Geografie dell'abbandono_1.2

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I centri parzialmente abbandonati, in generalepiù numerosi, “sono il frutto di anni di disagi economici, lontananza dai principali poli commerciali ed industriali, isolamento geografico, difficile accessibilità, variazioni nella struttura economica e scarsa rispondenza dell’abitato alle esigenze della vita moderna, il tutto aggravato da dissesti derivati anche dal sopraggiungere di eventi cataclismatici. Diverse ondate migratorie, volte prima verso altri continenti e poi verso i paesi nord -europei e l’Italia settentrionale, hanno provocato abbandoni protrattisi nel tempo”(3). Il caso dei centri completamente abbandonati spesso è diretta conseguenza di eventi bellici o dissesti idrogeologici. In questi casi lo spopolamento avviene molto più velocemente in quanto è dettato dalle condizioni di emergenza. E’ interessante osservare all’interno di questi fenomeni le caratteristiche geografiche dell’abitato ed il rapporto con i caratteri orografici, morfologici e paesaggistici dei luoghi, indagarne le cause di abbandono, che possono essere multiple per un singolo centro, o esaminare il tipo di reazione che la comunità interessata ha assunto. I centri abbandonati costituiscono un vero e proprio laboratorio all’aria aperta, “le unità edilizie parzialmente crollate consentono lo studio analitico delle sezioni murarie, delle antiche operazioni di consolidamento e di posa in opera di orditure lignee, agevolando la comprensione costruttiva di un’architettura rurale a carattere spontaneo, di cui si avverte la progressiva scomparsa. Le strutture architettoniche superstiti si possono inoltre presentare secondo un ventaglio estremamente diversificato. Si hanno centri il cui passaggio nella storia insediativa è percepibile dalla presenza di ruderi, a volte quasi illeggibili ed in via di graduale fusione con il paesaggio circostante; in altri sopravvive solo qualche emergenza architettoniche, sede del potere politico o religioso, che, costruita più solidamente rispetto all’edilizia comune, ha resistito ad eventi cataclismatici, all’incuria dell’abbandono ed al degrado del tempo.”(4). L’ultimo caso è quello che fa riferimento a borghi che hanno fondato un nuovo centro nelle vicinanze di quello precedente. Le cause sono da ritrovare soprattutto nelle catastrofi ambientali come frane o terremoti ma anche in motivazioni di tipo architettonico: spazi troppo piccoli, difficoltàa raggiungere l’abitazione. Il fenomeno dello spopolamento, seppure non indagato con completezza in tutto il territorio nazionale, appare in generale molto diffuso e particolarmente rilevante nell’Italia meridionale e lungo tutto l’arco appenninico. Klapish Zuber precisa che gli abbandoni veri e propri sono collegati a fenomeni più vasti quali le trasformazioni economiche ed i nuovi orientamenti agricoli(5). Da non dimenticare i sismi che hanno colpito alcune regioni d’Italia: la Val di Noto nel 1693, la Valle dl Belice (1968), il Friuli (1976) e l’Irpinia (1980). Preme comunque riflettere sul futuro dei centri abbandonati, sia se questi siano stati il risultato di una traslazione di abitato a seguito di un sisma, sia se si siano spopolati per una motivazione diversa. La loro lenta e silenziosa scomparsa richiede interventi urgenti di conservazione ed idee propositive, volte a trovare un nuovo ruolo e significato alla loro esistenza senza escludere una loro possibile conversione in luoghi di contemplazione e memoria(6). (1) Cfr. Nucifora S., Le forme dell’abbandono in AA.VV., Le città abbandonate della Calabria, op. cit., 78. (2) Colletta Tiziana, La conservazione dei centri storici minori abbandonati: il caso della Campania, op.cit., 134. (3) Idem (4) Idem (5) Cfr. Klapish Zuber Ch., Villaggi abbandonati ed emigrazione interna, in Storia d’Italia, vol. V, Einaudi Editore,Torino 1973. (6) Dezzi Bardeschi M., Brevi note sugli interventi di “restauro” nelle zone colpite dal terremoto in Boscarino S., Prescia R. (a cura di ), op. cit., p. 184


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