Il Mare Eco del Golfo Tigullio 3/2012

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er Di Yass

er Di Yass

Ristorante Pizzeria con forno a legna

Fondato nel 1908

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

L.mare Vittorio Veneto 17-18-19 RAPALLO

Tel./Fax 0185 52603

Anno V - n. 3/2012 • Direttore responsabile: Emilio Carta

O giornale o l'é comme l'äze, quello che ti ghe metti o porta Il giornale è come l'asino, quello che ci metti, porta (Antico proverbio genovese)

SPECIALE „NAUFRAGI‰ • Portofino: Love Boat a rischio • Quel maledetto „inchino‰ • 1961: il naufragio della Locarno • 1961: lÊincendio sulla Bianca C. • Pieter Mulier detto „Il tempesta‰

I PRIVILEGI DEGLI ONOREVOLI FIRMIAMO IN OGNI COMUNE LA PETIZIONE PER LIMITARLI

IL MARE è consultabile anche on line sul sito

www.marenostrumrapallo.it Stampato in 15.000 copie - DISTRIBUZIONE GRATUITA

ELEZIONI Etica civile e politica

SHOAH Ricordare per non ripetere

SOPRANNOMI RAPALLINI/11

Associazione Culturale

Caroggio Drito

Associazione Culturale


Una firma contro i privilegi dei nostri politici di Emilio Carta

BABY PENSIONATI

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

IL MARE

Mensile di informazione Anno V - n. 3 2012 Edito da: Azienda Grafica Busco Editrice Rapallo - via A. Volta 35,39 rapallonotizie@libero.it tel. 0185273647 - fax 0185 235610 Autorizzazione tribunale di Chiavari n. 3/08 R. Stampa Direttore responsabile: Emilio Carta Redazione: Carlo Gatti - Benedetta Magri Daniele Roncagliolo Hanno collaborato a questo numero: R. Bagnasco - P. Bellosta - P.L. Benatti L. Del Veneziano - S. Gambèri Gallo E. Lavagno Canacari - B. Magri B. Mancini - M. Mancini - G. Massa C. Molfino - I. Nidasio - P. Pia - D. Pertusati L. Rainusso - D. Roncagliolo R. Venturelli - V. Temperini Ottimizzazione grafica: Valentina Campodonico - Ivano Romanò Fotografie: Fabio Piumetti Archivio Azienda Grafica Busco

La collaborazione a Rapallo Notizie è gratuita e ad invito

IN QUESTO NUMERO: 2 Love Boat nel mirino a Portofino di P. Bellosta 3 Concordia: intervista a C. Gatti di D. Roncagliolo 4/5 La Locarno come Cenerentola di P. Benatti 6 Un naufragio in salotto di E. Carta 8/9 Lʼincendio della Bianca C. di L Del Veneziano10/11 Etica civile e politica di E. Lavagno Canacari 14 Natura: un mare di margherite di G. Massa 15 Shoah, ricordare per non ripetere di B. Magri 16 Il mio giorno della memoria di P. Pia 17 Ricordo o sogno di M. Mancini 18 Come eravamo di B. Mancini 19 Nostro fratello Giuda di D. Pertusati 20/21 Da Don Valentino al Green Carpet di I. Nidasio 22 Amarcord: Monopoly di E. Gambèri Gallo 23 Il presepe scomparso di R. Bagnasco 24 Viaggiare di V. Temperini 25 Libri: il giustiziere di Narvik di E. Carta 26 Pieter Mulier, il pittore dei naufragi di C. Molfino 27 I migliori film del 2011 di R. Venturelli 28 Cinema in diagonale di L. Rainusso 29 Lettere e notizie 30/31 Una firma contro i privilegi di E. Carta

attività svolta in pensione pensione/mese lorda

nome e cognome

C

ari lettori, la cancelleria della Corte Suprema di Cassazione ha annunciato, con pubblicazione sulla GU n. 227 del 29-9-2011, la promozione della proposta di legge di iniziativa popolare dal titolo: «Adeguamento alla media europea degli stipendi, emolumenti, indennita’ degli eletti negli organi di rappresentanza nazionale e locale». L’iniziativa, nata in modo trasversale ai partiti, ha come obiettivo la promulgazione di una legge di iniziativa popolare formata da un solo articolo: “I parlamentari italiani eletti al senato della repubblica, alla camera dei deputati, il presidente del consiglio, i ministri, i consiglieri e gli assessori regionali, provinciali e comunali, i governatori delle regioni, i presidenti delle province, i sindaci eletti dai cittadini, i funzionari nominati nelle aziende a partecipazione pubblica, ed equiparati non debbono percepire, a titolo di emolumenti, stipendi, indennità, tenuto conto del costo della vita e del potere reale di acquisto nell’unione europea, più della media aritmetica europea degli eletti negli altri paesi dell’unione per incarichi equivalenti.” La raccolta firme, nel silenzio pressoché generale degli organi di informazione è già iniziata e viene effettuata tramite appositi moduli vidimati depositati negli uffici elettorali dei comuni italiani. A Rapallo in particolare è possibile apporre la propria firma presso l’Ufficio Anagrafe e Stato Civile (piano terra) in piazza delle Nazioni. E’ così iniziata ufficialmente la raccolta firme per rendere illegale il trattamento privilegiato della classe politica. Vi invito a firmare con consapevolezza e senso del dovere, per il nostro bene, per i nostri figli, per il nostro Paese e, a titolo meramente esemplificativo, ecco un piccolo resoconto.

Giuseppe GAMBALE parlamentare Antonio DI PIETRO magistrato Rainer Stefano MASERA banchiere Pier Domenico GALLO banchiere Rino PISCITELLI parlamentare Pier Carmelo RUSSO assessore Sicilia Mario SARCINELLI banchiere Alfonso PECORARO SCANIO parlamentare Vittorio SGARBI parlamentare

42 anni 44 anni 44 anni 45 anni 47 anni 47 anni 48 anni 49 anni 54 anni

8.455,00 2.644,57 18.413,00 18.000,00 7.959,00 10.980,00 15.000,00 8.836,00 8.455,00

ente Camera Inpdap INPS INPS Camera Regione Sicilia INPS Camera Camera

LE 10 PENSIONI PIÙ RICCHE pensione lorda

nome e cognome Mauro SANTINELLI Mauro GAMBARO Alberto DE PETRIS Germano FANELLI Vito GAMBERALE Alberto GIORDANO Federico IMBERT Giovanni CONSORTE Ivano SACCHETTI Ernesto PAOLILLO

ramo

classe 1947 1944 1943 1948 1944 1941 1951 1948 1944 1946

anno

telefonia 1.173.205,15 finanza 665.083,64 telefonia 653.567,20 elettronica 600.747,68 telefonia 574.102,23 finanza 549.193,74 finanza 539.775,62 finanza 372.000,00 finanza 371.000,00 finanza 342.000,00

mese

giorno

90.246,55 51.160,28 50.274,40 46.211,36 44.161,71 42.245,67 41.521,20 28.593,00 28.560,00 26.327,00

3.258,90 1.847,45 1.815,46 1.668,74 1.594,72 1.525,53 1.499,37 1.033,33 1.030,55 950,00

ente INPS INPS INPDAI INPS INPS INPS INPS INPS INPS INPS

PENSIONE PER 1 GIORNO DI LAVORO attività

svolta per

pensione/mese lorda

ente

parlamentare parlamentare parlamentare parlamentare parlamentare giornalista magistrato

1 giorno 8 giorni 8 giorni 64 giorni 126 giorni 397 giorni 3 anni

3.108,00 3.108,00 3.108,00 3.108,00 3.108,00 (?) 7.796,85

Camera Senato Camera Camera Camera INPGI INPDAP

nome e cognome Luca BONESCHI Piero CRAVERI Angelo PEZZANA Toni NEGRI Paolo PRODI Clemente MASTELLA Oscar Luigi SCALFARO

