Gilgamesh, l’uomo che voleva sconfiggere la morte

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I RACCONTI DEL MITO con Prove INVALSI
CD audio Gilgamesh, l’uomo che voleva sconfiggere la morte
Patrizia Ceccarelli

I racconti del mito

Editor: Paola Valente

Redazione: Emanuele Ramini

Team grafico: Claudio Campanelli

Illustrazioni: Inklink Illustrations

Ufficio stampa: Salvatore Passaretta

Presentazione di Paola Valente

Approfondimenti e schede didattiche di Michele Santuliana

1a Edizione 2014 Ristampa 5 4 3 2 1 2019 2018 2017 2016 2015 Tutti i diritti sono riservati © 2014

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gilgamesh, l’uomo che voleva sconfiggere la morte

GILGAMESH E IL SUO AMICO ENKIDU TANTE IMPRESE LEGGENDARIE LA RICERCA DELL’IMMORTALITÀ

A Emiliano, per la lettura appassionata e i preziosi consigli.

In copertina: Gilgamesh raggiunge la terra di Utnapishtim, insieme al barcaiolo Urshanabi.

PRESENTAZIONE

Gilgamesh è un eroe della mitologia sumera. L’origine della sua storia è antichissima, si perde nella notte dei tempi. Essa ci fu tramandata per iscritto dai Babilonesi, nel VII secolo a.C., e gli archeologi la ritrovarono incisa nelle tavolette in carattere cuneiforme, durante gli scavi della città di Ninive, nell’odierno Iraq.

Quella di Gilgamesh è una storia appassionante, intessuta di meraviglia e di avventure, con un profondo significato umano e spirituale. Parla di un eroe dal carattere impulsivo e prorompente, pronto, se necessario, a sfidare anche il cielo, ma capace, allo stesso tempo, di forti sentimenti quali l’amore e l’amicizia.

Perché il suo ricordo rimanga nei secoli, Gilgamesh affronta molte prove difficili e, con l’aiuto del suo amico Enkidu, riesce sempre a superarle combattendo contro mostri dall’infuocato aspetto solare. Tuttavia c’è una prova che non desidera affrontare, l’ultima, quella più spaventosa: la morte.

L’eroe è terrorizzato dal nulla e dall’oscurità degli inferi, perciò, dopo aver sepolto l’amico che non ha potuto salvare, intraprende un viaggio straordinario ai confini del mondo, attraverso le porte del sole, per raggiungere l’unico uomo sopravvissuto al diluvio universale, Utnapishtim. È un viaggio iniziatico, nel profondo della mitologia arcaica, dentro quella serie di fatti arcani che ispirarono i racconti successivi. Un viaggio durante il quale Gilgamesh si misura con esseri potenti: leoni, uomini con la coda di scorpione, dee dell’altro mondo… L’eroe condivide così con altri eroi mitici, quali il Sansone biblico e l’Eracle greco, l’aspirazione al cielo, la forza immane, la fine tragica, e ripercorre, con le sue peripezie, la lunga e immaginifica vicenda dell’umanità.

La storia di Gilgamesh che voleva sconfiggere la morte è una lettura indimenticabile per tutti i ragazzi. Avvincendoli con l’incalzare delle avventure, li porta a riflettere sul senso della vita e sul valore immutabile degli affetti. In un’età dove l’amicizia è fondamentale, i lettori possono identificarsi con l’eroe e rivivere insieme a lui il percorso della grande ricerca.

PARTE PRIMA

GILGAMESH E IL SUO AMICO ENKIDU

GILGAMESH, TERRIBILE RE DI URUK

Incisa su tavolette di argilla dalle abili mani degli scribi, coperta dalla polvere dei secoli, ha attraversato il tempo ed è giunta fino a noi la più antica storia letteraria dell’umanità: l’epopea di Gilgamesh, eroe leggendario vissuto in Mesopotamia, la lontana terra tra due fiumi, culla di meravigliose civiltà che fiorirono alcuni millenni prima della nascita di Cristo. Con i caratteri cuneiformi della loro scrittura, i Sumeri ci parlano di Uruk, grande città le cui mura poderose si ergevano su fondamenta antichissime, nella fertile pianura lungo il corso del fiume Eufrate. Lì visse Gilgamesh, figlio del re Lugalbanda e della dea Ninsun. Eroe per una parte umano e per due parti divino, egli è passato alla storia come colui che non si rassegnò alla mortalità dell’uomo e affrontò audaci imprese e spaventosi pericoli nel tentativo di sconfiggere la morte. Gilgamesh crebbe circondato dal lusso dei palazzi reali, nutrito con cibi prelibati, vestito con le stoffe più preziose, servito da decine di schiavi. Diventò un giovane bello, intelligente e dotato di una forza

