Puglia d'oggi n. 36

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Fondato nel 1959 da Pinuccio Tatarella 21 ottobre 2011 • anno II n. 36 nuova serie • 1 euro

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LECCE

L’INTERVISTA

Il convegno e il comizio del Terzo Polo che vuole cambiare l’Italia

Emiliano a tutto campo tra secessione, manovra e rapporti con i partiti

SPECIALE ALL’INTERNO

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LECCE - Riparte dal Sud il Terzo Polo. Sabato mattina il convegno al Teatro Politeama. Nel pomeriggio Casini, Fini, Lombardo e Rutelli in piazza Libertini

Corsa alla presidenza Anci, ha perso Raffaele Fitto o Michele Emiliano?

POSTE ITALIANE Spedizione in abb.to post. d.l. 353/2003 (conv. in legge 27 febbraio 2004 n. 46) art. 1 co. 1 - DCB BA

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Una batosta, ma per chi, il Ministro o il Sindaco?

L’EDITORIALE

Fli con il Terzo Polo al servizio della Puglia e del Sud di FABRIZIO TATARELLA Futuro e Libertà è una comunità che può dirsi erede legittima di Alleanza Nazionale e del grande filone storico-politico della destra nazionale italiana. Ma non siamo soltanto questo: ci sono tra noi molti giovani, molte persone del tutto nuove alla politica e che nella nostra proposta vedono anzi una buona ragione per accostarsi alla politica. La politica vera, quella che antepone la Patria ad ogni altra considerazione, che è nata per servire e per dare, non per prendere. A PAG 22

MOVIMENTI E PARTITI

Il grande puzzle della politica La Puglia non è soltanto Nichi Vendola e Michele Emiliano. Certo loro sono i cavalli di razza, ma insieme a Loro la nostra regione esprime anche altre interessanti personalità, collaudate da tempo o emerse più recentemente. Da Francesco Schittulli a Domenico Di Paola, da Massimo Ferrarese ad Adriana Poli Bortone. Come si stanno muovendo? Come stanno costruendo il loro futuro politico ed elettorale? GIUSEPPE ROMANO A PAG 5

L’EDITORIALE

La lezione del Molise di SALVATORE TATARELLA Sia pure per soli mille voti in più, ma alla fine ha vinto pur sempre Michele Iorio. Nonostante le diverse inchieste della magistratura, che a breve potrebbe assumere clamorose decisioni, lo sperpero gravissimo e continuato di pubbliche risorse, che fanno del piccolo Molise la regione più spendacciona d'Italia e le voragini del sistema sanitario regionale, che dispensa a tutti una cattiva assistenza, ma in compenso arricchisce molto i soliti noti, Michele Iorio, per la terza volta, è stato rieletto governatore del Molise. E con lui vince sopratutto anche Silvio Berlusconi, sebbene il suo nome fosse stato prudenzialmente cancellato dal simbolo elettorale del Pdl. Sarà pure una piccolissima regione, con un numero di elettori pari a quelli della sola città di Bari, ma faremmo un grave errore ad archiviare questo risultato come irrilevante ed ininfluente per le sue modeste dimensioni. Il voto del Molise, invece, deve avviare una seria e urgente riflessione. Nel Terzo Polo innanzitutto, ma non solo. Pierferdinando Casini e Leonardo Cesa hanno indubbiamente ragione a sottolineare il peso determinante dell'Udc. Senza i loro voti, Iorio (e Berlusconi) non avrebbero mai vinto. I numeri lo dimostrano inequivocabilmente. Ma, proprio per questo, c'è da chiedersi se Casini, in cuor suo, abbia veramente una qualche buona ragione per sentirsi soddisfatto. [...] A PAG 10


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Puglia d’oggi

Il caso Anci Le dinamiche politiche regionali dopo le elezioni per la presidenza dell’Associazione dei Comuni

Corsa alla presidenza Anci: ha perso Fitto o Michele Emiliano? Delrio ha stoppato il Ministro che ora deve rimeditare sul suo futuro politico di GIUSEPPE ROMANO

Fitto, Vendola ed Emiliano, il triangolo politico pugliese

Puglia d’oggi

Fondato nel 1959 da Pinuccio Tatarella Direttore Fabrizio Tatarella Coord. Redazionale Roberto Mastrangelo

A Brindisi, al congresso nazionale dell'Anci, non ha perso Michele Emiliano. Non ha perso nemmeno il Sud, la cui bandiera

era stata inopportunamente alzata per sostenere in un'assemblea a maggioranza nordista la candidatura del sindaco di Bari. Il vero sconfitto, invece, ha un nome e un volto che vi sorprenderà. Si chiama Raffaele Fitto, fa il Ministro di Silvio Berlusconi e spera di tornare a fare il Governatore a Bari, da dove fu scacciato sei anni fa da un outsider di nome Nichi Vendola. Vi spieghiamo il come e il perchè. Raffaele è un politico giovane, freddo e astuto. Figlio d'arte, ha sentito e respirato politica sin da quando i suoi coetanei giocavano solo con i balocchi. Sempre attentissimo a non scoprire le sue carte, raramente rilascia interviste e dichiarazioni. Anche per questo, i giornalisti nemmeno lo inseguono. Chi volesse sapere cosa pensi il giovane ministro dell'attuale difficile momento politico non troverebbe materiale per soddisfare la sua curiosità. Questo, però, non significa che Fitto non stia pensando al futuro e al suo, innanzitutto. Anzi, su questo fronte, è da tempo molto attento e attivo, non trascurando, come al solito, alcuna opzione. Se il Pdl sopravviverà alla morte politica di Berlusconi, anche lui resterà saldamente in sella. In Puglia controlla militarmente tutto il partito e a Roma è molto vicino sia ad Angelino Alfano che a Roberto Formigoni. Chiunque vinca, Fitto

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sarà nel board del nuovo Pdl. Nella ipotesi opposta, e per noi più probabile, che il Pdl imploda e si frantumi in mille pezzi, Fitto, diversamente da tutti gli altri leadervdel Pdl, ha già pronto il suo partito, la Puglia prima di tutto, nel quale lo seguirebbero fedelmente non pochi parlamentari, consiglieri regionali e amministratori pugliesi. Con loro, e grazie a loro, sarà in grado di sedersi a tutti i tavoli e trattare il suo futuro. È proprio pensando al suo futuro che Raffaele Fitto ha giocato a Brindisi una singolarissima partita, appoggiando disinvoltamente la candidatura di Michele Emiliano a Presidente nazionale dell'Anci, l'associazione di tutti i comuni italiani. Una partita difficile e complicata, sopratutto perchè era già nota da tempo la straordinaria voglia del sindaco di Bari di succedere, invece, a Nichi Vendola alla guida della Regione Puglia. Puntare a due importanti poltrone di vertice, oltre che al seggio parlamentare, nell'arco temporale di soli due,

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massimo, tre anni scarsi era un traguardo arduo anche per un personaggio ambiziosissimo e pigliatutto come Michele Emiliano. Bisognava, dunque, scegliere, o l'Anci o la Regione. L'una escludeva l'altra. La presidenza della Regione Puglia era indubbiamente la scelta più appetibile, per l'enorme potere gestionale e di immagine che assicura, e anche la più facile e naturale. Chi nella coalizione di centrosinistra avrebbe potuto opporsi al Presidente regionale del Pd? Chi avrebbe potuto negare al sindaco della città capoluogo l'approdo alla Regione? Evidentemente, nessuno. Per la presidenza dell'Anci, invece, bisognava fare i conti con i partiti nazionali e con le loro correnti interne, con i sindaci

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Il caso Anci delle altre grandi città, Firenze, Milano e Torino in testa, e con le più forti e organizzate Anci del nord. La scelta, quindi, sembrava scontata, ma qualcuno ha fatto cambiare idea a Emiliano, solleticando la sua incontrollabile ambizione. Qualcuno gli ha ricordato il Ministro Enzo Bianco. Arrivò ad occupare la poltrona di Ministro degli interni al Viminale,

liano. Cosa vuoi che sia la poltrona di Presidente della Regione Puglia, a cospetto di un Ministero? Agli Interni, o magari alla Giustizia? Restava, è vero, il nodo dei voti necessari. Quelli dei sindaci di sinistra non sarebbero bastati, anche perchè al nord erano già scesi in campo competitors assai più forti, come i sindaci di Reggio Emilia e

passando, appunto, dalla presidenza dell'Anci, come sindaco di Catania. Ministero. Ecco la parola magica, che ha cambiato i piani e le scelte di Michele Emi-

di Torino. È qui, che entra in gioco Raffaele Fitto. Anche il Pdl avrebbe potuto votare per Emiliano. In nome del Sud. Seguono febbrili contatti, vengono coin-

volti i vertici dei partiti, da Alfano a Bersani, sembrava cosa fatta, ma il piano tanto caro a Fitto non aveva fatto i conti col sindaco di Reggio Emilia, Graziano Delrio, e con il forte organizzazione delle Anci regionali del nord. Bersani viene costretto alla conta interna e Michele Emiliano, sia pure per soli tre voti, ne esce sconfitto. Solo lui ? No. Il vero sconfitto è un altro e, sorprendentemente, si chiama Raffaele Fitto. Il perchè è presto detto. Se il Pdl, come è ormai certo, perderà le prossime politiche, Raffaele Fitto assai difficilmente si acconcerebbe a trascorrere una legislatura da peones nei banchi dell'opposizione. Non è per lui, non è stato costruito per questo. Quando alle regionali del 2000 perse contro Vendola non restò in Regione, come aveva promesso, a fare il suo dovere di oppositore. Dopo meno di un anno, lasciò l'ingrato compito a Rocco Palese e trasmigrò comodamente in Parlamento, per fare il Ministro. Per questo, da tempo, pensava a come fare lo

stesso percorso, ma all'incontrario. Da Ministro a Governatore, per tornare a Bari, dove in questi sei anni si è fatto vedere pochissimo, ma dove è pur sempre forte il suo potere personale, come anche recentemente ha voluto dimostrare, lasciando la Prefettura del capoluogo senza titolare per oltre sei mesi, fino a quando non ha vinto il suo personale e poco elegante braccio di ferro con Alfredo Mantovano, suo competitor leccese. A sbarrargli la strada questa volta non ci sarebbe stato più quel Nichi Vendola, che proprio a lui deve la sua improvvisa e vertiginosa ascesa. Vendola vuol fare addirittura il premier e, se non glielo consentiranno, farà certamente il Ministro. Dietro Vendola, però si affacciava minacciosa, irruente e giocosa l'ombra ingombrante di Miche Emiliano. Per Fitto un avversario, se possibile, ancora più ostico di Vendola. Cosa fare, allora? Semplice. Solleticare l'ambizione di Emiliano, facendogli balenare l'idea del Ministro, via Anci. Ci era riuscito Bianco, pote-

va riuscirci anche Emiliano. Ci sono stati contatti, c'è stata un'intesa ? Non lo sapremo mai. Entrambi, se interrogati, negherebbero anche l'evidenza, e i fatti da noi raccontati hanno una loro stringente ed evidente razionalità. A contorno, valgano anche i buoni rapporti che, da un certo momento, Fitto ha cominciato a tessere con tutti i partiti di centro destra, suoi necessari alleati nella scalata alla Regione. A cominciare dall'Udc, nei cui confronti sono stati subito abbassati i toni fortemente polemici di prima, durante e dopo le regionali, sino ad auspicare il suo rientro nella maggioranza governativa. Anche nei confronti di Fli i toni in Puglia sono stati sempre assai soft, anche quando al centro e in Parlamento la polemica fra Pdl e Fli ha conosciuto pagine assai virulente. Sia nell' Udc, che in Fli, infine, Fitto ha anche amici personali molto influenti, che, a ricostruire la vecchia maggioranza di centrodestra, non se lo farebbero dire due volte. Piano perfetto e alleanza vincente, della quale

Fitto, come nella precedente edizione, sarebbe stato il padrone incontrastato. A rovinare tutto, però, ci ha pensato quel testardo del sindaco di Reggio Emilia. Sbarrando la strada a Emiliano, Graziano Delrio ha stoppato sopratutto Raffaele Fitto, che dovrà seriamente rimeditare il suo futuro. Perchè Emiliano, anche se oggi lo nega, si dimetterà da sindaco per candidarsi al Parlamento e da quella posizione, comincerà la sua lunga campagna elettorale, per conquistare la Regione. Sulla sua strada, però, non incrocerà Fitto. Perchè, se conosciamo bene Raffaele, a lui le sfide forti e incerte non piacciono. Contro Vendola, un anno fa avrebbe dovuto giocarsela lui, perchè era il numero uno del Pdl, perchè era ministro in carica di un governo ancora spumeggiante, perchè doveva cancellare l'onta della sconfitta del 2000. Non se la sentì e mandò avanti il fedele Rocco Palese. Lo mandò al macello. Anche questa volta si ripeterà. La battaglia non è per lui.


