del mondo. (Mi 5,1)

Disponi in ordine cronologico gli eserciti, che hanno invaso la Palestina, inserendo i numeri nei quadratini.

persiano greco babilonese assiro romano

Nazaret
Regno di Israele Regno di Giuda
Gerusalemme
Filistei
Mar Morto Lago Galileadi
Betlemme Samaria

U. F. 3 - Gesù, vero uomo e vero Dio

antica alleanza

profezie messianiche

Storia della Salvezza

Gesù

Messia e Cristo

i suoi insegnamenti Pasqua

nuova alleanza

Incarnazione

il suo paese il suo tempo

Traguardi per lo sviluppo delle competenze L’alunno riflette sui dati fondamentali della vita di Gesù e sa collegare i contenuti principali del suo insegnamento all’ambiente in cui vive; riconosce il significato cristiano del Natale e della Pasqua, interrogandosi sul valore di tali festività nell’esperienza personale.

Competenze di riferimento disciplinari

Obiettivi di apprendimento

Conoscere l’identità storica di Gesù che per i cristiani è il Figlio di Dio fatto uomo. Cogliere il significato cristiano del Natale e della Pasqua. Conoscere Gesù di Nazaret come compimento della Storia della Salvezza.

1 Comprendere che per i cristiani Gesù è il Messia annunciato dai Profeti e che in lui si compie il progetto di salvezza di Dio Padre.

2 Ricostruire le tappe fondamentali della vita di Gesù, nel contesto storico, sociale, politico e religioso del tempo, a partire dai Vangeli.

3 Riconoscere nella vita e negli insegnamenti di Gesù proposte di scelte responsabili.

4 Conoscere il significato della Pasqua ebraica e il suo legame con la Pasqua cristiana.

5 Riconoscere i segni cristiani della Pasqua nell’ambiente popolare.

6 Individuare significative espressioni d’arte cristiana per rilevare come la fede sia stata interpretata e comunicata dagli artisti nel corso dei secoli.

Contenuti Le profezie messianiche. La festa del Natale tra storia, arte e tradizioni. Gesù di Nazaret. Lettura di passi biblici e fonti iconografiche. Il contesto culturale, il quadro geografico e politico della Palestina al tempo di Gesù. La Palestina oggi. Pasqua ebraica: il passaggio del Mar Rosso. Pasqua cristiana: l’ultima settimana di Gesù a Gerusalemme e la sua Risurrezione. Segni, riti religiosi, usanze e tradizioni pasquali.

Discipline coinvolte Italiano, arte e immagine, musica, storia.

Prove di verifica e valutazione Vedere pagina 11.

Indicazioni metodologiche

Le strategie didattiche che verranno poste in atto saranno fondate sull’immagine in un rapporto di complementarietà con il linguaggio verbale, con quello audiovisivo e con quello musicale, per guidare i bambini alla comprensione dell’Incarnazione come realizzazione delle promesse fatte da Dio al popolo ebraico, della Risurrezione come evento centrale e fondante della religione cristiana, del messaggio portato da Gesù.

U. F. 3: GESÙ, VERO UOMO E VERO DIO >> Primo percorso <<

O. A.: 1 Comprendere che per i cristiani Gesù è il Messia annunciato dai Profeti e che in lui si compie il progetto di salvezza di Dio Padre.

2 Ricostruire le tappe fondamentali della vita di Gesù, nel contesto storico, sociale, politico e religioso del tempo, a partire dai Vangeli.

6 Individuare significative espressioni d’arte cristiana per rilevare come la fede sia stata interpretata e comunicata dagli artisti nel corso dei secoli.

Una lunga storia!

Per introdurre Gesù come personaggio storico è necessario ripartire dalla storia ebraica.

La seguente cartina geografica riassume gli spostamenti degli Ebrei dalla loro nascita come popolo sino alla dominazione romana.

Fotocopiamo per ciascun alunno la cartina (cartamodello 13 in fondo al volume) e ripercorriamo insieme la storia dell’alleanza tra Dio e gli Ebrei, ricordando per ogni spostamento i personaggi che lo hanno caratterizzato.

Diamo alla classe notizie storiche sulla situazione politica della Palestina al tempo di Gesù.

Approfondimenti

La Palestina è una piccola striscia di terra nel Vicino Oriente, a sud-est rispetto all’Italia, è bagnata a ovest dal Mar Mediterraneo, mentre a est il confine viene delineato dal Lago di Galilea e dal Mar Morto, uniti tra loro dal fiume Giordano. Nel 63 a.C. i Romani occuparono questa terra e lasciarono al popolo conquistato la libertà religiosa a patto che si dimostrassero fedeli a Roma e pagassero le tasse. Così gli Ebrei poterono non lavorare il sabato e praticare la loro religione senza essere costretti ad atti di venerazione verso gli dei romani. Al tempo della nascita di Gesù l’imperatore era Cesare Augusto (63 a.C.-14 d.C., conosciuto anche come Ottaviano, in quanto adottò prima il nome di Gaio Giulio Cesare Ottaviano e poi di imperatore Cesare Augusto), uomo molto intelligente e pratico, con il grande merito di aver dato al suo popolo un lungo periodo di pace e prosperità. Il suo governo segnò il passaggio dalla Repubblica all’Impero. Egli nominò come re della provincia palestinese un uomo che aveva dimostrato la sua lealtà a Roma: Erode il Grande, giudeo non di nascita, ma idumeo convertito ai riti ebraici. Erode amava così tanto il potere e le ricchezze che cercava con ogni mezzo di non perderli, arrivando anche ad uccidere una delle mogli e due dei suoi figli. Realizzò, inoltre, grandi opere, mosso dalla sua ambizione, come ad esempio l’ampliamento del Tempio di Gerusalemme (il “Secondo Tempio” ricostruito al ritorno dall’esilio babilonese) per accattivarsi il favore degli Ebrei; la fortezza o torre Antonia situata vicino al Tempio, sede della guarnigione romana che controllava la città e luogo ove risiedeva il procuratore romano della Giudea, quando si trovava a Gerusalemme (qui, nel cortile detto “litostroto” che significa “lastricato”, Ponzio Pilato processò Gesù e lo condannò a morte; infatti oggi, sul luogo, sorge la chiesa della Flagellazione e inizia la via Dolorosa, strada che ripercorre il cammino di Gesù fino al luogo della crocifissione); la fortezza di Masada e l’Herodium, un maestoso palazzo-fortezza vicino Gerusalemme, dove studi recenti hanno indicato il suo luogo di sepoltura. Alla sua morte, nel 4 a.C., il regno venne diviso fra tre dei suoi figli: Erode Antipa, Filippo e Archelao. Archelao, a causa delle lamentele dei sudditi, giunte a conoscenza dell’imperatore, venne cacciato e sostituito da un procuratore romano. Quando Gesù venne crocifisso era procuratore Ponzio Pilato.

ERODE

IL GRANDE

Erode Antipa governò Galilea e Perea

Filippo governò Traconitide e Iturea

Archelao governò Samaria e Giudea

Fotocopiamo per ciascun alunno la cartina della Palestina (cartamodello 14 in fondo al volume) e diamo le seguenti indicazioni per completarla:

- ripassare con un pennarello marrone tutto il regno di Erode il Grande (seguire tratteggio);

- colorare con il rosso le terre su cui governò Erode Antipa;

- colorare con il verde le terre su cui governò Archelao;

- colorare con il giallo le terre su cui governò Filippo;

- colorare con l’arancione la Decapoli, territorio che circonda le dieci città indipendenti;

- colorare con il marrone chiaro tutte le altre terre.

Quando nacque Gesù la Palestina era sotto il dominio romano.

con le fonti storico-geografiche

con le fonti bibliche

L’imperatore Cesare Augusto divise l’Impero in tante parti che chiamò “province”. Ogni provincia aveva assicurato un governo stabile, prosperità e pace, ma in cambio doveva pagare tasse molto elevate a Roma. Per questo motivo anche in Palestina si era diffuso un certo malcontento e, soprattutto, una grande ostilità verso i dominatori stranieri così come in ogni altro momento di crisi, l’attesa messianica o di un Messia, annunciato dai Profeti, si fece particolarmente forte.

Il termine MESSIA, in greco tradotto con “Cristo”, significa “unto con olio”. Gli Israeliti lo immaginavano come un Re o come un grande Profeta o un Sacerdote, ma accoglievano anche l’idea che Egli raccogliesse in sé tutte queste caratteristiche: era la speranza in un Salvatore che avrebbe realizzato tutte le promesse fatte da Dio, prima ai Patriarchi e poi ai Profeti.

Tutto l’Antico Testamento attesta come Dio ha vissuto ogni giorno a fianco del suo popolo, proteggendolo, difendendolo e salvandolo. Attraverso le parole dei Profeti, infine, delinea quelle che sarebbero state le caratteristiche del Messia, il grande Salvatore, che avrebbe guidato Israele alla gloria, portando pace e giustizia. Presso gli Ebrei era radicata la convinzione che Dio avrebbe mandato un Messia con il compito di salvare il popolo in situazioni di pericolo. Possiamo riassumere le attese del Messia nello schema seguente:

CARATTERISTICHE DEL MESSIA

Messia-Re si aspettava un re che avrebbe garantito la pace interna al popolo e gestito i rapporti con i popoli vicini; come figura di riferimento vi era il grande Re Davide

Messia-Profeta si aspettava un uomo inviato da Dio, che parlasse a nome suo e facesse comprendere una volta per tutte la sua Legge e la sua volontà, come un nuovo Mosè

Messia-Sacerdote in grado di applicare le norme rituali della Legge e capace di celebrare sull’altare il sacrificio più puro ed efficace per la salvezza spirituale di Israele

Presentiamo una delle profezie sul Messia in forma “più vicina” ai bambini, con una canzone il cui testo rielabora la profezia di Isaia (Is 11,1-10).

Un Messia per le nazioni

Rit: Dal tronco di Iesse un germoglio spunterà dalle sue radici, un bambino, che tutti salverà. Sarà un Re della casa di Davide discendente, Profeta che parlerà di Dio a tutta la gente, sull’altare della croce il vero sacrificio offrirà sarà sacerdote che dona la vita per l’umanità.

Lo spirito del Signore su di lui si poserà, spirito di sapienza, di intelligenza e bontà, spirito di consiglio, di fortezza e conoscenza e col timor di Dio non giudicherà l’apparenza.

Con giustizia i cuori giudicherà e deciderà guidato dalla verità.

La sua parola percuoterà il violento e colpirà l’empio come il vento.

Nessuno ingiustamente agirà poiché la saggezza del Signore la terra riempirà. In quel giorno tutte le genti lo cercheranno e con lui nella gloria dimoreranno.

Rit: Dal tronco di Iesse un germoglio spunterà...

Molte delle profezie sul Messia, che Dio ha suscitato nel cuore dei Profeti, sembrano trovare una realizzazione nei testi evangelici:

GESÙ

nato a Betlemme

PROFEZIA ADEMPIMENTO

Mi 5,1

Mt 2,1-6; Lc 2,4 potente ed eterno

Is 7,14

Lc 1,31-33 nato da una vergine

Is 7,14

Mt 1,18-23 della tribù di Giuda

Gen 49,10 Lc 2,4 strage degli innocenti

Ger 31,15

Mt 2,16-18 fuga in Egitto

Os 11,1

Mt 2,15

La nascita e infanzia di Gesù sono narrate solo da due Evangelisti, Luca e Matteo, e a posteriori rispetto alla stesura degli stessi Vangeli. Questo perché all’inizio ciò che veniva predicato era soprattutto l’evento salvifico della Risurrezione, poi si è compreso che tutta la vita di Gesù è un “segno” della salvezza che Dio opera presso gli uomini e della sua presenza nella storia.

Musica: traccia audio n. 6

I due Evangelisti nella loro narrazione seguono due linee diverse:

• Matteo inizia il suo Vangelo facendo risalire la genealogia di Gesù ad Abramo: «Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli...» (Mt 1,1-25), perché si preoccupa di dimostrare che Gesù è il Messia atteso (sottolinea la concordanza tra la sua vita e alcune profezie), è Figlio di Dio, ma anche vero uomo, partorito da una donna, Maria di Nazaret, quindi discendente dalla “carne” di Abramo, nel cui seme saranno benedetti tutti i popoli della Terra. Interessante è il fatto che vengono citate quattro donne che non sono le grandi figure di Israele come Sara, Rebecca e Rachele, ma sono donne pagane, che però entrano nel piano divino. Matteo le ha inserite nella genealogia per dimostrare che è Dio a realizzare la salvezza e che si serve di tutti coloro che dimostrano fede assoluta. Queste donne che apparentemente “disturbano” la purezza di questa genealogia, in quanto peccatrici e straniere, in realtà mettono in evidenza due aspetti importanti di Gesù:

- è venuto per tutti, non solo per gli Ebrei; - non sono le nostre opere che salvano, è solo Lui che perdona e salva.

Le quattro donne sono:

- Tamar, che fingendosi una prostituta assicurò una discendenza ad Israele, nonostante fosse vedova, unendosi al suocero Giuda;

- Racab, la prostituta di Gerico che nascose e salvò due spie inviate da Giosuè prima dell’ingresso in Canaan;

- Rut, la moabita, straniera che diverrà l’esempio della vera credente;

- Betsabea, definita la moglie di Uria, che diverrà la madre del grande Re Salomone.

Così Matteo vuole sottolineare la continuità tra i due Testamenti e l’universalità della salvezza: l’alleanza eterna tra Dio e l’uomo.

RIVELAZIONE

“Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.” (Gv 1,14)

PAROLA
ANTICA ALLEANZA
NUOVA ALLEANZA
DIO - EBREI
DIO E GESÙ - TUTTI GLI UOMINI
RIVELAZIONE

• Luca ha come finalità quella di far comprendere che Gesù è veramente il Figlio di Dio, il cui mistero è nascosto e nello stesso tempo rivelato. Il suo Vangelo non solo mette in evidenza la nascita di Gesù grazie all’annuncio dell’angelo Gabriele alla Vergine, ma ne attesta la nascita con una serie di fatti prodigiosi.

Analizziamo il testo (Lc 1,1-20) attraverso lo schema riportato in tabella:

vv 1-7:

Nascita del figlio di Davide

vv 8-9:

I pastori nel campo, primi invitati

Come Davide, il più piccolo tra i figli di Iesse è stato scelto come re d’Israele, così sarà chiamato a regnare sul mondo intero il bambino deposto sulla mangiatoia. È la logica di Dio che innalza coloro che si abbassano, non condividendo la logica del potere. Grazie al censimento, Gesù nasce a Betlemme perché figlio di Giuseppe della casa di Davide.

Ai tempi di Gesù i pastori non godevano di una grande reputazione in Israele, anche se gli Ebrei discendevano da generazioni di allevatori di capre e di pecore. Con il processo di sedentarizzazione e lo sviluppo dell’agricoltura, l’atteggiamento verso i pastori cambiò notevolmente, tanto da essere considerati persone emarginate e poco apprezzate. Di certo nessuno li avrebbe invitati a far visita ad un neonato! Eppure è proprio in loro che Luca identifica i primi destinatari dell’annuncio salvifico.

vv 10-12:

Il primo annuncio della Buona Notizia

vv 13-14:

La lode degli angeli

vv 15-18:

I pastori vanno fino a Betlemme

vv 19-20:

L’atteggiamento di Maria e dei pastori dinanzi ai fatti

Si scopre sin dall’inizio che Dio Padre e il Figlio sembrano avere un amore preferenziale per i poveri e gli umili ai quali dicono tramite gli angeli: “Non temete!” Nessuno più dovrà temere perché il Salvatore è arrivato e il segno è un bambino che giace su una mangiatoia, povero tra i poveri. Gli angeli parlano di Gesù attribuendogli le caratteristiche del Messia: Egli è il Salvatore, Cristo e Signore.

“Gloria a Dio nel più alto dei cieli e Pace in terra agli uomini che egli ama”, questo è il canto degli angeli apparsi ai pastori quella notte. In poche parole è racchiuso il progetto di Dio: la Gloria nei cieli e la pace sul mondo. Ma la pace tra gli uomini amati da Dio non coincide forse con la sua gloria?

I pastori vanno fino a Betlemme per vedere la Parola che è stata annunciata loro, una Parola che non è un semplice suono vocale, ma diviene un fatto reale, concreto: la nascita di un bambino, il Figlio di Dio.

Luca conclude narrando due diversi atteggiamenti nei confronti della Parola:

- quello di Maria, che serbava con cura questi avvenimenti meditandoli nel suo cuore per cercare di comprenderli sempre di più;

- quello dei pastori, che pur avendo accolto la Parola di Dio, si alzano per verificare se ciò che è stato loro annunciato corrisponde ai fatti e solo dopo, ritornando al loro gregge, glorificano e lodano Dio per tutto ciò che avevano visto ed udito.

con le fonti storico-geografiche

Canto di Natale

Dal cielo stellato scendendo

Nunzi angelici in volo, più vicino volando, più chiaro cantando facevano palpitare la notte di armonie: “Gloria nel più alto dei cieli!” risuonava ancora e ancora più dolce, più chiaro, più pieno, più vicino “e pace in terra agli uomini!”

Pastori in attesa nei campi si risvegliaron dal sonno, quel felice mattino videro la gloria, sentirono la notizia che il Principe della pace era nato: “Gloria nel più alto dei cieli!”

Cantava ancora il coro degli angeli più vicino volando, più chiaro cantando “e pace in terra agli uomini!”

Si allontanarono gli angeli cantori, morì il canto nell’aria, ma la gloria di quella notizia cresce e trionfa ovunque; e quando brillano i cieli natalizi sembra che quel glorioso canto ondeggi più vicino, più dolce, più chiaro: “pace in terra agli uomini!”

J. R. Newel

La nascita di Gesù e la data del Natale

Il Natale, festa in cui si ricorda la nascita di Gesù, viene celebrato il 25 dicembre da molte delle Chiese cristiane.

Questa data è stata stabilita solo nel IV secolo d.C. forse da papa Liberio, in quanto è attestata per la prima volta nel Cronografo romano del 354 (un calendario illustrato), redatto sotto il suo pontificato.

Sul perché sia stato scelto proprio il 25 dicembre ci sono diverse ipotesi: • il 25 dicembre, nell’antica Roma, si festeggiava la festa pagana del sole “invitto”, cioè invincibile, che godeva di molta importanza anche nei territori colonizzati. Si celebrava quattro giorni dopo il solstizio d’inverno (21 dicembre). Dato che da quel giorno le ore del giorno andavano sempre più aumentando, con questa festa si celebrava idealmente la nascita del sole e, quindi, la vittoria della luce sulle tenebre. Secondo questa ipotesi la Chiesa la scelse per celebrare la nascita del “Sole di giustizia”, cioè Gesù, in contrapposizione alla festa romana;

• il 25 dicembre sarebbe stato scelto in ambito cristiano senza apporti da altre religioni, ma facendo riferimento alle parole di Zaccaria “verrà a visitarci un sole dall’alto”, che richiamano simbolicamente ciò che avviene a dicembre dopo il solstizio;

• la data del Natale corrisponde alla vera data di nascita di Gesù. Quest’ipotesi (piuttosto recente) si basa sull’analisi dei testi presenti nella biblioteca essena di Qumran.

Il problema della data di nascita di Gesù, però, non si esaurisce solo in relazione al mese e al giorno, ma investe anche l’individuazione dell’anno in cui nacque. È difficile trovare, dai pochi elementi che ci vengono forniti da Luca e Matteo, la data approssimativa della nascita di Gesù; si sa solo che Erode è morto intorno al 4 a.C. e che Gesù è nato sotto il suo regno. In base a questi dati si può affermare con ragionevole certezza soltanto che Gesù nacque almeno qualche tempo prima della morte di Erode, quindi tra il 7 e il 5 a.C.

Proponiamo una riflessione a partire da una leggenda.

Il viaggio del quarto re Artabano, uomo alto e bruno della città di Ecbatana, apparteneva all’antica casta sacerdotale dei Magi e con i suoi amici Gaspare, Melchiorre e Baldassarre aveva studiato le antiche tavole della Caldea, calcolando il tempo in cui sarebbe nato il Principe Promesso, futuro Re d’Israele. Dopo aver venduto tutti i suoi beni si preparò per il viaggio, acquistando tre gioielli da portare in dono al Re: uno zaffiro blu come un frammento di cielo notturno, un rubino rosso come un raggio di sole al tramonto e una perla candida come la cima innevata di un monte a mezzogiorno. Così quando vide la stella brillare in cielo iniziò il suo cammino insieme ai suoi amici, sicuro che tutti e quattro si sarebbero ritrovati al giaciglio del Bimbo appena nato, ma... qualcosa lo fece rallentare: in un boschetto di palme, vide un uomo che giaceva con la febbre altissima, a lato della strada. Artabano si fermò. Prese il vecchio tra le braccia, lo portò in un albergo e chiese all’albergatore di averne cura e ospitarlo per il resto dei suoi giorni. Per pagare le spese e le cure di quel poveretto, dovette utilizzare lo zaffiro. Il giorno seguente, Artabano ripartì: non voleva certo perdere l’appuntamento con il Grande Re. Arrivò in una vallata deserta dove all’improvviso udì le urla di una donna che veniva trascinata dai soldati.

La ragazza riuscì a liberarsi dalla stretta dei suoi aguzzini e si gettò ai suoi piedi:

– Abbi pietà – gli gridò – e salvami, per amore di Dio! Mio padre era un mercante, ma è morto, e ora mi hanno preso per vendermi come schiava e pagare così i suoi debiti. Salvami! Allora Artabano mise la mano nella cintura e con il rubino acquistò la libertà della giovane. La ragazza gli baciò le mani e fuggì verso le montagne. Intanto Gaspare, Melchiorre e Baldassarre erano arrivati alla stalla dove stavano Giuseppe, Maria e il piccolo Gesù. I tre santi re si prostrarono davanti al Bambino e presentarono i loro doni. Gaspare aveva portato un magnifico calice d’oro. Melchiorre gli donò un incensiere e Baldassarre presentò un vaso di preziosa mirra. Il Bambino guardò i doni, serio serio. Artabano intanto correva e correva.

con la vita

Galleria d’arte: tavole 4-5 da proiettare e ingrandire con la LIM

Arrivò a Betlemme mentre dalle case si levavano pianti e fiamme. I soldati dalle spade insanguinate, eseguendo gli ordini di Erode, uccidevano tutti i bambini dai due anni in giù. Vicino a una casa in fiamme un soldato dondolava un bambino nudo tenendolo per una gamba. Il bambino gridava e si dibatteva. La madre piangendo urlava di lasciarlo. Con un sospiro, Artabano prese l’ultima gemma che gli era rimasta, la magnifica perla, e la diede al soldato in cambio della vita del piccolo. Solo molto tardi Artabano trovò la stalla dove si trovava Gesù Bambino. Appena lo vide crollò in ginocchio e si prostrò con la fronte al suolo. Non osava alzare gli occhi, perché non aveva portato doni per il Re dei re: – Signore, le mie mani sono vuote. Perdonami... – sussurrò. Alla fine osò alzare gli occhi. Il Bambino forse dormiva? No, il Bambino non dormiva. Dolcemente si girò verso Artabano. Il suo volto splendeva, tese le manine verso le mani vuote del re e sorrise.

da B. Ferrero, Tutte storie, LDC

Conclusione della storia: quando fu molto vecchio, Artabano, ripensando alla sua vita, capì che in realtà il Grande Re lo aveva già trovato prima di incontrarlo nella stalla, facendo del bene e aiutando chi ne aveva bisogno.

Conversiamo con i bambini sul significato del Natale, attraverso qualche domanda:

- Perché Gesù sorride al quarto re, nonostante abbia le mani vuote?

- Quale regalo desidera dagli uomini il bambino divino?

- A cosa possiamo paragonare il viaggio di Artabano?

- Secondo voi, chi sono gli uomini che si comportano come Artabano?

Si può concludere tutto il percorso affermando che il regalo più grande per Gesù è che tutti gli uomini vivano nel segno dell’amore, riconoscendo che sono tutti fratelli e continuamente rivolti verso Dio, alla ricerca del suo mistero e del suo disegno di salvezza per la vita di ogni uomo.

PROPOSTA 1

Aiutiamo gli alunni a “disporsi” al Natale con un atteggiamento diverso, più accogliente e disponibile verso le necessità e i bisogni degli altri. Proprio con questo spirito, proponiamo ai bambini di realizzare dei biglietti di auguri natalizi con un messaggio che vorrebbero dedicare alle persone più amate. Alla fine, tutti i biglietti verranno raccolti in un cestino e l’ultimo giorno di scuola, prima delle vacanze natalizie, per scambiarsi gli auguri, ognuno “pescherà” un biglietto e questo sarà l’augurio per vivere il Natale!

PROPOSTA 2

Leggiamo alla classe i due passi dei Vangeli di Matteo e Luca (Mt 2,1-12 e Lc 2,4-16) e analizziamo insieme gli elementi diversi riportati dai due Evangelisti circa la nascita di Gesù, osservando due opere d’arte.

Guidiamo la comprensione e la lettura delle immagini con le domande proposte. - Quale scena evangelica è raffigurata nel primo dipinto? Da quale Evangelista

è narrata? Quale scena è raffigurata invece nel secondo? Da quale Evangelista è narrata?

- Cosa portano in dono i pastori? I Magi, invece?

- Perché, secondo voi, Maria, pur tenendo con delicatezza il bambino, lascia che lui si protenda in avanti?

- I Magi raffigurati sono di tre differenti età: secondo voi, cosa simboleggiano?

PROPOSTA 3

PROPOSTA 4

Per consolidare le differenze tra il Vangelo dell’infanzia di Matteo e quello di Luca, proponiamo un’attività pittorica.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 15 in fondo al volume.

- Ogni bambino sceglierà di completare il quadro del presepe seguendo il racconto del Vangelo di Matteo o quello di Luca.

Mostriamo alla classe il dipinto del Ghirlandaio e focalizziamo l’attenzione al centro della scena, dove, sopra al bambino, sono raffigurati il bue e l’asino: due animali che non vengono nominati nei racconti evangelici della nascita di Gesù, eppure sono presenti nella tradizione cristiana del presepe. Essi, infatti, vengono citati nel testo “apocrifo” (cioè non riconosciuto nel gruppo dei testi sacri della Bibbia) dello pseudo-Matteo e trovano un proprio significato simbolico nel testo del Profeta Isaia (1,2-4): «Udite, cieli; ascolta, terra, perché il Signore dice: “Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me. Il bue conosce il proprietario e l’asino la greppia del padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende”. Guai, gente peccatrice, popolo carico di iniquità! Razza di scellerati, figli corrotti! Hanno abbandonato il Signore, hanno disprezzato il Santo di Israele, si sono voltati indietro...»

Riflettiamo insieme ai bambini:

- Perché, nella profezia di Isaia, Dio si lamenta del suo popolo?

- Perché l’asino e il bue sono meglio del popolo d’Israele?

Nel Medioevo questi due animali sono stati collegati a Gesù con due diversi significati:

• il bue, animale usato nei sacrifici al Tempio, richiama il sacrificio di Gesù sulla croce;

• l’asino, animale da soma, simbolo di umiltà, richiama, invece, il fatto che Gesù ha preso sulle sue spalle i peccati di tutti gli uomini.

In relazione al passo biblico del Profeta Isaia, sollecitiamo i bambini a individuare un altro collegamento tra questi due animali e Gesù:

• come il bue e l’asino Gesù

Ghirlandaio, Adorazione dei pastori, (tav. 4)
Dure, Adorazione dei Magi, (tav. 5)

Scrivi nei cartellini i nomi delle persone che occupavano al tempo di Gesù le cariche indicate.

Rispondi sul quaderno alle domande.

• In quale città risiedeva l’imperatore?

• Alla morte di Erode il Grande chi governò la Palestina?

• Perché in Giudea fu nominato un procuratore al posto di un re?

Collega le profezie messianiche con gli eventi della nascita di Gesù.

PROFEZIA

E tu, Betlemme, così piccola per essere fra le città di Giuda, da te uscirà colui che sarà il dominatore in Israele. (Mi 5,1)

Ecco: la Vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele. (Is 7,14)

Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli. (Gen 49,10)

ADEMPIMENTO

Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea, salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme. (Lc 2,4)

Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. (Mt 2,1)

Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. (Mt 1,18)

Inserisci nella storia le parole mancanti, scegliendole fra le seguenti: Dio - padre - straniera - Re - popolo - lavoro - marito - Noemi - sposano - Figlio - morte terra - affetto - Giuseppe

Rut è una giovane moabita, ......................... in Israele. Dopo la morte di suo ............................., decide di non abbandonare la suocera ..............................., nonostante lei la inviti a ritornare al suo paese, alla casa di suo ............................................ Ma Rut, con decisione dice a Noemi: - Non insistere con me perché ti abbandoni e torni indietro senza di te; perché dove andrai tu, andrò anch’io; dove ti fermerai, mi fermerò; il tuo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio .................................; dove morirai tu, morirò anch’io e vi sarò sepolta. Il Signore mi punisca come vuole, se altra cosa che la ......................... mi separerà da te. Così le due donne tornano nella d’Israele e una volta arrivate, Rut cerca ......................... come contadina nei campi di un certo Booz. La generosità di Rut e il suo ......................... per la suocera faranno innamorare Booz. Così i due si ............................ e dal loro matrimonio nasce Obed, futuro padre di Iesse, padre del grande ......................... Davide, dalla cui discendenza nascerà .........................., padre putativo (o legale) di Gesù, ......................... di Dio.

Completa la genealogia di Gesù presentata nel Vangelo di Matteo, poi rispondi.

Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli .

...Booz generò Obed da . Obed generò ............................ Iesse generò il Re Davide.

...Davide generò Salomone da quella che era la moglie Uria. ...Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di .............................., dal quale è nato ..........................., chiamato Cristo.

• Perché Matteo scrive la genealogia di Gesù partendo da Abramo? Cosa vuole dimostrare?

• Perché Rut, la straniera, rientra tra gli antenati di Gesù?

Perché la salvezza di Dio è per tutti gli uomini, non solo per gli Ebrei.

Perché Gesù è venuto per gli stranieri.

Sottolinea nel testo le parole che descrivono il Natale di oggi.

Ce n’è troppo di Natale

Nel paradiso degli animali, un somarello chiese a un bue:

– Ti ricordi per caso quella notte, tanti anni fa, quando ci siamo trovati in quella capanna?

– Lasciami pensare... ma sì – rispose il bue. – Nella mangiatoia, se ben ricordo, c’era un bambino appena nato. – Bene, da allora gli uomini fanno una grande festa per l’anniversario della nascita. La chiamano “Natale”. Per loro è la giornata più bella. È il tempo della serenità, della dolcezza, del riposo dell’animo, della pace, delle gioie della famiglia, del volersi bene. Già che ci siamo, perché non andiamo a dare un’occhiata?

Planarono sulla terra e videro uno spettacolo impressionante: mille luci, vetrine, ghirlande, abeti e uno sterminato ingorgo di automobili e il vertiginoso formicolio della gente che andava e veniva, entrava e usciva, tutta carica di pacchi e pacchetti, con un’espressione ansiosa e frenetica, come se tutti fossero inseguiti. Il bue si guardò intorno con spavento:

– Senti, amico: mi avevi detto che mi portavi a vedere il Natale, ma devi esserti sbagliato; a me sembrano tutti pazzi. Mi avevi detto che era la festa della serenità e della pace! – Già – rispose l’asinello – una volta infatti era così; ma che cosa vuoi, da qualche anno è cambiato tutto.

– Ormai ho la testa che è un pallone – disse il bue – se questo è il Natale; ce n’è troppo di Natale, allora. Ti ricordi quella notte a Betlemme? La capanna, i pastori, quel bambino... Era freddo, eppure c’era una pace, una soddisfazione, com’era diverso... da D. Buzzati, Racconti, Mondadori

Come dovrebbe essere il Natale secondo te? Scrivi la tua opinione.

Rispondi alle domande.

• Ti ricordi quali doni i Magi portano a Gesù?

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• Qual è il significato di ciascun dono?

• Chi era Artabano? Perché non arrivò in tempo a far visita al Re dei re?

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• Perché il Bambino sembra apprezzare molto le mani vuote del quarto re?

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• Tu cosa desidereresti portare in dono a Gesù Bambino?

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Completa il cruciverba.

Orizzontali

2. La città di Giuseppe e Maria.

4. La regione di Nazaret.

9. Insieme al bue nella capanna.

11. Il primo a prepararlo fu San Francesco d’Assisi.

12. Re molto geloso del Bambino Gesù.

13. Vi si rifugiò la Sacra Famiglia.

14. Lo è la notte di Natale.

15. Li porta Babbo Natale.

Verticali

1. Città natale di Gesù.

3. Si addobba a Natale.

5. Erano pieni a Betlemme la notte di Natale.

6. Il tempo che precede il Natale.

7. Annunciarono ai pastori la nascita di Gesù.

8. La stella che guidò i Magi.

10. Si scambiano a Natale.

U. F. 3: GESÙ, VERO UOMO E VERO DIO

>> Secondo percorso <<

O. A.: 2 Ricostruire le tappe fondamentali della vita di Gesù, nel contesto storico, sociale, politico e religioso del tempo, a partire dai Vangeli.

3 Riconoscere nella vita e negli insegnamenti di Gesù proposte di scelte responsabili. 6 Individuare significative espressioni d’arte cristiana per rilevare come la fede sia stata interpretata e comunicata dagli artisti nel corso dei secoli.

Un nazzareno di nome Gesù

Per introdurre la figura di Gesù, vero uomo, ma anche vero Dio, utilizziamo il testo di una nota canzone di Fabrizio De André, che si può considerare un capolavoro della letteratura italiana del ‘900.

Per far cambiare il cuore a tutti.

In modo semplice, come un uomo del suo tempo. Questa espressione fa supporre che l’autore forse non condivideva l’idea che quest’uomo fosse Dio, ma non poteva negare il fatto che la sua esistenza avesse segnato la storia.

Venuto da molto lontano a convertire bestie e gente non si può dire non sia servito a niente perché prese la terra per mano vestito di sabbia e di bianco alcuni lo dissero santo per altri ebbe meno virtù si faceva chiamare Gesù.

Non intendo cantare la gloria né invocare la grazia e il perdono di chi penso non fu altri che un uomo come Dio passato alla storia ma inumano è pur sempre l’amore di chi rantola senza rancore perdonando con l’ultima voce chi lo uccide fra le braccia di una croce.

E per quelli che l’ebbero odiato nel Getzemani pianse l’addio come per chi l’adorò come Dio che gli disse sii sempre lodato, per chi gli portò in dono alla fine una lacrima o una treccia di spine, accettando ad estremo saluto la preghiera l’insulto e lo sputo.

E morì come tutti si muore come tutti cambiando colore non si può dire che sia servito a molto perché il male dalla terra non fu tolto.

Dalla Palestina, o forse intende direttamente da Dio?

La terra forse simboleggia l’uomo che, venuto dalla polvere, polvere ritornerà.

Al di là di quello che hanno detto o creduto su di lui, l’unica cosa certa è che era un uomo e aveva un nome: Gesù.

Non è comunque umano ciò che ha fatto: soffrire senza provare risentimento verso chi lo sta uccidendo e perdonare chi gli ha inflitto un così crudele supplizio.

Prima dell’arresto pianse per l’umanità intera, senza fare distinzione tra buoni e meno buoni, accettando, in un silenzio regale, ogni atteggiamento.

Certo è che fosse un uomo, in quanto è morto come tutti e forse il suo gesto eroico non è servito a tanto perché la terra ancora piange e sopporta la cattiveria umana.

Ebbe forse un po’ troppe virtù, ebbe un volto ed un nome: Gesù.

Di Maria dicono fosse il figlio sulla croce sbiancò come un giglio.

F. De André

Forse aveva troppe caratteristiche positive, che non gli servirono, infatti, fu condannato alla morte in croce. Era figlio di una donna di nome Maria.

Dopo aver analizzato il testo, spieghiamo ai bambini che è possibile non credere alla divinità di Gesù, ma non si può, per onestà intellettuale, non credere alla sua esistenza terrena. Gesù è stato un personaggio storico così incisivo nella società del suo tempo che con la sua Passione, morte e Risurrezione è riuscito a cambiarla, tanto da dividere in due la storia, in un prima e in un dopo.

Per poter conoscere la storia di personaggi del passato è necessario ricorrere alle fonti storiche, ossia ad ogni tipo di traccia che è stata lasciata ed è in grado di fornire notizie certe su di essi. Il seguente schema, che si potrebbe far copiare ai bambini sul quaderno, presenta alcuni dei generi letterari contenuti nella Bibbia.

Giuseppe Flavio (37-97 d.C.), nato a Gerusalemme, diventò scrittore a Roma e, nella sua opera Antichità Giudaiche, scrive: «A quell’epoca visse Gesù, un uomo sapiente. Egli operò cose mirabili. Molti Giudei e pagani attirò a sé. E quando su accusa dei nostri uomini più autorevoli, Pilato lo ebbe condannato alla morte di croce, coloro che lo avevano amato non desistettero».

Publio Cornelio Tacito (55-120 d.C.), storico romano, nei suoi Annali, a proposito dei cristiani scrive: «Nerone punì con raffinati supplizi coloro che la gente chiamava cristiani… questo nome ha avuto origine da Cristo, condannato a morte sotto il regno di Tiberio, dal procuratore Ponzio Pilato».

Plinio il Giovane (62-114 d.C.) governatore della Bitinia, parla di Gesù Cristo e dei cristiani in una sua lettera all’imperatore Traiano: «(i cristiani) sono soliti radunarsi in un giorno stabilito per inneggiare a Cristo, che essi considerano loro Dio».

- Vangelo di Matteo

- Vangelo di Marco

- Vangelo di Luca

- Vangelo di Giovanni

- Atti degli Apostoli

- Lettere

- Apocalisse

Accanto a queste fonti vanno ricordati anche i Vangeli apocrifi che non sono stati ritenuti del tutto autentici, ma forniscono comunque qualche notizia sulla vita di Gesù.

Approfondimenti: documento 6

cristiane
FONTI STORICHE SU GESÙ non cristiane con le fonti storico-geografiche

Approfondimenti: documento 7

Dalle fonti non cristiane si possono ricavare le seguenti informazioni su Gesù:

• Gesù di Nazaret veniva chiamato “Cristo”;

• il nome dei cristiani deriva da “Cristo”;

• i cristiani lo ritengono Dio;

• Gesù compì opere prodigiose e fu un grande maestro con molti seguaci;

• fu condannato a morte sotto Tiberio da Ponzio Pilato;

• fu crocifisso.

Dalle fonti bibliche, invece, si ricavano altri elementi.

Gesù parlava con autorità ed era molto amato:

• lo chiamano “Maestro”(Mt 22,16; 22,24; 22,36) e “Signore” (Mt 8,6; 15,22-27);

• lui stesso si definisce tale (Gv 13,13);

• nella sinagoga spiega la Legge come un maestro (Mc 1,21-22);

• ammonisce Marta sul vero valore della vita (Lc 10,38-41).

Era robusto e godeva di buona salute fisica:

• fa lunghi viaggi e passa la notte in preghiera (Mc 1,35; Lc 6,12; Mc 1,39);

• sembra non conoscere pause (Mc 3,20; 6,21).

Vestiva secondo le usanze del tempo, con abiti sobri e dignitosi, senza sfarzi:

• la sua tunica è tessuta “tutta di un pezzo da cima a fondo”, quindi ben lavorata, non come quella dei poveri del tempo (Gv 19,23-24).

Ha sentimenti e prova emozioni prettamente umane:

• ha compassione (Mt 20,34; Lc 7,13; Mc 8,1; Mc 6,34);

• piange (Gv 11,35-36);

• si stanca (Gv 4,6);

• ha tanti amici (Gv 11,5; 15,5-15);

• ha paura (Mc 14,33-34).

Insegna usando le parabole:

• la vite e i tralci (Gv 15,1-11);

• i talenti (Mt 25,14-30);

• gli operai chiamati a lavorare nella vigna (Mt 20,1-16);

• il seme e il seminatore (Mc 4,1-9; 26-29);

• il Regno dei Cieli (Mt 13,44-45).

Compie molti miracoli:

• i dieci lebbrosi (Lc 17,12-19);

• la risurrezione di Lazzaro (Gv 11,30-44);

• la tempesta sedata (Mt 8,23-27).

Il suo messaggio:

• il comandamento nuovo (Mt 22,34-4);

• le Beatitudini (Mt 5,3-12).

con le fonti bibliche

Ecco qualche spunto di riflessione su alcuni dei brani citati.

• La parte migliore, il Regno di Dio: attraverso il brano di Marta e Maria e una delle parabole del Regno, aiutiamo i bambini a comprendere che, nonostante quello che la pubblicità vuole far credere (che è importante essere ricchi, belli, forti e sempre sorridenti), la parte migliore della nostra vita di cristiani è Gesù, perché lui ci indica la via per essere veramente felici, vivendo in pace e nell’amore.

Mostriamo la differenza tra una parabola e gli spot pubblicitari che affollano la nostra vita.

è il racconto di un fatto concreto che vuole suscitare interesse e aiuta a riflettere. Ci guida verso un cambiamento morale e spirituale affinché possiamo vivere felici e in pace con tutti viene costruito con immagini in grado di stimolare l’attenzione e conquistare la parte emotiva di ogni persona, così che si è indotti, senza esserne pienamente consapevoli, ad acquistare e consumare “cose” di cui si potrebbe anche fare a meno

• Essere tralci, quindi investire i propri talenti: è importante che i bambini intuiscano che la natura dell’uomo è quella di essere creatura e non Creatore, per allontanare da loro l’idea di poter diventare un super-uomo affetto da delirio di onnipotenza. In questa ottica, qual è il fine della nostra esistenza? Gesù lo spiega molto bene: portare frutto. Ogni uomo è un tralcio attaccato alla vite che è Gesù e quindi, per natura, deve produrre grappoli d’uva. Qui entrano in gioco i talenti personali che ognuno di noi deve scoprire e investire per realizzare pienamente la propria vita.

• Comprendere l’azione rivelatrice dei miracoli: aiutiamo i bambini ad approcciarsi al discorso dei miracoli come “strumenti” utilizzati da Gesù per aiutare le persone e rivelare la sua potenza divina. Il miracolo non è mai fine a se stesso, come si può pensare per la magia, ma viene compiuto in vista di una rivelazione molto più grande. Gesù non dimostra così di essere il “più potente”, ma colui che ama di più.

• La nuova Legge: Gesù presenta il comandamento nuovo e le Beatitudini come programma di vita del cristiano.

“Ama Dio e il prossimo tuo come te stesso”: Dio dovrebbe essere al primo posto degli affetti, poi dovremmo esserci noi, perché solo se mi rispetto e mi voglio bene potrò volerne alle persone che mi circondano. Le Beatitudini rappresentano delle linee guida che indicano la giusta strada per essere felici.

PARABOLA SPOT PUBBLICITARIO

con la vita

Gesù (nome che significa “Dio salva”) viene identificato e definito con altri nomi che aiutano a comprendere meglio il mistero legato anche alla nostra salvezza. Chiediamo ai bambini se ricordano altri nomi dati a Gesù, poi passiamo a spiegarli.

Emmanuele: Dio con noi, per indicare la sua presenza nella storia dell’uomo.

Agnello di Dio: offerto in sacrificio sull’altare per riconfermare l’alleanza.

Nazareno o Galileo: perché viveva a Nazaret, in Galilea.

Salvatore: in quanto con la sua venuta offre agli uomini la possibilità di ristabilire l’amicizia con Dio.

Figlio di Davide: in quanto suo discendente, della tribù di Giuda, per sottolineare la continuità con l’antica alleanza.

Messia e Cristo: cioè l’“Unto di Dio”, il suo consacrato, Re e Profeta che guida il cammino degli uomini.

Signore: appellativo proprio di Dio, ma appartiene anche a Gesù in quanto lui è della stessa natura del Padre, Creatore e “padrone” di tutte le cose.

Si può riportare su un cartellone il seguente schema di come i diversi appellativi dati a Gesù sintetizzino la sua natura:

La persona del Figlio di Dio

COME UOMO nasce a Betlemme da una vergine di nome Maria e dona la sua vita morendo crocifisso a Gerusalemme

si incarna

in GESÙ CRISTO

COME DIO

è eterno, glorioso, onnipotente e onnisciente; vince per sempre sulla morte e sul peccato

Dopo aver presentato le caratteristiche del Figlio di Dio aiutiamo i bambini a comprendere quanto questo sia importante per noi, attraverso un semplice schema:

L’uomo nel progetto di Dio è l’insieme di tre dimensioni

CORPO

cioè la vita sensitiva, che passa attraverso i sensi

SPIRITO

cioè la vita divina che ci viene comunicata da Dio attraverso la grazia

ANIMA intesa come capacità sensibile, dotata di intelligenza e libertà

L’uomo, però, proprio perché libero può rifiutare la dimensione dello spirito e vivere come se non esistesse. Per recuperare questa amicizia perduta con la disobbedienza e l’incredulità e far di nuovo partecipe l’umanità della vita divina, era necessario un Salvatore che fosse uomo e Dio allo stesso tempo.

Per poter comprendere la storia di Gesù è importante conoscere la società ebraica del suo tempo e il significato di alcuni termini:

• gli Israeliti erano coloro che discendevano da Israele (nome che fu dato da Dio a Giacobbe), circoncisi e seguaci della Legge di Mosè; erano chiamati anche “Ebrei”;

• i Giudei erano gli abitanti di una regione della Palestina, la Giudea. La parola GIUDAISMO indicava, dopo l’esilio babilonese, coloro che erano rimasti fedeli alle mitzvot, i precetti ebraici, ma poi questo termine è stato usato come sinonimo di Ebrei;

• i Proseliti erano coloro che si erano convertiti all’Ebraismo, anche se non diretti discendenti di Abramo;

• i Gentili erano le genti, tutti i pagani, quindi Greci, Romani, Fenici...;

• i Farisei erano un potente gruppo di laici (commercianti e artigiani) che osservava scrupolosamente e in modo poco flessibile le leggi della Bibbia, curando soprattutto gli aspetti formali del comportamento. Quindi rispettavano le leggi dello Shabbat (il sabato ebraico), pagavano le imposte per il Tempio ed evitavano il contatto con i peccatori secondo le “norme di purità” riportate nel libro del Levitico. Queste ultime sono una serie di regole che investono l’alimentazione, la nascita, la vita, la malattia e la morte delle persone. Per i Farisei era la condizione di purezza (ottenuta rispettando le regole) che permetteva l’incontro con Dio, mentre quella di impurità lo ostacolava;

• gli Scribi erano specialisti degli studi religiosi, erano chiamati anche “Dottori della Legge” e “Rabbini”; molti di loro erano Farisei;

• i Sadducei formavano un gruppo poco numeroso e molto chiuso, a cui appartenevano i membri delle famiglie più ricche; tra di loro veniva scelto il Sommo Sacerdote;

• i Pubblicani erano esattori che riscuotevano le tasse per conto dei Ro-

con le fonti storico-geografiche

mani e sfruttavano la povera gente: potevano trattenere parte del denaro che riscuotevano solamente aumentando la cifra rispetto a quella richiesta dall’Impero, per questo tutti li disprezzavano;

• gli Zeloti formavano un partito armato impegnato a liberare la Palestina dal dominio di Roma;

• i Samaritani erano gli abitanti della Samaria che, pur essendo devoti al Dio dei Giudei, rifiutavano di adorarlo nel Tempio di Gerusalemme; avevano costruito un tempio sul monte Garizim;

• gli Esseni vivevano in comunità come i monaci, nel deserto vicino al Mar Morto; erano dediti alla preghiera e allo studio della Bibbia.

È importante, inoltre, avere sempre presente l’ambiente di agricoltori, allevatori, artigiani e contadini in cui viveva Gesù, perché il linguaggio che lui utilizza richiama quasi sempre aspetti della vita che la gente del suo tempo conosceva bene.

PROPOSTA 1

Realizziamo la carta di identità di Gesù.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 16 in fondo al volume.

- Far completare la parte secondo le richieste e, nell’apposito riquadro, far disegnare a ciascun bambino Gesù come se lo immagina.

PROPOSTA 2

Raccontiamo alla classe la parabola della “casa sulla roccia” (Mt 7,24-26).

Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande.

Per aiutare i bambini a comprendere meglio questo messaggio di Gesù, proviamo il seguente esperimento:

Occorente: una scatola piena di terra o sabbia, una piena di sassi non tanto grandi, un innaffiatoio, un asciugacapelli.

Istruzioni:

- Costruire una piccola casa con la terra bagnata e un’altra con i sassi incollandoli tra loro.

- Simulare un temporale con l’innaffiatoio e un forte vento con l’asciugacapelli, infine, con un bicchiere d’acqua imitiamo una inondazione.

Quale delle due case rimarrà in piedi?

Leggi la testimonianza sulla vita di Gesù di Giuseppe Flavio, poi rispondi alle domande.

In quel tempo viveva Gesù, uomo saggio, se si può chiamare uomo. Compiva cose meravigliose, insegnava agli uomini che accoglievano la verità con gioia e trascinò al suo seguito molti giudei e molti pagani. Questi era il Cristo. E quando dietro denuncia degli uomini autorevoli della sua nazione, Pilato l’ebbe condannato alla croce, coloro che l’avevano amato fin dall’inizio gli conservarono il loro affetto; apparve loro, infatti, il terzo giorno, di nuovo vivente, come l’avevano preannunciato i divini Profeti, con mille altre meraviglie intorno a lui. Fino ad oggi sussiste ancora il genere dei cristiani, così chiamati a causa di lui.

Giuseppe Flavio, scrittore giudeo, I sec. d.C.

• L’autore del documento come definisce Gesù?

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• Cosa significa il termine “Cristo”?

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• Quali sono le azioni compiute da Gesù?

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• Chi ha condannato a morte Gesù?

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• Secondo l’autore, cosa accadde il terzo giorno?

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• Come vengono chiamati i seguaci di Gesù?

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Osserva l’immagine e rispondi segnando con una X la risposta giusta.

• Il dipinto raffigura: un episodio della vita di Gesù; un miracolo; una parabola.

• L’autore dipinge Gesù, Marta e Maria, in un intimo dialogo circolare dal quale chi guarda: si sente escluso; si sente attratto e ne entra a far parte.

• Maria è: quella che viene dipinta nell’atto di servire Gesù; quella che si è messa ai piedi di Gesù per ascoltarlo.

• Marta richiama Gesù nei confronti della sorella perché: ha bisogno di essere riconosciuta in quello che fa; è gelosa perché lei lavora, mentre la sorella si riposa.

• La “parte migliore” che non ci sarà tolta consiste: nella vita eterna; in Gesù, amore di Dio per noi.

• Marta simboleggia: colei che preferisce agire, aiutare e servire i poveri, piuttosto che ascoltare Gesù; la credente che cerca instancabilmente Gesù e, dopo aver ascoltato, si rende disponibile al servizio.

• Maria è simbolo: della sfaticata che fa finta di ascoltare Gesù per non far niente; di colei che fa di Gesù il centro della propria esistenza, è l’anima innamorata di Dio che si abbandona alla sua volontà.

• Secondo te, Luca riporta questo episodio nel suo Vangelo per: mostrare che chi ascolta Gesù è meglio di chi aiuta gli altri; presentarci due modelli di vera fede.

Jan Vermeer di Delft, Cristo nella casa di Marta e Maria, (tav. 6)

Leggi il Vangelo di Giovanni (15,1-11), poi completa le frasi.

Dio è ...............................................,

Gesù è ......................................... e gli uomini sono

I tralci uniti alla vite danno ........... .........................................................

Il tralcio che si stacca dalla vite . Chi rimane con Gesù ....................... .........................................................

Se si mettono in pratica i comandamenti di Gesù

Gesù ha osservato i comandamenti del Padre ed è

Ognuno di noi, per portare frutto, ha ricevuto dei talenti; sapresti dire cosa si intende con il termine TALENTO?

Scrivi nel sacco i talenti che pensi di possedere.

I MIEI TALENTI

Osserva l’immagine e rispondi alle domande.

• Quale miracolo è raffigurato?

• Cosa sta facendo Gesù?

• Quali sentimenti o emozioni stanno provando gli Apostoli? Colora solo i riquadri giusti.

paura gioia coraggio

serenità tristezza fede

timore terrore noia

forza calma ansia

agitazione tranquillità

armonia disperazione

fiducia rabbia sfiducia

• Perché gli Apostoli provano queste sensazioni, cosa sta succedendo?

Ricostruisci la storia della tempesta calmata da Gesù in quattro frasi.

La tempesta sedata, Miniatura, Koninklijke Bibliotheek, National Library of the Netherlands

Ricomponi le frasi delle Beatitudini collegando con una freccia le parti a sinistra con quelle a destra.

1 Beati i poveri in spirito perché di... ...ranno consolati.

2 Beati gli afflitti perché sa... ...ete della giustizia, perché saranno saziati.

3 Beati i miti, perché ere... ...essi è il Regno dei Cieli.

4 Beati quelli che hanno fame e s... ...dranno Dio.

5 Beati i misericordiosi perché tro... ...no chiamati figli di Dio.

6 Beati i puri di cuore, perché ve... ...diteranno la terra.

7 Beati gli operatori di pace, perché saran... ...stizia, perché di essi è il Regno dei Cieli.

8 Beati i perseguitati per causa della giu... ...veranno misericordia.

Scegli tre Beatitudini e spiega il loro significato sul quaderno.

Ricostruisci, con le sillabe racchiuse nel cuore, il comandamento nuovo di Gesù, poi segna con una X la risposta giusta.

MO CO MA A O PROS SI TU STES IL ME SO TE

• Il comandamento nuovo affermato da Gesù, secondo te: completa i Dieci Comandamenti dati da Dio a Mosè sul Monte Sinai; è in netta contrapposizione con le leggi dell’Antico Testamento.

Riporta nel quadratino di ogni personaggio il numero della corrispondente spiegazione.

PUBBLICANI SCRIBI FARISEI SADDUCEI ZELOTI

1. Erano ricchi e tra loro veniva scelto il Sommo Sacerdote.

2. Riscuotevano le tasse per conto dei Romani.

4. Non accettavano il dominio dei Romani, per questo li combattevano.

3. Trascrivevano i Testi Sacri su rotoli di pergamena.

5. Rispettavano in modo rigoroso le leggi della Bibbia. Criticarono molto Gesù perché era amico di tutti.

Collega i nomi dei gruppi di persone con il lavoro che svolgono.

ARTIGIANI

PASTORI

PESCATORI

AGRICOLTORI

MENDICANTI

DONNE

lavoravano la terra

producevano oggetti e utensili

si occupavano della casa e di lavori artigianali come la tessitura

allevavano capre e pecore

si dedicavano al mare e alla pesca

erano molto poveri, vivevano chiedendo l’elemosina

U. F. 3: GESÙ, VERO UOMO E VERO DIO

>> Terzo percorso <<

O. A.: 2 Ricostruire le tappe fondamentali della vita di Gesù, nel contesto storico, sociale, politico e religioso del tempo, a partire dai Vangeli.

4 Conoscere il significato della Pasqua ebraica e il suo legame con la Pasqua cristiana. 5 Riconoscere i segni cristiani della Pasqua nell’ambiente. 6 Individuare significative espressioni d’arte cristiana per rilevare come la fede sia stata interpretata e comunicata dagli artisti nel corso dei secoli.

W Gerusalemme!

Ripartiamo dalla realtà del tempo di Gesù, prendendo in considerazione la città di Gerusalemme e il suo Tempio attraverso una canzone ispirata al salmo 121.

Gerusalemme

Rit. Quale gioia quando mi dissero: – Andremo alla casa del Signore. E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme!

Gerusalemme è ricostruita come città salda e compatta.

Là salgono insieme le tribù, le tribù del Signore, secondo la Legge di Israele, per lodare il nome del Signore.

Rit. Quale gioia quando mi dissero...

Là sono posti i seggi del giudizio, i seggi della casa di Davide. Domandate pace per Gerusalemme: sia pace a coloro che ti amano, sia pace sulle tue mura, sicurezza nei tuoi baluardi.

Rit. Quale gioia quando mi dissero...

Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: - Su di te sia pace!

Per la casa del Signore nostro Dio, chiederò per te il bene.

Rit. Quale gioia quando mi dissero...

Musica: traccia audio n. 7

Breve commento al salmo 121

Questo salmo veniva cantato durante gli annuali pellegrinaggi a Gerusalemme. Forse è stato scritto dopo la ricostruzione del Tempio e delle mura della città, al tempo del ritorno dall’esilio; da qui si può comprendere la gioia di tornare “alla casa del Signore”.

Risulta chiaro che la città veniva indicata e celebrata come il centro dell’unità religiosa d’Israele, per la presenza del Tempio di Dio, ma anche come centro del governo civile, in quanto legata al Re Davide e quindi al futuro Messia.

Il salmista invita a “chiedere pace per Gerusalemme” e invoca pace su quanti la amano, cioè su quanti hanno creduto al disegno di Dio.

Verso Gerusalemme sono rivolti i passi dei pellegrini ebrei; per la sua caduta piangono gli esuli cantando la nostalgia per aver perso la pace in terra di Babilonia. A Gerusalemme si snoda tutta la vita terrena di Gesù, colui che attuerà la pace, perché Principe della pace.

È come se tutto il cammino delle dodici tribù d’Israele finisse alle porte di Gerusalemme, per accogliere il pellegrinaggio di tutti i popoli della terra e costruire una nuova Gerusalemme: la civiltà dell’amore.

con le fonti storico-geografiche

Usiamo alcune espressioni per la riflessione:

• “salire a Gerusalemme”, quest’immagine degli Ebrei che, attraversati da fremiti di gioia, salgono verso Gerusalemme, è per i cristiani l’icona della vita, un pellegrinaggio verso la piena realizzazione che l’uomo può raggiungere solo se si mette in cammino verso la comprensione di Dio;

• “scendere da Gerusalemme”, questa espressione richiama ogni credente a trasformare la propria fede in “storia concreta”, una storia fatta di incontri e relazioni affinché la speranza possa portare conforto alla disperazione del mondo e gli uomini possano vivere in pace;

• “trovare Gerusalemme” è l’invito a “costruire” nel proprio cuore e nella propria vita, pace, fraternità e giustizia, per vivere liberi, da veri figli di Dio, amati dal Padre.

Chiediamo ai bambini di esporre tutto ciò che sanno su Gerusalemme, poi diamo noi delle notizie.

Gerusalemme, il cui nome significa “fusione di pace”, è un’antica città costruita sull’altopiano di Sion, che separa la costa del Mediterraneo dal Mar Morto. Al tempo di Gesù, Gerusalemme era centro della religione ebraica, poiché era dominata dal maestoso Tempio, fatto ricostruire da Erode il Grande, con bellissime decorazioni in oro e rame, per accattivarsi il favore del popolo. Distrutto definitivamente dai Romani nel 70 d.C., oggi rimane solo una piccola porzione del Muro Occidentale, conosciuto come “Muro del Pianto”.

Approfondimenti: documento 8

Il Tempio sorgeva in cima alla collina di Sion ed occupava la grande spianata, dove oggi si trova la Moschea di Omar, detta anche “Cupola della Roccia”. La spianata era circondata da portici: il portico sud era chiamato “Portico Reale”. Quello ad est era il “Portico di Salomone”. Sotto i colonnati coperti si svolgeva la lettura della Torah e l’insegnamento dei Rabbini.

La grande piazza che circondava il Tempio era accessibile a tutti, uomini, donne e stranieri ed era chiamata “Cortile dei Gentili”, cioè delle genti. In questo cortile avevano luogo molte attività e molteplici scambi commerciali, per questo era facile trovare dei cambiavalute.

Si dice che il personale del Tempio ammontasse a circa ventimila persone. Davanti al Tempio vero e proprio vi era un cortile riservato alle donne, poi si accedeva al cortile dei sacerdoti dove sorgeva il Santuario con il Santo e il Santo dei Santi, luogo sacro dove potevano entrare solo gli Ebrei uomini. Qui dimorava il Dio d’Israele; per questo ogni buon Ebreo doveva recarsi almeno tre volte l’anno al Tempio, in occasione delle grandi feste (Pasqua, Pentecoste, Tabernacoli). Infatti, a differenza delle religioni politeiste, gli Ebrei avevano un solo Tempio e non ammettevano altri luoghi di culto, questo fino al tempo dell’esilio babilonese, periodo a cui si fa risalire la nascita delle sinagoghe. Ogni Ebreo, a partire dall’età di venti anni, era tenuto a pagare un tributo al Tempio.

Nell’angolo nord-ovest del Tempio, Erode fece costruire un palazzo-fortezza chiamato “Torre Antonia” in onore di Marco Antonio, in un primo momento alleato del re. Era la sede della guarnigione romana che controllava la città; qui risiedeva il Procuratore Romano della Giudea quando si trovava a Gerusalemme.

La sinagoga, durante l’esilio babilonese, era presente in ogni villaggio per sostituire il Tempio. Era costituita da una grande sala rettangolare, suddivisa da colonne in tre navate; alle donne era riservata una tribuna a parte. Era considerata casa di studio e di preghiera: da un pulpito il lettore leggeva e commentava la Legge scritta sui rotoli delle Sacre Scritture, custoditi nell’arca santa, una specie di armadio coperto da una tenda, davanti al quale era sempre accesa la lampada eterna (la Menorah, il candelabro a sette braccia). Il rabbino era il capo della sinagoga. Prima di entrare, tutti dovevano purificarsi alla fontana esterna.

Le istituzioni civili e religiose erano:

• il sinedrio, supremo tribunale civile e religioso, consiglio degli anziani del popolo, composto da settantuno membri scelti tra le grandi famiglie di Sacerdoti, Scribi, Farisei e Sadducei. Aveva una sua forza armata e poteva incarcerare, infliggere pene ed escludere dalla comunità israelitica, ma non poteva pronunciare condanne a morte. Questo spettava solamente ai Romani. Capo del sinedrio era il Sommo Sacerdote;

• i Sacerdoti rappresentavano una classe di uomini che appartenevano alla discendenza di Aronne, il fratello di Mosé. Consacrati a Dio per il culto nel Tempio, erano suddivisi in ventiquattro classi che operavano secondo turni settimanali. Potevano sposarsi e vivevano a spese del Tempio, grazie alle offerte del popolo;

• i Leviti, una classe di uomini discendenti dalla tribù di Levi, consacrati a Dio per i servizi nel Tempio e per assistere i Sacerdoti nei compiti meno rilevanti, secondo ciò che riporta anche il primo Libro delle Cronache (9,22-34):

“Li avevano stabiliti nell’ufficio per la loro fedeltà, Davide e il Profeta Samuele. Essi e i loro figli avevano la responsabilità delle porte del Tempio [...] c’erano portieri ai quattro lati: Oriente, Occidente, Settentrione e Meridione [...] controllavano le stanze e i tesori del Tempio. Alloggiavano intorno al Tempio, perché a loro spettava la sua custodia e la sua apertura ogni mattina. Alcuni controllavano gli arredi liturgici, che contavano quando li portavano dentro e quando li riportavano fuori.

Altri erano incaricati degli arredi, di tutti gli oggetti del Santuario, della farina, del vino, dell’olio e degli aromi.

Altri ancora preparavano le sostanze aromatiche per i profumi e l’incenso che veniva bruciato due volte al giorno per dar gloria a Dio. Alcuni badavano ai pani dell’offerta da disporre ogni Sabato. Altri, infine, erano i cantori del Tempio”.

Tempi sacri e feste

Gli Ebrei santificavano la loro giornata con la preghiera quotidiana, la settimana con l’osservanza del sabato e gli anni con la celebrazione delle feste sacre. La preghiera quotidiana era obbligatoria per tutti quelli che avevano raggiunto la maggiore età (tredici anni), si recitava almeno due volte al giorno, mattina e sera, indossando uno scialle (il tallit) e i filatteri (piccole scatoline contenenti brevi brani biblici).

Lo Shabbat, termine che significa “riposarsi, smettere di lavorare”, è la festa dedicata alla preghiera, al riposo e allo studio della Bibbia, che viene osservata ogni settimana nel sabato, il giorno consacrato al Signore, in ricordo del

Approfondimenti: documento 9

suo riposo nel settimo giorno, dopo i sei giorni della Creazione. Il precetto di osservare lo Shabbat è ripetuto più volte nella Torah e la citazione più conosciuta si trova nei Dieci Comandamenti. La festa inizia con l’uscita in cielo delle stelle la sera precedente (dal tramonto del venerdì), quando la padrona di casa accende le due candele che significano “osserva e ricorda”, e termina al tramonto del sabato con la preparazione di un contenitore con profumi, che ricorderanno, durante la settimana, la festività trascorsa.

Le feste sono sempre momenti in cui le persone, attraverso la gioia dell’incontro, il divertimento e alcuni simboli, celebrano e ricordano avvenimenti importanti della loro vita. Il calendario ebraico, basato sulle fasi lunari, è ricco di festività che in origine erano strettamente legate ai cicli della natura che incidono sui processi agricoli; gli Ebrei, infatti, provengono da una cultura politeista molto legata alla pastorizia e all’agricoltura. In seguito le stesse feste sono state associate agli eventi della Storia della Salvezza.

