Urbes magazine Ottobre 2022

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URBES Magazine N° 3 - 2021

Direttore Responsabile

Mario Pappagallo

Direttore Editoriale Andrea Lenzi

Editore Edizioni Universo Editoriale Segretaria di Redazione Francesca Policastro

Editorial Board

Alessandro Cosimi Stefano da Empoli Maria Luisa Di Pietro Furio Honsell

Antonio Gaudioso Roberto Pella Walter Ricciardi Paolo Signorelli Chiara Spinato Ketty Vaccaro Stefano Vella

La risoluzione più significativa e simbolica del G20, riguarda i mille miliardi di alberi piantati entro il 2030. E' quando contenuto nella dichiarazione finale del vertice di Roma. Le città rappresentano meno del 2% delle terre emerse. Da questo 2% proviene l’80% di anidride carbonica, dei rifiuti e del consumo delle risorse del pianeta, per salvare il pianeta occorre piantare oltre 1000 miliardi di nuovi alberi e bloccare la deforestazione. Quando muore un albero o scompare una foresta, scompare un tassello della nostra sopravvivenza

L'ULTIMO SALUTO AL CIELO DI UN ALBERO MALATO è una scultura di 15 metri in altezza di Simon O'Rourke, artista del legno, che crea le sue opere in boschi e foreste, utilizzando tronchi e rami sul posto e vuole essere il simbolo della lotta della natura contro la deforestazione

Raffaele Staccioli Creativa Group

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Ferdinando Corsi ISBN

Magazine quadrimestrale

9788890963483

Editoriale

Il 2021 è l’anno in cui si commemora Dante Alighieri a 700 anni dalla morte (1321). Quindi interpellarlo per simboleggiare una Ripresa ormai alle porte è più di un obbligo. Tutti rammentano il passo della Divina Commedia: “E quindi uscimmo a riveder le stelle”. Dante e Virgilio escono dall’Inferno, ancora è lontano il Paradiso, ma Alighieri fa capire ai lettori che il peggio è passato, termina l’angoscia. Lo stesso sta accadendo con la pandemia, almeno nei Paesi che hanno adottato misure restrittive e preventive rigide. Si avverte la fine del tunnel, l’uscita dall’emergenza, il lasciare la selva oscura alle spalle. L’Europa dell’Unione europea sta meglio. Il Covid non è scomparso ma non siamo più all’Inferno. E, restando collegati a Dante, al riveder le stelle si è arrivati con il vaccino, grazie alla Ricerca, alla Scienza. Così come il sommo poeta per uscire dall’Inferno si affidò alla Ragione, ovvero a Virgilio che accompagna Dante fuori dalla selva oscura. E ora? Ora rimboccarsi le maniche per uscire da una profonda crisi sanitaria e per non lasciarsi travolgere da un’attesa (dicono gli esperti) recessione economica, ipoteticamente più grande di quella del Secondo Dopoguerra. Le minacce del dopo-Covid sono state esaminate da 347 analisti. E in cima alle preoccupazioni degli esperti campeggiano: recessione, disoccupazione e aumento delle disuguaglianze. Un passaggio in Purgatorio prima del Paradiso. I principali rischi previsti nei prossimi 18 mesi, definiti dal pool di analisti come “condizioni o eventi incerti con impatto potenzialmente negativo su diversi Paesi e industrie”, si possono dividere in cinque categorie: economia, società, geopolitica, tecnologia e ambiente. In un articolo pubblicato su Visual Capital si sintetizza il parere degli analisti coinvolti in una sorta di sondaggio sui cinque temi.

Economia. La crisi economica generale desta le maggiori preoccupazioni. Tra i rischi più probabili è primo fra tutti quello di una recessione economica prolungata, che vedrebbe un sostanziale aumento della povertà globale; il 56,8% degli esperti teme il fallimento di molte imprese, mentre per quasi la metà è probabile che si raggiungano alti livelli di disoccupazione, soprattutto tra i giovani.

Società. Il timore di una nuova ondata invernale di contagi, ritenuta molto probabile per il 30,8% degli esperti, è diffuso nella società. Il 23,3% ritiene probabile che, per fare fronte a nuove emergenze, i governi privino ancora i cittadini delle libertà civili o le riducano drasticamente; il 21,3% che aumentino le disuguaglianze sociali e il 18,4% che la fiducia dei cittadini nei confronti dei propri leader di governo crolli. Ma è nettamente aumentata la fiducia nei sindaci, non solo in Italia. Il sindaco di New York, per esempio, proprio per combattere questa pandemia ha preso spesso decisioni in antitesi con lo Stato e con le raccomandazioni federali. Non ultima decisione, imitando l’Italia, il pass vaccinale obbligatorio per tutti i lavoratori della metropoli. E la cosa ha avuto il consenso della maggioranza della popolazione.

Geopolitica. Quasi la metà degli esperti teme restrizioni ai movimenti internazionali di beni e persone si facciano più dure. E circa un quinto degli analisti teme che la crisi umanitaria si inasprirà a causa della riduzione degli aiuti ai Paesi più poveri. I segnali nella distribuzione delle dosi di vaccino sono premonitori.

Tecnologia. Il 37,8% degli esperti teme possibili attacchi informatici e furti di dati sensibili, a causa dell’aumento del telelavoro. La tecnologia, che ha  salvato l’impiego di molti durante la quarantena, potrebbe ora rivoltarcisi contro: un quarto degli analisti è preoccupato che il lavoro di molti dipendenti possa venire sostituito da processi sempre più automatizzati, con un conseguente aumento della disoccupazione.

Ambiente. Nella classifica dei grandi rischi non poteva mancare la crisi climatica. Il più grande timore degli analisti è che i governi, preoccupati dalla situazione economica globale mettano da parte le politiche ambientali e smettano di investire in energie alternative. Gli iniziali crolli nelle emissioni di alcuni inquinanti atmosferici a causa del lockdown sono, per molti Paesi, già un lontano ricordo e la ripresa delle attività potrebbe avere un effetto molto negativo sulla nostra Terra, già provata da anni di emissioni inquinanti

A questi temi si aggiunge la sanità. Per ora i vari incontri ai vertici di ministri e leader internazionali, G7 e G20, ONU e OMS, questi temi hanno affrontato e la sensazione, per ora, è che si vuole fare tesoro della pandemia per ricostruire su basi diverse, creando anche anticorpi sociali a quanto accaduto. Possibile? Sembra di sì. L’Unione europea, molto scricchiolante prima della pandemia e anche nel primo periodo, sembra ora essersi rafforzata. Basta ascoltare la relazione sul certificato Covid digitale dell’Ue. È risultato un successo a livello mondiale: costituisce uno standard globale ed è attualmente l’unico sistema già operativo a livello internazionale. Ben 43 Paesi di quattro continenti sono collegati al sistema e altri sono pronti a collegarsi nelle settimane a venire. Soddisfatta la presidente Ue, Ursula von der Leyen: “Il certificato Covid digitale dell’Ue dimostra che quando agiamo insieme siamo in grado di agire rapidamente”. E tornare leader nel fissare standard globali. “Il certificato verde digitale dell’Ue – commenta Stella Kyriakides, Commissaria per la Salute – è uno strumento forte che ci ha consentito di progredire verso la riapertura delle nostre economie e società e verso l’esercizio della libera circolazione in modo sicuro e coordinato”.

Il Paradiso è più vicino, e tenendo conto delle 5 stelle polari indicate dagli analisti verso cui lavorare tutti assieme, potrebbe aprire le porte non a un ritorno a prima della pandemia ma a qualcosa di meglio, a partire da una sanità il più coordinata possibile a livello internazionale e a sindaci con maggiori poteri in termini di salute, in particolare per prevenzione e riabilitazione, alla guida di città sempre più al servizio dei cittadini in fatto di benessere psico-fisico.

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RUBRICHE FISSE

EDITORIALE AGORÀ ZIBALDONE CITIES SPEAKING

ANCI URBAN HEALTH: L'AQUILA RECENSIONI

A Giorgio Parisi il Nobel per la Fisica 2021

URBAN HEALTH & HEALTH #NEXTGENERATION

I Comuni italiani pronti alle sfide della Next Generation

Lettera aperta ai Sindaci italiani

Le proposte di ANCI Giovani al Governo

Documento di indirizzo per la pianificazione urbana in un’ottica di Salute Pubblica

Federsanità: “È il momento delle alleanze e della sinergia istituzionale”

Cittadinanzattiva: "Investire in prevenzione e promozione della salute, a partire dalle giovani generazioni”

Senior Italia Federanziani: "Città a misura di anziano"

ProLab LUISS: "Un treno che non ci porti via"

FOCUS ON CITTA

Expo Dubai

I nuovi Sindaci eletti nelle Città Metropolitane #Dignità per i Sindaci Il PNRR per i COMUNI

Progetti PINQUA

Settimana Europea delle Regioni e delle Città 2021 Pubblicati i Documenti delle Sei Missioni Horizon Europe EnlightenME ai nastri di partenza

FOCUS ON G20 ITALY: PEOPLE, PLANET, PROSPERITY

Il Vertice di Roma del G20 Giovani e Clima

Stufi del blablabla dei politici

Investimenti verdi per una transizione giusta e inclusiva Vaccinare il mondo e farlo velocemente Build Back Better U20 Urban 2021

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FOCUS ON SPORT E CITTA ARIGATO TOKYO AZZURRO, IL POMERIGGIO È TROPPO AZZURRO CARTOLINE AZZURRE STREET SPORT ALLE OLIMPIADI SPORT E SALUTE SPA INAUGURA URBAN SPORT OLYMPIC ROADS FOR HEALTH IL SENTIMENT DEGLI ITALIANI SUI SUCCESSI AZZURRI SPORT E PNRR LA PAROLA SPORT IN COSTITUZIONE SPORTCITY DAY 2021 SETTIMANA EUROPEA DELLO SPORT 2021 CITIES CHANGING DIABETES URBAN DIABETES DECLARATION: UN PATTO GLOBALE THINK GLOBALLY, ACT LOCALLY INDAGINI E STUDI PROGRAMMARE DOPO LA TEMPESTA EQUITÀ DI ACCESSO ALLE CURE: UNA PROSPETTIVA DI INTERCONNESSIONE ARTICOLI GIORNATA MONDIALE DEL DIABETE 2021 WORLD HEART DAY 2021 LE PRIME 100 CITTÀ FUORI DAGLI STANDARD OMS ADOLESCENTI E ATTIVITÀ FISICA IL SISTEMA ECONOMICO DELLA BELLEZZA SPINGE IL PIL STUDI ETNICI IN CALIFORNIA MILANO VINCE L'EARTHSHOT PRIZE LE CITTÀ RE-INVENTANO IL TRASPORTO PUBBLICO INDICE

Agorà

"Insieme, per governare la complessità"

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Andrea Lenzi, Presidente Health City Institute, Presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita (CNBBSV) della Presidenza del Consiglio dei Ministri

L’assegnazione del Premio Nobel per la Fisica 2021 al Professor Giorgio Parisi, assieme ai professori Syukuro Manabe e Klaus Hasselmann, è motivo di soddisfazione per l’Health City Institute e per me, almeno per tre ordini di motivi. Il primo, con l’orgoglio di cittadino italiano e di ricercatore, è che la nostra ricerca é premiata, ancora una volta, come eccellenza a livello mondiale, e questo è un fatto cruciale nel momento in cui si discute del rilancio del nostro Paese e del migliore utilizzo possibile dei fondi del PNRR in tale ottica.

La Missione 4 del PNRR mira a “rafforzare le condizioni per lo sviluppo di una economia ad alta intensità di conoscenza, di competitività e di resilienza, partendo dal riconoscimento delle criticità del nostro sistema di istruzione, formazione e ricerca” e proprio Giorgio Parisi, nel discorso tenuto alla Camera dei Deputati durante la riunione PreCop26 dei Parlamenti, ha sottolineato come l’Educazione Scientifica debba partire sin dalla scuola materna.

Per troppo tempo l’educazione scientifica, prodromo dello sviluppo culturale che porta alla conoscenza e allo sviluppo di una preparazione individuale e collettiva incentrata sulla ricerca e sul progresso scientifico, è stata accantonata e banalizzata nei programmi scolastici e nella formazione delle generazioni future.

Gravi carenze che, come ha evidenziato il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco in una lectio magistralis all’inaugurazione dell’anno accademico del Gran Sasso Scientific Institute nel dicembre 2020, debbono essere colmate perché vi è bisogno di “uno straordinario sostegno per colmare i ritardi nella ricerca, nella digitalizzazione e nella trasformazione in una economia a basse emissioni inquinanti può provenire dalle risorse del programma Next Generation EU.” L’auspicio è che l’assegnazione del Nobel a Giorgio Parisi faccia scattare quel quid in più a livello governativo e politico per considerare la ricerca nel nostro Paese un asset sul quale fondare il futuro.

Il secondo motivo è prettamente accademico. A Giorgio Parisi mi accomuna, oltre che una lunga conoscenza e la massima stima, l’appartenenza allo stesso Ateneo, l’Università Sapienza di Roma, che da sempre rappresenta un faro tra le Università italiane e un’eccellenza internazionale. La Sapienza vanta docenti e allievi illustri nei secoli passati e nell'epoca contemporanea, da Niccolò Copernico a Maria Montessori, da Luigi Pirandello a Tullio De Mauro, da Sergio Mattarella a Mario Draghi. Numerosi premi Nobel sono stati docenti o laureati de La Sapienza: Guglielmo Marconi, Enrico Fermi, Daniel Bovet, Emilio Segrè, Giulio Natta, Carlo Rubbia, Franco Modigliani, Barry Barish; ora si aggiunge, tra i “figli” illustri che hanno vinto un Nobel, anche Giorgio Parisi, degno allievo della scuola di fisica di Roma e di via Panisperna, fucina di Nobel e di sapere. Il ruolo di una Università è formare il “sapere” e contribuire, con l’eccellenza della ricerca, al benessere e al progresso dell’umanità.

La Sapienza, con i suoi 700 anni di storia, è la più antica università di Roma e la più grande in Europa, da sempre inserita tra le prime posizioni dai ranking mondiali delle Università. La sua missione è contribuire allo sviluppo della

società della conoscenza attraverso la ricerca, la formazione di eccellenza e di qualità e la cooperazione internazionale. Il Nobel a Parisi è la conferma di tale vocazione.

Il terzo e ultimo motivo risiede nella natura delle motivazioni che l’Accademia Reale di Svezia ha espresso nell’assegnare il premio Nobel a Giorgio Parisi, Syukuro Manabe e Klaus Hasselmann.

La motivazione del premio Nobel a Parisi è incentrata sullo “studio dei sistemi complessi” mentre quella di Manabe e Hasselmann sulle “ricerche su modelli climatici e il riscaldamento globale.”

L’Accademia Reale di Svezia ha deciso di condividere il riconoscimento tra i tre scienziati per gli studi sui fenomeni caotici e apparentemente casuali e per quelli sul deterioramento ambientale: Syukuro Manabe e Klaus Hasselmann hanno gettato le basi della nostra conoscenza sul clima terrestre e su come l’umanità lo influenzi; Giorgio Parisi é premiato per i suoi contributi rivoluzionari alla teoria dei materiali disordinati e dei processi casuali. Spesso ci siamo soffermati sul fatto che oggi la globalità del nostro mondo si basa sui sistemi complessi e l’affermazione del matematico statunitense Edward Lorenz nel 1972 “Può il batter d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?” può essere la perfetta esemplificazione di come viviamo in una “bolla” globale e interconnessa.

Health City Institute con le proprie ricerche e osservazioni da tempo pone una riflessione sulle mutazioni climatiche, sul surriscaldamento, sulla salute e i suoi nuovi determinati, sulla bioeconomia, un insieme di fattori che hanno forti interconnessioni con la crescente urbanizzazione.

Giorgio Parisi, nell’intervento alla Camera dei Deputati davanti al Presidente Mattarella e alla speaker del Congresso degli Stati Uniti Nancy Pelosi, ha detto: “L’umanità deve fare delle scelte essenziali, deve contrastare con forza il cambiamento climatico… la scienza da decenni ci ha avvertito che i comportamenti umani stavano mettendo le basi per un aumento vertiginoso della temperatura del nostro pianeta… ma le azioni messe in campo dai governi, hanno avuto finora risultati estremamente modesti”.

Un appello che vogliamo fare nostro e che ci sentiamo di condividere pensando che "La Terra su cui viviamo non l’abbiamo ereditata dai nostri padri, l’abbiamo presa in prestito dai nostri figli”.

ZIBALDONE

GENERAZIONE DI FENOMENI

Baby boomers, generazione X, Y e Millenials, sono tutti simbologie utilizzate da sociologi e media per identificare le generazioni non sono legate a un’età, ma a un anno di nascita.

“NextGenerationEU non è soltanto un piano per la ripresa. Si tratta di un’occasione unica per uscire più forti dalla pandemia, trasformare le nostre economie, creare opportunità e posti di lavoro per l’Europa in cui vogliamo vivere. Abbiamo tutto ciò che serve per riuscirci. Abbiamo una visione per il futuro, abbiamo un programma e abbiamo concordato di investire insieme 806,9 miliardi di euro. È giunto il momento di metterci al lavoro, di rendere l’Europa più verde, più digitale e più resiliente.”

È quanto potete trovare nel sito della Commissione Europea sugli interventi straordinari con l’obiettivo di un’Europa più ecologica, digitale e resiliente e proiettata verso il futuro.

Bisogna chiedersi perché il legislatore europeo abbia voluto decisamente puntare sulle generazioni future, dando al Piano di ripresa e resilienza una identificazione ben precisa.

È una promessa per le generazioni future? È l’impegno di quelle generazioni che hanno sprecato occasioni di sviluppo a vantaggio dei giovani? È uno slogan che suona bene? O è una visione che tutti noi dobbiamo avere di sviluppo e sostenibilità?

È difficile dare una risposta coerente, che coniughi la vie i conti con le disillusioni e le diffidenze che le generazioni future si portano appresso.

Greta Thumberg, lo scorso 28 settembre a Milano, ha affrontato il tema delle promesse con un discorso pieno di rabbia. Non era la prima volta che Greta pronunciava un discorso dai toni forti e decisi, basterebbe ricordare il suo discorso e le sue lacrime all’Onu nel settembre del 2019, quando accusò i leader di averle rubato l’infanzia. Eppure quello di Milano passerà probabilmente alla Storia come il discorso del “pianeta bla bla bla”, in cui ha vo-

luto sottolineare come i leader politici non abbiano fatto che parlare, senza però agire di conseguenza.

Un “pianeta bla bla bla” in cui si pensa al futuro senza mai passare all’azione, in cui si chiede alle generazioni future di avere pazienza e aspettare, aspettare, aspettare.

In questi mesi, affrontando il tema del PNRR, spesso si è parlato di come spendere e poco si è parlato su cosa e come investire.

La voce dei giovani è stata ascoltata poco e i “grandi” si sono confrontati tra “pari” su temi che riguardano le generazioni future.

Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo, Rivoluzione verde e transizione ecologica, Infrastrutture per la mobilità, Istruzione, formazione, ricerca e cultura, Equità sociale, di genere e territoriale, Salute sono i temi delle sei missioni del PNRR che possono avere significati precisi e concreti se visti come volano di sviluppo e occupazione per la NextGeneration puntando ad avere, finalmente, una generazione di fenomeni.

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di Frederick Greenhouse

CITIES SPEAKING

mento e alla risoluzione di problemi di progettazione e conformità, sono stati RSP Architects Planners & Engineers. Il progetto è stato commissionato nel 2007 e terminato nel 2013. La proprietà è circondata da diversi parchi collegati che hanno contribuito a promuovere l’iniziativa Singapore Green del 2012.

Il design sfrutta le generose dimensioni del sito e massimizza ulteriormente la presenza della natura introducendo ampi giardini pensili, terrazze panoramiche e balconi a cascata. La circolazione veicolare fuori terra è ridotta al minimo, liberando ampie aree verdi all’interno dello sviluppo. L’Interlace incorpora caratteristiche di sostenibilità attraverso un’attenta analisi ambientale delle condizioni del sole, del vento e del microclima in loco e l’integrazione di strategie energetiche passive a basso impatto.

Un modello abitativo con una residenzialità sovrapposta che sviluppa un nuovo modello di città verticale.

A Singapore emerge un nuovo concetto di edilizia abitativa verticale che assomiglia a uno shangai.

Interlace è un complesso di appartamenti situato al confine tra Bukit Merah e Queenstown, a Singapore. È degno di nota per gli elementi di rottura che presenta rispetto al tipico design a torre delle città con alta densità di popolazione, somigliando a blocchi Jenga impilati irregolarmente l’uno sull’altro. Progettato da Ole Scheeren e dallo studio OMA (Office for Metropolitan Architecture), è stato insignito del titolo di World Building of the Year al World Architecture Festival 2015.

Il complesso Interlace, esteso su una superficie di 170.000 metri quadrati, si trova su 8 ettari di terreno, all’angolo tra Depot e Alexandra Road. Dispone di 31 blocchi residenziali con unità di dimensioni variabili, da 240 a 1.900 metri quadrati per gli attici nella parte superiore di ciascun blocco. Gli architetti del progetto, seguito fino al suo completa-

Lo skyline di Macao nel 2010 è cambiato notevolmente con l’inaugurazione del Gran Lisboa che, con i suoi 261 metri di altezza, guarda dall’alto la città.

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SINGAPORE INTERLACE: LO SHANGAI ABITATIVO PER UNA CITTÀ VERTICALE MACAO: IL GRAN LISBOA GUARDA LA CITTÀ DALL’ALTO E ATTRAE GLI HIGH ROLLER, E DIVENTA LA CULLA DELLE LUDOPATIE MILIARDARIE di Frederik Greenhouse
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Grand Lisboa è diventato, dopo la sua apertura avvenuta ufficialmente nel gennaio 2010, il più grande casinò del mondo per estensione, superando Montréal, che era stato il più grande dal 1993, con l’obiettivo di attrarre i “ricchi” giocatori di tutto il mondo.

Una scelta controversa di sviluppo urbano.

La notizia che il nuovo casinò cinese avrebbe superato l’estensione di quello di Montréal è stata accolta con grande entusiasmo dalle autorità di Macao, che hanno organizzato una grande giornata di festeggiamenti per dare risonanza al record raggiunto, coinvolgendo volti noti dello spettacolo e dell’economia cinese.

La struttura è ospitata in un grattacielo di 47 piani e possiede anche un hotel extra-lusso.

All’interno degli spazi realizzati su un molo vi sono circa ottocento tavoli da gioco, mille slot machines, piazze per il keno e l’high-rise. Dieci ristoranti, sette bar e spazi per lo shopping di lusso.

Il Grand Lisboa è anche una delle mete preferite per gli high-roller internazionali. Un “high-roller” è un individuo che offre a un casinò l’opportunità di vincere rapidamente enormi quantità di denaro, puntando fino a 1 milione di dollari per mano. È, quindi, un soggetto in grado di influenzare considerevolmente la linea di fondo provvisoria di un casinò e, per questa ragione, riceve un trattamento speciale.

Gli high-roller sono individui con un patrimonio netto elevato, di solito milionari e miliardari. Nella maggior parte dei casi, i casinò li chiamano “whales”, balene. Un high-roller sarà sicuramente in compagnia di un entourage privato, inclusi confidenti stretti e guardie del corpo. Alcuni high-roller di Macao sono: Bruce Willis, Tiger Woods, Larry Flynt, William Bennett, Dennis Rodman e Mike Aponte.

Poiché gli high-roller hanno background diversi, preferiscono giocare a una vasta gamma di giochi da casinò. La maggior parte delle “balene” preferisce giocare a baccarat, altri a craps, blackjack, pai gow e roulette. Altri ancora possono scegliere di giocare alle slot machine di Macao con cifre veramente elevate.

Una città che ha scelto uno sviluppo culla delle ludopatie per miliardari.

In una recente intervista al Corriere della Sera, Renzo Piano racconta il ciclo della vita e dell’esperienza che fanno i giovani durante una visita al tempio di Ise-jingū.

“Quando ho compiuto sessant’anni, ormai molto tempo fa, con mia moglie feci un viaggio in Giappone e visitai il tempio di Ise. Sa perché è importante il tempio di Ise? Viene distrutto e rifatto ogni vent’anni. In Oriente l’eternità non è costruire per sempre, ma di continuo. I giovani arrivano al tempio a vent’anni, vedono come si fa, a quaranta lo ricostruiscono, poi rimangono a spiegare ai ventenni. È una buona metafora della vita: prima impari, poi fai, quindi insegni. Sono i giovani che salveranno la terra. I giovani sono i messaggi che mandiamo a un mondo che non vedremo mai. Non sono loro a salire sulle nostre spalle, siamo noi a salire sulle loro, per intravedere le cose che non potremo vivere”.

Il Santuario giapponese di Ise-jingū, chiamato anche Grande Santuario di Ise, è uno dei principali santuari dello Shintō, la religione indigena del Giappone. Si trova vicino alla città di Ise, nel centro di Honshu. Il grande complesso di santuari comprende decine di edifici, di cui i due più importanti sono il Santuario interno (Naikū) e il Santuario esterno (Gekū), situati a circa 6 km di distanza. Il Santuario di Ise è una delle principali destinazioni per pellegrini e turisti e ha milioni di visitatori ogni anno.

Secondo la tradizione, il Santuario Interno, ufficialmente chiamato Kōtai Jingū, fu costruito per la prima volta nel 4 a.C.; molto probabilmente, tuttavia, la struttura più antica risale a qualche tempo dopo, forse già nel III secolo d.C. È dedicato ad Amaterasu Ōmikami, la dea del sole e tradizionale capostipite della famiglia imperiale giapponese. Vi è conservato lo Specchio Sacro, uno dei Tre Sacri Tesori del Giappone (Sanshu no Jingi). Il Santuario Esterno, ufficialmente chiamato Toyouke-daijingū, fondato alla fine del V secolo, è dedicato a Toyuke Ōkami, la divinità del cibo, dell’abbigliamento e della casa. Il santuario è amministrato dalla sacerdotessa suprema, la saishu, “capo delle cerimonie religiose”, che è al di sopra del daiguji, il sommo sacerdote.

In entrambi i santuari l’edificio principale è una capanna con il tetto di paglia costruita in antico stile giapponese con cipresso giapponese non dipinto, l’hinoki.

Ogni 20 anni l’edificio principale é demolito e ricostruito nuovo in un’area adiacente, mantenendo la stessa identica struttura e forma e utilizzando gli stessi materiali di costruzione. Gli alberi provengono, infatti, da un’area sacra della foresta di Ise. Stessa metodologia vale per il ponte Ujibashi: il primo Shikinen Sengu di Naiku risale al 690, durante l’era del 41esimo imperatore Jito, e il prossimo è previsto nel 2033.

A partire dal VII secolo gli edifici dei due santuari e i ponti che portano al complesso di ciascun santuario furono ricostruiti ogni venti anni in un rituale chiamato shikinen sengū, necessitando di circa otto anni per essere completati. Tale tradizione è stata portata avanti quasi ininterrottamente da allora, sebbene ci siano state interruzioni del ciclo durante la cosiddetta “era degli stati belligeranti” (sengoku-jidai) nel

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IL GRANDE SANTUARIO DI ISE: COSTRUIRE IL FUTURO IMPARANDO DAL PASSATO

XV e XVI secolo. Gli alberi utilizzati per i materiali da costruzione sono allevati nelle vaste foreste che fanno parte del complesso del santuario. La ricostruzione completata nel 2013 è stata coronata in ottobre da una cerimonia alla quale hanno partecipato decine di migliaia di persone, durante la quale le divinità sono state ritualmente trasferite dalle vecchie strutture a quelle nuove.

Questo fa sì che, nonostante i duemila anni di storia, tutto risulti sempre nuovo e che i giovani imparino a modellare il proprio futuro dall’esperienza del passato e a tramandare alle generazioni future l’eredità del passato coniugandolo con la voglia di costruire il loro avvenire.

un ex magazzino degli anni Trenta, creando una struttura unica e spettacolare a forma di dirigibile, con un edificio sormontato da una struttura a forma di cupola, il tutto concepito per ospitare un museo interamente dedicato all’industria del cinema che proprio a Los Angeles ha la sua culla mondiale.

Il museo, con una sala cinematografica di 1.000 posti a sedere e il Ted Mann Theatre da 288 posti, ospita mostre permanenti ed esposizioni temporanee legate al mondo del cinema. Il museo è ideato per traportare il visitatore nell’immaginifico mondo del cinema attraverso la proiezione di video, poster, fotografie d’epoca, costumi e oggetti di scena, collezioni legate a personaggi che hanno fatto la storia del cinema e pezzi di film, che aiutano a ripercorrere la storia del cinema. Molte altre sale sono dedicate agli effetti del cinema sul sociale, ad esempio sui rapporti di lavoro e il movimento #MeToo.

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ANGELES

DEL CINEMA PIÙ GRANDE AL MONDO

Non poteva essere che a Los Angeles il Museo del Cinema più grande al mondo, inaugurato lo scorso 30 settembre nella città californiana, da sempre simbolo del cinema a livello mondiale.

A realizzarlo è stato un italiano doc, Renzo Piano, il quale, oltre a firmare una nuova opera architettonica, ha anche concretizzato un suo sogno. “Se non fossi architetto, avrei fatto cinema”, ha detto, infatti. E con il Museo dell’Academy Piano ha unito le sue due passioni.

“È stato un piacere progettare questo Museo - ha detto l’architetto durante la conferenza stampa - e devo ringraziare un migliaio di persone, perché si tratta di uno sforzo comune”. Ha poi spiegato che crescendo aveva due passioni, il mare e il cinema.

“Essendo genovese - ha detto all’ANSA - sono cresciuto davanti al mare, un posto immenso da esplorare, e la domenica c’era il cinema, il quale porta le persone in un mondo fantastico, magico.”

“Poi sono diventato architetto - continua - e sono diventato geloso dei registi. I film sono il modo migliore per creare emozioni, sono un’arte onnicomprensiva, nessun’altra forma artistica può portare le persone a piangere ad esempio”.

Con circa 28mila metri quadrati di spazio espositivo distribuiti su più piani, nel quartiere Miracle Mile, con l’ingresso dallo storico Saban Building, una volta conosciuto come “May Company Wilshire department store”, l’edificio é in stile Streamline Moderno, una derivazione dell’ultimo stile Art déco.

L’edificio è oggi il più grande museo al mondo dedicato al cinema. L’idea di Renzo Piano è stata quella di riqualificare

L’Academy Museum of Motion Pictures ha aperto al pubblico con la mostra principale intitolata “Stories of Cinema” che si sviluppa su tre piani espositivi in circa tremila metri quadrati. Una storia, nella Spielberg Family Gallery, che va dai fratelli Lumière fino ai giorni nostri. Nella Wanda Gallery, una galleria d’ingresso con proiezioni dal pavimento al soffitto di spezzoni di film, per poi arrivare alla Significant Movies and Moviemakers.

Immancabile e attesa la sala degli Academy Awards, dove si racconta la storia degli Oscar, i personaggi che li hanno vinti e che hanno fatto la storia del cinema, una sala in cui il visitatore potrà immergersi nell ’atmosfera della notte degli Oscar.

KABUL: LE DONNE ESCLUSE DAL LAVORO NEGLI UFFICI PUBBLICI

Alle donne dipendenti del governo della città di Kabul è stato detto di rimanere a casa, e il lavoro è consentito solo a coloro che non possono essere sostituite da uomini.

È quanto ha detto il sindaco ad interim della capitale dell’Afghanistan, descrivendo in dettaglio le ultime restrizioni sulle donne da parte dei nuovi governanti talebani.

Il sindaco ad interim di Kabul, Hamdullah Namony, ha tenuto la sua prima conferenza stampa da quando è stato no-

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LOS INAUGURA IL MUSEO

minato dai talebani. Ha detto che, prima dei talebani, poco meno di un terzo dei quasi tremila dipendenti comunali erano donne e lavoravano in tutti i dipartimenti.

Namony ha detto che alle dipendenti è stato ordinato di rimanere a casa in attesa di un’ulteriore decisione. Ha precisato che sono state fatte eccezioni per le donne che non possono essere sostituite dagli uomini, comprese alcune nei dipartimenti di progettazione e ingegneria e le inservienti dei bagni pubblici per le donne. Namony non ha detto quante dipendenti donne sono state costrette a rimanere a casa.

“Ci sono alcune aree in cui gli uomini non possono farlo, dobbiamo chiedere al nostro personale femminile di adempiere ai propri doveri, non c’è alternativa per questo”, ha detto il sindaco.

La decisione di impedire alla maggior parte delle lavoratrici cittadine di tornare al lavoro è un altro segno che i talebani, dopo aver invaso Kabul, stanno imponendo la loro dura interpretazione dell’Islam, nonostante le promesse iniziali di alcuni di essere tolleranti e inclusivi. Con il loro precedente governo negli anni ‘90, i talebani hanno escluso le ragazze e le donne dalla scuola, dal lavoro e dalla vita pubblica.

Nelle scorse settimane il nuovo governo talebano ha emesso diversi decreti che annullano i diritti delle ragazze e delle donne. Ha detto alle studentesse delle scuole medie e superiori che non sarebbero potute tornare in classe per il momento, mentre i ragazzi di quelle classi hanno ripreso gli studi normalmente. Le studentesse universitarie sono state informate che gli studi si sarebbero svolti d’ora in avanti in ambienti segregati per genere e che avrebbero dovuto rispettare un rigoroso codice di abbigliamento islamico. Inoltre i talebani hanno chiuso il ministero per gli affari femminili, sostituendolo con un ministero per la “propagazione della virtù e la prevenzione del vizio” incaricato di far rispettare la legge islamica.

La protesta femminile evidenzia lo stato di malessere delle donne afghane. Poco più di una dozzina di donne, per dieci minuti prima di essere allontanate, hanno organizzato una protesta fuori dal ministero, alzando cartelli che chiedono la partecipazione delle donne alla vita pubblica. “Una società in cui le donne non sono attive è una società morta”, recitava un cartello.

“Perché stanno prendendo i nostri diritti?” ha detto uno delle manifestanti, Basira Tawana, 30 anni. “Siamo qui per i nostri diritti e per i diritti delle nostre figlie”.

LA CLASSIFICA DELLE MIGLIORI SEI CITTÀ EUROPEE PER IL CAMMINO

Il The Guardian stila la classifica delle best walking cities a livello europeo. Tra queste anche Trieste.

Il cammino apre le città a una dimensione nuova di vivibilità e di mobilità attiva e diventa un modo di vivere la dimensione urbana.

Andare tra le strade, le piazze, i monumenti, i lungomari di una città è una attività piacevole che fa apprezzare in maniera profonda i segreti che ogni realtà urbana nasconde.

Il The Guardian ha stilato una classifica delle sei best walking cities a livello europeo.

Berlino, Siviglia, Marsiglia, Lisbona, Copenaghen e Trieste, sei città dai volti e dalle culture estremamente diverse, ma che nella classifica del The Guardian offrono al visitatore la possibilità di una godibilità piena attraverso il cammino.

Berlino, una città che offre splendide passeggiate tra l’ex Est e Ovest della città e ne rivela ancora le differenze, come la larghezza adatta ai carri armati di Karl-Marx-Allee e i negozi sfarzosi lungo il Kurfürstendamm.

Trieste è un luogo perfetto per il trekking urbano, in parte perché ha caffè molto amati, alcuni belli, tutti conviviali, che fungono da pit-stop, ma anche perché ha uno splendido lungomare. Una città che offre per gli amanti del cammino anche un sentiero sterrato boscoso della Strada Napoleonica verso Prosecco. Sono 5 km se si percorre tutta la strada: dal Castello di Miramare, alla residenza estiva dell’arciduca Ferdinando Massimiliano e di sua moglie, Carlotta, fino ai piedi della scogliera.

Marsiglia è la città del mare e del porto, con il Vieux-Port affacciato sul mare, le strade strette e tortuose del quartiere di Le Panier, l’ampia vista dalla Basilique Notre-Dame de la Garde e il quartiere di Rue de la République, con i suoi Haussmannien e i grandi edifici della metà del XIX secolo. A soli tre isolati dal porto c’è il Marché Noailles, dove poter assaggiare prodotti freschi e annusare le spezie al marché des capucins quotidiano sorseggiando tè alla menta o mangiando un kebab, una focaccia o del couscous.

Lisbona con le strade che salgono e scendono per Alfama, Bairro Alto e Chiado, dove imbattersi in deliziosi bar e caffè, alcuni dei quali si riempiono delle malinconiche note del fado dal vivo dopo il tramonto.

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Copenaghen dove tutto è concepito per la mobilità attiva. Dal cimitero di Assistens, dove la gente del posto si reca per rilassarsi, fare picnic e godersi il verde lussureggiante. Kierkegaard e l’altro – ancora più famoso – scrittore di Copenaghen, Hans Christian Andersen, sono sepolti qui. Oltre le mura c’è il quartiere di Nørrebro, pieno di negozi di abbigliamento di alta moda e gallerie, murales e punti vendita di birra artigianale - il tipo di cose superficiali e divertenti che Kierkegaard avrebbe odiato. Da qui il trekking urbano prosegue pensieroso verso l’area del porto, passando attraverso il delizioso spazio verde del Giardino della Biblioteca Reale lungo il percorso e facendo capolino nella Biblioteca Reale e il centro della città.

Siviglia con un centro storico abbastanza compatto. Si prende Triana, attraverso il Guadalquivir, e l’Isla de la Cartuja, che ha ospitato l’Expo del 1992, in un contesto architettonico complicato dov’è evidente l’impronta del dominio della dinastia araba musulmana degli Abbādid, modificato poi per diventare una residenza reale cristiana.

Questi cassonetti saranno distribuiti nelle aree meno servite della città e avranno molte altre funzioni innovative. I sensori installati, infatti, colloquieranno con una serie di servizi per la città, come la raccolta differenziata dei rifiuti e l’inquinamento urbano. Ad esempio, potranno notificare agli operatori ecologici, una volta raggiunto, il limite di capienza massima, verificare l’inquinamento per polveri sottili o effettuare un controllo della qualità dell’aria se, a causa dei rifiuti, si dovesse spargere un odore particolarmente sgradevole.

NEW YORK, CITTÀ CONNESSA GRAZIE

“Internet of Bins” (letteralmente: l’internet dei bidoni) è l’iniziativa che la compagnia newyorkese BigBelly, che si occupa dell’ambiente, sta promuovendo a New York.

Una iniziativa che non mira solo a sensibilizzare e a incentivare i cittadini ad utilizzare i bidoni per gettare i propri rifiuti, mantenendo così la città più pulita, ma anche a fornire informazioni utili, come notizie e avvisi, meteo o situazioni d’emergenza, per avere una città smart e dare la possibilità a tutti di usufruire di una rete internet.

L’iniziativa consiste nel collegare alcuni bidoni dei rifiuti high-tech alla rete wi-fi e nel distribuirli in giro per la città, un progetto innovativo che unisce il rispetto per l’ambiente e la raccolta dei rifiuti con la digitalizzazione della Grande Mela.

“Internet of Bins” prevede l’installazione dei moduli wi-fi e la messa a disposizione gratuita di molti hotspot che potranno garantire una connessione di 75 megabit al secondo, di poco inferiore ai 100 megabit delle connessioni in fibra.

NASCE A TOKIO IL GRATTACIELO ECOLOGICO PIÙ ALTO AL MONDO

Sumitoro Forestry è un’azienda giapponese di lavorazione e disboscamento, impegnata nella costruzione di case realizzate con materiali in legno.

La Sumitoro Forestry si è impegnata per i 350 anni della propria attività, nel 2041, nella realizzazione del grattacielo ecologico, in legno, più alto al mondo, con i suoi 350 metri, uno per ogni anno della compagnia.

Allo studio degli architetti Nikken Sekkei, con una tecnica innovativa, è stato commissionata la progettazione del W350 l’edificio che, quando verrà inaugurato nel 2041, sarà il grattacielo più alto del mondo realizzato con il legno. Nel progetto di W350 sono compresi 70 piani complessivi fuori terra, destinati ad abitazioni, uffici, spazi commerciali, giardini pensili e cascate d’acqua. W350 sarà la vetta più alta di un complesso edilizio di altri 70 edifici, interamente edificato su oltre 6.500 mq, che svilupperà una superficie complessiva calpestabile che supera i 455 kmq. Si stima che realizzare la torre costerà all’incirca 600 miliardi di yen (pari a quasi 4,5 miliardi di euro), praticamente il doppio del costo per realizzare l’identico palazzo con materiali e metodi tradizionali. Va, però, considerato che la manutenzione futura dovrebbe costare di meno e che tutto il grattacielo avrà un minore impatto ambientale, rispetto alla medesima superficie realizzata con calcestruzzo armato.

La torre poggerà le proprie fondamenta su una superficie di 455mila metri quadrati. Ognuno dei 70 piani sarà arricchito di piante che filtreranno la luce del sole, confermando ancora una volta come il Bosco Verticale di Stefano Boeri sia diventato un esempio di architettura sostenibile e rimboschimento metropolitano a livello mondiale, un ecosistema interno alla città con effetti positivi come la rigenerazione della biodiversità, l’assorbimento di tonnellate di CO2 l’anno e di polveri sottili, insieme alla produzione di ossigeno.

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L’AQUILA CITT À CARDIOPROTETTA LA CULTURA COME TERAPIA PER LA RINASCITA

Secondo i dati Eurostat, il primato dei decessi tra le malattie cardiovascolari spetta alle malattie ischemiche, che causano il 12,3% delle morti. Solo nel 2015 in Italia le patologie cardiache sono state causa del 37,1% dei decessi: per le malattie ischemiche del cuore si raggiunge l’11,3% dei decessi, il 4% per gli infarti acuti del miocardio, il 7,3% per altre cardiopatie ischemiche e l’8,7% per altre malattie cardiache.

La Morte Cardiaca Improvvisa (MCI) è quella morte naturale di origine cardiaca preceduta da un’improvvisa perdita di conoscenza per arresto cardiaco in soggetti con o senza una cardiopatia nota preesistente In Italia perde la vita per morte cardiaca improvvisa una persona ogni circa 1000 abitanti: circa 70.000 persone ne vengono colpite e attualmente solo una percentuale inferiore al 5% viene salvata. Si verifica un’improvvisa cessazione della funzione della pompa cardiaca in modo inatteso ed imprevedibile che porta inesorabilmente alla morte se non si interviene tempestivamente con opportune manovre rianimatorie. Nel nostro ter-

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di Alessandro Maccarone

ritorio nazionale, inoltre, l’attuale tasso di sopravvivenza dopo un arresto cardio-circolatorio è solamente del 2%: ciò è determinato dal tempo di intervento dei soccorritori che, mediamente, si aggira intorno ai 1215 minuti. In sostanza, per la persona colpita da arresto cardiaco ogni minuto che passa è di vitale importanza. In soli sessanta secondi, infatti, si abbassano del 10% le sue possibilità di restare in vita. Dopo soltanto 5 minuti di tempo le possibilità di salvezza scendono al 50%. Per questo motivo oltre il 70% delle vittime di arresto cardiaco muore prima di raggiungere l’ospedale.

A partire da questi dati l’Associazione Azimut, organizzazione giovanile nata nei primi anni dopo il sisma che colpì il territorio aquilano il 6 aprile 2009 e formata da decine di ragazzi tra i 18 ed i 25 anni, in sinergia con il Comune dell’Aquila, ha presentato nel 2017 la campagna di sensibilizzazione “L’Aquila Città Cardioprotetta” finalizzata all’installazione di defibrillatori automatici esterni (DAE) sul suolo pubblico cittadino, a partire proprio dal centro storico dell’Aquila, il cuore della città, simbolo al tempo stesso di distruzione e rinascita.

L’Associazione, grazie anche all’apporto scientifico di professionisti operanti nel territorio, ha concepito il progetto per dare un contributo allo sviluppo del Capoluogo abruzzese come «Health -Smart City», ritenendo indispensabile pensare una città intelligente che fosse in grado di garantire un alto standard di qualità di vita della cittadinanza anche attraverso la cardioprotezione dei luoghi. Per fare questo era necessario porre adeguate attenzioni alla cultura della prevenzione della popolazione e coinvolgere in primis i cittadini stessi come stakeholders principali dell’iniziativa.

Obiettivo primario del progetto è stato promuovere questa forma di conoscenza attraverso eventi di informazione e sensibilizzazione sul tema. In tal senso si è provveduto alla realizzazione di decine di postazioni salvavita con defibrillatore automatico esterno (DAE) installate nei luoghi pubblici strategici della città e, pertanto, utilizzabili da chiunque in tutte le ore del giorno. Inoltre, la campagna ha integrato alle installazioni una vivace azione di comunicazione sulla localizzazione dei dispositivi, grazie anche ad un’applicazione gestita dal Comune dell’Aquila facilmente installabile su ogni dispositivo elettronico.

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Un altro elemento fondamentale del progetto è stato rappresentato dall’avviamento di eventi di formazione sull’uso del defibrillatore: l’associazione ha cercato di raggiungere, attraverso forme di partenariato pubblicoprivato, il numero più elevato possibile di cittadini per avere tra le strade della città migliaia di “operatori laici” in grado di poter intervenire in caso di arresto cardiaco. Per ottenere questo risultato si sono tenute, anche precorrendo le direttive della normativa in vigore, numerose conferenze teorico-pratiche gratuite con esercitazioni BLS (Basic Life Support) e BLS-D (Basic Life Support – Defibrillation). La partecipazione alle iniziative è stata massiccia e particolarmente mirata alla formazione delle giovani generazioni: infatti, grazie all’adesione alla campagna di numerosi istituti scolastici cittadini, centinaia di studenti aquilani sono stati formati sull’uso del defibrillatore.

L’immagine che si ha della città dell’Aquila è ancora quella di una città ferita, lacerata, colpita duramente

dall’esperienza del sisma che di ormai undici anni fa. Ciononostante, in questi anni la città ha compiuto enormi salti di qualità, rinnovando l’immenso patrimonio materiale di cui siamo orgogliosi attraverso la ricostruzione pubblica e privata. A tutto ciò si è aggiunto un processo inesorabile, un atto non ancora concluso di ricostruzione immateriale e spirituale dei luoghi: attraverso una sinergia virtuosa tra enti, associazioni e singoli cittadini L’Aquila Città Cardioprotetta ha provato a rappresentare l’idea di cultura come terapia, provando a cambiare la percezione della sanità nelle Aree Interne. A cinque anni dall’inizio del progetto oggi L’Aquila è la città più cardioprotetta d’Abruzzo e può divenire un esempio virtuoso per l’intera Italia Centrale, affinché si diffondano in modo crescente buone pratiche di prevenzione, sicurezza e salute pubblica all’interno delle città: “Rifiorire è riattivare, seminare, piantare, rianimare.”

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PLASTICA ADDIO, di Elisa Nicoli e Chiara Spadaro

I numeri non lasciano scampo: la produzione mondiale di plastica è di circa 350 milioni di tonnellate ed è destinata ad aumentare ancora.

Nei nostri mari finiscono ogni anno 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici. Da quando esistono i materiali plastici meno del 10% è stato riciclato e in natura sono dispersi 6,3 miliardi di tonnellate di plastica. La plastica costituisce il terzo materiale umano più diffuso sulla Terra dopo l’acciaio e il cemento. I sacchetti di plastica sono il prodotto di consumo più diffuso al mondo.

Il messaggio è forte e chiaro, per invertire la tendenza c’è un solo modo: smettere di usare plastica, soprattutto quella usa-e-getta, e di produrla.