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Puglia d’oggi

In Puglia Il Sindaco di Bari su manovra, buona amministrazione e rapporto agrodolce con i partiti

“Se va avanti così, forse è meglio una secessione” di ENRICO CICCARELLI

Michele Emiliano in posa accanto al gonfalone di Bari

Se la mancata nomina a presidente dell’Anci, ennesima puntata della sua lunga vicenda di odio e amore con il Partito Democratico, lo ha fiaccato, Michele Emiliano non lo dà a vedere: si presenta al cronista in abito blu di velluto a coste sottili e camicia bianca senza cravatta in una mattinata di inizio settimana, irta di impegni, riunioni, dirette televisive. L’approccio è quello di sempre: spigliato, a tratti un po’ guascone, poco incline alla diplomazia. Il tratto di un meridionale che preferisce avere qualcosa da dire piuttosto che da ridire. Sindaco Emiliano, il rapporto Svimez chiarisce in modo abbastanza netto che l’impatto della manovra economica sarà

molto più serio al Sud che al Nord. In pratica, in termini di tagli di spesa, sarà soprattutto il Mezzogiorno a contribuire all’azzeramento del deficit. Che ne pensa il sindaco di Bari? “Penso non da oggi che se le politiche meridionali dei Governi nazionali (in realtà senza particolari differenze fra destra e sinistra) dovessero continuare ad essere quelle degli ultimi quindici anni, probabilmente al Sud comincerebbe a convenire una sorta di secessione morbida, almeno dal punto di vista fiscale. Ritengo una barzelletta un’idea di Stato federale basata sulle attuali Regioni, ma in una suddivisione del Paese in tre grandi macroaree, la macroarea meridionale avrebbe possibilità di gran lunga superiori al passato, se si realizzassero certe condizioni”. Ad esempio? “Ad esempio una partecipazione equa, cioè basata sul numero degli abitanti, alla ripartizione del patrimonio dello Stato, sia dal punto di vista materiale che azionario. E la possibilità di riscuotere le tasse, fermo restando il contributo pro quota al bilancio federale. Ma se avessimo la possibilità di introdurre una fiscalità di vantaggio per le imprese, di gestire in proprio intese con altre realtà europee, potremmo far valere in modo competitivo il minor costo che sosteniamo per la gestione dei servizi (che pesa circa il 25-30% in meno che al Nord) e l’assoluta ricchezza del nostro patrimonio storico, artistico e paesaggistico. Sarebbe un modo per fare sì sacrifici, ma almeno per noi stessi, a differenza di quanto avverrebbe nello scenario descritto con precisione dallo Svimez”. È una proposta politicamente aggregante? “Di sicuro è una proposta che risponde ad un’esigenza diffusa. A me pare che, al di là dei partiti e dei contenitori, salga dall’opinione pubblica la richiesta di un’azione specifica delle personalità e dei soggetti politici in favore del Mezzogiorno. Sarebbe

Bari - L’ingresso di Palazzo di Città sbagliato ignorarla”. Anche l’iniziativa che si svolgerà sabato a Lecce ad iniziativa del Terzo Polo va in questa direzione. Come la giudica? “Molto positivamente, perché mi sembra utile riscoprire l’aspetto programmatico e propositivo della politica. Il Terzo Polo e i suoi leader hanno mostrato fin qui un’apprezzabile chiarezza di idee. Spero che il dialogo e il confronto con il centrosinistra non li porti ad essere contagiati da quella illusione che mi pare un po’ il punto debole della mia coalizione: l’idea cioè che vincere le elezioni sia più importante che governare. Spero che non si avventurino anche loro su questa strada”. A proposito di governare, lei come sindaco ha anche compiuto scelte impopolari (penso a traffico e parcheggi). Però è stato rieletto con il 60% dei voti. Allora non è vero che al Sud “chiedi una lira e perdi un amico”? “Non posso negare che, anche a causa dell’impietosa riduzione dei trasferimenti statali, abbiamo dovuto chiedere ai cittadini sacrifici di ogni sorta, e le assicuro che è una cosa che mi pesa personalmente. Ma so che nel farlo ho anche adempiuto ad una precisa richiesta di quanti sette anni fa mi elessero sindaco. Non volevano, i baresi, una città senza regole e invivibile: volevano una città che facesse patti chiari, che mostrasse il senso e la ragione dei sacrifici che imponeva. Per

Bari - Il lungomare cittadino

questo, ad esempio, la Zona a Traffico Limitato è stata istituita da oltre un anno, ma solo in questi giorni attiviamo le telecamere di sorveglianza, che ovviamente comporteranno un maggior numero di multe. Ma è sbagliato stabilire le sanzioni prima di favorire le abitudini. Perché le leggi che funzionano sono quelle che i cittadini fanno proprie, di cui capiscono la sostanziale opportunità. È per questo che sono rammaricato del fatto che il Governo proceda per tagli lineari, senza consentire ai Comuni virtuosi di redistribuire ai cittadini quello che dai cittadini è stato meritato. Per questo, malgrado il nostro bilancio più che sano, la manovra ci costringerà a ridurre al minimo le risorse per la cultura e quelle per il cosiddetto welfare non essenziale. La popolarità e il consenso –tuttora molto alti, del che ringrazio- non dipendono dal fatto che un sindaco blandisca i cittadini, ma che essi si sentano ascoltati e rispettati. Finora ci siamo riusciti”. Tutti ritengono che lei sarà il prossimo presidente della Regione Puglia. I meno convinti sembrano gli uomini del suo partito, il Pd. È pensabile un presidente Emiliano non sostenuto dal Pd? “Non sa che chi entra Papa in conclave ne esce cardinale? Attualmente sono piuttosto impegnato a fare il sindaco di Bari. Quando avrò smesso, mi venga a trovare e risponderò alla sua domanda”.


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In Puglia Partiti, movimenti ed associazioni che si muovono nella galassia dei partiti, dentro e fuori dagli schieramenti

Il puzzle della politica pugliese ed il grande valzer delle punte Tante le personalità in gioco, da Schittulli alla Poli Bortone, da Ferrarese a Di Paola

L’ingegner Domenico Di Paola

di GIUSEPPE ROMANO La Puglia politica non è solo Nichi Vendola e Michele Emiliano. Certo, loro sono i cavalli di razza. Il primo ha battuto l'enfant prodige del centro destra, la "protesi di Berlusconi", il giovanissimo e belloccio Raffaele Fitto, che Il Cavaliere nel 2000 preferì al più maturo Salvatore Distaso, mentre il secondo, subito dai Democratici e senza un suo partito alle spalle, sbaragliò a Bari tutti i suoi avversari, conquistando al primo turno una città tradizionalmente di destra, che Pinuccio Tatarella aveva eletto a laboratorio delle sue strategie politiche inclusive. Insieme a loro la Puglia esprime anche altre interessanti personalità, collaudate dal tempo o emerse più recentemente. È il caso di Francesco Schittulli e di Domenico Di Paola a Bari, di Adriana Poli Bortone a Lecce e di Ferrarese a Brindisi. Tutti a capo di partiti, movimenti e associazioni nuove di zecca e tutti, eccetto Di Paola, già affermatisi elettoralmente con ottimi risultati. Schittulli Presidente della Provincia a Bari, Ferrarese Presidente a Brindisi, e la Poli leader di un movimento con ambizioni extraregionali. Di Paola, invece, ha fondato per ora solo una sua associazione e non nasconde la voglia di scendere in campo anche lui. In più occasioni precedenti è spesso finito fra i probabili candidati di ogni tipo di elezione, ma, o per sua scelta o per il veto di altri, vi ha sempre rinunciato. Ora pensa che sia arrivato

il suo turno. Se Vendola e Emiliano alle politiche salgono sul treno per Roma, il primo per fare il premier o il ministro e il secondo per prepararsi alle regionali dell'anno dopo, cosa faranno Schittulli, Poli Bortone, Ferrarese e Di Paola ? Cosa pensano, quali idee e quali progetti coltivano ? Come si stanno organizzando, con quali obiettivi e con quali alleanze? Abbiamo cercato di saperne di più ed ecco cosa abbiamo appurato. Cominciamo da Schittulli. La sua candidatura alla Provincia fu sponsorizzata da Raffaele Fitto. Non per merito, simpatia o vicinanza, ma solo perchè nel Pdl Raffaele non aveva nulla di meglio. Visti i risultati, fu una delle sue poche mosse azzeccate. Schittulli, grazie a un pugno di voti personali, e ad alcune candidature sottratte alla sinistra, vinse al primo turno. Da allora, però, ha cominciato a pensare in proprio. Pur restando fedele al centrodestra, più di una volta ha mandato segnali inequivoci al Pdl e allo stesso Fitto, reclamando una più ampia libertà d'azione. Non c'è voluto molto tempo e pure Schittulli si è fatto un suo partito, con tanto di sede provinciale e di liste, consiglieri e amministratori in vari comuni del barese. L'ambizione è di andare ben oltre. Per fare cosa? Le voci più accreditate lo danno in corsa per il Comune di Bari. La Provincia conta poco e lui stesso si vedrebbe bene

nei panni del successore di Emiliano. Tutto il suo staff spinge per questa soluzione, ma Schittulli pensa concretamente a una carta di riserva. La corsa per il Comune potrebbe rivelarsi difficoltosa ed irta di ostacoli, e non solo. Schittulli teme anche che le politiche chiuderanno un ciclo, per inaugurarne un altro. Esserci sarebbe importante. Per ottenere un posto sicuro in lista Schittulli farà pesare i voti del suo movimento e non è detto che la scelta cadrà sul Pdl. Le carte in mano al Presidente sono più di una. Fitto è avvertito. A mordere il freno a Bari è anche Domenico Di Paola. Di lui si parla in ogni elezione, ma non se n'è fatto mai niente. Su di lui pesano pesanti veti incrociati. Fitto non lo vuole nel centrodestra e Emiliano non lo vuole nel centrosinistra. Lui, per la verità, non apparterrebbe nè all'uno, nè all'altro schieramento, ma allo stato solo Vendola lo candiderebbe volentieri. Per il momento Di Paola ha solo un'associazione, di eccellenze, a sentir lui, ma null'altro. Pesano, invece i veti altrui. Quello di Fitto, che gli rimprovera di averlo tradito, restando agli Aeroporti di Puglia, e di aver finanziato Nichi Vendola, suo avversario. Quello di Emiliano, che non lo ha voluto nemmeno nel consiglio di amministrazione del Teatro Petruzzelli, nonostante il generoso contributo di 800.000 euro versato, e poi ritirato, da Di Paola. Che farà l'ex manager della Svim? Visti i precedenti ritiri, molti pensano che sarà così anche questa volta. A noi, invece, piace pensare il contrario. Di Paola ha poco più di sessant'anni. Questa è la sua ultima occasione. Perderla significherebbe rinunciare per sempre alla sua voglia di politica. Se gli sarà sbarrata la strada della Regione, si candiderà al Comune. Con chi, ancora non si sa. Da Bari a Lecce, per trovare già in campo l'ex lady di ferro della destra salen-

tina. Adriana Poli Bortone ha, infatti, già annunciato la sua candidatura a sindaco. Innanzitutto contro Paolo Perrone, sindaco uscente e già suo vice. Questo, però, è anche il punto debole della sua candidatura. L'Adriana, come la chiamano affettuosamente i suoi sostenitori, deve, infatti, chiarire le vere motivazioni della sua discesa in campo, ovvero se si candida per fare nuovamente il sindaco, o se le basta far perdere Perrone, spianando la strada al candidato della sinistra. La Poli, inoltre, deve anche chiarire il perimetro della sua coalizione, attualmente alquanto contraddittorio.

Da un lato sta contro Fitto, Perrone e, quindi, contro il Pdl, ma dall'altro sta con Miccichè e, quindi, anche con Berlusconi, che del Pdl è il capo indiscusso. Questa ambivalenza porta a pensare che la Poli non abbia per nulla rinunciato all'idea di tornare in Parlamento e ciò di fatto indebolisce la sua candidatura a sindaco, ritenuta da alcuni osservatori solo strumentake ad altri obiettivi. Peccato, perchè se Adriana facesse capire a tutti che realmente vuole tornare a indossare la fascia tricolore, la partita sarebbe chiusa per tutti. Infine, Brindisi, dove l'altro inquieto è Ferrarese. Poteva essere un candidato del centrodestra, ma

Fitto, cedendo a Gino Vitali, suo proconsole brindisino, non dette il consenso e Ferrarese finì col centrosinistra, allargato all'Udc, la formula che tanto piace a Massimo D'alema. Fra i tanti errori di Fitto in Puglia, quindi, non c'è solo quello di aver spianato la vittoria a Vendola ed Emiliano, ma anche quello di aver saldato l'Udc al Pd. Questa alleanza oggi a Brindisi è messa in discussione da Uccio Curto, l'ex senatore di An, oggi consigliere regionale dell'Udc. Curto, ricollegandosi alla linea nazionale di Pierferdinando Casini, ha sostenuto che anche a Brindisi bisogna costruire il Terzo polo. Con Ferrarese, naturalmente, ma non con il Pd. La cosa non è stata salutata di buon occhio dal Presidente della Provincia e ha alimentato qualche polemica all'interno dell'Udc. La querelle è destinata a rientrare, ma è evidente che Ferrarese giocherà un ruolo fondamentale nella scelta del candidato sindaco e dell'alleanza che lo sosterrà.


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venerdì 21 ottobre 2011

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Rapporto Svimez Occupati a picco, crescita minima, stime in perdita. La situazione del Sud è grave

Si allarga la forbice con il Nord, urgente un piano per il rilancio di ROBERTO MASTRANGELO I segnali sono forti, chiari ed inequivocabili. Il Sud marcia zoppo rispetto alle altre zone d’Italia, pur all’interno di una grave crisi nazionale. Siamo l’anatra zoppa di un paese in recessione, e rappresentiamo il tallone d’achille di una economia che da un lato non riesce a superare un periodo di criticità che va ben oltre i tre anni, e dall’altro porge il fianco a politiche “protezionistiche” e “federalistiche” che tanto appeal hanno nel più fiorente nord’est e che rappresentano lo zoccolo duro della politica nel territorio (ma non a Roma) della Lega di Umberto Bossi. La grave recessione che ha colpito l’economia mondiale nel biennio 2008-2009 si è abbattuta pesantemente sull’intera

economia nazionale, e ha mostrato i suoi effetti più pesanti, in termini di impatto sociale sui redditi delle famiglie e sulla occupazione, nelle regioni del Mezzogiorno. La lenta e difficile fuoriuscita dalla crisi dell’Italia ha interessato soprattutto le aree del Nord del Paese mentre il Sud, dopo la flessione del 2009, appare nel 2010 ancora in stagnazione.

Inizia così il rapporto preliminare dello Svimez che ha analizzati i dati sullo sviluppo e sull’occupazione nel 2010 in Italia. Una forbice che si è decisamente allargata e due velocità di ripresa tra il settentrione ed il Sud che sono segnali preoccupanti che non possono non far riflettere la politica, e soprattutto la politica del Mezzogiorno.

