Executive Summary
5thYear OTTOBRE 2020 - N° 1
Diabetes Monitor is published quarterly and is freely available online at www.Ibdo.it This publication is also available in English and Italian Editors in chief: Renato Lauro Giuseppe Novelli Co-Editors: Walter Ricciardi Andrea Lenzi Editor: Simona Frontoni comitatoscientifico@ibdo.it Managing editors: Francesco Dotta, segreteria@ibdo.it Advisory group: Angelo Avogaro, Alfonso Bellia, Vito Borzì, Raffaella Buzzetti, Marco Cappa, Salvatore Caputo, Paolo Cavallo Perin, Marco Comaschi, Agostino Consoli, Lucio Corsaro, Roberta Crialesi, Claudio Criceli, Domenico Cucinotta, Stefano Da Empoli, David Della Morte, Chiara De Waure, Paolo Di Bartolo, Graziano Di Cianni, Bernardino Fantini, Antonio Gaudioso, Carlo Giorda, Carla Giordano, Francesco Giorgino, Ranieri Guerra, Davide Lauro, Frida Leonetti, Livio Luzi, Giulio Marchesini, Domenico Mannino, Lorenzo Mantovani, Gerardo Medea, Angel Napoli, Antonio Nicolucci, Giuseppe Paolisso, Paola Pisanti, Francesco Purrello, Chiara Rossi, Paolo Sbraccia, Federico Spandonaro, Andrea Silenzi, Ketty Vaccaro, Maurizio Vanelli Layout and printing: SP Servizi pubblicitari srl - Gruppo Creativa Via Alberese, 9 - 00149 Roma tel. +39 066571140 Fax +39 06233216117 All correspondence and advertising: IBDO FOUNDATION Via R. Venuti, 73 - 00162 Roma Dir. +39 0697605623 Fax +39 0697605650 segreteria@ibdo.it © ITALIAN BAROMETER DIABETES OBSERVATORY FOUNDATION, DIABETES MONITOR All rights reserved. No part of this publication may be reproduced or transmitted in any form or by any means without the written prior permission of the ITALIAN BAROMETER DIABETES OBSERVATORY FOUNDATION (IBDO FOUNDATION). Requests to reproduce or translate IBDO FOUNDATION publications should be addressed to the President of IBDO FOUNDATION, C/O FASI Via R. Venuti, 73 - 00162 Roma Dir. +39 0697605623 Fax +39 0697605650 Email: segreteria@ibdo.it; presidenza@ibdo.it The content in this magazine is for information purposes only. IBDO FOUNDATION makes no representations or warranties about the accuracy and reliability of any content in the magazine. Any opinions expressed are those of their authors, and do not necessarily represent the views of IBDO FOUNDATION. IBDO FOUNDATION shall not be liable for any loss or damage in connection with your use of this magazine. Through this magazine, you may link to third-party websites, which are not under IBDO FOUNDATION control. The inclusion of such links does not imply a recommendation or an endorsement by IBDO FOUNDATION of any material, information, products and services advertised on third-party websites, and IBDO FOUNDATION disclaims any liability with regard to your access of such linked websites and use of any products or services advertised there. While some information in Diabetes Monitor is about medical issues, it is not medical advice and should not be construed as such.
13 Italian Barometer Diabetes Forum th
Executive Summary
Authors:
Angelo Avogaro, Renato Bernadini, Enzo Bonora, Silvio Brusaferro, Agostino Consoli, Stefano Del Prato, Paolo Di Bartolo, Graziano Di Cianni, Francesco Dotta, Simona Frontoni, Giulio Gallera, Antonio Gaudioso, Francesco Giorgino, Ranieri Guerra, Carolina Larocca, Davide Lauro, Renato Lauro, Andrea Lenzi, Domenico Mannino, Gerardo Medea, Antonio Nicolucci, Luca Pani, Roberto Pella, Francesco Purrello, Walter Ricciardi, Chiara Rossi, Paolo Sbraccia, Daniela Sbrollini, Orazio Schillaci. Federico Spandonaro, Roberto Speranza, Concetta Suraci, Giacomo Vespasiani, Massimo Volpe, Drago Vuina
Diabetes Web Observatory è un’indagine condotta su un campione di 574 medici e 516 persone con diabete sul territorio italiano. Accanto ai dati dell’indagine campionaria viene presentata anche un’analisi specifica sul web buzz relativo alla patologia diabetica.
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INDICE
PREFAZIONI COVID-19: SE L’INERZIA DIVENTA IL VERO COLPEVOLE R.Lauro, R. Pella INERZIA: LA LEZIONE ANTICA DEL “FEMORE ROTTO” A.Lenzi INTRODUZIONE S. Frontoni IMPATTO DELL’EPIDEMIA DA COVID-19 SULLA ASSISTENZA ALLE PERSONE CON DIABETE MELLITO A.Nicolucci, A. Consoli L'INERZIA CLINICA NEL DIABETE TIPO 2 QUALE RISULTATO MULTIFATTORIALE AL QUALE CONTRIBUISCONO PAZIENTI, MEDICI E SISTEMA SANITARIO A.Nicolucci; P.Di Bartolo; D. Mannino;C. Rossi,; F. Spandonaro; S. Frontoni ADERENZA TERAPEUTICA E ENDPOINT SECONDARI NELLA CURA DEL DIABETE R. Bernardini VINCERE QUEL “BASTARDO DEL DIABETE” SCONFIGGENDO L’INERZIA E. Bonora SALUTO DEL PRESIDENTE DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ S. Brusaferro DIABETES & INERTIA: THE COVID-19 LESSON S. Del Prato GUIDARE IL CAMBIAMENTO PER SCONFIGGERE IL DIABETE D. Vuina RIPRENDERE DA DOVE CI ERAVAMO LASCIATI G. Gallera UNITI CONTRO IL COVID-19, SENZA ABBASSARE LA GUARDIA R. Guerra SALUTO DEL MINISTRO DELLA SALUTE R. Speranza DIABETES & INERTIA: THE COVID-19 LESSON W. Ricciardi RIDARE FIDUCIA AI PIÙ FRAGILI D. Sbrollini INVESTIRE SULLA CONOSCENZA SCIENTIFICA E SULLA SALUTE PUBBLICA O. Schillaci L’ACCESSO ALLE CURE NELL’ERA DELLE DISUGUAGLIANZE DI SALUTE A.Gaudioso LA RESILIENZA FARMACEUTICA E IL GOVERNO FUTURO DELLE TERAPIE L. Pani SESSIONI DI DISCUSSIONE: GLI INTERVENTI
P. Di Bartolo, F. Dotta F. Giorgino, F. Purrello, C. Suraci, M. Volpe, A. Consoli, G. Di Cianni, A. Gaudioso, C. Larocca, D. Lauro, F. Spandonaro, A. Avogaro, D. Mannino, G. Medea, P. Sbraccia, G. Vespasiani LETTERA APERTA ALLE ISTUTUZIONI REFERENZE BIBLIOGRAFICHE 5
PREFAZIONE
COVID-19: SE L’INERZIA DIVENTA IL VERO COLPEVOLE Quest’anno l’Italian Diabetes Barometer Forum giunge alla tredicesima edizione, purtroppo non è stato possibile organizzarlo in presenza, a causa della pandemia da COVID-19. Tuttavia, forti dei precedenti successi e certi della sua rilevanza, quali promotori e organizzatori dell’evento abbiamo deciso di proporlo nella forma di un webforum, dedicato specificamente ad un approfondimento dal titolo “Diabetes & Inertia: the COVID-19 lesson”. Abbiamo voluto dare al Forum di quest’anno un titolo esemplificativo, che identifica non solo una sfida clinica, sociale, economica e politico-sanitaria che si sta affrontando sia a livello globale e che nel nostro Paese, che vede le persone con diabete particolarmente colpite, vulnerabili e fragili e il ruolo che l’inerzia può influire sulla condizione clinica correlata alla pandemia del COVID-19 in generale, ma che in particolare riguarda la quotidianità dei circa 4 milioni di persone che in Italia convivono con questa patologia. La complessità dei determinanti dell’inerzia clinica si arricchisce di ulteriori elementi legati all’emergenza coronavirus. Su tutto il territorio, ma soprattutto nelle aree maggiormente interessate dall’epidemia, sono state segnalate politiche di riduzione delle attività assistenziali ambulatoriali di routine, sia per la carenza di personale sanitario, sia per evitare il sovraffollamento delle sale di attesa degli ambulatori. Queste politiche potranno avere ricadute importanti per le persone con diabete. Il diradarsi dei contatti con le strutture specialistiche o con il proprio medico di famiglia e le difficoltà nel garantire un adeguato monitoraggio dei principali parametri clinici potrebbe ulteriormente accentuare i ritardi nella intensificazione terapeutica, determinando di fatto un peggioramento del controllo del
diabete e dei fattori di rischio cardiovascolare. Al peggioramento di questi parametri può contribuire in maniera importante anche la forzata modifica degli stili di vita resa necessaria dall’isolamento domiciliare, con una drastica riduzione dell’attività fisica ed un verosimile aumento dell’introito calorico, con ripercussioni negative su peso corporeo, glicemia, pressione arteriosa e profilo lipidico. Le misure di isolamento potrebbero gravare soprattutto sulle persone anziane con diabete, specie se vivono da sole, a causa delle difficoltà nell’ottenere le prescrizioni terapeutiche e nel procurarsi i farmaci necessari. Misure di comunicazione sostitutive, come ad esempio i sistemi di televisita e teleassistenza, pur estremamente utili, potrebbero trovare nelle persone anziane con difficoltà di accesso alle tecnologie (digital divide) un ulteriore ostacolo alla continuità delle cure. Tutto questo potrebbe determinare una interruzione più o meno prolungata delle terapie, con conseguenze negative sul controllo della malattia. Questo a sua volta porterebbe ad un aumento della fragilità e ad una maggiore vulnerabilità al COVID-19 e alle sue conseguenze più gravi. Si innescherebbe quindi un circolo vizioso particolarmente pericoloso, che può essere interrotto solo garantendo alle persone con diabete una continuità assistenziale ed una attenzione sempre maggiore al controllo dei fattori di rischio. Una inerzia che va vista nella sua complessità multifattoriale e che in questo momento di emergenza ci consegna delle riflessioni sul quale tutti assieme dobbiamo riflettere. Inerzia durante la prima fase dell’emergenza significa che abbiamo atteso troppo, prima di decidere di agire. Anche 7
quando arrivavano i primi segnali dalla Cina di un virus nuovo e letale con un grado di diffusione globale, abbiamo atteso mesi prima di prendere provvedimenti, di preparare un piano pandemico. Questa cultura del non fare, dell’attendere è figlia di decenni di incapacità a prevenire e prepararsi, dove parole come prevenzione facevano parte di un concetto vago e dove i finanziamenti per la stessa ponevano l’Italia tra gli ultimi Paesi in Europa. Nessuno ha ragionato da statista, ma i più hanno ragionato da amministratori. La Ragioneria dello Stato, in piena emergenza, sindaca se e come finanziare i DPI per i medici e i sanitari. Sarà possibile questo in futuro? Come bisognerà finanziare e sviluppare i programmi di prevenzione? Come chi coinvolgere nell’aggiornamento dei piani pandemici? Il federalismo sanitario nell’emergenza ha mostrato che non funziona e che genera inerzia e confusione decisionale. Si è visto che serve una cabina di regia unica per tutto il Paese. Si è fatta troppo confusione tra i due significati, che nella lingua italiana trovano una sola deriva nel vocabolo GOVERNO. Si è dimenticato che Government si riferisce al primato politico di prendere le decisioni e Governance invece si riferisce all’insieme di entità, individui e modi che debbono realizzare le azioni di governo e renderle realizzabili. Il sistema sanitario davanti all’emergenza ha mostrato la debolezza della mancanza di dialogo, confronto e strutturazione tra i due pilastri che reggono le decisioni e l’esecuzione delle stesse. Quale sistema di Government dobbiamo immaginarci per il futuro? Reggerà ancora il sistema federalistico o lo stesso sarà ancora più frammentato? Quale sarà il ruolo dei Sindaci nelle decisioni che riguarderanno la sanità? Il Ministero della Salute e i cittadini potranno ritrovarsi ancora con un sistema sanitario parcellizzato in rivoli di regionalismo? Quale sarà il rapporto tra Stato-Regioni ed Enti Locali? Continuerà ad esistere una Conferenza Stato-Regioni o più realistico potenziare la Conferenza Unificata, coinvolgendo la stessa anche su temi sanitari? Che ruolo avrà il parlamento e le XII Commissioni di Camera e Senato? Come bisognerà rivedere il rapporto con l’Europa? Sarà possibile pensare a un quadro di riferimento europeo per fare rinascere i sistemi sanitari? Bisognerà vincere l’inerzia sociale reimpostando il ruolo del terzo settore, del volontariato e del principio della sussidiarietà. L’articolo 118 della Costituzione (introdotto nel 2001) parla esplicitamente di sussidiarietà, rinviando ai corpi intermedi della società (art. 2 della Costituzione) il compito di intervenire fin dalla fase di coprogettazione degli interventi e non solo in quella della cogestione degli stessi. Du-
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rante questa crisi e soprattutto nella prima fase è mancata una cabina di regia che attingesse dal volontariato e desse allo stesso una funzione di supporto sociale alla comunità. Si è notata la lacuna, del Servizio Civile Universale dove sono 80.000 i giovani che nell’ultimo bando non hanno trovato posto per fare un anno di servizio civile volontario per la mancanza di copertura finanziaria, peraltro modesta. In futuro quale sarà il ruolo del terzo settore a livello delle sanità? Si potrà avere una cabina di regia del volontariato sanitario o dovremmo vedere i mille buoni propositi che individualmente sono destinati a non avere un reale impatto? In una popolazione che dopo l’emergenza sarà ancora più fragile (clinicamente, socialmente ed economicamente) il ruolo del terzo settore potrà sopperire a delle lacune strutturali che inevitabilmente emergeranno dal post-emergenza? Quali potranno essere le forme di finanziamento e di fundraising? Quale struttura di professionalità e accreditamento saranno necessarie? Come eliminare la burocrazia amministrativa e fiscale? Sarà inevitabile rivedere il concetto di determinanti della salute e di sanità. La salute di una persona dipende da alcune variabili che dovremmo sempre più tenere conto quali la sanità, intesa come il sistema complessivo di prevenzione, diagnosi e cura e l’accesso agli stessi, gli stili di vita, intesi come i modelli di riferimento collettivo e individuale con il quale misurare e adattare i propri comportamenti, lo stato socio-culturale ed economico del singolo individuo popolazione, inteso come la possibilità di accedere alle cure e alle informazioni, l’ambiente, inteso come il sistema ecourbanistico e ambientale dove viviamo, il lavoro, inteso come le condizioni lavorative impattano sugli individui (es. assenza di lavoro, precarietà, lavori usuranti), la famiglia, intesa come il nucleo di riferimento dove si sviluppano strategie quotidiane sulla salute, la comunità, intesa l’insieme di individui, enti e professionisti che incidono su un determinato territorio. L’errore fatto e che continuiamo a commettere, e che è esploso in mille contraddizioni durante l’emergenza, è stato quello di pensare che la nostra salute dipenda unicamente dalle strutture sanitarie di ricovero ed assistenza, e non in una rete diffusa territoriale in grado di intercettare ed aiutare l’individuo ad avere risposte certe in tema di salute. Come rimodulare il concetto e la misurazione e determinanti della salute? Come passare da un sistema sanitario ad un sistema socio-sanitario? Sarà ancora possibile ragionare di spese per la sanità e non di costi per migliorare la salute dei cittadini? Quale sarà il nuovo sistema di accesso alle cure? Vi dovrà essere una riforma profonda del Sistema Sanitario nazionale e di quelli Re-
gionali? Come potenziare e stabilizzare l’organico dei medici e il personale sanitario? Come riconsiderare il rapporto tra Malattie croniche non trasmissibili e Malattie infettive diffusive? L’emergenza ha portato l’evidente abbandono che la medicina generale ha subito in tutti questi anni, fino alla considerazione comune espressa a livello politico che ormai nessuno va più dal medico di famiglia. Espressione infelice ma che sintetizzava il sentiment politico e che la governance sanitaria aveva sposato e rimodulato dando ai medici di famiglia un ruolo secondario nel sistema sanitario (es. monitoraggio, prevenzione, cure). Il modello di disease management non è mai realmente stato implementato per mancanza di volontà e risorse. Durante l’emergenza i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta sono stati dimenticati dall’emergenza, pagando un prezzo in termini di vita umane altissimo. La mancanza di DIP e la burocrazia che de facto ha permesso alla Ragioneria di Stato di stabilire che la vita di un medico di famiglia non vale il costo di una mascherina, sono fatti evidenti di una mancanza di sensibilità di sistema che coinvolge tutto il sistema di government e governance. La mancata inclusione della componente dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta nelle cabine di regia ministeriali durante l’emergenza è apparsa una scelta irrazionale e scelerata.
RENATO LAURO, Presidente IBDO Foundation, Rettore merito dell’Università di Roma Tor Vergata
ROBERTO PELLA, Deputato, Presidente Intergruppo parlamentare Obesità e Diabete, Vice Presidente Vicario dell’ANCI e Componente della cabina di regia tra governo ed enti locali sulla “fase 2” dell’emergenza Coronavirus
Quale sarà il ruolo dei MMG e dei PLS nella nuova sanità? Quale sarà il loro coinvolgimento nei tavoli decisionali e nei piani di prevenzione e pandemici? Su quali basi bisognerà adeguare l’organico? Tutti questi fattori dovranno avere delle risposte e animare il confronto tra politica e operatori sanitari per superare quelle forme di inerzia istituzionale che rende tutti più fragili.
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PREFAZIONE
"INERZIA: LA LEZIONE ANTICA DEL “FEMORE ROTTO”
In questi tempi di emergenza sanitaria dovuta al COVID19, si è aperto la necessità di dover ridefinire il concetto di salute.
non è soltanto l’assenza di disagio o infermità, ma uno stato completo di benessere fisico, mentale, sociale, economico e culturale individuale e collettivo.
Nel secolo scorso uno studente chiese all’antropologa statunitense Margaret Mead, quale ritenesse fosse il primo segno di civiltà in una cultura. La risposta della Mead lasciò sorpreso lo studente che si aspettava una dissertazione antropologica sull’importanza sugli ami per pescare, le pentole per cucinare, la lavorazione delle pietre per costruire.
Noi medici e ricercatori dobbiamo cominciare a pensare a un nuovo concetto di medicina consci che la nostra salute dipende per il 20% dalla predisposizione genetica e per l’80% dai fattori ambientali “(che a loro volta influenzano geni) e la cura deve necessariamente andare oltre la persona e il concetto di malattia, ma studiare nel contempo il contesto di vita.
La Mead disse che il primo segno di civiltà in una cultura antica era un femore rotto e poi guarito. Per lei antropologa quello era il vero segnale di una civiltà che si evolve, perché nel regno animale, se ti rompi una gamba, muori. Resti isolato in balia del pericolo, non puoi cacciare o dissetarti al fiume e sottolineo come nessun animale può sopravvivere a una gamba rotta abbastanza a lungo perché l’osso guarisca.
Dobbiamo passare da un concetto di medicina incentrata sul singolo a un concetto più ampio di comunità, da una “patient medicine to a community medicine”, incentrata sul valore più ampio di una salute come bene comune. La sfida di questi tempi che il nostro Sistema Sanitario Nazionale sta vivendo è epocale e dovrà necessariamente portare a delle ampie riflessioni in termini di politica e programmazione sanitaria dove la contrapposizione e la mancata integrazione ospedale-territorio ha fatto emergere fragilità che debbono essere viste con una rimodulazione del concetto di assistenza e cura quindi meno “patient centered care” e maggiormente incentrato su quello di “community centered care”.
Un femore rotto che è guarito è la prova che qualcuno si è preso il tempo di stare con colui che è caduto, ne ha bendato la ferita, lo ha portato in un luogo sicuro, lo ha rifocillato, lo ha aiutato a recuperare il suo stato di salute. Questo concetto di inizio della civiltà significa che oggi come all’inizio dell’evoluzione dell’uomo, ognuno di noi deve spendere più tempo a curare e prendersi cura dell’altro, perché questo significa che salute è civiltà. All’indomani della seconda guerra mondiale, nel 1948, le Nazioni costituenti nel fondare l’Organizzazione Mondiale della Sanità, definirono la salute come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza di malattia, oggi bisogna rivedere questo concetto in una definizione più moderna e attinente all’evoluzione del concetto di salute e sanità.