La plastica è un potente simbolo della modernità ma anche delle sue contraddizioni. Le tonnellate di rifiuti che infestano gli oceani e le microplastiche che minacciano la nostra salute non sono che il riflesso di un’economia fondata sulla “crescita” illimitata.

L’unica vera soluzione – in attesa di un’economia “circolare” – è produrre meno plastica o non produrne affatto. Nel nostro piccolo tutti noi possiamo passare all’azione e liberarci dall’ingombrante plastica quotidiana. In queste pagine le autrici forniscono preziosi consigli pratici per iniziare una vita “zero waste”: dalla spesa alla cura della casa, dalla cosmesi agli abiti, dall’ufficio ai viaggi. Per iniziare, mettiamo al bando la plastica monouso e sostituiamo i “plasticoni” con oggetti belli e duraturi. Saremo più sani, più consapevoli e più felici.

In prefazione l’intervista a Paola Antonelli – senior curator del Dipartimento di architettura e design del MoMa di New York. curatrice della XXII Triennale di Milano “Broken Nature. Design Takes on Human Survival”.

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A cura di Francesca Policastro

LE CITTÀ SONO LA SOLUZIONE, di Simone d’Antonio e Paolo Testa

Un viaggio nell’Italia delle grandi, medie e piccole città che, in una dimensione di rete sviluppata a livello europeo, con altre città e realtà urbane, sono riuscite a sviluppare interventi capaci di migliorare la qualità della vita degli abitanti.

È questo il focus principale di “Le città sono la soluzione”, il testo scritto da Simone d’Antonio e Paolo Testa, di ANCI, ed edito da Donzelli. Più che di un saggio, si tratta di un diario di bordo del percorso compiuto da amministrazioni e comunità che hanno saputo mettersi in gioco, per affrontare alcuni tra i temi di maggiore impatto dell’Agenda Urbana Europea.

I progetti realizzati nell’ambito delle reti URBACT o finanziati dal programma Urban Innovative Actions sono al centro di questo testo, la cui prefazione è stata realizzata dal sindaco di Bari e presidente dell’Anci Antonio Decaro, il quale mette in evidenza il valore aggiunto delle azioni di rete e della collaborazione tra amministrazioni locali e comunità.

Da Nord a Sud, dai grandi fino ai piccoli centri, il libro racconta di tanti percorsi di innovazione condotti proprio a partire dagli strumenti offerti dai principali programmi europei di innovazione urbana, che hanno arricchito strategie e interventi avviati dalle città per rispondere alle sfide più pressanti della qualità di vita urbana, della rigenerazione degli spazi pubblici, della rivitalizzazione economica e del rilancio ambientale e culturale, soltanto per citare i più diffusi.

Le città sono la soluzione: non è una domanda, ma un’affermazione. Il principale messaggio che emerge dal testo vede infatti le città come attori protagonisti della fase di ripresa post-pandemica. Oltre al racconto delle esperienze delle singole città, il libro fa emergere le lezioni apprese nel corso degli ultimi anni dall’incontro con tante realtà locali italiane ma anche alcuni possibili collegamenti con il nuovo periodo di programmazione europea, e in particolare con le risorse del PNRR che possono favorire la riduzione dei divari urbani e infra-urbani ma anche rimettere le città al centro di una visione complessiva di visione del paese.

Secondo gli autori, le aree urbane si confermano una componente importante della soluzione grazie alla capacità di coltivare la dimensione europea degli interventi e delle politiche con l’emersione di nuove capacità amministrative e civiche, scaturite da percorsi di co-progettazione e governance partecipativa necessari oggi per affrontare in maniera efficace le sfide del nostro tempo.

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A GIORGIO PARISI IL PREMIO NOBEL 2021 PER LA FISICA

Il prestigiosissimo Premio è stato assegnato all’italiano Giorgio Parisi per lo studio del ruolo dell’umanità nel cambiamento climatico.

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L’italiano Giorgio Parisi, assieme a Syukuro Manabe e Klaus Hasselmann, ha vinto il Premio Nobel per la Fisica 2021 per “i contributi innovativi alla nostra comprensione dei sistemi fisici complessi”.

Giorgio Parisi, professore alla Sapienza di Roma, è stato insignito del Nobel per la scoperta di schemi nascosti in sistemi complessi disordinati. Le sue scoperte sono tra i contributi più importanti alla teoria dei sistemi complessi. Autore di quattro libri e oltre seicento articoli scientifici in materia di fisica delle particelle, fluidodinamica, meccanica statistica e reti neutrali, Parisi è fisico teorico dell’Università Sapienza di Roma e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e Vicepresidente dell’Accademia dei Lincei.

A Syukuro Manabe, meteorologo senior presso la Princeton University, è stato riconosciuto il premio per aver dimostrato come l’aumento dei livelli di anidride carbonica nell’atmosfera porti a un aumento delle temperature sulla superficie della Terra. Nel frattempo, Klaus Hasselmann, professore al Max Planck Institute for Meteorology in Germania, ha creato un modello che collega tempo e clima, rispondendo così alla domanda sul perché i modelli climatici possono essere affidabili nonostante il tempo sia mutevole e caotico.

Thors Hans Hansson, presidente del Comitato per il Nobel per la fisica, in una dichiarazione si è così espresso: “Le scoperte riconosciute quest’anno dimostrano che le nostre conoscenze sul clima poggiano su solide basi scientifiche, su un’analisi rigorosa delle osservazioni. I vincitori di quest’anno hanno tutti contribuito a farci conoscere più a fondo le proprietà e l’evoluzione dei sistemi fisici complessi.”

Giorgio Parisi a gennaio è stato tra i firmatari dell’appello di un gruppo di scienziati, insieme all’allora Presidente del CNR Massimo Inguscio, che denunciavano come nella discussione politica “la ricerca fosse uscita dai radar

del Recovery Fund”.

Giorgio Parisi è il sesto fisico italiano insignito del prestigioso riconoscimento dall’Assemblea dei Nobel al Karolinska Institutet di Stoccolma, in Svezia. Il primo Nobel per la Fisica a un italiano è stato assegnato nel 1909 a Guglielmo Marconi. Si è poi dovuto aspettare fino al 1938 per un nuovo riconoscimento alla fisica del nostro Paese con Enrico Fermi “per la sua dimostrazione dell’esistenza di nuovi elementi radioattivi prodotti da irraggiamento neutronico, e per la relativa scoperta delle reazioni nucleari indotte da neutroni lenti”. Nel 1959 è stato premiato Emilio Gino Segrè con Owen Chamberlain “per la loro scoperta dell’antiprotone”. Il Nobel viene poi assegnato nel 1984 a Carlo Rubbia ex equo con Simon van der Meer, olandese, “per il loro contributo decisivo al grande progetto, che ha portato alla scoperta delle particelle W e Z, comunicatori di interazione debole”. Nel 2002 a conquistare il Nobel è stato l’italo-americano Riccardo Giacconi “per i contributi pionieristici all’astrofisica, che hanno portato alla scoperta di sorgenti cosmiche di raggi X”.

Sono 20 i Nobel assegnati a italiani dalle origini del premio o oggi: 12 sono quelli scientifici, e di questi 5 per la Fisica, 6 per la Medicina e 1 per la Chimica. Fra i 20 premiati le donne sono solo due: Grazia Deledda, per la Letteratura nel 1926, e Rita Levi Montalcini, per la Medicina 60 anni più tardi, nel 1986. L’ultimo Nobel a un ricercatore nato in Italia è quello del 2007 a Mario Capecchi, attivo negli Usa, ma per risalire a un ricercatore italiano che ha svolto in Italia la maggior parte del proprio lavoro bisogna risalire a 62 anni fa, al Nobel per la Chimica assegnato nel 1959 a Giulio Natta.

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URBAN HEALTH & HEALTH NEXT GENERATION

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“Innovazione, sostenibilità, inclusione: i Comuni italiani pronti alle sfide della Next Generation”

Il 2 e 3 luglio scorso si sono tenute in Italia per la prima volta le consultazioni per le associazioni giovanili italiane e internazionali impegnate nei temi del Y20.

Le raccomandazioni raccolte nel Documento finale, consegnato durante l’evento conclusivo del G20 di ottobre, rappresentano la visione dei giovani riguardo le tematiche affrontate nel Vertice internazionale a Presidenza italiana “People, Planet, Prosperity” e possono fornire un contributo concreto rispetto ai temi che li riguardano in prima persona.

Con l’obiettivo di plasmare un Paese, un’Europa, un mondo a misura di Next Generation, le tre macro-aree su cui si sono focalizzati sono state innovazione, digitalizzazione e futuro del lavoro; sostenibilità, energia e cambiamento climatico; inclusione e pari opportunità, con l’educazione come tema trasversale.

Il dato più rilevante che è emerso, tuttavia, riguarda la forte richiesta di partecipazione al processo decisionale, per valutare l’impatto delle decisioni a lungo termine e incorporare tali valutazioni nelle politiche pubbliche sui territori.

Il coinvolgimento delle giovani generazioni è oggi un aspetto su cui dobbiamo lavorare molto. Giovani under 35 e donne sono state le categorie di lavoratori più colpite dalla pandemia, proprio perché le politiche in atto non tenevano abbastanza in considerazione le loro istanze.

Creare un ambiente attrattivo e foriero di opportunità, un sistema Paese in grado di accogliere le idee dei giovani è un obiettivo trasversale su cui i Sindaci molto si stanno impegnando, convinti che da questa fattiva interazione possa determinarsi la vivibilità dei territori, da una nuova pianificazione del sistema educativo al sostegno alle startup e alla creazione di ambienti di vita e lavoro concilianti, in grado di assicurare più benessere e una migliore qualità di vita.

I Comuni italiani sono pronti a raccogliere le sfide che la Next Generation ci chiede, coinvolgendola appieno nel processo decisionale e, in questo senso, l’Assemblea ANCI rappresenta il momento annuale dedicato per tracciare un percorso congiunto sui temi prioritari e confrontarsi sulle esperienze che provengono da tutte le Amministrazioni d’Italia.

Le misure del PNRR prevedono politiche e interventi per la riqualificazione dei tessuti urbani più vulnerabili e interventi di potenziamento dell’edilizia residenziale pubblica.

La rigenerazione urbana ricomprenderà azioni per il risanamento urbanistico, la salvaguardia ambientale e sociale di aree urbane degradate attraverso programmi di recupero e di riqualificazione del patrimonio immobiliare, del paesaggio e degli spazi su scala urbana. Piani e Programmi di investimento per la resilienza e la ripresa saranno delineati attraverso processi di partecipazione e co-progettazione all’interno delle nostre comunità. L’innovazione, l’istruzione e l’imprenditorialità saranno strumenti per costruire un futuro e un mondo più inclusivi e sostenibili. L’accesso universale alla conoscenza e all’apprendimento permanente, applicato anche allo spazio

digitale, è un elemento da rafforzare e garantire a tutti, contrastando i rischi derivanti dalla povertà educativa e dall’abbandono scolastico dei più piccoli.

Dal punto di vista della protezione sociale e sanitaria, nei prossimi mesi dovremo continuare a supportare con il massimo impegno la campagna vaccinale e iniziare a programmare i servizi territoriali nei nostri Comuni, così come il Piano di Ripresa e Resilienza prevede. È prioritario istituire un’infrastruttura sanitaria digitale e una governance territoriale incentrata sulla persona e sul cittadino, attraverso la messa a sistema e la collaborazione multilaterale di tutti i servizi e gli attori coinvolti, includendo anche il tema della salute mentale che sarà al centro del summit che nel 2022 ospiterà proprio l’Italia.

I Comuni non si sono mai fermati durante la pandemia. E, ora che si tratta di ricostruire e far ripartire il Paese, vogliamo più che mai raccogliere le energie e gli stimoli dei più giovani perché i nostri territori sappiano non solo comprendere, ma vincere, le sfide poste dalla Next Generation

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Aperta Lettera

comune “Educare XXXVIII Ass primario” i cittadini a emblea Naziona considerare la salute un le ANCI bene

ano oltre l’80% di tutta la produzione economica. della popolazione mondiale e gener meta occupano solo il 2% della superficie terrestre del Pianeta, ma ospitano già Oggi le citta

a salute e del nostro benessere. bientale come determinanti della nostr - acchiude in sé la salute umana, animale e am o il concetto olistico di One Health, che r obiettiv ere politiche pubbliche che abbiano come v il G20 a presidenza italiana, è prioritario promuo ante orum e dell’Health Ministers' Meeting, realizzati dur ziato dalle conclusioni del Global Health F - del futuro e, come eviden à gnativa: la sostenibilità sociale, ambientale ed economica delle citta - erni, decisori politici, sindaci, accademici ed esperti finalizzata spetta la sfida più impe v A go

alore. a scientifica sia percepita come un v affinché la cultur suoi determinanti, comunicare, informare, alfabetizzare ed educare alla salute e ai quanto sia importante comportando un riequilibrio dell'economia urbana. Altresì ha evidenziato bientale e digitale, - istanze di carattere sociale, am e Salute Pubblica, con particolare riferimento alle à stenibilità - e esistenti in termini di so ato ed enfatizzato le emergenz La pandemia da COVID-19 ha acceler

della ù à già più occupanosoloil2%della Oggilecitta superficieterrestredelPianetamaospitano . contesto urbano enzione e ai rischi per la salute nel ammi scolastici, con particolare riferimento alla prev i progr ello di alfabetizzazione e di accessibilità all’informazione sanitaria, in tutti are un alto liv assicur per cietà scientifiche, associazioni pazienti e di cittadinanza, mondo dello sport - vince, sindaci, scuola e università, aziende sanitarie, enti di formazione e ricerca, so - patto tra governo, parlamento, regioni e pro ere un v Riteniamo oggi essenziale promuo

L’alfabetizzazione sanitaria (Health Literacy) è "la capacità di ottenere, elaborare e capire informazioni sanitarie di base e accedere a servizi necessari per effettuare scelte consapevoli".

Si tratta di uno strumento fondamentale per incrementare nei cittadini una corretta e responsabile conoscenza delle innovazioni scientifiche, dei potenziali benefici e delle ricadute nella vita sia di ciascun individuo sia della collettività.

Tuttavia, non tutti i cittadini accedono allo stesso livello di alfabetizzazione sanitaria, generando disuguaglianze informative.

Per questa ragione, promuovere l’educazione sanitaria nei luoghi di lavoro e di formazione, nei luoghi di vita delle nostre città e, in special modo, nei contesti di fragilità culturale, sociale ed economica, permette di avere cittadini più consapevoli e attivi. Numerosi studi evidenziano come un’educazione alla salute sviluppata nelle scuole risulti capace di ridurre la prevalenza di comportamenti rischiosi per la salute stessa dei giovani.

La scuola, più di qualsiasi altra istituzione, può aiutare a vivere in modo sano, contribuendo a far acquisire le conoscenze e le competenze critiche necessarie a evitare comportamenti rischiosi (disturbi alimentari, attività fisica inadeguata, disinformazione o incapacità di valutazione critica).

Per questo riteniamo opportuno che oggi sia necessario:

•promuovere l’uguaglianza attraverso percorsi di alfabetizzazione sanitaria nelle scuole e nelle università, grazie ai quali gli studenti diventino primi agenti sociali di nuovi comportamenti, responsabili nei confronti di tutte le generazioni;

•diffondere in modo capillare buone pratiche per la promozione della salute nei luoghi di lavoro e in tutta la comunità rafforzando un sistema di incentivazione rivolto alle comunità locali così come alle imprese socialmente responsabili affinché investano in educazione sanitaria e prevenzione;

•creare percorsi formativi dedicati e reti di operatori sanitari e associazioni di pazienti, a livello regionale o locale, in grado di valutare il grado di comprensione del cittadino ed esprimersi di conseguenza con linguaggio compatibile ed efficace, nel rispetto della diversità culturale;

•permettere ai cittadini, ai pazienti e alle loro associazioni di comunicare agevolmente e tempestivamente con il sistema sanitario, potendo trovare, comprendere e valutare le informazioni di volta in volta più appropriate per soddisfare i propri bisogni assistenziali, anche attraverso lo sfruttamento delle potenzialità offerte dalle tecnologie digitali;

•consolidare la collaborazione tra mondo sanitario, dell’istruzione e delle comunità locali, implementando misure per la sorveglianza dei dati digitali e contromisure per la disinformazione;

•promuovere l’attività sportiva nelle scuole e nel territorio, come bene comune in grado di migliorare il benessere psicofisico individuale e collettivo.

Educazione, alfabetizzazione, informazione, comunicazione devono essere alla base dell’impegno politico e guidare il cambiamento nelle nostre citta rendendole più sane, autentiche città del benessere, in cui formare i cittadini a considerare la salute un bene comune primario.

Enzo Bianco, Presidente Consiglio Nazionale ANCI e Presidente C14+

Roberto Pella, Vicepresidente vicario ANCI e Presidente Intergruppo parlamentare “Qualità di vita nelle città”

Andrea Lenzi, Presidente Health City Institute e Presidente Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri (CNBBSV)

Stefano Capolongo

Presidente Urban Public Health Section EUPHA

Vito Cozzoli

Presidente Sport e Salute S.p.A.

Giuseppe De Rita Presidente Fondazione CENSIS

Tiziana Frittelli Presidente Federsanità

Giovanni Malagò

Presidente CONI

Anna Lisa Mandorino

Segretario generale Cittadinanzattiva

Walter Ricciardi

Presidente WORLD FEDERATION OF PUBLIC HEALTH ASSOCIATIONS (WFPHA) e

Andrea Abodi , Gianluca Aimaretti, Francesco Andreozzi, Luigi Angelini, Angelo Avogaro, Cristina Baggero, Cristiana Baggiore, Emanuela Baio, Giancarlo Balercia, Marco Baroni, Luca Busetto, Antonio Caretto, Michele Carruba, Annamaria Colao, Agostino Consoli, Lucio Corsaro, Alessandro Cosimi, Giuseppe Costa, Roberta Crialesi, Claudio Cricelli, Giovanni Crupi, Domenico Cucinotta, Stefano da Empoli, Daniela D'Alessandro, Luigi D'Ambrosio Lettieri, Maurizio Damilano, Lina Delle Monache, Giovanbattista De Sarro, Paolo Di Bartolo, Graziano Di Cianni, Angelo Diario, Lorenzo Maria Donini, Francesco Dotta, Katherine Esposito, Maria Pia Fantini, Giuseppe Fatati, Fabio Fava, Diego Ferone, Simona Frontoni, Antonio Gaudioso, Ezio Ghigo, Livio Gigliuto, Carlo Giorda, Carla Giordano, Lucio Gnessi, Luciano Grasso, Furio Honsel, Renato Lauro, Davide Lauro, Francesca Romana Lenzi, Frida Leonetti, Andrea Loviselli, Anna Lisa Mandorino ,Claudio Maffeis, Domenico Mannino, Giulio Marchesini, Eleonora Mazzoni, Gerardo Medea, Roberto Messina, Francesca Moccia, Lelio Morviducci, Antonio Nicolucci, Mario Occhiuto, Fabio Pagliara, Uberto Pagotto, Paola Pisanti, Francesco Purrello, Andrea Rebecchi, Gian Marco Revel, Elio Rosati, Maria Chiara Rossi, Paolo Sbraccia, Eleonora Selvi, Federico Serra, Roberta Siliquini, Alessandro Solipaca Federico Spandonaro, Chiara Spinato, Rita Stara, Angelo Tanese, Simona Tondelli, Enrico Torre, Ketty Vaccaro, Roberto Vettor.

Primi firmatari

“Giovani amministratori motori per far ripartire le comunità e obiettivicoglierePnrr ”

“I giovani amministratori possono essere motore e punto di ripartenza delle comunità contribuendo a realizzare il piano straordinario di investimenti previsti dall’Europa con il Recovery Fund che, non a caso, è stato chiamato Next Generation Europe. Sta ai giovani amministratori, per anagrafe i più vicini alle nuove generazioni, capire le loro esigenze. E sempre a loro, da responsabili delle comunità, tocca comprendere per conto dello Stato cosa il Paese può e deve dare alle giovani generazioni. Solo un governo che investe sui giovani può dare un futuro al Paese e vincere le sfide che abbiamo di fronte”. È il messaggio lanciato da Luca Baroncini, sindaco di Montecatini Terme e coordinatore nazionale di Anci Giovani, nella sua relazione alla XI Assemblea di Anci Giovani apertasi oggi in presenza e in streaming all’Auditorium della Conciliazione di Roma.

I lavori sono stati aperti dalle note della chitarra del giovane Jacopo Mastrangelo, che ha suonato l’inno di Mameli.

“Gli interrogativi che gli amministratori si erano posti nelle altre dieci assemblee – ha sottolineato il coordinatore – erano completamente diversi da quelli che ci porremo da ora in poi. Per questo non voglio dire undicesima, ma decima prima: perché è la prima di un mondo nuovo e di nuovi problemi, di nuovi interrogativi”.

Una sfida, questa della ripartenza, cui gli amministratori under 36 si sono fatti trovare pronti con un pacchetto di proposte già presentato alla ministra per le politiche giovanili Dadone.

Recovery Fund e Next Generation

Europe: pianificare il futuro delle prossime generazioni.

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Proposte ANCI Giovani per il Dipartimento Politiche Giovanili

Premessa

L’Italia sarà destinataria del Next Generation EU, il cui spirito dovrebbe essere quello di rivolgersi alle nuove generazioni, rilanciandone il futuro.

Il condizionale è d’obbligo in quanto, in una prima fase, solo l’1% dei 209 miliardi del fondo sembrava dover essere destinato a finanziare politiche e misure dedicate ai giovani, innegabilmente una delle categorie più penalizzate dalle conseguenze socio-economiche e lavorative dell’emergenza Covid-19.

I giovani in particolare devono beneficiare degli effetti e dei risultati attesi dalla realizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), nell’ambito del programma straordinario Next Generation EU.

La rete degli oltre 20.000 Giovani Amministratori italiani, rappresentati all’interno del Coordinamento ANCI Giovani, intende portare il proprio contributo, in termini di proposte e contenuti da condividere, circa le misure più urgenti da adottare, convinti che non investire fin da subito in maniera importante e decisa sui giovani significherebbe causare un danno irreparabile al Paese.

La concentrazione tematica del Piano può trovare nelle energie e nelle intelligenze giovanili una leva di potenziamento e di consolidamento non soltanto occupazionale.

Ma è indispensabile prevedere sin d’ora, oltre alle risorse per ciascun intervento, delle misure di accompagnamento e affiancamento che supportino i beneficiari dei progetti che si intenderà finanziare nella fase cruciale dell’attuazione e soprattutto che ne garantiscano la sostenibilità futura.

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I dati relativi alla disoccupazione giovanile nel mese di novembre 2020 (29,5%) confermano il difficile rapporto tra giovani e mercato del lavoro.

Lo era nel periodo pre-Covid e lo sarà, a maggior ragione, nell’epoca post-Covid.

C’è bisogno di intervenire in maniera importante per garantire: un proficuo percorso di orientamento nella transizione tra studio e lavoro; una maggiore flessibilità lavorativa, nonché la capacità di “reinventarsi” nel mondo del lavoro attraverso la valorizzazione delle cosiddette soft skills; un sostegno adeguato all’imprenditoria giovanile e alle assunzioni di under 35.

Le proposte:

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Secondo i dati Istat, nel 2019 più della metà dei cittadini italiani che si sono trasferiti all’estero erano in possesso di un diploma o di una laurea. Complessivamente è di 182mila il numero di cittadini qualificati che negli ultimi 10 anni hanno fatto le valigie: capitale umano costituito da giovani talentuosi e motivati che decidono di lasciare Paese, amici, famiglia ed affetti, in cerca di migliori prospettive. Le motivazioni che spingono i giovani a lasciare l’Italia sono da attribuire in parte all’incertezza del mercato del lavoro italiano e, in parte, alla nuova prospettiva di globalizzazione, che induce i giovani più qualificati a investire il proprio talento fuori dai confini nazionali, dove le opportunità di carriera e di retribuzione sono maggiori.

Considerando un ciclo di studi tradizionale, al cambio attuale, la spesa pro capite per la formazione di un giovane laureato è di 152mila euro, quella di un diplomato è di 100mila euro. Nel 2017, 25.566 laureati e 56.532 diplomati sono emigrati all’estero. Questi, moltiplicati rispettivamente per 153mila euro e 100mila euro, hanno generato un costo di istruzione per lo Stato pari a circa 9,5 miliardi. Si tratta quindi di un investimento che non trova, in contropartita, un ritorno nel territorio in cui è stato generato. Questo “bilancio giovanile”, è molto più gravoso per quei territori periferici con basso dinamismo economico, culturale e sociale e pertanto a rischio di spopolamento.

Le proposte: jÉåíçêáåÖI ossia progetti territoriali volti al collegamento tra giovani professionisti qualificati (ricercatori, laureati e dottorandi, professionisti d’impresa, medici) ed i giovani del territorio in cui sono cresciuti. I progetti avranno il fine:

a) di formare i giovani che stanno per scegliere un percorso formativo o si stanno avvicinando al mondo del lavoro attraverso i consigli e l’esperienza dei giovani expat che fungono quindi da mentor; b) di capitalizzare sul territorio il valore dei giovani expat che altrimenti non produrrebbero valore.

Da una parte l’obiettivo di questa politica è quello di dar modo a molti giovani, che non hanno la possibilità di accedere ad una formazione dopo scuola qualificata, di ricevere consigli pratici su come realizzarsi professionalmente, direttamente con giovani professionisti del loro territorio che hanno intrapreso un percorso qualificante importante. Dall’altra parte l’obiettivo è quello di far leva su giovani expat che altrimenti non produrrebbero nessun valore in Italia.

`çêéçê~íÉ=ëéáåJçÑÑ=EëéáåJçÑÑ=~òáÉåÇ~äáF= rivolte ai giovani ed imprese distrettuali. Una delle leve per lo sviluppo economico e sociale di un territorio, e quindi per contrastare lo spopolamento giovanile dei territori, è l’impresa. Dar modo al giovane di avviare la propria impresa è un deterrente per l’abbandono del territorio, facendo leva sulle competenze manifatturiere preesistenti, che negli anni hanno fatto il successo dell’economia italiana con i distretti, finanziando nuove imprese giovanili che siano partecipate da imprese distrettuali. Con la formula del corporate spin off si reduce il rischio d’impresa del giovane perché ha le competenze tradizionali e relazionali dell’impresa gemmante a sua disposizione e si dà modo all’impresa distrettuale di far leva sui giovani per promuovere competenze d’innovazione per lo sviluppo dell’impresa.

Il prolungamento dei percorsi di studio e di formazione, la difficoltà d’inserimento nel mondo del lavoro, l’impossibilità per molti giovani di costruirsi un percorso di carriera, la frammentarietà e precarietà del mercato del lavoro attuale, determinano una vera e propria precarizzazione della sfera personale che impedisce il conseguimento di una autonomia abitativa e familiare. La precarietà dei primi impieghi lavorativi comporta anche una

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generale difficoltà nell’accesso al credito per l’acquisto di una abitazione o per l’assunzione di un costo fisso come l’affitto, rendendo per i giovani l’autonomia un traguardo purtroppo lontano rispetto ai coetanei del resto d’Europa.

Oltre alla casa, occorre sostenere politiche legate alla natalità (dai contributi economici ai giovani genitori, all’implementazione dei servizi sui territori che siano “di sostegno” ai neogenitori), affinché possa essere scongiurato l’abbandono dell’occupazione lavorativa, non per volontà, ma per necessità, soprattutto, delle madri.

Le proposte:

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La Didattica A Distanza ha evidenziato la necessità di una accelerazione forzata del processo di digitalizzazione del nostro Paese e, come lo smart working, difficilmente potrà essere completamente accantonata al termine dell’emergenza sanitaria. Giovani e non più giovani hanno dovuto loro malgrado familiarizzare con le nuove modalità di apprendimento, insegnamento e formazione, mettendo però in luce importanti criticità.

Il post emergenza può e deve rappresentare un’occasione, un’opportunità, anche per migliorare l’attuale sistema d’istruzione e formazione, con una accelerazione e attenzione particolare dedicata alla ricerca, soprattutto in collegamento con le attività applicate di tirocinio formativo nel mondo produttivo e in connessione con la PA. fä=ëáëíÉã~=ìåáîÉêëáí~êáç=î~=éçíÉåòá~íç garantendo un costante scambio con i centri di eccellenza nazionali ed internazionali.

In prospettiva, sul modello del Polo tecnologico della Federico II di Napoli a San Giovanni a Teduccio, va promosso il partenariato pubblico-privato ad alto livello finalizzato alla creazione di=ÅÉåíêá=Çá=Ñçêã~òáçåÉ=~ääÛ~î~åÖì~êÇá~

in grado di accrescere la capacità attrattiva dei territori da parte dei big players, immettendo nel mercato del lavoro figure professionali altamente qualificate.

Infine, nell’ambito del Piano per il contrasto alla povertà educativa previsto dal Piano Sud 2030, va data la precedenza ai éêçÖÉííá=éêÉëÉåí~íá=É=~ííì~íá=Ç~á=Öáçî~åá=éÉê=á=Öáçî~åá con disagio socio-economico e difficoltà nell’accesso, fruizione o permanenza in percorsi educativi e formativi.

Le proposte: √=pçëíÉÖåç=ÉÅçåçãáÅç=éÉê=ä~=ÇáÇ~ííáÅ~=~=Çáëí~åò~=éÉê=á=Öáçî~åá=ÇÉääÉ=ëìéÉêáçêáI=ÇÉääÉ=råáîÉêëáí¶=É=ÇÉá=j~ëíÉê

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Le Associazioni culturali, sportive e di promozione sociale costituite per la maggior parte da giovani rappresentano una realtà in costante crescita, che animano le nostre città come i piccoli centri.

Diffondono la cultura, la creatività, la solidarietà ed il volontariato, dialogando con le Amministrazioni locali e portando avanti progetti ambiziosi e innovativi.

Le proposte:

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Il secondo decennio del nuovo millennio si conclude con la pandemia da Covid – 19 ma è stato anche caratterizzato da dibattiti e interventi sul fronte green, e soprattutto da una crescente consapevolezza da parte dei giovani. La sostenibilità ambientale, la transizione energetica, il contrasto al cambiamento climatico e la tutela delle risorse naturali incrociano sensibilità e bisogni, aspirazioni e competenze delle nuove generazioni italiane e l’adozione di un sistema di mobilità a basso impatto ambientale, specie in ambito urbano, può essere importante per il miglioramento della qualità della vita dei cittadini e per la salvaguardia del pianeta.

Si affacciano sul mercato del lavoro i green jobs della mobilità sostenibile svolti da chi si occupa di tecnologia e innovazione: dal design alla produzione di veicoli efficienti, allo sviluppo di nuovi sistemi di trasporto basati sulla digitalizzazione, come lo sharing di auto, moto, bici e monopattini.

Si sostengono progetti come quello di Estrima, startup di Pordenone guidata dal giovane fondatore Matteo Maestri, che ha realizzato e lanciato sul mercato Birò, una piccolissima auto elettrica fatta per muoversi in città che è in grado di percorrere 50 chilometri con solo 1 euro di corrente elettrica.

Il settore della mobilità attiva è uno di quelli in cui sarà incentivata la partecipazione delle realtà o delle start up giovanili, ad esempio nella predisposizione di servizi legati alla sosta e storage dei velocipedi e assimilati, alla manutenzione dei veicoli, al contrasto al furto degli stessi, con il coinvolgimento di giovani artigiani e professionisti (meccanici, elettrauti, ecc.), oppure nella revisione degli spazi urbani con soluzioni di urbanismo tattico e di risposta a fabbisogni specifici (mobilità casa - scuola, mobilità aziendale e di lavoro, mobilità turistica, ecc.).

I giovani professionisti possono diventare cruciali nel ridisegnare infrastrutture e servizi per la mobilità pubblica e collettiva. In particolare, l’ambito più interessante è quello della riprogettazione del servizio di trasporto pubblico e dei servizi collegati di Mobility as a service (MAAS) basati su big data, applicazioni in mobilità, interoperabilità dei dati e integrazione di infrastrutture e servizi. Oggi i MAAS in Italia sono di fatto assenti e in ogni Comune medio grande e metropolitano potrebbe essere lanciata una call di idee per lo sviluppo di piattaforme e servizi. Occorre incentivare il coinvolgimento giovanile sia nella fase di pianificazione delle scelte di mobilità (Redazione dei PUMS) sia nella revisione e nella messa a gara dei servizi di Trasporto Pubblico Privato, dove è cruciale cambiare approccio dal tradizionale concetto di linea fissa a servizi “on demand e misti e sempre più customizzati”.

Forte impulso e incentivo deve essere dato allo studio e alla proposta, da parte di start up giovanili o aggregazione di professionisti giovani, per la predisposizione di progetti integrati, concreti e di taglia ridotta, tra l’alimentazione e lo stoccaggio energetici, l’efficientamento delle reti e del patrimonio e la mobilità sostenibile.

Le proposte:

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Importante sarebbe il potenziamento dell’accesso alla formazione anche pratica (non solo di alto livello) e alla ricerca da parte dei giovani sui settori Green e prevedere una forte agevolazione per le assunzioni ai giovani specializzati e professionisti.

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I comuni possono garantire spazi e servizi gratuiti per la nascita e lo sviluppo delle imprese culturali e creative giovanili (non soltanto le classiche associazioni culturali, ma anche vere imprese, anche in forma cooperativa, in grado di produrre posti di lavoro).

Attraverso l’uso di innovative forme di partenariato pubblico-privato, queste imprese possono attivare progetti di recupero di immobili attualmente inutilizzati o sottoutilizzati a fini culturali (in questo caso occorrono strumenti di sostegno per garantire la sostenibilità dei progetti sul medio-lungo periodo), di potenziamento dei servizi delle

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proposte: √=fåÅêÉãÉåí~êÉ=ÇÉä=RB=äÛáåÅÉåíáîç=éÉê=äÉ=Åçãìåáí¶=ÉåÉêÖÉíáÅÜÉ=äçÅ~äá=Öáçî~åáäáÒ √=mçíÉåòá~ãÉåíç=ÇÉää~=Ñçêã~òáçåÉ=É=áåÅÉåíáîá=~ääÉ=~ëëìåòáçåá=ÇÉá=Öáçî~åá=åÉá=ëÉííçêá=ÖêÉÉå

strutture culturali pubbliche (musei, biblioteche, ecc.) e di valorizzazione culturale del territorio. La nascita di cooperative e imprese giovanili può rappresentare un valore aggiunto per la gestione del patrimonio territoriale (culturale, ambientale, enogastronomico, ecc.) anche a fini di valorizzazione turistica, con particolare attenzione alle aree interne e ai Borghi. Più in generale va sostenuta l’imprenditorialità giovanile in campo turistico, anche attraverso stimoli economici alla creazione delle aziende, forme di agevolazione fiscale e un piano di semplificazione amministrativa.

Le proposte:

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I giovani scelgono l'agricoltura per fare impresa. Il settore agricolo mostra una forte dinamicità ed è tra i comparti in maggiore crescita: nel periodo settembre 2015/settembre 2020 sono nate circa 7mila nuove aziende giovani, con un incremento di oltre il 14% nel periodo (fonte Unioncamere). Complessivamente, sono 52.000 le imprese di giovani con meno di 35 anni oggi presenti nel nostro Paese. Le risorse del Next Generation Eu possono sostenere anche i giovani agricoltori.

L’agricoltura è un settore in cui le giovani energie propongono modelli sostenibili di filiera locale, basati sulla qualità e sulla certificazione del prodotto, sulla riscoperta delle produzioni autoctone, in stretta connessione con ricerca e innovazione applicate, spesso in binomio molto stretto con i temi della rigenerazione verde urbana, dell’integrazione del verde a fini agricoli nelle aree urbane e nei quartieri, anche ai fini del miglioramento della qualità dell’aria e della biodiversità urbana, come avvenuto con il progetto Orti Urbani portato avanti congiuntamente da ANCI e Italia Nostra.

L’agricoltura sociale inoltre, proprio a partire dal 2015, offre nuove opportunità:

√==áåëÉêáãÉåíç=ëçÅáçJä~îçê~íáîç=Çá=ä~îçê~íçêá=Åçå=Çáë~Äáäáí¶, lavoratori svantaggiati e minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione e sostegno sociale, √==éêÉëí~òáçåá=É=~ííáîáí¶=ëçÅá~äá=É=Çá=ëÉêîáòáç=éÉê=äÉ=Åçãìåáí¶=äçÅ~äá mediante l’utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell’agricoltura per promuovere, accompagnare e realizzare azioni volte allo sviluppo di abilità e di capacità, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana, √==áåíÉêîÉåíá=ëçÅáçJë~åáí~êá, cioè prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative finalizzate a migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati anche attraverso l’ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante, √==éêçÖÉííá=Ñáå~äáòò~íá=~ääÛÉÇìÅ~òáçåÉ=~ãÄáÉåí~äÉ=É=~äáãÉåí~êÉ, alla salvaguardia della biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza del territorio attraverso l’organizzazione di Ñ~ííçêáÉ=ëçÅá~äá=É=ÇáÇ~ííáÅÜÉ riconosciute a livello regionale, quali iniziative rivolte a bambini in età prescolare e a persone in difficoltà sociale, fisica e psichica.

NM=J=bÅçåçãá~=ÅáêÅçä~êÉ

Anche rispetto al tema della circolarità e dei rifiuti, per il carattere di forte radicamento con i territori e per l’opportunità in termine di sostenibilità piena, di innovazione introdotta e di incremento occupazionale, deve essere prevista l’incentivazione all’accesso da parte dei Comuni e dell’amministrazione centrale alla realizzazione di filiere sostenibili di riciclo-riuso e rigenerazione dei prodotti / rifiuti, soprattutto per impianti di piccola taglia e dedicati alla trasformazione / rigenerazione di materiali differenziati.

Misure dirette agli utenti invece possono prevedere sgravi di tassazione locale se le iniziative vengono attivate da utenti/intestatari di utenza giovanile come ad esempio la riduzione della TARI per l’utilizzo di compostiere. Una linea di azione specifica da incentivare sono le iniziative smart da parte di aggregazioni giovanili sulla riduzione dello spreco non solo alimentare e sulla riduzione degli imballaggi. Le

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proposte: √=áåÅÉåíáî~òáçåÉ=~ää~=êÉ~äáòò~òáçåÉ=Çá=ÑáäáÉêÉ=ëçëíÉåáÄáäá=Çá=êáÅáÅäçJêáìëç=É=êáÖÉåÉê~òáçåÉ=ÇÉá=éêçÇçííá=L=êáÑáìíá √=ëÖê~îá=q^of=éÉê=ìíÉåòÉ=ìåÇÉê=PR √=éêçãçòáçåÉ=Çá=áåáòá~íáîÉ=ëã~êí=~åíá=ëéêÉÅç=éçêí~íÉ=~î~åíá=Ç~á=Öáçî~åá

La rete degli oltre 20.000 Giovani Amministratori italiani, rappresentati all’interno del Coordinamento Anci Giovani, intende pertanto portare il proprio contributo in termini di proposte e contenuti da condividere con i rappresentanti istituzionali e di governo, per orientare sin da subito l’investimento sui giovani. Questa voglia di partecipare e proporre degli under 36 stride, però con i risultati di una recente ricerca Istat secondo cui solo il 28,4% degli amministratori comunali ha meno di 40 anni, con un dato in calo di 3 punti rispetto al 2010. Mentre un sondaggio di Anci rileva che il 97% dei giovani amministratori pensa che sulla decisione di non candidarsi pesi abbastanza o addirittura molto l’immagine negativa dei politici nell’opinione pubblica, anche venendo spesso esposti a campagne diffamatorie sui social e sui media, che colpiscono pure i familiari.

I dati relativi alla disoccupazione giovanile confermano il difficile rapporto tra giovani e mercato del lavoro. Sarà necessario intervenire in maniera importante per garantire un proficuo percorso di orientamento nella transizione tra studio e lavoro, una maggiore flessibilità lavorativa e un sostegno adeguato all’imprenditoria giovanile e alle assunzioni di under 35.

Questo è anche uno degli obiettivi perseguiti dalla prima edizione del percorso di alta formazione per Health City Manager, organizzato da ANCI in collaborazione con Health City Institute, che ha visto celebrare la cerimonia di consegna degli attestati di profitto lo scorso 29 settembre, alla presenza della Ministra per le Politiche giovanili On. Fabiana Dadone, del Capo Dipartimento Cons. Marco De Giorgi e del Sindaco di Tirana, Erion Veliaj, testimonianza di grande impegno sui temi della promozione della salute nelle città.

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Con Urban Health si fa riferimento a un orientamento strategico che integra le azioni di tutela e promozione della salute nella progettazione urbana e sottolinea la forte dipendenza tra il benessere fisico, psichico e sociale e l’ambiente urbano in cui si vive.

La pianificazione urbana può, infatti, contribuire a promuovere i comportamenti sani e la sicurezza attraverso la riqualificazione di aree esistenti così come attraverso la progettazione di nuovi insediamenti, condizionando e modificando i bisogni emergenti, gli stili di vita e le aspettative dell’individuo, fattori che dovrebbero essere sempre considerati nella definizione e nell’orientamento delle politiche pubbliche. A tal fine è necessaria una pianificazione che integri salute umana e salute ambientale, specialmente in relazione alle sfide relative all’organizzazione del territorio e dei trasporti, alla qualità dell’aria e dell’acqua e allo smaltimento dei rifiuti nelle città.

Per la progettazione di un assetto urbano equo e armonico è, tuttavia, necessaria una stretta cooperazione tra i diversi attori coinvolti, per sviluppare strategie intersettoriali condivise tra i vari livelli amministrativi. Non solo le amministrazioni centrali, regionali e locali, ma anche altre istituzioni, imprese, organizzazioni della società civile e cittadini possono, infatti, contribuire allo sviluppo di politiche urbane che tengano conto dell’impatto sulla salute. Sono, perciò, necessarie politiche intersettoriali che, con riferimento al benessere fisico, mentale e sociale/relazionale, promuovano la sperimentazione di soluzioni innovative alle sfide delle aree urbane per ridurre le disuguaglianze, migliorare le condizioni sociali, economiche e ambientali e consentire maggiori opportunità ai cittadini per l’adozione di stili di vita sani e attivi, nell’ottica dell’invecchiamento sano e attivo (healthy and active ageing).

Il Servizio Sanitario, in tale ambito, è chiamato ad assumere un ruolo rilevante, non solo come promotore di politiche e azioni volte a migliorare gli stili di vita e

le condizioni della salute della popolazione ma anche come garante della possibilità che tali miglioramenti siano facilitati e resi duraturi nel tempo. Tale ruolo non è solo rivolto ad azioni di advocacy, attraverso la mobilitazione delle parti interessate perché esercitino una pressione politica a supporto di questioni sanitarie importanti per gli abitanti della città, ma anche di vero e proprio controllo, attraverso la valutazione igienico­sanitaria degli strumenti di regolazione e pianificazione urbanistica, così come previsto dal DPCM 12 gennaio 2017 sui Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

Nella prima parte di tale decreto, infatti, all’interno del livello della “Prevenzione collettiva e Sanità Pubblica”, che include le attività e le prestazioni volte a tutelare la salute e la sicurezza della comunità da rischi infettivi, ambientali, legati alle condizioni di lavoro e correlati agli stili di vita, viene previsto, nell’area di intervento “Tutela della salute e della sicurezza degli ambienti aperti e confinanti”, il programma “Valutazione Igienico Sanitaria degli strumenti di regolazione e pianificazione Urbanistica”, indicando un diretto coinvolgimento delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) nella definizione di strumenti di pianificazione e regolazione urbanistica.

In tale ottica, il 22 settembre 2021 è stato sottoscritto l’Accordo tra il Governo, le Regioni e le Autonomie locali sul “Documento di indirizzo per la pianificazione urbana in un’ottica di Salute Pubblica – Urban He‐alth”. Il documento rappresenta il frutto dell’impegno del “Tavolo di lavoro su Città e Salute (Urban Health)”, che ha operato tra maggio 2018 e marzo 2021 presso la Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute.

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di Daniela Galeone e Roberto D’Elia Ministero della Salute – Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria – CCM Ufficio 8 DGPREV ‐ Promozione salute e prevenzione malattie cronico‐degenerative
Il “Documento di indirizzo per la pianificazione urbana in un’ottica di Salute Pubblica – Urban Health”

Il Tavolo ha visto coinvolti i principali stakeholder con l’obiettivo di produrre un documento di indirizzo che, facendo seguito a quanto previsto dai LEA, rappresentasse uno strumento di orientamento metodologicooperativo a supporto di strategie intersettoriali e di programmi dei Piani regionali della Prevenzione in coerenza con quanto previsto dal Piano Nazionale della Prevenzione 2020–2025 nel campo della Urban Health. Il documento approvato si è, dunque, posto l’obiettivo di individuare alcuni criteri che possano aiutare gli operatori e i decisori nella valutazione della pianificazione urbanistica finalizzata alla promozione della salute e dei corretti stili di vita e nell’ottica della Urban Health

I criteri individuati sono, peraltro il prodotto di un progetto finanziato dal Centro per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) nel 2017 e intitolato “Urban Health: buone pratiche per la valutazione di impatto sulla salute degli interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana e ambientale” che si è proposto, principalmente, l’obiettivo di elaborare buone pratiche, basate su modelli di Health Impact Asses‐sment, sulla letteratura e su casi studio, da trasferire ai decisori per orientare le politiche urbane nell’ottica dell’invecchiamento in salute e dell’equità nei programmi di rigenerazione urbana.

Il risultato è stata la produzione di uno Strumento di valutazione multicriteriale per la definizione delle im‐plicazioni di salute negli interventi urbani che, sperimentato nel corso del Progetto, ha identificato un set di 20 indicatori, in grado di fornire un efficace e flessibile supporto volto sia a orientare le scelte dei decisori fin dalla fase di predisposizione di piani e programmi urbanistici verso un approccio di Urban Health sia a supportare gli attori/operatori coinvolti nella formulazione di pareri sui procedimenti urbanistici, nei contesti previsti dalla vigente normativa.

Gli indicatori di Urban Health di cui è costituito lo strumento, raggruppati in sette Macroaree tematiche, permettono di stimare non solo la capacità di un piano di controllare possibili fattori di rischio per la popolazione, ma anche quella di proporre un contesto costruito e organizzato in grado di soddisfare i bisogni sociali e migliorare la qualità della vita delle persone, mediante condizioni che favoriscono la mobilità dolce e il trasporto pubblico, oppure la riqualificazione di contesti periferici con attenzione all’equità nei programmi di rigenerazione e ri­funzionalizzazione urbana o, ancora, attraverso strategie che permettono l’invecchiamento in salute.

Mentre la prima Macroarea “Criteri Generali” prevede, in particolare, l’analisi dei dati di contesto demografici, socioeconomici ed epidemiologici, le altre 6 Macroaree (“Ambiente”, “Suolo e sottosuolo”, “Sostenibilità e igiene del costruito”, “Sviluppo urbano e sociale”, “Mobilità e trasporti” e “Spazi esterni”) costituiscono, invece, il vero e proprio strumento di valutazione. Le Macroaree di valutazione rappresentano, infatti, i principali aspetti del piano urbanistico che possono avere ricadute dirette e indirette sulla salute, mentre i singoli indicatori in esse contenuti esaminano uno specifico tema in riferimento alla Macroarea di appartenenza.