Un Sud in affanno, che cresce poco e male, e che molto probabilmente, sempre secondo le stime dell’Istituto, per il 2011 potrebbe anche avere un segno negativo, facendo registrare un regresso proprio mentre ci sarebbe bisogno del maggior impulso possibile per riprendere lo slancio dopo anni difficilissimi. I dati relativi all’occupazione sono disarmanti. Al Sud non c’è lavoro, e soprattutto per i giovani e per le famiglie monoreddito è una vera e propria mannaia sul futuro. Com’è possibile, infatti, pensare ad un futuro in questa situazione? Come garantirsi una famiglia, una abitazione, per non parlare di un mutuo e di un rapporto equo con il credito? Secondo valutazioni di preconsuntivo elaborate dalla SVIMEZ, nel 2010 il prodotto interno lordo (a prezzi concatenati) è aumentato nel Mezzogiorno di un modesto 0,2%, che recupera solo parte della forte caduta dell’anno precedente (-4,6%), e che rimane inferiore, di circa un punto e mezzo percentuale, a quella nel resto del Paese (1,7%). Le regioni del Sud hanno risentito dello stimolo relativamente inferiore rispetto al resto del Paese della domanda estera ma anche della diminuzione della loro competitività sul mercato interno. Invece che rimanerne isolato, Il Mezzogiorno ha dunque subito più del Centro-Nord le conseguenze della crisi: una caduta maggiore del prodotto, una

riduzione ancora più pesante dell’occupazione. Questo processo di declino potrà essere interrotto solo in presenza di una adeguata domanda privata e pubblica che attenui gli effetti di breve periodo della crisi indotti dai processi di ristrutturazione e, nel medio periodo, favorisca una ripresa duratura della produzione e nella creazione di posizioni lavorative stabili e efficienti. Il pericolo è che, mancando tale stimolo, la perdita di tessuto produttivo diventi permanente, aggravando i divari territoriali già gravi nel Paese. Se si osserva l’andamento dei consumi finali interni nel periodo 2000-2010, si nota come la loro crescita media per anno sia stata nel Mezzogiorno (0,3%) poco meno della metà di quella del Centro-Nord (0,7%). La dinamica della spesa della pubblica amministrazione è stata simi-

le nelle due aree e anche particolarmente elevata: 1,4% al Sud, 1,6% nel resto del Paese. Le differenze sono invece rilevanti per quanto riguarda la spesa delle famiglie, che nel periodo è cresciuta in media d’anno nel Centro-Nord dello 0,5%, mentre è lievemente diminuita nel Mezzogiorno (0,1%). Una chiara indicazione delle difficoltà delle famiglie meridionali a sostenere il livello di spesa, che vanno al di là della congiuntura ma che sembrano ulteriormente aggravarsi nella fase più recente, in conseguenza delle consistenti perdite di posti di lavoro, che al Sud, più che nel resto del Paese, spesso riguardano l’unico percettore di reddito dell’intero nucleo familiare. Il Mezzogiorno, tra il 2008 ed il 2010 registra una caduta dell’occupazione del 4,3%, a fronte dell’1,5%


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venerdì 21 ottobre 2011

Rapporto Svimez

del Centro-Nord. Delle 533 mila unità perse in Italia, ben 281 mila sono nel Mezzogiorno. Nel Sud dunque pur essendo presenti meno del 30% degli occupati

italiani si concentra il 60% delle perdite di lavoro determinate dalla crisi. Da un lato, si è ristretta la base occupazionale stabile (4,3%), dall’altro, ed in misura più accentuata, sono diminuiti i lavoratori atipici (-4,6%). Di poco più contenuta è in media la caduta della componente autonoma (-3,3%) che riflette una leggera ripresa nella seconda parte del 2010 nel numero di artigiani, piccoli imprenditori, professionisti e lavoratori parasubordinati. Sono problemi grandissimi, urgenti, reali e pressanti che richiedono la massima attenzione da parte del Governo centrale e dei governi locali. Stato e Regioni non possono non partire da questo quadro disarmante. Il Sud è in forte affanno, e nella sfida di rilancio a cui siamo chiamati a partire da questi mesi non possiamo arrivare impreparati. Per questo è necessario e urgente pensare ad un immediato e serio piano di rilancio per il Mezzogiorno, mettendo da parte beghe e divisioni politiche, e per una volta almeno cercando di mettere in secondo piano allungamenti dei

processi, prescrizioni brevi e intercettazioni. E’ proprio dal Sud, infatti, che bisogna ripartire per rilanciare il nostro intero sistema produttivo. Con politiche mirate e con investimenti una volta tanto

adeguate agli sforzi e alle reali necessità di un territorio. Non cattedrali nel deserto, o miraggi propugnati per farsi belli agli occhi degli elettori, ma seri interventi di sostegno all’occupazione, di sostegno

alle imprese, di sostegno al reddito, di rimodulazione fiscale, di lotta agli sprechi in ogni dove (a cominciare dalla politica, ma non solo), di riqualificazione ambientale, di sviluppo turistico. I temi sul piatto della

bilancia del Mezzogiorno sono tanti e tutti seri e forti. Il Sud, anzi, l’Italia ha urgente bisogno di aiuto. I segnali sono tanti e sono fortissimi. Vogliamo darci una svegliata?

IL COMMENTO DELLA SVIMEZ

Necessari nuovi modelli di sviluppo L’evoluzione sperimentata in quest’ultimo quadriennio dall’economia italiana pone in risalto, dunque, la particolare debolezza delle misure anticicliche e i ritardi nell’attuazione dei processi di riforma che dai primi anni Duemila sarebbero stati necessari per adeguare il sistema produttivo alle nuove condizioni competitive determinatesi con la globalizzazione e con l’adesione all’Euro. Questo processo di declino potrà essere interrotto solo in presenza di una adeguata domanda priva-

ta e pubblica che attenui gli effetti di breve periodo della crisi indotti dai processi di ristrutturazione e, nel medio periodo, favorisca una ripresa duratura della produzione e la creazione di posizioni lavorative stabili e efficienti. Il pericolo è che, mancando tale stimolo, la perdita di tessuto produttivo diventi permanente, aggravando i divari territoriali già marcati nel Paese. Il punto da cui partire, è che l’intero sistema produttivo nazionale necessita di invertire il declino. Una politica che miri a so-

stenere e rafforzare l’esistente è del tutto insufficiente. Occorre quindi procedere a sostanziali modifiche del modello di sviluppo dell’economia italiana, la cui immanente “inefficienza dinamica”, in termini di specializzazione, capacità competitiva e internazionalizzazione, è, per l’appunto, all’origine del declino che tocca anche le regioni del Nord. Tale obiettivo non può essere trascurato neppure in questa difficilissima fase economica e finanziaria.. Si rafforza proprio ora l’urgenza di rilanciare la crescita del Paese, soprattutto alla luce della debole dinamica dei consumi (particolarmente bassa al Sud per effetto dell’inde-

bolimento dei redditi delle famiglie) e della modesta ripresa degli investimenti. In questo quadro, l’impatto delle recenti manovre estive – adottate come drastica risposta alla necessità di un rientro dal debito – rischia non solo di frenare la crescita nazionale ma anche di risultare assai gravoso per l’economia e la società meridionali anche in quanto “shock asimmetrico” dal punto di vista territoriale, per gli effetti deflazionistici più intensi in un’area di economia debole, meno capace di reagire attraverso la ricerca di sbocchi compensativi sui mercati internazionali. DALLA RELAZIONE DI RICCARDO PADOVANI DIRETTORE SVIMEZ


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Puglia d’oggi

Rapporto Svimez I problemi sono tanti e sono seri. Serve un Governo che sappia governare e decidere

Sud, problema o risorsa? Quando la politica nicchia di NICOLA PUGLIESE Se volessimo parlare di “questione Meridionale” arriveremmo buoni ultimi. Sono praticamente centocinquant’anni che si parla del Mezzogiorno d’Italia come un “problema” o una “questione”. Il dato di partenza più concreto possibile, allora, non può che essere il rapporto diffuso recentemente dalla Svimez, in cui si analizzano i dati sullo sviluppo (o sul ritardo nello sviluppo) delle Regioni del Sud Italia in paragone sia con il resto della Nazione sia con l’Europa, di cui siamo parte interlacciata e connessa. Il tutto naturalmente all’interno di uno scenario di crisi che al tempo stesso rappresenta non solo un punto di partenza, o di ripartenza, ma una oppor-

Roma - La Camera dei Deputati durante i lavori parlamentari tunità buona per affrontare e (speriamo) risolvere problemi che in passato non si sono mai voluti davvero mettere sul tavolo della politica. Le cifre sono chiare. Reddito pro capite basso, investimenti insufficienti, disoccupazione alta, giovani che non trovano lavoro, e quando lo trovano è

mal pagato se non in nero. Questo il dato di partenza per un problema di cui non soltanto l’Italia deve farsi carico, ma su cui non può restare inerme nemmeno l’Europa, che di “Sud” da gestire e da rilanciare ne ha molti, di diverso tipo e di diversa struttura. Ma se pare lecito parlare

di una Italia a due velcoità, di diversificazione delle opportunità di rilancio, di stagnazione e di rallentamento complessivo, è pur vero che limitare i problemi nelle strette cornici di una “questione meridionale” appare riduttivo rispetto alla complessità del problema, alla sua globalità ed alla sua stessa natura.

Il Sud non è uno Stato a se’ stante, non è una Repubblica Indipendente (come pure in molti, dalle Alpi al Mediterraneo auspicherebbero), ma un tutt’uno con lo Stivale. Con l’attuazione, sia pur parziale ed a macchia di leopardo del federalismo tanto sbandierato dalla Lega Nord, viene fuori un quadro che non deve spaventare, anzi. Le Regioni, le entità territoriali sono chiamate ad essere protagoniste del proprio sviluppo, della crescita economica e sociale dei loro abitanti, al benessere del tessuto economico, al riconoscimento dei diritti nella cornice dei doveri di tutti i cittadini e di ogni azienda che ha voglia di investire, o finanche che vuole continuare a sopravvivere e dare lavoro. E lo Stato, allora, quale ruolo deve avere? Un ruolo di quadratura del cerchio, di omogeneizzatore di opportunità, di parificatore di diritti e di doveri. Compito dello Stato è quello di farsi carico, allora, di tutti i bisogni di tutti i territori e di ogni legittima e ponderata istanza che dalla periferia arriva

nella Capitale. Senza arroccarsi sulle proprie debolezze ne’ in narcisistica posizione di autoesaltazione. Piani per il Sud, nuove Casse del Mezzogiorno, gestioni straordinarie dell’ordinarietà, emergenze continue, temporaneità permanenti... basta con questa litania che ormai dà di tappo e si riduce sistematicamente nel solito teatrino delle parti! Noi, tutti gli italiani, abbiamo bisogno di un Governo che governi, di un esecutivo che sappia prendere le decisioni in tempi rapidi e certi, di un Parlamento forte e territorialmente rappresentativo che sappia farsi carico dei problemi reali dell’Italia, che sono tanti e sono gravi, e sappia produrre leggi condivise e coerenti con una visione pragmatica ed unitaria della nostra Nazione. Bisogna rilanciare tutta l’Italia, e in quest’ottica anche il Sud. Senza lasciare indietro nessuno, ma senza nemmeno vanificare gli sforzi di quanti cercano, col sudore e con le proprie lacrime, di fare qualcosa di positivo.


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Rapporto Svimez LE REAZIONI DEI SINDACATI

Per il Sud servono atti di coraggio e moralità “Il Rapporto Svimez di quest'anno è la cronaca di un riscatto mancato che rende evidente l'inefficacia del Piano per il Sud ancora una volta annunciato dal Governo”. Così Serena Sorrentino, Segretario Confederale della Cgil sul Rapporto Svimez 2011, nel quale emerge un Mezzogiorno in recessione, che continua a crescere meno del centro-nord, dove lavora ufficialmente meno di un giovane su tre e dove il tasso di disoccupazione reale sarebbe del 25%. La Sorrentino poi si è soffermata sull’indebolimento della struttura demografica che emerge dal Rapporto. “Il Sud - dichiara - cresce meno, paga di più la crisi e soffre la carenza di infrastrutture materiali ed immateriali, servizi e sistema delle conoscenze. Gli effetti sulla condizione sociale del-

le popolazioni meridionali provoca, come mette in evidenza il rapporto, un progressivo indebolimento della struttura demografica”. “Senza politiche per l'occupazione - prosegue ancora la sindacalista della Cgil - per donne e giovani vi è solo la strada della migrazione o la povertà ed il sommerso. Il Sud in Europa è l'ultima area in ritardo di sviluppo, ripartire dagli investimenti potrebbe dare uno scatto competitivo all'intero sistema Paese. Alla luce dei decreti sul federalismo e dei tagli della manovra economica il sistema delle Autonomie Locali non sarà in grado di assicurare servizi minimi alla popolazione con un ulteriore penalizzazione delle condizioni di vita e di sviluppo”. “Ci sono scelte che sono perseguibili da subito e che produr-

rebbero effetti positivi per l'occupazione e il sostegno ai consumi, ma nel piano sud e nei provvedimenti sul lavoro continuiamo ad intravedere scelte che vanno nel senso delle politiche di annuncio e di un modello di sviluppo low coast in cui sacrificare diritti. Intervenire per far aumentare la ricchezza prodotta e la redistribuzione di risorse nel sud vorrebbe dire conclude Sorrentino - salvaguardare la coesione sociale e soprattutto far ripartire l'economia italiana”. “Il rapporto Svimez dimostra nero su bianco la totale disattenzione, tranne che a parole, per il destino e i problemi del Mezzogiorno sia da parte dei governi di qualsiasi colore sia da parte dell'intera classe politica, un abbandono speculare al fenomeno dell'inattività dei giovani disoccupati meridionali e al proliferare del lavoro irregolare”. Questa la dura accusa di Giovanni Centrella, segretario generale dell'Ugl, che sottolinea come “soprattutto per il Mezzo-

giorno siano assolutamente pertinenti le parole pronunciate di recente dal Cardinale Bagnasco il quale, invitando ad ‘atti di coraggio’ e a purificare l'aria, ha posto l'attenzione sulla questione morale, anch'essa alla base, come quella economica e politica, del doppio declino di un territorio ricco di potenzialità”. “Da meridionale e da sindacalista - conclude Centrella non sto invocando aiuti ne' assistenza, vorrei piuttosto che tutta la classe dirigente del Sud con uno scatto di orgoglio e in vista di prospettive piuttosto inquietanti si dichiarasse pronta ad intervenire concretamente. Le più difficili vertenze industriali sono nel Mezzogiorno e rivelano l'avviarsi di un declino dal quale non si potrà uscire senza un atto comune e condiviso di assoluta responsabilità”. Infine il commento di Guglielmo Loy, Segretario Confederale Uil. “Il lavoro prima di tutto perché non c’è crescita senza lavoro e non c’è lavoro senza crescita. In un momento di estrema

difficoltà finanziaria come l’attuale spetta alla politica tutta,nazionale e locale, passare dalle parole ai fatti, indirizzando le risorse verso le vere emergenze del Mezzogiorno, a partire dall’occupazione giovanile e femminile e concentrandole su pochi e selezionati progetti in grado di costruire interventi coerenti, rendendo ad esempio finalmente operativo il credito di imposta per la nuova occupazione. Occorre, inoltre, investire nelle infrastrutture, quantificando le risorse disponibili per finanziare le opere già cantierabili cha abbiano una valenza sovra regionale. Se è condivisibile l’idea secondo la quale non ci può essere crescita aumentando il debito pubblico, è altrettanto vero che, da una parte, non si possono sprecare le risorse europee spendendole poco e male e, dall’altra, non è più tollerabile che le risorse nazionali destinate al Mezzogiorno vengano utilizzate per fare cassa”.