Una emergenza sanitaria, sociale, economica, politica globale, come quella del COVID-19 che pone tutti davanti alla sfida di medicina darwiniana, ovvero eventi in grado di cambiare le prospettive evoluzionistiche in ambito biomedico, epidemiologico, sociale e clinico e che dovranno spingere, governanti, esperti, ricercatori e clinici, a riflettere sulla necessità e il dovere di riconsiderare la malattie infettive diffusive come una emergenza ed una minaccia sempre costante, in grado di cambiare la vita di tutte le persone che abitano questo “grande condominio” chiamata Terra.
Oggi questo concetto dovrebbe affermare come la salute
In un mondo dove le conoscenze biomediche negli ultimi 11
anni sono progredite costantemente con ritmi elevati, appare evidente il contrasto con una medicina sempre più frazionata in silos e, talora, poco interconnessa con la società e l’ambiente. Un quadro biomedico che dovrà, quindi, sempre più tenere conto dell’epidemiologia, delle malattie infettive e della genetica medica, per dare in anticipo risposte alle grandi sfide che fenomeni come globalizzazione, incremento sociodemografico e urbanizzazione avranno in futuro sulla salute degli individui e delle comunità. Le città nella loro struttura urbanistica, sociale e sanitaria e in un contesto di community, dovranno necessariamente avere modifiche che portino a dover riconsiderare il ruolo del government e della governance della salute. Nella lingua italiana abbiamo solo una parola che è governo della salute che non ci aiuta e che finisce, a volte anche in maniera capziosa, a fornire alibi e generare confusione. È invece chiara la differenza tra government, ovvero il primato politico di chi prende le decisioni, e la governance che invece si riferisce a quell’insieme di entità, individui e modi che debbono realizzare le azioni di governo e render le stesse realizzabili e utili alla comunità. Due pilastri interconnessi che fanno sì che il “Sistema” sia in grado di prevenire, prendere rapidamente decisioni e agire anche e soprattutto durante le emergenze. Ma dovrà cambiare necessariamente anche il concetto di Urban Health in una visione dinamica che sia in grado di integrare lo sviluppo urbanistico con la scelta di soluzioni capaci di incidere sulle condizioni di salute e di vulnerabilità di cittadini. Una salute, che sempre più sarà la conseguenza di fattori multidimensionali come la sanità, vista come sistema complessivo di prevenzione, diagnosi e accesso alle cure, di stili di vita non solo più individuali ma sempre più collettivi, di Stato sociale, economico, lavorativo e culturale non solo del singolo, ma del contesto nel quale si vive, di famiglia, intesa come il nucleo di riferimento dove si sviluppano strategie quotidiane sulla salute, e di comunità, intesa l’insieme di individui, enti e professionisti che incidono su un determinato territorio. Una salute sempre più “bene comune e indivisibile per singolo individuo”. In questi giorni stiamo imparando, in tutto il mondo, a convivere con il timore che ove la pandemia di COVID-19 si espandesse incontrollata nelle metropoli, questa potrebbe essere una tragedia di dimensioni immani e forse irreversibili per tutta l’umanità.
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Una medicina incentrata sule community significa tornare a ridefinire gli ambiti di intervento dove early detection, early diagnosis, early prevention e early treatment debbono trovare una nuova dimensione anche nella ricerca e nella clinica, inserendo il medico e il ricercatore in un contesto più ampio dell’ambito sanitario e mettendolo in stretta correlazione con epidemiologi esperti di programmazione ed organizzazione dei servizi, di igiene sanitario e di ambiente, per curare il “femore rotto”.
ANDREA LENZI Presidente del Comitato Nazionale sulla Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’Health City Institute, Presidente dell’Health City Institute e Professore Ordinario di endocrinologia dell’Università di Roma Sapienza
INTRODUZIONE
L’emergenza sanitaria dovuta al COVID-19 ha creato un cambio di paradigma nello scenario clinico della nostra epoca. Le malattie infettive, che hanno rappresentato per molti anni la principale causa di morte nel mondo, sono state progressivamente sostituite dalle malattie croniche non trasmissibili. Patologie altrettanto temibili, in tema di morbidità e mortalità, ma richiedenti un approccio e una gestione clinica totalmente diverse. Nel 1962, Sir McFarland Burnett affermava che la maggior parte dei problemi pratici di gestione delle malattie infettive potevano considerarsi risolti alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Questa affermazione è stata vera per molti anni, durante i quali le misure di controllo e prevenzione sono riuscite a ridurre l’incidenza di molte malattie infettive, grazie alla continua scoperta di nuovi antibiotici ed il contemporaneo sviluppo di appropriati vaccini. A partire dalla Seconda Guerra Mondiale, la nuova ondata epidemica è stata dominata dalle nuove malattie cronicodegenerative, di cui il diabete è uno dei maggiori rappresentanti. Questo cambio di scenario è dipeso principalmente dall’aumento dell’aspettativa di vita e dal progressivo peggioramento dello stile di vita, sia in termini di approccio dietetico che di attività fisica. La gestione clinica delle malattie croniche ha richiesto l’attuazione di strategie di intervento che fossero focalizzate a garantire un controllo nel tempo della patologia cronica, cercando di mantenere un rapporto costante con il paziente. È del tutto evidente quanto questo concetto sia applicabile al diabete: è la malattia cronica non trasmissibile, che meglio rappresenta il concetto di gestione integrata e monitoraggio continuo, che possono essere garantiti soltanto da una partecipazione attiva alla cura della malattia da parte del paziente e da un atteggiamento sempre proattivo, da parte del medico. I diabetologi sanno molto bene che quando questo incastro non si realizza, si viene a creare la temibile condizione di inerzia terapeutica, che è in ultima analisi la vera responsabile del fallimento degli obiettivi a breve e a lungo termine della cura del diabete.
l’impossibilità del contatto diabetologo-paziente, con prevedibili conseguenze in termini di controllo metabolico. La difficoltà a svolgere attività motoria all’aperto, la lunga permanenza in casa, con conseguenze negative anche sulle abitudini alimentari, ha spesso pesantemente deteriorato lo stile di vita dei soggetti con diabete, contribuendo ulteriormente a peggiorare il controllo metabolico. È stato necessario dunque potenziare gli approcci di telemedicina e monitoraggio a distanza esistenti e formularne di nuovi, per poter garantire al paziente l’accesso alle cure e al diabetologo la possibilità di attuare strategie terapeutiche a distanza. Tuttavia, risulta del tutto evidente che la possibilità di utilizzare mezzi telematici non è alla portata di tutti i pazienti e, purtroppo, nemmeno di tutte le attività di assistenza diabetologica. Questo ha creato e sta creando disparità di accesso alle cure, con un impatto disastroso sulla genesi di nuove forme di inerzia, che rischiano di interrompere il lungo e faticoso percorso che la Diabetologia ha svolto in questi anni per sconfiggere l’inerzia e garantire parità di accesso alle cure. Il Forum di quest’anno ha appunto l’obiettivo di fare il focus su questo problema di inerzia, che il COVID-19 ha evidenziato, per cominciare a lavorare su nuove formule di gestione clinica, che in ultima analisi siano in grado di garantire un adeguato ed equo accesso alle cure.
SIMONA FRONTONI Presidente Comitato Scientifico IBDO Foundation, Professore Associato di Endocrinologia, Università di Roma Tor Vergata
L’epidemia del COVID 19 ha introdotto un nuovo e difficile equilibrio tra malattie infettive diffusive e malattie croniche non trasmissibili. Il lockdown ha determinato spesso 15
IMPATTO DELL’EPIDEMIA DA COVID-19 SULLA ASSISTENZA ALLE PERSONE CON DIABETE MELLITO
La malattia diabetica si associa ad un aumentato rischio di contrarre infezioni virali severe. Si è osservato, ad esempio, che nei periodi di epidemia influenzale il rischio di ricovero in ospedale è sei volte maggiore per le persone con diabete. Il diabete risulta anche spesso associato ad un aumentato rischio di infezione da H1N1 (virus influenzale pandemico) e rappresenta un fattore rischio di complicanze nei soggetti che contraggono questa infezione. Negli ultimi anni, è stato identificato in Arabia Saudita un nuovo ceppo di coronavirus, responsabile della Middle East Respiratory Syndrome (MERS CoV), una malattia respiratoria letale in oltre un terzo dei casi. Fra i fattori di rischio esaminati, la presenza di diabete si associava ad un rischio 7 volte maggiore di contrarre la malattia. Inoltre, il diabete mellito di tipo 2 è particolarmente prevalente nelle persone anziane, fra le quali una su cinque risulta affetta dalla malattia, e si accompagna spesso a complicanze croniche a livello cardiovascolare, renale, oculare, vascolare periferico e neurologico. In particolare, oltre il 20% delle persone con diabete ha già avuto un evento cardiovascolare e dati molto recenti rendono ragione di come la presenza di malattia cardiovascolare renda ancor più pericolosa l’infezione da SARS-CoV-2, il nuovo coronavirus responsabile di forme anche molto severe di sindrome respiratoria acuta (COVID-19). La concomitanza di questi fattori fa delle persone anziane con diabete, e delle persone con diabete con co-morbilità, una categoria particolarmente fragile e suscettibile a infezioni virali severe, con conseguenze che possono essere letali. Alla luce di queste considerazioni, l’epidemia di SARSCoV-2 in corso nel nostro Paese suscita particolari preoccupazioni per le implicazioni che essa comporta per i pazienti affetti da diabete mellito. In effetti, secondo i dati raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità su 23.188 decessi avvenuti in Italia fino al 23 aprile, l’età mediana delle persone decedute è pari a 81 anni, con una prevalenza di dia-
bete del 31,7%. In altre parole, tra le persone decedute in Italia fino al 23 aprile con COVID-19, una su tre era affetta da diabete. La presenza di diabete non sembra tuttavia associarsi ad una maggiore suscettibilità a contrarre l’infezione. Dall’analisi di 1591 pazienti consecutivi con diagnosi accertata di COVID-19 e ricoverati nelle unità di terapia intensiva lombarde è infatti emerso che la prevalenza di persone affette da diabete era del 23% nei soggetti di età fra i 61 e i 70 anni, del 18% fra i 71 e gli 80 anni e del 19% fra gli 81 e i 90 anni. Queste prevalenze non si discostano da quelle attese in queste fasce di età, ed indicano quindi che il diabete non rappresenta di per sé un rischio di ricovero in terapia intensiva per COVID19. Tuttavia, la presenza concomitante di diabete ed altre complicanze o comorbidità, soprattutto cardiovascolari, determina un rischio più elevato di decesso dopo aver contratto l’infezione.
Diabete e ambiente urbano Il numero delle persone che vivono nelle città è in crescita costante: cento anni fa solo due persone su dieci, nel mondo, vivevano nelle aree urbane; nel 2050 questo numero arriverà a sette su dieci. Il trasferimento della popolazione verso le aree urbane si accompagna a cambiamenti sostanziali degli stili di vita: cambia il modo di vivere, i lavori sono sempre più sedentari, l’attività fisica diminuisce, aumenta l’accesso ad alimenti a basso costo, a basso valore nutritivo e ad elevato contenuto calorico. Emergono pertanto condizioni sociali e culturali che rappresentano un potente volano per obesità e diabete. I cambiamenti demografici in corso, l’urbanizzazione, l’adozione di stili di vita non salutari, l’invecchiamento della popolazione e l’isolamento sociale, ma anche il progressivo impoverimento della popolazione, si riflettono in un aumento costante della prevalenza di diabete. Nelle 17
grandi città vivono oggi due terzi delle persone affette da diabete. Vivere in zone ad alta intensità abitativa può accrescere il rischio di contagio da malattie virali, e richiede pertanto alle persone con diabete che vivono in aree metropolitane una particolare attenzione a seguire le norme prudenziali suggerite dal Ministero della Salute. Tra queste norme prudenziali vi è la pressante raccomandazione alle persone anziane di rimanere a casa. È vero però che un importante numero di persone anziane vive da sola. A Roma, ad esempio, gli anziani (>64 anni) il 28,4% delle persone anziane vive da sola. La mancanza di una rete sociale di supporto determina per molte di queste persone la necessità di uscire di casa, in deroga alle raccomandazioni governative, al fine di procurarsi i beni di prima necessità. Non va poi sottovalutato il fatto che il diabete è più frequente fra le fasce socialmente svantaggiate (bassa scolarità, basso livello socio-economico). Questo è un ulteriore elemento che lega il diabete al rischio di infezione virale, in quanto numerosi studi hanno evidenziato una forte correlazione fra morbilità e mortalità per forme virali pandemiche e basso reddito/basso livello socio-economico Infezione da COVID-19 e ripercussioni sull’assistenza diabetologica La crescita esponenziale dei casi di coronavirus nel nostro Paese rappresenta una sfida eccezionale per il Sistema Sanitario Nazionale. Su tutto il territorio, ma soprattutto nelle aree maggiormente interessate dall’epidemia, sono in atto politiche di riduzione delle attività assistenziali ambulatoriali di routine, sia per la carenza di personale sanitario, sia per evitare il sovraffollamento delle sale di attesa degli ambulatori. Queste politiche potranno avere ricadute importanti per le persone con diabete. Esse, infatti, oltre ad essere, come appena enunciato, a maggior rischio di contrarre l’infezione e maggiormente esposti alle possibili gravi complicanze di essa, si devono sottoporre con regolare frequenza a controlli ambulatoriali specialistici. La frequentazione di ambulatori specialistici affollati espone, tuttavia, in questi frangenti, ad un intollerabile aumento del rischio di contagio. A questo si aggiunge il fatto che per ottenere in regime di rimborsabilità molte classi di farmaci anti-iperglicemizzanti è necessaria la redazione di un piano terapeutico da parte delle strutture specialistiche, presso le quali la persona con diabete si deve recare per la redazione di detto piano o per il suo rinnovo semestrale. Da una parte, quindi, assistiamo ad una forzata ma necessaria riduzione dell’assistenza am18
bulatoriale e raccomandiamo comunque alle persone con diabete, specie se oltre i 65 anni, di restare a casa e comunque di non recarsi in ambienti potenzialmente affollati, dall’altra queste misure “protettive” potrebbero causare la sospensione dei trattamenti in corso per mancato rinnovo del piano terapeutico, con importanti conseguenze sul livello di controllo della patologia diabetica. Si innescherebbe in tal caso un circolo vizioso, in quanto il cattivo controllo metabolico renderebbe le persone con diabete ancor più vulnerabili e maggiormente suscettibili alle infezioni. È urgente affrontare i rischi derivanti da questa situazione. Da una parte, è necessario insistere con l’informazione riguardo le misure di cautela da adottare, utilizzando messaggi che si rivolgano specificamente alle persone con diabete, ed enfatizzando l’importanza di non interrompere le terapie in corso, prestando ancora più attenzione al controllo della malattia. A questo riguardo, sia l’International Diabetes Federation che le società diabetologiche italiane (Società Italiana di Diabetologia, Associazione Medici Diabetologi) hanno emanato raccomandazioni specifiche per le persone con diabete. In sintesi, è importante mantenersi idratati, monitorare ancora più scrupolosamente il glucosio nel sangue, misurare regolarmente la febbre, tenere sotto controllo anche i chetoni in caso di terapia a base di insulina, e seguire in modo puntuale le indicazioni che si ricevono dal proprio team di cura. In secondo luogo, le attività ambulatoriali devono essere riorganizzate in modo da evitare sovraffollamenti, con una profonda razionalizzazione del percorso di accesso, basato sulle effettive necessità assistenziali. Un primo elemento importante di questa razionalizzazione è stata la proroga della validità dei piani terapeutici web-based o cartacei già sottoscritti dai medici specialisti per i farmaci antidiabete: la sospensione di quest’obbligo si è resa necessaria per ridurre al minimo il flusso fisico dei pazienti presso i centri di diabetologia. Un altro elemento, di cui già si avvertiva l’importanza, ma il cui ruolo viene potentemente enfatizzato da eventi come l’epidemia da COVID-19, è l’impiego diffuso della telemedicina e della teleassistenza. La possibilità di monitorare da remoto l’andamento dei valori glicemici e di altri parametri (ad esempio pressione arteriosa, peso corporeo, ossimetria) rilevati direttamente dal paziente nel proprio domicilio consentirebbe infatti di garantire la continuità assistenziale evitando nel contempo visite di persona presso gli ambulatori. A questo riguardo, l’Associazione Medici Diabetologi, la Società Italiana di Diabetologia e la Società Italiana di Endocrinologia hanno sviluppato congiuntamente un per-
corso diagnostico-terapeutico assistenziale (PDTA) sulla gestione del diabete in teleassistenza in occasione dell’emergenza coronavirus. Il documento ha l’obiettivo di descrive le attività necessarie ed i differenti passaggi per la visita di controllo tramite telemedicina e di uniformarne le procedure per le varie strutture Diabetologiche nazionali che si differenziano per le caratteristiche territoriali e per gli operatori sanitari presenti. Il documento rappresenta un importante punto di riferimento per continuare a garantire alle persone con diabete il supporto professionale di cui hanno bisogno, riducendo i disagi determinati dall’interruzione dell’assistenza tradizionale, con benefici sia per gli utenti, che potrebbero tendere a non seguire le indicazioni terapeutiche in assenza di visite specialistiche periodiche, che per le strutture diabetologiche, le quali si troverebbero a dover recuperare le visite non effettuate durante i mesi di emergenza COVID-19.
nute quindi il più possibile lontane dagli ambulatori) ma non abbandonate, ed il controllo puntuale ed ottimale del loro compenso metabolico non deve essere tra le vittime del COVID-19.
ANTONIO NICOLUCCI Direttore CORESEARCH
Conclusioni L’epidemia da COVID-19 sta portando repentini e profondi cambiamenti al nostro modo di vivere, ma anche al nostro modo di gestire la salute. La speranza di tutti è che l’impatto sui modi della nostra vita sia il più transitorio possibile. Tuttavia, per quello che riguarda la malattia diabetica e l’assistenza ad essa, i cambiamenti (che sono urgentissimi e che devono essere implementati subito, pena un prezzo ancora più alto che le persone con diabete dovranno pagare a questa epidemia) possono costituire una traccia per migliorare e razionalizzare l’assistenza alla persona con diabete anche nel futuro. La facilitazione dell’accesso a farmaci più moderni, più efficaci e più sicuri era certamente un’esigenza sentita anche prima della esplosione dell’epidemia e va comunque perseguita. L’impiego su scala sempre più vasta di telemedicina e teleassistenza, con il potenziamento da esse garantito di una solida rete di gestione integrata della patologia diabetica, è comunque una delle poche risposte possibili all’aumento della prevalenza della malattia, anche a prescindere dalla ineluttabilità del loro impiego in contingenze eccezionali come la attuale epidemia da COVID-19. Queste misure, comunque, non possono sostituire lo sforzo individuale di prudenza e coscienza che gli operatori sanitari e le persone affette da diabete mellito devono fare e stanno facendo ogni giorno perché i devastanti effetti dell’epidemia non siano ancora più temibili per le persone affette da diabete. Queste persone vanno protette (e te-
AGOSTINO CONSOLI Presidente eletto SID, Professore Ordinario di Endocrinologia Università di Chieti
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L'INERZIA CLINICA NEL DIABETE TIPO 2 QUALE RISULTATO MULTIFATTORIALE AL QUALE CONTRIBUISCONO PAZIENTI, MEDICI E SISTEMA SANITARIO
L’inerzia clinica nel diabete tipo 2 rappresenta un fenomeno multifattoriale al quale contribuiscono pazienti, medici e il sistema sanitario. Fattori comunemente citati sia per i pazienti che per i medici includono la preoccupazione per alcuni effetti collaterali dei farmaci, come le ipoglicemie e l’aumento di peso, e la crescente complessità di regimi di trattamento, che richiedono familiarizzazione con nuovi metodi di somministrazione e di dosaggio e che potrebbero influire sulla vita quotidiana dei pazienti. A questi fattori spesso si associano preoccupazioni legate ai costi del prodotto e le ridotte risorse messe a disposizione dal sistema nella cura del diabete. Inoltre una mancanza di comprensione da parte dei pazienti della complessità e della natura della loro malattia può provocare riluttanza a intensificare il trattamento. La disponibilità del paziente ad iniziare o intensificare la terapia può infatti essere mitigata dalla non percezione o negazione delle possibili complicanze correlate alla progressione “silente” della malattia. In alcuni casi la necessità di intensificare il trattamento può essere vissuta dai pazienti come un fallimento personale, e quindi rifiutata. La scarsa aderenza alle prescrizioni del medico, correlata al concetto di inerzia, comporta un aumento degli interventi di assistenza sanitaria, di ricoveri, della morbilità e della mortalità, costituendo un danno sia per i pazienti, sia per il sistema sanitario e per l’economia del Paese. Questi possono essere alcuni degli aspetti che inducono l’inerzia clinica, ma in aggiunta sempre di più deve essere considerata l’inerzia che deriva dal ridotto tempo che viene dedicato al colloquio medico-paziente e quella generata dalle barriere di sistema che comprendono i modelli di governance, di assistenza, la resistenza a terapie dal valore terapeutico aggiunto e le restrizioni di budget dedicato al diabete a livello nazionale e regionale.
