Anche gli spriti danzano

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Emanuela Nava

Emanuela Nava vive e lavora a Milano. Ama viaggiare e raccontare storie di popoli e culture lontane. Il suo stile la rende una voce inconfondibile nel panorama della letteratura italiana per ragazzi.

Emanuela Nava

ANCHE GLI SPIRITI DANZANO Racconti d’Africa

Consigliato dai 9 anni

I 7,00

ANCHE GLI SPIRITI DANZANO

Antichissima e piena di mistero, la terra d’Africa custodisce leggende suggestive che ci riportano a un mondo lontano, pieno di saggezza e profondamente legato ai ritmi della natura. A quel mondo si ispira questa raccolta di storie che, al suono della valiha e del balafon, antichi strumenti che ricordano il canto degli uccelli, ci fa assaporare il senso del magico ancora presente in quella terra, minacciosa e accogliente al tempo stesso.



I magnifici


Editor: Patrizia Ceccarelli

Redazione: Emanuele Ramini

Ufficio stampa: Salvatore Passaretta Team grafico: Letizia Favillo

Ia Edizione 2011 Ristampa 7 6 5 4 3 2 1

2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012

Tutti i diritti sono riservati © 2011 Raffaello Libri Srl Via dell’Industria, 21 60037 - Monte San Vito (AN) www.raffaelloeditrice.it www.grupporaffaello.it e-mail: info@ilmulinoavento.it http://www.ilmulinoavento.it Printed in Italy

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Emanuela Nava

Anche gli spiriti danzano Racconti d’Africa

Illustrazioni di

Monica RabĂ



Maini cerca marito

Mi chiamo Maini, ho tredici anni e cerco marito. Voglio un marito bello con in bocca parole ardenti come il sole di marzo, voglio un marito allegro con i denti lucenti come lune, voglio un marito ricco con dieci buoi grassi nella stalla, ho esclamato, poi sono andata nella capanna. È una capanna grande con il tetto di paglia e i muri fatti con la terra, lo sputo e lo sterco di vacca. Mia mamma e le altre donne del villaggio l’hanno decorata all’esterno con la terra rossa e lo zolfo giallo. Sono disegni di fertilità e buon augurio: accanto alla porta c’è il dipinto di un coccodrillo dalla coda lunga. È qui che abito da due mesi. Quando sono entrata ero magra come lo spirito del vento. Ora assomiglio allo spirito del baobab, che è grosso e potente. E nessuno può abbatterlo. 5


Sì, adesso sono grassa e forte. È una giornata calda oggi. Le cicale friniscono come matte e anch’io batto forte sul tamburo il mio canto d’amore. Ho un lungo drappo che mi copre il viso e il corpo: lo indosso quando le donne della mia famiglia entrano a portarmi da mangiare e ridono come pazze, perché pensano che sia ancora magra come una nuvola della stagione secca. Invece adesso sono grassa, grassissima. Più grassa divento, più bella sarò. Mangio tutti i giorni sadza* e pesce piccante. È il peperoncino che scalda la pancia e il cuore. Con la pancia dovrò fare molti bambini, con il cuore dovrò battere il tamburo dell’amore. Ta tam ta tam, suono e aspetto. Fra un mese uscirò dalla capanna e conoscerò i miei pretendenti. Saranno molti gli uomini che mi vorranno. Sentono come suono e in mio onore già si spalmano sul corpo burro e ocra, già indossano sul capo gli ornamenti rituali. - Io ho dieci capre - dirà uno. - Io cinque mucche e due tori - dirà un altro. * Per questa e le altre parole in corsivo, rimandiamo al glossario di pagina 130.

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- Io una mandria intera - dirà un terzo, e non pronuncerà il numero delle bestie perché saprà di essere il migliore. Sarà allora che si riunirà il consiglio degli anziani per scegliermi il marito. Se lui sarà ricco e saggio, la mia famiglia riceverà una grossa dote. Ma se io mangerò molto e diventerò la più bella ragazza del paese, mio marito sarà ricco, saggio e anche giovane. E io sarò la sua prima moglie. E se un giorno lui vorrà sposarsi di nuovo, non mi comporterò come certe prime mogli che gridano come babbuini e trattano le altre come muli. Tratterò bene la seconda moglie, sarò gentile con lei, perché è bello avere un’amica con cui dividere i difetti del marito, che, lo sanno tutte le donne, sono sempre troppi.