3 PENSIONI SENZA LIMITI DI CUMULO nome e cognome

pensione/mese lorda

ente

4.246,00 4.725,00 5.283,00

INPDAP Parlamento Unione Europea

Romano PRODI

2 PENSIONI SENZA LIMITI DI CUMULO pensione/mese lorda

ente

Luciano VIOLANTE

7.317,00 9.363,00

INPDAP Camera

Publio FIORI

16.000,00 10.631,00

INPDAP Camera

nome e cognome

2 PENSIONI E UNO STIPENDIO SENZA LIMITI DI CUMULO nome e cognome Giuliano AMATO

Lamberto DINI

Carlo Azelio CIAMPI

Giulio ANDREOTTI

pensioni/mese lorde + stipendio lordo

ente

22.048,00 9.363,00 (?) 18.000,00 7.000,00 19.053,75 30.000,00 4.000,00 19.053,75 5.823,00 5.086,00 19.053,075

INPDAP Parlamento stipendio di Deutsche Bank Bankitalia INPS stipendio da parlamentare Bankitalia INPS stipendio da parlamentare INPDAP INPGI stipendio da parlamentare

1 PENSIONE E UNO STIPENDIO SENZA LIMITI DI CUMULO pensione/mese lorda + stipendio lordo

ente

Renato BRUNETTA

4.352,00 19.053,75

INPDAP stipendio da parlamentare

Giuseppe FIORONI

2.008,00 19.053,75

INPDAP stipendio da parlamentare

5.498,00 19.053,00 22.451,00 19.053,75 14.843,00 37.500,00

INPDAP stipendio da parlamentare INPDAP stipendio da parlamentare INPDAP stipendio Bankitalia

nome e cognome

Rocco BUTTIGLIONE Achille SERRA Mario DRAGHI


SPECIALE “NAUFRAGI” E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Paolo BELLOSTA

AMBIENTE

Le “Love Boat” nel Tigullio portano vera economia? Intervista al Direttore dell'Area Marina Protetta Giorgio Fanciulli, che oltre a parlarci dell'attuale situazione del turismo crocieristico e dell'ormai famigerata consuetudine degli inchini, invita tutti a riflettere sul pericoloso sovraffollamento di navi nel nostro mare ottor Fanciulli, secondo Lei, da un punto di vista turistico, quali ripercussioni potrebbe avere l'incidente del Giglio? Fino ad ora non sappiamo ancora nulla di certo, il Ministro dell'Ambiente ha dichiarato di voler rivedere il traffico navale nelle aree protette, e ovviamente in questa categoria rientra Portofino, dopo le dichiarazioni immediatamente successive ai fatti del Giglio, non sono, però, stati presi ulteriori provvedimenti. A mio modo di vedere la riflessione dovrebbe essere fatta a livello locale, gli amministratori regionali dovrebbero sedersi ad un tavolo assieme ai gestori dei parchi marini e decidere qualcosa al più presto. Quando accadono incidenti di questo tipo si vive sempre la situazione in maniera distaccata, inconsciamente si pensa che un avvenimento del genere sia solo una fatalità, che da noi non possa succedere niente di simile. Non è affatto così, quello che è successo nel grossetano poteva benissimo accadere qui. Dallo scorso gennaio il termine inchino, inteso come omaggio alla terra ferma e ai suoi abitanti, è diventata una parola di uso comune. Nelle recenti settimane sono tornate d'attualità vecchie immagini di navi da crociera impegnate in questa pericolosa manovra, Lei che opinione si è fatto al riguardo? La prima cosa che posso dire è che questa consuetudine è nata proprio nelle nostre zone, precisamente a Camogli. Lì nel 1931 è stata fondata la Casa di riposo G. Bettolo, al fine di dare alloggio a tutti i marittimi pensionati, comandanti, ufficiali e marinai di ogni grado. Tradizione vuole che tutte le navi in transito si avvicinino alla costa al fine di omaggiare gli ospiti dell'edificio, che a loro volta si affacciano alla terrazza rispondendo al saluto. Negli ultimi anni, però, tutto questo è degenerato in maniera preoccupante, tra Santa Margherita e Portofino è stato registrato un notevole aumento di queste manovre. In alcuni casi è diventata una vera e propria gara tra i vari comandanti. Non esistono norme concrete che possano limitare questo fenomeno? Avevo letto dell'esistenza di una legge, la numero 51 del 2005 che all'articolo 5 prevede la possibilità di un

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intervento del Ministro dell'Ambiente per regolamentare il traffico navale nelle aree ambientalmente sensibili. Mi pare però che queste norme il più delle volte vengano disattese. Solitamente le navi da crociera mantengono sempre una distanza di 400/500 metri dalla costa, ma per quanto riguarda le aree protette il problema maggiore è quello dell'elevato tasso di inquinamento prodotto. Per fare un semplice esempio, basti pensare che la sola accensione del motore corrisponde all'inquinamento atmosferico di 14 mila automobili, per non parlare degli scarichi della nave che hanno un impatto devastante sull'ecosistema marino. Penso che solamente determinate imbarcazioni dovrebbero avere l'autorizzazione a transitare nelle aree protette, esistono delle autocertificazioni per classificare le navi che rispettano l'ambiente, come quelle recentemente stilate dal RINA, Registro Navale Italiano, ma purtroppo a certe questioni non viene data alcuna importanza. Credo che una profonda riflessione sia indispensabile, dovremmo domandarci se vale la pena di rischiare un degrado ambientale per incentivare un tipo di turismo che poi non porta neanche così tanti introiti. Secondo Lei ne vale la pena? No, per spiegarmi meglio faccio un semplice ragionamento. Ormai i prezzi delle crociere sono alla portata di tutti, per attirare sempre più turisti le compagnie offrono dei pacchetti che comprendono praticamente ogni cosa, gite e pasti inclusi. I turisti quando fanno scalo nelle nostre zone si fermano per

un paio d'ore, magari acquistano un ricordo, un souvenir e si siedono a bere un caffè, ma poi tornano subito sulla nave, non hanno più un impatto così rilevante sull'economia locale. Quello che voglio dire io è: ne vale la pena di inquinare il nostro mare, di rischiare incidenti e di deturbare il panorama che la natura ci ha donato? Io penso di no. Crede che verranno presi dei concreti provvedimenti per incentivare le misure di sicurezza e per limitare l'in-

quinamento dei nostri mari? Credo che in breve tempo ci si dimenticherà di quello che è accaduto e tutto tornerà come prima. Come ho già detto l'unica cosa che mi auguro è che ci si fermi un attimo a riflettere e ad analizzare la situazione attuale, dicendo questo non voglio passare per disfattista ma nascondere la testa sotto la sabbia per non guardare in faccia i problemi non mi sembra l'atteggiamento migliore.

Proseguendo un’attività editoriale tesa al recupero storico-documentale del nostro territorio, la AGB Busco Edizioni, in occasione della Santa Pasqua, presenterà una nuova pubblicazione:

“RAPALLO... UN SOGNO”; una raccolta di fotografie e cartoline inedite della Rapallo dei primi del Novecento fino agli anni Cinquanta. Compilando la cedola sottostante il libro potrà essere prenotato presso la AGB Busco Edizioni, in via Volta 37 al prezzo ridotto di 15 euro. IL SOTTOSCRITTO RESIDENTE A VIA TEL. PRENOTA N°

COPIE DEL VOLUME

“RAPALLO... UN SOGNO” AL PREZZO UNITARIO DI EURO 15,00 Firma


SPECIALE “NAUFRAGI” E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Daniele RONCAGLIOLO danironca@hotmail.it