“Manca la volontà politica di combattere la criminalità organizzata con risorse adeguate, e per lo sviluppo servono legalità e responsabilità”

Piano per il Sud, altro che “New Deal” Le dure critiche del console stanutinense di Napoli Trhun al piano varato nella scorsa estate “Berlusconi ha paragonato il suo Piano per il Sud al “New Deal” di Roosevelt, al “Piano Marshall”. Il Mezzogiorno ha senza dubbio bisogno di molto più di una boccata di ossigeno per diventare competitivo con il Centro-Nord. Cambiamenti radicali che non si possono comprare, anche mettendo sul piatto mi-

liardi di euro”. È una bocciatura senza appello quella del console statunitense a Napoli, J. Patrick Truhn, al Piano per il Sud lanciato dal premier nell’estate 2009. Un argomento di cui si occupano diversi cablogrammi di quel periodo diffusi da Wikileaks. Il diplomatico Usa sente aria di

I NUMERI MIGRATORI

Esercito in marcia verso Settentrione Nel 2009 sono partiti dal Mezzogiorno, in direzione Centro-nord, circa 109mila abitanti e dal 2000 al 2009 se ne sono andati in ben 583mila. A fare i conti della 'fuga dal Sud' è sempre il rapporto Svimez. In testa alle partenze ci sono la Campania e Napoli. I migranti sono sopratutto uomini, mentre i laureati sono il 21%. Una partenza su tre (33.800) riguarda la Campania, 23.700 provengono dalla Sicilia, 19.600 dalla Puglia, 14.200

dalla Calabria. La meta più ambita è la Lombardia che ha attratto nel 2009 quasi un migrante su quattro. Per Abruzzo, Molise e Cmpania la prima regione resta il Lazio. A livello locale, le perdite più forti si sono registrate a Napoli (-108mila), Palermo (29mila), Bari e Caserta (-15mila), Catania e Foggia (-10mila). Colpiti anche Torre del Greco (-19mila), Nola e Aversa (11mila), Taranto (-13mila). C’è da chiedersi i motivi di questo che potrebbe essere definito come neo-fenomeno migratorio?

bluff, al punto che i suoi giudizi sono durissimi. “Manca la volontà politica di combattere la criminalità organizzata con risorse adeguate e per lo sviluppo servono una leadership forte, la legalità e la volontà dei cittadini di farsi carico della responsabilità del cambiamento». Tutti ingredienti che il console non vede: «Ancora non sento parlare delle vere cose di cui il Sud Silvio Berlusconi avrebbe bisogno”. L’economia del Mezzogiorno «sono tutte al Sud e in media la “è in triste calo da più di un de- ricchezza pro capite è inferiore cennio, la crescita è quasi pari a del 50-60 per cento rispetto a zero, la disoccupazione cronica”, quella del Nord», continua il concontinua Truhn. C’è poi “la po- sole. «Nel Mezzogiorno vive il 37 tente criminalità organizzata, la per cento degli italiani che però politica locale corrotta, gli spre- contribuiscono al Pil per appena chi, gli enormi debiti delle ammi- il 24 per cento. Oltre un quarto nistrazioni centrali e comunali, della popolazione è al di sotto gli atteggiamenti culturali di di- della soglia di povertà, con consprezzo verso lo Stato di diritto e sumi, produzione e reddito tre il governo, ma favorevoli ai clan». quinti di quelli nazionali». La diProblemi che non si risolvono so- soccupazione è elevata, «per i lo col denaro: «Il Sud è l’unica re- giovani oltre il 20 per cento, col rigione in cui l’Ue fa piovere fondi sultato che in Calabria e Campaper lo sviluppo da decenni e la nia il tasso di emigrazione è di crescita economica continua ad quattro persone l’anno ogni milessere in ritardo». Perché nella le abitanti, soprattutto laureati”. Gli investimenti diretti esteri migliore delle ipotesi i finanziamenti «tornano a Bruxelles per- sono insignificanti, “in termini di ché inutilizzati», nella peggiore valore monetario, la metà dello «finiscono nella mani della cri- già scarso 1 per cento nazionale». minalità o dei politici corrotti». Università e centri di ricerca “abLe regioni più povere d’Italia bondano” ma non l’innovazione

visto che «in questo decennio il Sud ha prodotto in media 5,8 brevetti ogni milione di abitanti sui 60 totali dell’Italia”. L’associazione Ammazzateci Tutti “ci ha detto che l’economia illegale, soltanto in Calabria è 8 volte maggiore di quella legale”. La vera risorsa del Sud potrebbe essere il turismo ma secondo Confindustria “solo il 14 per cento degli stranieri che visitano l’Italia si avventurano nel Meridione”. Per gli Usa “manca l’adeguato approccio ricettivo, a partire dalla conoscenza delle lingue, cui si aggiungono i problemi burocratici”. Il console Truhn ritiene che alla base del Piano per il Sud ci “sono le elezioni del prossimo anno”, quelle del marzo 2010, “con le quali il centrodestra spera di conquistare un certo numero di amministrazioni meridionali ora nelle mani del centrosinistra”. Un'operazione riuscita solo in parte: si votava in 13 Regioni e l'opposizione venne riconfermata in 7 sulle 11 in cui governava (comprese Puglia e Basilicata). Campania e Calabria passarono invece al centrodestra, che in totale vinse in 6 Regioni. Per Truhn, pesa infine “la crisi finanziaria mondiale che, assieme al debito pubblico italiano pari a 1.708 miliardi di euro (oggi sopra quota 1.911, ndr), rendono impossibile affrontare il problema Sud”.


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Puglia d’oggi

Speciale Un’alternativa possibile per rompere la gabbia del berlusconismo

Terzo Polo unito per una nuova Italia Superare il bipolarismo muscolare per costruire la Seconda Repubblica L’EDITORIALE

di ANDREA DAMMACCO

La lezione del Molise SEGUE DA PAG 1 [...] La vittoria del Molise ha dato nuovamente fiato al Pdl e a Silvio Berlusconi. Quel migliaio di voti in più può avvalorare nell'immaginario collettivo che il Pdl ce la possa ancora fare, nonostante il grave fallimento del governo e l'inarrestabile parabola discendente del Cavaliere. Da ieri le sirene che vogliono riassorbire l'Udc nell'area di governno si sono fatte più insistenti e più speranzose di mandare a gambe in aria il progetto di un Terzo polo alternativo agli altri due, per il quale da tempo si spende Pierferdinando Casini, insieme a Fini, Rutelli e Lombardo, e per il quale sabato saremo tutti a Lecce. Basta la cancellazione del nome di Berlusconi dal simbolo del Pdl per giustificare la confluenza dell'Udc sul partito berlusconiano? Bastano due poltrone assessorili nella periferia della più piccola regione italiana per mettere in forse il progetto strategico del Terzo polo? Senza fraintendimenti e con molta onestà, credo fermamente di no. La vicenda molisana deve insegnarci molto, perchè proprio queste elezioni saranno prese ad esempio da chi, sopratutto nel Pdl, vuole minare e neutralizzare la prospettiva vincente del Terzo polo. Guardando al Molise, infatti, sarà molto facile argomentare che il Terzo polo non esiste e non ha futuro, perchè, fra Isernia e Campobasso, ab-

biamo fatto di tutto e di più per darci la zappa sui piedi: l'Udc si è alleata con il Pdl, l'Api con il Pd e Fli non ha trovato di meglio che dividersi fra l'uno e l'altro schieramento. Vogliamo continuare così? Mi auguro di no. Le elezioni politiche anticipate nell'aprile del 2012 sono una ipotesi sempre più concreta. Vogliamo presentarci uniti alle politiche e in ordine sparso alle amministrative e negli enti locali? Qualcuno pensa che questa confusione ci possa tornare utile? Penso proprio di no. Capisco che in questi ultimi tre anni, Udc e Api abbiano pensato sopratutto alla sopravvivenza. Capisco che lo abbia fatto anche Fli alle ultime amministrative. In quei contesti le alleanze a strategia variabile possono aver avuto anche una qualche giustificazione. Ora non più. Il Terzo polo o si fa ovunque, o non esiste. Mi auguro, allora, che a cominciare dalla Puglia, dove il Terzo polo può aspirare a giocare una partita da protagonista, si proceda subito a costituire in ogni provincia un coordinamento del Terzo polo, per preparare unitariamente e sin da ora le candidature e le liste per le amministrative di primavera. Ulteriori ritardi e tergiversazioni non sarebbero più giustificabili e anche la manifestazione di Lecce perderebbe gran parte delle sue motivazioni. SALVATORE TATARELLA DEPUTATO EUROPEO PRESIDENTE ASSEMBLEA NAZIONALE FLI

Nella realtà politica attuale prende piede sempre più la “possibilità politica” del Terzo Polo. Per il momento lo spazio in cui esso si muove è ancora presunto e potenziale, essendo ancora in una fase costitutiva della propria stessa struttura politica ed organizzativoterritoriale, ma lo sta facendo certamente con l’obiettivo di arrivare ad una maturazione repentina. Sia chiaro, il successo politico del Terzo Polo si misurerà sulla capacità di raggiungere un risultato attorno al 15/20%, un risultato che diventa sicuramente decisivo. Inoltre, con questa forza elettora-

le, si andrebbe verso una rottura del bipolarismo italiano della Seconda Repubblica, con un probabile ritorno agli accordi post-elettorali tra forze politiche per decidere la fisionomia del governo. In questo scenario, un “governo di responsabilità” può anche essere l’esito delle elezioni, soprattutto in una fase economica così turbolenta ed incerta. Ed infatti per Casini e compagnia, compreso Fini, il bipolarismo ha fallito. Futuro e Libertà sostiene di lavorare per la Terza Repubblica e non per spostare indietro le lancette dell’orologio all’epoca della prima repubblica. Il grande pro-

blema è far ripartire un’alternativa possibile per rompere la gabbia del berlusconismo e offrire una prospettiva credibile al paese. Legalità, unità nazionale, valorizzazione del merito, selezione democratica dei gruppi dirigenti, diritti civili. Questa è la proposta politica di Fli e del Terzo Polo, una proposta che sta diven-

tando sempre più credibile e che viene sempre più accettata dalla gente. I dati più recenti parlano chiaro: al momento la coalizione raggiunge circa il 12% dell’elettorato ed è destinata a crescere poiché i probabili astenuti e i “non so” riguardano ancora più del 40%. Voteremo a breve e la vera novità politica sarà il Terzo Po-

NELLE NOSTRE REGIONI

Adesso il Sud può davvero ripartire dal Terzo Polo Col precipitare degli eventi nazionali e uno scenario che potrebbe contemplare tutto (dal tiramm'innanzi, alle Politiche subito o a un esecutivo di transizione) a cascata gli effetti si ripercuotono sul sud, area elettoralmente non marginale. Ai vecchi motivi di attrito, legati essenzialmente a differenti concezioni della politica e delle istituzioni, se ne è aggiunto ora uno molto più concreto e tangibile: il federalismo. O meglio, il rischio che dalla fase delle enunciazioni di principio e dei discorsi alati su solidarietà e responsabilità, si passi alla bassa cucina dei decreti delegati, con tagli e sacrifici per tutti, tanto più grandi quanto più in passato si è speso,

sprecato ed evaso. Un rischio che la crisi economica internazionale ha reso più acuto, e che potrebbe pesare soprattutto sul Sud, non già come risultato di una volontà politica anti-meridionale, ma come conseguenza aritmetico-contabile del fatto che lì, nelle regioni del Mezzogiorno, e segnatamente in quelle di mafia, si concentrano la maggior parte delle storture della Pubblica

amministrazione. E poiché è nel Sud che i partiti del Terzo polo raccolgono la maggior parte dei loro voti, ecco che le frizioni fra il duo Berlusconi-Bossi, prevalentemente insediato al Nord, e il duo Fini-Casini, prevalentemente insediato al Sud, trovano una seconda, ben più corposa, sorgente di alimentazione: accanto alle antiche diversità nel modo di stare nelle istituzio-

ni, le nuove diversità legate agli interessi e ai territori rappresentati. In questo senso il Terzo polo potrebbe diventare il collettore di due diversi segmenti elettorali: i moderati, à la Indro Montanelli, culturalmente di destra ma insofferenti del radicalismo anti-istituzionale di Berlusconi; e i nemici del federalismo, che molto si preoccupano della coesione nazionale ma ancor più temono la chiusura dei rubinetti della spesa pubblica nel Sud. Udc, Futuro e Libertà, Alleanza per l’Italia e Movimento per le Autonomie ritengono che il Terzo Polo «si presenterà come l’alternativa tanto al centrodestra, quanto al centrosinistra. Partendo dall’analisi di una situazione drammatica in Italia e peggio nel Sud, il Terzo Polo scalda già i muscoli in occasione delle prossime amministrative”. ANDREA DAMMACCO


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Speciale Si lavora insieme per consolidare il radicamento territoriale

In Puglia maggiori opportunità di crescita Avviata una attività di coordinamento anche in vista delle prossime elezioni

lo. Appena questo avrà superato alcuni problemi, tra cui la fisionomia fortemente pluralistica dei suoi interpreti e il problema della leadership (ma

grazie al dialogo che i vari partiti stanno avendo, questo si sta superando), tenderà ad allargarsi verso gli scontenti e gli insoddisfatti del Pd e Pdl.

Con tutta probabilità nascerà un’alleanza di centro inedita e, come chiedono gli imprenditori, attenta al merito e all’economia.

In Puglia sta progressivamente affermandosi una realtà importante quale quella del terzo polo. Stando agli ultimi sondaggi, sebbene siano solo dei calcoli freddi e provvisori poiché gran parte dell’elettorato è ancora fortemente indeciso, il trend risulta positivo per il Terzo Polo e sfavorevole per il centrodestra. L’elemento “politico” che balza più facilmente all’occhio di chi legge questi dati è il crollo del Pdl che al momento sarebbe sotto il 26 per cento (25,92) mentre il Pd raggiungerebbe quota 27,47 per cento. Non è di gran lunga superiore la performance della Lega che finirebbe ben sotto il 10 per cento (9,05). Positivi i risultati di Idv e Sel, rispettivamente all’8,3 e al 7 per cento. Quanto al Terzo Polo in generale registrerebbe il 7 per cento per l’Udc e il 3,3 per Fli.