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L’uomo con una sola figlia

Un uomo che aveva una sola figlia voleva costruire una barca. “Se avessi cinque figlie, avrei cinque generi pronti ad aiutarmi!” pensò. Così andò al mercato e fermò i cinque giovani più robusti che vide. - Volete sposare le mie figlie? - chiese. - Sono belle e sanno cucinare. Se verrete domani mattina a casa mia, non sarete delusi. Il giorno dopo tutto era pronto. Un grosso tronco aspettava sulla spiaggia e l’uomo aveva già radunato gli attrezzi che occorrevano. Quando i cinque giovanotti si presentarono, l’uomo offrì loro un piatto di riso. - Mangiate. Le mie figlie sono andate a prendere l’acqua al fiume. Poi offrì qualche pesce. - Saziatevi. Il fiume è lontano. 9


Appena i cinque scapoli furono ristorati, l’uomo disse: - Aiutatemi a costruire una barca. Le vostre mogli si sono recate oltre le colline: è là che scorre il fiume. I giovani, che erano possenti e infaticabili, aiutarono l’uomo e, prima del tramonto, costruirono una piroga con il bilanciere e la vela quadrata, che avrebbe potuto affrontare anche il mare in tempesta. Allora l’uomo tornò a casa. - Presto! - ordinò alla sua unica figlia. Corri a prendere l’asino, il maiale, il gallo e il bue. Quando la ragazza tornò dal padre con gli animali, l’uomo si sedette accanto al focolare e iniziò a suonare il violino: muoveva piano l’archetto e intanto invocava l’aiuto dei Vazimba, gli spiritelli che rubano i capelli:

Fate la magia, Vazimba, fate la magia, ho quattro animali,

ma mi occorrono quattro figlie femmine.

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Fu così che, al suono lieve della musica, gli spiritelli tramutarono gli animali in quattro bellissime ragazze. L’uomo allora condusse le cinque figlie ai cinque pretendenti e le diede loro in moglie. Si narra che da quelle unioni nacquero molti figli. Ma una sola famiglia era composta da esseri umani, le altre quattro erano formate da esseri metà umani, metà bestie. E questo spiega perché ogni giorno ci siano così tanti uomini che si comportano come asini, maiali, galli o buoi. Ma l’uomo con una figlia sola non pensò mai al danno che aveva fatto. Alla mattina andava a pescare e alla sera si addormentava sotto le stelle. Allora arrivavano i Vazimba e gli sputavano un po’ di saliva sulla testa. E a ogni sputo, l’uomo perdeva qualche capello, che gli spiritelli raccoglievano e legavano alle loro chiome. È questo quello che i Vazimba pretendono dagli uomini, quando esaudiscono un loro desiderio.

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Il sugo di moscerini

Caro Paolo, a Cape Maclear il lago è trasparente e se ti sporgi da una roccia puoi vedere i pesci colorati che nuotano vicino agli scogli. Sono così tanti e così variopinti che un bianco di nome Tom ha costruito delle grandi vasche a un chilometro dalla spiaggia e ora vende i pesci del lago Malawi ai bianchi di tutto il mondo. Mi hanno detto che in certe case, i ricchi hanno un acquario di vetro. È un acquario grande con i pesci, le rocce e le alghe, ma non ci sono i coccodrilli, neanche quelli appena nati. Invece, di coccodrilli, qui nel lago Malawi ce ne sono così tanti che se qualcuno fa il bagno dove crescono le canne alte rischia di essere divorato. Io, il bagno, lo faccio solo dove ci sono le rocce, 12