Le feste più importanti erano e sono ancora oggi:

• la Pasqua, Pesach, termine che significa “passaggio” e ricorda il grande evento della liberazione degli Ebrei dalla schiavitù egiziana, attraverso il passaggio del Mar Rosso. La festa viene celebrata per sette giorni in Israele e per otto giorni fuori da Israele, a partire dal giorno 14 del mese di Nisan. È un evento celebrativo importantissimo che si festeggia particolarmente in famiglia, dove si rievoca la salvezza di Dio sempre vicino al suo popolo, attraverso rituali simbolici, fin dal giorno precedente la festa di Pesach, quando nelle case si fanno le pulizie e si brucia il lievito, per eliminare le cose vecchie e prepararsi così alla realtà nuova, cioè al rinnovamento della vita.

La sera precedente e la sera di Pesach, la famiglia, vestita a festa, si siede a tavola per consumare una cena particolare chiamata “seder”, termine che significa “ordine”; infatti la cena si sviluppa attraverso un ordine rituale di domande e risposte, letture, canti che si tramandano di generazione in generazione, di luogo in luogo, e di cibi che hanno un valore simbolico. Il bambino più piccolo ha il compito di porre al padre la domanda rituale “Perché questa sera è diversa dalle altre?”. Si racconta così la storia della liberazione degli Ebrei dalla schiavitù d’Egitto, attraverso la lettura dell’Haggadah; poi la cena si conclude con i salmi di lode a Dio.

Nel vassoio al centro della tavola sono:

• il coscio dell’agnello, in ricordo del sangue usato per segnare gli stipiti delle porte che ha salvato i primogeniti ebrei dalla morte;

• le erbe amare, simbolo dell’amarezza della schiavitù;

• il pane azzimo, in ricordo del pane non lievitato per la fretta della partenza dall’Egitto;

• la salsa charoset, che ricorda l’impasto usato per preparare i mattoni durante la schiavitù egizia;

• l’uovo, simbolo della vita eterna, senza inizio e senza fine, e della saggezza;

• il vino, segno della Terra Promessa, in genere versato in quattro coppe più una, per ricordare i termini usati in Es 6,6-7 per indicare la liberazione dalla schiavitù: “vi farò uscire, vi salverò, vi libererò, vi prenderò” e per ultimo “vi condurrò nel paese…”, segno della liberazione messianica.

• la Pentecoste o festa delle Settimane, Shavuoth, si celebra cinquanta giorni dopo Pasqua (maggio/giugno). In origine era legata all’inizio della mieti-

tura, poi passò a ricordare il dono delle tavole della Legge con i Dieci Comandamenti, che Dio consegnò a Mosé sul monte Sinai;

• la festa dei Tabernacoli o delle Capanne, Sukkot, a settembre/ottobre, in origine era legata alla raccolta delle olive e dell’uva, oggi ricorda i quaranta anni che gli Ebrei hanno trascorso nel deserto dopo essere usciti dall’Egitto e prima di entrare nella Terra Promessa;

• la festa di Capodanno, Rosh Hashanà, si celebra a settembre per rievocare la creazione del mondo da parte di Dio e il grande giudizio;

• la festa del Grande Perdono, Yom Kippur, ricorre dieci giorni dopo il Capodanno, a settembre/ottobre, e celebra il giorno dell’espiazione e della riconciliazione con Dio. In questo giorno tutti prendono parte a una cerimonia per chiedere a Dio il perdono del male commesso; un capro, su cui sono trasferite simbolicamente tutte le colpe del popolo, viene spinto nel deserto;

• la festa delle Luci o della Dedicazione, Hannukah, a novembre/dicembre ricorda il miracolo della lampada che bruciò per otto giorni nel Tempio senza più olio, al tempo di Giuda Maccabeo;

• la festa delle Sorti, Purim, è una specie di Carnevale, rievoca il tempo in cui la regina Ester salvò il popolo ebraico dallo sterminio ideato dal re Aman di Persia. È la festa più attesa dai bambini perchè ci si maschera.

Ricostruiamo, attraverso le fonti evangeliche, l’ultima settimana di Gesù a Gerusalemme: i fatti che precedono la Pasqua di Gesù.

FATTI

Gesù entra a Gerusalemme a dorso di un’asina e viene acclamato e accolto come un re. (Mc 11,7-10; Lc 19,35-38; Gv 12,12-19)

Gesù insegna nel Tempio e prega. (Lc 21,37-38)

I capi dei sacerdoti e le autorità del popolo, capeggiati da Caifa, ordiscono un complotto per uccidere Gesù. Giuda accetta di tradirlo in cambio di trenta denari d’argento. (Mt 26,1-5; 26,14-16)

L’ultima cena di Gesù. (Mc 14,12-16) La lavanda dei piedi. (Gv 13,1-20)

Annuncio del tradimento di Giuda. (Gv 13,21-30)

Istituzione dell’Eucaristia. (Lc 22,19-20) Annuncio del rinnegamento di Pietro. (Mt 26,30-35)

Preghiera di Gesù, tradimento di Giuda e arresto di Gesù. (Mt 26,36-56)

LUOGHI

Porta di Gerusalemme

Tempio di Gerusalemme

Palazzo di Caifa

con le fonti bibliche

GIORNO

Domenica delle Palme, che precede la domenica di Pasqua.

Lunedì, martedì, mercoledì

Cenacolo, stanza in cui Gesù celebrò la Pasqua con i suoi Apostoli

Giovedì sera

Orto degli Ulivi, il Getzemani

Giovedì notte

FATTI

Gesù davanti al Sinedrio: primo processo a Gesù, condannato perché afferma di essere il Figlio di Dio. (Mt 26,57-68)

Rinnegamento di Pietro. (Mt 26,69-75)

Gesù davanti a Pilato. (Lc 23,1-7)

Gesù davanti ad Erode. (Lc 23,8-12)

Gesù flagellato e condannato a morte. (Gv 18,28-40; 19,1-16)

La via del Calvario. (Lc 23,26-32)

Crocifissione. (Gv 19,17-22)

Morte di Gesù. (Mt 27,45-51)

Il colpo di lancia e la sepoltura. (Gv 19,31-37,41; Lc 23,50-56)

Le donne rispettano il riposo del sabato e preparano aromi per il giorno seguente. (Lc 23,54-56)

L’angelo annuncia alle donne che Gesù è risorto. (Lc 24,1-11)

LUOGHI

Palazzo di Caifa

GIORNO

Prime ore del venerdì

Fortezza Antonia, il Pretorio: residenza di Pilato a Gerusalemme

Residenza di Erode a Gerusalemme

Pretorio

Strada che conduce al Golgota

Golgota

Golgota

Golgota

Venerdì all’alba

Venerdì mattina

Venerdì mattina

Venerdì mattina

Venerdì mattina

Venerdì verso mezzogiorno

Venerdì verso le ore 15

Venerdì verso il tramonto

Sepolcro presso il Golgota Sabato

Presso il sepolcro

Focalizziamo la riflessione su alcuni punti:

Domenica di buon mattino

• Gesù sceglie liberamente e consapevolmente di andare a Gerusalemme, pur sapendo quale sarà la sua sorte;

• la lavanda dei piedi come massima espressione d’amore, un amore così grande da farsi tanto piccolo;

• l’Ultima Cena come dono dell’Eucaristia, il grande mistero della presenza reale di Gesù tra i cristiani;

• Gesù nel Getzemani patisce la sofferenza dell’uomo.

Analizziamo, poi, gli spostamenti della notte della Passione per aiutare i bambini a comprenderli meglio:

• Gesù viene portato da Caifa, Sommo Sacerdote (in carica dal 18 al 36 d.C.,

successore del suocero Anna), dove subisce il primo processo, di tipo religioso. Qui viene condannato a morte con l’accusa di essere un bestemmiatore perché afferma di essere il Figlio di Dio. Il gesto di strapparsi le vesti, compiuto dal Sommo Sacerdote, rappresenta il massimo dello sdegno verso le parole di Gesù ritenute assurde. Per dare esecuzione alla pena, però, gli Ebrei avevano bisogno del consenso dei Romani, per questo Gesù viene condotto dal procuratore Ponzio Pilato, presente in quei giorni a Gerusalemme per controllare meglio il flusso di gente in città nel periodo della Pasqua ebraica. • Ponzio Pilato è il governatore o procuratore della Giudea, colui che fa rispettare le norme imposte da Roma. In un primo momento, non volendo decidere su Gesù, lo invia da Erode Antipa, re della Galilea, che si trovava a Gerusalemme per la Pasqua sostenendo che doveva decidere lui sulla vita di un Galileo, per la Pasqua ma Erode dopo un breve colloquio lo rimanda da Pilato. Si conclude, così, anche il secondo processo, di tipo politico, con l’accusa che Gesù sostiene di essere un re, pertanto nemico dell’Impero. Pilato, però, non sicuro delle accuse mosse a Gesù, decide di lavarsene le mani. Dato che c’era l’usanza di liberare un prigioniero per la festa di Pasqua, fa scegliere al popolo chi far vivere e chi far morire: un prigioniero di nome Barabba, forse zelota, viene scarcerato, mentre Gesù viene condannato alla crocifissione.

Approfondimenti

Cenacolo: la parola latina Coenaculum indica di per sé il luogo dove si cena, ma designava, in generale, il piano superiore della casa. Oggi questo luogo appartiene al governo d’Israele e al posto del Cenacolo c’è una costruzione di epoca crociata.

Orto o monte degli Ulivi: è un colle situato ad est di Gerusalemme, proprio di fronte alle mura orientali del Tempio.

In un podere chiamato Getzèmani, termine aramaico che significa “frantoio”, Gesù pregò il Padre prima di morire e fu arrestato con l’aiuto di Giuda Iscariota. I luoghi del monte che, ancora oggi, ricordano la Passione di Gesù sono tre: la Grotta del Tradimento, il Giardino degli Ulivi e la Basilica dell’Agonia, l’uno vicino all’altro ma distinti.

Palazzo di Caifa: secondo i Vangeli, Caifa era Sommo Sacerdote al tempo di Gesù e la sua casa viene localizzata a Gerusalemme, ad una decina di metri dal Cenacolo.

Litostroto della Fortezza Antonia: Giovanni nel suo Vangelo chiama “litostroto” (dal greco “lastricato”) il luogo situato di fronte al pretorio, dove i Giudei non vollero entrare perché, essendo la vigilia di Pasqua, non volevano contaminarsi accedendo in un terra non pura, in quanto abitata da stranieri. Il lastricato dovrebbe essere quello del cortile dell’antica Fortezza Antonia, dove, molto probabilmente, Gesù fu processato da Pilato, flagellato e schernito dai soldati romani.

Golgota o Calvario: dal latino calvaria che significa “cranio” o “luogo del cranio”, indica sia il luogo dove Gesù fu crocifisso, sia la vicina pro-

Approfondimenti: documento 10

Approfondimenti: documento 11

con la realtà

DOMENICA DELLE PALME processione con l’ulivo

INGRESSO A GERUSALEMME

prietà di Giuseppe di Arimatea, dove fu sepolto. Il nome, forse, deriva dal fatto che la collina veniva usata come luogo per le esecuzioni, oppure dalla sua forma tondeggiante come la calotta di un cranio. Oggi in questo luogo sorge la Basilica del Santo Sepolcro.

Colleghiamo ora gli ultimi giorni della vita di Gesù con le celebrazioni della Settimana Santa dei cristiani, attraverso lo schema seguente:

GIOVEDÌ processione con l’ulivo

ULTIMA CENA e ARRESTO

VENERDÌ Via Crucis SABATO Veglia DOMENICA DI PASQUA

PROCESSO, CROCIFISSIONE e SEPOLTURA

GESÙ È NEL SEPOLCRO

RISURREZIONE DI GESÙ

Il periodo di preparazione alla festa di Pasqua si chiama “Quaresima” (cioè quaranta) ed è un periodo “penitenziale” che ha inizio con il Mercoledì delle Ceneri (quello dopo il Martedì Grasso di Carnevale) e termina con la Domenica della Palme.

I tre giorni prima della Domenica di Pasqua corrispondono al Triduo Pasquale: Giovedì, Venerdì e Sabato Santo.

La notte di Pasqua, i cristiani celebrano la liturgia più importante dell’anno, quella che fonda tutta la loro fede, il punto culminante del mistero dell’Incarnazione, dove tutto acquista un senso e il piano di Dio viene svelato al mondo. È la notte della luce in cui la vita vince sulla morte! Alcuni riti di intenso significato accompagnano questa notte nelle chiese cattoliche, durante la Veglia che attende il Risorto:

• la benedizione del fuoco e l’accensione del cero pasquale, segno della luce di Cristo risorto che ha sconfitto le tenebre del peccato e della morte;

• la processione con le candele accese, al seguito del grande cero, all’interno della chiesa buia, che culmina con il suono delle campane e il canto del Gloria;

• la benedizione dell’acqua con il ricordo del Battesimo. In questa notte, infatti, si amministra il Battesimo ai bambini e si fa memoria del proprio, rinnovando le promesse battesimali;

• la lettura di diversi brani veterotestamentari per ricordare la Pasqua ebraica;

• la celebrazione dell’Eucaristia con la consacrazione del pane e del vino, per far memoria della Nuova Pasqua.

Pasqua ebraica e Pasqua cristiana a confronto Proponiamo ai bambini un brainstorming sul termine PASQUA, poi passiamo alla spiegazione mettendo a confronto la Pasqua ebraica e quella cristiana. Partiamo dal termine PASQUA, derivato dall’ebraico Pesach, che significa “passaggio”, e usiamo come simbolo delle catene.

PASQUA = PASSAGGIO

PASQUA EBRAICA PASQUA CRISTIANA

dalla schiavitù in Egitto

passaggio

alla libertà verso la Terra Promessa

dalla schiavitù del peccato e della morte

passaggio

alla libertà dei figli di Dio

Probabilmente in origine anche la festa di Pasqua, come le altre feste ebraiche, era legata al movimento degli astri e al risveglio della natura, in quanto capitava nel passaggio dall’inverno alla primavera. Successivamente il suo significato è stato spostato su un piano storico-religioso: celebrare un evento importante per il popolo ebraico, qual è stato il passaggio del Mar Rosso e la presenza di Dio nella storia d’Israele. Con Gesù, la stessa festa ha assunto un nuovo significato salvifico: la vittoria sulla morte e la Rivelazione a tutti gli uomini del grande amore di Dio.

Approfondimenti

La data della Pasqua: anche per quanto riguarda la morte e Risurrezione di Gesù, come per il Natale, non si conosce la data precisa in cui sono avvenute, ma si collocano verso Primavera, perché gli ultimi episodi della vita di Gesù narrati dai Vangeli sono strettamente legati alla Pasqua ebraica.

Oggi la Chiesa celebra la festa di Pasqua in un tempo compreso tra il 22 marzo e il 25 aprile (inclusi), la domenica successiva al primo plenilunio dopo l’Equinozio di primavera che è fissato al 21 marzo (anche se va ricordato che, per vari motivi, la data astronomica precisa dell’Equinozio può variare leggermente da un anno all’altro); questa regola fu stabilita nel 325 dal Concilio di Nicea. Se il 21 marzo è un sabato di luna piena, Pasqua sarà la domenica successiva, cioè il 22 marzo;

con le fonti bibliche

Approfondimenti: documento 12

se, invece, il plenilunio avviene il 20 marzo, quello successivo avverrà il 18 aprile e se questo giorno cade di domenica, la festa di Pasqua sarà la domenica successiva, cioè il 25 aprile. Ricordiamo, però, che la data della Pasqua varia anche a seconda del calendario di riferimento: ebraico per gli ebrei, giuliano per gli ortodossi o gregoriano per i cattolici e i protestanti.

Il mistero della Sindone

Presentiamo la Sindone partendo dalla problematizzazione con la domanda:

- Che cos’è la Sindone?

Scriviamo le diverse ipotesi dei bambini, poi passiamo alla spiegazione: la Sindone è un lenzuolo di lino lungo 436 cm e largo 110 cm, in cui sono impresse le impronte frontale e dorsale di un uomo flagellato e crocifisso. L’impronta si comporta come un negativo fotografico.

La tradizione identifica questo lenzuolo con quello di cui parlano i Vangeli: «Giuseppe di Arimatea prese il corpo (di Gesù), lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo...» (Mt 27,59-60)

La scienza afferma che:

• è un lenzuolo che si può far risalire ai primi secoli del Cristianesimo;

• i pollini presenti nel lino appartengono a piante della terra di Palestina;

• l’immagine che vi è impressa non può essere stata dipinta;

• si tratta dell’immagine di un uomo con barba e capelli lunghi; la fronte riporta profonde ferite; il corpo è flagellato, infatti risultano ferite sul costato, ma nessun osso è spezzato;

• le mani sovrapposte fanno pensare a mani crocifisse;

• il corpo è rimasto avvolto nel lenzuolo per trenta, trentasei ore;

• l’unica spiegazione su come si sia potuta imprimere l’immagine sul lenzuolo è che il corpo sia passato da uno stato freddo ad uno molto caldo.

L’immagine della Sindone è stata impressa sicuramente grazie ad una forte irradiazione di energia, rilasciata dal corpo avvolto nel lenzuolo; questo sembra trovare una spiegazione di fede nei racconti della Risurrezione di Gesù che si trovano nei Vangeli, dai quali si intuisce che il corpo di Gesù è passato da uno stato freddo ad una irradiazione di calore e di luce.

Approfondimenti

La prima foto della Sindone fu scattata nel 1898 da un giovane avvocato, Secondo Pia, che si accorse, dopo aver sviluppato la lastra, che sul suo negativo appariva il positivo della figura di un uomo. Da lì sono stati svolti una serie di accertamenti scientifici per capire sempre di più di cosa si trattava, ma ciò nonostante, ancora oggi alcuni passaggi rimangono avvolti nel mistero. Ciò che storicamente è stato possibile ricostruire è che esisteva ad Edessa (in Turchia), già dal II sec. d.C., ed era venerata dalle comunità cristiane orientali, una particolare immagine su stoffa, raffigurante il volto di Gesù, denominata “mandylion” o “Immagine di Edessa”.

Alcuni studiosi ritengono che questo telo sia lo stesso noto oggi come Sindone di Torino: sarebbe arrivato in Europa con le Crociate e dopo

con la vita

varie peregrinazioni, nel 1578, accolto nella città di Torino, dove si trova ancora oggi.

I fedeli devono credere alla Sindone? La Chiesa cattolica risponde che il cristiano è totalmente libero di credere o meno. La Sindone rappresenta comunque un segno che spinge il credente a riflettere sul mistero della Passione, morte e Risurrezione di Cristo. Paolo VI, durante il suo pontificato, affermò: “Io guardo quel volto e tutte le volte che lo guardo il cuore mi dice: è Lui, è il signore!”.

La Sindone riapre l’eterno dilemma dell’uomo: credere o non credere. La Risurrezione è un evento che non può essere descritto con le parole umane, perché rimane comunque un mistero. L’unico modo che abbiamo per accogliere ciò che apparentemente sembra “assurdo”(o come ricorda San Paolo in 1 Corinzi 1,23: “noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani”) è quello di porci in una condizione di ascolto: possiamo solo affidarci e fidarci di Dio, proprio come ha fatto Gesù sulla croce.

Facciamo riflettere i bambini sul fatto che se ciò di cui parliamo è vero, la Sindone è l’unica “fotografia” dell’uomo Gesù. Lasciamo che esprimano liberamente le emozioni e i pensieri suscitati in loro da questa immagine. Aiutiamo i bambini a riflettere sulla fede come proposta, cammino, ricerca, speranza e lotta per vivere felici nell’amore.

Nel 683 d.C. Gerusalemme fu conquistata dagli Arabi, così da allora è considerata città santa dalle tre grandi religioni monoteiste:

• secondo gli ebrei ogni desiderio si avvera a Gerusalemme, la città di YHWH, la sua dimora tra gli uomini, la sposa di Dio, da lui disegnata sul palmo della mano (Is 49,16);

• secondo i cristiani è la città santa perché testimone degli eventi più importanti della vita di Gesù Cristo; i primi cristiani pregavano rivolti verso Gerusalemme e anche le chiese, fino al XIII sec., erano orientate verso Gerusalemme;

• secondo i musulmani Gerusalemme è il luogo da cui Maometto è salito al cielo; la tradizione islamica individua il punto preciso nella roccia custodita sotto la cupola dorata della grande moschea di Omar. Un’antica tradizione sostiene che in questo luogo sia avvenuto l’episodio del sacrificio di Isacco.

Per concludere tutto il percorso presentiamo il seguente schema di sintesi:

centro della fede ebraica per la presenza del Tempio

luogo della Passione, morte e Risurrezione di Gesù

GERUSALEMME

città santa per le tre religioni monoteiste

dal 1949 capitale dello Stato d’Israele

con la realtà

Approfondimenti: documento 13

PROPOSTA 1

Per aiutare i bambini a memorizzare le feste ebraiche, organizziamo un quiz in classe. Dividiamo la classe in due squadre, presentiamo ai bambini lo schema sulle feste ebraiche e proponiamo le seguenti domande:

- Quale festa cristiana, legata al simbolo della luce, può essere paragonata con la festa di Hannukah?

- A quale festa occidentale può corrispondere la festa di Purim?

- Come si chiama la Pasqua ebraica? Cosa significa il termine?

- Qual è la differenza tra Pasqua ebraica e Pasqua cristiana?

- Anche i cristiani hanno la festa di Pentecoste: cosa ricorda?

Ogni squadra dovrà essere più veloce dell’altra nel dare la risposta.

PROPOSTA 2

Mostriamo alla classe il Cenacolo di Leonardo da Vinci e analizziamolo insieme.

Galleria d’arte: tavola 7 da proiettare e ingrandire con la LIM

L’artista raffigura una vera e propria “cena tra amici”, dove le inquietanti rivelazioni di Gesù (sulla sua morte e sul tradimento di uno di loro) sembrano aver gettato sgomento, paura, delusione, sdegno e stupore tra gli Apostoli. Osserviamo uno a uno i commensali, iniziando dalla nostra sinistra:

• Bartolomeo (Natanaele), “l’israelita in cui non c’è falsità”, sembra essersi alzato di scatto e chiedere conferma delle parole appena udite, proteso com’è verso Cristo, con la pianta delle mani poggiata sul tavolo;

• Giacomo il Minore, cugino di Gesù, tocca con la mano sinistra la spalla di Pietro per capire meglio, ma rimane composto, in atteggiamento mite e non ansioso;

• Andrea agita le mani, quasi a voler allontanare da sé ogni sospetto;

• Giuda, posto tra Pietro e Giovanni, con occhi che sembrano incavati, ha il gomito destro appoggiato sul tavolo e sembra rimanere estraneo ai discorsi dei commensali;

Leonardo Da Vinci, Cenacolo, (tav. 7)

• Pietro, uomo “irruento”, dal temperamento impetuoso, tiene un coltello con la mano destra ed è proteso verso Giovanni perché desidera avere maggiori informazioni;

• Giovanni ha il volto sereno e con dolcezza, in silenzio, ascolta ciò che Pietro gli sussurra all’orecchio; mostra fiducia in Dio e sembra affidarsi alla sua volontà;

• Tommaso, con il dito puntato verso il cielo e proteso verso Gesù, sembra chiedere conferma di ciò che ha udito;

• Giacomo il Maggiore sembra allargare le braccia come colui che non ha niente da nascondere;

• Filippo, dal volto buono e sincero, si porta le braccia al petto in segno di innocenza;

• Matteo parla con i compagni e indica Gesù con entrambe le mani, non riesce a capire ed è angosciato, ma si sforza di comprendere le parole del maestro;

• Taddeo e Simone lo Zelota gesticolano e discutono per manifestare la loro grande meraviglia.

Fotocopiare per ogni coppia, in cui sarà divisa la classe, il cartamodello 17 in fondo al volume e far riscrivere sul quaderno le emozioni provate e i sentimenti espressi con il linguaggio del corpo, da ciascun Apostolo.

PROPOSTA 3

Proponiamo di “ricostruire in 3D” l’Ultima Cena di Gesù, ispirandoci al dipinto di Leonardo.

- Dividere la classe in gruppi di tre o quattro bambini, attribuendo poi a ciascun bambino una fase della realizzazione. Fotocopiare per ogni gruppo il cartamodello 18 (A, B, C) in fondo al volume, e procurare una confezione di cartone da dodici uova che, togliendo il coperchio, servirà come base per il tavolo e da appoggio per i personaggi (si possono utilizzare anche confezioni da quattro o da sei uova, da unire fra loro a incastro, praticando un taglio nella parte dei portauova, come indicato nelle figure 1-3).

Fig. 1
Fig. 3
Fig. 2

- Successivamente, prendere un foglio bianco, formato A4, piegarlo lungo l’asse verticale e tagliare, poi incollarne una striscia sopra una fila di portauova, in modo da dare l’idea di una tovaglia (fig. 4).

- Far colorare le due strisce illustrate del cartamodello 18 A, ritagliarle, unirle fra loro con il nastro adesivo e incollarle sopra la tovaglia (fig. 4).

- Far colorare le sagome degli Apostoli nei cartamodelli 18 B e C, ritagliarle e incollarle su cartoncini, poi fissarle con il nastro biadesivo sull’altra fila di portauova (fig. 4).

- Posizionare i personaggi come indicato nell’immagine (fig. 5).

PROPOSTA 4

Giochiamo al processo!

Dividiamo la classe in quattro gruppi, a ciascuno dei quali assegniamo uno dei quattro processi che Gesù subì prima di essere condannato: il primo di fronte a Caifa, il secondo con Pilato (da dividere in due gruppi) e il terzo davanti ad Erode.

Proponiamo ai bambini di rappresentare i processi distribuendosi le parti, elaborando una sintesi della situazione (utilizziamo i testi evangelici) e istituendo anche una difesa dalle accuse.

Dopo che ogni gruppo si sarà preparato, rappresenterà il processo davanti al resto della classe attraverso una breve drammatizzazione. Lasciamo che i bambini si esprimano liberamente, senza seguire un copione troppo rigido.

Fig. 5
Fig. 4

Leggi le regole dello Shabbat (la festa del sabato), poi riporta i numeri vicino ai disegni corrispondenti.

Il venerdì sera tutte le famiglie si preparano al giorno dedicato a Dio:

1. si sistema la tavola;

2. la casa è stata pulita;

3. si indossano gli abiti migliori;

4. gli uomini indossano lo scialle della festa;

5. è compito delle donne accendere la lampada del sabato pronunciando queste parole: “Benedetto sei tu, o Dio, che hai creato la luce e il fuoco”;

6. si accendono le luci della festa e il capofamiglia prega così: “Benedetto sei tu, nostro Dio, che ci hai ordinato di accendere le luci del sabato”.

Ricordando il rituale della festa di Pesach, inserisci i fumetti nella vignetta giusta.

«Perché questa sera è diversa dalle altre?»

«Puliamo la casa: non deve restare nessuna traccia di lievito!»

«Noi eravamo schiavi e Dio ci ha liberato.»

«Alleluia. Lodate il Signore popoli tutti...»

Spiega il significato dei vari segni che costituiscono la cena pasquale degli Ebrei.

Coppa di vino come simbolo della

Agnello perché .................................................................. ................................................................................................

Pane azzimo perché ................................................................................................

Erbe amare per .................................................................. ...............................................................................................

Uovo segno di

Segna con una X la risposta giusta.

• Gli Ebrei mangiano la cena pasquale con la cintura ai fianchi, i sandali ai piedi e il bastone in mano per:

ricordare la fretta della fuga; essere pronti a partire; ricordare l’agnello offerto a Dio; ricordare l’amarezza della schiavitù.

La salsa charoset ricorda ................................................

Osserva la spianata del Tempio nella parte alta della città di Gerusalemme, poi colora i quadratini nelle diverse parti, secondo le indicazioni:

- con l’arancione il Cortile dei Gentili

- con il verde il Santuario

- con l’azzurro il Portico di Salomone

- con il giallo il Portico Reale

- con il rosso il Muro del Pianto

- con il marrone la Fortezza Antonia.

Osserva ora lo zoom sul Tempio vero e proprio e numera le diverse parti secondo le indicazioni.

1. la Porta Bella, l’entrata situata sulla facciata principale

2. il cortile delle donne

3. il Cortile dei Sacerdoti, dove venivano effettuati i sacrifici.

4. la Porta di Nicanore, che permetteva l’accesso al cortile degli Israeliti, solo agli uomini e i bambini dopo i dodici anni

5. il Santuario.

Osserva le immagini e descrivi le attività svolte dai Leviti al Tempio.

Osserva il dipinto, poi rispondi alle domande.

• Quale episodio dell’ultima settimana di Gesù è raffigurato?

Descrivi la fotografia a destra.

• Chi è il personaggio centrale e cosa sta facendo?

• Quando si è svolto questo episodio?

• Nella cultura ebraica, lavare i piedi all’ospite che arrivava da strade polverose, era un gesto di rispetto e di accoglienza e veniva compiuto generalmente da servi o schiavi. Perché, secondo te, Gesù compie questo gesto?

• Cosa significa per i cristiani “lavarsi i piedi”?

Giotto, Lavanda dei piedi, particolare - tav. 8

Leggi il brano poi rispondi.

È Pasqua: la nonna racconta

Quando ero bambina la Pasqua era una festa molto sentita.

Giorni prima facevamo a gara nel pulire e lucidare ogni angolo della casa e gli oggetti più belli venivano esposti sui mobili. Non solo il nostro cuore, ma anche la nostra casa dove va essere degna di ricevere Cristo risorto. Il sacerdote, con un chierichetto, passava a benedire le case. Come offerta davamo uova, dolci e a volte qualche moneta.

Alla sera del Giovedì Santo andavo alla Messa, in cui si fa memoria dell’Ultima Cena di Gesù. Il sacerdote lavava i piedi di dodici persone, come aveva fatto Gesù.

Poi c’era il Sepolcro, allestito attorno a un al tare della chiesa, con tanti vasi di fiori e tanti lumini. Ai miei tempi c’era l’usanza di visitare set te Sepolcri per onorare Gesù con la preghiera e lascia re offerte per i bisognosi.

• Conosci queste tradizioni? Si usano ancora dove vivi tu?

Riporta vicino a ogni disegno il numero della spiegazione corrispondente.

Durante la Veglia di Pasqua:

1. I cristiani, con la lettura della Bibbia, riflettono sulle meraviglie del Creato, ricordano la Pasqua ebraica, con il passaggio del Mar Rosso e la vittoria di Cristo sulla morte.

2. Viene benedetto il fuoco e acceso il Cero Pasquale, segno di Cristo risorto.

3. Il sacerdote, attraverso la consacrazione del pane e del vino, rinnova il sacrificio di Cristo.

4. Viene benedetta l’acqua che servirà per il Battesimo e l’aspersione dei fedeli, come segno della vita nuova.

Osserva, seguendo la legenda, l’immagine della Sindone che, impressa inspiegabilmente in negativo nel lenzuolo, come in uno specchio, evidenzia alcune caratteristiche dell’uomo martoriato. Poi con un evidenziatore, delinea i contorni della sagoma frontale nella fotografia.

LEGENDA

1. bruciature dell’incendio del 1532;

2. aloni lasciati dall’acqua usata per domare l’incendio;

3. immagine del corpo di un uomo;

4. ferite dovute alla flagellazione;

5. rivoli di sangue prodotti da trafitture;

6. ferita da trafittura al polso sinistro;

7. macchie di sangue;

8. macchia del costato, rovinata da una bruciatura;

9. sangue dovuto ad una trafittura nei piedi.

Osserva il dipinto e rispondi alle domande.

• Quale episodio della Passione di Gesù è raffigurato nel dipinto? Dove si svolge?

......................................................................................................................................................................

• Di cosa è accusato Gesù?

...................................................................................................................................................................... ......................................................................................................................................................................

• Chi interroga Gesù? Che ruolo riveste?

......................................................................................................................................................................

• Che cosa risponde Gesù?

......................................................................................................................................................................

• Come viene giudicato alla fine Gesù? ......................................................................................................................................................................

• Cosa succede allora a Gesù? ......................................................................................................................................................................

Duccio di Buoninsegna, Cristo davanti a Caifa, (tav. 9)

Collega i luoghi agli episodi dell’ultima settimana di Gesù, poi numerali da 1 a 5 in ordine cronologico.

Cenacolo (Gerusalemme oggi)
Signorelli, Ultima Cena, (tav. 10)
Plastico della Fortezza Antonia
Piero della Francesca, Risurrezione, (tav. 12) Getzemani (Gerusalemme oggi)
Giotto, La cattura di Cristo, (tav. 11)
Basilica del Santo Sepolcro (Gerusalemme oggi)
Velàzquez, Crocifissione, (tav. 13)
Pietra del sepolcro di Gesù Ciseri, Ecce Homo, (tav. 14)

Segna con una X se le affermazioni sono vere (V) o false (F).

• Gli Egizi imbalsamavano i corpi per prepararli alla vita eterna.

• Le divinità adorate dai Greci erano capricciose e vanitose come gli uomini, ma erano immortali.

• Zeus è la divinità principale dell’antica Mesopotamia.

• Gli Egizi chiamavano il mondo dei morti “Ade”.

• Gli Egizi credevano che cielo e terra fossero nati dai corpi di NUT e GEB.

• I Greci credevano che l’uomo dopo la morte dovesse attraversare il fiume Acheronte, per raggiungere il Regno degli Inferi.

• Il mito di Marduk parla della creazione del mondo e dell’uomo.

• Il Nilo, presso gli Egiziani, era una divinità perché straripando fecondava l’Egitto.

• Nel Pantheon mesopotamico sono molto importanti la Triade del Cosmo e quella degli Astri.

Segna con una X la risposta giusta.

1. Il mito narra storie attraverso le quali i popoli antichi:

2. Le piramidi sono state costruite:

dagli antichi Egizi; dagli antichi Greci; dai popoli della Mesopotamia.

4. La religione greca credeva che: rifiutavano l’esistenza di esseri soprannaturali; spiegavano i fenomeni della natura con l’intervento di esseri soprannaturali.

3. Nella religione egizia la divinità principale era:

Ra; Osiride.

gli dei abitassero l’Olimpo; il faraone fosse l’incarnazione del dio-sole.

Unisci ogni divinità alla religione di appartenenza.

Marduk e Ti’amat Greca

Osiride

Egiziana

Poseidone Mesopotamica

Atena

Thot

Zeus

Segna con una X se le affermazioni sono vere (V) o false (F).

• Abramo, Isacco e Giacobbe sono Patriarchi, cioè padri, perché sono stati i primi uomini sulla terra.

• Mosé è chiamato il “Liberatore” perché ha fatto uscire gli Ebrei dall’Egitto, dove erano schiavi.

• Il tempo dei Re inizia con Davide.

• I Romani governavano la Palestina al tempo della vita terrena di Gesù.

• Il termine Messia, riferito a Gesù, significa l’“Unto di Dio”.

Segna con una X la risposta giusta.

1. La Storia della Salvezza è: un libro di avventura; la storia dell’amicizia tra Dio e il popolo ebraico; la storia del popolo ebraico.

3. Il termine Pasqua significa: “Liberazione”; “Risurrezione”; “Passaggio”.

2. Il nome di Dio “Io sono colui che è”, rivelato a Mosé nel roveto ardente, significa: “Io sono colui che è lontano”; “Io sono colui che è stato”; “Io sono colui che è presente e sarà per sempre”.

4. La “Buona Notizia” annunciata dai Vangeli è: la nascita di Gesù; la morte di Gesù; la risurrezione di Gesù.

Spiega il significato dei seguenti termini.

Religione politeista:

Mummificazione: ...........................................................................................................................................................................

Religione monoteista: ................................................................................................................................................................

Rivelazione: Pasqua ebraica: Piaghe d’Egitto: ................................................................................................................................................................................

Decalogo:

Arca dell’Alleanza:

Primogenitura:

Profeta: .................................................................................................................................................................................................

Parabola:

CLASSE V

UNITÀ FORMATIVE

• Il Cristianesimo

• Il Credo e le feste cristiane

• Le religioni nel mondo

Introduzione alla classe quinta

Il progetto per la classe quinta si propone di rendere i bambini consapevoli di un dato di fatto, cioè che il Cristianesimo è alla base della cultura occidentale e di aiutarli a crescere nel rispetto della diversità.

Unità Formative

1 Il Cristianesimo

Partendo dalla vita di San Francesco, vero esempio di vita cristiana, si propone la storia del Cristianesimo dalle sue origini alla sua affermazione come religione ufficiale dell’Impero Romano, fino ad arrivare ai giorni nostri. Gli alunni saranno accompagnati a prendere sempre più coscienza del fatto che all’espansione territoriale del Cristianesimo è corrisposto un grande cambiamento etico e culturale, visibile anche attraverso alcune tipologie d’arte, riscontrabili nel nostro Paese, e scopriranno che esistono diverse confessioni cristiane con le quali si cer- cherà di individuare punti di unità e di lontananza dalla religione cattolica.

2 Il Credo e le feste cristiane

Partendo dal Credo cattolico, si chiederà ai bambini di riorganizzare le conoscenze acquisite negli anni per definire, a grandi linee, gli elementi essenziali della religione cristiana cattolica, per poi passare alle grandi feste che fondano il Cristianesimo: Natale e Pasqua. La trattazione del Natale sarà affrontata in modo da dare un significato alle usanze natalizie, al fine di rilanciarne il valore religioso ed umano più profondo. Inoltre i bambini saranno guidati a riconoscere il valore universale della festa di Pasqua: una salvezza offerta a tutti.

3 Le religioni nel mondo

Sarà sviluppato un excursus storico-geografico delle religioni non cristiane presenti oggi nel mondo, al fine di aiutare i bambini a riconoscere in ogni “credo” l’aspirazione profonda di ogni essere umano di cercare un legame con il divino e di realizzare la comunione con gli altri. È importante guidarli verso un atteggiamento di ascolto, comprensione e dialogo nei confronti di chi esprime idee diverse, perché possano riconoscere i valori positivi veicolati dalle strutture, i riti e le leggi morali delle diverse religioni.

Unità Formativa 1 - Il Cristianesimo

San Francesco, patrono d’Italia

storia della Chiesa

origine

Chiesa degli Atti

Chiesa in cammino diffusione

Concilio di Gerusalemme arte divisioni

pittura architettura

ortodossi e riformati

Ecumenismo

Traguardi per lo sviluppo delle competenze

Competenze di riferimento disciplinari

Obiettivi di apprendimento

L’alunno si confronta con l’esperienza religiosa e distingue la specificità della proposta di salvezza del Cristianesimo; identifica nella Chiesa la comunità di coloro che credono in Gesù Cristo e si impegnano per mettere in pratica il suo insegnamento.

Conoscere le origini e lo sviluppo del Cristianesimo. Riconoscere nella Chiesa la comunità di coloro che credono in Gesù Cristo. Saper confrontare la propria esperienza religiosa con quella di altre persone e culture. Sviluppare atteggiamenti di rispetto nei confronti delle altre confessioni cristiane.

1 Individuare nella vita dei Santi valori di pace e tolleranza condivisibili dall’intera umanità.

2 Conoscere avvenimenti, persone e strutture fondamentali della Chiesa sin dalle origini per ricavarne insegnamenti validi ancora oggi e spunti per la riflessione personale.

3 Individuare significative espressioni d’arte cristiana, per rilevare come la fede sia stata interpretata e comunicata dagli artisti nel corso dei secoli.

4 Conoscere alcuni elementi fondamentali delle principali religioni cristiane, evidenziando le prospettive del cammino ecumenico.

Contenuti Santi cristiani che rappresentano modelli di vita per l’intera umanità. Apparizioni, Ascensione e Pentecoste. La prima comunità cristiana e la Chiesa oggi. Dalla Domus Ecclesiae alle Chiese moderne. Persecuzioni, martiri e monachesimo. Le diverse confessioni cristiane e l’Ecumenismo. L’azione dello Spirito Santo nella storia della Chiesa.

Discipline coinvolte Storia, geografia, musica, italiano, arte e immagine.

Vedere pagina 11.

Prove di verifica e valutazione

Indicazioni metodologiche Le strategie didattiche che verranno poste in atto saranno fondate sull’immagine in un rapporto di complementarietà con il linguaggio verbale, con quello audiovisivo e con quello musicale, per guidare i bambini alla conoscenza delle antiche religioni politeiste, terreno su cui si innesterà la Rivelazione del Dio unico, al fine di permettere loro il passaggio dalla concretezza immediata all’astrazione, dal sensibile allo spirituale.

U. F. 1: IL CRISTIANESIMO >> Primo

percorso <<

O. A.: 1 Individuare nella vita dei Santi valori di pace e tolleranza condivisibili dall’intera umanità. 3 Conoscere avvenimenti, persone e strutture fondamentali della Chiesa sin dalle origini per ricavarne insegnamenti validi ancora oggi e spunti per la riflessione personale. 4 Individuare significative espressioni d’arte cristiana, per rilevare come la fede sia stata interpretata e comunicata dagli artisti nel corso dei secoli.

Un grande cristiano!

Per introdurre la storia del Cristianesimo, partiamo dalla vita di uno dei Santi più conosciuti e amati del mondo: San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia. Egli nacque ad Assisi, piccola città dell’Umbria, alle pendici del monte Subasio, nel 1182, in pieno Medioevo: è il tempo dei cavalieri e delle dame, dei cantastorie e dei poeti, dei nobili, delle guerre (tra i Comuni e tra l’imperatore e il papa) e di una Chiesa affascinata più dal potere e dalla ricchezza che dalla cura delle anime. La vita nella città era segnata da profonde divisioni tra i ricchi e potenti e i popolani; ultimi e considerati scarti della società, erano i lebbrosi, i poveri e i mendicanti.

Dopo aver delineato il periodo storico, presentiamo la storia di San Francesco attraverso tre tempi, caratterizzati da tappe o passaggi importanti. Per i diversi episodi viene riportata la citazione delle Fonti Francescane (FF) da cui sono tratti. Il testo conosciuto come “Fonti Francescane” è una accolta di:

• scritti e biografie su San Francesco;

• cronache e altre testimonianze del primo secolo del francescanesimo;

• scritti e biografie su Santa Chiara.

I tempo: il tempo degli ideali

È il tempo della giovinezza di Francesco, in cui coltiva grandi sogni e ideali e cerca la felicità nell’esteriorità della vita.

1. Il re delle feste

Francesco nacque in una ricca famiglia assisana: suo padre, Pietro di Bernardone, era un abile uomo d’affari che doveva la sua fortuna al commercio di tessuti; sua madre Giovanna, detta “donna Pica”, era una dama gentile che lo fece battezzare con il nome di Giovanni. Successivamente il padre gli cambiò il nome in Francesco in onore della Francia, Paese con cui era solito commerciare stoffe. Educato dalla madre all’amore per la bellezza, la musica e la poesia, conosceva il latino, il volgare e il francese, in vista della successione al padre negli affari di famiglia. Era un giovane molto gentile e con una spiccata sensibilità e come tutti i ragazzi gli piaceva corteggiare le belle ragazze e adorava divertirsi: amava le feste, i banchetti e il lusso. Di certo i soldi non erano un suo problema e proprio perché era solito saldare

le spese dei divertimenti per tutti, venne incoronato “re delle feste”. (FF 317 ss)

2. Il prigioniero

Spinto dal desiderio di cacciare i nobili dalla città di Assisi e animato da spirito cavalleresco, partecipò all’assalto della Rocca, ma nel 1202 venne fatto prigioniero. I nobili assisani, infatti, sfuggiti all’irruzione, si rifugiarono a Perugia, dove strinsero alleanze che permisero loro, poco tempo dopo, di marciare verso Assisi per riconquistarla. Fu così, che nella battaglia di Collestrada, Francesco venne fatto prigioniero e riscattato dopo un anno, grazie alle risorse economiche del padre. In prigione, forse a causa delle cattive condizioni in cui era detenuto, il giovane fu colpito da una malattia che lo avrebbe segnato anche dopo la liberazione. (FF 584-585)

3. Il cavaliere

Tornato ad Assisi, decise di seguire Gualtiero de Brienne e realizzare il suo grande sogno: diventare cavaliere. Il padre gli comprò una bellissima armatura e lui partì per la Puglia, per raggiungere i crociati diretti in Terra Santa. (FF 1031)

4. Il perdente

Giunto a Spoleto, però, una misteriosa visione capovolse i suoi piani e gli ordinò di tornare indietro.

“E infatti, un’altra notte, mentre dorme, sente una voce che gli chiede premurosa dove intenda recarsi. Francesco espone il suo proposito, e dice di volersi recare in Puglia per combattere. Ma la voce insiste e gli domanda chi ritiene possa essergli più utile, il servo o il padrone. «Il padrone», risponde Francesco. «E allora» riprende la voce «perché lasci il padrone per seguire il servo?». E Francesco: «Cosa vuoi che io faccia, o Signore?». «Ritorna» gli risponde il Signore «alla tua terra natale, perché per opera mia si adempirà spiritualmente la tua visione». Ritornò senza indugio...” (FF 587) Francesco capì che il “padrone” è solo Dio e il “servo” sono gli uomini, seguiti per realizzare sogni di gloria e di fama. Così decise di rientrare in Assisi. Durante il viaggio di ritorno incontrò un giovane e gli regalò la sua preziosissima armatura; tornato a casa provò a riprendere la vita di prima, ma il sogno di Spoleto oramai l’aveva cambiato profondamente: le feste, i balli e i canti non gli interessavano più, ricercava luoghi solitari dove ritirarsi in preghiera e donava generosamente ai poveri. (FF 1032-1033)

II tempo: il tempo del passaggio È il tempo della ricerca e dell’interiorità, in cui Francesco comprende che solo Dio può dare un senso alla nostra esistenza.

5. L’uomo nuovo

Dopo un viaggio a Roma presso la tomba di San Pietro, Francesco visse una profonda esperienza di conversione. Nella piana di fronte ad Assisi, incontrò un lebbroso: Francesco provava un’istintiva e profonda ripugnanza verso coloro che erano affetti da lebbra, ma, in quell’occasione vincendo il ribrezzo e la paura che lo avrebbero portato a fuggire, gli si avvicinò e con l’elemosina gli donò un bacio di pace. Solo dopo, voltandosi si accorse che il lebbroso era scomparso e lui comprese che era Gesù. (FF 592) Nel suo Testamento Francesco scrisse: «Il signore Iddio in questo modo dette a me, frate Francesco, di incominciare a far penitenza, essendo io nei peccati. A me pareva cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, quello che prima mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e corpo». (FF 110) Da quel momento il giovane iniziò a frequentare il lebbrosario e a curare i lebbrosi.

6. Il restauratore di chiese

Sempre più desideroso di comprendere la volontà di Dio, Francesco trascorse molto tempo immerso nel silenzio, meditando e pregando Dio. Gli amici, non comprendendo cosa stesse succedendo al loro compagno di brigata, pian piano lo isolarono. Il padre, deluso da questo primogenito che non era come lui avrebbe voluto, era sempre più disperato.

Un giorno, mentre si trovava nella chiesetta di San Damiano, una piccola chiesa in rovina e abbandonata poco fuori le mura della città, gli parve che il crocifisso si animasse muovendo le labbra e udì per tre volte queste parole: “Va’, o Francesco. Ripara la mia casa che come vedi è tutta in rovina”. (FF 593)

Così, pieno di zelo, non avendo ancora compreso in pieno ciò che Dio gli stava chiedendo, si diede da fare per trovare il denaro necessario alla ricostruzione della chiesetta. Tornò alla bottega del padre, caricò su un cavallo delle stoffe e andò a venderle a Foligno. Donò il denaro ricavato al sacerdote che si occupava di San Damiano, ma quest’ultimo, conoscendo l’irascibilità del padre, Pietro di Bernardone, rifiutò l’aiuto del giovane.

7. Lo sposo di madonna povertà Infatti, Pietro di Bernardone di ritorno dai suoi viaggi d’affari, dopo aver scoperto le gesta insensate del figlio, lo trascinò davanti al Vescovo di Assisi, Guido, e, in pubblica piazza, davanti a mezza città pretese che lui gli restituisse tutto il suo denaro. Accadde una cosa inaspettata: Francesco si spogliò nudo e restituì i suoi vestiti e il denaro al padre, rinunciando per sempre alla sua eredità. Poi, pieno di Spirito

Santo disse: “Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d’ora in poi posso dire con tutta sicurezza Padre Nostro che sei nei cieli, perché in lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e speranza.” (FF 1043)

Il vescovo, che aveva compreso il gesto di Francesco, lo avvolse con il suo mantello e poi ordinò che gli fossero portati degli abiti per coprirsi. Così, con la tunica come unica ricchezza, il giovane si dedicò al restauro della chiesa di San Damiano, improvvisandosi muratore, come gli parve il Signore avesse ordinato, e visse in assoluta povertà, mendicando per le strade il necessario per il proprio essenziale sostentamento.

III tempo: il tempo della novità

È il tempo dell’abbandono, dell’intimità con Dio e della novità di vita, in cui Francesco scopre sempre più la sua missione e la strada per la vera felicità che è diversa da quella terrena.

8. L’uomo libero che annuncia il Vangelo

Terminato il restauro di San Damiano, grazie all’aiuto degli abitanti della città, Francesco si stabilì nella pianura di Assisi, nei pressi della “Porziuncola”, una piccola chiesa dedicata a Santa Maria degli Angeli. In questo luogo, finalmente, comprende la sua missione, ascoltando durante la Santa Messa il passo del Vangelo in cui Gesù invia i suoi discepoli ad annunciare il Regno di Dio secondo alcune indicazioni: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l’operaio ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, fatevi indicare se vi sia qualche persona degna, e lì rimanete fino alla vostra partenza. Entrando nella casa, rivolgete il saluto…” (Mt 10,1-15) Francesco comprese così ciò che Dio gli stava chiedendo: predicare a tutti, di città in città, l’amore di Dio. (FF 1051)

9. L’uomo della Chiesa

Francesco, pieno di Spirito Santo e non più schiavo dei beni materiali, iniziò ad essere apprezzato dagli abitanti di Assisi, tanto che alcuni giovani si unirono a lui, condividendo il suo modo di vivere al seguito di Gesù Cristo. Tra i primi compagni di Francesco si ricorda Pietro Cattani, Bernardo da Quintavalle e il sacerdote Silvestro. A loro si unirono Egidio, l’orante Rufino, il nobile cavaliere Angelo, Masseo “dal bell’aspetto” e Leone, “pecorella del Signore”, testimone dei fatti più significativi ed intensi della vita del Santo. Vedendo che il numero dei suoi compagni stava aumentando, Francesco decise di recarsi a Roma per chiedere all’allora papa, Innocenzo III, di approvare la “Regola (stile di vita condiviso da rispettare) dei frati (fratelli) minori (più piccoli)”. Tale Regola apparentemente molto semplice, “vivere secondo la for-

ma del Santo Vangelo” era in realtà una grande sfida per quel tempo, come per il nostro, ma Francesco mostra, vivendolo, come l’insegnamento del Vangelo può essere vissuto da tutti, sempre e senza mezze misure. Il papa, dopo un sogno in cui riconosce il poverello di Assisi in un uomo che sostiene la Basilica di San Giovanni in Laterano mentre sta crollando, concede ai frati di poter vivere in assoluta povertà e in modo semplice, annunciando il Vangelo per il mondo. (FF 2269)

10. Il fondatore

Colpita dallo stile di vita dei frati, che hanno lasciato tutto per seguire il Signore in povertà, castità e obbedienza, Chiara degli Offreducci, una giovane della nobiltà assisana, chiese a Francesco di poter vivere come i suoi frati. Così nella notte della domenica delle Palme del 1212, appena ventenne, fuggì dalla casa paterna e alla Porziuncola si fece tagliare i capelli in segno di consacrazione e vestì l’abito della povertà. Quando altre giovani scelsero di unirsi a lei, vennero ubicate negli umili locali annessi alla chiesetta di San Damiano (da cui derivarono l’appellativo originario di Povere Dame di San Damiano). Nacque il Secondo Ordine francescano, l’Ordine delle Clarisse (dal nome latino di Chiara, ovvero “Clara”), donne che vivono immerse nella preghiera e nel lavoro per il proprio sostentamento quotidiano all’interno di un monastero. Francesco parlava di Chiara e delle “sorelle” come di “pianticelle di Dio” che sostenevano con la loro preghiera la missione dei frati.

Nel 1221 al Capitolo dell’Ordine (riunione periodica dei frati per prendere decisioni sullo stile di vita), ove erano presenti circa cinquemila frati provenienti da tutta Europa (l’Ordine si era notevolmente ingrandito e aveva avuto anche i primi cinque martiri uccisi in Marocco dai musulmani), Francesco incontrò le prime incomprensioni con i suoi frati che chiedevano una Regola meno rigida che permettesse loro di possedere qualcosa. La guida dell’Ordine passa a frate Elia. Qualche tempo dopo, nel 1223, il Santo, provato nella carne a causa di una salute precaria e da gravi problemi alla vista, scrisse a Fontecolombo, in provincia di Rieti, la Regola che sarà definita “bollata”, in quanto approvata definitivamente dal papa Onorio III. (FF 3167 ss)

Oggi tre sono gli Ordini francescani: i Frati suddivisi in Minori, Conventuali e Cappuccini, le Clarisse e il Terz’Ordine, quello dei laici. Appartengono, inoltre, alla famiglia francescana anche molte congregazioni religiose e istituti secolari, che si ispirano alla spiritualità del “poverello” di Assisi.

11. L’Alter Christus

Le tensioni all’interno dell’Ordine non sembravano diminuire e Francesco soffriva nel vedere che i frati non desiderano vivere la povertà evangelica e aveva paura che lo studio e i libri potessero prendere il posto di Gesù nei loro cuori. Si ritirò con l’amico Leone sul monte della Verna, in Toscana, per dedicarsi alla preghiera e alla penitenza nella solitudine, nel silenzio e nell’assoluta povertà. Chiese a Dio un segno

che gli confermasse che tutto il suo operato era stato per la sua gloria e non per quella personale. Aveva bisogno di sapere di non aver sbagliato tutta la sua vita: questa fu la più grande tentazione del Santo. Ed è così che nella notte del 1224 visse un’esperienza straordinaria: ricevette nella sua carne i segni della Passione di Cristo. Le cinque piaghe sanguinanti gli procurano grande fastidio e dolore tanto che in alcuni momenti gli impedirono di camminare, ma Francesco era felice perché era davvero simile al suo Signore! (FF 1225-1226)

12. Il Santo

Sempre più debole e ammalato, ricevette diverse cure in Toscana e anche dalle Povere Dame di San Damiano, presso le quali scrisse il Cantico delle Creature, una lode a Dio per le meraviglie della sua Creazione. Poiché le sue condizioni si aggravavano, venne portato nelle stanze del palazzo del Vescovo di Assisi, ma quando sentì che la sua fine era vicina, chiese di essere riportato alla Porziuncola. Qualche giorno prima di morire chiese ai suoi compagni di recarsi a Roma da donna Giacoma dei Settesoli (che lui chiamava fraternamente “frate Jacopa”) per avere da lei dei dolcetti che lui tanto amava, i mostaccioli. Quando il frate stava per partire con la missiva, ecco bussare alla porta proprio donna Jacopa che ebbe questa ispirazione durante una preghiera. (FF 1812)

In quella settimana, dopo aver chiesto di essere adagiato nudo sulla nuda terra per presentarsi povero davanti a Dio e aver chiamato “sorella” anche la morte, cantando fino all’ultimo respiro, Francesco, nella notte del 4 ottobre 1226, consegnò la sua anima a Dio. (FF 1823)

Due anni dopo, papa Gregrio IX lo dichiarò Santo e nel 1230 venne ultimata la grande Basilica voluta per accoglierne e custodirne il corpo. Ancora oggi, percorrendo le vie di Assisi, attraversate ogni anno da migliaia di pellegrini, si può percepire nell’aria la santità di un uomo che ha saputo vivere tutto per Dio al servizio del mondo.

Dalla storia di San Francesco d’Assisi si possono evidenziare alcuni nuclei tematici che sarà possibile sviluppare con la classe, a scelta dell’insegnante, partendo dalle relative domande.

• La ricerca di Dio, Amore incarnato in Gesù Cristo: Francesco ci insegna che Dio chiama ciascuno per nome al fine di renderlo felice, attraverso una conversione che dà senso e riveste di significato ogni avvenimento terreno. Per Francesco il vero nemico dell’uomo è il suo peccato, che può essere vinto solo con un amore “senza misura”, cioè Dio. Lui non ha incontrato una dottrina o un insieme di regole, ma ha fatto esperienza di una persona e da questo incontro si è sentito chiamato al cambiamento e alla conversione.

- Perché Francesco sente così forte il bisogno di Dio?

- Perché Francesco desidera e fa di tutto per cambiare la sua vita?

• La fraternità: Francesco comprende che se Dio è Padre di tutti, l’umanità nel suo insieme è un’universale fraternità di uomini, che si rende visibile nelle nostre vite attraverso le persone che incontriamo. La comunità frater-

Approfondimenti: documento 14

na rappresenta il mezzo per arrivare a Cristo. Per il Santo, infatti, le parole di Giovanni sono vita reale: “Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da Lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello.” (1 Gv 4,20-21)

Nella visione francescana gli uomini sono segnati dai loro vizi e questo li rende tutti uguali e bisognosi di misericordia e perdono. In Francesco, infatti, c’è la sospensione di ogni giudizio: lui aveva compreso che si possono condannare le azioni, ma non le persone. La persona, anche se peccatrice, è degna della salvezza portata dalla croce di Gesù, per questo non va mai disprezzata, ma al contrario va ascoltata e amata. Dio prima ha amato il mondo, poi l’ha redento e non il contrario!

- Che cos’è la fraternità?

- Perché la fraternità è tanto importante per Francesco?

• La povertà e la minorità: Francesco ha compreso che il rapporto con i beni materiali, spesso, non ci rende persone libere. Lui ha dimostrato con la sua vita che la povertà e la rinuncia “gioiosa” alle ricchezze aiutano a rivolgere il cuore verso i beni che contano davvero, cioè quelli spirituali. Facciamo riflettere i bambini su un binomio: “amare le cose e usare le persone o amare le persone e usare le cose?”.

- Perché, per Francesco, la povertà è tanto importante da chiamarla “Madonna povertà” e sentirla sua sposa?

- È possibile vivere secondo lo spirito di Francesco, senza fare una rinuncia tanto radicale come la sua?

• L’amore per la Chiesa: chiedendo l’approvazione del papa, Francesco dimostra di aver compreso che non si può seguire Gesù in modo personale, ma è necessaria una “supervisione”, che garantisca e confermi la fede del singolo. Francesco, nonostante i limiti della Chiesa del suo tempo, corrotta e spesso poco evangelica, la ama spassionatamente, perché solo in essa, per mezzo dei sacerdoti, poteva incontrare Gesù Eucaristia.

- Perché Francesco ha desiderato l’autorizzazione del papa per i suoi frati?

- È importante, secondo voi, ottenere tale autorizzazione? Perché?

• La cura per il mondo e la natura: in un tempo in cui l’uomo deve confrontarsi con una natura che si ribella ai soprusi e agli abusi umani, Francesco insegna che è possibile avere un corretto rapporto con il Creato, imparando a rispettare ogni creatura come dono di Dio. Il Creato per il Santo è segno, immagine, presenza e, in una parola, rivelazione del Creatore, che l’ha affidato all’uomo con fiducia perché lo utilizzi e lo custodisca.

- Cosa significa rispettare la natura?

- Quali sono i comportamenti che ognuno di noi potrebbe attuare per riconciliare l’uomo con il Creato?

L’attualità del Santo di Assisi può essere legata ai grandi desideri dell’uomo di ogni tempo: la ricerca di Dio, il bisogno degli altri e la cura per il mondo e la natura. Si può approfondire questo discorso utilizzando la tecnica del problem solving.

Proponiamo alla classe l’ascolto di una canzone dedicata agli avvenimenti della Pentecoste, momento che segna l’origine della Chiesa e del Cristianesimo.

Pentecoste

RIT: Se senti un soffio nel cielo, un vento che scuote le porte ascolta: è una voce che chiama, è l’invito ad andare lontano. C’è un fuoco che nasce in chi sa aspettare, in chi sa nutrire speranze d’amor.

Erano poveri uomini come me, come te, avevano un cuore nel petto come me, come te, che una mano di gelo stringeva. Avevano occhi tristi di pioggia e nel volto tanta paura pensavano certo all’amico perduto alla croce piantata sulla cima di un colle.

RIT: Se senti un soffio nel cielo… E il vento bussò alla porta di casa, entrò come un pazzo in tutta la stanza ed ebbero occhi e voci di fiamma: uscirono in piazza a cantare la gioia. Uomo che attendi nascosto nell’ombra la voce che parla è proprio per te, ti porta una gioia, una buona notizia il Regno di Dio è arrivato già!

RIT: Se senti un soffio nel cielo…

Dopo l’ascolto, chiediamo ai bambini, senza fornire alcun riferimento biblico o informazione al riguardo (neanche il titolo):

- Quali emozioni vi ha suscitato questo canto?

- Avete individuato qualche riferimento ad un episodio della Bibbia? Aiutiamoli sottolineando qualche elemento: il soffio, il vento, un fuoco, un amico perduto, uscirono in piazza..., poi leggiamo Atti 2,1-13:

Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, (gli Apostoli) si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatté gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria

Musica: traccia audio n. 8
con le fonti bibliche

lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: – Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio.

Tutti erano stupiti e perplessi, chiedendosi l’un l’altro: – Che significa questo?

Altri invece li deridevano e dicevano: – Si sono ubriacati di mosto.

Ricordiamo che la Pentecoste è un’antica festa ebraica in cui si ricorda il dono della Legge fatto da Dio a Mosè sul monte Sinai, poi evidenziamo la novità della Pentecoste cristiana: il dono dello Spirito Santo che segna la nascita della comunità cristiana e la diffusione della “Buona Notizia” tra gli abitanti dell’Impero Romano, fino agli “estremi confini della terra”(At 1,8), rappresentati allora dalla stessa città di Roma. Per comprendere l’importanza che il Cristianesimo ha avuto nella storia italiana e nella formazione dell’Europa, si possono ripercorrere gli avvenimenti che hanno segnato la Chiesa e lo stile di vita dei cristiani, dividendoli in tre grandi periodi:

PERIODO PERSONAGGI AVVENIMENTI NELL’ARTE

Dalla Pentecoste all’editto di Costantino

La Chiesa di Gerusalemme.

Stefano, Pietro e Paolo.

I martiri.

Dall’editto di Costantino al basso Medioevo Imperatori Costantino e Teodosio. San Benedetto. Cirillo e Metodio. Martin Lutero. Enrico VIII.

Epoca moderna

Suor Teresa Benedetta della Croce e Madre

Teresa di \Calcutta. Giovanni XXIII e Paolo VI.

Pentecoste e diffusione della Buona Notizia. Concilio di Gerusalemme.

Persecuzioni e martirio dei cristiani.

Editti. Monachesimo. Scisma d’Oriente e d’Occidente. Riforma protestante. Chiesa anglicana.

Nuove scoperte e nuovo slancio missionario. Il Concilio Vaticano II.

Case private come primo luogo di culto. Domus Ecclesiae Catacombe e primi simboli cristiani.

Basiliche. Monasteri. Chiese romaniche e gotiche.

Chiese rinascimentali e barocche.

I periodo: dalla Pentecoste all’Editto di Costantino

Nella Bibbia il racconto della Pentecoste si trova nel libro degli Atti degli Apostoli, un testo storico-narrativo del Nuovo Testamento, strettamente legato ai Vangeli, tanto da essere definito “il quinto Vangelo” o “Vangelo dello Spirito Santo”, vero protagonista della storia della Chiesa. Gli Atti, scritti da Luca, sono la continuazione del suo Vangelo, in cui vengono narrati il tempo degli Apostoli, l’inizio della Chiesa e la vita dei primi cristiani.

Poniamo ai bambini la seguente domanda: - Cosa annunciavano gli Apostoli?

Quindi introduciamo il concetto di Kèrygma, termine greco che indica l’annuncio del messaggio cristiano portato all’inizio dagli Apostoli (dopo la Pentecoste) e rinnovato con slancio missionario dalla Chiesa di tutti i tempi. Si può sintetizzare come segue:

KÈRYGMA

annuncio degli Apostoli

Approfondimenti: documento 15

Gesù, morto per i peccati degli uomini, è risorto

i cristiani sono testimoni di Gesù

solo in Gesù è la salvezza, per questo è necessario convertirsi e farsi battezzare

Così da questo “annuncio” si sviluppa la prima comunità di Gerusalemme le cui caratteristiche sono rintracciabili negli Atti.

Come vivevano i primi cristiani (At 2,42-48)

Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli Apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.

Approfondimenti: documento 16

ascolto degli insegnamenti degli Apostoli

frazione del pane preghiera

come viveva la prima comunità cristiana

comunione fraterna

Aiutiamo i bambini a riflettere sull’importanza della preghiera e del giorno sacro, in cui rendere grazie al Signore della vita, sin dalle origini del Cristianesimo. Leggiamo loro alcuni passi tratti dalla Didachè, un manoscritto del 150 d.C., scoperto nella biblioteca di un monastero medio-orientale, che contiene una vera e propria catechesi scritta per approfondire l’insegnamento di Gesù, con indicazioni di ordine morale per la comunità e testi liturgici sui sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia.