Nonostante la disponibilità di un ampio spettro di opzioni terapeutiche efficaci e la dimostrazione dell’importanza di un adeguato controllo metabolico per prevenire o ritardare l’insorgenza delle complicanze del diabete di tipo 2 (DM2), una percentuale elevata di pazienti non raggiunge i target terapeutici desiderati. Ad esempio, i dati degli Annali AMD relativi a circa mezzo milione di persone con DM2 documentano come solo un paziente su due presenti un valore di HbA1c <7,0%, come raccomandato dalle linee guida esistenti, mentre uno su cinque mostra un controllo metabolico francamente inadeguato (HbAc1 >8,0%). Fra i soggetti in terapia insulinica multi-iniettiva, i valori medi di HbA1c erano di 8,1±1,7%, mentre fra i soggetti in terapia insulinica in associazione con anti-iperglicemizzanti orali i livelli medi di HbA1c salivano a 8,4±1,6%. Inoltre, un paziente su quattro presentava valori di HbA1c > 9,0% nonostante la terapia insulinica. Fra le cause di questi insoddisfacenti risultati, è stata chiamata più volte in causa l’inerzia terapeutica, intesa come mancata o ritardata intensificazione terapeutica in presenza di un insoddisfacente controllo metabolico. Ne forniscono un esempio i dati degli Annali AMD, che avevano documentato una sostanziale inerzia terapeutica sia nell’iniziare la terapia insulinica, sia nella intensificazione del trattamento. Infatti, al momento della prima prescrizione di insulina basale i livelli medi di HbA1c erano di 8,9±1,6%, ma circa la metà dei soggetti presentava valori di HbA1c >8,0% già due anni prima dell’introduzione della terapia insulinica. Inoltre, a distanza di 2 anni dall’inizio della terapia insulinica, quasi il 50% dei pazienti continuava a presentare valori di HbA1c >8,0%, ad indicare una insufficiente titolazione della dose di insulina. Le conseguenze dell’inerzia terapeutica Diversi studi hanno dimostrato che l’inerzia terapeutica è associata a esiti microvascolari e macrovascolari peggiori. 21
In uno studio di coorte su 105.477 pazienti, i valori medi di HbA1c alla diagnosi erano di 8,1%, il 22% è rimasto in controllo glicemico insoddisfacente per 2 anni e il 26% non ha mai ricevuto una intensificazione terapeutica. Un ritardo nella intensificazione terapeutica di 1 anno, in combinazione con uno scarso controllo glicemico, ha aumentato significativamente il rischio di infarto del miocardio, insufficienza cardiaca, ictus ed eventi cardiovascolari compositi (hazard ratio 1,62 [IC 95% 1,46-1,80]). Un altro studio ha utilizzato un modello di simulazione al computer progettato per tradurre gli endpoint surrogati in risultati clinici ed economici a lungo termine (IMS CORE Diabetes Model). Il modello è stato applicato ad una coorte rappresentativa di adulti con diabete di tipo 1 o tipo 2 seguiti in centri per le cure primarie del Regno Unito. I risultati mostrano una significativa riduzione dei costi di circa 340 milioni di sterline nei primi 5 anni, e di circa 5,5 miliardi dopo 25 anni di costante miglioramento del controllo metabolico. La riduzione delle complicanze microvascolari rappresenta il principale fattore che influenza i risparmi sui costi; infatti, nel diabete di tipo 1 il 74% dei costi evitati derivava dalla prevenzione della malattia renale, mentre nel diabete di tipo 2 il 57% dei costi evitati derivava dalla ri-
duzione delle ulcere del piede, delle amputazioni e della neuropatia diabetica. In un recente studio che utilizzava i dati della normale pratica clinica per esplorare il concetto di “memoria metabolica” sulle complicanze del diabete, sono stati valutati pazienti di nuova diagnosi con scarso controllo glicemico e la loro sopravvivenza a distanza di 10 anni. Lo studio ha evidenziato un aumento relativo nella mortalità del 29% nei pazienti con HbA1c dal 7% all’8% nel primo anno dalla diagnosi rispetto a soggetti che avevano mantenuto i livelli di Hba1c al di sotto del 6,5%. L’aumento del rischio di morte saliva al 32% se lHbA1c era ≥ 9%. Il raggiungimento precoce di un buon controllo glicemico dopo la diagnosi del diabete è quindi in grado di influenzare il rischio a lungo termine di complicanze.
Le cause dell’inerzia Clinica Le cause dell’inerzia terapeutica sono complesse e possono essere attribuite agli operatori sanitari, ai pazienti, o a barriere del sistema sanitario (figura 1).
Figura 1. Fattori associati all’inerzia clinica (adattata da J. Okemah et al. Addressing Clinical Inertia in Type 2 Diabetes Mellitus: A Review. Adv Ther. 2018;35:1735-1745) 22
Le barriere a livello degli operatori sanitari costituiscono il 50% delle cause dell’inerzia. Queste includono difficoltà come mancanza di tempo, mancanza di conoscenza e disomogeneità nelle raccomandazioni delle linee guida. Inoltre, giocano un ruolo importante la percezione degli effetti collaterali e l’inesperienza nella gestione della condizione. L’inizio della terapia insulinica rappresenta una importante causa di inerzia terapeutica da parte dei medici. La preoccupazione delle ipoglicemie e dell’aumento di peso, l’introduzione di una maggiore complessità di gestione della patologia, la necessità di un più frequente automonitoraggio domiciliare della glicemia e, nel caso dei medici delle cure primarie, la scarsa familiarità nella gestione della terapia insulinica, rappresentano fattori condizionanti l’avvio o la intensificazione della terapia. La difficoltà ad orientarsi fra le diverse linee guida esistenti o la mancanza di chiari indirizzi per particolari categorie di pazienti possono ulteriormente contribuire al comportamento attendista spesso assunto. Va inoltre segnalato come spesso gli operatori sanitari tendano ad attribuire ai propri assistiti le ragioni di una ritardata intensificazione della terapia, imputando loro una scarsa compliance, una scarsa accettazione della terapia, la difficoltà di gestione di regimi terapeutici più complessi o la paura della terapia iniettiva. Per quanto riguarda i pazienti, la paura delle ipoglicemie e la preoccupazione di un eventuale aumento di peso sono state più volte riportate come importanti barriere alla intensificazione terapeutica. Le ipoglicemie in particolare, a causa dell’impatto estremamente negativo sulla qualità di vita, possono rappresentare un deterrente alla intensificazione terapeutica. All’inerzia dei pazienti può inoltre contribuire una scarsa consapevolezza riguardo la natura progressiva del diabete o riguardo il rischio di complicanze derivante da un prolungato cattivo controllo metabolico. L’assenza di sintomi può inoltre portare ad un atteggiamento di negazione della malattia e alla mancata comprensione della necessità di modificare il trattamento. Inoltre, l’inizio della terapia insulinica può essere considerato come un indice di fallimento personale nella gestione del proprio diabete, ed essere vissuto come una evenienza da evitare. D’altra parte, il persistere di un inadeguato controllo metabolico può generare frustrazione scoraggiamento e può talvolta portare alla decisione autonoma del paziente di interrompere il trattamento, senza consultarsi con il proprio medico curante. La mancanza di adeguata educazione terapeutica è spesso alla base di queste errate convinzioni e richiama la necessità di destinare agli aspetti di formazione/informazione tempi e spazi dedicati.
Esistono infine barriere di sistema che favoriscono l’inerzia terapeutica. Alcune situazioni, comuni a tutti i sistemi sanitari, sono riconducibili alla carenza di personale e conseguentemente alla difficoltà a garantire una corretta educazione terapeutica a tutti i pazienti. L’affollamento degli ambulatori può inoltre rendere difficile assicurare un numero adeguato di visite, favorendo il ritardo nella decisione di modificare la terapia. Inoltre, le pressioni al contenimento della spesa farmaceutica possono scoraggiare la prescrizione di farmaci innovativi, nonostante un loro miglior profilo di efficacia e sicurezza. Anche aspetti specifici del nostro sistema sanitario possono contribuire all’inerzia terapeutica. La necessità di piano terapeutico per i farmaci di recente introduzione richiede allo specialista un tempo da dedicare agli aspetti burocratici che mal si sposa con il numero elevato di pazienti che quotidianamente afferiscono agli ambulatori di diabetologia. Dal punto di vista delle cure primarie, la impossibilità di prescrivere i nuovi farmaci, con la conseguente necessità di intensificare la terapia utilizzando sulfaniluree o insulina, possono grandemente influire sull’inerzia terapeutica. Le possibili soluzioni Le evidenze scientifiche mostrano che una precoce ed efficace gestione del controllo glicemico riducono le complicanze; pertanto è fondamentale superare l’inerzia terapeutica per migliorare i risultati a più lungo termine. Sono stati suggeriti vari approcci per superare l’inerzia terapeutica; questi, ancora una volta, possono essere suddivisi in diverse categorie. Dal punto di vista degli operatori sanitari, è innanzitutto importante misurare l’inerzia terapeutica, ed identificare i soggetti a rischio più elevato di ritardo nell’intensificazione dei trattamenti. A questo riguardo, diversi studi hanno documentato che un feedback attivo agli operatori sanitari e l’introduzione nelle cartelle cliniche informatizzate di specifici remainder sono in grado di ridurre i tempi dell’intensificazione terapeutica. Anche gli approcci proattivi con i pazienti si dimostrano utili, poiché i pazienti rispondono meglio quando ritengono di contribuire a un risultato positivo. Pertanto, costruire una buona relazione tra operatore sanitario e paziente e fornire un adeguato supporto è vitale per l’ottenimento di un adeguato controllo glicemico. L’uso di infermieri e farmacisti nella gestione della malattia si è dimostrato a sua volta efficace e libera in generale il tempo dei medici per altri aspetti delle loro consultazioni con i pazienti. Ciò comporta l’utilizzo di membri di team multidisciplinari per aiutare a rispondere alle esigenze e ai problemi dei pazienti in merito alle loro condizioni. 23
Inoltre, l’istruzione è una delle tecniche chiave per ridurre l’inerzia, educando non solo gli operatori sanitari, ma anche gli studenti sia durante i corsi universitari che nei corsi di specializzazione. Oltre all’istruzione, le informazioni aggiornate sui nuovi farmaci, compresi l’efficacia e le reazioni avverse, devono essere costantemente disponibili per gli operatori sanitari, così come chiare linee di indirizzo che possano guidare le scelte terapeutiche. La scelta di farmaci che si associano ad un bassissimo rischio di ipoglicemie e che non causano aumento di peso può certamente aiutare a superare l’inerzia terapeutica ed accrescere l’accettabilità della terapia da parte del paziente. Sul versante dei pazienti, interventi educativi che rendano la persona con diabete pienamente consapevole ed in grado di gestire la propria condizione rappresentano un aspetto fondamentale. Sistemi di telemedicina che consentano agli operatori sanitari un monitoraggio da remoto dei valori glicemici negli intervalli, spesso lunghi, fra le visite, possono rappresentare un importante strumento per garantire la continuità assistenziale e ridurre i tempi della intensificazione terapeutica. Il personale infermieristico, come indicato sopra, può aiutare in caso di scarsa compliance e può contribuire a ridurre l’ansia associata a problemi terapeutici, in particolare riguardo l’autosomministrazione appropriata di farmaci iniettabili. È possibile infine migliorare l’aderenza alle terapie attraverso sistemi di reminder e app che supportino il paziente nella gestione del proprio diabete. Le barriere di sistema possono essere superate innanzitutto rendendo i decisori più consapevoli riguardo l’importanza di investire in terapie innovative, considerandole non come costo aggiuntivo, bensì come una importante fonte di risparmio. Una impressionante mole di nuove evidenze scientifiche documenta chiaramente che il trattamento con agonisti recettoriali del GLP1 o con inibitori degli SGLT2 sono in grado di ridurre gli eventi cardiovascolari maggiori, la mortalità, la progressione delle complicanze renali e, nel caso degli inibitori degli SGLT2, dei ricoveri per scompenso cardiaco. Considerando che i ricoveri in ospedale per le complicanze del diabete rappresentano il 50% dei costi diretti del diabete (contro il 7% attribuibile al trattamento del diabete), è evidente come l’impiego di farmaci in grado di ridurre le complicanze maggiori sia acute (ipoglicemie) che croniche (eventi cardio-cerebrovascolari, insufficienza renale, scompenso cardiaco) possono incidere in modo importante sulla spesa, migliorando nel contempo l’aspettativa e la qualità di vita dei pazienti. Purtroppo, le politiche di contenimento della spesa oggi in atto tendono invece a concentrarsi sulla spesa farmaceutica, senza alcuna verifica della ricaduta di queste politiche sul ricorso all’ospedale e sulla salute delle persone con diabete. 24
Una migliore organizzazione dell’assistenza, in base ai principi dei “chronic care models”, faciliterebbe ulteriormente il superamento delle barriere alla intensificazione terapeutica. A questo riguardo, la reale implementazione di PDTA sul diabete consentirebbe di facilitare la continuità assistenziale fra cure primarie e specialistiche, rendendo più agevole e tempestivo l’accesso ai servizi di diabetologia e la prescrizione di farmaci innovativi a coloro che ne hanno bisogno, migliorando l’appropriatezza e l’adesione alle linee guida basate sulle evidenze scientifiche. Altrettanto importante risulta il potenziamento dei team diabetologici, con composizione multidisciplinare e spazi dedicati in modo specifico all’educazione terapeutica. Quest’ultima dovrebbe essere formalmente riconosciuta a pieno titolo, ed adeguatamente remunerata, come prestazione sanitaria, riconoscendone il valore clinico. Infine, il Sistema Sanitario Nazionale dovrebbe promuovere e facilitare modalità di gestione delle cronicità in linea con gli avanzamenti tecnologici, facendo ricorso a sistemi di telemedicina e teleassistenza in grado di garantire la continuità assistenziale e gli scambi di dati e informazioni fra struttura sanitaria ed assistito. Implicazioni politico-sanitarie e conclusioni Il diabete di tipo 2 rappresenta un problema sempre crescente per i pazienti, per gli operatori sanitari e per l’economia in generale. Sono disponibili ampie prove riguardo l’efficacia e la sicurezza delle nuove terapie; tuttavia, ci sono anche evidenze significative che esistono ostacoli all’intensificazione del trattamento in presenza di un inadeguato controllo metabolico. Il miglioramento del controllo glicemico nelle prime fasi della traiettoria della malattia produce un “effetto memoria” che ritarda l’insorgenza di complicanze. È quindi fondamentale che gli operatori sanitari promuovano tempestivamente l’intensificazione delle terapie, quando necessario, in pazienti ben informati e coinvolti nella gestione del diabete. Va tuttavia enfatizzata la necessità di un approccio personalizzato; gli obiettivi accettabili per pazienti giovani e senza comorbidità dovranno essere più ambiziosi di quelli per pazienti anziani, con comorbidità multiple e politrattati. In questi ultimi, l’intensificazione può portare a ipoglicemie severe, aumentando quindi il rischio di cadute e deficit cognitivi. Alla luce di ciò, l’inerzia terapeutica è da intendersi non solo come incapacità di intensificare la terapia, ma anche come incapacità di deintensificare la terapia in modo appropriato, o di sostituire farmaci ad elevato rischio di ipoglicemie con farmaci più sicuri.
Bisogna infine considerare alcuni fattori correlati al sistema sanitario che possono contribuire all’inerzia clinica come la mancanza di linee guida o la difformità di raccomandazioni, il mancato supporto allo sviluppo di modelli assistenziali, la comunicazione inefficace tra medici e paziente, la scarsa disponibilità di supporto economico sul diabete, le farraginosità, difformità e barriere da parte dei sistemi regionali nell’accesso alle cure. In conclusione, per garantire benefici a lungo termine per i pazienti con diabete è necessario il superamento dell’inerzia e il raggiungimento dei valori desiderati di HbA1c. L’inerzia terapeutica può essere superata attraverso sinergie tra Istituzioni sanitarie, società scientifiche, associazioni pazienti, medici e persone con il diabete, promuovendo a tutti i livelli la consapevolezza che si tratta di un fenomeno ad alto rischio che influisce negativamente sulla cura del paziente e che aumenta i costi diretti e indiretti del diabete.
DOMENICO MANNINO Presidente Fondazione AMD; CHIARA ROSSI, Ricercatrice CORESEARCH;
FEDERICO SPANDONARO Presidente CREA SANITA’ e Professore aggregato dell’Università di Roma Tor Vergata;
ANTONIO NICOLUCCI Direttore CORESEARCH;
PAOLO DI BARTOLO Presidente AMD e Direttore de Servizio di Diabetologia dell’Ospedale di Ravenna-AUSL Romagna;
SIMONA FRONTONI Presidente Comitato Scientifico dell’IBDO Foundation, Professore Associato di Endocrinologia dell’Università di Roma Tor Vergata e Direttore del Reparto di Endocrinologia e Diabetologia dell'Ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli dell'Isola Tiberina di Roma
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ADERENZA TERAPEUTICA E ENDPOINT SECONDARI NELLA CURA DEL DIABETE Dall’intervento registrato in occasione del 13th Italian Diabetes Barometer Forum
Una delle principali problematiche del diabete e anche di altre condizioni croniche, come ad esempio le condizioni dei malati oncologici, dei nefropatici e dei cardiopatici, durante il periodo dell'infezione da COVID-19 è stato proprio quello dell'inerzia. Molti pazienti non hanno potuto avere accesso agli ospedali, perché da un lato gli ospedali sono stati rimodulati per ottenere un migliore fronteggiamento dell' epidemia da COVID19, e dall'altro lato c'è stato anche un po' di timore da parte della gente e dei pazienti in generale a recarsi presso le strutture ospedaliere per paura di contrarre l'infezione. Tutto questo ha creato una grande inerzia nella gestione della terapia dei malati cronici e in special modo di quelli diabetici, per i quali il raggiungimento dell'equilibrio clinico e metabolico è un traguardo importante e difficile da raggiungere in un periodo di sconvolgimento come quello che abbiamo vissuto, e che ha comportato non pochi disagi per questi pazienti e per gli operatori sanitari loro dedicati. Questo ha comportato inevitabilmente anche danni di natura clinica, come per esempio un aumentato tasso di incidenti cardiovascolari o di incidenti di pertinenza nefrologica, questo perché è possibile che vi sia stato uno scarso controllo delle terapie prescritte, oppure un limitato accesso alle nuove diagnosi. Abbiamo però imparato qualche cosa da questo punto di vista. Nell'era nel periodo COVID-19, proprio per questa inerzia che ha portato a questi effetti collaterali non auspicabili, abbiamo imparato che forse gli endpoint degli studi clinici sul diabete, che oggi riguardano in maniera estensiva il controllo della glicemia e il controllo dell'emoglobina glicata, non sono sufficienti a garantirci quello che vogliamo intendere come equilibrio clinico metabolico nel paziente diabetico. È necessario utilizzare ulteriori endpoint primari negli studi o anche, negli studi già avviati, inserirne altri come endpoint secondari che possono riguardare per esempio l’incidenza di eventi cardiovascolari e la loro rilevanza sull’aspettativa di vita. Questo da oggi in poi sarà uno degli argomenti chiave che si discuteranno sia a livello clinico, ma anche a livello regolatorio. Quali sono gli endpoint dello studio che si vuole presentare? Esiste un endpoint sul danno cardiovascolare, sulla
letalità, sulla morte da eventi cardiovascolari? Se la risposta è sì, bene, ma se la risposta è no, si farebbe bene ad introdurre questo nuovo concetto. Questo concetto va di pari passo con un altro fondamentale argomento: oggi le nuove terapie sul diabete dovrebbero garantire una migliore aderenza del paziente alla terapia. L’errata percezione che la malattia sia ormai dominata genera scarsa aderenza, per cui va consolidata una cultura del come comunicare al paziente l’importanza di assumere regolarmente la terapia. Questi due elementi combinati, la valutazione di endpoint cardiovascolari della malattia diabetica e l'aumento dell' aderenza alle terapie, diventano un tutt'uno come elemento importante per un miglioramento significativo della pratica clinica del diabete e diventano anche un elemento importante per la sostenibilità economica correlata a questa malattia. Ricordiamoci che il diabete è una delle patologie che ha una maggiore incidenza di spesa nel nostro Paese, e bisogna investire molto in questa patologia, ma in maniera appropriata. Oggi dobbiamo stare molto attenti a questo aspetto, soprattutto anche a fronte dell'impegno economico che i Governi hanno profuso nel corso dell'epidemia da COVID-19. L’emergenza COVID-19 ha dimostrato che esiste una stretta correlazione tra Diabete e Inerzia, che speriamo di avere imparato come lezione e che possiamo e dobbiamo trasferire ogni giorno nella pratica clinica della cura della persona con diabete.