L’INCHINO

“In mare non ci sono taverne” Il tragico inchino della Concordia all’isola del Giglio pone pesanti interrogativi sul ruolo e sull’autonomia del comandante. L’intervista a Carlo Gatti, uomo di mare di grande esperienza e professionalità, prova a far luce su questi “saluti” tollerati da tutti e da nessuno anche se Schettino assume un ruolo di capro espiatorio al 1968 al 1975 comandante sui rimorchiatori portuali e d’altomare genovesi con 98 viaggi a corto, medio e lungo raggio; dal 1975 al 2000 comandante pilota del porto di Genova. I numeri di Carlo Gatti, attuale presidente dell’associazione Mare Nostrum, parlano chiaro: in pochi conoscono il mare come lui. Ecco perchè la sua esperienza può essere utile per capire la tragedia della Costa Concordia. Gatti quante parole si sono spese su questa vicenda. Partiamo dalla madre di tutto: il “Saluto”. Occorre dire subito che questo “Saluto”, chiamato anche “Inchino”, ha un senso se è eseguito di giorno e in sicurezza, quando i passeggeri possono immortalarlo tra i ricordi più belli della crociera. Il rito é una vecchia consuetudine accettata da tutti se praticato con prudenza, ma in quella notte buia non aveva alcun senso, perché in gennaio l’isola del Giglio è deserta, una parte dei passeggeri della nave stava cenando, mentre l’altra si preparava per la programmata festa di bordo. Mi sento quindi di sostenere che quella “strana manovra” sia stata decisa dal comandante Schettino per motivi personali e di ciò dovrà renderne conto agli inquirenti. Quindi secondo lei Costa Crociere e gli altri Comandanti della Compagnia non hanno colpe? No, non hanno alcuna responsabilità in questa scelta funesta. Ed è deplorevole l’assalto concentrato dei media alla Costa - Carnival, il miglior Armamento al mondo sotto tutti i punti di vista. Che cosa può aver spinto Schettino a sbagliare in maniera così grossolana? Quando il comandante decide di deviare dalla rotta ufficiale Civitavecchia-Savona

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per passare vicino al Giglio, cambia il quadro operativo. La nave passa di fatto dalla navigazione alla manovra. Il Comandante rileva il comando di guardia ed egli stesso manovra la nave, ma non é dato ancora sapere, con certezza, se abbia ignorato o staccato gli allarmiradar e i sensori che avrebbero segnalato la vicinanza della nave alla terraferma. Tuttavia, il mondo dei naviganti dubita che Schettino si sia servito della strumentazione ultramoderna come la carta elettronica (Sistema di Navigazione NACOS), che aveva a disposizione. La Costa Concordia è andata ad urtare gli scogli come poteva capitare soltanto ad uno sfortunato veliero di qualche secolo fa e lo ha fatto, per di più, ad una altissima velocità, 17 nodi, che cozza terribilmente contro tutte le leggi marinare scritte e non scritte. C’è modo e modo di sbagliare. L’errore appartiene di diritto a tutti gli umani. Io ho compiuto più di 30mila manovre di navi e so benissimo che l’errore può capitare in qualsiasi momento. Ma quando alla base c’è un errore concettuale, “sfiorare la costa ad altissima velocità”, allora non ci sono attenuanti e il Comandante diventa indifendibile perchè si tratta di una scelta premeditata che nasconde una profonda ignoranza dei problemi del mare. Sorge anche il dubbio sulla sua preparazione professionale e di colui che gli ha affidato quell’immeritato incarico di grande responsabilità. Quello che forse ha colpito maggiormente è stato il successivo abbandono della nave. Perché l’ha fatto? Bella domanda. La manovra sbagliata che ha prodotto lo squarcio nello scafo della nave passeggeri, ed il suo naufragio all’Isola del Giglio, cadrà presto nel-

l’oblio, così come tutti gli altri incidenti stradali e aerei, Cermis compreso, che sono legati al nostro quotidiano operare sotto stress. Dopo la naturale sedimentazione delle emozioni, tutto sarà archiviato, ma un fatto, purtroppo, rimarrà nella memoria collettiva e sarà scritto con inchiostro indelebile: l’abbandono della nave Costa Concordia da parte del suo Comandante quando centinaia di persone erano ancora bloccate a bordo. Tale comportamento non ha riscontri nelle testimonianze orali e scritte riportate dagli annali dei disastri navali e getta un’ombra d’infamia sulla nostra antica marineria civile e militare che annovera esempi di coraggio, onore e sacrificio della vita tra i più tramandati al mondo. C’è qualcosa che va oltre le sentenze giudiziarie, gli interessi di parte e le “sparate” dei vari protagonisti per caso. Il giudice più severo ed imparziale si chiama storia: il suo giudizio si fa attendere, ma non delude mai. L’esempio più significativo é quello del comandante Calamai dell’Andrea Doria che ottenne giustizia “post mortem” e la sua memoria fu salvata per sempre. Non voglio commentare l’assurdo comportamento del comandante Schettino nelle fasi successive all’urto. Per il momento mi vergogno persino a parlarne e ancora oggi preferisco pensare che quel famoso ritardo nel dichiarare l’abbandono della nave sia stato il frutto di un suggerimento sbagliato, di un “consiglio commerciale” di qualche azzeccagarbugli di terra che tentava forse di “scaricare”, con lo sbarco anticipato del Comandante, la proprietà ed anche gli oneri della nave a qualcun altro. Di fronte a questa eventuale ed assurda ipotesi, Schettino avrebbe dovuto rea-

gire rifiutandosi fermamente di ritardare l’evacuazione dei passeggeri così da salvare la vita dei medesimi, la propria coscienza e l’onore della nostra marineria. Vabbè ma un’idea di Schettino se la sarà fatta. L’idea che mi sono fatto del Comandante è che non sia un uomo di mare, e fin dall’inizio mi è venuto in mente quel vecchio adagio: “In mare non ci sono taverne”, in cui si nasconde un mondo di considerazioni filosofiche di grande spessore. C’é poi un altro proverbio che si addice perfettamente al personaggio Schettino e suona come una tremenda sentenza: “Chi casca in mare e non si bagna, paga la pena”. Perché la nave non è affondata completamente? Nel momento in cui la nave è stata “segata” longitudinalmente dagli scogli affioranti delle Scole, tonnellate di acqua di mare sono penetrate nello scafo all’altezza della lunga Sala Macchine. Ne é seguito il black-out, l’immediato spegnimento dei motori e lo sbandamento a dritta che ha permesso alla nave di compiere, con l’abbrivo residuo, una curva miracolosa sulla sinistra. Al termine della curva la nave é andata ad appoggiarsi dolcemente su una lunga spalliera del fondale dove giace a tutt’oggi e, come dicono, in buona sicurezza. Quella curva della salvezza é peraltro nota alle scienze idrodinamiche: un’imbarcazione sbandata, abbrivata e senza governo accosta sul lato dove incontra meno resistenza. Se la nave fosse rimasta diritta, oppure avesse accusato uno sbandamento a sinistra, sarebbe scivolata verso gli alti fondali e la tragedia avrebbe assunto


proporzioni apocalittiche. Si può tranquillamente parlare di un miracolo. Questa vicenda apre un interrogativo: le crociere sono sicure? Si pensava che il problema dell’ammainare le lance sotto sbandamento fosse ormai risolto. I fatti, purtroppo, hanno dimostrato che molto c’é ancora da studiare sull’argomento. Un importante ripensamento dovrà essere rivolto alla gestione del gigantismo navale, sia all’interno delle navi stesse sia all’esterno e mi riferisco agli spazi di manovra nei porti che sono sempre più insufficienti. Altre soluzioni? Penso alla costruzione del doppio scafo per tutte le navi passeggeri; occorre limitare i danni da collisioni e da urti contro le banchine portuali o scogli, evitando fuoriuscite e inquinamenti di carburante in mare. Serve inoltre un’adeguata sistemazione delle paratie stagne che tenga conto degli effetti “apriscatola” avvenuti in questi ultimi incidenti a navi italiane. Ma l’autocritica ce l’aspettiamo anche da quegli ambienti autoritari che si sono messi in cattedra attaccando un unico obiettivo e sono poi rientrati dietro le quinte senza aver ottenuto alcun risultato pratico, se non quello di averci fatto criticare pesantemente all’estero. C’è qualcuno che controlla gli spazi marittimi di casa nostra? O siamo rimasti al tempo di Dragut che giungeva a Rapallo nottetempo e rapiva le “rapalline” senza grossi problemi? Si sa che i nostri porti sono dotati di moderni sistemi AIS-VTS, ma a questo