Due sono le vie, una della vita e una della morte, e la differenza è grande fra queste due vie. Ora questa è la via della vita: innanzi tutto amerai Dio che ti ha creato, poi il tuo prossimo come te stesso; e tutto quello che non vorresti fosse fatto a te, anche tu non farlo agli altri... La tua parola non sarà menzognera né vana, ma confermata dall’azione. Non sarai avaro, né rapace, né ipocrita, né maligno, né superbo; non mediterai cattivi propositi contro il tuo prossimo... Non accada che tu tenda le mani per ricevere e le stringa nel dare. Non respingerai il bisognoso, ma farai parte di ogni cosa al tuo fratello e non dirai che è roba tua... Riguardo al Battesimo, battezzate così: avendo in precedenza esposto tutti questi precetti, battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in acqua viva... Nel giorno del Signore, riuniti, spezzate il pane e rendete grazie dopo aver confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro. Ma tutti quelli che hanno qualche discordia con il loro compagno, non si uniscano a voi prima di essersi riconciliati, affinché il vostro sacrificio non sia profanato”.

da Didachè I, 1-2; II, 5-6; IV, 5-8; VII, 1; XIV, 1.2

Approfondimenti

La domenica dei cristiani

La Lettera apostolica Dies Domini di papa Giovanni Paolo II spiega la santificazione della domenica.

con le fonti magisteriali

«Il giorno del Signore – come fu definita la domenica fin dai tempi apostolici – ha avuto sempre, nella storia della Chiesa, una considerazione privilegiata per la sua stretta connessione col nucleo stesso del mistero cristiano. La domenica infatti richiama, nella scansione settimanale del tempo, il giorno della Risurrezione di Cristo. È la Pasqua della settimana, in cui si celebra la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte, il compimento in lui della prima creazione, e l’inizio della “nuova creazione”. È il giorno dell’evocazione adorante e grata del primo giorno del mondo, ed insieme la prefigurazione, nella speranza operosa, dell’“ultimo giorno”, quando Cristo verrà nella gloria e saranno fatte “nuove tutte le cose”… Alla domenica, pertanto, ben s’addice l’esclamazione del Salmista: “Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso”. È invito a rivivere, in qualche modo, l’esperienza dei due discepoli di Emmaus, che sentirono “ardere il cuore nel petto” mentre il Risorto si affiancava a loro lungo il cammino, spiegando le Scritture e rivelandosi nello “spezzare il pane”. È l’eco della gioia, prima esitante e poi travolgente, che gli Apostoli provarono la sera di quello stesso giorno, quando furono visitati da Gesù risorto e ricevettero il dono della sua pace e del suo Spirito. La Risurrezione di Gesù è il dato originario su cui poggia la fede cristiana: stupenda realtà, colta pienamente nella luce della fede, ma storicamente attestata da coloro che ebbero il privilegio di vedere il Signore risorto; evento mirabile che non solo si distingue in modo assolutamente singolare nella storia degli uomini, ma si colloca al centro del mistero del tempo… La sua importanza fondamentale, sempre riconosciuta in duemila anni di storia, è stata ribadita con forza dal Concilio Vaticano II: “Secondo la tradizione apostolica, che ha origine dal giorno stesso della Risurrezione di Cristo, la Chiesa celebra il mistero pasquale ogni otto giorni, in quello che si chiama giustamente giorno del Signore o domenica”. Ai discepoli di Cristo è comunque chiesto di non confondere la celebrazione della domenica, che dev’essere una vera santificazione del giorno del Signore, col “fine settimana”, inteso fondamentalmente come tempo di semplice riposo o di evasione. È urgente a tal proposito un’autentica maturità spirituale, che aiuti i cristiani ad “essere se stessi”, in piena coerenza con il dono della fede, sempre pronti a rendere conto della speranza che è in loro. Ciò non può non comportare anche una comprensione più profonda della domenica, per poterla vivere, pure in situazioni difficili, con piena docilità allo Spirito Santo. Dies Christi: il giorno del Signore risorto e del dono dello Spirito Noi celebriamo la domenica a causa della venerabile Risurrezione del nostro Signore Gesù Cristo, non soltanto a Pasqua, ma anche a ogni ciclo settimanale»: così scriveva agli inizi del V secolo, Papa Innocenzo I, testimoniando una prassi ormai consolidata, che si era sviluppata fin dai primi anni dopo la Risurrezione del Signore. San Basilio parla della “santa domenica, onorata dalla Risurrezione del Signore, primizia di tutti gli altri giorni”. Sant’Agostino chiama la domenica “sacramento della Pasqua”. Questo intimo legame della domenica con la Risurrezione del Signore è sottolineato fortemente da tutte le Chiese, in Occi-

dente come in Oriente. Secondo la concorde testimonianza evangelica, la Risurrezione di Gesù Cristo dai morti avvenne nel “primo giorno dopo il sabato”. In quello stesso giorno, il Risorto si manifestò ai due discepoli di Emmaus ed apparve agli undici Apostoli riuniti insieme. Otto giorni dopo, come testimonia il Vangelo di Giovanni, i discepoli si trovavano nuovamente riuniti, quando Gesù apparve loro e si fece riconoscere da Tommaso, mostrando i segni della sua Passione. Era domenica il giorno della Pentecoste, primo giorno dell’ottava settimana dopo la pasqua giudaica, quando con l’effusione dello Spirito Santo si realizzò la promessa fatta da Gesù agli Apostoli dopo la Risurrezione. Fu domenica il giorno del primo annuncio e dei primi Battesimi: Pietro proclamò alla folla riunita che il Cristo era risuscitato e “quelli che accolsero la sua Parola furono battezzati”. Fu l’epifania della Chiesa, manifestata come popolo nel quale confluiscono in unità, al di là di tutte le diversità, i figli di Dio dispersi.

Dies Ecclesiae: l’assemblea eucaristica, cuore della domenica “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”, questa promessa di Cristo continua a risuonare nella Chiesa, che in essa coglie il segreto fecondo della sua vita e la sorgente della sua speranza. Se la domenica è il giorno della Risurrezione, essa non è solo la memoria di un evento passato: è celebrazione della viva presenza del Risorto in mezzo ai suoi. Perché tale presenza sia annunciata e vissuta in modo adeguato, non basta che i discepoli di Cristo preghino individualmente e ricordino interiormente, nel segreto del cuore, la morte e la Risurrezione di Cristo… è importante perciò che si radunino, per esprimere pienamente l’identità stessa della Chiesa, la ekklesía, l’assemblea convocata dal Signore Risorto, il quale ha offerto la sua vita “per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi”. Essi sono diventati “uno” in Cristo, attraverso il dono dello Spirito. Questa unità si manifesta esteriormente quando i cristiani si riuniscono: prendono allora viva coscienza e testimoniano al mondo di essere il popolo dei redenti, composto da “uomini di ogni tribù, lingua, popolo, nazione”... Il dies Domini si rivela così anche dies Ecclesiae. Si comprende allora perché la dimensione comunitaria della celebrazione domenicale debba essere, sul piano pastorale, particolarmente sottolineata. Così, tra le numerose attività che una parrocchia svolge, nessuna è tanto vitale o formativa della comunità quanto la celebrazione domenicale del giorno del Signore e della sua Eucaristia.

Dies Hominis: la domenica giorno di gioia, riposo e solidarietà

Per alcuni secoli i cristiani vissero la domenica solo come giorno del culto, senza potervi annettere anche il significato specifico del riposo sabbatico. Solo nel IV secolo, la legge civile dell’Impero Romano riconobbe il ritmo settimanale, facendo in modo che nel “giorno del sole” i giudici, le popolazioni delle città e le corporazioni dei vari mestieri cessassero di lavorare. I cristiani si rallegrarono di veder così tolti gli ostacoli all’osservanza del giorno del Signore: potevano ormai dedicarsi alla preghiera comune senza impedimenti.

Introduciamo il periodo delle persecuzioni leggendo con i bambini la storia del martirio di Stefano, in Atti 6,7-15; 7,54-60; 8,1-4.

Il martirio di Stefano (At 6,7-15; 7,54-60; 8,2-4)

Intanto la Parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede. Stefano intanto, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo. Allora alcuni della sinagoga detta dei Liberti, dei Cirenei, degli Alessandrini e di quelli della Cilìcia e dell’Asia, si alzarono a discutere con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava. Allora istigarono alcuni perché dicessero: – Lo abbiamo udito pronunciare parole blasfeme contro Mosè e contro Dio.

E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo condussero davanti al sinedrio. Presentarono quindi falsi testimoni, che dissero:

– Costui non fa che parlare contro questo luogo santo e contro la Legge. Lo abbiamo infatti udito dichiarare che Gesù, questo Nazareno, distruggerà questo luogo e sovvertirà le usanze che Mosè ci ha tramandato.

E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo.

All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano.

Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: – Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’Uomo che sta alla destra di Dio.

Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo.

E lapidavano Stefano, che pregava e diceva:

– Signore Gesù, accogli il mio spirito – poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce – Signore, non imputare loro questo peccato – detto questo, morì.

In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme; tutti, ad eccezione degli Apostoli, si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria. Uomini pii seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui.

Quelli però che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola.

Animiamo la conversazione con le seguenti domande:

- Ciò che è accaduto a Stefano vi fa pensare a qualcuno?

- Quali sono le somiglianze e le differenze con la storia della Passione e morte di Gesù?

con le fonti bibliche

Approfondimenti: documento 17

Spieghiamo i termini DIACONO e MARTIRE, sottolineando che alla predicazione del Vangelo si opposero da subito molti Israeliti e soprattutto la classe dei sacerdoti, forse preoccupati dell’influenza degli Apostoli e della rapida diffusione della nuova religione che proclamava la salvezza portata da Cristo.

• diacono: il termine deriva dal greco diákonos, che significa “servitore”, indicava colui che assolveva a un servizio amministrativo e assistenziale. Nella prima Chiesa cristiana i diaconi erano subordinati al Vescovo e, dopo la formazione di una struttura gerarchica, anche ai presbiteri. Durante il Medioevo la figura del diacono perse un po’ la sua peculiare funzione di assistere il Vescovo e i sacerdoti nella predicazione e nelle celebrazioni eucaristiche e il diaconato rimase, per molto tempo, semplicemente un passaggio temporaneo prima del sacerdozio. Nella Chiesa cattolica questo ministero è stato valorizzato dal Concilio Vaticano II che ha ripristinato il diaconato permanente dei laici.

• martire: il termine deriva dal greco martys e significa “testimone”, era usato in ambito giuridico per indicare semplicemente un testimone che garantiva la verità degli avvenimenti. Con il tempo è passato in ambito cristiano a indicare la testimonianza di un avvenimento religioso a rischio della propria vita. Nella Chiesa primitiva fu definito “martire” chi sopportava ogni pena e anche la morte per difendere la propria fede, senza rinnegarla. Il nome corrispondente in latino era confessor, ossia “confessore”.

Approfondimenti

Secondo la tradizione, gli Apostoli morirono tutti martiri, tranne Giovanni che morì anziano ad Efeso, dopo aver sopportato diverse persecuzioni in vita. L’unica morte di cui parla direttamente la Bibbia è quella di Giacomo il maggiore (forse decapitato), in Atti 12,1-2: “In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni”. Riguardo le circostanze delle morti degli altri Apostoli ci si può basare solamente sulle tradizioni ecclesiastiche: Pietro fu crocifisso a Roma a testa in giù; Matteo patì il martirio in Etiopia ucciso di spada; Giacomo il minore, figlio di Alfeo subì la lapidazione a Gerusalemme; Andrea fu crocifisso in Grecia su una croce a forma di X (che prenderà il suo nome); Bartolomeo, identificato anche come Natanaele, fu martirizzato in Armenia, dove morì a bastonate e poi fu decollato; su Filippo esistono diverse versioni tra cui la crocifissione; anche attorno a Tommaso esistono molte leggende, forse fu trafitto da una lancia in India durante uno dei suoi viaggi missionari; Simone e Giuda Taddeo furono martirizzati dai Persiani; infine, Mattia, l’Apostolo scelto per sostituire Giuda Iscariota, fu lapidato e poi decapitato.

Paolo di Tarso

Raccontiamo alla classe la storia della conversione di San Paolo narrata in Atti 9,1-28, per far loro conoscere questo personaggio che si definì “Apostolo” (in quanto aveva visto il Signore), tanto importante nella Chiesa degli inizi per la sua azione missionaria: egli, dopo la conversione, compì quattro lunghi viaggi per far conoscere la “Buona Notizia” a tutti e per questo fu denominato “Apostolo delle genti”. Egli parlò non solo agli Ebrei, ma anche ai pagani e ai gentili. Con il termine PAGANO si indicavano gli abitanti delle zone rurali, legati ai culti antichi, mentre con il termine GENTILI si faceva riferimento a coloro che avevano una fede diversa da Ebraismo e Cristianesimo (i Greci e i Romani).

La conversione di San Paolo (At 9,1-28)

Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via. E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: – Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?

Saulo rispose:

– Chi sei, o Signore?

Ed egli:

– Io sono Gesù, che tu perseguiti! Ma tu alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare.

Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. Saulo allora si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco. Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda.

C’era a Damasco un discepolo di nome Anania. Il Signore in una visione gli disse:

– Anania!

Rispose:

– Eccomi, Signore!

E il Signore a lui:

– Su, va’ nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco, sta pregando e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista.

Rispose Anania:

– Signore, riguardo a quest’uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. Inoltre, qui egli ha l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il Tuo nome. Ma il Signore gli disse: – Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele; e io gli mostrerò

Approfondimenti: documento 18

quanto dovrà soffrire per il mio nome.

Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: – Saulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo.

E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono. Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco, e subito nelle sinagoghe annunciava che Gesù è il Figlio di Dio. E tutti quelli che lo ascoltavano si meravigliavano e dicevano:

– Non è lui che a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocavano questo nome ed era venuto qui precisamente per condurli in catene ai capi dei sacerdoti?

Trascorsero così parecchi giorni e i Giudei deliberarono di ucciderlo, ma Saulo venne a conoscenza dei loro piani. Per riuscire a eliminarlo essi sorvegliavano anche le porte della città, giorno e notte; ma i suoi discepoli, di notte, lo presero e lo fecero scendere lungo le mura, calandolo giù in una cesta.

Venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo. Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo condusse dagli Apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù.

Saulo, dopo la sua conversione, mentre si trovava a Cipro, cambia il suo nome quale segno esteriore di un cambiamento più profondo: da Saulo (da Saul primo re d’Israele) persecutore, diventa Paolo, Apostolo e servitore di Gesù Cristo (At 13,9). Quando Paolo fu imprigionato a Gerusalemme con l’accusa di turbare l’ordine pubblico, non venne ucciso perché godeva del diritto di appellarsi al giudizio dell’imperatore, in quanto cittadino romano, e così, condotto a Roma, fu costretto per alcuni anni agli arresti domiciliari, ma riuscì a continuare la sua predicazione. Morì vittima della persecuzione di Nerone, decapitato probabilmente tra il 64 e il 67 d.C..

Possiamo far sintetizzare sul quaderno la storia di San Paolo attraverso lo schema che segue:

osservante della Legge di Mosè

ebreo, con la cittadinanza romana

persecutore dei cristiani

nato a Tarso, in Cilicia, attuale Turchia

SAULO

PAOLO

cristiano

Apostolo delle genti

fondatore di molte comunità e autore di molte Lettere del N. T.

martire: muore decapitato a Roma

Raccontiamo ai bambini gli avvenimenti legati al primo concilio della Chiesa a Gerusalemme, strettamente legato alla figura di Paolo.

All’inizio molte delle persone che si convertivano al cristianesimo provenivano dall’ambiente giudaico e, quindi, professavano la religione ebraica e conoscevano la Legge di Mosè, come gli Apostoli. Gradualmente, grazie all’opera evangelizzatrice di Paolo, anche i pagani cominciarono a convertirsi alla religione cristiana. Questo, però, creò una domanda, “coloro che si convertivano dal mondo pagano dovevano o no osservare anche la Legge mosaica?”, che trovò risposta nel primo concilio della Chiesa, dove Paolo fu accolto e ascoltato dagli Apostoli e dagli anziani di Gerusalemme. Egli raccontò i prodigi del Signore presso i pagani e si dichiarò contrario alla pretesa di chi voleva obbligare coloro che desideravano diventare cristiani a passare per il giudaismo. Pietro, capo dei Dodici, allora prese la parola per primo e, appellandosi alla sua esperienza (aveva assistito alla discesa dello Spirito Santo sui pagani non circoncisi: cfr At 10,44-48) si pronunciò a favore di Paolo e Barnaba. La controversia ebbe fine con un decreto (At 15,22-35) di massima solennità che esponeva la decisione presa dal concilio: per diventare cristiani non era necessario passare per la Legge ebraica (quindi circoncidersi), ma bastava la professione di fede e il Battesimo.

con le fonti storico-geografiche

Con il termine CONCILIO si indica una solenne riunione di tutti i vescovi cristiani per definire argomenti controversi riguardanti la fede e dare degli orientamenti generali su come vivere per rispondere agli insegnamenti del Vangelo. Il primo concilio riconosciuto da tutte le confessioni cristiane è quello che si tenne a Gerusalemme, detto anche “concilio apostolico”, riportato negli Atti degli Apostoli (15,1-29), in cui si stabilirono le norme da seguire per coloro che si convertivano dal paganesimo e non dall’Ebraismo. Sottolineiamo, infine, l’importanza di questa decisione: il cristianesimo affonda le sue radici nell’Ebraismo (perché Gesù è un ebreo), ma lo supera nella figura di Cristo Gesù, compimento della salvezza, nuova ed eterna alleanza stabilita da Dio con tutti gli uomini che desiderino accoglierla.

Il Cristianesimo nasce e si diffonde tra i confini dell’Impero Romano che nei primi secoli d.C. era molto potente: abbracciava tante terre e dominava popolazioni diverse, compresa la Palestina. La straordinaria forza missionaria che contraddistingueva i primi cristiani e la fitta rete di strade e di vie marittime che i Romani avevano realizzato, permisero alla nuova religione di diffondersi rapidamente lungo tutto il bacino del Mediterraneo, ma ben presto questa rapida diffusione si scontrò con l’autorità imperiale, dando vita, in alcuni periodi, a vere e proprie persecuzioni.

Approfondimenti

La religione degli antichi Romani: all’inizio era strettamente legata alle forze della natura: adoravano Giano, dio bifronte, il dio degli inizi materiali e immateriali, che proteggeva le porte, Terminus il dio che proteggeva i confini, Vesta, la dea del fuoco. Molto importanti erano le divinità familiari o spiriti benevoli di epoca arcaica, per i quali si elevavano altari e si costruivano nicchie (cavità all’interno di un muro, di forma semicilindrica, con funzione di riparo) per accoglierne le statue. Essi si distinguevano in:

• Mani o Parentes, che erano gli spiriti degli antenati a cui si offrivano cibi e fiori per ottenere protezione;

• Penati, che proteggevano il benessere familiare ed in particolare le provviste di cibo;

• Lari, che proteggevano i confini della casa e dei campi.

L’influenza etrusca e greca arricchì il pantheon romano di divinità con caratteristiche specifiche. Presso i Romani, infatti, si ritrovano quasi tutte le divinità greche e le loro funzioni, solo con nomi diversi:

nome greco nome romano funzioni principali

Zeus Giove re degli dei, dio del cielo e del tuono

Era Giunone regina degli dei, moglie di Zeus/Giove

Apollo Apollo dio della luce e della poesia

Atena Minerva dea della giusta guerra, della sapienza e della giustizia

Poseidone Nettuno dio del mare

Demetra Cèrere dea dell’agricoltura

Ares Marte dio della guerra

Ermes Mercurio messaggero degli dei

Èstia Vesta dea del focolare domestico

Ade Plutone dio degli inferi

Afrodite Venere dea dell’amore e della bellezza

Artemide Diana dea della caccia

Crono Saturno dio del tempo

Dioniso Bacco dio del vino

Eros Cupido dio dell’amore e delle passioni

Approfondimenti: documento 19

Secondo la religione romana anche all’imperatore si doveva il culto, come ad un dio.

Seguendo la tradizione etrusca, i Romani praticavano anche l’arte della divinazione, quindi credevano che gli Aùguri e gli Aruspici, sacerdotiindovini, potevano ricavare cattivi o buoni presagi attraverso l’ispezione delle viscere di alcuni animali, lo studio dei fenomeni meteorologici e il volo degli uccelli.

I cristiani, aumentando di numero, cominciarono ad organizzarsi con regole e tribunali propri: pur accettando le leggi dell’Impero, formavano una comunità distinta con proprie caratteristiche (ad esempio non accettavano il divorzio, sceglievano di non occuparsi di alcuni mestieri...). Ogni domenica, giorno consacrato a Dio, celebravano la Cena del Signore; alle origini dell’esperienza comunitaria, i cristiani non si radunavano in luoghi “speciali” per il culto, ma utilizzavano le proprie case. L’esperienza di fede, come l’esperienza liturgica passano per la quotidianità degli eventi e dei luoghi. La casa è il luogo della “familiarità”, luogo di condivisione. Quando le prime comunità cominciarono a contare un numero troppo elevato di fedeli nacque, però, l’esigenza di una casa da utilizzare esclusivamente per gli incontri comunitari. È così che sorse la Domus Ecclesiae (“casa della Chiesa”, cioè dell’assemblea), un edificio privato, adattato alla necessità del culto. Uno dei primi esempi di Domus Ecclesiae è la casa di Pietro a Cafarnao. Questo edificio aveva una forma quadrangolare con un atrio, un portico, forse riservato ai catecumeni (coloro che dovevano ricevere il Battesimo), una stanza adibita all’ascolto della Parola (degli Apostoli prima, e poi della Bibbia), una sala per la preghiera, dove si “spezzava il pane” ed un luogo riservato al Battesimo per immersione, dove si trovava una vasca piena d’acqua.

All’inizio sembrava esserci, da parte dei Romani, un margine di tolleranza o più precisamente di indifferenza verso la nuova religione (Roma, infatti, concedeva una certa autonomia ai popoli che conquistava, purché pagassero le tasse e non si ribellassero), ma quando, grazie alla sua originalità e universalità e per la testimonianza di fervore, di amore fraterno e di carità verso tutti dimostrata dai cristiani, questa si diffuse rapidamente in tutto l’Impero e anche fuori dai confini imperiali, le autorità civili e il popolo cominciarono a dimostrarsi ostili.

La società romana aveva una struttura molto solida, ma in grado di realizzare il benessere solo per una minoranza di privilegiati che vivevano nell’agiatezza economica e nella dissolutezza morale, abbandonandosi ai piaceri della vita: cibo, infedeltà matrimoniale, giochi e divertimenti violenti. In realtà l’Impero si fondava sul concetto di schiavitù: gli uomini liberi godevano di ogni privilegio, compreso il diritto di vita e di morte sugli schiavi. Anche le donne e i bambini erano considerati inferiori all’uomo, solo le donne ari-

Resti della casa di Pietro a Cafarnao, Israele, oggi sulle sue fondamenta è stata costruita una moderna chiesa.

stocratiche godevano di una certa libertà. Il messaggio evangelico si scontrò con lo stile di vita dei Romani perché proclamava l’uguaglianza di tutti gli uomini e non accettava gli spettacoli sanguinari tenuti nei circhi, annunciando che la vita è un valore da custodire e difendere. I cristiani venivano accusati di ateismo, perché si rifiutavano di adorare le divinità tradizionali e l’imperatore; di cannibalismo, perché quando si riunivano per celebrare la Cena del Signore “mangiano il corpo di un uomo”; di essere la causa delle calamità naturali, quali la peste, le inondazioni, le carestie. Gesù aveva annunciato ai suoi discepoli che, come avevano perseguitato lui, avrebbero perseguitato anche loro e così avvenne: i cristiani furono perseguitati dai Romani, anche se non sempre con la stessa intensità e continuità, per i primi tre secoli. Questi costituirono l’era dei martiri, che terminò solo nel 313 con l’editto di Milano, con cui gli imperatori Costantino e Licinio concedettero la libertà di culto, proclamando la neutralità dell’Impero nei confronti di ogni fede.

Il tempo delle persecuzioni si può dividere in tre grandi periodi:

• 54-100 d.C. le persecuzioni sono sporadiche e limitate ad alcune zone dell’Impero. Si ricorda quella ad opera dell’imperatore Nerone, che attribuì ai Cristiani la responsabilità dell’incendio di alcuni quartieri di Roma. A Roma, sotto Nerone, morì un gran numero di cristiani, tra cui gli Apostoli Pietro e Paolo;

• 100-250 d.C. il cristianesimo si è diffuso in tutto l’Impero ma le persecuzioni sono limitate ad alcune province;

• 250-311 d.C. l’imperatore Decio impose la religione romana ad ogni cittadino e ordinò sacrifici agli dei, in questo periodo si verificò una vera persecuzione di massa dei cristiani.

Il martirio, nonostante la sua crudeltà ed ingiustizia, era visto come una rinascita in Cristo, piuttosto che come una morte. I martiri, infatti, si rifiutavano di abiurare la propria religione a costo della vita.

Noi conosciamo la vita e la fede della Chiesa primitiva grazie ad alcuni documenti di autori anonimi entrati nella Tradizione e ai Padri della Chiesa: sacerdoti, vescovi, filosofi e teologi, che seppero comunicare ai fratelli la grandezza del mistero di Dio. Per approfondire lo stile dei vita dei primi cristiani, prendiamo in esame due documenti molto importanti dei primi secoli: la Lettera a Diogneto (un testo di cui non si conosce l’autore, ritrovato per caso in un mercato del pesce a Costantinopoli) e il Martyrium Polycarpi (la lettera che la Chiesa di Smirne in Turchia inviò a quella di Filomelio in Frigia), che rappresenta la più antica narrazione martirologica pervenutaci.

I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente

Approfondimenti: documento 20

paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite e con la loro vita superano le leggi. Amano tutti e da tutti vengono perseguitati. Non sono conosciuti e vengono condannati. Sono uccisi e riprendono a vivere. Sono poveri e fanno ricchi molti; mancano di tutto e di tutto abbondano. Sono disprezzati e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. Dai Giudei sono combattuti come stranieri e dai Greci perseguitati e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell’odio.

da Lettera a Diogneto V

Animiamo la conversazione con le seguenti domande:

- La Lettera a Diogneto cosa può dirci circa lo stile di vita dei cristiani?

- I cristiani devono rispettare le leggi degli uomini?

- Cosa significa che “uccisi, riprendono a vivere”?

- Qual è l’espressione più bella del testo, secondo voi? Per quale motivo?

Il martirio di Policarpo

Policarpo fu condotto allo stadio, dove c’era una gran confusione, tanto che nessuno avrebbe potuto farsi sentire. Mentre entrava nello stadio scese una voce dal cielo:

– Sii forte, Policarpo, e mostrati valoroso.

Nessuno vide chi aveva parlato, ma quelli dei nostri che erano presenti udirono la voce. Infine, mentre veniva condotto dentro, si elevò un grande clamore per la notizia del suo arresto. Portato davanti al proconsole, questi gli chiese se fosse Policarpo. Egli annuì e (il proconsole) cercò di persuaderlo a rinnegare dicendo:

– Pensa alla tua età, giura per la fortuna di Cesare, cambia pensiero e di’: Abbasso gli atei!

Policarpo, invece, con volto severo guardò per lo stadio tutta la folla dei crudeli pagani, tese verso di essa la mano, sospirò e guardando il cielo disse:

– Sì, certamente, abbasso gli atei!

Il capo della polizia insistendo disse:

– Giura e io ti rilascio. Maledici il Cristo.

Policarpo rispose:

– Da ottantasei anni lo servo e non mi ha fatto alcun male. Come potrei bestemmiare il mio Re che mi ha salvato?

Insistendo ancora gli disse:

– Giura per la fortuna di Cesare!

Policarpo rispose:

– Se ti illudi che io giuri per la fortuna di Cesare, come tu dici, e simuli di non sapere chi io sono, sentilo chiaramente. Io sono cristiano. Se poi desideri conoscere la dottrina del Cristianesimo, concedimi una giornata e ascoltami.

Rispose il proconsole:

– Convinci il popolo.

Policarpo continuò:

– Te solo ritengo adatto ad ascoltarmi. Ci è stato insegnato di dare alle autorità e ai magistrati stabiliti da Dio il rispetto come si conviene, ma senza che ci danneggi. Non ritengo gli altri capaci di ascoltare la mia difesa.

A queste parole la folla si diede a raccogliere legna per accendere un grande fuoco perché fosse arso vivo. Quando il rogo fu pronto, depose le vesti e sciolse la cintura, poi incominciò a slegarsi i calzari, cosa che precedentemente non faceva, perché ogni fedele si affrettava a chi prima riuscisse a toccargli il corpo, tanto era venerato anche prima del martirio. Subito venne preparato l’apparecchio che serve per fissare il paziente al rogo, ma quando stavano per inchiodarcelo, egli li fermò dicendo:

– Lasciatemi così. Chi mi dà la forza di sopportare il fuoco mi concederà anche, senza la vostra difesa dei chiodi, di rimanere fermo sulla pira.

Allora non lo inchiodarono, lo legarono con le mani dietro la schiena e legato come un capro scelto per essere offerto a Dio, guardando verso il cielo intonò una preghiera di lode. Quando ebbe detto “amen” gli addetti al rogo vi appiccarono il fuoco. La fiamma divampò grande e noi vedemmo un prodigio: il fuoco, curvandosi a guisa di volta, come vela di nave gonfiata dal vento, girò intorno al corpo del martire. Egli stava in mezzo, non come carne che brucia ma come pane che cuoce, o come oro e argento che brilla nella fornace. E a noi arrivò un profumo come di incenso che si alzava, o di altri aromi preziosi. Alla fine gli empi, vedendo che il corpo di lui non veniva consumato dal fuoco, ordinarono al confector di avvicinarsi e di finirlo con un pugnale. Appena egli ebbe eseguito l’ordine, uscì fuori una colomba e zampillò molto sangue che spense il fuoco. Tutta la folla rimase meravigliata della grande differenza che passa tra gli infedeli e gli eletti. Tra questi c’è il meraviglioso martire Policarpo, vescovo della Chiesa cattolica di Smirne, divenuto ai nostri giorni un maestro apostolico e profetico. da G. Bosio, E. Dal Covolo, M. Maritano, Introduzione ai Padri della Chiesa sec I e II, SEI

Dopo la lettura proponiamo ai bambini le seguenti domande per avviare la conversazione:

- Perché Policarpo fu condotto allo stadio?

- Chi udì la voce dal cielo? E cosa disse la voce?

- Perché Policarpo non volle farsi inchiodare all’apparecchio?

Approfondimenti: documento 21

- Cosa accadde al fuoco?

- Perché fu chiamato il confector?

- Cosa uscì dal corpo del martire?

- Che effetto ebbe sul popolo il martirio?

Approfondimenti

Le catacombe: per lungo tempo si è creduto che fossero il rifugio dei cristiani perseguitati, ma non è così, infatti, erano ben note al mondo romano! Le catacombe (termine che significa “il luogo verso le cave”) sono cimiteri sotterranei che i cristiani usarono nei primi secoli e i fedeli vi affluivano solo per visitare le tombe dei propri cari o per venerare quelle dei martiri. I Romani chiamavano i loro cimiteri “necropoli”, cioè “città dei morti”, i primi cristiani preferivano, invece, il nome di “cimitero” parola inventata da loro che significa “luogo del sonno”; affermando in questo modo la loro fede nella risurrezione dei corpi promessa da Gesù.

Approfondimenti: documento 22

Le catacombe sono formate da una fitta rete di gallerie sotterranee che si diramano in innumerevoli bracci che, a loro volta, si incrociano su più livelli. Nelle pareti delle gallerie sono scavati i loculi, ossia i vani dove venivano deposti i corpi, poi chiusi con lastre di marmo o con mattoni. I loculi rappresentavano il sistema sepolcrale più umile ed egualitario per rispettare il senso comunitario che animava i primi cristiani. I corridoi stretti a volte si allargano in stanze più grandi, dove si trovano tombe più complesse, come gli arcosoli, nicchie o cavità semicilindriche con tetto arcuato, generalmente destinate a contenere il corpo di un defunto o di un intero nucleo familiare, e i cubicoli, vere e proprie camere sepolcrali (come indicato dal termine stesso), con vari loculi per tombe di famiglia. I cristiani cercavano di sistemare le sepolture dei loro defunti il più vicino possibile alle tombe dei martiri perché si riteneva che anche in Paradiso si sarebbe stabilita questa mistica vicinanza.

Molte tombe dei martiri furono trasformate in cripte, cioè in piccole chiese sotterranee, abbellite da pitture, mosaici o altre decorazioni, dove a volte venivano celebrate delle funzioni religiose.

Le catacombe sono state scavate preferibilmente in un tipo di roccia tenera di origine vulcanica, il tufo, da alcuni cristiani detti “fossori”; costoro, così denominati per la prima volta nel 303, erano addetti alla realizzazione delle gallerie, alla decorazione degli ambienti e delle tombe e alla sepoltura dei defunti. Si trattava di un lavoro lento, paziente, fatto con il piccone e il badile al tenue chiarore delle lucerne. Per portare fuori il materiale si servivano di ceste o sacche.

Simboli nelle catacombe

Molto importante è l’arte delle catacombe (prima forma di arte cristiana), un’arte di tipo simbolico, nel senso che vengono rappresentati con semplicità alcuni concetti difficili da esprimere:

• il pesce raffigura Cristo, perché il termine PESCE in greco si scrive

nel modo seguente: Ι Χ Θ Υ Σ (ICTHYS), utilizzando l’acronimo (parola o frase formata con una o più lettere iniziali di altre parole) si ottiene:

– Iesùs (Gesù)

– Christhòs (Cristo)

– Theoù (di Dio)

– Yiòs (figlio)

– Sotèr (Salvatore)

• la colomba rappresenta la pace del Paradiso;

• l’ancora simboleggia la fermezza della fede;

• la palma, il pavone, la fenice e l’agnello richiamano la salvezza eterna;

• la nave e il faro sono simbolo della Chiesa e della vita del cristiano che tende al porto della salvezza, cioè il cielo;

• il buon pastore con una pecorella sulle spalle, mentre vigila un piccolo gregge, talvolta costituito da due sole pecore poste ai suoi fianchi, ispirato alla parabola della pecorella smarrita (una delle immagini più rappresentate nell’arte delle catacombe in affreschi, in rilievi o incisioni dei sarcofagi, statue) richiama Cristo, rappresentato quindi come un umile pastore;

• l’orante, figura vestita di una tunica con larghe maniche e con le braccia alzate in preghiera, simboleggia l’anima in possesso della beatitudine celeste (del defunto) che intercede per coloro che restano in vita. Il simbolismo delle braccia alzate esprime, inoltre, il desiderio del distacco da ciò che è terreno per innalzarsi con tutto l’essere verso il cielo;

• l’araba fenice, un uccello mitologico simile ad un’aquila reale con un becco affusolato e zampe lunghe. Essa possiede un piumaggio particolare: penne dorate sul collo, rosse nel corpo, azzurre verdi e rosee nella coda, in parte dorate e in parte di porpora nelle ali. È per i cristiani simbolo della Risurrezione, perché questo uccello, secondo la leggenda, ogni cento anni, costruiva un nido di legni odorosi, lo lasciava incendiare dai raggi del sole e poi sceglieva di morire tra le fiamme di quel rogo. Dopo qualche giorno riemergeva dalla cenere un uovo da cui rinasceva, più pura e più bella, l’araba fenice.

• Molto noto è il monogramma di Cristo costituito dalle due prime lettere del nome greco Christos (la Χ (chi) e la Ρ (ro) intrecciate insieme). Più tardi comparirà con l’aggiunta di α (A = alfa) e ω (Ω = omega) che saranno il simbolo del “Cristo Signore”. Infatti dall’Apocalisse 22,13: “Io sono l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine”.

Sulle lastre di chiusura dei loculi, in qualche caso, era rappresentato un attrezzo relativo al mestiere svolto in vita dal defunto.

Intorno alle tombe dei martiri si sviluppò una forma di culto da parte dei pellegrini che lasciavano i loro graffiti e le loro preghiere.

PROPOSTA 1

Costruiamo un Tau francescano con il Das. – Fornire ad ogni bambino un piccolo panetto di Das e dopo averlo ammorbidito facciamolo stendere con un mattarello.

Alla fine, facciamo delineare con la matita il tau e, usando un coltello di plastica, facciamolo ritagliare. Dopo averlo lasciato asciugare sarà possibile colorarlo con le tempere.

Approfondimenti

Il Tau: è sicuramente il simbolo francescano più conosciuto e sicuramente più caro a Francesco. Esso rappresenta l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico: taw, simbolo del compimento dell’intera Rivelazione. Questo segno, che veniva anche trascritto con una specie di T, ha un’origine antichissima. Lo si trova già nella Bibbia in Genesi (4,15), Esodo (12,7), in Giobbe (31,35) ma soprattutto in Ezechiele (9,3-4): «Il Signore disse: “Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un Tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono...”»

In questo passo il Tau è chiaramente un segno di benedizione e di salvezza.

I cristiani lo adottarono molto presto come segno per due motivi: come ultima lettera dell’alfabeto ebraico, era una profezia dell’ultimo giorno con la stessa funzione della lettera greca Omega, con cui si definisce Gesù nell’Apocalisse di San Giovanni: «Io sono l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine (Ap 21,6) Io sono l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine (Ap 22,13)»; questo segno, inoltre, ricordava la croce di Cristo, compimento delle promesse dell’Antico Testamento e salvezza del mondo. Francesco usava questo sigillo per dare inizio alle sue azioni (FF 1347) e firmarsi quando scriveva (FF 980).

PROPOSTA 2

Proponiamo alla classe una “visita virtuale” in Assisi!

Approfondimenti: documento 23

- Fotocopiare per ciascun alunno la cartina di Assisi (cartamodello 19 in fondo al volume) in modo da ripercorrere insieme ai bambini le tappe della vita di San Francesco nella città umbra.

- Seguendo le indicazioni dell’insegnante, ognuno dovrà colorare, con un pennarello rosso, la strada per raggiungere i luoghi visitati, e le immagini corrispondenti.

1. Partiamo per questo “viaggio virtuale” dalla stazione ferroviaria di Assisi e dirigiamoci a piedi verso la Basilica di Santa Maria degli Angeli. Questa chiesa è stata costruita nel 1500, intorno alla Porziuncola, una delle piccole chiesette restaurate da Francesco e alla cappella del Transito, luogo della morte del Santo. Qui i primi frati sperimentarono la vita comunitaria. Importante, secondo la tradizione, è l’episodio che ha portato alla concessione dell’Indulgenza plenaria (perdono di tutti i peccati): in una notte del 1216, il giovane frate era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella piccola

chiesa della Porziuncola, quando improvvisamente, sopra l’altare, gli apparve il Cristo rivestito di luce e alla sua destra sua Madre santissima, circondati da una moltitudine di Angeli. Allora si sentì chiedere cosa desiderasse per la salvezza delle anime e lui rispose di desiderare una completa remissione di tutte le colpe per coloro che, pentiti e confessati, si sarebbero recati in questa chiesa. Quello che sia chiama il “Perdono d’Assisi”, fu approvato dal Papa Onorio III in forma permanente, perché il Santo non ne chiese la durata in anni, ma in anime (FF 3391-3397).

Per aiutare i bambini a comprendere l’indulgenza plenaria si può narrare una storiella di Ferrero: un papà disse a suo figlio di piantare un chiodo nella staccionata di casa ogni volta che commetteva una cattiva azione e di toglierne uno ogni volta che faceva qualcosa di buono. Anche se l’uomo cambia la prorpia vita diventando più buono, rimangono i segni dei buchi lasciati dai chiodi,“cicatrici”dei peccati commessi. Con l’indulgenza plenaria Dio cancella i peccati di ogni uomo e anche tutti i segni che questi hanno lasciato.

2. Terminata la visita della Basilica, con l’autobus di linea saliamo in Assisi, fino alla piazza sottostante l’imponente Basilica di San Francesco. La chiesa in cui è conservata la tomba di San Francesco, sorge su quello che era chiamato “Colle dell’Inferno” perché vi si giustiziavano i malfattori, poi ribattezzato “Colle del Paradiso” per la bellezza del monumento che ne ha modificato l’aspetto. Nel 1228, solo due anni dopo la morte, Francesco venne canonizzato e il suo successore, frate Elia fece costruire quella che oggi è chiamata la “Basilica Inferiore” che, vista dall’alto, si presenta come un enorme Tau. Per una scala a doppia rampa, si scende nella cripta dove si trova la tomba del Santo (tenuta nascosta e inaccessibile fino al 1800) e, intorno, quelle dei primi compagni. Dove si incrociano le scale della cripta, in una piccola urna, sono custoditi i resti del corpo di “frate Jacopa”. Proprio dietro l’altare della Basilica Inferiore, si possono prendere le scale per salire alla Basilica Superiore, un edificio a croce latina, slanciato e luminoso, le cui pareti sono interamente affrescate dai cicli pittorici di Cimabue e Giotto.

La tomba del Santo corrisponde perfettamente al luogo dell’altare nelle due basiliche (Inferiore e Superiore); tale struttura richiama il mistero pasquale: il piano della cripta e quello della Basilica Inferiore, basso e buio, simboleggiano il Venerdì Santo, mentre quello della Basilica Superiore, alto e ricco di luce, ricorda la Risurrezione-Ascensione del Signore.

3. Uscendo da piazza San Francesco, arriviamo a piedi fino alla Piazza del Comune, dove sorge il tempio di epoca romana dedicato alla dea Minerva, dea della guerra e della saggezza, oggi trasformato in chiesa cristiana.

4. Dalla piazza, proseguiamo verso la Basilica di Santa Chiara, che sorge dove si trovava la chiesa di San Giorgio e fu costruita dopo la canonizzazione della Santa per accogliere la sua tomba. Adiacente alla chiesa si trova il Protomonastero delle Sorelle Clarisse, che vi si trasferirono dalla prima sistemazione a San Damiano. In questo luogo, ancora oggi, delle donne scelgono di vivere sull’esempio di Chiara, per diventare segno di un amore vissuto gioiosamente al seguito del Cristo povero e crocifisso. In questa Basilica si trova anche il crocifisso originale che parlò a Francesco nella chiesa di San

Damiano. Le suore lo portarono con loro durante il trasferimento, visto che era la cosa più preziosa che avevano.

5. Ripartendo dalla Basilica di Santa Chiara e uscendo dalle mura, ci dirigiamo a piedi verso il Santuario di San Damiano. Immerso nel verde, a metà costa tra la pianura e la collina di Assisi, rappresenta uno dei luoghi privilegiati per lo spirito, dove, ancora oggi, è possibile respirare l’atmosfera del primo francescanesimo. Qui il crocifisso chiamò Francesco per nome. Chiara con le sue sorelle dimorò in questo Santuario fino alla sua morte nel 1253 e qui venne composto dal Santo il Cantico di Frate Sole, conosciuto anche come Cantico delle Creature. In questo luogo è possibile visitare il coro dove pregavano le suore, il refettorio e il dormitorio, posto proprio sopra la chiesa, dove Chiara è rimasta a letto inferma per molti anni.

6. Per concludere la visita, riscendiamo sempre a piedi, da San Damiano fino alla stazione.

PROPOSTA 3

Approfondimenti: documento 24

Galleria d’arte: tavole 15-20 da proiettare e ingrandire con la LIM

Lavoriamo insieme alla classe su alcuni episodi della vita di San Francesco, attraverso tralci di testi scritti, tratti dalle Fonti Francescane, e relativo materiale iconografico tratto dal ciclo di affreschi sulla vita del Santo, realizzato da Giotto nelle Basilica Superiore di San Francesco in Assisi. Oltre che riflettere sugli episodi proposti attraverso domande date, i bambini dovranno riprodurre le opere presentate. - Dividere la classe in sei gruppi e consegnare a ciascun gruppo uno dei sei affreschi di Giotto (da stampare a colori in formato A4 dal CD-Rom: sezione Approfondimento, documento 24), accompagnati dal rispettivo passo delle Fonti Francescane e relativi spunti di riflessione. Nel caso non sia possibile procurarsi le stampate, si può lavorare insieme a tutta la classe, scegliendo un singolo episodio e proiettando il corrispettivo affresco sulla LIM le tavole della Galleria d’arte.

La preghiera davanti al crocifisso di San Damiano Un giorno, trovandosi a passare vicino alla chiesa di San Damiano vi entrò per pregare. Pregando inginocchiato davanti all’immagine del crocifisso, si sentì invadere da una grande consolazione spirituale e, mentre fissava gli occhi pieni di lacrime nella croce del Signore, udì con gli orecchi del corpo una voce scendere verso di lui e dirgli per tre volte: “Francesco, va’ e ripara la mia casa che, come vedi è tutta in rovina!”

(Leggenda Maggiore, FF 1038)

- Quali emozioni o quali pensieri suscita in te questo affresco?

- Secondo te, cosa provò Francesco all’udire quella voce?

Giotto, La preghiera davanti al crocifisso di San Damiano, (tav. 15)

La rinuncia ai beni paterni

Quel padre carnale cercava di indurre quel figlio della grazia a presentarsi davanti al vescovo della città, per fargli rinunciare all’eredità paterna. Immediatamente lui depone tutti i vestiti e li restituisce al padre dicendo:

- Finora ho chiamato te mio padre sulla terra; d’ora in poi posso dire con tutta sicurezza Padre Nostro che sei nei cieli, perché in lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e speranza.

Il vescovo subito si alzò, lo prese piangendo fra le sue braccia e lo ricoprì con il suo stesso pallio.

(Leggenda Maggiore, FF 1043)

- Quali emozioni o quali pensieri suscita in te questo affresco?

- Perché un uomo sembra tenere Pietro di Bernardone?

- Cosa rappresenta la mano che, benedicente, esce dalle nubi?

- Il mantello del Vescovo è segno di quale protezione?

Il sogno di Innocenzo III

Il papa ascoltò con meraviglia la parabola e riconobbe senza incertezze che Cristo aveva parlato in quell’uomo. Si ricordò di un sogno fatto pochi giorni prima e, illuminato dallo Spirito Santo, affermò che si sarebbe realizzato proprio in lui. Aveva sognato, infatti, che la Basilica del Laterano stava per crollare e che un religioso, piccolo e spregevole, la puntellava con le sue spalle, perché non cadesse. “Ecco”, pensò: “questi è colui che con l’azione e la parola sosterrà la Chiesa di Cristo”.

(Celano, Vita Seconda di San Francesco d’Assisi, FF 603)

- Quali emozioni o quali pensieri suscita in te questo affresco?

- Cosa voleva dire il papa quando pensò che Francesco avrebbe sostenuto la Chiesa di Cristo?

La prova del fuoco davanti al Sultano d’Egitto

La terza volta, dopo aver subito molti obbrobri, catene, battiture e fatiche, fu condotto, per volontà di Cristo, davanti al Sultano di Babilonia. Stando alla sua presenza, tutto ardente del fuoco dello Spirito Santo, annunciò a lui con tanta forza e con una predicazione così viva ed efficace Cristo Gesù e la fede del Suo Vangelo, che il Sultano (Melek-el-Kamel) e

Giotto, La rinuncia ai beni paterni, (tav. 16)
Giotto, Il sogno di Innocenzo III, (tav. 17)

tutti i presenti furono pieni di ammirazione. Il Santo al Sultano:

“Se mi vuoi promettere che passerete alla religione di Cristo, qualora io esca illeso dal fuoco, io entrerò nel fuoco da solo.”

Ma il Sultano gli rispose che non osava accettare questa sfida.

(Cronaca o storia delle sette tribolazioni dell’ordine dei frati minori di Angelo Clareno, FF 2154 - Leggenda Maggiore, FF 1174)

- Quali emozioni o quali pensieri suscita in te questo affresco?

- Secondo te perché Francesco va presso i musulmani senza armi?

Francesco riceve le stimmate

Le stimmate furono il sigillo che lo rese simile al Dio vivente, cioè a Cristo Crocifisso. Pregando, il beato Francesco, sulla costa del monte della Verna, vide Cristo sotto forma di serafino crocifisso, che gli impresse, nelle mani e nei piedi e anche nel costato destro, le stimmate della Croce dello stesso Signor nostro Gesù Cristo.

(Leggenda Maggiore di San Bonaventura, FF 1225)

- Cosa vuol dire che le stimmate sono considerate “l’ultimo sigillo”?

- Quali emozioni e/o pensieri suscita in te questo affresco?

- Secondo te, il volto del dipinto esprime i sentimenti di Francesco? Perché?

La morte di San Francesco

Quando giunsero al luogo dove egli aveva fondato l’Ordine religioso delle Sacre Vergini e Donne Povere, deposero il sacro corpo nella Chiesa di San Damiano. Ed ecco, Donna Chiara, che era veramente chiara per ricchezza di meriti, viene con le Figlie a vedere il Padre che più non parla con loro, perché se ne va altrove.

(Celano, Vita Prima di San Francesco d’Assisi, FF 524)

- Quali emozioni o quali pensieri suscita in te questo affresco?

- Perché Chiara piange la morte di Francesco se è certa che lui adesso è vicino al suo Signore?

Giotto, Francesco riceve le stimmate sul monte della Verna, (tav. 19)
Giotto, Il commiato di Santa Chiara alle spoglie del Santo a San Damiano, (tav. 20)
Giotto, La prova del fuoco davanti al Sultano d’Egitto, (tav. 18)

PROPOSTA

4

Presentiamo alla classe Il Cantico di Frate Sole, uno degli scritti più belli di San Francesco.

Secondo le Fonti Francescane, il Cantico sarebbe stato composto a San Damiano nel 1224, dopo una notte di tormenti e dolori, al termine della quale una visione divina avrebbe promesso a Francesco la beatitudine eterna. Esso è tra i pochissimi scritti pervenutici di Francesco ed è l’unico scritto in volgare (è una delle prime opere della letteratura italiana in volgare) attribuito con sicurezza al Santo. La Lingua volgare è una modalità comunicativa che fa riferimento, nel Medioevo ed in Europa occidentale, alla lingua parlata dal popolo (in latino vulgus), la quale, con il passare dei secoli, si era distaccata notevolmente dal latino classico. Dal volgare parlato nei diversi Paesi si sono evolute le attuali lingue romanze (italiano, francese, spagnolo...).

Dopo l’ascolto, analizziamo insieme il testo in volgare.

Il Cantico di Frate Sole Altissimu, onnipotente bon Signore, Tue so’ le laude, la gloria et l’honore et omne benedictione.

Ad Te solo, Altissimo, se konfano, et nullu homo ène dignu te mentovare.

Laudato sie, mi’ Signore cum tucte le Tue creature, spetialmente messer lo frate Sole, lo qual è iorno, et allumeni noi per lui.

Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significatione.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora Luna e le Stelle: in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento.

Laudato si’, mi’ Signore, per sor Aqua, la quale è molto utile et humile et pretiosa et casta.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate Focu, per lo quale enn’allumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

Laudato si’, mi’ Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore et sostengono infirmitate et tribulatione. Beati quelli ke ‘l sosterranno in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.

Musica: traccia audio n. 9

Laudato si’ mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po’ skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no li farrà male.

Laudate et benedicete mi’ Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate.

da FF 263

PROPOSTA 5

Proponiamo un confronto del testo sulla conversione di San Paolo, descritta da lui stesso in Atti degli Apostoli (At 22,3-11), con la lettura del dipinto di Caravaggio.

Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, formato alla scuola di Gamaliele, nelle più rigide norme della Legge paterna, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. Io perseguitai a morte questa nuova dottrina, arrestando e gettando in prigione uomini e donne, come può darmi testimonianza il Sommo Sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro ricevetti lettere per i nostri fratelli di Damasco e partii per condurre anche quelli di là come prigionieri a Gerusalemme, per essere puniti. Mentre ero in viaggio e mi avvicinavo a Damasco, verso mezzogiorno, all’improvviso una gran luce dal cielo rifulse attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” Risposi: “Chi sei, o Signore?” Mi disse: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti”. Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono colui che mi parlava. Io dissi allora: “Che devo fare, Signore?” e il Signore mi disse: “Alzati e prosegui verso Damasco; là sarai informato di tutto ciò che è stabilito che tu faccia”. E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni, giunsi a Damasco.

Aiutiamo i bambini nella riflessione attraverso la seguente domanda:

- Secondo voi, il Caravaggio ha reso, nel suo dipinto, ciò che Paolo narra di aver vissuto?

Chiediamo ad ogni bambino come rappresenterebbe l’episodio.

PROPOSTA 6

Proponiamo un gioco per porre a confronto i principi su cui si fondava la società dell’antica Roma, con quelli cristiani.

- Far riprodurre ai bambini, sul quaderno, una tabella come la seguente, con i due titoli.

Galleria d’arte: tavola 21 da proiettare e ingrandire con la LIM
Caravaggio, Conversione di San Paolo, (tav. 21)

- Successivamente pronunciare a voce alta e in ordine sparso i diversi valori, che gli alunni dovranno inserire nella colonna giusta.

Adorazione degli dei. Adorazione dell’imperatore. Guerra. Forza e potere. Vendetta. Ricchezza personale. Divisione sociale tra uomini liberi e schiavi. Infanticidio. Sottomissione della donna all’uomo. Importanza di valori e beni materiali. Violenza.

Fratellanza. Uguaglianza tra tutti gli uomini. Amore. Pace. Cena del Signore. Comunione dei beni. Non violenza. Adorazione di Dio Padre. Rispetto per la vita. Parità uomo e donna. Amore per il prossimo e per i nemici. Importanza di valori umani e spirituali. Perdono.

Al termine dell’esercizio, sarà vincitore chi avrà riportato tutte le affermazioni nella colonna giusta.

PROPOSTA 7

Realizziamo il modellino di una catacomba.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 20 in fondo al volume.

- Far disegnare, negli spazi vuoti, alcuni dei simboli iconografici ritrovati nelle catacombe e far colorare (fig.1).

- Far ritagliare lungo le linee tratteggiate e piegare lungo le linee a puntini. Poi incollare le alette superiori in modo da chiudere il foglio, ottenendo così uno stretto corridoio con loculi in entrambi lati, come nelle antiche catacombe (fig. 2).

PROPOSTA 8

1

Scopriamo perché San Sebastiano e San Lorenzo vengono raffigurati uno con le fecce e l’altro con la graticola. Mostriamo ai bambini i due dipinti poi lasciamo avanzare loro delle ipotesi su quello che potrebbe essere successo a questi due cristiani dei primi secoli, infine raccontiamo come è avvenuto il martirio, secondo i documenti dei primi secoli.

L’imperatore Diocleziano (imperatore dal 284 al 305 d.C.), furioso per la crescita numerica dei cristiani, scatenò una terribile persecuzione. Sebastiano, ufficiale nella legione dell’Impero, fu accusato di essere a capo di un gruppo di cristiani e fu condannato ad essere trafitto dalle frecce: legato ad un palo, fu colpito seminudo da tante frecce. L’imperatore interruppe quel folle massacro solo quando quel povero corpo fu pieno di frecce, come l’istrice dei suoi aculei. Creduto morto dai soldati, fu lasciato lì in pasto agli animali selvatici. Ma una nobile donna romana, sfidando il pericolo di essere arrestata, andò a recuperarne il corpo per dargli sepoltura, secondo la pia usanza dei cristiani e si accorse che il tribuno non era morto e lo portò a casa sua. Miracolosamente Sebastiano, per opera del Signore, riuscì a guarire da tutte le

2

Fig.
Fig.

ferite, come se non le avesse mai avute! Quando fu guarito, nonostante il consiglio degli amici di fuggire da Roma, decise di proclamare la sua fede davanti a Diocleziano. Quest’ultimo, superata la sorpresa, dopo averlo ascoltato ordinò che questa volta fosse flagellato a morte: lo fece bastonare fino a fracassargli tutte le ossa e ordinò che il corpo venisse gettato tra i rifiuti, affinché i cristiani non potessero recuperarlo. La notte, il Santo, apparve in sogno ad una donna di nome Lucina, indicandole il luogo dov’era stato gettato il suo corpo, affinché potessero ritrovarlo e dargli degna sepoltura.

Sotto l’imperatore Valeriano (che regnò dal 253 al 260 d.C.) la situazione per i cristiani è sempre difficile. All’inizio dell’agosto 258 egli aveva emanato un editto, ordinando che tutti i Vescovi, presbiteri e diaconi dovevano essere messi a morte e vietando il culto cristiano. Nonostante il divieto, alcuni diaconi, con il Papa Sisto V, si ritrovano nelle catacombe per celebrare l’Eucaristia. Ad un tratto si odono per i cunicoli le grida e i passi precipitosi dei soldati e in un attimo l’orrore si sparge lungo le gallerie: tutti i presenti vengono uccisi a colpi di spada, tranne Lorenzo che viene lasciato in vita perché consegni all’imperatore i tesori della Chiesa. Il 10 agosto, i militari si accaniscono contro il coraggio e la tenacia del Santo diacono che non rivela nulla e decidono di ucciderlo con una graticola posta sopra carboni ardenti. Si dice che, ancora oggi, le stelle cadenti cadano così numerose nella notte del 10 agosto per ricordare il pianto del cielo per Lorenzo e la Chiesa del suo tempo.

Galleria d’arte: tavole 22-23 da proiettare e ingrandire con la LIM

Signorelli, Martirio di San Sebastiano, (tav. 22)
Tiziano, Martirio di San Lorenzo, (tav. 23)

Riordina con i numeri da 1 a 10 la storia di San Francesco, poi sul quaderno scrivi una didascalia per ogni immagine.

Completa la descrizione del Crocifisso di San Damiano.

Nella parte alta del Crocifisso possiamo notare la scena dell’ , Gesù risorto che sale al ............................ tra una folta schiera di . La mano in alto, con tre ................................. aperte e le altre chiuse a pugno, in segno di ..................................................., indica sicuramente la presenza di . Sotto tutta questa scena è la scritta voluta da Pilato “Jesus Nazarenus Rex Iudeorum” che significa “Gesù dei Giudei”.

Sulla testa del Signore non c’è una .................. .......................... di ....................................., ma al suo posto c’è un’.................................................... d’oro.

Gli occhi di Gesù sono grandi e ........................................................................ per dirci che il Cristo, sulla croce è il “vivente” che ha sconfitto la per sempre. Due gruppi di ................................ sono raffigurati intorno alle ................................ ferite ed insanguinate di Gesù. Sotto le braccia distese sulla croce, come a voler abbracciare il mondo, sono raffigurati i testimoni della . A sinistra possiamo osservare

.........................................., la madre di Gesù, accompagnata e sorretta da .........................................., il discepolo tanto amato. A lui Gesù affida la .............................. prima di morire. Ai lati, davanti a Maria e al centurione, si trovano due personaggi più

Sono stati identificati rispettivamente con coloro che sono stati incaricati dell’ esecuzione di . A sinistra Longino, colui che il costato di Gesù e a destra l’uomo che gli diede da bere l’ . Sul lato destro troviamo a partire da sinistra, Maria Maddalena, Maria, la madre di Giacomo e il ............................... . Accanto alla gamba sinistra di Gesù si può notare un piccolo , segno sia del rinnegamento di Pietro (Gv 18, 25-27) che del che sorge ad annunciare un nuovo giorno, cioè .................................... risorto.

Crocifisso di San Damiano, (tav. 24)

Rispondi alle domande.

• Cosa rappresenta il segno nella foto?

• Quali sono, secondo te, i valori evangelici che caratterizzano lo stile francescano?

• A quali bisogni dell’uomo ha cercato di rispondere San Francesco con la sua vita? .....................................................................................................................................................................................

Collega con delle frecce colorate ogni espressione della Preghiera Semplice, attribuita dalla tradizione popolare a San Francesco d’Assisi, con la frase corrispondente.

Oh Signore, fa di me uno strumento della tua pace:

Dov’è odio ch’io porti la gioia.

Dov’è offesa ch’io porti la speranza.

Dov’è discordia ch’io porti la luce.

Dov’è dubbio ch’io porti il perdono.

Dov’è errore ch’io porti l’amore.

Dov’è disperazione ch’io porti l’unione.

Dov’è tristezza ch’io porti la verità.

Dove sono le tenebre ch’io porti la fede.

Che non cerchi tanto di:

Essere consolato quanto di comprendere.

Essere compreso quanto di amare.

Essere amato quanto di consolare.

Poiché:

È dando che si risuscita a vita eterna.

È perdonando che si riceve.

È morendo che si è perdonati.

Osserva la cartina poi rispondi alle domande.

Giacomo il Maggiore

Simone

AFRICA

Giacomo il Minore EUROPA

Pietro

Giovanni

Filippo

Andrea

Gerusalemme

Tommaso

Giuda

Taddeo

ASIA

Arabia

Saudita

Matteo

• Chi sono i personaggi disegnati?

• Cosa rappresenta questa cartina?

• Perché partono tutti da Gerusalemme?

Golfo

Persico

Bartolomeo

• Cosa annunciano gli Apostoli “fino agli estremi confini della terra”?

Completa le frasi inserendo le parole date al posto giusto. Poi disegna la vignetta mancante e colora.

Gesù - case - radunavano - cristiani - comune - Cristo - Apostoli spezzare - insieme - piedi - Santa Cena - poveri

I primi ........................................ si radunavano

attorno agli ................................ per ascoltarli

mentre parlavano di .........................................

Erano assidui nello ......................................... il

I credenti si riunivano nelle ...............................

per pregare ................................ e sentirsi così fratelli in .............................................................

pane, infatti si .................................. nelle case per celebrare la .................................................. Deponevano ai ......................................... degli

Apostoli quanto possedevano; tutto era messo in ........................................ e fra di loro non c'erano .........................................................

Osserva l'immagine e inserisci nella vignetta le parole pronunciate da Stefano.

Prova a spiegare con parole tue queste affermazioni di San Paolo.

“E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità (l’amore), non sono nulla”. (1 Cor 13,2)

“Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?… poiché niente potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore”. (Rm 8,35.39)

Individua i diversi ambienti e colora la piantina della Domus Ecclesiae seguendo le indicazioni:

– con il marrone l’ingresso

– con il giallo il portico per i catecumeni

– con il verde la sala dell’ascolto della Parola

– con il rosso la stanza della “frazione del pane” – con l’azzurro il luogo del battesimo

Rispondi alle domande.

• Che cos’è la “frazione del pane” e perché la celebravano?

....................................................................................................................................................................................

• Perché nella stanza del Battesimo era presente una grande vasca?

• Cosa significa “Battesimo per immersione”?

....................................................................................................................................................................................

Leggi le diverse affermazioni dei Padri della Chiesa e rispondi alle domande sul quaderno.

Dona (o Signore) la concordia e la pace a coloro che abitano la terra; rendici obbedienti al tuo nome onnipotente e a coloro che ci guidano sulla terra. (Clemente di Roma, anno 95 circa)

Noi non finiamo di domandare per tutti gli imperatori lunga vita, impero tranquillo, casa sicura, eserciti forti, senato fedele, popolo onesto, il mondo in pace... (Tertulliano, anno 197 circa)

Voi (imperatori) siete istituiti da Dio, noi preghiamo per voi. (Giustino, anno 150 circa)

• Secondo Clemente, a chi bisogna obbedire?

• Per chi viene chiesta lunga vita da Tertulliano?

• Da chi deriva il potere imperiale secondo Giustino?

Leggi il testo e rispondi alle domande.

Quo vadis domine?

Secondo gli Atti del martirio di San Pietro, nei giorni in cui Nerone scatenava la sua rabbia contro seguaci di Cristo, un amico avvertì l’Apostolo che l’imperatore in persona aveva ordinato l’arresto dei due capi dei cristiani. Allora tutti lo scongiuravano di andarsene. Così, sollecitato dalla comunità, Pietro, si convinse a partire. Quando si trovò sulla via Appia (era ancora l’alba) fu folgorato da una visione: gli sembrò di vedere un disco incandescente che veniva verso di lui. Gli cadde di mano il bastone, poi d’un tratto si inginocchiò e gridò forte: – Mio Signore, dove vai?

Con voce mesta e dolcissima il Signore gli rispose: – Vado a Roma per essere crocifisso un’altra volta. Allora Pietro rientrò in se stesso e vide il Signore salire al cielo. Tornò pertanto a Roma lieto e glorificando il Signore. A tutti coloro che gli chiedevano il motivo del suo rientro in città, lui diceva semplicemente: – Ho visto il Signore!

La sera di quello stesso giorno predicò e battezzò molti discepoli e continuò senza più nessuna paura la sua predicazione in mezzo al popolo. Giunse anche per lui l’ora del martirio: fu crocifisso a testa in giù, perché non si ritenne degno di ricevere lo stesso supplizio del suo Signore.

• Perché Pietro venne invitato a fuggire da Roma?

• Che cosa accade sulla via Appia?

• Che cosa disse Gesù a Pietro?

• Perché Pietro morì crocifisso a testa in giù?

Colorando il percorso giusto, collega ogni simbolo al suo significato.

Gesù, pastore di anime.

Simbolo della Chiesa.

Stabilità della fede contro la tempesta delle persecuzioni, speranza di salvezza.

Purezza, pace e anima del cristiano.

In greco ICTHYS: è l’acrostico di Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore.

Sacrificio di Cristo.

CR=Cristo. Dio come inizio e fine di tutto.

Ricordi perché l’araba fenice è simbolo della Risurrezione di Gesù?

Leggi il testo con attenzione e ricerca in esso il maggior numero di informazioni possibili per risolvere il cruciverba riportato sotto.