e l’acqua è trasparente fino al tramonto. È scritto sul grande cartello del campeggio. Venite a Cape Maclear, il lago sembra un mare, con i pesci tropicali e le spiagge di sabbia chiara. Ma non è scritto che ci sono anche le scimmie, quelle piccole dal manto grigio, e i babbuini ladri, che, appena ti giri, ti rubano tutto, anche la maglietta o il pesce che hai messo ad essiccare. Io ho una maglietta verde con un bel veliero sul petto, con le vele gonfie e il timone a ruota. Me l’ha regalata una donna italiana che l’anno scorso passeggiava sulla spiaggia del campeggio. L’ho salutata e le ho chiesto se voleva che la mia mamma le lavasse i vestiti. - La mia mamma ha il ferro a carbonella per stirare - le ho detto. Ma lei stava per tornare in Italia. - Parto domani - mi ha risposto. E siccome aveva voglia di giocare, abbiamo costruito insieme un castello di sabbia sulla spiaggia. Quando stavo per andarmene, e avevo anche un po’ di fretta perché stava tramontando il sole ed 13


erano i giorni della luna scura, lei mi ha detto che se volevo mi poteva adottare. Così la settimana dopo è arrivato un prete grasso che si chiama Kimu: gli manca un dente davanti, ma quando ride sembra il sole di mezzogiorno. Si sono messi d’accordo, lui e la signora italiana. Lei spedirà 350 dollari ogni anno, a settembre, prima dell’inizio della scuola, e con quei soldi il prete farà studiare me, le mie sorelle e i miei fratelli. Però, anche se lui è cattolico, io continuerò ad andare alla chiesa protestante, dove la mia mamma canta e balla durante la funzione, perché Dio è uno solo, ha detto Kimu, e basta pregarlo, non importa come. Quando torno da scuola aiuto mio padre a pulire il pesce. Sono pesci grigi, quelli che pesca, non colorati come quelli che piacciono al Signor Tom e ai turisti che si mettono la maschera e il boccaglio e stanno a mollo tutto il giorno con il muso da coccodrillo e il sedere da ippopotamo. Mio padre ogni mattina va con la barca in mezzo al lago e pesca con le reti. Ma deve stare attento: ci sono le aquile pescatrici, e certe volte i coccodrilli grandi che gli rubano il pesce. 14


“La ricchezza è come la coda del topo: quando la vedi è già scomparsa” dice la mia mamma. Anche i miei fratelli e le mie sorelle aiutano: siamo sette, tre maschi e quattro femmine. Puliamo il pesce e poi lo posiamo a essiccare su grate fatte di canna intrecciata. E dopo ci tuffiamo tutti nel lago per fare il bagno. La mia casa è proprio sulla spiaggia, davanti alla riva. Alla sera io e gli altri bambini giochiamo a pallavolo. Abbiamo una rete lunga, che una volta serviva per pescare, però i ragazzi più grandi non giocano a palla, ma vanno nella discoteca del campeggio. Lì molti fumano e bevono birra. Ma mio padre dice di stare attenti, perché “l’antilope paurosa è morta di vecchiaia, ma quella coraggiosa non è campata un anno”. E anche i moscerini campano poco. L’altro giorno ce n’erano così tanti che sembravano le nuvole della stagione della pioggia. Volavano attorno al grande baobab, quello dove dormono gli spiriti, e facevano un brusio così assordante, che noi giocavamo ad imitarli. Soffiavamo e sibilavamo. Facevamo un suono forte, che pareva un ronzio di insetti, ma pure un brontolio di acqua prigioniera. 15


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Allora la mia mamma e tutte le altre donne del villaggio hanno afferrato i retini, quelli che servono per catturare i pesci degli scogli e sono andate all’albero. Li hanno acciuffati tutti, i moscerini grassi. Poi li hanno buttati in pentola e hanno fatto un sugo buono da leccarsi le dita. Caro Paolo, questa è la mia storia, la volevi conoscere e io te l’ho raccontata. Abbiamo mangiato il sugo di moscerini con la polenta bianca e mia sorella numero tre era così contenta che rideva e rideva talmente tanto, che a un certo punto mi ha lanciato sulla maglietta uno schizzo di sugo. Ha centrato proprio il pennone della vela maestra, e su quel bianco la macchia sembrava un uccello che si voleva riposare. Caro Paolo, saluta la tua mamma. È la signora italiana della storia, lo avevi capito? “Dio li benedica” dice sempre mio padre, pensando a voi. E ve lo auguro anch’io. Padre delle cose, prego ogni domenica, anche se tu vivi in Africa e non li conosci, sappi che in Italia abita la famiglia di una signora che mi ha adottato. 17


