I Caniana . Artisti e artigiani nelle botteghe bergamasche

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Caniana

ARTISTI E ARTIGIANI NELLE BOTTEGHE BERGAMASCHE


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Introduzione

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I Caniana

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La Provincia vuole proseguire nella valorizzazione degli artisti bergamaschi con la pubblicazione di agili opuscoli divulgativi che possono facilitare la conoscenza e la scoperta del nostro territorio. L’iniziativa è realizzata in collaborazione con l’Associazione Guide Giacomo Carrara di Bergamo e i testi non vogliono essere saggi critici, ma momenti di approfondimento e un utile strumento di conoscenza del nostro territorio e degli artisti che hanno contribuito a divulgare il nome di Bergamo anche fuori dai propri confini. L’opuscolo è inoltre uno strumento che facilita la conoscenza della nostra identità culturale con una particolare attenzione anche alle comuni radici presenti nei vari ambiti geografici della nostra Provincia. La famiglia dei Caniana è originaria di Romano di Lombardia ma stabilitasi ad Alzano Lombardo, dove ha condotto una geniale attività di intarsiatori, intagliatori e architetti attivi alla fine del XVII e per tutto il XVIII secolo in provincia di Bergamo. I contenuti mirano a consentire inoltre, a quanti ne usufruiranno, di accostarsi con uno sguardo di simpatia e stupore a tante opere che ancora oggi arricchiscono il nostro contesto quotidiano e la ricca realtà culturale e turistica che viene offerta dalla nostra terra bergamasca.

Il Consigliere delegato Alberto Vergalli

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Il Presidente Matteo Rossi


Introduzione

Bergamo - Colognola Ex chiesa parrocchiale di San Sisto

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Giovan Battista Caniana

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“(cominciò) ... a studiare il disegno, al quale sentivasi dalla natura maggiormente inclinato, che al negozio¸ e nello stesso tempo ad attendere all’arte dei rimessi, o sia della tarsia, ed allo studio dell’architettura; e quantunque li facesse da sé, pure con gl’insegnamenti de’ libri, che di tal sorta molti possedevane il Padre, e ... fece molto avanzamento non solamente nell’architettura, ma nella geometria ancora” (F.M. Tassi – Vite de’ pittori scultori e architetti bergamaschi)

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Bergamo

Nel 1730 a Giovan Battista Caniana fu commissionato l’incarico per l’ampliamento dell’antica chiesa annessa al convento dei Carmelitani Osservanti (oggi conosciuta come chiesa del Carmine) situata in città, lungo la “Corsarola” (l’odierna via Colleoni). L’intervento durò circa una decina d’anni e fu indirizzato essenzialmente alla realizzazione della volta, all’innalzamento della facciata e alla costruzione delle cappelle lungo le pareti laterali dell’edificio. La facciata, anche a causa di successivi interventi ottocenteschi, non presenta elementi di particolare importanza, mentre è l’interno che offre gli spunti più suggestivi ed interessanti. La volta a botte, con ben in vista i tipici archi canianeschi, si innalza al di sopra di un marcato cornicione ed è scandita da dieci grandi finestre che permettono il passaggio di ampi fasci di luce all’interno della chiesa. Facendo propria l’idea attuata da Pietro Isabello nella chiesa di Santo Spirito circa due secoli prima, Giovan Battista creò, aprendole nelle pareti laterali, dieci cappelle (cinque per lato), anch’esse con volta a botte, di cui una, sul lato sinistro, più ampia e più profonda delle altre, dedicata alla Madonna del Rosario, molto simile alla omologa cappella della Basilica di San Martino ad Alzano Lombardo. La cappella è a croce greca con cupola emisferica e rappresenta un altro importante esempio della feconda collaborazione tra Caniana e Fantoni in quanto, a quest’ultimo, fu affidato l’incarico della rea– lizzazione delle colonne del sontuoso altare che orna la cappella stessa. La chiesa di San Michele all’Arco, addossata al lato ovest della Biblioteca Civica “Angelo Mai”, sorge su un luogo dedicato da tempo immemorabile al culto. La tradizione vuole che il particolare nome con cui si identifi8


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Bergamo - Chiesa di San Michele all’Arco

ca questa chiesa derivi dalla presenza in loco di un arco dedicato a Nerone. Risalgono al IX secolo le prime notizie documentali in cui si attesta anche la presenza di un monastero. Fu chiesa parrocchiale fino ai primi anni dell’Ottocento e intorno alla metà del secolo scorso cessò la sua funzione cultuale; riempita di alte scaffalature, entrò a far parte degli spazi utilizzati dalla attigua biblioteca come deposito dello straordinario patrimonio dell’istituzione. Fu un intervento complesso quello a cui si accinse 9


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Giovan Battista Caniana nel 1743: progettò una chiesa con orientamento nord-sud girando letteralmente il precedente edificio che era invece orientato est-ovest, dovette affrontare il problema della sconnessione del luogo (la via Rivola su cui si affaccia la chiesa è particolarmente ripida) che risolse con l’arretramento della facciata inserendo un piccolo sagrato pianeggiante di collegamento con la prospiciente Piazza Vecchia, abbandonò l’usuale tema della facciata divisa in due parti da un cornicione realizzando, complice anche la scarsità dello spazio a disposizione, un fronte stretto, lineare ed essenziale abbellito da elementi plastici e sormontato da una bella statua raffigurante San Michele Arcangelo, titolare della chiesa (importante la collaborazione tra il nostro architetto e lo scultore Giovanni Sanz). Siamo intorno alla metà del Settecento e, probabilmente sgravato dalle numerose committenze degli anni precedenti, Giovan Battista Caniana può cominciare a sperimentare le nuove idee che iniziano a circolare e che fanno da premessa all’avvento, verso la fine del secolo, del neoclassicismo. La chiesa di San Pancrazio sorge lungo la via Gombito nel centro storico di Città Alta. Esistente fin dal IX secolo, subì numerosi interventi di ristrutturazione fin verso il 1748 quando Giovan Battista Caniana pose mano ad un ulteriore rinnovamento dell’edificio. L’architetto romanese mantenne tuttavia praticamente inalterate sia la facciata sia la struttura interna, che presenta dieci cappelle laterali, intervenendo invece nella parte superiore e nella zona absidale. Inserì tra le cappelle delle lesene a sostegno della trabeazione su cui poggiano le arcate che, a loro volta, sostengono la volta a botte; ogni arcata è dotata di tiranti, soluzione questa dovuta alla particolare dislocazione della chiesa che, collocata in un complesso tessuto urbano, non permise la realizzazione di elementi esterni (tipo contrafforti) che contenessero le spinte delle arcate stesse. Ad una attenta osservazione, si può notare come le arcate della volta siano di differenti dimensioni, 10


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Bergamo - Chiesa di San Pancrazio (part. interno) questo a causa delle diverse misure che contraddistinguono le cappelle di destra da quelle di sinistra. Il presbiterio è dominato da una cupola ellittica mentre l’abside, in origine quadrata, oggi si presenta in una forma semicircolare. La primitiva chiesa del Galgario era una costruzione medioevale eretta da Giovanni Tornielli che fu vescovo di Bergamo (1211-1240) e vi collocò i padri Umiliati i 11


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quali già alla Masone avevano avviato nel loro iniziale convento la specialità della lavorazione dei panni lana. I Frati Minimi di San Francesco di Paola iniziarono la nuova costruzione della chiesa solo dopo un secolo da che erano stati immessi, nel 1638, nell’uso della precedente dal conte Tassi abate della Commenda di San Simone e Giuda (La masone), ma rimase incompiuta fino al 1739. L’ampliamento della chiesa, trasformata radical-

Bergamo - Chiesa del Galgario 12


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mente con il bellissimo frontale stile barocco, fu opera di Giovan Battista Caniana. Fu forse decisivo il rapporto di amicizia e stima reciproca tra il pittore frate paolotto Vittore Ghislandi detto Fra’ Galgario e il Caniana per il compimento di questa chiesa. L’edificio è a navata unica con cappelle laterali a base rettangolari di dimensioni diseguali e un’abside semicircolare. Della vecchia chiesa duecentesca restano alcuni frammenti murali e una porta ad arco con grossi blocchi di pietra lungo l’omonima via del Galgario mentre della parte secentesca, resta la grande cappella a pianta quadrata a destra della navata che ora funge da sacrestia. La fusione tra l’architettura secentesca e quella settecentesca la si può osservare nelle cappelle laterali e nei brevi sfondati prima del presbiterio. Nella diversa profondità delle cappelle si nota un accentuato senso chiaroscurale, le stesse sono divise da lesene con capitelli pseudo-ionici che si uniscono alla trabeazione poco aggettante che percorre tutta la chiesa. Il presbiterio mantiene la stessa larghezza della navata mentre aggettanti sono le due lesene all’imbocco dell’abside che creano una separazione tra la navata e l’area presbiteriale. Anche nell’abside sono presenti le lesene che terminano sul cornicione. La copertura della chiesa è a volta a botte costolonata, gli archi che delimitano le campate sono la prosecuzione delle lesene e si presentano con un colore più scuro della volta. La facciata è determinata da un fronte a due ordini sovrapposti separati da un cornicione poco sporgente. Il corpo inferiore è delimitato da lesene che lo dividono in tre parti nelle quali vi sono due finestre ad arco sui lati estremi mentre al centro spicca un elegante portale in marmo di Zandobbio. La decorazione del portale si raccorda perfettamente con l’architettura della facciata creando un connubio tra scultura e architettura. Il corpo superiore è anch’esso tripartito, al centro si apre una grande finestra rettangolare sormontata da una nic13


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chia e altre due si trovano ai suoi lati ripetendo la forma delle finestrelle al piano terra. La parte terminale ha una cornice mistilinea che slancia la facciata e, con la sua linea, richiama il frontone dell’elegante portale marmoreo. Il motto dell’Ordine dei Frati Minimi di San Francesco di Paola è tuttora visibile nel medaglione sulla porta d’ingresso con la scritta” CHARITAS”. Collocata nella parte bassa di via Pignolo, all’incrocio con via Tasso, si affaccia, sull’omonima piazzetta, la chiesa di Santo Spirito. Colpisce l’attenzione del passante la sua facciata rimasta incompiuta, senza intonaco, con le pietre a vista attraverso le quali non è difficile leggere i vari interventi architettonici che hanno caratterizzato la storia dell’edificio. Sorta sui resti di un’antica chiesa trecentesca, è opera di uno dei più importanti architetti che operarono in Bergamo nella prima metà del Cinquecento, Pietro Isabello e rappresenta, ancor oggi, uno straordinario connubio tra le idee rinascimentali del suo ideatore e quelle settecentesche di Giovan Battista Caniana chiamato, negli anni ’30 del Settecento, a sostituire e completare le coperture della navata, del presbiterio e dell’abside. Caniana non intervenne sulla struttura isabelliana, ma partì dalla trabeazione della stessa innalzando i muri perimetrali sui quali innestò la grande volta a botte con ampie finestrature, attraverso le quali filtrano ampi fasci di luce; in corrispondenza delle colonne cinquecentesche realizzò grandi archi che, oltre a dividere lo spazio in scomparti, hanno un’importante funzione di sostegno, unitamente ai tiranti che servono a trattenere le forti spinte esercitate dalla volta verso l’esterno. Allo stesso modo Caniana operò nella parte absidale così da creare un insieme molto omogeneo e di grande spazialità. A causa dell’innalzamento delle pareti, anche la parte frontale fu interessata dagli interventi del Caniana i cui esiti sono ben visibili, come precedentemente accennato, guardando la facciata incompiuta (gli interventi settecenteschi sono rintracciabili all’altezza delle due 14


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nicchie). Grazie anche ai giochi cromatici degli intonaci impostati sulla contrapposizione tra bianchi e grigi, la chiesa di Santo Spirito risulta essere uno dei più belli e rigososi esempi nell’ambito dell’architettura religiosa in terra bergamasca. Le ricorrenti difficoltà finanziarie della committenza furono la causa principale del prolungarsi nel tempo della costruzione della chiesa parrocchiale del quartiere cittadino di Borgo Santa Caterina; infatti solamente nel 1791 si ultimarono i lavori, iniziati nel 1725 con l’inca-

Bergamo - Borgo Santa Caterina Chiesa parrocchiale di Santa Caterina d’Alessandria 15


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rico affidato a Giovan Battista Caniana. Grazie ai disegni progettuali conservati a Rovetta presso l’Archivio della Fondazione Fantoni, si può notare come l’edificio, ancora oggi, risponda perfettamente alle idee del progettista e sia arrivato fino a noi nella sua quasi totale integrità. L’impronta di Giovan Battista la si nota soprattutto nella facciata avvolgente, suddivisa in due ordini separati tra loro da un ampio cornicione e conclusa, nella parte sommitale, con un frontone su cui campeggia la statua di Santa Caterina d’Alessandria, titolare della chiesa. A dire il vero, secondo le idee originarie, la facciata doveva presentarsi con maggiori decorazioni, ma, evidentemente, i già citati problemi economici non permisero ulteriori abbellimenti. Nonostante ciò l’edificio, con le sue linee sobrie ed essenziali, ben si innesta nel tessuto urbano dell’antico borgo. Anche per l’interno, ad un’unica navata e con la volta a botte, il Caniana utilizza soluzioni già sperimentate con successo in precedenti lavori come la presenza di quattro cappelle, due per ogni lato, separate tra loro dagli ingressi laterali sui quali si trovano le piccole logge dei matronei. Oggi di proprietà comunale ed adibita a sala civica, la vecchia chiesa parrocchiale di Colognola, risalente alla fine del XV secolo, dopo numerosi interventi di sistemazione protrattisi nel corso del tempo, fu definitivamente ristrutturata a partire dal 1733; progettista ed esecutore fu Giovan Battista Caniana. Numerose furono le difficoltà incontrate perchè il cantiere dovettere coesistere con il normale funzionamento della chiesa che, nonostante i lavori in corso, non fu mai chiusa al culto. Si tratta di una delle tipiche costruzioni dell’architetto romanese a pianta rettangolare con quattro altari laterali separati tra loro dagli ingressi secondari, piccoli matronei posti nei punti di raccordo tra facciata e spazio absidale con l’interno della navata, volta a botte e presbiterio con copertura ad ellisse. La ripetitività delle soluzioni adottate deriva dal fatto che, in quel periodo, Giovan Battista 16


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si trovò nella condizione di dover soddisfare numerose richieste proponendo quindi progetti consolidati che, comunque, rispondevano alle esigenze della committenza. Anche la facciata risponde ai consueti canoni del Caniana con un marcato cornicione che separa in due parti la fronte, lesene verticali e, sulla sommità, un elemento triangolare con statue. La chiesa parrocchiale di Valtesse (un sobborgo della città sito all’ingresso della Valle Brembana) è dedicata a San Colombano (monaco missionario irlandese del VII secolo, emigrato in Francia dove fondò tre monasteri prima di trasferirsi a Bobbio, sull’Appennino piacentino, per dare origine nel 614 alla locale comunità monastica ancora esistente), tale intitolazione è documentata già dalle antiche fonti storiche del XII secolo. Nel Quattrocento l’edificio subisce una prima riedificazione e tale struttura è visibile ancora oggi in alcune zone (abside esterna a forma rettangolare, affreschi del Quattro/Cinquecento, porzioni di muratura) grazie ai recenti restauri conservativi. La successiva rielaborazione di Giovan Battista Caniana deve innestarsi sulla preesistente planimetria, come si osserva nel disegno ancora custodito nell’Archivio Fantoniano di Rovetta. Il progetto per la chiesa di Valtesse è disegnato nel 1747, per cui cronologicamente è l’ultimo impegno architettonico religioso di Giovan Battista. L’Archivio storico della parrocchiale conserva le notizie relative alla ricostruzione dell’edificio, che inizia nel 1750 e poi, per difficoltà economiche della comunità locale, si conclude vent’anni dopo nel 1770. La planimetria è a navata unica scandita in campate su cui si affacciano, simmetricamente, quattro cappelle laterali rettangolari e poco profonde. L’impostazione dell’interno ripropone sommariamente i modelli stilistici che il Caniana utilizza anche per altre chiese contemporanee, sparse per la provincia bergamasca, in particolare ricorda la tipologia di San Pancrazio a Bergamo (1748) e della parrocchiale vecchia di Scanzorosciate 17


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Bergamo - Valtesse Chiesa parrocchiale di San Colombano (1755). La facciata è cromaticamente frazionata dal contrasto bicolore del bianco per le paraste ed i cornicioni ed il beige della muratura. Lo spazio è suddiviso orizzontalmente in tre fasce scandite dai cornicioni mistilinei sporgenti e dai tre ordini degli antichi capitelli classici: dorico, ionico e corinzio. Nell’insieme l’effetto ottico è di equivalenza armonica, poiché i due ordini superiori hanno, insieme, la stessa altezza di quello sottostante. Nella fascia intermedia si collocano due nicchie laterali 18


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contenenti le statue a tutto tondo di due sante. Nel frontone superiore si inserisce la nicchia che ospita la statua di San Colombano. Verticalmente, la facciata è scandita dalla ritmata sequenza di bianche lesene, affiancate o sovrapposte a coppie. Il coronamento invece è memore della tipologia già creata per la chiesa del Galgario in Bergamo (1739), articolandosi in una cornice centrale curvilinea, raccordata a due sopralzi murari laterali profilati a catenaria. Il portale d’ingresso, in pietra serena grigia, riprende la morfologia mistilinea del frontone superiore con l’inserto, scolpito a bassorilievo, dello Stemma Pontificio (due chiavi incrociate con la tiara del Papa). Nell’insieme la facciata e l’edificio dimostrano come il Caniana si allontani lentamente dal decorativismo rococò a favore di una progressiva assimilazione del nuovo stile architettonico neoclassico, più lineare ed essenziale. La fontana collocata oggi in piazza Dante, fu eretta nel 1734 su disegno del­l’architetto Giovan Battista Caniana per adornare il complesso della Fiera di Sant’Alessandro. La sistemazione urbanistica del centro piacentiniano, realizzata negli anni ‘20 del Novecento, trasformò il volto della città con l’eliminazione degli edifici della Fiera, in grave stato di abbandono e non più rispondenti alle nuove esigenze di una società moderna e dinamica, ma conservò la bella fontana. Costruita in marmo di Zandobbio con due vasche sovrapposte, è caratterizza­ta dalla presenza di creature fantastiche che sembrano emergere len­tamente dall’acqua, creando un forte effetto scenografico. L’opera si inserisce con discrezione all’interno del contesto della piazza e con­ferisce una nota di vivacità a questo angolo appartato del centro di Bergamo.

