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Anche i microbi viaggiano in metró
Il 27 giugno si celebra ormai da qualche anno la giornata mondiale del microbioma, ovvero il patrimonio genetico di una popolazione microbica, il microbiota, in relazione alle caratteristiche dell’ambiente in cui questi invisibili abitanti si trovano. Il più noto è probabilmente il microbioma umano, poiché grazie ai progressi nelle tecniche di studio e ricerca, oggi lo conosciamo più da vicino,
e siamo in grado di comprenderne, almeno in parte, le funzioni e l’importanza. Di fatto però i microrganismi colonizzano la quasi totalità degli ambienti del nostro pianeta, dai suoli più aridi, alle acque più profonde, agli strati più ostili dell’atmosfera. Ogni nicchia ecologica, contraddistinta da condizioni specifiche di temperatura, disponibilità di acqua e nutrienti, concentrazioni di sale, acidità, ospita uno specifico microbioma, in grado di adattarsi ai cambiamenti, essendo dotato di grande resilienza. La comprensione dei meccanismi alla base di tale capacità di adattamento si sta rivelando utile non solo per lo studio degli specifici microbiomi, come ad esempio quelli del suolo o delle piante per le produzioni alimentari, ma anche, più in generale, come aspetto centrale della sostenibilità. Questa è, infatti, indissolubilmente legata ai microrganismi e alla loro evoluzione. Il modo attraverso cui questi piccoli abitanti del pianeta rispondono alle variazioni e alle diverse pressioni selettive, potrà indicarci la strada per rispondere alle sfide globali, come il cambiamento climatico. La recente scoperta dell’esistenza di specifici microbiomi urbani, quindi l’insieme di batteri, virus, archea, funghi, protozoi e dei loro geni e metaboliti, caratteristici di ogni città o centro abitato, ha permesso di correlare il modificarsi della biodiversità microbica di un luogo alla resilienza dell’intero ecosistema urbano. Comprendere quale sia l’impatto delle nostre attività quotidiane, che siano andare in metro (ogni linea ha il proprio microbioma, che è diverso nei giorni e nelle ore di punta!), sederci su una panchina o arredare casa (la progettazione architettonica è anche questione per microbi!), sulle comunità microbiche di un mondo sempre più urbanizzato, rappresenta un’importante opportunità di difesa di una risorsa fondamentale per il pianeta e per il benessere dell’uomo. La consapevolezza di quanto i microrganismi possano essere importanti per risolvere alcune tra le più grandi sfide del nostro tempo è uno potente strumento per indirizzare le tecnologie alimentari verso un futuro sostenibile.
La sostenibilità è legata anche ai microrganismi e alla loro evoluzione
BENEDETTA BOTTARI
Professore Associato Microbiologia degli Alimenti Università degli Studi di Parma
continua formazione
Isabella Cavaliere è Tecnologo Alimentare con 15 anni di esperienza alle spalle. Pugliese di origine, si è laureata brillantemente presso l’Università di Bologna con la volontà di trovare una posizione lavorativa nell’ambito dell’industria alimentare. La incontriamo per parlare della sua esperienza professionale.
Di cosa si occupa nel suo lavoro?
Negli ultimi 10 anni ho ricoperto il ruolo di Quality Assurance manager all’interno di uno zuccherificio. Seguire lo sviluppo di questa azienda fin dalla fase di startup, mi ha dato l’occasione di crescere molto professionalmente. Infatti in soli sei mesi abbiamo sviluppato il sistema di certificazione FSSC con il solo supporto del team di lavoro interno e la formazione continua. Nello specifico mi occupo di implementare i sistemi di gestione relativi a qualità e sicurezza alimentare a 360 gradi, secondo gli standard volontari e le richieste dei clienti, monitorare gli stessi (mediante audit interni) e seguire il processo di miglioramento continuo, effettuando personalmente anche la formazione e informazione all’interno delle aziende, ai fini dell’ottenimento dei certificati. Supporto le aziende nella gestione della rintracciabilità/tracciabilità dei prodotti, gestiamo i reclami/non conformità, ecc.
Insieme al patrimonio culturale costruito nel corso di studi, quali reputa siano le attitudini personali che aiutano nel suo lavoro?