A ciascun indicatore è stata attribuita una valutazione in funzione della coerenza del Piano con gli obiettivi dell’Urban Health, intesa come maggiore o minore capacità di aderirne ai principi, secondo il seguente schema:

Alta: rappresenta la prestazione maggiormente coerente con gli obiettivi dell’Urban Health, in riferimento al singolo criterio analizzato; Moderata: costituisce il livello intermedio e si riferisce a una prestazione coerente ma migliorabile; Bassa: non considera alcuna strategia di Urban He‐alth, limitandosi al mero rispetto di quanto previsto dalla normativa di settore.

L’uso di tale strumento durante la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) può, pertanto, consentire, a proponenti e valutatori, di orientare il Piano stesso verso alternative in grado di guadagnare salute prima che vengano realizzati gli interventi programmati. Inoltre, lo strumento può essere di aiuto anche per la valutazione di Piani e Programmi successivamente alla VAS, monitorando la coerenza tra le politiche di pianificazione e gli obiettivi di sostenibilità ambientale e di tutela e promozione della salute pubblica, già supportati dal processo di Valutazione Ambientale Stra‐tegica.

Tuttavia, lo Strumento di valutazione multicriteriale si concretizza, soprattutto, in un ausilio all’operatività degli Operatori di Salute Pubblica del territorio per: aumentare conoscenze e competenze dei Dipartimenti di Prevenzione e delle Aziende Sanitare in materia di Urban Health;

valutare Piani di Governo del Territorio (e loro varianti) e Piani Attuativi secondo principi di Urban He‐alth e mediante processi di integrazione interna e approcci il più possibile omogenei, finalizzati alla definizione di efficaci risposte ai problemi di salute delle comunità locali; sviluppare una cultura della prevenzione che, superando la mera verifica dello standard normativo, si proponga di implementare un metodo innovativo, che faccia leva sulla promozione della salute e sia impostato su indicatori prestazionali Health Evidence‐Based e criteri di Urban Health; aumentare consapevolezza e competenze sui processi di advocacy, informazione e ingaggio dei decisori politico­amministrativi in relazione all’impatto delle loro scelte sulla salute dei cittadini, secondo criteri di equity health (attenzione alle fragilità legate all’età, alla presenza di disabilità psicosociali, motorie, fattori di inclusione).

Il Piano Nazionale della Prevenzione 2020­2025, per il quale si stanno attualmente mettendo a punto i relativi Piani Regionali, costituirà l’immediato banco di prova del Documento di indirizzo e dello Strumento di valutazione in esso contenuto.

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Federsanità è la Confederazione delle Federsanità Anci regionali (articolo 27 Statuto Anci) che associa le Aziende Sanitarie Locali, Ospedaliere e gli Irccs insieme ai rappresentanti dei Comuni associati alle Anci regionali di riferimento. Obiettivo della Confederazione è favorire azioni e politiche finalizzate alla promozione di percorsi di integrazione socio-sanitaria e socio-assistenziale fortemente orientate ad una nuova concezione della “presa in carico” dei pazienti basata su prossimità, proattività, personalizzazione, partecipazione.

Negli anni sono state avviate numerose azioni in relazione alle tematiche dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria nelle sue diverse declinazioni (management, prevenzione, territorio, ecc.). Ad esempio per le aziende sanitarie formazione, comunicazione, modelli di integrazione sociosanitaria, privacy, anticorruzione e trasparenza, finanziamento, sostenibilità e Lea. Per il territorio: stili di vita, ambienti capaci di cura e supporto, Prevenzione e presa in carico, accessibilità e sostenibilità, gestione integrata delle cronicità.

In linea con la mission storica, sin dal 1995, di supportare processi di reale integrazione socio-sanitaria e contestualizzando obiettivi e finalità associative anche rispetto al Piano Nazionale di resilienza e resistenza (Pnrr), Federsanità ha avviato un’azione sistematica per la raccolta e la diffusione di esperienze sull’integrazione, con l’esplicita finalità di supportare la costruzione di compiute politiche nazionali in campo sociosanitario. Con queste premesse è nato OIS, l’Osservatorio sulle buone pratiche di Integrazione Sociosanitaria, attivato da una Convenzione con Agenas con l’obiettivo di raccogliere le esperienze realizzate finora nell’integrazione sistemica tra sanitario e sociale, per metterle a disposizione dei decisori istituzionali e delle organizzazioni pubbliche e private che operano a questo scopo.

“Non si tratta della solita ricognizione delle migliori esperienze – ha detto Tiziana Frittelli – al contrario si tratta di far emergere le esperienze diffuse per farle parlare della loro storia, dei risultati raggiunti insieme ai limiti riscontrati. Soprattutto appare indispensabile mettere in evidenza il quadro delle cesure su cui le esperienze hanno agito e della conoscenza critica che ne può scaturire per alimentare in termini positivi l’innovazione e la trasformazione dei sistemi. OIS è esplicitamente orientato al so, allo sviluppo delle attività amministrative, alla realizzazione di percorsi professionali e di servizi integrati. Un luogo di confine in cui si intrecciano visioni, linguaggi, traiettorie, esperienze, più che un santuario di appartenenze che confermano continuamente loro stesse rendendo di fatto irraggiungibile l’integra-

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È il momento delle alleanze e della sinergia istituzionale
Tiziana Frittelli, Presidente Federsanità

Il 30 giugno del 2020 è stato sottoscritto un Accordo di Programma tra Federsanità e Anci che incardina su tre profili la relazione istituzionale tra le associazioni:

• Le Linee Guida ed i contenuti: stili di vita, welfare locale, servizi sul territorio, programmazione, consapevolezza e partecipazione, welfare di comunità;

• La Governance partecipata delle linee di azione condivise e le modalità di funzionamento: tavolo di coordinamento e comitato operativo;

• Il Raccordo tra i rispettivi organismi statutari associativi.

Si tratta di una nuova visione, di un cambio di rotta sostanziale che rimette al centro la missione fondativa di Federsanità su fondamenta solide: l’unità di intenti, la trasparenza delle azioni, la condivisione delle scelte.

Sette gli obiettivi strategici: piano di azione comune per la promozione di sani stili di vita; valorizzazione del ruolo dei sindaci per promuovere la costruzione del welfare locale; migliore organizzazione, fruizione ed erogazione sul territorio dei servizi sanitari; sviluppo dell’ “organizzazione a rete dei servizi” sanitari e socio-sanitari; programmazione degli interventi e dei servizi del sistema integrato locale; accrescere il livello di consapevolezza ampliando il coinvolgimento degli attori non sanitari; creazione del WE-Community.

Le Aziende sanitarie oggi hanno una grande opportunità, ma sono davanti anche a una grande sfida. Le risorse messe a disposizione dal Pnrr costituiscono un’iniezione straordinaria per il Servizio Sanitario Nazionale: l’obiettivo è spenderle bene e in modo tempestivo, poiché dovranno essere utilizzate nei prossimi 5 anni, ma soprattutto sarà necessario sviluppare competenze per utilizzarle in modo efficace ed efficiente. Oggi per raggiungere un obiettivo che ci riguarda tutti, quello della tutela della salute, abbiamo bisogno di nuovi professionisti. Le parole chiave del Pnrr, digitalizzazione e green, rendono indispensabile lo sviluppo di competenze trasversali, di nuove professionalità e di uno skill mix tra i diversi profili, che dovranno essere realmente interdisciplinari e interprofessionali. Sarà fondamentale un confronto continuo tra i diversi livelli di governance, all’insegna della collaborazione istituzionale, per la gestione dei progetti in maniera tale da indirizzare le risorse nella giusta direzione così da consentire un effettivo potenziamento e un miglior funzionamento del SSN.

È appunto il momento delle alleanze e della sinergia istituzionale. La pandemia ci ha insegnato quanto la fattiva

collaborazione tra professionisti e istituzioni, tra governance nazionale e locale, tra associazioni di rappresentanza e cittadinanza sia la chiave per programmare e mettere in atto azioni per una presa in carico delle persone che sia in un’ottica One Health, realmente sostenibile e appropriata. Il Pnrr è la strada, l’opportunità che dobbiamo non solo cogliere ma valorizzare al fine di migliorare assistenza di prossimità e tutela della salute. Certamente per Federsanità la chiave di volta è la strettissima alleanza con i Sindaci in un’ottica di relazione e dialogo costante finalizzato a fare della salute un valore comune da difendere e tutelare.

In questa direzione va l’avvio di un progetto-prototipo che vede Federsanità Anci Lazio, in particolare, insieme ad IFEL attori protagonisti dello sviluppo di una buona pratica, ovvero l’evoluzione di “Open Salute Lazio”, piattaforma della Regione che raccoglie i dati di salute della popolazione residente. Il progetto va nella direzione di una integrazione dei dati sanitari con quelli socio economici dei Comuni al fine di offrire una base dati solida per il governo integrato dei servizi sociosanitari e la programmazione.

In questo contesto si colloca la rinnovata identità della Confederazione che corrisponde anche ad una rinnovata vision, dando forma attraverso differenti canali di comunicazione ad una nuova identità unica e riconoscibile. Il Servizio sanitario nazionale si confronta da tempo con il problema della qualità dell’assistenza il cui miglioramento richiede, accanto alla tradizionale dimensione clinica, anche le dimensioni comunicative e relazionali che contribuiscano a diffondere consapevolezza, sicurezza e buona organizzazione. Federsanità attraverso la propria comunicazione intende valorizzare il ruolo, la professionalità e la competenza di tutte le figure professionali che operano per l’assistenza: direzioni strategiche, operatori, esperti, rappresentanti degli enti territoriali, professionisti. Ad esempio da oltre tre anni abbiamo deciso di valorizzare il lavoro di ufficio stampa e comunicazione, che viene svolto dalle aziende sanitarie e ospedaliere quotidianamente, attraverso la costituzione del “Coordinamento dei Comunicatori”, che ad oggi conta oltre 100 professionisti, con l’obiettivo di trasformare la “rete” delle aziende associate in un incubatore di informazioni, capace di costruire legami con i mezzi di informazione nazionali e produrre contenuti articolati, valorizzando da una parte i processi e le buone pratiche delle singole aziende, ma anche collegando i contenuti tra loro, così da fornire un quadro più ampio e completo della sanità italiana.

Maggiori informazioni sulle attività, i progetti e le azioni messe in atto sul sito www.federsanita.it e sui canali social Facebook e Linkedin.

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Cittadinanzattiva si è re-inventata in pandemia, integrando moltissimi servizi digitali e assistenza a cittadini e pazienti online: quale l’eredità di questa esperienza testata in emergenza? È ripresa l’attività di impegno civico sui territori, o il tasso di partecipazione è diminuito?

La pandemia ha mostrato ancora una volta, come già successo in altre situazioni di emergenza, quella che noi chiamiamo – parafrasando anche il titolo di un bel libro di Giuseppe Cotturri, già Presidente di Cittadinanzattiva - la forza riformatrice della cittadinanza attiva.

Le organizzazioni civiche, non solo la nostra, si sono mostrate capaci di rispondere tempestivamente ai nuovi bisogni, organizzando servizi, costruendo alleanze, segnalando in modo puntuale cambiamenti normativi o procedurali necessari, mobilitando risorse (umane ed economiche), innovando le proprie modalità di funzionamento e introducendo e promuovendo pratiche dalle quali non si dovrà tornare indietro quando tutto sarà finito. Lo abbiamo raccontato, tra l’altro, nel Rapporto annuale che produciamo sulle politiche delle cronicità: le associazioni che si occupano di tutela ed informazione ai pazienti con malattie croniche sono state in questi mesi protagoniste di vecchie e nuove risposte ai bisogni dei cittadini. C’è chi ha realizzato un laboratorio di dialettica per i ragazzi con sindrome della crescita, chi ha promosso lo sportello online per le donne con fibromialgia, chi ha organizzato corsi yoga online per l’endometriosi; altre organizzazioni hanno attivato servizi di sostegno psicologico, forme di supporto so ciale ed educativo, o anche servizio di assistenza legale e lavorativa. Da parte nostra, sia a livello nazionale che territoriale, forte è stata la spinta a stringere collaborazioni con numerosi e vari soggetti del mondo civico, istituzionale ed aziendale, per realizzare campagne di informazione, per fare pressione a livello normativo ed istit uzionale, per portare (nella prima fase) anche i sussidi fondamentali, come mascherine e gel igienizzanti laddove c’è ne fosse bisogno. Lo abbiamo fatto incrementando inoltre le attività (soprat-

tutto online) di informazione e tutela dei cittadini contro le fake news sulla pandemia e sui vaccini. Abbiamo provato a dar voce a soggetti che altrimenti rischiano di aver poca voce in capitolo: ad esempio chiedendo ai giovani studenti di raccontare la loro esperienza di scuola durante la pandemia e fare proposte che nascessero dalle loro richieste ed esigenze.

La partecipazione civica, insomma, è aumentata, come ha mostrato anche l’ultimo Rapporto Bes dell’Istat, e ha assunto anche altre forme e altre modalità. Un arricchimento da cui ci auguriamo non si dovrà tornare indietro.

Quali le aspettative rispetto all’utilizzo delle risorse del PNRR?

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è una occasione unica per il nostro Paese. Grandi risorse economiche sono a disposizione per il nostro futuro. Pensiamo ai 15 miliardi previsti per la sanità, ad esempio per il rafforzamento dell’assistenza territoriale e per dare nuove risorse a favore dell’assistenza domiciliare integrata; o ancora agli oltre 12 miliardi e mezzo per la scuola, che serviranno tra l’altro alla messa in sicurezza di alcuni edifici, alla costruzione di nuove mense e palestre scolastiche, e di asili nido di cui il nostro Paese ha bisogno.

Ma per costruire un piano che abbia un respiro politico lungo, insieme alle organizzazioni civiche promotrici dell’Osservatorio civico sul PNRR chiediamo che si punti sulla partecipazione e sul monitoraggio da parte dei cittadini e delle comunità, soprattutto nel dialogo con gli Enti locali che gestiranno quasi la metà delle risorse. E vogliamo spingere perché la spesa corrente accompagni gli investimenti del Piano per rendere gli interventi previsti in grado di produrre cambiamenti strutturali.

Quali i cambiamenti necessari per rendere il Paese più

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in prevenzione e promozione della salute, a partire dalle giovani generazioni”

Intervista ad Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale Cittadinanzattiva

resiliente?

Occorrerà, innanzitutto, non tornare indietro su alcune conquiste e passi avanti che sono stati fatti, anzi ampliarne portata e contenuto: penso alla telemedicina, che è stata sperimentata con successo in alcuni territori in ambito sanitario; o alla didattica digitale integrata che, in alcune situazioni e con una adeguata formazione dei docenti, può migliorare la didattica o venire incontro alle esigenze specifiche di alcuni studenti (si pensi ai ragazzi che per alcuni periodi della propria vita sono costretti a studiare in ospedale a causa delle proprie condizioni di salute). Alle forme di mobilità sostenibile che stanno crescendo nel nostro Paese e che bisogna trovare il modo di incentivare, per disinnescare qualsiasi rischio di ritorno al passato determinato, ad esempio, dalla paura di utilizzare i mezzi pubblici per via del virus.

Occorrerà investire in prevenzione e promozione della salute, a partire dalle giovani generazioni. È uno degli ambiti sui quali abbiamo chiesto al Ministro della Salute Speranza di investire parte delle risorse aggiuntive (6 miliardi entro il 2024) appena destinate al Fondo sanitario nazionale; ed è sicuramente una delle sfide più importanti che attendono i nuovi Sindaci delle aree metropolitane.

Obiettivo Cittadinanza: tra le tante sfide che attendono il Paese, che posto occupa?

Obiettivo Cittadinanza è una campagna che da alcuni mesi abbiamo promosso insieme al movimento Italiani senza cittadinanza con due obiettivi principali: fornire innanzitutto informazioni utili e aggiornate ai giovani di origine straniera, nati o cresciuti in Italia, per acquisire la cittadinanza italiana; rappresentare i volti e raccontare le storie di tanti “Italiani di fatto” che da anni, tra mille impedimenti e innumerevoli difficoltà, provano ad ottenere lo status di cittadini.

Le norme vigenti in Italia per accedere alla cittadinanza italiana sono, infatti, tra le più restrittive d’Europa: occorrono dieci anni di residenza ininterrotta sul territorio nazionale per poter presentare la domanda di cittadinanza italiana, cui si aggiungono anni di attesa per ottenere una risposta definitiva dalla pubblica amministrazione ed una infinità di difficoltà burocratiche che costellano ed ingolfano il percorso di riconosci-

mento

Sono norme che calpestano la dignità delle persone e anche il buon senso che dovrebbe dare per scontato che non ci possano essere cittadini che, nati nel nostro Paese o giunti qui in età scolare e avendo studiato qui, e lavorando qui, pagando le tasse qui, parlando con l’inflessione della zona del nostro Paese in cui sono cresciuti, siano cittadini senza cittadinanza.

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“Investire

Città a misura di anziano

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Il processo di invecchiamento della popolazione che interessa il mondo intero, e il nostro Paese in modo particolarmente marcato, rappresenta una delle tendenze più importanti con cui governi e amministrazioni locali dovranno confrontarsi nei prossimi anni. Si stima, infatti, che entro il 2050 il 22% delle persone avrà più di 60 anni e che almeno 400 milioni avranno superato la soglia degli 80 anni. Un cambiamento, questo, che viaggia parallelamente a un’ulteriore crescita delle città, nelle quali vive, in Europa, il 60% della popolazione.

Lo scenario è dunque quello di città densamente abitate da over 65, ovvero in parte senior attivi e dinamici, ma in parte anche persone fragili, con ridotta autonomia. È perciò sempre più importante che le politiche pubbliche siano in grado di mettere in campo servizi e strutture capaci di rispondere ai molteplici bisogni di salute, mobilità e assistenza di questa fascia della popolazione, costruendo città age-friendly.

Gli elementi fondamentali sulla base dei quali una città viene giudicata più o meno vivibile dalla sua popolazione anziana sono oramai noti: la partecipazione sociale, il rispetto e l’inclusione sociale, la comunicazione e l’informazione, il supporto da parte della comunità e dei servizi sanitari, l’accesso ai trasporti pubblici, la presenza di panchine su cui sedersi negli spazi aperti sono alcuni fattori indicati come più importanti già nel 2006 dalla popolazione senior interrogata dall’OMS attraverso il suo Programma delle città a misura di anziani

È evidente che ripensare le città in una logica di miglioramento in questi ambiti significa non solo rendere le città più inclusive per gli anziani, ma anche per altre categorie come le persone diversamente abili, i bambini, le donne in stato di gravidanza, e in ultima analisi per tutta la popolazione.

La disponibilità di aree verdi e percorsi che consentano di camminare, ad esempio, è la precondizione per uno stile di vita più sano, all’insegna del movimento, che si traduce in un minore impatto delle patologie cardio-metaboliche e respiratorie, le quali in occidente rappresentano le prime cause di invalidità e morte.

La sedentarietà oggi è uno dei principali fattori di rischio e va contrastata anche consentendo alle persone di vivere diversamente lo spazio esterno delle città, con conseguenze positive in termini di salute, invecchiamento positivo e riduzione dei costi sostenuti dai servizi sanitari per la gestione delle cronicità.

Poter contare su una rete di trasporti efficienti e sostenibili consente ovviamente alle persone over 65 di uscire di casa serenamente e prevenire l’isolamento sociale, condizione ampiamente diffusa in tanti Paesi, ma al tempo stesso permette libertà di movimento ai genitori con figli piccoli, spesso scoraggiati dalle diverse criticità legate agli spostamenti nei grandi centri urbani. Perciò le amministrazioni cittadine dovrebbero effettuare una valutazione del grado di inclusività verso gli anziani della loro città, per poi sviluppare un piano di azioni concrete che cambino concretamente la qualità della vita delle persone, te-

nendo conto che questo cambiamento avrà effetti sulla vita di tutti e avrà ritorni positivi in termini economici. Alcuni esempi possono essere le panchine per sedersi, i bagni pubblici accessibili, i semafori agli attraversamenti pedonali che tengano conto delle persone che si muovono più lentamente e hanno bisogno di maggior tempo.

Ma uno sviluppo age-friendly del tessuto urbano deve dare un ruolo primario alle relazioni, tenendo conto del bisogno fondamentale delle persone di partecipare alla vita sociale, portare il proprio contributo, restare in connessione con gli altri. E questo può avvenire attraverso il volontariato, la vita lavorativa, l’intrattenimento, lo sport e le altre forme di partecipazione sociale. Quindi un’altra misura importante è la valorizzazione dei luoghi di aggregazione, dell’associazionismo, del terzo settore. Pensiamo alla grande risorsa rappresentata nel nostro Paese dai centri sociali per anziani, strutture territoriali nelle quali le persone possono incontrarsi per svolgere attività ludiche e ricreative, per organizzare viaggi, ma anche per beneficiare di importanti programmi di informazione e sensibilizzazione in ambito di salute, tecnologico o finanziario.

Le attività portate avanti da Senior Italia FederAnziani nella rete dei 3.800 centri aderenti al suo network sono solo un esempio di come questi luoghi, tradizionalmente associati al gioco delle carte o delle bocce, possano diventare dei centri di vitale importanza per l’invecchiamento positivo e per la crescita culturale e sociale di una fascia della popolazione caratterizzata in genere da una bassa scolarizzazione e da scarsa disponibilità economica.

I CSA possono essere luoghi ben più attivi e stimolanti di semplici circoli ricreativi, attraverso lo sviluppo di progetti che valorizzano al massimo la loro potenzialità, portando all’interno informazioni utili, ma anche servizi gratuiti. Oggi, in buona sostanza, in un CSA si può seguire un corso di informatica, un convegno dedicato alla prevenzione delle malattie respiratorie o alla corretta alimentazione, effettuare una spirometria o una dermatoscopia gratuita, svolgere ginnastica dolce, ballare, prendere lezioni di inglese o ceramica e infine fare amicizia sottraendosi a quella solitudine che colpisce sempre più persone in età avanza e che rappresenta una delle variabili alla base della depressione senile. Nell’origine della depressione, infatti, la comparsa di disturbi cronici, la perdita delle autonomie, la progressiva riduzione delle attività e degli interessi si uniscono a quella perdita di relazioni significative che purtroppo è una cifra caratteristica della vita nei grandi centri urbani.

Occorre investire per creare un ambiente accessibile, ricco di luoghi vivi sul territorio che offrano alle persone una buona ragione per uscire di casa e partecipare e vivere. Non solo offerte culturali e intrattenimento ma anche opportunità di volontariato o di impegno civico fanno parte del volto della città a misura di senior che vogliamo, e che può garantire a tutti una maggiore età positiva e appagante.

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Un treno che

Introduzione PNRR

Nei mesi più ostici dell’emergenza sanitaria, con difficoltà abbiamo immaginato un ritorno ai livelli economici prepandemia in tempi brevi. Se oggi dovessimo dare un’identità alla cosiddetta luce in fondo al tunnel, il Next Generation EU (NGEU) è ciò che più ci si avvicina. L’accesso al pacchetto di 750 miliardi di euro, composto da sovvenzioni e prestiti agevolati, è subordinato alla programmazione da parte di ciascuno Stato membro del proprio Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in breve PNRR.

Il PNRR si articola in 6 Missioni, che rappresentano le aree tematiche strutturali di intervento:

1. Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo

2. Rivoluzione verde e transizione ecologica

3. Infrastrutture per una mobilità sostenibile

4. Istruzione e Ricerca

5. Inclusione e Coesione

6. Salute

Mezzogiorno: da problematica ad opportunità, di Mariabenedetta Guastellini

Tra le questioni più importanti in termini di policy rileva la gestione delle risorse nel Mezzogiorno italiano, che rappresenta la maggiore area di sottosviluppo economico dell’Europa occidentale, dove l’intervento delle autorità statali è considerato necessario al fine di rimuovere le anomalie che impediscono al Sud di convergere con il resto del Paese, in termini di livello di reddito.

Il sottosviluppo in quest’area deriva da numerosi fattori, quali la scarsa dotazione infrastrutturale, il capitale sociale e umano, la criminalità organizzata, nonché la qualità delle istituzioni locali. Più volte è stato dimostrato che, a seguito di interventi da parte delle autorità statali, si sia avuta un’efficacia solo temporanea e che quindi i benefici fossero di durata pari al tempo in cui le policy fossero in vigore.

Al Mezzogiorno italiano sarà destinata una quota pari a circa il 40% del NGEU. Dati e informazioni esaustive sugli interventi devono essere resi pubblici, al fine di rendere trasparente il processo di formulazione e attuazione delle politiche di sviluppo e coesione, nonché contribuire a rendere la cittadinanza partecipe in quei processi in cui lo Stato e il settore privato sono i protagonisti. Come sostengono autorevoli economisti di Banca d’Italia, quali Guido De Blasio e Antonio Accetturo, non sarà sufficiente elaborare ed implementare le policy, occorre valutare la loro efficacia e agire sui fattori che hanno determinato e accresciuto il gap con il resto del Paese. Il rischio è che imprese e imprenditori, in un contesto geografico economicamente e socialmente arretrato, tendano ad abituarsi all’aiuto erogato dallo Stato e perdano ogni stimolo a crescere e innovare.

Quadro normativo e opportunità locali, di Giorgio Ferrigno

Si potrà festeggiare il successo del PNRR, almeno in Italia, solo se avrà lasciato una macchina amministrativa razionalizzata. I sei anni che verranno rappresentano

non ci porti via

un’opportunità per concedere alle generazioni future un supporto, anziché l’ostacolo che oggi le amministrazioni spesso rappresentano. Pertanto, sebbene le policy siano al centro del Piano, le riforme e l’attività regolamentare hanno una funzione primaria, se lo si guarda in un’ottica di lungo termine.

Leggendo il PNRR, le intenzioni del legislatore sembrano andare in questa direzione: prevale la necessità di una razionalizzazione sistematica delle normative di settore e una maggiore flessibilità nell’autonomia degli enti locali.

La revisione più urgente si rinviene nel codice dei contratti pubblici. Con la relazione annuale 2020, il Presidente della AGCM Roberto Rustichelli ha addirittura considerato di sospendere l’applicazione del codice e rifarsi direttamente alle direttive europee. Sebbene questo possa essere visto come uno strappo eccessivo con la realtà, espone una malsana abitudine del legislatore italiano: il gold plating. Il legislatore ha appesantito in maniera considerevole la normativa europea e oggi abbiamo un complesso di norme labirintico e disincentivante per imprese non italiane. Alcune norme sono già state toccate dai decreti-legge del 2021. Tuttavia, un’organica riforma del testo risulta urgente, a prescindere dall’attuazione del Piano. Un altro cancro della macchina pubblica è la zoppicante autonomia concessa agli enti locali. In una fase di costruzione in senso lato che stiamo per intraprendere, Comuni e Città metropolitane sono gli enti che possono riconoscere priorità territoriali e sostenere attivamente le fasi di esecuzione. Le risorse di tali enti vanno necessariamente potenziate, il PNRR riconosce questa necessità e pone le basi per concludere il tanto agognato

federalismo fiscale nel 2026. Tuttavia, diversi sono gli elementi che preoccupano in tal senso: in primo luogo, Regioni ed enti locali sono rappresentati in maniera surrettizia nella cabina di regia, attraverso il Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie. D’altra parte, da qui al 2026 ci sarà un cambio di legislatura e chissà quanti Governi.

Un treno che non ci porti via Per la generazione nata a ridosso degli anni 2000, la parola “cambiamento” è da sempre una costante. Tuttavia, prima del fatidico marzo 2020 mai abbiamo fronteggiato una sfida così ardua e complessa. Ogni confronto sul cambiamento nascondeva un’aura di paura e rassegnazione che ci costringeva ad arrivare alla conclusione che alle fine niente sarebbe mutato e la soluzione migliore per il nostro futuro sarebbe stata quella di emigrare all’estero.

Il Next Generation EU rappresenta l’ultima chiamata per il treno del cambiamento, anche se questa volta il treno non è simbolo di un viaggio di sola andata verso nuovi e più prosperi lidi.

Il nostro augurio è che, dopo l’esperienza della pandemia, che ha ulteriormente esacerbato le disuguaglianze di genere, sociali e territoriali, si possa, non solo ripartire, ma ricostruire sfruttando la grande opportunità del PNRR, con l’obiettivo e la speranza che il nostro Paese ritorni a ricoprire un ruolo di primaria importanza nello scenario mondiale ed europeo, ma che soprattutto l’Italia non sia più il Paese da cui spesso abbiamo pensato di scappare.

PNRR: LE RISORSE

PER LA MISSIONE

Come risulta dalle comunicazioni rese al Parlamento dal Presidente del Consiglio il 26 e 27 aprile scorsi, la Missione 6 Salute presenta risorse stanziate dal PNRR pari a 15,63 miliardi di euro (l’8,16% di 191,5 miliardi previsti dal Piano), divisi in due obiettivi principali:

- M6C1: reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza territoriale sanitaria (7 miliardi euro), allo scopo di riformare gli standard strutturali, organizzativi e tecnologici per l’assistenza entro il 2021 con l’approvazione di uno specifico decreto ministeriale e definire un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione in linea con l’approccio “One-Health”, mediante un apposito disegno di legge entro la metà del 2022.

Nell’ambito di tali obiettivi, saranno potenziati: le strutture esistenti e creati nuovi presidi territoriali (attivazione di 1.288 Case della Comunità entro il 2026 per circa 2 mld euro); i servizi domiciliari e digitali (con la presa in carico, entro la metà del 2026, del 10% della popolazione di età superiore ai 65 anni non autosufficienti o con patologie croniche, impiegando 4 mld euro); l’offerta assistenziale intermedia a livello territoriale (realizzazione di 381 Ospedali di Comunità entro la metà del 2026, costo stimato 1 mld euro).

- M6C2: innovazione, ricerca e digitalizzazione del SSN (8,63 miliardi euro), attraverso due componenti:

aggiornamento tecnologico e digitale, attraverso la riorganizzazione della rete degli IRCCS (gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico), mediante:

1) l’acquisto di 3.133 nuove grandi apparecchiature ad alto contenuto tecnologico e potenziamento del livello di digitalizzazione di 280 strutture sanitarie sede di Dipartimenti di emergenza e accettazione (DEA), per circa 4,05 mld euro di investimento, che include la quota (1,41 mld) relativa a progetti già avviati dal Ministero della Salute per il rafforzamento dell’ambito ospedaliero per l’emergenza pandemica;

2) l’adeguamento antisismico delle strutture ospedaliere per 1,64 mld euro di cui 1 mld relativo a progetti già in essere;

3) il rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica per la

SALUTE (M6)

raccolta, elaborazione, analisi e simulazione dati relativo al Fascicolo sanitario e ai modelli predittivi per garantire i livelli essenziali di assistenza e la sorveglianza sanitaria per complessivi 1,67 mld euro.

trasferimento tecnologico e alla ricerca scientifica, potenziando la formazione e la qualità del capitale umano (1,26 mld euro), di cui 520 mln per la ricerca biomedica del SSN (realizzazione di progetti Proof of Concept a scopi industriali e per malattie e tumori rari) e 740 milioni per lo sviluppo di competenze tecnico-professionali, digitali e manageriali del personale del sistema sanitario (incremento delle borse di studio in medicina generale con 2.700 borse aggiuntive, piano straordinario di formazione sulle infezioni ospedaliere, progetti formativi sul management ospedaliero e 4.200 contratti di formazione specialistica aggiuntivi per ridurre il cd. “imbuto formativo” e coprire un ciclo completo di 5 anni dal 2020).

Gli obiettivi della Missione appaiono diretti a superare alcune criticità riscontrate a causa delle tendenze demografiche in atto (invecchiamento della popolazione), epidemiologiche (crisi sanitaria dovuta alla pandemia da COVID-19) e sociali (significative disparità territoriali e di assistenza sul territorio):

- a rafforzare la prevenzione e l’assistenza territoriale, promuovendo l’integrazione tra i servizi sanitari e sociali;

- assicurare l’equità di accesso alle cure e nell’erogazione delle prestazioni;

- puntare su un ammodernamento delle strutture del Sistema sanitario nazionale, anche in termini di formazione, risorse digitali e tecnologiche;

- promuovere la ricerca scientifica in ambito biomedico.

Le risorse complessivamente stanziate per la Missione 6 sono complessivamente 20,22 miliardi di euro, in quanto ai predetti 15,63 miliardi del PNRR occorre aggiungere quanto stanziato dallo strumento finanziario React EURecovery Assistance for Cohesion and the Territories of Europe previsto per la crisi pandemica da COVID-19 (+1,71 mld) e il Fondo complementare per la sicurezza ecologica e sismica (+2,89 mld).

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FOCUS ON CITT À

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Più di un secolo e mezzo di Esposizioni Universali hanno messo in mostra invenzioni e tesori culturali che cambiano la vita. La prima Esposizione Universale, tenutasi nel 1851 al Crystal Palace di Londra, mostrò come poteva essere un mondo che abbracciasse la scienza e la tecnologia.

Expo 2020 Dubai è l’Esposizione Universale inaugurata negli Emirati Arabi il 1 ottobre e che chiuderà i battenti al 31 marzo 2022 ed è la prima Esposizione Universale che si svolge in un Paese arabo.

Una Esposizione travagliata a causa del COVID-19 che ha costretto gli organizzatori di rinviarla di un anno.

Expo 2020 Dubai continua questa storia con la promessa di organizzare un evento inclusivo e globale con quasi 200 partecipanti da tutto il mondo, dallo sbloccare opportunità di sviluppo per la prossima generazione, al reinventare il modo in cui le persone si muovono e si connettono, alla ricerca di soluzioni sostenibili intorno all’energia e acqua. Oggi si creano nuove innovazioni che, cinque anni fa, sarebbero state inimmaginabili

Expo 2020 nasce come vetrina della genialità e delle conquiste umane.

Expo Dubai parlerà in questi sei mesi di OPPORTUNITÀ – liberare il potenziale dei singoli e delle comunità per creare un futuro migliore, MOBILITÀ – sistemi innovativi di logistica, trasporto e comunicazione di persone, beni e idee, SOSTENIBILITÀ – accessibilità e resilienza delle risorse ambientali, energetiche e idriche.

Con quasi 200 Paesi partecipanti per sei mesi Dubai si trasformerà in una vetrina mondiale in cui i Paesi partecipanti presenteranno al mondo il meglio delle loro idee, progetti, modelli esemplari e innovativi nel campo delle infrastrutture materiali e immateriali sui temi dell’Esposizione Universale.

Dialogo, engagement e cooperazione: l’innovazione riparte da Expo 2020 Dubai! E Expo 2020 Dubai è la prima Esposizione Universale a tenersi nell’area ME.NA.SA. (Medio Oriente, Nord Africa, Asia meridionale).

L’Expo copre bel 438 ettari situati nel quartiere DubaiSouth, a metà strada tra Abu Dhabi e Dubai, l’area è servita da tre aeroporti internazionali, da un’importante rete stradale e da un’estensione della metropolitana di Dubai. Grazie a queste infrastrutture sono assicurate facilità di accesso all’evento e massimizzazione dei benefici ai partecipanti.

L’eredità consisterà nel sito stesso con le sue strutture e infrastrutture sulle quali si baserà lo sviluppo dell’intero quartiere Dubai-South. Tale area includerà un centro espositivo all’avanguardia, istituzioni accademiche e di ricerca e anche un polo tecnologico.

“Siamo orgogliosi di accogliere i rappresentanti di 192 Paesi nella terra della tolleranza e auspichiamo che questo evento possa servire a trovare soluzioni alle sfide globali, con un livello di cooperazione internazionale di cui l’umanità ha bisogno”. Mohammed bin Rashid Al Maktoum, vice presidente e primo ministro degli Emirati Arabi Uniti e sovrano di Dubai, in una intervista al quotidiano arabo ‘Al Bayan’.

Il sovrano di Dubai ha ricordato come l’evento sia il coronamento di un “viaggio di 10 anni fatto di dedizione e duro lavoro e ciò è motivo di orgoglio nazionale. Per noi è stato un viaggio che riflette la fiducia globale negli Emirati Arabi Uniti”. “Gli Emirati - ha aggiunto - hanno dimostrato ancora una volta un’eccezionale capacità di eccellere in qualsiasi missione e posizione che intraprendono per servire l’umanità”. L’Esposizione ha per tema “Connecting Minds, Creating the Future” (“Connettere le Menti, Creare il Futuro”), una “connessione” tra popoli, Paesi, culture e idee che la pandemia ha interrotto, e il riferimento a “creare il futuro” lancia il seme della speranza.

Expo Dubai 2020 nelle previsioni degli organizzatori dovrebbe attirare 25 milioni di visite, di cui il 70 percento delle quali proverranno da paesi stranieri.

L’Expo avvierà le celebrazioni del Giubileo d’oro del paese, funzionando da trampolino di lancio per inaugurare una visione sostenibile e progressista per i prossimi decenni.

Per Dubai è l’occasione di proiettarsi in una nuova dimensione globale ed economica, come prototipo di città del futuro,

Una città che migliora il suo volto, già scintillante e attrattivo, con tante nuove attrazioni, come Ain Dubai, la ruota panoramica più alta del mondo situata su Bluewaters Island, inaugurato il 21 ottobre, la Deep Dive Dubai, che regalerà l’esperienza unica di immergersi nella piscina più profonda del mondo, passando per il Time Out Market inaugurato nel Souk Al Bahar di Dubai all’inizio del 2021 con 17 concept culinari a chilometro zero.

Dubai ha ormai quasi azzerato la dipendenza dal petrolio (che ad oggi rappresenta solo l’1% del PIL rispetto al 50% segnata negli anni fino al 2000), oggi “la città del futuro” genera da solo il 28% del PIL degli Emirati Arabi Uniti pari a 421 miliardi di dollari, che dal 2000-2020 si è quintuplicato.

Con 10,6 milioni di passeggeri nei primi sei mesi del 2021, nonostante le restrizioni di viaggio che hanno interessato i suoi mercati chiave, l’Aeroporto Internazionale di Dubai stima una forte crescita nella seconda metà dell’anno, grazie alla spinta di EXPO, con numeri grazie ai quale l’hub si conferma l’aeroporto più trafficato al mondo per i passeggeri internazionali.

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2020
DUBAI: CONNETTERE LE MENTI, CREARE IL FUTURO
EXPO
A

IL PADIGLIONE ITALIA ALL’EXPO DI DUBAI CULLA DELL’ECCELLENZA

In occasione dei Construction Innovation Awards negli Emirati Arabi Uniti è stato assegnato al Padiglione Italia il premio come miglior progetto imprenditoriale dell’anno. Il Padiglione Italia, è un progetto architettonico firmato da Carlo Ratti, Italo Rota, Matteo Gatto e F&M Ingegneria d presenta un’architettura ideata per mettere in scena con creatività e innovazione “la Bellezza che unisce le Persone”. La società RAQ – Redefining Construction è stato il general contractor aggiudicatario della gara internazionale per la costruzione del Padiglione Italia a Expo Dubai 2020.

“Il progetto di Ratti, Rota, Gatto e F&M”, dichiara Paolo Glisenti, Commissario Generale dell’Italia per Expo 2020 Dubai, “ci permette di realizzare uno spazio non solo espositivo ma rappresentativo del migliore ingegno italiano, offrendo una memorabile esperienza ai visitatori, facendo vedere al mondo competenze, talenti e ingegni multidisciplinari che possono diventare promotori di nuove opportunità formative, professionali e imprenditoriali. Il Padiglione Italia è realizzato con il contributo di aziende partner - grandi, medie e piccole - chiamate a fornire le migliori componenti costruttive, impiantistiche, tecnologiche e scenografiche, capaci di dimostrare le competenze più innovative impegnate oggi nella sostenibilità, nell’economia circolare, nell’architettura digitale”.

Il Padiglione Italia è collocato tra le aree tematiche “Opportunità” e “Sostenibilità” nel sito di Expo 2020 Dubai in una posizione strategica anche dal punto di vista dei flussi di visitatori.

Si prevede un afflusso di oltre 28 mila visitatori al giorno nel Padiglione Italiano, oltre 5 milioni nei sei mesi dell’evento. La prossimità al parco, oltre a rappresentare un forte vantaggio in termini di attrattività, garantisce anche un’eccellente visione del Padiglione, in quanto non vi sono strutture che ne ostacolano la visuale frontale e laterale.

ll Padiglione dell’Italia si trova vicino a quelli di India, Germania, Arabia Saudita, Giappone e Stati Uniti.

La location, le dimensioni e il richiamo di Expo 2020 Dubai sono ideali per dare la massima visibilità ai risultati e agli obiettivi della tua attività.

Il Padiglione Italia è dotato di diversi spazi dalle funzioni adatte ad ogni tipo di evento che si terrà durante i sei mesi dell’Esposizione Universale: presentazioni, ricevimenti,

incontri istituzionali, workshop e conferenze.

Allo Studio e all’Accademia pensati come luoghi di formazione e seminari multimediali si accompagnano spazi B2B progettati per meeting di affari e dimostrazioni di prodotti e servizi a cominciare da quelli delle startup che si presentano sulla scena globale dell’Esposizione.

E’ Gabriele Salvatores, premio OSCAR on “Mediterraneo”, a raccontare ai visitatori del Padiglione Italia a Expo 2020 Dubai l’unicità dei territori delle Regioni del nostro Paese. Il regista Premio Oscar, scelto da una commissione presieduta dallo scrittore Sandro Veronesi, narra la Bellezza evocata sin dal titolo della partecipazione italiana –“La Bellezza unisce le Persone” – che a sua volta declina il claim dell’Esposizione Universale “Connettere le menti, creare il futuro”.

Il progetto vede i territori protagonisti assoluti del percorso espositivo del Padiglione all’Esposizione Universale. Tutto il racconto del Padiglione è stato immaginato come il viaggio di uno sguardo. Inizialmente i visitatori ammireranno il paesaggio del percorso espositivo, per poi addentrarsi lungo un itinerario di architetture narrative fatte di contenuti che esprimono il meglio della competenza e della bellezza italiana: dal cinema al teatro, dai paesaggi, alle imprese più innovative, dalle tecnologie d’avanguardia alla sostenibilità.

Il racconto costruito da Salvatores con le Regioni partecipanti prevede una serie di contenuti altamente scenografici e d’impatto, visibili al Padiglione Italia in due diverse sezioni: il Belvedere, con proiezioni a 360° dei paesaggi italiani più suggestivi, e il ‘Saper Fare’ italiano, raccontato su uno schermo di 100 metri quadrati e capace di mostrare al visitatore il meglio delle ‘arti artigiane’, dell’agroalimentare, della meccanica, del design e dell’esercizio delle tecnologie più sofisticate.

Il Padiglione Italia nasce come una piattaforma aperta alla rappresentazione di processi e di progetti di innovazione, territoriale e nazionale. Un ampio programma culturale e di business.

Open Creativity Italy, per coinvolgere le nostre imprese creative, gli artigiani digitali, i comunicatori e gli information designers che, insieme ai brand più famosi della moda, del design, della gioielleria, della cosmesi, dell’agroindustria, avranno l’ opportunità di incontrare un

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pubblico internazionale e proporre nuove forme di cooperazione, partecipazione e sviluppo.

Mentre Open Education Italy con le scuole d’istruzione superiore, gli istituti tecnici professionali, le Università, i Centri di ricerca per delineare un nuovo panorama educativo, che raccolga le opportunità offerte dal crescente bisogno di nuovi modelli e livelli di istruzione richiesti oggi per professioni creative e culturali; professionalità sempre meno localizzate, specifiche e ‘nazionali’ e sempre più connotate da competenze trasversali, skills multidisciplinari e dalla maggiore interconnessione tra imprese multi-settoriali.

Open Culture Italy ha un ruolo per la valorizzazione del ruolo delle arti e della cultura nella rigenerazione dei popoli, la promozione della nostra industria culturale e creativa, ma anche per il consolidamento di nuove partnerships nella scienza, nella innovazione, nella valorizzazione del nostro patrimonio storico-artistico.

Open Diplomacy Italy vuole consolidare, con la partecipazione ad Expo 2020 Dubai il ruolo del nostro Paese nel Mediterraneo e per contribuire al rafforzamento del dialogo interculturale tra Europa e Medio oriente, Nord Africa e Asia.

Un polo interculturale sulle scienze e la qualità della vita, l’ambiente, il paesaggio e il turismo sostenibile. Incontri con scienziati e ricercatori, giuristi, antropologi e sociologi che lavorano sulle prossime sfide globali per connettere uomini, menti e intelligenze.

f=ëÉííçêá=Çá=áåíÉêÉëëÉ=Äáä~íÉê~äÉ=Çá=fí~äá~Lb^r

• Grandi imprese: aerospazio, cyber security, energia (imprese della transizione energetica), smart grid, big data, ambiente, grandi opere, scienze della vita e pharma, trasporti, automotive.

• Nautica, costruzioni, arredo, illuminotecnica.

• Imprese culturali (spettacolo dal vivo, arti visive, cinema, editoria, musica, stampa, software, videogiochi).

• Industrie creative (fashion design, moda, enogastronomia).

• Patrimonio storico-artistico (musei, biblioteche, archivi, monumenti, aree archeologiche).

• Imprese creative driven (artigianato, manifattura innovativa, web-marketing, professioni creative, content design, food design).

• Benessere e cosmetica.

• Design industriale (design di prodotto, design di sistemi, modellazioni 3D, prototipazione e engineering).

• Interior design (architettura, ambienti abitativi).

• Design firm (learning experience design, design dei modelli organizzativi e degli spazi lavorativi, IoT).

• Information e Communication Design (strumenti, canali, linguaggi).

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I NUOVI SINDACI DELLE CITTÀ METROPOLITANE

ROMA

Roberto Gualtieri neo sindaco della Capitale ha 55 anni, sposato, un figlio e la passione per la chitarra, il dem Roberto Gualtieri è stato il candidato della coalizione di centrosinistra ed è stato appoggiato da 7 liste: Pd, civica per Gualtieri sindaco, Demos, Roma Futura, Partito socialista italiano, Sinistra civica ecologista, Europa verde. Professore associato di Storia contemporanea alla Sapienza, ha scritto diversi libri sulla storia d’Italia ed è vicedirettore della Fondazione Istituto Gramsci. Dopo l’esperienza con la Federazione giovani comunisti italiani, a 19 anni prende la tessera del Pci e in seguito milita nei Democratici di sinistra per poi entrare nel Pd che contribuisce a fondare. Ex dalemiano, è stato eletto due volte europarlamentare: nel 2009 e nel 2014, quando diventa presidente della commissione Affari economici. Nel 2019 viene nominato ministro dell’Economia da Giuseppe Conte e l’anno dopo vince le elezioni suppletive nel Collegio Roma 1 diventando deputato. A giugno ha ottenuto il 60% delle preferenze alle primarie di centrosinistra per la candidatura a sindaco di Roma.

NAPOLI

Gaetano Manfredi nuovo sindaco di Napoli è stato il ministro dell’Università nel governo Conte II. Gaetano Manfredi, 57 anni, è statonil candidato dell’alleanza di centrosinistra allargata ai Cinquestelle. Una coalizione ampia che va dalla Sinistra ai moderati fuoriusciti da Forza Italia (in tutto 13 liste). Ex rettore della Federico II dal 2014 al 2020, già presidente della Crui dal 2015, è docente di tecnica delle costruzioni alla facoltà di Ingegneria. Sposato con un medico, Cettina, 57 anni. Hanno una figlia, Sveva, 21 anni, laureata in Economia. È appassionato di musica rock, spaziando dai Led Zeppelin ai Genesis. E di cinema, con una predilezione per i film fantasy. Le liste a lui collegate sono state:Partito Democratico; Movimento 5 Stelle; Per le Persone e Comunità; Adesso Napoli; Azzurri per Napoli; Centro Democratico; Europa Verde; Manfredi sindaco; Moderati; Repubblicani Democratici; Napoli Libera; Napoli Solidale; Noi Campani per la Città.