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Bergamo - Fontana di Piazza Dante

Albino

Nel 1714 Giovan Battista Caniana ricevette l’incarico, da parte delle suore del convento di Sant’Anna, per la costruzione della chiesa del convento. L’edificio, a croce greca, si affaccia sulla via centrale di Albino e presenta una facciata con un pronao le cui colonne in marmo di Zandobbio, reggono, unitamente alle sovrastanti architravi, tre archi a tutto sesto. Un ulteriore elemento orizzontale separa la zona degli archi dalla parte superiore composta da una superficie piana intervallata da due finestre con balaustre e paraste poste alla stessa altezza delle sottostanti colonne. La facciata termina con un cornicione orizzontale. Attraversata la porta d’ingresso, anch’essa in marmo di Zandobbio, si accede all’interno della chiesa che, pur di dimensioni molto contenute, dona un senso di ampia spazialità grazie anche alla cupola emisferica poggiante 20


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Albino Chiesa di Sant’Anna (part.) 21


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su quattro pennacchi. Il presbiterio è a pianta rettangolare con volta a botte. Nella parte centrale, ai lati, si aprono due cappelle che si raccordano alle pareti con elementi curvilinei, idea questa cara a Giovan Battista. Le soluzioni, soprattutto sulla facciata, adottate dal Caniana risentono probabilmente della particolare dislocazione della chiesa all’interno del tessuto urbano di Albino tanto che, ad uno sguardo veloce e superficiale, più che un edificio religioso, lo stesso sembra avere le caratteristiche di una abitazione civile. Alla fine del XVI secolo a Desenzano al Serio, attuale frazione del comune di Albino, fu edificata una piccola chiesa nel luogo dove, nel 1440, avvenne un miracolo ad opera della Madonna. Il santuario cominciò a richiamare numerosi fedeli e, visto il costante aumento di pellegrini, nel 1724 si decise di por mano all’ampiamento dell’edificio dandone l’incarico a Giovan Battista Caniana. Dotata di una cripta, posta sotto la zona del presbiterio nel luogo esatto in cui avvenne il miracolo, la nuova chiesa si presenta ad una unica navata con quattro cappelle laterali, due per ogni lato, separate tra loro dagli ingressi secondari presenti lungo i fianchi. Purtroppo numerosi interventi successivi hanno snaturato il progetto originale rendendo difficile la lettura delle idee canianesche; in modo particolare ne ha risentito la facciata la cui struttura odierna risulta molto rimaneggiata, soprattutto nella zona del portale, rispetto alla tipica impostazione degli edifici sacri di Giovan Battista. La mano del Caniana è invece ancora visibile nei raccordi curvilinei tra la facciata e le fiancate dotate di alte lesene con capitelli ionici che sorreggono un cornicione su cui si innestano piccoli contrafforti in corrispondenza delle cappelle laterali. Nell’interno la parte più interessante è quella del presbiterio molto sopraelevato per far posto alla sottostante cripta raggiungibile attraverso due rampe di scale poste ai lati dell’ampia rampa centrale e quella della volta absidale che presenta una soluzione già precedentemente adottata da Giovan Battista Caniana nella chiesa di Gorlago. 22


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Alzano Lombardo La planimetria seicentesca della Basilica di San Martino si suddivide in tre navate composte di cinque campate ciascuna, di cui la centrale risulta più ampia, più alta e coperta da volta a botte appoggiata su candide colonne marmoree con capitello in stile composito (ionico + corinzio). Le due navate laterali sono coperte da volte a vela costolonate e sono decorate da un fregio in stucco scolpito da G. A. Sala (1659/‘70). L’interno della chiesa, più volte modificato nei secoli, è

Alzano Lombardo - Basilica di San Martino Seconda Sagrestia (foto Marco Mazzoleni) 23


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composto da diversi apparati decorativi, pittorici e liturgici realizzati a partire dal tardo Seicento barocco, passando per il neoclassico Settecento, l’Ottocento romantico, fino all’anno 2000, grazie all’intervento di artisti d’origine e formazione eterogenea. Nelle navate laterali si inseriscono otto cappelle, quattro per lato, ognuna dedicata a Santi e Sacramenti liturgici di vasta devozione popolare. “Era l’anno 1691, quando ricercati questi tre fratelli per fare li grandi armarj, che veggonsi nella seconda Sagrestia della Chiesa principale d‘Alzano, colà si portarono; e di tale

Alzano Lombardo - Basilica di San Martino Terza Sagrestia (foto Marco Mazzoleni) 24


Giovan Battista Caniana

opera ne fu direttore Giambattista, che di già aveva nell’arte superato i fratelli, e vi fece tutte le intarsiature” così Francesco Maria Tassi, nelle sue “Vite”, dà notizia dell’arrivo ad Alzano della famiglia Caniana chiamata dai Fantoni i quali la incaricarono della realizzazione delle tarsie e delle quadrature degli arredi e delle porte della seconda sagrestia della Basilica di San Martino. Si tratta di un lavoro che diede loro, in modo particolare a Giovan Battista, una notevole notorietà e che si fonde mirabilmente con l’opera fantoniana; su cassetti, armadietti, credenzini, cassapanche si alternano decorazioni con motivi floreali e zoomorfi che diventeranno una precisa cifra stilistica nella produzione di Giovan Battista. In questi primi lavori si nota come il Caniana abbia studiato a fondo e si sia ispirato alla grande tradizione intarsiatoria bergamasca del primo Cinquecento che ha avuto in frà Damiano Zambelli e Giovan Francesco Capoferri i punti di riferimento fondamentali. Interessante la tarsia, inserita in una delle due cassapanche, raffigurante l’episodio di Sansone che trasporta le porte della città di Gaza, mentre sulla porta di accesso alla terza sagrestia, sono presenti due altre tarsie “figurate” e contrapposte l’una all’altra che rappresentano lo stesso episodio: San Martino che dona il mantello al povero. Nella porta che collega la prima con la seconda sagrestia sono invece presenti le allegorie delle Virtù teologali: Fede, Speranza, Carità oltre ad una quarta figura non identificata. Mentre fervevano i lavori nella seconda sagrestia, il Caniana fu incaricato anche della realizzazione degli scranni da collocare nella terza sagrestia dove avvenivano le riunioni dei sacerdoti residenti. Sugli schienali sono presenti dei fregi in cui sono riprodotte simpatiche scenette che hanno un filo conduttore comune: i giochi dei bambini. Tra vari elementi naturalistici, si riconoscono il gioco dell’altalena, della cavallina, della ruota, ecc. Sulle lesene che separano i vari schienali, gli intarsi rappresentano: 25


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in alcune elementi della flora e della fauna bergamasca, in altre simboli dell’Antico e Nuovo Testamento. Anche la parte centrale degli schienali doveva essere interessata dalla presenza di episodi intarsiati, ma il lavoro fu sospeso dopo averne realizzati solamente quattro (la Natività, l’Annuncio ai pastori, la Presentazione al tempio e Mosè salvato dalle acque). Un’altra opera fondamentale ad Alzano è il pulpito presente all’interno della Basilica. L’elaborazione di questo manufatto matura dalla stret-

Alzano Lombardo - Basilica di San Martino Altare dello Spirito Santo ta collaborazione Fantoni-Caniana, senza che si possa stabilire quanta parte dell’invenzione sia da attribuire al Caniana e quanta al Fantoni: a Giovan Battista Caniana va ascritta la tazza (con pianta poligonale asciuttamente geometrica), ai Fantoni la trasformazione dalla forma classica, grazie agli intagli ornamentali e alla complessa articolazione, in una doviziosamente barocca, tenuta in piedi da uno stelo espanso in possenti telamoni (che rappresentano i Dottori della Chiesa) e coperta da un leg26


Giovan Battista Caniana

giadro baldacchino in legno dipinto. Ma anche in altre parti della Basilica, Giovan Battista Caniana ha lasciato importanti esempi delle sue idee e intuizioni. Entrando dall’ingresso centrale, la cappella dello Spirito Santo è la seconda a sinistra. La bottega dei Caniana non ha mai lavorato il marmo, per cui solo il progetto dell’altare è di Giovan Battista, mentre l’esecuzione, in stile rococò, è affidata alla Bottega artigiana dei Baroncini di Rezzato (Brescia); invece le statue a tutto tondo dei quattro angioletti del capocielo sono opera del coevo scultore bresciano Antonio Calegari, in collaborazione con la sua bottega. L’altare accoglie al centro la tela dipinta nel 1760 dal veneziano Francesco Cappella, inserita in una cornice lignea dorata ornata da inserti di pietre preziose, raffigurante il tema biblico della Pentecoste. L’esecuzione dell’altare è del 1738 e risulta abbastanza fedele al disegno progettato da Giovan Battista Caniana, ancora conservato nell’Archivio della Fondazione Fantoni di Rovetta. La struttura è a sviluppo verticale, come è tipico per gli altari che si dispongono in cappelle poco profonde. Si compone di un ritmato basamento a specchiature decorative, disegnato con un profilo geometrizzante ad andamento concavo e completato frontalmente con una gradinata in marmo rosa maculato, intarsiata da un ornamento a fiorame stilizzato e variopinto; su di esso si innesta la mensa liturgica aggettante decorata frontalmente dal paliotto rettangolare, composto da una specchiatura mistilinea, decorata anch’essa con intrecci marmorei fitomorfici e policromi (ideazione già presente in precedenti apparati lignei dei Caniana). Ai lati del paliotto, si appoggiano simmetricamente al basamento due volute decorative, intagliate in marmo ocra, con funzione di elegante raccordo alla mensa liturgica sovrastante. Perpendicolare al piano della mensa si estende un fregio orizzontale, composto dall’intaglio ornamentale di pie27


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tre e marmi colorati e da due piedistalli a forma di bulbo rovesciato, che servono da base d’appoggio per due colonne corinzie con superficie screziata da venature grigio-verdi; esse sono addossate ad altrettante paraste corinzie, intarsiate da profili in lapislazzulo, a sostegno della trabeazione mistilinea ed aggettante, sagomata geometricamente, sulla quale si innesta il frontone marmoreo, composto dalla cornice a bordo semi-ovale. Sotto il bordo della cornice ellittica si collocano al centro due angioletti simmetrici scolpiti a tutto tondo in marmo bianco, posti a sostegno dell’emblema dello Spirito Santo: la corona e la colomba circondata da raggi d’oro, entrambi intagliati a tutto tondo in legno dorato. Altri due flessuosi putti simili ai precedenti sono seduti sul bordo superiore del frontone (mentre nel disegno originale il Caniana aveva pensato a due sculture femminili velate, come allegorie della Virtù teologale della Fede, simboleggiata dal Crocifisso e dal Cuore divino che brucia). La cimasa sovrastante, incorona l’altare componendosi di due arabeschi laterali curvilinei in marmo ocra, a sostegno del timpano mistilineo in marmo rosa; in esso si inserisce un cartiglio bianco scolpito ad imitazione di morbida stoffa drappeggiata, con la scritta latina maiuscola “Tui amoris ignem accende” (nel disegno originale del Caniana era prevista l’invocazione latina: “Veni Sancte Spiritus”). Avvicinandosi al presbiterio si incontra la quarta cappella laterale a destra, quella dedicata a San Giuseppe. L’altare marmoreo è ideato da Giovan Battista Caniana ed eseguito nel 1736 da Carlo Antonio Manni di Gazzaniga (Bg) e sua bottega. Esso si presenta nella visione d’insieme analogo nella morfologia, nella decorazione in stile rococò e nei variegati marmi impiegati agli altari delle attigue cappelle. Il basamento ha una planimetria concava scandita geometricamente, preceduta dalla gradinata in marmo rosa 28


Giovan Battista Caniana

decorata da una specchiatura rettangolare tripartita, intarsiata da losanghe bicolori ed una stella stilizzata al centro; sullo scalino si appoggia la forma leggermente smussata della mensa liturgica. Il paliotto è profilato da una cornice curvilinea in marmo ocra ed è scolpito in marmo bianco a bassorilievo dallo scultore bavarese Giovanni Antonio Sanz con il tema della Fuga in Egitto della Sacra Famiglia. Sugli angoli smussati della mensa si posano due candidi cherubini ad altorilievo. Nella parte superiore al basamento si sviluppa un fregio orizzontale composto da fantasiosi intagli marmorei riccamente arabescati, ai cui lati si collocano piedistalli a forma di bulbo rovesciato; da queste sporgenze si innalzano due colonne corinzie che sostengono la trabeazione, più articolata ed aggettante delle altre cappelle, con un profilo geometrico diagonale ed inclinato verso l’interno. Dietro la trabeazione si innesta il frontone scolpito a cornice curvilinea e la cimasa sovrastante dal bordo mistilineo in marmo policromo, entro la quale è inserito il lucernario. La decorazione è completata dalla presenza di sei angioletti sinuosi, scolpiti a tutto tondo in marmo bianco, disposti a coppie simmetriche, sia sull’architrave in linea con le colonne laterali, sia sulla cornice arcuata del frontone in funzione decorativa al coronamento. Collocata sul lato opposto della cappella dello Spirito Santo, si trova la cappella dedicata a San Cristoforo. L’altare espone al centro sopra la mensa liturgica, una tela incassata in una cornice lignea dorata ornata da inserti di pietre preziose, dipinta tra il 1752 ed il 1754 (anno della sua morte) dal celebre pittore veneziano Giovan Battista Piazzetta che, in maturo stile rococò, descrive la Morte di San Cristoforo. L’altare è un progetto di Giovan Battista Caniana ed è l’ultima ideazione per la Basilica alzanese nel 1749, oltre che l’ultima creazione prima della sua morte; l’esecuzione in stile barocchetto con raffinati intagli in marmi 29


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multicolori è affidata, nel 1750, alla Bottega dei Baroncini di Rezzato (Bs). La planimetria è conforme alla morfologia concava e spezzata degli adiacenti altari laterali, in particolare è paragonabile alla composizione della struttura architettonica ideata per la cappella dello Spirito Santo. Anche questo basamento si sviluppa in linee geometriche spezzate ad andamento rientrante ed è anticipato da una gradinata in marmo rosa maculato, ornata da un colorato intarsio a fogliame intrecciato. La mensa a forma di parallelepipedo sporgente, è decorata agli angoli da volute marmoree grigie interrotte da due candidi cherubini ad altorilievo (come per l’altare di San Giuseppe); il paliotto rettangolare a profilo mistilineo è ornato con pregiati intagli marmorei policromi ad imitazione naturalistica di fogliami fitomorfici ed è coronato da un’altra coppia di angioletti alati. A ridosso della mensa si estende un alto fregio marmoreo ad andamento concavo, riccamente impreziosito da un vivace allestimento decorativo a specchiature variopinte. Le due colonne laterali, color verde screziato, si appoggiano a squadrati piedistalli aggettanti e sono abbinate alle paraste corinzie abbellite da simmetriche specchiature in lapislazzulo; la sovrastante trabeazione a profilo spezzato accoglie al centro una coppia di candidi cherubini marmorei scolpiti ad altorilievo e sostiene il frontone composto da una cornice spigolosa, ospitante un lucernario mistilineo. Lateralmente ad esso si posiziona una candida coppia di angioletti inginocchiati, ritratti a tutto tondo, con la funzione di sostenere il coronamento scolpito in marmo rosa ad imitazione di un morbido tendaggio, ornato da frange dorate, flessuosamente drappeggiato sopra al lucernario. La cappella del Rosario è sicuramente la più imponene e importante fra tutte quelle presenti nella Basilica di San Martino. Il progetto e la direzione dei lavori sono dell’architetto milanese Gerolamo Quadrio. L’edificazione edi30


Giovan Battista Caniana

lizia si compie in un anno tra il 1676 ed il 1677, occupando lo spazio lasciato da una vecchia sagrestia. Si colloca come terza cappella a sinistra e si configura con una spazialità più profonda, molto diversa dalle altre cappelle laterali, poiché non prevista nel progetto originario (post 1659); intorno ad essa nel 1677 inizia anche la costruzione delle tre famose Sagrestie, decorate dalla bottega dei Caniana. Entrambi i bancali lignei addossati alle pareti laterali della cappella sono realizzati nel 1791 dai fratelli Giacomo e Francesco Caniana (figli di Giuseppe e nipoti di Gian Battista), in uno stile architettonico più misurato ed elegante, ormai neoclassico. La planimetria della cappella è ottagonale ed ospita al centro il monumentale altare rococò dedicato alla Madonna del Rosario, costruito come atto di devozione e glorificazione del culto mariano, fortemente sentito dopo la Controriforma Cattolica cinquecentesca. Il progetto originario, iniziato nel 1698, è dello scultore bergamasco Andrea Fantoni. Nel 1754 la composizione è ridisegnata dall’amico e collega Giovan Battista Caniana, (di cui si conservano ancora il disegno ed il modellino nell’Archivio Fantoniano di Rovetta), ma l’esecuzione, con qualche modifica, è affidata alla collaborazione di altri scultori, locali o provenienti dal bresciano e dal milanese. L’altare ha uno sviluppo poligonale a tutto tondo, in armonia con la fisionomia della cappella. Il disegno del basamento è ritmato da linee spezzate composte frontalmente da un’alta gradinata curvilinea in marmo rosa maculato ed ai lati, procedendo verso il retro, da profili angolari a spigolo vivo. La mensa ospita il sottostante paliotto ideato e scolpito nel 1698, in marmo bianco ad altorilievo, da Andrea Fantoni, raffigurante la Nascita della Vergine; è una delle prime prove di scultura in marmo per Andrea, più avvezzo all’intaglio del legno, e il suo stile ricorda le coeve tipologie decorative già impiegate per gli arredi liturgici 31