RENATO BERNARDINI Professore Ordinario di farmacologia dell’Università di Catania 27
VINCERE QUEL “BASTARDO DEL DIABETE” SCONFIGGENDO L’INERZIA Dall’intervento registrato in occasione del 13th Italian Diabetes Barometer Forum
Farmaci cardioprotettori prescritti nei soggetti diabetici con aterosclerosi o scompenso cardiaco assistiti nei CAD Osservatorio ARNO Diabete SID-CINECA-ReS - 2019 (anno 2018)
Percentuale di trattati (%)
20
18,9
15,1
15
10 3,8
5
0
2,4
SGLT-2i GLP-1 RA Aterosclerosi
SGLT-2i GLP-1 RA Scompenso cardiaco
Le percentuali sono ancora più basse fra i soggetti con scompenso cardiaco, nei quali registriamo valori del 2-4% La mancata applicazione delle linee guida in una larga fetta di persone con diabete che afferiscono alle strutture di diabetologia deve essere considerata come una manifestazione di inerzia, ovvero una cosa che si dovrebbe fare e non viene fatta. I dati dei colleghi della medicina generale che prescrivono questi farmaci sui soggetti diabetici, che non sono assistiti nei centri diabetologici, mostrano che solo il 23% di questi ha due prescrizioni all'anno di emoglobina glicata, il 49% una prescrizione all’anno del colesterolo, il 55% della creatinina, solo il 23% della microalbuminuria, mentre tutti questi istogrammi dovrebbero essere idealmente al 100% o poco meno del 100%. Anche non prescrivere esami di laboratorio che invece sono indispensabili per un follow-up appropriato delle persone col diabete è una manifestazione di inerzia. Monitoraggio biochimico dei diabetici che non sono assistiti nei centri diabetologici Osservatorio ARNO Diabete SID-CINECA-ReS - 2019 (anno 2018)
Percentuale con prescrizioni nell’anno (%)
L’ inerzia riguarda diabetologi, medici di medicina generale, pazienti e in ultimo anche la nostra Agenzia Italiana del Farmaco AIFA. Per quanto riguarda i diabetologi, dei quali faccio parte, tra i vari aspetti della loro inerzia, quella che merita di essere maggiormente sottolineata è l'inerzia nella prescrizione dei farmaci anti-iperglicemici, che non segue in maniera appropriata quanto raccomandato dalle linee guida. Particolarmente rilevante è quando ciò accade nelle condizioni in cui sono presenti comorbidità, quali malattia cardiovascolare, malattia renale e scompenso cardiaco. Un focus deve essere fatto sulla malattia cardiovascolare, poiché nelle persone con diabete che presentano anche una malattia cardiovascolare dobbiamo scegliere, nel nostro ricco armamentario, farmaci in grado non solo di ridurre la glicemia, ma anche di trattare globalmente la malattia diabetica, che ricordo non essere solo una malattia caratterizzata da glicemia elevata. È obbligatorio in questi soggetti fare uso di due classi di farmaci, gli agonisti recettoriali del GLP-1 e/o, (sottolineo e, perché potrebbero essere associati), gli inibitori del SGLT2, salvo che gli stessi non siano controindicati o non tollerati. Questo è scritto chiaramente nelle linee guida, ed è scritto anche nei documenti prodotti recentemente e diversi anni fa dalla Società Italiana di Diabetologia. Purtroppo, però, nella pratica clinica questo comportamento terapeutico non è evidenziabile, se guardiamo alla percentuale di farmaci cardioprotettori prescritti nei soggetti diabetici con aterosclerosi o scompenso cardiaco, assistiti nelle strutture di diabetologia italiane, nell'anno 2018. Infatti, i dati dell’Osservatorio Arno sul diabete, raccolti su 11 milioni di Italiani di cui 700 mila con diabete certo, mostrano che dei soggetti con aterosclerosi soltanto il 19% ha ricevuto una prescrizione di un SGLT2 inibitore e solo il 15% di un agonista del GLP-1 receptor.
80
55,4
60 49,0
40 22,8
23,1
20
0
HbA1c 2/anno
Colesterolo 1/anno
Creatinina 1/anno
U-Alb 1/anno
Un altro protagonista importante sulla scena dell’inerzia è la persona con diabete. Una fetta significativa di casi di persone con diabete è malata, se così vogliamo dire, non solo di diabete, ma di inerzia. Questa riguarda, ad esempio, il non eseguire un ottimale automonitoraggio glicemico, oppure nel non seguire la raccomandazione di ruotare le sedi di iniezione. Ancora, le persone col diabete che fanno terapia insulinica spesso non controllano e non gestiscono le loro ipoglicemie, malgrado questo venga raccomandato durante le visite. Infine, l’Agenzia del Farmaco AIFA, dove ritengo che vi sia una palese forma di inerzia, che si manifesta con la perdurante, insistente e continua necessità da parte dei diabetologi di redigere piani terapeutici per i nuovi farmaci. Sei diversi piani terapeutici che risultano essere anche costosi , perché se consideriamo che in Italia ci sono 500.000
persone trattate con DDP-4 inibitori, 200.000 trattati con gli SGLT-2 inibitori , 150.000 con i GLP-1 receptor agonist e 150.000 trattati con Degludec, ovvero un totale di un milione di persone, significa che circa 1 persona su 3 di quelle trattate con farmaci per il diabete prende uno di questi farmaci e che vi sono 1.200.000 piani terapeutici, perché alcuni di questi sono semestrali. Se, dunque, facciamo qualche conto ci rendiamo conto di quanto siano costosi. Il medico impiega un paio di minuti a scriverli, pertanto, calcolando il costo dello stipendio di quel medico, possiamo quantificare un costo di 2 euro per piano terapeutico. Poi lo stesso piano terapeutico viene gestito da una catena amministrativa e se ipotizziamo 6 minuti di lavoro di un amministrativo e che lo stesso costi la metà di un medico, arriviamo a circa 6.000.000 euro. Con questa cifra potremmo pagare 75 diabetologi, o un doppio di infermieri o di dietisti. Costo non percepito dei piani terapeutici ➢ ~500.000 trattati con DPP-4i, ~200.000 trattati con SGLT-2i, ~150.000 trattati con GLP-1 RA, ~150.000 trattati con degludec Totale = 1.000.000 di pazienti
➢ 1.200.000 piani terapeutici (alcuni sono semestrali) ➢ Medico ~2 minuti (€60/h = €2), gestione amministrativa ~6 minuti (€30/h = €3). Costo ~€5 per PT. Costo totale = ~6 milioni di euro ➢ Con 6 milioni di euro si pagano gli stipendi di 75 diabetologi oppure di 150 infermieri o dietisti ➢ Soldi sprecati = danno erariale
Queste sono risorse sprecate, che considero un danno erariale, per il quale ho scritto tempo fa alla presidenza della Corte dei Conti segnalando questo spreco di denaro pubblico. Quindi per concludere, l'inerzia alligna fra tutti i protagonisti nel management della gestione del diabete tipo 2, gli specialisti, i colleghi di medicina generale, moltissimi pazienti e anche l'Agenzia del Farmaco. In Italia, abbiamo già ottenuto risultati straordinari, ma potremmo fare molto meglio nella battaglia contro quello che abbiamo chiamato, con la Società Italiana di Diabetologia: “quel bastardo del diabete” che compare sotto mentite spoglie e si fa chiamare infarto, ictus, insufficienza renale , cancrena gli arti inferiori, ma che invece sono tutte manifestazioni eclatanti, disabilitanti, devastanti del diabete. Contro “quel bastardo del diabete”, dobbiamo fare meglio e per fare ancora meglio bisogna anche vincere insieme l'inerzia.
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ENZO BONORA Professore Ordinario di endocrinologia dell’Università di Verona
SALUTO DEL PRESIDENTE DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ Dall’intervento registrato in occasione del 13th Italian Diabetes Barometer Forum
È un privilegio per me e un piacere prendere parte a questa tredicesima edizione dell’Italian Diabetes Barometer Forum perché è un'occasione per approfondire la riflessione di una tematica relativamente nuova, ovverosia l'interazione tra una situazione epidemica come quella che stiamo vedendo oggi con il COVID-19 e la gestione di patologie croniche. Nel corso degli ultimi 20 anni, siamo stati più volte stimolati dalla presenza di epidemie come la SARS, come l’H1N1, come l’Ebola, ma nessuna epidemia come questa ci ha posto delle sfide così radicali, così importanti e rappresentato in qualche modo una vera e propria cesura della nostra storia anche dell'assistenza sanitaria. Questo pone certamente l'attenzione di noi tutti verso la necessità di un maggior coordinamento e preparazione a livello nazionale e internazionale nell’ affrontare eventi imprevisti come quelli che stiamo vivendo. Dal punto di vista più generale, l'Istituto Superiore di Sanità sul tema diabete si è impegnato fino al 1998 con dei progetti come lo Studio Cuore e il progetto Cuore, che mirano a dimensionarne in qualche modo il fenomeno e a caratterizzarlo, e ha istituito anche un sistema di sorveglianza con la creazione di dati che monitorizzano i fenomeni, e questo è avvenuto anche per la epidemia da SARS. Fino a febbraio e stato istituito un sistema di sorveglianza specifico che ci consente di avere dei dati specifici e dati che descrivono la situazione. In particolare, partendo da alcuni dati tratti da un'analisi fatta su 3500 cartelle di pazienti deceduti, si dimostra che dopo l'ipertensione che colpiva circa 66.8% delle persone decedute, il diabete tipo 2 è la patologia più rappresentata con circa il 30% delle donne e il 33% degli uomini. Il diabete, quindi, è la condizione tra le patologie croniche sicuramente da monitorare attentamente e costantemente anche in fase epidemica, in quanto certamente nella fase di acuzie la grande attenzione del Servizio Sanitario è stata concentrata sul tema dell'assistenza ai pazienti affetti da COVID-19.
Oggi in una situazione epidemica diversa e controllata, certamente l’attenzione deve essere posta anche e soprattutto nella gestione corretta nella prevenzione delle malattie croniche e il diabete in questo senso è un esempio. Un aspetto positivo di questa epidemia è l’impatto della tecnologia che ci ha proiettati rapidamente in poche settimane in uno scenario totalmente nuovo. La telemedicina e il teleconsulto sono alcuni esempi paradigmatici di come è stato gestito il diabete, come può essere considerato in tal senso la tele retinografia, ovverosia la capacità di poter monitorare a distanza un parametro estremamente importante come le complicanze in questo tipo di pazienti. Comprendere rapidamente la trasmissione di un dato, monitorarlo, oggi la sfida è questa in Italia o in qualunque altro Paese che abbia in atto un sistema di monitoraggio che su base settimanale immette e raccoglie dati in continuo. Mettendo insieme Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità e Servizi Sanitari Regionali, attraverso l’analisi di questi casi, attraverso il controllo dei focolai, attraverso il monitoraggio continuo della resilienza, ovvero della capacità dei nostri sistemi di poter rispondere tempestivamente ai casi emergenti, si ha in qualche modo la garanzia per il nostro Paese di poter affrontare anche con ottimismo i prossimi mesi. Questo da solo non basta, occorre anche una grande consapevolezza da parte di noi tutti e di tutti i cittadini del fatto che abbiamo in qualche modo controllato questa epidemia adottando determinati comportamenti: le mascherine, il distanziamento sociale, il lavaggio sistematico delle mani per citare i più diffusi. È attraverso questi comportamenti che possiamo guardare con ottimismo anche ai prossimi mesi e sono sicuro che questo Forum sarà sicuramente una grande opportunità per mettere a punto delle riflessioni sui sistemi sanitari e su come costruire il nostro Servizio Sanitario Nazionale del futuro. 33
Un Servizio Sanitario dove tutti i bisogni di salute e in particolare quelli cronici, di cui oggi stiamo parlando come quello del diabete, possono trovare un'adeguata risposta basata su una competenza professionale elevata, sulla partecipazione consapevole di tutti i cittadini e delle persone affette e dei loro familiari, ma anche su un supporto tecnologico che aiuti sempre più a raggiungere i migliori risultati possibili.
SILVIO BRUSAFERRO Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità
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DIABETES & INERTIA: THE COVID-19 LESSON Dall’intervento registrato in occasione del 13th Italian Diabetes Barometer Forum
L’inerzia clinica è un importante elemento negativo, perché rappresenta una barriera alla nostra capacità di garantire un buon controllo glicemico e metabolico in grado di ridurre quanto più possibile il rischio di complicanze nelle persone con diabete. L’inerzia clinica è una condizione complessa che nasce dalla concomitanza e dall'interazione di vari fattori, che appartengono al medico, all' organizzazione del Sistema Sanitario e al paziente stesso. La situazione dell'epidemia COVID-19 ha permesso di fare alcune riflessioni sull’inerzia clinica, ad esempio la mancanza di supporto oppure la scarsa comunicazione con il personale sanitario oppure ancora la preoccupazione di come gestire in modo efficace la propria malattia. La necessità di frenare la diffusione della malattia virale ha reso alcuni di questi elementi particolarmente acuti rendendo l’inerzia clinica ancora più problematica, in un momento di crisi come al momento dell’epidemia del COVID-19. Quindi il sistema deve essere in grado di riflettere su queste condizioni e offrire delle soluzioni che abbiamo provato a riassumere in questa pubblicazione su “diabetes care” nella quale abbiamo cercato di elencare le possibili azioni che posso mettere in sicurezza la persona con diabete. La prima di tutte è quella di non abbandonare il paziente, mantenendo i contatti fra paziente e il medico. Questo ha attivato e potenziato l’uso della telemedicina e della consultazione attraverso sistemi a distanza, sia col medico di medicina generale sia che ovviamente con il paziente. Questa rivisitazione del modo in cui gestiamo una patologia cronica come il diabete si è rivelata molto utile non soltanto nella fase acuta ma sicuramente anche nel futuro. Nello stesso tempo , il sistema deve essere flessibile pronto a eliminare ogni forma di ritardo di fronte alle necessità urgenti che la persona con diabete può presentare: emergenze cardiovascolari , retiniche , piede diabetico e insorgenza di nuove forme di diabete , chetoacidosi. Questo prevede un processo di tipo sociale di comunità , tale da potere non soltanto mantenere il contatto, ma anche pro-
priamente supportare le persone con diabete e in senso lato, le persone con malattia cronica, di fronte ad una condizione stressante, che può trasformarsi in un quadro depressivo. É dunque fondamentale garantire il mantenimento di uno stile di vita adeguato per il controllo della propria malattia. Alla luce di tutto questo, il fondamento che rimane uno dei principali meccanismi per ridurre l’inerzia clinica è l’educazione del paziente e l’identificazione dei punti chiari di connessione tra il paziente e il sistema sanitario, soprattutto attraverso l’attivazione di un processo proattivo nel ridurre quei ritardi che possono esporre la persona con diabete a rischi perfettamente evitabili. Un ulteriore aspetto è quello dell’acuzie. Anche in questi casi, l’inerzia deve essere contrastata il più possibile e il più rapidamente possibile perché è necessario garantire il trattamento più adeguato, riducendo i rischi eventualmente associati a trattamenti che potrebbero essere nel caso specifico non più congrui. Oppure ancora evitare ritardi nei pazienti sintomatici o nei pazienti che devono iniziare un trattamento insulinico. Soprattutto, però, combattere l’inerzia clinica vuol dire fare in modo di non dimenticare tutte le problematiche che coesistono nella persona con diabete e con il trattamento delle stesse. Basti pensare alla discussione sui potenziali rischi di peggioramento dell'infezione con l’uso degli ACE inibitori, che non è stato successivamente confermato. O ancora, la competenza e la conoscenza delle possibili interazioni fra trattamento con farmaci anti antiiperglicemizzanti e farmaci antivirali, che sottolinea l’importanza di adeguata conoscenza e competenza nella lotta all'inerzia clinica. Conoscenza e competenza che diventano ancor più critiche ed importanti nelle condizioni di malattia da coronavirus severa. Infatti, poiché il diabete è una condizione associate ad un'infiammazione cronica e a comorbidità come l'ipertensione, o la malattia cardiovascolare o l’obesità , queste possono determinare una prognosi nella malattia virale ancor più grave. Ma soprattutto, il diabetologo
e gli altri componenti del team nel trattamento della condizione acuta, in questo caso della malattia virale , devono essere consapevoli che la malattia virale potrebbe avere un particolare tropismo per la Beta cellula, con possibile danno beta-cellulare che potrebbe, in condizioni di stress ,risultare in un quadro di complicanza metabolica acuta. Deve dunque esserci la percezione di un'azione integrata e coordinata, perché l’eventuale circolo vizioso che si viene a creare fra diabete e malattia virale è tale da peggiorare la prognosi. Ma ancor di più la conoscenza diventa importante per identificare quel difetto della beta-cellula come possibile causa di nuove forme di diabete o di iperglicemia al momento del ricovero ospedaliero. Il mancato riconoscimento o un disallineamento delle priorità o del significato dei vari elementi prognostici può portare ad una mancata o insufficiente azione sul controllo glicemico, che è stato dimostrato associarsi a un miglioramento della sopravvivenza delle persone con iperglicemia o con diabete di tipo 2 che vengono ricoverate in ambito ospedaliero. Quindi l'inerzia clinica nel momento della acuzie com'è stato l'epidemia di COVID-9 può avere una serie di diverse manifestazioni , diverse implicazioni che possono riguardare la popolazione diabetica in generale ma soprattutto persone nei soggetti che hanno una condizione severa. È necessaria un'azione coordinata fra le varie figure e le varie organizzazioni che lavorano per combattere il diabete Il diabete è patologia sindromica, che può risultare severa, ma che con adeguate risorse, con adeguata competenza, con adeguata collaborazione e quindi con riduzione dell’inerzia clinica può avere una migliore prognosi in tutte le situazioni critiche, così come può essere rappresentata la situazione del COVID-19.
STEFANO DEL PRATO Presidente, European Association for the Study of Diabetes (EASD)
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GUIDARE IL CAMBIAMENTO PER SCONFIGGERE IL DIABETE Dall’intervento registrato in occasione del 13th Italian Diabetes Barometer Forum
È un grande onore e un privilegio rivolgermi a questo pubblico a nome della Novo Nordisk per parlare di una malattia così diffusa come il diabete, che colpisce centinaia di milioni di persone. Una delle sfide sanitarie globali più urgenti, che se non curata, potrebbe portare a complicazioni potenzialmente letali. L'onere che grava sulle singole famiglie e la sulla società sta crescendo in ogni parte del mondo. La pandemia da Covid-19 ha messo ancor più in evidenza la portata del problema del diabete nell'urgente necessità di un rinnovato impegno. In Novo Nordisk, ci impegniamo a guidare il cambiamento per sconfiggere il diabete, e per far questo siamo pionieri nelle scoperte scientifiche, ampliamo l'accesso ai nostri farmaci e lavoriamo per prevenire e curare le malattie. Con il Covid-19 è necessario impegnarsi ancor di più e dedicare ancor più il nostro impegno alla responsabilità sociale nei confronti delle persone con il diabete. Con il nostro programma di responsabilità sociale, Defeat Diabetes, aiutiamo la società ad affrontare una delle sue maggiori sfide nella prevenzione del diabete per invertirne la curva, fornendo l’accesso a cure a prezzi accessibili, e in particolare ai pazienti vulnerabili in ogni paese, e continuando ad innovare per migliorare la vita delle persone con diabete. Il Covid-19 ha messo in evidenza che le persone con diabete sono tra quelle più vulnerabili per sviluppare gravi complicanze. In aggiunta, il lockdown e la riduzione dei contatti tra pazienti e medici ha aumentato la dimensione del problema già esistente dell’inerzia, esponendo le persone con diabete al rischio di un peggiore controllo metabolico e aumentando ulteriormente la loro fragilità e vulnerabilità. Da un lato mi rendo conto che siamo lontani dalla fine della pandemia del COVID-19 e dalle sue conseguenze, dall’altro fiducioso che lavorare sull'inerzia insieme a nuove forme di gestione e assistenza per le persone con diabete sia una sfida significativa per la società, che dobbiamo affrontare tutti insieme.