punto dubitiamo del loro funzionamento. L’equipaggio della Concordia è finito sotto accusa per la disordinata evacuazione dei passeggeri. Hanno colpe anche loro? A tal proposito mi piacerebbe fare capire come è cambiato il rapporto tra passeggeri ed equipaggio negli ultimi 60 anni: i numeri non tradiscono mai. L’Andrea Doria, nel 1952, trasportava 1.134 passeggeri e poteva contare su 572 membri di equipaggio per un rapporto passeggeri/equipaggio di 1,98. Nel 1960 la Michelangelo conteneva 1.775 passeggeri e 725 membri di equipaggio con un rapporto pari a 2,45. La Costa Concordia trasportava 3.780 passeggeri e 1.100 membri di equipaggio con un rapporto di 3,44. Questo dimostra come, negli anni, sia aumentato l’impegno di ogni membro dell’equipaggio per ogni passeggero. Quindi, in sostanza, negli ultimi 60

anni l’equipaggio è diminuito se rapportato ai passeggeri. È corretto? È proprio così. Purtroppo anche la “sicurezza” ha un costo. Quando il prezzo del biglietto é popolare non ci si può aspettare un servizio principesco. Parliamo invece di un aspetto positivo: la disponibilità dei gigliesi. Sono pieno d’ammirazione per gli abitanti del Giglio che si sono dimostrati all’altezza della loro antica tradizione marinara. Non avevo dubbi, molti di loro e della vicina Porto S. Stefano sono stati colleghi e amici in tante avventure di mare ed anche in questa occasione li ho visti reagire da grandi marinai, tutti insieme, dal vicesindaco al più umile pescatore della calata. La disavventura del Giglio mi ricorda, purtroppo, un’altra tragedia, quella della Bianca C. a Grenada nei Caraibi nel 1961. Ma in quella circostanza il comandante, Francesco Crevato, fu davvero l’ultimo a lasciare la nave e salvò l’onore della nostra bandiera. Il 23 otto-

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bre del 1961 i grenadini si comportarono eroicamente fornendo aiuto, assistenza e persino le proprie case ai naufraghi. L’armamento Costa di allora ringraziò gli isolani offrendo ai loro rappresentanti il simbolo del mare più caro a noi rivieraschi: la statua del Cristo degli Abissi. Mi auguro che anche i gigliesi possano un giorno ospitare quel Cristo misericordioso che accoglie tra le sue braccia le vittime innocenti di questa tragedia. I gigliesi, come i grenadini, lo hanno meritato per averci messo un grande cuore marinaro, prima ancora delle loro case. Che cosa lascerà questa vicenda? Ogni tragedia, si sa, reca con sè morte e orrore, ma la vita non può fermarsi ed ecco l’uomo rialzarsi dalla batosta e ripartire con regole nuove. Ogni naufragio diventa così una nuova luce che si accende sul cammino tecnologico e sul progresso scientifico navale. Questa è la speranza che deve animare ognuno di noi.


SPECIALE “NAUFRAGI” di Pier Luigi BENATTI

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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LA LOCARNO - 1961

Era tanto brutta che la chiamavano “Cenerentola” T rent’anni di servizio sono tanti, anche per una nave. Significano il continuo altalenarsi di porto in porto sino alla nausea, una ciclopica montagna di materiali che si sono trasferiti, una babelica torre di casse, di fusti, di sacchi inghiottiti nelle stive e rigurgitati nei docks. C’è l’assalto di cento tempeste ruggenti, il monotono sgranarsi di un interminabile rosario di vuote giornate di navigazione, la deprimente sosta attraccati a luride banchine, con gli argani che cigolano lamentosamente, le gru che ti frugano le viscere, il turpiloquio sconvolgente degli scaricatori, e l’odore insopportabile di pelli mezze conciate, di sostanze fermentate, di acidi soffocanti, che ti resta addosso

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l’unto ed al catrame dei lubrificanti. Un’esistenza infelice, da umilissima bestia da soma, in uno scafo arrugginito, maculato qua e là di un minio purpureo, fasciato da strisce di nafta lasciate dal pennello di cento risacche, sotto tutte le latitudini, sì da sentirsi un povero Don Chisciotte dall’armatura goffa, arlecchinesca e sconnessa. Trent’anni di dura, nascosta, fatica, che l’affetto spontaneo di quel pugno di uomini che ti abitano non riesce a lenire e che si acutizza ogni volta che, nelle vie del grande porto, sfiori una di quelle superbe città viaggianti, tutte nitore e luminosità. Prima di finire laggiù, in fondo al più appartato e periferico dei moli. E’ la vita del cargo, sotto tutte le bandiere. Ma sono bastate poche ore, la forza del vento e la fantasia del mare, perché anche una povera nave potesse rivivere intera la favola di Cenerentola. E così, lasciato il fardello sotto la Lanterna, al calar delle tenebre, questa trascuratissima ancella dell’Oceano, ha fatto la sua comparsa come una grande dama sulla prome-

nade d’una delle più celebrate spiagge alla moda, sotto gli sguardi stupiti dei presenti. Poi sono giunti i cronisti, i fotoreporters, la televisione; poi il suo nome è corso nell’etere e la sua figura è stata riprodotta sui rotocalchi d’ogni continente; poi la sua vicenda è stata narrata in tutte le lingue e tutti la conobbero. Ospite d’eccezione, che, increduli, in tanti vennero a curiosare da vicino, dominò sovrana le conversazioni e divenne soggetto d’obbligo per i ricordi fotografici, dando finalmente il cambio al nostro vegliardo castello. Ma come in tutti i libri di favole, dopo sedici pagine, il racconto è giunto al termine. Cenerentola se n’è andata verso quell’orizzonte donde era uscita ed è bello pensare che, anche questa volta, alla fiaba non sia mancato il lieto fine. Che importa, infatti, se si parla di disarmo, di demolizione... l’impronta della scarpetta di questa Cenerentola del mare è lì, su mille giornali, a ripeterci una storia fantastica che sembra irreale, ma che è invece vera.


www.unaltrarapallo.it Elezioni comunali Rapallo 6/7 maggio 2012

IL CORAGGIO DI SCEGLIERE L’UNICA COALIZIONE DIVERSA l 6 ed il 7 maggio prossimi saremo chiamati alle urne per rinnovare il consiglio comunale ed eleggere il Sindaco che amministrerà la Città di Rapallo per i prossimi cinque anni. Ci presentiamo a queste elezioni in un momento di grave crisi economica mondiale, aggravata in Italia da responsabilità morali, giuridiche e dalla inettitudine della nostra classe politica, che da tempo ha toccato il fondo ma invece di provare a risalire sta scavando furiosamente. Per esempio sulla crisi economica pesa come un macigno la notizia, di qualche giorno fa, della Magistratura che 80 miliardi di Euro di mazzette e tangenti hanno avuto come destinatari i partiti! I partiti, questi partiti, intoccabili (fino ad ora) strumenti di potere e di controllo della vita politica, amministrativa ed economica che, grazie ai loro plenipotenziari dirigenti, non solo decidono chi ci deve governare (liste bloccate, imposizioni dallʼalto, abominevoli inciuci, alleanze di comodo e di interesse) ma influenzano negativamente e soffocano sul nascere tutte le iniziative di rinnovamento che nascono dalla società civile. 80 miliardi di Euro in mazzette ai partiti! Con tanta gente alla fame, che non sa come arrivare alla fine del mese!!! Eʼ ora di dire basta!

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Noi ci presentiamo a questo appuntamento da uomini liberi, con QUATTRO LISTE CIVICHE formate da professionisti, commercianti, artigiani, studenti, lavoratori dipendenti, casalinghe, pensionati, uno spaccato della Società sana che ha le idee chiare su cosa vuole e su cosa non vuole. A noi si è alleato Massimo Pernigotti, rapallino doc, architetto, modi decisi, il coraggio di rinunciare a qualche sicura poltrona seguendo i partiti, la sua professionalità e lʼimpegno assolto in provincia con serietà, assieme al linguaggio schietto fanno si che Pernigotti fosse lʼunico personaggio in campo a cui tenevamo particolarmente, e se le cose fossero andate cronologicamente in modo differente saremmo stati noi a correre per lui. Massimo Pernigotti, e la sua LIGURIA MODERATA è una collaborazione che parte da lontano, soprattutto dal fatto che le idee, i principi e la serietà dei gruppi dirigenti delle rispettive formazioni sono simili, la voglia di cambiare, il coraggio che muove gli aderenti, (600 di unʼaltra Rapallo e 250 di Liguria moderata) stufi di essere presi in giro da cinquantʼanni di promesse mai mantenute, la stessa. Con una squadra di professionisti stiamo mettendo a punto il programma incontrando le categorie ed i cittadini, sarà una cosa come piace a noi, senza fronzoli e senza frottole, credibile e realizzabile.