I Caniana

della seconda Sagrestia. Molto originale anche l’inserimento laterale di quattro telamoni, scolpiti a tutto tondo in pose articolate, in funzione di sostegno della mensa liturgica e dei piedistalli arretrati. Sopra la mensa è appoggiato il tabernacolo, opera del luganese Pietro Mazzetti, scolpito come una classicheggiante architettura in miniatura, ornata da intagli marmorei policromi e coronata da paffuti angioletti messi a supporto del Crocifisso. La morfologia poligonale dell’altare prosegue sviluppandosi su una tribuna architettonica a forma di edicola, scandita da sei colonne corinzie in marmo screziato. La trabeazione sovrastante, ritmata da un profilo spezzato ed aggettante, sostiene un sinuoso coronamento marmoreo bianco, a forma di bulbo rovesciato, culminante nella leggiadra insegna scolpita con la raffigurazione del monogramma per la Gloria del nome di Maria, circondata a raggiera da un tripudio ascendente di candidi e floridi cherubini (il disegno originale del Caniana prevedeva invece la presenza della scultura della Madonna). Opera scultorea di Andrea Fantoni sono anche le due figure allegoriche maschili, sedute in pose articolate ed aspetto pensoso, sulla cornice spezzata del frontone. Nelle nicchie laterali tra le colonne del tempio, si collocano due sculture a tutto tondo, opera di Antonio Calegari, raffiguranti San Domenico (a sinistra, nell’atto di indicare il sovrastante monogramma mariano) e Santa Caterina da Siena (a destra, velata e coronata di spine in adorazione del Crocifisso), entrambi tradizionalmente promotori della diffusione del culto mariano del Rosario. Al fianco dei due Santi sono collocate, in posizione subordinata, due sculture a tutto tondo in marmo bianco scolpite da Pietro Mazzetti e da Andrea Fantoni, raffiguranti due angeli adolescenti sinuosamente inginocchiati su morbide nuvole, in atto di devozione. L’edicola sopra la mensa accoglie al centro una teca di vetro illuminata, che ospita le statue lignea scolpite a figura 32


Giovan Battista Caniana

Alzano Lombardo - Chiesa di San Michele

intera della Vergine Maria e Gesù bambino incoronati, opera di Andrea Fantoni. La Madonna è abbigliata con un prezioso vestito in stoffa bianco-celeste ricamato da dorature, originario del Settecento. Contemporanea alla parrocchiale di Gorlago, la chiesa di San Michele sorge a pochi metri di distanza dalla Basilica di San Martino. Iniziata nel 1712, la sua costruzione durò poco meno di una decina d’anni; infatti nel 1721 fu completata pur senza la facciata, che fu realizzata in stile neoclassico solamente agli inizi del Novecento. In origine doveva servire quale cimitero per la sepoltura dei defunti della parrocchia tanto che lo stesso Caniana partecipò anche come “sponsor” alla sua costruzione ed in essa sono sepolti sia lui che i figli Giuseppe e Caterina. La struttura esterna della chiesa si presenta in tutta la sua geometrica semplicità, molto lineare (ad esclusione naturalmente della facciata che appare come un corpo estraneo a tutto il resto), con strette lesene decorative che 33


I Caniana

ne percorrono le pareti. L’interno invece, pur nelle limitate dimensioni, presenta soluzioni spaziali ed architettoniche che diventeranno tipiche della produzione di Giovan Battista: le cappelle laterali raccordate alle pareti con elementi ricurvi, la cupola elissoidale quale elemento di congiunzione dei due assi principali, i costoloni nell’abside, la grande luminosità ottenuta grazie alle ampie aperture e agli intonaci molto chiari utilizzati, l’equilibrio che pervade tutto l’insieme della struttura.

Ardesio Le vicende per la costruzione di una nuova chiesa ad Ardesio erano iniziate nel 1724-1725 con un incarico all’architetto Andrea Fantoni, conclusosi nel 1733 con la chiusura del cantiere da poco aperto, in seguito alla decisione di sospendere la costruzione per improvvisi e non meglio chiariti impedimenti. Sappiamo che l’anno seguente Andrea Fantoni morì. Nel 1737 si diede inizio ai lavori per la nuova chiesa, conclusisi un decennio dopo, secondo un progetto elaborato dall’architetto Giovan Battista Caniana. Ad Ardesio le possibilità economiche della comunità permisero la fattura di un edificio molto grande e imponente che risulta di dimensioni pressochè identiche alla chiesa di Borgo Santa Caterina in Bergamo, che proprio nel 1737 stava per essere completata. La critica sostiene che nel decennio 1730-1740 il Caniana progettò diversi edifici sacri, ma, forse per evadere le molte richieste che gli vengono rivolte, egli offre soluzioni già collaudate che risentono di una certa stanchezza inventiva. Nel caso di Ardesio viene riproposta integralmente la ripartizione degli spazi interni di Santa Caterina. Questo risulta evidente dalla comparazione dei rilievi planimetrici delle due chiese. La grande navata coperta dalla volta a botte costolona34


Giovan Battista Caniana

ta, in tufo di Nasolino, è sorretta da quattro grandi arcate che si restringono nell’arco trionfale che sovrasta l’ingresso del presbiterio. Nell’intervallo fra le arcate, si aprono nelle pareti laterali due entrate e quattro cappelle divise dalle nicchie dei matronei al centro e dai raccordi curvi agli angoli. Nel grande spazio della navata, il concorrere verso l’abside delle arcate delle cappelle e di quelle più piccole dei matronei, ingenera un andamento di contrapposizioni luminose che esaltano l’equilibrio del disegno architettonico. Occorre dire, però, che le eccessive decorazioni pittoriche eseguite a fresco nell’Ottocento, impediscono oggi di godere appieno delle nitide superfici originali. Sopra il presbiterio, sopraelevato di cinque gradini rispetto alla navata, la volta si conclude nel catino a membrature e nelle lesene della curva. Lateralmente al presbiterio, due androni che sembrano avvolgerlo, danno accesso alla sacrestia e alla torre campanaria preesistenti. La sacrestia costituiva il presbiterio dell’antica chiesa quattrocentesca. L’esterno riprende i modi di Santa Caterina in Bergamo (1725-1738) ma anche le strutture frontali della chiesa di Cologno al Serio (1720-1753) e soprattutto di Gerosa (1725-1741) per il corpo centrale sporgente con i due muri laterali inquadrati dalle lesene in pietra locale che hanno capitelli non ascrivibili agli ordini classici ma ornati da motivi di fantasia. La facciata, ultimata solo nell’Ottocento, è a due ordini ed è sormontata da un timpano triangolare di piccole dimensioni che diventa simile a un’edicola con le spalle formate dalle due lesene ioniche laterali che inquadrano il finestrone completato da un frontone ad arco ribassato. Le tre statue sovrastanti: il patrono San Giorgio, San Carlo Borromeo, San Francesco Saverio furono collocate nell’Ottocento. Il portale, sagomato superiormente, ha un frontone molto semplice mosso al centro da un piccolo arco. I fianchi della costruzione presentano ripartizioni verticali intonacate e, nella parte superiore, contrafforti alterna35


I Caniana

ti a finestre ad arco ribassato che creano un bel gioco di chiaro-scuro.

Brignano Gera d’Adda Un altro esempio della collaborazione tra Giovan Battista Caniana e Andrea Fantoni lo si trova intorno al 1730 quando i due artisti sono impegnati nei lavori per la parrocchiale di Brignano Gera d’Adda. Opera di Giovan Battista è l’armadio dei parati che richiama, nella sua struttura, altri analoghi manufatti. Suddiviso in due parti, nella parte bassa sono presenti sei scomparti (i due centrali più avanzati rispetto agli altri) decorati frontalmente con intarsi floreali e zoomorfi, mentre le lesene che separano ogni scomparto sono ornate con testine di piccoli putti. Sul piano di appoggio, a sostegno della parte superiore, si vedono quattro mensoloni, opera del Fantoni. L’elemento della parte alta inizia con una base formata da dieci piccoli cassetti con intarsi che rappresentano altrettanti puttini nudi con in mano oggetti liturgici, separati a due a due da piccole lesene intarsiate con splendidi uccelli tra fiori e farfalle. Nel corpo sovrastante trovano posto cinque armadi le cui ante sono decorate con intarsi che raffigurano puttini che sorreggono elementi simboleggianti la Giustizia e la Pace, mentre, in quello centrale, è presente la scena della Crocifissione. La cimasa è intagliata con motivi di foglie aggrovigliate tra di loro e piccoli putti secondo uno schema già presente nelle sagrestie di Alzano Lombardo. E’ inoltre presente un secondo armadio, più piccolo, ma che si prolunga sui lati per la presenza di due confessionali.

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Giovan Battista Caniana

Ardesio - Chiesa parrocchiale di San Giorgio

Cenate Sopra La chiesa parrocchiale di Cenate Sopra dedicata a San Leone Papa, la cui costruzione fu iniziata nel 1732 su progetto di Giovan Battista Caniana, fu pesantemente rinnovata agli inizi del Novecento, intervento che ha stravolto l’originario impianto settecentesco. Oggi, della primitiva chiesa sono rimaste, oltre alla parte absida37


I Caniana

le, solamente le prime due cappelle laterali a ridosso del presbiterio e i locali dedicati ai servizi liturgici quali la sagrestia e la casa parrocchiale. L’abside si caratterizza per una soluzione architettonica frequentemente presente nelle opere dell’artista romanese con una volta a forma di ellisse poggiante su pennacchi e contenuta all’interno di due archi delimitanti il presbiterio.

Cividate al Piano Accettando un disegno presentato intorno al 17171718, i fabbriceri della chiesa parrocchiale di Cividate

Cividate al Piano - Chiesa parrocchiale Armadio di sagrestia (foto Marco Mazzoleni) 38

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Giovan Battista Caniana

al Piano commissionarono a Giovan Battista Caniana la realizzazione di un armadio per la sagrestia. Il manufatto, in legno di noce, consta di due parti: quella inferiore è formata da tre armadietti le cui ante sono tra loro separate da lesene decorate con i consueti motivi floreali intrecciati mentre la parte superiore presenta altri tre armadietti (più piccoli di quelli inferiori) sulle cui ante sono intarsiate le figure simboliche delle Virtù teologali (Fede, Speranza, Carità) e una trabeazione con cornice al cui centro è posta una tarsia ovale che rappresenta il patrono del paese, San Nicolò.

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Cologno al Serio Data al 1720 la posa della prima pietra per la costruzione della nuova chiesa parrocchiale di Cologno al Serio voluta dalla comunità locale a seguito delle mutate condizione demografiche del tempo che fecero ritenere indispensabile un nuovo e più spazioso edificio di culto in sostituzione della vecchia chiesa quattrocentesca. Si tratta della chiesa più grande mai ideata e progettata da Giovan Battista che fonde in sè una serie di tipologie innovative nell’arte del Caniana. La grande volta a botte che copre l’intera e unica navata, la facciata con l’ingresso che è già parte integrante dello spazio ellittico della chiesa, l’interessante connubio tra architettura e scultura che si fondono tra di loro, sono gli elementi che più caratterizzano questa imponente costruzione. La facciata, a due ordini, presenta una serie di lesene che inquadrano l’ingresso principale (il portale porta la firma di Francesco Antonio Caniana) e la sovrastante finestra, con la parte sommitale semirotonda che si raccorda con ampie volute al cornicione su cui appoggia; è inoltre arricchita da numerose statue opera degli scultori Giovanni Sanz e Pirovano. L’interno, come già accennato, a forma ellittica e con l’importante soluzione architettonica della co39


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pertura a botte costolonata, presenta otto cappelle laterali poco profonde, quattro delle quali si raccordano con gli elementi curvilinei della facciata e del presbiterio. In alto la luce entra copiosa dalle finestre a lunetta ricavate nella copertura. La chiesa, la cui costruzione richiese un impegno pluriennale, fu terminata nel 1753 e consacrata nel 1767.

Cologno al Serio Chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta

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Giovan Battista Caniana

Gandino Per quanto riguarda i quattro confessionali della Basilica di Gandino, il contratto del 1721 nomina Giovan Battista Caniana quale intermediario, mentre una nota di credito del 1722 cita lo stesso Caniana come destinatario della prima quota del compenso per la scultura delle figure simboliche (allora in corso di completamento ad opera di Andrea Fantoni). I quattro confessionali sono, infatti, il felice risultato, già collaudato ad Alzano, della attività congiunta e solidale dei due maestri, ormai al culmine del loro successo: alla struttura in noce, ideata e intarsiata da Giovan Battista Caniana, sono applicate in regolare scansione dodici cariatidi di mano di Andrea Fantoni. La collaborazione per i confessionali durò dieci anni: nel 1722 dovevano essere finiti i due più piccoli, come dimostrano i pagamenti (al Caniana e, d’ordine suo, al Fantoni); gli altri due, di maggior mole e impegno, furono compiuti negli anni successivi (il saldo fu pagato al Caniana solo nel 1734). Come è indicato sul retro di ciascuna scultura, le dodici mezze figure scolpite da Andrea Fantoni rappresentano altrettante personificazioni allegoriche (od esempi di comportamento devoto) in riferimento al sacramento della confessione: accoglienza, rigore, ostinazione, grazia, verità, giustizia, peccato, penitenza, misericordia, dolore, assoluzione, confessione

G Gerosa

Gerosa è un piccolo Comune montano della Valle Brembilla, laterale destra della Val Brembana. La prima chiesa documentata risale al XV secolo ed è già consacrata alla Santa Croce. Nel 1712 la popolazione locale commissiona a Giovan Battista Caniana il progetto di riedificazione ex novo 41


I Caniana

dell’edificio, ma le difficoltà economiche della comunità sospendono i lavori fino al 1726, anno in cui è posta e benedetta la prima pietra, sotto la direzione di Giacomo Caniana, fratello di Giovan Battista. L’avvicendamento è un evento normale all’interno della produttiva bottega dei Caniana, soprattutto perché il disegno della planimetria e lo sviluppo dell’interno ripropongono schemi e tipologie ampiamente sperimentate dai Caniana nelle numerose chiese della provincia bergamasca. Il Caniana è particolarmente attento alla disposizione centrale dell’edificio nell’urbanistica del paese. Sfruttando la naturale conformazione montana del territorio, il progetto attribuisce alla chiesa una monumentalità ed

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Gerosa - Chiesa parrocchiale di Santa Croce 42


Giovan Battista Caniana

una preminenza territoriale che condividono ancora le regole controriformistiche, prestabilite nel Cinquecento, dall’arcivescovo milanese San Carlo Borromeo. La parrocchiale, che mantiene l’antica dedicazione alla Santa Croce, è costruita riutilizzando anche i materiali edili recuperati dal precedente vecchio edificio. Solo il campanile è ancora quello originario del 1460. Il termine dei lavori di rifacimento si colloca intorno al 1741, anno in cui è realizzato il portale d’ingresso. La planimetria (a navata unica suddivisa in campate sulle quali si affacciano cappelle laterali poco profonde e curvilinee), è simile ai progetti disegnati da Giovan Battista per il Santuario del Miracolo di Desenzano al Serio (1724) e per la chiesa di Santa Caterina in Bergamo (1725). La facciata è lineare ed essenziale, giocata su un elegante bicolore che scandisce la morfologia mistilinea a tutto vantaggio della linea curva sporgente. Orizzontalmente si suddivide in due fasce separate dalla trabeazione aggettante. Verticalmente è modulata dalla successione di lesene sovrapposte. Il coronamento presenta un timpano triangolare, incorniciato e decorato da dentellature classicheggianti, che si armonizza con il profilo curvilineo della muratura sottostante. La facciata si prospetta su un sagrato sopraelevato, ornato da una balaustra sagomata ed è collegato alla doppia scalinata simmetrica che evidenzia in scorcio l’imponenza della costruzione. La facciata si conclude con il portale d’ingresso, coronato da un tipico frontone arcuato e spezzato in cui è inserito un cartiglio ornamentale, scolpito a bassorilievo.