L’obiettivo di Novo Nordisk rimarrà lo stesso, come lo è stato per quasi cento anni: migliorare i trattamenti per le persone con diabete. Crediamo fortemente che la partnership con tutti gli stakeholder sia una delle soluzioni chiave per aiutare tutte le persone con diabete a raggiungere gli obiettivi del trattamento. Per concludere, abbiamo le conoscenze e l'esperienza per migliorare la gestione del diabete al fine di far fronte all'emergenza Covid-19. Questo Forum è una grande opportunità per affrontare il problema e vorrei sottolineare l’impegno profuso in Novo Nordisk per il successo di queste iniziative. Vorrei trasmettere il mio sincero ringraziamento all’IBDO Foundation per l’organizzazione di questo evento “The Italian barometer diabetes Forum” giunto alla sua 13a edizione.
DRAGO VUINA General Manager & Corporate Vice President Novo Nordisk
RIPRENDERE DA DOVE CI ERAVAMO LASCIATI Dall’intervento registrato in occasione del 13th Italian Diabetes Barometer Forum
È importante riprendere e ripartire. È anche questo un modo di tornare ad una nuova normalità: il riprendere i vecchi progetti, progetti importanti come quello che voi da tempo avete attuato e state attuando su una tematica fondamentale, e che in qualche modo ha anche una sua straordinaria attualità per quello che è successo riguardo al COVID 19, cioè il tema del territorio, delle fragilità e della necessità di avere un presidio sempre fortemente strutturato sul territorio, col fine di individuare per tempo e sapere adeguatamente gestire le patologie sia croniche, sia insorgenti come in qualche modo lo è oggi anche il coronavirus. Il nostro territorio della Regione Lombardia è stato travolto letteralmente da una ondata fortissima che ha distrutto tutto ciò che trovava sulla sua strada accanendosi ahimè con le persone più fragili. Perché il coronavirus, che ha una forte contagiosità, nei confronti dei soggetti più fragili ha acquistato una letalità particolarmente ampia. Oggi ne portiamo i segni e i ricordi strazianti di chi era negli ospedali, di chi era sul territorio, di chi era all’interno delle strutture assistenziali. È stato un momento particolarmente duro per la nostra Regione, perché appunto prima regione nel mondo occidentale che è stata colpita da questa pandemia e abbiamo messo in campo in quei momenti senza averne una ricetta, senza che ci fossero indicazioni univoche precise da parte della scienza, tutte le nostre capacità per resistere, per poter offrire il massimo delle cure e di prospettive di vita e di salvezza alle persone. Abbiamo fatto del nostro meglio nei confronti di persone che in quel momento avevano un bisogno enorme, con una grande velocità e capacità di riconvertire i presidi ospedalieri. I pazienti di febbraio e di marzo non erano pazienti che potevano essere curati a casa, per altro senza che si avessero dei protocolli sanitari strutturati, che invece in qualche modo oggi stiamo andando un po’ a focalizzare, ma anche qui senza ancora ampie certezze scientifiche. Per il coronavirus non solo non c’è il vaccino, ma non c’è neanche una cura precisa o definita. Però oggi co-
nosciamo meglio questa malattia e quindi abbiamo anche imparato un po’a gestirla o a individuare l’efficacia di alcuni medicinali e altri trattamenti. Vi è un rumore del silenzio che in qualche modo accomuna elementi diversi che però hanno caratterizzato questa stagione così incredibile che penso nessuno di noi avrebbe mai immaginato di poter vivere. Da un lato il silenzio delle terapie intensive o delle semi-intensive, luoghi in cui le persone non potevano parlare perché erano persone che erano attaccate ad un respiratore, quindi in un silenzio irreale se vogliamo rotto solo dalla fatica di infermieri e medici che costantemente venivano al capezzale di queste persone che non avevano neanche vicini i loro affetti proprio per la contagiosità di questo virus e quindi la necessità di misure molto stringenti. Dall’altro il silenzio delle nostre città quasi come in un film di fantascienza, il lock-down ci ha portato tutti a stare nelle case e chi per lavoro girava le nostre città si trovata di fronte quasi ad un’ immagine spettrale con questo silenzio assoluto anche durante il giorno. Quindi un silenzio che ha pesato moltissimo segnando le nostre vite ma che deve in qualche modo aiutarci a trovare anche l’aspetto di ripartenza, di ripresa. Ciò che caratterizza il popolo lombardo è quello di non arrendersi e anche nei momenti più cupi trovare non solo la forza ma anche gli elementi di una ripresa. Se vogliamo trovare una indicazione sul futuro è chiaro che oggi per noi un rafforzamento del territorio, della medicina, dei rapporti tra medici di medicina generale e le strutture territoriali sanitarie sono elementi da rafforzare fortemente. Questo non solo per gestire meglio un’eventuale seconda ondata di questa pandemia, ma anche per la gestione dei tanti bisogni cronici. Quello che stavamo impostando prima della pandemia, con la fatica di normative e la lentezza di protocolli da parte del ministero come quello della telemedicina, non trovavano ancora la loro dimensione più piena. Ecco che l’accelerazione avuta con il COVID-19 deve aiutarci invece a strutturare modelli, procedure e azioni utili a tutte le patologie croniche, tra 43
cui il diabete, soprattutto in realtà ampie e densamente popolate come quelle di una grande città, per essere utilizzati ed essere ancora più efficaci in una patologia cronica come il diabete. Un momento quindi particolarmente cupo ma che ci può dare in eredità qualcosa di positivo. Ovvero sburocratizzare, rendere più efficienti tutti questi modelli innovativi di gestione di patologie sul territorio, di presa in carico dei pazienti e anche di rafforzamento della rete di telemedicina sul territorio e che sicuramente oggi è a disposizione dei pazienti malati di coronavirus, ma accanto a questi dei tanti pazienti cronici che saranno sempre di più e quindi da qui stiamo ripartendo per fare qualcosa che sia utile a tutti. Un sincero complimento ancora con questa iniziativa che contraddistingue la vitalità di un gruppo e di una realtà che vuole essere sempre di più concretamente vicino ai malati di una delle più paradigmatiche patologie croniche e continuiamo a lavorare insieme anche facendo tesoro di uno dei momenti più bui silenziosi e cupi della nostra storia.
GIULIO GALLERA Assessore al Welfare della Regione Lombardia
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UNITI CONTRO IL COVID-19, SENZA ABBASSARE LA GUARDIA Dall’intervento registrato in occasione del 13th Italian Diabetes Barometer Forum
Grazie per questa opportunità di parlarvi e di rappresentare la situazione globale dal punto di vista dell'Organizzazione presso cui lavoro per quanto concerne questo intreccio perfido, se vogliamo, tra patologie croniche degenerative non trasmissibili e malattie trasmissibili infettive diffusive, e soprattutto l'ultima epidemia, la pandemia da COVID-19 che in questo momento stiamo cercando di superare e da cui faticosamente stiamo riemergendo. La situazione è particolarmente grave perché come avete visto dalle infografiche degli studi che l’OMS, l’Istituto Superiore di Sanità e altri rilevanti entità scientifiche mondiali hanno prodotto e stanno perfezionando, oggi sappiamo per certo che purtroppo a cadere sono i più deboli, sono i più fragili, sono coloro che già soffrivano di patologie croniche. Questo avviene soprattutto laddove si sommano patologie di vario tipo, ed è in queste condizioni di comorbidità che il virus COVID-SARS ha colpito in maniera imprevedibilmente grave. Vi è stato un impatto di mortalità notevolissimo nel nostro Paese, ma oggi stiamo vedendo non si è assolutamente esaurito e continua a mietere vittime in giro per il mondo, come in Brasile, Stati Uniti e siamo in attesa di vedere che cosa potrà succedere con una eventuale ondata di ritorno, che probabilmente avverrà in corrispondenza dell’autunno, tra l'altro con la stagione influenzale che come sempre accade altera la mortalità del Paese e colpisce ancora una volta i più fragili, i più esposti, i più vulnerabili. La particolarità di questo virus è che insidia gli organi e i sistemi maggiormente fragili e maggiormente colpiti da patologie preesistenti. È un virus che pur avendo un punto di ingresso a livello polmonare si diffonde poi attraverso l’albero endoteliale, quindi colpisce il cervello, colpisce il sistema nervoso centrale, soprattutto colpisce cuore, colpisce fegato non risparmia i reni, insomma ha una diffusione e un impatto talmente gravi, talmente imprevisti e imprevedibili che ci ha messo inizialmente alle corde. Ora stiamo cercando di capire quali siano i meccanismi patogenetici che stanno alla base, e stiamo cercando di capire
come arriva a colpire questa varietà di organi e, come di conseguenza, possa essere organizzata una terapia che in questo momento non è ancora purtroppo risolutiva. In aggiunta, emerge l'evidenza che una seconda esposizione al Virus nonostante vi sia un’immunità probabilmente protettiva e neutralizzante di una certa durata, possa causare la tempesta citochimica, ovvero una situazione infiammatoria incontrollabile che ha una letalità ancora più elevata della prima ondata, della prima esposizione. Questo è ancora più valido soprattutto nelle polmoniti interstiziali che sono quelle che hanno portato, purtroppo, all’esito fatale la prima grossa ondata, nelle persone che sono state incautamente esposte al virus e che sono poi decedute. Situazione che, ripeto, difficilissima da decodificare, difficilissima da gestire ha inevitabili implicazioni anche per la sintesi vaccinale, perché si rischia, ovviamente, di esporre ad un vaccino che potrebbe rappresentare un elemento di morbosità e di possibile letalità nel momento in cui non si riesca a controllare la situazione infiammatoria che viene scatenata per l'appunto dalla seconda esposizione. Questo significa che dovremmo essere estremamente vigili, dovremmo soprattutto essere molto protettivi nei confronti dei fragili che saranno poi i superstiti di questa prima ondata e nei confronti di coloro che sono riusciti, grazie alla dedizione dei nostri medici e infermieri e grazie all'eccellenza del nostro Sistema Sanitario a sopravvivere. Ciò non di meno credo, mi auguro e spero che la lezione non venga dimenticata così in fretta come le immagini di questi giorni ci fanno invece presupporre, e sono immagini che sinceramente non vorremmo mai vedere, assembramenti, gruppi di tifosi che festeggiano, gente in spiaggia, come se niente fosse accaduto. Mi rendo conto che la situazione in qualche modo imponga di superare questa pagina tragica e devastante della nostra storia e di entrare in uno stato di normalità. Il problema è che questa normalità ce la dovremmo guadagnare e non siamo ancora in grado di dichiarare vinta la partita. Tutto ciò, ovviamente nel nostro Sistema ha 47
delle implicazioni gestibili, il nostro è un sistema forte, un sistema resiliente. In altri Paesi le implicazioni sono devastanti e le stiamo vedendo e probabilmente le vedremo ancora per qualche tempo. Questo certamente non è un augurio, ma è un incitamento a raccogliere le forze a mantenersi uniti a non abbassare la guardia
RANIERI GUERRA Direttore Aggiunto dell’OMS Organizzazione Mondiale della Sanità
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SALUTO DEL MINISTRO DELLA SALUTE Dall’intervento registrato in occasione del 13th Italian Diabetes Barometer Forum
Sono contento di poter portare il mio contributo a questa importante iniziativa, sono stati mesi molto difficili per il nostro paese, mesi in cui abbiamo visto con mano senza alcun precedente nella storia della nostra Repubblica, quanto conti avere un servizio sanitario nazionale importante, solido, radicato come quello italiano e sono stati anni in cui gli investimenti sul Servizio Sanitario Nazionale non sono sempre stati all'altezza dei bisogni delle domande che erano in campo. Ora c'è bisogno di cambiare stagione, di aprirne una radicalmente diversa rispetto al passato e questi mesi tremendi, questi mesi difficili hanno credo offerto a tutti noi una consapevolezza inedita e cioè che bisogna definitivamente chiudere la stagione dei tagli e bisogna ricominciare ad investire con tutta la forza che c’è e dobbiamo farlo insieme: Governo, maggioranza, opposizione, Parlamento, regioni, perché il Servizio Sanitario Nazionale è davvero la cosa più preziosa che abbiamo e ce ne siamo accorti in questi mesi difficili. Ora non ne siamo fuori: non penso che la battaglia sia vinta, i numeri sono ancora numeri di un virus che circola. Quindi bisogna tenere alto il livello di attenzione ed evitare comportamenti scorretti che possono purtroppo farci tornare indietro, è però evidente che siamo in una stagione diversa i comportamenti delle persone, le misure che abbiamo adottato ci hanno insegnato la possibilità di aprire una fase diversa. Dal 4 di maggio le riaperture sono settimana dopo settimana aumentate, e hanno creato condizioni nuove in cui un po' si prova a tornare alle attività di prima, ma sempre con cautela e sempre con prudenza utilizzando sempre le mascherine, usando le precauzioni del distanziamento di almeno un metro tra le persone e rispettando quelle norme igieniche fondamentali che dobbiamo conservare assolutamente a partire dal lavaggio delle mani. È chiaro che dentro questa nuova stagione possiamo provare a riscoprire l'importanza di alcune funzioni ordinarie del Servizio Sanitario Nazionale. Per questi mesi, chiaramente l'emergenza ci ha portato ad occuparci principalmente della questione COVID-19: la nostra esigenza primaria, era salvare le vite; ora, in una situazione migliore, in una situazione che sta evolvendo positivamente dobbiamo necessariamente ricominciare ad investire sui problemi di tutti i giorni, quelli di cui vi state occupando anche voi questo pomeriggio, la grande questione delle cronicità che è una questione essenziale, e la questione
del diabete come grande tema che riguarda il nostro paese, ma direi tutta la comunità mondiale. Questa esperienza degli ultimi mesi ci ha insegnato che il territorio è una vera chiave di volta; l'ospedale è una parte essenziale del Servizio Sanitario Nazionale, ma da solo non basta, il territorio è la questione fondamentale e noi dobbiamo ricominciare ad investire con coraggio. Lo abbiamo fatto con i 3 miliardi 250 milioni del decreto Rilancio, abbiamo per esempio aumentato in modo molto significativo la quantità di risorse investite nell'assistenza domiciliare che è un nodo importante: dove c'è un malato cronico lo Stato deve provare ad essere più prossimo possibile, se ci riesce. Noi qui stiamo aumentando significativamente le risorse su assistenza domiciliare, il SSN deve andare esso stesso con i propri medici, con i propri infermieri a casa delle persone. Mi piace ricordarlo: oggi in Italia solo il 4% delle persone sopra i 65 anni ha la possibilità di un’assistenza domiciliare adeguata; con le risorse del decreto Rilancio passeremo dal 4% al 6,7%, la media dei paesi OCSE oggi è 6. Quindi passiamo da due punti sotto la media OCSE a 0.7 sopra la media OCSE, è un primo passo avanti che va nella direzione giusta. Voglio ringraziarvi per questa riflessione, voglio ringraziarvi per il lavoro che in modo particolare il Gruppo Interparlamentare svolge ogni giorno in una iniziativa politica importante anche capace di superare le distinzioni tra i partiti. Sono convinto che se c'è da difendere il diritto alla salute sia proprio questo il metodo giusto e sono convinto che tutti assieme dobbiamo e possiamo lavorare per rafforzare ancora il nostro Servizio Sanitario Nazionale, perché il Servizio Sanitario Nazionale è davvero la pietra più preziosa che abbiamo e tutti insieme dobbiamo difenderla con tutta l’energia possibile.
ROBERTO SPERANZA Ministro della Salute 51
DIABETES & INERTIA: THE COVID-19 LESSON Dall’intervento registrato in occasione del 13th Italian Diabetes Barometer Forum
Parlare del diabete e di come questa malattia abbia in qualche modo ancora di più aggravato la situazione non è facile, perché di fatto i dati che abbiamo sono contraddittori, ma certamente quelli che vengono dai clinici dicono che i soggetti che hanno avuto il diabete, l’ipertensione, condizioni in qualche modo aggravanti, patologie pregresse, sono stati quelli che anche in età più giovane rispetto a quelli che abbiamo visto essere più vulnerabili, sono stati particolarmente colpiti. Vorrei dare un inquadramento generale a quello che è successo nel nostro Paese, alle lezioni che possiamo aver appreso da questa vicenda che molti dicono era imprevedibile. No, molti di noi l’avevano prevista, non era una questione di se, era soltanto una questione di quando, e naturalmente anche
il come abbiamo intercettato questo evento ci deve far riflettere. Se guardiamo alle condizioni con cui il Servizio Sanitario Nazionale è partito nel fronteggiare questa sfida, vediamo che era un Servizio Sanitario Nazionale sotto finanziato con enormi differenze regionali, soprattutto tra nord e sud, ma anche all’interno delle stesse regioni e con delle sfide demografiche ed epidemiologiche clamorose. (slide 1) L’Italia è il paese più vecchio nell’Unione Europea, è quello che ha la maggiore proporzione di persone anziane, è quello che ha la minore proporzione di persone giovani e poi peraltro abbiamo sempre detto queste persone anziane sì, vivono molto, abbiamo un record di longevità tra i paesi più importanti, ma la qualità di vita non
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Under-financed for 10 years Major regional differences (North/South) regarding governance, organizational models, availability (e.g. ICU beds), competences and performance (clinical, financial) Facing demographic and epidemiological challenges
è sempre comparabile e non è sempre adeguata. (slide 2) L’epidemiologia del COVID-19 ci ha colto enormemente di sorpresa perché voi ricorderete che tutti quanti in quel momento, stiamo parlando di fine gennaio e inizio febbraio, aspettavano i pazienti cinesi. (Slide 3) Si erano focalizzati sull’idea che fossero appunto coloro che venivano dalla Cina ad essere coinvolti, in realtà oggi sappiamo che il paziente ZERO probabilmente è stato un cittadino tedesco Slide 2
arrivato a Codogno per ragioni di lavoro, ma il paziente 1 è stato quello che ha scatenato l’epidemia in Italia nella maniera con cui si è concretizzata. Un “super spreader” dal punto di vista logico una persona giovane, una persona che è stata in contatto con tanti medici, con tanti pazienti, con tanti visitatori, in una zona densamente popolata del nostro Paese e questo ha generato questo aumento esponenziale, incredibile che in particolare modo ha coinvolto
Italy is the «oldest» Country in EU In 2018 Italy is the country with the highest proportion of people >65 years old in Europe (22%). On the contrary, the number of children <15 years is the lowest in Europe (15%). This means that there are only 100 children every 168,9 adults >65. In the period 2000-2018 the number of >65 increased of about 30%
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The first local transmission, Feb 18th, 2020
la Lombardia e poi il Veneto e poi parte dell’Emilia Romagna e del Piemonte, ma che poi ha coinvolto rapidamente, anche se in misura diversa, tutto il Paese. (slide 4)
stata quella dello Stato nei confronti delle Regioni, non sempre però all’altezza della tempistica delle sfide, perché sappiamo tutti quanto sia importante avere in tempo di epidemia, un’unica catena di comando e di comunicazione. L’inizio del lock down (slide 5), però, che è stato
Il Paese ha reagito, assumendo decisioni che sono state prese con una importante catena di trasmissione che è Slide 4
National decrees e - Phase I
No known local COVID-19 9 circulation
Undetected local COVID-19 circulation of COVID-19 among severe cases of acute re espiratory infection with epide emiologicall links Laboratory newtork with confirm mation capacity set up
27/02 Shift to case ba ased enhanced surveillance of all SARS-CoV-2 laboratory conf n irmed cases
4400
04/ 4 03 3 Firrst nati n o onall level sttrict social dista t n ncing g measures includin ng sscho ool closu sures
4000
3600
01/ 1 03 3 Red Zone meassure es broad dened to muni n cip palitiies in Lomb bardi daa and Vene eto
3200
2800
2400
2 0 23/ 01 Temp perat a ure e screening g intro t d duced in inte ernation nal aiirrporrts t 27/ 7 01 1 Dirrect fligh hts to to an nd frrom China susp pende d d
2000
23/ 3 02 2 Stri r ct social d dista ancin ng meassure es in 1 mu unicipalities in the e Lod di pro r vince (Red zon o 20//02 Loca al COVID D19 9 tra ansmission de etected
31/0 31/ 01 1 COVIID-1 19 de eclare r d a na ation nal he ealth h emergen ncy
1600
1 /0 11/ 03 first Loc dow wn
1200
800
400
Date of diagnosis/sample (59202 cases)
Date of symptom onset (31959 cases)
Data Source: Italian National Integrated Surveillance for COVID-19 (Updatted as of 24 March 2020)
Boccia SS,, Cascini F, Mckee M M,, Ricciardi W. How the Italian NHS is fighting against the CVID-19 emergen ncy. Frontiers in Public Healtth, 2020 (8), 167
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Italian Mobility during the lockdown (March, 11st May, 4th) Driving, public transport and walking reduced of about 30%, 50% and 70% respectively. In Lombardy the public transport reduction was of about 90% and driving of 80%. Beginning of the lockdown
End of the lockdown
250 200 150 100 50
01 /0 2/ 20 08 /0 2/ 20 15 /0 2/ 20 22 /0 2/ 20 29 /0 2/ 20 07 /0 3/ 20 14 /0 3/ 20 21 /0 3/ 20 28 /0 3/ 20 04 /0 4/ 20 11 /0 4/ 20 18 /0 4/ 20 25 /0 4/ 20 02 /0 5/ 20
0
driving
transit
walking
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25 Mar
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23 Mar
22 Mar
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fatto all’inizio di marzo per tutto il Paese ha generato una riduzione drastica della mobilità e questo ha avuto i suoi effetti importanti nel circoscrivere l’epidemia, nel farla smorzare, nell’appiattire la curva epidemica e nel cercare di ridurla ai minimi termini. Non c’è dubbio che i trend (slide 6) nella fase iniziale sono stati particolarmente imSlide 6
portanti in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto hanno seguito. La capacità di testing (slide 7), cioè la capacità di individuare i soggetti positivi, che è cresciuta nel corso del tempo fino a far diventare il nostro Paese come uno fra i paesi che hanno il maggior numero di tamponi e quindi
Trends of confirmed cases according to regions Peak of Positives 108,257 (April 20, 2020)
Phase II Phase I Lombardy
Piedmont Emilia-Romagna Veneto
Lombardy Region had the vast majority of cases in Italy (38%) Slide 7
Tes Te e ting capaccity in Italy 4,,98%
Tests/population
March 1° NHS plan Feb 23rd Regional Lock down begins
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March 22th Mobiity restrictions March 9th National Lock down begins
4/16/20
4/6/20
3/1/20
0,37%
Cases/population
April 10th Safety measures to restart some businesses
May 4th Lock down ends
(slide 8), fino a evidenziare una situazione di prevalenza, quindi di numerosità di casi di malattia profondamente differenziata tra le regioni del nord con un’alta prevalenza, tra le regioni del centro, con prevalenza media e tra le regioni del sud e insulari con una prevalenza bassa.