Ora vado al campeggio a comprare il francobollo e a imbucare la lettera. In Italia ci sono i martin pescatori? Su un ramo dell’albero di mopane ce n’è uno che si sta asciugando le ali. Ciao Stiva

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Il suonatore di valiha

Era una bella giornata d’estate. Gli uccelli nascosti nel fitto fogliame si lucidavano con piccoli colpi di becco le corte ali brune. Le lucertole blu facevano capolino tra i sassi arroventati dal sole. Demba, seduto sul ramo di un albero, pizzicava le corde della valiha. - Alzati! - gridò all’improvviso Makeni. - Non vedi che il ramo ha preso la forma del tuo sedere?! Demba si scosse smarrito. - Suoni tutto il giorno e non sai fare altro! - esclamò ancora l’amico. Demba era il più bravo suonatore di valiha del villaggio. Alla sera, al primo chiarore della luna, le ragazze che tornavano dal pozzo con i secchi colmi d’acqua si sedevano quiete ad ascoltarlo. E niente, neppure il grido spettrale del gufo o il sibi19


lo del serpente, le avrebbe fatte fuggire, perché il suono della valiha le proteggeva dai rumori oscuri della notte. Demba scese dall’albero e si avvicinò a Makeni. - Da domani suonerò solo per Asela - disse. In cielo un bucero batté forte le ali. Makeni tolse da una tasca del vestito il suo minuto flauto da bovaro. - Vado a chiamare le capre! - esclamò. E si allontanò soffiando una lunga nota strozzata. Un lemure gli attraversò la strada. Makeni diede un calcio a un sasso. Era furibondo. Il sole splendeva alto e per un attimo gli accecò gli occhi. Oh, come avrebbe voluto sposare lui Asela, la bella figlia del capo villaggio. Ma anche Asela ogni sera si incantava ad ascoltare la musica dolce del suo amico Demba. E mentre nel focolare bruciava la manioca, lei lo guardava con occhi di brace, e mentre udiva il vibrare delle note, pensieri d’amore le crescevano nel cuore. Asela e Demba si sarebbero sposati il giorno dopo. E da domani lui avrebbe suonato la valiha solo per lei. 20


- Chi suona la valiha - aveva detto il capo villaggio - ha il potere di innalzare le maree dell’anima come la luna fa con il mare. Makeni si girò e guardò l’amico con amarezza. Ma Demba non si accorse di nulla. Un airone volò alto nel cielo. “Asela mi aspetta” pensò Demba. Salutò Makeni con la mano e si incamminò verso casa.

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Una giornata nel deserto

Il taxi che dall’aeroporto del Sinai li portava a Nabq era tappezzato di moquette rosa confetto. Anche il soffitto era rosa. Sul retro della macchina, sui sedili, sopra il cruscotto, ovunque ci fosse una rientranza c’erano pupazzetti, ciondoli e scatole di fazzoletti di carta. - Vai più piano, altrimenti avremo un incidente! protestò Giuliana, parlando in inglese. - Chi può dirlo!? Inshallah! Se non è scritto... La strada asfaltata correva tra il mare e il deserto. L’autista guardò i due ragazzi attraverso lo specchietto retrovisore e fece un cenno d’intesa. Tre manine d’ottone pendevano come porta fortuna. L’uomo sorrise e infilò una cassetta di Umm Kulthum nel registratore. La voce della cantante risuonò forte dentro l’automobile. 22


- Oh no, ora viaggia a ritmo di musica - sussurrò Corrado. L’uomo frenò. - Mi chiamò Mohammed e quello che è scritto è scritto! - disse in preda a un improvviso furore. Scese dalla macchina e, agitando le braccia, urlò incomprensibili parole in arabo. Indossava una tunica azzurra, che mentre gridava, si gonfiava come una vela. Giuliana e Corrado si guardarono con aria smarrita. Davanti a loro una carovana di sei cammelli avanzava tra le dune. Procedeva lenta, ondeggiando piano a ogni passo, come una flotta di barche sospinta dalla corrente. Mohammed sorrise e tacque. L’uomo sul primo cammello teneva in mano il bastone del comando. Dietro di lui quattro bambini montavano con aria fiera gli altri animali. Seguiva una donna completamente velata, con il viso nascosto da un tulle nero. - Sono Bedu! Bedu del deserto - spiegò Mohammed, sbracciandosi con forza. - Vivono nell’oasi di Ain Hodra! - urlò ai ragazzi, in preda a nuova eccitazione. 23