I cristiani

I cristiani erano i seguaci di Gesù Cristo. Egli predicò la fede nel Dio della Bibbia e l’amore per il prossimo. Infatti affermava che tutti gli uomini sono fratelli e che pertanto bisogna amarsi l’un l’altro. I cristiani si riunivano in comunità chiamate “Chiese”, dal greco ekklesia, che vuol dire “assemblea”. I membri delle prime Chiese mettevano in comune tutti i propri beni e formavano un’unica famiglia. Oltre che per pregare, ci si ritrovava per dare ed ottenere aiuto, per consigliare e istruire i nuovi convertiti.

Il giorno dedicato alla funzione religiosa era la domenica. In genere ci si trovava a casa di un membro della comunità, che veniva definita "Domus Ecclesiae" (“casa dell’assemblea”). La comunità era guidata dal vescovo (dal greco episcopos = sorvegliante) e da un consiglio di anziani detti "presbiteri". Nelle zone più importanti veniva nominato anche un patriarca. Il patriarca era più importante del vescovo ed aveva il compito di controllare la vita religiosa di un territorio piuttosto vasto. Nei primi anni del Cristianesimo anche Roma ebbe un proprio patriarca: il primo fu San Pietro. Nei secoli, il suo titolo venne cambiato in “Pontefice Massimo”, ovvero il papa.

Orizzontali

2. Episcopos (vescovo) significa...

3. Domus significa...

7. Guida della comunità dei cristiani.

8. Gesù Cristo predica la fede in...

9. Primo Patriarca di Roma.

10. Ekklesia significa...

Verticali

1. Nome della comunità dei cristiani.

3. Fondò il Cristianesimo.

4. Responsabile della vita religiosa di un vasto territorio.

5. Gli anziani della comunità cristiana.

6. Giorno dedicato al culto da parte dei cristiani.

U. F. 1: IL CRISTIANESIMO

>> Secondo percorso <<

O. A.: 2 Conoscere avvenimenti, persone e strutture fondamentali della Chiesa sin dalle origini, per ricavarne insegnamenti validi ancora oggi e spunti per la riflessione personale. 3 Individuare significative espressioni d’arte cristiana, per rilevare come la fede sia stata interpretata e comunicata dagli artisti nel corso dei secoli. 4 Conoscere alcuni elementi fondamentali delle principali religioni cristiane, evidenziando le prospettive del cammino ecumenico.

Il valore della libertà

Per introdurre questo secondo percorso incentrato sulla diffusione del Cristianesimo in Europa, dopo la libertà di culto ottenuta nel 313 d.C., proponiamo alla classe una riflessione sulla realtà del cristianesimo nella nostra società, partendo dalla lettura degli articoli 3 e 8 della Costituzione italiana.

Art. 3. “Tutti i cittadini sono uguali di fronte alla Legge […] senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”

Art. 8. “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla Legge […] e hanno diritto di organizzarsi secondo i loro statuti.”

Lasciamo che i bambini intervengano liberamente, ascoltando ciò che la lettura ha suscitato in loro, oppure si può stimolare la riflessione con le seguenti domande:

- Che cosa pensate della libertà religiosa? Credete che sia giusto che ciascuno possa seguire la religione in cui crede?

- Vi sembra che i principi enunciati dagli articoli 3 e 8 della Costituzione trovino attuazione nella pratica della vita sociale?

Possiamo concludere realizzando un cartellone con le idee, le affermazioni e le parole più significative.

Nonostante la crudeltà delle persecuzioni e il grande numero di martiri, la diffusione del Cristianesimo non si arrestò, anzi trovò maggiore impulso e sviluppo. L’imperatore Costantino, forse spinto dalla madre Elena, cristiana devota, o dal desiderio di accattivarsi l’appoggio dei cristiani nella lotta per ottenere il potere su tutto l’Impero, nel 313 d.C. proclamò con un editto (ordine dato da un’autorità) la libertà religiosa e, quindi, il diritto anche per i cristiani di professare la propria fede. Secondo una leggenda l’imperatore Costantino, fedele al culto del dio sole (il sol invictus, “invincibile”), prima dello scontro contro il suo rivale al trono Massenzio, ebbe una visione: gli apparve un segno luminoso a forma di croce con una scritta che diceva “con questo segno vincerai”. Egli, allora, fece della croce il suo vessillo, da portare sul campo di battaglia, e fece tracciare questo simbolo sugli scudi dei suoi soldati. L’imperatore vinse la battaglia e concesse la libertà di culto ai cristiani. Inoltre, prima di morire, si fece battezzare.

con le fonti storico-geografiche

Approfondimenti: documento 25

Editto di Milano

“Noi ci siamo riuniti a Milano per discutere quanto concerne il bene e la sicurezza dello Stato. Tra tutti i problemi relativi al vantaggio e alla pace della maggioranza, abbiamo deciso di definire innanzitutto quello del culto da prestare alla divinità. In questo modo intendiamo dare anche ai cristiani, oltre che a tutti gli altri, la piena libertà di praticare la religione prescelta. Eliminate tutte le clausole limitative che nei nostri precedenti decreti erano state poste per i cristiani, riteniamo giusto che chiunque voglia abbracciare la fede cristiana, possa farlo con sicurezza, senza il timore che lo si perseguiti o lo si ostacoli. Anche per tutti gli altri riconosciamo il diritto di praticare il proprio culto. In fatto di religione, ciascuno scelga quella che più gli aggrada.”

Nel 380, con l’imperatore Teodosio, si ebbe un’ulteriore svolta: il Cristianesimo divenne religione di Stato, l’unica ammessa entro i confini dell’Impero, e furono proibiti tutti i culti pagani.

Editto di Tessalonica

“Noi vogliamo che tutti i popoli retti dalla nostra clemenza vivano in quella religione che il divino Apostolo Pietro ha trasmesso ai Romani. Ordiniamo quindi che coloro i quali seguono questa fede prendano il nome di “Cristiani cattolici”, mentre invece riteniamo tutti gli altri dementi e insensati, vogliamo che subiscano l’infamia dell’eresia e che le loro comunità non ricevano più il nome di chiese. Oltre che la punizione della giustizia divina, essi si aspetteranno le pene severe con cui la nostra autorità crederà di colpirli.”

Approfondimenti

Le chiese nel corso dei secoli hanno assunto diverse forme, che documentano modi diversi di intendere e vivere il rapporto tra Dio e l’uomo. Terminate le persecuzioni dei Romani, i cristiani possono finalmente costruire edifici per il culto. Le prime chiese cristiane riprendevano, nella loro struttura, costruzioni non religiose, in particolare le basiliche dell’antica Roma, edifici in cui i Romani svolgevano affari, commerci e amministravano la giustizia. Infatti l’idea alla base della basilica cristiana è che proprio in questo luogo sarebbe stata proclamata la nuova giustizia portata da Gesù Cristo.

BASILICA ROMANA

1 abside

2 entrate

3 navata centrale

4 navate laterali

BASILICA CRISTIANA

1 abside

2 entrata

3 navata centrale

4 navate laterali

per le processioni

È un edificio pubblico. È un edificio religioso.

È costituita da una tettoia, chiusa da muri su tre lati.

È un edificio chiuso.

Si entra da uno dei lati lunghi. Si entra da un lato corto.

C'è un colonnato per dividere gli spazi (tribunale, mercato, piazza coperta...).

Nelle due absidi si trova la statua di una divinità o dell'imperatore o il tribunale

C'è un colonnato per dividere lo spazio dell'assemblea (la navata centrale) dallo spazio per le processioni (navate laterali).

L'unica abside, sul lato corto rivolto a est, racchiude il presbiterio e concentra l'attenzione sull'altare, dov'è celebrata l'Eucarestia.

Le basiliche divenute chiese si presentavano a tre navate, di cui le due laterali in penombra e quella centrale molto illuminata. Questo simboleggiava il contrasto tra le tenebre (il peccato e il rifiuto di Dio) e la luce (Dio fonte di vita). Affacciandosi sulla soglia della chiesa, il cristiano aveva di fronte a sé Gesù Cristo, simboleggiato nell’altare e raffigurato, spesso, nella conca absidale, e si sentiva invitato a camminare verso di lui, nella luce e non nelle tenebre.

Lo spazio intorno all’altare è detto “presbiterio”, perché riservato ai presbiteri.

Tra l’abside e la navata centrale, spesso si trova una navata trasversale, più corta di quella centrale, detta "transetto". Così, guardando dall’alto la pianta longitudinale della basilica, si vede chiaramente la forma di una croce con il braccio orizzontale più corto di quello verticale, detta “croce latina”.

Approfondimenti: documento 26

Approfondimenti: documento 27

1 navata centrale

2 navata laterale

3 abside

4 transetto

5 altare

6 presbiterio

7 nartece

Dal VI sec. le basiliche furono costruite anche a pianta centrale, a “croce greca”, dove navata centrale e transetto hanno le stesse dimensioni. Altra caratteristica delle basiliche paleocristiane è il nartece, il porticato esterno della facciata o vestibolo (atrio) interno riservato ai catecumeni che, non ancora battezzati non potevano partecipare alla cena del Signore.

Principali differenze tra tempio pagano e basilica cristiana:

TEMPIO PAGANO BASILICA CRISTIANA

Potevano entrare solo i sacerdoti. Possono entrare tutti.

I riti venivano svolti in un luogo nascosto, non visibile dai fedeli.

I fedeli, non potendo partecipare allo svolgimento dei riti, dovevano rimanere fuori dal tempio.

I riti sono svolti sotto gli occhi dei fedeli.

I fedeli partecipano ai riti seduti in un luogo a loro riservato: la navata.

I mosaici: con la libertà di culto, i cristiani iniziarono ad utilizzare il linguaggio iconico-figurativo per decorare le pareti, il pavimento e il soffitto delle basiliche. Oltre al valore decorativo, queste raffigurazioni servivano per comunicare la fede, e soprattutto per istruire i fedeli meno colti (dato che erano pochi coloro che sapevano leggere e scrivere). Furono creati, così, mosaici ricchi di simboli e significati che sono ancora oggi una specie di catechismo comprensibile a tutti, e non sentendosi più legati alle leggi ebraiche circa la raffigurazione di Dio, iniziarono anche a comparire raffigurazioni di Gesù con sembianze umane (ricordiamo già nelle catacombe l’immagine del buon pastore). Il mosaico è una tecnica decorativa ottenuta mettendo

insieme cubetti chiamati “tessere” (piccoli frammenti) di diversi materiali (dalla pietra al vetro). Le tessere, di vari colori, vengono composte su una base di cemento o stucco, secondo un disegno preimpostato.

Terminate le persecuzioni, la Chiesa poté godere di un periodo di pace, appoggiata e favorita dall’imperatore. Si instaurò un forte legame tra l’imperatore e la Chiesa, tanto che l’autorità civile e quella religiosa si mescolarono: il potere temporale e quello papale erano considerati entrambi di provenienza divina e avevano il compito di guidare l’umanità. Ma ecco che iniziarono ad affacciarsi sulla scena le prime difficoltà interne relative alla dottrina cristiana: le eresie, affermazioni che negano le verità di fede. Queste incomprensioni furono risolte dai pontefici attraverso delle assemblee dei vescovi che presero il nome di “concili”. Ancora oggi il concilio è la riunione del papa con i vescovi provenienti da tutto il mondo, per correggere gli errori e definire le verità della fede. Gli stessi imperatori, preoccupati della pace tra i cristiani, convocarono alcuni concili. La tabella seguente riassume le caratteristiche dei primi tre concili. A partire dal VI secolo i papi assumono sempre più i ruoli di guide politiche e spirituali, soprattutto dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Nel Medioevo, però, si sviluppa una tensione continua tra i due poteri, perché entrambi tentano di prevalere l’uno sull’altro, più che di collaborare.

CONCILIO DI ANNO

Nicea I 325

Costantinopoli I 381

CONVOCATO DA DIFFICOLTÀ DA RISOLVERE

imperatore

Costantino

imperatore

Teodosio I

Ario e l’arianesimo negavano la divinità di Gesù.

Persistenza di alcune comunità ariane.

DEFINIZIONI DEL CONCILIO

Si condanna l’arianesimo e si afferma che Gesù è vero Dio. Si stabilisce la data della Pasqua.

Si conferma il Credo Niceno come Simbolo della Fede, sottolineando la divinità del Figlio e dello Spirito Santo.

Efeso 431

imperatore

Teodosio II

Nestorio sosteneva che in Cristo vi sono due persone distinte: una divina e una umana, con un’attività comune.

Si condanna Nestorio e si conferma il dogma dell’unicità della persona e della duplice natura (umana e divina) di Cristo. Si afferma Maria "Madre di Gesù e di Dio".

Approfondimenti: documento 28

Approfondimenti

La chiesa romanica: le chiese che sorgono in Europa intorno al 1000 (dall’XI all’inizio del XIII secolo) sono caratterizzate da quello che viene definito “stile romanico”, uno stile semplice e lineare, sia nella facciata che all’interno; con mura molto spesse (costruite con grandi pietre squadrate, alla maniera dei Romani) e archi a tutto sesto (cioè a forma di semicerchio). Questa semplicità architettonica simboleggia il liberarsi dai beni terreni per raggiungere Dio. Il portale, considerato mezzo di passaggio tra il mondo profano e lo spazio sacro, e anche portatore di un primo messaggio di catechesi, in quanto annuncia all’esterno il senso dei misteri che vengono celebrati all’interno, è generalmente collocato ad ovest, mentre l’altare è ad est, dove sorge il sole, Gesù, vera luce: entrando in chiesa il cristiano si lascia simbolicamente il regno delle tenebre alle spalle e si avvia verso la luce di Dio. Dalle scarse finestre, generalmente bifore o trifore (con due o tre aperture divise da una colonnina su cui poggiano due archi) filtra all’interno una luce soffusa, che invita al raccoglimento e alla preghiera. Nel corso dei decenni, con il maturare dello stile romanico, le facciate delle chiese sono caratterizzate da un’ampia finestra tonda detta “rota”, il rosone che richiama la figura di Gesù, centro della Storia della Salvezza. Le chiese affiancate dai campanili o torri campanarie che servivano per richiamare la popolazione e costituivano il simbolo della presenza di un luogo sacro sul territorio.

Per aiutare la riflessione e la meditazione sono presenti affreschi e dipinti su tavola che illustrano storie della Bibbia o la vita dei Santi. In molte chiese romaniche venivano conservate alcune reliquie di Santi o martiri, riposte in reliquiari custoditi in un piccolo ambiente sotterraneo, detto “cripta” (dal greco “nascosto”) ricavato sotto la zona del presbiterio. Lo stile romanico presenta delle differenze a seconda delle aree geografiche, in Toscana, ad esempio, le chiese romaniche hanno caratteristiche decorazioni di marmi policromi chiari e scuri alternati.

Le cattedrali: è la chiesa principale di una città, sede dell’autorità del vescovo, il termine infatti deriva dal latino càtedra, un antico sedile riservato al vescovo, dal quale, come maestro della fede, annunciava e spiegava la parola di Dio. Le prime cattedrali risalgono all’XI secolo, e sono in stile romanico, costruite al centro delle città (centro della vita dell’epoca), come segno di una fede che vuole stare “in mezzo” al popolo e parlare con un linguaggio semplice e concreto e, a volte, austero.

Le chiese gotiche: si contrappongono nettamente alle chiese romaniche per il loro slancio verso l’alto, accentuato all’esterno da torri, guglie e pinnacoli. La leggerezza delle strutture invita quasi ad un volo spirituale verso il cielo e tutto risulta orientato verso l’alto: è un invito a pregare e indirizzare la mente e il cuore verso Dio. All’interno lo stile gotico è caratterizzato da archi a sesto acuto (a punta) e bellissime vetrate multicolore, che raffigurano storie bi-

bliche o dei Santi. Le vetrate, inoltre, portando luce all’interno della chiesa, ricordano la luce di Dio che, penetrando nel cuore dei fedeli, li invade del suo calore e della sua presenza. Lo stile gotico (dal XII al XVI), è caratteristico di un tempo in cui si assiste ad un forte sviluppo intellettuale ed artistico sia in Europa che in Italia.

Le confessioni cristiane: scisma d’Oriente e d’Occidente Chiediamo ora ai bambini se conoscono altre religioni cristiane, oltre a quella cattolica, poi passiamo a spiegare che nel corso dei secoli, a partire dal 1054, i cristiani si sono divisi, dando vita a differenti confessioni. Cerchiamo di far comprendere che tutte le confessioni cristiane hanno in comune la fede in Cristo Gesù, e ciò le unisce nonostante le divisioni. Per consolidare questo concetto, proponiamo alla classe la seguente canzone:

Siam tutti cristiani!

Rit: Siamo tante famiglie con gli stessi antenati che lungo la storia si son differenziati in cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti, ma ve lo assicuro siam cristiani tutti quanti! Perché la fede in Cristo noi condividiamo e un solo Battesimo professiamo!

Come fratelli all’inizio i cristiani vivevano, e paura ai Romani facevano, poi tra lotte di potere e di pensiero la prima divisione trovò il suo sentiero!

Avvenne così lo scisma d’Oriente, con la Chiesa ortodossa seguita da tanta gente, e Lutero avviò la Riforma protestante per la quale solo Scrittura e fede era importante, perché le opere non servono per la vita futura!

Rit: Siamo tante famiglie con gli stessi antenati…

Enrico VIII, re d’Inghilterra, la Chiesa anglicana fondò sulla sua terra. Queste sono state le grandi divisioni a causa delle diverse opinioni!

Ma nonostante gli scontri del passato le varie Chiese sempre a Cristo hanno guardato e anche se il suo volto è dipinto da tante mani, Gesù rimane il Signore di tutti i cristiani!

Rit: Siamo tante famiglie con gli stessi antenati...

Musica: traccia audio n. 10

Approfondimenti: documento 29

Scisma d’Oriente

Nel IV secolo d.C. l’Impero Romano fu diviso in due: quello d’Occidente, con capitale Roma, e quello d’Oriente, con capitale Costantinopoli (l’antica Bisanzio, oggi Istanbul). Ciò ebbe come conseguenza la formazione di due Chiese distinte, quella d’Occidente e quella d’Oriente. Tra le due, mantenne un’importanza maggiore quella legata a Roma, sede apostolica, fondata direttamente dagli Apostoli Pietro e Paolo, ma con non poche resistenze da parte della Chiesa d’Oriente. Così nel 381, con il Concilio di Costantinopoli, la questione fu licenziata affermando che, dopo il vescovo di Roma, il “primato d’onore” spettava al patriarca di Costantinopoli. Le prime divisioni, però, non tardarono ad arrivare: in risposta ai concili di Efeso (431) e Calcedonia (451), dove vennero condannate le dottrine che negavano in Cristo la natura umana e divina, in Persia venne professato il Nestorianesimo (che negava la natura divina di Gesù parlando di due persone distinte nel Cristo ed era contrario infatti all’attribuzione del titolo “Madre di Dio” alla madre di Gesù Cristo, in quanto ella era madre soltanto della natura umana di Gesù), in Siria ed Egitto attecchì la dottrina monofisita (secondo cui Gesù è Dio, ma non uomo), dando origine alla Chiesa copta, giacobita e armena.

Nel primo millennio del Cristianesimo, quindi, nonostante le difficoltà, la Chiesa di Cristo riuscì a mantenere l’unità, ma le tensioni tra le due chiese (d’Oriente e d’Occidente) divennero sempre più forti, fino a quando nel 1054 si arrivò ad una separazione definitiva, che prese il nome di“Scisma (divisione) d’Oriente”.

La Chiesa ortodossa (termine che significa “retta dottrina”) si separa dalla Chiesa cattolica (universale) romana. Le motivazioni di questa prima grande divisione sono da ricercare soprattutto sul piano politico-istituzionale, più che teologico-dottrinale, infatti gli argomenti di maggiore lontananza erano e sono ancora oggi: l’autonomia delle Chiese e il primato del papa. La Chiesa ortodossa si articola in una serie di Chiese autocefale, cioè autonome, definite “patriarcati”, perché guidati da un patriarca. Tra i vari patriarchi, mantiene ancora oggi il primato d’onore, il patriarca di Costantinopoli, definito con l’espressione latina “primus inter pares”, che letteralmente significa “primo tra pari”. Egli è una figura rappresentativa del gruppo dei patriarchi ortodossi che sono al suo stesso livello e con pari dignità; la sua funzione è di guida e di coordinamento, ed i suoi poteri sono vincolati dalla condizione stessa di essere a capo di persone sue pari. Solo in casi particolarissimi il primus inter pares, può assumere il ruolo di decisore ultimo. Le Chiese ortodosse più importanti sono quella greca, quella russa, quella serba e quella rumena, che, rispetto alla Chiesa cattolica, non riconoscono le dottrine del primato papale, del celibato ecclesiastico, del purgatorio e della processione dello Spirito Santo dal Figlio.

Approfondimenti

Le icone: sono raffigurazioni sacre dipinte su legno. Nella tradizione della Chiesa ortodossa, le icone sono parte integrante del culto liturgico e della devozione privata, infatti non devono essere considerate dei prodotti puramente estetici, ma una realtà sacra. In genere per le icone non è importante l’autore in quanto è solo uno strumento nelle

mani di Dio, semplice intermediario tra la Grazia divina e i credenti.

Dopo la benedizione l’icona diviene un vero e proprio “sacramentale” che richiede venerazione in quanto introduce nel Regno celeste (si definiscono “sacramentali” quei segni sacri, come la benedizione, per mezzo dei quali gli uomini vengono disposti a ricevere l’effetto principale dei sacramenti e vengono santificate le varie circostanze della vita - cfr CCC n. 1667-1679). Per questo motivo gli iconografi dovevano essere uomini di preghiera (spesso monaci), ricercatori di Dio nella pittura, quanto nella vita personale.

La nascita delle icone si fa risalire alle lotte iconoclaste dell’VIII secolo, quando dilagò l’idea che la venerazione delle icone potesse sfociare in una forma di idolatria, in base ai testi biblici di Esodo (Es 20,4-5) e Deuteronomio (Dt 4,15-19). L’Iconoclastia è una dottrina teologica contraria alla rappresentazione e al culto delle immagini sacre sorta nell’VIII secolo e abolita definitivamente nell’843 da Papa Gregorio IV, mentre il IV Concilio di Costantinopoli (869-870), stabilì che le immagini sacre potevano essere oggetto del culto e della venerazione popolare. I difensori delle immagini sacre (come San Germano e Giovanni Damasceno) sostenevano che il divieto dell’Antico Testamento poteva considerasi superato a causa dell’Incarnazione in cui Dio, l’Infinito, si è reso visibile in un corpo umano. Inoltre era chiaro che l’immagine per quanto evocativa, non potesse imprigionare il mistero di Dio che rimane l’unico soggetto dell’adorazione da parte dell’uomo. Le icone sono state definite “finestre aperte sul mistero di Dio e sull’eternità”, con un grande valore educativo, infatti, ogni elemento presente in esse, comunica un messaggio di fede: l’icona è una guida per la preghiera, devono essere “lette” oltre che con lo sguardo con l’ausilio di mente e cuore per scoprirne il valore simbolico di ogni elemento. Una delle caratteristiche fondamentali dell’icona è la sua mancanza di prospettiva e dinamicità: i personaggi, infatti, sono rappresentati in una posizione ieratica, solenne, privi di qualsiasi senso di movimento, quasi a voler collocare le tavole al di fuori del tempo con l’intenzione di introdurre il “lettore” nell’eternità di Dio.

Le proporzioni delle figure, la posizione degli oggetti, la loro grandezza non sono naturali (pesi e volumi non esistono), ma relative al valore delle persone o delle cose e hanno grande importanza e significato la luce, le forme e i colori.

Riforma protestante e nuovo scisma in Occidente

Nel XVI secolo si sviluppa, soprattutto nel nord Europa, una forte avversione verso la debolezza del papa e della Curia romana di fronte agli abusi e alla corruzione che caratterizzava la vita interna della comunità cristiana. In quel periodo, infatti, era molto diffusa la pratica del nepotismo (con questo termine che deriva dalla parola latina nepos,“nipote”, si vuole indicare la tendenza di chi ha particolari poteri e svolge funzioni pubbliche importanti a favorire i propri parenti) da parte di vescovi e pontefici e la vendita delle indulgenze per reperire i fondi necessari alla costruzione della Basilica di San Pietro

Approfondimenti: documento 30

(l’indulgenza è la remissione dei peccati attraverso il sacramento della confessione, ma nel ‘500 si diffuse la pratica di ottenere tale perdono per sé o per i defunti dietro il pagamento di una somma di denaro).

Così Martin Lutero, monaco fra gli agostiniani eremitani di Erfurt, come forma di protesta contro la Chiesa, scrisse novantacinque tesi contro tali abusi, con lo scopo di risvegliare la fede dei Cristiani (un po’ come era stato per San Francesco), ma, al contrario, avviò solamente un processo di divisione. Infatti, molti principi nord-europei, che volevano liberarsi dall’autorità dell’imperatore legato al papa, appoggiarono la “protesta” di Lutero, dando origine ad un’altra grande divisione della cristianità, mescolando motivazioni politiche a principi di ordine religioso.

Lutero, scomunicato, cioè escluso dalla Chiesa Cattolica, dette origine ad un movimento che prese il nome di “Riforma protestante”. Le principali Chiese nate dalla Riforma sono quella luterana e quelle fondate sulla predicazione di Zwingli e di Calvino. In generale si può affermare che tutte le chiese derivate dalla Riforma del XVI secolo, si richiamano ad un Cristianesimo radicalmente fondato sul Vangelo, infatti sono chiamate anche “evangeliche”, e si fondano su alcuni principi comuni:

• l’autorevolezza della Bibbia, che non ha bisogno di un’interpretazione umana come quella data dalla Chiesa cattolica, perché ogni credente, da solo, può comprenderla con l’aiuto dello Spirito Santo;

• la giustificazione per la sola fede, per salvarsi l’uomo non ha bisogno dei meriti personali, ma solamente della fede e della grazia di Dio;

• la Chiesa, la quale non ha bisogno di sacerdoti, vescovi e del papa che “custodisca” la verità della fede perché ogni credente può farlo, c’è invece bisogno di “pastori”, ossia di ministri che guidino gli atti di culto della comunità.

Enrico VIII e la Chiesa anglicana

Ufficialmente la Chiesa d’Inghilterra nacque nel 1534 in seguito alla disputa tra il re Enrico VIII e il papa, anche se le tensioni relative al potere, risalivano a molto tempo prima. L’elemento scatenante fu la richiesta del re di dichiarare nullo il matrimonio con la moglie Caterina d’Aragona, da cui non aveva avuto figli maschi, per sposare una cortigiana, Anna Bolena. Al rifiuto del pontefice, seguì la separazione da Roma e la nascita di una Chiesa nazionale inglese con a capo il monarca. La Chiesa inglese, pur accogliendo alcuni elementi della riforma protestante, ha conservato la liturgia e la struttura gerarchica dei cattolici, con a capo, però, il sovrano e non un successore degli Apostoli, anche se le questioni di fede sono delegate all’arcivescovo di Canterbury, che ha autorità su tutte le comunità anglicane.

Approfondimenti

Presentiamo alla classe alcune caratteristiche strutturali delle chiese delle diverse confessioni cristiane: la chiesa cattolica, quella ortodossa e quella protestante.

La chiesa cattolica: al suo interno è caratterizzata dalla presenza di

diversi elementi:

• l’altare è il cuore dell’edificio chiesa, nella sua forma richiama un tavolo, infatti, su di esso, il sacerdote depone e consacra il calice e l’ostia per il sacrificio eucaristico;

• il tabernacolo (dal latino tabernaculum che significa “tenda”, ricorda infatti la Tenda del Convegno usata come santuario mobile dall’antico popolo d’Israele durante i quaranta anni nel deserto), è il luogo dove vengono conservate le ostie consacrate, che non si sono consumate durante la celebrazione della Santa Messa. Una lampada sempre accesa indica la presenza di Gesù nel segno del pane;

• il seggio, posto in cui siede il celebrante, quindi rivolto verso l’assemblea;

• l’ambone è una struttura vicino all’altare, rivolta verso l’assemblea, luogo da cui viene proclamata la Parola di Dio;

• le panche di legno con o senza schienale, abbastanza lunghe, perché vi si possano sedere più persone, spesso con inginocchiatoio, usato per la preghiera;

• il confessionale è una struttura in legno, a forma di cabina, dove i fedeli possono ricevere il sacramento della riconciliazione;

• l’acquasantiera, recipienti ai lati dell’ingresso principale, che contengono l’acqua santa;

• il fonte battesimale, cioè il bacino che contiene l’acqua benedetta per il rito del Battesimo;

• le sculture e i dipinti sono utilizzati come “veicoli” del messaggio cristiano, non “idoli” da adorare (perché solo Dio può essere adorato), ma semplici mezzi per arrivare all’essenza di Dio. Nel corso dei secoli, l’arte ha assunto un ruolo sempre più importante nella Chiesa, infatti, la venerazione delle immagini sacre ha un senso e un significato fondamentale per la dottrina cattolica e la pietà popolare, perché nelle immagini sacre il fedele non venera ciò che è rappresentato in esse, ma ciò che esse evocano, cioè Dio stesso e il suo mistero. Il Concilio di Trento (1545-1563) con cui venne definita la riforma della Chiesa, detta anche “Controriforma”, in reazione alle dottrine riformiste del calvinismo e del luteranesimo (Riforma protestante), in una sessione conclusiva, si sofferma a riflettere sul valore educativo ed edificante dell’arte religiosa. Successivamente con la Costituzione sulla Sacra Liturgia (Sacrosanctum Concilium, n.122), il Concilio Vaticano II afferma che “fra le più nobili attività dell’ingegno umano sono annoverate, a pieno diritto, le belle arti, soprattutto l’arte religiosa e il suo vertice, l’arte sacra. Esse, per loro natura, hanno relazione con l’infinita bellezza divina che deve essere in qualche modo espressa dalle opere dell’uomo, e sono tanto più orientate a Dio e all’incremento della sua lode e della sua gloria, in quanto nessun altro fine è stato loro assegnato se non quello di contribuire il più efficacemente possibile, con le loro opere, a indirizzare religiosamente le menti degli uomini a Dio. Per tali motivi la santa madre Chiesa ha sempre favorito le belle arti, ed ha sempre ricercato il loro nobile servizio, specialmente per

d’arte: tavola 25 da proiettare e ingrandire con la LIM

far sì che le cose appartenenti al culto sacro splendessero veramente per dignità, decoro e bellezza, per significare e simbolizzare le realtà soprannaturali; ed essa stessa ha formato degli artisti”.

La chiesa ortodossa: presenta in genere un’iconostasi davanti al suo altare. Il termine ICONOSTASI significa “piedistallo per le icone o posto delle immagini”: è una vera e propria parete adornata di icone, che separa la navata, spazio dedicato ai fedeli, dal presbiterio-santuario, luogo riservato alla liturgia; quindi l’iconostasi costituisce una vera e propria struttura divisoria tra l’umano e il divino. Le icone sono generalmente disposte secondo un ordine preciso che, però, può variare da chiesa a chiesa. Nella parte centrale dell’iconostasi si situa una porta, detta “reale”, che si affaccia direttamente sull’altare e può essere superata solo dai celebranti, per entrare nel santuario. In genere a destra della porta è raffigurato il Cristo Pantocratore (dal greco pan, che significa “tutto” + kràtos che significa “potente”) in cui l’onnipotenza di Cristo viene espressa mentre stringe con la mano sinistra il Vangelo e benedice con la destra, e a sinistra è l’icona della Vergine con il bambino. Sopra la porta si può trovare il modulo iconografico della Deesis: Cristo in trono con Maria alla sua destra e Giovanni Battista alla sua sinistra, entrambi in atteggiamento di supplica; questa triade è una creazione propriamente bizantina del VII secolo; tutt’intorno sono raffigurati gli Apostoli o vescovi o martiri o asceti o angeli, in atteggiamento di preghiera: “Posto immediatamente sopra alle porte del santuario, quest’ordine manifesta il mistero della Chiesa unita a Cristo: i fedeli che, davanti alle porte regali si accostano al sacramento eucaristico, “vedono” che si trovano in comunione con Santi, i quali, alla presenza del Signore, celebrano la liturgia celeste e intercedono per i vivi” (da M.G. Muzi, Trasfigurazione - Introduzione alla contemplazione delle icone, Edizioni Paoline).

In base all’altezza dell’iconostasi si possono avere anche altre file di icone, che in genere rappresentano l’ordine dei Profeti e quello delle feste con scene della vita di Cristo.

I fedeli e il coro dei cantori sono posizionati nella navata e, quando la porta dell’iconostasi è aperta, possono intravedere l’altare, le lampade accese e l’arca (il tabernacolo in cui viene conservato il pane consacrato).

Entrando in una chiesa ortodossa si può subito notare l’assenza di posti per stare seduti, tranne qualche sedile lungo le pareti, riservato alle persone anziane o inferme, questo perché nella tradizione ortodossa, i fedeli assistono in piedi alle funzioni.

Una cupola emisferica avvolge lo spazio interno della maggior parte delle chiese ortodosse, riproducendo l’armonia del cosmo.

La chiesa protestante o delle religioni riformate si presenta come una sala per l’approfondimento e lo studio delle Scritture, molto essenziale nello stile e senza raffigurazioni sacre, questo in seguito alla

Galleria
Esempio di Deesis, (tav. 25)

lotta iconoclasta sostenuta nel XVI secolo da alcuni riformatori, fra i quali Giovanni Calvino. Egli incoraggiò la distruzione delle immagini religiose, la cui venerazione era considerata alla stregua di un’eresia pagana. In queste chiese non c’è il tabernacolo, perché pur essendo l’Eucarestia chiamata “Cena”, il momento più importante della Messa, il pane avanzato non viene conservato.

Il monachesimo e la cristianizzazione dell’Europa

Tra il IX e il XI secolo, la Chiesa visse un periodo di decadenza spirituale e morale, allontanandosi dagli ideali del messaggio evangelico. Si avvertiva la necessità di una riforma che purificasse i cristiani e li riconducesse alle origini; molto importante fu così l’opera educatrice dei monaci, che cercarono di conservare e trasmettere la cultura.

Il monachesimo ebbe un ruolo determinante nella realizzazione dell’unità europea attraverso la diffusione dei valori cristiani. I monaci (dal greco monos che significa “uno, solitario”) sono persone che hanno lasciato le loro case per vivere in luoghi isolati (grotte, montagne, deserti, fiumi) o nei monasteri e dedicarsi alla preghiera e all’amore verso il prossimo, secondo le due forme nate in Oriente intorno al III secolo, una con Sant’ Antonio Abate, che aveva trascorso più di cinquant’anni in solitudine sulle rive del Nilo, e l’altra con San Pacomio e San Basilio Magno, grandi espressioni della forma cenobitica (dal latino cenòbium, ovvero “comune”, per indicare appunto la caratteristica vita in comunità e non in solitudine).

Approfondimenti: documento 31

Sant'Antonio Abate

forma eremitica-solitaria

San Pacomio e San Basilio

forma cenobitica-comunitaria (vita comune organizzata sotto l’autorità di un "padre")

in Occidente, nel VI sec., San Benedetto fondò monasteri secondo la regola "ora et labora"

MONACHESIMO

Approfondimenti

San Benedetto: fu il fondatore del monachesimo occidentale. Nacque nel 480 a Norcia in Umbria, da una famiglia nobile. A venti anni si dedicò alla vita eremitica e andò a vivere in una grotta vicino Subiaco, nutrendosi solo di pane e acqua. Molte persone si recavano da lui per ascoltarlo, così egli abbandonò la vita eremitica e nel 529 edificò un meraviglioso monastero a Montecassino ed elaborò la Regola Benedettina: la giornata del monaco doveva dividersi tra preghiera e lavoro, secondo il celebre motto “ora et labora”. San Benedetto ebbe il grande merito di promuovere ad una nuova dignità il lavoro umano, elevato all’altezza della preghiera. Negli spazi di tempo tra le preghiere, infatti, i monaci si dedicavano al lavoro. Grande importanza rivestiva il lavoro intellettuale che si svolgeva in biblioteca e nello Scriptorium, dove i monaci, detti “amanuensi”, copiavano testi religiosi, e non solo, realizzando manoscritti detti “codici”. Si diffuse l’arte di arricchire questi codici con splendide miniature, illustrazioni dipinte con vivaci colori e oro.

I monaci di San Benedetto venivano definiti “monaci neri” per il colore della loro tonaca di lana scura. Ai piedi portavano semplici calzature in cuoio, cucite a mano e, per resistere al freddo dell’inverno, indossavano un mantello di lana. Facevano parte del loro abbigliamento anche una cocolla (ampia cappa chiusa, senza maniche ma con il cappuccio), uno scapolare (una striscia di stoffa con apertura per la testa, pendente sul petto e sul dorso) per il lavoro e una cuffia di lino come copricapo. Infine, non poteva mancare il cingolo, o cordone, con i tre nodi che ricordano i tre voti dello stato religioso: povertà, castità e obbedienza. Anticamente un segno distintivo della consacrazione monastica era la tonsura: la cima della testa veniva rasata e i capelli tagliati a forma di cerchio come la “corona” dell’Apostolo Pietro. I monaci rappresentavano “segni di vita nuova” per i cristiani e richiamano il primo comandamento, mettendo al primo posto Dio e non i propri progetti personali. Per questo motivo il silenzio, per il monaco, è molto importante: egli desidera ascoltare la profondità di Dio per penetrare sempre più il suo mistero e conoscere meglio l’uomo. Il monastero rappresenta una struttura completamente autonoma e costituita dall’insieme di terreni fabbricati, fra questi era la chiesa, il convento, dove vivevano i monaci, il chiostro, cioè un cortile coperto che serviva per meditare, l’infermeria per i malati, la biblioteca con lo scriptorium, per lo studio e la copiatura dei libri, la foresteria per offrire ospitalità ai pellegrini, il laboratorio farmaceutico dove venivano lavorate le erbe per ricavarvi medicine. Un particolare tipo di monastero è l’abbazia, che presenta analoga struttura e organizzazione, sotto la guida di un abate, ma rispetto al monastero, riveste un ruolo più importante nella vita religiosa e sociale.

Cirillo e Metodio: originari di Tessalonica (oggi Salonicco), in Grecia, erano due fratelli che dopo aver vissuto una vita piena di onori e

ricchezze, scelsero la vita monastica. Nell’861 furono inviati dall’imperatore di Costantinopoli, Michele III, ad evangelizzare i popoli Slavi. Cirillo inventò un alfabeto scritto (che prenderà il nome di “alfabeto cirillico”) che permise a quei popoli, che non possedevano una lingua scritta, di poter scrivere e leggere la Bibbia. Insieme ottennero dal papa l’autorizzazione ad usare la lingua slava nella liturgia e si impegnarono per l’unità della Chiesa d’Oriente con quella d’Occidente (anche se poi nel 1054 si verificò la scissione definitiva). Giovanni Paolo II ha proclamato questi due Santi “compatroni d’Europa”, insieme con San Benedetto, perché a loro spetta il merito dell’evangelizzazione dell’Europa orientale.

PROPOSTA 1

Realizziamo un mosaico.

- Fotocopiare per ciascun bambino il cartamodello 21 in fondo al volume e procurare una serie di fogli colorati e anche fogli di carta oro.

- Far ritagliare ai bambini la carta colorata in tante piccole tessere, e sistemare i pezzetti in base al colore in diversi piatti di plastica.

- Ogni bambino potrà scegliere i tasselli del colore che preferisce ed incollarli sulla fotocopia in modo da realizzare il suo mosaico.

PROPOSTA 2

Costruiamo una chiesa romanica.

- Fotocopiare per ciascun bambino il cartamodello 22 in fondo al volume.

- Far ritagliare la figura 1 lungo il perimetro esterno ed incollarla nel quaderno.

- Far ritagliare poi gli elementi che caratterizzano lo stile romanico e farli incollare al posto giusto, in modo da ottenere una facciata armonica in stile romanico.

PROPOSTA 3

Realizziamo una vetrata.

- Fotocopiare per ciascun bambino il cartamodello 23 in fondo al volume e fornire un cartoncino nero formato A4 e fogli di carta velina colorata.

- Fissare con lo scotch la fotocopia al cartoncino, poi passare ad intagliare le parti bianche della vetrata, lasciando interi i contorni.

- Terminato l’intaglio, lavorare sul rovescio del cartoncino nero, inserendovi e incollandovi pezzetti di carta velina.

PROPOSTA 4

Realizziamo un’iconostasi tipica delle chiese ortodosse.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 24 in fondo al volume.

- Far colorare le diverse icone secondo le indicazioni del “manuale” degli antichi iconografi.

- Far ritagliare l’immagine lungo il perimetro esterno ed incollarla su un cartoncino, poi ritagliare di nuovo.

IL MANUALE DEGLI ANTICHI ICONOGRAFI

I COLORI

blu è segno di divinità, rappresenta la trascendenza, il mistero della vita divina, trasmette profondità e calma

ocra e rosso è segno dell’umanità e della vita portata dal Messia agli uomini, sulla croce, ricorda infatti il sangue versato dai martiri e il sacrificio di Cristo

verde è simbolo di crescita, fertilità (quindi di creazione e vita) e speranza

bianco è segno della gloria e della potenza divine, trasmette purezza, semplicità e calma

oro è segno della luce divina, dell’incorruttibilità di Dio

bruno o marrone non ha una valenza simbolica perché rappresenta la materia terrestre

porpora è segno di potenza e consacrazione, rinvia al colore delle vesti regali e sacerdotali

nero è segno di tenebre e morte, indica l’assenza di tutto e la mancanza di vita

giallo è poco usato e con una valenza negativa: diffonde tristezza

LE FORME

occhi grandi sono segno dello stupore

orecchie piccole sono segno dell’ascolto e della custodia di un segreto

bocca piccola è segno di purezza

fronte spaziosa è segno di intelligenza e sapienza

aureola di luce è il segno della grazia che invade

PROPOSTA 5

Proponiamo ai bambini di realizzare, sul quaderno, uno schema di sintesi sulle caratteristiche delle diverse confessioni cristiane, sulla traccia seguente:

CATTOLICI ANGLICANI ORTODOSSI PROTESTANTI

Eucarestia presenza reale di Gesù Cristo

presenza reale di Gesù Cristo

presenza reale di Gesù Cristo

ministero sacerdotale gerarchia espiscopale con a capo il Vescovo di Roma, Sommo Pontefice, il papa gerarchia episcopale con a capo un vescovo, l’arcivescovo di Canterbury, nominato formalmente dalla corona britannica

culto di Maria e dei Santi

consentito, anzi suggerito per una più intensa vita spirituale

consentito, ma poco sviluppato

unione di Chiese autonome, ognuna presieduta da un patriarca, e tutte riconoscono al patriarca di Costantinopoli il primato d’onore

presenza reale di Gesù Cristo solo nella consacrazione

organi collegiali di pastori e laici

consentito e mantenuto attraverso la devozione alle icone e le processioni. Non si crede però all’Immacolata Concezione di Maria e alla sua Assunzione in cielo.

per alcuni ritenuto poco importante; per altri considerato inopportuno

ministri della Chiesa sacerdoti pastore anglicano pope pastore protestante

celibato del clero obbligatorio non richiesto non richiesto ai sacerdoti ma solo ai vescovi e ai monaci non richiesto

sacerdozio femminile inaccettabile consentito inaccettabile consentito, ma non come sacramento

sacramenti Battesimo, Confessione, Eucarestia, Cresima, Unzione degli infermi, Ordine sacro, Matrimonio

Battesimo, Santa Cena (Eucarestia)

Bibbia è affidata all’insegnamento del papa e dei vescovi

contiene tutto ciò che è necessario alla salvezza dell’uomo

Battesimo (consiste in tre immersioni ed è inseparabile dalla Cresima), Cresima, Eucarestia (il pane e il vino, cioè il corpo e il sangue di Cristo vengono dati entrambi, separati o mescolati e distribuiti con cucchiaini), Confessione, Matrimonio, Ordine Sacro, Unzione degli infermi

è interpretato secondo il criterio stabilito dalla Chiesa primitiva e il fedele, per poter coglierne il significato, deve essere guidato da un padre spirituale

Battesimo, Santa Cena (Eucarestia)

Natale 25 dicembre

25 dicembre 6 gennaio (si ricorda la manifestazione di Gesù con la nascita e la visita dei Magi)

PROPOSTA 6

Realizziamo il modellino di un monastero.

ogni credente ha bisogno solo della Bibbia per essere in contatto con Dio, senza l’aiuto dei preti, dei vescovi o del papa: egli può leggerla e capirla da solo, come se fosse Dio che direttamente si fa capire

25 dicembre

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 25 (A, B, C) in fondo al volume.

- Far ritagliare lungo il perimetro esterno la piantina del cartamodello 25 A e ogni edificio del cartamodello 25 B.

- Tenendo conto delle scritte riportate su ogni edificio, far incollare ogni ambiente nella giusta posizione sulla piantina iniziale guidati anche dai simboli, ricostruendo così il monastero.

- Attraverso il cartamodello 25 C, avviamo una conversazione sui vari compiti svolti dai monaci all’interno del monastero e sull’importanza del lavoro, aiutati dalle seguenti domande:

1- Secondo la regola benedettina, il lavoro è importante? O è più importante la preghiera?

2- Il nostro lavoro quotidiano, se svolto con passione e serietà, può essere offerto a Dio come una preghiera?

3- Secondo voi, ci sono lavori più importanti di altri nel monastero e nella realtà in cui viviamo? Perché?

Rimetti in ordine le sequenze della conversione dell’imperatore Costantino secondo la leggenda, e dai un titolo a ciascuna.

Inserisci le seguenti informazioni nella colonna giusta e spiega quali conseguenze hanno portato.

313 - imperatore Costantino - editto di Milano - editto di Tessalonica - Costituzione Italiana - 1948 - 380 - imperatore Teodosio - Repubblica Italiana - Cristianesimo diventa religione di Stato - tutte le religioni sono ugualmente libere davanti alla legge - libertà di culto

autorità giuridica atto emanato anno contenuto conseguenze

Inserisci i seguenti termini al posto giusto:

portico esterno - cortile - navata laterale - fonte battesimale navata centrale - altare - transetto - abside

Rispondi alle domande.

• Che cos’è il presbiterio?

• Perché l’altare era il cuore della chiesa?

• Ricordi qual è la forma delle prime basiliche? Perché?

• Qual è la differenza tra la pianta a “croce greca” e quella a “croce latina”?

Per ogni affermazione definita eretica dai primi Concili della Chiesa, riporta le definizioni corrette della dottrina cristiana.

• Ario: "Gesù non è vero Dio, ma soltanto un uomo speciale".

........................................................................................................................................................................

• Nestorio: "Gesù è formato da due persone distinte, un uomo e un Dio".

........................................................................................................................................................................

• Come si definisce l’errore sulle verità della dottrina cristiana? Ammenda. Eresia. Dogma.

Collega ogni elemento con il suo nome.

trifora colonna e capitello portale navata

abside archi a tutto sesto

rosone facciata

Colora la cartina seguendo le indicazioni, poi completa.

- con il rosso l’Impero Romano d’Occidente - con il blu l’Impero Romano d’Oriente

Nel IV secolo l’Impero Romano venne diviso in due parti: l’Impero Romano d’ ........................................ con capitale ................................................. e l’Impero Romano d’................................................ con capitale ............................................

In seguito a questa divisione, alcuni secoli dopo nella Chiesa iniziarono a svilupparsi le tensioni che portarono allo Scisma d’.........................................., nacquero così la Chiesa ......................... e la Chiesa ................................................

Riporta le affermazioni in fondo alla pagina nei fumetti giusti, facendo attenzione a chi può averle pronunciate tra un sacerdote cattolico ed un patriarca ortodosso.

- Celebriamo il Natale il 6 gennaio.

- Celebriamo il Natale il 25 dicembre.

- Il Papa e i vescovi sono le nostre guide.

- I nostri ministri del culto si chiamano “pope”.

- Le nostre chiese sono ricche di icone su Gesù, - Maria e i Santi.

- Crediamo che i quadri e le statue siano importanti - per comunicare la fede.

Il disegno mostra cosa vuol dire “nepotismo”. Spiegalo sul quaderno con parole tue.

fratello nipote nipote

Rispondi alle domande.

• Che cos’è un’indulgenza? ...................................................................................................................... ........................................................................................................................................................................

• Ci sono ancora oggi le indulgenze? ..................................................................................................... ........................................................................................................................................................................

• Come si acquistavano e come si acquistano oggi? .................................................................................... ........................................................................................................................................................................

Attribuisci le seguenti affermazioni ai cattolici, colorando il quadratino con il rosso, o ai protestanti colorando il quadratino con il verde.

Il papa è capo di tutta la Chiesa.

L’unica autorità religiosa riconosciuta è Dio e nessun altro, neanche il Papa.

L’interpretazione della Bibbia è affidata al Magistero (insegnamento) della Chiesa, cioè dei Vescovi e del Papa.

Ogni credente da solo può leggere e interpretare la Bibbia, senza l’aiuto del sacerdote.

La confessione non è necessaria, gli unici sacramenti sono Battesimo e Cena del Signore.

L’uomo si salva grazie alla fede e ad una buona condotta di vita.

L’uomo si salva solo per la fede in Cristo Gesù.

I pastori, ministri del culto, possono sposarsi.

La lettura della Bibbia è il centro delle celebrazioni domenicali.

La Confessione è uno dei sacramenti istituiti da Gesù per sperimentare l’amore di Dio.

La domenica si celebra l’Eucaristia.

Completa la giornata-tipo di un monaco, scrivendo l’azione compiuta sotto ogni vignetta.

dalle ore 4 alle 6 fino alle 10 fino alle 12

alle 12 fino alle 14 fino al tramonto alla sera

Scrivi i termini dati vicino all’elemento corrispondente. tonaca - mantello - scapolare - cuffia - scarpe di cuoio - cocolla - cingolo - tonsura

U. F. 1: IL CRISTIANESIMO

>> Terzo percorso <<

O. A.: 1 Individuare nella vita dei Santi valori di pace e tolleranza condivisibili dall’intera umanità. 2 Conoscere avvenimenti, persone e strutture fondamentali della Chiesa sin dalle origini, per ricavarne insegnamenti validi ancora oggi e spunti per la riflessione personale. 3 Individuare significative espressioni d’arte cristiana, per rilevare come la fede sia stata interpretata e comunicata dagli artisti nel corso dei secoli.

Arte, che passione!

Introduciamo l’ultima fase del percorso storico del Cristianesimo, presentando alla classe altri stili architettonici che hanno caratterizzato il luogo di culto dei cristiani, sottolineando come l’idea della bellezza e dell’arte diventa espressione di un senso religioso profondo.

La realtà del Medioevo viene travolta, nel XV-XVI secolo, da grandi scoperte geografiche e da importanti innovazioni in campo scientifico. Nel 1492, Cristoforo Colombo mette piede in un “nuovo mondo”, l’America e si inaugura un nuovo periodo in cui si riscoprono e si apprezzano gli elementi della cultura classica greca e romana.

Lo stile delle chiese vuole testimoniare l’unione tra uomo e Dio: esse diventano un inno alla ragione e all’intelligenza dell’uomo, che celebra Dio con tutte le sue conoscenze e crea costruzioni eleganti, anche se semplici e lineari, sobrie, ma armoniose ed equilibrate: è lo stile rinascimentale. La chiesa rinascimentale esprime anche la grandezza di Dio, Creatore dell’universo, che con le sue regole grandiose e precise è l’Intelligenza assoluta. Simbolo di tutto ciò sono le maestose cupole, esempio di bravura architettonica umana e gloria divina.

Dal XVI secolo prevale l’amore per le decorazioni elaborate. Nasce lo stile barocco con soffitti che mostrano il cielo pieno di angeli e Santi, pareti arricchite da statue e grandi quadri, cappelle di ogni forma e dimensione, altari ricchissimi e maestosi colonnati interni ed esterni. Anche i materiali usati sono preziosi, in genere, marmi e oro. La chiesa barocca esprime il sentimento della grandezza e dello splendore di Dio e suscita nel fedele il sentimento della meraviglia. Per un profondo rispetto verso l’altare maggiore, spesso viene costruito il “baldacchino”; viene data grande importanza anche al tabernacolo, luogo della presenza reale di Gesù nell’Eucarestia. Il risultato è un edificio molto appariscente (ad esempio la Basilica di San Pietro a Roma) dove la ricchezza è visibile in ogni particolare, ma a volte rischia di rappresentare una Chiesa un po’ lontana dai problemi quotidiani della gente. Questa distanza sarà accentuata anche dalle celebrazioni liturgiche in lingua latina, che seppur solenni, il popolo comincia a non comprenderle più (per questo motivo prega più volentieri nelle cappelle laterali). Dopo il concilio di Trento viene introdotto nelle chiese il confessionale, per facilitare la riservatezza durante la celebrazione della riconciliazione individuale o confessione.

Approfondimenti: documento 32

In epoca moderna non si può parlare di uno stile unico, piuttosto di edifici che privilegiano il valore simbolico della forma. Molte chiese moderne sono costruite in modo tale che tutta l’assemblea possa partecipare attivamente alla liturgia. Spesso le chiese sono costruite con pianta circolare o a forma di “tenda” con l’altare al centro e un tetto slanciato verso l’alto. L’idea è quella di una comunità raccolta attorno al suo Cristo, che cammina verso il Paradiso: “Dove due o tre sono uniti nel mio nome io sarò con loro” (Mt 18,20). Certo è che nella struttura delle chiese moderne assume grande importanza la ricerca di essenzialità e funzionalità.

Attraverso il brainstorming cerchiamo di capire cosa i bambini intendono con il termine MISSIONE, poi passiamo alla spiegazione. Il termine MISSIONE (dal latino mittere, cioè “mandare”), nel linguaggio religioso indica l’invio di credenti a diffondere il Vangelo, con la propria testimonianza e la propria fede. La missione fa parte della natura stessa dei cristiani; Gesù stesso ha fatto della sua vita una missione annunciando a tutti gli uomini il Regno di Dio e prima di salire al cielo chiede ai discepoli di diffondere i suoi insegnamenti “fino agli estremi confini della terra”, perché tutti possano conoscere e sperimentare l’immenso amore del Padre. Con gli Apostoli Pietro e Paolo il Cristianesimo approdò a Roma e in poco tempo si diffuse, grazie al sangue versato dai martiri, in tutto l’Impero Romano. Dal IV secolo, in seguito alle grandi migrazioni di popoli, si convertirono alla fede di Cristo: i Franchi, i Visigoti, i Longobardi e i Germani; con Cirillo e Metodio anche i popoli del nord Europa e gli Slavi diventarono cristiani e, grazie a San Patrizio, anche il popolo irlandese e pian piano tutta l’Inghilterra, dando vita all’Europa cristiana. Con la scoperta dell’America i cristiani vivono un nuovo e profondo slancio missionario: portare alle nuove popolazioni il Vangelo di Gesù.

Dopo lo scisma protestante si svilupparono due diversi modi d’intendere il Cristianesimo e questi furono “esportati” anche nelle nuove terre scoperte da Colombo e dagli altri navigatori: la parte dell’America conquistata da Paesi di lingua inglese, divenne di maggioranza protestante; la parte conquistata dai Portoghesi, Spagnoli e Francesi (ad esempio parte del Canada) è di maggioranza cattolica.

Ancora oggi, la Chiesa, fedele al comandamento del Signore, invia in tutto il mondo missionari per annunciare il Vangelo di Gesù Cristo. L’opera missionaria, detta anche “evangelizzazione”, consiste prima di tutto nella testimonianza di fede, a cui si accompagna la risoluzione di tanti problemi umani e sociali dei popoli autoctoni (costruzione di strutture come scuole ed ospedali…), nel rispetto delle culture locali.

Chiediamo ai bambini se conoscono la vita o la storia di qualche missionario o missionaria; presentiamo poi due figure molto significative della storia cristiana, Edith Stein (suor Teresa Benedetta della Croce) e Madre Teresa di Calcutta, le quali, entrambi, in modo diverso, sono state testimoni di Cristo e quindi, missionarie.

con le fonti storico-geografiche

Approfondimenti

Suor Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein): nacque a Breslavia (allora città tedesca, oggi città polacca di Wrocław) il 12 ottobre 1891, ultima di undici figli in una famiglia di saldissima fede ebraica, nella sua prima giovinezza fu atea. Studiò tedesco, filosofia, psicologia e storia alle Università di Breslavia, Gottinga e Friburgo e divenne un professore universitario di filosofia. Il primo gennaio del 1922 Edith Stein si fece battezzare, si convertì al cattolicesimo e più tardi entrò nell’Ordine delle Carmelitane (Ordine di religiose nato in Terra Santa e noto per l’ardente amore per la preghiera e la devozione alla Madonna) e prese il nome di “Teresa Benedetta della Croce”. È il periodo della Seconda Guerra Mondiale e gli ebrei di Germania sono perseguitati molto duramente: l’odio dei nazisti verso gli ebrei viene manifestato a tutto il mondo, le sinagoghe bruciano e il terrore viene sparso fra la gente ebrea. La Madre superiora delle Carmelitane di Colonia fece trasferire Suor Teresa Benedetta della Croce nel monastero delle Carmelitane di Echt, in Olanda, ma il 2 agosto del 1942 arrivarono i tedesci. Edith Stein (cristiana cattolica, ma ebrea di nascita) si trovava nella cappella a pregare e venne arrestata assieme alla sorella Rosa, anche lei convertita al cattolicesimo: le due donne vennero portate nel campo di concentramento di Auschwitz, dove morirono nelle camere a gas il 9 agosto. Morire con il suo popolo sull’esempio di Gesù Cristo fu per suor Teresa Benedetta della Croce la più grande testimonianza, la sua missione.

Madre Teresa di Calcutta: nacque il 26 agosto 1910 a Skopje in una famiglia benestante da genitori albanesi originari del Kosovo. La madre ebbe una grande importanza nella sua formazione cristiana. Sin da giovane sentì di essere attratta verso la vita religiosa e si dedicò con passione alle attività della parrocchia del Sacro Cuore di Skopje, in particolare al coro, al teatro e all’aiuto alle persone povere. Conobbe l’India tramite le lettere di missionari gesuiti. A diciotto anni fu accolta a Dublino dalle suore di Nostra Signora di Loreto. Nel 1929 fu inviata come missionaria in India e poté realizzare così il suo più grande desiderio: servire il Signore nel prossimo. Per circa venti anni si dedicò all’insegnamento nelle scuole della sua congregazione e all’attività di infermiera. Nel 1946, mentre stava pregando, Suor Teresa percepì distintamente un invito di Dio a lasciare il convento per consacrarsi al servizio dei poveri, per condividere le loro sofferenze vivendo in mezzo a loro. Indossò per la prima volta un sari (veste tradizionale delle donne indiane) bianco (quello più umile e delle donne vedove) di un cotone grezzo, ornato con un bordino azzurro, i colori della Vergine Maria, sulla spalla un piccolo crocifisso nero. Iniziò così una nuova missione tra mille difficoltà. Molte giovani si unirono a lei e nell’autunno del 1950, Papa Pio XII autorizzò ufficialmente la nuova istituzione: le “Missionarie della Carità” per i poveri, tra i poveri.

Suor Teresa chiese all’amministrazione comunale un locale per acco-

Approfondimenti: documento 33

con le fonti magisteriali

Approfondimenti: documento 34

gliere gli agonizzanti abbandonati e fondò, così, una casa per accogliere i morenti e offrire cure e assistenza ai numerosi malati rifiutati dagli ospedali cittadini. A quel tempo l’abbandono dei malati era un fenomeno piuttosto diffuso, legato alle condizioni di estrema povertà. Più tardi creò il “Centro di speranza e di vita” per accogliervi i bambini abbandonati e si dedicò anche alla piaga della lebbra, ancora largamente diffusa. Nel 1979 ottenne il riconoscimento più prestigioso: il Premio Nobel per la pace. Tra le motivazioni, venne indicato il suo impegno per i più poveri e il suo rispetto per il valore e la dignità di ogni singola persona.

È morta il 5 settembre 1997, all’età di ottantasette anni, ma la sua immensa opera missionaria continua ancora oggi.

Il Concilio ecumenico Vaticano II è stato il ventunesimo e ultimo concilio della Chiesa cattolica e si è svolto in tre anni, dal 1962 al 1965, sotto i pontificati di Giovanni XXIII e Paolo VI.

Fu un vero e proprio Concilio ecumenico, infatti vide la presenza di più di duemilacinquecento cardinali, patriarchi e vescovi cattolici da tutto il mondo. Per la prima volta l’eurocentrica Chiesa cattolica ascoltò in profondità le Chiese cattoliche di rito orientale, quelle latino-americane ed africane, che chiedevano maggiore considerazione per la loro “diversità”. Per la prima volta parteciparono al Concilio, in qualità di osservatori, anche esponenti delle comunità cristiane ortodosse e protestanti.

Alla fine vennero promulgati importanti documenti: quattro Costituzioni, tre Dichiarazioni e nove Decreti, che riguardavano sia i problemi legati alla vita della Chiesa (come la riforma della liturgia) sia i rapporti di quest’ultima con il mondo.

Analizziamo i frutti del Concilio.

• La Chiesa: uno dei cambiamenti più significativi riguarda la liturgia, cioè l’insieme delle preghiere, dei gesti e dei canti che costituiscono la struttura dei riti cristiani. L’esperienza profonda che portò ad una revisione della liturgia è quella di un recuperato valore da parte dei laici: la Chiesa è di tutti e non solo del clero e tutti sono chiamati a rispondere alla propria vocazione specifica nell’ordinarietà della propria vita. La riforma liturgica pertanto, pur riconoscendo nel latino la lingua ufficiale della Chiesa, invita a celebrare i diversi riti nelle lingue nazionali se questo “può riuscire di grande utilità per il popolo (SC n. 36)”.

• Il rapporto fra cristiani: il Concilio riconosce e ammette le responsabilità anche dei cattolici negli avvenimenti che hanno portato alle grandi divisioni della storia e chiede perdono ai fratelli separati, promuovendo l’Ecumenismo, un vero e proprio movimento che mira a superare le differenze tra le diverse confessioni cristiane per recuperarne gli elementi spirituali e i valori di fede comuni, invitando tutti ad una profonda “conversione del cuore”.

• Il rapporto con le religioni non cristiane: il Vaticano ha ribadito un’idea che è già presente sin dalle prime pagine della Bibbia, e cioè che l’umanità è una sola famiglia, e che tutti gli uomini sono figli suoi. Ogni uomo, quindi, proprio perché nutre nel proprio cuore la nostalgia di Dio, lo cerca da sempre in ogni modo e le diverse religioni del mondo non sono altro che espressioni

di tale ricerca. Il cristianesimo è certo di aver trovato la strada giusta per arrivare a Lui, grazie alla mediazione di Gesù Cristo, Parola definitiva di Dio su Se stesso (DV 2.4), ma questo non significa che non può riconoscere i “germi di bene” disseminati nelle altre religioni. Tra le religioni un posto particolare è occupato dagli ebrei, definiti “fratelli maggiori”, in quanto è proprio da questo popolo che nascono i cristiani.

• La Chiesa e il mondo moderno: il Concilio riconosce che “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro Comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il Regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia (GS n.1)”. Con queste parole si vuole sottolineare che i cristiani hanno una vita segnata dalle stesse caratteristiche di ogni altro uomo, solo che guardano le situazioni con occhi diversi: gli occhi di Gesù. Per questo motivo si impegnano nella difesa dei diritti umani, per la promozione della dignità della persona e nella difesa della vita.

Approfondimenti

L’Ecumenismo: è il movimento che si pone come obiettivo il graduale riavvicinamento di tutti i fedeli cristiani delle diverse confessioni esistenti. Il punto di partenza è la comune fede nella Trinità: in Dio Padre, in Gesù Cristo Figlio e in Dio Spirito Santo, lacerata, purtroppo, da una moltitudine di tradizioni, di storie ed interpretazioni delle differenti Chiese. Il termine ECUMENISMO (dal greco oikouméne, che significava in origine “parte abitata della Terra”) indica la ricerca di un cammino di riconciliazione e di comunione, certamente non senza difficoltà, tra le varie chiese cristiane che abitano il mondo intero. Alla base del movimento ecumenico c’è, o ci dovrebbe essere, l’ascolto, il rispetto reciproco e il dialogo, impegno che dovrebbe essere di ogni battezzato. Durante il Concilio Vaticano II vennero annullate le reciproche scomuniche pronunciate nello scisma d’Oriente del 1054 tra la chiesa di Roma e quella di Costantinopoli e fu elaborato un Decreto Conciliare dedicato specificamente all’Ecumenismo: Unitatis Redintegratio (Il ristabilimento dell’unità) del 21 novembre 1964. Con questo documento, dove alla parola “divisione” si preferisce l’espressione “comunione imperfetta”, il Concilio desidera invitare i cristiani a ricercare la fede comune che li unisce, puntando soprattutto su alcuni elementi comuni: il Battesimo che vale per tutti, la fede nei dogmi fondamentali, i sacramenti e l’amore per Maria che unisce i Cattolici con le Chiese ortodosse e l’amore per la Sacra Scrittura, vero trait-d’union con i figli della Riforma protestante; senza soffermarsi troppo su ciò che divide, pur rimanendo saldi nella propria tradizione. Per questo chiede ai cattolici di riconoscere nella

Tradizione liturgica e spirituale degli orientali l’edificazione della Chiesa intera (n. 15) e nell’amorevole studio e grande venerazione per le Sacre Scritture delle Chiese e comunità ecclesiali separate in Occidente, un buon punto di partenza per il dialogo ecumenico (n. 21).