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MILANO

Giuseppe (Beppe) Sala, 63 anni, è sindaco di Milano dal 2016 ed è stato riconfermato. Si è ricandidato appoggiato da otto liste. Originario di Varedo, in Brianza, dopo la laurea in Bocconi entra in Pirelli, dove ricopre vari incarichi fino a diventare vicepresidente senior, responsabile delle strutture industriali e logistiche del settore pneumatici. Dal 2003 al 2006 è direttore generale di Telecom Italia. Nel 2009, l’allora sindaca Letizia Moratti lo chiama in Comune come direttore generale. Nel 2010 la sfida: diventa amministratore delegato di Expo 2015 e, tre anni dopo, commissario straordinario del governo. L’Esposizione chiude con 21 milioni di visitatori e dà il via alla corsa della città. Ha una compagna, Chiara Bazoli, responsabile degli Affari legali di Fondazione Feltrinelli, e le passioni per l’Inter e per la bicicletta. Slogan: “Milano sempre più Milano”. Le liste a lui collegate sono state:Pd, Beppe Sala sindaco, Riformisti con Sala, Milano Unita, Milano Radicale, Milano in Salute, Europa Verde, Volt.

in Scienze Politiche a Bologna, con Master in Relazioni internazionali, e ha svolto uno stage a Bruxelles. Nel 2007 entra nel Pd, e l’anno seguente viene assunto come responsabile dell’Area sviluppo territoriale di Legacoop, dove resta fino al 2011. In quell’anno lascia il lavoro ed entra nella giunta guidata da Virginio Merola con deleghe a Economia e Promozione della città. Nel 2016 è confermato in giunta e aggiunge alle sue deleghe anche Cultura e Immaginazione civica. Ha una compagna e due figli piccoli, Irma e Orlando, nato un anno fa. Tra le sue passioni il trekking in montagna e il basket: Lepore ha giocato per molti anni. E ancora oggi dedica una mezz’ora ai tiri a canestro ogni mattina, prima del lavoro. È stato sostenuto dalle liste:Pd, lista “Lepore sindaco”, lista “Anche tu Conti”, lista “Coalizione civica, ecologista e coraggiosa”, M5S, lista “Europa Verde”, lista “Psi-Volt”.

BOLOGNA

Il nuovo sindaco di Bologna è Matteo Lepore candidato Pd di centrosinistra. Quarantuno anni Lepore è laureato

TORINO

Il nuovo sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, ha quarantacinque anni, papà di Beatrice, nato e cresciuto a Torino nel quartiere Santa Rita, professore di geologia al Politecnico, è stato eletto per la prima volta in Consiglio comunale nel 2006 a trent’anni nella lista dell’Ulivo. Rieletto nel 2011, è stato assessore all’Urbanistica sotto il sindaco Piero Fassino, nel 2016 è stato il più votato del Pd. Ha vinto le primarie del centrosinistra a giugno. Ama il calcio, tifoso della Juve, anche se esiste un legame affettivo con il Toro grazie all’impegno come volontario al fianco di don Aldo Rabino, salesiano, cappellano del Torino Calcio e anima dell’operazione Mato Grosso in America Latina. Sono gli anni in cui nasce la passione per la politica di Lo Russo. Come giocatore di calcio non ha mai brillato, tanto da decidere di fare l’arbitro della Figc. Lettore accanito dei gialli scandinavi, in particolare di Jo Nesbo, a tavola ama i piatti classici come il vitello tonnato e la pasta al pesto. Le liste a lui collegate sono state: Pd, Lista Civica Lo Russo, Articolo 1, Sinistra Ecologista, Mode-

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#DIGNITÀ PER I SINDACI: GRIDO DI ALLARME A CITTADINI E ISTITUZIONI SUL RUOLO DEI SINDACI DA TUTELARE MAGGIORMENTE

Una delegazione di sindaci guidata dal presidente Anci Antonio Decaro e dal presidente del Consiglio nazionale Anci Enzo Bianco, e composta dai primi cittadini Roberto Pella, Vicepresidente vicario di ANCI, Paolo Truzzu, Chiara Appendino e Stefano Locatelli, è stata ricevuta nella mattinata del 7 luglio dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, a Palazzo Chigi.

I Sindaci hanno rappresentato al Presidente le motivazioni che li hanno portati a scendere in piazza nella stessa giornata, per chiedere maggiore rispetto nei confronti del ruolo e del lavoro dei primi cittadini, confidando nella proficua collaborazione con il Governo e con i suoi Ministri rispetto alle proposte discusse in Consiglio Nazionale e successivamente depositate all’attenzione del Governo e del Parlamento.

“Non siamo venuti a lamentarci ma a costituirci. Siamo rei confessi e il nostro reato è fare il nostro mestiere di sindaci”. Così il sindaco di Bari e presidente Anci, Antonio Decaro, a Piazza Santi Apostoli, insieme a 700 sindaci provenienti da tutta Italia, per chiedere al governo dignità nei confronti del ruolo svolto dai primi cittadini dei comuni italiani. “Ho portato l’arma del delitto - ha detto il Presidente estraendo un pacchetto dalla tasca della giacca - è una penna che ho conservato, come accade per i reperti. Con questa ogni giorno firmiamo decine di atti e corriamo dei rischi. La vorremmo consegnare simbolicamente a tutti i rappresentanti del Governo e del Parlamento perché – ha sottolineato - capiscano che in quei secondi che precedono la firma di ogni atto, noi sindaci siamo divorati da un dubbio amletico: firmare o non firmare. Perché se firmi rischi di essere indagato per abuso d’ufficio. E se non firmi per omissione di atti d’ufficio”.

Decaro ha ribadito: “Non vogliamo immunità o impunità, ma il rispetto per il ruolo del sindaco e per il lavoro quotidiano che svolgiamo. Vogliamo essere giudicati per le nostre responsabilità ma purtroppo non è così perché oggi, per come si sono create le condizioni nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, i sindaci sembra siano diventati responsabili di qualsiasi cosa accada nella propria comunità e non è possibile. Chiediamo rispetto per

il ruolo dei sindaci e per la loro dignità, lo facciamo per noi e per chi verrà dopo di noi”, ha proseguito.

Ancora il presidente, ricevuto a Palazzo Chigi insieme a una delegazione di sindaci, ha rimarcato il senso della richiesta consegnata nelle mani del premier Draghi. “Non accettiamo più di ritrovarci indagati per omicidio colposo per una manutenzione stradale o per un allagamento di un sottopasso, come è successo ad alcuni sindaci. Non accettiamo più di ritrovarci con cinque avvisi di garanzia di seguito, come è accaduto a molti colleghi. Tanti casi hanno portato al proscioglimento, all’archiviazione, all’assoluzione, ma chi restituirà ai sindaci accusati e alle loro famiglie la serenità che mesi e anni di esposizione mediatica hanno perso”, si è chiesto Decaro. “Serve un confine chiaro delle responsabilità”, ha detto ancora sottolineando che in Italia “la parola indagato la conosciamo tutti e la ritroviamo sulle prime pagine dei giornali a caratteri cubitali, la parola assolto non la conosce nessuno, finisce in a pagina diciassette in un trafiletto”.

“Noi sindaci oggi chiediamo soprattutto rispetto perché non siamo più disposti a prenderci colpe che non ci appartengono. Saremo i primi a denunciare abusi e corruzione, ma siamo stanchi di diventare il capro espiatorio di ogni situazione possibile”, ha affermato il presidente Anci.

Decaro ha preso un impegno solenne: “Da sindaco e presidente della nostra Associazione io vi prometto che non mi fermerò fino a che non vedremo riconosciuti i nostri diritti. Voglio farlo e devo farlo per noi, per i nostri colleghi che hanno pagato ingiustamente, per le migliaia di sindaci assolti a cui nessuno ha chiesto scusa”, ha concluso.

Il Consiglio nazionale dell’Anci, nella stessa giornata, ha approvato all’unanimità il documento che il presidente Antonio Decaro ha sottoposto al premier Draghi, come risultato delle richieste che i sindaci fanno al Governo e al Parlamento per richiedere maggiori tutele e rispetto per il loro lavoro.

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“Negli anni in cui le istituzioni e il sistema dei partiti venivano travolti dalla bufera giudiziaria di “mani pulite”, l’introduzione dell’elezione diretta del sindaco ha consentito di creare un legame forte fra elettore ed eletto, rafforzando autonomia e responsabilità con l’obiettivo di rinnovare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Oggi –si legge nel testo del documento – i nostri compiti sono cresciuti in modo esponenziale in un contesto di riduzione di risorse umane e finanziarie, e in un quadro di regole spesso confuso e contraddittorio. Così i sindaci, nell’immaginario collettivo, sono i responsabili di tutto, al di là delle proprie effettive competenze. Per questo ci aspettiamo che il legislatore si faccia carico dell’approvazione rapida di alcune norme specifiche, che aiutino tutti noi a svolgere al meglio il nostro ruolo, soprattutto, in modo adeguato a quello che i nostri cittadini si aspettano. Da anni si susseguono casi e fattispecie che vedono i sindaci, gli amministratori e i dirigenti destinatari di provvedimenti relativi a imputazioni di responsabilità in sede penale, civile, amministrativa ed erariale che si concludono nella stragrande maggioranza con archiviazioni. In questo contesto, emerge la debolezza o l’assenza del nesso di causalità fra la condotta censurata e l’evento, mentre i sindaci risultano sempre responsabili per l’esercizio o il mancato esercizio di un potere, molto al di là dei compiti e delle responsabilità. Sostanzialmente, chiediamo l’affermazione concreta di un principio di eguaglianza e di pari dignità con le altre cariche elettive e di governo”.

Su questi temi l’Anci ha elaborato sei richieste specifiche, predisponendo apposite proposte di norme con cui si richiede al Governo e al Parlamento, a tutti i gruppi parlamentari di maggioranza ed opposizione un impegno formale e concreto che porti all’adozione nell’arco dei prossimi tre mesi di un decreto-legge.

“Siamo qui per esprimere ai cittadini, al Parlamento ed al Governo un vero e proprio grido di allarme per la situazione in cui versano i sindaci e che richiede interventi seri per ridare dignità ad una responsabilità che è nel cuore della Repubblica Italiana”. Così il presidente del consiglio nazionale Anci Enzo Bianco aprendo i lavori dell’organismo associativo a Roma in presenza per la prima volta dall’inizio della pandemia.

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PNRR: Un Piano di tutti, per tutti

Che cos’è il Piano nazionale di ripresa e resilienza, quali riforme dovrà approvare l’Italia nei prossimi cinque anni, come cambierà la Pubblica amministrazione e che opportunità avranno famiglie, Comuni e imprese?

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede un ampio spettro di investimenti e riforme a favore dei Comuni italiani, che vanno dal digitale al turismo, dal miglioramento dell’organizzazione interna agli interventi sociali. Se l’obiettivo intende essere quello di rendere la ripresa e la crescita del nostro Paese realmente strutturali, bisognerà intervenire non solo sulla messa a terra della grande quantità di risorse a disposizione bensì sulla predisposizione di processi efficaci ed efficienti, volti a integrare il personale presso i comuni e a rafforzarne la capacità amministrativa e le competenze richieste; volti a favorire il dialogo tra i livelli di governo; volti a creare cabine di monitoraggio periodiche sullo stato di avanzamento del Piano e su eventuali criticità.

Per far marciare rapidamente il Piano nazionale di ripresa e resilienza è indispensabile eliminare i colli di bottiglia che potrebbero ritardare gli investimenti e l’attuazione dei progetti, mettendo a rischio l’intera strategia per il rilancio del Paese.

Nel pieno rispetto del cronoprogramma indicato nel PNRR, è stato approvato un decreto legge con le semplificazioni necessarie per favorire la transizione energetica e quella digitale: le sfide per la crescita. Non c’è digitalizzazione possibile senza semplificazione e reingegnerizzazione delle procedure. E in particolare: semplificazione per la rivoluzione verde e la transizione energetica attraverso nuove procedure per i bandi e per le pratiche del superbonus e dell’efficientamento energetico degli edifici; semplificazione per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, attraverso la creazione delle infrastrutture necessarie per la banda ultra larga e la diffusione delle comunicazioni digitali delle pubbliche amministrazioni o la semplificazione dei dati pubblici; semplificazione delle procedure di appalto e rafforzamento del silenzio assenso e dei poteri sostitutivi per accelerare le procedure per cittadini e imprese.

Ad esempio, per accompagnare la migrazione della Pa al

cloud è previsto un programma di supporto e incentivo alle amministrazioni locali per il trasferimento di base dati e applicazioni. Le amministrazioni potranno scegliere all’interno di una lista predefinita di provider certificati. Per le amministrazioni locali minori sarà obbligatoria l’aggregazione in raggruppamenti ad hoc per l’esecuzione dell’attività di trasformazione-migrazione.

Nell’ambito della Riforma della Pubblica amministrazione è prevista un’azione specifica a supporto delle medie amministrazioni locali, Province e Comuni da 25.000 a 250.000 abitanti, sulla base del modello per il futuro degli ambienti di lavoro definito dalla Commissione Europea e denominato “Bricks, Bytes & Behaviours”: riorganizzazione degli spazi di lavoro; digitalizzazione delle procedure; revisione dei processi organizzativi e decisionali.

In tema di cultura e Missione 3, saranno ad esempio attivati interventi volti al recupero del patrimonio storico, alla manutenzione, gestione e fruizione di circa 5.000 ville, parchi e giardini storici protetti; alla riqualificazione degli spazi pubblici aperti (ad esempio eliminando le barriere architettoniche o migliorando l’arredo urbano), alla creazione di piccoli servizi culturali anche a fini turistici. Sarà favorita la creazione e promozione di nuovi itinerari (itinerari tematici, percorsi storici) e visite guidate. Saranno introdotti sostegni finanziari per le attività culturali, creative, turistiche, commerciali, agroalimentari e artigianali, volti a rilanciare le economie locali valorizzando i prodotti, i saperi e le tecniche del territorio. Saranno 1820 km in più le piste ciclabili, urbane e turistiche.

Molte saranno le risorse stanziate per la gestione dei rifiuti e l’avvio di processi di economia circolare e di trasporto sostenibile, pubblico e green.

La Missione 5 e 6 verteranno specifcamente su nuovi modelli di presa in carico delle persone e delle comunità, così come dei tessuti urbani in cui risiedono attraverso interventi di rigenerazione urbana, innovazione sociale, medicina territoriale, housing sociale e decoro urbano.

I recenti sviluppi delle politiche pubbliche e della salute

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urbana ci impongono di ripensare le città alla luce degli indicatori di risposta della pianificazione per insediamenti sicuri, salutari e “green”. La rigenerazione urbana ricomprende azioni e interventi per il risanamento urbanistico, ambientale e sociale di aree urbane degradate attraverso programmi di recupero e di riqualificazione del patrimonio immobiliare e degli spazi su scala urbana così come lo studio dei determinanti di salute in grado di effettuare mirati e partecipati rispetto alla qualità della vita e alla promozione di stili di vita sani.

Le politiche pubbliche per la salute urbana sono strettamente correlate con quelle della salvaguardia dell’assetto del territorio, dell’ambiente, del paesaggio e con la riduzione del consumo di suolo.

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QUALITÀ DELL’ABITARE: FINANZIATI 159 PROGETTI CON RISORSE PNRR

Il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MIMS) ha approvato 159 progetti di rigenerazione urbana e di edilizia residenziale pubblica presentati da Regioni, Comuni e Città Metropolitane per il Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell’Abitare (PinQua)

Approvate 159 proposte di progetti di rigenerazione urbana e di edilizia residenziale pubblica presentate da Regioni, Comuni e Città Metropolitane per un valore complessivo di 2,82 miliardi di euro, di cui il 40% sarà destinato a progetti da realizzare nelle Regioni del Mezzogiorno coerentemente con l’obiettivo indicato dalla UE di ridurre i divari territoriali.

Gli interventi previsti sono finalizzati a ridurre il disagio abitativo aumentando il patrimonio di edilizia residenziale pubblica, a rigenerare il tessuto socioeconomico dei centri urbani, a migliorare l’accessibilità, la funzionalità e la sicurezza di spazi e luoghi degradati, spesso localizzati nelle periferie.

I progetti che beneficeranno dei finanziamenti sono stati selezionati nei mesi scorsi dall’Alta Commissione per l’attuazione del programma, tenendo conto, per la prima volta in modo esplicito, del principio del Next Generation EU di ‘non arrecare danno significativo all’ambiente’ (do not significant harm, DNSH) e sulla base di indicatori di impatto sociale, culturale, economico finanziario e tecnologico.

Tra i 159 interventi ammessi in graduatoria, 8 sono classificati ‘progetti pilota’ ad alto rendimento. In coerenza con i tempi di realizzazione delle opere del Pnrr, gli interventi ammessi al finanziamento dovranno essere realizzati e resi fruibili entro il 31 marzo 2026.

Il progetto per  Bari, ad esempio, è finalizzato alla  riorganizzazione dell’area in prossimità della stazione ferroviaria centrale come cerniera di congiunzione tra il

centro storico e l’area urbana moderna. È previsto un insieme integrato di interventi infrastrutturali per la mobilità multimodale, oltre a interventi di riqualificazione e ristrutturazione urbanistica con la creazione di nuovi spazi verdi e l’aumento di servizi.

Tra i ‘progetti pilota’ vi è anche quello per Messina, volto al risanamento di aree periferiche attraverso la  demolizione di vecchie abitazioni e la riqualificazione del patrimonio destinato all’edilizia residenziale sociale, il recupero e la rigenerazione di spazi e immobili, soprattutto nelle aree ad alta densità abitativa, per migliorare la qualità ambientale e la resilienza ai cambiamenti climatici.

In Calabria, il progetto pilota ‘Lamezia Spazio-Generazione 2021’ punta a contrastare il fenomeno dello spopolamento di alcuni quartieri recuperando abitazioni da mettere a disposizione delle famiglie in difficoltà e migliorando la fruibilità di spazi e servizi sociali. Vengono anche promossi interventi per migliorare e potenziare la mobilità sostenibile con la realizzazione di una pista ciclabile sul territorio di Lamezia Terme e per la riqualificazione del lungomare.

A Milano il ‘progetto pilota’ prevede interventi di riqualificazione e riorganizzazione dell’edilizia residenziale sociale e di rigenerazione del tessuto abitativo di quartieri periferici dove più marcato è il disagio socioeconomico.

Nelle Marche è previsto, tra l’altro, il progetto per il centro storico di Ascoli Piceno, con l’obiettivo di ridurre il disagio abitativo adottando una strategia integrata per migliorare la qualità dell’abitare e l’inclusione sociale.

In Molise sono previsti interventi per la funzionalità e la rigenerazione di aree degradate che insistono soprattutto a  Campobasso e in provincia, con il  potenziamento di infrastrutture e servizi di prossimità e la creazione di punti di aggregazione per favorire l’integrazione di gruppi sociali.

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Il Ministro Giovannini:

“Con il decreto firmato oggi la rigenerazione urbana a favore della qualità di vita delle persone diventa centrale nelle politiche nazionali”

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Solo ascoltando le nostre comunità, possiamo capire quanto sia efficace l’Ue sul campo

L’annuale Settimana europea delle regioni e delle città (la 19ma) ha mostrato come l’Ue e i governi nazionali e regionali possono sostenere i cittadini europei e le loro comunità locali con politiche pubbliche volte a investire in un futuro più equo, più verde e più digitale per la ripresa.

Sotto il tema “Insieme per la ripresa” si sono svolte più di 300 sessioni, inclusi dibattiti con funzionari di alto profilo, rappresentanti regionali e locali, e si è dato vita ad uno stimolante dialogo con i cittadini. Ed anche vari workshop e un premio per giovani giornalisti sono serviti a celebrare i valori dell’Ue di coesione e solidarietà. Il tutto con collegamenti e incontri sia in presenza sia virtuali e una missione principale: evidenziare il ruolo degli investimenti dell’Ue nella ripresa dalla pandemia e nell’affrontare le sfide comuni.

L’evento si è aperto con una conferenza stampa con Apostolos Tzitzikostas, presidente del Comitato europeo delle regioni (CdR) ed Elisa Ferreira, commissario per la coesione e le riforme, che hanno sottolineato come “la politica di coesione è stata uno dei primi soccorritori nella fase di emergenza della pandemia di Covid-19, guidata dal valore fondamentale della solidarietà dell’Ue”.

Il secondo barometro locale e regionale annuale è stato presentato da Apostolos Tzitzikostas. È seguito un dibattito con i membri del Comitato europeo delle Regioni. Il Rapporto ha confermato che le misure relative alla pandemia mettono a rischio le finanze regionali e locali, con un taglio di bilancio di 180 miliardi per gli enti locali e regionali in tutta Europa. Allo stesso tempo, un politico locale e regionale su 3 desidera che le Regioni e le città diventino più influenti nel processo decisionale dell’Ue in materia di salute.

“Se non misuriamo lo stato delle nostre regioni e città, non possiamo capire lo stato della nostra Unione” ha affermato Apostolos Tzitzikostas, presidente del Comitato europeo delle Regioni. “Solo ascoltando le nostre comunità, possiamo decidere quanto sia stata efficace l’Ue sul campo e cosa deve fare l’Ue per aiutare la sua gente”.

Facendo ulteriormente il punto della risposta della politica di coesione dell’Ue alla pandemia di coronavirus e informando il pubblico in generale, vari seminari hanno toccato la vita prima e dopo la pandemia, comprese le spiegazioni sul ruolo delle Regioni e delle città per una transizione verde, la politica di coesione 2021-2027 e NextGenerationEU, nonché i pacchetti di supporto CRII, CRII+, React-EU per i servizi e le attrezzature sanitarie regionali e locali.

Anche i giovani giornalisti sono stati invitati a partecipare alla Settimana delle Regioni dell’UE 2021, avendo l’opportunità di confrontarsi con Elisa Ferreira al Dialogo con i cittadini. Nel programma Youth4Regions per aspiranti giornalisti, sono due i giovani ai quali è stato conferito il premio “Megalizzi-Niedzielski 2021”: Irene Barahona Fernandez (Spagna) e Jack Ryan (Irlanda).

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LUNGA VITA ALLE NUOVE

La Commissione ha lanciato lo scorso 29 settembre cinque nuove missioni dell’UE, un modo nuovo e innovativo di lavorare insieme e migliorare la vita delle persone in Europa e oltre. Le missioni dell’UE mirano ad affrontare le grandi sfide in materia di salute, clima e ambiente e a raggiungere obiettivi ambiziosi e stimolanti in questi settori.

Una novità di Horizon Europe e anche un concetto originale nella politica dell’UE, che riunisce diversi servizi della Commissione sotto l’autorità di nove membri del Collegio, le missioni sosterranno la ricerca per realizzare le principali priorità della Commissione e trovare risposte ad alcune delle più grandi sfide che stiamo affrontando oggi: combattere il cancro, adattarsi ai cambiamenti climatici, proteggere l’oceano, i mari e le acque, vivere in città più verdi e garantire terreno e cibo sani.

Si tratta di un nuovo strumento che include una serie di azioni, come progetti di ricerca e innovazione, misure politiche e iniziative legislative, per raggiungere obiettivi concreti con un grande impatto sociale ed entro una scadenza specifica.

Cinque missioni mireranno a fornire soluzioni alle principali sfide globali entro il 2030:

1. Adattamento ai cambiamenti climatici: sostenere almeno 150 regioni e comunità europee affinché diventino resilienti al clima entro il 2030;

2. Cancro: collaborare con il piano europeo per combattere il cancro per migliorare la vita di oltre 3 milioni di persone entro il 2030 attraverso prevenzione, cura e soluzioni per vivere più a lungo e meglio;

3. Ripristino del nostro oceano e delle nostre acque entro il 2030;

4. 100 città climaticamente neutre e smart entro il 2030;

5. Un accordo sul suolo per l’Europa: 100 laboratori viventi, fari per guidare la transizione verso suoli sani entro il 2030.

Margrethe Vestager ha dichiarato: “Oggi abbiamo lanciato cinque nuove missioni. Una missione è uno strumento nuovo e innovativo, un nuovo modo di lavorare

insieme all’interno di Orizzonte Europa. Sono anche un concetto originale nella politica dell’UE. Le missioni sono impegni per risolvere alcune delle più grandi sfide che stiamo affrontando oggi: combattere il cancro, adattarsi ai cambiamenti climatici, proteggere l’oceano, i mari e le acque, vivere in città più verdi e garantire terreno e cibo sani. È un insieme di azioni - progetti di ricerca e innovazione, misure politiche e iniziative legislative, coinvolgimento dei cittadini - per raggiungere obiettivi concreti con un grande impatto sociale. Vogliamo fornire soluzioni alle principali sfide globali entro il 2030!”

Mariya Gabriel, Commissaria per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù, ha dichiarato: “La risposta alla pandemia di coronavirus ha dimostrato che possiamo affrontare i nostri problemi più grandi solo con uno sforzo collettivo radicato nella ricerca e nell’innovazione. Questo è anche il punto di partenza delle coraggiose e ambiziose missioni dell’UE. Mobiliteranno l’enorme potenziale dell’UE e raduneranno strumenti e politiche per raggiungere obiettivi importanti. E tutto questo insieme ai cittadini, che sono coinvolti dall’inizio alla fine».

Le missioni sono un nuovo approccio collaborativo per affrontare alcune delle principali sfide dei nostri tempi. Forniscono un mandato per raggiungere obiettivi specifici in un determinato lasso di tempo. Forniranno inoltre un impatto ponendo la ricerca e l’innovazione in un nuovo ruolo, combinate con nuove forme di governance e collaborazione, nonché con un nuovo modo di interagire con i cittadini, compresi i giovani.

Ad esempio, la missione Adattamento ai cambiamenti climatici prevede di mettere a disposizione 100 milioni di euro per dimostrazioni su larga scala per affrontare i principali rischi indotti dal clima, come le inondazioni, adattati alle circostanze locali. La missione Cancer prevede di stabilire un nuovo modello di governance congiunta per garantire un’integrazione sistematica ed efficace della ricerca, dell’innovazione e degli sviluppi politici sul cancro in Europa. La missione Ocean and Waters creerà una rete di fari a livello di mare e bacino fluviale per attuare la missione ed espandere le reti di aree marine protette. Nella missione Climate-Neutral and

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MISSIONI UE HORIZON

Smart Cities, le città selezionate coinvolgeranno i propri cittadini nella stesura di “Climate City Contracts” per contribuire a raggiungere la neutralità climatica entro il 2030. E con la missione Soil Deal le persone saranno stimolate a partecipare a iniziative di citizen science per migliorare la salute del suolo.

L’attuazione della missione andrà ben oltre la ricerca e l’innovazione per sviluppare nuove soluzioni e migliorare la vita degli europei. La loro novità e valore aggiunto sta nell’operare come un portafoglio di azioni che coinvolgono diversi strumenti, modelli di business e investimenti pubblici e privati a livello UE, nazionale, regionale e locale. Affinché le missioni abbiano successo, sarà fondamentale il supporto di altri programmi europei e nazionali. Ogni missione avrà un calendario e un budget specifici adattati alla sua sfida e al piano di attuazione.

Le missioni dell’UE si collegano direttamente ai cittadini, coinvolgendoli nella loro progettazione, attuazione e monitoraggio. Gli Stati membri, le regioni e un’ampia gamma di parti interessate del settore pubblico e privato saranno coinvolti per contribuire a garantire risultati duraturi per tutti i cittadini dell’UE.

Le missioni supportano le priorità della Commissione, come il Green Deal europeo, l’Europa per l’era digitale, il piano europeo per combattere il cancro, un’economia al servizio delle persone e il nuovo Bauhaus europeo. Ad esempio, Mission Climate è già un elemento concreto della nuova strategia di adattamento al clima, Mission Cancer of Europe’s Beating Cancer Plan e Mission Soil è un’iniziativa faro della visione a lungo termine per le aree rurali dell’UE.

Il 23 settembre la Commissione ha pubblicato un Eurobarometro speciale sulla scienza e la tecnologia. I risultati dell’indagine a livello dell’UE testimoniano il sostegno popolare alla scienza e all’innovazione per trovare soluzioni alle sfide individuate dalle missioni. Ad esempio, la stragrande maggioranza degli europei vede la salute e l’energia verde come le aree in cui la scienza e l’innovazione avranno un effetto positivo sulle loro vite nei prossimi 20 anni.

Le missioni dell’UE iniziano oggi la loro fase di piena attuazione. Il primo programma di lavoro di Horizon Europe per il 2021-22, pubblicato il 16 giugno, comprende una serie di azioni che gettano le basi per la loro attuazione. Sarà aggiornato con un programma completo di ricerca e innovazione entro la fine dell’anno. Parallelamente, le missioni si impegneranno con le regioni, le città e le organizzazioni partecipanti, nonché con i cittadini degli Stati membri.

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IL PROGETTO ENLIGHTENME AI NASTRI DI PARTENZA

Una delle principali conseguenze dell’urbanizzazione è un aumento esponenziale dell’esposizione umana alla luce elettrica di notte. L’illuminazione pubblica all’aperto e il bagliore artificiale del cielo creato da aree altamente urbanizzate sono le principali fonti di esposizione. Ciò è completato dall’aumento dell’esposizione alla luce a livello individuale attraverso l’illuminazione domestica e gli schermi emettitori di luce, o un’esposizione troppo scarsa durante il giorno a causa del lavoro a turni o di stili di vita non regolamentati.

Le conseguenze di un’esposizione alla luce inappropriata e dirompente, generata dall’ambiente urbano, influiscono profondamente sulla salute e sul benessere delle persone, alterando il ritmo circadiano. Questi effetti non possono essere trascurati, specialmente quando colpiscono popolazioni vulnerabili come gli anziani che soffrono in modo sproporzionato.

La luce modella anche gli spazi urbani e la vita sociale, influenzando così il comportamento, gli umori e il senso di sicurezza delle persone, nonché le relazioni sociali, facilitando o ostacolando la socializzazione e la partecipazione alla vita civile.

Sebbene la consapevolezza pubblica sui problemi di salute e benessere legati alla luce sia in aumento, c’è meno comprensione di come gli impatti sulla salute derivati dall’illuminazione urbana siano mediati dalle disuguaglianze sociali presenti nelle città che possono determinare il tipo e la quantità di luce a cui i cittadini sono esposti.

Ecco perché nasce Enlightenme (enlightenmeproject.eu), il progetto guidato dall’Università di Bologna di cui Health City Institute è partner. Dal 27 ottobre si terranno gli incontri inaugurali, nella città partner di Tartu, e continuerà a rimanere aperta, fino al 31 ottobre, la finestra per gli Abstract in vista della Conferenza internazionale di dicembre.

Le più sincere congratulazioni da parte di Health City Institute a Simona Tondelli, nuova pro-rettrice vicaria dell’Università degli Studi di Bologna e Project Coordinator per ENLIGHTENme.

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G20 ITALY: PEOPLE, PLANET, PROSPERITY

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Nel documento finale del G20 di Roma, considerando l’immediato passaggio del testimone (riguardo al surriscaldamento del pianeta e le sue conseguenze disastrose per l’umanità) al Cop26 di Glasgow, sono stati fissati alcuni punti concordati dai leader mondiali: l’impegno per contenere l’aumento delle temperature entro 1,5 gradi, la data limite per garantire la neutralità delle emissioni di gas serra (intorno al 2050), lo stop alla costruzione di centrali a carbone all’estero. Un documento corposo sul quale grazie allo stile e alla determinazione del nostro presidente del Consiglio, Mario Draghi, vi è la firma dei leader del mondo appartenenti al club G20 riunitisi a Roma. Ad URBES piace molto il punto 20 a pagina 6 del documento, perché sotto molti aspetti sembra ispirato dal G20 bridge event sull’Urban Health svoltosi il 2 luglio scorso presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e organizzato da Anci (Associazione dei Comuni italiani), HCI (Health City Institute) e l’Osservatorio permanente C14+ (osservatorio su salute, ambiente, benessere e sport nelle 14 città metropolitane, nelle Regioni e nelle maggiori città italiane). Che cosa dice il punto 20 della pagina 6 del documento finale del G20 di Roma? Così recita: “Città ed economia circolare. Ci impegniamo ad aumentare l'efficienza delle risorse, anche attraverso il Dialogo sull'efficienza delle risorse del G20 e riconosciamo l'importanza delle città come fattori abilitanti dello sviluppo sostenibile e la necessità di migliorare la sostenibilità, la salute, la resilienza e il benessere nei contesti urbani, come sottolineato dall'Habitat III New Urban Ordine del giorno. Con il coinvolgimento delle imprese, dei cittadini, del mondo accademico e delle organizzazioni della società civile, rafforzeremo i nostri sforzi verso il raggiungimento di modelli di consumo e produzione sostenibili e la gestione e la riduzione delle emissioni, anche adottando approcci di economia circolare, e sosterremo le azioni locali per la mitigazione e l'adattamento al clima. Appoggiamo la piattaforma del G20 sulla localizzazione degli SDG e sulle città intermedie, con il sostegno dell'OCSE e di UN-Habitat. Sosterremo le città intermediarie nell'adozione di una pianificazione urbana integrata e inclusiva; accelerare le loro transizioni verso l'energia pulita e sostenibile e la mobilità sostenibile per tutti; migliorare la gestione dei rifiuti; promuovere l'emancipazione e il lavoro dignitoso per donne, giovani, migranti e rifugiati; assistenza a disabili e anziani; migliorare la sostenibilità dei sistemi alimentari; e consentire un accesso più equo alle innovazioni digitali. Partnership come la Coalition for Disaster Resilience Infrastructure potrebbero fungere da veicolo per accelerare questa agenda”. Basterebbe riuscire ad applicare in pieno questo punto 20 senza che sia un “bla bla bla” per modificare culturalmente e sostanzialmente la situazione. Da Roma a Glasgow con un accordo raggiunto tra i 20 per il contenimento del surriscaldamento globale: “Ci impegniamo a ridurre significativamente le nostre emissioni collettive di gas serra, tenendo conto delle circostanze nazionali e rispettando i nostri NDC (gli impegni presi da ogni Paese)”, si legge nel comunicato finale. L’ultima precisazione è una vittoria per i Paesi emergenti, che non intendono prendere impegni troppo drastici per non frenare la loro crescita economica. “Riconosciamo che le emissioni di me-

tano rappresentano un contributo significativo al cambiamento climatico e riconosciamo, in base alle circostanze nazionali, che la sua riduzione può essere uno dei modi più rapidi, fattibili ed economici per limitarlo”. Il passaggio “alle circostanze nazionali” è una concessione alla Russia, per la quale il metano è un pilastro economico e strategico. E nel documento si specifica che i leader intendono aumentare “gli sforzi per eliminare gradualmente e razionalizzare, a medio termine, i sussidi ai combustibili fossili inefficienti”.

Con il G20 a Roma il premier Mario Draghi ha incassato gli elogi dei leader di mezzo mondo. “Mi congratulo, è stato un gran bel lavoro” dice il presidente americano Joe Biden. “Ringrazio l’Italia per la sua accoglienza, per questo vertice” gli fa eco il presidente francese Macron, “ringraziando Mario Draghi che ha presieduto i nostri lavori e per la sua efficacia e la sua perfetta organizzazione”. Non meno lusinghiero il premier britannico Boris Johnson. “Ciò che la presidenza italiana ha indiscutibilmente fatto è un lavoro superbo - ha detto in conferenza stampa alla fine del G20 - sia per quanto riguarda l’organizzazione del vertice sia per la capacità di mantenere il focus sulle grandi questioni che abbiamo davanti cercando di far fare a tutti dei progressi”. Draghi: “Vinciamo o falliamo insieme. Abbiamo la responsabilità di mostrare la nostra leadership guidando il mondo verso un futuro più sostenibile. Necessario agire in fretta per evitare il disastro. Il G20 è stato un successo, abbiamo riempito di sostanza il ‘bla bla bla’. Nella lotta al cambiamento climatico, l’Italia triplicherà il suo impegno finanziario con 1,4 miliardi di euro all’anno”. Infine, da sottolineare, lo stile del premier italiano nel salutare al termine del summit di Roma Angela Merkel e la fine del suo lungo cancellierato. “Faremo tesoro della sua eredità per molto molto tempo”, ha detto Draghi in un breve discorso nella sala dove si sono svolti i lavori del vertice. Quindi si è alzato e si è diretto da Merkel con un grande bouquet. E con un grande applauso di accompagnamento. Fuori programma: lancio della monetina nella Fontana di Trevi da parte di tutti i leader del G20.

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Con la pandemia globale che ha drammaticamente sconvolto l’istruzione dei giovani, limitando le loro prospettive occupazionali attuali e future e distogliendo l’attenzione dall’affrontare le questioni che avranno un impatto maggiore sul loro futuro, come l’emergenza climatica, l’Y7 e l’Y20 2021 di luglio in Italia sono state un’opportunità per sostenere la voce della “generazione dimenticata” al più alto livello, influenzando le priorità di risposta e ripresa nazionali e internazionali. Il 2021 è stato quindi un evento importante nel calendario diplomatico giovanile.

Finalmente sembra che i leader politici ed economici mondiali stanno cominciando ad ascoltarli e a rinunciare ai “bla bla bla”.

Una sintesi del lavoro svolto dai giovani ambasciatori del mondo è arrivata durante lo Youth4Climate a Milano. Sintesi importante in un documento consegnato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al premier Mario Draghi mercoledì 29 settembre.

Per due giorni, 400 ragazzi e ragazze di tutto il mondo, si sono confrontati per formulare proposte concrete contro il surriscaldamento globale. Proposte in linea con quanto già concordato dagli ambasciatori dei giovani (Young Ambassadors Society) durante l’Y7 di luglio, con il supporto del governo italiano e il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale che in quei giorni deteneva la presidenza dello Youth 20 (Y20), l’engagement group ufficiale del G20 dedicato ai giovani. Nelle diverse consultazioni sono state coinvolte 35 associazioni per l’Italia con l’ingaggio di oltre 250.000 giovani e ben 90 associazioni a rappresentanza di oltre 1 milione di giovani a livello internazionale.

Le priorità al centro delle proposte presentate alle principali economie del mondo sono: inclusione; sostenibilità, cambiamento climatico e ambiente; innovazione, digitalizzazione e futuro del lavoro. Dall’abbattere le barriere d’accesso all’istruzione e al mondo del lavoro alla transizione ecologica, che per forza di cose richiede una precedente transizione culturale della nostra società su tutti i livelli. Dall’accesso alle tecnologie, ancora fonte di grandi disuguaglianze e che necessita di maggiori investimenti, al bisogno di una copertura sanitaria universale, questo diventato ancora più impellente dalla crisi pandemica che

stiamo ancora vivendo.

Mercoledì 29 settembre 2021 il documento di Youth4Climate si è concentrato in proposte concrete contro il surriscaldamento globale. Le proposte dei giovani sono ambiziose, a cominciare dalla richiesta di chiudere le industrie basate sulle fonti fossili entro il 2030. Il documento è diviso in quattro punti, uno per ogni tavolo di lavoro.

Al primo punto, dedicato al ruolo dei giovani nella lotta alla crisi climatica, si chiede ai Governi e alle istituzioni internazionali di coinvolgerli in tutte le questioni che riguardano l’argomento.

Il secondo punto riguarda la ripresa dopo la pandemia: qui la richiesta è di puntare sulla transizione energetica, investendo sulle fonti rinnovabili, in grado di garantire posti di lavoro dignitosi, sul rafforzamento delle misure di adattamento e resilienza e su un sistema trasparente di finanza per il clima. Il documento sottolinea l’importanza di un turismo internazionale responsabile, che rispetti le comunità locali.

Al terzo punto, sul coinvolgimento dei soggetti non statali, ragazze e ragazzi chiedono di sostenere la partecipazione di giovani imprenditori, artisti, agricoltori e atleti nell’adozione di misure contro la crisi climatica. Chiedono inoltre che il settore privato si ponga obiettivi di zero emissioni, che l’industria delle fonti fossili sia chiusa entro il 2030 e che governi e privati smettano di finanziarla.

Il quarto punto riguarda la costruzione di una società consapevole, con un sistema educativo sul cambiamento climatico.

“Sono stati approvati i messaggi chiave di un documento molto buono, una base per lavorare. È stato fatto un lavoro straordinario”, è stato il commento del Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, dopo averlo letto.

Al termine della presentazione del documento, i giovani hanno osservato un minuto di silenzio per gli attivisti per

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4YOUTH4CLIMATE: PROPOSTE PER UN FUTURO SOSTENIBILE

l’ambiente uccisi nel mondo.

Ora tocca ai ministri. La Youth4Climate è stata organizzata dall’Italia in partnership con il Regno Unito. L’Italia è rappresentata da Federica Gasbarro (26 anni) e Daniele Guadagnolo (28).

Il documento giovedì 30 settembre è stato presentato ai ministri partecipanti alla Pre-COP 26 alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e del premier Mario Draghi, che ha incontrato le attiviste Greta Thunberg, Vanessa Nakate e Martina Comparelli. Ai lavori sono intervenuti da remoto il premier britannico, Boris Johnson, e il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, il quale più volte ha lanciato l’allarme sui pericoli del climate change.

L’obiettivo Onu è azzerare le emissioni nette di anidride carbonica entro il 2050 per provare a contenere l’aumento della temperatura media del pianeta sotto i 2 gradi rispetto ai livelli pre-industriali, posto che sarà molto difficile rispettare il target che offre maggiori garanzie, quello di 1,5 gradi. I giovani dello Youth4Climate chiedono più celerità: decarbonizzazione entro nove anni, finanza climatica e maggiore partecipazione delle nuove generazioni.

Il messaggio ai ministri: “Non derogabile la transizione ecologica entro il 2030”.

E il premier Draghi ha parlato ai giovani: “Il nostro ‘bla bla bla’ serve per capire la crisi climatica. Impegno per restare sotto un aumento dell’1,5°”. E ancora: “Avete ragione, la transizione ecologica non è una scelta. Bisogna agire subito”.

“C’è ancora una piccola finestra di opportunità”, per rimediare al surriscaldamento globale, “ma è una corsa contro il tempo”, ha ricordato Patricia Espinosa, segretaria esecutiva della Unfccc, in pratica numero uno dell’Onu sul cambiamento climatico.

Espinosa ha partecipato ai lavori del meeting Youth4Climate e del summit dei ministri dell’Ambiente. Superare

la soglia di riscaldamento globale di 1,5 gradi, spiega, significherebbe che “gli eventi climatici estremi che abbiamo visto di recente diventeranno ancora più disastrosi e frequenti, moriranno più persone, i danni economici saranno maggiori. Nel 2020, i dieci disastri climatici più costosi hanno causato perdite per 150 miliardi di dollari, 3.500 morti e 13,5 milioni di sfollati. In gioco c’è la vita sul pianeta”.

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“Siamo stufi del bla bla bla

Greta Thunberg in corteo per il clima a Milano il primo ottobre: “Stufi del bla bla bla dei politici, trent’anni di bla bla bla, la speranza siamo noi”. Era insieme a decine di migliaia di ragazze e ragazzi, 50mila per gli organizzatori, nello Sciopero per il clima dipanatosi tra le strade di Milano. L’attivista svedese, che ha lanciato il movimento dei Fridays for future, ha guidato il corteo partito da Largo Cairoli per avvicinarsi al MiCo, il centro congressi che in quei giorni ospitava il meeting preparatorio alla Cop26 che si terrà in Scozia. Ospite della prossima presidenza della Gran Bretagna. Contro la quale Greta non ha risparmiato dure critiche: “La Gran Bretagna è uno dei più grandi ‘cattivi’ del clima. Il governo di Boris Johnson è un governo ipocrita”. E in generale: “Tutto quello che sentiamo dai nostri cosiddetti leader, parole che sembrano altisonanti, per ora non hanno portato ad alcuna azione. Naturalmente ci serve un dialogo costruttivo, però sono 30 anni che sentiamo bla bla bla”. La Thunberg ha strigliato i potenti del mondo anche dal palco del Mi.Co., dove martedì 28 settembre è intervenuta al meeting Youth4Climate, incontro con i giovani organizzato in vista della PreCOP26.  Presente anche l’ugandese Vanessa Nakate che appena due anni fa, alla COP25 di Madrid veniva ogni tanto affiancata a Greta, forse per non far sembrare che la lotta dei ragazzi di FridaysForFuture fosse troppo bianca, troppo ricca, troppo occidentale. Abbracci e lacrime tra le due attiviste. Beppe Sala, sindaco di Milano appena riconfermato, disse ai giovani in quell’occasione: “Ci serve la vostra energia a tutti i livelli per supportare queste iniziative. I Sindaci si sono presi l’impegno di lavorare con i giovani per aumentare la partecipazione alle decisioni delle città, e lo dico qui da Milano, la mia città”. E ancora la Thunberg dal palco del meeting Youth4Climate: “La crisi climatica è sintomo di una crisi di più ampio respiro, la crisi sociale della ineguaglianza, che viene dal colonialismo. Quattrocento giovani, due per ciascuno dei 197 paesi dell’Onu, sono qui per discutere con esperti su tutti gli aspetti della crisi climatica”. E il suo slogan 2021: “Qui non stiamo parlando semplicemente di un costoso e politicamente corretto green washing bla bla bla, green economy bla bla bla, net zero al 2050 bla bla bla”.

“Il cambiamento climatico e le disuguaglianze sociali globali devono essere trattati insieme - ha detto - non esiste un’unica soluzione”. Da Milano il passaparola ha raggiunto molti Paesi e città d’Europa e sta crescendo anche oltre i confini italiani.

Il suo primo accorato appello Greta lo ha fatto durante la Conferenza sul clima di Katowice, poi a Davos, proprio in quel Vertice dell’economia mondiale che riunisce Capi di Stato e rappresentanti delle grandi imprese. E con lei sfilano gli studenti, i giovani che hanno preso coscienza e paura di un futuro che è alle porte, facendo del clima una priorità assoluta. Una priorità che racchiude tuttavia tutte le grandi sfide politiche globali, dalla giustizia sociale alla lotta alla povertà e alla sicurezza alimentare, dalle migrazioni al diritto ad una vita dignitosa, dalla necessità di un radicale cambiamento dei nostri stili di vita e di consumo alla necessaria rivoluzione e transizione energetica e all’abbandono urgente dell’uso dei fossili.

In tempi particolarmente difficili e democraticamente incerti, la determinazione dei giovani nel portare avanti la loro lotta per il clima sta dando una forte lezione di responsabilità e di impegno a tutti, e non solo in Europa.

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dei politici”

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INVESTIMENTI VERDI PER UNA TRANSIZIONE GIUSTA E INCLUSIVA

Venezia, 11 luglio 2021, Conferenza Internazionale sui Cambiamenti Climatici, organizzata dal ministero dell’Economia e delle Finanze e dalla Banca d’Italia a margine della riunione dei ministri delle Finanze e dei Governatori delle Banche Centrali del G20. Hanno partecipato rappresentanti dei Paesi del G20, delle principali istituzioni finanziarie internazionali e del settore privato, tra cui Kristalina Georgieva, Managing Director del Fondo Monetario Internazionale, David Malpass, Presidente del Gruppo della Banca Mondiale, Randal K. Quarles, Presidente del Financial Stability Board e Mark Carney, inviato Speciale delle Nazioni Unite per l’Azione per il Clima e Consulente Finanziario per la COP26. Acronimo della Conferenza sui cambiamenti climatici dell’ONU ospitata a Glasgow, l’1-12 novembre) dalla prossima presidenza del Regno Unito.