Finalmente l’uomo alzò il bastone e fece un cenno di saluto. Allora il taxista gridò ancora qualcosa e l’altro gli rispose a voce alta, senza fermare la carovana. Poi proseguì, con l’aria indomita di un antico condottiero. I bambini si girarono. Anche la donna osservò gli stranieri a lungo. Quindi sparì insieme alla sua famiglia dietro a una duna. Mohammed aveva un’espressione soddisfatta. Risalì in macchina e l’auto si avviò senza fretta. Umm Kalthum, l’usignolo del delta, la cantante più amata dagli egiziani, riprese a cantare. - Sì, sì! Era scritto che lo avrei incontrato! - esclamò. - Il cielo sia lodato! Mohammed indicò il finestrino. Uno stormo di cicogne stava passando sopra le montagne. - Ho una vecchia jeep che funziona meglio di una nuova. Oggi la vendo a Ibrahim! - A chi, al beduino!? - domandò Corrado con aria incredula. - Certo! Anche i cammelli si ammalano e bisogna sostituirli. Mohammed si deterse il sudore con un fazzoletto di carta, poi continuò: - È scritto nel progetto del Cielo. 24


Quando il taxi si fermò davanti alla casa, una villetta a un piano arroccata su un promontorio che dominava il golfo, c’era solo Farid ad aspettarli. - I tuoi genitori sono dovuti partire per Aquaba disse l’uomo in italiano a Giuliana. Era egiziano e indossava una tunica bianca e una kefiah bianca e rossa, trattenuta da un egal di corda che a Corrado fece l’effetto di corona. - Sembra un re - mormorò. - Ti presento mio cugino - sorrise Giuliana. - È venuto a passare le vacanze da noi. - Allah ti benedica! - esclamò allora Farid, inchinandosi. - Cosa posso fare per voi? Giuliana viveva in Egitto da due anni. I suoi genitori, due chirurghi italiani, lavoravano per un ospedale locale. Giuliana guardò Corrado. Corrado sorrise. - Se non sei troppo stanco, portaci nel deserto disse la ragazza. Partirono con la Toyota dopo pranzo. Lasciarono la costa e si diressero verso l’interno. Alte roccie color pastello si aprivano al loro passaggio. Viola manganese, rosso ferro, giallo zolfo, grigio lava. 25


Molti minerali si erano fusi in epoca preistorica per formare le montagne del Sinai. In lontananza, dietro al velo di sabbia sollevato dal vento, un uomo si avvicinava in groppa a un cammello. - È Ibrahim - disse Farid. - Sembra lo stesso cammelliere di questa mattina - esclamò Corrado. L’uomo li raggiunse e salutò a voce alta, inchinandosi e declamando una lunga invocazione di complimenti e di frasi augurali. Farid scese dalla Toyota sorridendo e inchinandosi a sua volta. - Ibrahim ci invita all’oasi di Ain Hodra! - annunciò ai ragazzi. Giuliana si volse verso Corrado. - Forse cucineranno la gobba del cammello. Ed è maledettamente maleducato lasciare le cose nel piatto! Il cammello di Ibrahim abbassò il lungo collo. Corrado guardò l’animale con tenerezza. - Speriamo di no - disse. Fortuna che il vento forte si era placato e ora soffiava una brezza lieve. L’oasi non era lontana e 26