Proemio n.1

“Promuovere il ristabilimento dell’unità fra tutti i cristiani è uno dei principali intenti del sacro Concilio ecumenico Vaticano II. Da Cristo Signore la Chiesa è stata fondata una e unica, eppure molte comunioni cristiane propongono se stesse agli uomini come la vera eredità di Gesù Cristo. Tutti invero asseriscono di essere discepoli del Signore, ma hanno opinioni diverse e camminano per vie diverse, come se Cristo stesso fosse diviso. Tale divisione non solo si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura.” Capitolo 2 numero 4

“Per “movimento ecumenico” si intendono le attività e le iniziative suscitate e ordinate a promuovere l’unità dei cristiani, secondo le varie necessità della Chiesa e secondo le circostanze. Così, in primo luogo, ogni sforzo per eliminare parole, giudizi e opere che non rispecchiano con giustizia e verità la condizione dei fratelli separati e perciò rendono più difficili le mutue relazioni con essi. Poi, in riunioni che si tengono con intento e spirito religioso tra cristiani di diverse Chiese o comunità, il “dialogo” condotto da esponenti debitamente preparati, nel quale ognuno espone più a fondo la dottrina della propria comunione e ne presenta con chiarezza le caratteristiche. Infatti con questo dialogo tutti acquistano una conoscenza più vera e una stima più giusta della dottrina e della vita di ogni comunione”. “È necessario che i cattolici con gioia riconoscano e stimino i valori veramente cristiani, promananti dal comune patrimonio, che si trovano presso i fratelli da noi separati. Riconoscere le ricchezze di Cristo e le opere virtuose nella vita degli altri, i quali rendono testimonianza a Cristo talora sino all’effusione del sangue, è cosa giusta e salutare: perché Dio è sempre mirabile e deve essere ammirato nelle sue opere”.

PROPOSTA 1

Consolidiamo le caratteristiche dei diversi stili architettonici.

- Fotocopiare per ciascun bambino il cartamodello 26 in fondo al volume.

- Far ritagliare tutte le immagini e farle incollare sul quaderno in ordine temporale, scrivendo se si tratta di una casa(1), una Domus Ecclesiae(2), una basilica(3), una chiesa romanica(4), gotica(5), barocca(6) o moderna(7).

- Chiedere ai bambini di individuare alcune caratteristiche di ciascuno stile (diverse stanze, forma di croce, rosone, archi a tutto sesto, campanile, guglie, archi a sesto acuto, cupola…).

PROPOSTA 2

Proponiamo alla classe un celebre scritto di Madre Teresa di Calcutta, chiediamo poi ad ogni bambino di scrivere su un foglietto la frase che gli è piaciuta di più, per discuterne insieme e di rappresentare con un disegno il pensiero scelto.

Vivi la vita

La vita è un’opportunità, coglila.

La vita è bellezza, ammirala.

La vita è beatitudine, assaporala.

La vita è un sogno, fanne una realtà.

La vita è una sfida, affrontala.

La vita è un dovere, compilo.

La vita è un gioco, giocalo.

La vita è preziosa, abbine cura.

La vita è una ricchezza, conservala.

La vita è amore, godine.

La vita è un mistero, scoprilo.

La vita è promessa, adempila.

La vita è tristezza, superala.

La vita è un inno, cantalo.

La vita è una lotta, accettala.

La vita è un’avventura, rischiala.

La vita è felicità, meritala.

La vita è la vita, difendila.

PROPOSTA 3

Proponiamo ai bambini una riflessione sulla celebre frase tratta dall’enciclica Populorum Progressio (n.48) di Paolo VI:

“Il dovere di solidarietà che vige per le persone vale anche per i popoli. Le Nazioni sviluppate hanno l’urgentissimo dovere di aiutare le Nazioni in via di sviluppo... Se è normale che una popolazione sia la prima beneficiaria dei doni che le ha fatto la provvidenza, nessun popolo può, per questo, pretendere di riservare a suo esclusivo uso le ricchezze di cui dispone. Di fronte alla crescente indigenza dei Paesi in via di sviluppo, si deve considerare come normale, che un Paese evoluto consacri una parte della sua produzione al soddisfacimento dei loro bisogni.”

Avviamo la conversazione con la domanda: - Come può comportarsi al riguardo ognuno di noi nel suo piccolo? Realizziamo poi “Il diario del mio impegno personale”: ogni bambino si impegnerà ad agire in un modo piuttosto che in un altro, a condividere piuttosto che tenere tutto per sé e così via... Far scrivere ad ognuno il proprio proponimento su un foglietto da appendere su un cartellone. Dopo un po’ di tempo, verificare insieme alla classe se l’impegno preso è stato mantenuto da parte dei singoli; in caso contrario, invitare a riflettere su cosa lo ha impedito.

Completa inserendo i termini dati al posto giusto. Poi rispondi.

guglie - cielo - gotico - barocco - ortodosse - campanili - ricerca - vetrate presenza - rinascimentale - confessionale - cupola - Confessione - sesto acuto

Le chiese in stile ............................... sono caratterizzate dallo slancio verso l’alto e verso il , grazie all’uso dell’arco a ,

delle ................................ e dei pinnacoli, elementi architettonici decorativi a forma conica o piramidale, alti e sottili, usati come ornamento nelle coperture delle chiese, dei

............................................ e delle torri. Indicano

il desiderio e la ............................... di Dio. Molto importanti sono anche le ................................... che arricchiscono la chiesa di luce e colori, simboli della di Dio. Con lo stile viene riscoperta la maestosità della , modalità di copertura tradizionale della chiese fedeli al modello bizantino. Intorno al 1600 si sviluppa lo stile che vuole celebrare il potere della Chiesa di Roma, (basti pensare alla basilica di San Pietro). In questo periodo viene anche introdotto il ....................................... per la celebrazione del sacramento della

............................................................... con rito individuale.

• Quale stile ti ricorda l'immagine in alto? Gotico. Rinascimentale.

Collega ogni elemento al suo nome.

arco a sesto acuto confessionale guglia cupola

Papa Giovanni Paolo II, nell’esortazione apostolica Ecclesia in Europa, indirizzava questo invito all’Europa. Leggi il testo e completalo con i termini dati.

Vangelo - Cristianesimo - Europa - cristiana - future storia - speranza - origini - nazioni

L’Europa è stata ampiamente e profondamente penetrata dal ................................ Non c’è dubbio che, nella complessa storia dell’........................................, il Cristianesimo rappresenti un elemento centrale e qualificante. La fede cristiana ha plasmato la cultura del continente e si è intrecciata in modo inestricabile con la sua ..........................., al punto che questa non sarebbe comprensibile se non si facesse riferimento alle vicende che hanno caratterizzato prima il grande periodo dell’evangelizzazione, e poi i lunghi secoli in cui il cristianesimo, pur nella dolorosa divisione tra Oriente ed Occidente, si è affermato come la religione degli Europei stessi.

Anche nel periodo moderno e contemporaneo il ruolo di quest’ultima ha continuato ad essere di non scarso rilievo. Riprendendo questo invito alla , ancora oggi ripeto a te, Europa che sei all’inizio del terzo millennio: ritorna te stessa. Sii te stessa. Riscopri le tue ................................. Ravviva le tue radici. Nel corso dei secoli, hai ricevuto il tesoro della fede ................................... Il Cristianesimo fonda la tua vita sociale sui principi tratti dal ...................................................... e se ne scorgono le tracce dentro le arti, la letteratura, il pensiero e la cultura delle tue ................................... Ma questa eredità non appartiene soltanto al passato; essa è un progetto per l’avvenire da trasmettere alle generazioni ................................... (N. 24 e 120)

Esprimi un tuo pensiero su ciò che hai compreso dal testo: .................................................... ................................................................................................................................................................................

Completa le scritte, scoprirai così come la fede cristiana, diffondendosi, ha influenzato la cultura occidentale.

LIT _ RGIA E

TR _ DIZIONI POP _ LARI

AR _ E E

ARCHITE _ _ URA

VIE DI PELLEGRIN _ G _ IO

E COM_ERCIO

ISTR _ ZIONE

E UNIVERSITÀ

DIGNITÀ DELLA PERS _ NA

E SOLID _ RIETÀ

LETTER _ TURA E

FILOS _ FIA

Spiega cosa significa il termine EVANGELIZZAZIONE, colorando solo le nuvolette che si riferiscono ad esso.

difesa dei ricchi che danno lavoro

testimonianza d’amore

promozione dei diritti umani

imposizione del Vangelo

annuncio del Vangelo

costituzione di chiese

rispetto per le diverse culture

organizzazione di una comunità guidata da un vescovo

Leggi il passo tratto dal Vangelo di Matteo (Mt 25,35-40), poi spiega con parole tue il significato del testo.

“Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi [...]. In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

Unità Formativa 2 Il Credo e le feste cristiane il

Credo

la religione cattolica

Incarnazione

Traguardi per lo sviluppo delle competenze

Competenze di riferimento disciplinari

Obiettivi di apprendimento

tradizioni cristiane

Pasqua

L’alunno si confronta con l’esperienza religiosa e distingue la specificità della proposta di salvezza del Cristianesimo. Riconosce il significato cristiano del Natale e della Pasqua, traendone motivo per interrogarsi sul valore di tali festività nell’esperienza personale, familiare e sociale.

Riconoscere nella Chiesa la comunità di coloro che credono in Gesù Cristo. Scoprire nelle opere d’arte e nelle tradizioni popolari modalità significative per esprimere la fede cristiana.

1 Descrivere i contenuti principali del Credo cattolico.

2 Intendere il senso religioso del Natale e della Pasqua, a partire dalle narrazioni evangeliche, dalla vita della Chiesa e dalle tradizioni popolari.

3 Individuare significative espressioni d’arte cristiana relative agli eventi dell’Incarnazione e della Pasqua.

Contenuti Natale e Pasqua: arte, simbologia e tradizioni.

Discipline coinvolte Storia, geografia, italiano, arte e immagine, musica.

Prove di verifica e valutazione

Indicazioni metodologiche

Le verifiche saranno attuate privilegiando le conversazioni insegnante-alunni, la rielaborazione personale di ciascun bambino, realizzazioni grafico-pittoriche, la lettura di immagini di vario genere, l’analisi di testi poetici e musicali, schede operative, test di tipo vero-falso, a scelta multipla e a domande aperte. Tutto questo servirà per valutare l’ascolto, la partecipazione, l’interesse, la comprensione e la capacità di esporre oralmente i contenuti. Vista la natura della disciplina, gli alunni saranno valutati sia sotto il profilo affettivo-relazionale, sia sotto quello degli apprendimenti relativi alla conoscenza della cultura cristiana.

Le strategie didattiche che verranno poste in atto saranno fondate sull’immagine in un rapporto di complementarità con il linguaggio verbale, con quello audiovisivo e con quello musicale, per guidare i bambini al riconoscimento della Pasqua come evento fondante del Cristianesimo e alla scoperta del significato di alcune tradizioni natalizie.

U. F. 2: IL CREDO E LE FESTE CRISTIANE

>> Primo percorso <<

O. A.: 1 Descrivere i contenuti principali del Credo cattolico.

Credo o non credo?

Per introdurre i principi fondamentali della religione cattolica, analizziamo con la classe il Credo o Professione o Simbolo della fede della Chiesa cattolica, proponendo un confronto tra quello apostolico (che la Tradizione fa risalire direttamente agli Apostoli, ma in realtà è dei primi secoli e nasce come sintesi della fede trasmessa dagli stessi) e quello niceno-costantinopolitano, attualmente più utilizzato nelle liturgie cattoliche (la cui definizione risale al IV secolo d.C.).

Le dottrine centrali delle due formule, con cui la Chiesa ha espresso e trasmesso la propria fede, si possono evidenziare dall’analisi comparata dei due testi e si riferiscono all’unicità, unità e Trinità di Dio, e alla natura di Gesù, vero uomo e vero Dio, all’importanza della comunità e alla Risurrezione della carne.

Credo apostolico

Credo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra.

E in Gesù Cristo, Suo Figlio unigenito, Signore nostro; il quale fu concepito di Spirito Santo, nato dalla vergine Maria; soffrì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò dai morti; ascese al cielo; siede alla destra di Dio Padre onnipotente; da dove verrà per giudicare i vivi ed i morti.

Io credo nello Spirito Santo;

la santa Chiesa universale; la comunione dei Santi;

la remissione dei peccati; la Risurrezione della carne; la vita eterna.

Credo niceno-costantinopolitano

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.

Credo in un solo Signore Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre. Per mezzo di Lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo.

Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto e il terzo giorno è resuscitato secondo le Scritture ed è salito al Cielo e siede alle destra del Padre e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti ed il suo Regno non avrà fine.

Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti.

Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.

Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati e aspetto la Risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.

Avviamo la conversazione attraverso le seguenti domande:

– Perché i cristiani hanno sentito la necessità di mettere per iscritto i principi fondamentali della propria fede?

– In quale occasione il cristiano recita per la prima volta questa formula? Facciamo notare il legame che c’è tra la Professione di fede e il Battesimo, concludendo che la prima volta che un cristiano afferma tali verità è proprio quando riceve il primo sacramento di iniziazione e, che, nel caso dei bambini, sono i genitori a pronunciarle.

Successivamente spieghiamo che ogni affermazione contenuta nei due Simboli serviva a difendersi da errori pericolosi, che circolavano nei primi secoli del Cristianesimo. Ne ricordiamo alcuni:

• gli gnostici, ad esempio, ritenevano che l'universo fisico fosse cattivo; allora i cristiani dovettero riaffermare con forza che il mondo è “buono” (Gen 1) perché creato da Dio;

• alcuni, ad esempio Ario, affermavano che Gesù non era vero Dio (in quanto figlio non consustanziale al Padre) e altri (come la dottrina monofisita, le idee di Marcione e i manichei) che non era vero uomo (la sua umanità era solo apparente, così come la sua morte), così il Credo dovette insistere sulla natura umana e nello stesso tempo divina di Gesù Cristo (nel Simbolo più antico si parla di una discesa agli inferi di Gesù dopo la sua morte, forse proprio per sottolinearne l’umanità e nello stesso tempo per evidenziarne l’azione redentrice per tutti coloro che, ritenuti giusti, vissero prima della sua venuta) (Gv 1);

• circolava tra gli gnostici la teoria secondo la quale la fede cristiana e, quindi, la salvezza, era riservata a pochi eletti. Da qui la necessità di sottolineare “l’universalità” (questo significa il termine cattolico) del Vangelo, che doveva essere predicato a tutti gli uomini;

• un’altra teoria considerava il corpo separato dall’anima, quasi ne fosse la prigione. Secondo i cristiani, invece, l’uomo non “possiede” un corpo, come se fosse un accessorio, ma è un corpo. Il corpo è il primo messaggio che ognuno trasmette agli altri ed essendo parte della natura umana, risorgerà dalla morte.

Le verità del Credo si possono così riassumere:

• un solo Dio, in tre persone uguali e distinte. Uguali, perché ognuna è Dio; distinte, perché agiscono nella storia in modi e tempi diversi. Sin dalle formule più antiche del Simbolo della fede si può evincere la realtà di un Dio unico confessato come Padre onnipotente e Creatore dell’universo, Figlio eterno e divino, consustanziale (della stessa natura e sostanza) al Padre, Verbo incarnato e Spirito Santo, forza irresistibile per mezzo della quale Dio rende possibile la vita e si fa presente nella storia dell’uomo.

DIO

Padre Spirito Santo
Figlio

2000 a.C. Ebrei

storia ebraica

Tempo del Padre

Anno 0 Gesù

33 d.C. Pentecoste Cristiani

vita di Gesù

Tempo del Figlio

Anno corrente d.C. Noi

storia della Chiesa

Tempo dello Spirito Santo

• la Chiesa, il cristiano cattolico, infatti, non può scegliere Cristo senza la sua Chiesa, perché queste due realtà sono intimamente connesse. Facciamo notare ai bambini che, sin dalla nascita, ogni persona viene inserita in una piccola comunità che è la famiglia; crescendo poi entra a far parte di altre comunità, ad esempio la comunità scolastica da bambino e ragazzo, un gruppo di lavoro da adulto... Tutta la vita dell’individuo è caratterizzata dalla “relazione”, dallo stare insieme agli altri per motivi e con modalità diverse. Anche la Chiesa è una comunità di persone con le sue caratteristiche, che affonda le proprie radici sulla prima comunità formata dagli Apostoli intorno a Gesù. Il termine CHIESA (in greco ekklèsia da ek-kalein = “chiamare fuori”, significa “convocazione”), designa assemblee del popolo, generalmente di carattere religioso. È il termine frequentemente usato nell’Antico Testamento greco per indicare l’assemblea del popolo eletto riunita davanti a Dio, soprattutto l’assemblea del Sinai, dove Israele ricevette la Legge e fu costituito da Dio come suo popolo santo. La prima comunità di coloro che credevano in Cristo, definendosi “Chiesa”, si riconosce erede di quell’assemblea. In essa, Dio “convoca” il suo popolo da tutti i confini della terra. (CCC n.751e ss)

UNA SANTA CATTOLICA APOSTOLICA

perché una è la comunità voluta da Gesù perché resa viva dallo Spirito Santo. Nel Credo apostolico con l’espressione “comunione dei Santi” si vuole indicare tutti i cristiani (c’è un vincolo che unisce i fedeli, vivi e defunti); infatti, solo più tardi il termine “santi” è stato usato per indicare coloro che sono stati degli esempi di vita e sono stati proclamati ufficialmente santi significa universale, in quanto è per tutti e di tutti, senza distinzioni perché fondata sulla fede degli Apostoli per volontà dello stesso Gesù

• un solo Battesimo, segno dell’appartenenza a Cristo e alla Chiesa, è unico e non può essere né tolto, né ripetuto, perché è la grazia donata da Dio in modo gratuito ai fedeli.

• la Risurrezione dei morti, come Cristo, ogni uomo risorgerà in anima e

corpo. “La Risurrezione significa la vita nuova e definitiva dell’uomo intero, inclusa la dimensione “carnale”, di debolezza.” (L.F. Ladaria. in CCC, Testo integrale e commento teologico, Piemme)

Ecco alcuni passi dal Catechismo della Chiesa Cattolica

I simboli della fede con le fonti magisteriali

Infatti, come nelle nostre membra ci sono certe articolazioni che le distinguono e le separano, così, in questa professione di fede, giustamente e a buon diritto si è data la denominazione di articoli alle verità che dobbiamo credere in particolare e in maniera distinta”. Secondo un’antica tradizione, attestata già da sant’Ambrogio, si è anche soliti contare dodici articoli del Credo, simboleggiando con il numero degli Apostoli l’insieme della fede apostolica.

192 Nel corso dei secoli si sono avute numerose professioni o simboli della fede, in risposta ai bisogni delle diverse epoche: i Simboli delle varie Chiese apostoliche e antiche, il Simbolo “Quicumque”, detto di sant’Atanasio, le professioni di fede di certi Concili (Concilio di Toledo; Concilio Lateranense; Concilio di Lione), o di alcuni Sommi Pontefici, come la “fides Damasi” o “Il Credo del popolo di Dio” di Paolo VI (1968).

193 Nessuno dei Simboli delle diverse tappe della vita della Chiesa può essere considerato sorpassato ed inutile. Essi ci aiutano a vivere e ad approfondire oggi la fede di sempre, attraverso i vari compendi che ne sono stati fatti. Fra tutti i Simboli della fede, due occupano un posto specialissimo nella vita della Chiesa:

194 Il Simbolo degli Apostoli, così chiamato perché a buon diritto è ritenuto il riassunto fedele della fede degli Apostoli. È l’antico Simbolo battesimale della Chiesa di Roma. La sua grande autorità gli deriva da questo fatto: “È il Simbolo accolto dalla Chiesa di Roma, dove ebbe la sua sede Pietro, il primo tra gli Apostoli, e dove egli portò l’espressione della fede comune”.

195 Il Simbolo detto niceno-costantinopolitano, il quale trae la sua grande autorità dal fatto di essere frutto dei primi due Concili Ecumenici (325 e 381). È tuttora comune a tutte le grandi Chiese dell’Oriente e dell’Occidente.

196 La nostra esposizione della fede seguirà il Simbolo degli Apostoli, che rappresenta, per così dire, “il più antico catechismo romano”. L’esposizione però sarà completata con costanti riferimenti al Simbolo niceno-costantinopolitano, in molti punti più esplicito e più dettagliato.

197 Come al giorno del nostro Battesimo, quando tutta la nostra vita è stata affidata alla regola dell’insegnamento (Rm 6,17), accogliamo il Simbolo della nostra fede, la quale dà la vita. Recitare con fede il Credo significa entrare in comunione con Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, ed anche con tutta la Chiesa che ci trasmette la fede e nel seno della quale noi crediamo.

Questo Simbolo è un sigillo spirituale, è la meditazione del nostro cuore e ne è come una difesa sempre presente: senza dubbio è il tesoro che custodiamo nel nostro animo.

da CCC, Testo integrale e commento teologico, Piemme

Il termine “Amen”

1061 Il Credo, come pure l’ultimo libro della Sacra Scrittura [Cf Ap 22,21] termina con la parola ebraica “Amen”. La si trova frequentemente alla fine delle preghiere del Nuovo Testamento. Anche la Chiesa termina le sue preghiere con “Amen”.

1062 In ebraico “Amen” si ricongiunge alla stessa radice della parola “credere”. Tale radice esprime la solidità, l’affidabilità, la fedeltà. Si capisce allora perché l’“Amen” può esprimere tanto la fedeltà di Dio verso di noi quanto la nostra fiducia in lui.

1063 Nel profeta Isaia si trova l’espressione “Dio di verità”, letteralmente “Dio dell’Amen”, cioè il Dio fedele alle sue promesse: “Chi vorrà essere benedetto nel paese, vorrà esserlo per il Dio fedele” (Is 65,16). Nostro Signore usa spesso il termine Amen [Cf Mt 6,2; Mt 6,5; Mt 6,16] a volte in forma doppia [Cf Gv 5,19] per sottolineare l’affidabilità del suo insegnamento, la sua autorità fondata sulla verità di Dio.

1064 L’“Amen” finale del Credo riprende quindi e conferma le due parole con cui inizia: “Io credo”. Credere significa dire “Amen” alle parole, alle promesse, ai comandamenti di Dio, significa fidarsi totalmente di colui che è l’“Amen” d’infinito amore e di perfetta fedeltà. La vita cristiana di ogni giorno sarà allora l’“Amen” all’“Io credo” della professione di fede del nostro Battesimo. “Il Simbolo sia per te come uno specchio. Guardati in esso, per vedere se tu credi tutto quello che dichiari di credere e rallegrati ogni giorno per la tua fede” (Sant’Agostino, Sermones, 58, 11, 13: PL 38, 399).

1065 Gesù Cristo stesso è l’“Amen” (Ap 3,14). Egli è l’“Amen” definitivo dell’amore del Padre per noi; assume e porta alla sua pienezza il nostro “Amen” al Padre: “Tutte le promesse di Dio in lui sono divenute “sì”. Per questo sempre attraverso lui sale a Dio il nostro Amen per la sua gloria” (2Cor 1,20):

Per lui, con lui e in lui, a te, Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.

AMEN!

da CCC, Testo integrale e commento teologico, Piemme

Dopo aver analizzato il Credo, sintesi della fede cristiana, insieme ai bambini cerchiamo di rintracciare le caratteristiche che contraddistinguono i cristiani cattolici usando il solito schema della religione presentato in classe III e ripreso in classe IV per le religioni politeiste (vedi pagina 12). Si può intraprendere una riflessione per ogni argomento che potrà essere supportata da attività e schede operative.

Idea di Dio

I cattolici credono in quello che può essere definito un “monoteismo trinitario, senza che si possa stabilire divisione tra la natura divina e i tre modi distinti

con la realtà

di esistere o sussistere dell’unica divinità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”(cfr. F.A. Pastor in CCC, Testo integrale e commento teologico, Piemme).

Fondatore

Il fondatore del Cristianesimo è ritenuto Gesù di Nazaret, così chiamato perché trascorse gran parte della sua vita in questa piccola città della Galilea. Il suo messaggio è stato trasmesso a tutti gli uomini dai suoi Apostoli e discepoli.

Il termine CRISTIANESIMO deriva, infatti, dalla parola greca Christos (appellativo con cui veniva chiamato Gesù), che traduce il termine ebraico “Messia”, cioè “colui che ha ricevuto l’unzione da Dio”. I seguaci di Gesù furono chiamati “cristiani” per la prima volta nel I secolo d.C. ad Antiochia.

Regole

Si possono presentare come programma di vita dei cristiani i Dieci Comandamenti, ponendo, però, l’attenzione soprattutto sul comandamento nuovo lasciato da Gesù la sera della sua passione: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato, così amatevi gli uni gli altri» (Gv 13,34).

Domandiamo ai bambini:

– In che cosa è nuovo questo comandamento, se già nel libro del Levitico era detto: «Amerai il prossimo tuo come te stesso»? (Lv 19,18)

Passiamo poi a spiegare che il comandamento di Gesù è nuovo perché con esso Lui associa l’esperienza umana alla sua, esso appartiene alla nuova alleanza. Nella nuova alleanza, infatti, l’antico comandamento è dato in maniera nuova. La legge di Dio non è più incisa su tavole di pietra, ma inscritta nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che unisce la nostra volontà a quella di Dio per essere come Gesù, dono di vita e vita donata per amore. Ogni cristiano, in qualche modo, è chiamato a divenire, come San Francesco, un “altro Cristo”.

Presentiamo lo stesso comandamento attraverso l’evangelista Matteo: «Gli rispose Gesù: – Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso» (Mt 22,37-39).

Si può aprire una discussione sull’amore ed il rispetto che dovrebbe essere, prima di tutto, verso se stessi. In un mondo in cui i bambini, come gli adulti, sono bombardati dal principio dell’efficienza e dell’apparenza, è importante soffermarsi sul fatto che Dio ama ogni uomo così come è, e ognuno, anche se non è perfetto, è “cosa molto buona” (Gen 1,31).

Il Signore insegna che noi possiamo amare gli altri solo se ci vogliamo bene, perché il comandamento dice “come te stesso” e se non amo me, come posso pensare e pretendere di poter amare gli altri? Sarebbe molto proficuo far emergere ciò che i bambini pensano e provano nei riguardi di loro stessi, perché ne prendano maggiore coscienza.

Nell’ambito delle regole si propone una riflessione sul passo del Vangelo di Matteo (Mt 18,22-23):

Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: – Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?  E Gesù gli rispose: – Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.

“Settanta volte sette”è un’espressione simbolica per indicare “infinite”, cioè sempre: come Dio ci perdona sempre senza tenere il conto dei nostri peccati, anche noi siamo chiamati a perdonare sempre gli altri.

Gruppo di uomini e guide religiose

La Chiesa costituisce il popolo di Dio formato dai fedeli, secondo le indicazioni del Codice di Diritto Canonico.

“I fedeli sono coloro che, essendo stati incorporati a Cristo mediante il Battesimo, sono costituiti popolo di Dio e perciò, resi partecipi nel modo loro proprio dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo; sono chiamati ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo. Questa Chiesa, costituita e ordinata nel mondo come società, sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui.” (CDC n.204)

“Tutti i fedeli, secondo la propria condizione, devono dedicare le proprie energie al fine di condurre una vita santa e di promuovere la crescita della Chiesa e la sua continua santificazione”. (CDC n.210)

“Tutti i fedeli hanno il dovere e il diritto di impegnarsi perché l’annuncio divino della salvezza si diffonda sempre più fra gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo”. (CDC n.211)

Distinguiamo i due termini, APOSTOLO E DISCEPOLO:

• il primo termine significa “colui che è inviato” e nella Chiesa primitiva indicava colui che apparteneva al gruppo dei Dodici, ai quali Gesù affidò il compito di vegliare sui fedeli, come un pastore veglia sul proprio gregge. Oggi indica ogni credente, che in forza del Battesimo, è “inviato” ad annunciare l’amore di Gesù. Tale compito viene vissuto da ognuno in modo diverso in base alla propria vocazione.

• l’altro termine indica “colui che segue un maestro”e, nella Chiesa primitiva, si riferiva a tutti coloro che seguivano Gesù.

Chiediamo ai bambini se conoscono le diverse figure che compongono la Chiesa, poi riflettiamo sul sostantivo VOCAZIONE, che significa “chiamata”. Dio ha per ogni persona un progetto d’amore specifico, per questo le chiama a stili di vita differenti che, all’interno della Chiesa, corrispondono a figure diverse: • il papa è il successore dell’Apostolo Pietro, a cui Gesù affidò la guida dei Dodici, per questo è guida della Chiesa. È importante sottolineare che non si tratta di un titolo di prestigio o di potere (anche se in passato si è corso questo rischio), ma che rappresenta la risposta ad una chiamata di particolare servizio. Il termine PAPA significa “Padre”, ma ci sono altri nomi per indicare il papa, come Vicario di Cristo, Sommo Pontefice e Santo Padre.

Inoltre il papa è anche il Vescovo di Roma.

• i vescovi sono considerati i successori degli Apostoli e hanno il compito di:

– insegnare, cioè annunziare il Vangelo;

– santificare, cioè amministrare i sacramenti;

– guidare la comunità in comunione con il papa, sotto la guida dello Spirito Santo.

Tra i vescovi, alcuni, che sono tra i più fedeli collaboratori del papa, vengono nominati cardinali e sono chiamati ad eleggere il pontefice nella riunione chiamata “conclave” (dal latino “sala che può essere chiusa a chiave”);

• i sacerdoti sono chiamati anche “presbiteri”, che significa “anziani”; ricordano gli uomini scelti dagli Apostoli come stretti collaboratori e mettono la loro vita al servizio della comunità;

• i diaconi sono stretti collaboratori dei sacerdoti e possono essere anche sposati;

• i religiosi (dal greco religio che significa “avere un legame”) sono tutti coloro che si consacrano a Dio in modo speciale, secondo una regola di vita caratterizzata da tre voti o promesse, quali povertà, castità, obbedienza. I religiosi si distinguono in monaci, cioè coloro che decidono di servire Dio nel silenzio e nella preghiera, senza famiglia e lontani da centri abitati; oppure in frati, cioè coloro che vivono in comunità e annunciano il Vangelo mettendosi al suo servizio;

• i laici (dal greco laicos che significa “popolo”) sono tutti i cristiani battezzati che seguono l’insegnamento di Gesù nell’ordinarietà della loro vita e del loro lavoro.

Come Gesù ha annunciato con parole e gesti il Regno di Dio, così anche la Chiesa è chiamata a portare il Vangelo di Gesù Cristo a tutti gli uomini.

La Chiesa svolge questo suo compito fondamentale quando: – testimonia con la vita e le opere Gesù; – proclama senza paura il Vangelo; – celebra la presenza di Gesù nei sacramenti; – si pone al servizio dei poveri e degli ultimi; – lotta contro le ingiustizie; – promuove iniziative che portano pace e gioia agli uomini. Introduciamo a questo punto l’organizzazione territoriale della Chiesa cattolica che, nel corso dei secoli, si è diffusa in tutto il mondo, assumendo ruoli sempre più importanti, come guida spirituale, ma anche come forza politica. Come lo Stato italiano ha una sua organizzazione territoriale in regioni, provincie e comuni, così è per la Chiesa, che ha un’organizzazione territoriale in diocesi e parrocchie. Il papa è colui che guida la Chiesa cattolica, che si trova disseminata per il mondo intero, mentre i vescovi sono chiamati a guidare le diocesi. La diocesi è una porzione del popolo di Dio che si trova in un particolare territorio, affidata alle cure pastorali del Vescovo. Ogni diocesi, definita “chiesa particolare”, è suddivisa in parrocchie: “La parrocchia è una determinata comunità di fedeli che viene costituita stabilmente nell’ambito di una chiesa particolare, e la cui cura pastorale è affidata, sotto l’autorità del vescovo diocesano, ad un parroco quale suo proprio pastore”. (CDC n.215) Centro della vita di una parrocchia è la celebrazione dell’Eucaristia do-

menicale, dove tutta la comunità cristiana di quel territorio si riunisce per ascoltare la Parola di Dio, lodare Dio e spezzare il pane. Nella cura pastorale il parroco può essere affiancato da diaconi, religiosi e laici ben preparati.

Libri sacri

La Bibbia è formata da settantatrè libri, divisi in Antico e Nuovo Testamento Ricordiamo ai bambini che cos’è la Bibbia e come è divisa, facendo riferimento all’Unità Formativa 5 della classe III.

Tempi sacri e feste

I cristiani durante l’anno ripercorrono le tappe fondamentali della salvezza operata da Gesù, attraverso la celebrazione di feste che ricordano gli avvenimenti più importanti della sua vita. L’insieme di queste celebrazioni si chiama “anno liturgico”. Attualmente il calendario liturgico della Chiesa cattolica è quello definito “Gregoriano”, perché stabilito nel 1582 da Papa Gregorio XIII. Al contrario del calendario civile che inizia il 1 gennaio e termina il 31 dicembre, quello liturgico inizia con il periodo di Avvento ed è organizzato nel modo che segue.

• Tempo di Avvento è il periodo di quattro settimane che precede e prepara alla festa di Natale. La prima domenica di Avvento cade tra il 27 novembre e il 3 dicembre. La sua definizione risale solo al VI secolo d.C., quando si è creato un tempo di attesa, di preparazione, di riflessione e di penitenza che solo più avanti assumerà un vero e proprio carattere liturgico. Durante questo tempo cade la solennità della festa dell’Immacolata Concezione (8 dicembre), che celebra Maria Immacolata, prescelta per concepire Gesù. Il colore che contraddistingue questo primo tempo dell’anno liturgico è il viola, segno di attesa e penitenza.

• Tempo di Natale è il tempo della gioia perché si celebra il Signore che viene in mezzo agli uomini. Inizia con la celebrazione (notturna) della Messa del 24 dicembre e si conclude con la festa del Battesimo di Gesù la domenica successiva all’Epifania (6 gennaio). Con il mistero della nascita di Gesù, si celebra la sua manifestazione al mondo (Epifania), la rivelazione della sua natura divina e la sua affermazione come Messia (festa del Battesimo). Il colore liturgico è il bianco, segno di luce e purezza, usata anche per le ricorrenze legate alla figura di Gesù, di Maria e dei Santi, indipendentemente dal periodo in cui capitano.

• I Tempo Ordinario inizia il lunedì dopo la domenica del Battesimo di Gesù e termina il Mercoledì delle Ceneri. Dura da quattro a sei settimane, in base alla data di Pasqua. Il colore liturgico è il verde, segno di speranza.

• Tempo di Quaresima dura quaranta giorni, dal Mercoledì delle Ceneri alla Domenica delle Palme, e ricorda il periodo di penitenza e di sacrificio trascorso da Gesù nel deserto, quindi è per i fedeli un tempo di penitenza, di conversione, durante il quale non si canta l’alleluia. Il colore liturgico è il viola.

• Settimana Santa e Triduo pasquale inizia con la Domenica delle Palme e si conclude con il Sabato Santo, prima della grande veglia pasquale. Durante questa settimana i cristiani sono chiamati a rivivere le vicende di Gesù dal suo ingresso a Gerusalemme, dove era stato acclamato con le palme, alla sua morte e Risurrezione. Il Triduo è costituito da Giovedì, Venerdì e Sabato Santo e rappresenta un tempo molto forte, in cui si ricordano l’Ultima Cena con

Approfondimenti: documento 35

l’istituzione del sacerdozio e dell’Eucaristia, la Passione e la morte di Gesù. Il Sabato Santo è detto “aliturgico” in quanto, in ricordo di Gesù nel sepolcro, non si celebra la Messa; l’Eucarestia non è conservata (come avviene normalmente) nel Tabernacolo, che quindi è spalancato, ma viene conservata in altro luogo adatto. Le luci e tutte le candele della chiesa sono spente, gli altari sono spogli, senza fiori e paramenti, nell’attesa della grande festa della Risurrezione. Il colore liturgico è il rosso, segno del sacrificio.

• Tempo di Pasqua dura cinquanta giorni, inizia con la veglia pasquale e si conclude con la domenica di Pentecoste. È la più grande festa dell’anno, centro della vita della Chiesa; durante questo periodo tutti i cristiani sono chiamati a riflettere sul significato della Risurrezione di Gesù dalla morte, che rappresenta la vittoria sulla morte e sul peccato, la salvezza, la vita eterna che ci è stata regalata da Gesù.

La data della Pasqua è mobile (la regola, infatti, dice che cade la domenica successiva alla prima luna piena o plenilunio, dopo l’equinozio di primavera fissato il 21 marzo) di conseguenza anche quella dell’Ascensione (quaranta giorni dopo) e di Pentecoste (cinquanta giorni dopo). Il colore liturgico è il bianco; eccetto per la festa di Pentecoste, per la quale subentra il rosso, segno dello Spirito Santo.

• II Tempo Ordinario inizia il lunedì dopo Pentecoste e termina l’ultima domenica dell’anno, dedicata alla festa di Cristo Re dell’universo. Dura da ventisei a ventotto settimane, durante le quali la Chiesa celebra varie festività legate ai Santi e a Maria, madre del Signore. Il colore è il verde.

Idea dell’aldilà

I cristiani credono nella Risurrezione della carne, come affermato dal Catechismo della Chiesa Cattolica.

Articolo 10 – Credo la Risurrezione della carne

Noi fermamente crediamo e fermamente speriamo che, come Cristo è veramente risorto dai morti e vive per sempre, così pure i giusti, dopo la loro morte, vivranno per sempre con Cristo Risorto, e che egli li risusciterà nell’ultimo giorno. Come la sua, anche la nostra Risurrezione sarà opera della Santissima Trinità… (n.989). Il termine “carne” designa l’uomo nella sua condizione di debolezza e di mortalità. La “Risurrezione della carne” significa che, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell’anima immortale, ma che anche i nostri “corpi mortali” (Rm 8,11) riprenderanno vita. (n.990)

Che cosa significa “risuscitare”? Con la morte, separazione dell’anima e del corpo, il corpo dell’uomo cade nella corruzione, mentre la sua anima va incontro a Dio, pur restando in attesa di essere riunita al suo corpo glorificato. Dio nella sua onnipotenza restituirà definitivamente la vita incorruttibile ai nostri corpi riunendoli alle nostre anime, in forza della Risurrezione di Gesù. (n.997)

Chi risusciterà? Tutti gli uomini che sono morti: “quanti fecero il bene per una Risurrezione di vita e quanti fecero il male per una Risurrezione di condanna (Gv 3,29)”. (n.998)

Come? Cristo è risorto con il suo proprio corpo: “Guardate le mie mani

e i miei piedi: sono proprio io!” (Lc 24,39); ma egli non è ritornato ad una vita terrena. Allo stesso modo, in lui, “tutti risorgeranno coi corpi di cui ora sono rivestiti”, ma questo corpo sarà trasfigurato in corpo glorioso, in “corpo spirituale” (1Cor 15,44)... (n.999). Il “modo con cui avviene la Risurrezione” supera le possibilità della nostra immaginazione e del nostro intelletto; è accessibile solo nella fede. Ma la nostra partecipazione all’Eucaristia ci fa già pregustare la trasfigurazione del nostro corpo per opera di Cristo: “Come il pane che è frutto della terra, dopo che è stata invocata su di esso la benedizione divina, non è più pane comune, ma Eucaristia, composta di due realtà, una terrena, l’altra celeste, così i nostri corpi che ricevono l’Eucaristia non sono più corruttibili, dal momento che portano in sé il germe della Risurrezione”. (n.1000)

Quando? Definitivamente “nell’ultimo giorno” (Gv 6,39-40.44.54; 11,24); “alla fine del mondo”. Infatti, la Risurrezione dei morti è intimamente associata alla parusia (seconda venuta) di Cristo: “Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo”(1 Ts 4,16). (n.1001)

da CCC, Testo integrale e commento teologico, Piemme

Accanto al tema della Risurrezione, merita un accenno il tema del Paradiso, Purgatorio e Inferno.

Con i bambini è importante fare una premessa: ogni descrizione che si può dare della vita dopo la morte, è sempre inadeguata, per questo si usa un linguaggio metaforico e simbolico. Questi tre termini, spesso rivestiti di aspettative e visioni soggettive, esprimono concetti propri del linguaggio religioso:

• il Paradiso indica un luogo non soggetto al trascorrere del tempo, che attende, dopo la morte, le anime di coloro che hanno vissuto una vita irreprensibile; è caratterizzato da pace, amore e serenità;

• l’Inferno (dal latino infernus cioè “posto in basso, inferiore”), al contrario, è il luogo metafisico in cui finiscono coloro che, in preda al peccato, sono vissuti da malvagi. Per questo è caratterizzato da estremo dolore, enorme disperazione e tormento eterno;

• il Purgatorio, infine, rappresenta un cammino di purificazione per il “pieno possesso del cielo”.

Nella teologia cattolica la vita eterna è stare con Gesù, l’Amore pieno, perché egli stesso è il cielo; quindi l’Inferno è la separazione definitiva da Dio e il Purgatorio è un stato particolare di purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gloria del Paradiso.

Articolo 12 – Credo la vita eterna

1020 Per il cristiano, che unisce la propria morte a quella di Gesù, la morte è come un andare verso di lui ed entrare nella vita eterna…

1023 Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio e che sono perfettamente purificati, vivono per sempre con Cristo. Sono per sempre simili a Dio, perché lo vedono “così come egli è” (1Gv 3,2),

faccia a faccia: [Cf 1Cor 13,12; Ap 22,4].

1024 Questa vita perfetta, questa comunione di vita e di amore con la Santissima Trinità, con la Vergine Maria, gli angeli e tutti i beati è chiamata “il cielo”. Il cielo è il fine ultimo dell’uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva”.

1027 Questo mistero di comunione beata con Dio e con tutti coloro che sono in Cristo supera ogni possibilità di comprensione e di descrizione. La Scrittura ce ne parla con immagini: vita, luce, pace, banchetto di nozze, vino del Regno, casa del Padre, Gerusalemme celeste, paradiso: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano.”

1030 Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo. 1031 La Chiesa chiama Purgatorio questa purificazione finale degli eletti… 1033 Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: “Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna” (1Gv 3,15). Nostro Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli [Cf Mt 25,31-46]. Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l’amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola “inferno”.

1034 Gesù parla ripetutamente della “Geenna”, del “fuoco inestinguibile”, [Cf Mt 5,22; Mt 5,29; Mt 13,42; Mt 13,50; Mc 9,43-48 ] che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l’anima che il corpo [Cf Mt 10,28 ]. Gesù annunzia con parole severe che egli “manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno... tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente” (Mt 13,41-42), e che pronunzierà la condanna: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno!” (Mt 25,41).

1035 La Chiesa nel suo insegnamento afferma l’esistenza dell’inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell’inferno, “il fuoco eterno”. La pena principale dell’inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l’uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira.

1036 Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l’inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l’uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno. Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per

essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla Vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!” (Mt 7,13-14)

Riti e preghiere

Il rito principale dei cattolici è la Messa. È una “Eucarestia”, cioè un “ringraziamento”a Dio, in cui si rievoca il sacrificio di Gesù, ripetendo le sue parole e le sue azioni durante l’Ultima Cena. L’altare diviene, così, la croce in cui, ogni volta, si consuma lo stesso e identico sacrificio della stessa vittima: l’Agnello pasquale, cioè Gesù.

Il termine OSTIA deriva dal latino e significa “vittima offerta”. L’Eucarestia è uno dei sette sacramenti dei cattolici.

I sacramenti sono segni visibili di una realtà invisibile, che è la presenza di Gesù Cristo in ogni momento della vita del cristiano. Ogni sacramento, infatti, viene celebrato in un determinato momento della vita per renderlo “sacro”, cioè offerto a Dio. I sette sacramenti sono: sacramento significato

ministro (chi compie il rito) segni

BATTESIMO il battezzato entra a far parte della Chiesa, ricevendo vita nuova come figlio di Dio

CONFESSIONE

EUCARESTIA

l’uomo si riconcilia con Dio e con i fratelli, pentendosi dei propri peccati e ricevendo il perdono

l’uomo riceve il corpo e il sangue di Gesù, per accrescere la propria unione con Gesù e con la Chiesa

sacerdote

acqua, olio, crisma, luce, veste candida

sacerdote assoluzione del sacerdote

sacerdote pane e vino

CRESIMA il cristiano riceve lo Spirito Santo che rafforza la sua fede, diventando testimone consapevole di Cristo vescovo sacro crisma

UNZIONE DEGLI INFERMI

ORDINE

MATRIMONIO

Gesù si fa vicino agli ammalati e dona loro conforto e speranza per affrontare la sofferenza

l’uomo si sente chiamato da Dio a continuare l’opera degli Apostoli, e annunciare il Vangelo con il sacerdozio

sacerdote olio degli infermi

vescovo

un uomo e una donna consacrano il loro amore davanti a Dio, impegnandosi a formare una famiglia sposi

imposizione delle mani e preghiera consacratoria

fedi nuziali, promessa di amore fedele ed eterno

La preghiera più importante dei cristiani è il Padre Nostro, che è stato insegnato direttamente da Gesù (Mt 6,9-13).

Luoghi sacri

Il luogo di preghiera e di riunione dei cristiani cattolici è la chiesa che è anche considerata la casa di Dio, perché Gesù è presente nella forma dell’Eucaristia. Tra le chiese si possono distinguere: • la basilica, chiesa molto antica, soprattuto paleocristiana, che ha la struttura architettonica divisa in più navate, e nel tempo hanno acquisito particolare importanza. A Roma si definiscono “basiliche maggiori” San Pietro, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le mura, Santa Maria Maggiore (che sono le quattro basiliche papali), San Lorenzo fuori le mura, Santa Croce in Gerusalemme e San Sebastiano fuori le mura; mentre tutte le altre, a cui viene accordato questo titolo onorifico, sono chiamate “basiliche inferiori”. Altre importanti basiliche sono, ad esempio, San Francesco e Santa Maria degli Angeli ad Assissi, Sant’Antonio a Padova;

• la cattedrale è infatti la chiesa principale di una città, sede dell’autorità del vescovo. Le prime risalgono all’XI secolo, in stile romanico, costruite al centro delle città (centro della vita dell’epoca), come segno di una fede che vuole stare“in mezzo”al popolo e parlare con un linguaggio semplice e concreto e, a volte, austero;

• la chiesa parrocchiale è il luogo delle celebrazioni liturgiche dei fedeli di una parrocchia;

• il santuario è la chiesa costruita per la presenza di reliquie di Santi o in ricordo di qualche fatto miracoloso;

• la cappella, in origine con questo termine si indicava il luogo nel palazzo di Carlo Magno ad Aquisgrana (Germania) in cui si conservava una reliquia della cappa di San Martino, poi il termine si è esteso ai piccoli spazi religiosi destinati al culto, spesso ai lati delle navate di una chiesa;

• la collegiata è la chiesa nelle comunità di religiosi;

• l’abbazia è l’insieme di vari edifici, tra cui la chiesa, dove vive una comunità monastica che ha come guida l’abate.

Simboli

La croce, simbolo della crocifissione di Gesù, rappresenta il suo amore per l’umanità e sintetizza, anche visivamente, il messaggio cristiano. Il palo verticale richiama l’elevazione a Dio e il suo legame con l’uomo, quello orizzontale ricorda l’abbraccio di Dio a tutti gli uomini. La croce, simbolo dell’incarnazione, morte e Risurrezione di Cristo, è simbolo dell’incontro tra umanità e divinità, perché Gesù è vero uomo e vero Dio. Si distingue tra:

• croce greca formata da due pali della medesima lunghezza, che si incontrano al centro, quindi i quattro bracci sono uguali;

• croce latina, così chiamata perché diffusa tra i cristiani dell’Occidente, presenta il braccio orizzontale più corto di quello verticale, ricorda così la posizione di un uomo in piedi;

• croce egiziana o ansata, si presenta come una specie di chiave alla quale viene dato il significato di “chiave della vita”; era diffusa nel IV secolo e ancora oggi è molto venerata in Egitto presso i cristiani copti;

• croce irlandese, presenta un cerchio sulla parte centrale, simbolo del centro cosmico, dei punti cardinali e dei quattro elementi (aria, acqua, terra, fuoco) redenti dalla croce di Cristo.

Croce irlandese
Croce egizia
Croce latina
Croce greca

PROPOSTA 1

Raccontiamo alla classe la parabola Il figliol prodigo (o Padre buono) raccontata solamente nel Vangelo di Luca (Lc 15,11-3), definito anche “Vangelo della misericordia”, poi presentiamo due dipinti:

Attraverso una lettura attenta delle due opere d’arte è possibile far scoprire ai bambini il vero volto di Dio Padre: la misericordia. Per prima cosa lasciamo i bambini esprimere liberamente le proprie emozioni di fronte a queste opere, poi analizziamole insieme, descrivendo entrambe le scene, individuando i personaggi, attraverso le seguenti domande:

- Come vi sembra il volto del padre?

- Cosa sta facendo?

- Come è rappresentato il figlio? Perché secondo voi?

- Nel dipinto di Rembrandt, com’è l’atteggiamento del fratello maggiore? Secondo voi, aveva ragione ad essere un po’ indignato per tutti questi riguardi del padre verso il fratello?

- Nel dipinto di Murillo sono rappresenti i servi in fermento: cosa stanno facendo, secondo voi?

• Nel dipinto di Rembrandt il Padre è anziano, sembra che sia rimasto tanto tempo sulla soglia di casa ad attendere il ritorno del figlio ed è diventato quasi cieco dalle lacrime versate durante l’attesa. Le sue mani sono diverse, la destra è più affusolata, quasi ad indicare la carezza di una donna, l’altra più tozza e muscolosa, sembra essere simbolo della forza maschile. In questo abbraccio del padre, ogni ammiratore può sperimentare l’abbraccio di Dio che accoglie sempre ogni uomo con la tenerezza di una madre e lo ama con la forza di un padre. Il figlio minore è rasato in segno di penitenza: lui sa di aver sbagliato. Ha vestiti logori ed è scalzo perché ha dovuto fare tanta strada e subire molte umiliazioni prima di ritornare a casa. Aveva preparato un discorso, ma sembra rimanere in silenzio e lasciarsi andare all’abbraccio del padre.

Il figlio maggiore, raffigurato a destra con il bastone in mano, sembra essere una figura estranea a quello che sta succedendo: è lì, ma il suo volto freddo sembra dire che non desidera essere coinvolto nella scena. I servi sembrano rimanere indifferenti a ciò che di grande sta succedendo

Rembrandt Harmenszoonvan, Il ritorno del figliol prodigo, (tav. 26)
Galleria d’arte: tavole 26-27 da proiettare e ingrandire con la LIM
Bartolomé Esteban Murillo, Il ritorno del figliol prodigo, (tav. 27)

intorno a loro. Interessante è la corrispondenza della mano “femminile”(destra) del padre con il piede scalzo e ferito del figlio, segno di una mano “delicata”che cura, rispetta e protegge e la corrispondenza della mano “maschile” (sinistra) del padre con il piede semi-calzato del figlio, segno di una mano energica che sorregge, scuote e infonde fiducia che niente è perduto. • Nel dipinto di Murillo il padre è anziano, ma ha ancora la forza di sorreggere e sostenere il figlio, che accoglie in un caloroso abbraccio. Il figlio ha un abito lacerato e sporco e non ha i calzari ai piedi, segno della sua dignità perduta. Si prostra in ginocchio per chiedere perdono, ma le sue parole sembrano interrotte. La scena è più dinamica rispetto al quadro di Rembrandt, i servi sembrano essere tutti in agitazione, pronti ad eseguire le richieste del padre e preparare la festa. Ecco venire da un lato chi porta il “vitello grasso” e dall’altro coloro che portano i vestiti nuovi e l’anello da mettere al dito del figlio, per donargli di nuovo la dignità di figlio amato dal padre.

PROPOSTA 2

Proponiamo ad ogni bambino di realizzare un calendario dell’anno liturgico.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 27 in fondo al volume.

- Far colorare i due cerchi rispettando le seguenti indicazioni:

• con il verde, segno di speranza, il tempo ordinario;

• con il viola, segno di attesa e di penitenza, i tempi di Avvento e Quaresima con il giallo (per indicare il bianco), segno di luce e purezza, il Natale e la Pasqua;

• con il rosso, segno del sacrificio, il Triduo pasquale.

- Far ritagliare i due cerchi e incollare il cerchio più grande su un cartoncino delle stesse dimensioni, in modo che risulti più rigido. Praticare su entrambi i cerchi un foro in corrispondenza del punto centrale, sovrappore il cerchio più piccolo sopra quello più grande e unirli con un fermacampione.

- Per scoprire i mesi dei diversi periodi, ricordare che la data del Natale è fissa, mentre quella della Pasqua è mobile.

PROPOSTA 3

Galleria d’arte: tavola 28 da proiettare e ingrandire con la LIM

Mostriamo alla classe l’icona che riproduce l’incontro narrato in Gen 18,1-2, in cui la Tradizione cristiana riconosce l’immagine del Dio Trinitario, e analizziamola insieme:

• l’angelo alla sinistra di chi guarda è il Padre, la Fonte della Luce, a cui gli altri si rivolgono; ha il mantello trasparente (segno che Dio può essere visto solo da chi sa riconoscerlo con fede) che lascia intravedere la tunica azzurra, colore della divinità; alle sue spalle c’è un palazzo che ricorda la dimora celeste (il paradiso) preparata da Dio per gli eletti;

• al centro c’è il Figlio che ha la tunica porpora scuro (segno della sua umanità), il manto azzurro (per dire che è Dio) e la stola dorata dei re e dei sacerdoti. Il gesto della benedizione della coppa richiama l’Eucaristia; alle sue spalle c’è un albero che richiama il legno della croce; • a destra di chi guarda troviamo lo Spirito che ha la tunica azzurra perché è Dio come gli altri due e il mantello verde in ricordo della vita che grazie al suo soffio germina e continua a crescere. Alle sue spalle un monte ricorda il luogo dell’incontro con Dio.

Se si osserva la tavola, c’è un posto vuoto che sembra aspettare qualcuno che lo occupi. Domandiamo ai bambini chi, secondo loro, manca nel circolo d’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

A. Rublev, Icona della Trinità, (tav. 28)

Inserisci nella tabella il nome del sacramento corrispondente:

Ordine sacro - Unzione degli infermi - Battesimo - Cresima - Comunione

Matrimonio - Confessione

NASCO

CRESCO

MI NUTRO

SBAGLIO

nasce la fede in Cristo con il .............................................................

confermo la fede con la .............................................................

nutro lo spirito con la .............................................................

Faccio la pace con Gesù con la .............................................................

DIVENTO ADULTO mi sposo: ....................................................

divento sacerdote: ....................................

MI AMMALO

chiedo a Gesù la forza per poter sopportare le sofferenze con la ......................................

Competa lo schema inserendo le parole giuste tra: memoriale - ringraziamento - comunione

EUCARESTIA

.......................................... della Pasqua di Gesù.

.......................................... per l’Incarnazione di Dio e per i suoi doni.

......................................... con Gesù e, grazie a lui, con tutti gli uomini.

Colora lo schema secondo le indicazioni:

– con il bianco o il giallo il tempo di Natale e Pasqua, San Giuseppe, i Santi, le feste legate a Maria e ad altri episodi della vita di Gesù e dei Santi; – con il viola le domeniche di Avvento, di Quaresima e la festa dei defunti; – con il verde, il tempo ordinario; – con il rosso il Triduo pasquale, la Pentecoste e la festa dei Santi Pieto e Paolo. Poi spiega sul quaderno il significato di ogni colore.

I domenica di Avvento

Immacolata

Concezione di Maria 8 dicembre

I domenica di Quaresima

San Giuseppe 19 Marzo

TEMPODIQUARESIMA

Mercoledì delle ceneri

Annunciazione del Signore 25 Marzo

Pentecoste

Santissima

Trinità

IITEMPOORDINARIO

Corpus Domini

IV domenica di Avvento

I domenica del tempo Ordinario

I TEMPO ORDINARIO

V domenica di Quaresima

Natale 25 dicembre

Battesimo del Signore

Domenica delle palme

TEMPODINATALE

Maria Madre di Dio 1 gennaio

Epifania 6 gennaio

TEMPO DI PASQUA

Ascensione

Natività di San Giovanni Battista - 24 giugno

Gesù Cristo, re dell’universo 34a domenica del tempo ordinario

Ricordo di tutti i defunti 2 novembre

Pasqua

TRIDUOPASQUALE

Giovedì Santo

Venerdì Santo

Sabato Santo

Santi Pietro e Paolo 29 giugno

Festa di tutti i Santi 1 novembre

Trasfigurazione del Signore - 6 agosto

Assunzione di Maria 15 agosto

TEMPO DI AVVENTO

Osserva i disegni e completa.

CHIESA DELLE ORIGINI San Pietro il papa

gli Apostoli i cardinali e i vescovi i presbiteri i sacerdoti i diaconi i diaconi

L’Apostolo ................................. fu scelto da .................................... come primo capo della Chiesa universale. Oggi il Papa è il suo......................................... e guida la Chiesa nel ........................

I ........................................., invece, sono i successori degli ............................ e guidano le chiese particolari chiamate ..................................................... Tra i vescovi, alcuni vengono nominati

................................................ ed hanno il compito di ........................................................... il papa.

Gli Apostoli di Gesù scelsero dei collaboratori per guidare le piccole comunità cristiane: i ...................................... o anziani. Oggi i collaboratori dei vescovi sono i ...................................... Il sacerdote che guida una .......................... è chiamato “parroco”. Come nella Chiesa primitiva, nelle parrocchie prestano il servizio i ..........................., uomini che possono anche essere ......................... Aiutano i sacerdoti nel loro ministero e sono a servizio della comunità.

Spiega quali figure della famiglia cristiana sono rappresentate dai disegni.

CHIESA DI OGGI

Osserva le immagini, poi completa le frasi.

ostensorio ampolline calice pisside

patena aspensorio pastorale

mitra casula stola camice

Serve per esporre l’Eucarestia: ...................................................................

Vengono indossati da diaconi e sacerdoti durante le celebrazioni eucaristiche:................................., ......................................., ....................................... .

Sono usati dal vescovo come insegne del suo servizio nella Chiesa: ......................................., .................................................. .

Serve per la benedizione con l’acqua benedetta: .........................................................

Contengono il vino e l’ostia che diverranno sangue e corpo di Cristo: .................................., .........................................................

Contengono il vino e l’acqua che verranno versati nel calice: ................................................... . È un contenitore a forma di coppa che serve per conservare le “particole”, ostie già consacrate: ..................................................................... .

Completa lo schema con gli elementi che costituiscono la religione cattolica.

U. F. 2: IL CREDO E LE FESTE CRISTIANE

>> Secondo percorso <<

O. A.: 2 Intendere il senso religioso del Natale e della Pasqua, a partire dalle narrazioni evangeliche, dalla vita

della Chiesa e dalle tradizioni popolari. 3 Individuare significative espressioni d’arte cristiana relative agli eventi dell’Incarnazione.

Sulle tracce di Babbo Natale!

Per introdurre il tema del Natale in classe quinta, presentiamo subito la figura di Babbo Natale, un personaggio le cui caratteristiche si mescolano tra tradizioni, realtà e fantasia. Certamente questa figura mitica, che distribuisce doni ai bambini la notte di Natale, diventata un elemento importante della tradizione natalizia nel mondo intero, affonda le sue origini nella cultura cristiana e più precisamente in ambito protestante. Raccontiamo ai bambini la storia di San Nicola, da cui nasce la legenda di Babbo Natale.

San Nicola e Babbo Natale

San Nicola di Myra, personaggio della tradizione cristiana medievale, è realmente esistito: nacque a Patara (Turchia) tra il 260 ed il 280 d.C. da una ricca famiglia cristiana del luogo. Cresciuto in un ambiente di fede cristiana, perse prematuramente i genitori, Epifanio e Giovanna, a causa della peste, ereditando un ricco patrimonio. Nicola era un giovane molto generoso e seppe fare buon uso della sua enorme fortuna, aiutando sempre chi ne aveva bisogno. Un giorno sentì un uomo che si disperava perché era divenuto così povero da non poter più mantenere la sua famiglia, allora presa una buona quantità di denaro, l’avvolse in un panno e, di notte, la gettò nella casa dell’uomo dalla finestra. Lo fece per tre notti di seguito, in modo che le tre figlie del pover uomo avessero la dote per potersi sposare, ma la terza notte, trovando chiusa la finestra, dovette gettare le monete dal camino. Grazie all’aiuto di Nicola, l’uomo riuscì a risolvere tutti i suoi problemi. In seguito, il giovane lasciò la sua città natale per trasferirsi a Myra dove venne ordinato sacerdote. Alla morte del vescovo di Myra, venne acclamato dal popolo come nuovo vescovo e aiutò molto la sua gente: si racconta che, durante una terribile carestia, in modo prodigioso, riuscì ad ottenere per i myresi una grande quantità di grano; in un’altra occasione, intervenendo con coraggio, impedì che i Romani giustiziassero alcuni suoi concittadini; riuscì, inoltre, parlando con l’Imperatore Costantino, a far annullare delle tasse ingiuste. Un evento straordinario legato al vescovo Nicola, sono le sue apparizioni nelle tempeste, quando era ancora in vita: egli proteggeva i naviganti, placando la furia delle acque e salvando navi e marinai. Quando morì (il 6 dicembre, presumibilmente dell’anno 343, forse nel monastero di Sion), a più di settant’anni, le

sue spoglie furono deposte a Myra e nel 1087 un gruppo di cavalieri italiani, camuffati da mercanti, rubarono le reliquie per portarle a Bari. Tuttora tali spoglie sono conservate nella famosa città pugliese di cui San Nicola divenne il santo protettore. Nella fantasia popolare San Nicola divenne “portatore di doni”: infatti, sin dal Medioevo, si raccontava che la notte prima della sua festa (il 6 dicembre), grazie ad un asinello portava doni ai bambini. La storia dei miracoli che San Nicola aveva compiuto sia in vita che dopo la morte, arrivò anche in America, grazie agli emigranti olandesi che erano soliti disporre sulla prua delle navi una statuetta del Santo che chiamavano “Sinter Klaas”. Successivamente il suo nome fu trasformato in Santa Claus e, con il tempo, l’asinello si trasformò in una slitta trainata da renne, il mantello rosso da vescovo in giacca e pantaloni ornati di pelliccia bianca con una grande cintura nera, la mitra (il copricapo usato dai vescovi durante le celebrazioni liturgiche) in un cappuccio rosso con un pon-pon bianco sulla punta, e per tutti divenne Babbo Natale! Questo Santo è molto venerato, non solo dalla Chiesa cattolica, ma anche dai cristiani ortodossi: in molte iconostasi delle chiese russo-ortodosse, San Nicola è spesso la terza icona insieme a Cristo e a Maria col Bambino.

Alla fine della storia, considerata l’importanza dell’immagine come linguaggio altamente evocativo, che può riprodurre con esattezza i dettagli del reale (come una fotografia) o può assumere valore simbolico, presentiamo alla classe due icone russe di San Nicola e un’immagine di Babbo Natale. Sottolineiamo la differenza tra la tradizione dell’icona, che trasmette un messaggio di religiosità e fede, e l’immagine di Babbo Natale, simbolo di un sistema consumistico che mette al centro dell’esistenza l’avere.

Introduciamo l’atmosfera del Natale attraverso una famosa canzone della tradizione popolare: Tu scendi dalle stelle. Questa canzone mette in luce gli aspetti principali del Natale: Dio, re del cielo, sceglie di nascere come uomo in un’umile grotta, senza agi e lontano dai riconoscimenti umani.

Tu scendi dalle stelle

Tu scendi dalle stelle, o Re del cielo, e vieni in una grotta al freddo e al gelo. A te che sei del mondo il Creatore, mancano panni e fuoco, o mio Signore. O Bambino mio divino, io ti vedo qui a tremar; ah, quanto ti costò l’avermi amato!

Approfondimenti: documento 36

con la vita
Musica: traccia audio n. 11

Dopo aver ascoltato e cantato la canzone, proponiamo ai bambini un brainstorming sulla parola NATALE: sicuramente elencheranno una serie di elementi tipici del periodo natalizio. Successivamente chiediamo quali emozioni hanno provato, ascoltando la canzone e cerchiamo di capire per quale motivo. Possiamo raccogliere le risposte dei bambini in uno schema simile al seguente:

ciò che caratterizza il Natale ciò che dovrebbe caratterizzare il Natale regali, albero, presepe, Babbo Natale, stelle, luci, panettone, supermercati affollati, offerte speciali, gioia, pranzi in famiglia...

amore, serenità, felicità, preghiera, pace in famiglia, regali, gioia, presepe...

In ciò che caratterizza il Natale prevalgono sempre beni materiali, tangibili, mentre ciò che dovrebbe caratterizzare il Natale riguarda lo star bene con gli altri: amare e sentirsi amati, i desideri profondi, che sono gli stessi desideri di Gesù.