G Gorlago

Nel 1707 il parroco di Gorlago, preso atto che la chiesa parrocchiale era ormai insufficiente ai bisogni dell’accresciuta popolazione, ma non era possibile ampliarla, sen43


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titi i capi-famiglia, decise di farla abbattere e di costruirne una nuova. I lavori iniziarono il 25 aprile 1708. L’avvenimento fu immortalato da un pittore di Gorlago, Bortolo Oberti (1659-1738), che in sua Natura morta inserì un cartiglio con la scritta “1708 / Li 25 aprile in Gor... / si diede principio a incav… / li fondamenti della nuova ch…”. Il documento prosegue con l’indicazione dei nomi del parroco e delle persone deputate all’importante impresa. Purtroppo non si fa cenno al progettista, che rimane sconosciuto. La maggior parte degli studiosi sostiene fosse Gian Battista Caniana, agli esordi nell’architettura sacra; in alternativa, qualcuno propone Francesco Muttoni. Tutti i parrocchiani parteciparono attivamente alla costruzione, con contributi economici o mettendosi a disposizione gratuitamente per i lavori di manovalanza. Nel 1727 la chiesa era completata nelle sue linee essenziali (mancava solo la facciata); il 10 maggio 1761 avvenne la consacrazione. La chiesa di San Pancrazio, probabilmente il primo edificio religioso che il Caniana affronta come architetto, è una costruzione impostata su pianta ellittica, preceduta da un ingresso di piccole dimensioni, che si chiude con un presbiterio tondeggiante e un’abside semicircolare. L’esterno si presenta compatto, una massa muraria con poche aperture, appesantita dalla quasi totale assenza di rientranze e sporgenze, mentre l’interno è sviluppato con leggerezza ed eleganza. La facciata risale al 1919; della precedente, che era di mattoni a vista con inserti marmorei, rimangono il portale, il finestrone, i cornicioni, i capitelli e la cimasa con cinque statue, scolpite da Giovanni Antonio Sanz nel 1752-1760, rappresentanti i santi Pancrazio, Andrea e Felice più due angeli. L’impianto interno è longitudinale centralizzato con dilatazione trasversale; tuttavia, a chi si trova al centro della chiesa, la visione risulta molto più vicina al cerchio che all’ellisse, perché “l’asse maggiore 44


Giovan Battista Caniana

Gorlago - Chiesa parrocchiale di San Pancrazio

su cui è orientata la zona absidale è leggermente più lungo di quello minore”. “La dilatazione nel senso dell’asse maggiore è compiuta attraverso il presbiterio [a cerchio] e il coro semicircolare”, elementi che s’innestano gli uni negli altri, conferendo allo spazio interno continuità ed armonia. Un cornicione fortemente aggettante, dalle linee molto mosse, percorre tutto l’edificio, creando uno stacco netto fra le pareti e le coperture, caratterizzate da soluzioni diverse per ogni ambiente. Si va dalla volta a botte 45


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del primo tratto, con una medaglia affrescata nel 1726 da Giulio Quaglio, alla grande tazza ellittica della parte centrale. Suddivisa da nervature che si congiungono attorno ad una cornice ovale, la cupola racchiude La gloria di San Pancrazio, anch’essa opera del Quaglio, mentre tutti gli altri affreschi sono di Filippo Comerio. Nell’ultimo tratto l’impostazione delle coperture è data da un cerchio e un semicerchio che s’intersecano: si tratta della volta a crociera del presbiterio che si aggancia con elegante equilibrio al catino absidale tripartito, dove sono riproposti i costoloni della cupola. Da ammirare, nella chiesa, il bel coro con diciassette stalli realizzato nel 1744 da Ignazio Illipronti, “tedesco stante et abitante a Gorlago” e le due notevoli tele di Giovan Battista Moroni, il San Gottardo sopra la porta laterale destra e, di fronte, l’Adorazione dei Magi, dipinti che provengono dalla vecchia parrocchiale abbattuta. Settecentesco è anche il campanile, costruito nel 17631766 con materiale proveniente dalla demolizione di una torre di Villa Guarneri, rivestito con pietra di Zandobbio.

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Grumello del Monte A Gian Battista Caniana è attribuita anche la chiesa parrocchiale di Grumello del Monte, progettata attorno al 1720 ed ultimata nel 1742. Fu consacrata nel 1781 con l’intitolazione alla SS. Trinità, come l’antica chiesetta del vicino castello. Rimaneva incompiuta la facciata, conclusa solamente nel 1897 dall’architetto don Antonio Piccinelli. Una mappa dell’edificio è conservata a Rovetta, nell’archivio della Fondazione Fantoni: si tratta di una copia a matita, ricalcata a mano libera, con l’annotazione autografa di Gian Battista: «Coppia della Chiesa di Grumello mandatami». 46


Giovan Battista Caniana

Come la parrocchiale di Telgate, iniziata nel 1718, anche la chiesa di Grumello del Monte è caratterizzata da una poderosa massa esterna e dall’impianto longitudinale centralizzato: ciò conferma che, in quegli anni, l’artista era particolarmente interessato a studiare e sperimentare questo tipo di architettura, ispirata a modelli conosciuti durante un probabile viaggio romano d’inizio secolo. La chiesa fronteggia la strada principale del paese, dalla quale si sale sul sagrato con un’ampia scalinata di marmo. La facciata è rettilinea, di grande eleganza formale per il gioco delle linee che la attraversano, ed è divisa orizzontalmente in due ordini da un vigoroso cornicione, che continua sulle fiancate e si ripete quasi identico in cima. Le due fasce, di diversa altezza (la superiore è leggermente più bassa di quella sottostante), sono a loro volta suddivise in tre spazi rettangolari da lesene e controlesene con capitelli dorici, che proseguono fino al tetto, dove un frontone centinato, con volute laterali, richiama le decorazioni lignee di cui i Caniana erano maestri. A fine Ottocento Tommaso Gambirasio aggiunse gli stucchi, le statue dei santi Paolo e Pietro, Siro e Nicolò e il bassorilievo con la Trinità. Il grande finestrone centrale, un rettangolo con angoli smussati, è collocato esattamente sopra il classicheggiante portale d’ingresso in pietra di Zandobbio. I contrafforti, necessari a sostenere la spinta della cupola centrale, creano un mosso alternarsi di sporgenze e rientranze nei muri laterali. All’interno l’unica navata, che si allarga al centro a formare un quadrato, si chiude con l’abside semicircolare. Le cupole sono tre, simbolo del mistero della SS. Trinità, alla quale la chiesa è dedicata. Un’imponente cupola circolare copre lo spazio mediano, poggiando su quattro grandi archi illuminati da ampie finestre, mentre due cupolette ellissoidali simmetriche coronano la prima campata e il presbiterio. 47


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Grumello del Monte Chiesa parrocchiale della SS. Trinità Nei medaglioni al centro delle tazze, partendo dall’ingresso, sono affrescati la Pentecoste, la Trinità con i santi Nicolò e Siro ed episodi della Creazione, la Trasfigurazione, probabilmente realizzati da Giulio Quaglio, pittore comasco (1668-1751). Sei cappelle poco profonde fiancheggiano la navata, tre per lato; altri spazi si aprono nei quattro raccordi angolari curvi che restringono il quadrato centrale. Tra la seconda e la terza cappella si aprono le due porte secondarie, che fanno corpo unico con i pulpiti settecenteschi. 48


Giovan Battista Caniana

Un cornicione aggettante, che percorre senza soluzione di continuità l’intero perimetro, divide le pareti in due zone orizzontali. Al presbiterio si affiancano due ambienti di dimensioni diverse, più grande la sagrestia sulla destra, meno profonda la cappellina della Madonna di Lourdes a sinistra. Nell’abside è conservata l’opera più significativa di tutta la chiesa, L’Adorazione dei pastori del pittore veneto Pietro Liberi (1605-1687). Interessanti anche gli affreschi di Carlo Innocenzo Carloni (1686-1775), esponente significativo del rococò, nella volta della sagrestia. Il catino absidale è tripartito da nervature e rischiarato da due finestre a lunetta. Il campanile che si vede sulla destra della parrocchiale è sempre appartenuto alla vicina chiesa di San Nicola, oggi Santuario della Madonna del Buon Consiglio, per la quale fu costruito nel 1690.

O Oltre il Colle fraz. Zorzone

Nell’opera “Vite de’ pittori scultori e architetti bergamaschi” Francesco Maria Tassi dà notizia che, fra le costruzioni attribuite a Giovan Battista Caniana, è da annoverarsi anche la chiesa parrocchiale di Zorzone, piccola frazione del comune di Oltre il Colle. Iniziata nel 1745, fu completata una decina d’anni dopo e consacrata nel 1780. Si tratta di un piccolo edificio a pianta rettangolare con due cappelle poco profonde, sporgenti sui lati quasi a formare un transetto che dà la sensazione di un impianto a croce greca, e con una cupola centrale molto ampia. La facciata, semplice ed essenziale, è come di consueto divisa in due corpi sovrapposti separati da un cornicione non molto marcato con una parte terminale triangolare sovrastata, in questo caso, dal tetto sporgen49


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Oltre il Colle fraz. Zorzone Chiesa parrocchiale della SS. Trinità

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te che funge da riparo dalle possibili avverse condizioni atmosferiche che caratterizzano l’ambiente montano. Novità assoluta è la presenza di un pronao che copre la zona dell’ingresso principale, elemento questo spesso presente nell’architettura sacra della valle.

Pradalunga La struttura muraria della primitiva chiesa parrocchiale di Pradalunga, dedicata ai Santi Cristoforo e Vin50


Giovan Battista Caniana

cenzo e costruita poco dopo la metà del XVI secolo, fu parzialmente utilizzata da Giovan Battista Caniana nel 1734, anno in cui ebbe l’incarico della ristrutturazione dell’edificio, tanto da incorporare l’antica abside nella nuova. Successivamente, agli inizi XIX secolo, ulteriori massicci interventi, che si sono protratti non solo per tutto l’Ottocento ma anche nei primi trent’anni del Novecento, hanno dato origine all’attuale aspetto della chiesa sfalsando notevolmente l’impianto canianesco. Il totale rifacimento della facciata ad opera dell’architetto

Pradalunga Chiesa parrocchiale dei Santi Cristoforo e Vincenzo (part.) 51


I Caniana

Muzio con l’allungamemto della navata, lo spostamento del campanile, la costruzione della casa parrocchiale addossata al fianco destro, non permettono più di cogliere la consolidata maniera costruttiva dell’artista romanese. Solamente nell’interno la mano di Giovan Battista è visibile nelle quattro cappelle disposte lungo le pareti laterali (separate l’una dall’altra dagli ingressi secondari), che presentano, contrariamente al solito, una profondità molto ridotta. Inoltre, assoluta novità mai più ripresa in altre costruzioni, l’adozione della volta a vela, soluzione dovuta alla particolare forma delle cappelle. Da notare poi le ampie finestre aperte su tutto il perimetro che permettono alla luce di entrare copiosa rendendo la chiesa particolarmente luminosa.

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Romano di Lombardia

E’ il 1697 quando Giovan Battista Caniana realizza per la chiesa parrocchiale del suo paese natale, Romano di Lombardia, un paliotto, firmato e datato, che ancora oggi decora il secondo altare di sinistra. Compreso tra due figure di putti che, alle due estremità, sembrano sorreggere la mensa, rappresenta il tema della Crocifissione la cui impostazione è molto vicina, pur realizzata specularmente, alla famosa opera del Tintoretto conservata a Venezia presso la Scuola Grande di San Rocco. Ancora una volta, per il Caniana, lo spunto è rappresentato dalla grande arte (veneziana in questo caso) del Cinquecento. Tutta la tarsia è circondata da una cornice decorata con i classici stilemi che contraddistinguono l’opera di Giovan Battista: fiori, rami, putti. Al centro, appena sotto la mensa dell’altare, una piccola tarsia polilobata raffigura la Madonna col Bambino e due putti; in basso a destra appare anche la sigla dell’autore. Il Caniana realizzò anche il coperchio, posto sul paliotto per salvaguardarne l’integrità, al cui centro è rappresentata 52


Giovan Battista Caniana

Romano di Lombardia Chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta Paliotto del Crocifisso (part.) ( foto Marco Mazzoleni) la Visione di Isaia. Nell’attigua chiesa di San Defendente, Giovan Battista è impegnato, nel 1700, nella realizzazione di un Crocifisso ligneo commissionatogli dalla Confraternita della Santissima Trinità. Scolpito in legno naturale, con il volto rivolto all’indietro, il corpo sinuoso avvolto da un perizoma svolazzante, le braccia distese verso l’alto in atto di sostenere con fatica il peso, risente dei contatti e della vicinanza dell’arte dei Fantoni con i quali l’artista intrattiene una lunga e proficua collaborazione. Nel settembre del 1712 Giovan Battista Caniana presenta il progetto per la realizzazione della zona absidale della chiesa di Santa Maria Assunta, incarico ricevuto dal Consiglio Comunale di Romano di Lombardia. L’esito non è tuttavia favorevole al Caniana il quale però, dopo opportune modifiche, riuscirà a farlo approvare così da 53


I Caniana

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iniziare la fabbrica nel 1714. La tipologia dell’opera si accosta a quella già sperimentata nelle chiese di Gorlago e San Michele di Alzano sino a diventare una costante nei progetti di Giovan Battista.

Scanzorosciate E’ dal IX secolo che si conosce la presenza in loco di un edificio sacro dedicato a San Pietro che però, a causa del tempo e probabilmente anche dell’incuria dell’uomo, raggiunse un tale livello di degrado da dover essere abbattuto e sostituito con uno nuovo. Nel 1749 fu incaricato dei lavori per la ricostruzione della parrocchiale, Giovan Battista Caniana che predispose il progetto potendo contare sia sullo spazio precedentemente occupato dalla vecchia chiesa sia su una nuova porzione di terreno donato per l’occorrenza. L’attività di Giovan Battista è caratterizzata, negli anni attorno alla metà del Settecento, da scelte architettoniche in cui la linearità e l’essenzialità delle soluzioni diventano caratteristiche fondamentali pur non venendo mai meno quelle che si possono identificare come le linee guida che hanno accompagnato tutta la sua attività di architetto. Anche la chiesa di Scanzorosciate non si sottrae a questo modo di procedere: la facciata, di una moderna e assoluta semplicità, è sempre divisa in due corpi sovrapposti separati da un cornicione, sovrastata da un ampio timpano che dà quasi l’impressione di trovarsi di fronte ad un tempio classico, con gli angoli ricurvi che si raccordano direttamente con le pareti laterali. L’interno è ad un’unica navata con volta a botte, tre cappelle per ogni lato, e il presbiterio ricoperto da una cupola a forma quasi sferica. Oggi la chiesa è chiusa al culto in quanto, a causa dell’aumento della popolazione, i suoi spazi sono diventati insufficienti per soddisfare le esigenze della comunità ed è stata sostituita da una nuova. 54


Giovan Battista Caniana

Scanzorosciate Ex chiesa parrocchiale di Santa Maria

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S I Caniana

Serina Serina è un paese della Val Brembana, ai piedi delle Prealpi orobiche. Nei primi decenni del Settecento la comunità locale decide di ristrutturare la vecchia chiesa dedicata alla Vergine Maria e nel 1746 affida la commissione all’ormai anziano Gian Battista Caniana che, effettuata la perlustrazione della zona, consegna nel 1747 il disegno del progetto architettonico. Tra le differenti tipologie ideate dal Caniana, la planimetria di Serina è un esemplare unico perché l’architetto ottiene un’armoniosa coesistenza tra le caratteristiche urbanistiche vallive e le esigenze di rinnovamento stilistico della sua tarda produzione, che passa dallo stile rococò al neoclassicismo. Il disegno della planimetria e lo sviluppo strutturale hanno il merito di coniugare organicamente alcuni singoli componenti architettonici ed elementi stilistici già studiati per altre chiese (es. Chiesa di San Michele all’Arco in Bergamo 1743; Chiesa di San Michele ad Alzano Lombardo 1712-1721), per sintetizzare le esperienze ed armonizzarle ai cambiamenti. Lo schema interno è a navata unica rettangolare, ma al centro si espande per agevolare l’innesto della slanciata cupola emisferica scandita da leggere modanature decorative che culminano nel medaglione centrale e ne separano altri quattro, alternati a quattro finestre; la cupola è collegata alla navata dai pennacchi triangolari e da profondi arconi laterali concavi, dotati di lucernari. Le sottostanti pareti interne si delineano grazie ai sinuosi raccordi mistilinei del cornicione ed alla sequenza di lesene corinzie che scandiscono lo spazio delle sei cappelle laterali, poco profonde e smussate agli angoli. È in questa chiesa che il Caniana sperimenta per la prima volta una novità destinata ad essere il modello settecentesco di altri edifici religiosi neoclassici: il coro disegnato 56


Giovan Battista Caniana

Serina Chiesa parrocchiale di Santa Maria Annunciata

a pianta circolare, addossato ad uno stretto presbiterio, a dimostrazione del suo progressivo abbandono dello stile barocco seicentesco a favore del più nitido neoclassicismo. Tuttavia le membrature interne del catino absidale e del presbiterio ripropongono ancora tipologie tipiche del Caniana: volta a botte e finestre lunettate; catino costolonato dotato di lucernari. Le sagrestie addossate alle cappelle laterali non sono visibili dall’interno, ma modificano la morfologia esterna dell’edificio conferendo compattezza muraria alle pareti laterali, che alternano sporgenze e rientranze mistilinee, utili per individuare anche l’intelaiatura interna. L’effetto animato è ottenuto dall’incastro di sagome diverse: la cupola che all’esterno è ottagonale, il cornicione che profila tutto il perimetro raccordandolo, le finestre circolari e rettangolari delle cappelle e delle sagrestie. Anche l’orchestrazione sapiente dei colori è favorevole: beige per gli intonaci murari, rosso per i mattoni del tetto, le ombre scure delle finestre e l’ambientazione tra il 57