A Venezia, l’intervento di William Nordhaus, Premio Nobel per l’Economia, ha aperto i lavori nel rispettoso silenzio dei partecipanti. Il Nobel ha sottolineato le carenze nel lavoro intrapreso finora per combattere i cambiamenti climatici e la necessità di politiche più efficaci e accordi vincolanti. È sembrato di ascoltare quanto i giovani hanno poi ribadito nel loro manifestare, Greta Thunberg in testa al corteo, il primo ottobre a Milano.

La Conferenza di Venezia ha contribuito in modo significativo al dibattito sulle politiche necessarie per promuovere la decarbonizzazione e sul ruolo dei mercati finanziari nella gestione dei rischi e delle opportunità associate alla transizione verde. Temi che hanno animato anche le riunioni del G20 tenutesi a Venezia nei giorni precedenti, il 9 e 10 luglio, a conferma che la promozione della crescita sostenibile è un tema centrale dell’agenda della presidenza italiana. La Conferenza ha, inoltre, indicato la necessità di intensificare gli investimenti verdi e di misure volte a promuovere una transizione giusta e inclusiva. Tali misure comprendono meccanismi volti a raggiungere il giusto prezzo del carbonio in modo da limitare le emissioni. Il ruolo delle politiche fiscali nel favorire la transizione è stato discusso anche al Simposio fiscale di alto livello del 9 luglio, altra iniziativa promossa dalla Presidenza italiana del G20: l’High Level Tax Symposium. Si è anche discusso di come una transizione ordinata sia necessaria per salvaguardare la stabilità finanziaria e la crescita nel lungo termine, proteggendo i settori e i lavoratori più colpiti dalla transizione e facilitando l’afflusso di risorse ai Paesi meno sviluppati. I risultati dell’incontro di Venezia contribuiranno ad alimentare il dibattito e a indirizzare l’agenda verde del G20.

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VACCINARE IL MONDO

G20 a Roma in piena sintonia con il paradigma delle tre P della presidenza italiana: People, Planet, Prosperity. Al termine vi è stata una dichiarazione comune definita Dichiarazione di Roma: “Documento importante, ora agire concretamente”, il commento a caldo della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, al termine del Global Health Summit.

“Sì alla flessibilità nei brevetti dei vaccini, ma garantendo il sistema sulla proprietà intellettuale”: nella produzione di vaccini, non devono esserci blocchi di componenti. La Dichiarazione di Roma “è un no al nazionalismo sanitario e a divieti di esportazione”.

Ma qual è il contenuto della Dichiarazione di Roma che è stata firmata dai leader del G20 è di altri Stati? “Riaffermare che la pandemia continua ad essere una crisi sanitaria e socioeconomica globale senza precedenti, con effetti diretti e indiretti sproporzionati sui più vulnerabili, su donne, ragazze e bambini, nonché sui lavoratori in prima linea e sugli anziani. Non sarà finita finché tutti i Paesi non saranno in grado di tenere la malattia sotto controllo e quindi la vaccinazione su larga scala, globale, sicura, efficace ed equa in combinazione con altre misure di salute pubblica appropriate rimane la nostra massima priorità, insieme a un ritorno a una forte crescita sostenibile, equilibrata e inclusiva”.

La Dichiarazione si compone di cinque pagine e sedici principi destinati a cambiare l’approccio dei grandi del mondo nella lotta alla pandemia. Principi che, si legge nel documento, servono ad “un orientamento volontario nell’azione presente e futura per la saluta globale”. Obiettivi redatti “per migliorare la preparazione nella risposta e nella prevenzione, per una risposta coordinata e resiliente”.

Il presidente del Consiglio Mario Draghi, padrone di casa, ha dichiarato: “Il vertice mondiale sulla salute è stato un evento speciale che ha offerto l’opportunità di condividere gli insegnamenti tratti durante la pandemia di Covid-19. Abbiamo discusso delle modalità per migliorare la sicurezza sanitaria, rafforzare i sistemi sanitari e potenziare la nostra capacità di affrontare in futuro le crisi in uno spirito di solidarietà”.

“Il mondo – ha aggiunto Ursula von der Leyen – deve essere meglio preparato a proteggere l’umanità dalle pandemie future. Dobbiamo imparare la lezione e tutti i Paesi devono lavorare meglio insieme per migliorare la sicurezza sanitaria globale”.

A sua volta la vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, nel suo intervento al Global Healt Summit di

Roma ha ribadito l’importanza della vaccinazione a livello globale: “Vaccinare il prima possibile, ovunque. Il Covid ci ha detto che la salute pubblica deve essere al centro del mondo perché impatta anche sull’economia e sulla sicurezza globale. Nel mondo le persone ancora muoiono. Dobbiamo vaccinare il prima possibile, ovunque”. E Boris Johnson, premier britannico, ha toccato un altro punto chiave: “Dobbiamo lavorare a una sorta di radar pandemico globale. È il momento di unirsi per sconfiggere la pandemia e prevenirne di nuove: nessuno è al sicuro finché non lo saremo tutti. Dobbiamo sfruttare la dichiarazione di Roma per andare oltre, istituire una difesa collettiva contro le future minacce sanitarie, come abbiamo fatto contro quelle militari”. E ha aggiunto per rafforzare il concetto: “Dobbiamo rievocare lo spirito che ha forgiato la cooperazione globale dopo la II Guerra mondiale: come presidente G7, abbiamo chiesto al Wellcome Trust di collaborare con i partner per una rete mondiale di centri di sorveglianza, una sorta di radar pandemico globale”.

Ancora Draghi: “Nel prepararci alla prossima pandemia, la nostra priorità ora è vincere quella attuale. Dobbiamo vaccinare il mondo e farlo velocemente. L’Italia accoglie con favore l’iniziativa della Commissione Europea volta a produrre vaccini e prodotti sanitari nei Paesi a basso e medio reddito. Vogliamo coinvolgere le nostre aziende farmaceutiche e i nostri centri di ricerca per sostenere la produzione, in particolare in Africa. E lo faremo insieme ad altri Paesi partner, tra cui Francia e Germania”, ha aggiunto Draghi, ricordando: “Dobbiamo guardare attraverso Paesi e discipline diverse se vogliamo capire cosa è andato storto in questa pandemia e cosa possiamo fare meglio in futuro”.

Il mondo entrerà in una “era di pandemie”: la previsione di 26 scienziati al Global Health Summit. Il mondo sta entrando in una “age of pandemics”, cioè in un periodo di pandemie. Per questo occorre prendere coscienza che nessun Paese sarà al sicuro fino a quando non lo saranno anche tutti gli altri, a partire da quelli più poveri e con i sistemi sanitari più fragili. Ancora gli scienziati: “La frequenza e la natura delle prossime pandemie dipendono forte-

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E FARLO VELOCEMENTE

mente dalla nostra capacità di adottare stili di vita sostenibili, dall’implementazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile e dall’approccio ‘One Health’”. Il loro decalogo: “Abbiamo tracciato una mappa per il futuro identificando le aree prioritarie per un’azione immediata – scrivono i 26 scienziati, provenienti da tutto il mondo -: accesso globale equo alle forniture mediche e agli strumenti necessari ad affrontare il Covid-19 e le altre minacce alla salute, ricerca e innovazione, coinvolgimento dei gruppi di ricerca nei Paesi a medio e a basso reddito, sorveglianza integrata delle malattie e condivisione dei dati, ascolto delle indicazioni scientifiche, rafforzamento del personale e dei sistemi sanitari, capacità produttive regionali, fiducia pubblica, governance ben coordinata e salute sostenibile”. E, infine: “Povertà, disuguaglianze e degrado ambientale potrebbero causare le future pandemie”.

La Commissione europea ha intanto presentato una proposta di piano d’azione dell’Unione in materia di salute, attualmente in discussione al Parlamento europeo, per il periodo 2021-2027 destinata a favorire l’integrazione tra i sistemi sanitari degli stati membri, che riguarda l’Unione, ma che necessariamente implica maggiori forme di collaborazione anche a livello internazionale.

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Build Back Better perché nessuno sia lasciato indietro

Al G20 Salute 2021, Roma, sono state individuate quattro aree prioritarie: ripresa sana e sostenibile; costruire resilienza One Health; risposta coordinata e collaborativa; e vaccini, terapeutici e diagnostici accessibili. La prima sessione è stata dedicata all’impatto della pandemia di coronavirus sugli obiettivi di sviluppo dell’Agenda 2030, dal momento che la prolungata crisi sanitaria è una delle prime minacce all’avanzamento previsto. In alcune aree del mondo si calcola che l’emergenza Covid-19 possa aver provocato un ritardo di decenni. Si è deciso, quindi, di concentrare gli sforzi per pianificare una risposta alla pandemia che tenga conto del sostegno ai Paesi più fragili e, in questo senso, del diritto universale alle cure sanitarie. Uno slogan del G20 Salute è stato “Build Back Better”, cioè non solo ricostruire quello che c’era prima della pandemia, ma renderlo migliore. In particolare, più resiliente di fronte alle possibili crisi sanitarie future. I titolari della Salute dei Paesi del G20 hanno discusso di una ripresa che tenga conto delle lezioni apprese in tempi di pandemia, ma non solo. E concordato una sorta di road map della ripresa. La seconda sessione si è concentrata sulle modalità concrete con cui prevenire crisi future e le risposte più appropriate. Si è discusso di come migliorare la capacità di collaborazione e coordinamento a livello internazionale, facendo sempre riferimento all’Oms, all’Organizzazione mondiale della sanità. Si è analizzata l’entità degli investimenti sui sistemi sanitari, che in diversi casi si sono trovati impreparati all’emergenza. Con un focus sui professionisti del settore (carenze e formazione) e sulle possibilità offerte dalle nuove tecnologie. Infine, la terza sessione ha affrontato il tema dei cosiddetti “control tools”, che stanno permettendo di contrastare con efficacia la pandemia. In primis i vaccini. Sottolineando l’importanza dell’accesso globale ai farmaci e dei meccanismi di collaborazione tramite cui donare le dosi. L’obiettivo finale è stato quello di mandare un messaggio di cooperazione e solidarietà, che si può tradurre in poche parole: nessuno deve essere lasciato indietro. E questo è stato uno dei punti di cui l’Italia si è fatta promotrice.

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I sindaci di Urban 20 chiedono ai leader del G20 di investire in una ripresa verde, giusta e locale

Urban 20 ha esortato i leader del G20 ad accelerare l’azione per il clima in futuro della COP26 e investire nei principi fondamentali di una ripresa verde e giusta. Inoltre i sindaci hanno chiesto il rafforzamento dei sistemi sanitari e dei servizi pubblici garantire un accesso globale ed equo ai vaccini. E infine i sindaci hanno I il G20 a promuovere la coesione sociale e l’equità e a verso società inclusive e prospere

Le Città dei Paesi. L’incontro virtuale è stato ospitato.

I sindaci dei Paesi del G20, riunite a Giugno per l’Urban 20 (U20) per il Summit dei sindaci U20 2021, ospiti dai Presidenti U20, Virginia Raggi, già Sindaco di Roma e Giuseppe Sala, sindaco di Milano, 41 città che rappresentano le maggiori economie del mondo hanno presentato la loro visione per un verde e giusto ripresa da COVID-19 e hanno esortato i loro leader nazionali a lavorare insieme per promuovere una maggiore collaborazione con le città e i governi locali per accelerare le soluzioni per il clima, la salute, crisi economica e sociale.

Il Summit ha incluso la presentazione ufficiale del Comunicato U20 alla presidenza del G20 Il Comunicato 2021, diffuso per la prima volta a giugno da 28 sindaci, conta ora un ulteriori 13 firmatari, comprese le città indiane di Mumbai e Delhi, che si uniscono all’U20 iniziativa per la prima volta.

Nello specifico, nel Comunicato, 41 Sindaci e Governatori delineano la loro visione di una nuova paradigma di sviluppo sostenibile e la strada verso una ripresa resiliente dalla globale crisi umanitaria scatenata dalla pandemia di COVID-19. Chiedono ai leader del G20 di garantire il diritto alla salute per tutti sostenendo istituzioni pubbliche forti e fornitura di servizi, che sono vitali per la coesione delle nostre comunità e per garantire l’accesso universale ai vaccini

per tutti. Invitano il G20 ad accelerare l’azione per il clima prima della COP26 investendo per dimezzare le emissioni globali entro il 2030 e spostare gli investimenti dai combustibili fossili all’energia pulita.

Infine, i sindaci nel comunicato finale chiedono al G20 di aumentare l’equità e il buon governo, entrambi consentendo alle città di compiere la transizione verso un’eco-

nomia più equa, una transizione giusta per tutti, e proteggendo i diritti digitali del cittadino.

Questo evento diplomatico di alto livello è servita ad alzare l’attenzione sulla scena internazionale in vista non solo del vertice del G20 di ottobre, ma anche della COP26 di Glasgow di novembre e altri processi chiave della politica internazionale riunendo alcuni dei leader più ambiziosi.

“Le città U20 mandano un messaggio congiunto al G20: non c’è ripresa che non sia green, giusta e locale. Le raccomandazioni delle città sulle priorità Persone, Pianeta e Prosperità indicano al G20 governi che possiamo e vogliamo aiutare. Le città sono i migliori alleati per raggiungere le ambizioni del G20 poiché ospitiamo la maggior parte delle persone, hanno dimostrato di essere seriamente impegnati per un pianeta sostenibile e sono i fari dell’innovazione per la prosperità futura. Ci aspettiamo che il G20 apprezzi il ruolo di città nei loro procedimenti, in particolare quest’anno, in una congiuntura tanto impegnativa quanto promettentenella storia dell’umanità”.

- Giuseppe Sala, Sindaco di Milano e Co-Chair U20 “Creare una società resiliente, verde ed equa deve essere il nostro obiettivo comune post-pandemia. Le città sono dove vive la maggior parte delle persone e i sindaci sono i più responsabili nei confronti dei cittadini, essendo il livello di governo più vicino al popolo. La Presidenza italiana del G20 ha portato sulla più stretta collaborazione tra città e governi, e continueremo a lavorare insieme per raggiungere i nostri obiettivi comuni. Chiediamo alla Presidenza italiana di valorizzare il contributo che le città U20 danno alla creazione di una società più inclusiva e verde”.

- Virginia Raggi, già Sindaco di Roma e Copresidente U20

“Le città ospitano una maggioranza crescente della popolazione mondiale e sono la chiave per affrontare molte delle grandi sfide che dobbiamo affrontare, incluso il cambiamento climatico.È incoraggiante vedere i go-

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verni nazionali riconoscere sempre più il ruolo delle città e guardarle come partner – e il recente comunicato dei ministri del G20 incaricati di Energia e Clima è solo uno esempio. Più facciamo per supportare e potenziare le città, più velocemente possiamo fare progressi questioni globali, e questo è particolarmente importante a causa delle enormi sfide che le città sono fronte alla pandemia. Plaudo agli Urban 20 per il loro lavoro a favore delle città del mondo e amplificando le loro voci”

- Michael R.Bloomberg, inviato speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per l’ambizione e le soluzioni per il clima, fondatore di Bloomberg LP e Bloomberg Philanthropies e presidente del consiglio di amministrazione di C40.

“Portare la voce dei governi locali e regionali sulla scena internazionale è più importante che mai. Il ruolo vitale che hanno svolto nel proteggere sia il nostro le persone e il nostro pianeta attraverso la fornitura di servizi pubblici locali si è rivelata cruciale. In qualità di co-organizzatore dell’Urban 20, e facilitatore della Global Taskforce, United Cities and Local Governments è pronto a garantire che la visione e le esperienze delle città influiscano sulla politica a tutti i livelli”.

- Mohamed Boudra, presidente dell’UCLG, sindaco di Al-Hoceima e presidente del Marocco Associazione dei Sindaci (AMPCC)

“Jakarta incoraggia tutti i leader delle città U20 a collaborare, unirsi ed estendere i nostri migliori sforzi mentre rafforzare l’integrazione verticale nella definizione delle politiche e nell’attuazione delle azioni con il governi per raggiungere i nostri obiettivi collettivi dell’Accordo di Parigi e degli SDGs”.

- Anies Baswedan, governatore di Giacarta

“Per loro stessa natura, le città non sono solo in prima linea nella crisi climatica e covid, ma anche allevamento terreno per soluzioni creative. Poiché non abbiamo tempo da perdere, invito i leader del G20 a responsabilizzarsi sindaci per accelerare i nostri sforzi per un impatto tangibile”.

- Ahmed Aboutaleb, sindaco di Rotterdam

“Come municipalità metropolitana di Istanbul, non abbiamo esitato nemmeno un secondo a firmare l’appello che sarà presentato ai leader del G20 e inviterà i nostri governi a collaborare con le città per una ripresa incentrata sull’uomo, verde ed equa”.

- Ekrem IMAMOGLU, sindaco di Istanbul

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SPORT E CITT À

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ARIGATO

Li hanno chiamati Giochi Covid e fino al giorno prima della Cerimonia di apertura c’era ancora chi li metteva in dubbio; la popolazione locale era scettica nell’ospitare in queste condizioni le Olimpiadi. Invece si è trattato di un successo collettivo di un Paese, fortemente ferito oltre che dal COVID-19 anche da una serie di catastrofi naturali che ha colpito negli ultimi anni l’intero Giappone.

Tokyo ha accolto i Giochi della XXXVI Olimpiade dell’era moderna con un anno di ritardo a causa della pandemia COVID-19: inizialmente programmati per il periodo dal 24 luglio al 9 agosto 2020, si sono svolti dal 23 luglio all’8 agosto, seguiti dalle Paralimpiadi, in un clima blindato e con grandi precauzioni prese da parte delle autorità, per evitare che una festa di sport si potesse trasformare in un veicolo di pandemia.

È stata una Olimpiade senza pubblico, con atleti, tecnici, giudici, dirigenti e giornalisti avvolti in una “bolla” che ne limitava di fatto ogni spostamento non strettamente necessario. È stata l’Olimpiade della paura, quella di dover pagare un prezzo molto alto una volta concluse le gare.

È stata invece l’Olimpiade della volontà di un Paese di rinascere e combattere. Questo c’era negli occhi di tutti i volontari che, per oltre un mese, si sono spesi per la riuscita di Olimpiadi e Paralimpiadi. Donne e uomini di tutte le età, instancabili e stoici, vigilavano su tutto, offrendo ai giornalisti e alle squadre olimpiche una assistenza continua, efficace, gentile e discreta. Presidiavano ogni parte della città, indicando la strada e, a volte, offrendosi di accompagnare a proprie spese l’atleta o il tecnico smarrito. L’unica conosciuta, mille volte, con occhi smarriti, è rimasta un macigno sulla coscienza.

Tokio è stata anche l’Olimpiade di una nuova cultura degli impianti sportivi.

Tokyo è stata precedentemente sede dei Giochi nel 1964; già nel 2020 aveva completato le strutture nate per ospitare le competizioni, grazie a una serie di progetti mirati a rinnovare gli impianti sportivi esistenti e a costruirne di nuovi, progettati dai più importanti architetti giapponesi e in grado di offrire un’interessante panoramica sull’architettura moderna e contemporanea del Paese.

La maggior parte degli impianti sportivi è stata concepita per una fruizione anche dopo la fine delle Olimpiadi. Altri, come la struttura dell’arrampicata, quella del BMX e dello skateboard, saranno rimossi per essere rimontati in altre zone della città.

Nell’area metropolitana della capitale giapponese si sono tenuti la maggior parte degli eventi e in questo contesto ci sono gli impianti sportivi più importanti, come lo Stadio Nazionale del Giappone, con una capienza di 68mila posti, progettato dall’architetto Kengo Kuma e realizzato con il legno proveniente da 46 delle 47 prefetture giapponesi.

Lo stadio che ha preso il posto della vecchia struttura, demolita nel 2016, si trova nel quartiere Shinjuku, che è un

di Frederick Greehouse

TOKYO

importante centro commerciale e amministrativo della capitale. La stazione di Shinjuku è il nodo ferroviario più trafficato al mondo e ospita le sedi di due università.

Il Musashino Forest Sport Plaza, il primo centro completato per le Olimpiadi, dotato di un tetto spiovente bianco e argento, ha ospitato le gare di badminton e pentathlon e si trova a Chofu, città che fa parte dell’area metropolitana della capitale, e continuerà ad ospitare eventi sportivi e spettacoli.

Il parco Tatsumi-no-mori, che si affaccia sul fiume Arakawa e si trova nel quartiere Koto, ospita il Tokyo Aquatics Centre, che è stato il teatro del nuoto. Il parco è un polmone verde della città dove le persone di tutte le età corrono e praticano gli sport più diversi; ora ospiterà anche una piscina, a disposizione degli abitanti della Capitale. Non lontano vi è il Sea Forest Waterway, costruito appositamente nei canali tra due isole artificiali nella baia di Tokyo e sede delle gare di canottaggio, che continuerà a ospitare gare internazionali delle due discipline e che sarà aperto al pubblico come area ricreativa. Vi si giunge attraversando il Tokyo Gate Bridge, uno dei ponti più belli e moderni del Paese.

Nella zona centrale della capitale si trova invece il Nippon Budokan, il centro per le arti marziali costruito per le Olimpiadi del 1964, mentre il Villaggio Olimpico, realizzato nel quartiere Harumi, sarà invece convertito in appartamenti, oltre 5mila, che saranno messi in vendita. Mentre altra interessante iniziativa legata alle Olimpiadi è stata il progetto “Pavilion Tokyo 2021”, promosso dal Governo Metropolitano di Tokyo, dal Consiglio delle Arti e dal Museo Watari-um: nove padiglioni realizzati da tre artisti e sei architetti - tra cui Kazuyo Sejima, presenti durante le Olimpiadi nelle aree centrali della metropoli, in prossimità dello Stadio.

Le Olimpiadi sono state un modello organizzativo diffuso in tutto il Giappone. Il centro Makuhari Messe di Chiba, culla delle gare olimpiche di taekwondo e di scherma, é il secondo centro congressi più grande del Paese e ospita ogni anno concerti ed eventi come il Tokyo Game Show e il Motor Show, oltre a importanti fiere sui manga e sulle action figure.

I Giochi avrebbero dovuto anche rappresentare la rinascita del Giappone dopo il terremoto e lo tsunami del 2011. Per questo nella città di Fukushima, colpita anche dall’incidente alla centrale nucleare, è iniziato il percorso della torcia olimpica. Sapporo, invece, è stata una città particolarmente dolce per gli Azzurri, perché qui si sono tenute le gare di marcia che hanno visto le vittorie di Massimo Stano e di Antonella Palmisano e qui è stata ospitata anche la maratona. Una scelta dovuta alle condizioni climatiche più favorevoli per le competizioni di lunga durata.

E allora Arigato Tokyo per quanto hai fatto: per averci fatto vivere le emozioni di una Olimpiade e averci donato una condizione di normalità e speranza. È stato bello e unico e sarà ricordato per sempre.

AZZURRO, IL POMERIGGIO È TROPPO AZZURRO…

di Frederick Greenhouse

La stagione dei successi azzurri rilancia l’Italia, ma è arrivata l’ora di costruire il concetto di sport bene comune.

Il 2021 sarà ricordato negli annali dello sport italiano come l’anno dei successi delle squadre, degli atleti, dei tecnici e dei dirigenti azzurri.

Successi che hanno dato a tutti noi la speranza e la voglia di pensare che stiamo lasciando alle spalle il periodo triste e tormentato che abbiamo vissuto, ma anche successi figli della determinazione a superare gli ostacoli e le barriere che il lockdown ha imposto.

Atleti improvvisamente privati dell’agone agonistico, lontani dai centri di preparazione, costretti a interloquire a distanza con i propri tecnici, squadre smembrate dal COVID-19 che giocavano in stadi deserti e senza il calore dei propri tifosi, gare e competizioni annullate o, tutt’al più, organizzate all’interno di “bolle” dove era difficile immergersi.

Gli staff delle squadre e degli atleti si sono arricchiti di una nuova figura, il mental coach, capace di supportare l’atleta nel conoscere sé stesso e nel superare le proprie fragilità psicologiche ed emotive, esaltate dall’isolamento e dalle vulnerabilità generate dal COVID-19.

Proprio in queste condizioni di fragilità sono stati costruiti i successi dello sport azzurro che hanno esaltato tutti, pronti a festeggiare ogni singolo trionfo come una sorta di rinascita collettiva.

Lo sport messo al bando durante il periodo di lockdown si è preso così la propria rivincita, prendendo per mano l’entusiasmo di tutto il Paese e portando l’Italia a risplendere di gloria dopo un anno e mezzo di sofferenze e privazioni, confermando che solo lo sport sa regalare alla popolazione quelle magie, quelle emozioni e quei valori in grado di rendere tutti uniti.

Forse dovremmo rimodulare i celebri versi secondo cui l’Italia, oltre a essere un Paese di santi, poeti e navigatori, è anche un Paese di sportivi. E non importa che siano il calcio, l’atletica, la pallavolo, il tennis o il ciclismo a regalarci le emozioni legate al gol segnato, al punto fatto, al record ottenuto, allo smash vincente. E non importa che siamo stati vincenti nello sport olimpico e paralimpico, sul court di Wimbledon, sul pavé della Parigi-Roubaix, nei tatami, nei velodromi, nei circuiti, come nei campi di regata, nei palazzetti e negli stadi di tutta Europa. E non importa la provenienza geografica o etnica dei nostri atleti. Importa sentire e cantare tutti assieme Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta…

Abbiamo imparato a gioire per i colori azzurri nella finale di Coppa America, a inebriarci di gioia per la vittoria degli azzurri del calcio ai Campionati Europei, a vedere finalmente un italiano arrivare in finale a Wimbledon, ad assistere nel volgere di pochi minuti alla vittoria di due azzurri alle olimpiadi nella gara dei 100 metri e del salto in alto, a dominare nella marcia, a essere testimoni del successo della 4x100, a rivedere una dopo l’altra le 109 medaglie di Tokio, tra Olimpiadi e Paralimpiadi, ad ammirare il tricolore issarsi per ben due volte agli europei di volley e a vivere i successi azzurri nella moto GP, nel ciclismo ai mondiali e in una delle gare monumento quale la Parigi-Roubaix.

Il Presidente Mattarella, il Presidente del Consiglio Draghi e i Sindaci di ogni grande o piccola città in cui era nato o risiedeva il campione di turno hanno giustamente tributato gli onori ai protagonisti di queste vittorie e, insieme a tutte le comunità, hanno celebrato collettivamente coloro che ci hanno unito e fatto gioire con le proprie imprese.

Ora vi è la necessità che questi successi, oltre al giusto entusiasmo, generino una cultura differente dello sport nel nostro Paese: trovare certezze nei finanziamenti, nella promozione e nella governance, superando contrapposizioni sterili sul chi faccia cosa, se lo sport olimpico e quello sociale debbano andare separati, se costruire e gestire un impianto sportivo debba essere considerato solo un mero costo di esercizio, se le periferie non possano avere la possibilità di riscatto e coesione sociale proprio grazie allo sport, se nelle scuole l’attività motoria e sportiva debba essere ancora relegata in fondo agli interessi dello sviluppo psico-fisico adolescenziale, se non sia coerente recuperare spazi nelle città per il cammino, la corsa e la bici, promuovendo veramente il concetto di mobilità attiva, se non sia tempo di costruire lungo le coste, nei lungofiumi o lungolaghi, nei lungomari e negli argini fluviali delle infrastrutture sportive al servizio della città, ma soprattutto se lo sport è veramente diventato un bene comune sul quale investire.

Nelson Mandela diceva che “lo sport ha il potere di cambiare il mondo”, lo ha certamente e oggi più che mai è viva la speranza che queste vittorie siano in grado di cambiare l’approccio globale all’attività sportiva nel nostro Paese.

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CARTOLINE AZZURRE DALLA NEXT GENERATION

Coppa America – Luna Rossa

Luna Rossa nelle acque di Auckland arriva a un passo dalla vittoria in Coppa America, sconfitti solo dai padroni di casa di New Zealand. L’insieme di tecnologia, abbinata a un team perfetto, ci ha regalato delle notti fantastiche. L’impresa di Auckland ci conferma che siamo un popolo di navigatori e di innovatori vincenti.

Wimbledon – Matteo Berettini

Matteo Berettini, numero uno del tennis azzurro, è stato capace di regalare un sogno a milioni di italiani, quello di vedere un tennista azzurro in finale sui outs verdi dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club di Wimbledon, il torneo più antico, suggestivo e importante del mondo.

Coraggio e forza di volontà hanno accompagnato non solo i sogni di un ragazzo italiano, ma di tutti gli italiani.

Euro 2020 – Nazionale di Calcio

Spostata di un anno, la competizione continentale di calcio ci regala una emozione unica: la Nazionale italiana di Mancini trionfa in un europeo difficile da pronosticare alla vigilia, una vittoria che mancava da 53 anni.

Forza del gruppo, tenacia e determinazione hanno spinto gli Azzurri a conquistare a Wembley una vittoria storica, con una Nazionale proiettata nel futuro e ricca di talenti.

Le note di Notti Magiche hanno accompagnato, nelle nostre città, una gioia collettiva difficile da contenere.

Tokyo 2020 – Il record di medaglie, da Marcell Jacobs a Bebe Vio Nessuno avrebbe potuto immaginare quanto gli Azzurri dello sport olimpico e paralimpico hanno saputo regalarci in circa un mese di gare ospitate a Tokio, in una Olimpiade che è stata posticipata di un anno, dal 2020 al 2021.

L’Atletica Leggera sugli scudi, con cinque medaglie d’oro, con Jacobs e Tamberi che, nel giro di venti minuti l’uno dall’altro, sono entrati nella storia dello sport conquistando due medaglie d’oro, nei 100 metri, l’uomo più veloce al mondo e nel salto in alto, l’uomo che salta più in alto al mondo. Medaglie mai prima d’ora vinte da un atleta azzurro. L’oro nella 4x100 maschile, una staffetta composta da Jacobs, Patta, Desalu e Tortu; la marcia “trionfale” di Stano e Palmisano, sono tutte foto da incorniciare. Così come gli ori con record del mondo nell’inseguimento a squadre di Francesco Lamon, Jonathan Milan, Simone Consonni e Filippo Ganna; il successo nel canottaggio di Valentina Rodini e Federica Cesarini; il tatami d’oro di Vito Dell’Aquila e Luigi Busà; la regata vincente di Ruggero Tita e Caterina Banti; le emozioni regalate da Vanessa Ferrari, Gregorio Paltrinieri e Fede-

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rica Pellegrini sono da consegnare alla leggenda.

E poi lo sport paralimpico. Con Bebe Vio e l’ennesima medaglia d’oro che premia un simbolo assoluto dello sport mondiale. E come dimenticare i 100 metri femminili, con un podio tutto italiano: l’oro di Ambra Sabatini, 19enne, che con 14’’11 ha realizzato il record del mondo, l’argento di Martina Caironi, 31enne, e il bronzo di Monica Graziana Contrafatto, 40enne. Grandi atlete, grandi donne, con storie uniche ed emozionanti. Difficile nominare tutti, ma questa è la Next Generation del nostro Paese, capace di regalarci 109 medaglie, di cui 40 alle Olimpiadi e 69 alle Paralimpiadi, un record assoluto da consegnare alla storia. Alla fine sono questi numeri a farci realmente rendere conto di quello che è stato fatto durante questa spedizione olimpica.

Mondiali di ciclismo – Filippo Ganna ed Elisa Balsamo

Il ciclismo ci regala due vittorie grazie a dei talenti puri come Filippo Ganna ed Elisa Balsamo.

Ganna, che alle Olimpiadi di Tokio ci aveva regalato l’oro nell’inseguimento a squadre, si ripete nelle Fiandre nella prova a cronometro ed Elisa Balsamo vince la prova femminile su strada. Filippo 25 anni ed Elisa 23 anni sono l’espressione del talento puro associato alla voglia di vincere e di continuare la tradizione del ciclismo italiano.

Europei di volley – Le Nazionali del futuro

Il volley ci regala due emozioni uniche con le due nazionali, quella maschile e femminile, in grado di salire sul gradino più alto del podio continentale. Due squadre costruite per il futuro, per regalarci però dei successi già oggi.

Paola Egonu e Alessandro Micheletto sono gli emblemi di due team e di una generazione che vuole proiettarsi nel futuro e vincere sin da oggi.

Parigi-Roubaix – Sonny Colbrelli

Sonny Colbrelli, a 31 anni, si regala e ci regala il sogno di vincere una classica monumento quale la Parigi-Roubaix, vincendo in volata la 118esima edizione della corsa caratterizzata da pioggia e fango.

L’immagine di Sonny all’arrivo, coperto da una maschera di fango, è la più bella dello sport italiano e racchiude la passione, la fatica, la determinazione che vi sono dietro ogni successo.

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Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della Cerimonia di restituzione della bandiera da parte degli atleti italiani di ritorno dai Giochi Olimpici e Paralimpici di Tokyo 2020 Palazzo del Quirinale, 23 settembre 2021

Bentornati al Quirinale.

Anzitutto, grazie. Grazie ai quattro alfieri, grazie a tutti voi per avere - come ha detto poc’anzi il Presidente Malagò – reso onore alla bandiera durante i Giochi, alle Olimpiadi e alle Paralimpiadi. Bravissimi! 109 medaglie, mai così tante, come si sente dire spesso, ma non sarà mai sufficiente perché sono davvero tante.

Avete raggiunto traguardi sportivi di altissimo prestigio e avete emozionato gli italiani.

Vi sono momenti in cui lo sport assume un significato più ampio: questo è uno di quelli. Il nostro Paese provato dalla pandemia è in ripresa. Si è sentito rappresentato dal protagonismo di Olimpici e Paralimpici; si è sentito bene interpretato; si è sentito coinvolto. Siete stati, in realtà, un bel simbolo.

Durante le Olimpiadi, verso la fine, ho chiamato il Presidente Malagò per fargli i complimenti per le tante medaglie. Ho chiamato anche il Presidente Pancalli dopo un po’, il primo giorno delle Paralimpiadi, dopo i primi successi. Gli ho fatto una richiesta, un augurio che – lo ringrazio per la discrezione – non ha pubblicizzato: quello di prendere una medaglia in più rispetto alle Olimpiadi. Non per una preferenza, ma perché le tante medaglie delle Paralimpiadi hanno certamente, come diceva poc’anzi il Presidente Pancalli, spinto

tante ragazze e tanti ragazzi con disabilità a dedicarsi allo sport, a individuare nello sport una delle strade della propria realizzazione.

Anche per questo, lo sport paralimpico, il movimento paralimpico, nel nostro Paese è un’avanguardia preziosa.

Questa è stata una grande estate per il nostro sport. Come ha detto la Sottosegretaria Vezzali poc’anzi, questo comporta non soltanto il merito dei protagonisti, ma di tanti staff, tecnici, sanitari, organizzativi, persone che hanno contribuito a questi grandi risultati. Dagli europei di calcio, agli europei di pallavolo femminile prima e poi maschile.

Sempre più le donne aprono la strada per i successi nel nostro sport.

È stata davvero un’estate di grande prestigio.

Ho seguito costantemente i Giochi. Ho anche visto molto, ma vi devo dire soltanto nelle ore in cui in Italia era giorno. Non mi era consentito, per la mia età, guardarli anche la notte, come molti hanno fatto tra i nostri concittadini.

Tre giorni fa, alla Cerimonia di apertura dell’Anno sco-

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lastico, ho ricordato la vittoria di Jacobs dei cento metri e la staffetta, che poc’anzi mi ha cortesemente donato il testimone. Si sono schierati in ordine di partenza: Patta, Jacobs, Desalu, Tortu. Bravissimi! Avete emozionato gli italiani. Questo lo hanno fatto anche tanti altri nei Giochi olimpici e paralimpici. Per le Olimpiadi lo hanno fatto, ad esempio, la staffetta stile libero del nuoto, l’argento di Vanessa Ferrari. Tanti altri hanno emozionato e trascinato l’entusiasmo dei nostri concittadini.

Ho ricordato tre giorni fa agli studenti anche le medaglie, d’oro, argento e bronzo dei cento metri femminili paralimpici. Davvero bravissime! Sabatini, Caironi, Contrafatto. Ambra Sabatini è la più giovane medagliata, complimenti!

Sapete, ogni specialità, ognuno di voi meriterebbe una citazione specifica ed esplicita. Non mi è possibile. Ma non posso tacere delle sette medaglie di vario colore di Stefano Raimondi; delle cinque medaglie di Carlotta Gilli; di Giulia Terzi, di Antonio Fantin.

Non vorrei trascurare neanche chi ne ha avute soltanto quattro, li ricordo: Barlaam, Trimi, Palazzo, le due medaglie d’oro, oltre all’argento, di Francesco Bocciardo.

Nelle Olimpiadi, dai venti chilometri di marcia femminile e maschile, anche qui prima femminile e poi maschile, alla scherma femminile e maschile, dalla vela al ciclismo; complimenti a Ganna per il mondiale dei giorni scorsi. Dal nuoto al karate, dal taekwondo, la prima medaglia, al canottaggio, alle altre specialità che tutti abbiamo visto e seguito con affetto, alla splendida squadra delle farfalle.

Mi devo fermare ma – ripeto - vorrei menzionare ciascuno di voi e ciascuna specialità.

Tamberi, non ho dimenticato il salto in alto. L’ho tenuto da parte per una considerazione che vorrei farle. Premesso che tutti abbiamo visto la simpatica trasgressione del suo entusiasmo travolgente che ha fatto ammattire gli addetti alle piste che non sapevano come fermarla, la scelta che avete fatto lei e Barshim è stata splendida: anziché proseguire, con un accanimento agonistico per prevalere con misura al ribasso, avete compiuto un gesto di vero valore sportivo.

Non ho dimenticato neppure il fioretto a squadra femminile paralimpico, Bebe Vio, Loredana Trigilia, Ionela Mogos sono state straordinarie; e l’oro e l’argento di Bebe è stata una entusiasmante vittoria sulle avversità.

Non vorrei concludere senza ricordare però che accanto alle medaglie, di tutti voi insigniti di medaglie, vi sono state tante altre prestazioni di grande rilievo sportivo, non seguite da medaglie ma ugualmente importanti. Tanti vostri colleghi delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi hanno fatto delle prestazioni di grande importanza e non soltanto con i quarti posti. Ne ricordo una per tutte: la finale di Federica Pellegrini, adesso dirigente del CIO, e le faccio gli auguri per questo nuovo impegno così importante.

Concludo con il complimento migliore penso possa farvi: siete stati squadra, avete manifestato amicizia e integrazione fra di voi e avete - anche questo è molto importante - sollecitato non soltanto all’attenzione verso lo sport, ma a praticare lo sport.

Grazie per tutto questo. Complimenti.

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Gli Azzurri della Nazionale di Calcio, Matteo Berrettini e la

di Atletica Under 23 a Palazzo Chigi: l’intervento del Presidente Draghi

I Presidenti mi scuseranno se oggi non dò loro la precedenza.

Inizio col Commissario Tecnico Roberto Mancini, col Capitano Giorgio Chiellini, Matteo Berrettini e Vincenzo Santopadre, Dalia Kaddari, Gaia Sabbatini, Simone Barontini, Andrea Dallavalle e Alessandro Sibilio, e tutti gli atleti qui presenti, insieme agli allenatori.

Ora arrivo ai Presidenti. Presidente Malagò, Presidente Gravina, Presidente Binaghi, Segretario generale Londi. Un saluto collettivo da me e un ringraziamento profondo dal Governo, che è qui rappresentato in gran parte oggi pomeriggio, e anche un ringraziamento da tutto lo staff di Palazzo Chigi che è affacciato alle finestre qui e vi guarda da sopra.

Vorrei ringraziarvi perché il vostro successo, i vostri successi sono stati straordinari. Straordinari in che senso?

La nazionale di calcio ha vinto il campionato europeo dopo oltre 50 anni.

Matteo Berrettini è stato il primo italiano a giocare la finale del torneo singolare di Wimbledon in quasi – come ha detto il Presidente Binaghi un attimo fa – un secolo e mezzo di storia.

Nazionale

E la squadra Under 23 di atletica leggera si è classificata al primo posto nel medagliere agli Europei, l’unica volta in 13 edizioni.

Ci avete fatto emozionare e commuovere, gioire, abbracciare.

lo sono sempre stato orgoglioso di essere italiano, sempre. Ma questa volta noi abbiamo festeggiato insieme le vostre vittorie e quello di cui ci avete resi orgogliosi è di essere uniti in questa celebrazione, in nome anche dell’Italia. Oggi lo sport segna in maniera indelebile la storia delle nazioni.

Ogni generazione ha i suoi ricordi.

La Coppa Davis del ’76. L’urlo di Marco Tardelli nella finale dell’82.

Il record del mondo a Città del Messico di Pietro Mennea sui 200 metri piani. Francesca Schiavone e Flavia Pennetta che vincono sui campi del Roland Garros e di Flushing Meadows.

I secondi posti della nazionale di calcio ai Mondiali del ’94 e agli Europei del 2000, fino al trionfo nella notte di Berlino.

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Oggi siete voi a essere entrati nella storia. Con i vostri sprint, i vostri servizi, i vostri gol e le vostre parate – e che parate! Con lo spirito di squadra, il gioco di squadra forgiato dal Commissario Tecnico, Roberto Mancini.

Con i vostri sforzi e i vostri sacrifici – penso tra l’altro alle lacrime di Leonardo Spinazzola.

E non sono qui, ma voglio ringraziare tutte le vostre famiglie che vi hanno sostenuto. Si parlava prima della famiglia di Matteo, ma tutti voi avete una famiglia che vi ha sostenuto, vi ha incoraggiato, è stata paziente. Tutti noi abbiamo avuto questa famiglia, ma nel caso vostro devono essere state molto più pazienti. Quindi brave mogli, brave famiglie e bravi nonni anche. Avete rafforzato in tutti noi il senso di appartenenza all’Italia.

E ci avete messo al centro dell’Europa, come dimostrano i tanti messaggi di congratulazioni arrivati in queste ore, anche a me personalmente.

Lo sport insegna, unisce e fa sognare.

È - si dice una parola un po’ così, però è vero – un grande

ascensore sociale, è un argine al razzismo, è uno strumento di coesione, soprattutto in periodi difficili come quello che abbiamo vissuto.

Il Governo ha deciso di investire nell’attività sportiva –molto – specialmente e soprattutto in quella per i più giovani e anche nelle scuole. E per questo voglio ringraziare la Sottosegretaria Vezzali che ha fatto molto per dirigere l’investimento anche in questo settore. Ma vogliamo anche aiutare la prossima generazione di campioni, come diceva il presidente Binaghi “nel tennis c’è molto, già”, occorre coltivare.

Quella che cresce oggi vede in voi il proprio modello. Voi siete dei modelli, pensavo per più generazioni. Siete dei modelli anche per noi.

Concludo facendo i miei più sentiti auguri a tutti gli atleti e le atlete che parteciperanno alle Olimpiadi di Tokyo.

L’Italia vi accompagna nella vostra rincorsa verso la gloria delle Olimpiadi.

Abbiamo voglia, tanta voglia, di vivere altre notti magiche come quelle che abbiamo vissuto in questi giorni, soprattutto naturalmente anche ieri.

Grazie.

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I VALORI DELLA MAGLIA AZZURRA SONO I VALORI DELL’INTERO PAESE

Le squadre e gli atleti italiani hanno scritto quest’anno pagine indimenticabili nella storia del Paese, per i risultati formidabili che hanno raggiunto e per le storie e i valori che la Maglia Azzurra ha, ancora una volta, testimoniato.

La vittoria della Nazionale agli Europei, la finale di Wimbledon conquistata da Matteo Berrettini, le medaglie olimpiche e paraolimpiche di Tokio, le imprese degli azzurri di volley e di quelli del ciclismo ci consegnano una stagione di sport italiano che resterà indimenticata.

Festeggiamo questi importanti traguardi e, in particolare come membri dell’Intergruppo parlamentare “Amici della Maglia Azzurra”, assumiamo la responsabilità di incominciare a scrivere un nuovo capitolo per lo sport nazionale, a tutti i livelli, per cui il settore sia considerato un investimento di primaria importanza: impianti, eventi, catena del valore, pianificazione delle città, riconoscimento ad atleti e ad allenatori.

Sarà fondamentale portare a compimento, a livello parlamentare, la legge sull’inserimento alla scuola primaria dell’insegnamento obbligatorio, continuare a investire sul rinnovo dell’impiantistica e sulla creazione di spazi outdoor per la pratica sportiva, prevenire l’abbandono dello sport da parte dei più giovani con politiche educative mirate, integrare lo sport nelle politiche di prevenzione e di promozione della salute a livello di cittadinanza. Le risorse del PNRR saranno un’occasione imperdibile per invertire la rotta in maniera strutturale per costruire una politica pubblica per lo sport a livello nazionale instaurando una forte sinergia tra Governo, Regioni, Comuni, CONI, Sport e Salute e Istituto per il Credito Sportivo.

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di Roberto Pella Presidente Intergruppo parlamentare “Amici della Maglia Azzurra” e Vicepresidente vicario ANCI
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“UNA FANTASTICA CAVALCATA PER LO SPORT ITALIANO”

“È stata una fantastica cavalcata, partita con l’Europeo di calcio: davvero vorrei che quest’estate dello sport italiano non finisse mai”. Giovanni Malagò, a margine dell’Open d’Italia di golf, commenta la chiusura della Paralimpiadi con la storica tripletta dei 100 piani femminili e l’Europeo vinto dall’Italia di volley femminile.

“Il bello dello sport - ha detto il presidente del Coni - è questo, che perdi e il giorno dopo ti puoi rifare. Ho parlato con il ct delle azzurre di volley, Mazzanti, e con il Presidente: sono stati bravi a capire gli errori, encomiabili”. Complimenti a Paola Egonu, “un’atleta che il mondo ci invidia, vincente e sensibile: quando il CIO mi chiese a Tokyo un nome per la bandiera olimpica non ho avuto dubbi a indicare lei”.

Infine i successi paralimpici. “Con loro non siamo cugini, ma fratelli: in molte discipline le federazioni sono apparentate, lavorano insieme. E i risultati di Tokyo ci rendono orgogliosi”.

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di Giovanni Malagò

“SUCCESSI FRUTTO DI UN LAVORO DI SQUADRA”

”Chi mi conosce sa come vivo questo movimento. Gli Azzurri, tutti, non solo quelli del nuoto, sono straordinari. Non è mai merito di una persona: i successi arrivano sempre per il lavoro di una squadra, fatto anche da chi lavora nell’ombra, con un apporto molto importante”. Così, Luca Pancalli, Presidente del Comitato Paralimpico Italiano. Il numero uno del Cip ha ricevuto dal coordinatore tecnico della Nazionale italiana di nuoto paralimpico, Riccardo Vernole, e da diversi atleti italiani impegnati in vasca a Tokyo, come la plurimedagliata Carlotta Gilli e Federico Morlacchi, la cuffia azzurra con scritto “Pancalli”. “Io ho solo l’onore e l’orgoglio di guidare una squadra che ci ha portato a essere quello che siamo, non solo nel nuoto, regalando non solo tante medaglie ma anche visibilità e dignità a tutto il movimento, come mai avevamo avuto prima”, ha aggiunto un commosso Pancalli.