Il comportamento di voto degli elettori è sintomatico del fatto che essere nuovi nello scenario politico non è facile. Le aspettative della gente sono costruite in modo bipolare. Ciò che ne consegue è la deduzione che un partito nuovo e terzo, rispetto a due realtà più “antiche” quali Pd e Pdl, che voglia competere nel gioco elettorale deve essere capace di fidelizzare una fetta di elettorato in modo da sottrarla alla competizione bipolare. Per questo i coordinatori regionali pugliesi dei partiti che compongono il Terzo Polo (Api, Fli, Mpa e Udc) hanno avviato anche in Puglia «un'attività di strutturazione dell'area politica, in vista anche dei prossimi appuntamenti elettorali». Lo scrivono in una nota i coordinatori regionali dell'Api, Pino Pisicchio, di Fli, Francesco Divella, dell'Mpa, Rocco Pignata-

ro, e dell'Udc, Angelo Sanza. Essi riconoscono la necessità di consolidare il processo di insediamento nel territorio dell'area politica del Terzo Polo così da operare per un più intenso raccordo tra le esperienze dei singoli partiti, anche in vista delle scadenze elettorali della primavera 2012. Inoltre i coordinatori dei partiti del terzo polo, dopo aver esaminato la situazione politica, economica e sociale del territorio pugliese ed esprimendo giudizi comuni sulla palese condizione di criticità in cui versa la regione hanno dichiarato di essere sulla stessa linea di pensiero e desiderano far nascere una piattaforma programmatica comune ispirata ai principi liberali, cattolico-democratici, riformisti in cui l'area del terzo polo pugliese possa riconoscersi. ANDREA DAMMACCO

IL COMMENTO

L’unica alternativa fatta da chi ha la testa sulle spalle Anche partendo dalla mancata elezione di Michele Emiliano a presidente dell’Anci si arriva allac onclusione del fallimento della politica regionale e per il Mezzogiorno in generale dimostrata dal Partito Democratico, così come dall’assenza di coraggio del Pdl. E’ per questo che emerge forse l’esigenza di un Terzo Polo forte ed unito, per rappresentare quelle istanze che altrove non solo non trovano risposte, ma continue mortificazioni. “La mancata elezione del sindaco Emiliano a presidente dell'Anci rappresenta l'ennesima occasione persa per il Mezzogiorno e la conferma di un Pd spaccato al suo interno che non riesce a ritrovare l'unità nemme-

Salvatore Negro - Udc no su scelte strategiche dove sono in gioco gli interessi del territorio e lo sviluppo di una parte del Paese”. Lo ha detto il presidente del Gruppo Udc alla Regione Puglia, Salvatore Negro, commentando il risultato dell'elezione del nuovo presidente dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani. “Il Nord porta a casa un'altra vittoria con l'elezione del sindaco Delrio, a cui non possiamo che rivolgere i nostri

auguri di buon lavoro ha sottolineato il capogruppo Udc - mentre al Sud non resta che inghiottire l'amaro boccone. E' evidente che c'è una parte del Pd mosso da logiche che poco hanno a cuore lo sviluppo del Mezzogiorno”. “Tutto questo - ha evidenziato Negro - rafforza l'idea che, tra un centrodestra di Governo sotto il perenne ricatto della Lega secessionista e un Partito Democratico che non nasconde le sue lacerazioni interne e contribuisce a dare una mano al partito di Bossi per ad allargare il divario tra il nord ed il sud del Paese, l'unica alternativa valida resta quella del Terzo Polo, fatto di gente con la testa sulle spalle in grado di ricucire l'Italia”.


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Speciale E’ arrivato il momento della responsabilità anche per i meridionali e soprattutto per la classe dirigente del Sud

Da Lecce passa la nuova politica Dal Salento l’appello: “Se il Sud non si rialza la ripresa dell’Italia sarà una chimera” di ITALO BOCCHINO

Italo Bocchino - Fli

Futuro e Libertà e il Terzo Polo hanno scelto Lecce come la seconda tappa del nostro giro d’Italia, dopo l’evento di Roma dell’estate scorsa. La scelta non è casuale, trattandosi di una delle

Città più belle d’Italia e più importanti del Sud. Qualche anno fa Lecce è stata laboratorio, per la destra italiana, e riteniamo possa tornare ad esserlo. Ma soprattutto da Lecce FLI e il Terzo Polo vogliono lanciare un messaggio chiaro al paese intero: se il Sud non si

L’INTERVENTO

Ecco la Generazione Futuro che vuole cambiare l’Italia Negli ultimi dieci anni più di 500.000 giovani hanno lasciato il Sud. Un numero impressionante. E secondo lo SVIMEZ, nei prossimi anni sarà anche peggio. L’attuale classe dirigente meridionale ha fallito. Malgoverno del territorio e irrilevanza a Roma sono due colpe non cancellabili. E il momento di sostituirli. Di rottamarli. I giovani meridionali devono prendere consapevolezza che le sfide del futuro non potranno vincerle chi attualmente ci governa, ma solo una classe dirigente nuova, diversa, con facce e idee nuove. Capace di essere esempio, capace di prendere decisioni, pur dolorose, nell’interesse della nostra Patria e del nostro Sud.

Gianmario Mariniello A Lecce FLI e il Terzo Polo dovranno lanciare sfide chiare alla nostra generazione, oggi di fatto non rappresentata. Partendo dalle proposte concrete per il futuro: come il contratto di apprendistato senza tasse a carico delle imprese che vogliono assumere giovani, come l’innalzamento dell’età pensionabile per liberare risorse per creare un fondo giovani per favorire l’occupazione giovanile, come l’Agenzia futuro che deve garantire i giovani

geni che chiedono alle banche un prestito per industrializzare la propria idea brevettata. Concretezza, chiede la mia generazione. Ed esempi positivi. Su questo Gianfranco Fini, il nostro leader, non è secondo a nessuno. La sua battaglia sulla legalità, la sua attenzione verso la “generazione futuro”, la sua capacità di immaginare il futuro, parlano da sole e ci danno la forza di proseguire il nostro impegno politico. Che deve essere “servizio”, nel senso più alto e nobile. Servire la nostra terra, la nostra Patria. Per immaginare il futuro e costruirlo. Per cambiare la nostra Italia, che così come è non ci piace. Crediamoci! Ce la faremo. GIANMARIO MARINIELLO

si rialza, se il Sud non torna a camminare e magari - tra qualche anno - a correre, la ripresa dell’Italia, la crescita invocata da tutti sarà una chimera, un sogno irrealizzabile. Sul punto dobbiamo dire due cose chiare: la vecchia politica clientelare è fallimentare. E il federalismo, quello vero, è un’opportunità. Il vecchio politico meridionale che gestiva il potere con il suo giro di clientele è ancora purtroppo una realtà. Ma si tratta di una realtà fuori tempo massimo. Con la globalizzazione, piaccia o meno, anche il Sud gioca sullo scenario europeo e internazionale con le stesse regole dei nostri amici francesi, tedeschi o

spagnoli. Ecco perché il vecchio modo di fare politica è fallimentare. Il recente studio SVIMEZ ci ha rivelato che da qui al 2050 ben due milioni e mezzo di giovani lasceranno il Sud. Una classe dirigente che non si interroga su questo grande tema, che non indica soluzioni e ricette chiare e realizzabili, commette un duplice danno: contro il nostro Sud e contro i nostri figli. Come ha detto Fini a Napoli, “l’Italia rischia grosso se continua a importare braccia ed esportare cervelli". Dobbiamo invertire la rotta. È il momento della responsabilità, anche per i meridionali e per la classe dirigente del Sud: e il federalismo è altra sfida da accettare e rilanciare.

Il vero federalismo, ovviamente. Non quello consociativo targato Lega, Pd e Pdl che aumenterà tasse (specie al Sud) e spesa pubblica (soprattutto al Nord). Un federalismo solidale e responsabile, capace di mettere in concorrenza virtuosa le tante differenti realtà bel nostro bellissimo Paese, sempre e comunque in una cornice unitaria. Ormai anche i leghisti sono consapevoli che la Padania è una balla propagandistica. La crescita dell’Italia e il futuro del nostro Paese sono le due sfide che abbiamo dinanzi. Due sfide che FLI e il terzo polo devono raccogliere e vincere. Partendo da Lecce. Partendo da Sud. Direzione futuro.

A BARI

Parte la Fondazione Tatarella, il presidente è Nicola Buccico Parte finalmente la Fondazione Giuseppe Tatarella. Presidente è l'avv. Nicola Buccico, già senatore della Repubblica, Presidente del Consiglio Nazionale Forense e membro del Consiglio Superiore della Magistratura. Vice Presidenti l'ing. Lorenzo Ranieri e l'imprenditore Giulio Dilo-

nardo. Completano il consiglio di amministrazione la prof. Angela Filipponio Tatarella e l'on. Salvatore Tatarella. La Fondazione avrà sede in Bari alla via Piccinni, 97. La Fondazione si pone come luogo di incontro, di studio e di ricerca, restando estranea a ogni polemica contingente e strumentalizzatrice.

Nicola Buccico


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venerdì 21 ottobre 2011

Speciale Sabato mattina a Lecce il convegno su Sviluppo, Giovani e Opportunitò di crescita- Nel pomeriggio i leader politici

Salento capitale del Terzo Polo Partire da Lecce per parlare del Sud, dei suoi problemi e delle sue grandi opportunità. Un Convegno organizzato da Udc, Fli, Api e Mpa per riflettere insieme sulle migliori strade da intraprendere per cercare le risposte giuste alle tante domande che, soprattutto dalle nuove generazioni, vengono poste alla politica. Domande non soltanto di carattere generale, o di puro esercizio intellettuale. In ballo c’è il futuro stesso dei giovani, i loro progetti, la possibilità di qualificarsi, di trovare un lavoro vero e gratificante, di poter essere ripagati per tutti i loro sacrifici, di poter pensare ad una famiglia, alle proprie spese. In una parola soltanto, al loro futuro. L’incontro si svilupperà durante tutta la mattinata presso il Teatro Politeama Greco di Lecce, prima fase dell’importante giornata terzopolista che si conclu-

derà con l’appuntamento di Piazza Libertini del primo pomeriggio (affluenza alle ore 15:30, inizio del comizio alle ore 16:00) con interventi congiunti dei 4 principali leader: Gianfranco Fini, Pier Ferdinando Casini, Raffaele Lombardo e Francesco Rutelli. Persone e personalità che arrivano da esperienza politiche tra loro diversissime, ma che hanno scelto di persorrere insieme questo tratto di strada nel momento forse più importante della storia politica recente del nostro Paese. Il programma del convegno al Politeama verrò aperto alle ore 10:00 dall’editoriale di Claudio Scamardella, collega e Direttore Responsabile del Nuovo Quotidiano di Pu-

glia. A seguire verrà presentato il Rapporto Svimez 2011, con particolare attenzione ai giovani ed alle loro opportunità, da parte di Luca Bianchi, vicedirettore della Svimez. Alle ore 11:00 prenderà via il dibattito vero e proprio. Sono previsti gli interventi di Giovanni Alucci, amministratore delegato del Con-

sorzio Agrorinasce (Eroi quotidiani: il primato della Legalità), Marisa Grasso Raciti (Edicare i giovani, costruire la pace), Domenico Menniti, amministratore delegato Harmont & Blaine (Il coraggio di innovare: dal Sud al mondo), Marcello Tortora, amministratore delegato Medias (Scommettere sul talento, inventare il futuro) e Frà Giuseppe De Stefano, della Comunità Frontiera, Città dei ragazzi di Mola di Bari (La sfida di un progetto educativo, per e con i giovani). Dopo gli interventi dei relatori ci sarà spazio per le domande e questioni poste dai giovani del Terzo Polo, con al

centro del dibattito il cambiamento possibile del nostro futuro. Nel pomeriggio poi l’atteso appuntamento di Piazza Libertini con l comizio dei leader del Terzo Polo. Nel corso di una conferenza stampa di presentazione della giornata salentina, svoltasi nella sede dell'Udc di Lecce, i coordinatori provinciali del Terzo Polo hanno spiegato le motivazioni del perché di questa unione in cui uno degli obiettivi è ridare credibilità ai partiti. Una credibilità che secondo Salvatore Ruggeri dell'Udc ormai non hanno più i partiti del centrodestra al Governo e a tal proposito ha dichiarato: “Le elezioni sono imminenti. A dicembre Umberto Bossi toglierà la spina per poi ripresentarsi alle urne sfruttando l'attuale legge elettorale che gli permetterà di scegliere, ancora una volta, da chi farsi rappresentare in Parlamento”. Dai temi nazionali a

quelli locali in cui Ruggeri ha sottolineato come l'amor tra Udc e Io Sud, della senatrice Adriana Poli Bortone, par essere terminato per via delle scelte nazionali (da mesi a sostegno dell'operato del Governo di Berlusconi) e leccesi. Qui, infatti, la decisione del presidente di Io Sud di volersi candidare per le primarie all'interno del centrodestra, secondo Ruggeri “evidenzia una volontà della senatrice di voler rientrare nella coalizione del Pdl”. Sulla stessa lunghezza d'onda il coordinatore leccese di Futuro e Libertà, Paolo Pellegrino che nel ricordare il perché del distacco dal Pdl, ha poi battezzato la nuova alleanza politica, “Siamo più di una coalizione”. Infine, la sorpresa, in rappresentanza dell'Alleanza Per l'Italia, Enzo Russo, ex esponente del Partito Democratico che è ritornato così al fianco del suo leader, Rutelli, dopo l'esperienza nella Margherita poi confluita nel Pd e che ha dichiarato: “Un ritorno a far politica il mio dopo essere stato, più che in un partito, in un aggregazione che non mi rappresentava”.