I Caniana

verde della valle e l’azzurro del cielo. La facciata, a differenza di altre chiese progettate, non è un elemento isolato e si raccorda organicamente ai fianchi e all’abside esterni, evidenziando anche la scansione spaziale interna. Il ritmo delle linee costruttive è simile alla facciata della vicina chiesa di Zorzone (1745): si compone di una doppia partitura muraria sovrapposta spezzata da un aggettante cornicione orizzontale, sotto cui è appoggiato il protiro dingresso con volta a crociera sostenuta da due pilastri (tradizione tipica degli edifici religiosi vallivi). Verticalmente il fronte è suddiviso in due ordini di lesene e da un finestrone centrale; mentre il timpano superiore arcuato è incorniciato e nascosto dalla sporgenza della grondaia del tetto. I lavori di edificazione e direzione dei lavori sono affidati al capomastro Alessandro Piazzalunga. L’attività si svolge in tempi brevi per l’epoca; infatti, entro il 1750 è completata la struttura interna sulla quale si intraprende contemporaneamente la ricca decorazione delle pareti, sia con gli affreschi rococò a soggetto biblico del Nuovo Testamento dipinti dal comasco Gian Battista Rodriguez (la Gloria di Maria e le Virtù nei cinque medaglioni della cupola; i Quattro Evangelisti nei pennacchi; la Fuga in Egitto nella controfacciata sopra il portone; l’Adorazione dei pastori e l’Adorazione dei Re Magi nel coro; l’Educazione di Maria e la Presentazione di Gesù al Tempio nel presbiterio), sia con gli stucchi ornamentali leggiadri ed eleganti allestiti dallo scultore ticinese Eugenio Camuzio. La bottega dei Caniana ha progettato e scolpito anche gli stalli del coro ligneo nel 1737 e poi l’altare con statue della terza cappella laterale destra dedicata al Redentore Risorto, realizzato durante il rifacimento dell’edificio. Nel 1752 si costruisce anche la gradinata d’ingresso che si raccorda alla strada cardine del centro abitato. La consacrazione religiosa ufficiale è del 1760, dopo la fine di tutti i lavori architettonici e decorativi. 58

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Giovan Battista Caniana

Sorisole

Il paese è situato alla base delle Prealpi Orobie, immerso in un contesto naturalistico ideale per la villeggiatura turistica, tra i colli della città di Bergamo e la Valle Brembana. La chiesa parrocchiale è consacrata a San Pietro Apostolo e Sant’Alessandro martire. L’antico edificio di culto risale al XII secolo, ma nei primi decenni del XVII secolo è ricostruito su progetto di Giovan Battista Caniana. All’esterno, la facciata è armonicamente tripartita in orizzontale dal susseguirsi del basamento in pietra e dai due cornicioni sporgenti, collegati alle trabeazioni spezzate. Verticalmente è scandita dal fitto ritmo di doppie paraste ioniche. Il coronamento si compone di un timpano, raccordato ai lati da due volute ornamentali e decorato dall’inserto in pietra grigia ad altorilievo dello Stemma Pontificio e da una cornice mistilinea ad andamento ricurvo su cui si appoggiano, al centro, la statua della Vergine Maria e a fianco due simmetriche coppie di angeli. Nella sottostante fascia centrale si apre un finestrone decorato da una balaustra classica e un frontone ricurvo e spezzato, affiancato da una coppia di nicchie che ospitano le statue a tutto tondo in pietra grigia, di San Pietro (situato a sinistra con in mano l’emblema del paio di Chiavi, come custode di Paradiso ed Inferno) e Sant’Alessandro martire (situato a destra, Patrono di Bergamo vissuto tra il III e IV secolo, ritratto in divisa da soldato romano con il vessillo bicolore). Lateralmente due piedistalli, raccordati alla facciata da arabeschi ornamentali, sostengono altre due statue di cui si riconosce a sinistra il profeta Mosè con le Tavole dei Dieci Comandamenti. La visione d’insieme evidenzia lo sviluppo di un progetto simile alla facciata della chiesa di Santa Caterina in Bergamo (1725) e di San Nicolò a Zanica (1720) e si caratterizza per una volontà ornamentale ancora rococò, ma 59


I Caniana

Sorisole Chiesa parrocchiale di San Pietro e Sant’Alessandro

già propensa alla semplificazione e all’eleganza lineare delle nuove strutture neoclassiche. Anche la planimetria dell’edificio è un’idea tipica del Caniana, con la lunga navata unica su cui si affacciano simmetriche cappelle laterali poco profonde. All’interno della chiesa sono conservati anche pregevoli arredi lignei e marmorei di bottega fantoniana. 60

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Giovan Battista Caniana

S Stezzano

Contrariamente ad altri incarichi, pochi sono i documenti di archivio che attestano gli impegni assunti da Giovan Battista Caniana nella chiesa parrocchiale di Stezzano. Un aiuto importante, oltre che dall’Archivio Fantoniano di Rovetta da cui si deduce la realizzazione di arredi per la sacrestia, ci viene anche dal Tassi che nella sua opera, importante per la conoscenza della vita e della attività degli artisti bergamaschi, attribuisce a Giovan Battista anche il coro della chiesa. L’armadio che si può ammirare in sacrestia è composto da due parti: una sottostante molto profonda e formata da otto armadietti (con i due centrali che avanzano verso il centro dello spazio della sacrestia), con una trabeazione avente la funzione di piano di appoggio e una superiore con dodici cassettini alla base su cui si innalzano cinque grandi scomparti divisi, tra di loro, da lesene abbellite, nella parte sommitale, con piccole cariatidi. L’elemento più appariscente è quello centrale formato da due ante intarsiate con al centro due figure femminili e, ai lati, due cariatidi che sembrano sorreggere, con il braccio alzato, il frontone su cui campeggiano due puttini seduti e un imponente fascio di foglie intrecciate. Tra i due battenti di questo elemento è presente un Crocifisso, la cui qualità artistica dimostra la maestria di Giovan Battista anche nell’arte dell’intaglio, sovrastato da un intenso intreccio di volute su cui spiccano i volti di due cherubini. Di notevole effetto cromatico la contrapposizione tra la struttura scura di tutto il mobile e il colore più chiaro del legno utilizzato per le sculture e gli intarsi. E’ sempre il Tassi che attribuisce al Caniana la realizzazione del coro della parrocchiale composto da ventun stalli separati l’uno dall’altro da cariatidi (una serie di piccoli putti) che sorreggono la cimasa. Lo scranno centrale, il più importante ed anche il più grande, presenta nello schienale un ovale in cui sono rappresentati San 61


I Caniana

T Stezzano - Chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista e San Pietro Armadio di sagrestia (foto Marco Mazzoleni) 62


Giovan Battista Caniana

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Giuseppe, Gesù Bambino e San Giovannino mentre le cariatidi che ne delimitano le estremità raffigurano, anzichè i soliti puttini, la Fede e la Sapienza.

Tagliuno Alla parete sinistra della chiesa parrocchiale, è addossato il pulpito che Giovan Battista Caniana realizzò nel 1700 in occasione dell’Anno Santo. Un satiro-cariatide, tipologia spesso presente nei pulpiti realizzati sia da Fantoni che dai Caniana, regge sulle sue spalle il piano di appoggio dell’ambone formato da cinque comparti uniti tra di loro, all’interno dei quali sono presenti intarsi con motivi che caratterizzano la produzione di Giovan Battista: spirali, foglie, tralci, giocosi puttini. Anche il parapetto è suddiviso in cinque parti, ognuna delle quali è separata da cariatidi e lesene, con, all’interno delle specchiature, la raffigurazione di altrettante figure allegoriche inerenti alla simbologia cristiana. Conclude il manufatto il capocielo intarsiato internamente con motivi geometrici. L’essenza principale utilizzata è il legno di noce, mentre gli intarsi sono in bosso e acero.

Telgate Il rapporto di Gian Battista Caniana con la chiesa parrocchiale di Telgate è documentato da un disegno conservato a Rovetta, nell’archivio della Fondazione Fantoni, sul quale, fra varie annotazioni, si trova scritto «disegno fatto à Roma - falso per la chiesa di Telgate» e «disegni di Gio. Batta Caniani di Alzano». Nel foglio è tracciata in modo schematico la planimetria di un edificio con una sola navata leggermente ellittica, cappelle profonde e volta ribassata con grande affresco centrale, forse la chiesa di San Pantaleo a Roma, opera di 63


I Caniana

Telgate Chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista Giovanni Antonio De Rossi (1616-1695), architetto nato e vissuto a Roma, ma di genitori bergamaschi. Per progettare la parrocchiale di Telgate il Caniana si sarebbe quindi ispirato ad una costruzione della capitale, dove potrebbe essersi recato in visita all’inizio del 1700. Effettivamente anche la chiesa di Telgate ha un’unica navata rettangolare ad angoli arrotondati, con due vani ricavati nei raccordi obliqui della facciata ed alte cappelle profonde, ma la restante architettura si discosta parecchio dal disegno di Rovetta. E’ pertanto ipotizzabile che a quella prima bozza ne siano seguite altre, sinora non ritrovate, che tenevano conto delle richieste dei committenti. La chiesa fu progettata intorno al 1718, ultimata nelle sue linee essenziali nel 1737 e consacrata nel settembre 64


Giovan Battista Caniana

1776 dal vescovo Marco Molino che le confermò l’antica intitolazione a San Giovanni Battista. Alla facciata si provvide solamente nel 1889-1891, affidando l’incarico a Giovanni Cominetti ed Angelo Bonicelli. L’esterno, molto severo, privo di ornamenti, ad eccezione delle finestre a balconata del tiburio, riprese poi nella facciata, non lascia intuire il respiro spaziale e la ricchezza decorativa dell’interno. I fianchi rigidi, i massicci “contrafforti laterali e la continuità verticale della cupola quadrata a smussi danno l’impressione del fortilizio. Leggere paraste percorrono in verticale tutta la superficie esterna fino alla sommità della cupola”. All’interno si accede da un breve ingresso, che immette nella navata attraverso l’andamento curvilineo degli angoli in cui si aprono due ambienti circolari, ricavati nei pilastri di sostegno della grande cupola ottagonale, la quale gioca un ruolo assai importante nell’architettura della chiesa, cui conferisce un’intensa luminosità, grazie alle numerose ampie finestre di cui è dotata. La cupola è sorretta da quattro archi maestosi, due dei quali impostati sopra le profonde cappelle che fiancheggiano la navata, due per lato, separate fra loro dagli ingressi secondari. Un complesso che costituisce un unicum nella produzione del Caniana, un tema affrontato solo a Telgate e a Grumello del Monte, derivante dall’influsso “di elementi sicuramente non lombardi, dovuti con probabilità al viaggio a Roma così ricco di nuove esperienze”. L’incontro degli archi con la cornice aggettante della cupola forma vele triangolari, dove sono affrescati i Quattro Evangelisti. Ne è autore Luigi Galizzi, che ha dipinto anche la Gloria di San Giovanni Battista nella specchiatura quadrangolare al centro degli otto spicchi, cadenzati da nervature, in cui la cupola è suddivisa. Nei raccordi obliqui degli angoli che chiudono la navata si aprono le entrate a due sagrestie simmetriche, che definiscono il contorno dell’edificio. Il presbiterio a pianta rettangolare, che si prolunga 65


I Caniana

nell’abside con calotta semicircolare tripartita, è sopraelevato da cinque gradini di marmo di Zandobbio e coperto da una cupola ellittica. Incorporata nel banco dei parati, si può ammirare una pregevole opera lignea, un inginocchiatoio in noce e bosso, intagliato nel 1725 da Giuseppe Piccini della Nona, allievo dei Fantoni. Le cinque tele appese alle pareti entro cornici di stucco, raffiguranti episodi della vita del Battista, sono invece opere seicentesche e settecentesche di Giovanni Carobbio, Francesco Paglia e Pietro Damini. Il campanile, che s’innalza poco distante, anticamente era una torre del castello dei Signori di Telgate, acquistata dall’arciprete Bartolomeo Arici nel 1736 ed adattata alla nuova funzione con l’aggiunta di una galleria sulla sommità.

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Vertova Sono numerosi i documenti d’archivio esistenti che attestano l’incarico commissionato dai Reggenti della chiesa di Santa Maria di Vertova a Giovan Battista Caniana per la realizzazione degli scranni del coro e del presbiterio. Dalla data del primo contratto (1704) alla consegna del lavoro (1712) furono aggiunte altre clausole e richieste che portarono, complessivamente, alla realizzazione di diciassette stalli nel coro e quattordici nel presbiterio. Il tutto fu poi sottoposto a perizia ed entrambe le parti, la committenza e il Caniana, scelsero quale perito Andrea Fantoni che diede ampie assicurazioni in merito alla bontà del lavoro svolto. La cosa abbastanza curiosa è che, nella stessa data in cui il Fantoni stese la propria perizia, lo stesso richiese a Giovan Battista il saldo di un suo credito per la realizzazione delle “sedie di Vertova” (probabilmente, vista la tipologia tipicamente fantoniana, le cariatidi poste a separazione dei vari scranni); è evidente 66


Giovan Battista Caniana

Vertova - Chiesa parrocchiale di Santa Maria Coro (part.) che l’anomalia del controllato e del controllore nella stessa persona risale a un bel po’ di tempo fa! Ogni scranno è formato da un sedile che poggia su mensole e con braccioli molto elaborati, da uno schienale decorato con i tipici intrecci di rami e foglie e da un dossale con intagli floreali in legno di bosso con al centro formelle in terracotta raffiguranti episodi dell’Antico e Nuovo Testamento realizzate successivamente da don Giuseppe Bianchi di Vertova. Il tutto è sormontato da una trabeazione su cui poggia la cimasa composta, ad intaglio, da una serie di puttini che sembrano giocare con gli elementi vegetali che li avvolgono. Gli inginocchiatoi sono 67


I Caniana

molto più semplici e si presentano con motivi geometrici intarsiati che ricordano quelli delle porte delle sagrestie di Alzano Lombardo. Lungo la struttura sono presenti anche due aperture che sono completamente dissimulate in quanto le porte hanno la stessa forma degli scranni. Si tratta sicuramente di una delle opere di maggior pregio realizzate da Giovan Battista in cui appare tutta la sua perizia di progettista, disegnatore, intarsiatore e intagliatore

Z Zanica

Già nel 1702 il Vescovo Luigi Ruzzini, durante la sua visita pastorale alla parrocchiale di Zanica, evidenziò la necessità di un ampliamento strutturale per adattarla, nella capienza, ad accogliere i numerosi fedeli residenti nel paese. Tale valutazione fu nuovamente riconfermata nel 1720, quindi la chiesa fu coinvolta per l’ennesima volta negli ultimi due secoli, in un deciso piano di riedificazione architettonica, che la condusse ad una diversa fisionomia. La committenza clericale incaricò il capomastro Candido Micheli di Albegno per la prima fase ideativa (1702), ma successivamente dal 1720 fu sostituito, nella progettazione, dal famoso architetto bergamasco Giovan Battista Caniana, che proprio nella prima metà del secolo divenne il più celebre ed affermato artefice cui assegnare la realizzazione di numerosi edifici religiosi e nobiliari nella bergamasca, nel bresciano e nel Veneto. Il Caniana delegò comunque la direzione dei lavori nel cantiere al più giovane Micheli, che collaborò concretamente alla nuova costruzione. La totale riedificazione riguardò sia l’esterno che l’interno e terminò, dopo vent’anni di intenso lavoro, nel 1742. La chiesa fu poi consacrata nel 1774. Il progetto dimostra l’assimilazione e l’applicazione, 68


Giovan Battista Caniana

rielaborata sulla tradizione locale, di influssi stilistici dell’architettura barocca veneziana e romana, sui quali Giovan Battista si è sempre aggiornato grazie alla personale collezione di trattati, disegni e stampe di edifici seicenteschi. Inoltre, lungo tutto il perimetro esterno, l’insieme architettonico propone già un elegante gioco di linee di gusto e stile ormai neoclassico. La planimetria si compone in uno schema tipico sviluppato e collaudato in più occasioni dal Caniana: una navata unica, con soffitto voltato a botte, su cui si affacciano sei elevate cappelle laterali anch’esse voltate a botte e poco profonde, ognuna dotata del proprio altare consacrato. Solo con successivi ampliamenti, iniziati dall’architetto Don Antonio Piccinelli tra gli anni ’80 e ’90 dell’Ottocento, saranno accorpate all’edificio le due attuali navate laterali. La facciata, secondo una tipologia ed uno stile più volte riproposto da Giovan Battista Caniana, si presenta suddivisa in due ordini sovrapposti, separati da due trabeazioni articolate ed aggettanti, modulate seguendo le rettilinee sporgenze e le sinuose rientranze concave del prospetto murario. Verticalmente è scandito in tre settori, sia nella zona inferiore che superiore, da quattro doppie lesene terminanti in capitelli ionici. Il frontone culmina in un’elegante cimasa, con modanatura a profilo ondulato, raccordandosi a due volute laterali ornate di arabeschi decorativi. Il progetto del Caniana si coordina armoniosamente con l’inserimento di movimentate decorazioni scultoree, ancora di vivace gusto barocco, tutte realizzate nel 1738 da Antonio Maria Pirovano, scultore originario di Scanzorosciate, collaboratore del Caniana in altre chiese della bergamasca. Sulla cornice marcata della cimasa si elevano tre statue in pietra grigia, a tutto tondo, raffiguranti al centro la Vergine Maria coronata di stelle e con le mani giunte in preghiera, affiancata alla sua sinistra da Mosè, profeta biblico dell’Antico Testamento, con in mano le Tavole dei Comandamenti; mentre a destra la statua 69


I Caniana

raffigura un altro personaggio biblico, non identificabile con certezza a causa dell’avanzato stato di degrado. Nel secondo livello della facciata, due nicchie laterali incorniciate accolgono le statue raffiguranti una coppia di santi: a sinistra San Francesco di Paola, frate calabrese fondatore dell’Ordine dei Minimi, ritratto anziano e barbuto vestito con saio francescano e bastone al cui apice è inciso il suo motto latino “CHARITAS”; a destra è collocato Sant’Antonio Abate, eremita padre del monachesimo orientale, descritto con i suoi tipici simboli: la campanella per scacciare il maligno, il bastone “tau” e forse il maialino selvatico (scultura ormai deteriorata) in braccio. Il portale d’ingresso, nel suo insieme, replica il complesso di elementi stilistici presenti nella cimasa sovrastante, collocando al centro la statua in pietra del patrono San Nicolò (IV secolo) raffigurato in abiti vescovili, con mitra e piviale, mentre osserva teneramente tre bambini collocati in una tinozza e, per sua intercessione, resuscitati miracolosamente da un’orribile morte, lateralmente al Santo si dispongono due angeli seduti in posa sinuosa, purtroppo mutilati nelle estremità dall’usura del tempo; mentre la trabeazione ed il cornicione aggettante, su cui appoggiano le statue, sono sostenuti dalle braccia di due telamoni laterali e simmetrici, ritratti ad altorilievo solo fino al busto e terminanti in decorazioni floreali scolpite sulle paraste di pietra.