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straordinaria. Fiero del sangue divino che gli scorreva nelle vene, non aveva rivali, nessuno riusciva a eguagliare la sua potenza e tantomeno la sua abilità strategica in battaglia.

Alla morte del padre Lugalbanda, sovrano giusto e amato dal popolo, Gilgamesh prese il suo posto e divenne il quinto re di Uruk. L’abitudine a veder soddisfatto ogni suo capriccio, a imporre sempre la propria volontà, avevano fatto di Gilgamesh un giovane dispotico e prepotente che, una volta divenuto re, si comportò come un tiranno crudele e tormentò i sudditi con ogni genere di sopruso.

Forte della sua bellezza, simile a quella di un dio, con il volto incorniciato dalla lunga barba inanellata e gli occhi neri come pietra di vulcano, Gilgamesh si aggirava tra le case di argilla della città di Uruk e, con fare spavaldo e arrogante, sottoponeva uomini e donne, ragazzi e ragazze, giovani e vecchi a ogni genere di prepotenza.

I cittadini di Uruk assistevano impotenti al ripetersi dei suoi atti malvagi e speravano che, con il tempo, Gilgamesh avrebbe cambiato comportamento e si sarebbe trasformato in un re buono e saggio come era stato Lugalbanda, suo padre.

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L’INTERVENTO DEL DIO ANU

Ben presto però gli abitanti di Uruk si resero conto che Gilgamesh non sarebbe cambiato e che, senza l’aiuto di una divinità, la giustizia non sarebbe tornata a regnare sulla città. Decisero allora di rivolgersi ad Anu, signore di tutti gli dei, affinché intervenisse e li aiutasse a porre fine alle loro sofferenze: – Signore e padre di ogni cosa del cielo e della terra, ascolta la preghiera della gloriosa gente di Uruk: il nostro re ha perduto la strada della saggezza e si comporta in modo malvagio sottoponendo il popolo a ogni genere di cattiverie; solo tu puoi aiutarci a riportare la giustizia entro le mura di Uruk.

Anu, il più potente degli dei, ascoltò la preghiera e la notte stessa mandò un sogno a illuminare la mente di Gilgamesh: il giovane re era irresistibilmente attratto da una roccia caduta dal cielo, ma essa era talmente grande che nemmeno la sua forza sovrumana riusciva a smuoverla.

Preoccupato e desideroso di comprendere il significato di questo sogno, Gilgamesh corse a raccontarlo alla madre, la dea Ninsun.

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– Madre, stanotte ho sognato che una stella cadente attraversava il cielo sopra Uruk e cadeva giù trasformandosi in una roccia enorme, io cercavo di sollevarla ma essa era troppo pesante e non ci riuscivo. Tuttavia mi sentivo irresistibilmente attratto da quel masso gigantesco, allora cercavo incoraggiamento nel tuo sguardo e tu mi sorridevi. La dea ascoltò il racconto del figlio, poi disse: – La roccia rappresenta un dono che il cielo ti farà, una persona che diventerà molto importante nella tua vita. Si tratta di una creatura simile a te per forza e coraggio, un uomo che ti accompagnerà lungo il cammino della vita e diventerà il tuo miglior amico.

Gilgamesh non sapeva cosa fosse l’amicizia, non aveva mai provato questo sentimento.

– Madre – chiese infatti, – che cos’è un amico? Spiegami, ti prego.

La saggia dea rispose:

– Un amico resta al tuo fianco nei momenti belli e in quelli del dolore, può aiutarti a risolvere dubbi e problemi, si prende cura di te e ti protegge dai pericoli. Un vero amico ti conosce meglio di quanto tu conosca te stesso. A queste parole Gilgamesh fu preso da meraviglia e curiosità.