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GLI STREET SPORT ALLE OLIMPIADI DI TOKYO 2020: GIOVANISSIMI E SOCIAL PIÙ VICINI ALLO SPIRITO OLIMPICO

Per la prima volta le Olimpiadi, intercettando le tendenze giovanili, aprono agli sport di strada, i cosiddetti “street sport”, che da tempo nelle nostre città animano i playground, i lungomari e le piazze.

Gli atleti Millennials e della Generazione Z contribuiscono a rinnovare l’immagine delle Olimpiadi, grazie a discipline già inserite nei contesti urbani informali delle nostre città, come skateboard, basket 3x3 e bmx freestyle, ma anche surf e arrampicata.

Giovani da sempre motore del cambiamento e dell’innovazione, non solo in ambito sociale, ma anche in ambito sportivo e urbano.

La cultura urban è un fenomeno inarrestabile nei giovani, che coinvolge i ragazzi che si riconoscono in questa cultura, che parte dalla musica, dal modo di vestire, dall’alimentazione sino ad arrivare allo sport.

Il comitato Olimpico internazionale (CIO) aveva da tempo sottolineato come Tokyo 2020 dovesse essere “un passo storico nel portare i giochi ai giovani e nel riflettere sull’urbanizzazione dello sport”. Sono state così inserite numerose nuove discipline capaci di attirare l’interesse dei giovani cresciuti nel boom di questi sport, ottenendo di conseguenza anche l’aumento delle condivisioni online sulle piattaforme social.

In Giappone si sono svolte le prime gare di surf nella storia delle Olimpiadi.  I surfisti sono giudicati per velocità, creatività e flow; ognuno di loro ha 30 minuti per dimostrare le proprie abilità, con diversi professionisti che prendono parte a ogni batteria.

Lo skateboard è uno degli sport più diffuso negli USA, nato per tenere in allenamento i surfisti, tanto da essere presente in tutte le città, con impianti dedicati e inseriti pienamente nel contesto urbano, come infrastrutture sportive e sociali. Due le sfide: park e street.

Nishiya Momiji, 13 anni, ha scritto il suo nome nei libri di storia dello sport con un punteggio di 15.26. Le sue tre run finali (4.15, 4.66 e 3.43) sono state sufficienti per assicurarsi il primo posto sul podio, battendo la brasiliana Rayssa Leal, anche lei 13enne, e la 16enne Nakayama Funa per l’oro, in quello che si crede sia il più giovane podio Olimpico di sempre.

La BMX (Bicycle Motocross) è invece uno sport che nasce negli Stati Uniti negli anni ’60 e veniva praticato inizialmente da chi non poteva permettersi una moto ma voleva imitare quelle persone che guidavano la motocross, usando quindi delle biciclette semplici e sprovviste di marce e freni. Praticato dai giovanissimi, ha avuto una rapida diffusione tra i giovani, come stile di vita e di mobilità attiva, unendo la voglia di spostarsi nel contesto urbano a un modello di vita libero di vincoli ed esaltando la creatività e la piena espressività fisica dei ragazzi.

Nel tessuto urbano le strutture dedicate al BMX sono una realtà che permettono a milioni di giovani di vivere un concetto di città differente e più adatta alle next generations.

Con acrobazie sbalorditive e un’incredibile agilità, a Tokio 2020 gli atleti sono stati in grado di incollare davanti alla televisione milioni di ragazzi.

L’australiano Logan Martin e la britannica Charlotte Worthington sono riusciti a scrivere una pagina di storia di questo sport all’Ariake Sports Park BMX Freestyle.

Il basket 3x3 da sempre anima i playground di tutto il mondo e in particolare trova la sua culla negli USA dove viene giocato nei parchi, nelle piazze e nelle strade.

Ormai i playground fanno parte integrante dello sviluppo urbanistico di una città in termini di fruibilità degli spazi da parte dei giovani.

Il 3x3 è uno sport di squadra che nasce come variante della pallacanestro, che si gioca su un lato del campo dove si confrontano due formazioni di tre giocatori (più un cambio per squadra), gare con poche pause, caratterizzate da ritmi e azioni di gioco veloci e spettacolari.

L’arrampicata a Tokyo è disputata come un singolo evento, con tutte e tre le principali discipline dello sport utilizzate in un formato combinato per determinare un vincitore assoluto sia per gli uomini sia per le donne.

Alla prima esibizione olimpica anche il karate, con uomini e donne che gareggiano sul tatami del Nippon Budokan, nel quale si sono svolte le sfide di judo, che invece ha debuttato a Tokyo 1964.

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SPORT E SALUTE INAUGURA URBAN SPORT: IL PARCO DEL FORO ITALICO APRE GRATUITAMENTE LE PORTE AL PUBBLICO

Un luogo per fare sport all’aria aperta, gratuitamente, nel cuore di Roma. Il Parco Sportivo del Foro Italico apre le porte al pubblico con il progetto “Urban Sport”, inaugurato a luglio dal Vito Cozzoli, presidente e amministratore delegato di Sport e Salute S.p.A.

Bambini, adulti e anziani avranno la possibilità di praticare attività sportiva in diverse aree del Parco: l’Albero fitness, la Grand Stand Arena (all’interno della quale è stata installata nuovamente una palestra a cielo aperto), e lo skate-park dello Stadio Pietrangeli con rampe e scivoli nel massimo rispetto dei protocolli anti-Covid. Strutture dedicate ai cittadini di ogni età con accesso gratuito sette giorni su sette. Un’area è stata riservata in esclusiva ai bambini del Foro Italico Camp, il centro estivo di Sport e Salute attento all’ambiente e al sociale.

Per incentivare il ritorno all’attività motoria di base, poi, sono state ripristinati per gli over 65 i corsi di tennis e le lezioni di nuoto gratuite presso il Circolo del Parco. Un’iniziativa, già avviata con successo lo scorso anno subito dopo il lock-down, che consentirà ad una fascia importante della popolazione di combattere la sedentarietà e fare movimento.

All’inaugurazione, tra gli altri, sono intervenuti Marco Di Paola, presidente della Federazione italiana sport equestri, Angelo Cito, presidente della Federazione italiana taekwondo, Ugo Claudio Matteoli, presidente della Federazione italiana pesca sportiva, Antonio Varacalli, presidente del comitato regionale del Lazio della Federazione italiana sport rotellistici, e Luciana Mezzopera, consigliere della Federazione italiana danza sportiva.

“Il Parco sportivo del Foro Italico è un luogo dello sport aperto alla cittadinanza e ai praticanti, come nella missione di Sport e Salute, che è quella di promuovere lo sport di tutti e per tutti, e per il grande valore sociale, educativo e formativo”, ha sottolineato Vito Cozzoli, presidente e amministratore delegato di Sport e Salute, S.p.A.

“È una cosa giusta fare in modo che il Parco sportivo del Foro Italico sia aperto a tutti. La Regione Lazio con Sport e Salute sta portando avanti tante progettualità e continueremo a lavorare insieme”, ha commentato Roberto Tavani, delegato allo Sport della Regione Lazio.

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Terminate da poco le Olimpiadi e Paralimpiadi a Tokio mi soffermo su un tema che da tempo mi stimola non solo ad una riflessione ma mi porta ad un’idea concreta. Si tratta dell’“eredità olimpica”, un concetto che accompagna direttamente la candidatura delle città aspiranti all’organizzazione insieme al sempre centrale focus sullo spirito olimpico.

Credo che queste due direttrici, che segnano il percorso pre e post agonistico dei “Giochi per eccellenza”, non possano essere disgiunte. Anzi sono sempre più anche parte del rapporto con il tessuto sociale che accoglie l’evento.

Lo spirito olimpico è in modo sempre più evidente anche il coinvolgimento delle persone nel progetto di una città che si candida e quindi ospita una rassegna olimpica. Questo non può non impattare con gli stili di vita e la salute dei cittadini, dove il movimento e lo sport giocano un ruolo determinante per il benessere collettivo e la tutela della salute della popolazione.

L’eredità olimpica e paralimpica, che segue e si unisce all’idea di spirito olimpico, sottintende come una Città sede dei Giochi non dovrebbe finire il suo ruolo di centro mondiale dello sport una volta terminate le giornate di gara. Piuttosto dovrebbe mantenere quella vocazione ampliando l’opportunità di sport e movimento per i cittadini, evidenziando così lo status di Capitale Mondiale dello Sport che deriva dall’essere Città Olimpica.

Se lo spirito olimpico è un insieme di concetti che richiamano i valori stessi rappresentati dal movimento olimpico, l’eredità olimpica è tutto ciò che i Giochi possono e devono lasciare in “dono” alla città, al suo territorio al Paese ospitante.

Fino ad oggi il focus di tale tema si è concentrato sull’utilizzo futuro dell’impiantistica olimpica. Sul come utilizzare questi impianti perché il tutto non si trasformi in un insieme di strutture che formano una cattedrale nel deserto.

Io credo che l’eredità olimpica debba essere molto di più, a partire dal ragionare su tutto ciò che la città può offrire ai cittadini per fare essi stessi sport in modo semplice e focalizzato su di un miglioramento del benessere fisico e della lotta alle patologie croniche, che rappresentano una vera insidia per la salute della popolazione.

Penso che debba contribuire al cambiamento anche strutturale della città che i Giochi possono favorire. Insomma, se avere maggiori impianti sportivi a disposizione della città è un’eredità importante, va anche detto che questi sono destinati ad una pratica agonistica di alta prestazione, non sempre a disposizione di tutti. Servono quindi proposte semplici. Realizzabili in tante aree della città. Disponibili in modo ampio per la popolazione, e che favoriscono la centralità delle aree olimpiche nel contesto cittadino, in particolare per un maggior utilizzo e coinvolgimento della cittadinanza nell’opportunità di stimolare la pratica motoria e sportiva.

L’idea concreta da cui sono partito è la traccia di un progetto che ho chiamato “Olympic Roads for Health”. Qualcosa che vuole appunto cogliere questo aspetto nuovo, e mettere ulteriormente in evidenza come una Città Olimpica sia una città capace di guardare in un’ottica nuova il suo futuro e il suo sviluppo. Compiendo un’alleanza stretta tra ciò che è il grande evento e ciò che ricade positivamente sul cittadino anche in termini di salute e movimento.

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di Maurizio Damilano

OLYMPIC ROADS FOR HEALTH, UN MODO NUOVO DI VEDERE L’EREDITÀ OLIMPICA

Tra pochi anni l’Italia sarà chiamata ad un’organizzazione che la metterà al centro del sistema sportivo mondiale attraverso i Giochi Invernali ospitati a Milano e Cortina.

Credo che il CONI e il sistema organizzativo dell’evento coglierebbero una grande opportunità nel proporre questo percorso tra gli obiettivi del “post olimpico” che in gran parte è proprio l’eredità olimpica.

Potrebbero essere da stimolo al CIO stesso per dare vita ad un movimento delle città olimpiche della salute. Una rete delle città ospitanti i Giochi Olimpici e Paralimpici che trasporta il loro ruolo organizzativo in qualcosa che le pone esempio di continuità nel rapporto tra lo sport agonistico di alto livello ed esigenze di salute, di movimento di promozione sportiva nei confronti della popolazione locale.

CHE COSA SONO LE OLYMPIC ROADS

Le Olympic Roads sono dei percorsi utilizzabili dalla popolazione per fare sport, movimento, esercizio fisico: cammino, corsa, biciletta come riferimenti principali. Possono comprendere anche l’utilizzo dei siti olimpici e dei suoi impianti, ma fondamentalmente sono un arricchimento della città nell’offerta di pratica per i cittadini.

I percorsi sono quindi il filo che lega l’esperienza olimpica alla quotidianità. Sono lo strumento per fare del termine Città Olimpica una realtà vera.

Le caratteristiche di una Olympic Road è quindi quella di poter essere di ampia e facile fruibilità. È quella di essere utilizzabile con semplicità dai cittadini e quindi essere ben diffuse all’interno della città.

Devono preferibilmente poter avere dei riferimenti sportivi chiari, ad esempio un impianto sportivo cittadino, un’area dei siti olimpici, un parco cittadino, una pista ciclo-pedonale… Interessano tutta l’area metropolitana della Città e non solo quella urbana. Sono segnalate da indicazioni specifiche. Sono raccolte in una cartina che diviene strumento informativo per i cittadini e anche per i turisti. Sono il simbolo di una città che si apre sempre più alle necessità di salute e benessere della popolazione. Sono percorsi e circuiti inseriti nell’area urbana o in contesti naturalistici. Sono l’etichetta olimpica che si mantiene nel tempo.

FILOSOFIA GREEN

In questi anni, e a seguire nei prossimi, il tema dell’ambiente e della salute saranno sempre più centrali anche nel concetto di organizzazione sportiva.

Il fatto di guardare a questi temi non solo come strumento di valorizzazione del momento sportivo, ma anche come prospettiva che l’eredità olimpica può lasciare alla città, sono una sfida non solo interessante e probabilmente anche necessaria, ma un ulteriore segnale della capacità di visione ed ideazione italiana.

Milano può realmente presentarsi come la prima grande città olimpica che unisce alla organizzazione olimpica anche il fermo interesse a una città più sana e più attiva per il futuro.

Del resto parlando di salute Milano è entrata a far parte di un progetto mondiale denominato “Cities Changing Diabetes” che rappresenta un riferimento anche di studio sulle necessità della città di porre sempre maggiore attenzione ai temi della salute, del benessere, e dell’urbanizzazione.

In questo progetto Milano si trova a fianco di molte altre grandi Città come: Citta � del Messico, Copenaghen, Houston, Pechino, Shanghai, Tianjin, Koriyama, Xiamen, Hangzhou, Vancouver, Johannesburg, Buenos Aires, Beirut, Jakarta, Leicester. Aprire questa strada anche al sistema olimpico e delle città olimpiche potrebbe essere un arricchimento.

Cortina già rappresenta un modello naturalistico importante, e con un ulteriore accelerazione nella direzione della sostenibilità e dell’offerta ai cittadini, ai turisti, ai fruitori della montagna può essere simbolo forte di come l’offerta sportiva e turistica di un territorio può divenire anche direttrice di un sistema di benessere, salute e sempre maggiore attenzione all’ambiente.

Non perdere l’opportunità di essere innovativi e capaci di visione nella proposta organizzativa di un evento mondiale come sono i Giochi Olimpici e Paralimpici, può e deve essere (a mio avviso) una carta che il nostro Paese, e il suo sistema sportivo, può giocarsi in modo convincente anche per stimolare un nuovo indirizzo al sistema olimpico internazionale sul futuro dei Giochi nell’ottica della sostenibilità e del miglioramento del rapporto con la popolazione delle città ospitanti.

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Non solo PIL: anche le medaglie rilanciano l’orgoglio di essere italiani

Nel corso dell’ultimo anno e mezzo il nostro Paese, esattamente come il resto del Pianeta, ha vissuto due elementi di grande sofferenza individuale e naturalmente collettivo: da un lato la crisi sanitaria legata alla pandemia, ma dall’altro, naturalmente, la crisi economica, conseguenza della diffusione del coronavirus.

Fin qui, le due “pandemie” di cui tutti parlano: quella sanitaria e quella economica. Ma ce n’è una terza, di cui si discute meno, che però ha colpito fortemente i nostri concittadini: è una pandemia psicologica, che ha portato il pessimismo ad essere sentimento prevalente tra i nostri concittadini.

Una sofferenza così grande, infatti, non poteva non determinare nella nostra popolazione una crescita di ansia e stress, come certificato anche da Istituto Piepoli attraverso lo “Stressometro” (indagine svolta ogni settimana per il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi). Una condizione psicologica così complessa sembra affiancarsi però, negli ultimi mesi, alla percezione da parte degli italiani di un nuovo “stato di grazia” del nostro Paese, come se, dopo tanti chilometri di faticosa salita, fosse arrivato il momento di godersi un po’ di meritata discesa.

A dare questa percezione, naturalmente, elementi strutturali e di grande importanza, come la buona riuscita della campagna vaccinale (con una partecipazione superiore rispetto a tanti altri grandi paesi europei), l’importante crescita del PIL che sembra certificata anche da Istat e si presenta addirittura superiore alla media europea.

Ma non è solo la fredda cronaca numerica (pur importante) a spingere gli italiani verso un nuovo rinnovato ottimismo nella lettura e nell’orientamento al futuro. Come sappiamo, infatti, alla base di una buona soddisfazione della popolazione sono sempre stati due elementi: panem et circenses.

E se il panem è rappresentato dall’incoraggiante ripresa sanitaria generata dai vaccini e dalla crescita economica, dall’altro lato non c’è dubbio che i circenses del mondo moderno siano i giochi sportivi.

Quasi a coronamento, infatti, di questo nuovo sentire po-

sitivo degli italiani è arrivata l’incredibile serie consecutiva di storici risultati sportivi: dalla vittoria degli europei di calcio ai grandi risultati delle rappresentative italiane nelle olimpiadi e nelle paraolimpiadi, con record di medaglie mai raggiunti nella storia. Ma l’effetto dei “giochi” sul sentimento degli italiani resta confinato allo sport? Siamo solo più fieri dei nostri atleti e delle loro prestazioni?

Per rispondere a queste domande, abbiamo chiesto a un campione rappresentativo degli italiani, a valle delle tante vittorie sportive raccolte dagli azzurri in questa lunga estate italiana, quanto questi risultati avessero inciso sul loro legame con il Paese, il loro orgoglio di essere italiani.

Da quanto emerso dall’indagine, appare evidente come gli italiani abbiano approfittato di queste vittorie per rafforzare il loro sentimento patriottico: quasi 3 italiani su 10, da quando abbiamo vinto medaglie e grandi competizioni sportive, si sentono un po’ più orgogliosi di essere italiani di quanto non lo fossero prima.

Sembra insomma che l’Italia positiva che emerge dal mondo della scienza, dell’economia, della cultura e dello spettacolo quest’anno abbia trovato il suo simbolo, il suo emblema più manifesto nel mito sportivo, che nella percezione degli italiani è la prova di quello stato di grazia che, auspicabilmente, ci potrà aiutare a metterci alle spalle quest’ultimo delicato anno e mezzo di storia.

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di Livio Gigliuto Vicepresidente Istituto Piepoli S.p.A

SPORT E PNRR: UN’OPPORTUNITÀ SULLA QUALE COSTRUIRE IL FUTURO

Il testo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) trasmesso alla Commissione Europea contiene anche misure e finanziamenti in materia di sport, per un totale di 1 miliardo di euro, per due linee di investimento che riguardano, da un lato, il potenziamento delle infrastrutture sportive nelle scuole (300 milioni) e, dall’altro, la creazione di impianti sportivi e parchi attrezzati (700 milioni).

Un’opportunità per tutto il movimento sportivo, anche ribadita dal Governo nella parte di Piano riguardate la Scuola, con ”nuove palestre per valorizzare le competenze legate all’attività motoria e sportive, nonché aumentare l’offerta formative oltre l’orario curriculare”.

PRIMA LINEA D’INVESTIMENTO (300 MILIONI DI EURO)

Un corposo intervento è previsto a pagina 180 del PNRR tramite il “Potenziamento delle infrastrutture per lo sport a scuola”.

Nel testo si legge è scritto, infatti: “L’obiettivo è quello di potenziare le infrastrutture per lo sport e favorire le attività sportive a cominciare dalle prime classi delle scuole primarie. Infatti, è importante valorizzare, anche attraverso l’affiancamento di tutor sportivi scolastici, le competenze legate all’attività motoria e sportiva nella scuola primaria, per le loro valenze trasversali e per la promozione di stili di vita salutari, al fine di contrastare la dispersione scolastica, garantire l’inclusione sociale, favorire lo star bene con se stessi e con gli altri, scoprire e orientare le attitudini personali, per il pieno sviluppo del potenziale di ciascun individuo in armonia con quanto previsto dalle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’Istruzione”.

E ancora: “È, quindi, necessario incrementare gradualmente l’offerta di attività sportive anche a cominciare dalla maggiore disponibilità di strutture e ridurre i divari territoriali per dare opportunità formative e di crescita uniformi su tutto il territorio nazionale a studentesse e studenti. Ciò favorisce anche la possibilità di ampliare il

tempo pieno, anche attraverso politiche legate al contrasto della dispersione scolastica principalmente nelle aree più svantaggiate del Paese. Infatti, non si tratta solo di allungare il tempo scuola, ma di ripensare l’intera offerta formativa di una scuola aperta al territorio, anche introducendo attività per il potenziamento delle competenze trasversali delle studentesse e degli studenti soprattutto del primo ciclo di istruzione. L’implementazione di strutture sportive annesse alle istituzioni scolastiche consente di poter raggiungere un duplice obiettivo: favorire lo sport e le attività motorie nelle scuole e consentire di mettere a disposizione dell’intera comunità territoriale tali strutture sportive, nuove o riqualificate, al di fuori dell’orario scolastico attraverso convenzioni e accordi con le stesse scuole, gli enti locali e le associazioni sportive e dilettantistiche locali. Il piano di investimento intende attuare una progressiva implementazione e riqualificazione di strutture sportive e palestre annesse alle scuole, al fine di garantire un incremento dell’offerta formativa e un potenziamento delle strutture scolastiche, che possono favorire un incremento del tempo scuola e una apertura della scuola al territorio anche oltre l’orario scolastico e un potenziamento dell’attività sportiva e motoria. L’implementazione di strutture sportive e palestre è un investimento innanzitutto sulla scuola e sulle competenze trasversali di studentesse e studenti, ma è anche un investimento per gli enti locali e per le singole realtà territoriali. Consente di riqualificare anche aree e spazi urbani annessi alle scuole e favorire una maggiore apertura delle scuole al territorio a vantaggio dell’intera comunità locale. Il piano mira a costruire o adeguare strutturalmente circa 400 edifici da destinare a palestre o strutture sportive anche per contrastare fenomeni di dispersione scolastica nelle aree maggiormente disagiate. Tali edifici verranno anche dotati di tutte le attrezzature sportive necessarie moderne e innovative e caratterizzate anche, lì dove possibile, da alta componente tecnologica, per essere resi immediatamente utilizzabili e fruibili da scuole e territorio”.

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SECONDA

LINEA

D’INVESTIMENTO

( 700 MILIONI DI EURO)

A pagina 218, nel Capitolo “Investimento 3.1: Sport e inclusione sociale” si può leggere che l’investimento è finalizzato a favorire il recupero delle aree urbane puntando sugli impianti sportivi e la realizzazione di parchi urbani attrezzati, al fine di favorire l’inclusione e l’integrazione sociale, soprattutto nelle zone più degradate e con particolare attenzione alle persone svantaggiate.

L’implementazione del progetto si articola in tre fasi: (i) analisi preliminari e azioni necessarie per preparare al meglio gli appalti pubblici, come l’identificazione e l’analisi di base; (ii) fase di avvio e realizzazione dei progetti selezionati; (iii) monitoraggio e verifica del livello di implementazione dei progetti, al fine di individuare quelli più efficaci da promuovere e replicare.

Ancora, a pagina 79, una misura straordinaria: “Sono altresì previste misure di sostegno per le famiglie […] per l’iscrizione o l’abbonamento ad associazioni sportive”.

Il premier Draghi, in sede di presentazione del Piano alle Camere, ha dichiarato: “L’Italia da anni reclamava un piano sulle politiche sportive. Con un miliardo di investimenti nel PNRR da oggi lo sport ha piena dignità nelle politiche pubbliche del nostro Paese, anche per lo stretto legame che c’è tra l’attività sportiva, il benessere e la coesione sociale. Intendiamo potenziare le infrastrutture per lo sport e favorire le attività sportive a cominciare dalle prime classi delle scuole primarie. Delle infrastrutture sportive scolastiche beneficerà inoltre l’intera comunità territoriale, al di fuori dell’orario scolastico attraverso convenzioni e accordi con le stesse scuole, gli enti locali e le associazioni sportive e dilettantistiche locali”.

Ora spetta non solo al Governo ma a Enti locali e Regioni, all’intero mondo dello sport vigilare e impegnarsi al massimo per attuare queste direttrici di sviluppo con progetti credibili e rivoluzionari dei nostri territori, sollecitati anche dalle tantissime vittorie ottenute in questo indimenticabile 2021.

LO SPORT NELLA COSTITUZIONE ITALIANA

Una paroletta semplice, da inserire nella Carta più importante del nostro ordinamento, quella che enuncia i principi fondamentali sui quali si base il nostro Stato e la convivenza civile: la parola “sport” finalmente all’interno del dettato costituzionale, per colmare una lacuna che non rende giustizia ai valori di condivisione alla valenza sociale del fenomeno sportivo, alle sue connessioni con il tema della salute dei cittadini, al valore culturale e formativo della pratica dell’attività sportiva.

La battaglia promossa insieme a Mauro Berruto, e oggi sostenuta dalla raccolta firme di Culturae Italiae del vulcanico Presidente Angelo Argento, non è un velleitario tentativo “parolaio” di attribuire a un fenomeno importante, ma spesso sottovalutato, una dignità comprensibile solo a chi lo sport lo vive in prima persona, da addetto ai lavori; si parla, infatti, di un vero e proprio progetto di riforma costituzionale, che parta dalle proposte già depositate a Camera e Senato, sul quale sono stati chiamati a discutere in una commissione di lavoro illustri costituzionalisti e docenti: Alfonso Celotto, Francesco Clementi, Davide De Lungo, Enrico Lubrano, Ida Nicotra, Pierluigi Petrillo e Marco Plutino.

Lo Sport che, speriamo, entrerà in Costituzione è elemento cardine per la promozione e diffusione di comportamenti e stili di vita sani, inclusione sociale, veicolo fondamentale per il rafforzamento della coesione sociale e dell’identità nazionale e una multiculturalità intesa come rispetto profondo delle differenze fra i popoli. Uno sport meritevole di tutela, giuridica e costituzionale, come la cultura, la salute o l’istruzione.

Riconoscere il diritto allo sport.

Perché? Perché lo sport e la cultura del movimento sono frutto ed espressione di comportamenti primordiali e insiti nella natura umana, che ci accompagnano dalla nascita alla morte, regolano la nostra quotidianità, influiscono sulle nostre scelte di vita e determinano, spesso, i rapporti sociali. Riconoscere valore costituzionale allo sport significa finalmente liberarlo dalla necessità di affidarsi a dinamiche economiche e farne un valore “na-

zionale”, non più limitato alle bandiere che sventolano in occasione dei tanti successi dei nostri atleti e delle nostre atlete; significa ammettere che dietro il gesto sportivo ci sia non solo una macchina che si muove perché l’agonista raggiunga i risultati, ma una piazza da dedicare alla pratica sportiva per tutti, una palestra di quartiere o condominiale, trasporti “green”, ciclabili, aree attrezzate, minori emissioni in atmosfera e comportamenti che migliorino la qualità della vita.

La Carta costituzionale è principio ispiratore dei comportamenti pubblici e, allo stesso tempo, metronomo delle scelte operate a tutti i livelli: leggere nella Costituzione lo sport cambierà l’approccio di chi dovrà immaginare le Città del futuro, di chi penserà alla rete dei trasporti, di chi disegnerà le infrastrutture, dei datori di lavoro che dovranno preoccuparsi del welfare aziendale e lo faranno proprio attraverso lo sport.

Una rivoluzione copernicana che già esiste e che ha bisogno solo che qualcuno le attribuisca i “galloni” che merita.

Una firma per lo sport in Costituzione è una scelta di civiltà e un segnale alle generazioni future, le stesse che oggi riempiono le piazze per salvare il Pianeta e immaginarlo migliore, dimostrando che si possano compiere atti “politici” alti e nobili non limitandosi a immaginarne i benefici immediati, ma pensando al domani e al dopodomani. Con lo sport, grazie allo Sport e grazie alla Costituzione più bella del mondo.

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Sport City Day 2021: lo sport nelle nostre città, per la nostra salute

I numeri del primo SportCity Day raccontano meglio di qualsiasi cosa l’impatto dello sport “all’aria aperta” sui centri urbani e la grande attenzione degli Italiani: 15.000 persone in presenza, più di 100 articoli sui quotidiani, molteplici apparizioni nei TG regionali e nazionali, 150.000 persone raggiunte sui social, e ben 180 volontari che hanno garantito lo svolgimento in piena sicurezza, nonostante in alcune Città il tempo sia stato inclemente. L’esplosione post-lockdown delle discipline praticabili fuori da campi e palestre ha lanciato un segnale inequivocabile a chi avrà il compito di disegnare le Città del futuro: “l’ora d’aria” che i cittadini potevano e possono spendere all’aria aperta è quasi esclusivamente dedicata a svolgere attività fisica in maniera sicura e negli spazi urbani presenti nelle proprie città. Una rivoluzione. Lo sport è stato un veicolo sempre più usato per promuovere un miglioramento della salute psicofisica degli italiani e, per questo, la Fondazione Sport City ha lavorato all’organizzazione di un evento in collaborazione con 18 comuni, la prima giornata nazionale italiana dedicata alla sportivizzazione delle città. Spazi urbani e aree verdi cittadine sono state invase, da nord a sud, da diverse attività sportive praticabili liberamente sotto la guida di trainer e grandi sportivi del passato, del presente e del futuro. A questo si è aggiunto un talk-show dal vivo, che ha visto collegamenti dalle varie città aderenti, insieme ai saluti istituzionali dei tanti partner che hanno supportato l’iniziativa; tutti uniti, insomma, per condividere la propria passione per la trasformazione “dolce” dei centri urbani e dell’approccio alla pratica sportiva, di cui la Fondazione è promotrice.

“L’idea nasce dalla volontà di festeggiare una rivoluzione indolore che sta migliorando il nostro Paese, rendendo più felici i cittadini – ha dichiarato Fabio Pagliara, presidente della Fondazione SportCity – individuando l’obiettivo concreto di promuovere iniziative per trasformare le Città attraverso la pratica sportiva. E per questo serve una collaborazione totale con i decisori politici e con tutti quei soggetti che animano il mondo sportivo: atleti, tecnici, dirigenti, allenatori, lavoratori del settore”.

Lo Sport City Day è stato promosso dalla Fondazione Sport City, in collaborazione con la Rappresentanza in Italia della Commissione europea e con il patrocinio tra gli altri di CONI, CIP, Sport e Salute, Istituto per il Credito Sportivo e Rai per il Sociale. Tante le adesioni delle amministrazioni comunali, che in

maniera proattiva si sono fatte portavoce dei messaggi della Fondazione e sono diventate firmatarie della “Sport City Declaration”, la carta d’intenti dedicata ai comuni italiani e che punta ad assegnare, in un prossimo futuro, anche un vero e proprio marchio di qualità alle Città dello Sport.

In tutte le 18 realtà coinvolte, grazie alle preziose collaborazioni con le associazioni dei territori, si sono svolte attività sportive gratuite in luoghi unici e suggestivi.

Luoghi animati anche dai testimonial delle Fiamme Gialle che in occasione del proprio centenario sono stati presenti in varie città tra cui Catania dove in piazza ha fatto la propria apparizione l’ex astista Giuseppe Gibilisco, una leggenda dello sport italiano, a Bari il canottiere Domenico Montrone e a Reggio Calabria la tiratrice Sara Costantino. A Roma, protagonista il bronzo olimpico del triplo Fabrizio Donato, a Firenze il già campione del mondo dei 400 ostacoli Fabrizio Mori, a Milano il giovane nuotatore Giacomo Carini, argento e bronzo ai Giochi olimpici giovanili nel 2014, a Padova invece la coppia composta dalla schermitrice Benedetta Fusetti e dallo sciatore Luca Del Fabbro, mentre a Venezia la velista Silvia Zennaro.

Un ringraziamento particolare va proprio alle Città: Bari, Bitonto, Catania, Cagliari , Castelbuono, Cuneo, Firenze, Grugliasco, Imola, Lucca, Milano, Palermo, Prato, Reggio Calabria, Roma, San Felice Circeo, Torino e Venezia.

Tra le discipline praticate, in ore e ore di appuntamenti, ricordiamo: nordic walking, walk music, fitness, touch rugby, minivolley, pentathlon moderno, calcetto, hockey su prato, yoga, basket, pilates, power yoga, calisthenics, tennis tavolo, taekwondo, atletica inclusiva, alfabetizzazione motoria, atletica leggera, badminton, pattinaggio e ciclismo.

Lo Sport City Day è però stato anche simbolo di inclusione sociale, grazie ai progetti avviati con Special Olympics a Lucca, ed alla partnership con Action Aid e “La Squadra del Cambiamento”.

Una prima edizione a dir poco straordinaria per la Fondazione che ha superato le proprie aspettative.

Una prima volta che rafforza la convinzione che le Sport City siano il presente ed il futuro del nostro paese, ma anche che questo fenomeno sia più esteso e che lo Sport City Day 2022 possa essere ospitato anche da città Europee. È un vento di cambiamento che soffia forte e fermarlo, per fortuna, è impossibile.

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La Commissione Europea lancia la campagna HealthyLifestyle4All

Con l’inaugurazione svoltasi presso il lago Bled in Slovenia, ha ufficialmente avuto inizio la Settimane Europea dello Sport 2021, dal 23 al 30 settembre 2021.

Il tema di questa edizione ha messo in risalto come lo sport abbia il potere di portare gioia e resilienza oltre a connettere tra loro le diverse generazioni.

È importante infatti sensibilizzare i cittadini europei su quanto sia importante uno stile di vita attivo: indipendentemente da chi siamo o casa facciamo, anche piccoli movimenti nelle nostre giornate hanno un impatto positivo e a lungo termine sulla salute fisica e psicologica.

«L’attività fisica è qualcosa che unisce. Restiamo tutti uniti per dire insieme: #BeActive.  Continuiamo a sognare, diventiamo protagonisti dei nostri sogni». Con queste parole la Commissaria Europea all’innovazione, ricerca, cultura, istruzione e giovani, Mariya Gabriel ha salutato l’apertura della giornata inaugurale in Slovenia. «Ewos è un successo perché include ogni cittadino in questa straordinaria iniziativa.  Stando insieme si lancia un grande segnale: lo sport è benessere, è società, è cooperazione.  Praticare uno sport significa costruire una società migliore. È molto importante riscoprire la gioia in noi stessi. Siate #BeActive e non esitate a condividere i valori dello sport.»

La Commissione europea, nella stessa sede, ha dato il via alla campagna HealthyLifestyle4All destinata alla promozione di uno stile di vita sano per tutte le generazioni e i gruppi sociali, con l’obiettivo di migliorare la salute e il benessere degli europei. La campagna, della durata di due anni, collega lo sport e gli stili di vita attivi alla salute, all’alimentazione e ad altre politiche, e coinvolge la società civile, le organizzazioni non governative, le autorità nazionali, locali e regionali e gli organismi internazionali.

Tutte le organizzazioni partecipanti possono dichiarare il proprio impegno a intraprendere azioni concrete tramite un apposito Manifesto online.

La Commissione, che coordina la campagna, attuerà nei prossimi due anni diverse azioni, ad esempio:

aumenterà i finanziamenti per i progetti che sostengono uno stile di vita sano nell’ambito di Erasmus+, Horizon Europe ed EU4Health. Per il periodo 20212027, saranno stanziati 470 milioni di € per iniziative nel settore dello sport a titolo di Erasmus+,  290 milioni di € nell’ambito di Orizzonte Europa e 4,4 milioni di € nell’ambito di EU4Health;

istituirà un nuovo premio intergenerazionale #BeActive across generations per riconoscere l’importanza dello sport nelle diverse fasce di età;

lancerà un’app dell’UE per dispositivi mobili  dedicata alla prevenzione del cancro, che serva a sensibilizzare all’importanza di uno stile di vita sano per la prevenzione del cancro, sostenendo gli obiettivi del piano europeo di lotta contro il cancro;

predisporrà e aggiornerà una banca dati degli ingredienti alimentari contenente informazioni sulla qualità nutrizionale dei prodotti alimentari trasformati venduti nell’UE: tratterà la questione dell’alimentazione sana e sostenibile e l’importanza dell’attività fisica e della salute mentale, riesaminerà il  programma dell’UE per la distribuzione di frutta, verdura e latte nelle scuole e definirà meglio il concetto di stile di vita sano nella sua raccomandazione dedicata alle scuole; sosterrà l’elaborazione di politiche per la promozione di uno stile di vita sano fondate su elementi concreti, avvalendosi dello  sportello informativo per la promozione della salute e la prevenzione delle malattie e del Centro di conoscenze sul cancro.

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CITIES CHANGING DIABETES

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Urban Diabetes Declaration:

urbano

Andrea Lenzi, Enzo Bianco, Roberto Pella, Federico Serra, Chiara Spinato*

Francesco Andreozzi, Angelo Avogaro, Giancarlo, Balercia, Cristiana Baggiore, Emanuela Baio, Cristina Bargero, Marco Giorgio Baroni, Luca Busetto, Antonio Caretto, Michele Carruba, Annamaria Colao, Agostino Consoli, Lucio Corsaro, Alessandro Cosimi, Giuseppe Costa, Roberta Crialesi, Claudio Cricelli, Domenico Cucinotta, Stefano da Empoli, Luigi D’Ambrosio Lettieri, Maurizio Damilano, Lina Delle Monache, Paolo Di Bartolo, Graziano Di Cianni, Francesco Dotta, Katherine Esposito, Giuseppe Fatati, Diego Ferone, Elisa Forte, Simona Frontoni, Antonio Gaudioso, Ezio Ghigo, Livio Gigliuto, Carlo Giorda, Carla Giordano, Francesco Giorgino, Francesca Romana Lenzi, Luciano Grasso, Frida Leonetti, Vito Lepore, Andrea Loviselli, Livio Luzi, Claudio Maffeis, Domenico Mannino, Giulio Marchesini, Edoardo Mannucci, Eleonora Mazzoni, Gerardo Medea, Lelio Morviducci, Antonio Nicolucci, Fabio Pagliara, Uberto Pagotto, Massimiliano Petrelli, Francesco Purrello, Gian Marco Revel, Maria Chiara Rossi, Paolo Sbraccia, Giorgio Sesti, Rita Stara, Enrico Torre, Giuseppe Traversa, Ketty Vaccaro **

*Health City Institute, C14+, Cities Changing Diabetes

**Cities Changing Diabetes

La sfida al diabete e all’obesità in ambito urbano

Il diabete sta aumentando a un ritmo allarmante in tutto il mondo. In considerazione del devastante costo umano ed economico del diabete e delle sue complicanze, individui, comunità, sistemi sanitari e società sono sottoposti a pressioni insostenibili.

Più della metà della popolazione mondiale vive in città.

Le città sono motori di crescita economica e innovazione. Nonostante ciò, alcuni dei driver della loro prosperità conducono anche ad ampliare le disuguaglianze sanitarie.

Gli ambienti urbani hanno un impatto significativo sul modo in cui le persone vivono, viaggiano, giocano, lavorano e mangiano – fattori che, in combinazione fra loro,

influenzano l’aumento del diabete. Ciò pone le città in prima linea nella sfida del diabete.

La vicinanza degli Amministratori delle città alla vita dei loro cittadini e la loro capacità di guidare il cambiamento, li pone in una posizione privilegiata per affrontare tale sfida e contribuire a invertire la tendenza della curva del diabete.

CITIES CHANGING DIABETES: pensare globalmente, agire localmente un programma globale, una visione locale

Non è sufficientemente noto come lo sviluppo urbano condizioni il diabete tipo 2 e l’obesità o, in generale, possa offrire potenziali benefici per la salute nelle città.

Per analizzare, studiare e risolvere questo tema, lo Steno Diabetes Center di Copenaghen, l’University College London, con il supporto non condizionato di Novo Nordisk, hanno promosso e presentato a livello globale nel 2014 il programma di studio e di ricerca Cities Changing Diabetes.

Il programma è stato progettato per affrontare i determinati sociali e culturali che possono aumentare il diabete di tipo 2 in ambito urbano, attraverso l’analisi e lo studio delle vulnerabilità delle persone e della comunità che vivono nei differenti contesti urbani.

Oggi il programma Cities Changing Diabetes ha stabilito partnership locali in più di 39 città a livello globale, tra cui sono state inserite come partners cities Roma, Milano, Bari, Bologna, Genova, Napoli e Torino; quali advocate cities Cagliari, Reggio Calabria, Pescara, Ravenna, Siena ed Empoli; in Italia è stato altresì avviato un progetto pilota su base regionale nelle Marche; infine, dell’area metropolitana di Milano sono entrate a fare parte del network di Milano Cities Changing Diabetes ben 39 Comuni.

In Italia, grazie a Health City Institute e a C14+, è stata realizzata un’ampia sinergia con i Sindaci e le Amministrazioni comunali coinvolte; con le autorità sanitarie lo-

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un patto globale tra sindaci, università, clinici nella lotta al diabete e all’obesità in ambito

URB THE AN DIABETES E

cali, le università, le società scientifiche, le associazioni pazienti e di cittadinanza; importanti istituzioni, quali il Ministero della Salute, le Regioni, l’ANCI, l’Istituto Superiore di Sanità, l’ISTAT, il CONI; infine, con primari enti di ricerca, quali CENSIS, CORESEARCH, ICOM, MEDIPRAGMA, ISTITUTO PIEPOLI, al fine di attivare collaborazioni operative per migliorare la qualità di vita dei cittadini e delle persone con diabete. Crediamo che i migliori risultati possano essere raggiunti solo lavorando insieme, in un intreccio tra i settori della vita sociale. Questo rende essenziale lo sviluppo di un partenariato pubblico-privato finalizzato a migliorare la salute nelle città. È ampiamente dimostrato che continuare a lavorare a silos è inefficace e dannoso per tutta la comunità.

Un patto tra i Sindaci aderenti al programma Cities Changing Diabetes e a C14+, a livello globale e nazionale, si è stabilito attraverso la firma dell’URBAN DIABETES DECLARATION: un primo passo concreto nella lotta al diabete tipo 2 e all’obesità in ambito urbano. Il Programma Cities Changing Diabetes si basa su tre elementi tra loro strettamente interconnessi:

MAPS: raccogliere dati socio-demografici e clinico-epidemiologici sul diabete e analizzare, studiare e capire le sfide nelle aree di maggiore rischio e vulnerabilità, in modo da guidare la progettazione degli interventi.

SHARE: condividere i dati e i risultati di ricerca e gli approfondimenti sull’azione da attuare in modo concreto e deciso in ogni città, attraverso partnership e network innovativi, in grado di confrontarsi sulle conoscenze globali e specifiche di ogni città.

ACT: agire in partnership attraverso specifici interventi sanitari e decisioni di politica per la salute pubblica, basate su evidenze.

Queste fasi successive fanno parte di un quadro unico di riferimento, in grado di sostenere i sindaci, gli amministratori, le autorità sanitarie, i leader della città e tutti coloro che sono in grado di influenzare la salute e in grado

d’implementare politiche sociali e sanitarie volte a prevenire e a ridurre l’impatto del diabete e delle sue complicanze.

L’IMPEGNO DELLE CITTÀ ITALIANE NELLA SFIDA AL DIABETE E ALL’OBESITÀ: L’URBAN DIABETES DECLARATION

L’Urban Diabetes Declaration è stata concepita per dare supporto ai Sindaci nel guidare un’azione comune nella sfida al diabete all’interno delle città.

L’Urban Diabetes Declaration celebra e formalizza l’impegno dei Sindaci e di tutte le Amministrazioni comunali ad adottare una risposta integrata e soluzioni condivise sul diabete.

L’Urban Diabetes Declaration è stata sviluppata in collaborazione con molte città e organizzazioni già coinvolte nel programma Cities Changing Diabetes e si basa su impegni già in essere in molte città, ispirandosi, come modello, al Manifesto “Salute nelle città: bene comune”. In Italia, l’Urban Diabetes Declaration è stata sottoscritta da ANCI, dai Sindaci di Roma, Milano, Bari, Bologna, Cagliari, Empoli, Genova, Napoli, Pescara, Ravenna, Reggio Calabria, Siena e Torino, dalle ANCI regionali di Lombardia, Piemonte, Liguria e Lazio e dalla Regione Marche.

I firmatari riconoscono il bisogno di accelerare l’azione della città per prevenire il diabete, l’obesità e le complicanze ad essi correlate. Esiste un grande potenziale da mettere in atto per migliorare il livello di salute e benessere dei cittadini, combattere le disuguaglianze di salute, ridurre i costi sanitari a lungo termine e assicurare produttività e crescita alle nostre città.

Come partner del programma Cities Changing Diabetes, le città firmatarie si impegnano, attraverso la sottoscrizione dell’URBAN DIABETES DECLARATION, a porre in essere le azioni previste per rispondere alla sfida del diabete secondo i seguenti cinque principi:

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1.

INVESTIRE NELLA PROMOZIONE DELLA SALUTE E DEL BENESSERE

Le città esprimono un grande potenziale nel diventare ambienti promotori di salute. Tale obiettivo richiede un cambio di visione che consideri la prevenzione del diabete, e delle sue complicanze, come un investimento a lungo termine piuttosto che un costo a breve termine. Di conseguenza, bisogna attivare come prioritarie politiche e azioni per la promozione della salute, al fine di migliorare il livello di salute e di benessere per tutti.

3. CREARE SOLUZIONI IN PARTENARIATO CON ALTRI SETTORI IN MODO TRASVERSALE

La salute è una responsabilità condivisa. Creare soluzioni sostenibili richiede che tutti i componenti della società siano consapevoli dell’impatto sulla salute delle loro azioni. Accordare le competenze e condividere le risorse e le reti sono prerequisiti per dare vita a soluzioni innovative, efficaci e sostenibili. Di conseguenza, bisogna lavorare insieme nel condividere la responsabilità di creare soluzioni, dal momento che nessuno da solo può vincere questa sfida.

L’Urban Diabetes Framework

2. AFFRONTARE I DETERMINANTI SOCIALI E CULTURALI DEL DIABETE E COMBATTERE PER UNA SALUTE EQUA

I determinanti sociali e culturali sono cause alla radice della definizione delle opportunità di stili di vita sani per i cittadini. Combattere per una saluta equa è essenziale per garantire opportunità di salute per tutti. Di conseguenza, bisogna affrontare i determinanti sociali e culturali al fine di rendere la scelta di salute la scelta più semplice.

3. INTEGRARE LA SALUTE IN TUTTE LE POLITICHE

La salute è legata alle agende delle altre politiche pubbliche, incluse quelle sociali, occupazionali, abitative e ambientali. Al fine di migliorare la salute e il benessere dei cittadini, la salute deve essere integrata nei processi decisionali in maniera trasversale rispetto a tutti gli ambiti e deve essere guidata da obiettivi comuni a tutte le politiche. Di conseguenza, bisogna coordinare l’azione in maniera trasversale e multidisciplinare, al fine di integrare la salute in tutte le politiche.

4. COINVOLGERE E IMPEGNARE LE COMUNITÀ PER ASSICURARE SOLUZIONI SOSTENIBILI PER LA SALUTE

Il livello di salute è determinato in massima parte al di fuori il settore della cura sanitaria, in particolare all’interno delle comunità dove le persone conducono la propria vita quotidiana. Le azioni per la salute dovrebbero spingersi oltre il livello individuale per includere lo scenario di comunità, dove norme sociali possano dare forma a comportamenti virtuosi. Di conseguenza, bisogna coinvolgere e impegnare attivamente le comunità al fine di rafforzare la coesione sociale e di guidare azioni per la promozione della salute sostenibili.