A questo proposito abbiamo inaugurato, con la preziosa collaborazione del nostro Presidente Maria Cristina Ardito, che lo ha messo a disposizione gratuitamente (!) il “POINT” un punto di incontro per i nostri candidati, gli iscritti e per tutti i cittadini che sentono la voglia di cambiare ed allo stesso tempo collaborare con noi per raggiungere un risultato positivo.

Ci potete trovare ogni giorno dalle 16.00 alle 19.00

in VIA SALVO D’ACQUISTO 1, incrocio con Via Libertà, ci potete telefonare al 3466097364 noi saremo anche lì, come sempre, al vostro servizio e di nessun altro.

unaltrarapallo Roberto ZUNINO

Vera DI SCIORNO

Walter CARDINALI

Massimo PERNIGOTTI


SPECIALE “NAUFRAGI” E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Emilio CARTA

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RAPALLO

Quando la Locarno si arenò sul lungomare Il 5 gennaio 1961 sulla passeggiata a mare si concluse uno dei più singolari drammi del mare: per l’equipaggio tutto finì bene, ma ci furono molti brividi. A loro i doni della “Befana dei vigili”

S

ono ancora tanti i “rapallini” che ricordano il 5 gennaio 1961. «Quel “maledetto” cinque gennaio millenovecentosessantuno - precisano marinai e pescatori del borgo - quando, a causa di una fortissima libecciata, quel piccolo mercantile di 3.897 tonnellate, la Locarno, come una balena ferita a morte, si incagliò sulla scogliera del litorale rapallese». A provocare tanto sconquasso non c’era il mitico comandante Achab ma, più prosaicamente, un capitano di lungo corso, il quarantenne Vittorio Sallustro da Torre del Greco, che rivisse chissà quante volte, come in un incubo, quella notte di tregenda. A bordo, con lui, c’erano ventidue uomini di equipaggio, molti dei quali genovesi, ed un abissino. L’ennesima tragedia del mare, che per fortuna non fece vittime, portò il nome della cittadina rapallese sulle prime pagine e sugli schermi di mezzo mondo e venne accompagnata da una serie di iniziative umanitarie e promozionali che oggi, probabilmente - non dimentichiamo che all’epoca correva l’anno 1961 - farebbero sorridere. «Riuscii a filmare i momenti più drammatici della nave in preda alla tempesta con una piccola cinepresa ad otto millimetri - racconta il rapallese Mauro Mancini - Ricordo come fosse oggi che qualche settimana più tardi, i negozi di souvenirs avevano già in vendita le cartoline illustrate che mostravano la Locarno in mille pose, come una fotomodella, con

la prua che sbatteva sulla scogliera del lungomare Vittorio Veneto». «Fu ancor più simpatica l’iniziativa dei vigili urbani rapallesi - aggiunge Mancini - I “cantunè” offrirono all’equipaggio i pandolci e lo spumante che avevano avuto in dono dagli automobilisti rapallesi per la caratteristica “Befana dei vigili”, un’usanza che in quegli anni si ripeteva un po’ dappertutto». Il cargo, battente bandiera panamense, era giunto nel porto di Genova il 20 dicembre proveniente da Lubecca e, dopo aver ormeggiato al molo

Rubattino, sotto l’occhio vigile della Lanterna, aveva scaricato seimila tonnellate di lingotti di ferro. Per l’equipaggio, insomma, era stato un Natale sereno, con la veglia di mezzanotte in cattedrale ed i piedi ben piantati sotto la tavola, come tradizione vuole, per tutte le feste comandate. Il cinque gennaio la nave aveva però lasciato molo Rubattino ed era ripartita con le stive vuote ma con i gavoni di prua e di poppa pieni d’acqua per zavorrare e stabilizzare il mercantile, diretto verso Follonica, in Toscana, per caricare minerale ferroso da trasferire in Germania. Ma a quell’approdo la Locarno non arrivò mai perché la sua odissea, iniziata davanti al Monte di Portofino, si concluse proprio nelle acque del golfo Tigullio. Alle dieci del mattino, infatti, il cargo venne avvistato al traverso di Santa Margherita Ligure, a circa un miglio dalla terraferma, dando l’impressione di essere in difficoltà. Alle sedici il mercantile, lungo centoquattordici metri ed appartenente alla società marittima genovese “San Rocco”, arrivò davanti a Rapallo, all’altezza dell’Excelsior

Palace Hotel. Era ormai in uno stato di ingovernabilità che agli occhi esperti dei marinai - che da terra ne seguivano “a vista” la navigazione appariva sempre più chiaro. Il mare lo spingeva alla deriva e, per di più, a causa della forza del mare e del vento, le ancore aravano il fondo sabbioso, senza frenare a sufficienza quella folle corsa verso gli scogli, mentre da bordo gli uomini erano in trepida attesa dell’arrivo dei rimorchiatori. Alle sedici e trenta il cargo era ormai a meno di trenta metri dal castello sul mare, mentre mezz’ora più tardi la nave si spostò leggermente verso ponente, a nemmeno cinquanta metri dalla balaustra in ferro della passeggiata a mare. La situazione a quel punto precipitò e la lenta agonia della nave giunse al culmine: la distanza dagli scogli diminuiva progressivamente a venti metri, poi a dieci, a sette, a cinque. Il mercantile infine si coricò leggermente sul fondo sabbioso arenandosi con la prua alta fuori dell’onda quanto una casa di tre piani - sui macigni posti a protezione del lungomare. «Fu una scena infernale alla quale assistettero migliaia di persone assiepate sull’asfalto della passeggiata a


mare - ricordava anni dopo il rapallese Andrea Pietracaprina - Intanto, a bordo della Locarno, gli uomini d’equipaggio, flagellati dal vento e dalle onde che spazzavano il ponte, apparivano e scomparivano da una parte all’altra della coperta, riconoscibili solo dal luccichio degli impermeabili, per cercare di porre rimedio ad una situazione che appariva ormai senza speranza». Alcuni rimorchiatori, provenienti dallo spezzino e da Genova non riuscirono ad agganciare lo scafo prima che la situazione precipitasse definitivamente e, per il Locarno, fu la fine. Alle diciannove e venti i vigili del fuoco genovesi, alla luce di potenti fari, provarono con successo a sparare una sagola a bordo: ad essa, avvolto in un sacchetto di pla-

stica, venne legato un messaggio con la richiesta di conoscere le condizioni dell’equipaggio. Da bordo utilizzando lo stesso mezzo, il comandante rispose che non vi erano feriti. «Era impossibile comunicare “a vista” anche se vi provarono ripetutamente con i megafoni raccontava alcuni anni dopo il barcaiolo rapallese Vittorio Pietracaprina - Il frastuono delle onde e del vento, unito allo sfregamento delle lamiere della nave sugli scogli rendeva vano ogni tentativo. Rammento che prima del lancio della sagola a bordo, un radiotelegrafista, da terra, utilizzò il clacson di un’auto appositamente posizionata a poca distanza dal moletto normalmente riservato ai battelli turistici. Cercò di comunicare con l’ufficiale

Onoranze funebri

Serra & Olmo

marconista di bordo attraverso l’alfabeto morse e a bordo ricevettero il messaggio anche se nessuno fu in grado di rispondere». La buona sorte, infine, aprì la propria bisaccia: la Locarno virò di circa novanta gradi distendendosi in senso longitudinale lungo l’asse della passeggiata a mare, con la prua rivolta in direzione levante. La fiancata andò provvidenzialmente a toccare il moletto d’ormeggio dei “primeri” ed alle quattro del mattino l’equipaggio potè finalmente scendere a terra con l’ausilio di una biscaglina. A terra li attendevano coperte ed un pasto caldo. Mentre i Vigili del fuoco riponevano cavi e fari, utilizzati sino a qual momento per illuminare a giorno la scena, sulla torretta del castello si spegneva anche la grande

stella cometa natalizia. I tecnici si ponevano intanto i primi interrogativi sulle cause che avevano provocato l’incaglio della nave. Il comandante aveva escluso, infatti, qualsiasi avaria alle caldaie o alla macchina del timone. Priva di carico, e quindi meno resistente alla forza del vento e del mare, la nave, in preda al maltempo, probabilmente non era più riuscita a governare ed aveva cominciato ad andare inesorabilmente alla deriva. A terra, ovviamente, iniziava il business “made anni Sessanta”, mentre il pittore Nerone Uselli, spalle alle nave e fiasco di vino accanto alla tavolozza, in sommo disprezzo per tutto ciò che era acqua, dipingeva in un celebre quadro l’apocalittica scena.

