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In fondo al crepaccio

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Fuocomatto

Fuocomatto

A. Negri, Erba sul sagrato, Mondadori

– Non v’è dubbio, è laggiù nel crepaccio. Dal fondo, sessanta o settanta metri, la bestia risponde. Il gemito sordo, strozzato, non risuona che una volta sola. Ma basta per provare che è ancora viva, che si è in tempo per salvarla.

– Presto: corda e lanterna – Piro si fa legare dai compagni, raccomanda di assicurare bene la corda al paletto, scende. A due terzi della discesa, scorge dal basso due occhi disperati, verdi al riflesso della lampada.

– Sì, eccomi, ti vengo a prendere. Piro si cala sempre più giù: le zampe della cagna gli afferrano, improvvise, le spalle. Sente sul petto il martellare spasmodico dell’altro petto e una povera lingua arsa che tenta di leccargli il viso.

Rapido avvolge la corda al corpo della bestia che capisce e lo lascia fare. Grida ai suoi compagni che è pronta e ben legata: che la tirino su. Così vien fatto.

Ma i crepacci non hanno pareti lisce. Questo è tutto gobbe e un movimento del carico in salita ha smosso un blocco di neve che rovina addosso all’uomo, spegnendogli la lampada. Piro cerca di ritrovare la corda calata per lui dai compagni immediatamente dopo aver sciolto la cagna. Non la ritrova. Non perde il sangue freddo: s’arrampica alla cieca. Dopo aver guadagnato un po’ di altezza, egli pone a caso la mano sulla corda penzolante da un rialzo e trattenuta là.

Annodarsela alla vita, dare l’avviso, risalire con un salto leggero, superare l’ultimo tratto che lo separa dall’aria aperta, dal terreno sicuro... gli sembra un sogno. La cagna è abbandonata al suolo, quasi senza vita, con gli occhi chiusi. Piro se la carica sulle braccia, la porta al rifugio.

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