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Giovan Battista Caniana

Zanica Chiesa parrocchiale di San Nicolò (foto Anna Maria Spreafico) 71


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Caterina e Giuseppe Caniana

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Pur essendo Giovan Battista il fondatore della bottega dei Caniana che operò per circa 150 anni sul territorio bergamascco e altrove, bisogna riconoscere il ruolo importante che ebbero soprattutto i due figli, Caterina (1697-1784) e Giuseppe (1700-1761) che iniziarono come collaboratori del padre, ma assunsero poi un ruolo abbastanza autonomo soprattutto nell’esecuzione degli intarsi che diventano l’elemento decorativo di grande bellezza e di notevole fascino in molte opere progettate dal padre e che si trovano in alcune chiese di Bergamo e della provincia.

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B I Caniana

Bergamo

La chiesa di Santa Croce in Rocchetta, che si trova in via Borgo Palazzo, non è mai aperta al pubblico, ma le suore Canossiane, che qui hanno uno dei loro conventi, sono molto disponibili e ne consentono la visione. L’elemento più appariscente della chiesa, che è decisamente molto interessante, è l’altare maggiore, datato agli anni 1753-1756 e attribuito all’opera congiunta dei fratelli Giuseppe e Caterina Caniana. Come altri altari dei due artisti, anche questo è ad andamento concavo, a tre fasce orizzontali rientranti l’una sull’altra: quella inferiore, che termina ai lati con grandi volute, comprende la mensa, leggermente sporgente, al cui centro un medaglione ad intarsio rappresenta il sacrificio di Isacco; ai lati vediamo due sante: Agnese a destra e Caterina (forse) a sinistra. Lungo la fascia soprastante si vedono quattro scene con putti che reggono i simboli della passione e nella successiva quattro grandi canestri ricolmi di fiori, uva, spighe e foglie, con variazioni cromatiche sui toni del giallo e del verde. Il tabernacolo è chiuso da una lastra di rame dorato e sbalzato che rappresenta l’Angelo che sveglia Elia; intorno fitti intarsi di madreperla e legni diversi. Il ciborio, reso leggero da quattro colonnine cilindriche e da pilastrini quadrati, è ricco di intarsi e termina con il cupolino a bulbo sul quale trionfa Cristo risorto. Collegata all’altare, una bella cornice lignea intarsiata racchiude una tela di Francesco Zucco, firmata e datata. La cappella laterale sinistra della chiesa di Santa Maria delle Grazie è dedicata al Santo Jesus, figura devozionale che ha subito la “damnatio memoriae”: chi infatti conosce, oggi, la storia e i miracoli del Santo Jesus? La sua immagine era conservata in una cappella che si trovava all’angolo di via Taramelli, di fronte alla 74


Caterina e Giuseppe Caniana

Bergamo - Chiesa parrocchiale di Santa Maria delle Grazie Cappella del Santo Jesus - Altare Torre del Raso. Demolita la cappella nel 1889, l’affresco con l’immagine sacra staccato dal muro, venne portato nella nuova chiesa parrocchiale delle Grazie e collocato su un altare ligneo di pregevole fattura. Tale altare, che proviene dalla chiesa delle monache francescane di Rosate, fu progettato da Giovan Battista nel 1744, ma poi fu realizzato e decorato con una certa autonomia dai figli che, da questo momento, si sostituirono sempre di più al padre nei lavori che richiedevano molta precisione e molta pazienza. Troviamo anche in quest’opera lo schema delle fasce orizzontali: la prima contiene la mensa (attualmente senza il paliotto) e termina con le volute laterali che racchiudono la seconda fascia, più bassa, con intarsiati i simboli della Passione, e la terza dove si susseguono intarsi a motivi floreali. La chiusura del tabernacolo, in rame dorato, reca l’immagine del Santissimo; sopra si eleva l’aereo ciborio, molto complesso nella struttura e molto decorato. Dall’altare si passa, senza soluzione di continuità, nella 75


I Caniana

cornice che si prolunga fino al soffitto e che contiene l’immagine del Santo Jesus, in piedi, con la croce sulla spalla destra e con la veste bianca che è l’iconografia successiva ai miracoli compiuti: infatti precedentemente Cristo era caduto sotto la croce che teneva sulla spalla sinistra e indossava una veste rossa. La cornice presenta una elaborata struttura architettonica, con lesene e controlesene con capitelli corinzi dorati, un frontone ad arco spezzato con due puttini e la colomba dello Spirito Santo. La bellezza e la raffinatezza degli intarsi è accresciuta dall’uso della madreperla che risalta sui bruni dei legni con i suoi effetti di luce argentata. Riferibile agli anni 1758-1759, l’altare maggiore della chiesa parrocchiale di Borgo Santa Caterina presenta quattro fasce orizzontali che si sovrappongono: alla prima fascia appartiene la mensa, senza paliotto perché destinata ad accogliere ed esporre le reliquie: nelle nicchie laterali due puttini coperti di drappi sostengono il lungo architrave su cui poggia la mensa. Nelle tre cornici successive si susseguono, su un fondo nero, canestri di fiori e frutti realizzati in madreperla e oro, mentre il resto della decorazione simula diverse varietà di marmi che rendono la struttura molto leggera e con un notevole effetto cromatico. Il tabernacolo è rettangolare con lesene e frontone curvo.

Alzano Lombardo Essendo la chiesa di Santa Maria della Pace per lo più chiusa al pubblico, bisogna attivarsi per ottenere la possibilità di entrare e di ammirare, tra le altre cose, anche l’altare maggiore, firmato da Giovanni Battista Caniana nel 1740, il primo altare in legno ispirato a quelli di marmo che si potevano vedere nelle chiese più 76


Caterina e Giuseppe Caniana

Alzano Lombardo Chiesa di Santa Maria della Pace - Altare (part.) 77


I Caniana

ricche. E’ anche questo da considerare un’opera della famiglia, perché se la struttura è un’idea del padre, gli intarsi di madreperla e legni diversi sono stati realizzati dai figli Caterina e Giuseppe. L’andamento dell’altare è leggermente concavo e comprende tre cornici sovrapposte, il tabernacolo e il ciborio. Il paliotto dell’altare è decorato a intarsio con i motivi eucaristici delle spighe e dell’uva; le cornici sono di radica decorate con canestri di fiori e di frutti; il tabernacolo, dotato di una moderna porticina dorata del Guerinoni che rappresenta San Francesco che riceve le stimmate, ha una forma elegante e begli intarsi di madreperla e di legni diversi, anche pregiati, che concorrono, come in altri casi, a creare una raffinata policromia; il ciborio si apre con quattro eleganti colonnine tortili con capitelli corinzi e si chiude con il semicupolino a forma di conchiglia. La chiesa nel suo complesso è in cattive condizioni di conservazione, mentre l’altare si è ben mantenuto nel tempo ed è pienamente godibile sia nella complessa struttura, sia nei particolari delle decorazioni.

M Martinengo

La chiesa del Convento di Santa Maria Incoronata, come tutte le chiese conventuali, presenta una sola navata con quattro cappelle sul lato sinistro, che è opposto al lato attiguo al convento. Nella prima cappella, che è intitolata alla Sacra Famiglia, si trova l’altare che precedentemente fungeva da altare maggiore e che è stato trasferito qui nel 1971. La parte frontale della mensa, che termina con due volute laterali, presenta un disegno a intarsio abbastanza semplice, ha tre fasce sovrapposte, sempre con intarsi, e due colonne tortili, di legno più scuro, sormontate 78


Caterina e Giuseppe Caniana

da angeli, che sono ai lati di un’edicola in cui è stata inserita una pala, eseguita nel 1977 dal pittore Sergio Fasolini, con la Sacra Famiglia. Il tabernacolo, intarsiato con madreperla, è attribuito a Caterina, mentre l’altare è opera di Giuseppe. La terza cappella è intitolata a Santa Paola Elisabetta Cerioli, la fondatrice della Congregazione della Sacra Famiglia. L’altare, sul quale si erge la pala con l’immagine della fondatrice, ha una struttura complessa: partendo dal basso abbiamo la mensa, due cornici sovrapposte e una fascia più alta sulla quale si innesta la parte superiore dell’altare. La decorazione a finto marmo e l’uso di colori chiari rendono l’opera molto leggera anche nella parte alta, dove un gioco di semicolonne con capitelli si conclude nella cornice ad andamento curvilineo di sapore barocco. Datato 1740, l’altare è attribuito a Giuseppe.

Martinengo - Chiesa del convento dell’Incoronata Cappella di Santa Paola Elisabetta Cerioli 79


S I Caniana

Sorisole

Il pulpito della chiesa parrocchiale di Sorisole, la cui esecuzione è attribuita a Caterina e Giuseppe Caniana seguiti dall’occhio vigile del padre, fu progettato nel 1742 e portato a termine nel 1750. La base, ad andamento caliciforme, reca sulla sommità tre telamoni che sappiamo portati da Alzano il 20 giugno 1750 in modo che tutta l’opera fosse pronta per la festa patronale di San Pietro. Il legno dei telamoni, opera di Grazioso il Giovane, Francesco Donato e Giambettino Fantoni, è stato trattato in modo da sembrare marmo: essi rivelano, con le due statuette della tazza, un linguaggio mosso e arioso, mentre l’abilità dei fratelli Caniana risalta nella bellezza delle tarsie. Sulla tazza poligonale e con rientranze si vedono tre tondi con gli episodi del Buon Samaritano a sinistra, di Gesù che guarisce il cieco al centro e di Gesù con i fanciulli a destra: quest’ultimo è un chiaro riferimento ai valori sacrali e missionari del sacerdozio. Il resto è un susseguirsi e alternarsi di motivi decorativi e floreali con un tocco di eccellenza nel capocielo, che è intagliato a finto drappo policromo con fiocchetti. All’interno è raffigurato lo Spirito Santo rappresentato come colomba attorniata da testine di angioletti al centro di raggi di luce per illuminare la mente di chi da quel pulpito si rivolgeva ai fedeli. Sul retro della base si legge la scritta “DE CANIANIS OPUS ANNO SANCTO MDCCL” Evidente al primo sguardo la sua somiglianza strutturale ed ornamentale con il pulpito della Basilica di San Martino in Alzano Lombardo (1711), con la differenza dei materiali impiegati: vari marmi pregiati per Alzano; legno di noce, bosso ed inserti in madreperla per Sorisole. L’intenzione dei committenti locali è di ottenere un pulpito che sia il più possibile conforme a 80


Caterina e Giuseppe Caniana

Sorisole Chiesa parrocchiale di San Pietro e Sant’Alessandro Pulpito

quello di San Martino, ma le disponibilitĂ economiche limitate li costringono a farlo intagliare ed intarsiare nel legno. I due Caniana si impegnano, con tutti gli espedienti tecnici disponibili, a tradurre ed imitare lo stile decorativo multicolore e la composizione marmorea alzanese. 81


I Caniana

La diversità dei componenti lignei toglie freddezza al pulpito di Sorisole e gli conferisce un’apparenza più morbida e calda grazie alle gradazioni policrome delle “boiserie”, intarsiate ed affiancate con evidente virtuosismo tecnico, ed agli inserti in madreperla, tipici dell’attività ornamentale di Caterina. Il basamento è un parallelepipedo quadrangolare a profilo mistilineo smussato agli angoli. Su di esso si innesta il fusto sinuoso, a forma di bulbo rovesciato, che sostiene il cono rovesciato ottagonale e concavo per consentire l’appoggio a statue a tutto tondo di tre atletici telamoni raffigurati nell’atto di sostenere il pulpito sovrastante; le tre cariatidi sono scolpite in legno, ma ridipinte in beige ad imitazione di quelle marmoree di Andrea Fantoni per il pulpito di Alzano. Il parapetto è cadenzato dal dinamico sviluppo del profilo mistilineo concavo e convesso, che ne plasma l’aspetto tridimensionale modulandolo in spigoli rientranti e specchiature sporgenti. La superficie è fittamente intarsiata da fregi naturalistici a tarsia chiara su fondo scuro (fiori, arabeschi arborei, inserti in madreperla); mentre agli angoli accoglie due nicchie in cui si collocano le statuette di San Pietro e San Paolo, d’ispirazione stilistica fantoniana. Il pannello ligneo addossato al muro è un elemento di raccordo ed è fregiato da intagli ed intarsi entro cornici mistilinee abbinate a paraste corinzie laterali, che si affiancano ad arabeschi fitomorfici. All’articolata conformazione della balaustra si adatta anche il capocielo sovrastante, che riproduce nel cornicione lo stesso gioco di linee sagomate ed è ornato dall’imitazione lignea di un morbido panneggio verde drappeggiato e decorato da fiori rossi ed una coppia di cherubini alati. Il coronamento superiore è completato da tre singoli blasoni incorniciati ad imitazione del capocielo del pulpito di Alzano. Tali insegne rappresentano i tre simboli della potenza della Parola di Dio: un cuore, forgiato su un’incudine, simboleggia la capacità della

Z

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Caterina e Giuseppe Caniana

Parola di forgiare l’animo umano; una lanterna accesa rappresenta il valore della Parola come guida e luce nel buio di ogni esistenza; una pietra focaia percossa dall’acciarino che sprizza scintille e luce, indica il potere di Dio di far nascere fiamme di vita e di divino amore dagli spiriti più aridi. I lati convessi del parapetto accolgono tre specchiature rettangolari ornate da variegati intarsi fitomorfici, che circondano altrettanti medaglioni ovali, in cui si avvicendano episodi biblici neotestamentari: Il Buon Samaritano; Gesù con i fanciulli e la Guarigione del cieco. Questi soggetti partecipano ad un globale significato allegorico avviato dai blasoni del capocielo e dall’inserto scolpito nel soffitto sottostante, dove si colloca l’emblema della Trinità circondata da raggi celestiali, proseguito poi dal cartiglio intagliato nella parete lignea addossata al muro, in cui si legge la scritta latina “BEATI QUI AUDIUM VERBUM DEI”: tutte metafore collegabili all’attività missionaria del sacerdote ed impiegate per illuminare il discorso del prete durante l’omelia.

Z Zanica

La comunità della parrocchia di Zanica, rappresentata dal Marchese Girolamo Terzi, nel 1758 firma con Giuseppe (1709/1761) un contratto che prevede la realizzazione di ventuno stalli lignei del coro, realizzati nella bottega di Alzano e poi trasportati e collocati nella curva absidale, posteriormente all’altare, della chiesa parrocchiale di Zanica. Il progetto è disegnato da Giuseppe (influenzato nell’ideazione dai precedenti esempi del padre Giovan Battista, come ad esempio il coro della Parrocchiale di Vertova) e presenta un allestimento ed un apparato decorativo, a metà tra tardo-rococò e neoclassicismo, ibridismo peculiare nella bottega dei Caniana. 83


I Caniana

Zanica - Chiesa parrocchiale di San Nicolò Coro (part.) (foto Anna Maria Spreafico)

Partendo dal semplice basamento, profilato in modo schematico, i sedili sono separati da eleganti braccioli scolpiti in forma di volute fitomorfe intagliate e si abbinano a schienali lineari. Osservando la partitura superiore, i dossali sono composti da specchiature verticali a cornice mistilinea, intarsiate a monocromo chiaro su fondo scuro, con figure bibliche del Vecchio 84


Caterina e Giuseppe Caniana

e Nuovo Testamento; ulteriore partizione ritmica dei ventuno scranni è garantita da cariatidi sbalzate ad altorilievo che si alternano a suddividere i banchi e a sorreggere la trabeazione aggettante e la cornice modulata geometricamente nell’intradosso da bassorilievi in stile classicheggiante (dentellature, mutuli e losanghe); mentre la cimasa culmina in tortuosi racemi floreali d’ispirazione arborea e vivaci figure a tutto tondo di paffuti puttini in pose diversificate, tutti scolpiti (compreso i telamoni) dal collaboratore bavarese Giovanni Sanz. Gli intagli e gli intarsi, da contratto sono richiesti unicamente in legno di noce, con le sole predelle in larice stagionato. Lo stile decorativo espresso dal Caniana si avvicina alla tendenza ornamentale raffinata del barocchetto, contemporanea interpretazione lombarda in chiave più aggraziata e leziosa, del barocco veneziano, ma l’effetto d’insieme esprime già quella delicata freddezza strutturale del nuovo gusto neoclassico settecentesco. Ad una visione d’insieme, la struttura ricorda anche elementi stilistici ricavati e rielaborati dall’antichità classica greco-romana. Nelle specchiature dei suddetti ventuno dossali sono intarsiati pannelli lignei raffiguranti i dodici Apostoli, riconoscibili dall’iscrizione dipinta nei cartigli di ogni basamento e ritratti sempre in piedi, in pose laboriose, avvolti in voluminosi panneggi drappeggiati intorno al corpo. Nell’ordine di successione partendo dal lato sinistro del coro (osservandolo dalla navata), si collocano: Pietro, Andrea, Giacomo Maggiore, Giovanni Evangelista, Tommaso, Giacomo Minore, Filippo, Bartolomeo, Matteo; al centro del coro nell’undicesimo scranno evidenziato dall’unico timpano triangolare della cimasa e dall’unico banco isolato munito di inginocchiatoio, è collocato il patrono di Zanica San Nicolò, ritratto con mitra e piviale vescovili, assiso in trono e benedicente; mentre proseguendo verso destra si affiancano Simone, Taddeo, 85


I Caniana

Zanica - Chiesa parrocchiale di San Nicolò Coro (part.) (foto Anna Maria Spreafico) 86


Caterina e Giuseppe Caniana

Mattia, Barnaba; poi l’Evangelista Luca e l’Evangelista Marco. Infine l’emiciclo si conclude verso destra con i quattro Dottori della Chiesa occidentale (San Gregorio Magno, Sant’Ambrogio, Sant’Agostino e San Gerolamo) riconoscibili oltre che dall’iscrizione dipinta sul cartiglio di ogni basamento, anche dagli attributi che li caratterizzano.