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SPECIALE “NAUFRAGI” E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Lorenzo DEL VENEZIANO

GRENADA

Il tragico incendio della “Bianca C.” Il sub Lorenzo Del Veneziano è tornato sul relitto nel 2008 per fotografare il relitto. Eccone alcune immagini urante una spedizione subacquea sul relitto dell’Andrea Doria nell’atlantico nord occidentale, ho appreso dai sub americani che collaboravano con noi della presenza di un’altra grande nave, affondata nei caraibi. I sommozzatori d’oltreoceano la chiamavano il “Titanic dei caraibi”, in realtà si trattava della Bianca Costa. La Bianca Costa, era una grossa nave passeggeri, impiegata dalla famiglia di armatori genovesi per il trasporto di persone e cose sulla rotta per il Venezuela via caraibi. Varata in Francia nel 1944 con il nome di Marechal Patain, passò di mano molte volte nel dopoguerra, fino al 1957 quando i Costa la comprarono e la ristrutturarono, mettendola in navigazione sulle loro rotte. Terminato il delicato restauro, con i suoi 180 metri di lunghezza divenne subito il gioiello della compagnia. Il 22 ottobre del 1961, rientrando dal Venezuela, come di consueto la nave si fermò nella rada di Grenada. Alle prime luci dell’alba, un ritorno di fiamma in un serbatoio del carburante provocò una violentissima esplosione che come conseguenza ebbe un incendio devastante. Tre marinai persero la vita e altri cinque restarono gravemente feriti. Nonostante l’incendio che divorava la nave, il comandante Francesco Crevato e il commissario di bordo Dino Emanuelli restarono a bordo fino all’ultimo momento met-

D

tendo in salvo tutto l’equipaggio e i passeggeri. Prezioso fu l’aiuto della popolazione locale, con una miriade di barchini contribuì a sbarcare tutti in un tempo record. In segno di ringraziamento e gratitudine la famiglia Costa donò una copia del cristo degli abissi di Camogli che ancora oggi fa bella mostra di sé sulle banchine del porto di Saint George. La nostra spedizione del 2008 era finalizzata alla realizzazione di un documentario foto-video da girare nelle zone della nave mai raggiunte prima. Il fuoco che ha bruciato la nave aveva indebolito le strutture che nel tempo sono collassate su se stesse, chiudendo di fatto tutti gli accessi. Il nostro obiettivo era quello di raggiungere gli alloggi, le cucine e soprattutto la sala macchine, dove era partito l’incendio. Dopo dieci immersioni in cinque giorni alla profondità di cinquanta metri, tutti i traguardi sono stati raggiunti, le difficoltà maggiori le abbiamo incontrate per raggiungere la sala macchine. Affondando il transatlantico si era spezzato in due tronconi, l’unico passaggio praticabile è stato trovato risalendo l’asse dell’elica di sinistra, anch’esso frantumato , raggiunte le sentine, abbiamo trovato i locali delle officine e da li la via per i motori. Molto interessanti gli alloggi di seconda classe, tra letti bagni e armadietti, si possono ancora trovare i bagagli di chi occupò quei locali. Un bella sorpresa è stata scoprire la grossa cassaforte di bordo, intatta con ancora la maggior parte dei cassetti chiusi. Ovviamente, nonostante la forte curiosità, nulla è stato toccato. La nostra è una squadra addestrata per la ricerca e la documen-


(committente MAURO BARRA)

LISTA CIVICA BARRA SINDACO

Pro

cupero e salvataggio all’interno di una nave parzialmente affondata è un’azione impegnativa riservata a pochi sub espertissimi. Come prima cosa deve essere un lavoro di squadra, importante è preparare quello che in gergo si chiama il campo, individuando le aperture più agevoli per raggiungere tutti gli angoli più remoti della nave. Per muoversi all’interno si devono conoscere perfettamente le tecniche speleologiche che servono per mettere in sicurezza i percorsi esplorati e mappati. Importantissima è l’esperienza dei sub nell’esplorare i relitti, le malizie per muoversi all’interno dei cunicoli di una nave così grande come la Concordia si acquisisce con anni di addestramento e preparazione, esercitandosi sulle navi affondate. Le attrezzature ricoprono un ruolo fondamentale, i nuovi illuminatori a elevata autonomia, le mute stagne che mantengono il corpo asciutto e i sistemi per la respirazione a circuito chiuso fanno la differenza nella pianificazione di immersioni così impegnative e pericolose. In particolare i nuovi sistemi respiratori che ormai io e la mia squadra usiamo dal 2003 ci permettono di rimanere in immersione per un tempo molto lungo, in relativa sicurezza; alla quota in cui si opera sulla nave Concordia si può auspicare di restare in acqua oltre le sei ore, tempi impensabili con le normali bombole di aria a circuito aperto. Potere aggirarsi per gli stretti corridoi di una nave affondata senza l’assillo di terminare il gas respirabile a nostra disposizione è un aiuto fondamentale per portare a termine lavori così importanti e delicati, limitando al minimo i rischi. Esplorare gli interni di una nave affondata è una disciplina con regole ferree, non rispettarle può essere molto pericoloso. Solo pochi sub espertissimi possono cimentarsi in tale attività portando a termine il lavoro conseguendo i risultati prefissati.

tto Rap ge

o all

tazione delle navi affondate, e non di cacciatori di tesori o souvenir. In questi giorni mi è stato chiesto da più parti, come esperto sommozzatore di navi affondate, la mia opinione su quello che sta accadendo all’isola del Giglio. Ovviamente, non essendo stato tirato in causa direttamente, non posso esprimere giudizi su chi sta rischiando la vita per mettere in salvo le persone e recuperare i corpi delle vittime. Posso solo manifestare come ci si deve comportare, a mio avviso, in casi del genere. L’esplorazione subacquea delle navi sommerse è un’attività molto pericolosa ed estrema. Le insidie sono tantissime. Su un vascello come la Bianca Costa i pericoli maggiori derivavano dai crolli, la nave è lì da cinquant’anni e si è indebolita per l’incendio. La profondità, sempre intorno ai cinquanta metri. La sospensione, tutto questo tempo ha contribuito a far depositare sul fondo uno spesso strato di limo che se mosso riduce la visibilità a zero. L’orientamento, perdersi all’interno di una nave sommersa è facile, ci si trova spesso in cunicoli lunghi e stretti dove basta un attimo per non ritrovare la via dell’uscita. Essendo affondata da poche ore, la Concordia non presenta molti di questi pericoli, la profondità non è rilevante, l’acqua è pulita e il pericolo di crolli devastanti dovrebbe per ora essere scongiurato. Un fattore però importante da tener presente sulla nave del Giglio e l’inclinazione della stessa. Aggirarsi all’interno di una nave capovolta o inclinata è pericoloso perché si perdono i riferimenti di pavimento e soffitto ed è molto facile perdersi. Senza dubbio il relitto più difficile da penetrare è l’Andrea Doria, coricato su un fianco a ottanta metri di profondità. Negli anni sono decine i sommozzatori esperti che hanno perso la vita tentando di violare i preziosi segreti custoditi nel ventre del transatlantico che riposa nelle gelide acque dell’atlantico. Organizzare un intervento di ricerca, re-