Ripartendo dal testo di Tu scendi dalle stelle, aiutiamo i bambini a riflettere sul significato strettamente religioso della festa che celebra la nascita di Gesù, così come ci è stata narrata nei primi capitoli dei Vangeli di Matteo (1-2) e di Luca (1-3), i quali hanno cercato di “rivelare” ciò che avevano compreso del mistero della sua persona. Matteo cerca di dimostrare, attraverso la concordanza tra le profezie veterotestamentarie e gli avvenimenti dell’infanzia, che Gesù è il Messia atteso, compimento dell’Alleanza, mentre Luca si preoccupa di sottolinearne la discendenza divina: Gesù è Dio stesso, diventato uomo per divinizzare l’umanità, attraverso la salvezza dal peccato.

Spieghiamo che per i cristiani cattolici la tradizione più “vera” e sentita del Natale è quella del presepe allestito per la prima volta, in modo realistico, da San Francesco d’Assisi a Greccio nel 1223 (per approfondimenti vedi volume 1 - 2 - 3, pagine 48-49). Gli elementi del presepe (fatta eccezione per il bue e l’asinello, la cui tradizione affonda le sue radici nei testi apocrifi conosciuti come Protovangelo di Giacomo e Pseudo Matteo) sono tutti segni che accompagnano l’evento di salvezza dell’Incarnazione e ne svelano il messaggio fondamentale: Gesù è il Messia, Figlio di Dio.

Attraverso la lettura dei brani di Lc 2,1-21e Mt 2,1-12, individuiamo gli elementi del presepe e spieghiamone il significato per noi oggi:

• la grotta, l’umile dimora scelta da Dio per nascere sulla terra, un Dio così grande che sa farsi così piccolo per essere accessibile a tutti;

• il Bambino, segno di un Dio che per amore ha scelto di condividere con gli uomini la fragilità della carne;

• Maria e Giuseppe, custodi del mistero, esempi di sequela silenziosa ed umile che hanno saputo riconoscere chi è l’unico vero Signore della vita;

• la stella, segno della luce di Dio che guida gli uomini all’incontro con Lui.

• i pastori, le persone più umili e povere (non solo in senso materiale), ma anche quelle più disponibili e aperte a riconoscere la presenza di Dio in un Bambino appena nato.

• i re Magi, segno dell’umanità “pellegrina” che cammina verso il Figlio di Dio per scoprire il mistero e il senso profondo della propria vita.

con le fonti bibliche

Alla fine della riflessione presentiamo ai bambini una preghiera tratta da Sinfonia del presepe dell’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi:

Caro Gesù, per tutta la nostra vita saremo in viaggio. Per diventare grandi, per conoscere gli altri e il mondo, per servire con amore la verità, per giungere un giorno in Paradiso, dove tu ci aspetti per vivere sempre tutti insieme: con te, che sei la nostra gioia, e tra di noi.

Aiutaci a non smarrire mai la strada giusta.

Donaci genitori, educatori, insegnanti, catechisti, sacerdoti, suore e tanti altri amici che siano per noi guide esperte e sagge.

Fa’ che ascoltiamo volentieri le loro indicazioni.

Accendi nel nostro cuore una sete ardente di conoscere e di seguire sempre la tua Parola, lampada per i nostri passi e luce di ogni cammino. Amen

Illustriamo alla classe alcune tradizioni cristiane del Natale:

• presepe, nasce in ambito cattolico;

• albero di Natale e Babbo Natale, risalgono ai cristiani protestanti del nord Europa;

• icone della Vergine con il Bambino e della natività (entrate in uso solo a partire dal VI secolo) della scuola di Rublev e di Creta, proprie della tradizione ortodossa, lavori della fede che irradiano, con la luce dell’Incarnazione, gli animi stupiti di quanti le contemplano.

• L’icona della natività può essere suddivisa, orizzontalmente, in tre scene costruite attorno alla natività. Nella fascia centrale è raffigurato il Bambino che, avvolto in fasce, sembra anticipare l’uomo crocifisso che verrà deposto nel sepolcro (la stessa mangiatoia sembra avere la forma di un sepolcro); ha la testa sull’asse verticale (lui è l’asse del mondo) individuato della stella che guida i Magi, un fascio di luce che scende ad illuminare l’oscurità della caverna che si apre nel centro della montagna e si suddivide in tre raggi per simboleggiare il Dio uno e trino. L’oro, in netto contrasto con il nero della grotta scura, buia e tenebrosa, evidenzia la lotta tra il bene e il male, ma la luce della salvezza (Gesù) splende in essa a simboleggiarne la vittoria. Maria spicca per le sue proporzioni ed è collocata al centro della scena, distesa nel riposo, come ogni donna che ha dato alla luce il figlio, ma ha lo sguardo preoccupato, rivolto non verso il bambino, ma verso il destino che li attende. Gli angeli e i pastori (presenti per primi all’epifania dell’Incarnazione) hanno proporzioni diverse, questi ultimi, infatti, simbolo dell’umanità, non sono in grado di capire fino in fondo la potenza di quell’evento, a differenza degli angeli. Dentro la grotta, infine sono presenti due simboli ricavati dai Vangeli apocrifi: il bue e l’asino (in realtà un cavallo, perché l’asino in Russia era sconosciuto).

con la realtà

A. Rublev, Icona della Natività, (tav. 29)
Galleria d’arte: tavola 29 da proiettare e ingrandire con la LIM

Nella fascia inferiore sono rappresentati gli aspetti terreni dell’evento: sulla destra, due donne si preparano a prestare le prime cure al neonato e, sulla sinistra, Giuseppe è seduto pensieroso e distaccato dalla coppia madre-bambino, per significare la sua non-partecipazione al concepimento del bambino e la difficoltà del pensiero umano ad entrare nel mistero, sempre ostacolato dai dubbi (c’è un secondo personaggio, incerto, identificato con il tentatore). In alto, nella fascia superiore, sulla sinistra, si scorgono i Re Magi a cavallo, che sembrano salire, fuori dal tempo, verso il raggio divino e rappresentano i giusti che saranno compresi nel nuovo Regno messianico.

Nella tradizione ortodossa, per contemplare il mistero dell’Incarnazione si usano le icone di Maria, madre di Dio:

Galleria d’arte: tavole 30-32 da proiettare e ingrandire con la LIM

• l’icona della Madonna della tenerezza di Vladimir (nome della città russa dove tale icona sostò tra il 1155 e il 1395) appartiene al gruppo di icone dette “Eleousa”, la Misercodia, perché rappresenta la tenerezza e l’amore scambievoli che lega la Madre e il Figlio: il bambino appoggia la sua guancia a quella della madre. Questo atteggiamento rivela il potere di Maria di intenerire il figlio in favore del genere umano. I suoi occhi non si posano sul bambino, ma sono rivolti verso chi contempla l’immagine, come se volessero seguire la vita di ogni uomo che invoca e chiede l’intercessione della Misericordia. Il suo sguardo proiettato lontano, ma “dentro” chi le sta davanti, ricorda le parole di Gesù sulla croce, quando consegna a Maria la possibilità di partecipare al mistero della redenzione quale Madre di tutti gli uomini: “Donna, ecco tuo figlio” (Gv 19,26). Le stelle sul capo, antico simbolo siriaco, indicano la perenne verginità di Maria.

• La Vergine Hodighitria, dal greco “colei che indica la via” è rappresentata in piedi, a mezzo busto, con il bambino sul braccio. Gesù viene raffigurato come un uomo in miniatura: ha il volto adulto per indicare già la caratteristica di Cristo Salvatore. Con la mano destra benedice e la posizione delle dita

Madonna della tenerezza di Vladimir, (tav. 30)
Madonna Hodighitria, (tav. 31)
Madonna della Passione, (tav. 32)

ricorda il mistero della sua natura: vero uomo e vero Dio. Nella mano sinistra tiene un cartiglio arrotolato, il Vangelo, compimento della Legge. Maria, non svolge, come nell’arte occidentale, un ruolo di protezione verso il figlio, ma lo presenta agli uomini, indicandolo con la mano destra quale unica via di Salvezza. Il suo sguardo proiettato fuori dall’icona, indica la mediazione della Madre verso il figlio.

• Nelle icone definite “icone della Madonna della Passione”, compare Maria che con la mano sinistra sostiene il Bambino Gesù, affiancata da due angeli con gli strumenti della Passione. Se la Madre conserva lo stesso sguardo tipico della tipologia della Tenerezza, qui il Bambino guarda verso l’Arcangelo Gabriele, che gli mostra la croce e sembra avere un moto di paura: con un gesto commovente, colmo di confidenza, pone le sue manine nella mani della Madre, afferrandosi al suo pollice, quasi per cercare rifugio e protezione. Allo stesso tempo il gesto della Vergine ricorda la posizione dell’Hodghitria, che indica con la mano Cristo, “via, verità e vita”: in quest’icona il gesto della mano rappresenta anche un movimento di offerta, la Vergine acconsente al sacrificio del Figlio, affinché l’uomo sia salvato.

PROPOSTA 1

Realizziamo dei tovaglioli natalizi per decorare la tavola durante le feste di Natale.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 28 in fondo al volume e fornire un tovagliolo di carta rosso (quelli più grandi, circa cm 20x20).

- Piegare il tovagliolo come indicato (fig. 1-2) in modo da ottenere la forma di una “cravatta”.

- Far colorare il volto di Babbo Natale e ritagliare lungo tutto il perimetro esterno e il pon-pon.

- Avvolgere il “volto” di Babbo Natale intorno alla “cravatta rossa”, fissando i lembi dietro con colla o scotch (fig. 3-4), infine inserire il pon-pon sulla punta del tovagliolo. Se si desidera si può incollare del cotone sulla barba e sul pon-pon.

- Ogni bambino può realizzare altri tovaglioli, uno per ogni membro della sua famiglia, riproducendo la sagoma di Babbo Natale su un foglio A4 e poi seguendo lo stesso procedimento.

Fig. 1
Fig. 2
Fig. 4
Fig. 3

PROPOSTA 2

Realizziamo un presepe da appendere. Procuriamoci dei panetti di plastilina (o pongo) colorata azzurra, gialla, oro, nera, marrone, rosa, rossa e verde.

- Preparare con la plastilina azzurra, come base del presepe, un cerchio con diametro di 10 cm.

- Realizzare tre palline con il rosa e posizionarle sulla base: saranno i volti di Maria, Giuseppe e Gesù.

- Realizzare i corpi con il pongo giallo per Gesù, rosso per Maria e marrone per Giuseppe, disponendoli sempre sulla base in corrispondenza delle teste (fig.1).

- Con una striscetta di pongo azzurro contornare il volto di Maria, a mo’ di velo, applicare due pezzetti di pongo verde per le braccia di Giuseppe e con il pongo nero realizzare capelli e barba; usare invece il rosso per le braccia di Gesù. Infine, con un pennarello, disegnare gli occhi dei tre personaggi (fig. 2).

- Con l’oro realizzare la stella cometa e attaccarla sul cerchio di base, sopra la Sacra Famiglia. Infine praticare un foro, attraverso il quale far passare lo spago per poter appendere alla parete il presepe di pongo!

PROPOSTA 3

Realizziamo un bigliettino di auguri con l’albero di Natale decorato con paillettes.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 29 in fondo al volume e fornire un cartoncino rosso formato A4.

- Far piegare in due il cartoncino come base del biglietto.

- Ritagliare un cartoncino color oro o argento con dimensioni 11 x 15 cm e incollarlo sulla prima pagina del biglietto.

- Disegnare sul cartoncino oro la sagoma stilizzata di un abete e “colorarla” con un collage di paillettes e pezzetti di carta colorati.

- Ritagliare la sagoma dell’abete nel cartamodello e incollarla sulla parte interna del cartoncino.

Fig. 1
Fig. 2

La musica Gospel è una musica religiosa, propria della tradizione protestante, nata negli Stati Uniti intorno agli anni ’30 ed ispirata alla Parola di Dio, infatti Gospel in inglese significa “Vangelo”. Leggi la traduzione del famoso Gospel, Oh happy day, usato nel periodo natalizio poi rispondi alle domande.

Oh giorno felice

Oh giorno felice

Quando Gesù cancellerà

Cancellerà veramente

Cancellerà veramente

Cancellerà tutti i miei peccati

Oh giorno felice

Oh giorno felice

Oh giorno felice

Quando Gesù cancellerà

Cancellerà veramente

Cancellerà veramente

Cancellerà tutti i miei peccati

Oh giorno felice

Mi insegnerà a purificarmi

lottare e pregare lottare e pregare

e gioirà per questo ogni giorno ogni giorno

Oh giorno felice

Oh giorno felice

Quando Gesù cancellerà

Cancellerà veramente

Cancellerà veramente

Cancellerà tutti i miei peccati

Oh giorno felice

Oh giorno felice

Oh giorno felice

Quando Gesù cancellerà

Cancellerà veramente

Cancellerà veramente

Cancellerà tutti i miei peccati

Oh giorno felice

Mi insegnerà a purificarmi lottare e pregare lottare e pregare

e gioirà per questo ogni giorno ogni giorno

• Perché si parla di un giorno felice, a cosa si riferisce?

• Sei d’accordo con il significato della canzone? Perché?

Osserva l’immagine e rispondi alle domande.

• Chi è il personaggio raffigurato?

• Che cosa sta facendo?

• Secondo la tradizione, quale personaggio è stato ispirato dal vescovo di Myra?

Osserva il particolare dell’icona della Natività e rispondi alle domande.

• Ricordi cosa significa il gioco di colori chiari e scuri che fanno da sfondo a Gesù Bambino? ............................................................................................... ...............................................................................................

• Maria sembra essere pensierosa, perché, secondo te? ............................................................................................... ...............................................................................................

buio

buio

buio

Quante cose può nascondere il buio? Completa. un un carico di doni un su cui inciampare

Completa le frasi con le parole mancanti: liberi – male - buio – seduzione – luce – pericolo – paure - vince

Il ....................... aumenta le nostre .................................. e la possibilità di incorrere in qualche ; per questo ci spaventa e ha sempre simboleggiato il . Gesù è la .......................... che con l’Incarnazione .......................... il buio, i suoi pericoli e le sua paure, vince la ................................. del male e ci rende .................................

Collega con delle frecce ogni icona alla sua denominazione poi rispondi alle domande.

Madonna Hodighitria

Madonna della tenerezza o Eleousa

Madonna della Passione

• Cosa significa “Hodighitria”?

• Perché la Vergine della Passione ha questo nome?

• Quale icona preferisci? Colorala e spiega la tua scelta.

U. F. 2: IL CREDO E LE FESTE CRISTIANE

>> Terzo percorso <<

O. A.: 2 Intendere il senso religioso del Natale e della Pasqua, a partire dalle narrazioni evangeliche, dalla vita della Chiesa e dalle tradizioni popolari. 3 Individuare significative espressioni d’arte cristiana relative agli eventi dell’Incarnazione.

Le fantastica offerta della vita!

Per introdurre la grande festa cristiana della Pasqua leggiamo alla classe una storia dalla cultura popolare cinese, per riflettere insieme ai bambini sul significato del “sacrificio” come offerta di vita per più vita.

La leggenda del bambù

C’era una volta un re che possedeva una grande palazzo circondato da un bellissimo giardino, dove, ogni giorno, passeggiava nelle ore più calde della giornata. Al centro del giardino c’era un meraviglioso bambù dall’aspetto nobile. Era l’albero più bello e più amato dal re: ogni anno diventava più alto e più grazioso. Un bel giorno, però, il re, gli si avvicinò con grande venerazione e gli disse:

– Caro bambù, ho bisogno di te.

Il bambù, lusingato, come se avesse aspettato tutta la vita per quel momento, rispose:

– Oh Signore, sono pronto: fa’ di me l’uso che vuoi!

La voce del re si fece più mesta e triste:

– Vedi – disse l’uomo – per usarti dovrò abbatterti.

Il bambù da principio si sentì pervadere da una grande paura e chiese di essere usato per la gioia di tante persone che potevano ammirarlo e godere della sua bellezza, senza dover essere abbattuto.

– Mio caro bambù – disse il re, e la sua voce era più addolorata – se non posso abbatterti, non potrò usarti.

Dopo un lungo silenzio si sentì un leggero sussurro:

– Signore, se non puoi usarmi senza abbattermi, fa’ di me quello che vuoi e abbattimi.

Allora il re continuò:

– Mio caro bambù, non dovrò solo abbatterti, ma anche tagliarti le foglie ed i rami.

– Oh Signore – disse il bambù – non farmi questo: lasciami almeno le foglie e i miei rami.

– Se non posso tagliarli, non potrò usarti.

Il bambù tremò sempre più spaventato, ma disse con un leggero filo di voce:

– Signore, tagliali!

Ma il re riprese a parlare: – Mio caro bambù, devo farti ancora di più. Devo spaccarti in due. Se non potrò farti questo non potrò usarti. Il bambù, allora, si chinò a terra, mentre il sole si nascose dietro le nuvole e gli uccelli volarono via. Il re abbatté il bambù, tagliò i rami, staccò ogni foglia e lo spaccò in due. Poi prese il fusto robusto, leggero e flessibile, e lo portò alla fonte d’acqua fresca vicino ai suoi campi inariditi. Là, delicatamente, dispose l’amato bambù a terra: un’estremità del tronco la collegò alla fonte, l’altra la posizionò verso il campo arido. Così, attraverso il bambù, l’acqua, dalla fonte, andava ad irrigare i campi che tornarono ad essere fertili, donando riso a tutti gli abitanti del paese. Il meraviglioso bambù era diventato una grande benedizione per tutti! Quando era grande, bello e grazioso, viveva e cresceva soltanto per se stesso e amava la propria bellezza, ora, invece, povero ed umile, era divenuto un canale, che il re usava per rendere fecondo il suo regno.

Avviamo la conversazione attraverso le seguenti domande: – Qual è il significato della storia?

– Pensi che questa storia possa insegnare qualcosa alla nostra vita?

– Tu accetteresti di “essere tagliato”?

– Questa storia ti ricorda qualche episodio della vita di Gesù?

Chiediamo ai bambini se conoscono, o hanno mai sentito, l’espressione “Via Crucis”. Dopo aver ascoltato le loro risposte presentiamo questa pratica devozionale, che nella Chiesa cattolica rappresenta un rito molto importante del periodo quaresimale e, soprattutto, del Venerdì Santo (quello che precede la domenica di Pasqua) in cui si ricorda la morte di Gesù. La Via Crucis, espressione latina che significa “via della croce”, detta anche “Via Dolorosa”, è il simbolo cristiano della Pasqua; le sue origini sono piuttosto incerte: in genere, viene fatta risalire ai pellegrinaggi compiuti da molti cristiani in Terra Santa, in particolar modo a Gerusalemme, per ricordare e celebrare gli ultimi avvenimenti della vita di Gesù. Essa si presenta come una riflessionemeditazione sul racconto della Passione di Cristo, suddiviso in quattordici stazioni (o episodi) unite tra loro da canti ed invocazioni. Queste stazioni, alle quali è stata aggiunta la numero XV per non dimenticare il centro della fede cristiana, cioè la Risurrezione di Cristo, non hanno tutte un fondamento storico-biblico; alcune, infatti, sono frutto della pietà popolare, come le tre cadute, l’incontro con Maria e con la Veronica… Questi eventi, anche se non sono narrati nei Vangeli, sembrano essere verosimili e sicuramente rendono il cammino di Gesù verso il Calvario molto vicino all’esperienza umana. Elenchiamo ai bambini le quattordici stazioni classiche della Via Crucis, che spesso vengono concluse con la quindicesima, quella della Risurrezione.

1. Gesù è flagellato, deriso e condannato a morte.

2. Gesù è caricato della croce.

3. Gesù cade per la prima volta.

4. Gesù incontra sua Madre.

5. Gesù è aiutato da Simone di Cirene.

con la realtà

Approfondimenti: documento 37

6. Santa Veronica asciuga il volto di Gesù.

7. Gesù cade per la seconda volta.

8. Gesù ammonisce le donne di Gerusalemme.

9. Gesù cade per la terza volta.

10. Gesù è spogliato delle vesti.

11. Gesù è inchiodato sulla croce.

12. Gesù muore in croce.

13. Gesù è deposto dalla croce.

14. Il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro.

15. Gesù risorge.

Possiamo ripercorrere insieme ai bambini la Via Crucis attraverso la visione del video nel CD, tenendo conto però che nelle interpretazioni degli artisti possono esserci delle modifiche: ad esempio nel nostro caso la flagellazione è stata accorpata con il carico della croce.

Giovanni Paolo II, che, come tutti i papi, ogni anno conduceva pubblicamente una Via Crucis in Roma al Colosseo, la sera del Venerdì Santo, nel 1991 cambiò le stazioni della tradizionale Via Crucis, secondo lo schema seguente:

1. Gesù nell’orto degli ulivi (Mc 14,32-36)

2. Gesù, tradito da Giuda, è arrestato (Mc 14,45-46)

3. Gesù è condannato dal sinedrio (Mc 14,55.60-64)

4. Gesù è rinnegato da Pietro (Mc 14,66-72)

5. Gesù è giudicato da Pilato (Mc 15,14-15)

6. Gesù è flagellato e coronato di spine (Mc 15,17-19)

7. Gesù è caricato della croce (Mc 15,20)

8. Gesù è aiutato dal Cireneo a portare la croce (Mc 15,21)

9. Gesù incontra le donne di Gerusalemme (Lc 23,27-28)

10. Gesù è crocifisso (Mc 15,24)

11. Gesù promette il Paradiso al buon ladrone (Lc 23,39-42)

12. Gesù in croce, la madre e il discepolo (Gv 19,26-27)

13. Gesù muore sulla croce (Mc 15,33-39)

14. Gesù è deposto nel sepolcro (Mc 15,40-46)

Leggiamo con i bambini i passi evangelici relativi alla crocifissione di Gesù, mettendo in evidenza soprattutto le parole che lui ha pronunciato dalla croce, prima di morire. Sono sette frasi che ci aiutano a comprendere:

con le fonti bibliche

• l’umanità di Gesù, il suo essere uomo fino in fondo, pur essendo anche Dio;

• la sua intercessione per gli uomini, nonostante quello che stava soffrendo;

• l’affidamento, il suo totale abbandono e la sua illimitata fiducia nell’amore del Padre;

• la sua autorità di Figlio, re dell’universo e Signore degli uomini;

• la sua divinità nel riconoscere che “tutto si è compiuto”, l’amore si è compiuto con il gesto più grande, qual è il dono della vita.

Dal Vangelo secondo Matteo 27,31-50

Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo. Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui. Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio, gli diedero da bere vino mescolato con fiele; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere. Dopo averlo quindi crocifisso, si spartirono le sue vesti tirandole a sorte. E sedutisi, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: «Questi è Gesù, il re dei Giudei». Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo:  – Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso!

Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!

Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano:  – Ha salvato gli altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo. Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio!”

Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo. Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce:

– Elì, Elì, lemà sabactàni? – che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.

Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: – Costui chiama Elia – e subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala di aceto, la fissò su una canna e così gli dava da bere. Gli altri dicevano:

– Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!

E Gesù, emesso un alto grido, spirò.

Dal Vangelo secondo Marco 15,22-39

Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa “luogo del cranio”, e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. E l’iscrizione con il motivo della condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra. I passanti lo insultavano e, scuotendo il capo, esclamavano: – Ehi, tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!

Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano:

– Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo.

E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano. Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Alle tre Gesù gridò con voce forte:

– Eloì, Eloì, lemà sabactàni? – che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”

Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: – Ecco, chiama Elia!

Uno corse a inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo:

– Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce.

Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. Il velo del tempio si squarciò in due, dall’alto in basso. Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse:

– Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!

Dal Vangelo secondo Luca 23,33-44

Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva:

– Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno.

Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte. Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo:

– Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto. Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell’aceto, e dicevano:

– Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso.

C’era anche una scritta, sopra il suo capo: «Questi è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: – Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!

Ma l’altro lo rimproverava:

– Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male – e aggiunse: – Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno.

Gli rispose:

– In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso. Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. Gesù, gridando a gran voce, disse:

– Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito – detto questo spirò.

Dal Vangelo secondo Giovanni (19,25-30)

Stavano presso la croce di Gesù, sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: – Donna, ecco il tuo figlio! – poi disse al discepolo: – Ecco tua madre! E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: – Ho sete.

Vi era lì un vaso pieno d’aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: – Tutto è compiuto! – e, chinato il capo, spirò.

Sintetizziamo con i bambini le “sette frasi” pronunciate da Gesù dalla croce:

1. Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno.

2. In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso.

3. Donna, ecco il tuo figlio! Ecco tua madre!

4. Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”

5. Ho sete.

6. Tutto è compiuto!

7. Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.

Passiamo, ora, ad analizzare alcuni “crocifissi” o “crocifissioni” per entrare nel valore simbolico ed evocativo di quello che è il simbolo cristiano per eccellenza: la croce. Sembra che questo segno abbia delle origini legate al culto pagano del sole, di cui rappresenterebbe i raggi indirizzati verso i quattro punti cardinali: nord, sud, est, ovest. Per i cristiani, invece, rappresenta l’amore di Dio e la salvezza operata da Gesù, anche se nei primi secoli non era conosciuta e diffusa come lo è oggi. Questo perché era considerata un segno di sconfitta e debolezza piuttosto che di gloria. Intorno al IV secolo, con la libertà costantiniana, si diffusero le raffigurazioni della croce gloriosa, cioè senza il crocifisso. Più tardi si cominciò a raffigurare Gesù in croce, ma vivo e non sofferente, per sottolinearne la vittoria sulla morte, prima in sculture, poi su affreschi. Dal XII secolo si fa avanti una progressiva umanizzazione della figura di Gesù in croce, che tende a metterne in evidenza l’aspetto sofferente legato alla sua umanità. In epoca moderna, infine, si assiste ad interpretazioni personali della crocifissione a seconda degli artisti. Questi “passaggi” possono essere esemplificati attraverso le seguenti opere; per analizzare ciascuna opera, seguiamo lo schema seguente:

1. il volto di Gesù è... (triste, sofferente, sereno, in pace, solenne, chiede amore...);

2. i suoi occhi sono... (aperti, chiusi, grandi, piccoli, compassionevoli verso chi guarda, rivolti sul mondo...);

3. la posizione del suo corpo è... (dritta, in segno di solennità, ricurva, come

segno del dolore);

4. questa immagine comunica... (la speranza della Risurrezione, il valore del sacrificio di Gesù, il grande amore di Dio per gli uomini, la pace e la certezza che la vita ha trionfato sulla morte...).

Elenco delle opere presentate:

Galleria d’arte: tavole 33-40 da proiettare e ingrandire con la LIM

• Volto santo (tav. 33) nella cattedrale di San Sepolcro ad Arezzo, scultura in legno della fine del 700 d.C., rappresentazione di Gesù trionfante.

• Crocifisso di Cimabue (tav. 34) nella chiesa di San Domenico ad Arezzo, dipinto della fine del 1200, modello del Cristo sofferente.

• Crocifisso di Berlinghiero Berlinghieri (tav. 35), ora al Museo Nazionale Guinigi a Lucca, dipinto dell’inizio del 1200, raffigurazione di Cristo Risorto che anticipa la vittoria sulla morte.

• La Crocifissione di Raffaello (tav. 36), denominata anche “Crocifissione Gavari” perché realizzata per la chiesa di San Domenico di Città di Castello, su commissione della famiglia Gavari, ora conservata alla National Gallery di Londra; dipinto del 1500. Cristo è sulla croce, tra le rappresentazioni del sole e della luna (simboli dell’alfa e dell’omega, l’inizio e la fine, e tra due angeli in volo che, con dei vasi, raccolgono il sangue che sgorga dalle ferite delle sue mani. Ai piedi della scena sono presenti, da sinistra, Maria (in piedi), San Girolamo e la Maddalena inginocchiati e l’Apostolo Giovanni.

• Cristo crocifisso di Velàzquez (tav. 37), realizzato per il convento delle Benedettine di San Placido a Madrid, ora al Museo del Prado di Madrid, dipinto del 1600, dopo il Concilio di Trento che richiamava l’arte alla decenza. È un Cristo solo, immerso nel misterioso silenzio della morte, che si è abbandonato con fiducia alla volontà del Padre; il suo corpo sembra essere la fonte della luce in cui riusciamo ad intravedere la serenità della Risurrezione.

• Il Cristo giallo di Gauguin (tav. 38), conservato all’Art Gallery di Buffalo, dipinto della fine del 1800. La rappresentazione sembra invitare alla preghiera, è un Gesù che sta al centro della vita degli uomini: la croce lignea marrone con Gesù crocifisso in giallo sembra entrare nella quotidianità della vita delle tre donne, o meglio contadine, che in una pausa da lavoro sono dedite alla preghiera.

• Cristo di San Giovanni della croce di Dalì (tav. 39), conserrvato al Kelvingrove Art Gallery and Museum di Glasgow, dipinto del 1951. Gesù disteso dall’alto della croce sembra abbracciare il mondo intero, proiettato ben oltre l’orizzonte delle mura di Gerusalemme. Gesù, tornato al Padre per mezzo della croce per riappropriarsi della sua visione divina sul mondo, non lascia noi uomini, il suo è un ritornare a Dio senza abbandonare altro, ma divenendo strada e trait-d’union tra le due realtà: umana e divina. La croce allora è il “sigillo”indissolubile del legame tra Dio Padre e i suoi figli.

• Crocifissione bianca di Marc Chagall (tav. 40), conservata al The Art Institute di Chicago, dipinto del 1900. Chagall è un pittore russo di origine ebraica, che identifica nella figura del Cristo il simbolo dell’ebreo perseguitato e di tutti gli innocenti che soffrono. Il dipinto è un’evocazione della sofferenza attraverso l’uso di simboli ed immagini. Lo sfondo è occupato dalla raffigurazione di scene di violenza che ricordano la persecuzione ebraica durante la Seconda Guerra Mondiale: c’è una grande agitazione e il mondo pare sprofondato nel caos, il fuoco divampa ovunque in mezzo a saccheggi e disperazione, le figure in primo piano sembrano cercare scampo fuggendo fuori dal quadro, mentre da una barca dei profughi chiedono aiuto. In alto, si possono riconoscere dei personaggi veterotestamentari che, vedendo cosa sta succedendo, piangono. La tragica assenza di umanità di questi fatti è resa evidente dal freddo prevalere del colore bianco. Cristo rimane colui che domina la scena, è cinto dal tallit (il tipico scialle ebraico usato per la preghiera) e illuminato da un fascio di luce che viene dall’alto. Egli sembra prendere sulle sue spalle ogni dramma umano e in questo contesto di dolore rimane l’unica fonte di speranza.

Concludiamo il percorso con un’affermazione di Don Luigi Ciotti: «La croce ingloba il male e lo trasforma in Amore».

Dopo aver affrontato il tema della morte in croce di Gesù, avviamo una riflessione sui Vangeli della Risurrezione: leggiamo alla classe il passo del Vangelo di Luca, poi colleghiamo il testo biblico ai dipinti proposti.

Dal Vangelo secondo Luca 24,1-6

Il primo giorno della settimana, al mattino presto, le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro:

– Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea.

• Nel dipinto di Rubens si può ammirare la vittoria di Cristo sul male e sulla morte, catturata dall’artista nel momento stesso della Risurrezione, e resa con forte emanazione di luce.

Galleria d’arte: tavole 41-42 da proiettare e ingrandire con la LIM

• Nell’opera di Schedoni, invece, è rappresentato l’episodio delle donne al sepolcro e la luce è tutta focalizzata sulla figura dell’angelo che, nel trionfo della Risurrezione, con il braccio levato verso l’alto indica alle donne, con i volti nascosti dall’ombra, il luogo dove si è recato il Signore: la dimora di Dio Padre. Una delle donne ha con sé l’olio per la sepoltura e tutte e tre, in posizione adorante, ascoltano attente la “buona notizia”.

Rubens, Risurrezione del Cristo, (tav. 41)
Schedoni, Le tre Marie al sepolcro, (tav. 42)

Successivamente leggiamo il racconto di Pietro e Giovanni al sepolcro, e l’episodio dell’Apostolo Tommaso, ponendoli a confronto.

Dal Vangelo secondo Giovanni 20,1-10

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: – Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!

Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario, che era stato sul suo capo, non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè Egli doveva risorgere dai morti. I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa.

Dal Vangelo secondo Giovanni 20,24-29

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: – Abbiamo visto il Signore!

Ma egli disse loro: – Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo.

Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: – Pace a voi! – Poi disse a Tommaso: – Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!

Gli rispose Tommaso:

– Mio Signore e mio Dio!

Gesù gli disse: – Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!

Avviamo la conversazione ponendo ai bambini la seguente domanda:

- Che differenza c’è tra Giovanni e Tommaso? Perché, secondo voi?

Poi sviluppiamo la riflessione analizzando i dipinti proposti, attraverso le seguenti domande:

- Nel dipinto di Burnand, qual è Pietro e qual è Giovanni?

- Cosa comunica lo sguardo dei due uomini?

- Nell’opera del Carvaggio, chi è l’Apostolo di fronte a Gesù e cosa sta facendo?

- Come sono i suoi occhi?

Galleria d’arte: tavole 43-44 da proiettare e ingrandire con la LIM

Chiediamo ai bambini di esprimere le sensazioni o emozioni suscitate in loro dai due quadri, con una parola o un pensiero.

Concludiamo con la lettura dell’episodio dei discepoli di Emmaus, dal Vangelo di Luca.

Dal Vangelo secondo Luca 24,13-33

Approfondimenti: documento 38

Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro.

Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: – Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?

Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: – Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?

Domandò loro: – Che cosa?

Gli risposero: – Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto. Disse loro: – Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?

E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le

Burnand, I discepoli Pietro e Giovanni corrono al sepolcro, (tav. 43)
Caravaggio, Incredulità di San Tommaso, (tav. 44)

Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero:

– Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto. Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: – Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?

Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro.

Chiediamo ai bambini il perché i discepoli riconoscono Gesù solo quando spezza il pane. Dopo aver ascoltato le loro risposte, spieghiamo che in questo episodio si trova il modello della celebrazione eucaristica dei cristiani, secondo i due elementi principali:

ascolto della Parola - frazione del pane

Illustriamo questo concetto attraverso due dipinti di Carvaggio, che rappresentano due momenti della cena di Emmaus; ponendoli a confronto, far notare ai bambini:

• l’aspetto del Cristo; che in uno è più giovanile, nell’altro più tradizionale;

• in entrambi lo sguardo di Gesù è fisso sul pane;

• in uno, i due osti guardano senza comprendere; nell’altro, l’oste sembra essere interessato a ciò che sta accadendo davanti ai suoi occhi;

• le due tavole, una più essenziale, l’altra maggiormente imbandita.

Di fronte alla sorprendente scoperta della tomba senza la salma, con la sola presenza del lenzuolo di lino piegato, l’Evangelista Giovanni sottolinea una stupefacente reazione del “discepolo amato”: egli «vide e credette». Il “vedere”, che in Giovanni genera il “credere”, è un’esperienza molto profonda, di trascendenza, è uno sguardo interiore che invita ad andare oltre

Galleria d’arte: tavole 45-46 da proiettare e ingrandire con la LIM

Caravaggio, La cena di Emmaus - 1601, (tav. 45)
Caravaggio, La cena di Emmaus - 1606, (tav. 46)

l’esperienza sensibile di un sepolcro vuoto e a cercare il Cristo glorioso, colui che vive per sempre. Anche a noi, oggi, è rivolto lo stesso appello fatto dall’angelo alle donne: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto!» (Lc 24, 5-6). Questa è la fede dei cristiani!

Per tutti i cristiani (cattolici, protestanti e ortodossi) la Pasqua rappresenta, con Natale e Pentecoste, una “solennità”, o festa principale. Per quanto riguarda la data, però, possono esserci delle differenze, dovute all’uso del calendario giuliano (messo a punto dagli astronomi di Giulio Cesare nel 46 a.C.) rispetto a quello gregoriano (introdotto da papa Gregorio XIII nel 1582), calendario ufficiale della maggior parte dei Paesi del mondo (un calendario solare, cioè basato sul ciclo delle stagioni, formato da dodici mesi di durate diverse, da ventotto a trentuno giorni, per un totale di trecentosessantacinque o trecentosessantasei giorni. Gli anni di trecentosessantasei giorni sono detti “bisestili”).

Tutti i cristiani fissano la data della Pasqua nella prima domenica che segue la luna piena successiva all’equinozio di Primavera, ma a seconda del calendario utilizzato, si hanno due date per l’equinozio e, quindi, per la Pasqua. Seguono ancora il calendario giuliano alcune comunità ortodosse, mentre cattolici e protestanti seguono quello gregoriano. Ecco le caratteristiche delle diverse Pasque cristiane:

• la Pasqua cattolica è caratterizzata dai riti del Triduo (giovedì, venerdì e sabato santi), che terminano con la grande veglia di Pasqua (con la benedizione del fuoco e l’accensione del cero, la benedizione dell’acqua ed il rinnovo delle promesse battesimali);

• la Pasqua ortodossa dà molta importanza alla veglia pasquale che si protrae per tutta la notte e al centro ha la solenne celebrazione eucaristica con i pani chiamati “dell’offerta”;

• nella Pasqua protestante i riti variano a seconda della Chiesa e delle comunità, anche se rimane centrale il rito della cena e la lettura dei testi relativi alla morte e Risurrezione di Gesù.

PROPOSTA 1

Realizziamo un biglietto di Pasqua ad intarsi!

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 30 in fondo al volume e fornire un cartoncino nero e uno bianco formato A4.

- Sovrapporre la fotocopia al cartoncino nero e con un punteruolo ritagliare le parti colorate in nero dell’agnello pasquale trionfante, accompagnato dalla lettera P, iniziale di Cristo in greco. Terminato il lavoro, togliere il foglio bianco dal cartoncino nero in modo da ottenere l’agnello intarsiato (figura 1).

- Incollare il foglio nero sul cartoncino bianco: servirà come colore e come base per scrivere una poesia o un pensiero di Pasqua, si possono proporre i seguenti o farli inventare direttamente ai bambini.

con la realtà

Non giace! È risorto!

Gesù che era morto più non giace! È risorto!

Io sogno una Pasqua di pace, che odio e guerra sian dimenticate, un mondo felice per tutta la gente da Oriente ad Occidente!

Per tutta la vita, per tutta la terra, ogni notte, ogni dì, io sogno una Pasqua così!

Anonimo

Ora sei nostra madre

Vergine, o natura sacra piena di bellezze, tu sei l’isola della speranza. Sei la terra che passa carica di luce nella nostra notte.

Noi ti abbiamo ucciso il Figlio, ma ora sei nostra Madre, viviamo insieme la Risurrezione.

David Maria Turoldo

PROPOSTA 2

La pace si costruisce

Aprite gli occhi a visioni di pace!

Parlate un linguaggio di pace!

Fate gesti di pace!

Perché la pratica della pace porta alla pace.

La pace si rivela e si offre a coloro che realizzano, giorno dopo giorno, tutte quelle forme di pace di cui sono capaci. Giovanni Paolo II

Proponiamo alla classe di ascoltare un piccolo frammento dello Stabat Mater di Vivaldi attraverso il video, in modo che i bambini possano lasciarsi coinvolgere maggiormente dalla musica. Chiediamo quali sentimenti suscita in loro questa composizione, poi spieghiamo che è stata scritta per accompagnare lo Stabat Mater (dal latino “stava la madre”): una composizione poetica cattolica del XIII secolo, attribuita a Jacopone da Todi, anche se la questione è un po’controversa. Questa preghiera si divide in due parti: la prima è una meditazione sulle sofferenze di Maria durante la passione e morte del figlio Gesù e inizia proprio con le parole “Stabat Mater dolorosa” (“la Madre addolorata stava”), mentre la seconda parte, che inizia con le parole “Eia, Mater, fons amóris” (“Oh, Madre, fonte d’amore”), è un’invocazione in cui l’orante chiede a Maria di farlo partecipe del dolore sofferto. Insieme si può leggere anche un stralcio maggiore dell’opera e analizzarne il testo.

Approfondimenti: documento 39

Galleria d’arte: tavole 47-55 da proiettare e ingrandire con la LIM

Stabat Mater

Stabat Mater dolorósa iuxta crucem lacrimósa, dum pendébat Fílius.

Cuius ánimam geméntem, contristátam et doléntem pertransívit gládius.

O quam tristis et afflícta fuit illa benedícta Mater Unigéniti !

Quis non posset contristári, piam Matrem contemplári doléntem cum Filio ?

Pro peccátis suae gentis vidit Jesum in torméntis et flagéllis subditum.

Vidit suum dulcem natum moriéntem desolátum, dum emísit spíritum.

Eia, mater, fons amóris, me sentíre vim dolóris fac, ut tecum lúgeam.

Tui Nati vulneráti, tam dignáti pro me pati, poenas mecum dívide.

Iuxta crucem tecum stare, te libenter sociáre in planctu desídero.

Fac me cruce custodíri morte Christi praemuníri, confovéri grátia.

Quando corpus moriétur, fac, ut ánimae donétur paradísi glória. Amen.

La Madre addolorata stava in lacrime presso la Croce su cui pendeva il Figlio.

E il suo animo gemente, contristato e dolente una spada trafiggeva.

Oh, quanto triste e afflitta fu la benedetta Madre dell’Unigenito!

Chi non si rattristerebbe al contemplare la pia Madre dolente accanto al Figlio?

A causa dei peccati del suo popolo Ella vide Gesù nei tormenti, sottoposto ai flagelli.

Vide il suo dolce Figlio che moriva, abbandonato da tutti, mentre esalava lo spirito.

Oh, Madre, fonte d’amore, fammi provare lo stesso dolore perché possa piangere con te.

Del tuo figlio ferito che si è degnato di patire per me, dividi con me le pene.

Accanto alla Croce desidero stare con te, in tua compagnia, nel compianto.

Fa’ che io sia protetto dalla Croce, che io sia fortificato dalla morte di Cristo, consolato dalla grazia.

E quando il mio corpo morirà fa’ che all’anima sia data la gloria del Paradiso. Amen.

Nella leggenda del bambù, a cosa serve il sacrificio di questa pianta?

• Secondo te cosa può spingere una persona a compiere sacrifici per gli altri? Fai qualche esempio.

Scrivi nei fumetti le “sette frasi” che Gesù ha pronunciato prima di morire.

Osserva i disegni e dai un titolo alle quattordici stazioni della Via Crucis, poi disegna tu la numero 12 e 15.

Spiega quale episodio di Pasqua rappresentano i quadri e descrivi le diverse scene.

Scrivi nella colonna giusta le affermazioni riportate sotto la tabella.

le donne al sepolcro i discepoli di Emmaus l’Apostolo Tommaso

• Gesù in persona si accostò e camminava con loro.

• Il primo giorno dopo il sabato andarono al sepolcro.

• Perché mi hai veduto hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto, crederanno!

• I loro occhi erano incapaci di riconoscerlo.

• Quando fu a tavola con loro prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro.

• Portavano gli aromi e gli oli aromatici che avevano preparato.

• Tommaso non era con loro, quando venne Gesù.

• Un angelo si pose a sedere sulla pietra rotolata.

• Allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista.

• L’angelo disse: – Presto andate a dire ai suoi discepoli: “È risuscitato dai morti”.

• L’Apostolo disse: – Mio Signore e mio Dio!

• Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: – Pace a voi!

Unità Formativa 3 - Le religioni nel mondo

ricerca di senso

la Chiesa in dialogo

Traguardi per lo sviluppo delle competenze

popoli e culture religioni nel mondo dialogo interreligioso

L’alunno riconosce che la Bibbia è il libro sacro per cristiani ed ebrei e documento fondamentale della nostra cultura, sapendola distinguere da altre tipologie di testi, tra cui quelli di altre religioni; si confronta con altre esperienze religiose e distingue la specificità della proposta di salvezza del Cristianesimo.

Competenze di riferimento disciplinari

Obiettivi di apprendimento

Saper confrontare la propria esperienza religiosa con quella di altre persone e culture. Sviluppare atteggiamenti di rispetto nei confronti di altre fedi.

1 Conoscere le origini e lo sviluppo delle grandi religioni non cristiane, individuando gli aspetti più importanti del dialogo interreligioso.

2 Scoprire la risposta della Bibbia alle domande di senso dell’uomo e confrontarla con quella delle principali religioni non cristiane.

Contenuti Le grandi religioni monoteistiche. Le religioni non cristiane.

Discipline coinvolte Storia, geografia, italiano, arte e immagine, musica.

Prove di verifica e valutazione Vedere pagina 223.

Indicazioni metodologiche Le strategie didattiche che verranno poste in atto saranno fondate sull’immagine in un rapporto di complementarità con il linguaggio verbale, con quello audiovisivo e con quello musicale, per guidare i bambini verso una prima conoscenza delle grandi religioni non cristiane e aiutarli a sviluppare rispetto verso ogni fede religiosa, richiamando anche i principi fondamentali del dialogo interreligioso.

U. F. 3: LE RELIGIONI NEL MONDO

>> Primo percorso <<

O. A.: 1 Conoscere le origini e lo sviluppo delle grandi religioni non cristiane, individuando gli aspetti più importanti del dialogo interreligioso. 2 Scoprire la risposta della Bibbia alle domande di senso dell’uomo e confrontarla con quella delle principali religioni non cristiane.

Alla ricerca del positivo!

Per introdurre il grande tema delle religioni non cristiane proponiamo ai bambini la storia che segue.

Il ritratto dell’imperatore

Nella Terra dei mille fiumi governava un grandissimo imperatore, che dall’alto della sua rocca dominava su migliaia di popoli e nazioni, con lingue e costumi diversissimi tra loro. Mai nessuno aveva visto il volto dell’imperatore, ma si raccontava che avesse una nobile figura, che il suo volto risplendesse di bontà e saggezza e che i suoi occhi sapessero leggere nell’animo di chi ascoltava. Fu così che egli decise di convocare il più bravo artista dell’impero, per farsi fare una statua di cristallo purissimo da portare in giro per le capitali e i villaggi dell’impero. Quando la statua fu pronta, l’imperatore rimase stupefatto tanto era somigliante, addirittura dal cuore di cristallo scaturiva come una luce soffusa che dava l’illusione del calore e della vita. Ma proprio in quel momento il primo consigliere dell’imperatore, un uomo torvo e complicato, fece scaraventare dalla finestra il ritratto di cristallo, perché sosteneva che la forza dell’imperatore stava nel mistero che si era creato attorno alla sua figura. Il vento dell’est disperse i frammenti di quel capolavoro in tutto l’impero. Dovunque arrivarono furono venerati come il vero ritratto dell’imperatore. Nella Terra di mezzo era conservato un occhio di cristallo, quindi tutti gli abitanti pensavano che l’imperatore fosse un immenso occhio che tutto vede e osserva dall’alto del suo monte. Nella fredda Terra del nord, era, invece, piovuta dal cielo la bocca, quindi gli abitanti pensavano che l’imperatore fosse un’immensa bocca che ogni anno divorava, con i suoi aguzzi denti di cristallo, cento ragazzi e cento ragazze. Nella Terra del sud, infine, era arrivato un orecchio della statua, così tutti pensavano che l’imperatore fosse un gigantesco orecchio che tutto sente dall’alto del suo monte. Così ogni nazione dell’impero pensava di possedere il vero ritratto dell’imperatore, ma in realtà quest’ultimo era triste perché nessuno lo conosceva veramente. Un giorno, un bambino, superando mille ostacoli, riuscì ad arrivare al palazzo dell’imperatore per vedere come egli fosse veramente. Per anni cercò, invano, di inerpicarsi lungo le ripide pareti della montagna segreta e una notte, l’imperatore,

colpito dalla sua tenacia, gli scese incontro e il bambino poté vederlo.

Quando lo vide esclamò:

– Sei molto diverso da come ti descrivono!

– Lo so – rispose l’imperatore – per questo ti chiedo di attraversare la Terra dei mille fiumi e raccontare a tutti com’è veramente l’imperatore.

da B. Ferrero, 17 storie col nocciolo, Elledici

Al termine del racconto ascoltiamo le libere riflessioni suscitate dalla comprensione dei bambini, poi domandiamo loro se la storia può dirci qualcosa sulla religione. Emergerà che nel mondo si sono sviluppate tante religioni. Cerchiamo di far riflettere i bambini sul fatto che in tutte le fedi ci sono elementi positivi ed è da quelli che dovremmo partire per un dialogo interreligioso, pur rimanendo nella convinzione che solo Gesù Cristo è “la via, la verità e la vita per la Salvezza” (Gv 14,6).

Spieghiamo che, come esiste un cammino ecumenico (vedi terzo percorso dell’Unità Formativa 1, pagine 216-128) che rappresenta un serio tentativo di scoprire ciò che unisce le varie confessioni cristiane per superare i motivi della divisione, esiste un Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso che lavora per promuovere il dialogo tra la Chiesa cattolica e le religioni non cristiane. Nella Nostra Aetate (Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane) il Concilio, dopo aver ribadito che la Chiesa cattolica, fondata da Cristo, è l’unico mezzo per ottenere la salvezza, invita a non rigettare quanto c’è di vero e santo nelle religioni non cristiane.

Nel nostro tempo, in cui il genere umano si unifica di giorno in giorno più strettamente e cresce l’interdipendenza tra i vari popoli, la Chiesa esamina con maggiore attenzione la natura delle sue relazioni con le religioni non cristiane. Nel suo dovere di promuovere l’unità e la carità tra gli uomini, ed anzi tra i popoli, essa in primo luogo esamina qui tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino. I vari popoli costituiscono infatti una sola comunità. Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della Terra, e hanno anche un solo fine ultimo, Dio, la cui Provvidenza, le cui testimonianze di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti, finché gli eletti saranno riuniti nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti cammineranno nella sua luce.

Gli uomini attendono dalle varie religioni la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana, che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell’uomo: la natura dell’uomo, il senso e il fine della nostra vita, il bene e il peccato, l’origine e lo scopo del dolore, la via per raggiungere la vera felicità, la morte, il giudizio e la sanzione dopo la morte, infine l’ultimo e ineffabile mistero che circonda la nostra

le

con
fonti magisteriali

esistenza, donde noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo.

Le diverse religioni

Dai tempi più antichi fino ad oggi, presso i vari popoli si trova una certa sensibilità a quella forza arcana che è presente al corso delle cose e agli avvenimenti della vita umana, ed anzi talvolta vi si riconosce la Divinità suprema o il Padre. Questa sensibilità e questa conoscenza compenetrano la vita in un intimo senso religioso. Quanto alle religioni legate al progresso della cultura, esse si sforzano di rispondere alle stesse questioni con nozioni più raffinate e con un linguaggio più elaborato.

• Così, nell’Induismo gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con la inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia; cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza.

• Nel Buddismo, secondo le sue varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo mutevole e si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e confidente, siano capaci di acquistare lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione suprema per mezzo dei propri sforzi o con l’aiuto venuto dall’alto.

• Ugualmente anche le altre religioni che si trovano nel mondo intero si sforzano di superare, in vari modi, l’inquietudine del cuore umano, proponendo delle vie, cioè dottrine, precetti di vita e riti sacri.

La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini.

Tuttavia essa annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è “via, verità e vita” (Gv 14,6), in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose.

Essa, perciò, esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi.

• La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della Terra, che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come Profeta; onorano la sua madre vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione.

• La religione ebraica: scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Con-

cilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo. Esso ricorda anche che dal popolo ebraico sono nati gli Apostoli, fondamenta e colonne della Chiesa, e così quei moltissimi primi discepoli che hanno annunciato al mondo il Vangelo di Cristo. Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei, questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo.

• Fraternità universale: non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio. L’atteggiamento dell’uomo verso Dio Padre e quello dell’uomo verso gli altri uomini suoi fratelli, sono talmente connessi che la Scrittura dice: «Chi non ama, non conosce Dio» (1 Gv 4,8).

Presentiamo le caratteristiche principali della prima grande religione monoteista, l’Ebraismo, cercando di ricavare informazioni dagli episodi della vita di Gesù più noti ai bambini.

L’Ebraismo è una delle religioni più importanti dell’umanità, non tanto per il numero dei suoi fedeli, quanto per l’incidenza culturale e religiosa che ha avuto nel mondo: è la più antica religione monoteista, radice da cui derivano sia la religione cristiana che quella islamica. Per definire questa religione si usa anche il termine GIUDAISMO, che si riferisce principalmente all’insieme dei contenuti dottrinali ed ideologici che caratterizzano la religione e la cultura del popolo ebraico nel periodo dell’esilio babilonese e post-esilico.

Con la fine del Regno di Giuda, nel 587 a.C., tutte le tribù d’Israele scomparvero assorbite dai popoli che le avevano conquistate, tranne quella di Giuda e di Beniamino (cfr con la voce “Giudaismo” su Piccolo dizionario dell’Ebraismo, Gribaudi, Milano, 1995). Questo “resto d’Israele”, ricostituitosi dopo il ritorno da Babilonia, era rimasto interamente fedele alle mitzwot (la forma singolare del termine è mitzwàh, “comando da eseguire”), i seicentotredici precetti ebraici.

Altri termini usati per indicare gli Ebrei sono:“popolo dell’alleanza”,“popolo eletto” e “popolo d’Israele”, dal nome dato da Dio a Giacobbe prima di passare il fiume Jabbok (Gen 32,25-31).

Idea di Dio

Gli ebrei credono in un unico Dio che è il creatore e il signore dell’Universo e che li ha scelti come popolo eletto per stringere con loro un’alleanza eterna. Il suo nome è JHWH, si pronuncia “Javhè” (“Egli è”), ma non può essere pronunciato per questo si usa il termine ADONAI (vedi pagina 66). È un Dio vivente e personale, che, con un atto pienamente libero, ha “tratto dal non-essere tutta la realtà”, che si è rivelato ad Abramo, che interviene ed è presente nella storia del suo popolo, con il quale ha instaurato una relazione filiale per farsi conoscere al mondo.

Approfondimenti: documento 40

con la realtà

Fondatore

Più che di un fondatore si può parlare di un capostipite: Abramo. In lui, nei Patriarchi e nei Profeti che seguirono, il popolo di Israele si riconosce, ma soprattutto in Dio, l’unico vero “fondatore” del popolo ebraico. Nel suo nome, Mosè, il liberatore, ha guidato il popolo schiavo in Egitto alla libertà.

Regole

Un buon ebreo, per preservare la propria identità che lo fa rimanere fedele a Dio, deve:

• rispettare scrupolosamente i seicentotredici precetti (mitzwot) scritti nel Talmud (Legge orale) e ricavati dalla Bibbia, perché l’Ebraismo non è solo una religione, ma una pratica di vita che comprende anche molte norme alimentari: un alimento permesso è detto “Kasher” (“lecito”perché purificato); • fare memoria, cioè non dimenticare l’alleanza stretta da Dio con Israele. Israele è un popolo che racconta e ricorda ed è così che nasce il memoriale che fonde insieme la storia di ieri con gli avvenimenti dell’oggi, aprendo un orizzonte di senso sull’esistenza umana. Il memoriale è un rivivere vibrante, attraverso gesti, parole, silenzi e cose, la presenza di Dio, l’Eterno che sceglie di abitare il tempo. Non è un mero ricordare, ma è entrare in relazione con un Vivente. L’uscita dall’Egitto è l’avvenimento più ricordato nella tradizione ebraica. Esso è presente nella vita dell’ebreo non solo durante gli otto giorni di Pesach (Pasqua), ma tutto l’anno, in molti passi della liturgia quotidiana. Nel deserto, con Giosuè, la Pasqua viene celebrata con la manna e diventa memoriale. II memoriale è una memoria-reale, la ri-presentazione di ciò che è celebrato, è presenza reale di un passato che si comunica in modo efficace nel presente;

• studiare la Torah (Libri della Legge) e i commenti della tradizione raccolti nel Talmud;

• pregare e recitare le benedizioni, che sono considerate “anima della preghiera ebraica”. La benedizione, o berakah, è una formula di ringraziamento e di lode rivolta a Dio, specifica per ogni circostanza. La struttura fondante della berakah è: “Benedetto sei tu, Signore, nostro Dio, Re dell’universo perché ...”, ma le variazioni sono infinite a seconda che si tratti di una benedizione da usare nella liturgia corale in sinagoga, o durante la preghiera privata in famiglia o solitaria, silenziosa e segreta. La berakah segna la quotidianità dell’ebreo osservante: dalla benedizione che si recita svegliandosi al mattino, a quella della sera, dalla benedizione per un viaggio a quella per ringraziare di un amore, di un tramonto e di un’amicizia. La berakah riconosce in ogni cosa un’espressione dell’amore gratuito di Dio che per questo motivo va lodato e ringraziato;

• rispettare lo Shabbat, il giorno sacro, settimo giorno della creazione dedicato al riposo (come ha fatto Dio in Gen 2,1);

• attendere il Messia, colui che porterà un’era di felicità e di pace.

Approfondimenti

Il Decalogo: i Dieci Comandamenti (Es 20,2-17 e in Dt 5,6-21), che nella versione ebraica rientrano nei seicentotredici precetti, si presentano così suddivisi:

1. Io sono il Signore, tuo Dio, che ti fece uscire dalla terra d’Egitto, dal luogo ove eri schiavo. Non avrai altro Dio all’infuori di me.

2. Non ti farai idolo né immagine alcuna. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai.

3. Non pronunzierai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano.

4. Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te.

5. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio.

6. Non uccidere.

7. Non commettere adulterio.

8. Non rubare.

9. Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.

10. Non desiderare la casa del tuo prossimo: non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo.

Per l’Ebraismo (al contrario dei cristiani cattolici che considerano la prescrizione sull’adorazione delle immagini come parte del primo comandamento), il primo comandamento è la premessa dei comandamenti cristiani ed il secondo inizia con la prescrizione di non farsi immagini di Dio. C’è una differenza anche nell’ultimo comandamento: per gli ebrei il non desiderare la moglie del prossimo è compreso nel comandamento che riguarda il non desiderare le proprietà del prossimo, mentre nella Tradizione cattolica la proibizione di desiderare la moglie del prossimo è stata separata da quella di desiderare le sue cose. I cattolici, infine, utilizzano anche versioni ridotte dei comandamenti al fine di facilitarne la memorizzazione in ambito catechetico.

Le norme alimentari

La cucina ebraica è strettamente legata ai seicentotredici precetti talmudici, che regolano la vita dell’uomo osservante. Kasher (“adatto, valido, buono, conforme”) è il termine utilizzato per indicare un cibo che può essere consumato. Le norme alimentari riguardano: • animali leciti (puri) o proibiti (impuri). Gli elenchi degli animali di cui è permesso cibarsi sono contenuti in Levitico 11 e Deuteronomio 14: sono permessi i quadrupedi ruminanti con gli zoccoli bipartiti come, ad esempio, mucca, pecora, capra e cervo, ma non maiale, cammello, cavallo o coniglio; tra i volatili sono permessi quelli domestici (oca, anatra e pollo) mentre sono proibiti tutti i rapaci e gli uccelli notturni. Fra i pesci si possono mangiare solo quelli con squame e pinne, pertanto rimangono esclusi molluschi e crostacei (polpi, frutti di mare, aragoste, granchi...), oltre alle anguille e similari. Sono proibiti, inoltre tutti gli animali che strisciano (serpenti, coccodrilli...);

• la macellazione; la carne di un animale è lecita solo se questo è stato ucciso secondo le rigide norme cultuali e non è morto di morte naturale o ucciso da altri animali. Per rendere kasher (adatti) la carne, l’animale deve essere macellato da un esperto con un coltello affilatissimo per non farlo soffrire troppo e svuotarlo del suo sangue. Questo per osservare il precetto della Torah che vieta all’uomo di cibarsi di sangue (Gen 9,4) in quanto simbolo di vita. Per essere certi che la carne abbia perso tutto il suo sangue deve essere lavata e salata o arrostita; • il divieto di cucinare insieme o mangiare in uno stesso pasto carne e latte o suoi derivati. Forse questa prescrizione è dettata dal fatto che la carne deriva da un “delitto”, mentre il latte è un “alimento innocente”. Tale divieto è così forte che spesso in una cucina si trovano pentole, utensili e posate diversi e facilmente riconoscibili per cucinare la carne e il latte o i suoi derivati;

Queste norme alimentari hanno caratterizzato da sempre il popolo d’Israele e la sua identità e sono state rivestite di una forte valenza culturale che ha permesso agli Ebrei di non “perdersi” nel corso degli anni. Sicuramente quando furono scritte avevano un forte valore simbolico, in quanto ad ogni animale venivano associati vizi e virtù umane (ad esempio non mangiare uccelli rapaci significava rifiutare la violenza) ed anche, forse, una giustificazione igienica, nel senso che ciò che è proibito, in genere, fa male all’uomo (ad esempio la carne di maiale). Poi hanno assunto un significato educativo in quanto aiutano l’uomo a riflettere sui doni di Dio e producono in lui effetti spirituali: vanno, quindi, contestualizzate nella ricerca della santità propria di ogni credente, come il digiuno.

Persone sacre o guide religiose

I rabbini sono esperti della Bibbia, maestri e capi delle comunità ebraiche. Il rabbino non è un sacerdote, intermediario tra Dio e gli uomini (infatti gli uffici nella sinagoga possono essere svolti da ogni adulto che conosca la preghiera), è uno studioso che ha ricevuto l’ordinazione ed è autorizzato, secondo la tradizione ebraica, ad insegnare e a consigliare i membri della comunità che dirige. Egli, in quanto profondo conoscitore delle Sacre Scritture, può decidere su necessità comunitarie particolari, come quelle legate alle regole alimentari e generali di ordine religioso, interreligioso, etico e morale. È un funzionario stipendiato dalla sinagoga, con ampi doveri pastorali e di predicazione e può formarsi una famiglia. Spesso le città con ampie comunità ebraiche hanno dei loro rabbini-capo, con il ruolo di rappresentare la comunità presso le autorità civili e religiose: in Italia hanno un rabbino-capo le comunità ebraiche di Roma, di Milano, di Torino, di Venezia, di Napoli.

Libri sacri

Gli ebrei riconoscono due tradizioni: la Torah scritta e la Torah orale. La Torah scritta è la Bibbia ebraica, che corrisponde più o meno all’Antico Testamento dei cristiani e comprende, secondo il computo tradizionale, ventiquattro libri, raggruppati in tre sezioni (la seconda è suddivisa in due sottosezioni), come segue:

TORAH (Legge)

– Genesi

– Esodo

– Levitico

– Numeri

– Deuteronomio

NEVIIM (Profeti)

KETHUVIM (agiografi o scritti sacri)

Anteriori Posteriori – Salmi

– Giosuè

– Giudici

– Samuele (due libri)

– Re (due libri)

– Isaia

– Geremia

– Ezechiele

– Dodici minori (compongono un unico libro)

– Proverbi

– Giobbe

– Cantico dei Cantici

– Ruth

– Lamentazioni

– Ecclesiaste

– Ester

– Daniele

– Esdra

– Neemia

– Cronache (due libri)

La Torah scritta è chiamata anche “TaNaKh” (sigla formata dalle iniziali dei tre raggruppamenti Torah, Neviim e Kethuvim) e, sin dai tempi di Mosè, è stata accompagnata da commenti e spiegazioni tramandati oralmente: la Torah orale, messa per iscritto dal III sec. a.C. al V d.C. nel Talmud (termine che significa “studio”). Il Talmud è quindi una raccolta di commenti e riflessioni dei rabbini su molti argomenti che riguardano la vita dell’uomo, dalla preghiera, al matrimonio, alla giustizia, che servono per far comprendere la Legge di Dio.

Luoghi sacri

La sinagoga, termine che significa “riunione, raduno”, è il luogo sacro degli ebrei. La sinagoga iniziò a sorgere all’incirca durante l’esilio babilonese (597-537 a.C.) e poi, portata in Israele dagli Ebrei tornati dall’esilio, divenne il centro della vita comunitaria dopo la distruzione del primo Tempio di Gerusalemme, come luogo dove si riunivano i fedeli per le funzioni del sabato. Essa non è il luogo dove risiede Dio, ma è la “casa” in cui si legge la Torah e si prega insieme, rappresenta così un’ innovazione rivoluzionaria nella vita religiosa dell’antico Oriente: è il primo edificio del culto in cui i fedeli possono assistere al complesso dei riti. L’edificio è generalmente orientato verso Gerusalemme (direzione della preghiera) e la sua costruzione segue i gusti e le caratteristiche del luogo ove si trova, ma in genere sulla facciata sono presenti tre porte e la pianta corrisponde a quella di una basilica a tre navate; l’interno è privo sia di pitture che sculture, nel rispetto del comandamento che vieta qualsiasi raffigurazione di Dio. L’arredo consiste unicamente in un armadio (aron) detto “tabernacolo” o “arca santa”, dove si trovano i rotoli della Legge, avvolti in fasce di lino e coperti da un mantello, oppure posti in un astuccio. Sopra l’armadio, una lampada, detta “perpetua”, resta accesa notte e giorno per simboleggiare la luce eterna della Torah.