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Martino Bonifacio Caniana

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Ultimo dei dieci figli nati dal matrimonio di Giovan Battista Caniana con Brigida Erba, ne dà notizia Francesco Maria Tassi nel suo fondamentale testo sulla vita degli artisti bergamaschi informandoci che si fece sacerdote ma “...non per questo ha abbandonato l’amore e il buon intendimento al disegno e all’architettura...”

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Z I Caniana

Zanica

Tra il 1762 ed il 1765, sono addossati alle pareti laterali del presbiterio della chiesa parrocchiale anche due banchi dei parati, la cui ideazione è affidata a Giuseppe, mentre l’esecuzione è opera del fratello Martino Bonifacio (1712-1775), che li disegna poi li intaglia e li intarsia in legno di noce con tecnica e decorazione simile agli schemi strutturali ed ornamentali del coro. Questo doppio arredo mobile ha un aspetto plastico, massiccio ed è mutuato da tipologie architettoniche classiche antiche come previsto dallo stile neoclassico; le sue dimensioni sono di circa 3 mt. di lunghezza per 2,5 mt. in altezza. Entrambi i bancali hanno i sedili formati da parallelepipedi lineari senza decorazioni, scanditi ritmicamente da levigati moduli geometrici a bassorilievo. Da notare che la struttura del bancale collocato a sinistra (guardando l’altare) presenta, nel basamento, in mezzo alle due cassapanche (munite di serrature), una mensa liturgica sporgente, impiegata per l’appoggio di oggetti rituali utili alla funzione religiosa e decorata frontalmente dal paliotto rettangolare intagliato a bassorilievo, che raffigura l’emblema della Croce cinta da fasci luminosi divini ed è affiancato da decorazioni a racemi floreali. Sopra gli schienali si affiancano tre specchiature rettangolari e verticali, contenenti pannelli a cornice mistilinea ed intagli ornamentali, che raffigurano tre personaggi biblici, i Profeti dell’Antico Testamento Daniele, Mosè (al centro, assiso in trono mentre espone le due Tavole dei Comandamenti) ed Ezechiele col cartiglio in mano; tutti intarsiati a monocromo chiaro su fondo scuro e a figura intera, avvolti in abbondanti panneggi drappeggiati. Il collaboratore Giovanni Sanz ha scolpito ad altorilievo quattro cariatidi, raffiguranti nerborute figure maschili seminude a sostegno della levigata trabeazione, sporgente solo in corrispondenza dei busti. L’artista bavarese, pur accordandosi armoniosamente alle proporzioni più delicate del Caniana (ancora indeciso tra 90


Martino Bonifacio Caniana

Zanica - Chiesa parrocchiale di San Nicolò Banco dei parati (foto Anna Maria Spreafico)

lo stile rococò ed il neoclassicismo) evidenzia il robusto vigore fisico che caratterizza questi telamoni, i quali in molteplici atteggiamenti di evidente sforzo fisico, sorreggono la trabeazione ed il cornicione aggettante e terminano in basso con panneggi avvolti intorno alla vita, sfumandosi in lesene rastremate. Il sovrastante cornicione è decorato nell’intradosso da sagome geometrizzanti in stile classico (mutuli, dentellature e losanghe) a bassorilievo, presi a modello dal coro e termina al centro nel profilo spezzato del timpano triangolare. Il bancale collocato a sinistra dell’altare (a destra guardandolo dalla navata) riproduce l’identica struttura architettonica e decorativa del precedente, senza la presenza della mensa liturgica sostituita dal terzo sedile, munito anch’esso di cassapanca squadrata con serratura. Nelle tre specchiature intarsiate negli schienali, si collocano in articolate pose gli altri tre Profeti: Geremia, Aaron (al centro, assiso in trono) ed Isaia. I bancali sono stati restaurati da Lorenzo Asperti nel 1994. 91


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Francesco Antonio e Giacomo Martino Caniana

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Giovan Battista Caniana, nell’esecuzione dei lavori ad intarsio, ebbe come collaboratori i suoi figli Caterina e Giuseppe. Con la morte di Giuseppe nel 1761 la famiglia Caniana conobbe una inesorabile flessione. I figli di Giuseppe: Francesco Antonio e Giacomo continuarono la tradizione della bottega. Giacomo fu sicuramente più versatile del fratello interessato sia all’intarsio che all’architettura, il suo lavoro verrà molto richiesto per sistemere palazzi, tracciati di giardini, cappelle sepolcrali ecc. Ebbe i primi rudimenti del disegno delle figure dal pittore Giovanni Raggi. Abitò per 7 anni a Milano poi tornò a Bergamo divenendo molto famoso.

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B I Caniana

Bergamo

Essendo diventato famoso per l’abilità e professionalità nei lavori di intarsio, a Giacomo nel 1789 fu dato l’incarico molto delicato di restaurare gli intarsi del coro della basilica di Santa Maria Maggiore in Bergamo. Le tarsie furono eseguite dall’intarsiatore Gian Francesco Capoferri nel 1522 su cartoni del pittore veneto Lorenzo Lotto e rappresentano i fatti del Vecchio Testamento. Giacomo li restaurò e mise due diciture: la prima sotto la tavoletta del coro rappresentante “Amon ucciso da Absalon” con questa frase “G.C. restauravit 1789”. L’altra la mise sotto la tarsia del “Sacrificio di Melchisedek” con la dicitura “Cariani restauravit anno 9° repubblicano 1801”. I lavori però terminarono più tardi. Giacomo aiutato da Francesco dovette intervenire sulle tarsie del coro perché, a causa del loro deterioramento, erano state lavate incautamente rovinando tutte le muscolature delle figure e le ombreggiature riducendo così l’intensità del segno e delle ombre. Quando intervenne, faticò parecchio nel restauro perché non aveva a portata di mano i disegni originali di Lorenzo Lotto. Dovette intervenire col colore sul modellato per evidenziare sia le muscolature che le ombre ormai perse. Il contratto per il restauro avvenne il 18 febbraio 1790 dopo una serie di consultazioni avviate nel 1788 e l’esecuzione di una prova di restauro su due stalli. Nel dicembre 1789 ci fu la delibera per il restauro delle sedie e degli ornati sia del coro che del presbiterio. Nel 1803 una perizia dell’intagliatore Donato Andrea Fantoni giudicò il restauro “…lodevolmente eseguito” Nel 1739 i Deputati della cappella Colleoni vollero rifare due bancali in noce per i Cappellani in sostituzione di quelli esistenti ormai fatiscenti che 94


Francesco Antonio e Giacomo Martino Caniana

dovevano essere collocati nel coro ai due lati dell’altare. Probabilmente per la mancanza di danaro i bancali furono eseguiti solo nel 1773 ad opera di Giacomo Caniana. Questi furono tra le prime commissioni di Giacomo. La parte scultorea è composta da sculture classiche e intagli opera di Giovanni Sanz (1750/1803) Nelle varie scene si notano riferimenti a Raffaello e Michelangelo a dimostrazione che Giacomo fu influenzato dalle opere di questi grandi artisti del Rinascimento, anche attraverso la conoscenza di stampe che circolavano nel territorio. Il bancale di sinistra è composto da tre tarsie. Nell’ovale in alto è raffigurato “Davide suona l’arpa“ mentre nei dossali: “La raccolta della manna” e “Mosè che fa scaturire l’acqua dalla roccia”. Negli schienali sono rappresentati puttini svolazzanti fra nuvole che portano oggetti liturgici. La forma del bancale di destra è simile a quello di sinistra mentre variano i soggetti delle tarsie riferenti comunque a scene del Vecchio Testamento. Sono stati usati legni di grosse dimensioni a più colori e per le sfumature non è stata usata la tecnica con sabbia calda ma sono stati usati ferri roventi (si notano i tratteggi). I capelli mostrano alcuni ritocchi a pennello. Le scene sono abbastanza articolate, ma scadono nel disegno e nelle proporzioni. I colori e le tonalità sono accostati in modo armonico. “Davide suona l’arpa”: Davide, mentre suona l’arpa, è in cammino lungo un sentiero dove sono presenti donne, uomini, bambini ed è seguito da un giovane che ha in mano un drappo rossiccio. Inquadrano la scena in basso alcuni alberi tagliati e sul fondo, dietro i personaggi, una grossa roccia. “La raccolta della manna”: un personaggio chinato in primo piano, sta raccogliendo la manna in uno scrigno. Sulla spalla ha la faretra mentre lo scudo e l’arco sono appoggiati a terra. Al centro campeggia la figura di Mosè con importante copricapo che sta prendendo con la destra la manna che gli porge un fanciullo ed invita 95


I Caniana

il suo popolo a raccogliere il nutrimento divino. La mano destra è alzata verso un povero mendicante che si prostra davanti a lui in atteggiamento di supplica. Dietro Mosè si intravede un altare. Nella scena sono rappresentati personaggi con bandiere e alabarde e una donna che sostiene con le mani un vaso appoggiato sul suo capo. Qui Giacomo si è ispirato ad una figura raffaellesca dipinta nell’Incendio di borgo nelle stanze vaticane Sul fondo si notano alcune montagne mentre il cielo è variegato con nuvole di tonalità verde azzurro. “Mosè fa scaturire l’acqua dalla roccia”: in primo piano una figura è chinata a raccogliere un vaso; in piedi sulla sinistra dietro di lui, un elegante figura di uomo che regge una bella anfora. A destra, in lontananza Mosè con la tunica rosata e mantello ocra alza lo sguardo al cielo e con la bacchetta nella mano destra fa scaturire l’acqua dalla roccia e dà da bere alla comunità. Completano la scena un giovane con vaso accanto a Mosè e due uomini con turbante dietro di lui. Sullo sfondo campeggiano due tende a testimonianza di un accampamento. Nel cielo nuvole variegate con tonalità verde azzurro. E’ probabile che sia un riferimento al Colleoni che fece costruire vari canali per bonificare i suoi terreni sparsi nella pianura bergamasca. Il bancale di destra ha la stessa forma dell’altro ma sono cambiati i soggetti delle tarsie. Nell’ovale “Giobbe nel letamaio”: Giobbe era considerato uomo integerrimo come il Colleoni. Nella figura di Giobbe è riconoscibile un nudo di Michelangelo dipinto nella volta della Cappella Sistina. A sinistra “Il serpente di bronzo”: il soggetto è tratto dalla Bibbia, quando Mosè, incattivito dall’infedeltà del popolo per cui aveva penato tanto, mandò dei serpenti velenosi a uccidere i peccatori. Impietosito e pentito del suo accesso d’ira, scolpì un serpente di bronzo e disse “Chiunque fosse stato morsicato dai serpenti velenosi, si sarebbe potuto salvare solo guardando verso il suo serpente 96


Francesco Antonio e Giacomo Martino Caniana

di bronzo” Nella tarsia si vede un uomo in primo piano che cade a testa in giù, ha le gambe avvolte da un serpente ed un ragazzo fugge terrorizzato. Mosè in primo piano indica il serpente di bronzo issato su un alto bastone. Un uomo si china davanti al serpente e una donna alza il figlio in fasce offrendolo al serpente di Mosè. Sul fondo emergono le tende dell’accampamento. Nel cielo molte nuvole variegate con tonalità verde-azzurro. Questo soggetto è rappresentato anche nel rosone esterno ed è considerato come strumento di salvezza e preservazione dalla morte. A destra “La consacrazione del tempio di Gerusalemme: in primo piano un personaggio in ginocchio voltato di schiena mostra una bella muscolatura. A destra una figura con folta barba alza gli occhi e le braccia al cielo e la stessa azione fanno le altre persone anch’esse con le braccia alzate, sono in ginocchio e stanno osservando meravigliate la scena. Lo sfondo è occupato da un edificio del quale si vedono alcuni pilastri ed è coperto da abbondanti tendaggi. Nel gioco delle mani, al centro della composizione, si nota un viso di profilo che ricorda uno dei visi di Leonardo nell’Ultima cena. Questo soggetto della tarsia è probabilmente riferito alla costruzione della cappella da parte di Bartolomeo Colleoni. Sotto la tomba di Medea, figlia di Bartolomeo Colleoni, collocata sulla parete sinistra della Cappella, è situato un bancale in noce e radica con tre scene a tarsia. Furono eseguite da Giacomo Caniana col fratello Francesco tra 1780/85. Il bancale è molto semplice, squadrato, senza motivi ornamentali se non nelle due piccole lesene ioniche scanalate. All’interno dello schienale, in forme rettangolari sono rappresentate tre scene bibliche. Il primo pannello a sinistra rappresenta “Gli ebrei che scavano un canale d’acqua” : in primo piano, piegato e girato di schiena, un uomo sta lavorando alla costruzione di un canale, accanto a lui una vanga che gli serve per scavare. La 97


I Caniana

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sua posizione accentua l’andamento prospettico della scena. Il pannello è ricco di operai che stanno lavorando alla costruzione di un edificio mentre un personaggio in costumi eleganti sta osservando i lavori. Una donna alza il suo bambino per mostrargli cosa sta accadendo. Sul fondo si vede una città turrita con mura. A sinistra la scena è chiusa da un grande albero. Lo stesso albero verrà ripetuto nella terza tarsia così da creare un effetto simmetrico. Il pannello centrale rappresenta “La costruzione del tempio di Gerusalemme”: un soldato in primo piano con armatura, elmo con pennacchio al vento e spada osserva un uomo a cavallo che sta irrompendo nella scena mentre un altro soldato lo affronta. Dietro di loro fervono i lavori per la costruzione del tempio. Alcuni portano faticosamente sulle spalle le pietre, altri se le passano da una mano all’altra. La scena è molto concitata, c’è una frenesia nelle azioni. Del tempio in costruzione si notano tre colonne doriche sormontate dalla trabeazione. Sullo sfondo le mura della città sulle quali sono appostati soldati con lance ed alabarde e un trombettiere che suona la tromba dall’alto delle mura. Il pannello all’estrema destra rappresenta “L’incontro di Rebecca ed Eliezer al pozzo”: Rebecca appare in abito elegante e ricco di panneggi mentre osserva un gioiello che Eliezer, il servo di Abramo mandato da questi per scegliere la sposa di Isacco, le mostra. A sinistra le donne, disposte attorno al pozzo, parlano tra loro e osservano la scena. A destra , dietro Eliezer, uomini e donne chiudono lo spazio. Una città turrita sullo sfondo con mura tonde e merlature guelfe conclude la scena. All’estremità destra della tarsia è disegnato un grande albero simmetrico al primo pannello di sinistra. Nelle tre tarsie si nota una certa maturità di esecuzione con un disegno raffinato e una buona scelta cromatica del legno. Le scene sono molto affollate e sono ben definite nello spazio. 98


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Francesco Antonio e Giacomo Martino Caniana

Cologno al Serio Alla fine del 1768 i fratelli Giacomo e Francesco Caniana ricevettero l’incarico per realizzare il coro della chiesa parrocchiale di Cologno al Serio, composto da ventitre stalli in legno di noce e radica, con braccioli, inginocchiatoi e schienali. “Al di sopra di ogni scranno sono i finissimi intarsi policromi con rappresentazione di scene dell’Antico Testamento, profeti e personaggi legati alla figura di Cristo”. La cimasa, che corre su tutta la struttura, è ricca di pregevoli intagli rococò. Lo scranno centrale, il più importante di tutto il manufatto, si presenta riccamente decorato con un arco semicircolare al cui interno campeggia uno stemma racchiuso in una imponente cornice. Il gusto che caratterizza l’intero complesso è orientato, nonostante la presenza di elementi ancora legati al mondo barocco, all’ormai prossimo decorativismo neoclassico.

Cologno al Serio Chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta Coro (part.) 99


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I Caniana

Treviolo Nel 1805 Francesco Antonio Caniana realizza un pulpito per la chiesa parrocchiale di Treviolo. Il pulpito è in legno, ma interamente dipinto in finto marmo, verde scuro con macchie nere e bianche per le colonnine, azzurro in più gradazioni per alcuni sfondi, rosato con venature rossastre nelle lesene, giallo ocra nella finta porta di accesso, mentre ricche dorature sottolineano gli elementi decorativi, i capitelli, i racemi con foglie e frutti, il bordo sagomato. Collocato sopra la porta laterale sinistra, completamente addossato alla parete, il pulpito ha balaustra e baldacchino a forma di rettangolo che si allarga a semicerchio sul davanti. Vi si sale dalla sinistra, attraverso una scala metallica a chiocciola. Il parapetto è suddiviso da colonnine e lesene in cinque specchiature, tre grandi quadrate e due piccole rettangolari. A queste ultime in passato erano appoggiate due statue, forse di profeti, ora collocate altrove, insieme alla croce, di cui è rimasto solo l’apposito sostegno. Nel riquadro centrale è inserita una grande medaglia rotonda, dorata e intagliata, con Cristo e la samaritana, mentre i fianchi del pulpito sono ornati da due bassorilievi, anch’essi dorati, con episodi dell’Antico Testamento: L’asina di Balaam e Re Davide con il profeta Natan. Il capocielo è un baldacchino decorato all’interno da un triangolo circondato da fasci a raggiera, con al centro l’Occhio di Dio, ed è sormontato da due testine angeliche e da una stella ad otto punte, che fa da cornice ad una Colomba a tutto tondo, simbolo dello Spirito Santo.