Gli insegnamenti previsti nel piano di studi del TA, figura multidisciplinare, permettono di ottenere una visione completa del settore agroalimentare. Nonostante la nostra preparazione consenta di trovare impiego in moltissimi ambiti, bisogna però riconoscere che siamo poco noti o identificati con altri professionisti. Nella mia quindicinale carriera ho avuto modo di affrontare il lavoro applicando quanto ho studiato, questo mi ha permesso di comprendere, anche in modo indiretto, le varie dinamiche che si sono presentate nei diversi ruoli che ho ricoperto. Inutile dire che nel corso della mia attività professionale è necessario seguire diversi corsi di aggiornamento e tra questi ho frequentato un master di perfezionamento sulle certificazioni agro alimentari per approfondire le norme ISO. Pertanto tra le attitudini che bisogna avere vi è la flessibilità al cambiamento, spesso repentino. Un aspetto fondamentale del nostro lavoro è la comunicazione interna ed esterna e la capacità di trasmettere quanto richiesto dall’esterno a tutti i livelli dell’organizzazione, sebbene non sia semplice da attuare. Altri aspetti importanti nel nostro lavoro sono la capacità di collaborare in modo da accrescere le competenza del team e non del singolo e individuare preventivamente ciò che viene richiesto dal mercato.
Nell’applicazione delle norme al suo processo, le capita di riscontrare particolari problematicità legate alla specificità del prodotto?
Nella produzione di un prodotto, l’obiettivo successivo al produrre un alimento sicuro e di qualità, è il processo commerciale. Quando ho iniziato a lavorare in zuccherificio, avendo tra i clienti finali le grandi industrie, il primo requisito è stato l’ottenimento della certificazione secondo uno degli schemi del GFSI. Nel caso specifico abbiamo scelto come schema volontario quello della FSSC 22000, perché ci è sembrato più flessibile rispetto ad altri, quali BRC o IFS, ma di certo non più semplice nell’applicazione. 10 anni fa lo standard FSSC era stato appena emesso ed era ancora poco conosciuto e
diffuso. La decisione di seguire il percorso verso una certificazione di una norma volontaria dovrebbe considerare anche la specificità del prodotto, l’organizzazione in generale del processo e dell’azienda. Inoltre nel caso specifico dello zucchero ci sono poche norme cogenti come punto di riferimento per effettuare l’analisi dei pericoli e per i limiti critici da considerare per il prodotto stesso. Tuttavia, ci sono anche le specifiche richieste dei clienti stessi da rispettare e considerare. Inoltre ci si può anche imbattere in particolari situazioni, in cui bisogna giustificare la non applicabilità di alcune analisi specifiche richieste dal mercato o dalle autorità locali che svolgono le verifiche secondo protocolli o regolamenti generici relativi a tutta l’industria alimentare (solitamente europea), ma che potrebbero essere di difficile attuazione sullo specifico prodotto in questione.
Nella gestione delle non conformità, in che modo le sono d’aiuto la sua preparazione universitaria e l’esperienza maturata sul campo?
Nell’ambito delle non conformità è necessario distinguere almeno due macro categorie: le non conformità di sistema e le non conformità di prodotto. Per le non conformità di sistema e documentali, rilevate soprattutto nel corso di audit da parte delle autorità, clienti ed ente di certificazione, le conoscenze acquisite durante gli studi mi sono state alquanto utili. Per le non conformità di processo e/o di prodotto ritengo invece che sia indispensabile aver maturato anche una certa esperienza sul campo. Nella risoluzione delle non conformità è fondamentale eseguire un’analisi approfondita delle cause delle stesse in modo quanto più analitico possibile, per poter individuare la corretta problematica che ha scaturito tale deviazione del sistema o del prodotto. In tutto questo viene in aiuto anche il supporto da parte del team perché in azienda ogni figura, dal responsabile di produzione all’operaio che lavora in linea, può aiutarti con la sua esperienza, segnalando tempestivamente le anomalie che vengono rilevate nel corso della produzione. Ribadisco nuovamente che la comunicazione a tutti i livelli è imprescindibile ed è importante diffondere la cultura della qualità e food safety all’interno dell’azienda, per attuare le opportune azioni preventive anziché correttive. Aspetto non trascurabile è inoltre la comunicazione trasparente con il cliente laddove ci siano ripercussioni anche sul prodotto finale o in fase di audit.
Silvia Monguzzi
Esperta in Scienze e Tecnologie alimentari
ISABELLA CAVALIERE
Isabella Cavaliere è Quality Assurance manager all’interno di uno zuccherificio. Dopo la sua prima esperienza all’interno di un laboratorio di analisi, la sua determinazione l’ha portata a intraprendere il suo percorso professionale nelle industrie di produzione. Nel suo ultimo impiego ha avuto l’opportunità di vivere la fase di startup di un’azienda multinazionale. Fedele alla sua volontà di crescere, dopo 15 anni di carriera non cede all’abitudinarietà e continua a mettersi alla prova.