avrebbero potuto raggiungerla a piedi. Ibrahim stava smontando dal cammello quando Corrado si avvicinò. - Vuoi salire? - chiese in arabo al ragazzo. - Cosa? - Chiede se vuoi salire - ripeté Farid in italiano. Il cammello era imponente. Corrado esitava e Ibrahim rise forte. Ma poi fece una specie di sibilo. E l’animale piegò le ginocchia, sedendosi sulle quattro zampe. Corrado allora salì in groppa. Ibrahim fece di nuovo il sibilo e il cammello si alzò. Prima sollevò le zampe posteriori e poi piegandosi in avanti, con un movimento che ricordava quello dei cavalli a dondolo, drizzò le zampe anteriori. A Corrado sembrò di toccare il cielo. Lo gridò con la stessa emozione che provava da piccolo davanti a un avvenimento felice e inaspettato. - I cieli sono sette! - rispose Farid. - Oh, allora io mi sento al settimo cielo! - rise lui. La strada si incuneava tra rocce minerarie e falde di arenaria. Ibrahim conosceva bene il deserto 27


perché la sua gente l’aveva percorso per generazioni. Al freddo, al sole cocente, durante le tempeste di sabbia: uno dietro l’altro, le donne velate, i bambini scalzi, gli uomini con il bastone del comando. Una lunga fila silenziosa alla ricerca di un’oasi o di un pozzo. - Amo il deserto! - mormorò a un tratto Giuliana. - Il deserto appartiene a Dio - disse Farid. - Dio ha creato le foreste perché gli uomini vi trovino la vita, ma ha creato il deserto perché possano trovarvi l’anima. Una lucertola attraversò la sabbia correndo. L’oasi si annunciava con molti segni. A terra spuntavano più rigogliosi i cespugli e l’aria era densa di profumi. Aranci, mandarini, uva, Corrado era sceso dal cammello e un gruppo di bambini che giocava davanti a una tenda beduina lo salutò con la mano. Accanto a loro due donne con il viso coperto da un velo nero ravvivavano le braci di un fuoco. Anche la tenda era scura e risaltava contro l’orizzonte luminoso. Era formata da quattro grandi stoffe di lana di capra, ancorate a terra da lunghe corde vegetali. Il telo anteriore era sollevato. 28



All’interno, un paio di teli più leggeri dividevano lo spazio in piccole zone. - Allah è grande, e i Beduini sanno adattarsi a tutto, anche alla modernità! - esclamò Farid all’improvviso. No, a Giuliana non sembrava affatto moderna quella jeep posteggiata vicino al pozzo, piuttosto un rudere del passato. Ma l’uomo che la additava a Ibrahim e a Corrado, gridando e sbracciandosi con così tanto entusiasmo, pareva magnificarne le qualità piuttosto che i difetti. - Mohammed! - urlò lei. Aveva riconosciuto il taxista. Mohammed sorrise, salutando a voce alta, ma Ibrahim guardava e non parlava. Girava attorno alla jeep osservandola con molta attenzione. - Hai visto?! - disse Corrado. - Ibrahim è lo stesso Ibrahim di questa mattina e quel matto di Mohammed gli sta spiegando che la jeep sembra un rottame, ma ha un motore che è un gioiello. Non conosco una parola di arabo, ma questo l’ho capito benissimo. Sotto una palma da datteri, alcuni uomini, forse parenti, forse amici di Ibrahim, chiacchieravano 30


seduti su tappeti colorati. Uno di loro ogni tanto pizzicava la corda di un rabab. Una bambina seguì le donne che stavano entrando nella tenda e uscì e rientrò più volte portando agli ospiti frutta, zuppa di fave e pane sottile. - E la gobba del cammello? - chiese Corrado all’improvviso. Giuliana sorrise. - Non l’hanno cucinata. - Meno male - sospirò lui. Gli uomini mangiavano e parlavano forte, gesticolando con ampi movimenti del corpo e delle mani. Mohammed discuteva con Ibrahim. Di tanto in tanto, la sua voce, come se incontrasse una difficoltà improvvisa, si faceva monotona e strozzata. Corrado seguiva ogni parola, cercando a fatica di comprendere la trattativa. - Si sono messi d’accordo? - domandò. - Non ancora. Mohamed ha chiesto una cifra molto alta, Ibrahim ha offerto una cifra molto bassa. Allora Mohammed ha fatto finta di indignarsi. Ma poi ha abbassato il prezzo iniziale. Alla fine si troveranno a metà strada. 31