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Francesco Antonio e Giacomo Martino Caniana

Treviolo - Chiesa parrocchiale di San Giorgio Pulpito

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Z I Caniana

Zanica

Nel 1765 Ludovico Secco Suardo, un deputato incaricato dalla parrocchia di Zanica, firma per approvazione il disegno del pulpito, scelto nella sua versione più decorata e con piedistallo ligneo adibito a basamento. Tale disegno datato 1765, esclude l’intervento di Giuseppe nell’esecuzione (morto nel 1761), ma conserva la probabilità che sia lui l’ideatore del progetto. E’ plausibile che sia opera di Francesco Antonio (1743/1813), figlio di Giuseppe, con la collaborazione cospicua dello zio Martino Bonifacio ed ancora dello scultore bavarese Giovanni Sanz. Il giovane Francesco propone uno stile ormai distante dai modelli tardo-rococò del nonno Giovan Battista, anche se dimostra di sentirsi ancora in bilico tra i leziosi arabeschi del barocchetto nelle decorazioni e le nuove eleganti geometrie neoclassiche della struttura. Nell’insieme la morfologia del pulpito si manifesta come una variante molto semplificata dei precedenti esemplari progettati dai Caniana per altre chiese (es. parrocchiale di Sorisole, 1750). Collocato a metà del lato sinistro nella navata centrale e munito di sobria scala rivolta verso l’altare, il pulpito ha una struttura alta circa 6 mt. Si suddivide in tre parti sovrapposte intagliate in legno di noce. Partendo dal basamento, esso è modulato e scolpito in forme smussate, rastremate verso il basso e riprese dal tipico prototipo a ‘bulbo rovesciato’ già usato in altri amboni, dalla bottega stessa dei Caniana. La parte superiore del basamento è ritmata negli angoli da sei volute floreali, ad altorilievo, d’ispirazione fitomorfa. Su di esso si appoggia il parapetto ottagonale, il quale è suddiviso da sottili lesene corinzie che scandiscono sette dei suoi lati, in cui si innestano le formelle intarsiate a monocromo chiaro su sfondo scuro, ognuna incorniciata da fregi ornamentali in forme di arabeschi arborei, intagliati ad altorilievo. 102


Francesco Antonio e Giacomo Martino Caniana

I soggetti biblici raffigurati in tre di esse sono derivati dal Nuovo Testamento, in particolare dai Vangeli di Giovanni e Marco, e narrano episodi significativi della vita di GesĂš; intervallati da quattro pannelli angolari, tre dei quali effigiano singoli personaggi religiosi. Partendo dalla formella seminascosta verso il pilastro si scorge, a figura intera, un Santo abbigliato con

Zanica – Chiesa parrocchiale di San Nicolò Pulpito (foto Anna Maria Spreafico) 103


I Caniana

saio monastico munito di mantello incappucciato e bastone da pellegrino; segue la formella con l’episodio dell’Incontro tra il mercante Nicodemo e Gesù; nel pannello angolare è intarsiato un Santo di cui è riconoscibile l’abito talare corredato di cotta arricciata ad indicare la veste corale del clero usata nelle celebrazioni liturgiche. Al centro, rivolta verso la navata si colloca la formella che narra l’Incontro di Gesù con la Samaritana al pozzo. La scena mostra in primo piano l’incontro e lo scambio di saluti tra la Samaritana, ritratta in piedi a destra mentre si avvicina al pozzo con un vaso in mano e Gesù seduto nei pressi della fonte. L’ambiente è naturalistico, con alberi e colline, mentre sullo sfondo sono tratteggiate alcune piccole case in lontananza. Il pannello angolare successivo ritrae un altro Santo raffigurato in piedi in abito sacerdotale moderno e mostrato nell’atto dell’adorazione della Croce; l’ultimo episodio, rivolto verso l’altare, è collocato nell’anta d’ingresso al pulpito e ritrae la Predica di Gesù al Tempio, ambientandolo sinteticamente con il disegno di una lanterna e una porzione di pilastro a destra; infine nell’ultima formella semi-nascosta verso la scala è raffigurato un libro aperto appeso ad una corda, simbolo delle Sacre Scritture. All’interno del pulpito, sulla parete lignea che si appoggia al pilastro della navata centrale, si osservano due telamoni scolpiti da Giovanni Sanz, simili nella tipologia a quelli del coro e dei bancali; essi sono inglobati nelle paraste che sostengono la trabeazione interna percorsa da articolate cornici ornamentali a bassorilievo e sono affiancati da eleganti arabeschi floreali. Nel soffitto è intagliato il simbolo della Trinità, rappresentato dal triangolo contenente l’occhio divino circondato da fasci luminosi ultraterreni. La copertura, sovrastante il parapetto, presenta un rivestimento ligneo scolpito a tutto tondo ad imitazione di un ampio panneggio drappeggiato sostenuto da 104


Francesco Antonio e Giacomo Martino Caniana

cordoni sfrangiati, da cui sbucano al centro i volti paffuti di due cherubini alati. Sulla cornice ottagonale del coronamento, sono seduti due angioletti scolpiti a tutto tondo da Giovanni Sanz; lateralmente e simmetricamente si affiancano due nastri ornamentali semi-circolari, intagliati ad ispirazione fitomorfa. La zona frontale del capocielo, rivolta verso la navata, culmina nella scultura della Colomba dello Spirito Santo, planante e circondata da raggi di luce ultraterrena; essa in accordo con l’emblema della Trinità collocato nel soffitto, personifica simbolicamente il Verbo di Dio che accompagna ed illumina l’ispirazione del sacerdote durante l’omelia

Zanica - Chiesa parrocchiale di San Nicolò Pulpito (foto Anna Maria Spreafico) 105


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Collaboratori o concorrenti?

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M I Caniana

I Micheli di Albegno: collaboratori o concorrenti dei Caniana?

Alla storia della bottega Caniana si affianca quella della bottega Micheli d’Albegno. I Micheli, dinastia di provetti muratori, capomastri ed architetti, eccellenti artigiani, furono attivi dagli anni Ottanta del Seicento sino agli anni Sessanta del secolo successivo. Capofamiglia e capo bottega fu Giacomo Micheli (1650-1728), con i figli Francesco (16871736), Candido (1694-1757), Germano (1696-1760) ed il nipote Giacomo (1733-1781). Vissero nel paese di Albegno (ora frazione di Treviolo) e l’attività lavorativa si allargò nel corso del tempo sul territorio bergamasco. Il clima di rinnovamento religioso prima che edilizio necessitava di interventi sui luoghi sacri: chiese e torri campanarie vennero realizzate, ricostruite o ampliate. Giacomo Micheli, oltre ad occuparsi dei lavori per la chiesa di Albegno, venne incaricato dal parroco di Treviolo, nel 1687, della conclusione del campanile del paese, cui seguì, due anni dopo, l’assegnazione dei lavori per la costruzione della nuova parrocchiale. Di sua mano fu anche il campanile del Santuario della Madonna della Scopa ad Osio Sopra (1704), quello del Santuario della Madonna di Prada di Mapello (dal 1714) e, a Santa Maria d’Oleno (Sforzatica d’Oleno, frazione dell’attuale Dalmine), alcuni lavori nella zona absidale (1716). Successivamente, con il figlio Francesco e poi anche con Candido, l’impresa s’ingrandì ancor di più e più cantieri furono seguiti contemporaneamente. Iniziò la costruzione delle chiese in Alta Valle Brembana (Averara, Branzi e Bordogna), poi si avviò la lunga costruzione delle parrocchiali di Zanica e Sorisole. Dopo la morte di Giacomo Micheli (1728), il figlio Candido, “architetto e capo di fabbrica” prese il ruolo 108


I Micheli di Albegno

di guida per la conduzione della bottega, ereditando dal padre le grandi capacità tecniche e imprenditoriali, oltre che aver approfondito la propria formazione. Probabilmente Giacomo aveva mandato il figlio Candido a svolgere un apprendistato che lo avviasse verso una migliore professionalità. All’epoca, la bottega di maggior prestigio era quella dei Caniana, ed i successivi rapporti di collaborazione tra le due famiglie botteghe confermano la loro conoscenza e lasciano aperta la possibilità che Candido abbia lavorato presso Gian Battista Caniana (1671-1754). Candido, architetto, si occupò della progettazione e della supervisione, mentre i fratelli, capimastri, rimasero più stabilmente sui cantieri per la direzione dei singoli lavori. Dagli anni Trenta aumentano e proseguono le commissioni: incarichi per edifici sacri, siano essi impegnativi e di prestigio, o più semplici e di dimensioni minori. La bottega si specializzò anche nella pianificazione della “fase decorativa”, con disegni, grafici ornamentali, prospetti di facciata, decorazione degli interni, etc. L’analisi delle planimetrie delle chiese mostra come, dopo le prime realizzazioni in cui si predilige la tipologia a pianta rettangolare, la bottega si avvia verso lo sviluppo della pianta ellittica (accadde a Zanica, Palazzago, Villa D’Adda, Sforzatica S. Andrea). La collaborazione tra la bottega Micheli e la bottega Caniana è ormai assai nota: a Zanica, per esempio, per la futura parrocchiale di San Nicolò Vescovo, nel 1720, a ventisei anni, Candido Micheli presentò un progetto per la costruzione dell’edificio sacro. I sindaci preferirono la proposta di Gian Battista Caniana e questi affidò poi a Candido la direzione dei lavori, che durarono fino al 1742. Nel cantiere della parrocchiale dei Santi Pietro ed Alessandro a Sorisole (1704-1756) i Micheli sono gli autori della progettazione (dal 1704), mentre i Caniana 109


I Caniana

lavorarono sull’ornamentazione dell’altare maggiore e, successivamente, realizzarono il pulpito insieme ai Fantoni. Per Sant’Andrea apostolo, a Sforzatica S. Andrea (1731 – anni cinquanta del 1700) è Candido Micheli l’autore dei progetti e della fabbrica della chiesa (è conservato il materiale grafico autografo con il disegno della facciata della chiesa e sul retro la scritta firmata e datata febbraio 1731: “Faciata Chiesa Sforzatica S. Andrea data ai Pirovano per statue. Candido Micheli”). La scritta cita gli scultori Pirovano, il padre Pietro Paolo e il figlio Antonio Maria, abilissimi nella decorazione scultorea. Con il progetto di Gian Battista Caniana, dagli anni Venti inizia la costruzione della Chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, a Cologno al Serio, che continua il cantiere negli anni Cinquanta con la collaborazione di Candido Micheli. Gian Battista Caniana muore prima che l’opera intera sia conclusa, nel 1754. É allora Candido Micheli a portare a termine la fabbrica, un’opera risultato di grandi protagonisti dell’architettura sacra bergamasca dell’epoca.

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I Micheli di Albegno

Treviolo - Giacomo Micheli Chiesa parrocchiale di San Giorgio 111


B 112


B Bibliografia

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I Caniana

AA.VV., Santissima Trinità in Grumello del Monte, Centro Culturale Nicolò Rezzara, Litostampa Istituto Grafico, 1998 AA.VV., Santa Maria d’Oleno in Sforzatica di Dalmine, Centro Culturale Nicolò Rezzara, Litostampa Istituto Grafico, 2000. AA.VV., Conversione di San Paolo Apostolo in San Paolo d’Argon, Centro Culturale Nicolò Rezzara, Litostampa Istituto Grafico, 2006. AA.VV., Santi Pietro e Alessandro in Sorisole, Centro Culturale Nicolò Rezzara. Litostampa Istituto Grafico, 2006. AA.VV., Santa Maria Assunta in Vertova, Centro Culturale Nicolò Rezzara, Litostampa Istituto Grafico, 2001 AA.VV., Storia delle terre di Albino, Comune di Albino, Grafo Edizioni, Brescia, 1996 Bagattini Cristiana, I Micheli d’Albegno, architetti e costruttori di chiese nella Bergamo del ‘700, tesi di laurea a.a. 2009-2010, Università degli Studi di Bergamo, Facoltà di Laurea e Filosofia, Corso di Laurea magistrale in Storia e critica dell’arte Baronchelli Stefano, La parrocchiale di San Giorgio ad Ardesio, Ed. Ferrari, Clusone, 1992 Bellini Bruno, Pesenti Angelo, Credaro. La sua storia, la sua gente, Moma editrice, 2008 Belotti Roberto, Magnifica Communitatis Serina, Banca di Credito Cooperativo di Lepreno, Corponove Editrice, Bergamo, 1998 Cassinelli Bruno, Pesenti Angelo, Villa Luca e Tiziano, La settecentesca canonica di san Giorgio in Treviolo, Ferrari Editrice, 2003 Colmuto Zanella Graziella, Filippo Juvarra e la parrocchiale di Calcinate nel contesto dell’architettura settecente114


Bibliografia

sca Bergamasca, in “Atti dell’Ateneo di Scienze, Lettere e Arti” di Bergamo, volume XLIII, 1982/1983, Bergamo, 1985. Comune di Villa d’Adda, Villa d’Adda, il fiume il confine, Ferrari Edizioni, Clusone, 1993 Comunità parrocchiale di Gorlago (a cura di), La parrocchiale di san Pancrazio martire in Gorlago, Gorlago, 1981 Comunità parrocchiale di Telgate (a cura di), Telgate e il suo Santo Crocifisso. 1937/1987 In occasione del cinquantenario dell’incoronazione, 1987 Congregazione Sacra Famiglia (a cura di), Convento di Santa Maria Incoronata, Martinengo, 2002 Di Gennaro Alessandra, Zanica. Arte e Storia nella Parrocchiale, Parrocchia S. Nicolò, Comune di Zanica, Banca della Bergamasca, 2004. Ghisetti Tomaso, Alla ricerca delle radici di Dalmine,1998. Gregis Egidio, Albegno, 1982. Gregis Egidio, Sforzatica S. Andrea. Consacrazione della Chiesa 1754-2004, 2004. Gritti Andrea, Luigia e Pietro. Almè l’antico nucleo il territorio. Comune di Almè, 1997. Guglielmi Eugenio, Treviolo. Albegno. Curnasco. Il Pomerio, 1995 Labaa Renza, Gian Battista Caniana. Architetto e Intarsiatore. Parrocchia di S. Maria Assunta e S. Giacomo Apostolo il Maggiore, Romano di Lombardia, 2001 Lazzari Lino, Milesi Silvana. Cologno al Serio, Editore Cesare Ferrari, Clusone, 1983 Pagani Lelio (a cura di), Grumello del Monte. Il patrimonio naturale e storico, Edizioni Bolis, 1993. 115


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Paganini Marino, Sorisole. Dal sec. VIII d.c. al XIX, Cassa Rurale ed Artigiana di Sorisole, Corponove Editrice, Bergamo, 1996 Pagnoni Luigi, Una tela del Pozzo e tarsie di fra Topolino nella chiesa di Branzi in Domenica del Popolo del 14 aprile 1973. Pesenti Angelo, Curnasco, Albegno, Treviolo e Roncola, Ferrari Edizioni, 2001. Pesenti Angelo, Osio Sopra e la sua identitĂ , Ferrari Editrice, 2004. Scarpellini Giancarlo, Branzi, Fotocopia, 1987. Zoccoli Carlo, Stezzano chiesa parrocchiale. 1703-2003: 300 Anni di storia, 2003.

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I 118


I

Indice

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I Caniana

Introduzione

pag. 3

Giovan Battista Caniana

pag. 6

Bergamo Albino Alzano Lombardo Ardesio Brignano Gera d’Adda Cenate Sopra Cividate al Piano Cologno la Serio Gandino Gerosa Gorlago Grumello del Monte Oltre il Colle fraz. Zorzone Pradalunga Romano di Lombardia Scanzorosciate Serina Sorisole Stezzano Tagliuno Telgate Treviolo Vertova Zanica

pag. 8 pag. 20 pag. 23 pag. 35 pag. 36 pag. 38 pag. 39 pag. 40 pag. 41 pag. 43 pag. 44 pag. 47 pag. 50 pag. 51 pag. 53 pag. 55 pag. 57 pag. 60 pag. 62 pag. 64 pag. 64 pag. 67 pag. 69 pag. 71

Caterina e Giuseppe Caniana

pag. 74

Bergamo Alzano Lombardo Martinengo Sorisole Zanica

pag. 76 pag. 78 pag. 80 pag. 81 pag. 85

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Indice

Martino Bonifacio Caniana

pag. 88

Francesco Antonio e Giacomo Martino Caniana

pag. 92

Bergamo Cologno al Serio Treviolo Zanica

pag. 94 pag. 99 pag. 100 pag. 102

I Micheli di Albegno: collaboratori o concorrenti dei Caniana?

pag. 107

Bibliografia

pag. 113

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I Caniana

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I testi, curati dall’Associazione Guide Giacomo Carrara, sono di: Cristiana Bagattini Elisabetta Cassanelli Virginia Ceruti Eugenia Scotti Giuliana Speziali Anna Maria Spreafico Fausto Vaglietti Coordinatori Progetto: Dirigente Provincia: Silvano Gherardi Funzionario Provincia: Franco Colacello Fausto Vaglietti Fotografie: Fausto Vaglietti (ove non espressamente indicato) Progetto grafico e impaginazione: Videocomp, Bergamo Stampa: Grafica Monti, Bergamo 123


Welfare, Turismo e Cultura Via Borgo S. Caterina, 19 - 24124 Bergamo Tel. 035.387646 - Fax 035.387606 segreteria.cultura@provincia.bergamo.it www.provincia.bergamo.it

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