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– Come farò a riconoscere quest’amico, madre? – Il cuore te lo indicherà, non potrai sbagliare.

ENKIDU

Per dare ancora aiuto ai cittadini di Uruk, il dio Anu ordinò alla dea della creazione Aruru di plasmare un uomo pari a Gilgamesh per forza e coraggio, di inviarlo sulla terra e farlo crescere libero, insieme agli animali delle praterie, nascosto alla vista degli esseri umani.

La dea Aruru, senza esitare, si mise all’opera: prese un pugno di argilla, lo impastò come avrebbe fatto un fornaio e le dette la forma di una creatura umana. Creò un uomo dal corpo vigoroso, dotato di straordinaria intelligenza e di impareggiabile coraggio, così come le aveva chiesto il padre di tutti gli dei. Lo chiamò Enkidu e lo lasciò andare libero nella foresta.

Forte come un toro selvaggio, con il corpo nudo ricoperto di pelo arruffato, Enkidu imparò a vivere alla maniera delle gazzelle: come loro correva, pascolava e si abbeverava alle pozze d’acqua.

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Le gazzelle, d’altra parte, lo consideravano uno di loro, riconoscevano il suo odore e lo accettavano nel branco. Enkidu si aggirava tra gli alberi agitando al vento i lunghissimi capelli, considerava suoi compagni i cervi e le gazzelle e spesso prestava aiuto agli animali, liberandoli dalle trappole che i cacciatori disseminavano nei boschi.

Un giorno, mentre si abbeverava a un ruscello insieme alle gazzelle, Enkidu venne per la prima volta avvistato da un uomo, un giovane cacciatore che cercava una preda per sfamare sé e la sua famiglia. Da anni egli posizionava trappole per gli animali; da qualche tempo, però, quando andava a recuperarle, le trovava distrutte e anche di quelle più resistenti e ben costruite non rimaneva traccia.

Il giovane non riusciva a capire cosa stesse succedendo, perciò un giorno sistemò di nuovo un certo numero di trappole e si nascose per scoprire chi fosse a far fuggire le sue prede. Si trovò così di fronte la figura selvaggia e statuaria di Enkidu, vestito soltanto di una folta peluria ricciuta e di capelli ispidi, lunghi fino ai piedi.

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A quella vista, il giovane cacciatore fuggì spaventato e, una volta arrivato a casa, raccontò tutto al padre: – Ho visto una creatura terrificante, un uomo dall’aspetto mostruoso e dalla forza eccezionale! Egli si aggira nel bosco e si diverte a liberare gli animali dalle mie trappole. Non sono in grado di affrontarlo e, tuttavia, andando avanti così, non avrò più di che sfamare la mia famiglia. – Figlio mio – suggerì il vecchio padre, – vai a Uruk e racconta ciò che hai visto a Gilgamesh, il nostro re; digli che hai incontrato una creatura spaventosa e potente e chiedigli di venire in tuo aiuto. Egli è talmente fiero e coraggioso che non potrà rifiutarsi di affrontare un uomo forte quanto lui. Va’, dunque, e chiedi aiuto a Gilgamesh!

GILGAMESH E IL CACCIATORE

Il giovane cacciatore dette ascolto ai consigli del padre e si recò alla reggia di Uruk. Non si era mai avvicinato al palazzo reale, né aveva avuto occasione di entrarci: si trattava di una costruzione enorme, degna del più grande dei re, circondata da un magnifico giardino al quale si accedeva attraverso un cancello, sorvegliato da due guardie.

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Il cacciatore si avvicinò e chiese il permesso di parlare con il re: aveva un aspetto umile e dimesso e le guardie, prese dalla pietà, lo fecero passare. Il giovane uomo entrò nel giardino: era di un verde lussureggiante con fiori variopinti e grandi fontane.

Un viottolo in pietra conduceva alla scalinata d’ingresso del palazzo, sorvegliato da altre guardie. Adesso il giovane cacciatore poteva vedere da vicino la facciata della dimora reale, adornata di splendidi mosaici dai mille colori. Ogni persona che incontrava chiedeva spiegazioni della sua presenza, ma, osservandolo meglio, tutti capivano che quel giovane non poteva rappresentare un pericolo per Gilgamesh e lo lasciavano proseguire indicandogli la via da percorrere.