- E perché, quella cifra, non l’hanno stabilita prima?! - Prima? Yallah! Farid alzò le mani al cielo. Se l’avessero fatto non avrebbero tratto nessuna gioia nella contrattazione! Giuliana era silenziosa, assaggiava ogni cosa, ringraziando con un cenno degli occhi e delle mani Ibrahim e la bambina che correva svelta, portando altra frutta e altro pane. Ma un pensiero le frullava nella testa e nel cuore. Piano, senza far rumore, si alzò e si avvicinò alla tenda. Da dentro si udivano le voci festose delle donne. Allora si fece coraggio. Spostò il tramezzo di stoffa e entrò. Tre donne senza il velo sul viso stavano mangiando, attorniate dai loro bambini. - As-salamu àlaykum! - disse Giuliana - àlaykum as-salamu - risposero loro. La più giovane sorrise e versò il té dentro un bicchierino di vetro con una piccola teiera di metallo. Lo fece con grande cura, tenendo la teiera molto sollevata, in modo che il liquido fluisse in un lungo rivolo prima di scendere nel bicchiere. Poi lo rovesciò di nuovo dentro la teiera. Ripeté questi 32


gesti molte volte, e il té, tuffandosi da quella altezza, ogni volta spumeggiava dentro il vetro. Bevvero lentamente, a piccoli sorsi, passandosi lo stesso bicchiere. Anche Giuliana bevve. Era intimidita ed emozionata. Ma c’era qualcosa che voleva domandare da molto tempo. - Perché quando uscite vi coprite il volto? - chiese, muovendo le mani sul viso, nel tentativo di farsi capire. Le donne risero, forse senza capire, ma una che sembrava aver inteso meglio delle altre, le rispose in arabo, sottolineando con i gesti ogni parola che diceva. - Il velo protegge dagli sguardi indiscreti. Il volto è come l’anima. Non si può mostrare l’anima o i propri sentimenti a tutti - disse. O forse disse una sola di queste cose. O forse nessuna addirittura. Ma a Giuliana parve di interpretare così i suoi movimenti e le sue parole soffiate. Uscì perché la bambina era venuta a chiamarla. Era una bambina con il volto scoperto, troppo piccola per temere gli sguardi degli sconosciuti. Nel mondo tutto cambia in fretta e forse quella bambina non si sarebbe mai coperta il viso, pensò 33


Giuliana, mentre il giorno svaniva, e con lui la certezza delle cose. Seduto sotto l’albero, il musicista continuava a suonare, declamando alcuni versi in arabo con molta enfasi e passione. Ma quando vide Giuliana, Farid ripeté le parole in italiano, affinché anche lei e Corrado potessero comprendere. - O cammello, fatto di terra e di aria, fatto di sogni e fatica, guidami attraverso le onde di sabbia come prua di una nave battagliera! Dopo lunghi saluti, numerosi abbracci tra gli uomini, e promesse di rincontrarsi, Farid e i ragazzi si fecero accompagnare da Mohammed nel punto dove avevano lasciato la Toyota. - Allora, l’affare come si è concluso?! - si informò Corrado. - Benissimo! Era scritto. Quando Allah vuole si portano a compimento sempre ottimi affari - rispose Mohammed in inglese. - La jeep è di Ibrahim, adesso?! - chiese Giuliana. - Naturalmente. - E il cammello?! - domandò Corrado. - Servirà quando l’auto si rompe. È scritto. Allah è grande e nel cielo è scritto tutto. 34


Arrivarono alla Toyota. Un pastore amico di Ibrahim, che era rimasto a guardia della macchina, li salutò con grande calore. - As-salamu àlaykum! àlaykum as-salamu! - Cosa significa “As-salamu àlaykum”?! - domandò Corrado, lungo la strada che li riportava a casa. Il sole era completamente tramontato e la cupola del cielo brillava come lui non aveva mai veduto prima. - Significa la pace sia con te! - rispose Giuliana. Farid si voltò a guardarla e le sorrise. - Per la tradizione beduina le bevande o i cibi restano nel corpo di un uomo per tre giorni interi - disse. - Così l’ospite che beve o mangia in un accampamento beduino ha diritto alla protezione della famiglia che lo ha accolto per tutto il tempo che si ferma e per i tre giorni successivi. - Allora per tre giorni nessuno ci farà alcun male!? - domandò Corrado. Un camion li incrociò e accese a intermittenza i fari in segno di saluto. - Per molto più tempo, credo! - rispose Farid.