Sinagoga di Firenze

Nella maggior parte delle sinagoghe, al centro della sala, c’è una tribuna rialzata (bimah) per coloro che leggono o predicano un sermone. Le donne assistono alle funzioni da un matroneo rialzato (o galleria delle donne), separate dagli uomini, eccetto che nelle comunità più liberali. Altro luogo molto importante per gli Ebrei è il Muro del Pianto a Gerusalemme. Quando i Romani distrussero definitivamente il secondo Tempio nel 70 d.C., il muro di cinta occidentale del cortile esterno rimase in piedi, ed è proprio lì che il popolo d’Israele prega da duemila anni, ritenendo che quel punto sia il più sacro della Terra, in quanto molto vicino al luogo dove si trovava il Santo dei Santi. Secondo la Tradizione, Dio è lì ed ascolta le preghiere del suo popolo. Molto nota e antica di centinaia di anni è l’usanza di infilare piccoli fogli di carta recanti preghiere, nelle fessure del muro. Per quanto riguarda l’origine della denominazione “Muro del Pianto” non ci sono dati certi, ma solo ipotesi. È abbastanza improbabile che questo nome sia stato coniato dalle persone non ebre che osservavano gli ebrei piangere vicino al muro la distruzione del Tempio di Gerusalemme, in quanto gli ebrei si recano al muro per pregare e non per piangere. Molto più verosimile sembra essere l’ipotesi secondo cui il nome sarebbe legato alla preghiera ebraica che prevedendo continui movimenti della parte superiore del corpo, agli occhi di un osservatore posto ad una certa distanza dal muro, può sembrare che la persona si stia lamentando e stia piangendo.

Riti e preghiere

La vita religiosa di un ebreo praticante è contrassegnata dalla preghiera quotidiana tre volte al giorno (mattino, pomeriggio e sera). La preghiera più importante, vera e propria professione di fede (o credo ebraico) è lo Shemà Israel, costituito da una premessa, fatta di due versi, e da tre parti, costituite da brani della Torah:

• la prima da Deuteronomio 6,4-9

• la seconda da Deuteronomio 11,13-21

• la terza da Numeri 15,37-41

Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno.

Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze. E metterai queste parole che Io ti comando oggi, nel tuo cuore, e le insegnerai ai tuoi figli, pronunciandole quando riposi in casa, quando cammini per la strada, quando ti addormenti e quando ti alzi. E le legherai al tuo braccio, e le userai come separatore tra i tuoi occhi, e le scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte.

E sarà, se ascolterete i miei comandamenti che oggi vi do, di amare il vostro Dio e di onorarlo con tutto il vostro cuore, con tutta la vo-

Il Muro del Pianto

stra anima e con tutte le vostre forze, (allora) vi darò rugiada per le vostre terre, pioggia primaverile ed estiva, così raccoglierete le vostre granaglie, il vostro vino ed il vostro olio, e darò erba per il bestiame, e mangerete e sarete soddisfatti. Ma guardatevi dall’aprire i vostri cuori a rivolgervi al culto di altri dei, e di adorarli, perché (allora) l’ira di Dio sarà contro di voi, e chiuderà il cielo, e non ci sarà rugiada, e la terra non darà il suo prodotto, e passerete (sarete estinti) rapidamente dalla buona terra che Dio vi ha dato.

E Dio disse a Mosè: dì ai figli di Israele di fare d’ora in poi delle frange agli angoli dei loro vestiti, e vi sia un filo azzurro in ognuna di queste frange. Questi saranno i vostri zizzit (frange), e guardandoli ricorderete i precetti divini, e li osserverete, e non seguirete (i vezzi del) vostro cuore e (le immagini dei) vostri occhi, che vi fanno deviare seguendoli. Così ricorderete e osserverete tutti i precetti, e sarete santi per il vostro Dio. Io sono il Signore Dio vostro, che vi ha fatto uscire dalla terra di Egitto per essere il vostro Dio, Io sono il Signore vostro Dio.

Da questa preghiera derivano quelli che sono gli oggetti per la preghiera ebraica, utilizzati da ogni maschio ebreo, compiuti i tredici anni:

• la kippa, copricapo a forma di calotta emisferica portato come segno di sottomissione a Dio. Molti ebrei la idossano abitualmente;

• i tefillim o filatteri, scatolette di pelle munite di lacci che contengono piccole pergamene sulle quali è scritto lo Shemà Israel. Vengono legati alla fronte e al braccio sinistro, in modo che le parole della preghiera siano vicine alla mente e al cuore;

• il tallit, lo scialle della preghiera, con delle frange alle due estremità per ricordare i Dieci Comandamenti.

Spesso nella preghiera si usa anche la jàd, un’asticciola che serve per seguire la riga di lettura della Torah, senza toccare con le dita la scrittura (che è sacra). Termina spesso con una piccola mano, da cui il nome.

Nelle case ebraiche si trova, spesso, appeso allo stipite destro della porta di ogni stanza (eccetto del bagno), la mezuzah, un astuccio contenente i rotoli dello Shemà, che ha lo scopo di ricordare continuamente la Legge di Dio.

Tra i riti più sentiti è sicuramente quello del Bar-Mitzah (letteralmente significa “figlio del comandamento”), con cui un bambino ebreo diventa religiosamente maggiorenne: al compimento dei tredici anni, il ragazzo ebreo è considerato adulto davanti a Dio e per la prima volta può leggere la Torah in sinagoga ed indossare i tefillim. Per le bambine questa cerimonia si svolge a dodici anni e si chiama “Bat-Mitzah” (bat significa “figlia”).

Tempi sacri e feste (vedi pagine 117-119)

Approfondimenti: documento 13

Idea dell’aldilà

Gli ebrei credono nella vita eterna che Dio, nella sua infinita bontà, elargirà ai giusti, mentre ai malvagi spetterà la punizione. Il corpo del defunto deve essere seppellito il più presto possibile dopo la morte, in terra ebraica consacrata. Presso la sepoltura non si usa deporre fiori, ma solo sassolini bianchi in segno di ricordo e saluto. Dopo il funerale, i familiari osservano una settimana di lutto, durante la quale evitano la vita sociale e i parenti provvedono alle loro necessità. Tra gli ebrei è ancora diffusa l’idea che l’immortalità consista nel non essere dimenticati dalle generazioni future.

Simboli

Tra i simboli ebraici ricordiamo:

• la stella di David o scudo di David, o stella a sei punte, un esagramma formato da due triangoli equilateri con lo stesso centro e posti in direzioni opposte. La sua origine si fa risalire direttamente al re Davide, ma rimane certamente avvolta nel mistero: in alcune interpretazioni si è visto nella stella la relazione privilegiata tra Dio e il suo popolo. Questo segno è diventato, nel tempo, un simbolo di distinzione degli Ebrei dagli altri popoli;

• la Menorah o candelabro a sette bracci, un antico simbolo del Giudaismo e simbolo ufficiale del moderno Stato di Israele. Secondo il Testo Sacro, era interamente d’oro e sin dall’inizio faceva parte degli arredi del Tabernacolo e poi del Tempio di Gerusalemme costruito da Salomone. Come simbolo della fede e della speranza ebraiche, il candelabro viene raffigurato, spesso, sui muri delle antiche sinagoghe ed anche sulle tombe.

Presentiamo ai bambini l’altra grande religione monoteista: l’Islam. Partiamo dal termine MUSULMANO: esso deriva dal nome verbale arabo muslim e significa “devoto a Dio”, “sottomesso agli insegnamenti e alla volontà di Dio”ed identifica una persona che segue la religione islamica. L’Islam, come l’Ebraismo, abbraccia tutti gli aspetti della vita: religione, governo civile e vita quotidiana.

Idea di Dio

Approfondimenti: documento 41

L’Islam crede in un Dio unico, eterno, immateriale, onnipresente e onnisciente, il suo nome è Allah, che in lingua araba significa “Dio”. Egli è invisibile, nessun occhio umano può vederlo, solo lui può vedere se stesso. Ogni fedele dovrebbe conoscere e recitare i novantanove nomi di Dio, che hanno la facoltà di purificare il credente: «A Dio appartengono i nomi più belli: invocatelo con quelli» (Corano, Sura VII, versetto 180). Questi nomi (il Misericordioso, il Compassionevole, il Re, il Santo, la Pace, il Fedele, il Custode, il Potente, il Fiero, il Creatore…) vengono recitati in modo meditativo dai musulmani (a volte si recitano più volte le stesse parole: trentatrè volte “Gloria a Dio”, trentatrè volte “Dio sia lodato” e altre trentatrè volte “ Dio è il più grande”) che accompagnano la preghiera con un rosario: il subha (o tasbih), una collana costituita da tre gruppi di trentatrè perle ciascuno, o da un unico gruppo di trentatrè grani, in entrambi i casi i gruppi sono chiusi da una perla, o grano, più grande che simboleggia il nome supremo, sconosciuto ai fedeli. Questo rosario può essere realizzato con diversi tipi di pietra e di legno, ma anche con semi di oliva, avorio, ambra, noce di cocco, perle, corno di rinoceronte o plastica.

Fondatore

La prima comunità della religione islamica fu fondata a Medina da Maometto, il Profeta del Dio unico, la cui vita è avvolta da molte leggende. Sappiamo che nacque verso il 570 d.C a La Mecca, florido centro commerciale e punto di transito delle carovane che dall’Oriente trasportavano in Europa le loro merci.

Raccontiamo ai bambini la storia del profeta che ha dato vita ad una delle religioni più diffuse al mondo e fotocopiamo per ciascun alunno la cartina (cartamodello 27 in fondo al volume) per seguire le tappe della sua vita.

Appartenente ad un importante clan di mercanti de La Mecca e rimasto orfano precocemente sia di padre che di madre, Maometto viene affidato alle cure di parenti che erano custodi della Kaaba (cubo), una costruzione all’interno della quale era conservata la pietra nera (forse un meteorite) che gli Arabi credevano un segno di Dio. Osservando i fedeli che si recavano al tempio, Maometto si fece un’idea personale del rapporto che deve intercorrere tra l’uomo e la divinità. Divenne carovaniere ed ebbe modo così di conoscere le comunità ebraiche e cristiane e il contenuto della Bibbia. All’età di venticinque anni sposò una ricca vedova di quindici anni più grande, di nome Cadigia. Iniziò ad avvertire una profonda tensione spirituale che lo indusse a ritirarsi in solitudine in una grotta sul monte Hira per pregare, meditare e digiunare. Qui una notte, nel 610, gli apparve l’Arcangelo Gabriele che gli trasmise il messaggio divino e lo indicò come suo inviato. Iniziò da quel momento la sua attività di predicazione: molti si mostrarono interessati alle sue parole, ma fu contrastato dai potenti mercanti de La Mecca, preoccupati per i loro affari. Questa ostilità costrinse Maometto, nel 622, a lasciare la sua città, La Mecca, per rifugiarsi a Yatrib (attuale Medina), che divenne presto nota come la “Città del Profeta”. A Medina mostrò il suo talento di capo di Stato, unendo religione, politica ed economia, e fondò

il primo Stato islamico. Da questa emigrazione, chiamata “egira”, ebbe inizio l’era della nuova religione, che Maometto chiamò “Islam”, “sottomissione a Dio, nella pace”. Aiutato dai suoi seguaci, rientra trionfante a La Mecca dove lascia, alla sua morte, una forte comunità di fedeli di Allah: la umma, la prima Comunità politica di credenti musulmani.

All’inizio del VII secolo d.C., Maometto riuscì a fare degli Arabi una nazione, fondando uno Stato teocratico, una forma di governo in cui il potere politico è stabilito su base religiosa.

Fino ad allora, l’Arabia era un vasto territorio di steppe e deserti circondati da montagne, dal clima torrido e aridissimo, in cui vivevano popoli diversi: dalle tribù nomadi di beduini, dedite all’allevamento e alla razzia e fedeli a divinità impersonate da forze della natura, alle tribù sedentarie del sud, formate da esperti agricoltori di religione politeista, a una società di carovanieri, mercanti e cambiavalute nell’area nord-occidentale. La fede in Allah diventò un elemento unificante in grado di fondare un nuovo ed unico popolo, combattivo e motivato.

L’Islam si presenta come la restaurazione di una fede antica, la religione di Abramo, e tra i suoi Profeti riconosce anche Mosè e Gesù. Secondo la tradizione, Abramo, con l’aiuto del figlio Ismaele, progenitore degli Arabi, aveva edificato la Kaaba, a La Mecca, destinandola al culto del vero Dio Con i successori di Maometto, i Califfi, fra il 634 e il 644, gli Arabi (definiti Saraceni) escono dai loro secolari confini e si inseriscono prepotentemente nella lotta per il controllo politico e commerciale del Medio Oriente: crearono un immenso Stato fra Asia e Africa, ridisegnando la cartina del MedioOriente con una rapidissima espansione territoriale. Conquistarono la Siria, l’Egitto e tutto il nord-Africa, fecero incursione verso l’India e occuparono la Spagna; toccarono la Sardegna e la Corsica, oltre che un tratto della Calabria, della Puglia e della Campania. Secondo una tradizione molto radicata i musulmani vennero fermati in Occidente con la battaglia di Poitiers, nel 732 (o 733), da Carlo Martello.

Espansione araba fino al 750 d.C.

Tra le cause della rapida espansione si possono individuare:

• la debolezza degli Imperi Bizantino e Persiano, che si erano logorati con le innumerevoli guerre;

• il fatto che gli Arabi erano visti come liberatori agli occhi del popolo, esasperato dalle tasse imposte dai due Imperi;

• la forte motivazione dei soldati Arabi, in quanto lottavano in nome di una “guerra santa”;

• la tolleranza da parte degli Arabi verso la fede ebraica e quella cristiana, purché accettassero la superiorità dell’Islam, una certa disciplina e il pagamento di tributi, mentre imponevano la conversione alle popolazioni pagane ed idolatre. Con il tempo, però, questi popoli poterono valutare i vantaggi della conversione all’Islam: i convertiti, infatti, ottenevano i pieni diritti civili ed erano tenuti solo al versamento dell’elemosina legale (zakat) e non ad altre tasse. Già dieci anni dopo la morte di Maometto, l’Islam non era più una comunità di soli Arabi.

Regole

Gli obblighi fondamentali dell’Islam, cioè i doveri fondamentali della sottomissione a Dio, detti anche “pilastri”, sono cinque:

1. la professione di fede (shahada) che consiste nella seguente formula: “Non c’è Dio all’infuori di Allah e Maometto è il suo Profeta”. Queste parole vengono ripetute più volte al giorno, in lingua araba, da tutti i musulmani del mondo e, spesso, vengono scritte sugli intonaci di molti edifici;

2. la preghiera (salat) che deve essere recitata cinque volte al giorno (all’alba, a mezzogiorno, nel pomeriggio, al tramonto e alla sera). Si può pregare in ogni luogo, basta che sia pulito e ci si rivolga in direzione de La Mecca. Prima di iniziare la preghiera, per essere in condizioni di purità rituale, è necessario lavare con acqua pura quelle parti del corpo che sono generalmente esposte allo sporco, alla polvere... pronunciando la formula: “Nel nome di Dio” e seguendo precise modalità:

• lavare le mani fino ai polsi per tre volte;

• sciacquare la bocca tre volte e pulirsi le narici con le dita bagnate;

• lavarsi il viso dall’attaccatura dei capelli fino al mento, passando l’acqua dai due lati fino alle orecchie tre volte;

• lavare l’avambraccio fino ai gomiti, a partire dalla mano destra, poi la sinistra, entrambi per tre volte;

• bagnare le mani e passarle sui capelli in un movimento che va dalla fronte alla nuca, e viceversa. Pulire le orecchie contemporaneamente con le dita inumidite, usando l’indice per l’interno e il pollice per l’esterno, poi bagnare il collo;

• infine lavare i piedi fino alle caviglie, tre volte, cominciando dal piede destro.

Terminata l’abluzione, la persona è pronta per iniziare l’orazione, che prevede anch’essa una serie di gesti:

• in piedi, portare le mani ai lati del capo, con le palme aperte e rivolte in avanti, pronunciando la formula “Dio è il più grande”, che verrà poi ripetuta ogni volta che si cambia posizione;

• sempre in piedi e con le mani incrociate davanti, recitare il capitolo (Sura)

iniziale del Corano ed altri versetti;

• inchinarsi poi ad angolo retto, con le mani sulle ginocchia, ripetendo tre volte la formula “Dio è il più grande”;

• ritornare in posizione eretta, fermandosi un attimo pronunciando un’altra orazione, poi inginocchiarsi e porre le mani e la fronte a terra, ripetendo tre volte la formula “Sia glorificato il Signore, l’Altissimo”;

• sedersi sui talloni e restare un attimo fermi, ripetendo altre formule.

Per la preghiera quotidiana, quindi il musulmano necessita di alcuni strumenti:

• un tappeto sul quale inginocchiarsi;

• una bussola per conoscere la direzione de La Mecca;

• una calotta per il capo, portata in segno di rispetto di fronte a Dio (le donne, invece usano il velo).

Inoltre i fedeli sono tenuti a pregare insieme nella moschea ogni venerdì, a mezzogiorno, e ciò comporta l’interruzione di ogni attività lavorativa;

3. l’elemosina legale (zakat) da non confondere con l’elemosina che ognuno può fare volontariamente per generosità, in quanto rappresenta un dovere, un obbligo sociale per tutti gli adulti che possiedono dei beni. Ognuno, secondo la propria condizione di vita, è tenuto a pagare una tassa a favore dei più poveri, per i bisogni della moschea e per la diffusione dell’Islam. Questo gesto non ha valore spirituale se il fedele non agisce con sincera generosità e buona intenzione;

4. il digiuno nel mese di Ramadan (sawm Ramadan), il nono mese dell’anno islamico che segue il calendario lunare, per questo motivo il digiuno può avere luogo in diverse stagioni. In questo periodo ogni musulmano è invitato a privarsi di cibo e bevande dall’alba fino al tramonto, a pregare, a recitare il Corano e ad impegnarsi verso i più bisognosi. È un tempo per il perdono e la riconciliazione e questa pratica fortifica la volontà e avvicina a Dio, che è il fine ultimo di ogni essere umano. Il digiuno si interrompe solo alla sera, dopo il calar del sole, con un pasto abbondante. L’origine del Ramadan si fa risalire direttamente al Profeta che aveva l’abitudine di ritirarsi, il nono mese di ogni anno, in una grotta, per meditare. Proprio verso la fine di questo mese, a quarant’anni, ricevette la prima rivelazione di Dio (che viene celebrata con la pratica del digiuno);

5. il pellegrinaggio (hajj), tutti i musulmani adulti, che ne abbiano possibilità fisiche ed economiche, hanno il dovere di compiere almeno una volta nella vita un pellegrinaggio a La Mecca e a Medina presso la tomba del Profeta. Questo pellegrinaggio deve essere effettuato dall’8 al 12 dell’ultimo mese dell’anno musulmano, seguendo un percorso e una serie di riti, che ripetono quelli compiuti, secondo la tradizione, da Abramo insieme alla sua concubina Agar e al loro fi-

La Mecca: la grande moschea gremita di fedeli intorno alla Kaaba

glio Ismaele.

1. Arrivato alla frontiera del “territorio sacro”, il pellegrino compie le “grandi abluzioni” e poi si riveste di una lunga tunica bianca senza cuciture, segno di uguaglianza davanti a Dio (in questo modo si aboliscono tutte le distinzioni di razza e condizione sociale).

2. Così vestito, il musulmano si dirige alla grande moschea e gira sette volte intorno alla Kaaba, tentando di toccare o baciare la “pietra nera” (incastrata in un angolo all’altezza di 60 cm), una pietra sacra che, in origine, era bianca (in quanto caduta dalle mani di Dio) e poi è divenuta nera a causa dei peccati umani.

3. Poi percorre sette volte la distanza che separa due collinette vicine che si trovano davanti alla Kaaba, l’una Safà e l’altra Marwà, in ricordo della corsa affannata di Agar che, disperata, cercava acqua per il figlio Ismaele. Qui può bere alla fonte scaturita, secondo la tradizione, dalla roccia sotto i piedi del piccolo e chiamata “Zemzem”.

4. Successivamente si dirige a Mina, piccolo villaggio 10 km a sud de La Mecca, per trascorrere la notte in preghiera.

5. Al mattino seguente, riparte e raggiunge Arafat a 12 km da La Mecca, un vasto altopiano circondato da piccoli rilievi, tra i quali primeggia il “Monte della Misericordia”, dove Maometto ha pronunciato il suo ultimo sermone. Qui il pellegrino invoca il perdono di Dio per se e per gli altri. Al tramonto il pellegrino riprende la strada del ritorno, fermandosi per la notte a Muzdalifà, dove vengono raccolte delle piccole pietre per il giorno successivo, destinato ad una nuova sosta a Mina. Qui si celebra la Grande festa, sacrificando un ovino a testa, in ricordo del sacrificio richiesto da Dio ad Abramo (infatti è detta anche “festa del Sacrificio”, celebrata in tutto il mondo anche da coloro che non possono prendere parte al pellegrinaggio) e si compiono altri due riti importanti: la lapidazione di Satana (il male), eseguita scagliando sette pietruzze (raccolte a Muzdalifà) contro una stele di pietra che rappresenta Satana, e la rasatura del capo (mentre le donne si tagliano solo qualche ciocca di capelli, come gesto simbolico).

6. Infine il pellegrino conclude il percorso tornando a La Mecca e ricompiendo i riti dell’inizio.

L’Islam riconosce cinque categorie normative delle azioni umane:

• azioni illecite o proibite, come ad esempio il bere alcolici (perché incoraggiano le liti e fanno sì che gli uomini si dimentichino di Dio), il mangiare carne di maiale (considerata impura) e carne non macellata secondo il rituale, il raffigurare Allah...;

• azioni obbligatorie, cui nessuno può sfuggire e la cui ommisione è considerata un grave peccato e può essere punita, come il rispetto dei cinque pilastri.

• azioni raccomandate, ma non imposte, per cui la loro omissione non è punibile; tra queste c’è il portare il velo per le donne, che alcuni definiscono un “consiglio del Corano” e altri una “prescrizione fondamentale”, come si evince dalla Sura XXIV, 31: «E di’ alle credenti di abbassare i loro sguardi ed essere caste e di non mostrare, dei loro ornamenti, se non quello che appare; di lasciar scendere il loro velo fin sul petto e non mostrare i loro ornamenti ad altri che ai loro mariti, ai loro padri»;

• azioni neutre, cioè permesse ma non obbligatorie da compiere, come ad

esempio la possibilità, per ogni musulmano di avere fino a quattro mogli, a condizione che sia in grado di mantenerle;

• azioni condannabali, dalle quali è fortemente consigliato astenersi, ma non proibite, quindi non punibili.

Tra i vari precetti del Corano, si ricorda, infine, l’obbligo di diffondere l’Islam e di difendere la comunità anche con la lotta. Questo precetto, spesso, viene utilizzato in modo estremista per giustificare la Jihad (guerra santa), offensiva che non è assolutamente un obbligo derivante dal Corano.

Persone sacre o guide religiose

Non esistono persone sacre e nemmeno sacerdoti. Sono, invece, importanti alcune figure, considerate “responsabili” della comunità con compiti specifici, grazie alla loro conoscenza religiosa. Esse sono:

• l’imam, che ha il compito di insegnare e governare la vita sociale e religiosa della comunità islamica, per la quale deve essere anche un esempio di vita, è incaricato di guidare la preghiera comunitaria e di leggere la predica del venerdì;

• l’ayatollah, alto funzionario musulmano molto erudito;

• il muezzin, colui che è incaricato di chiamare alla preghiera. La sua prima chiamata è l’appello che dice di abbandonare ogni attività e cominciare le abluzioni, poi dopo qualche minuto, tempo necessario per le purificazioni, con la seconda chiamata segna l’inizio della preghiera.

Libri sacri

L’insieme dei principi dogmatici e delle prescrizioni dell’Islam è raccolto nel Corano (termine che significa “lettura” o “recitazione”). In questo libro è contenuto il messaggio che Dio ha rivelato a Maometto per mezzo dell’Arcangelo Gabriele, durante molteplici visioni, dall’età di quarant’anni fino alla sua morte, a sessantadue anni. Il Profeta ha tenuto a memoria le parole divine e le ha insegnate una per una ai suoi discepoli che le hanno poi raccolte e trascritte in lingua araba su scapole di cammello, pietre piatte e pergamene. È stato il califfo Uthman (644-656 d.C.) a raggruppare in un’unica opera tutte le parole sacre ordinandole in capitoli, dal più lungo al più corto, eccetto il primo e l’ultimo. I capitoli sono detti “Sure” e sono centoquattordici, con seimiladuecentoventisei versetti. Il Corano non è un testo lineare con un ordine cronologico, ma è ricco di storie, parabole e immagini, che tracciano le regole di vita dei fedeli. Spesso viene imparato a memoria dai fedeli. Accanto al Corano, sono molto importanti anche i racconti che costituiscono la tradizione o Sunna: non sono stati dettati direttamente da Dio, ma sono testi brevissimi (Hadith) che riportano detti o azioni del Profeta trasmesse dai suoi discepoli.

Luoghi sacri

Per gli islamici la moschea (nella lingua araba masjid che significa “luogo di prostrazione”) non è la casa di Dio, ma un luogo dove ci si raduna esclusivamente per pregare, per adorare e prostrarsi innanzi a Lui. Nella sua forma tradizionale la moschea si presenta come una grande sala rettangolare, il cui soffitto a

Moschea Blu di Istanbul
Il Corano

cupola è sostenuto da pilastri slanciati verso l’alto. Essa ha origine, probabilmente, dalla casa del Profeta Maometto a Medina, la classica casa araba con cortile, ed è ornata secondo i criteri dell’arte islamica, che mira a una raffigurazione armonica ispirata alla natura e alle sue forme. In moschea il fedele entra scalzo, per questo è piena di tappeti e non ci sono sedie, in genere prevede un posto separato per le donne. Nella moschea, così come nelle case, non ci sono immagini sacre che rappresentino Dio, perché il Corano non ammette tale pratica, ma accetta solo ed elusivamente la rappresentazione stilizzata di animali e piante: da qui nascono i famosi arabeschi. Ogni moschea dispone di una vasca per le abluzioni e di una nicchia nel muro, spesso artisticamente decorata, il mirhab, che indica la direzione de La Mecca, verso la quale devono volgersi i fedeli in preghiera; accanto ad essa si trova un pulpito, il minbar, dal quale l’imam pronuncia la sua predica. In genere ogni moschea comprende un minareto, una specie di torre, dal quale il muezzin chiama i fedeli alla preghiera.

Tempi sacri e feste

Le feste musulmane hanno un valore spirituale e sociale e variano molto da un territorio all’altro, ma ce ne sono alcune che possono essere considerate universali:

• il Compleanno di Maometto, la cui data varia secondo i luoghi;

• la Grande festa o festa del Sacrificio, che ricorda quando Dio chiese ad Abramo di sacrificare il figlio Ismaele, come prova della propria fede;

• il Ramadan, nono mese dell’anno, dedicato al digiuno e alla purificazione. L’inizio e la fine della festa coincidono con la luna nuova; in particolare viene celebrata la fine, perché segna la rottura del digiuno, con una grande festa che dura tre giorni; in questa occasione si è soliti scambiarsi dolciumi, così questa festa è chiamata anche “festa della Dolcezza” o “festa dello Zucchero”. Un’altra caratteristica di questa festa sono le decorazioni con l’hennè (sostanza colorante rossa che si estrae dalle foglie essiccate dell’omonima pianta per realizzare tatuaggi temporanei su mani e piedi) che vengono realizzate alla fine del Ramadan, da nonne e zie: dipingono le mani e le piante dei piedi di tutte le donne di casa con una siringa da dolci, tracciando bellissimi disegni. Alla fine li inumidiscono con succo d’arancia e limone per fissare e schiarire un po’ il colore.

• l’Ashura, che si celebra il 10 del primo mese dell’anno e ricorda quando Noè ha attraccato ed è sceso dall’arca dopo il diluvio; i fedeli digiunano nei due giorni che precedono la festa.

Idea dell’aldilà

Per l’Islam l’esistenza terrena è solo una preparazione alla vita che comincerà dopo il giorno del Giudizio di Allah, l’ultimo giorno in cui gli esseri umani saranno giudicati da Dio: i meritevoli avranno la grazia di contemplare il volto di Dio per l’eternità ed entreranno in Paradiso, un giardino bellissimo diviso in sette dimore, gli altri saranno condannati definitivamente alle fiamme dell’Inferno. In punto di morte, i musulmani recitano la shahada, la professione di fede con cui si affidano alla misericordia divina. Dopo la morte il corpo del defunto, avvolto in un sudario non cucito, viene sepolto nella nuda terra, con il capo rivolto verso la Kaaba.

Simboli

Tra i simboli dell’Islam, uno dei più conosciuti è la mezzaluna con la stella: questi due elementi sono segno della protezione divina che orienta ed indica all’uomo la via giusta da seguire.

Approfondimenti

Già nel VII secolo, dopo la morte di Maometto, l’Islam si divide in diverse correnti, soprattutto, a causa dei contrasti nati per la successione al Profeta nella guida religiosa e politica della comunità musulmana. Oggi, accanto a molti movimenti e sette, due sono le correnti principali:

• sunniti, musulmani ortodossi (circa l’85%) che si mantengono fedeli alla Sunna (“la tradizione”);

• sciiti (circa il 15%) sono i seguaci del partito di ‘Alì e comprendono molte correnti, tutte concordi nel riconoscere come legittimi successori di Maometto, e quindi come guide giuste dell’intera comunità musulmana, solamente ‘Alì, cugino e genero del Profeta e la discendenza dal suo matrimonio con la figlia del Profeta, Fatima. Gli Sciiti, ai cinque pilastri dell’Islam, aggiungono l’importanza della figura dell’imàm, vera guida della comunità in quanto diretto discendente dello stesso Maometto. Essi sono presenti nello Yemen, in Siria, Iran, Afghanistan, Pakistan e India settentrionale.

L’Islam e Gesù Gesù, per la religione islamica, è un grande Profeta, menzionato in ben quindici sure del Corano con rispetto e ammirazione, anche se non si riconosce assolutamente il suo legame filiale con Dio (quindi si nega il mistero della Trinità) e si sottolinea la sua inferiorità rispetto a Maometto. Per i musulmani è impensabile che un Profeta di Dio possa subire l’umiliazione e la sconfitta della morte in croce, per questo sostengono che non fu lui a subirla, ma qualcuno che fu reso simile a lui. Nel Corano viene affermato anche che il libro dei musulmani “conferma le scritture precedenti”, riferendosi alla Torah e ai Vangeli, di cui riporta, però, solo alcuni avvenimenti e ne omette molti altri, arrivando a considerare ebrei e cristiani “credenti devianti” e le loro scritture “alterate”.

Il Sufismo: è una corrente mistica dell’Islam e si basa sull’approfondimento del Corano e della Sunna, e nella sua dottrina si possono riscontrare elementi che sono presenti anche nelle pratiche meditative dei monaci buddisti e cristiani. Perché l’uomo percorra la via del Sufismo, deve disporsi in una condizione di totale e fiducioso abbandono a Dio, una povertà perfetta, non solo materiale, ma soprattutto con la consapevolezza che l’uomo ha bisogno solo di Dio. La vita del Profeta rappresenta il modello da seguire, in quanto egli ha compreso e vissuto personalmente l’unità annunciata nella professione di fede. All’interno dell’Ordine, il discepolo affronta la strada del distacco dal mondo attraverso le tappe del pentimento, del timor di Dio, della rinuncia, dell’amore e della speranza, esercitandosi nella pratica della

pazienza, della dolcezza e della generosità; è accompagnato nel suo cammino da un maestro incaricato di osservare la gradualità dei passaggi e di sostenerlo nelle difficoltà. Esistono diverse confraternite sufi che vivono in comunità monastiche simili a quelle cristiane. I dervisci (dall’arabo darwīsh che significa “cercatore di porte” o anche “povero”, poi nell’accezione mistica ha acquistato il significato di “colui che cerca il passaggio, la soglia, l’entrata, che mette in contatto con il divino”) sono asceti che vivono in povertà, simili ai frati mendicanti cristiani. Una loro caratteristica è la pratica della danza turbinante come metodo per raggiungere l’estasi mistica, allontanando la mente da ogni contatto con le cose terrene in modo da potersi riunire a Dio.. Le danze sacre con la musica aiutano i credenti ad avvicinarsi a Dio. Il rituale prevede una danza rotatoria, dove la mano sinistra è abbassata verso la terra mentre la mano destra è girata verso il cielo. Il danzatore diviene così il medium tra la terra ed il cielo. Mentre rotea, il derviscio appoggia il suo peso sul piede sinistro e, per acquistare velocità, dà slancio alla rotazione con la gamba destra; per evitare il capogiro, tiene la testa leggermente inclinata verso destra e gli occhi fissi sul palmo della mano sinistra.

PROPOSTA 1

Costruiamo il Rotolo della Torah, conservato nell’arca santa all’interno delle sinagoghe.

Per far comprendere la venerazione ed il rispetto degli ebrei per la Sacra Scrittura, ricordiamo ai bambini che gli arredi più preziosi, in genere, sono quelli destinati ad adornare il Rotolo della Legge. Si tratta di argenti e tessuti ricamati che vogliono esaltare la regalità di Dio attraverso la Torah.

Approfondimenti

Il Rotolo della Legge: è costituito da una pergamena sulla quale vengono scritti, sempre a mano, i cinque libri del Pentateuco (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio). Ogni sabato ne viene letto un brano. La pergamena è fissata a due aste: su una si avvolge il testo già letto, dall’altra si svolge la parte ancora da leggere. Quando il Rotolo viene chiuso, lo si ferma con una fascia in modo che non si apra. Il Rotolo poi può essere riposto in una custodia, oppure ricoperto con il meìl, un manto, e l’atarà, una corona che sormonta il manto. I rimmonìm sono due puntali posti sulle estremità delle aste che sorreggono il Rotolo (il termine significa “melograni” perché un tempo i puntali avevano sempre la forma di questo frutto). Dai puntali possono pendere dei campanellini che, oltre alla funzione decorativa, aggiungono quella “musicale” quando i Rotoli della Legge, addobbati, vengono portati attraverso la sinagoga per essere mostrati ai fedeli.

Danza dei dervisci

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 27 in fondo al volume.

- Far ritagliare la figura 1 e incollarla nel quaderno.

- Far ritagliare la figura 2 (il manto) e la 3 (la corona) e sovrapporle al rotolo, in modo che rimangano fuori le estremità basse delle due aste e i due puntali in alto, e far incollare solo le linguette laterali, lasciando così i rivestimenti mobili.

PROPOSTA 2

Costruiamo una Menorah, il candelabro a sette bracci degli ebrei.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 28 in fondo al volume.

- Far colorare la struttura del candelabro, farla ritagliare con cura e incollarla su un cartoncino, poi tagliare di nuovo.

- Piegare lungo le linee tratteggiate e incollare fra loro le linguette, per realizzare la base. Infine incollare fra loro anche le due facce del candelabro.

PROPOSTA 3

Ricostruiamo una sinagoga ed una moschea.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 29 (A, B, C) in fondo al volume.

- Far ritagliare lungo il perimetro esterno sia la sinagoga che la moschea, piegare lungo le linee tratteggiare e far incollare sul quaderno la parte indicata.

- Far ritagliare gli elementi dei due luoghi di culto (cartamodello 29 C) e farli inserire all’interno dell’edificio giusto, tutti, tranne la fontana, che verrà posta all’esterno della moschea. Ricordiamo ai bambini che il musulmano prega in direzione della nicchia che indica La Mecca, che la lampada perpetua si trova davanti all’arca santa e che la bimah è una tribuna rialzata collocata al centro della sinagoga.

Completa le definizioni.

La ........................................ è un copricapo che indica rispetto verso la grandezza di . La Menorah è il ................................. a ................................ ........................................ simbolo ufficiale del moderno Stato di .

Il ....................................... è lo ................................... per la preghiera. Termina con delle frange che ricordano i ..........................................

La Jàd è un’........................... usata per seguire la riga nella lettura della .......................... Termina con una piccola ............................

Due scatolette di ..............................., dette..............................., vengono legate intorno alla

............................ e al braccio sinistro e contengono piccole ............................................. sulle quali è scritto lo ..........................................................................

Completa la tabella.

CRISTIANESIMO EBRAISMO

Crede in un solo Dio in tre persone.

Gesù è il Messia atteso dai Profeti.

Riconosce come ispirati da Dio i libri dell’Antico e del Nuovo Testamento.

Spiega sul quaderno gli elementi della sinagoga indicati dai numeri.

Completa il testo con le parole date:

dieci - 70 - ebreo - Torah - Tempio - discepoli - guide - insegnamenti bibllici - fedeli - sinagoga

Il rabbino

Il rabbino è un maestro della ..................................... e della tradizione ebraica, per questo è capace di aiutare i ............................. a valutare ciò che è più conforme agli ..............................

Spesso è sposato, organizza la vita religiosa della ....................................., ma non ne è il capo.

La sua presenza non è indispensabile per le funzioni religiose: ogni ........................................... può guidare una funzione se sono riuniti almeno uomini.

Prima della distruzione del ........................................., “rabbi” era un titolo dato a una persona molto colta che insegnava a un gruppo di seguaci chiamati .

Dopo il d.C. i rabbini acquistarono sempre più la funzione di ..................................................... .................................................... spirituali e religiose della comunità.

Colora gli animali, poi cerchia in verde quelli puri e in rosso quelli impuri .

Completa il testo inserendo al posto giusto le parole date.

penitenza - viaggio - costruisce - abitare - augurio - candelina - colpe - candelabro mese - creazione - ariete - Dio - Legge - Mosè - Sinai - salvò - festa - bambini

Promessa - primavera - liberazione - mangiano - amare - azzimo - esilio

Il Capodanno cade nel ....................................... di settembre ed è il ricordo della ................................. del mondo. Si suona un corno di ................................., che richiama alla riflessione e alla fedeltà a ............................... Si fette di mele intinte nel miele, come ................................. per un anno dolce.

Il giorno del digiuno e dell’espiazione è un giorno di , nel quale i fedeli confessano pubblicamente le proprie ..................................................

La festa delle Capanne è ancora in autunno e ricorda il ................................. dall’Egitto alla Terra . Dura una settimana e si una capanna nella quale si cerca di ................................. più tempo possibile.

La festa delle Luci è in dicembre e ricorda la purificazione del Tempio. Ogni giorno, per otto giorni, si accende una .................... su uno speciale ................................. che ha nove bracci. Purim ricorda la storia della regina Ester che il suo popolo dalla distruzione. È una ................................. allegra, con tanti dolci e regali e i .............................................. vanno in giro mascherati.

La festa di Pasqua è in ................................. e ricorda la ................................. dalla schiavitù in Egitto. Si mangiano erbe e pane per ricordare la durezza dell’...........................................................

La festa dei Raccolti all’inizio dell’estate ricorda la consegna delle Tavole della ...................

.............. da parte di Dio a ................................. sul monte .................................; si mangiano cibi a base di latte, formaggio e zucchero.

Rispondi alle seguenti domande.

• Quali delle feste ricordate sopra sono anche dei cristiani?

• Quale diverso significato hanno queste feste per i cristiani?

• A quale festa cristiana si potrebbe paragonare la festa delle Luci? Perché?

Osserva le fasi delle abluzioni prima della preghiera e prova a descrivere brevemente ciascuna immagine.

Indica il nome di ogni gesto, usando le definizioni seguenti. inchino - prostrazione - posizione eretta - in ginocchio

Definisci i diversi elementi della moschea con le notizie che ricordi.

Collega ogni nome all’immagine corrispondente.

henné

Kaaba mezzaluna con la stella bussola

dervisci

Rispondi alle domande.

• Che cosa è la Kaaba?

• Chi sono i dervisci? .................................................................................................................................................................................... ....................................................................................................................................................................................

• A cosa serve la bussola nella preghiera musulmana? ....................................................................................................................................................................................

• In quali occasioni le donne musulmane decorano mani e piedi con l’henné? .................................................................................................................................................................................... ....................................................................................................................................................................................

Colora questi particolari orologi secondo la regola del Ramadan, seguendo le indicazioni:

- con il rosso le ore di digiuno;

- con il verde le ore in cui si può mangiare.

pomeridiane

Segna con una X se le affermazioni sono vere (V) o false (F).

• Prima di Maometto l’Arabia era abitata da diversi gruppi etnici e tribù politeiste.

• Maometto raggruppò sotto un’unica fede gli abitanti dell’Italia e ne fece un unico popolo.

• Maometto ha ricevuto il Corano dall’Arcangelo Gabriele.

• Per le sue idee Maometto fu cacciato da Medina.

• I musulmani contano gli anni dalla nascita di Maometto.

• Il minareto è una torre da dove il muezzin chiama alla preghiera.

• L’imam è come il prete cristiano.

• I Califfi sono i successori di Gesù.

• Gli Arabi combatterono molte guerre per difendere i cristiani.

• Il luogo di culto dei musulmani è la moschea.

Scrivi sul quaderno i cinque pilastri dell’Islam.

U. F. 3: LE RELIGIONI NEL MONDO

>> Secondo percorso <<

O. A.: 1 Conoscere le origini e lo sviluppo delle grandi religioni non cristiane, individuando gli aspetti più importanti del dialogo interreligioso. 2 Scoprire la risposta della Bibbia alle domande di senso dell’uomo e confrontarla con quella delle principali religioni non cristiane.

Non è sbagliato ciò che è differente!

Leggiamo alla classe un famoso testo di Gianni Rodari.

Il dromedario e il cammello

Una volta un dromedario, incontrando un cammello, gli disse: – Ti compiango, carissimo fratello: saresti un dromedario magnifico anche tu se solo non avessi quella brutta gobba in più.

Il cammello gli rispose: – Mi hai rubato la parola. È una sfortuna per te avere una gobba sola. Ti manca poco ad essere un cammello perfetto: con te la natura ha sbagliato per difetto.

La bizzarra querela durò tutto un mattino. In un canto ad ascoltare stava un vecchio beduino e tra sé intanto pensava: Poveretti tutti e due ognuno trova belle soltanto le gobbe sue.

Così spesso ragiona al mondo tanta gente che trova sbagliato ciò che è solo differente!

da G. Rodari, Il libro delle filastrocche, Toscana Nuova

Approfondimenti: documento 42

Proponiamo ai bambini una riflessione sul testo della filastrocca, cercando di farli soffermare sul fatto che spesso siamo superficiali nel giudicare gli altri soltanto perché sono un po’ di versi da noi o la pensano diversamente. Aiutiamoli a riconoscere il valore della persona, indipendentemente dalla razza o dalla religione, spiegando che il dialogo interreligioso si fonda sul rispetto profondo della fede di entrambe le parti, accompagnato da tanta umiltà e pazienza. Sottolineiamo ai bambini i due rischi che si corrono nel dialogo: • il sincretismo: considerare uguali tutte le religioni, per cui una vale l’altra; • l’arroganza: il giudicare buona solo la propria religione (che è buona sicuramente per me!).

È importante far comprendere che dialogare non significa rinunciare alla “diversità”, ma, al contrario, che la diversità è un valore importante per un’autentica e reciproca crescita. Nel dialogo si può imparare a riconoscere il “buono” che c’è in ogni fede, pur rimanendo se stessi, fedeli al proprio credo e alla sua dottrina.

Mantenendo sempre lo spirito del dialogo, che è soprattutto rispetto, accostiamo la classe alla realtà delle religioni orientali, iniziando dalla più antica religione d’Oriente: l’Induismo

Fondatore

L’Induismo non è solo una religione, ma una realtà molto complessa e dalle molteplici facce, che ha avuto origine in India, all’incirca verso il 1500 a.C. Non ha un fondatore conosciuto e può essere definito come un insieme di esperienze e di dottrine religiose, nate dalla riflessione di pensatori, uomini di preghiera e gente comune, che si sono sviluppate attraverso tre tappe:

• Vedismo, che prende il nome dai testi sacri chiamati “Veda”;

• Brahmanesimo, dal nome della casta sacerdotale dei brahmani;

• Induismo, come lo conosciamo noi oggi; il termine deriva dalla parola INDÙ, usata dagli invasori arabi quando penetrarono nell’odierno Pakistan, per indicare tutto ciò che si trovava ad est del fiume Indo.

Idea di Dio

L’Induismo crede nell’esistenza di un Essere Supremo, Brahman (essenza divina, puro spirito, energia del mondo), che si fa conoscere e si manifesta sotto varie forme o dei. Il Brahman non è un dio personale, come nel Cristianesimo, ma una forza o una sorgente originaria che si manifesta in ogni aspetto della vita degli uomini, degli animali e delle piante: è dovunque, così come un cristallo di sale è ovunque nell’acqua in cui si scioglie e rende salata ogni goccia.

Tra le numerose divinità venerate come forme di Brahman, molto importanti sono quelle che compongono la Trimurti (usate da Dio per creare e mantenere il mondo):

• Brahma, il creatore del mondo, è un dio a cui si rivolgono in pochi perché troppo lontano;

• Shiva, il distruttore-creatore della vita, egli si occupa del ciclo delle rinascite, quindi è preposto alla creazione del cosmo, al

con la realtà
Brahma, Vishnu e Shiva

suo mantenimento e alla sua distruzione; è anche chiamato il “Signore della Danza”, perché la sua danza cosmica rappresenta l’eterno mutamento della natura. Spesso è rappresentato dentro ad un cerchio, simbolo del ciclo delle vite, mentre danza sopra un “nano”, simbolo dell’ignoranza;

• Vishnu, il conservatore dell’ordine; è un dio con caratteristiche solari, è molto amato perché vicino agli uomini, dato che è sceso più volte sulla terra per far mantenere l’armonia. Le incarnazioni di Vishnù sono chiamate “avatara”, parola che significa “discesa”. Ogni discesa è prima di tutto una manifestazione dell’amore di Vishnu per gli uomini e in totale sono dieci; le più famose sono:

– Krishna, rappresentato con statue di colore blu, simbolo di bellezza, amore e gioia;

– Rama, il re che governò con giustizia;

– Budda, il maestro della non violenza;

– Kalkin, l’uccisore che distruggerà tutto ciò che è male alla fine di questa epoca.

Vige l’idea di un monismo panteistico: l’unico volto divino si manifesta in una molteplicità di dei presenti nel mondo.

Idea dell’aldilà

Per comprendere l’idea di Dio è necessario parlare anche dell’idea dell’aldilà propria degli induisti.

Gli indù credono che, originariamente, tutti facciano parte dell’Essere Supremo: in ogni essere vivente vi è una scintilla di Brahman, l’atman (anima individuale o principio spirituale,“il sé”) che sulla terra prende forma in un corpo e compie delle azioni, buone o cattive, il cui frutto è il karma. Si potrebbe esprimere il concetto del karma con il detto “ognuno raccoglie ciò che semina”. Ogni persona subisce le conseguenze del proprio karma, cioè delle azioni compiute in vita, rinascendo sotto forme animali o umane più o meno importanti. La religione induista, infatti, crede nella reincarnazione o trasmigrazione delle anime: dopo la morte il corpo viene cremato e le ceneri disperse nell’acqua di un fiume, così l’anima può tornare a prendere di nuovo un altro corpo. Chi, durante la vita, avrà ottenuto un karma frutto di azioni egoiste e cattive, rinascerà in una forma di vita inferiore; al contrario chi si è comportato bene ed ha accumulato un karma positivo, rinascerà ad una vita migliore. Per gli induisti l’unione dell’anima con il corpo è una specie di imprigionamento o pena che l’atman subisce e dalla quale deve liberarsi; quindi lo scopo dell’esistenza è liberarsi dal karma delle vite precedenti, vivendo liberi da passioni e da ogni attaccamento umano, solo così è possibile spezzare il ciclo delle rinascite, samara, e l’atman non deve più reincarnarsi e si ricongiunge all’Essere Supremo. Questa “liberazione”dell’atman è detta “moksa”. I cadaveri di coloro che sono riconosciuti come santi non vengono cremati, perché sono già stati purificati nel corso della loro esistenza terrena. L’Induismo ha un concetto ciclico del tempo, ripetizione continua di nascita e di morte, al contrario dei cristiani per i quali tutto è nuovo, niente si ripete.

È possibile sintetizzare il complesso pensiero indù sulla reincarnazione con lo schema seguente:

BRAHAMAN

MOKSA

liberazione: l’atman si ricongiunge al Brahman

Essere Supremo ATMAN

soffio vitale che prende forma in un corpo

CORPO

karma: azioni che si compiono in ogni esistenza

CICLO DELLE RINASCITE samsara

È importante far comprendere ai bambini la differenza tra risurrezione cristiana e reincarnazione:

• la risurrezione è credere che la vita è più forte della morte, grazie a Gesù la nostra vita sarà eterna (non immortale perché soggetta alla caducità), infatti continuerà nella gloria dei cieli;

• la reincarnazione presuppone la fede nella natura ciclica dell’esistenza per cui non si vive una sola volta su questa Terra, bensì innumerevoli volte e ogni vita è determinata dagli effetti delle azioni compiute in una esistenza precedente.

Per rendere simbolicamente questo concetto potremmo utilizzare una linea retta ed una linea a spirale.

• Risurrezione: la vita di ogni persona ha un punto di inizio con il giorno della nascita e uno di passaggio con la morte, che apre alla vita eterna nell’amore di Cristo.

• Reincarnazione: il ciclo dell’esistenza è caratterizzato da molteplici punti di rinascita. Il fine dell’uomo credente è quello di “liberarsi” dal ciclo della nascita e della morte per raggiungere uno stato di pace.

L’Induismo prevede diversi modi per raggiungere la “liberazione”, affinché ognuno possa trovare il proprio, ma tre sono le vie tradizionali che permetteranno ad un buon indù di ricongiungersi definitivamente all’Essere Supremo, sfuggendo così al ciclo delle rinascite:

• la via della conoscenza, che consiste nel riconoscere che l’atman parte del Brahman, attraverso lo studio dei testi sacri indù, per conoscere le divinità e imitarle;

• la via dell’azione, che consiste nell’agire rettamente e in modo disinteressato verso ogni forma di vita, per avvicinarsi di più a Brahman; • la via della devozione, che consiste nell’amore e nella completa dedizione della propria vita a Dio, attraverso la bakti (“devozione” o “adorazione” di Dio); si fonda sulla preghiera e sull’amore per tutte le creature.

Riti e preghiere

Nell’Induismo c’è spazio per una grande varietà di riti religiosi, perché si sostiene che ogni individuo ha il diritto di seguire il proprio cammino che è sicuramente diverso da quello degli altri. I principali atti di culto, detti“puja”(termine sanscrito che significa “riverenza”) sono riti di adorazione verso una particolare forma della divinità, che possono esprimersi in una preghiera, nella recitazione di testi sacri o ripetizione di formule, in un’offerta di acqua, fiori, frutti, incenso o riso, o nell’offerta del fuoco, o in una vera e propria cerimonia attorno ad un’immagine e nella meditazione profonda. Esistono molti tipi di puja e le sacre scritture (tra cui i Veda e le Upanishad) contengono istruzioni molto precise, rigide e dettagliate su come compiere rituali di adorazione rivolti ad ogni divinità. L’esecuzione dei puja può avvenire direttamente nelle case, per il culto domestico, o nei templi, per il culto pubblico. Presso gli induisti è molto praticato e sentito il culto a casa: infatti, in ogni abitazione si trova un piccolo santuario domestico dove sono sempre presenti una lampada e l’incenso. Lo scopo ultimo dei vari atti rituali non è tanto quello di realizzare i propri personali desideri, quanto l’offerta di se stessi per diventare una cosa sola con la divinità e raggiungere la salvezza. Il pellegrinaggio è fra le pratiche religiose maggiormente tenute in considerazione dai fedeli indù. Mete dei pellegrini sono luoghi che hanno a che fare con la vita degli dei o legati all’acqua, elemento di grande importanza nell’Induismo per la pratica delle purificazioni rituali. Per purificarsi ogni indù deve recarsi, almeno una volta nella vita, presso la città sacra di Varanasi (Benares) e bagnarsi nel Gange. Il Gange è il grande fiume sacro, nel quale i fedeli, al mattino, si immergono e, rivolti ad est, raccolgono un po’ d’acqua e la versano in direzione del sole. Accendono candele e le offrono al dio, facendole galleggiare sulle acque del fiume.

Lo yoga (termine che significa“legare insieme”o anche“tenere stretto”ed indica il giogo che tiene insieme i buoi, affinché tirino meglio) è una pratica per diventare migliori e avvicinarsi a dio, basata sulla meditazione per raggiungere una profonda concentrazione dello spirito, liberandolo completamente dal peso dei sensi e delle cose materiali. Lo yoga può essere definito come una tecnica “ascetica” che, attraverso pratiche ed esercizi diversi, consente di ottenere il distacco tra mente e corpo per raggiungere l’unione dell’atman con Brahman. Molto importanti nello yoga sono la posizione del corpo (che deve risultare confortevole) e la respirazione (che dovrebbe essere regolare) essenziali per una giusta concentrazione. Tra le posizioni yoga una delle più conosciute, ritenuta anche quella “perfetta”, è la “posizione del loto”: stare seduti con la schiena diritta, il piede destro appoggiato sulla coscia sinistra e il piede sinistro sulla coscia destra.

Posizione del loto nello yoga

Altro elemento nello yoga per facilitare la concentrazione è il mantra (“formula potente”), brevi invocazioni sonore, sillabe o frasi che vengono ripetute più volte: sono considerati suoni in grado di liberare la mente dai pensieri. Tale recitazione di formule è alla base del rituale giornaliero di ogni indù. Il mantra fondamentale è considerato l’Aum, sorgente di tutti i mantra (vedi simboli). Non bisogna dimenticare che, secondo la cultura indiana, l’obbiettivo più elevato di tali formule è quello di realizzare un collegamento diretto con il divino. L’efficacia del mantra non è tanto ricollegabile al significato delle parole che lo compongono (che è comunque importante), ma alla disciplina mentale che esso rappresenta e che induce la mente umana a uno stato di elevazione meditativa.

Il mandala è la rappresentazione simbolica del cosmo, capace di esprimerne la totalità indicata da un diagramma circolare realizzato dall’associazione, intersezione ed opposizione di diverse figure geometriche; le più usate sono il punto, il triangolo, il cerchio ed il quadrato. Il disegno riveste un significato spirituale e contemplarlo permette di comunicare con il cosmo; tutto ciò rappresenta anche un rito di purificazione. La parola MANDALA significa “cogliere l’essenza” attraverso i colori che esprimono armonia.

Simboli

OM è il monosillabo sacro e simbolo dell’Induismo: è considerato il suono più semplice che possa uscire dalla bocca dell’uomo e pronunciarlo significa entrare in contatto con l’istante della creazione. È la forma sincopata di AUM dove:

– A sta per la creazione che sboccia;

– U è la vita che si dispiega;

– M non è una consonante, ma un risonanza nasale che fa ripartire il suono.

Libri sacri

Tra i libri sacri dell’Induismo, scritti in sanscrito, antica lingua indiana, molto importanti sono:

• i Veda (“sapere”), che contengono inni, preghiere e prescrizioni su come praticare la vita religiosa;

• le Upanishad, testi strutturati in forma di dialogo tra un maestro e il suo discepolo che riflettono sui problemi dell’esistenza umana, della sofferenza e dell’amore;

• il Ramayana, poema epico che narra le imprese del principe indiano Rama.

• il Mahabharata, poema epico sulle lotte tra le famiglie reali. Nel Mahabharata si trova la Bhagavad Gita, “Il Canto del Signore”, il testo sacro più popolare dell’Induismo, nel quale il dio Krishna insegna al nobile Arijuna cercando di dare risposta alle difficoltà e alle angosce dell’uomo.

Luoghi sacri

Gli indù adorano i loro dei soprattutto davanti al santuario domestico: nelle case, infatti, è riservata un’area in cui è collocato un piccolo altare con la statua o l’icona della divinità privilegiata dalla famiglia, davanti alla quale la famiglia prega, accende una lampada, offre incenso, cibo, petali di fiori e frutta. È tradizione costruire coroncine di fiori che vengono donate alla divi-

Mandala

nità e agli ospiti per dar loro il benvenuto. L’India conta milioni di templi. Il tempio induista si chiama “mandir” (dal sanscrito “casa”) e non è considerato solamente come la dimora della divinità, ma rappresenta anche l’universo e il divino. Al centro del tempio si trova la statua della divinità che vi è venerata, per consentire ai fedeli di girarci intorno, e diversi dipinti sulle pareti ne raccontano le imprese. Poiché il desiderio di ciascun indù è ricongiungersi quanto prima al Brahman, per diventare puri e uscire così dal ciclo delle rinascite, gli induisti si recano a pregare nei templi, luoghi di pace: si tolgono le scarpe (le donne si coprono il capo con un velo), offrono fiori, incenso, cibo e denaro per esprimere la loro devozione. Possono anche partecipare al puja, il rituale con cui il bramino offre alla divinità i doni portati dai fedeli, ai quali, successivamente, restituirà il cibo divinizzato e altri simboli sacri. Molti templi indù sono caratterizzati da una o più torri, considerate elemento essenziale, in quanto rappresentazione del mitico Monte Meru, situato al centro dell’universo e dei sette continenti mitologici, dimora degli dei.

Persone sacre o guide religiose

Il bramino o brahmano, è il sacerdote che si occupa del tempio e funge da intermediario tra l’uomo e le divinità: legge i testi sacri (nei templi o lungo i fiumi) e compie i riti più importanti, si occupa di istruzione, sanità, assistenza dei più disagiati.

Molto importanti in India sono anche i guru, maestri spirituali che indicano ai fedeli la strada da seguire.

Approfondimenti

Tradizionalmente l’Induismo divide la società in quattro gruppi sociali detti “caste”, che sono descritti come se fossero parti del corpo:

• i brahmani, i sacerdoti e i maestri, ossia coloro che sono depositari del sapere dei Veda, e rappresentano la testa;

• i kshatriya, i guerrieri e i principi, che hanno potere e ricchezza, e sono considerati le braccia;

• i vaishiya, la classe dei produttori, allevatori, agricoltori e commercianti, che sono lo stomaco;

• i shudra, servitori e artigiani, che sono le gambe. Pur essendo una gerarchia secondo l’ordine di importanza, ciascun gruppo risulta fondamentale per il funzionamento della società. Ogni casta ha le sue regole e tradizioni sulle quali si basa il modo di vivere, il regime alimentare e i rapporti con le altre caste. Il passaggio da una casta all’altra è molto difficile; i matrimoni si contraggono in genere tra membri di una stessa casta. Più in basso delle caste sono situati i paria, cioè i fuori-casta o “gli intoccabili”, perché sono considerati im-

Tempio di Kandariya Mahadeva

puri e quindi non possono essere né guardati, né toccati. Costoro non sono considerati degni di appartenere al “corpo” della società, sono inutili, umiliati e abbandonati. Dopo l’indipendenza, ottenuta nell’agosto del 1947, la nuova Costituzione indiana ha accolto i princìpi di un sistema laico ed egualitario e diverse sono state le leggi promulgate a favore dell’integrazione degli intoccabili; inoltre, alla decadenza del sistema delle caste hanno contribuito soprattutto la modernizzazione e l’emergere di una classe media economicamente forte, indipendentemente dalle caste sociali di appartenenza. Ciò nonostante, questa antica e forte tradizione condiziona ancora la vita delle popolazioni indù e gli intoccabili continuano a vivere in condizioni di estrema miseria.

Tempi sacri e feste

I riti domestici si svolgono tutti i giorni, anche se il giovedì è considerato particolarmente propizio.

Gli induisti amano molto le feste che variano a seconda dei luoghi. Tra le feste principali ricordiamo:

• la Grande notte di Shiva (febbraio-marzo), che ricorda l’evento mitico della comparsa di una gigantesca luce nell’oscurità all’inizio dei tempi, che annunciò la sovranità del dio. Si digiuna per ventiquattro ore, poi si fanno offerte a Shiva;

• i Diwali (ottobre-novembre) o festa delle Luci, che simboleggia la vittoria del bene sul male. Per l’occasione si mettono luci sulle finestre e si raccontano leggende su Rama (avatara di Vishnù) che ha ritrovato il suo regno. Tutta la città, al ritorno vittorioso del re, accese file (avali) di lampade (dipa) in suo onore, da qui il nome Dipawali o più semplicemente Diwali;

• la festa di Sarasvati, dea della cultura, delle arti e delle scienze, ricordata nel primo giorno di primavera.

Regole

Gli induisti hanno come regola fondamentale quella di non uccidere che in genere li porta ad essere vegetariani, per non dover uccidere gli animali. Si rifà alla dottrina della non-violenza e del rispetto per tutti gli esseri viventi. Simbolo di questa dottrina è la protezione della mucca che dona il latte, cibo “miracolo”perché dal latte si ottengono tanti derivati. Inoltre la vacca, per un Paese che per secoli si è basato sull’agricoltura, è sempre stato un animale fondamentale, per questo, in India, non è raro vedere mucche che passeggiano liberamente per le città!

La dottrina morale e religiosa induista è abbastanza semplice. Non esiste un codice morale molto severo; gli ideali morali fondamentali sono: purezza interiore, autodisciplina, distacco dalle cose (ascesi), verità, non-violenza, carità e compassione per gli uomini. L’uomo deve staccarsi da ogni desiderio e da ogni azione per evitare di doversi reincarnare.

Dopo un primo approccio con la cultura orientale presentiamo ai bambini il Buddismo, chiedendo loro se hanno mai sentito questo termine e, in caso affermativo, a cosa lo associano.

Idea di Dio e fondatore

Il Buddismo non appartiene all’insieme delle religioni rivelate, infatti la dottrina non è stata “rivelata” da Dio ai Profeti, ma viene insegnata da uomini saggi che trasmettono agli altri il contenuto della loro esperienza spirituale. BUDDISMO è il nome dato agli insegnamenti di Buddha, il fondatore, ecco perché viene definito anche una “religione senza Dio”. Questa dottrina è una derivazione dell’Induismo. Siddharta Gautama nacque a Lumbini in Nepal, a pochi chilometri dal confine con l’India (dove alcuni archeologi hanno riportato alla luce quindici camere che sembrano corrispondere alla descrizione fisica del luogo di nascita del Buddha, riportata nei tradizionali testi sacri), nel 560 a.C., da una famiglia di nobili origini. La leggenda racconta che quando per la madre venne l’ora del parto, si appoggiò ad un albero e il bambino le uscì miracolosamente da un fianco. Subito fece sette passi e sette fiori di loto spuntarono per sostenere il suo movimento. Il giovane Siddharta visse nel lusso e nell’agiatezza nei suoi diversi palazzi, felice con la moglie, fino all’età di ventinove anni quando, mosso dal desiderio di conoscere la vita, uscì dalla residenza reale ed incontrò un vecchio, un malato, un cadavere e un monaco eremita. I primi tre incontri lo turbarono molto, perché lo misero di fronte alla sofferenza e al dolore umano, il quarto, invece, gli fece apprezzare la pace della vita solitaria. La serenità del monaco gli fece intuire che era possibile una liberazione dal Samsara (o cerchio delle rinascite, il ciclo incessante delle nascite e delle morti). Così se ne andò di notte, per timore di essere trattenuto dalla moglie e dall’affetto del figlio, e per sei anni si sottopose a dure prove ascetiche: digiuni, povertà assoluta e pellegrinaggi. Non trovando risposte, Siddharta comprese che occorreva rinunciare ad una vita troppo austera, come a una troppo frivola, e scelse la “via intermedia”, quella dell’equilibrio, e cominciò ad assecondare le necessità fondamentali del corpo, senza eccessi e senza smettere mai di allenare la mente alla meditazione. A trentacinque anni, in una notte di luna piena nel mese di maggio, meditando profondamente sotto un albero detto “albero di bodhi” (“risveglio”), finalmente raggiunse il suo scopo, l’“illuminazione” e divenne il Buddha, cioè “illuminato”, trovando la via che porta alla cessazione della sofferenza. I suoi insegnamenti vennero comunicati per la prima volta nel “discorso di Benares” a cinque compagni, che composero la prima comunità (Sangha) dell’ordine dei bonzi (monaci). Successivamente verranno diffusi con successo in tutto l’Oriente. Accanto ai monaci c’erano i laici, che, pur rimanendo nella vita secolare, seguivano la morale di Buddha e s’impegnavano a provvedere il necessario ai monaci. Buddha fondò anche una comunità femminile. Si dice che morì all’età di ottant’anni, dopo aver peregrinato tanto per far conoscere la via della liberazione. Innumerevoli sono le immagini con cui viene rappresentato il Buddha, in quanto, data la grande diffusione geografica di questa dottrina, queste hanno assunto, col passare del tempo, peculiari differenze da Paese a Paese. Vi sono però delle caratteristiche comuni, come i lobi delle orecchie allungati e spesso ingioiellati e una protuberanza nella sommità del

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Rappresentazioni del Buddha

capo rappresentante una grande mente e nello stesso tempo la capacità dello spirito di separarsi dal corpo. Una delle raffigurazioni note è sicuramente quella che lo vede “un po’ rotondeggiante”, seduto nella posizione del loto: secondo questa tradizione egli raffigura l’abbondanza e si crede che porti fortuna. In altre occasioni è raffigurato magro, per indicarne il cammino ascetico, o sdraiato, per simboleggiare il momento della sua morte, il raggiungimento della pace assoluta e il passaggio al Nirvana. Nelle posture del Buddha una particolare importanza riveste la posizione delle mani: le mani sollevate, con i palmi rivolti verso l’esterno e le dita distese in un gesto di protezione e di benevolenza, rappresentano l’allontanamento della paura; una mano sollevata, con il palmo rivolto verso l’esterno e l’indice e il pollice formanti un cerchio, simboleggia l’insegnamento.