L’Urban Diabetes Action Framework, nato a supporto delle cinque azioni enunciate dall’URBAN DIABETES DECLARATION, guida coloro che lavorano nelle città, o con le autorità cittadine, a capire che cosa serva per sviluppare la prevenzione e gli interventi di promozione sanitaria.

Questo insieme di strumenti, o toolkit, offre un approccio articolato in cinque step lungo il percorso fra la definizione del problema e la messa in atto e la valutazione di una soluzione, prendendo spunto e incorporando i cinque principi che hanno ispirato il lavoro svolto in seno a Cities Changing Diabetes.

L’Urban Diabetes Action Framework è una piattaforma dinamica che si svilupperà nel tempo e che sarà aggiornata periodicamente con nuovi strumenti, casi e contenuti richiesti dagli utilizzatori.

Il framework è stato sviluppato per i leader di progetto, i team e comunque per tutti coloro che sono interessati a creare interventi pubblici sostenibili di prevenzione sanitaria. Chiunque può ispirarsi ad esso, compresi i collaboratori e i dipendenti delle autorità locali, i professionisti della sanità, gli urbanisti, i leader di comunità e altri addetti ai lavori. Esso è stato sviluppato, inoltre, per una va-

rietà di utilizzatori in diversi campi e si propone di creare un fronte comune fra tutte le parti in causa per prevenire

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le malattie, promuovere la sanità e accrescere il benessere nelle città.

L’Urban Diabetes Action Framework offre un approccio strutturato allo sviluppo, alla pianificazione, alla verifica e alla valutazione degli interventi, fornendo strumenti per ognuno dei processi e dei casi portati ad esempio che illustrano buone pratiche.

Esso contiene i seguenti tre capitoli:

1. I SEI STEP DELL’INTERVENTO, per fornire informazioni utili a strutturare un intervento e ad affrontare un problema di sanità pubblica:

2. CASSETTA DEGLI ATTREZZI CON LE RISORSE, strumenti necessari, in ogni step, a sostenere lo sviluppo di interventi di sanità e salute pubblica. Si può accedere agli strumenti nella cassetta anche se si vuole intraprendere un’attività indipendentemente dai sei passaggi.

3. CATALOGO DEI CASI, per ispirarsi alle migliori pratiche che hanno consentito di portare a termine interventi di successo. Questi casi danno un’idea concreta di quello che ci vuole per sviluppare e mettere in atto un intervento.

Il problema che si deve affrontare è parte di un sistema di priorità politiche, realtà socio-culturali e infrastrutture fisiche e sociali. È opportuno verificare in che misura questi fattori di contesto possano rappresentare barriere o stimoli allo sviluppo di un intervento.

L’interazione con gli stakeholder locali serve a stabilire quali aspetti del problema abbiano le maggiori possibilità di cambiamento. È utile fare attenzione alle realtà contestuali e tenerle sempre ben presenti nel guidare l’intervento verso la risoluzione del problema. Una volta che il contesto é chiarito in ogni aspetto, si dovrà condividere, affinare e validare quanto emerso coinvolgendo gli stakeholder di rilievo, vale a dire i cittadini, i rappresentanti della comunità e i policymaker.

L’interazione con le persone che vivono e lavorano nella comunità aiuterà a colmare il divario fra i dati e la realtà locale. Il coinvolgimento degli stakeholder fin dall’inizio favorirà un senso di appartenenza e di fiducia in fase di ricerca di sostegno per l’attuazione dell’intervento.

L’uso di quanto si è appreso in fase di studio dei fattori del problema e delle realtà contestuali può consentire di stabilire gli aspetti del problema che devono essere al centro dell’intervento.

IMPLICAZIONI DI POLICY

Le città e il loro modello di sviluppo sono oggi in prima linea nella lotta contro le criticità connesse alla crescente urbanizzazione, tra cui la salute pubblica occupa un posto

di primaria importanza. Nel settembre del 2015, 193 Stati membri delle Nazioni Unite si sono riuniti a New York con l’obiettivo di adottare una nuova serie di 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs). I nuovi OSS coprono una vasta gamma di questioni, tra le quali come porre fine alla povertà, la diffusione universale dell’istruzione o la lotta ai cambiamenti climatici, ma è importante sottolineare come per la prima volta sia stato inserito un preciso obiettivo (SDG 11) dedicato a rendere le città inclusive, sicure, sostenibili e capaci di affrontare il cambiamento. Azioni chiave per raggiungere questo obiettivo sono, ad esempio, lo sviluppo abitativo, il miglioramento della qualità dell’aria, la buona alimentazione e l’implementazione del trasporto pubblico, fattori che rappresentano importanti determinanti per la salute delle persone nelle città.

Proprio la salute é una priorità globale evidenziata nella programmazione che va dal 2016 al 2030, in particolare nell’OSS 3, focalizzato sulla realizzazione della promozione del benessere psico-fisico per tutti in tutte le fasce le età. La prevalenza e l’alta densità della popolazione nelle metropoli, la complessità dei fattori di rischio che influenzano la salute, l’impatto delle disuguaglianze di salute, l’impatto sociale ed economico sono temi da affrontare e discutere per agire concretamente sui determinanti di salute. E non certamente tramite interventi spot, che spesso non risolvono nulla e non permettono di comprendere appieno la sfida che ci aspetta.

Le città oggi non sono solo motori economici per i Paesi, ma sono centri di innovazione chiamati a gestire e a rispondere alle drammatiche transizioni demografiche ed epidemiologiche in atto.

Si sta creando un nuovo modello di welfare urbano, che va compreso, analizzato e studiato in tutti i suoi elementi costitutivi. Un welfare che, pur se riferito a un quadro regolatorio nazionale, deve essere valutato e implementato oggi nei contesti locali secondo modelli innovativi e in accordo a criteri e indicatori territoriali.

Bisogna chiedersi se, e in cosa, differiscono i sistemi di welfare tra le grandi città e le piccole città. Bisogna chiedersi se oggi si stia passando da un sistema di welfare state a un sistema di welfare local. Bisogna capire se le città saranno disponibili ad attivare strategie che progressivamente mutino gli obiettivi urbanistici, ambientali e socio-economici in ottica di salute, poiché solo attraverso un atteggiamento ben disposto in tal senso potranno essere migliorate la qualità di vita e la salute dei cittadini, specie in ambito urbano.

Un approccio integrato e trasversale agli OSS sarà utile per il raggiungimento di città più in salute, in considerazione del fatto che molte delle sfide che ci attendono richiedono collaborazione multisettoriale.

È chiaro che un aumento dell’aspettativa e della buona qualità di vita, correlata a una riduzione dei decessi pre-

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venibili a causa di malattie non trasmissibili, porterà come conseguenza la creazione di strutture di coordinamento tra diversi settori della governance urbana che interagiscono con la salute.

Un coordinamento che dovrà avvenire attraverso il coinvolgimento di tutti i diversi livelli di governo - locale, regionale e nazionale - ed essere supportato da azioni globali, quale fattore primario di osservazione dinamica dei determinati della salute nelle città. Un Osservatorio sulla salute nelle città che riesca a individuare le criticità e a favorire le buone pratiche.

In quasi tutte le città i vantaggi per la salute possono essere notevolmente maggiori per alcune persone rispetto ad altre e, in effetti, bisogna interrogarsi e riuscire a capire come e perché, ad esempio, persone che vivono nei medesimi contesti urbani possano avere aspettative di vita differenti.

Bisogna creare una roadmap su urbanizzazione e salute. Per aumentare la consapevolezza riguardo le sfide per la salute associate all’urbanizzazione e per sottolineare la necessità di affrontarle attraverso una pianificazione urbana e una serie di azioni intersettoriali, in linea con le raccomandazioni dell’OMS. Bisogna arrivare a tracciare una roadmap per promuovere azioni concrete e strategie governative riguardanti il contrasto ai rischi per la salute dei cittadini e il maggiore impatto causato dal fenomeno dell’urbanizzazione. Una roadmap che prenda in esame la maggiore esposizione dei cittadini ai fattori ambientali e ai fattori di rischio per la salute nei contesti fortemente antropizzati (ad esempio l’inquinamento di aria e acqua, i servizi igienici, lo smaltimento delle acque reflue e dei rifiuti, etc.). Una roadmap che individui in ogni singola realtà cittadina le azioni da promuovere per evitare l’aumento delle disuguaglianze e consentire a ogni cittadino di godere una vita in salute.

L’Italia oggi può essere in prima linea nello studio delle dinamiche correlate alla salute e all’urbanizzazione se Governo, Sindaci, Università, Aziende Sanitarie ed Esperti sapranno interagire attraverso forme virtuose, e non virtuali, settoriali e individualistiche, evitando la logica a silos.

Il modello di contrasto alla crescente diffusione del diabete tipo 2 e dell’obesità in ambito urbano può dare un significativo contributo in tema di prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili (NCDs), migliorando la qualità di vita dei cittadini e affrontando fragilità e vulnerabilità sociali connesse a molti determinati della salute in ambito urbano.

CONCLUSIONI

L’“Urban Diabetes Declaration” è concepita, partendo dai principi ivi enunciati, per sostenere i decisori locali impegnati in azioni e strategie da sviluppare per la salute

nelle città.

L’“Urban Diabetes Declaration” celebra e formalizza l’impegno degli Amministratori locali ad adottare una risposta integrata a livello urbano contro il diabete. È stata messa a punto in collaborazione con molte delle città e delle organizzazioni già coinvolte nel progetto. Inoltre, si basa su metodi e prassi già in atto nelle città, quali: il Manifesto italiano “Salute nelle città: bene comune”, il documento “The Diabetes Pledge” firmato dal City Council di Leicester e dai club sportivi professionistici della città stessa, la “National Cities Changing Diabetes Declaration” adottata in Cina.

Per coloro che vogliono affrontare le maggiori sfide sanitarie di oggi stanno emergendo una serie di principi di base grazie all’esperienza acquisita attraverso Cities Changing Diabetes. Ora è chiaro che questi sono gli approcci sistemici necessari “to bend the curve on diabetes”, motivo per cui tali principi costituiscono la base di questo commitment. Sempre più città li stanno adottando attraverso la firma della “Urban Diabetes Declaration”: unitevi a noi nel diffondere questo documento e nel creare un network vasto nella lotta al diabete e all’obesità in ambito urbano.

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Think Globally, Act Locally CITIES CHANGING DIABETES ITALIA E C14+

Si amplia il Network di Cities Changing Diabetes e C14+ in Italia: anche i Sindaci di Cagliari, Siena, Ravenna ed Empoli hanno sottoscritto la Urban Diabetes Declaration, la Città di Empoli aderisce al progetto e la Regione Marche è la prima Regione Italiana ad affrontare il problema dell’Urban Diabetes in seno al Cities Changing Diabetes.

Cagliari, con la recentissima firma dell’Urban Diabetes Declaration da parte del Sindaco della Città Metropolitana, Paolo Truzzu, sancisce l’impegno dell’amministrazione comunale per accelerare la prevenzione del diabete di tipo 2 e delle sue complicanze, in linea con gli obiettivi del progetto internazionale nel rispetto dei cinque principi guida: investire nella promozione della salute e del benessere a lungo termine, agire sui determinanti sociali e culturali e lottare per l’equità nella salute, integrare la salute in tutte le politiche, coinvolgere attivamente le comunità per garantire soluzioni sanitarie sostenibili e creare soluzioni in partnership tra i settori. Questo atto formale segna, di fatto, l’ingresso di Cagliari nel progetto Cities Changing Diabetes, programma su scala mondiale, che risponde alle richieste di cambiamento espresse in tutto il mondo dalle persone con diabete. Cagliari custodisce gelosamente la storia e la memoria delle antiche civiltà che si sono succedute nel corso dei secoli. I popoli che l’hanno abitata sono stati così numerosi e diversi da infonderle un carattere aperto e accogliente. Oggi appare come una città che si è sviluppata negli anni in totale armonia con il territorio circostante che ne costituisce parte integrante e segno distintivo. Con i suoi 153.000 abitanti (431.000 in tutta l’area metropolitana), Cagliari si va ad aggiungere a numerose altre città italiane ponendo così l’Italia in prima linea nella lotta al diabete urbano come Paese leader nella rete Cities Changing Diabetes. La raccolta di una mole importante di dati sociodemografici e clinico-epidemiologici, contribuiranno in maniera significativa al progetto di studio che anima Cities Changing Diabetes. L’amministrazione comunale ha avviato da tempo un processo di particolare attenzione alla tutela della salute dei cittadini con una politica fortemente orientata al benessere collettivo, allo stile di vita sano e alla prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili.

La Giunta del Comune della Citta di Empoli ha deliberato l’adesione al Progetto Cities Changing Diabetes. Prima Città della Toscana ad aver aderito al Progetto Cities Changing Diabetes; geograficamente nel cuore della Toscana, in posizione strategica tra Firenze, Pisa e Siena,

Empoli ha conservato nel tempo il suo aspetto dinamico, coltivando la vocazione agli scambi commerciali, anche grazie ad una lunga tradizione di attività produttive capaci di coniugare spirito imprenditoriale, creatività e coesione sociale. Nota per essere terra natale di Jacopo Carucci, conosciuto come Jacopo da Pontormo o semplicemente Pontormo, oltre che per la splendida facciata della Collegiata di Sant’Andrea, offre la possibilità di una visita ad opere e monumenti di notevole rilievo percorrendo le strade del centro storico e nei dintorni.

Nell’ambito di uno stile di vita migliore per i propri cittadini il Comune di Empoli ha dato avvio ad alcuni progetti tra cui:

- Redazione del Piano della Mobilità Sostenibile: si tratta di un Piano Strategico di Settore che in un orizzonte temporale di medio-lungo periodo di 10 anni, sviluppa una visione di sistema della mobilità urbana, proponendo il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica attraverso la definizione di azioni orientate a migliorare l’efficacia e l’efficienza del sistema della mobilità e la sua integrazione con l’assetto e gli sviluppi urbanistici e territoriali.

-“Orti Sociali” che sono luoghi di comunità e di benessere grazie ai quali si favorisce lo stare insieme, il passare il tempo all’aria aperta e anche un’alimentazione sana e di qualità, com’è nella tradizione del territorio empolese.

Progetti che danno l’idea di come l’adesione al progetto Cities Changing Diabetes sia in linea alle sensibilità e valori della Giunta Comunale a cui daranno un importante contributo le Società Scientifiche, Università e Associazioni Pazienti.

Anche Siena, spesso considerata tra le prime dieci città più vivibili d’Italia, ha aderito al progetto Cities Changing Diabetes; il Sindaco, Luigi de Mossi, ha firmato l’Urban Diabetes Declaration. La bellezza a la sua attenta conservazione hanno ispirato l’Unesco a dichiararla Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Una delle particolarità della Siena medievale, succeduta nelle epoche e esistente fortemente anche oggi, era la cura del Comune per le vie, gli edifici pubblici, gli spazi, cioè per l’urbanistica. Già nei primi del ‘200 il comune dedica molti articoli del suo Statuto alla cura dell’estetica urbana.

L’Università di Siena è una delle più antiche d’Italia. Sorta per libera volontà del Comune fuori da ogni privilegio papale e imperiale, la sua importanza si accrebbe quando emigrarono a Siena i maestri e gli scolari dello

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Studio Bolognese. Il Palio di Siena, famoso in tutto il mondo, ha origini remote, con alcuni regolamenti ancor oggi validi dal 1633, anno in cui è documentato con certezza che venne corso il primo Palio con i cavalli, così come ancora avviene, in continuità mai interrotta (ad eccezione del periodo delle due guerre mondiali del XX secolo). Promotore, tra gli altri, e fautore dell’adesione al Progetto CCD della citta di Siena, è il Professore Francesco Dotta, Direttore UOC Diabetologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese, direttore del Dipartimento Scienze Mediche, Chirurgiche e Neuroscienze, Prorettore alla Sanità dell’Università di Siena, ed uno dei maggiori esperti dello studio e ricerca della patologia diabetica a livello internazionale. Lo studio della patologia del diabete in relazione all’ambiente urbano sarà una sfida per abbassare la curva di crescita del diabete a cui daranno il proprio contributo il Comune, l’Università, le Società Scientifiche ed il mondo dell’associazionismo. La Giunta del Comune della Citta di Empoli, su proposta dell’Assessore allo sport Fabrizio Biuzzi ha deliberato l’Adesione al Progetto Cities Changing Diabetes.

Ravenna, entra a far parte della rete italiana di Cities Changing Diabetes grazie alla firma dell’Urban Diabetes Declaration da parte del Sindaco Michele De Pascale. “È provato scientificamente che i fattori sociali e culturali possono aumentare il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 tra le persone che vivono in ambienti urbani. Due terzi della popolazione mondiale con diabete vive in grandi città. Per questo motivo ho voluto fortemente che Ravenna si candidasse al programma internazionale ‘Cities Changing Diabetes’, sottoscrivendo la ‘Urban Diabetes Declaration’”, dice il sindaco Michele de Pascale.

“Ravenna – continua de Pascale – riveste già un ruolo importante nelle politiche sociali e nella ricerca medica a livello nazionale e internazionale e nel diabete in particolare vanta una importante storia di assistenza, cura e ricerca sviluppata grazie all’impegno costante della nostra Ausl e della rete aziendale di diabetologia. Inoltre il nostro territorio ha una consolidata tradizione di collaborazione e dialogo costante tra amministrazione, Ausl, enti di ricerca e Università. In virtù di questa esperienza ritengo che la nostra città possa rappresentare un osservatorio autorevole per offrire un contributo concreto alla ricerca, con l’obiettivo di prevenire il diabete e le sue complicanze e migliorare la salute e il benessere dei cittadini e delle cittadine nelle città contemporanee”.

La Regione Marche è la prima regione italiana a firmare l’Urban Diabetes Declaration attraverso il suo Governatore Francesco Acquaroli. Un passo importante. Le Marche sono la prima regione italiana a riconoscere l’importanza di combattere il Diabete. La Regione Marche è da sempre all’avanguardia per quanto riguarda la gestione del diabete mellito, grazie alla sua rete diabetologica che risale ormai a 20 anni or sono, ma che si è costantemente evoluta ed aggiornata, tanto da essere stata selezionata come “best practice” alla presentazione del “Marketplace of good practices in Primary Care-2021”. Grazie a queste capacità e alle norme sopra elencate la Regione Marche

è stata scelta per essere collocata all’interno del prestigioso programma internazionale Cities Changing Diabetes e del Network C14+ e EAT.

Nel passato diverse città della Regione hanno aderito al manifesto “La salute nelle città: bene comune”, dai capoluoghi di provincia: Pesaro, Ancona, Macerata, Fermo, Ascoli piceno, per poi arrivare a città minori come Fano, Senigallia, Porto San Giorgio e San Benedetto del Tronto.

Le Marche in questi anni si sono sempre profuse nella implementazione delle piste ciclabili, percorsi walkable per andare a migliorare la qualità di vita dei propri cittadini.

GLOBAL CITIES CHANGING DIABETES

Il progetto Cities Changing Diabetes inserito nel programma del corso universitario “Urbanizzazione e salute” dell’Università di Copenaghen Cities Changing Diabetes, in partnership con l’Università di Copenaghen, l’Universidad Politécnica de Madrid e l’Università portoghese di Coimbra, h collaborato per la messa a punto di un corso universitario online sul tema dell’Urbanizzazione e Salute per promuovere soluzioni sostenibili”.

Il corso approfondirà le conoscenze interdisciplinari su urbanizzazione e salute. L’obiettivo è di raggiungere cittadini, attivisti e pianificatori, professionisti e decisori con un interesse professionale nella pianificazione urbana sostenibile di paesi di tutto il mondo. Le lezioni sono tutte disponibili gratuitamente sulla piattaforma Open Educational Resources dell’Università di Copenhagen (ku.dk).

Il corso è online e gratuito e include materiali di lettura, quiz e un forum di discussione, oltre all’opportunità di ottenere un certificato al termine. Il contenuto del corso è in inglese, con l’opzione di sottotitoli in inglese, portoghese e spagnolo e si stima che duri 26 ore.

Anche la Città Metropolitana di Mosca si unisce a progetto internazionale di Cities Changing Diabetes

In occasione del Moscow Urban Forum tenutosi lo scorso 2 luglio, il sindaco di Mosca, Sergey Sobyanin, ha annunciato l’ingresso della sua città nella rete globale del progetto Cities Changing Diabetes. A Mosca, città con oltre 12 milioni di abitanti, vivono circa 700.000 persone con diabete;

Tra le organizzazioni partner firmatari del progetto si evidenziano il Consiglio dei Giovani del Dipartimento della Sanità di Mosca, il Forum Urbano di Mosca, l’Associazione per il diabete di Mosca, l’endocrinologo capo di Mosca, Strelka KB e Novo Nordisk Russia.

Questa partnership è una fantastica rete di professionisti sanitari, urbanisti, pazienti e antropologi che si stanno unendo per guidare il cambiamento nella Città di Mosca. Mosca diventa la 39° città a far parte della rete di Cities Changing Diabetes.

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INDAGINI

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Programmare dopo la tempesta

Il Covid-19 ha peggiorato l’aspettativa di vita e le condizioni di salute della popolazione, soprattutto quella più fragile. Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza è possibile rispondere alla complessità posta in capo al nostro sistema socio-sanitario, ma questo strumento non è da solo sufficiente a renderlo resiliente nel futuro di lungo termine, per il quale si deve garantire un processo di trasformazione strutturale e sostenibile. Tra marzo e aprile 2020 l’Istat ha rilevato un notevole aumento di altre cause di morte rispetto al periodo 20152019 e ogni area terapeutica ha sofferto del fenomeno della sanità sospesa, per via della riduzione dell’accesso alla prevenzione e alle cure. Questo peggiorerà lo stato di salute generale negli anni a venire, con effetti non ancora del tutto prevedibili. Perciò nel rapporto redatto dall’Istituto per la Competitività (I-Com) “Programmare dopo la tempesta. Quali modelli post Covid per il Servizio sanitario nazionale” si è voluta sottolineare l’urgenza di tornare alla programmazione degli investimenti sanitari, per individuare le priorità di intervento nel lungo termine. Il Pnrr ha infatti destinato alla salute 15,5 miliardi di euro a cui se ne aggiungono 1,7 nell’ambito del React EU e 2,9 del fondo complementare, per un totale di circa 20 miliardi. Una grande opportunità che deve però confrontarsi con molti nodi da sciogliere e che richiede un cambio di passo collettivo. Il Covid ha mostrato che bisogna ripartire dalla presa in carico di prossimità integrata, sottolineato le forti differenze regionali e fatto emergere le carenze del sistema sanitario in ambito tecnologico e digitale. Abbiamo poi imparato che i dati sono fondamentali per pianificare la risposta al bisogno di salute della popolazione. Gli interventi previsti nel Piano vanno dunque nella giusta direzione, ma serve renderli coerenti con la programmazione sanitaria generale. Per questo è prioritario completare le tante riforme avviate ma mai portate a termine. Tra i numerosi incompiuti si citano i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), le linee guida nazionali sulla telemedicina e la riforma sulle sperimentazioni cliniche. Nel caso dei LEA i grandi assenti sono il cosiddetto decreto Tariffe, senza il quale l’accesso ai nuovi livelli di assistenza non è di fatto garantito e pure l’implementazione del Nuovo sistema di garanzia

(NSG). Due strumenti essenziali per bilanciare la variabilità dell’organizzazione regionale con l’uniformità delle prestazioni e strutturare il rapporto tra i LEA e la riforma dell’assistenza territoriale prevista dal Pnrr. Questo deve però essere solo il primo passo per una programmazione strutturata degli investimenti, che sia costruita sull’utilizzo di una medicina predittiva e preventiva e su attività di horizon scanning delle innovazioni sanitarie, a garanzia della valutazione precoce delle tecnologie mediche e dell’accesso equo dei pazienti alle cure.

https://www.i-com.it/wpcontent/uploads/2021/10/Programmare-dopo-latempesta-Studio-I-Com.pdf

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RAPPOOR R TOAREAINNNOVAZIONE2021 TEM PRO SN post pandemia? S m MP OG odelli di governance e GRAMMARE DOPO PESTTA A TO AREA INNOVAZIONE cura LA 2021 per il uali

Equità di accesso alle cure: una prospettiva di interconnessione

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Una governance multilivello per gestire e affrontare efficacemente le malattie e promuovere salute

Il 22 maggio 2021, l’OMS ha pubblicato il suo primo rapporto su natura, biodiversità e salute dal titolo “Nature, biodiversity and health: an overview of interconnections” mostrando, in linea con il rapporto “A multilevel governance approach to preventing and managing noncommunicable diseases: the role of cities and urban settings” del 2019 come il tema dell’ assistenza sanitaria debba essere discusso all’interno di un panorama ampio e integrato in grado di comprendere processi diversi come l’urbanizzazione, l’uso del suolo, il commercio globale e l’industrializzazione.

L’urbanizzazione ha, infatti, un impatto significativo sulla salute e sul benessere, in particolare in relazione alle malattie non trasmissibili. I fattori che influenzano la salute urbana includono la governance urbana, le caratteristiche della popolazione, l’ambiente naturale e costruito, lo sviluppo sociale ed economico, i servizi e la gestione delle emergenze sanitarie e la sicurezza alimentare. Con oltre metà della popolazione mondiale che vive in contesti urbani, le città, i governi locali e i luoghi urbani sono in una posizione unica da cui guardare la salute umana. È necessario un approccio di governance multilivello per gestire e affrontare efficacemente le malattie e promuovere salute.

Nelle analisi che seguono si è cercato di focalizzare il tema degli accessi dei pazienti in un periodo critico come quello dell’emergenza sanitaria da coronavirus (SARSCoV-2) seguendo delle “tracce urbane” e usando come unità di analisi cinque città: Torino, Milano, Bologna, Roma, Bari. L’obiettivo è quello di provare ad identificare dei profili di iniquità negli accessi ai servizi sanitari che siano per caratteristiche del paziente, per tipo di patologia o per modelli organizzativi, specifici ai diversi contesti sociali ed urbani.

Considerando l’obiettivo di guardare alle città in un’ottica integrata focalizzando l’attenzione sulla salute degli individui, della comunità e sul tessuto urbano è necessario seguire un quadro descrittivo e sintetico di riferimento che usi dati puntuali, serie storiche e attività con l’obiettivo di integrare queste informazioni “strutturali” con quelle emerse dalle indagini Bhave sui temi degli accessi ai servizi sanitari.

Usando degli indicatori compositi e degli indici di sintesi già usati in altre occasioni per rilevare quelle realtà che hanno investito sul proprio territorio in un’ottica di medio e lungo termine in tema, appunto, di Urbanizzazione, Benessere e Salute è stato possibile guardare le dinamiche degli accessi alle cure in un’ottica più ampia.

È bene considerare che non tutte le città partono dalla stessa situazione strutturale e che un tema come quello degli accessi alle cure necessita di una prospettiva integrata che consideri dimensioni macro-economiche o macro-sociologiche visto che anche questi aspetti incidono sulla risposta dei sistemi sanitari ai bisogni di una comunità, soprattutto se consideriamo periodi dove le criticità sono significative, come i momenti di emergenza. I costrutti di sintesi devono quindi rilevare lo scarto (quindi il dinamismo) tra una situazione “iniziale” e una “successiva” più che fotografare delle situazioni statiche. Questo implica che è importare fare riferimento preferibilmente a dati in serie storiche.

1 Dati ricavati considerando gli indicatori BES e in particolare i domini: salute; istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, sicurezza, paesaggio e patrimoni, ambiente e qualità dei servizi

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Per questo per seguire una logica processuale specifica, circoscrivibile e contestuale sia sul piano spaziale che temporale privilegiando, inizialmente, una visione microfondativa dei fenomeni sociali collettivi, in questo caso sul tema degli accessi, abbiamo seguito una prospettiva più descrittiva che esplicativa provando semmai successivamente a supportare delle ipotesi di livello macro sui possibili determinanti sociali, organizzativi o “urbani”. Questo implica ovviamente il superamento di una visione lineare e correlazionale dei possibili processi evolutivi che impattano sulle città.

L’ottica seguita è quindi diacronica e dinamica sia nell’ipotesi di indicatori intrinsecamente dinamici cioè che valutano la variazione del fenomeno nel tempo o confrontano, ad esempio, due fasi temporali diverse, che in indicatori statici che però verranno usati in chiave dinamica confrontando serie storiche diverse.

Per riassumere: I costrutti di sintesi usati devono essere considerati seguendo una logica processuale e generativa specifica in un’ottica multilivello micro-macrosociologico e usando degli schemi formali in grado di integrare indicatori diversi e produrre sulla base di una cornice causale delle ipotesi prospettiche.

Vediamo a questo punto nel dettaglio le città selezionate - Torino, Milano, Bologna, Roma, Bari - sulla base delle analisi affrontate partendo da questo quadro d’insieme per poi discutere del tema degli accessi ai servizi sanitari nel periodo che va da gennaio 2020 a settembre 2021.

Considerando Torino notiamo che sulla base degli indicatori dei domini del BES mostra valori positivi in particolare sulle dimensioni Salute; Istruzione e formazione (in particolare alti i valori di partecipazione alla scuola dell’infanzia) e sul tema della Sicurezza (minore numero di furti in abitazione), Paesaggi e patrimoni, Ambiente e Qualità dei servizi.

Milano, invece, mostra valori positivi su diverse dimensioni in particolare: Salute; Istruzione e formazione, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, Benessere economico, Qualità dei servizi. Sul dominio “Salute” l’indicatore di riferimento su cui Milano ha mostrato dei valori positivi è stata la riduzione del tasso di mortalità per incidenti stradali (tra i 15-34 anni e considerando le serie storiche dal 2006 al 2011). Come aspetti della “Qualità dei servizi” è, invece, in particolare l’indicatore sulla fruizione dei servizi comunali per l’infanzia” (serie storiche da 2006 a 2013) quello dove vediamo che mostra sempre valori significativamente superiori alla media Italiana.

Anche Bologna mostra valori positivi su diverse dimensioni in particolare: Istruzione e formazione, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, Benessere eco-

nomico, Paesaggi e patrimoni e Qualità dei servizi. Pensando al “Benessere economico” possiamo notare un reddito medio disponibile pro capite significativamente più alto del valore medio nazione così come l’indice di qualità delle abitazioni superiore alla media nazionale. Nel dominio “Paesaggi e patrimoni” troviamo a Bologna un’alta densità e rilevanza del patrimonio museale (considerando il numero di musei attivi su 100.000 abitanti) e per quanto riguarda il dominio Ambiente troviamo una buona disponibilità di verde urbano (metri quadrati per abitante).

Considerando infine il dominio “Qualità dei servizi” Bologna ha un numero alto di bambini che hanno usufruito dei servizi comunali per l’infanzia (serie storiche da 2006 a 2013) rispetto al valore medio nazionale

Roma mostra valori superiori alla media nazionale sulle dimensioni: Istruzione e formazione, Paesaggi e patrimoni, Ambiente e Qualità dei servizi. Sulla dimensione “Qualità dei servizi” Roma mostra un numero alto di bambini che hanno usufruito dei servizi comunali per l’infanzia rispetto ai valori medi nazionali.

Infine Bari mostra valori positivi sulla Salute, sul Benessere economico e sulla Sicurezza. In particolare sulla “Salute” l’indicatore di riferimento su cui Bari ha mostrato dei valori positivi è la riduzione del tasso di mortalità per incidenti stradali (tra i 15-34 anni e considerando le serie storiche dal 2006 al 2011). Sul “Benessere economico” l’indice di qualità delle abitazioni mostra valori superiori alla media nazionale. E sulla “Sicurezza” un valore inferiore alla media nazionale di furti in abitazione (su 100.000 abitanti).

Di seguito la classificazione sulla base dei dati del valore medio dell’ultimo anno disponibile sulla base dell’indicatore identificato.

Profili di iniquità nell’accesso alle cure secondo una prospettiva urbana

Dalle indagini BHAVE considerando il carico di lavoro dei medici sulla base delle diverse attività svolte e confrontando i dati del 2020 con il 2021 rispetto alle città di Torino, Milano, Bologna, Roma e Bari emergono degli

137

valore medio ultimo anno disponibile

valore medio ultimo anno disponibile

1. SALUTE 2

Mortalità per incidenti stradali (15-34 anni)

01_Salute_03 Mortalità per incidenti di trasporto 15-34

(tassi per 10.000 residenti) Istat

1 Partecipazione alla scuola dell’infanzia 02_Istruzione_01 Tasso partecipazione scuola infanzia %

Per i decessi: Istat, Rilevazione degli incidenti stradali con lesioni alle persone. Per la popolazione: Istat, Rilevazione

Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca

valore medio ultimo anno disponibile

valore medio ultimo anno disponibile

valore medio ultimo anno disponibile

valore medio ultimo anno disponibile

AnnualeDal 2004Sì 0,61,00,91,10,91,0

Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. Annuale Dall’a.s. 20072008 Sì 94,793,794,092,394,994,3

2 Giovani che non lavorano e non studiano 02_Istruzione_05 Neet %Istat Rilevazione sulle Forze di lavoro. AnnualeDal 2004Sì 14,213,728,019,019,822,5 3 LAVORO

1 Tasso di occupazione (20-64 anni) 03_Lavoro_01 Tasso di occupazione 20-64 %Istat Rilevazione sulle Forze di lavoro AnnualeDal 2004Sì 71,172,348,963,565,959,8

medio disponibile pro capite

4. BENESSERE ECONOMICO

6. SICUREZZA 1 Furti in abitazione 07_Sicurezza_02 Furti in abitazioni (per 100.000 abitanti) Istat

8. PAESAGGIO E PATRIMONIO CULTURALE 2 Densità e rilevanza del patrimonio museale 09_Paesaggio_02 Numero musei (per 100.000 abitanti) Istat

9. AMBIENTE 1 Disponibilità di verde urbano 10_Ambiente_04 Disponibilità di verde urbano

10.

QUALITA'

DEI SERVIZI 2

Elaborazione su dati delle denunce alle Forze dell'ordine (Ministero dell'Interno)

AnnualeDal 2004Sì 592,1551,8338,7380,1600,3398,6

Indagine sui musei e le istituzioni similari AnnualeDal 2015Sì 41234,44,98

(metri quadrati per abitante) Istat Dati ambienta l nelle città AnnualeDal 2011Sì 1729816,524,132

Bambini che hanno usufruito dei servizi comunali per l'infanzia 12_Qualità dei servizi_01 Servizi comunali per l’infanzia %Istat

aspetti interessanti.

Indagine censuaria sugli interventi e servizi sociali offerti dai Comuni singoli o associati

In generale si vede chiaramente che il consulto telefonico e le attività burocratiche sono le attività che hanno subito maggiori modifiche nel tempo. In particolare si nota che le attività burocratiche nel 2021 sono significativamente aumentate rispetto all’anno precedente mentre sono diminuiti i consulti telefonici. Altri cambiamenti, seppur minori, si sono riscontrati considerando altre attività: nel 2021 sono aumentate le visite ambulatoriali, le visite in reparto e le attività di aggiornamento mentre sono diminuite le visite domiciliari. Il quadro quindi sembra chiaro e per alcuni versi prevedibili considerando ciò che è stato visto e rilevato anche in letteratura: ad esempio una corposa revisione sistematica pubblicata nel 2021, la prima a quantificare e caratterizzare le riduzioni nell’utilizzo dei servizi sanitari su scala globale, tra paesi, contesti e tipi di servizi ha stimato che l’accesso alle cure ha subito una riduzione di circa un terzo durante la pandemia, con maggiori cali per le persone con patologie meno gravi. Nello specifico, sono state riportate diminuzioni mediane del

AnnualeDal 2004Sì 25,935,13,620,814,513,5

42% (32-53%) per le visite ambulatoriali, del 28% (1740%) per i ricoveri, del 31% (24-53%) per le prestazioni diagnostiche e del 30% (19-57%) per i trattamenti terapeutici. La variazione percentuale del numero di ingressi ha oscillato tra un aumento del 20% e una diminuzione dell’87%, con una riduzione mediana del 28,4% (da40,4% a -17,4%) mentre la variazione percentuale nelle cure terapeutiche e preventive variava tra un aumento del 27% e una diminuzione dell’80%, con una riduzione mediana del 29,6% (da -56,8% a -19,2%).

La situazione non è radicalmente cambiata neanche nei primi mesi del 2021 con un sostanziale svuotamento degli ambulatori di medicina generale e, in ampia misura, anche quelli specialistici ma la situazione è cambiata nei mesi successivi dove l’aumento delle visite sia in reparto che in ambulatorio ha fatto vedere già i suoi effetti cumulativi a fine settembre 2021. Ma a cambiare ancora più significativamente e in modo repentino in termini di modalità di azioni legate agli accessi sono stati proprio la riduzione dei consulti telefonici, e l’esponenziale aumento

2 Ray Moynihan,

Zoe A

Emma J To, Mark

Eliza

Melissa Fox, Minna Johansson, Eddy Lang, Anne Duggan, Ian Scott, Loai Albarqouni, 2021, Pandemic impacts on healthcare utilisation: a systematic review https://doi.org/10.1101/2020.10.26.20219352. La revisione identifica importanti riduzioni nell'uso dei servizi in 20 nazioni, con una riduzione mediana del 37% complessiva e riduzioni di entità simile nelle principali categorie di servizi di visite, ricoveri, diagnostica e terapie.

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Milano Bologna BariRomaTorinoItalia Concetti di base N.Nome indicatore Unità di misura FonteRilevazionePeriodicità Serie storica Livello regionale
TEMPI DI VITA
E CONCILIAZIONE
1 Reddito
04_Benessere economico_01 Reddito disponibile famiglie consumatrici in EuroIstat Conti Nazionali. AnnualeDal 2004Sì 26733237111339821330,620454,817307 4 Bassa qualità dell'abitazione 04_Benessere economico_03 Indice qualità dell'abitazione (per 100.000 abitanti) Istat Indagine EuSilc. AnnualeDal 2004Sì 93,776,573,186,2152,3114,9
2. ISTRUZIONE E FORMAZIONE
Sharon Sanders, Michaleff, Anna Scott, Justin Clark, Jones, Kitchener,

Le principiali cause in sostanza che avevano portato al blocco delle attività ambulatoriali sul territorio e in ospedale vengono sempre meno e cioè: la riduzione dei giorni di apertura per le visite ambulatoriali, la riduzione del numero di pazienti visitati per giorno di apertura dell’am-

visite ambulatoriali nel 2021 rispetto alla media nazionale. Milano, invece, presenta valori del 2020 e del 2021 inferiori in termini di carico di lavoro dedicato alle visite ambulatoriali inferiori ai valori medi.

Infine pensando al tempo dedicato al consulto telefonico gli intervistati di Bari hanno indicato valori superiori alla media nazionale nel 2020 che poi sono rientrati nella norma nel 2021.

bulatorio, la modifica delle modalità e carico di lavoro dei medici dovuti a processi e percorsi di sanificazione tra una visita e l’altra e la preoccupazione dei cittadini nel frequentare luoghi sanitari. Si fanno strada però altri problemi organizzativi che necessitano di sistemi e modelli di gestione degli accessi altrettanto flessibili e resilienti proprio in quello che più che una ripartenza si può configurare come un modello organizzativo di transizione a una situazione, futura verosimilmente più stabile.

E qui che la disuguaglianza di accessi pesa, seppur con dinamiche diverse rispetto a quelle dei mesi precedenti, proprio in considerazione di aspetti strutturali e organizzativi specifici. E qui che l’analisi di contesto sulle diverse realtà urbane può essere un contributo anche in un’ottica di identificazione delle maggiori criticità presenti e soprattutto future. Due capoluoghi di città metropolitane tra le cinque analizzate hanno mostrano valori diversi rispetto ai valori medi nazionali sul carico di lavoro del medico sulle attività burocratiche: Torino e Bologna. Ad essere degno di nota è il fatto che entrambe mostrano valori diversi rispetto alle altre città sia considerando i dati del 2020 che quelli del 2021. Torino mostra un carico di lavoro dedicato ad attività burocratiche sia nel 2020 che nel 2021 che è inferiore rispetto alla media nazionale mentre Bologna mostra un carico di lavoro burocratico maggiore nel 2020 ma minore nel 2021 sempre rispetto ai valori medi nazionali.

Pensando alle ore dedicate all’aggiornamento vediamo che Bari e Bologna hanno comportamenti diversi rispetto ai valori medi: Bari ha valori più alti della media sia nel 2020 che nel 2021 mentre Bologna ha valori superiori di tempo dedicato all’aggiornamento nel 2021 mentre valori significativamente inferiori nel 2020.

Roma invece mostra uno scarto tra il 2020 e il 2021 nel tempo dedicato alle visite ambulatoriali superiori al valore medio in particolare per un aumento significativo delle

Per uno sguardo di insieme che metta in relazione il carico di lavoro del medico rispetto ai diversi contesti può essere d’aiuto il grafico che rappresenta le curve di distribuzione delle visite settimanali effettuate da gennaio 2020 a settembre 2021. In generale si possono identificare due modelli diversi in termini di visite sia online che in presenza effettuate: uno con ampie variazioni a cui appartengono Bari, Bologna e Roma e uno invece tendenzialmente più stabile a cui appartengono Milano e Torino. Le variabilità fra le città su questo tema è probabile che siano indipendenti delle diverse condizioni epidemiche vissute nei diversi contesti visto che abbiamo curve con momenti di picco sostanzialmente coincidenti dal punto di vista temporale. Rimane quindi da ipotizzare che la variabilità fra le città sia effetto delle diverse risposte date dai diversi contesti organizzativi a stimoli e problematiche simili.

Vediamo così un crollo generalizzato delle visite nel periodo da marzo a giugno 2020 con un picco di visite, probabilmente a causa della necessità di recuperare almeno le visite più urgenti dopo i primi sei mesi di pandemia tra settembre e novembre 2021 con un nuovo leggero calo a marzo 2021 e a maggio 2021.

Ma l’accesso alle cure non varia solo sulla base dei diversi assetti organizzativi o strutturali: ad incidere sono anche le caratteristiche demografiche, sociologiche o psicologiche del paziente (con ad esempio il grado di vulnerabilità, l’età o la paura legata agli accessi nelle strutture sanitarie), il livello di gravità della patologia, la fase della patologia

in cui si trova il paziente, il tipo di patologia e, non ultimo, il tipo di accesso di cui necessita il paziente.

139 della burocrazia.

E così che considerando questi aspetti rispetto alla ripresa delle visite procedendo a un confronto fra visite online e in presenza nel periodo tra gennaio e settembre 2021 notiamo degli elementi che definiscono, in una visione descrittiva, le nostre analisi.

accesso alle cure. Come indicato in letteratura e come emerso dalle indagini Bhave, le patologie che hanno maggiormente risentito della riduzione degli accessi riguar-

Lo scarto maggiore tra visite online e in presenza a favore dell’online si trova per quei pazienti che già assumevano una terapia. Risulta quindi ancora l’online il possibile scenario dove si gestiscono pazienti con queste caratteristiche e questo in maniera sostanzialmente omogenea in tutte le città con Torino che si distingue nel mostrare come il contesto online sia ancora più che in altri posti il “luogo” di eccellenza dove effettuare visite per pazienti, appunto, repeater

Escludendo Bologna le visite in presenza sono principalmente, infatti, dedicate ai pazienti a cui è stata prescritta una nuova terapia e pazienti a cui è stata sostituita la terapia che prendevano prima. L’attenzione maggiore fra questi due tipi di pazienti è ai pazienti Naive quindi a quelli a cui è stata prescritta una nuova terapia, in particolare a Milano. A Bologna, invece, le priorità sembrano diverse visto che gli accessi in presenza sono riservati anche ai pazienti che iniziano a riassumere la terapia dopo 12 mesi o più, forse anche come effetto di una media di visite settimanali effettuate che nel periodo da marzo e agosto dell’anno precedente che si attesta fra i valori minori fra quelli rilevati a livello nazionale.

dano l’area respiratoria, quella oncologica3 e quella cardiologica4 ma anche le patologie gastrointestinali5 e delle malattie del sangue, così come l’area chirurgica specialistica6 che appunto hanno visto non solo drasticamente ridursi il numero di accessi ma anche gli screening di patologia e gli interventi in generale.

Certamente, anche considerando dal punto di vista sociale oltre che clinico, emerge come queste patologie siano anche quelle che inducono maggiore «fragilità». Un indicatore indiretto dell’effettiva disuguaglianza negli accessi è possibile rilevarlo proprio nel maggior uso di strumenti di visita/consulto a distanza come, appunto, nel caso delle malattie rare.

Così come la riduzione degli accessi come “scelta” dei pazienti di posticipare o annullare le visite mediche per la preoccupazione nel frequentare luoghi sanitari durante l’emergenza Covid-19 o la significativa variabilità soprattutto in alcune città come Milano, Bologna o Roma della percentuale delle visite in presenza da specialisti in pato-

4

Ma,, come si affermava precedentemente anche il tipo di patologia ha inciso fortemente su una disuguaglianza di

Musumeci F, Nicolini F, Napoleone CP, Panisi P, Pappalardo A, Patanè F, Ragni T, Rinaldi M, Tribastone S, Triggiani M, Tritto FP, Zebele C, Parolari A, Gerosa G, De Feo M; Italian Society for Cardiac Surgery Task Force on COVID-19 Pandemic. Cardiac surgery practice during the COVID-19 outbreak: a multicentre national survey. Eur J Cardiothorac Surg. 2021 Apr 29;59(4):901-907. doi: 10.1093/ejcts/ezaa436. PMID: 33657222; PMCID: PMC7989504.

5 Maida, M et al. “Impact of the COVID-19 pandemic on Gastroenterology Divisions in Italy: A national survey.” Digestive and liver disease : official journal of the Italian Society of Gastroenterology and the Italian Association for the Study of the Liver vol. 52,8 (2020): 808-815. doi:10.1016/j.dld.2020.05.017

6 Rocco B, Sighinolfi MC, Sandri M, Altieri V, Amenta M, Annino F, Antonelli A, Baio R, Bertolo R, Bocciardi A, Borghesi M, Bove P, Bozzini G, Brunocilla E, Cacciamani G, Calori A, Cafarelli A, Celia A, Carbone A, Cocci A, Corsaro A, Costa G, Ceruti C, Cindolo L, Crivellaro S, Dalpiaz O, D'Agostino D, Dall'Oglio B, Dente D, Falabella R, Falsaperla M, Ferrari G, Finocchiaro M, Flammia S, Gaboardi F, Galfano A, Gallo F, Gatti L, Greco F, Khorrami S, Leonardo C, Marenghi C, Nucciotti R, Oderda M, Pagliarulo V, Parma P, Pastore AL, Pini G, Porreca A, Pucci L, Schenone M, Schiavina R, Sciorio C, Spirito L, Tafuri A, Terrone C, Umari P, Varca V, Veneziano D, Verze P, Volpe A, Micali S, Berti L, Zaramella S, Zegna L, Bertellini E, Minervini A. The dramatic COVID 19 outbreak in Italy is responsible of a huge drop of urological surgical activity: a multicenter observational study. BJU Int. 2021 Jan;127(1):56-63. doi: 10.1111/bju.15149. Epub 2020 Oct 19. PMID: 32558053; PMCID: PMC7322984.