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Dal racconto Kamigalò è stato tratto uno spettacolo teatrale che avvicina i bambini al mondo magico dell’Africa, dei suoi miti, delle sue tradizioni.


Interpreti: Emanuela Nava Antonio Di Pietro Yakù Dembelé Kadì Diarà Kalifà Diarà Fotografie: Federico Pacini


Glossario Sadza: polenta di mais bianco. Mopane: albero caratteristico dell’Africa australe, con le foglie a forma di farfalla. Valiha: cetra tubolare del Madagascar, ricavata da due grossi cilindri di bambĂš, che produce un suono metallico. Questo strumento, di evidente origine asiatica, è stato probabilmente importato dall’oriente. Bucero: uccello con un lungo becco giallo sormontato da una sorta di casco rosso. Kefiah: copricapo tradizionale della cultura araba trattenuto sulle testa da un anello di stoffa detto egal. Egal: corda di cotone intrecciato con cui viene fissata, attorno alla fronte, la kefiah, copricapo tradizionale della cultura araba. Rabab: strumento a due corde, detto anche violino arabo, ottenuto da un unico pezzo di legno. Si suona con un arco.

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Glossario Gri gri: amuleti su cui sono scritti versetti del Corano. Dalasi: moneta del Gambia. Marabout: guida spirituale musulmana. Venerato e servito dai suoi discepoli, è colui che indica la strada per la salvezza. Butus: 1 centesimo di dalasi. Kora: strumento a corde pizzicate, a metà tra un’arpa e un liuto, originario del Senegal meridionale, ma diffuso anche in altri paesi dell’Africa occidentale. La cassa di risonanza è formata da una mezza zucca molto grande, ricoperta di pelle, su cui è inserito un lungo manico di legno. Bush: pianura africana, savana. Kudu: animale appartenente alla specie delle antilopi.

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Glossario Balafon: strumento musicale in uso nell’Africa occidentale e centrale. È costituito da lamine di legno duro, sotto ciascuna delle quali è posta una zucca vuota, che funge da cassa di risonanza. Viene suonato per mezzo di un bastoncino ricoperto da caucciù. Okumé: albero della foresta pluviale del Gabon, tagliato dalle multinazionali del legname per realizzare cucine per il mercato europeo. Il suo abbattimento provoca danni gravissimi all’ambiente. Djembé: tamburo a forma di calice. Si suona con le mani, tenendo la base stretta tra le gambe. Griot: cantastorie africano, che racconta storie e leggende, accompagnandosi con la kora e con altri strumenti musicali. È il depositario di un sapere che viene tramandato di generazione in generazione. Calebassa: ciotola ricavata dal guscio della zucca. Riempita d’acqua può essere suonata come una percussione musicale.

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Glossario Tubab: termine scherzoso con cui viene chiamato in Africa occidentale l’uomo bianco. Jola: lingua che comprende una varietĂ di dialetti parlati in Senegal, Gambia e Guinea Bissau. Ju ju: portafortuna di cuoio, su cui sono applicate piccole conchiglie bianche, utilizzate una volta come monete. Jaracanda: albero di grandi dimensioni che può misurare in altezza anche 30 metri. I magnifici fiori con corolla a tubo variano dal blu al viola porpora.

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indice Maini cerca marito

5

L’uomo con una sola figlia

9

Il sugo di moscerini

12

Il suonatore di valiha

19

Una giornata nel deserto

22

Il nodo alle nuvole

36

Il cobra e il mal d’amore

41

Samba il lottatore

48

Il coccodrillo Charlie

63

Le antilopi ballerine

73

Gli alberi danzanti

77

Il treno Bamako-Dakar

91

La barca di carta

96

L’arcobaleno bianco

105

La maschera del diavolo

109

Kamigalò

115

Glossario

130


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