Quello che colpisce nel nostro Paese è la letalità e il rapporto tra casi e fatalità, che vede l’Italia ai primi posti di questa sgradevole graduatoria. (slide 9). Analizzando ulteriormente regione per regione, vediamo che c’è un eclatante “caso Lombardia”, nel senso che la Lombardia da
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High prevalence
Medium-low prevalencce
Low-very low prevalence
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Covid-19 Global Case Fatality Rates
https://www.cebm.net/covid-19/global-covid-19-case-fatality-rates/ 59
sola ha una numerosità dei casi che di fatto la fa paragonare a una Nazione a parte. (Slide 10) La Lombardia ha un case-fatality rate particolarmente alto rispetto a tutte le altre regioni. (Slide 11) Il grafico evidenzia che la colonna rossa che rappresenta il dato italiano medio con la
Lombardia, di fatto da sola sopravanza quasi tutti gli altri paesi Europei; prendendo invece il dato italiano senza Lombardia, c’è sicuramente il migliore tra i grandi paesi, tra i paesi europei che hanno performato meglio. Ne deriva che la Lombardia è sicuramente stato un caso a parte,
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https://www.epicentro.iss.it/en/coronavirus/bollettino/Report-COVID-2019_21May_2020.pdf
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Trend of Covid-19 Case Fatality Rates per Italian region (x100)
Lombardy
Veneto
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e probabilmente ancora lo è (slide 12).
di sistema è stata rilevante. Abbiamo sottolineato quanto il Servizio Sanitario Nazionale fosse sottofinanziato, orbene nel giro di pochissimi mesi è stato recuperato un campo importante, perché sono state trovate risorse per il reclutamento del personale, per l’ammodernamento delle strutture, per la riorganizzazione, per il potenziamento di alcune funzioni che erano state notevolmente trascurate. (slide 13) Come facciamo ora a guardare
Non sottolineerò mai abbastanza l’eroismo, la capacità di risposta dei singoli, la capacità di risposta dei medici, degli infermieri, dei tecnici, di tutti coloro delle forze dell’ordine, ma anche di coloro che hanno lavorato al di fuori del Sistema Sanitario per garantire una risposta tempestiva e per arginare questo tsunami che, soprattutto in alcune regioni, è stato veramente importante, ma anche la capacità Slide 12
COVID-19 Mortality Rates in the EU (x100,000)
180 160 140 120 100 80 60 40
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Latvia
Slovakia
Malta
Cyprus
Greece
Bulgaria
Croatia
Lithuania
Poland
Liechtenstein
Iceland
Czechia
Estonia
Norway
Slovenia
Finland
Hungary
Austr ia
Romania
Denmark
Por tugal
Ireland
Luxemburg
Italy - Lombardy
Sweden
Netherlands
Italy
France
Spain
United Kingdom
Belgium
Lombardy
0
Germany
20
The NHS financing during Covid-9 pandemic During the COVID-19 emergency the Italian Government allocated resources ( 5.505.000.000) to implement the national Healthcare System. In particular: -
845.000.000 to the recruitment of healthcare workers and the acquisition of medical devices and equipment (10th March)- Phase I
-
1.410.000.000 to the recruitment of healthcare workers, acquisition of medical devices and equipment, implementation of community care, institution of special continuity of care units, assistance to people with disabilities, implementation of medical research (24th April)- Phase II
-
3.250.000.000 to the recruitment of healthcare workers, acquisition of medical devices and equipment, implementation of community care, reorganization of hospital care, increase in the number of hospital beds (intensive care units), improving the digitalization of the Healthcare System (20th May)Phase II 61
avanti? (slide 14) Guardiamo avanti sicuramente partendo da una crisi economica simmetrica, cioè che ha colpito tutti i Paesi. Per quanto la lente sia stata molto filtrata attraverso le esigenze particolari di ogni paese o addirittura di ogni area regionale, questo è stato un duro colpo per tutto il mondo. Quello che dobbiamo fare è imparare dalle lezioni e imSlide 14
parare dagli errori. Se si guarda alla percentuale di casi che sono stati riscontrati nelle residenze sanitarie assistenziali e a casa: queste sono le due grandi matrici su cui intervenire per limitare la letalità. (slide 15). Certamente l’ospedale non deve essere l’unica fonte di assistenza, perché se è l’unica fonte diventa anche un’importante fonte di contagio.
The e conoomicc c riisiis
In 2020 the Italian public debit is expected to increase by 10,4% (+190 billions from 2019). It will be equ ual to 1 58,,9% of GDP). France and German public debit instead will be 116,5% and 75,6% of GDP, respectively
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Potential Source of Exposure (May, 1-14, 2020)
Nursing homes Family Other Hospital Workplace Ship
Religious setting
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La capacità diagnostica è ancora estremamente frammentata: non abbiamo ancora imparato che dobbiamo essere bravi nella diagnostica precoce, nella diagnostica tempestiva e nella diagnostica risolutiva. Sono pochissime le regioni che fanno il numero adeguato di tamponi, la stragrande maggioranza li fa in maniera non rispondente alle specifiche esigenze epidemiologiche. (slide 16) Slide 16
(Slide 17) È stato fatto un passo importante sull’indagine epidemiologica: sta andando avanti e come altri Paesi capiremo bene qual è stata l’effettiva circolazione del virus. Lezioni che dobbiamo imparare anche per l’autunno per far sì che la vaccinazione contro l’influenza e contro lo pneumococco venga fatta obbligatoriamente per le categorie a rischio, le categorie professionalmente esposte e
Phase II data: federalism in swab execution
Slide 17
Launched large scale survey with serological tests for COVID-19 The Italian Ministry of Health and the National Institute of Statistic (ISTAT) started on 11st May 2020 a large-scale serological survey on COVID-19, involving 150,000
citizens at national level. The aim of the investigation is to understand how many people have developed Sars-Cov-2 antibodies, even if they are asymptomatic. -
4.500.000 were allocated to conduct the study
-
CLIA and / or ELISA kits will be used to detect specific IgG
-
The sampling carried out by ISTAT will be representative of each Region, by age group, gender and work activity 63
naturalmente in maniera fortemente raccomandata e attiva per tutte le altre categorie. (slide 18) E dobbiamo risolvere alcuni problemi critici che oggi appaiono evidenti, ma che ancora non sappiamo bene come dimensionarli
nelle loro conseguenze: la cosiddetta “movida”, ma in genere tutti gli assembramenti che in un’ansia liberatoria si stanno generando senza distanza di sicurezza e senza mascherine. (slide 19)
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Compulsory flu and anti pneumococcal vaccination >65 years old Recommended flu vaccination for children up to 6 years old Slide 19
Critical Issues I- The «Movida»
Milan, May, 18th, 2020
Rome, May, 18th, 2020 64
(slide 20) Infine, una istanza veramente critica del Paese che è stata probabilmente trascurata, quella dei bambini, quella della scuola e naturalmente con i bambini e la scuola si sostengono le famiglie, si sostengono i genitori che lavorano e si proteggono anche i nonni che sono la parte più vulnerabile di una circolazione del virus che vede soprattutto i bambini e giovani quelli più in grado di trasmetterlo. Slide 20
(slide 21) In conclusione l’Italia è stato il primo Paese a fronteggiare questa epidemia ed è stata coraggiosa, ve lo posso testimoniare direttamente, in particolare modo voglio sottolineare il coraggio e la perseveranza del Ministro Speranza a applicare immediatamente delle misure forti di contenimento che in quel momento tutti quanti pensavamo fossimo pazzi a prendere, che la prima fase è stata
Critical Issues- Children partly left behind Schools use to close in Italy on June, 6th for the long summer break Kindergarten usually close on late July (no plan so far to re-open) Two bonus for baby-sitting provided so far for families with at least one parent worker (even from home) Parks closed (strict regional protocols for sanification difficult to apply) Summer Center for children reopens on June, 15th (6 years upward)
slide 21
Conclusion Italy was the first EU Country facing the epidemics, enough to immediately apply strong containment measure Phase 1 of Covid-19 outbreaks was characterized by an uneven response to the emergency between the Italian Regions Regions has adjusted their response granting on their own assets and traditional approach to healthcare (more or less hospital-centric) Post lock-down phase has been just started and new models of analysis are needed to monitor the evolution of the contagion and the regional adaptive response 65
caratterizzata da una risposta molto squilibrata tra regioni. Le regioni hanno sistemato la loro risposta con il meglio che potevano, con un approccio, però tradizionale che nelle regioni ospedale-centriche le ha svantaggiate ,perché ha fatto diventare gli ospedali un centro di diffusione del contagio. Adesso, partita la fase di riapertura, è ancora troppo presto, ma dovremmo essere in grado di monitorare l’evoluzione del contagio e la risposta adattativa delle differenti regioni. (slide 22) Le lezioni imparate sono queste che il settore sanitario deve essere al centro dell’attenzione non deve essere finanziato soltanto in epoca di emergenza, il miglior investimento che possiamo fare, e il COVID 19 ce lo ha ricordato, è sulle malattie non comunicabili, le malattie croniche che in questo momento sono state accantonate. La mortalità per infarto in certe regioni si è triplicata, sono state messi da parte tutti gli interventi chirurgici. Ci dobbiamo organizzare perché questo non succeda più. Dobbiamo dare priorità a due aspetti: alla salute mentale, che ha coinvolto tutti chi più chi meno, ma che viene ancora una volta trascurata nelle sue dimensioni sia teoriche che operative e la sanità digitale. Quante vite avremmo salvato? Quanto avremmo risparmiato anche in termini di costi se noi avessimo avuto una sanità digitale come ha la Corea, come ha Israele, come hanno dei Paesi che hanno investito e mentre noi invece a causa
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della nostra frammentazione, della nostra scarsità di investimenti siamo ancora molto indietro rispetto a queste Nazioni. La cosa forse più importante è che le decisioni devono essere prese sulla base dell’evidenza scientifica, la collaborazione. L’alleanza direi tra scienza e politica è una chiave importante tutti i Paesi in cui la politica ha preso delle decisioni sganciate dall’evidenza scientifica, facendo pagare la propria popolazione in termini di migliaia di casi in più e di migliaia di morti in più. Questo non deve succedere mai più come è avvenuto in certi Paesi, mettendo in discussione il connubio tra scienza e politica, penso per esempio al Brasile, e può servire anche a preservare il patrimonio, forse più importante che noi abbiamo che è la democrazia. Avere la possibilità di parlare liberamente, esprimere liberamente le proprie opinioni anche quando queste magari sono scomode per il potere. È una cosa importante che tutti i cittadini dovrebbero avere, ma in particolar modo gli scienziati. Porre l’attenzione a tutte le patologie, il diabete in primis. Per far sì che i pazienti diabetici non vengano penalizzati due volte. Una volta dalla loro malattia e la seconda volta dall’essere esposti a eventi come questi. Dobbiamo essere consapevoli che le sfide di Governance
Lesson learned The health sector deserves to be at the heart of recovery post-COVID-19: health systems need to use the current circumstances to learn lessons from COVID-19 and strengthen health systems going forward COVID-19 has served to highlight the burden of non-communicable diseases since people with chronic conditions were more likely to suffer disability or die from COVID-19 Priority to mental health and digital health, as the health sector will be revolutionized through the impact of technology in the coming years (we need to ensure that the elderly and those with lower levels of digital literacy are not excluded) Evidence-based science when making decisions, investment in research is needed on an ongoing basis in order to enable us to tackle some of the pervasive problems affecting health and wellbeing
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e di Government si affrontano con precise metodologie di intervento. Per rispondere alla sfida della sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari e garantire un’assistenza sanitaria universale, risulta fondamentale il perseguimento di un sistema patient-centered e un processo di convergenza delle organizzazioni sanitarie verso un’assistenza value-based. È necessaria una strategia a lungo termine diretta ad una riallocazione delle risorse cha vada da un’assistenza sanitaria di basso valore ad una di alto valore.
sostenibili e resilienti. Una strategia a lungo termine, promossa da un solido sistema di Governance, è raccomandata al fine di realizzare un cambiamento culturale che consenta di reinvestire risorse in un’assistenza sanitaria di alto valore.
La nozione di “Assistenza Sanitaria basata sul Valore” è sempre più utilizzata nel contesto pubblico ed il “valore” è spesso descritto in termini di “risultato di salute conseguito per dollaro speso”. Tuttavia, due aspetti importanti devono essere considerati: 1. I sistemi sanitari europei si basano sul principio della Solidarietà; 2. Non esiste un’unica definizione di “valore” nell’ambito della Value Based Healthcare.
WALTER RICCIARDI Presidente “World Federation of Public Health Association” (WFPHA) e Presidente “Mission Board for Cancer” di Horizon Europe
La definizione di valore è soggettiva e ciò che è considerato “di valore” può differire tra pazienti, medici, fornitori di servizi sanitari, responsabili politici o altri stakeholders. Recentemente l’Expert Panel on Effective Ways of Investing in Health (EXPH), istituito dalla Commissione Europea, ha pubblicato un importante documento dal titolo “Opinion on Defining value in Value-Based Healthcare”. Il gruppo di esperti propone il modello di “quadruple value”, aggiungendo una quarta dimensione del valore: il valore sociale. L’EXPH propone la “Value-Based Healthcare” come un concetto globale basato su quattro value-pillars: 1. Valore Personale: assistenza appropriata in grado di soddisfare gli obiettivi specifici di ogni paziente; 2. Valore Tecnico: raggiungimento dei migliori risultati possibili con le risorse disponibili; 3. Valore Allocativo: equa distribuzione delle risorse tra tutti i gruppi di pazienti; 4. Valore Sociale: contributo dell’assistenza sanitaria alla partecipazione e alla connessione sociale. Queste quattro dimensioni del “valore” assicurano i pilastri fondamentali dei sistemi sanitari basati sulla solidarietà. Pertanto, una riallocazione delle risorse da interventi sanitari di basso valore ad interventi di alto valore rappresenta la principale necessità dei sistemi sanitari europei 67
RIDARE FIDUCIA AI PIÙ FRAGILI Dall’intervento registrato in occasione del 13th Italian Diabetes Barometer Forum
Il tema affrontato dal 13th Italian Diabetes Barometer Forum è un argomento di fondamentale importanza e attuale che come co-presidente dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete, insieme al collega co-presidente Roberto Pella, sentiamo fortemente come impegno personale, istituzionale e parlamentare. Ancor di più in questo momento così difficile dovuto al COVID 19 che sappiamo, purtroppo, quanto è costato in termini di sofferenze alle famiglie italiane e ai cittadini. Abbiamo davanti le immagini delle migliaia di vittime e delle persone che si sono ammalate di COVID-19, molte persone che purtroppo ancora non stanno bene. Tutto questo ha fatto emergere alcune fragilità all’interno del nostro sistema sanitario e sociale, fragilità che hanno colpito maggiormente le persone con malattie croniche in generale e, in particolare, con patologie come il diabete. Queste persone purtroppo hanno pagato un prezzo ancora più alto rispetto a coloro affetti da altre patologie, in termini di vulnerabilità, mortalità e continuità assistenziale. Come Intergruppo sentiamo prima di tutto la necessità di accogliere la lettera aperta inviata alle Istituzioni da parte delle Società Scientifiche e delle Associazioni pazienti, lettera importante che stimola tutti noi a dare sostegno e risposte istituzionali rispetto ad una malattia che continua a crescere e che con il COVID-19 ha mostrato come possano essere fragili e vulnerabili le persone che convivono con la stessa. Dobbiamo farci carico e lavorare in maniera sinergica, per prenderci cura di queste persone e delle loro fragilità, affinché la prevenzione, l’assistenza, i trattamenti precoci, i nuovi protocolli di cura, il lavoro del Ministero della Salute e del Ministro Speranza, possano ridare fiducia e aiuto concreto a chi in questo momento sicuramente si sente più solo e ha bisogno del nostro aiuto.