Il giovane passò attraverso sale talmente grandi che la sua casa intera non sarebbe bastata per contenerne neppure una; le stanze erano lussuosamente arredate e le pareti ricoperte di dipinti che celebravano la potenza del re e del suo impero.

Quando finalmente raggiunse la sala del trono, il cacciatore si trovò di fronte a Gilgamesh e capì subito che quell’uomo possedeva tutta la forza necessaria per sconfiggere la creatura selvaggia che aveva incontrato nella foresta.

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Con voce tremante, iniziò a raccontare al re ciò che gli era successo.

Gilgamesh seguiva le sue parole senza interesse, continuando a sbadigliare e a bere vino, ma quando il cacciatore iniziò a descrivere Enkidu, al re tornò in mente il sogno che aveva fatto. Ricordò le parole di Ninsun, sua madre, e si mise ad ascoltare con grande attenzione.

Il giovane uomo proseguì:

– Mio re, quella che ho visto abbeverarsi insieme alle gazzelle nella foresta è la creatura più forte e spaventosa che mi sia mai capitato di incontrare. La sua potenza sarebbe in grado di superare anche quella di un sovrano come te, che ha metà sangue divino nelle vene.

Gilgamesh, colpito nell’orgoglio, balzò in piedi e disse: – Se quello che dici è vero, questo essere selvaggio deve essere portato al mio cospetto, affinché io possa gareggiare con lui e dimostrare che sono l’uomo più potente del mondo!

Così detto, si mise a pensare al modo in cui far uscire Enkidu dalla foresta per poterlo incontrare.

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LA BELLA SHAMHAT

Gilgamesh pensò a lungo e giunse alla conclusione che solo l’amore avrebbe potuto togliere Enkidu dallo stato selvaggio in cui viveva. Così, fece condurre il cacciatore al tempio di Ishtar, dea dell’amore e della fertilità, dove vivevano le sacerdotesse che alla dea avevano consacrato la vita. Tra di loro c’era Shamhat, una giovane donna di rara bellezza, perfetta per assolvere il compito che Gilgamesh intendeva affidarle.

Shamhat accettò la proposta del re, seguì il cacciatore e giunse nelle praterie dove viveva Enkidu. I due si nascosero vicino al ruscello dove si abbeveravano le gazzelle e aspettarono. Dopo tre giorni arrivarono gli animali in branco e anche Enkidu correva in mezzo a loro: balzava insieme alle gazzelle, agitando la chioma bionda sulla schiena possente, e si comportava come gli animali che aveva al fianco, brucando l’erba e abbeverandosi all’acqua delle sorgenti. Shamhat rimase colpita dalla sua figura selvaggia, dallo sguardo fiero, da quel corpo nudo e vigoroso. Decise allora di farsi vedere e uscì dal nascondiglio.

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Gilgamesh è un eroe sumero dalla forza immane e dalla

suprema arroganza. La sua epopea, scritta in caratteri cuneiformi, è la più antica del mondo e fu ritrovata durante gli scavi archeologici della città di Ninive. Coraggioso e irruento, egli affronta una serie sterminata di avventure insieme al suo amico Enkidu, sconfiggendo mostri ed esseri soprannaturali. Alla fine affronta la sfida più grande, quella contro la morte.

La storia di Gilgamesh conduce il lettore in un viaggio meraviglioso ai confini del mondo e nello stesso tempo lo porta a riflettere sull’importanza della vita e sul valore degli affetti. Patrizia Ceccarelli è nata e vive in Toscana. Tutor presso l’Università degli Studi di Firenze, ama la poesia, l’arte e la letteratura.

Da anni collabora con il Gruppo Raffaello in qualità di editor e scrittrice.

Un progetto didattico completo e innovativo:

– Caratteristiche grafiche e tipografiche che favoriscono la leggibilità. – Audiolibro con brani scelti del testo. – Schede di approfondimento utili per le Prove INVALSI.

Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n°633, art. 2 lett. d). Online: approfondimenti e schede didattiche www.raffaellodigitale.it €
Libro + CD audio
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StoriadiGilgameshISBN978-88-472-1979-3
ISBN 978-88-472-1979- 3 9 788847 219793

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