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venerdì 14 ottobre 2011

Puglia d’oggi

Speciale L’Italia è molto vicina alla Grecia. Abbiamo indicatori da icubo su disocuppazione, Pil, servizi pubblici e tagli

Ed ora un cambio di prospettiva Non vi sono segnali che il Governo stia reagendo come si deve alla crisi globale di FORTUNATA DELL’ORZO L’Italia è da tempo flagellata dallo stesso ciclone economico che sta tormentando il mondo e che solo momentaneamente ha lasciato in pace i cosiddetti BRIC (Brasile, India, Cina). Una crisi che è soprattutto figlia del capitale parassitario finanziario e che ben poco ha a che vedere con una visione autenticamente liberale della cosa pubblica e dell’economia. Non vi sono segnali che il governo Berlusconi stia reagendo come si deve o che abbia una qualche idea in proposito. L’isolamento stesso dell’Italia dai vertici Franco tedeschi la dice lunga sulla considerazione di cui gode non solo il nostro esecutivo in generale, ma il nostro ministro dell’eco-

nomia in particolare. A pochi chilometri da noi c’è un grande ed antico paese, la Grecia, che fornirà materia di studio e approfondimento agli studenti di economia politica e politica economica di tutto il mondo appena avrà fatto default, fallimento, nella particolare accezione di questo termine inglese che abbiamo imparato a usare con i calcolatori. Sarà drammaticamente interessante assistere a un fallimento di Stato in epoca di globalizzazione e chissà se i fautori del più mercato e meno stato si convinceranno finalmente che uno stato non è un’azienda e che i cittadini non sono solo consumatori, utenti, clienti e quant’altro. L’Italia è molto vicina alla Grecia, e non solo in termini storico-geografi-

Montecitorio - Possono i nominati andare oltre gli steccati? ci. Abbiamo indicatori da incubo, quanto a disoccupazione giovanile, PIL che non sale, enti locali massacrati dai tagli, servizi pubblici allo sbando,

famiglie intere alimentate dai nonni e follie separatiste e razziste di un partito al governo. In realtà noi stiamo vivendo il dopoguerra: quello dopo

la guerra al buon senso e al bene comune condotta da questo ultimo tremendo esecutivo targato Silvio Berlusconi/Umberto Bossi. La cosa che più spaventa è che nessuno abbia le idee chiare di come se ne uscirà, Se il centro destra attuale non rappresenta più da tempo il centro destra votato nel 2008, il centrosinistra un po’ anomalo e acefalo del duo Bersani/Di Pietro più che chiedere a gran voce le dimissioni del Premier, non riesce a fare. E il rendersi conto che la principale forza dell’opposizione vagola nelle nebbie brumose dell’incertezza e dell’afasia in un momento come questo, non è precisamente un’iniezione di ottimismo. Ma che fecero gli italiani nel dopoguerra? Si mi-

sero insieme e si contarono. Il 2 giugno del 1946 mandarono giustamente a mare il re e si diedero un’assemblea costituente che, dai liberali veri di Croce ai comunisti veri di Togliatti scrissero la Costituzione e fondarono la repubblica Italiana. Ci volle coraggio e visionarietà, e un’immensa fiducia in se stessi e nel futuro. Certo gli Americani ci aiutarono un po’, ma non possiamo certo ringraziare gli americani per la nostra Carta fondamentale. Quella è tutta nostra. Chi sono quegli uomini e quelle donne oggi, in grado di avere lo stesso coraggio, la stessa visionarietà, la stessa fiducia in se stessi e nel Futuro? Il dibattito è aperto: un parlamento di nominati, la maggioranza dei quali scelti personalmente da Berlusconi, potrà trovare la forza di andare oltre gli steccati ed ascoltare il grido di allarme che si leva da ogni parte del paese? Dovessero esserci, essi, chiunque essi siano e da qualunque parte provengano, meriteranno la gratitudine di tutti noi.


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venerdì 21 ottobre 2011

Speciale Primaria urgenza è una riforma elettorale che possa garantire la rappresentatività in Parlamento

Terzo Polo, perchè non ne possiamo proprio fare a meno

Dopo diciassette anni di berlusconismo possiamo affermarlo con serena certezza: il bipolarismo non è adatto agli italiani IL COMMENTO

di FORTUNATA DELL’ORZO

Lo specchio e la trappola di ENRICO CICCARELLI La trappola logica è quella della simmetria: l’idea che gli interessi del Mezzogiorno vadano difesi con lo stesso ruvido integralismo con il quale la Lega difende gli interessi del Nord. Contrapporre alle piccole patrie delle valli subalpine quelle dei litorali campani e pugliesi, dell’impervio Sannio e d’Aspromonte. Sulla scorta di questo apparente buonsenso si moltiplicano le formazioni politiche che, in modo più o meno credibile, dal Movimento per le Autonomie a Io Sud e Forza del Sud, si propongono di suonare la squilla della riscossa meridionale per combattere la trazione nordista che non solo il Governo Berlusconi, ma la politica italiana degli ultimi vent’anni, hanno palesemente mostrato. In realtà questa impostazione è del tutto fallace: con buona pace dei neoborbonici e delle ricostruzioni un po’ pasticcione alla Pino Aprile, la debolezza del Mezzogiorno non è un’invenzione dei perfidi santuari ambrosiani, ma una triste ed amara evenienza della storia e della geopolitica. La perifericità rispetto alle grandi vie di comunicazione, il lungo letargo borbonico, che fu attenuato ma non contraddetto dalle reviviscenze della seconda metà del XVIII e dalla prima del XIX (con in mezzo il colpo mortale

della rivolta sanfedista del Cardinal Ruffo) l’andamento episodico e troppo parziale dell’industrializzazione e persino della trasformazione imprenditoriale dell’agricoltura, la distanza geografica dai luoghi cruciali dello sviluppo europeo hanno reso da gran tempo il Mezzogiorno una realtà vassalla, con qualche isolata disfida di Barletta in cui far rilucere le patrie virtù, ma poco altro. Il meridionalismo, da Guido Dorso a Nitti, da Gramsci a Tommaso Fiore non ha mai avuto ambizioni separatiste: è stato piuttosto, come annota Beppe Vacca, l’unico pensiero politico postrisorgimentale capace di porsi il problema di come tenere insieme un Paese storicamente duale. Senza l’Italia, il Mezzogiorno è destinato ad essere terra di conquista delle potenze europee, e segnatamente dell’Inghilterra (e non per caso l’avventura separatista di Finocchiaro Aprile ebbe forti aderenze al Foreign Office, come documenta Giovanni Fasanella ne “Il golpe inglese”), esattamente come la secessione padana è funzionale alle strategie neoasburgiche coltivate da una parte della classe dirigente tedesca. L’unica possibilità che abbiamo per essere liberi e sovrani in casa nostra è essere cittadini italiani. Possibilmente di un’Italia migliore.

Diciamo intanto che l’Italia sta a bipolarismo come il governo del Cameroun (il più corrotto al mondo) alla trasparenza. Sono stati scritti trattati a tonnellate su questo, ma basta ripercorrere un po’ più seriamente la storia della Repubblica Italiana per capire che, come si dice a Bari, non è per noi. Dopo 17 anni di berlusconismo sia politico sia antropologico possiamo affermarlo con serena certezza. Chi invocava il bipolarismo (e di conseguenza ha introdotto il maggioritario) si sarà pur reso conto che se ti capita un personaggio come il cavaliere che, anche grazie ad una sinistra incapace, trasforma Palazzo Chigi in una dependance di Arcore, la democrazia è a rischio. Silvio è andato addirittura oltre: ha reintrodotto il proporzionale con il listino bloccato e una serie di premi di maggioranza (specie al senato) che in pratica consentono alla minoranza numerica di diventare maggioranza parlamentare. E il gioco è fatto. Chi voleva il bipolarismo per garantire la governabilità, oggi rimpiange (speriamo) il tempo in cui ogni legislatura poteva finire prima, si aveva quasi un governo all’anno (con l’eccezione del quadriennio craxiano, guarda che combinazione). Da 17 anni abbiamo un bipolarismo zoppo: da una parte il monoblocco del partito azienda di Berlusconi alleato con una sua proprietà privata ormai, la lega. E dall’altro una sinistra senza le sinistre, alleata con un partito personale (Idv è Di Pietro): i risultati sono sotto gli occhi di tutti, e al di là delle miserie umane che hanno trasformato il nostro premier in una barzelletta internazionale, la paralisi più grave riguarda proprio la crisi economica. Il

governo del fare è il realtà il governo del forse. Con il default che è diventato incubo concreto anche per noi. A questo punto urge fare almeno due cose: tentare una riforma del sistema elettorale che ripristini un minimo di vera rappresentatività popolare in parlamento, e costituire un bel blocco al centro, in grado di mantenere la governabilità e una rappresentanza per quella parte di moderati italiani, attualmente in fuga da un centro destra ormai diventato partito personale

Palazzo Chigi - La sede del Governo del premier. Certo la politica non è come stare in cucina e preparare una ricetta: ma le premesse perché questo blocco al centro nasca ci sono tutte. Gianfranco Fini è stato il primo a distinguersi e distanziarsi in modo irreversibile dal partito che pure aveva contribuito a fondare, Casini di si rifiutò di salire sul predellino perché, con ogni buona ragione, sapeva che i partiti non si fondano così. Dall’altro blocco poi si è staccato Rutelli e adesso con l’arrivo di Montezemolo che si è portato appresso una testa pensante come quella di Nicola Rossi, il terso Polo è qualcosa in più di un auspicio. Ora si tratta di far ripartire la politica, quella vera:

che di bunga bunga, intercettazioni, barzellette su Rosy Bindi e gaffe sesquipedali ne abbiamo davvero tutti abbastanza. In Parlamento già sarebbe possibile una maggioranza diversa: molti fra i deputati e i senatori eletti nel PDL sono del tutto scontenti della deriva sfascista che ha preso un governo ormai alla paralisi e sappiamo, dalle ultime vicende della fiducia che Berlusconi è costretto ogni volta che ne ha bisogno a remunerare con poltrone di sottogoverno chi gli vende il voto. E per questo, da parte dei leader del terzo polo, un tentativo andrebbe fatto. Una conta e poi una verifica della fiducia. La strada per il Colle non è distante da Montecitorio.


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venerdĂŹ 21 ottobre 2011

Puglia d’oggi

Speciale L’INTERVENTO - Le proposte del Nuovo Polo in Parlamento per rimettere in moto il Mezzogiorno

Il Sud al centro dell’agenda politica senza indugiare

Indispensabile eliminare gli sprechi, rivedere i programmi di spesa, migliorare la lotta alla corruzione e cancellare i tagli IL COMMENTO

Legge elettorale, tutti la vogliono di FORTUNATA DELL’ORZO Tutti la vogliono, persino il PDl che per bocca di Angelino Alfano, ex Ministro della Giustizia, ed attuale segretario del Popolo della Libertà , eletto con una percentuale che avrebbe fatto invidia a Ceausescu, l’ha di recente invocata. Ma come dovrebbe essere questa benedetta legge? Intanto ricordiamo che sono state raccolte 1.200.000 firme per l’abrogazione chirurgica di alcuni strategici articoli della legge attuale con il conseguente ritorno al Mattarellum, la vecchia legge che era impiantata sul maggioritario corretto con una quota di proporzionale. L’UDC l' Udc ha già depositato due proposte di legge elettorale in Parlamento, una di tipo tedesco, l' altra correttiva del Porcellum con l' eliminazione del premio di maggioranza e l' introduzione di due preferenze, nel rispetto del criterio di genere. Il Pd ne ha presentata un’altra che semplifica il sistema prevedendo un 70% di maggioritario a doppio turno e un 30% di proporzionale. Lo schema prevede come ulteriori norme, la parità di genere nella composizione delle liste e una serie di incompatibilità e ineleggibilità . Il Pdl, invece, ha l'idea di una legge elettorale che, sulla base di quella attuale, preveda il voto di preferenza per

i 2/3 degli eletti e la restante quota scelta con liste bloccate, lasciando però l’indicazione del capo della coalizione che, in caso di vittoria, dovrebbe automaticamente diventare il capo del governo. Queste le proposte in campo, che sembrano difficilmente armonizzabili: ecco perchĂŠ la scelta di un puro e semplice ritorno ad un maggioritario che ha comunque dato buona prova di funzionamento sembra la meno difficile e dannosa da praticare. A guardarlo oggi, il Parlamento sembra comunque incapace di generare una buona legge elettorale in grado di far dimenticare i guasti che la legge porcata ha provocato nel sistema della politica italiana: e questa situazione di paralisi riguarda anche temi caldissimi come la crisi economica, i provvedimenti per lo sviluppo, le vere riforme della Giustizia e degli enti Locali. Una nuova legge elettorale dovrebbe comunque prevedere uno sbarramento e l’impossibilitĂ di creare nuovi gruppi parlamentari oltre quelli contemplati dalle stesse liste presentate (e che abbiano superato lo sbarramento), mentre l’indicazione del premier potrebbe solo peggiorare quella personalizzazione della politica che ha contagiato persino un post comunista come Nichi Vendola.

Linda Lanzillotta - Api

di LINDA LANZILLOTTA * Bisogna avviare subito una manovra di risanamento finanziario e di rilancio della crescita, in particolare per il sud Italia. Per realizzare questi obiettivi è indispensabile procedere ad una profonda e incisiva spending review che identifichi ed elimini gli sprechi, riveda i programmi di spesa non piÚ attuali, bonifichi la spesa pubblica eliminando costi di intermediazione politica e aree grigie tra politica ed economia, in-

troducendo stringenti misure anticorruzione. Vanno abbandonati i tagli lineari che hanno devastato settori essenziali quali la scuola, l’universitĂ , la ricerca e penalizzato il meridione. Solo un'intervento selettivo e radicale consentirĂ il reperimento delle risorse necessarie sia per il risanamento che per la crescita del mezzogiorno. Il nostro obbiettivo è quello di passare dallo Stato erogatore ad un Stato regolatore, anche e so-

pratutto per il sud. Per rientrare nei vincoli europei, l’Italia dovrĂ realizzare per vent’anni, manovre di riduzione del debito pari a circa 40 miliardi di euro l’anno; entro il 2014 dovrĂ predisporre un’ulteriore manovra di pari importo per ridurre il deficit e realizzare il pareggio di bilancio. Tutto ciò mentre la crescita economica è stagnante, aumenta la disoccupazione assieme al divario tra Nord e Sud. Il Nuovo Polo ritiene che la politica del governo rischia di portare il Paese in una gravissima crisi recessiva, in cui la scarsa crescita aggraverĂ la crisi finanziaria alimentando una pericolosissima spirale. Per questo, proponiamo misure specifiche, indispensabili anche per rimettere in moto il sud Italia. 1) Una legge sulla fiscalitĂ di vantaggio degli investimenti produttivi, con un’articolazione diversa tra Nord e Sud in relazione ai diversi livelli di disoccupazione nelle aree del Paese. 2) Rimettere in moto le infrastrutture con particolare riguardo al Mezzogiorno dove è indispensabile aumentare capacitĂ di spesa e qualitĂ dei servizi pubblici. 3) Un intervento di sostegno della patrimonializzazione delle imprese attraverso la detassazione degli utili reinvestiti. 4) Il rilancio delle liberalizzazioni ormai bloccate da anni nei servizi, pubblici e privati, nelle professioni, nelle attivitĂ commerciali per ridurre i costi della P.A. delle imprese e delle famiglie, creare nuove opportunitĂ di lavoro.