DANIELA SBROLLINI Presidente Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete
INVESTIRE SULLA CONOSCENZA SCIENTIFICA E SULLA SALUTE PUBBLICA Dall’intervento registrato in occasione del 13th Italian Diabetes Barometer Forum
È con vero piacere che porto un saluto di indirizzo a questo XIII Forum di IBDO da parte dell'Ateneo di Tor Vergata che ho in questo momento il privilegio di rappresentare. Questo è sicuramente un evento importante, organizzato dalla fondazione IBDO e dall’Intergruppo parlamentare obesità e diabete e il tema risulta particolarmente sfidante e significativo, soprattutto in considerazione di quanto il lockdown abbia influito sullo stile di vita e sulle nostre abitudini anche alimentari. Questo è pertanto un argomento interessante che la comunità scientifica nazionale e internazionale dovrà affrontare. Da sempre l'Ateneo di Tor Vergata ha contribuito con produzione scientifica e qualificato apporto e competenza dei propri ricercatori e docenti a collaborare con la Fondazione per costruire e diffondere una corretta strategia di prevenzione del sovrappeso e dell'obesità nell'ambito più generale della prevenzione del controllo delle patologie croniche nel loro complesso, per questo mi fa grande piacere dare merito al Professor Renato Lauro, già Rettore della nostra Università per la costante e meritoria azione che ha svolto in questi anni, quale Presidente della Fondazione. Già era consolidata nella comunità scientifica la convinzione che l'obesità e il diabete rappresentassero un problema multidimensionale, fortemente condizionato anche da fattori sociali politici ed economici, tali da costituire una priorità nazionale a livello sanitario, riconoscendo che ci troviamo di fronte a una malattia altamente invalidante. Se i pregiudizi hanno generato e continuano ad alimentare, specie nei confronti dei giovani obesi in età scolare, anche gravi fenomeni di discriminazione con forti ricadute sulla vita lavorativa e affettiva delle persone in sovrappeso, creando danni di carattere sociale e psicologico, il ruolo della scienza e delle organizzazioni sanitarie su questo tema pertanto dovrà essere particolarmente forte. Lo stile di vita residenziale che deriva dal forzato obbligo che abbiamo avuto in questi mesi di lockdown, dovuti alla diffusione della pandemia di COVID-19, ha certamente modificato per un lungo periodo le nostre abitudini anche alimentari, e questi effetti saranno oggetto di valutazioni scientifiche e comportamentali nei prossimi mesi. Rimane comunque forte l'esigenza che il sistema Paese,
le sue articolazioni scientifiche ed organizzative debbano perseguire con una sempre crescente attenzione ed intensità professionale, anche in termini di investimenti riguardanti il proprio capitale umano, ad un approccio di promozione della salute e di sensibilizzazione della comunità Nazionale sui vantaggi collegati all'adozione di stili di vita sani, che devono riguardare sia l'eliminazione dei fattori di rischio, di per sé modificabili, sia l'assunzione di corretti comportamenti fisici ed alimentari. La terribile esperienza epidemiologica di questi mesi, che ancora stiamo vivendo, ci ha insegnato che investire sulla conoscenza scientifica e sulla salute pubblica rappresenta l'unica efficace risposta per la realizzazione di progetti di cura in grado di garantire, anche a prescindere da situazioni emergenziali, percorsi assistenziali centrati sulla persona e che tengano conto delle varie ed articolate fasi del processo di cura. Le sfide che le diverse malattie metaboliche rappresentano per il sistema sanitario nazionale hanno visto da sempre la Fondazione IBDO in prima linea nel fornire risposte di alto spessore scientifico ai bisogni clinici dei pazienti affetti dalle diverse gravi patologie e per questo abbiamo tutti noi l'obbligo di sostenerla e ringraziarla.
ORAZIO SCHILLACI Rettore dell’Università di Roma Tor Vergata
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L’ACCESSO ALLE CURE NELL’ERA DELLE DISUGUAGLIANZE DI SALUTE Negli ultimi anni stiamo osservando una condizione di frammentazione e difformità territoriali in cui le regioni in grado di assicurare servizi e prestazioni all’avanguardia se ne affiancano altre in cui si fa fatica a garantire anche solo i Livelli Essenziali di Assistenza, in violazione di quanto previsto dagli art.32 e 118 della Costituzione e in contrasto con lo spirito del legislatore che ha istituito il SSN. I servizi sanitari regionali, ormai da anni, stanno orientando i loro sforzi su aspetti riguardanti l’equilibrio di bilancio ma non possiamo dire altrettanto riguardo al rispetto dei LEA e degli indicatori di qualità dei servizi offerti ai cittadini. Le differenze tra i diversi Servizi Sanitari Regionali a cui accenniamo, sono confermate dall’analisi proposta dall’ultima rilevazione LEA, in base alla quale permangono in alcune regioni (Campania e Calabria) grosse inadempienze, con risultati al di sotto della soglia minima di sufficienza. Se analizziamo i risultati utilizzando la metodologia offerta dal Nuovo Sistema di Garanzia, che valuta separatamente il punteggio dei tre livelli di assistenza (prevenzione, distrettuale e ospedaliera), sono solo nove le Regioni che garantiscono pienamente i LEA. È dalla prevenzione che individuiamo le prime criticità: sono solo 10 le regioni che raggiungono l’immunità di gregge per le vaccinazioni a 24 mesi, e sono 5 le regioni ancora lontane dall’essere adempienti rispetto all’adesione agli screening oncologici, con punte minime di adesione in diverse regioni del sud dove, inoltre, la popolazione target non è adeguatamente raggiunta dagli inviti. Sul lato dell’accesso alle prestazioni il tema delle liste d’attesa rappresenta un male comune a tutto il territorio: in 13 Regioni più di un cittadino su tre si è rivolto ai servizi di tutela per questioni legate proprio alle difficoltà di accesso. Un dato altrettanto interessante riguarda le carenze dell’assistenza territoriale, in testa alla classifica delle criticità segnalate dai cittadini in 7 regioni, ma con percentuali significative anche nel resto del Paese. Un tema che coglie in pieno una difficoltà strutturale del SSN, che i cambiamenti nei bisogni di cura ed assistenza, rapidamente consolidati nel corso dell’ultimo decennio, hanno acuito e reso assai più visibile nella vita quotidiana dei cittadini.
vengono garantite in modo uniforme sul territorio o lo sono ma con forti ritardi; un esempio è l’accesso ai farmaci innovativi non assicurato uniformemente e il test per la cosiddetta mutazione dei geni Brca 1 e 2 in campo oncologico, dove per effettuare il test, ricevere il referto ed avviare le cure più appropriate in alcune regioni ci vogliono poche settimane, in altre oltre 8 mesi. Altro elemento generatore di disuguaglianze è la mancata traduzione di norme o atti di programmazione in azioni concrete e cambiamenti tangibili della realtà. Si assiste ad un livello di capacità diversificato da parte delle Regioni nell’adeguamento e nell’implementazione dei contenuti e degli impegni previsti in provvedimenti nazionali o in accordi Stato-Regioni. Alcuni esempi sono il mancato recepimento del Piano Nazionale delle Cronicità, che a tre anni dalla sua emanazione non ha ancora visto la piena attuazione in tutte le regioni o la mancata realizzazione in molte regioni delle anagrafi vaccinali informatizzate. Come contrastare dunque il fenomeno delle disuguaglianze in sanità? Il Patto per la salute può rappresentare una straordinaria opportunità ma occorrerà superare la logica dei tetti di spesa per garantire risposte adeguate ai bisogni di salute, tenendo conto di due aspetti: diritti dei cittadini che vanno resi esigibili con atti concreti e buona amministrazione delle regioni.
ANTONIO GAUDIOSO Segretario Generale di Cittadinanzattiva
Vi sono un’altra serie di problemi legati all’accesso alle diagnosi e alle terapie innovative che molto spesso non 61
LA RESILIENZA FARMACEUTICA E IL GOVERNO FUTURO DELLE TERAPIE Il Mondo della salute sta vivendo un’evoluzione estremamente significativa. I cambiamenti in atto si sviluppano con una velocità sempre maggiore e incidono in maniera trasversale su molte sfere della società, tra cui economica, istituzionale, privata ed etica. La particolarità di questo momento storico è dovuta alla convergenza di almeno tre macro-fenomeni che si stanno manifestando a livello globale, seppur con differenze sensibili nelle diverse aree del pianeta: l’aumento della domanda e la crescente pressione cui sono sottoposti i bilanci pubblici della sanità; l’evoluzione del consumatorepaziente e, infine, l’impatto della tecnologia. La domanda di servizi per la salute è in continua crescita sia nei Paesi avanzati che in quelli in via di sviluppo. Nella maggior parte dei Paesi sviluppati, l’invecchiamento della popolazione è un fatto ormai conclamato: entro il 2020, la popolazione sopra i sessant’anni di età supererà per la prima volta quella dei bambini sotto i cinque. Se nel 2015 solo il 12% del totale era costituito da individui sopra i sessant’anni, nel 2050 si arriverà al 22%. Ciò implica che sempre più persone vivranno con malattie croniche, tipiche dell’età avanzata, e richiederanno adeguata assistenza. Da diversi anni tutte le principali economie sviluppate prevedono, entro il 2040, un incremento della spesa sanitaria almeno del 2-5% – una stima probabilmente conservativa. In parallelo, nei Paesi in via di sviluppo, assisteremo a un più che auspicabile aumento delle prospettive medie di vita, ma anche a un’esplosione delle malattie non trasmissibili, come previsto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. A fronte di una simile crescita della domanda, per continuare a rispondere alle fondamentali esigenze di salute della popolazione mondiale, i sistemi sanitari devono adattarsi rapidamente e trovare un nuovo punto di equilibrio che garantisca accesso alle cure e condizioni di sostenibilità economica. A fronte di questo scenario, la direzione da percorrere è innanzitutto quella della prevenzione. Lo stato di salute della popolazione di domani dipende in larga misura dallo stile di vita di oggi, specialmente tra le nuove generazioni. Occorre agire sul piano culturale affinché diventi “normale” condurre la propria vita con piena coscienza delle conseguenze future delle scelte fatte ogni giorno, per sé stessi e per l’intera collettività. Ed è qui che entra in gioco
il secondo importante macro-fenomeno di questi tempi: il nuovo consumatore-paziente. Le persone oggi hanno accesso a molte più informazioni e, di conseguenza, sviluppano molte più aspettative in termini di accesso alle cure e di qualità delle stesse. Le nuove abitudini di acquisto e di consumo – orientate al mobile, alla personalizzazione e alla democratizzazione – inducono a ragionare in questi termini anche per quanto riguarda la salute. Bisogna quindi sostenere la crescente consapevolezza dei pazienti, coinvolgerli nei processi decisionali e favorirne l’empowerment, con gli strumenti propri dell’epoca ipertecnologica in cui viviamo, cogliendo le indubbie opportunità di risparmio di costi che ne derivano. È una condizione essenziale per rifondare il sistema a partire dal concetto di prevenzione, ma anche per favorire una cultura fondata sul benessere della persona a tutto tondo. Negli ultimi vent’anni, l’innovazione tecnologica – terzo e ultimo macro-fenomeno in convergenza con i precedenti due – si è fatta sentire in pressoché tutti gli ambiti delle nostre vite. La salute è certamente uno di questi: grazie alle prime applicazioni di intelligenza artificiale nella diagnostica, alla creazione di banche dati sulla sanità ed allo sviluppo di farmaci su misura, stiamo iniziando a percepire la portata di questa rivoluzione. La digital transformation delle scienze mediche porterà immensi benefici per lo sviluppo di terapie e modalità di somministrazione più efficaci e meno costose, attraverso cui costruire un sistema più efficiente nel suo complesso. Ma questa prospettiva richiede ancora molto lavoro e grande capacità di governare i processi innovativi. Occorre però ricordare che il perno centrale di qualsiasi innovazione sono le persone e la loro capacità di generare valore attraverso le relazioni; anche nell’imminente scenario dell’e-health, il rapporto umano resterà sempre la componente essenziale di qualunque azione di prevenzione, diagnosi o terapia. Sono quindi molte le opportunità che ci attendono, ma altrettanti gli ostacoli da superare, che richiedono senso di responsabilità, spirito di adattamento al contesto internazionale e una rinnovata alleanza tra tutti gli attori in campo. Il mondo dei Big Data sta entrando sempre di più anche nel campo della ricerca e dello sviluppo di nuovi farmaci e, considerando la quantità di dati e le numerose possibilità di incrociarli, la sua gestione supera di gran lunga il livello nazionale e persino quello europeo per approdare 63
necessariamente al mondo globale. Attraverso la raccolta e l’analisi di dati sanitari è pertanto possibile definire in maniera più accurata le malattie e sviluppare un’attività di sorveglianza che favorisca l’individuazione di nuove risposte e misure di sanità pubblica. Ricordate John Snow? Quando nel 1854 si diffuse il colera nel quartiere di Soho, a Londra, Snow ne studiò la diffusione, utilizzando una piantina della città e la mappatura della diffusione dei casi nei diversi periodi. Questo metodo gli permise di notare che i casi si concentravano attorno ad una pompa dell’acqua presente nel distretto di Soho e di fermare la malattia, bloccando la pompa stessa. Recentemente un gruppo di ricercatori dell’Università di Oxford con sede in Nepal e Vietnam ha avuto un approccio simile per studiare la diffusione del tifo in Nepal: ha infatti combinato il sequenziamento del DNA con le rilevazioni GPS per mappare i casi di tifo ed è riuscito a rintracciare l’origine dei focolai, fornendo così un esempio concreto dei benefici che potremmo ottenere combinando insieme diversi set di dati. Le più recenti tecniche di sequenziamento del DNA offrono potenti strumenti per identificare le cause delle malattie, aiutare la diagnosi, prevedere le risposte ai trattamenti e determinare quali possano essere le migliori cure per il paziente. Uno studio a livello mondiale, guidato da Dominic Kwiatkwoski, ha ad esempio dimostrato come attraverso queste tecniche si possano affrontare problemi di portata globale, in grado di mettere in pericolo centinaia di migliaia di vite. La diffusione in Cambogia di alcuni parassiti della malaria resistenti al farmaco antimalarico più efficace è stata, infatti, controllata attraverso il monitoraggio genetico dei parassiti stessi. Se si pensa ai database contenenti dati individuali, tra cui quelli genetici, è inevitabile porsi il problema della privacy, che va affrontato dal punto di vista giuridico per bilanciare le esigenze di trasparenza e la necessità dei soggetti che partecipano alla ricerca di essere tutelati nella loro riservatezza. Tuttavia, l’ingresso dei Big Data nel mondo della farmacologia porta con sé un potenziale grande vantaggio per la salute dell’uomo: il beneficio che ne consegue è legato alla capacità di incrociare enormi masse di dati e analizzare così una quantità ineguagliata di informazioni, riferite a milioni di pazienti e pertanto in grado di consentire analisi di ampia portata mai tentate sinora. Quella dei Big Data è una disciplina che richiede, in tutte le fasi del processo, l’intervento di strumenti molto più sofisticati rispetto a quelli tradizionali. Se da un lato è vero che l’intelligenza artificiale e quella umana devono completarsi per trasformare i dati in informazioni e le informazioni in conoscenza (passaggi non proprio scontati), su cui si possano prendere delle decisioni a carattere universale, dall’altro la cooperazione tra le intelligenze umane, 64
che non sarà – almeno a breve termine – imitabile da programmi computazionali, è la caratteristica che rende davvero unica la specie umana e che servirà anche per innovare lo sviluppo farmaceutico negli anni a venire.
LUCA PANI Professore Ordinario di Farmacologia all’Università di Modena e Reggio Emilia,e di Psichiatria Clinica all’Università di Miami.Vicepresidente per le Strategie Regolatorie e l’Innovazione nell’accesso al mercato per VeraSci a Durham, USA.
SESSIONE 1: “DIABETES & INERTIA: THE COVID-19 LESSON”
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Oggi è estremamente importante parlare di ripartenza, alla luce della diminuzione della continuità e dell’intensità assistenziale dovuta alla pandemia da Covid-19. La modalità in cui ripartiremo sarà un fattore decisivo. È necessario trovare un delicato equilibrio tra il rispondere ai bisogni di assistenza dei pazienti, ma al tempo stesso non esporli al rischio di contagio. È necessario implementare il triage della fragilità, ovvero identificare i pazienti più gravi da visitare in presenza negli ambulatori di diabetologia, e quelli che possono ricevere un tipo di prestazione differente, quale ad esempio la televisita. E per il futuro sarà necessario ripensare ad un nuovo modello di telemedicina, poiché quella attuale è a grande rischio di inerzia. È evidente che ogni qual volta si mette in campo un cambiamento di una terapia, si inizia una nuova cura o se ne intensifica una, questo rischia di non avvenire soprattutto se si passa da cure semplici a quelle più complesse. L’assistenza a favore delle persone con diabete non va banalizzata: sarà necessario rimettere in piedi delle vere e proprie reti dove i servizi specialistici di diabetologia e i territori saranno nodi fondamentali, supportati da un’adeguata digitalizzazione per ottimizzarne il dialogare. Paolo Di Bartolo, Presidente AMD
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Il Covid-19 ha evidenziato da un lato che il paziente con diabete sembra essere più suscettibile ad ammalarsi di Sars Covid-2, dall’altro un aumento di nuove diagnosi di iperglicemia messe in relazione all’infezione da Covid-19. Questo aspetto andrà ulteriormente analizzato, visitando a distanza di tempo quei pazienti che hanno sviluppato il diabete come problema secondario al Sars Covid-2. In questo senso, la comunità scientifica e sanitaria dovrà garantire che questi pazienti verranno seguiti in sicurezza. Ogni paziente è diverso dagli altri, abbiamo molto da imparare e in particolare nel paziente con diabete che si misura con questa infezione. Dovremo cercare di analizzare e stratificare al meglio i pazienti per capire quali sono i danni che il Covid-19 ha portato al paziente stesso, quali sono le sequele che derivano dai pazienti che si sono ammalati da Covid e quindi come personalizzare la terapia. Francesco Dotta, Segretario Generale IBDO Foundation
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Durante la pandemia da Covid-19 i clinici sono stati chiamati ad agire in fasi diverse, anche in condizioni di emergenza, attivando protocolli in particolare per le persone con diabete al fine di seguirle da remoto. Questa esperienza ha dato luogo alla realizzazione di una procedura condivisa dalle società scientifiche SIE, AMD e SID e validata da una revisione dell’ISS. Questo si è verificato nella fase dell’emergenza, ma ha permeato l’esperienza dei centri di endocrinologia e di diabetologia nella gestione dei pazienti con diabete e di altre patologie endocrine che possono essere assimilate per la necessità di un riscontro da remoto. In molti centri oggi c’è una situazione ibrida: il follow up da remoto si affianca alle visite in presenza. Al tempo stesso ci sono nuove sollecitazioni per adeguare la soluzione digitale e renderla più efficace divenendo uno strumento che faciliti il lavoro: SIE, SID e AMD stanno collaborando per valutare alcune soluzioni digitali e le relative implicazioni cliniche per la gestione della persona con diabete. Quello che è successo ha cambiato il paradigma del modello assistenziale con cui oggi forniamo un riscontro al bisogno di salute delle persone con diabete. Ci sono protocolli che vanno affinati, ci sono anche soluzioni terapeutiche avanzate e molteplici, ma tutto questo deve tradursi in soluzioni concrete per il paziente attraverso la competenza, e soprattutto l’evidenza basata sulla letteratura scientifica. Francesco Giorgino, Presidente SIE
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L’esperienza fatta in questi mesi di pandemia di COVID-19 deve insegnare a tutti, medici ed istituzioni, come siaassolutamente necessario accelerare sulla informatizzazione dei dati dei pazienti, per permettere a specialisti e medici di medicina generale di gestire e condividere informazioni utili alla gestione clinica dei 4 milioni di persone con diabete, che costituiscono però unapopolazione eterogenea dal punto di vista clinico, ed in cui è quindi necessario “personalizzare” l’intervento.Va infine risolta, al di là delle misure prese in emergenza COVID-19, il problema dei piani terapeutici per i farmaci di nuova generazione. Anche in questo caso l’informatica risulta fondamentale. Non devono viaggiare i pazienti, ma le ricette elettroniche Francesco Purrello, Presidente SID
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Lo snellimento dei processi e la sburocratizzazione durante il Covid-19, sono state una conquista per i pazienti e per i clinici. L’opportunità di rinnovare i piani terapeutici anche non in presenza dovrebbe esser diffusa su tutto il territorio nazionale e continuare nel futuro. Inoltre, i servizi di diabetologia si potrebbero far carico di effettuare il triage dei pazienti, col fine di recuperare le visite rimandate a causa del Covid-19. Concetta Suraci, Presidente Diabete Italia
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Durante il periodo della pandemia i pazienti che avevano sintomi di infarto non sono andati in ospedale per paura di contrarre l’infezione: c’è stato un calo del 50% dei pazienti ricoverati, arrivati in ospedale in condizioni nettamente più gravi. Per non pensare a tutte le visite di controllo, per patologie croniche, che sono state perse per l’oggettiva situazione che si era venuta a creare in Italia. La pandemia ha evidenziato ancor di più che la salute cardiovascolare e metabolica è un elemento centrale per arrivare con migliori prospettive anche a queste situazioni difficili. Pazienti sotto controllo e ben trattati, se la sono cavata meglio, e da questo punto di vista è davvero importante vincere l’inerzia e riportare i pazienti verso la medicina. Da questo punto di vista un’alleanza per riprendere le fila della prevenzione cardiovascolare e della cura delle malattie croniche è indispensabile: una medicina che protegga il paziente a 360° anche quando si verificano situazioni così critiche, così inattese e così devastanti. Massimo Volpe, Presidente SIPREC
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SESSIONE 2: “INERZIA CLINICA NELLA GESTIONE DEL DIABETE DI TIPO 2” È necessario costruire una rete tecnologica che consenta al dato di viaggiare di più e al paziente e al medico di viaggiare di meno, avendo le cartelle in rete e i dati dei laboratori che arrivano direttamente nelle cartelle cliniche in totale sinergia. La terapia innovativa è fondamentale per progredire nella cura del diabete, ma è altrettanto importante promuovere l’accesso a queste nuove terapie in tutte le regioni per garantire l’eguaglianza di accesso alle cure dei pazienti con diabete del nostro paese. È opportuno che ci sia un indirizzo unico nazionale che vada nella direzione di favorire la persona con diabete e migliorarne l’efficacia e l’efficienza. Agostino Consoli, Presidente Eletto SID
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Il Covid-19 ha messo in evidenza i problemi burocratici, i problemi organizzativi, i problemi di esigibilità dei diritti, i problemi di utilizzo delle tecnologie, i problema dei piani terapeutici, si rende quindi necessario cambiare direzione nell’organizzazione sanitaria proprio alla luce di quanto è successo, mettendo mano a meccanismi che complicano la vita delle persone e degli operatori, e che tolgono tempo a quella parte fondamentale del dialogo medico paziente che è un elemento essenziale per superare il tema dell’inerzia. È necessario lavorare su efficienza organizzativa, su esigibilità dei diritti, e superare anche un’idea di rapporto tra ospedale e territorio come due entità separate. Se partiamo dai bisogni delle persone, cambia completamente il paradigma di come vediamo l’organizzazione dei servizi. Se da una parte bisogna assicurare le persone che tutto può esser svolto in sicurezza, dall’altra bisogna utilizzare nuovi modelli organizzativi, tecnologie, e anche nuovi modelli di prescrizione e far sì che i servizi siano disegnati sui bisogni delle persone e non viceversa. Antonio Gaudioso, Segretario Generale Cittadinanzattiva
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Dato il numero crescente di pazienti, la soluzione ottimale è l’organizzazione è di una rete con il territorio, con la medicina generale e con gli ambulatori di diabetologia. Una rete con le dovute tecnologie, e con un triage dedicato che identifichi i pazienti più gravi e bisognosi, dedicando loro più tempo, e che permetta ai pazienti stabilizzati di accedere ai servizi di diabetologia al bisogno. Graziano Di Cianni, Presidente Eletto AMD
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Il Covid-19 ha messo in evidenza alcune problematiche di natura gestionale, tra queste il fatto che l’infermiere non sia dedicato alla patologia, ma venga spostato in molteplici servizi nei quali non può sempre offrire assistenza nel modo adeguato. La situazione diventerà ancora più drammatica perché ci sarà un vuoto di competenze legato al turnover. L’importante è avere il tempo da dedicare al paziente e usarlo nel modo adeguato. È fondamentale l’educazione terapeutica che sta alla base di ogni cambiamento, sia di prevenzione, sia di cura e gestione della terapia. Qualunque protocollo, rete, cambiamento diventa inefficace se dall’altra parte non c’è un paziente collaborante e per far questo servono competenze che si acquisiscono con anni di lavoro nei servizi dedicati e con la possibilità di fare formazione. Carolina Larocca, Presidente OSDI
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L’inerzia ha diversi aspetti: l’inerzia del paziente, l’inerzia del clinico, l’inerzia del sistema. Il Covid-19 ci ha insegnato molte cose tra cui essere attivi e riscoprire il territorio, e la nostra vocazione ad andare ad accudire i pazienti (compito preposto ai medici di MMG). È fondamentale una medicina di territorio attiva che vada ad individuare i pazienti con diabete che attualmente non hanno diagnosi (esempio DT2), andando all’inizio del problema, alla diagnosi della patologia per sanare il paziente nel minor tempo possibile. Ci sono altre modalità di assistenza, quali il teleconsulting, che permette di far sentire il paziente al centro di un quadro assistenziale che è sempre pronto e disponibile alle sue esigenze e bisogno. Questo è importante per poter vincere sia l’inerzia terapeutica, sia l’inerzia del paziente ovvero la non aderenza alle terapie, che molte volte le persone con diabete, in particolare coloro che soffrono di malattie croniche, manifestano.
