Il mistero della pietra nera

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E 7,50

Il mistero della pietra nera

Il libro è dotato di approfondimenti online su www.raffaellodigitale.it

Marco Tomatis

Marco Tomatis è nato e vive in provincia di Cuneo, dove è stato insegnante. Ha pubblicato numerosi articoli sulla letteratura per l’infanzia. Lavora come sceneggiatore di fumetti, noti in campo europeo.

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BLU SERIE

Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE,­GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n° 633, art. 2 lett. d).

Giova e Jasmine vincono un premio con un tema sull’archeologia: soggiorno di un mese nel deserto dell’Arizona, negli Stati Uniti, per assistere a interessanti scavi alla ricerca di preziosi reperti. Ma l’archeologia si trasforma ben presto in una ragnatela di fatti strani e pieni di mistero. E i due giovani si trovano a vivere avventure inaspettate al centro delle quali c’è “la Cosa”, circondata dalla maledizione e causa di una terribile malattia. Un virus sconosciuto, l’archeovirus, semina morte, ma lo stregone...

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BLU

Marco Tomatis

anni

Il mistero della pietra nera Un giallo avvincente e avventuroso



IL MULINO A VENTO

IL MULINO A VENTO Per volare con la fantasia

IL MULINO A VENTO

IL MULINO A VENTO Collana di narrativa per ragazzi

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Editor: Paola Valente Redazione: Emanuele Ramini Ufficio stampa: Salvatore Passaretta Team grafico: Letizia Favillo Nuova Edizione 2011 Ia Edizione 2004 Ristampa 8 7 6 5 4 3

2020 2019 2018 2017 2016 2015

Tutti i diritti sono riservati © 2011 Raffaello Libri Srl Via dell’Industria, 21 60037 - Monte San Vito (AN) www.raffaelloeditrice.it www.grupporaffaello.it e-mail: info@ilmulinoavento.it http://www.ilmulinoavento.it Printed in Italy

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Marco Tomatis

Il mistero della pietra nera Illustrazioni di

Alessandra Roberti



Il diario misterioso

10 gennaio 1918

Scrivo ancora una volta durante il mio turno di guar-

dia, di notte, alla luce dei due fuochi che ho l’incarico di tenere accesi per non morire di freddo. Sono molto stanco. D’altronde, come potrebbe essere diversamente? Ormai siamo in viaggio da circa tre mesi e da una ventina di giorni vaghiamo quasi alla cieca in questi deserti del sud dell’Arizona, dove le uniche tracce della presenza umana sono pochi miserabili pastori nomadi. Ogni tanto mi colpisce l’enormità di quello che ho fatto. Ho tradito la mia patria e ho disertato dall’esercito. Eppure non riesco a pentirmi. Non voglio andare a combattere in Europa un nemico che non ho mai visto. Non voglio morire in una trincea fangosa. Bart e Nat, i miei due compagni, non hanno di questi problemi. L’importante, dicono, è trovare il villaggio in

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cui, secondo Nat, c’è una grotta piena d’oro. Secondo lui non siamo lontani e poi, dice, non dovremo far altro che prendere l’oro e fuggire verso il Messico.

20 gennaio 1918 Niente di nuovo. Abbiamo continuato a girovagare nel deserto. Nat, che è un mezzosangue, la cui madre era una Navaho proveniente da queste zone, chiede ogni tanto informazioni ai pochi pastori che incontriamo in una lingua per me incomprensibile. E si dimostra ogni giorno più ottimista, mentre i miei dubbi continuano a crescere. Un sobbalzo dell’aereo costrinse Giova ad alzare gli occhi dalle fotocopie che stava leggendo. Si trattava della trascrizione in italiano del diario di Pat Mallory, un soldato dell’esercito americano che, nei primi mesi del 1918, quando ancora in Europa infuriava la Prima Guerra Mondiale, aveva disertato con due compagni. Aveva abbandonato il campo d’addestramento di Ayers nel Massachusetts e si era spinto fino al deserto dell’Arizona per cercare una mitica caverna piena d’oro.

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Una breve introduzione spiegava che i tre non avevano avuto fortuna. Non solo non avevano trovato nulla di prezioso, ma si erano seriamente ammalati. Pat Mallory aveva visto morire i suoi compagni ed era stato trovato, ormai moribondo e delirante, da alcuni indiani navaho in pieno deserto. Consegnato a una pattuglia dell’esercito, aveva schivato la pena prevista per i disertori, la fucilazione, solo perché era morto per conto suo due giorni dopo. Il diario era sparito per parecchi decenni, fino a quando non era stato ritrovato, a metà degli anni ‘90, presso un rigattiere di una cittadina del Kansas. Le fotocopie delle sue pagine gliele aveva date John, insieme ad altro materiale, poche ore prima, all’aeroporto di Los Angeles. Guardando le nuvole sfilare lentamente sotto di sé, Giova si stiracchiò lentamente, facendo ben attenzione a non muovere il braccio destro, ormai diventato quasi insensibile e in procinto di essere preda di un crampo. Il fatto era che su di esso stava mollemente adagiato un altro braccio, tiepido, morbido e femminile. Giova lo fissò e risalì con lo sguardo fino alla spalla e poi al viso della proprietaria seduta nella poltroncina accanto alla sua. Jasmine, quattordici anni anche lei, inglese e... bellissima. Capelli biondi e lunghi, occhi verdi, una pelle liscia, abbronzata e calda.

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Un leggero movimento del suo viso gli fece precipitosamente distogliere lo sguardo. Si rimise a contemplare le nuvole e poi ricominciò a scorrere il diario. Saltò distrattamente alcune pagine in cui le annotazioni erano ridotte al minimo...

1 febbraio 1918 Nessuna novità.

7 febbraio 1918 Nessuna novità, sempre canyons e pietraie deserte. ... e si soffermò dove compariva nuovamente un testo lungo.

10 febbraio 1918 Siamo arrivati. Finalmente! Nat garantisce che il villaggio è questo. Un “pueblo” lo chiamano, in realtà un gruppo di catapecchie in pietra e fango costruito sotto un costone roccioso ed abitato da pochi miserabili indiani.

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