140
3 Riera R, Bagattini ÂM, Pacheco RL, Pachito DV, Roitberg F, Ilbawi A. Delays and Disruptions in Cancer Health Care Due to COVID-19 Pandemic: Systematic Review. JCO Glob Oncol. 2021;7:311-323. doi:10.1200/GO.20.00639 Rubino AS, De Santo LS, Pisano A, Mauro MD, Benussi S, Borghetti V, Castiglioni A, Chiariello L, Colli A, De Bellis A, De Filippo CM, De Paulis R, Di Benedetto G, Di Eusanio M, Faggian G, Fiorani B, Fratto PA, Giuffrida AG, Glauber M, Iannelli G, Iesu S, Livi U, Martinelli G, Massetti M, Mastroroberto P, Menicanti L, Minniti G, Miraldi F, Montesi G,

logie croniche come il diabetologo da gennaio 2020 a settembre 2021.

Questo complesso scenario necessita ancora di una rigo-

rosa piattaforma interpretativa visto che certamente non

può bastare nessuna visione semplicistica o meccanica delle variabili a cui fare riferimento ma, anche sul piano descrittivo, è necessario predisporre un piano di riflessioni “interconnesse” che consideri anche la dimensione urbana.

In questo senso studi sugli impatti sulla salute e sugli outcome, così come analisi sui comportamenti di salute anche sul tema degli accessi dei pazienti alle strutture e servizi sanitari possono aiutare i sistemi e organizzazioni a dare priorità alle cure di valore più elevato sulla base degli effettivi bisogni di salute gestendo anche in modo più appropriato e attento il paziente e, nello stesso tempo, fornire una base di supporto determinante a responsabili politici e decisori per affrontare queste tematiche in un ottica realmente multidimensionale.

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ARTICOLI

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“ACCESSO ALLE CURE: SE NON ORA, QUANDO?”

La Giornata Mondiale del Diabete (WDD) è stata istituita nel 1991 dall’International Diabetes FederationIDF e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità-OMS in risposta alle crescenti preoccupazioni sulla minaccia alla salute rappresentata dal diabete. La Giornata Mondiale del Diabete è diventata una giornata ufficiale delle Nazioni Unite nel 2006 con l’approvazione della Risoluzione 61/225. Ricorre ogni anno il 14 novembre, nel giorno del compleanno di Sir Frederick Banting, che scoprì l’insulina insieme a Charles Best nel 1922.

Una occasione in più quest’anno per celebrare anche i 100 anni della scoperta dell’insulina, una delle più importanti della storia della medicina.

La GMD è la più grande campagna mondiale di sensibilizzazione sul diabete che raggiunge un pubblico si scala globale di oltre 1 miliardo di persone in più di 160 Paesi. La campagna richiama l’attenzione su questioni di fondamentale importanza per il mondo del diabete e contribuisce a mantenere il diabete saldamente sotto i riflettori pubblici e politici.

La campagna della Giornata Mondiale del Diabete vuole essere: una piattaforma per promuovere gli sforzi di advocacy dell’IDF durante tutto l’anno; un driver globale per promuovere l’importanza di intraprendere azioni coordinate e concertate per affrontare il diabete come una criticità globale di salute.

La campagna è rappresentata da un logo “blu circle” che è stato adottato nel 2007 dopo l’approvazione della Risoluzione delle Nazioni Unite sul diabete. Il cerchio blu è simbolo globale della consapevolezza sul diabete. Sta a significare l’unità della comunità globale in risposta all’epidemia di diabete.

La campagna si concentra su temi dedicati, che possono durare uno o più anni. Il tema delle GMD 2021-23 è “Accesso alla cura del diabete: se non ora, quando?”.

Cento anni dopo la scoperta dell’insulina, milioni di persone con diabete in tutto il mondo non possono accedere alle cure di cui hanno bisogno. Le persone con diabete ri-

chiedono cure e supporto continui per gestire la loro condizione ed evitare complicazioni.

Il centenario della scoperta dell’insulina rappresenta un’opportunità unica per apportare cambiamenti significativi agli oltre 460 milioni di persone che vivono con il diabete e ai milioni più a rischio. Unita, la comunità globale del diabete ha i numeri, l’influenza e la determinazione per apportare cambiamenti significativi. Dobbiamo raccogliere tale sfida.

I componenti fondamentali della cura del diabete includono:

• Accesso all’insulina: 100 anni dopo la sua scoperta, milioni di persone con diabete non possono accedere all’insulina di cui hanno bisogno.

• Accesso ai farmaci orali: molte persone con diabete hanno bisogno di farmaci orali per gestire la propria condizione. Questi rimangono non disponibili o inaccessibili in molti Paesi a basso e medio reddito.

• Accesso all’automonitoraggio: il monitoraggio della glicemia è una componente fondamentale della cura del diabete. Molte persone con diabete non hanno accesso agli strumenti di cui hanno bisogno.

• Accesso alla formazione e al supporto psicologico: le persone che vivono con il diabete hanno bisogno di una formazione continua per gestire la propria condizione. In molti non hanno accesso alla formazione sul diabete.

• Accesso a cibo sano e a un luogo sicuro per fare esercizio: le persone che vivono con, o sono a rischio di, il diabete hanno bisogno di accedere a cibo sano e a luoghi sicuri per fare esercizio. Entrambi sono componenti fondamentali della cura e della prevenzione del diabete.

“A 100 anni dalla scoperta dell’insulina – afferma il Professor Andrea Lenzi, Presidente di Health City Institute – ancora l’accesso alle cure a livello globale non è garantito. Milioni di persone con diabete in tutto il mondo non

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GIORNATA MONDIALE DEL DIABETE 2021

hanno accesso alle cure per il diabete. Le persone con diabete richiedono cure e supporto continui per gestire la loro condizione ed evitare complicazioni che minano seriamente la loro qualità e aspettativa di vita”.

“Non possiamo più aspettare e dobbiamo agire subito –continua Lenzi – per mettere a disposizione, di tutte le persone con diabete che ne hanno bisogno, farmaci, tecnologie, supporto e cure. I governi debbono aumentare gli investimenti nella cura e nella prevenzione del diabete e anche a livello nazionale bisogna eliminare le differenze tra le regioni nell’accesso alle cure e ai trattamenti e investire sulla prevenzione e le cure innovative.”

“Il centenario della scoperta dell’insulina rappresenta un’opportunità unica per riflettere su questi temi e sensibilizzare politici, media e opinione pubblica – conclude Andrea Lenzi – ed è per questo che come Università Sapienza di Roma abbiamo voluto accendere di blu i Propilei della nostra Città Universitaria e la facciata del Palazzo Centrale del nostro Policlinico Umberto I, assieme ad alcuni dei magnifici monumenti di Roma.”

L’IDF Diabetes Atlas fornisce gli ultimi dati, informazioni e proiezioni sull’impatto globale del diabete:

• 463 milioni di adulti (1 su 11) vivevano con il diabete nel 2019. Il numero di persone che vive con il diabete potrà salire a 578 milioni entro il 2030

• 1 adulto su 2 con diabete non viene diagnosticato (232 milioni). La maggior parte di essi ha il diabete di tipo 2

• Più di 3 persone su 4 con diabete vivono in Paesi a basso e medio reddito

• 1 su 6 nati vivi (20 milioni) è affetto da glicemia alta (iperglicemia) in gravidanza

• 2/3 delle persone con diabete vivono in aree urbane e tre quarti sono in età lavorativa

• 1 persona su 5 con diabete (136 milioni) ha più di 65 anni

• il diabete ha causato 4,2 milioni di morti nel 2019

• il diabete è stato responsabile di almeno 760 miliardi di dollari di spesa sanitaria nel 2019, il 10% del totale globale speso per l’assistenza sanitaria

• le persone con diabete sono tra le più fragili e vulnerabili agli esiti dovuti a COVID-19

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WORLD HEART DAY 2021: Malattie cardiovascolari: entro il 2030 attesi 24 milioni di decessi all’anno nel mondo. Nella Giornata Mondiale del Cuore, l’appello per arginare questa nuova emergenza

Ripensare le strategie di contrasto alle patologie cardiovascolari (CVD) nel post-Covid, condividendo proposte e priorità per recuperare il ritardo causato dall’emergenza e considerando il territorio quale attuatore di politiche sanitarie efficaci. È questo l’obiettivo urgente che ha riunito oggi per la prima volta rappresentanti delle società scientifiche, dei pazienti ed esponenti della società civile, insieme ad istituzioni e settore privato, all’evento “Nuove strategie di prevenzione cardiovascolare nel post-pandemia: la sfida parte dal territorio”, organizzato da Novartis Italia e patrocinato da Health City Institute.

Si prevede nel mondo un aumento di morti per cause cardiovascolari che raggiungeranno nel 2030 i 24 milioni di morti all’anno, che equivalgono a circa 66.000 decessi al giorno. È come se ogni giorno scomparisse una città come Massa o Trapani. Un aumento da oggi al 2030 pari al 34%.

Un dato che preoccupa gli esperti: in questo anno e mezzo la pandemia COVID ha ridotto le prestazioni ai pazienti cardiovascolari, l’attività diagnostica preventiva e fatto aumentare la mortalità in questa popolazione. Si è assistito ad una riduzione tra il 50 e l’85% dell’attività chirurgica, del 55% degli interventi di cardiochirurgia, del 75% degli elettrocardiogrammi trans esofagei e delle diagnostiche per cardiopatia ischemica, del 10% di nuove diagnosi di scompenso cardiaco e del 30% di invio allo specialista, e ad un aumento del 20% della mortalità cardiovascolare e di quella in generale.

Eppure, una delle recenti raccomandazioni dell’ITALIAN URBAN HEALTH DECLARATION, promossa da ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani e Health City Institute, ai Governi dei Paesi del G20, è stata quella di un impegno concreto a ridurre entro il 2030 del 25% la mortalità prematura da malattie non trasmissibili, tra cui le CVD sono quelle con maggiore mortalità. Un obiettivo di prevenzione e controllo confermato nella dichiarazione finale dei ministri al G20 Salute lo scorso 12 settembre, ma che alla luce della situazione pandemica rischia di essere seriamente messo in discussione.

C’è un ritardo da recuperare ed una situazione complessiva non ignorabile, che vede sommarsi più emergenze poiché il COVID-19 ha interrotto drasticamente le cure ambulatoriali e i percorsi diagnostico-terapeutici di molte altre patologie, come quelle cardiovascolari. Una corsa contro il tempo che necessita dello sviluppo di azioni concrete sia in ambito educativo e culturale, sia organizzativo, coordinate tra mondo accademico, scientifico e politico.

Da dove partire? Dalle città e dalle aree urbane: si stima che nel 2050 la percentuale di persone che abiterà nelle città arriverà al 74%. L’Oms stima che il 63% della mortalità globale, sia dovuto a malattie non trasmissibili, e buona parte di questi decessi è attribuibile a rischi legati all’urbanizzazione e alla crescente sedentarietà.

“Le principali patologie croniche e non trasmissibili, prime fra tutte le CVD, sono un problema urbano legato ai maggiori livelli di urbanizzazione, all’invecchiamento della popolazione e agli stili di vita meno sani – ha sottolineato Andrea Lenzi, Presidente Health City Institute - Il ruolo delle città nella promozione della salute, quindi, sarà fondamentale nei prossimi decenni e la lotta alle CVD rappresenta un’opportunità per promuovere la creazione di una rete di collaborazione tra soggetti diversi e lo sviluppo di programmi di prevenzione e gestione della cronicità che tengano conto del controllo dei fattori di rischio CVD, come l’ipertensione e l’ipercolesterolemia, dell’assistenza sanitaria primaria e secondaria, dell’innovazione.”

Un invito ad istituzioni, mondo sanitario, accademico e privato a definire un indirizzo comune e ad impegnarsi per un futuro libero dalle CVD, agendo con urgenza per disporre piani e politiche finalizzate a migliorare la salute e la qualità della vita delle persone e garantire allo stesso tempo la sostenibilità e l’efficienza dei sistemi sociosanitari ed assistenziali nel lungo periodo e su larga scala.

Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte prematura, tra le malattie non trasmissibili e quelle croniche e rappresentano il 32% di tutti i decessi globali. Colpiscono nel mondo 471 milioni di persone (oltre 6 persone ogni 100) e sono un’importante fonte di spesa

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sanitaria. L’Italia non si sottrae a questa tendenza, con circa 230 mila morti l’anno, il 35% circa del totale dei decessi ed una spesa sanitaria per queste patologie che si aggira intorno ai 16 miliardi di euro, cui si aggiungono oltre 5 miliardi di euro legati a costi indiretti come la perdita di produttività e i costi del sistema previdenziale.

Tra le CVD, lo scompenso cardiaco (SC) è la prima causa di ricovero nelle persone over 65 e registra tassi di mortalità altissimi (1 paziente su 25 non sopravvive al primo ricovero, il 10% muore entro 30 giorni dal ricovero, fino al 30% entro un anno dal ricovero). Colpisce circa 1 milione di italiani over 40, con un costo che si aggira intorno ai 3 miliardi l’anno, pari ad oltre 11.800 euro di spesa media per la gestione di un solo paziente. Non è da meno l’ipercolesterolemia, principale fattore di rischio delle cardiopatie ischemiche davanti a fumo, diabete, ipertensione e obesità, che in Italia pesa per oltre 1 mld ogni anno per soli costi diretti sanitari, cui si sommano circa 31,6 milioni per i trattamenti farmacologici e di 9,3 milioni per prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale strettamente correlate alla patologia.

Dinanzi alla consapevolezza che la gestione delle complicanze CV possa diventare la più grande crisi sanitaria per il sistema sanitario dopo il COVID-19 il Health City Institute lancia un messaggio di invito ad agire con urgenza per disporre piani e politiche nazionali in grado di alterare la traiettoria delle CV, suggerendo alcune priorità:

• Strutturare modelli di medicina di iniziativa, per una presa in carico più “proattiva” dei pazienti cronici

• Ripensare un modello assistenziale orientato verso un’offerta territoriale integrata con i servizi sociali, prevedendo percorsi codificati e condivisi con i cittadini e puntando sulla prossimità

• Rendere omogeneo l’accesso alle cure, anche innovative, ai pazienti su tutto il territorio nazionale

• Ripristinare l’attenzione dei cittadini verso la propria salute del cuore perché diventino parte attiva del percorso di prevenzione e cura.

Su questi punti si sono confrontati nel corso di un evento le società scientifiche Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO), Società Italiana di Cardiologia (SIC), Società Italiana per la prevenzione cardiovascolare (SIPREC), Società Italiana per lo Studio dell’Aterosclerosi (SISA), le associazioni pazienti Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC), Fondazione Italiana per il Cuore e GIP-FH - Gruppo Italiano Pazienti per l’Ipercolesterolemia Familiare, Cittadinanzattiva e il settore privato.

• Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte in tutto il mondo. Ad oggi sono 18 milioni le persone che muoiono all’anno nel mondo a causa di una malattia cardiovascolare, 230mila in Italia.

• Si prevede che aumenteranno, raggiungendo entro il 2030 24 milioni di morti nel mondo all’anno per cause cardiovascolari con una media di oltre 66.000 al giorno ed un costo globale totale che passerà da circa 863 miliardi di dollari nel 2010 a oltre 1 trilione, una cifra che supera il PIL di Paesi Bassi, Svizzera, Svezia o Turchia.

• Dopo un calo della mortalità negli ultimi decenni, i numeri sono di nuovo in aumento, invertendo anni di progresso sia sul fronte delle cardiopatie ischemiche sia su quello delle malattie cerebrovascolari.

• Oggi più che mai la prevenzione cardiovascolare è fondamentale per recuperare il ritardo e rendere più realistica la riduzione del 25% della mortalità prematura da malattie non trasmissibili, come raccomandato dell’ITALIAN URBAN HEALTH DECLARATION ai Governi dei Paesi del G20.

• Esperti a confronto delineano le priorità per disporre con urgenza piani e politiche di contrasto alle patologie cardiovascolari. Una sfida sanitaria che parte dal territorio e dal ruolo delle città nella promozione della salute.

L’inquinamento atmosferico, una delle problematiche più discusse dell’attualità, sta raggiungendo valori molto alti, mettendo a rischio sempre più la salute della popolazione mondiale e dell’ambiente in generale.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha diffuso a settembre gli adeguamenti degli indici accettabili rispetto agli inquinanti più diffusi nell’atmosfera per affrontare il fenomeno in modo più aggressivo. È la prima volta che i parametri vengono aggiornati in più di 15 anni e le sorprese sono emerse chiaramente.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si è mostrata molto preoccupata dopo aver visto i dati dei livelli dell’inquinamento delle 100 città più grandi del mondo. La fotografia che emerge è quella che ben 92 metropoli su 100 non hanno raggiunto l’obiettivo prefissato dalla stessa OMS, nonostante la stessa avesse dimezzato, come parametro per migliorare più velocemente la qualità dell’aria, le emissioni del particolato ultra fine, detto anche PM2.5. Delle restanti 8 grandi città invece ancora non è stato ricevuto alcun dato.

Una notizia che mette in allarme il mondo intero, poiché si tratta di una delle minacce più alte per la salute, strettamente correlata all’urbanizzazione. Secondo la stessa OMS, infatti, l’inquinamento atmosferico ogni anno provoca oltre sette milioni di morti premature e mette a rischio, a lungo andare, la salute dell’uomo provocando infezioni respiratorie, forme gravi di asma e l’insorgenza di patologie serie come la cardiopatia ischemica e l’ictus. Oltre alla nostra salute, l’inquinamento rappresenta una grave minaccia anche per l’ambiente e si ripercuote sempre più, intensificandolo, su un altro temibile avversario dei giorni nostri: il cambiamento climatico.

Per questo motivo, gli esperti provenienti di tutto il mondo sono particolarmente preoccupati non solo per gli eccessivi livelli attuali di gas inquinanti che stiamo raggiungendo, ma soprattutto per quello che potrebbe accadere in futuro sul nostro pianeta. “Nessuna delle 100 città potrà mai farcela a rispettare gli standard ambientali dell’OMS per il prossimo decennio, o forse mai. Questo perché, per esempio, l’inquinamento è legato a numerosi fattori difficili da gestire, come l’uso dei freni delle auto che è molto complicato da eliminare” afferma al Financial Times Roy Harrison, Professore di Salute Ambientale all’Università di Birmingham.

Una sfida che oggi le città debbono affrontare urgentemente perché corriamo tutti il rischio di minare la possibilità di rendere sostenibili i nostri ambienti di vita e di incidere quindi molto negativamente sulla qualità di vita delle generazioni future.

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DELLE PRIME 100 CITTà AL MONDO RISPONDE AI NUOVI STANDARD AMBIENTALI DELL’OMS
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Alla vigilia dei Giochi Olimpici di Tokio, la prestigiosa rivista medico-scientifica The Lancet ha pubblicato contemporaneamente tre studi sull’attività fisica. Con un appello al mondo politico, a quello sportivo e a quello socio-sanitario: gli esperti chiedono un’azione urgente per migliorare l’attività fisica in tutto il mondo.

Che cosa è emerso dai tre studi?

In sintesi:

Gli sforzi globali per migliorare l’attività fisica si sono fermati, con i decessi complessivi collegabili alla sedentarietà che rimangono più di 5 milioni di persone l’anno.

Non sono stati compiuti progressi sufficienti per affrontare l’inattività fisica in tutto il mondo, con gli adolescenti e le persone con disabilità (PLWD) tra le popolazioni meno propense ad avere il supporto necessario per soddisfare le linee guida sull’attività fisica dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).

I ricercatori hanno scoperto che i Giochi Olimpici rimangono un’occasione mancata per aumentare l’attività fisica nei Paesi ospitanti. Le iniziative di salute pubblica sull’attività fisica dovrebbero essere incorporate nella pianificazione di eventi sportivi olimpici e di massa.

L’esercizio fisico durante i lockdown per la pandemia è stato considerato da molti governi un’attività essenziale, ma l’attività fisica quotidiana deve essere promossa come un bisogno umano essenziale, al di là e indipendentemente dall’emergenza COVID-19.

L’inattività fisica è collegata a un aumento del rischio di malattie non trasmissibili (NCD) come malattie cardiache, diabete e alcuni tipi di cancro. Costa almeno 54 miliardi di dollari all’anno in costi sanitari diretti, di cui 31 pagati dal settore pubblico.

I lenti progressi per migliorare l’attività fisica sono stati esacerbati dalla pandemia di COVID-19, con lockdown probabilmente associati a una riduzione complessiva dell’attività fisica in tutto il mondo. Inoltre, le persone inattive e quelle con malattie non trasmissibili hanno molte più probabilità di essere ricoverate in ospedale o di morire, se sviluppano COVID-19.

Tornando agli adolescenti, nonostante il numero crescente di giovani con diagnosi di malattie non trasmissibili (NCD), inclusi disturbi cardio-metabolici e di salute mentale, gli Autori osservano che la ricerca scientifica sull’attività fisica degli adolescenti è limitata. L’analisi globale mostra che l’80% degli adolescenti che vanno a scuola non riesce a soddisfare le linee guida raccomandate dall’OMS di 60 minuti di attività fisica al giorno, con pochi progressi compiuti dal 2012. Inoltre, il 40% degli adolescenti non fa attività fisica a scuola; il 25% si siede per più di 3 ore al giorno aggiuntive rispetto al tempo trascorso seduti a scuola e a fare i compiti.

I ricercatori hanno anche esaminato il tempo trascorso davanti allo schermo e hanno scoperto che il 60% dei ragazzi e il 56% delle ragazze trascorre due o più ore al giorno a guardare la televisione. Inoltre, il 51% dei ragazzi e il 33% delle ragazze trascorre due o più ore al giorno giocando ai videogiochi. Tuttavia, si sa poco su come questo influisca sulla loro salute cardio-metabolica e mentale.

Gli Autori chiedono un’azione immediata e urgente per dare priorità alla ricerca e alle misure di salute pubblica per promuovere l’attività fisica e garantire che sia integrata nella vita di tutti i giorni.

L’autrice principale dell’articolo, Esther van Sluijs, dell’Università di Cambridge, nel Regno Unito, afferma: “Abbiamo un disperato bisogno di esplorare le conseguenze sia a breve sia a lungo termine che l’inattività fisica

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The Lancet su attività fisica: più legacy dai Giochi Olimpici

ha sugli adolescenti e d’identificare modi efficaci per promuoverne l’aumento, soprattutto alla luce della pandemia di COVID-19. La scuola virtuale e il distanziamento sociale hanno drasticamente ridotto l’attività fisica e aumentato l’uso degli schermi, e le conseguenze di questi cambiamenti potrebbero durare tutta la vita”. E aggiunge: “Gli adolescenti costituiscono quasi un quarto della popolazione mondiale e dobbiamo garantire loro che crescano in ambienti sociali e fisici che supportino l’attività fisica”.

Altro capitolo: rafforzare i diritti delle persone che vivono con disabilità e accrescere la loro partecipazione all’attività fisica. L’attività fisica può fornire una serie di benefici per la salute fisica e mentale per gli 1,5 miliardi di persone in tutto il mondo che vivono con una disabilità fisica, mentale, sensoriale o intellettuale. Tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che i PLWD hanno il 16-62% in meno di probabilità di soddisfare le linee guida OMS sull’attività fisica e sono a maggior rischio di gravi problemi di salute legati all’inattività, come malattie cardiovascolari, diabete e obesità. La percentuale di adulti con disabilità che vivono in Paesi ad alto reddito che soddisfano le linee guida sull’attività fisica varia dal 21% al 60%, in contrasto con le stime che vanno dal 54% al 91% per gli adulti senza disabilità. L’entità delle disparità nell’attività fisica per PLWD varia tra i tipi di disabilità ed è maggiore per quelli con disabilità multiple. Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che qualsiasi quantità di attività fisica, anche se inferiore ai 150 minuti a settimana raccomandati dall’OMS, è vantaggiosa per la PLWD. I vantaggi includono il miglioramento della salute cardiovascolare, della forza muscolare, delle capacità funzionali e della salute mentale.

Gli Autori dello studio chiedono che i piani d’azione per l’attività fisica in tutto il mondo siano adeguatamente finanziati, monitorati e implementati per promuovere ve-

ramente i diritti fondamentali delle persone con disabilità motoria a partecipare pienamente all’attività fisica.

Gli Autori evidenziano che l’80% delle persone con disabilità vive in Paesi a basso e medio reddito. Tuttavia, in questa revisione pubblicata su Lancet, praticamente tutti i dati disponibili sulla popolazione e sull’attività fisica nelle persone con disabilità (PLWD) provengono da Paesi ad alto reddito del Nord America e dell’Europa nord-occidentale, indicando l’urgente necessità di ulteriori ricerche sull’attività fisica per PLWD su una scala globale.

Le Olimpiadi devono fornire un’eredità per la salute che duri oltre l’evento. Gli eventi sportivi di massa, compresi i Giochi Olimpici, offrono l’opportunità di promuovere l’attività fisica per le popolazioni globali, compresi gli adolescenti e le persone con disabilità motoria. Tuttavia, gli Autori dello studio hanno scoperto che i Giochi Olimpici hanno avuto un impatto minimo sull’attività fisica nelle città ospitanti e sono un’occasione mancata per migliorare la salute a livello di popolazione. I ricercatori hanno scoperto che non c’è stato alcun cambiamento misurabile nella partecipazione agli sport né immediatamente prima né dopo i Giochi Olimpici. Questo era vero anche dopo che i Giochi Olimpici hanno avviato il progetto di impatto globale nel 2001, che ha suggerito che le città raccolgano dati indicatori prima e dopo i Giochi Olimpici e che includano specificamente informazioni sulla partecipazione agli sport di base. Questi risultati suggeriscono che sono necessari una maggiore pianificazione e maggiori sforzi per la salute pubblica per generare un’eredità di maggiore attività fisica dopo le Olimpiadi o altri eventi sportivi di massa.

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IL SISTEMA ECONOMICO DELLA BELLEZZA SPINGE IL PIL ITALIANO

Un territorio che sviluppa bellezza genera valore economico, imprenditoriale e sociale. Lo spiega il Market Watch di Banca Ifis che, per la prima volta nella sua storia, è gold partner del Padiglione Venezia in occasione della 17esima Mostra Internazionale di Architettura. Dalla contaminazione tra due universi, l’arte e la finanza, nasce un progetto inedito: un’installazione artistica, curata dal giornalista conduttore televisivo Emilio Casalini ed esposta al Padiglione Venezia, che rappresenta la mappa delle relazioni tra luoghi, attori e servizi che compongono l’ecosistema italiano della bellezza.

“Banca Ifis crede nella cultura e nell’arte come asset strategici di crescita economica e sociale del Paese – spiega Ernesto Fürstenberg Fassio, Vice Presidente di Banca Ifis. La ricerca realizzata dal nostro Ufficio Studi, che ha coinvolto importanti rappresentanti dell’ecosistema italiano della bellezza, evidenzia la ricchezza del nostro patrimonio non solo culturale e paesaggistico ma anche imprenditoriale. Un patrimonio in grado di generare un rilevante valore economico e sociale, da preservare e sostenere. La partnership che abbiamo siglato con il Padiglione Venezia è un’ulteriore testimonianza del nostro sostegno a questo settore”.

La bellezza come fattore economico e relazionale

L’ecosistema italiano della bellezza, con i suoi luoghi, attori e servizi, produce il 17,2% del PIL italiano: 6% da fruizione del patrimonio culturale e paesaggistico a cui si aggiunge l’11,2% da produzione delle aziende made in Italy design-driven.

Sono 341mila le imprese design-driven che producono bellezza: rappresentano il 31% delle aziende italiane negli 8 settori produttivi tipici del made in Italy per un fatturato annuo complessivo di 682 miliardi di euro. In Italia c’è un museo, monumento o un’area archeologica ogni 50 chilometri quadrati. Sono 128 milioni le persone che ogni anno fruiscono del patrimonio italiano.

Anche la bellezza ha un valore economico tangibile e mi-

surabile. Secondo l’analisi condotta dall’Ufficio Studi di Banca Ifis, il contributo complessivo di questa voce al PIL italiano, prendendo a riferimento i valori del 2019, è pari al 17,2%. L’Ufficio Studi ha esaminato le tre dimensioni che compongono l’ecosistema della bellezza italiano: il patrimonio storico, artistico e culturale, e quello naturalistico e paesaggistico; i servizi ad essi collegati (es. trasporti e hospitality) e la produzione dei settori del Made in Italy design-driven, ovvero guidati da logiche esteticofunzionali. Il contributo derivante dalla fruizione del patrimonio culturale e paesaggistico è pari al 6%, comprensivo di fruizione diretta e servizi a supporto, quali trasporti e hospitality.

Ma anche le imprese producono bellezza: sono 341.000, per un fatturato complessivo annuo di 682 miliardi di euro, e sono attive in 8 settori produttivi (agroalimentare, automotive e altri mezzi di trasporto, cosmesi, meccanica e altra manifattura, cosmetica, moda, orologeria e gioielleria, sistema casa e artigianato artistico), generando l’11,2% del PIL nazionale.

Tre case history di successo: Venezia, Bologna e l’Emi-

lia-Romagna,

Sciacca

Per dare concretezza a numeri e verificarne il valore tangibile, sono state individuate e raccontate tre case history che corrispondono a tre città/luoghi italiani: Venezia, Bologna e il sistema Emilia-Romagna, Sciacca.

Venezia come città-contenitore di ricchezze naturali, artistiche e di stile, anche nella manifattura.

Attraverso due casi aziendali, Venezia racconta l’economia della bellezza in un territorio da esplorare anche nelle sue accezioni contemporanee. Grazie a Cipriani Food e al prestigioso made in Italy agroalimentare che ritorna ai sapori veri della terra e alla storia di Mavive, emergono due racconti attuali di due business storici come l’agroalimentare e l’arte profumatoria. Quest’ultima affonda le radici in mille anni di storia al femminile con la prima principessa bizantina, Maria Argyros, che riuscì a portare

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Secondo uno studio di Banca Ifis l’ecosistema italiano della bellezza, con i suoi luoghi, attori e servizi, produce il 17,2% del PIL. Sono 341.000 le imprese italiane design-driven per un fatturato annuo complessivo di 682 miliardi di euro. I risultati dello studio diventano un’installazione artistica esposta al Padiglione Venezia, di cui Banca Ifis è gold partner, che rappresenta la mappa delle relazioni tra gli attori dell’ecosistema italiano della bellezza.

la cultura del profumo in Laguna. Bologna e il sistema Emilia-Romagna sono un esempio di pianificazione strategica di filiera di tipo manageriale con forte orientamento al risultato. Il capoluogo ha promosso l’«esperienza urbana» in molteplici sue forme (green, outdoor, sport, eventi e food) come leva turistica attrattiva, favorendo la share economy e la qualità della ricettività extralberghiera (+104% le strutture dal 2015 al 2018) con conseguente incremento dei flussi turistici, di nuove imprese attive nell’hospitality (+10% le imprese di alloggio e ristorazione nel triennio 2015-19) e addetti (+28%). Nell’hinterland industriale emiliano romagnolo sia la Motor Valley sia la più estesa Food Valley sono riuscite, grazie alle eccellenze imprenditoriali, raccontate con le esperienze di Ducati Motor e Gran Deposito Aceto Balsamico Giuseppe Giusti, a trasformare i distretti in veri e propri brand di valore internazionale. Sciacca, comune di oltre 39mila abitanti nella provincia di Agrigento, ha intrapreso un percorso di valorizzazione del turista come cittadino contemporaneo attraverso la costruzione di un “Museo diffuso dei cinque sensi” che coinvolge commercianti, tradizioni e hospitality. Grazie a un “patto di comunità” i cittadini auto-promuovono il loro immenso patrimonio storico, artistico, culturale e gastronomico, diventandone promotori e ambasciatori all’insegna di un turismo empatico di alto livello (www.museodiffusosciacca.it).

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Studi etnici obbligatori per il diploma in California

La California diventa il primo Stato americano a richiedere per il diploma il corso in “studi etnici”. Lo prevede la legge firmata dal governatore democratico Gavin Newsom, dopo un anno di dibattiti sulla giustizia razziale seguiti all’uccisione dell’afroamericano George Floyd per mano della polizia.

Gli studi etnici promuovono “una consapevolezza sociale” e affrontano “le iniquità del sistema” e le forme di intolleranza, dal razzismo verso gli afroamericani all’antisemitismo e alla xenofobia. Le scuole californiane offriranno i corsi a partire dal 2025 ma l’obbligo per il diploma scatterà dal 2029. Quella di Newsom è la prima legge del genere in uno Stato americano. Newsom è stato anche tra i primi a introdurre l’obbligo d’immunizzazione anti Covid anche per gli studenti ed è convinto che il corso di studio obbligatorio possa essere una sorta di vaccino contro le discriminazioni.

Tecnicamente si chiameranno “studi etnici”, quelli che secondo l’università di Standford “aiutano a espandere le opportunità educative nelle scuole, insegnano agli studenti le diverse comunità che formano la California e rafforzano l’impegno accademico”. Lo scopo dichiarato è quello di promuovere “una consapevolezza sociale”, affrontare “le iniquità del sistema” e le forme d’intolleranza, dal razzismo verso gli afroamericani e i latinos, all’antisemitismo e alla xenofobia.

Ci sarà una cornice generale, ma i distretti scolastici e le singole scuole avranno una certa autonomia nel definire i corsi, che saranno offerti a partire dal 2025, mentre l’obbligo per il diploma scatterà dal 2029. Non sono mancate critiche alla prima bozza del curriculum di base, per esempio da parte dei parlamentari ebrei, secondo cui la loro storia non era rappresentata in modo completo. Si dovrà parlare anche dei nativi, i pellerossa, non solo del Nord America.

Già lo scorso 22 luglio, il consiglio di amministrazione della California State University (CSU) ha votato per approvare un emendamento al titolo 5 del California Code of Regulations. Questo emendamento modificherà i requisiti di istruzione generale (GE) dell’università per includere un corso che affronti gli studi etnici e la giustizia sociale. Questo segna il primo cambiamento significativo ai requisiti GE dell’università in 40 anni.

“Il nostro obiettivo è che gli studenti della CSU, di ogni specializzazione e in ogni luogo di lavoro, siano leader nella creazione di una società più giusta ed equa - ha affermato il rettore della CSU, Timothy White. Questa azione eleva gli studi etnici a un posto di rilievo nel nostro curriculum, li collega con le voci e le prospettive di altri gruppi storicamente oppressi e fa avanzare il campo applicando la lente della giustizia sociale. Consentirà ai nostri studenti di affrontare questo momento della storia della nostra nazione, fornendo loro le conoscenze, le ampie prospettive e le competenze necessarie per risolvere i problemi più urgenti della società. E rafforzerà ulteriormente il valore di un diploma CSU”. La CSU ha una lunga storia di leadership nel campo degli studi etnici, con la San Francisco State University che ha creato il primo College of Ethnic Studies nel 1969. Da allora numerosi dipartimenti di studi etnici sono fioriti in tutta la CSU offrendo centinaia di corsi ogni semestre.

Il terreno è, comunque, delicato, tanto che lo stesso Newsom lo scorso anno aveva messo il veto su un progetto di legge analogo nel timore che non ci fosse un adeguato equilibrio dopo le preoccupazioni espresse dalle organizzazioni ebraiche e arabe. Veto usato nel 2018 anche dal suo predecessore democratico Jerry Brown, contrario invece all’obbligatorietà del corso. Ma in questi ultimi anni le proteste contro le discriminazioni sono diventate dirompenti, soprattutto dopo il caso Floyd, e hanno alimentato il dibattito sull’opportunità d’insegnare a scuola “la teoria critica della razza” rivedendo la storia americana. “Propaganda tossica della sinistra, Cancel culture”, ha accusato Donald Trump. Ma il razzismo è sempre in agguato negli Stati Uniti, anche a scuola. Come dimostra la petizione online per ripristinare la schiavitù fatta circolare da alcuni studenti della Park Hill South High School a Kansas City, in Missouri, dove sono state ritrovate anche immagini di cappi e svastiche. O come l’insegnante della scuola media Winterville Charter Academy in North Carolina, costretta a dimettersi dopo le proteste dei genitori degli alunni per una serie di episodi razzisti: l’ultimo in una lezione in cui ha chiesto agli studenti afroamericani di alzarsi in piedi per onorare la Costituzione americana, senza la quale, ha sottolineato, sarebbero i suoi “schiavi della terra”.

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Milano vince l’Earthshot Prize

Nella notte del 18 ottobre il Principe William ha annunciato che la Città di Milano, con il progetto della Food policy degli Hub di quartiere contro lo spreco alimentare, è vincitrice della prima edizione del prestigioso premio internazionale Earthshot Prize sulle migliori soluzioni per proteggere l’ambiente. Un mese fa era arrivato l’annuncio di essere tra i 15 finalisti nella sezione “un mondo senza sprechi” e ieri in collegamento su BBC e Discovery Channel il Principe William ha svelato i vincitori, dopo la valutazione di un comitato di esperti internazionale che ha scelto Milano tra 750 iniziative candidate da tutto il mondo.

Insieme a Milano nelle altre quattro categorie del premio sono risultati vincitori: la Repubblica della Costa Rica per la protezione delle foreste, l’India per la riduzione delle emissioni dei fumi in aria, Berlino per lo sviluppo di tecnologie ad idrogeno per la produzione energetica e le Bahamas per la difesa delle barriere coralline.

A Milano la Bbc ha preparato un collegamento con Londra da una terrazza con vista Duomo, al quale ha preso parte la vicesindaco Anna Scavuzzo, con rappresentanti di tutti i partner che rendono vivo questo progetto. Per celebrare i vincitori della prima edizione del premio Londra si è tinta di verde per tutta la settimana illuminando con il colore rappresentativo dell’ambiente Buckingham Palace, il London Eye e Piccadilly Circus, mentre l’annuncio è arrivato per la voce di Emma Thompson.

Il premio di un milione di sterline verrà utilizzato per potenziare sempre più questi Hub, aprirne di nuovi, garantendone la sostenibilità sul lungo periodo e replicare questa virtuosa buona pratica nella rete delle città che lavorano con Milano sulle food policy, partendo dalla rete delle città di C40 e del Milan Urban Food Policy Pact. Vincere l’Earthshot prize è il riconoscimento di un grande lavoro di squadra che ha coinvolto l’intera città: grazie al Comune e a tante realtà del Terzo settore, delle università, della Grande Distribuzione e della filantropia operative sul territorio, oggi Milano ha 3 Hub di quartiere a Isola (2019), Lambrate (2020) e al Gallaratese (2021).

Il progetto è nato da un’alleanza, nel 2017, tra Comune di Milano, Politecnico di Milano, Assolombarda, Fondazione Cariplo e il Programma QuBì. La realizzazione del primo Hub ha poi coinvolto Banco alimentare della Lombardia e ha permesso di salvare oltre 10 tonnellate di cibo al mese, assicurando in un anno un flusso di 260.000 pasti equivalenti, che hanno raggiunto 3.800 persone, grazie al contributo di 20 supermercati, 4 mense aziendali e 24 enti del Terzo settore. A seguire, è stato avviato l’Hub di Lambrate, subito dopo il primo lockdown nella primavera 2020, gestito sempre da Banco alimentare della Lombardia in uno spazio messo a disposizione da Avis Milano e con il contributo di Bcc Milano. Il terzo Hub, al Gallaratese, è gestito da Terre des hommes con il contributo di Fondazione Milan. Il prossimo, in fase di progettazione, sarà l’Hub di quartiere contro lo spreco alimentare del Corvetto, con la gestione del Banco Alimentare della Lombardia e il contributo della Fondazione SNAM; mentre per aprirne un quinto il Comune di Milano ha recentemente avviato il tavolo di coprogettazione per l’Hub del Centro con l’Associazione IBVA e con il contributo di BCC Milano.

Il progetto coinvolge importanti insegne della grande distribuzione con il supporto di Number1 Logistics Group che ha fornito i furgoni per gli Hub di Isola e Lambrate. Con Fondazione Cariplo e SogeMi il Comune di Milano ha inoltre lanciato l’iniziativa Foody zero sprechi per replicare il modello degli hub anche all’Ortomercato e recuperare il cibo fresco insieme a Banco alimentare della Lombardia, Recup, Croce rossa sud milanese, Università degli studi di Milano e molti altri partner in supporto.

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Tram, traghettifunivie,elettrici: ripensare il pubblicotrasporto

Il rumore del traffico, il rombo dei motori, sono stati a lungo parte del paesaggio sonoro di una città. Per un secolo, per miliardi di persone urbane in tutto il mondo, spostarsi ha significato salire su un autobus alimentato a diesel o su un risciò automatico che funziona a benzina o, tra i ricchi, salire su un’auto. Il trasporto urbano è fondamentale nello sforzo in atto di rallentare il cambiamento climatico. Non può essere fatto semplicemente passando alle auto elettriche. Diverse città stanno iniziando a elettrificare il trasporto di massa.

Il New York Times del 6 ottobre scorso ha pubblicato un’ampia inchiesta sul tema partendo dal dato che le città, dove oggi vive più della metà dell’umanità, producono più di due terzi dei gas serra del mondo. I trasporti ne rappresentano una quota molto ampia, a volte la quota maggiore. Quindi, per rallentare il cambiamento climatico, le città devono passare rapidamente dai combustibili fossili, che producono quei gas serra, ad alternative ecologiche specialmente nel settore dei trasporti. E le città dovranno impegnarsi nel rendere il trasporto di massa più attraente. In modo che meno cittadini si affidino alle proprie automobili.

Berlino sta facendo rivivere le linee del tram elettrico. Bogotá, la capitale colombiana, sta costruendo funivie (metrò aerei) per collegare le comunità della classe operaia arroccate su colline lontane rispetto a città e zone di lavoro. Bergen, una città sui fiordi nella Norvegia occidentale, sta convertendo i traghetti pubblici dal diesel all’elettricità. Anche gli autobus di Bergen sono ora tutti elettrici, forniti da produttori di autobus cinesi che si sono già impadroniti del mercato rifornendo città come Los Angeles e Santiago. Il cambiamento si vede e si sente.

“Nelle strade delle città si tornano a sentire di nuovo le voci delle persone”, commenta al NYT Jon Askeland, il Sindaco di Bergen.

Secondo C40, la coalizione internazionale di circa 100 governi urbani che cercano di affrontare il cambiamento climatico, i trasporti rappresentano un terzo delle emissioni di anidride carbonica di una città, in media, superando altre fonti come il riscaldamento, come l’industria

e l’eliminazione dei rifiuti. Non tutto, però, sembra filare liscio. In Costa Rica, per esempio, gli operatori di autobus privati sono divisi sugli sforzi per elettrificare il trasporto di massa. Nelle città cinesi, come Shenzhen, che ha una flotta di autobus completamente elettrici, l’elettricità stessa proviene ancora principalmente dal carbone, il combustibile fossile più sporco. E ovunque è molto costoso agevolare il turnover dei mezzi. La sfida più grande è quella che stanno affrontando le città che più hanno bisogno di fare il cambiamento: le metropoli più affollate e inquinate dell’Asia e dell’Africa, dove le persone si affidano al trasporto di massa come minivan diesel o mototaxi.

Al momento, solo il 16% degli autobus urbani in tutto il mondo sono elettrici. Ma laddove le città stanno lavorando con successo, i cittadini stanno scoprendo che l’elettrificazione del trasporto pubblico può risolvere non solo i problemi climatici. Può pulire l’aria, ridurre gli ingorghi e, idealmente, rendere più facile spostarsi in città per la gente comune, motivo per cui alcuni politici hanno puntato la loro reputazione sul rinnovamento del trasporto.

In molti casi, i governi delle città, i sindaci, sono stati in grado di intraprendere azioni per il clima più velocemente dei loro governi nazionali.

“Richiede però un certo peso politico” – dice Claudia López, Sindaco di Bogotá. “Negli ultimi 25 anni, Bogotá è stata condannata a dipendere dagli autobus diesel. Questo è irrazionale nel 21° secolo. Il cambiamento è avvertito da tutti, anche dagli oppositori, con vantaggi anche politici”. Inquinamento, cambiamenti climatici, traffico urbano sono stati al centro anche del dibattito elettorale per i sindaci di importanti città italiane: Milano, Roma, Napoli, Bologna. Ora chi ha vinto dovrà mantenere quanto promesso.

Il ritorno ai tram elettrici Quando il muro di Berlino è stato eretto, è caduta anche metà delle linee del tram elettrico della città. Poi quando è caduto, ne sono cadute un’altra metà ad Est. Le auto hanno preso il sopravvento. Ora, oltre 30 anni dopo la caduta del muro, mentre i tedeschi affrontano i pericoli del cambiamento climatico, cresce tra i cittadini la richiesta

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di bonificare le strade dalle auto a favore di pedoni, ciclisti e utenti del trasporto pubblico. Berlino, insieme a diverse città europee, tra cui Lisbona e Dublino, stanno rilanciando i tram non solo per pulire l’aria, ma per ridurre le emissioni e raggiungere  gli obiettivi climatici vincolanti posti dall’Unione europea. Questi obiettivi richiedono una riduzione del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Tuttavia, la politica di togliere spazio alle auto è complicata. Berlino, con 1,2 milioni di automobili, ha promulgato una tassa sulla congestione, ma si applica solo a una piccola fetta della città. Fa tutto parte di  uno sforzo più ampio per migliorare il trasporto pubblico, anche elettrificando tutti gli autobus entro il 2030, espandendo la metropolitana e i treni suburbani, aggiungendo piste ciclabili e costruendo quasi 80 chilometri di linee tranviarie entro il 2035.

Traghetti elettrici nei fiordi È l’ambizioso sforzo della Norvegia di elettrificare tutti i tipi di trasporto pubblico. Un piano notevole perché la Norvegia è uno Stato molto piccolo, ma anche molto ricco grazie ai suoi giacimenti petroliferi e di gas e, di conseguenza, alla sua industria petrolifera. Eppure, la Norvegia ha fissato obiettivi ambiziosi per dimezzare le emissioni di gas a effetto serra entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Quasi tutta l’elettricità in Norvegia proviene dall’energia idroelettrica. Ma che cosa sarà della propria industria petrolifera e del gas è al centro di un forte dibattito politico nazionale. Al momento la città di Bergen è l’apripista. Il Sindaco è desideroso di accelerare la transizione dai combustibili fossili. I suoi autobus urbani e i tram funzionano tutti con l’elettricità. Agli operatori di taxi è stato detto che devono passare a veicoli completamente elettrici entro il 2024, con sussidi per i conducenti per installare caricabatterie a casa. Agli operatori di traghetti sono stati offerti contratti più lunghi e redditizi per compensare il costo della conversione. A differenza di altri Paesi, tra cui gli Stati Uniti, dove le politiche climatiche sono profondamente polarizzanti a livello politico, a Bergen sembrano tutti d’accordo. Politici di sinistra e di destra hanno accettato di tagliare il budget per altre spese per pagare i più costosi contratti di tra-

ghetti elettrici. In più c’è una ricaduta economica. La Corvus Energy, che produce batterie per tutti i tipi di veicoli marini, tra cui le petroliere, è impegnata nel produrre batterie per traghetti elettrici anche all’estero, a partire dagli Stati Uniti.

“Gondole” con Wi-Fi nel cielo Il TransMiCable è un anello di “gondole” aeree rosso fuoco che scivolano dalla valle ai quartieri accatastati lungo le colline che circondano Bogotá. È la funivia elettrica. C’è il Wi-Fi, si attraversano le nuvole, si vedono i tetti sottostanti. Ne stanno costruendo altre sette linee, con l’obiettivo di mutare radicalmente il trasporto pubblico a Bogotà. Aggiungendosi ai quasi 500 autobus elettrici di fabbricazione cinese sono già sulle strade. Ne arriveranno altri 1.000 entro il 2022, rendendo la flotta di autobus elettrici di Bogotá una delle più grandi di qualsiasi città al di fuori della Cina.

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tutto il mondo

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