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Le implicazioni della pandemia per l’impresa e il datore di lavoro

Prime riflessioni sui dati

Dopo oltre un anno e mezzo è possibile fare qualche primo bilancio di settore o, quantomeno, razionalizzare e analizzare i dati acquisiti in questi mesi sotto il duplice profilo della gestione organizzativa dell’impresa e della ipotetica responsabilità del datore di lavoro.

In punto di organizzazione aziendale, fin dal marzo 2020 abbiamo imparato a conoscere i c.d. Protocolli anti-contagio, a comprenderne la ratio e le modalità di attuazione pratica in azienda. Il Protocollo originario di marzo 2020, col suo immediato aggiornamento del 24.04.2020, si è rivelato una scelta ben calibrata ed ha avuto una rivisitazione col nuovo protocollo del 6.04.2021 (“Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Sars-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro”) che, non alterandone la struttura originaria, ne costituisce espresso aggiornamento ed evoluzione attraverso la positivizzazione dei risultati di un anno di esperienza lavorativa in pandemia. Con questo nuovo Protocollo si conferma dunque l’impostazione iniziale, ma le indicazioni ivi contenute ne escono evolute o riviste in dipendenza della persistenza del periodo emergenziale, integrate con le nuove esigenze dettate ad esempio dal reinserimento lavorativo dei lavoratori contagiati e guariti. Non ultime, ovviamente, le nuove questioni connesse all’inizio della campagna vaccinale e al potenziale coinvolgimento diretto o indiretto nel Piano vaccinale nazionale delle aziende, trasfuse in specifiche linee guida e indicazioni integrative ad interim (si veda circolare Ministero del Lavoro e della Salute n. 15126 del 12.04.2021).

Sono molte le imprese e le associazioni di categoria che hanno potuto dare la propria disponibilità di spazi con l’ambizione di accelerare l’attuazione del piano vaccinale

Punti vaccinali in azienda

Sul punto, infatti, partendo dal presupposto che l’eccezionale emergenza sanitaria

Avv. ingrid riz

Studio legale avv. Gaetano Forte

in atto può essere contrastata solamente attraverso azioni sinergiche di tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti e dal riconoscimento dell’assoluta priorità dello strumento vaccinale per la lotta al virus, alla medesima data del 6.04.2021 è stato adottato il “Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti Sars-CoV-2/Covid- 19 nei luoghi di lavoro”, con l’ambizione di accelerare l’attuazione del piano vaccinale a livello territoriale e di rendere più sicura la prosecuzione delle attività lavorative. Molte imprese e associazioni di categoria hanno potuto dare la propria disponibilità di spazi o di organizzazione per coadiuvare l’azione nazionale sempre sul presupposto che, da un lato, per i lavoratori potenzialmente coinvolti non si tratta di un obbligo ma di una scelta libera, opzionale ed alternativa all’iter ordinario nazionale e, dall’altro, che dette iniziative non attengono strettamente alla prevenzione nei luoghi di lavoro ma entrano a far parte di una attività di sanità pubblica, come tale oggetto di perdurante vigilanza e sovrintendenza da parte del Servizio sanitario. Per fare chiarezza sulle tempistiche di attivazioni dei punti vaccinali aziendali è stato, inoltre, adottato un documento tecnico operativo funzionale a chiarire la fase della campagna nazionale a far data dalla quale iniziare le campagne aziendali e l’individuazione delle priorità di natura quantitativa e qualitativa nelle vaccinazioni. In merito a quest’ultimo aspetto il documento contiene alcune tabelle di priorità strutturate sulla base di dati combinati ovvero l’analisi del rischio INAIL in relazione ai parametri di esposizione, prossimità e aggregazione (di cui al precedente documento INAIL del 9.04.2020, già impiegato per la valutazione del rischio negli ambienti di lavoro secondo i codici ATECO) e i dati assicurativi relativi alle denunce di infortunio da Covid-19 pervenute ad INAIL fino al 31.03.2021. A questi andrebbero affiancati anche i dati del monitoraggio epidemiologico, soprat-

Il settore dell’industria agroalimentare, sempre in prima linea per l’intero periodo pandemico, risulta in vetta come classe di priorità per la vaccinazione aziendale

Le misure di sicurezza di riferimento per il contenimento del contagio applicabili dalle industrie sono quelle contenute nell’ambito dei vari Protocolli, debitamente declinati nelle aziende da parte del datore di lavoro

tutto in relazione ai focolai nei contesti produttivi (si pensi ai prosciuttifici, già oggetto di importanti studi nazionali e sovranazionali) oltre alle evidenze scientifiche disponibili nei contesti lavorativi. In base alle tabelle elaborate, il settore dell’industria agroalimentare, sempre in prima linea per l’intero periodo pandemico, risulta in vetta come classe di priorità per la vaccinazione aziendale.