BARRA SI

N DA CO

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Cara cittadina, caro cittadino Liguria Moderata si è alleata con il candidato Sindaco Pier Giorgio Brigati. Abbiamo scelto il sentiero delle liste civiche e di persone libere ed oneste, per proporre alla città quel cambiamento genuino che manca a Rapallo da decenni. Ad oggi, noi di Liguria Moderata saremo parte di ben quattro liste civiche che appoggeranno Pier Giorgio Brigati. Un uomo che consideriamo leale, equilibrato e circondato da persone della stessa stoffa. Io, Massimo Pernigotti, mi presento come Suo candidato (per essere eletto in consiglio) nel movimento politico “Liguria Moderata” ed ogni voto dato a me, o ad un altro esponente di Liguria Moderata, sarà un voto per rinnovare la città. Ho sostenuto dal Consiglio, l’opposizione di centro-destra in Provincia dal 2007 al 2012, e ultimata quest’esperienza, di cui ho sempre dato ampio risalto al lavoro svolto anche da queste pagine, credo sia importante aiutare Rapallo, ad uscire dall’immobilismo e dalla decadenza senza limiti a cui ci siamo apparentemente assuefatti senza protestare. Per paura di cambiare le persone. Gli eletti. Nel 2007 ti è stato promesso, tra tante altre cose, il Central Park al campo Macera con città dei bambini nel verde e parcheggi interrati al di sotto; il centro congressi; la strada nel golf per aggirare il traffico all’uscita dell’autostrada; il depuratore comprensoriale; la passeggiata a mare Zoagli – Portofino; il rifacimento del lungomare; una sontuosa spiaggia oltre il Porticciolo, il rilancio dei Porticciolo, il tunnel Rapallo – Santa Margherita, il nuovo polo sportivo a Bana. Di queste opere non vi è alcuna traccia. Solo proclami. Come conseguenza, il turismo è in crisi, e l’occupazione per i giovani e i padri di famiglia è peggiorata con alberghi e botteghe (la nostra industria) che chiudono senza più riaprire. La viabilità ed il traffico sono rimasti inalterati (tranne due ridicole rotondette), con evidenti risvolti di inquinamento e vivibilità. Nelle scuole inferiori, di competenza comunale, i genitori protestano per il degrado generale, mentre negli asili nido le famiglie non trovano posto per i loro bimbi, generando una lotta incresciosa tra chi ha bisogno. Se questo è “l’impegno e la concretezza” per le famiglie che ti aspettavi ti voglio dire che saranno necessari anni di lavoro duro per ribaltare questa situazione che risponde alla verità. Noi ti proponiamo di fidarti per una volta di PERSONE NUOVE, competenti, oneste e moderate; di trovare il coraggio di votare NUOVI RAPPRESENTATI POLITICI che non compaiano in piazza o nelle premiazioni ed inaugurazioni, sorridano e stringano mani solo a tre mesi dal voto (che coraggio), perché sai già come funziona e cosa ti aspetta poi per i cinque anni successivi. Noi rapallini e tu elettore non puoi cascarci nuovamente. Per quanto riguarda il nostro progetto, il programma per Rapallo, che stiamo preparando tra sedute pubbliche e iscritti al movimento, non sarà certo uno specchietto per le allodole, ma esattamente ciò che pensiamo si possa realizzare. Presto sarà reso pubblico, lavorando ad esso dopo aver ascoltato le tue richieste, le tue necessità che sono le stesse che ci appartengono. Consci che noi dovremo rendertene conto fra cinque anni, come tuoi servitori e dipendenti eletti. Il 6 e il 7 maggio 2012 si voterà per il nuovo Sindaco di Rapallo, ma anche per eleggere il consiglio comunale che rappresenterà lo specchio della città. Tra i candidati consiglieri che esprimerà la lista di Liguria Moderata, tutte persone valide, potrai scrivere “PERNIGOTTI” a fianco al simbolo. Ti prego di riflettere sul fatto che dal giorno seguente le elezioni, invece di lamentare che “a Rapallo è sempre la solita storia”, tu quella storia potrai averla finalmente cambiata. In fede Massimo Pernigotti


SOCIETÀ E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Elena LAVAGNO CANACARI

CAMPAGNA ELETTORALE

C’è bisogno di etica nella vita civile e politica R

ISPETTO di se stessi, degli altri, della comunità e dell'ambiente: QUESTA E' L'ETICA. Ma cosa significa, etimologicamente parlando, “etica“? La parola “etica” deriva dal greco “ethos” ossia costume, corrispondente al termine latino “mos”, da cui proviene l' italiano “morale” e designa ogni dottrina che pone come oggetto della sua elaborazione speculativa il comportamento pratico dell'uomo. ETICA dunque come COMPORTAMENTO CORRETTO, CONFORME A PRINCIPI ELEVATI ED INECCEPIBILI. Questo è, in buona sostanza, il significato dell'etica. Principi superati, - osserverà qualcuno – roba d'altri tempi di cui non si avverte più la necessità. Noi riteniamo invece che di ETICA ci sia una necessità reale ed impellente, in una società che non osserva più i principi della convivenza civile, del rispetto degli altri, - specie se questi sono “diversi” per nascita, per colore della pelle, per religione, per credo politico, - della sobrietà nella comunicazione e nella promozione di se stessi che, nel circo mediatico, tocca ogni giorno vertici insopportabili. Una società in cui chi non paga le tasse è un FURBO, chi ruba o danneggia il patrimonio pubblico non viene punito in maniera esemplare, e questo perchè l'individualismo, particolarmente diffuso, impedisce di percepire il valore della cosa pubblica e delle necessità pubbliche come interesse di tutti e non soltanto di quello “Stato” del

quale “i furbi” fanno parte, ne godono i privilegi ed è strumentale ai loro interessi, ma nel quale non si riconoscono quando si tratta di assolvere i propri doveri di cittadini della Repubblica. E questo comportamento che non rispetta i principi etici, anzi spesso li stravolge e li calpesta, lo troviamo a tutti i livelli: nei semplici cittadini, nella pubblica amministrazione, ma sopratutto, nella POLITICA. Eppure nel nostro Paese abbiamo il privilegio di possedere dei CODICI che sono capisaldi di ETICA. Primo fra tutti la COSTITUZIONE della Repubblica Italiana, quel complesso di norme elaborate dai Padri Fondatori ed entrate in vigore il 1° gennaio 1948, che definiscono lo Stato e ne garantiscono gli ordinamenti, stabilendo diritti e doveri dei cittadini. Basterebbe l'osservanza delle norme costituzionali per garantire una convivenza civile eccellente, basata sul rispetto di tutti, sia nella vita civile che in quella politica. E' risaputo che un Presidente Emerito della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, scomparso di recente, teneva la Costituzione Italiana sul tavolino da notte, accanto al letto. Non a caso questa figura prestigiosa di uomo politico, per la coerenza morale, l'integrità e la dignità che hanno caratterizzato tutta la sua vita, ha lasciato un esempio di comportamento etico che, al di là di qualche critica di parte che non è stata risparmiata al momento della sua morte, ma che non

Mi scappa da piangere... Giggia, arrivano le elezioni!

Meno male, i consiglieri scadenti stanno per scadere!

di Pietro Ardito & C.

inficia la sua statura morale, dovrebbe fare scuola ai “politici” dei nostri giorni. Ma quando parliamo di “politica” che cosa intendiamo? Una missione? Un dovere civico? Una professione? Un modo di perseguire privilegi ed interessi propri? Oggi, se sfogliamo i giornali e guardiamo la TV, ci accorgiamo che la “politica” attuale è l'espressione principale del POTERE. Di conseguenza l'obiettivo primario è “vincere” per ottenere il potere e per molti la vittoria deve essere conquistata con ogni mezzo, lecito e non, anche a costo di sotterrare ogni principio morale ed etico. La vera politica, invece, intesa come scuola di vita, luogo di incontro e di apprendimento, di crescita civile e di educazione all'impegno ed alla legalità, si concretizza nella gestione etica della società, al fine di garantire, all'interno della vita sociale, i diritti individuali e collettivi dei cittadini, il soddisfacimento dei loro bisogni, la tutela della loro sicurezza e della loro salute, la dignità del lavoro, il tutto come espressa-

mente previsto dalla nostra Costituzione che è la bussola civile e morale, politica e spirituale di tutti gli italiani. E' significativo, a questo proposito, l'art. 2 della stessa che recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. “Diritti e doveri, dunque, che la politica deve tutelare – i primi - e far osservare – i secondi – ma dando per prima l'esempio con comportamenti etici ineccepibili. Oggi, purtroppo, dobbiamo constatare che non esiste più un'etica della politica. La politica, ai giorni nostri, è solo individualità, è “strategia di potere” e quindi siamo costretti ad assistere al penoso spettacolo di singoli che cercano di prevalere gli uni sugli altri, con la complicità dei media che assecondano questi comportamenti che non vanno oltre un vuoto personalismo.