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Davide Lauro, Professore Ordinario di Endocrinologia, Università di Roma Tor Vergata
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Le ragioni dell’inerzia sono molteplici: inappropriatezza, non aderenza e i problemi di sistema. I costi della non aderenza sono elevati, abbiamo molti dati a supporto. Per l’inappropriatezza, sono stati presi in esame i costi del “fare troppo”, della cosiddetta medicina difensiva, mentre i dati dell’inappropriatezza in termini di non fare, quindi sostanzialmente di procrastinare le scelte, non sono ancora disponibili. Ancor meno sappiamo quanto è l’effetto totale di tutti i freni di sistema che identificano il costo dell’inappropriatezza. Questa è un’area di ricerca dove dobbiamo investire di più. È chiaro che abbiamo a disposizione una forte evidenza che è costituita dai trial clinici che sono sempre ex ante. Per costruire invece i costi dell’inerzia dobbiamo lavorare sui Real world data e ragionare sugli effettivi percorsi dei pazienti, per analizzare e identificare i costi che si generano procrastinando le scelte o ritardando gli interventi. Federico Spandonaro, Presidente di CREA Sanità
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SESSIONE 3: “GESTIONE BIG DATA PER LA RICERCA E LA CURA DEL DIABETE”
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Durante il Covid-19 abbiamo appreso che affinché il paziente non abbia un decorso clinico grave, è necessario che la sua glicemia venga mantenuta il più normale possibile. Questa è la lezione che dovremmo apprendere tutti, in particolare tutti coloro che hanno il compito di gestire i pazienti con diabete. Angelo Avogaro, Professore Ordinario di Endocrinologia, Università di Padova
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È necessario potenziare e migliorare i set di dati provenienti dalle cartelle cliniche che al momento per omogeneità, precisione, numerosità, univocità dei dati non sono tutti idonei ai fini della ricerca. Migliorando i set i dati potremmo ottenere importanti informazioni dal punto di vista di diabetologia clinica e dal punto di vista della Real world evidence, utili ai fini di nuove ipotesi di lavoro soprattutto per il sistema organizzativo Gerardo Medea, Responsabile area metabolica SIMG
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Le nuove tecnologie, e in parte i big data, possono contribuire per far sì che il paziente obeso non diventi diabetico e che possibilmente riceva una cura cronica che lo mantenga ad un livello di guardia per la prevenzione non solo del diabete, ma di tutte le patologie di cui l’obesità è causa, ma è necessario cambiare il paradigma e in parte dar vita a nuove possibilità. L’unione della grande potenza delle nuove tecnologie, ad esempio per conoscere le abitudini del paziente obeso in termini di consumo di cibo e di attività fisica, sarà certamente di ausilio, naturalmente coniugato a nuove metodiche terapeutiche e diagnostiche o a nuovi farmaci per l’obesità che possano servire come momento di passaggio epocale, verso la prevenzione del diabete interrompendo un’inerzia che nel caso del diabete di tipo due comincia da molto lontano, prima ancora che il diabete stesso si manifesti. Paolo Sbraccia, Vice Presidente IBDO Foundation
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I big data e l’intelligenza artificiale sono una grande opportunità, ma è fondamentale che analizzino i dati clinici, altrimenti sarà molto difficile che possano influenzare gli aspetti clinici. La raccolta dei dati è fondamentale ma poi è necessario aggregarli e qui in Italia abbiamo un’opportunità unica, quella di poterli aggregare a livello regionale. L’intelligenza artificiale e i big data potrebbero dare un grandissimo supporto nell’elaborazione dei dati clinici nella stratificazione dei pazienti a seconda del rischio delle complicanze. Questo permetterebbe di fare una sorta di triage dei pazienti e aumenterebbe l’appropriatezza di intervento, dedicando più tempo alle persone che ne hanno bisogno, e facilitando la gestione integrata col medico di medicina generale, non sullo scambio di informazioni amministrative, ma sulle reali necessità del paziente. Il mio invito è quello di raccogliere i dati clinici ed aggregarli a livello regionale, fatto questo sarà più facile elaborare e produrre delle innovazioni organizzative e cliniche. Giacomo Vespasiani, Consulente METEDA
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Un numero sempre maggiore di persone affette da diabete si connette alla rete attraverso l’uso di app e di sensori di glucosio, la quantità di dati sul controllo della glicemia si espande in modo massiccio. Il medico sarà in grado non solo di valutare il controllo a lungo termine tramite HbA1c, ma anche i livelli di glucosio minuto per minuto. Una migliore categorizzazione delle persone a rischio di diabete di tipo 2 potrebbe portare a misure preventive migliori e più mirate. L’intelligenza artificiale può alimentare applicazioni che forniscono una guida personalizzata per le persone con diabete, ad esempio gli aggiustamenti del loro regime di trattamento e le raccomandazioni dietetiche. I dati raccolti dalle applicazioni miglioreranno gli algoritmi utilizzati per le previsioni e il calcolo delle dosi. Ciò consentirà di applicare i benefici della ricerca all’intera popolazione dei pazienti e andrà a beneficio in particolare dei gruppi minoritari le cui caratteristiche genetiche rilevanti o altri fattori possono differire dalla popolazione generale. Domenico Mannino, Presidente Fondazione AMD
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LETTERA APERTA
ai Presidenti dell’Intergruppo parlamentare “Obesità e Diabete” On. Roberto Pella e Sen. Daniela Sbrollini
e per loro tramite a
Ministro della Salute, On. Roberto Speranza Presidente XII Commissione Camera dei Deputati, On. Marialucia Lorefice Presidente XII Commissione Senato della Repubblica, Sen. Stefano Collina Presidente Conferenza Regioni e Provincie autonome, Dr. Stefano Bonaccini Presidente ANCI, Ing. Antonio Decaro Presidente UPI, Dr. Michele De Pascale Capo Delegazione italiana Comitato delle Regioni in UE, Dr. Roberto Ciambetti Vice Direttore Vicario OMS, Dr. Ranieri Guerra Capo Dipartimento Protezione Civile, Dr. Angelo Borrelli Presidente Istituto di Superiore di Sanità, Prof. Silvio Brusaferro Commissario AGENAS, Dr. Domenico Mantoan Direttore Generale Programmazione Ministero della Salute, Dr. Andrea Urbani Direttore Generale AIFA, Dr. Nicola Magrini
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Oggetto: Tutela delle persone con diabete nelle fasi dell’emergenza COVID-19
Gentilissimi,
Vi scriviamo quali rappresentanti delle Società Scientifiche, Fondazioni, Associazioni Pazienti, Coordinamenti Associativi e Professionali, impegnati nel campo della tutela della salute, della prevenzione e della cura di 5 milioni di persone e cittadini in Italia con diabete tipo 1 e tipo 2, e dei loro familiari. Vogliamo porre alla vostra attenzione l’urgenza di atti governativi e istituzionali a tutela della persona con diabete e, in particolare in questa fase di emergenza dovuta al COVID-19, della persona con diabete quale “paziente fortemente vulnerabile e fragile”. Ci rivolgiamo a voi, quali rappresentanti delle Istituzioni, per sottolineare come i dati internazionali e nazionali emersi da COVID-19, inclusi quelli dei rapporti dell’ISS, indichino nel paziente con diabete una maggiore vulnerabilità e fragilità nonché un maggiore tasso di mortalità rispetto a pazienti con altre patologie. Il diabete mellito di tipo 2 è particolarmente prevalente nelle persone anziane – fra le quali una su cinque risulta affetta dalla malattia, e si accompagna spesso a complicanze croniche a livello cardiovascolare, renale, oculare, vascolare periferico e neurologico. In particolare, oltre il 20% delle persone con diabete ha già avuto un evento cardiovascolare e dati molto recenti rendono ragione di come la presenza di malattia cardiovascolare renda ancor più pericolosa l’infezione da SARS-CoV-2, il nuovo coronavirus responsabile di forme anche molto severe di sindrome respiratoria acuta (COVID-19). La concomitanza di questi fattori fa delle persone anziane con diabete e delle persone con diabete con comorbilità una categoria particolarmente fragile e suscettibile a infezioni virali severe, con conseguenze che possono essere letali. Alla luce di queste considerazioni, la pandemia di SARS-CoV-2 in corso nel nostro Paese suscita particolari preoccupazioni per le implicazioni che essa comporta per i pazienti affetti da diabete mellito. In effetti, secondo i dati raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità, su 31.096 decessi avvenuti in Italia fino al 21 maggio, l’età mediana delle persone decedute è pari a 81 anni, con una prevalenza di diabete di circa il 30%. In altre parole, tra le persone decedute in Italia con COVID-19, una su tre era affetta da diabete. Questo rafforza ulteriormente la consapevolezza che la prevenzione, la diagnosi e il trattamento precoce del diabete riducono il rischio di severità per malattie note come le malattie cardiovascolari, respiratorie e renali ma anche per le malattie trasmissibili come l’infezione da COVID-19. La pandemia da COVID-19 sta portando repentini e profondi cambiamenti al nostro modo di vivere, ma anche al nostro modo di gestire la salute. La speranza di tutti è che l’impatto sulla nostra vita sia il più transitorio possibile. Tuttavia, per quello che riguarda la malattia diabetica e l’assistenza ad essa, i cambiamenti (che devono essere implementati subito, pena un prezzo ancora più alto che le persone con diabete dovranno pagare a questa pandemia) possono costituire una traccia per migliorare e razionalizzare l’assistenza alla persona con diabete anche nel futuro.
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TUTTO CIÒ PREMESSO, SIAMO A CHIEDERE DI
CONSIDERARE il diabete tipo 1 e tipo 2 durante tutte le fasi dovute al COVID-19 come una priorità nazionale a livello sanitario, politico, clinico, sociale e clinico, riconoscendo che la stessa è una malattia altamente disabilitante e che rappresenta un importante fattore di rischio e di mortalità;
RIORGANIZZARE l’assistenza nella fase post-emergenza COVID-19 con un nuovo e completo approccio a favore delle persone con diabete tipo 1 e tipo 2, adattata ai nuovi scenari e alle nuove esigenze correlate all’epidemia. Ripresa non ulteriormente rimandabile, senza la quale nei prossimi mesi e anni potremmo essere travolti da un imponente ondata di Super-Mortalità e Super-Morbosità correlata a queste patologie, con un rischio elevato di aumento a breve-medio termine delle ospedalizzazioni per riacutizzazioni delle patologie croniche e per il sopravvenire di complicanze o abbandoni della cura, con importanti ripercussioni negative sul piano clinico e aumento dei costi sanitari, sociali ed economici in una situazione già di estrema criticità per il nostro SSN;
GARANTIRE nell’immediato, un equilibrio fra il rischio di contagio (Triage Covid19), la sicurezza sia dei pazienti, sia degli operatori sanitari e la soddisfazione dei fondamentali bisogni di assistenza della persona con diabete, individuando adeguati spazi e strutture da dedicare ai team multidisciplinari (diabetologo/medico di medicina generale, diabetologo/pediatra, pediatra/pediatra, nutrizionista/dietista, infermiere, psicologo), evitando sovraffollamenti e lunghi tempi di attesa;
ORGANIZZARE in tempi rapidi una attività innovativa di “Triage della Fragilità” dei pazienti con diabete, come una nuova, imprescindibile funzione, cui assegnare la competenza di definire le priorità di cura e le modalità di accesso e presa in carico all’interno dei diversi setting assistenziali e nei diversi luoghi di cura, con potenziamento dell’integrazione tra ospedale e cure primarie e specialistiche;
COSTRUIRE una rete assistenziale dedicata a questa funzione, coerente con l’attuale nuovo scenario sanitario e sociale e del particolare stato di fragilità che caratterizza la persona con diabete, all’interno della quale la telemedicina, la teleassistenza, la televisita e il teleconsulto siano strumenti fattivi, ma non esclusivi, di un modello di cura più efficace e innovativo;
INTEGRARE l’informatizzazione istituzionale (regionale e aziendale) con quella maggiormente clinica diabetologica e della medicina generale, puntando alla massima dematerializzazione, sia per semplificare le procedure sia per consentire analisi più approfondite, anche di tipo predittivo, finalizzate a stratificare meglio la popolazione, dislocare più efficacemente le risorse umane, economiche e strutturali, e orientare il modello organizzativo con identificazione di indicatori più congrui (la diabetologia è la migliore palestra ove implementare tali approcci essendo, nel panorama nazionale, la specialistica maggiormente digitalizzata); SOLLECITARE il mantenimento di procedure semplificate, com’è avvenuto in questo periodo di emergenza, per la prescrizione e la fornitura di farmaci e presidi, evitando la distribuzione degli stessi presso gli ospedali, evitando così l’affollamento inutile e potenzialmente rischioso;
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RENDERE omogeneo l’accesso alle cure e ai trattamenti su tutto il territorio nazionale (anche e soprattutto in questo periodo di emergenza sanitaria sono state registrate grandi e gravi differenze tra territori generando, quindi, differenze di accesso alle cure e alla assistenza);
FACILITARE su tutto il territorio nazionale l’accesso ai trattamenti innovativi, attraverso l’utilizzo di tecnologie che consentano la somministrazione della terapia insulinica con sistemi di infusione continua, il monitoraggio continuo del glucosio, farmaci più moderni, più efficaci e più sicuri – un’esigenza già sentita ed espressa prima dell’esplosione della pandemia – che favoriscono un migliore controllo glicometabolico, la prevenzione del rischio cardiovascolare, di eventi ipoglicemici talora anche severi e un miglioramento della qualità di vita;
PROMUOVERE percorsi educativi standardizzati e campiscuola, per la cura del bambino e dell’adolescente con diabete tipo 1, che prevedano il coinvolgimento diretto di famiglia, pediatri di libera scelta, insegnanti e istruttori di attività sportive, tutti protagonisti fondamentali nel processo di cura. Questo anche in considerazione del rientro dei bambini e degli adolescenti a settembre a scuola e della ripresa delle attività sportive;
INSERIRE nei tavoli di lavoro istituzionali e di confronto tra Governo, Regioni ed Enti Locali, insieme alle parti sociali, per la gestione della governance delle malattie croniche nella fase di gestione attuale e futura dell’emergenza COVID-19 rappresentanti delle Società Scientifiche, Network, Fondazioni, Associazioni Pazienti impegnate sul diabete;
ORGANIZZARE un confronto immediato con le Istituzioni da voi rappresentate, tramite audizioni, confronti o riunioni allo scopo di finalizzare i punti-obiettivi sopra esposti, per tutelare il diritto alla salute delle persone con diabete.
Roma, li 3 Giugno 2020
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I FIRMATARI PER LE SOCIETÀ SCIENTIFICHE Associazioni Medici Diabetologi (AMD) Il Presidente Dott. Paolo Di Bartolo
Società Italiana di Diabetologia (SID) Il Presidente Prof. Francesco Purrello
Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) Il Presidente Prof. Claudio Maffeis
Società Italiana di Endocrinologia (SIE) Il Presidente Prof. Francesco Giorgino
Società italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG) Il Presidente Prof. Claudio Cricelli
Società Italiana di Pediatria – SIP Il Presidente Prof. Alberto Villani
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I FIRMATARI PER LE FONDAZIONI, I COORDINAMENTI ASSOCIATIVI E PROFESSIONALI
Diabete Italia La Presidente Dott.ssa Concetta Suraci
Fondazione AMD Il Presidente Prof. Domenico Mannino
FO.RI.SID Il Presidente Prof. Giorgio Sesti
FO.RI.SIE Il Presidente Prof. Andrea Lenzi
Italian Barometer Diabetes Obeservatory (IBDO) Foundation Il Presidente Prof. Renato Lauro
Operatori Sanitari di Diabetologia Italiani (OSDI) La Presidente Dott.ssa Caterina Larocca
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I FIRMATARI PER LE ASSOCIAZIONI PAZIENTI Associazioni di aiuto a Bambini e Giovani con Diabete - AGD ITALIA Il Presidente Ing. Giovanni Lamenza
Associazione Italiana Diabetici - FAND Il Presidente Prof. Albino Bottazzo
Associazione Italiana per la Difesa degli Interessi dei Diabetici - AID Il Presidente Dott. Raffaele Scalpone
Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici - ANIAD Il Presidente Dott. Marcello Grussu
Diabete Forum Il Presidente Ing. Stefano Nervo
Comitato Nazionale per i Diritti della Persona con Diabete La Presidente Dott.ssa Sen. Emanuela Baio
Federazione Diabete Giovanile - FDG Il Presidente Dott. Antonio Ca91
REFERENZE BIBLIOGRAFICHE
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