Libri sacri

Gli insegnamenti del Buddha vennero tramandati oralmente, solo dopo la sua morte, intorno al I secolo a.C., furono trascritti in pali (lingua indiana appartenente alla famiglia indoeuropea), in un canone detto “Canone pali” composto di tre raccolte, che furono conservate inizialmente in tre canestri, che daranno il nome a questi testi sacri chiamati infatti “Tripitaka”(che significa appunto “tre canestri”):

• il Canestro della disciplina (Vinaya pitaka), che contiene le regole e le norme di comportamento dell’ordine monastico dei buddisti;

• il Canestro delle predicazioni o dell’istruzione (Sutta pitaka), che espone la dottrina del Buddha e dei suoi seguaci;

• il Canestro della metafisica e della legge (Abhidarma pitaka), che contiene riflessioni filosofiche.

Accanto al Canone pali c’è il Canone sanscrito (lingua ufficiale dell’India), che però varia molto da Stato a Stato nelle denominazioni e suddivisioni.

Regole e dottrina

L’insegnamento del Buddha non afferma niente sul divino, di cui Siddharta dice di non sapere nulla, anche se molte popolazioni adorano lui e le sue incarnazioni come un dio, poiché forte è il bisogno di divinità.

Grazie alla sua illuminazione Buddha ha compreso e potuto trasmettere le Quattro Nobili Verità:

1. la vita umana è piena di sofferenza e dolore (ad esempio la nascita, la vecchiaia, la malattia, la morte, l’essere separati da chi si ama, stare con chi non si ama…);

2. all’origine della sofferenza ci sono i desideri e la ricerca dei piaceri terreni; 3. la sofferenza può essere eliminata distaccandosi dalle passioni umane;

4. la via sacra per eliminare ogni desiderio è il Nobile Ottuplice Sentiero, la strada che conduce alla liberazione dal dolore-esistenza e consiste in:

• retta visione, ovvero considerare in modo positivo sé e gli altri;

• retto pensiero, ovvero sforzarsi di essere compassionevoli, essere benevoli e comprensivi verso tutti;

• retto discorso, ovvero non dire falsità o cose sciocche che possono ferire gli altri;

• retta azione, ovvero non usare violenza, non uccidere, non rubare, non fare ciò che comporterebbe un karma negativo;

• retto guadagno o vita, ovvero avere un mestiere corretto, impostare una vita coerente con i princìpi buddisti;

• retto sforzo, ovvero impegnarsi al massimo in queste regole per raggiungere il Nirvana, attraverso l’esercizio costante della mente e il corretto impiego delle proprie capacità;

• retta concentrazione, ovvero attenzione vigile verso i propri pensieri e le azioni del proprio corpo, al fine di controllare le proprie reazioni;

• retta meditazione, ovvero raggiungere la pace assoluta attraverso l’ottuplice sentiero.

Si può far notare ai bambini che i primi due princìpi trovano un collegamento con gli insegnamenti evangelici: Gesù insegna ad amare tutti a partire da se stessi, perché tutti sono importanti agli occhi di Dio, mentre i tre successivi sono collegabili con i comandamenti dell’Esodo. Gli ultimi tre princìpi, invece, sono tipici del mondo orientale.

Le norme morali del Buddismo sono riassunte in:

• cinque proibizioni (non uccidere esseri viventi, non rubare, non commettere atti impuri, non mentire, non bere bevande inebrianti);

• otto comandamenti (comprendono le cinque proibizioni più non mangiare cibi in tempi non dovuti, astenersi da canti e balli, non usare sedili lussuosi);

• due precetti (non usare letti confortevoli e grandi, non commerciare cose d'oro e d'argento).

Le prime cinque proibizioni valgono per tutti i fedeli, mentre gli altri sono rivolte soprattutto ai bonzi.

Il Buddismo si differenzia dall’Induismo per due motivi: assomiglia più ad una filosofia piuttosto che ad una religione e fornisce regole, metodi e rituali ben precisi per aiutare il fedele a raggiungere il Nirvana

Approfondimenti

Buddha diffuse la via che aveva scoperto, ma non scrisse nulla e tanto meno designò un successore. Così la trasmissione della sua dottrina portò alla nascita di tre diverse correnti o “veicoli” (vie, mezzi) di salvezza:

1. Hinayana o Piccolo Veicolo (così chiamato dai seguaci del Grande Veicolo perché ritenuta insufficiente). Questa corrente richiede una rigorosa osservanza delle otto vie e ritiene che solo i monaci, distaccandosi dal mondo terreno, possono arrivare all’illuminazione. È diffusa in Tailandia, Sri Lanka, Birmania e Cambogia;

2. Mahayana o Grande Veicolo, permette l’accesso alla salvezza a tutti coloro che si mettono in cammino. Questa tendenza è diffusa in Vietnam, Cina e Giappone;

3. Vajrayana o Veicolo del Diamante, è la corrente meno diffusa, affermatasi in Tibet e Mongolia nel VI secolo d.C. Capo politico e religioso è il Dalai Lama.

Tra le altre scuole ricordiamo il Buddismo Zen, che pone l’accento sulla meditazione dello spirito, che nasce e si sviluppa principalmente in Giappone.

Persone sacre o guide religiose

I monaci buddisti, i bonzi, sono persone che hanno scelto di vivere in pienezza gli insegnamenti del Buddha, per questo sono esempi per i laici e maestri. A differenza del monachesimo cristiano, quello buddista può essere temporaneo, dipende dalla decisione personale e comunque non è vincolante per la vita.

I monaci vivono in modo essenziale ed austero: possiedono un completo di tre abiti, medicine per le malattie, dormono per terra e mangiano il cibo che vanno ad elemosinare. Cercano di placare le proprie emozioni e purificano la loro mente con la meditazione. Seduti in particolari posizioni, si concentrano su un insegnamento del Buddha e alla sera camminano intorno alla stupa in senso orario, girando la ruota della preghiera che contiene i precetti di Buddha.

Luoghi sacri

I templi buddisti generalmente custodiscono la tomba o le reliquie dei grandi maestri, statue e dipinti del Buddha, che aiutano i fedeli nella meditazione.

I monaci buddisti vivono in un monastero (che assume nomi diversi a seconda dei Paesi: “pagoda” in Cina, “gompa” in Tibet e nel Nepal...) costituito da diversi piani, ciascuno dei quali dotato di un proprio tetto a falde spioventi con gli spigoli inferiori curvati verso l’alto, generalmente di forma quadrangolare o ottagonale; in ogni piano in genere si trova una sala di riunione, al centro della quale troneggia la statua di Buddha: qui ci si ritrova per recitare i versi dei testi sacri e svolgere altre attività. La pagoda comprende anche uno stupa, monte funerario, cioè un’edicola a cupola che contiene una reliquia del Buddha. Si racconta che Buddha ne abbia fornito il modello mettendo uno sull’altro i tre oggetti della sua vita di viandante: la coperta piegata, la ciotola per l’elemosina e l’ombrello come copertura. I buddisti sono invitati a fare un soggiorno nella pagoda almeno una volta nella vita.

Idea dell’aldilà

Il Buddhismo, come l’Induismo, crede nella reincarnazione, presentando, però delle differenze. Per i buddisti lo scopo della vita sta nel porre fine al ciclo di nascita-morte-reincarnazione, ma non per ricongiungersi a Dio, bensì per raggiungere la completa cessazione della sofferenza, cioè il Nirvana. Per raggiungere il Nirvana è necessaria la meditazione, unica via che aiuta lo spirito a liberarsi dalle passioni, dall’aggressività, dalla gelosia e dall’orgoglio. Questa richiede molta concentrazione e anni di allenamento, perfino tutta la vita. Diverse sono le tecniche per una corretta meditazione: una posizione corretta, la recita di determinate parole o formule sacre, i mantra, la mente focalizzata su un’idea o un oggetto.

Monaco buddista
Stupa
Pagoda, complesso del Tempio di Horyuji, Giappone

Tempi sacri e feste

I buddisti non hanno un giorno sacro particolare da dedicare al culto e le festività, abbastanza numerose, si differenziano tra le varie scuole, tradizioni e costumi locali. In genere tutti i buddisti celebrano la festa di Visak o “giorno del Buddha”, che ricorda tre momenti fondamentali della sua vita: nascita, illuminazione e morte. Questa festa è convenzionalmente festeggiata l’ultimo fine settimana di maggio. Molto importanti sono anche i pellegrinaggi sulle tracce del Buddha storico.

Simboli

Tra i simboli del Buddismo, la ruota a otto raggi rappresenta il Nobile Ottuplice Sentiero che conduce alla liberazione dal dolore o Nirvana: retta meditazione, retta visione, retto pensiero, retto discorso, retta azione, retta vita, retto sforzo, retta concentrazione.

Riti e preghiere

Il Buddismo non richiede particolari cerimonie o riti, ma il credente deve dedicarsi alla meditazione. Di solito il fedele medita inchinandosi o inginocchiandosi di fronte alla statua di Buddha. La posizione ideale per riuscire a meditare bene è quella che viene chiamata “del fiore di loto”. Durante la meditazione, il fedele ripete brani tratti dai testi sacri e i mantra, cercando di allontanare dalla mente ogni pensiero che riguardi questo mondo.Tra gli strumenti per la preghiera, usati per lo più dai monaci tibetani, si ricordano:

• la corona a centootto grani con la quale ripetono un mantra;

• la campana, una ciotola composta dalla fusione di sette metalli, che viene suonata colpendola e/o sfregandola con il percussore sul bordo esterno.

Il suono di questi strumenti corrisponde ad una lunga vibrazione e varia a seconda della proporzione dei componenti della lega, della forma e dello spessore. Si ritiene che la vibrazione sia utile a favorire la concentrazione durante la meditazione ed a rasserenare l’animo;

• le ruote o mulini della preghiera, si tratta di ruote cilindriche con all'interno una striscia di carta, dove vengono scritti antichi mantra, ad ogni rotazione corrisponde la recitazione di un mantra. I tibetani credono che quando la ruota gira, la preghiera contenuta al suo interno si propaghi nell'aria e il vento la trasporti in tutto il mondo. Esistono due tipi di ruote: quelle portatili o quelle affisse ai cancelli dei monasteri o attorno agli stupa, che sono di diversi tipi e dimensioni. È possibile trovare file di ruote montate su supporti di legno intorno al perimetro che circonda i monasteri, a beneficio dei pellegrini che li visitano.

PROPOSTA 1

Ricostruiamo un tempio induista e uno buddista.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 31 (A, B, C) in fondo al volume.

- Far ritagliare lungo il perimetro esterno sia il tempio induista che quello buddista, piegare lungo le linee tratteggiare e far incollare sul quaderno la parte indicata.

- Far ritagliare gli elementi dei due luoghi di culto (cartamodello 31 C) e farli inserire all’interno dell’edificio giusto.

PROPOSTA 2

Proponiamo alla classe un’attività divertente e molto rilassante con in mandala.

- Fotocopiare per ciascun alunno un mandala dal cartamodello 32 in fondo al volume, ingrandendolo il più possibile su un foglio A4.

- Far colorare la figura a piacere, accompagnando l’attività con della musica in sottofondo.

- Al termine invitare ogni bambino ad esprimere le sensazioni provate e ciò che vede rappresentato nel suo disegno.

PROPOSTA 3

Costruiamo un fiore di loto con i tovaglioli di carta. Durante la festa di Visak, i buddisti decorano le loro case con lanterne, ghirlande e fiori di loto realizzati con la carta. Nel Buddismo il fiore di loto simboleggia la compassione che va nutrita verso ogni essere vivente; nel fiore sono racchiuse le virtù del Buddha: compassione, verso ogni forma di vita, consapevolezza, amore, saggezza e purezza di spirito e di pensiero. Fornire ogni alunno di un tovagliolo di carta colorato e seguire il procedimento.

- Piegare a triangolo, verso l’interno, i quattro angoli esterni del tovagliolo fino ad ottenere un nuovo quadrato di dimensioni più piccole (fig. 1-2).

- Ripetere l’operazione con il nuovo quadrato, ottenendo un ulteriore quadrato, ancora più piccolo (fig. 3-4).

- Capovolgere il nuovo quadrato ottenuto, in modo che la parte liscia sia rivolta verso l’esterno e ripetere l’operazione piegando a triangolo verso il centro i quattro angoli esterni (fig. 5-6).

- Tenendo premuto il centro del quadrato, che risulterà suddiviso in quattro quadratini (fig. 7), rovesciare verso l’alto, partendo da sotto, la metà (esattamente un triangolo) di ogni quadratino, perché si formi un petalo più grande (sotto) che possa fungere da base a quello più piccolo (sopra) (fig. 8-9). Ripetere la stessa operazione per tutti e quattro i petali, in modo da ottenere la base del fiore (fig. 10-11).

- Successivamente alzare, sempre partendo da sotto, i triangoli tra i petali, completando così il fiore di loto (fig. 12).

- Decorare il fiore inserendo al centro, con un po’ di scotch, una candelina (fig. 13).

Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 4
Fig. 6
Fig. 7
Fig. 8
Fig. 9 Fig. 10
Fig. 11
Fig. 13
Fig. 12
Fig. 5

PROPOSTA 4

Realizziamo un cartellone sulle religioni partendo dal seguente schema, che poi gli alunni dovranno arricchire con tutte le altre notizie apprese.

CRISTIANI

- credono in un solo Dio che è:

- Padre Creatore

- Figlio Salvatore morto e risorto per amore dell’uomo

- Spirito Santo consolatore

PROPOSTA 5

- credono nella rivelazione di Javhè e nell’alleanza

stretta con Abramo

- credono in un solo Dio che ha completato la sua Rivelazione attraverso il Profeta

Maometto

- credono in uno spirito, Brahaman, essenza di ogni cosa, che si manifesta in tante divinità

- seguono gli insegnamenti del Buddha, per raggiungere il Nirvana, la completa serenità

Coinvolgiamo la classe in una riflessione su diversi progetti di vita. sottolineiamo ai bambini come tutte le religioni propongano la realizzazione dell’uomo, cioè la sua felicità, attraverso un progetto di vita.

Iniziamo col cercare insieme quali sono i valori che guidano le relazioni e la realizzazione dell’uomo nella società di oggi:

• l’importanza dell’immagine;

• avere successo, anche a scapito degli altri;

• essere ricchi, possedere tante cose;

• essere alla moda...

Cerchiamo di delineare gli elementi principali dei diversi progetti di vita che le diverse religioni propongono ai fedeli:

• per gli ebrei il progetto dell’uomo è seguire la Torah (Legge) che va studiata e amata, perché in essa si trova il significato della vita. Per essere felici è necessario osservare i comandamenti e i precetti;

• per i musulmani il fine della vita è la completa sottomissione alla volontà di Allah, solo così ci si può guadagnare il Paradiso. Tale sottomissione si realizza attraverso l’osservanza dei cinque pilastri e degli insegnamenti che provengono dal Corano;

• secondo gli induisti è necessario “operare il bene” per poter interrompere il ciclo delle rinascite e potersi liberare della vita terrena, ritornando al Brahman;

• secondo il Buddismo la compassione e la bontà verso ogni forma di vita permettono di raggiungere il Nirvana, uno stato di cessazione della sofferenza;

• nel Cristianesimo il progetto di vita non è solo in vista della vita eterna, ma è innanzitutto per essere felici in questa vita e nel proprio corpo; l’unica possibilità di realizzazione piena per l’uomo è seguire gli insegnamenti e l’esempio di Gesù Cristo, ovvero diventare amore.

Si può far notare ai bambini come in tutte le religioni risuoni il profondo rispetto per la vita e per l’uomo; in ogni religione ci sono “germi di bene” che devono essere riconosciuti per un dialogo costruttivo ed una convivenza serena: solo così regnerà il rispetto e si realizzerà la pace.

Completa il testo con le parole date.

centro - capo - carro - monte - preghiere - santuario - velo - universo - lavata - divinità incenso - fedeli - sacerdote - riti - doni - scarpe - torri

Il induista accoglie il culto di una o più . La statua della divinità è posta al .............................. del tempio, in modo che i ............................... possano girarvi intorno per venerarla, recitando.............................. e offrendo fiori, .............................., cibo e denaro. Gli uomini, per entrare al tempio, si tolgono le ; le donne, invece, si coprono il con un . Il celebra i sacri, detti puja, durante i quali offre alla divinità i .............................. portati dai fedeli e la statua del dio viene risvegliata, ............................... e vestita. All’interno del tempio c’è anche un da cerimonia usato in occasione delle processioni. Molti templi sono sormontati da una o più che simboleggiano il mitico Neru situato al centro dell’.............................. e dei sette continenti mitologici e dimora degli dei.

L’immagine rappresenta un santuario domestico. Sapresti spiegare che cos’è?

• Che cosa stanno facendo, secondo te, le due persone?

Collega ogni rappresentazione al nome del dio corrispondente.

BRAHMA colui che crea

SHIVA colui che distrugge

Collega le domande alle rispettive risposte.

Dove si trova Dio?

Come si raggiunge il Paradiso?

Perché continuiamo a reincarnarci?

Come pregano gli induisti?

VISHNU colui che conserva

Una persona deve vivere tante vite per purificarsi e per raggiungere il Nirvana; in base ai comportamenti terreni ci si crea il destino successivo.

Siamo tutti sotto la legge del karma, quindi ogni nostra azione influisce sulla vita futura.

La preghiera è molto libera. Sono molto praticati i riti di abluzione.

La divinità è in tutte le cose.

Leggi le didascalie che accompagnano i diversi episodi della storia di Rama (avatara di Vishnu) e sua moglie Sita (la vittoria del bene sul male) e prova a riordinarle, numerandole da 1 a 5.

Rama e Sita sono accolti con grande gioia e molti onori, e possono governare perché finalmente il Bene ha vinto il Male e la Luce il Buio.

Rama sposa Sita, figlia del re Janaka, ma una delle mogli del re, gelosa del principe, li fa esiliare dal regno per quattordici anni.

Rama e Sita, allontanati dal regno, vivono nella foresta, aiutati dal fratello di lui, Lakshmana. Qui Sita viene rapita da Rávana, il re dei demoni. Rama combatte contro l’armata dei demoni e dopo aver superato molte prove, riesce a riabbracciare la sposa.

Nel regno di Koshala, il re, dopo una lunga attesa, ha dalle tre mogli quattro figli maschi. Rama è il migliore tra essi ed è riconosciuto da tutti come il futuro re; egli infatti è una manifestazione del dio Vishnu.

Allo scadere del quattordicesimo anno, Rama ritorna con Sita nel suo regno, volando sul carro gigante di Rávana, che era stato ucciso in duello.

Leggi la storia, poi rispondi alle domande.

Il mito di Ganesh

Tutti gli uomini hanno il dio Shiva nella loro anima, proprio come le donne hanno la dea Parvati, sua moglie. Ella voleva avere dei figli, ma Shiva non provava questo desiderio perché era immortale.

Parvati era triste. Un giorno Shiva fece un fagotto con il vestito di Parvati e glielo diede. La dea strinse al petto il fagotto e questo improvvisamente si animò e cominciò a respirare: era un bambino. Ma Shiva, adirato, lanciò dal suo occhio raggi infuocati, che bruciarono la testa del piccolo. Parvati era fuori di sé dal dolore, così Shiva, sentendosi in colpa, si mise a cercare un’altra testa. La prima creatura che trovò fu un elefante.

Shiva gli tagliò la testa e la diede al bambino.

Questo è il motivo per cui il piccolo dio panciuto, di nome Ganesh, ha la testa di elefante.

da Il libro illustrato dei miti di tutto il mondo, Fabbri

• A quale religione fa riferimento il mito? .............................................................................................

• Quali sono i protagonisti del mito? .......................................................................................................

• Che cosa desidera Parvati? ........................................................................................................................

• Che cosa le dona Shiva?

• Come reagisce Shiva quando il bambino di stoffa diventa vivo?

Riassumi in tre sequenze il mito di Ganesh.

Racconta la storia di Siddharta completando le didascalie delle immagini.

Il principe incontra .............................................. e scopre ....................................................................

Il principe incontra .............................................. e scopre ....................................................................

Il principe incontra .............................................. e scopre ....................................................................

Il principe incontra .............................................. e scopre ....................................................................

Collega le due immagini al rispettivo nome, poi descrivile in breve.

stupa pagoda

• Stupa: .................................................................................................................................................................................... ....................................................................................................................................................................................

• Pagoda: .................................................................................................................................................................................... ....................................................................................................................................................................................

• Cosa rappresentano nel Buddismo i tre canestri?

Rispondi alle domande. Il Tripitaka. Le Nobili Verità. L’Ottuplice Sentiero.

• Ricordi quante e quali sono le Nobili Verità del Buddismo?

Completa la tabella.

Simbolo Nome della religione

Figura principale

Luogo di culto

Testi sacri

Terre dove è diffusa

U. F. 3: LE RELIGIONI DEL MONDO

>> Terzo percorso <<

O. A.: 1 Conoscere le origini e lo sviluppo delle grandi religioni non cristiane, individuando gli aspetti più importanti del dialogo interreligioso. 2 Scoprire la risposta della Bibbia alle domande di senso dell’uomo e confrontarla con quella delle principali religioni non cristiane.

Qual è il vero Dio?

Iniziamo questo ultimo precorso alla scoperta delle religioni del mondo con una storia per riflettere.

In un caffè di una città indiana si trovarono, un giorno, alcune persone che provenivano da diverse parti del mondo. Ognuna diceva con forza: – La mia religione è la migliore, il mio Dio è l’unico vero Dio!

Allora un vecchio cinese li interruppe, raccontando come uomini diversi parlavano in modo diverso del sole.

– Uno dice: “Il sole va a dormire ogni sera dietro i monti della mia isola. Questa è la verità!”. Quest’uomo non ha viaggiato, conosce solamente la sua isola. Un altro afferma: “Il sole ogni sera entra in mare ed esce ogni mattina dalle onde”. Quest’uomo è un navigatore e questo vede ogni giorno. Il terzo uomo esclama: “Non è il sole che si muove in cielo girando intorno alla terra, ma è il contrario: la terra gira intorno al sole!”. Quest’uomo conosce bene l’astronomia. Così ogni uomo dice una cosa diversa dagli altri, secondo quanto ha compreso in base alla propria personale esperienza.

Alla fine di questo discorso il vecchio concluse: – La stessa cosa avviene con Dio. C’è chi conosce Dio molto poco, perché non si prende del tempo per pregare e riflettere. Chi lo conosce meglio, perché pensa di più a lui e lo riconosce come grande e misericordioso. Infine, c’è chi lo cerca con tutto il cuore, lo ascolta e lo prega e fa esperienza del suo immenso amore. Ebbene, ogni uomo, in ogni parte del mondo, può trovare Dio, anche se lo chiama con nomi diversi o appartiene a religioni diverse.

All’udire queste parole tutti fecero un grande silenzio e nessuno osò più dire: “Solo il mio Dio è l’unico, Vero Dio”.

di Lev Tolstoj

Dopo l’ascolto lasciamo i bambini esprimersi liberamente circa il significato della storia, poi poniamo la seguente domanda: – Secondo voi, le religioni sono tutte uguali?

Sottolineiamo che ogni religione è strettamente legata alla storia e alla cultura che l’ha accolta e che per il credente è l’unica “vera”, ma in tutte ci sono indicazioni di vita “buone” per l’uomo di ogni tempo.

con la realtà

Approfondimenti: documento 44

Presentiamo alcune delle religioni cinesi. I Cinesi non adorano divinità, ma regolano la loro vita in base agli usi antichi, ai valori trasmessi dagli antenati. Seguono gli insegnamenti di grandi maestri come Confucio e Lao-Tze, dai quali nascono Confucianesimo e Taoismo. Questi due personaggi non hanno parlato di Dio in senso stretto, ma hanno cercato di insegnare il buon senso e la sapienza nell’agire per raggiungere l’equilibrio. Illustriamo alla classe le caratteristiche del Taoismo

Idea di Dio e fondatore

Il Taoismo è apparso in Cina verso il I sec. a.C. e il suo nome deriva da un carattere cinese che significa “via o cammino”. Non esiste la fede in un dio personale, ma l’idea di una via spirituale che insegna a vivere in armonia con l’universo, nonostante le differenze e contrapposizioni. Secondo il Taoismo, la natura e l’universo sono pieni di dei, presenti in ogni aspetto della vita (dalla malattia, alla ricchezza, all’infanzia…).

Come suo fondatore si riconosce Lao-Tze, il “vecchio maestro”, ma la sua esistenza è molto dubbia. Secondo la tradizione nacque intorno al 604 a.C., da una famiglia di agricoltori. Singolare è la leggenda riguardante la sua nascita: sembra che egli fu concepito mentre una stella cadeva dal cielo e fu portato in grembo per ottantuno anni. Questa lunga gravidanza irritò il signore che teneva la donna al suo servizio, così la cacciò ed ella dovette errare lungamente per le campagne. Finalmente, quando poté riposarsi, diede alla luce il figlio sotto un susino. Egli nacque con i capelli bianchi (segno di vecchiaia) e le orecchie lunghe (segno di longevità) e divenne il “bambino nato vecchio”, un fanciullo dotato della saggezza di un vecchio. È di solito raffigurato in viaggio insieme al suo bufalo d’acqua (bufalo indiano).

Simboli e principi

La filosofia taoistica si sviluppa attorno al concetto del Tao e delle virtù. Il Tao non è una forza divina, ma una semplice forza naturale all’origine delle azioni universali. Il Tao ha creato tutto l’essere, è l’Uno, l’unità di ogni esistenza, un’entità vuota, senza forma, ma dotata della potenzialità di tutte le cose. Tutte le cose esistono nel Tao e il Tao è presente in tutte le cose. Non può essere visto, non può essere udito e non può essere espresso ed è inesauribile, dà vita a tutto senza agire. L’Uno (il Tao) è formato da due forze opposte e gemelle, Yin (scuro, pesante e femminile) e Yang (chiaro, leggero e maschile); il primo è nato nel giorno più lungo dell’estate e il secondo nel giorno più breve dell’inverno. Non sono divinità ma forze naturali, che creano i tre: cielo, terra e umanità. Il compito dell’umanità è di aiutare a preservare l’equilibrio tra Yin e Yang. Finché le cose avvengono naturalmente, tutto è armonico e nulla turba l’equilibrio cosmico. L’uomo, se vuole vivere felice, deve seguire il Tao senza ostacolarlo. In questo senso, egli “non deve agire”, cioè non deve modificare l’armonia dell’universo; se lo fa, non è più in accordo con il Tao. Il principio della inazione non indica quindi il rimanere ozioso, senza far nulla, ma è piuttosto basato sul riconoscimento che l’uomo non è la misura e la sorgente di tutte le cose, ma lo è soltanto il Tao. Il problema riguarda, dunque, il modo in cui si dovrebbe agire. La risposta è che si dovrebbe agire non imponendo i propri desideri al mondo, ma seguendo la

Lao-Tze con il rotolo di uno dei suoi manoscritti
Tao, simbolo del Taoismo

natura, liberandosi da ogni pensiero, passione, interesse, desiderio particolare, per ritornare alla semplicità dei fanciulli. Vivere significa allora dimenticare il profitto, la scaltrezza e l’egoismo.

Libri sacri

Il libro alla base della filosofia taoista è il Tao-te ching (“Il libro della via e delle virtù”) attribuito a Lao-Tze. Si tratta di un testo suddiviso nel numero mistico di ottantuno capitoletti, che si sviluppa attorno al concetto del Tao e delle virtù.

Riti e preghiere

La debolezza umana può distruggere l’equilibrio tra Yin e Yang, per questo una parte del rito taoista consiste nel rivolgere offerte e preghiere in riparazione dei misfatti umani. È necessario educarsi a raggiungere l’unione con il Tao attraverso il “non agire”, che significa non andare contro natura, non sfruttarla o manipolarla. Per questo motivo la cura e la conoscenza del proprio corpo e delle proprie potenzialità è molto importante. Questa si raggiunge attraverso diverse pratiche:

• le arti marziali, discipline legate all’idea del combattimento, che raccolgono determinate pratiche e tecniche per acquisire un buon autocontrollo e tendono a restituire al corpo umano il suo stato di purezza originario, affinché l’uomo ritrovi se stesso ed entri in comunione con l’assoluto;

• la respirazione controllata, molto conosciuta è la tecnica del tai-qi, un particolare esercizio meditativo, con un significato molto profondo volto alla ricerca dell’immortalità. I taoisti infatti credono nell’immortalità che si realizza mediante la conservazione del corpo umano mortale. Tai è la forza che è in ogni individuo e in tutte le cose, Qi è l’energia dell’Universo. Quando un individuo pratica il Tai-qi unisce la sua forza interna con l’energia dell’Universo per farne una cosa sola;

• pratiche di ordine dietetico per nutrire la vita e il corpo.

Intermediari e luoghi sacri

In genere i sacerdoti taoisti sono incaricati della manutenzione dei templi nelle zone urbane, mentre i monaci vivono in monasteri situati spesso sulle montagne. In Cina, cinque montagne sono consacrate al Taoismo, nel nord, sud, est, ovest e centro della Cina: con la loro forma spinta verso il cielo le montagne sono l’esempio di energia convertita in materia, e grazie a questa speciale energia sono da sempre considerate luoghi ideali per il ritiro e la meditazione e servivano anche come dimora per divinità ed esseri immortali. Architettonicamente i templi e i conventi taoisti non si differenziano molto da quelli buddisti. A differenza dei monaci buddisti che si rasano il la testa, quelli taoisti lasciano crescere i capelli che raccolgono in un ciuffo sul sommo del capo.

Monaco impegnato nelle arti marziali
Tempio taoista

Feste

La festa di Primavera o Capodanno cinese celebra l’inizio del nuovo anno secondo il calendario cinese. È una festa molto sentita, soprattutto dai cinesi che vivono all’estero. In questa occasione la gente si diverte a nascondersi sotto lunghi draghi realizzati con carta dipinta. Secondo la mitologia cinese, l’origine della festa di Primavera risale ad una antica leggenda, secondo la quale nei tempi antichi visse in Cina un mostro chiamato Nian, che era solito uscire dalla sua tana una volta all’anno per nutrirsi di esseri umani. L’unico modo per spaventare Nian, sensibile ai rumori forti e terrorizzato dal colore rosso, era intonare canti per le strade usando decorazioni di colore rosso e fare fuochi d’artificio. Tutti questi elementi caratterizzano i festeggiamenti del capodanno e un’eco dell’antica leggenda potrebbe essere rimasto nella rituale danza del leone, nella quale si sfila per le strade inseguendo una maschera da leone, che rappresenterebbe Nian.

Altro momento centrale di questa festa è sicuramente rappresentato dalla danza del drago, durante la quale un gruppo di persone porta il corpo del drago su delle aste. Il tradizionale drago cinese è raffigurato come un grande animale dal corpo di un serpente (lungo fino a cento chilometri) con quattro zampe di pollo, testa di coccodrillo, criniera e corna di cervo, poiché è l’insieme di tutti gli animali.

Mentre in Occidente durante il Medioevo, il drago rappresentava l’incarnazione del male e delle forze maligne, al contrario, quello cinese è una creatura benefica, segno di buon augurio. In passato si pensava che avesse particolari poteri come quello di donare fertilità, era considerato annunciatore di pioggia e poteva nascondersi ovunque, nei cieli, in acqua, sulla terra e sottoterra. Successivamente fu anche associato al potere imperiale: divenne l’animale emblematico dell’imperatore, detto “Figlio del Cielo”, ma anche “Volto del Drago”.

Idea dell’aldilà

L’idea taoista di una vita dopo la morte si mescola con elementi di Confucianesimo e Buddismo, per questo esistono diverse tradizioni. In genere si pensa che gli spiriti dei defunti raggiungano quelli degli antenati per vegliare sui parenti vivi.

Presentiamo ora il Confucianesimo

Idea di Dio e fondatore

Confucio, fondatore del Confucianesimo, è vissuto nel 500 a.C. (contemporaneo di Lao-Tze). Sembra appartenesse a una famiglia aristocratica di basso rango e per un certo periodo ebbe un incarico, di non grande importanza, in qualche ufficio pubblico. Visse in umili condizioni e apprese le attività manuali, all’epoca disprezzate dai nobili. Per quanto ne sappiamo, divenne il primo insegnante professionista della Cina e alcuni suoi discepoli raggiunsero posti di rilievo nell’amministrazione dello Stato feudale. Verso la metà della sua vita dedicò una decina di anni a viaggiare nel nord della Cina, nell’intento di persuadere i signori feudali a governare secondo i suoi principi, ma non

Maschera raffigurante Nian

ebbe grande successo, nonostante fosse molto rispettato. Fu un suo grande discepolo, Mencio, che organizzò e diffuse il pensiero del maestro. Confucio, più che preoccuparsi dell’aldilà, si preoccupa di questa vita e insegna a vivere il presente nel rispetto di valori e principi. L’unica forza soprannaturale riconosciuta è il dio del cielo (da cui proviene la sua saggezza) che regola le stagioni e il tempo. Confucio non si è mai proclamato come fondatore della religione e nemmeno come un dio, ma semplicemente un trasmettitore della sapienza dei padri: infatti dava molta importanza al culto degli antenati, in onore dei quali prescriveva sacrifici, ma rifiutava di pronunciarsi sulla sopravvivenza dell’anima e preferiva occuparsi della vita terrena. La sua dottrina ha dominato per oltre duemila anni la vita etica, politica e religiosa della Cina, in quanto prescriveva i riti di Stato della casa imperiale, come pure il culto degli antenati della famiglia, e forniva sia il codice pubblico di comportamento (per i regnanti e i loro funzionari), sia il codice privato della vita familiare.

Regole e dottrina

La filosofia portata avanti da Confucio si basa sull’etica personale e politica, che si manifesta nella pratica delle virtù (come l’onestà, la sincerità, il rispetto dell’autorità familiare e gerarchica) le quali permettono la correttezza delle relazioni sociali e la realizzazione della giustizia.

Il fondamento di tutto il suo pensiero è che l’uomo può perfezionarsi attraverso l’educazione, per giungere ad una vita virtuosa che gli permetta di comportarsi correttamente secondo il proprio ruolo nella società. Questo avviene a vari livelli:

• punto di partenza è la formazione del singolo individuo; tramite l’insegnamento e la disciplina l’individuo giunge alla conoscenza e alla pratica delle virtù;

• primo ambito in cui l’essere umano si forma è la famiglia (il figlio apprende dai genitori…);

• secondo ambito è la società, dove si apprendono le virtù sociali (giustizia, perdono, benevolenza…);

• ultimo ambito è lo Stato cinese, dove l’uomo apprende e pratica la virtù della lealtà e fedeltà attraverso la sudditanza al sovrano.

Si può notare come lo Stato sia considerato una grande famiglia allargata, al cui vertice sta il re (il Figlio del Cielo) che dirige i suoi sudditi come un buon padre.

Il Confucianesimo, quindi, si presenta come il regolatore interno di uno Stato, anche se si esprime, all’esterno, attraverso il rito. Per essere confuciani, non si deve aderire a nessun dio particolare, basta avere una buona indole, il gusto della rispettabilità, il desiderio di essere educati e di elevarsi moralmente.

Libri sacri

I confuciani ritengono che alcuni libri contengano la saggezza degli antichi e questi sono i Cinque Classici e i Quattro Libri.

In questi testi si insegna la correttezza, un giusto stile di vita fondato sul rispetto e la pratica dei doveri verso i superiori e gli inferiori, realizzabile cercando l’armonia tra la mente e le emozioni.

Anche in Giappone è molto diffuso il Buddismo della scuola Zen, ma la religione più antica è lo Shintoismo

Approfondimenti: documento 45

Idea di Dio e fondatore

Lo Shintoismo è una religione che non ha fondatori, ma nasce dalla spontaneità di un popolo; si può considerare un insieme di credenze e riti che costituiscono l’unità sociale, politica e culturale del Giappone. La parola SHINTO letteralmente significa “via degli dei” e la religione afferma la discendenza dell’imperatore, “signore del cielo”, dai kami, termine che indica sia esseri divini potenti, sia fenomeni naturali, adorati in luoghi particolari, come foreste e montagne. I più importanti sono i creatori Izanami e Izanagi e Amaterasu, il kami del sole.

Regole

Non ci sono regole specifiche, ogni uomo sa come agire rispettando chi è più grande e più forte. Alla base di ogni azione c’è il “senso dell’onore”, che è molto forte insieme al senso del dovere, all’amore per la nazione e alla fedeltà all’imperatore.

Libri sacri

Lo Shintoismo non possiede una raccolta di testi sacri; si ha, invece, una raccolta, in due libri, di miti e tradizioni religiose, in cui si afferma l’origine divina della casa imperiale. Questi sono:

• Kogiki, vecchie cose scritte (storie mitologiche e notizie sui primi sovrani);

• Nihonghi, cronache del Giappone (prima storia ufficiale del Giappone).

Luoghi sacri

I luoghi di culto sono costruiti sul modello delle antiche case giapponesi: un gruppo di casette di legno, di cui alcune accessibili solo ai sacerdoti. Tutti i santuari shinto possiedono almeno un torii, un portale di ingresso formato da due colonne di supporto verticali e due pali orizzontali sulla cima, di color vermiglio (in alcuni casi possono essere molti e formano dei veri e propri corridoi). I torii sono porte simboliche per indicare la sacralità di un luogo. Avvicinandosi al santuario, il fedele fa suonare una campana o un tamburo per avvertire i kami della sua presenza, per poi porgere le proprie offerte.

Molto comune nelle case è la presenza di altari domestici dedicati ai kami per la salute, il benessere…

Intermediari

I sacerdoti sono figure che veicolano l’insegnamento dei kami e si prendono cura dei santuari.

Tempi sacri e feste

In Giappone le feste sono sinonimo di riti vari e di buon cibo. Il culto consiste nel servire i kami. Una delle feste più grandi è sicuramente il Capodanno, periodo favorevole per chiedere la benedizione dei kami: i credenti si recano in visita ai monasteri per

Sacerdote shintoista
Tempio shintoista in Giappone

chiedere la loro protezione sulla propria casa e sulle persone care, in modo da allontanare tutte le negatività. Al monastero si fa suonare una campana per centootto volte, o centootto campanelle, perché tanti sono i peccati che l’uomo si porta dentro e che devono essere tirati fuori, per allontanarli o farli scomparire.

Dodici polpette di riso vengono offerte agli antenati come segno dei dodici mesi appena trascorsi.

Le donne, in genere, durante questa festa, indossano il kimono, costume tradizionale del Giappone

All’inizio della primavera ricorre invece la festa dei Ciliegi in Fiore, che si celebra nei santuari e nelle montagne sacre, spesso con merende all’aperto.

Riti e preghiere

Molto usuale è la recita dei norito, antiche preghiere che si ripetono per rimanere fedeli alla tradizione.

Molto praticato è il pellegrinaggio ai santuari per chiedere ogni tipo di favore e protezione.

Presentiamo il Sikhismo.

Idea di Dio e fondatore

Questa religione nasce nel nord dell’India, precisamente nella regione del Punjab, come una forma di mediazione tra l’Islam e l’Induismo. Il termine

SIKH significa “discepolo, allievo”, infatti i sikh si consderano discepoli del guru Nanak, il fondatore, e dei suoi nove successori spirituali.

Guru Nanak nacque nel 1469 da una famiglia del clan Ksatriya (guerrieri e principi), in un villaggio dell’India settentrionale, Talwundi, oggi in Pakistan. La sua famiglia era indù e viveva in una zona profondamente divisa tra musulmani e induisti. Quando era ancora bambino, stupì la gente con le sue azioni e per le cose che diceva. Da ragazzo scomparve per tre giorni e ebbe quello che viene definito un incontro mistico. Le prime parole che pronunciò dopo tre giorni di comunione silenziosa furono: “Non ci sono indù, non ci sono musulmani; così il sentiero di chi dovrò seguire? Io seguirò il sentiero di Dio. Egli non è né indù né musulmano e il sentiero che io seguirò è quello di Dio”. Con queste parole Nanak intendeva dire che non importa a quale religione si appartiene perché Dio è la persona più importante. Così, dopo essersi sposato a ventisette anni, egli iniziò una nuova predicazione insegnando l’unicità di Dio secondo un rigido monoteismo. Egli chiamava l’Essere Supremo il “Semplicemente Uno”, eterno, infinito e senza tempo. Dio è colui che esiste per se stesso ed è la forma dell’amore, non si è mai incarnato e nessuna immagine può contenerlo. Non nega il ciclo delle rinascite e sostiene che il fine supremo della vita è la “liberazione” per ricongiungersi al Creatore. Ciò è possibile superando il proprio egoismo e rinunciando ad ogni vizio (come alcol, fumo…). Guru Nanak insisteva sul fatto che tutte le persone sono uguali: così non importa se si è ricchi o poveri, uomo o donna, principe o mendicante, tutti devono sedere alla stessa tavola; una cosa inaudita per l’India del suo tempo segnata dalla divisione in caste. I sikh ancora oggi danno molta importanza all’uguaglianza: tutti sono nella stessa condizione, uomini, donne, sikh o no. Molto importante è la condotta morale che

Approfondimenti: documento 46

richiede amore servizievole nei confronti di Dio e dei fratelli. Tre sono le caratteristiche principali della fede sikh: amare Dio, superare ogni divisione e discriminazione umana, superare l’orgoglio e l’egoismo.

Luoghi sacri

Il bellissimo Tempio d’Oro di Amritsar (Punjab-India) è il luogo più sacro del Sikhismo. Le sue quattro porte, una su ogni lato, rappresentano l’apertura del tempio ai fedeli provenienti da ogni angolo della terra. Il Sikhismo, infatti, è una religione aperta a tutti, secondo la quale tutti sono uguali agli occhi dell’unico vero Dio.

Il luogo di culto dei sikh è chiamato “Gurdwara“: è nello stesso tempo tempio, luogo di riunione, scuola di musica e libreria.

Libri sacri

Quando il guru Nanak divenne vecchio, decise di scegliere personalmente il suo successore e così avvenne per i primi nove guru, che hanno guidato i sikh con i loro insegnamenti e le loro azioni.

Il decimo guru, che morì agli inizi del 1700, decise di non indicare nessun successore umano, ma stabilì che la collezione di inni, scritti dai guru precedenti e da maestri musulmani e indù, diventasse il maestro finale di ogni credente. Questo libro è conosciuto con il nome di “Guru Granth Sahib“ e viene trattato con molto rispetto, come se fosse un essere umano.

Una copia di questo libro, davanti al quale ci si può presentare solo dopo aver lavato le mani, scalzi e con il capo coperto, ha uno spazio riservato in ogni tempio, mentre nelle case si usa il Gutka una collezione di estratti e preghiere del Libro santo.

Approfondimenti

Nonostante il pacifismo del loro fondatore, i sikh si sono sempre dovuti difendere da persecuzioni e ingiustizie sociali, per questo motivo è stato fondato nel 1699 il Khalsa, un Ordine interno a scopo di difesa. I sikh, infatti, sono pacifisti e l’unica forma di “guerra” ammessa è per autodifesa. Il Khalsa prevede un’iniziazione e un battesimo con il nome comune “Singh”, che significa “leone della fede” e l’uso di cinque simboli distintivi, segno di appartenza alla comunità, le “cinque K”, cioè:

1. kés, barba e capelli mai tagliati (questi ultimi raccolti nel turbante), segno di ascolto del volere di Dio;

2. kanghâ, pettine in legno che viene annodano fra i capelli, simbolo di pulizia;

3. kirpân, un piccolo pugnale, simbolo di giustizia, non ha il valore negativo di un’arma, ma ricorda il dovere di lottare contro le ingiustizie;

4. karâ, un braccialetto di ferro, segno della forza infinita del Dio unico;

5. kaccha, pantaloni corti alle ginocchia, segno di moderazione e governo di se stessi.

Tempio d’Oro ad Amritsar, India
Kirpân
Karâ Kanghâ
Sikh con turbante e lunga barba (kès)

Simboli

Il Khanda è formato da più simboli: una spada con lama a due tagli al centro, che richiama il potere divino, un cerchio, simbolo dell’unico Dio, senza inizio e senza fine, e due spade esterne che si incrociano per ricordare al sikh le sue responsabilità verso Dio e verso la comunità.

Tempi sacri e feste

Le feste sikh sono celebrate spesso insieme a quelle indù, anche se arricchite da uno spirito diverso e dalla meditazione del guru Granth. Altre feste sono quelle legate alla fondazione del Khalsa, al martirio del guru Arjan e al compleanno del guru Nanak.

PROPOSTA 1

Proponiamo alla classe una riflessione partendo da una storiella tratta dal Tao-Te Ching (n. 20).

C’era una volta un pino alto e robusto che diceva al salice suo vicino: – Io sono forte e non mi piego come invece fai sempre tu. Arrivò l’inverno e la neve si posò abbondantemente sui rami dei due alberi. Quelli del pino si spezzarono sotto il peso della neve, mentre il salice piegandosi sempre di più se la scrollò di dosso rimanendo integro. Se ti pieghi ti conservi, se ti curvi ti raddrizzi, se t’incavi ti riempi, se ti logori ti rinnovi, se miri al poco ottieni molto, se miri al molto resti deluso.

Lasciamo che i bambini interpretino liberamente questa massima secondo i loro pensieri, solo al termine del confronto diamo una nostra spiegazione: nella vita è importante non sentirsi “troppo bravi”, perché siamo uomini e come tutti abbiamo dei limiti, e come tutti possiamo sbagliare. Riprendiamo il concetto di “umiltà” predicato da San Francesco e confrontiamo ciò che dice il Tao-te Ching con il pensiero cristiano.

PROPOSTA 2

Costruiamo un drago cinese.

Chiediamo a ogni bambino di portare circa cinque tubi di cartone (di quelli su cui è avvolta la carta igienica o lo scottex) e due bottoni per gli occhi.

- Con i colori a tempera far colorare di rosso i tubi e, una volta asciutti, disegniarci sopra delle squame con un pennarello nero.

- Per realizzare la testa schiacciare uno dei tubi ad un’estremità in modo da far combaciare i lati opposti che andranno fissati con la colla o spillati insieme. Per completare incollare i due bottoni sulla parte superiore come occhi e striscioline di nastro da pacchi color oro all’estremità come narici (fig. 1).

- Ritagliare da un cartoncino verde quattro creste (fig. 2) provviste di linguette da piegare e incollare sopra i tubi, e da un cartoncino nero quattro coppie di zampe da incollare sotto ogni tubo (fig. 2).

- Infine praticare dei fori all’estremità dei tubi, attraverso i quali far passare dello spago in modo da unire le quattro parti del corpo, ed incollare la testa sulla parte superiore del primo tubo (fig. 3).

Fig. 1
Fig. 2 Fig. 3

PROPOSTA 3

Giochiamo con il tangram: è un gioco cinese, il cui nome significa “le sette pietre della saggezza”, perché si riteneva che la padronanza di questo gioco fosse la chiave per ottenere saggezza e talento. È costituito da sette forme geometriche che sono disposte, inizialmente, a formare un quadrato:

• cinque triangoli (due grandi, uno medio, due piccoli);

• un quadrato;

• un parallelogramma.

Lo scopo del gioco è di formare figure di senso compiuto seguendo alcune regole:

• usare tutti e sette i pezzi nel comporre la figura finale;

• non sovrapporne nessuno.

Un’antica leggenda narra che un monaco donò a un suo discepolo un quadrato di porcellana ed un pennello, ordinandogli di viaggiare e dipingere sulla porcellana le bellezze che avrebbe incontrato nel suo cammino. Il discepolo, emozionato, lasciò cadere il quadrato, che si ruppe in sette pezzi.

Nel tentativo di ricomporre il quadrato, formò delle figure interessanti. Capì, in questo modo, che non aveva più bisogno di viaggiare, perché poteva rappresentare le bellezze del mondo con quei sette pezzetti di porcellana.

- Fotocopiare per ciascun alunno il cartamodello 34, in fondo al volume, ingrandendolo in formato A4.

- Far ritagliare la figura intera (il quadrato) e incollarla su un cartoncino, poi far colorare con colori diversi le sette forme.

- Far ritagliare ciascuna forma e provare a realizzare con la fantasia immagini differenti, si può tenere presente gli esempi del cartamodello o cercare nuove soluzioni in internet.

PROPOSTA 4

Realizziamo un cartellone sulle religioni orientali partendo dal seguente schema, che poi gli alunni dovranno arricchire con tutte le altre notizie apprese.

TAOISTI CONFUCIANI SHINTOISTI SIKH

credono nel principio dell’armonia degli opposti (Tao), tutte le cose esistono nel Tao e il Tao è presente in tutte le cose

seguono le regole dettate da Confucio e basate sull’antica saggezza cinese; riconoscono la forza soprannaturale del cielo e praticano il culto degli antenati

venerano i kami, le tante divinità della natura e onorano la memoria dei defunti

credono in un solo Dio e negli insegnamenti dei dieci Guru, nella trasmigrazione delle anime (samsara) e degli effetti delle azioni sulle vite successive, anche se la liberazione non è vista come un annullamento del sé, bensì come una congiunzione con Dio, che è Creatore e governa ogni cosa

Colora il simbolo con i giusti colori, poi completa. Il Taoismo invita gli uomini a vivere in perfetta armonia con la Il Tao è l’espressione di questa ...................................... che viene rappresentata come due ............................... opposte che si intrecciano e si uniscono, infatti nello c’è anche lo Yin e viceversa.

Completa la tabella con gli equilibri degli opposti.

YIN YANG attività riposo giorno buio caldo femminile sud estate cielo dolce forza invisibile vita luna scuro

Segna con una X la risposta giusta:

• Il fondatore del Taoismo è: Buddha; Lao-Tze; Confucio.

• Il Tao-te ching è: il tempio taoista più grande del mondo; il libro su cui si basa il Taoismo; la città in cui è nato Lao-Tze.

• Le arti marziali servono per: combattere un avversario; acquisire autocontrollo ed entrare in comunione con l’assoluto; mantenersi in buona forma fisica.

• La festa più importante è: il Capodanno; il Natale; la festa dei Fiori.

Leggi le sequenze in cui è stato diviso il testo sugli insegnamenti di Confucio e trova per ognuna un titolo che ne sintetizzi il contenuto.

Confucio non voleva fondare una nuova religione, ma intendeva solo trasmettere degli insegnamenti per aiutare le persone a migliorare il proprio comportamento.

Confucio sosteneva che il corpo è un grande dono che ci viene fatto dai genitori quindi è importante e necessario curarlo e rispettarlo.

Confucio sosteneva che per formare una società migliore era necessario che ogni uomo fosse sincero, leale e giusto.

Confucio, dopo la sua morte, fu venerato come un dio, tanto che le sue idee vennero trasformate in una religione.

Rispondi alle domande.

• Come definiresti Confucio?

Un maestro. Un dio. Un sacerdote.

• Come potresti definire il suo insegnamento?

Un insieme confuso di idee.

Un insieme di norme pratiche per la vita.

Un gruppo di leggi che riguardano dio.

• Secondo Confucio essere virtuosi, cioè buoni e giusti, significa innanzitutto possedere un buon autocontrollo. Che cosa significa secondo te? Sei d’accordo con Confucio?

Descrivi gli elementi che corrispondono alla cinque K per i sikh.

Kaccha

Rispondi alle domande.

• Cosa simboleggia il braccialetto di ferro?

• Cosa simboleggia il Kés?

• Chi è il Guru Granth Sahib?

Il libro sacro dei Sikh, considerato undicesimo guru, cioè l’ultimo maestro.

Il guru che successe al fondatore dei Sikh, guru Nanak.

Il simbolo del Sikhismo, formato da due spade.

Collega ogni espressione all’immagine giusta e completa inserendo il nome della religione corrispondente.

Il torii è il portale d’ingresso nel tempio dello .

La Khanda è il simbolo del ............................................... .

Confucio è il fondatore del pensiero che sta alla base del ........................................... .

Il Tao rappresenta l’equilibrio degli opposti nel ......................................... .

Completa lo schema con gli elementi che costituiscono la religione

Segna con una X se le affermazioni sono vere (V) o false (F).

• Il nome ebraico di San Paolo è Valente.

• Pietro, il primo papa, muore martire a Roma.

• I sacerdoti sono i successori degli Apostoli.

• La basilica romana aveva la pianta a forma di croce.

• Con Costantino nel 313 d.C. terminarono le persecuzioni dei

• Romani verso i cristiani.

Segna con una X la risposta giusta.

1. Gesù affidò agli Apostoli l’incarico di: annunciare il Vangelo; scrivere il Vangelo; costruire chiese in tutto il mondo.

2. Il Credo è: l’insieme delle verità di fede della religione cattolica; ciò che scelgo di credere in una religione; una religione.

3. “Dio è Trinità” significa che: Gesù è apparso tre volte ai discepoli dopo la Risurrezione; Dio è presente contemporaneamente in tre posti; Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo.

4. Il dialogo interreligioso si fonda: sul rispetto profondo della fede di ogni religione; sulle verità della propria fede; su una verità accettata da tutti.

Spiega il significato dei seguenti termini.

Domus Ecclesiae:

Martire:

Catacombe: .......................................................................................................................................................................................

Ecumenismo: ....................................................................................................................................................................................

Risurrezione: Rispondi alle domande.

• Quali sono le religioni cristiane?

.....................................................................................................................................................................................................................

• Quali sono le religioni monoteiste nel mondo?

• Quali sono le principali religioni orientali? Qual è la più antica? ......................................................

Legendagiallo per l’Egittorosso per la Mesopotamiaverde per la Greciaarancio per tutte le altre terre

tetto
naos
modello
frontone
colonne
Harran
Damasco
Babilonia
Bersabea
Sinai
Zoan
Egitto
Mar Mediterraneo
MarRosso
Mesopotamia
Siria
Arabia
Golfo Persico
Canaan
Nilo
Ur

Documento valido per sempre

POPOLO EBRAICO

Carta di identità di

Nome ....................................................

Originario di (o figlio di) ........................

Sposato con .........................................

I suoi figli .............................................

Periodo in cui visse ...........................

Caratteristiche ....................................

fotografia
Sommo Sacerdote
Sacerdote
cortile
altare
bacino di bronzo

perimetro del Tempio

il Santo dei Santi
il Santo base

FENICIA

ITUREA TRACONITIDE

GALILEA

Nazaret

DECAPOLI

SAMARIA

PEREA

GIUDEA

Gerusalemme

Betlemme

NABATEA

IDUMEA

Regno di Erode il Grande
Mar Morto
Giordano
Lago di Galilea
Ho scelto
il Vangelo di

Documento valido per sempre

POPOLO EBRAICO

Carta di identità di

Nome ..................................................................

Cognome ............................................................

Soprannome ......................................................

Razza ...................................................................

Nazione ..............................................................

Luogo di nascita ................................................

Data di nascita ..................................................

Luogo di residenza ............................................

Professione .........................................................

Nome del padre ................................................

Nome della madre ............................................

Stato civile .........................................................

Luogo della morte ............................................

Data presunta di morte ...................................

Causa della morte .............................................

Segni particolari ................................................ .................................................................

Bartolomeo
Giacomo il Minore
Andrea Giuda
Pietro
Giovanni
Gesù Tommaso
Giacomo il Maggiore Filippo
Matteo
Taddeo Simone Zelota
Matteo
Taddeo
Tommaso
Simone Zelota
Bartolomeo
Giuda Iscariota
Filippo
Pietro
Giacomo il Maggiore
Andrea Gesù
Giacomo il Minore
Giovanni
modello
figura 1

chiostro

infermeria

orto

stalle

refettorio

scriptorium

celle

biblioteca

laboratorio

chiesa
cucina
dimora dell’abate

L’abate è la guida spirituale del monastero o abbazia. Viene eletto dalla comunità per la sua saggezza e la sua dottrina. Assieme al priore e al sottopriore mantiene l’ordine e la disciplina, organizza gli impegni liturgici e presiede il capitolo, cioè l’assemblea dei monaci.

Il cellerario amministra le propreità del monastero e si occupa degli strumenti di lavoro e delle esigenze interne: cibo, bevande, combustile.

Il sacrestano è il responsabile della chiesa e degli orari dei vari momenti di preghiera, che i monaci fanno insieme circa nove volte tra giorno e notte. Anche durante il pasto si ascolta la lettura della Bibbia.

Il bibliotecario è responsabile della biblioteca e dello scriptorium.

Il foresterario accoglie chi chiede ospitalità: poveri o pellegrini.

Il portinaio è responsabile del portone principale e della sicurezza del monastero, protetto sempre da alte mura di cinta.

Il cantore dirige le preghiere cantate (i salmi) ed è il custode dei libri liturgici.

L’erborista coltiva le piante da cui trae nel suo laboratorio farmaceutico le medicine necessarie.

L’amanuense, cioè il monaco che copia a mano i codici e li decora con miniature.

L’infermiere dirige l’infermeria dove vengono curati i monaci e gli ospiti ammalati.

OTSOGA BMETTES R E OTTOBRE NOVEMBRE DICEMBRE

GENNAIO

FEBBRAIO MARZO ELIRPA

TEMPOORDINARIO

OIGGAM
ONGUIG
OILGUL
ELAUQSAPOPMET
OPMET
AVVENTO
TRIDUO

TU

CHE NE

DICI O SIGNORE

SE IN QUESTA NOTTE DI NATALE

FACCIO UN BELL’ALBERO DENTRO

IL MIO CUORE E CI

ATTACCO INVECE DEI REGALI

I NOMI DI TUTTI I MIEI AMICI?

GLI AMICI LONTANI E VICINI, GLI

ANTICHI E I NUOVI QUELLI CHE VEDO TUTTI

I GIORNI E QUELLI CHE

VEDO DI RADO. QUELLI CHE

RICORDO SEMPRE E QUELLI CHE

ALLE VOLTE RESTANO DIMENTICATI,

QUELLI DELLE ORE DIFFICILI E QUELLI DELLE ORE

ALLEGRE. QUELLI CHE, SENZA VOLERLO, MI HANNO FATTO

SOFFRIRE, QUELLI CHE CONOSCO PROFONDAMENTE E QUELLI

DEI QUALI CONOSCO SOLO LE APPARENZE. QUELLI CHE MI DEVONO POCO E

QUELLI AI QUALI DEVO MOLTO. I MIEI AMICI

SEMPLICI E I MIEI AMICI IMPORTANTI. I NOMI DI TUTTI QUELLI CHE SONO GIÀ PASSATI NELLA MIA VITA. UN ALBERO CON RADICI MOLTO PROFONDE, PERCHÉ I LORO

NOMI NON ESCANO MAI DAL MIO CUORE. UN ALBERO DAI RAMI MOLTO GRANDI PERCHÉ I NUOVI NOMI VENUTI DA TUTTO IL MONDO SI UNISCANO AI GIÀ ESISTENTI UN ALBERO CON UN’OMBRA

MOLTO GRADEVOLE

PERCHÉ LA NOSTRA

AMICIZIA SIA UN MOMENTO DI RIPOSO

DURANTE LE LOTTE

DELLA VITA

AUGURI A TUTTI!

ministro

simbolo

giorno di festa

parte da incollare sul quaderno

luogo di culto

libro sacro

ministro

simbolo

giorno di festa

parte da incollare sul quaderno

luogo di culto

libro sacro

guida spirituale

simbolo

giorno di festa

parte da incollare sul quaderno

luogo di culto

libro sacro

guida spirituale

giorno di festa

parte da incollare sul quaderno

luogo di culto

libro sacro

simbolo

AA.VV., Atlanti del sapere – Sumeri e Babilonesi, Giunti Junior

AA.VV., Bibbia Visual – Mappe, grafici, schemi, fatti e personaggi per la catechesi e l’insegnamento, Piemme

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Amighetti P., Le fonti della religione cattolica, Theorema

Andraz A., Skoberne U., Francesco: La meravigliosa storia del Santo di Assisi, Porziuncola

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Backhouse R., Piccola guida alla storia di Gerusalemme, LDC Leumann

Backhouse R., Piccola guida allo studio del Tempio, LDC Leumann

Bagni A., La Bibbia nella scuola elementare, LDC Leumann

Baldyga Sergiusz M., Il Crocifisso di San Damiano, Porziuncola

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Cantarella E., Guidorizzi G., Le tracce della storia – volume A, Einaudi

Caselli G., Atlante di Mitologia, Giunti

Cattabiani A., Santi d’Italia, BUR

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Dondi S., Il fiume e le sue sorgenti, EMI

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Dowley T., Piccola guida alla Bibbia, LDC Leumann

Dowley T., Piccola guida alla vita dei tempi biblici, LDC Leumann

Dowley T., Piccolo Atlante Biblico, LDC Leumann

Filippetti R., San Francesco secondo Giotto, Edizioni Itaca

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Gruen W., Ravasi G., Piccolo vocabolario della Bibbia, Edizioni Paoline

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Hari A., Singer C., Gesù a Gerusalemme - Collana Bibbia Junior, LDC Leumann

Hari A., Singer C., Gesù chiama - Collana Bibbia Junior, LDC Leumann

Hari A., Singer C., Gesù e gli esclusi - Collana Bibbia Junior, LDC Leumann

Hari A., Singer C., Gesù guarisce - Collana Bibbia Junior, LDC Leumann

Hari A., Singer C., Gesù ragazzo come noi - Collana Bibbia Junior, LDC Leumann

Hari A., Singer C., L’esilio e il ritorno - Collana Bibbia Junior, LDC Leumann

Hari A., Singer C., La famiglia di Abramo - Collana Bibbia Junior, LDC Leumann

Hari A., Singer C., Mosè - Collana Bibbia Junior, LDC Leumann

Hari A., Singer C., Passione e Risurrezione - Collana Bibbia Junior, LDC Leumann

Hari A., Singer C., Salomone - Collana Bibbia Junior, LDC Leumann

Istituto di Catechetica UPS - Equipe di W la vita, Insegnare la religione con l’arte 1 - Il mistero dell’Incarnazione, LDC Leumann

Istituto di Catechetica UPS - Equipe di W la vita, Insegnare la religione con l’arte 2 - La missione di Gesù, LDC Leumann

Istituto di Catechetica UPS - Equipe di W la vita, Insegnare la religione con l’arte 3 - Il mistero della Pasqua, LDC Leumann

Istituto di Catechetica UPS - Equipe di W la vita, Insegnare la religione con l’arte 4 - La Chiesa nel tempo, LDC Leumann

Istituto di Catechetica UPS - Equipe di W la vita, Insegnare la religione con l’arte 5 - La Creazione, LDC Leumann

Istituto geografico De Agostini, Dizionario di Archeologia, De Agostini

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Ladaria L.F., in CCC, Testo integrale e commento teologico, Piemme

Laurentin R., I Vangeli dell’infanzia di Cristo, Edizioni Paoline

Lemmonier M., Storia della Chiesa, Edizioni ISG

Marchioni G., Ricercatori di tracce, Il Capitello

Marconcini B., Atti degli Apostoli – Commento esegetico-spirituale, LDC Leumann

Marson P., Conoscere le religioni e le loro feste, Edizioni Paoline

Metzger M., Breve storia d’Israele, Queriniana

Mignon O., Siard F., Catechesi di pietra, LDC Leumann

Monaca G. e I., Alla scoperta dei segni religiosi, LDC Leumann

Morante G., Cristiani per un mondo nuovo, SEI

Moretto G., Sindone: la guida, LDC Leumann

Pacomio L., Vanetti S.I.P., Piccolo atlante biblico, Piemme

Pavari Mazzetti E., Storie di piante nella Bibbia, LDC Leumann

Payne D.F., Breve storia dei tempi biblici, LDC Leumann

Pederzini N., Dizionario biblico, Calderini

Perego G., Atlante Biblico Interdisciplinare, Edizioni San Paolo

Perego G., Atlante didattico della Bibbia, Edizioni San Paolo

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Quaglia R., Longobardi C., Psicologia dello sviluppo, Erikson

Ravasi G., Il libro della Genesi (1-11), Città Nuova

Saba Sardi F., Il grande libro delle religioni – Dalle radici del mito all’albero della fede, Mondadori

Salani M., A tavola con le religioni, EDB

Salvarani B., In principio era il racconto - Verso una teologia narrativa, EMI

Schiatti L., La Sindone, guida alla lettura di un’immagine piena di mistero, Edizioni San Paolo

Scouarnec M., I simboli cristiani, Gribaudi

Segalla G., Panorama storico del nuovo Testamento, Queriniana

Seuffert J., Segni di vita – Piccola raccolta di simboli cristiani, Edizioni San Paolo

Sklenàr K., Vita dell’uomo nella preistoria, Fabbri

Sola P. (a cura di), Piccolo dizionario dell’Ebraismo, Gribaudi

Solinas L., Tutti i colori della vita, SEI

Tedesco M., Vita di San Francesco scritta da un bambino, Casa Editrice Francescana

Weidinger G. e N., Gesti, segni e simboli nella liturgia, LDC Leumann

Zanoni E., Educare alla pace: religioni, usi, costumi e razze degli abitanti del mondo, Demetra

Chagall, Abramo e i tre angeli
Ghirlandaio, Adorazione dei pastori
Dürer, Adorazione dei Magi
Piero della Francesca, Risurrezione
Giotto, Rinuncia ai beni paterni
Giotto, Il sogno di Innocenzo III
Giotto, Commiato di Chiara alle spoglie del Santo a San Damiano
Gauguin, Il Cristo giallo
Rublev, Icona della Trinità
Chagall, La crocifissione bianca
Schedoni, Le tre Marie al sepolcro
Caravaggio, Incredulità di San Tommaso
Caravaggio, La cena di Emmaus, (1601)
Masaccio, Crocifissione
Crocifisso di San Damiano
Cristo Pantocratore

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