le responsabilità del datore di lavoro

Un secondo aspetto attiene alle conseguenze in cui può incorrere il datore di lavoro in dipendenza della malattia ovvero finanche dell’esito infausto del contagio di uno o più lavoratori. Pare finalmente chiarito il dettato dell’art. 42 del c.d. Decreto Cura Italia (DL 18/2020) che, equiparando l’assenza dal lavoro dovuta a contagio Covid sui luoghi di lavoro all’infortunio sul lavoro a copertura INAIL, aveva ingenerato una levata di scudi dei datori di lavoro che mal avevano inteso la portata del dettato normativo ritenendosi le vittime designate di future contestazioni per lesioni o morte cagionate ai dipendenti in conseguenza del contagio, già qualificato come infortunio ex lege. È stato in realtà da più parti precisato che l’equiparazione normativa tra contagio aziendale ed infortunio è funzionale esclusivamente a fornire una copertura immediata attraverso il canale assicurativo e che ciò non esorbita in giudizi di responsabilità per il contagio, cosa che richiederebbe un vaglio diverso rispetto alla oggettiva valutazione medico legale che sottende all’inquadramento del contagio nell’ambito dell’infortunio sul lavoro, recuperando peraltro una storica equiparazione tra causa violenta e causa virulenta. Altrettanto chiaro è però il fatto che non si può escludere in via assoluta una possibile responsabilità per le conseguenze lesive connesse al contagio aziendale: non è infatti escluso che la causa della malattia possa ravvisarsi nella mala gestio della sicurezza aziendale nel periodo pandemico, ovvero nella colpa per non aver predisposto o colposamente mal gestito le misure di sicurezza. Va da sé che le misure di sicurezza di cui trattasi sono quelle contenute nell’ambito dei Protocolli, debitamente declinati nelle aziende da parte del datore di lavoro. Si ricordi che l’art. 29 bis d.l. 23/2020 come inserito dalla legge di conversione 5.06.2020 n. 40 (“Definizioni degli obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio COVID-19”) espressamente prevede che “Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso…” così riempiendo di specifici contenuti quell’art. 2087 c.c. che, norma di chiusura del sistema, dispone che l’imprenditore debba curarsi della integrità fisica e morale dei prestatori di lavoro: le corrette modalità di estrinsecazione di questa cura vanno ora ricercate, per il periodo pandemico, nella corretta e completa attuazione aziendale del Protocollo.

inFortuni CoViD-CorrelAti

La problematica delle possibili incolpazioni dei datori di lavoro si è posta anche alla luce dei dati Inail relativi alle denunce di infortunio Covid-correlato pervenute all’Istituto in questi mesi, con dati aggiornati al 31.05.2021 (vedi Tabella). Di tutte le denunce, sono 639 quelle con esito mortale e, al netto del settore sanitario ove il rischio è evidentemente massimo e che registra il maggior numero di contagi, permane ad oggi l’interrogativo circa il destino delle stesse, ovvero se vi potranno essere addentellati giudiziari o meno. Sebbene nella difficoltà di provare una connessione causale tra l’evento e il lavoro svolto, soprattutto per il carattere diffusivo ed esogeno della malattia, oltre che per le ancora scarse conoscenze scientifiche sulla stessa, ovvero in quella ancora più ardua di strutturare una colpevole responsabilità dell’imprenditore, non è possibile escludere a priori che vi possano essere istanze di responsabilizzazione che trovano fondamento nel contagio verificatosi in occasione della prestazione lavorativa. Si tenga presente, infine, come mero spunto di riflessione in questa sede, che l’ipotesi di reato che meglio si attaglia a questa situazione è senza dubbio quella di cui all’art. 590 c.p. (589 c.p. se deriva la morte), che costituisce altresì presupposto della responsabilità dell’ente ex d.lgs. 231/01: la questione, pertanto, ad oggi astrattamente ipotizzabile, potrebbe costituire un articolato argomento di discussione nelle aule di giustizia nei prossimi anni.

Denunce di infortunio da CoViD-19 pervenute all’inail - Periodo di accertamento genn 2020-31 mag 2021

Classe di età Donne uomini totale % sul totale

fino a 34 anni 21.864 11.243 33.107 18,9%

da 35 a 49 anni 45.795

da 50 a 64 anni 51.322 18.547

23.143 64.342

74.465 36,7%

42.5%

totale 120.659 54.664 175.323 100,0%

Sebbene nella difficoltà di provare una connessione causale tra l’evento e il lavoro svolto, non è possibile escludere a priori che vi possano essere istanze di responsabilizzazione in caso di contagio verificatosi sul posto di lavoro

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