5) Immediate misure di riduzione fiscale per le famiglie (introducendo il fattore famiglia) e per le imprese attraverso la riduzione dell’IRAP che con il federalismo fiscale rischia, al contrario, di aumentare 6) Una forte iniziativa mirata al contrasto della povertĂ che sta investendo ceti che precedentemente ne erano al riparo. 7) Investimenti straordinari in favore della ricerca pubblica e privata. 8) Un piano straordinario per i giovani (istruzione, merito, lavoro, casa, nuove opportunitĂ ) Il governo attualmente in carica non prevede interventi destinati a dare luogo ad una crescita piĂš vigorosa dell’economia, in particolare al sud. Si proclama il rafforzamento della concorrenza e della competitivitĂ , ma non si indicano strade concrete ed incisive. Nulla è stato fatto per agevolare la crescita occupazionale dei giovani del nostro meridione. La disocuppazione al sud è un'emergenza drammatica a cui bisogna far fronte, dando un futuro concreto alle nuove generazioni all'interno del loro territorio e contrastando il fenomeno della fuga di cervelli. E' dunque necessario prevedere precise misure a sostegno della crescita, condizione indispensabile per la stessa stabilitĂ dei conti pubblici, per il rispetto dei vincoli dell’appartenenza all’Euro e per il rilancio del nostro Mezzogiorno. * DEPUTATO API

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venerdì 21 ottobre 2011

Speciale L’INTERVISTA - Parla Nicola Rossi, che Montezemolo ha voluto accanto per la nascita di Italia Futura

“Non soffici narrazioni, ma ruvida concretezza” Nicola Rossi, senatore eletto nelel file PD, è oggi transitato nel gruppo misto ed è una delle teste pensanti che Luca Cordero di Montezemolo ha voluto accanto a sè per la nascita di Italia Futura. Gli abbiamo posto qualche domanda cui ha risposto con la precisione e la chiarezza che lo hanno sempre contraddistinto Quali sono secondo Lei, le colpe più imperdonabili del Governo nei confronti del Sud? “Aver affermato con chiarezza nel "Piano per il Sud" che le politiche per il Mezzogiorno messe in campo negli ultimi 15 anni sono state un completo fallimento ma non averne tratto tutte le implicazioni possibili invertendo radicalmente la rotta”. Siamo tutti in attesa del "piano di sviluppo" del Governo. Secondo Lei,

NIicola Rossi - Gruppo Misto riusciranno in poche settimane a fare quello che non hanno fatto da quasi sette anni di ininterrotto governo del centro destra? “Le premesse sono tutt'altro che positive. In buona sostanza sono settimane che la maggioranza si sforza di capire quale imposta sia meglio introdur-

re per finanziare la crescita. Di tagli alla spesa non si sente nemmeno l'odore. Più in generale, è l'idea che la crescita possa essere ottenuta accrescendo la spesa pubblica appare quanto meno molto debole”. Vede possibile un'adesione di Italia Futura al terzo Polo? “Una risposta a questa domanda sarà possibile se e quando Italia Futura sarà un soggetto politico. Cosa che oggi non è”. Dal sud non sono mai partite,se non nel primissimo dopoguerra, spinte separatiste o autonomiste. Eppure qualcuno conidera necessarie delle misure anti-leganord. Lei come la vede? “Male. Il Mezzogiorno d'Italia deve proporsi, per salvare se stesso e l'Italia, di dare una prospettiva all'intero Paese e non solo di

difendere se stesso. Da circa vent'anni nessun meridionale è stato Presidente del Consiglio o anche solo candidato alla Presidenza del Consiglio (e i romani non sono meridionali). Contrapporre un localismo all'altro non gioverà mai al Mezzogiorno che deve, invece, trovare il coraggio di smettere di guardarsi l'ombelico e di proporre una strada all'intero Paese. Per far questo deve cominciare a parlare il linguaggio della verità, sopratutto circa le condizioni del Mezzogiorno stesso. Non di soffici narrazioni ha bisogno il Mezzogiorno ma di ruvida concretezza”. Cade il governo: si vota o si tenta un governo tecnico? “I tempi sono essenziali. La risposta dipende, credo, proprio dalla scelta dei tempi”. FORTUNATA DELL’ORZO

SCHEDA - I leader del Terzo Polo Gianfranco Fini: la sua è la proposta più visionaria e futurista. Gli sono accanto, senza tuttavia rinunciare al diritto di critica, un pool di giovani e giovanissimi giornalisti che con il giornale online, Il Futurista, spingono a manetta sulla rottura totale e irreversibile con Berlusconi e con le logiche del partito personale. Senza rinnegare le radici profonde della destra italiana, Fli appare la formazione centrista meno prigioniera di schematismi e veti. Francesco Rutelli: alla lunga è venuta fuori la sua anima lib-lab che poco si accorda con quanto resta di Pci nel Pd (e con Vendola il dialogo appare impossibile), ma anche con il cattolicesimo sia della Bindi, sia di Fioroni. In fondo Francesco è un ex radicale, che crede nelle grandi battaglie libertarie ma che oggi ha maturato un senso dello stato e delle istituzioni molto prossimo a quello di Fini. Pierferdinando Casini: Insieme a Fini è un grandissimo ed super esperto “animale politico” italiano. Gli va dato atto d’aver compreso per tempo l’involuzione catastrofica del berlusconismo. In questo caso, aver difeso a spada tratta l’autonomia dell’UDC, ha consentito successivamente anche a Fini di sganciarsi dal carrozzone berlusconiano. Luca Cordero di Montezemolo: l’ultimo arrivato, fa discorsi di buon senso e non si è ancora chiaramente pronunciato a favore di una sua presenza nel Terzo Polo. Non si capisce ancora se il suo è un messaggio settoriale (imprenditori e basta) o se possa avere ricadute più popolari e meno elitarie. Ha colpito il suo individuare un Matarrese D.O.C. come Salvatore, figlio di Michele e nipote di Antonio e Vincenzo, come referente per la Puglia, visto che cercava gente “che non avesse precedenti in politica”. E’ più probabile che si voglia muovere più a livello di lobby che di partecipazione elettorale. Lo scopriremo solo vivendo.


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venerdì 21 ottobre 2011

Puglia d’oggi

Speciale “E’ necessaria una rivoluzione culturale che esiste quando a concepirla è il sogno e ad alimentarla è la passione”

Lavoro e politica per i nostri giovani Carmelo Patarino parla dei possibili scenari per rimettere in moto il Mezzogiorno

Carmelo Patarino - Fli

di ROBERTO MASTRANGELO Nella nostra inchiesta sul Sud abbiamo rivolto alcune domande a Carmelo Patarino, parlamentare di Futuro e Libertà e Responsabile del Partito di Fini per la Provincia di Taranto. Partiamo dalla situazione del Sud. Quali secondo lei sono i punti di maggior crisi? "Innanzitutto il lavoro, la preoccupazione magigore, a mio modo di vede-

re, oggi è un ritorno del fernomeno dell’emigrazione. L’intero Mezzogiorno sta subendo un vero salasso, e questa volta ancora più preoccupante di quello dell’inizio del ‘900. Un secolo fa chi emigrava era generalmente un cittadino pressocchè analfabeta, che era disposto a fare qualunque lavoro, anche i più umili, pur di mantenere se stesso e la sua famiglia. L’emigrante di oggi è di solito in possesso di un alto titolo di studio, conosce le lingue e l’informatica, e di solito studia lontano da casa pesando non poso sulla sua famiglia. Questi soldi di tante famiglie del Sud ahimè vengono investiti lontano da noi”. Parla della fuga di cervelli? “Certo. I giovani per trovare un lavoro dignitoso altrettanto spesso devono

restare lontano dal Sud. Da noi non mancano le braccia, ma i cervelli. La nostra realtà che avrebbe bisogno di crescita, di sviluppo, e quindi delle sue risorse più interessanti ed attive, comincia a vedere proprio questa mancanza". E come agire per arginare questo fenomeno a suo avviso? “Dovrebbero essere tutti più presenti: Istituzioni locali, magistratura, ordini professionali, Camere di Commercio, Sindacati, categorie professionali... tutti quanti insieme per fare sistema. Bisogna attivare e studiare progetti seri per mettere in movimento la macchina di un Mezzogiorno che non h a nulla da invidiare a nessuno. Dobbiamo dare serie opportunità ai nostri giovani per non farli emigrare ed anche per farli tornare.

Così potremo essere competitivi non solo in Italia, ma nell’intero mercato globale”. Cosa si può concretamente fare per rilanciare l'economia del Sud? “Intanto basta a quello che è accaduto fin qui, con continui interventi a fondo perduto che spesso hanno ingrassato aziende del Nord senza ricadute sul nostro territorio. Servono dei progetti condivisi, anche se portano dei sacrifici. Si pensi all’età pensionabile e all’opportunità di elevarla. Questa soluzione non la disdegnamo, ma deve avere una sua funzione. Se ci viene detto di lavorare un paio di anni in più, ma questo sacrificio produce un risparmio da utilizzare come fondo per agire sull’occupazione giovanile, io credo che si potrebbe realizzare”. Altre cose da fare?

“Bisogna creare infrastrutture. Pensiamo a Taranto. Abbiamo il porto, l’aeroporto... potenzialità non sfruttate e non tradotte in sviluppo e crescita. Se si mettesse in condizioni il porto di attrarre le grandi navi sulle rotte commerciali internazionali, se si utilizzasse l’aeroporto di Grottaglie per incentivare i voli commerciali o i voli charter, se si potrebbero creare opportunità per tutta la nostra economia. Pensiamo all’agricoltura. Per qualità non dobbiamo avere paura di nessuno. Ma siamo distanti dai mercati. Ecco che lavorare sulle infrastrutture significa avvicinare i mercati”. Un cambio di prospettiva, dunque. “E’ necessaria una nuova mentalità, ci vuole una rivoluzione culturale, che esiste quando a concepirla è il sogno ad alimentarla è

la passione ed a svolgerla sono i giovani, che devono partecipare alla politica, se vogliono impossessarsi, come devono, del proprio futuro. E’ indispensabile partecipare alla vita politica e sociale. Questa è la rivoluzione di cui abbiamo bisogno”. Ritiene che Fli possa rappresentare tutte queste necessità? “Noi Fli siamo in grado di fornire tutte queste aspettative. Siamo un partito giovane, che nasce per contestare un sistema che non andava più. Abbiamo rinunciato a posizioni certe per fare questa scelta. Diversamente la gente avrà sempre meno fiducia nelle istituzioni e si allargherà una crisi che oggi come oggi non è soltanto economica, ma anche di valori. Ed è la politica a dover dare queste risposte. Non c’è un’altra strada”.

L’INTERVISTA A FRANCESCO SCHITTULLI

Movimento indipendente che lavora per la Puglia Abbiamo sentito anche il Presidente della Provincia di Bari Francesco Schittulli. Presidente, domanda retorica: il Sud è un problema o una risorsa? “Una risorsa, senza dubbio. Diventa un problema per chi non se ne cura, come quelli della Lega Nord, per esempio”. Siamo bravi, intelligenti ed industriosi. Ma perché abbiamo ancora tanti problemi? “Non facciamo squadra, non facciamo sistema. Viviamo spesso prigionieri delle nostre invidie e diuna competitività sbagliata. Dovremmo mutuare dal Nord lo spirito di cooperazione e di collaborazione che sconfigge l’egoismo o che comunque ne riduce i disastri. Qui ne avremmo grandemente bisogno, non solo in economia: pensi a cosa sarebbe la nostra rete dei servizi, a come riusciremmo a surrogare le inefficienze del sistema sanitario, se solo ci impegnassimo un po’”. E al Ministro Fitto?

Francesco Schittulli Non rimprovera nulla? “Io sono molto amico di Raffaele Fitto e a suo tempo gli ho anche detto che doveva battersi di più, impegnarsi di più. Mettersi un po’ più di traverso al ministro Tremonti e ai freddi calcoli. Credo che da qualche tempo a questa parte lo stia facendo. Si è speso molto perché in Puglia arrivassero i fondi FAS”. E il suo movimento? Come intende portarlo avanti? “Dobbiamo radicalizzarci, essere presenti su tutto il territorio regionale, essere vicini ai cittadini che vogliano impegnarsi per il bene comune. Noi siamo un movimento indipendente che lavora solo per la Puglia, una regione meridionale

che ha caratteristiche assolutamente peculiari e differenti da quelle di altre regioni meridionali come la Calabria, la Sicilia o la Campania. Una delle nostre battagie sarà quella di abrogare, oltre alle province, anche le regioni a statuto speciale, vere fonti di sprechi e privilegi, ormai ingiustificabili”. E il terzo Polo? Lei come vede un’adesione del suo movimento al terzo Polo? “Siamo indipendenti, gliel’ho detto. Noi siamo cattolici laici, innamorati del bene comune e di chi fa politica come servizio e non come esercizio di interessi personali. Andremo con chi rispetta questi nostri principi. Non siamo né indignati, né rassegnati Che succede nel 2012, si vota? “Io dico di no, in parlamento c’è troppa gente che mira solo al vitalizio e alla pensione. Perché mai dovrebbero andare a casa?” FORTUNATA DELL’ORZO


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Europa

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La protesta degli eurodeputati italiani costringe la Commissione a rivedere gli orientamenti iniziali. Ora è previsto molto di più per il Sud

Reti di trasporto, l’Unione ci ripensa Quasi trentadue miliardi di euro per le infrastrutture. Ma non c’è il Ponte sullo Stretto di VINCENZO MATANO L'Europa deve migliorare le sue infrastrutture e per questo motivo la Commissione europea ha presentato un piano di investimenti pari a 50 miliardi di euro destinato a migliorare le reti europee di trasporto, energia e digitali. Una cifra importante che contribuirà a creare posti di lavoro e a rafforzare la competitività dell'Europa nel momento in cui ne ha più bisogno. Questo cosiddetto "meccanismo per collegare l'Europa" finanzierà progetti che completano i collegamenti mancanti delle reti in questione, cercando di rendere l’economia europea più verde, grazie all’introduzione di modi di trasporto meno

inquinanti, collegamenti a fascia larga ad alta velocità e un uso più esteso delle energie rinnovabili in linea con la strategia Europa 2020. Per facilitare il finanziamento, la Commissione ha, inoltre, adottato i Project Bond cioè i prestiti obbligazionari per il finanziamento che daranno garanzie al fine di attrarre i finanziamenti privati per i progetti. Una parte molto importante degli investimenti, circa 31,7 miliardi di euro, sono destinati ad ammodernare le infrastrutture di trasporto europee, costruire i collegamenti mancanti ed eliminare le strozzature. In Europa i sistemi di trasporto si sono tradizionalmente sviluppati lungo assi nazionali, per cui, al momento della pianificazione, della

Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. L’Europa lo snobba gestione e del finanziamento dei progetti transfrontalieri l'Ue dovrà svolgere un ruolo cruciale di coordinamento tra gli Stati membri.

Una rete ben funzionante è fondamentale per migliorare il mercato unico e per promuoverne la competitività. Rientrano in questi fi-

nanziamenti i corridoi, famosi in Italia per la questione della TAV. Dopo una lunga trattativa tra Roma e Bruxelles, saranno 15 le opere

infrastrutturali italiane inserite nell'elenco delle priorità europee. Nello scorrere la lista delle opere prioritarie, spicca la conferma del collegamento Napoli - Palermo (grazie alla pressione degli eurodeputati meridionali che avevano inviato una lettera di protesta a Barroso) con l'esclusione del Ponte sullo Stretto. Riconfermata l'importanza della Torino - Lione, mentre viene sottolineata la necessità del potenziamento della rete della ferrovia Napoli - Reggio Calabria e Napoli - Bari. Secondo gli addetti ai lavori il bilancio per l'Italia è positivo, ma l'esclusione del Ponte sullo Stretto viene letta come l'ennesima sconfitta del Governo italiano in sede europea.

SONO TRENTA IN TUTTO. SARANNO LANCIATI ENTRO IL 2014

Finalmente in orbita i satelliti di Galileo

David Sassoli e Mario Mauro, protagonisti della protesta

Dopo ritardi, polemiche iniziate nel 1998 e un bugdet spropositato ma soprattutto dopo una forte pressione politica finalmente oggi Galileo vedra’ l’ orbita. I suoi primi due satellitti sono pronti sulla rampa di lancio del poligono spaziale francese di Kourou, in Guyana fissato per oggi alle 12.34 ora italiana. I due satelliti Galileo sono i primi della costellazio-

DECISIVA L’OPPOSIZIONE DI OLANDA E FINLANDIA. E CI RIMETTONO I TULIPANI

Romania e Bulgaria fuori da Schengen Niente Schengen per Romania e Bulgaria . E’ quanto e’ stato deciso dal Consiglio europeo a Bruxelles tra mille polemiche e forte delusione da parte dei due paesi. La presidenza polacca dell’ Unione europea lo ha confermato durante i lavori del Consiglio Giustizia e Affari interni. “'Non e' stato possibile raggiungere una decisione sull'allargamento di Schengen'', ha detto il ministro degli Interni polacco Jerzy Miller. ''Erano state fatte delle promesse e quelle promesse sono state violate'', ha sottolineato Miller,

dicendosi ''triste'' per il mancato accordo in Consiglio, dove ad opporsi sono state Olanda e Finlandia. Ma quello che manca è la fiducia politica infatti per allargare l’area Schengen serve il consenso di tutti i Paesi già membri, per ora pesa il veto dei governi di Amsterdam e Helsinki . “Abbiamo osservato che negli ultimi mesi Sofia e Bucarest hanno fatto enormi progressi nella lotta alla corruzione e dal crimine organizzato'', ha ribadito il ministro degli Interni polacco ricordando che da aprile ''Bulgaria e Romania stanno

proteggendo il confine esterno dell'Ue. ''Stiamo usando la loro assistenza, ma non gli permettiamo di entrare -ha denunciato Miller- e questo e' contrario ai principi di solidarieta' europea''. Il no all’allargamento è stato deplorato anche dalla Commissione Europea. “. "La Commissione ha gia' mandato diverse missioni in Bulgaria e Romania, e le conclusioni sono che questi due paesi sono tecnicamente pronti per entrare a far parte di Schengen. Posso mandare altre missioni, certo, ma questa e' una questione di fiducia politi-

ca.” ha commentato la commissaria Cecilia Malmstroem. Ed è proprio per paura che i confini non siano rispettati e che manchino le misure di sicurezza che Olanda e Finaldia sono contrari all’ entrata dei due peasi. Nel frattempo, forse, per ritorsione, il governo rumeno tiene fermo al confine da settimane una dozzina di camion olandesi carichi di tulipani, per presunti controlli fitosanitari. I romeni vogliono dimostrare che sono bravi nel proteggere i loro confini ma lo scherzetto rischia di costare caro ad Amsterdam, visto che l’anno scorso l’export di tulipani in Romania è stato di circa 700mila euro.La situazione non sembra doversi smuovere e nel frattempo aspettando il prossi-

Jerzy Miller mo marzo per un riesame e che i rossi tulipani possano entrare in Romania il Governo di Bucarest ha definito quello olandese “ un governo ostaggio della politica anti-europea di un partito estremista” eliona cela

ne che comprende 27 satelliti più tre di riserva. Tutti si prevede siano lanciati per la fine del 2014. «Già dall’anno prossimo con l’invio della seconda coppia uguale a quella ora sulla rampa, - nota Jean-Jacques Dordain, direttore generale dell’Esa - potranno iniziare i primi servizi sia pure limitati. “ A bordo ogni Galileo ha installato l’orologio atomico più perfezionato mai realizzato per lo spazio. Costruito dall’italiana Selex assicura una precisione al miliardesimo di secondo. Il loro ritmo, dal quale dipende la misura esatta della posizione, sarà controllato dal centro di Telespazio al Fucino che gestisce in orbita anche la costellazione. Un secondo centro di controllo che garantisce continuità di sorveglianza in ogni situazione è inoltre attivo in Germania, vicino a Monaco di Baviera. Galileo è la risposta dell'Unione europea al dominio americano dei sistemi GPS e non solo porterà alla creazione di posti di lavoro, ma aiuterà anche l'Europa a fare la sua entrata in nuovi mercati e a stabilire degli standard nel settore della navigazione satellitare. Ora prima di cantare vittoria aspettiamo il lancio di questo primo pomeriggio e incrociamo le dita che questa volta Galileo non subisca altri ritardi e che ci permetta finalmente di usufruire dei suoi servizi che vanno dalla sicurezza al quel segnale GPS che finora parlava solo americano eliona cela


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venerdì 21 ottobre 2011

L’EDITORIALE - Nel nostro nome è il nostro destino. Difendiamo la Libertà e il Futuro di tutti

Fli con il Terzo Polo al servizio del Sud e della Puglia SEGUE DA PAG 1

[...] Il glorioso vessilo che fu di Giorgio Almirante ed è oggi di Gianfranco Fini non è contraddetto, ed è anzi accresciuto e arricchito da queste presenze. Perché nella storia dei diversi partiti nei quali del dopoguerra la destra italiana si è incarnata è sempre stata presente l’idea che la politica non fosse un luogo autosufficiente, che il partito non fosse uno strumento di dominio da cui guidare la società. Per questo ci siamo chiamati “movimento”, e poi “alleanza”, ed ora “futuro”. Perché il nostro obiettivo non è la conquista del potere, ma l’organizzazione della forza, dell’impegno e delle idee di tanti per conseguire il bene comune. Per questo il Terzo Polo è una scelta di legittima difesa: non difesa nostra, ma dei cittadini-elettori. Quei cittadini che sono stati spogliati del diritto di scegliere i propri rappre-

sentanti, che possono partecipare alla vita politica solo come claque del potente di turno. Siamo alleati di quei moderati che hanno capito prima di noi l’involuzione autoritaria e disperata del berlusconismo, che hanno capito prima di noi che la casa comune dei moderati era la caserma di un uomo solo. Siamo con loro, siamo disponibili a lavorare con tutti per salvare l’Italia, che viene prima di tutto, ma siamo e restiamo una forza politica di centrodestra. Siamo nati per costruire un centrodestra vero e rinnovato negli uomini e nelle idee. La nostra battaglia servirebbe a poco se noi non volessimo mettere la nostra forza e le nostre idee al servizio della Puglia e del Sud. Noi difendiamo questa terra d’Italia e d’Europa, crediamo nelle sue possibilità di sviluppo. Non ci appartengono né la lamentela piagnona, né il vittimismo. Chiediamo, però, esigiamo che le ca-

Gianfranco Fini pacità del nostro territorio non vengano calpestate da una politica incapace, da governi nazionali e regionali al di sotto di ogni sospetto, da una burocrazia irresponsabile e impunita. Abbiamo una grande Università, contornata da una rete di centri di formazione e di ricerca pura

ed applicata che fa invidia a molte aree del Mezzogiorno. Abbiamo un artigianato che tiene botta, un commercio che stringe i denti ma c’è. E abbiamo, triste doverlo ripetere, il paradosso di un’elevata qualità delle risorse umane, specie giovanili, insieme a una capacità di assorbimento del mercato

del lavoro che è ai minimi termini. Servono atti di coraggio: che gli imprenditori, ma anche le banche, la smettano di pensare che la cosa migliore da fare è costruire un bel palazzo; che il sistema della formazione non proceda per autoriproduzione e cooptazione, ma per scelte basate sul merito; che il panico della crisi non si traduca in una ulteriore mortificazione del lavoro e delle sue tutele. Questo non è solo un problema etico: sottopagare, sfruttare, negare dignità al lavoro significa anche avere un prodotto di pessima qualità, perdere competizione, disperdere valore aggiunto. La mia convinzione è che mediamente la consapevolezza della necessità di questi atti di coraggio sia viva e presente nel mondo produttivo. Il problema è la latitanza della politica. Negare l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Alimentare a Foggia è un atto delittuoso, perché il territorio ha tutte le dotazioni e le opportunità per farla funzionare bene. Colpita dallo stupido fanatismo leghista, l’Authority è stata affossata dalle alte burocrazie ministeriali, che non volevano certo rinunciare ad una torta così cospicua.

Puglia d’oggi

Allo stesso modo miope si è comportata la Regione Puglia per quanto riguarda la pianificazione di Area Vasta: centralismo anziché autonomia, scelte di vertice anziché partecipazione. Non pretendiamo di fare tutto da soli: i grandi processi cominciano da piccoli gesti, anche i veicoli più grandi hanno bisogno di un motorino di avviamento. Noi dobbiamo esserlo Noi abbiamo spiccato il volo, e tutto lascia pensare che sarà un volo di lunga durata e di grandi altezze. In un Paese che sforna un partito ogni due giorni, Futuro e Libertà ha altre idee ed altre ambizioni. Non ci siamo costruiti la piccola frazione dove stare per conto nostro, magari sulla scorta di un richiamo della foresta, di uno scatto identitario o ideologico. Nel nostro nome è il nostro destino. Noi difendiamo la libertà e il futuro, cioè cose che devono appartenere a tutti, non soltanto a noi. Noi siamo una proposta, o almeno un’occasione di riflessione per quanti sono disgustati dalla politica, per quanti hanno creduto sinceramente alle promesse di un uomo rivelatosi inadeguato, per tutti quelli che amano la Puglia e l’Italia. FABRIZIO TATARELLA


Puglia d’oggi

Il Congresso di Fli

venerdì 21 ottobre 2011

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FUTURO E LIBERTA’ - Fabrizio Tatarella eletto per acclamazione dopo un anno di commissariato

Fli a Foggia, buona la prima ora si deve restare “modello”

di ENRICO CICCARELLI Spiace che le polemiche pretestuose di qualcuno vogliano gettare ombre sul primo congresso provinciale di Futuro e Libertà in Capitanata. In realtà l’assise, organizzata e celebrata in tem-

pi da record, ha mostrato non solo uno stato di salute invidiabile, con un partito che, ad onta della recente costituzione, è già presente e strutturato nella maggior parte dei centri di Capitanata, ma anche di essersi guadagnato il rispetto e la considerazione di tutta la società politica (e non solo) del territorio

provinciale. La sfilata di ospiti che hanno portato il proprio saluto all’assemblea congressuale è stata davvero impressionante, comprendendo il segretario provinciale del Partito Democratico, ben quattro consiglieri regionali, un prestigioso esponente di Sel come il presidente del-

la Fiera Cannerozzi, i rappresentanti di Io Sud, Forza del Sud, Alleanza di Centro, Socialismo Dauno, il sindaco di Foggia Gianni Mongelli, il Rettore dell’Università Giuliano Volpe, e poi ancora l’Ugl, Democrazia e Legalità e tanti altri. Ma il “prodotto interno” non è stato di minore qualità con l’ampia e applaudita relazione di Fabrizio Tatarella e il corposo intervento di Rino Lamarucciola, il sindaco di Pietra Montecorvino, persona irreprensibile e unanimemente stimata, che purtroppo, per ragioni statutarie e regolamentari, non ha potuto partecipare alla competizione per la segreteria. L’esito del voto, ove si fosse svolto, appariva peraltro scontato: il capillare ed intenso lavoro svolto da Fabrizio Tatarella in questo anno di forzata gestione commissariale gli hanno guadagnato simpatie e consensi un po’ in tutti i circoli.

Due momenti del recente congresso di Fli di Capitanata Un lavoro e dei risultati che con troppa facilità sono accantonati o rimossi da chi gli rimprovera e rimprovera a Fli un atteggiamento “dinastico”. Facciamo fatica a capire perché dovrebbe essere una colpa portare un cognome che significa molto per la destra pugliese ed italiana, specialmente se quel cognome lo si è onorato e lo si onora con un impegno strenuo e costante, privo di qualsiasi contropartita o privilegio. Comunque, senza attribuire eccessivo peso a quanti sono abbonati alla polemica, sottoscriviamo le parole di Francesco Lasalvia, di Generazione Fu-

turo: Da più parti si sente parlare di “modello Foggia” per la dedizione , l’impegno e i risultati raggiunti dal partito: ecco è arrivato il momento di non rilassarsi , non lasciarsi distrarre da polemiche inutili e continuare a confermarci modello per le altre realtà. Si avvia una nuova fase, da domani dovremo dimostrare di essere la novità per tutti gli elettori di centro-destra, delusi dal Pdl, ma anche essere punto di riferimento per quel numero, purtroppo elevatissimo, di cittadini che hanno perso ogni rapporto e fiducia con la politica.



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