ELEZIONI AMMINISTRATIVE A RAPALLO Entrando nel merito della realtà della nostra Città, come è noto siamo ormai in campagna elettorale, in quanto nel prossimo mese di maggio avranno luogo le elezioni amministrative. Tanti sono i candidati alla carica di sindaco che si stanno proponendo a Rapallo. Tutti i cittadini, ovviamente , hanno il diritto ed il dovere di impegnarsi in campo politico, senza differenze di genere o di pensiero. Ognuno eserciterà questo diritto / dovere di partecipazione alla vita politica in modo diverso e personale, secondo le sue attitudini e la sua situazione. Nessuno però deve derogare AL CODICE ETICO DELLA CORRETTEZZA E DEL RISPETTO DEGLI ALTRI. E questo principio è tanto più valido quando è la donna a proporsi in politica. Infatti è completamente da smentire il luogo comune che vuole la donna in politica più valida e convincente , se assume un atteggiamento rigido “da uomo”, che spesso sconfina nell'arroganza. L'arroganza non paga! Le donne che impostano la loro campagna elettorale su questo principio, rischiano di fallire in partenza. Ciò che rende la donna credibile in politica, a nostro parere, non è la sua “grinta maschile” da ostentare, ma la sua capacità, tutta femminile, di convincere con l'empatia, di mediare, di comporre e risolvere i problemi e le difficoltà e non ad esasperarli, di dare fiducia alla gente con quegli atteggiamenti e comportamenti etici che sono alla base di una sana convivenza civile. Un programma realistico e realizzabile, non da “libro dei sogni” ed una solida preparazione amministrativa, sono poi il corollario per la buona riuscita di una campagna elettorale femminile. Per concludere, è comunque indiscutibile che se la politica continuerà a prescindere dall'etica, la conseguenza inevitabile sarà che essa rimarrà sempre una pura espressione di potere, estranea all'interesse vero dei cittadini.


NATURA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Giorgio MASSA

VITA BENTONICA

Un mare di... margherite Sott’acqua, tra anemoni e meduse, ci sono anche altri cnidari che somigliano a fiorellini sgargianti dire la verità solo una delle specie che illustreremo è chiamata volgarmente “margherita di mare”, le altre hanno nomi volgari diversi, ma la loro forma ricorda vagamente piccoli fiori o infiorescenze. Questi organismi animali sono in realtà polipi singoli o riuniti in colonie ed in quest’ultimo caso, come accade nelle gorgonie, cnidari anch’esse, formano organismi complessi. Nel disegno della pagina è raffigurato un polipo per osservare in grandi linee la sua struttura interna. Prima di ingenerare confusione diremo che le “margherite di mare”, quelle vere, sono zoantinari e mostrano polipi riuniti in colonie, solitamente incrostanti e muniti di un sottile scheletro esterno non di propria produzione, ma formato da corpi estranei come le spicole calcaree dei poriferi. Non possiedono quindi uno scheletro rigido interno e per ergersi si “arrangiano” rivestendo le rocce o spesso altri organismi. Le “margherite di mare” hanno un “debole” per le spugne del genere Axinella e le usano spesso come supporti senza dar loro, almeno apparentemente, troppo fastidio. Sovente le colonie possono contare un gran numero di individui, collegati tra loro tramite un tessuto che alla base ricopre rocce o substrati viventi. I piccoli polipi gialli o aranciati mostrano sino a 36 sottili tentacoli intorno al disco al centro del quale si apre la bocca dell’animale. Le “margherite” possono vivere anche in anfratti vicino alla superficie, ma spesso colonizzano fondali profondi I polipi del “falso corallo nero”, del tutto simili alle margherite, sono capaci di salire ancora più in alto e quando capita si fissano sui rami delle gorgonie morte dando origine a spettacolari colonie dai grossi polipi giallo vivo. Simili agli zoantinari, i madreporari possono mostrare, a seconda della specie, polipi solitari o formare colonie. L’aspetto dei “solitari” è simile a quello di un attinia, men-

A

Gli cnidari possono avere aspetto di polipo o di medusa. In entrambi i casi, come si vede nel disegno che mostra un polipo, si tratta di organismi molto semplici.

tre i “coloniali” mostrano strutture incrostanti o semisferiche. Con il tempo questi animali sono capaci di trasformare il disco pedale (quello che si trova alla base dell’animale) in una struttura calcarea che li fissa al substrato e si inspessisce gradualmente a formare un robusto scheletro interno. Rispetto ai precedenti si tratta di una differenza sostanziale perché questi organismi creano nuovo substrato aderente alle rocce, che permane anche dopo la loro morte. Sono quindi tra i componenti fondamentali della biocenosi coralligena, dove esistono due grandi gruppi di organismi: i costruttori, che comprendono le madrepore e le alghe calcaree, e i demolitori, che aggrediscono scheletri e rocce e sono rappresentati da poriferi e molluschi perforatori, nonché da organismi raschiatori come i ricci. La madrepora gialla è estremamente diffusa nei fondali rocciosi e somiglia molto alla “margherita di mare”. La differenza immediata e che la madrepora forma gruppi molto grandi dove però gli individui sono solitari anche se talvolta possono svilupparsi su scheletri di individui morti della stessa specie, fondendosi spesso con essi e originando grosse e spesse strutture minerali che fanno crescere gli strati del coralligeno. Questi animali raggiungono altissime densità per metro quadrato e si osservano spesso colonizzare pareti verticali dalle quali possono distaccarsi facilmente se scontrati. Talvolta, infatti, in aree soggette ad attività antropiche, si ritrovano molti scheletri di questi cnidari alla base delle rocce sulle quali vivevano. Queste madrepore raggiungono un’altezza massima di 6 -7 centimetri e possiedono brevi tentacoli, quasi trasparenti e urticanti, con i quali catturano piccoli organismi planctonici. Sono animali tipici degli ambienti rocciosi bui, da qualche metro di profondità (più rari) sino a 50 - 60 metri. Esiste un altro madreporario molto bello, la cui presenza non è ancora certa nei fondali del Promontorio di Portofino, anche se esistono segnalazioni in merito, che invece

Madrepora molare (Balanophyllia europaea) – foto L. Capurro

prospera ed è diffuso nelle acque più calde del Sud Italia. In queste zone forma, entro i 10 metri di profondità, splendidi paesaggi sottomarini che fanno somigliare i fondali a prati fioriti. Si tratta della madrepora arancione, una forma coloniale dai polipi con aspetto molto simile a quelli della madrepora gialla. In ogni caso esistono anche colonie dai colori meno accesi e tendenti al giallo. Sembra che questa madrepora, a seconda della profondità alla quale si sviluppa, mostri aspetto differente. In superficie forma strutture incrostanti con i calici dei polipi a sezione poligonale, mentre più in profondità forma colonie lievemente elevate, con forma a cespo, sulle quali sembrano impiantati i vistosi polipi. Ma non tutte le madrepore sono appariscenti e ve ne sono alcune, come quelle a cuscino, che per i loro colori smorti possono passare inosservate. Queste madrepore formano colonie arrotondate o allungate anche molto grandi (50 cm di diametro) dove ogni polipo rimane ben evidente con la sua corona di tentacoli giallo - bruni. Il colore delle colonie è spesso in funzione della presenza, nei tessuti della colonia stessa, di alghe unicellulari. Come le specie già citate anche questi organismi si cibano di particelle alimentari catturate dai polipi attraverso i loro tentacoli, o sfruttando, comunque in piccola parte, anche sostanze che vengono prodotte dalle alghe simbionti. Le madrepore a cuscino vivono generalmente a basse profondità, soprattutto tra gli scogli ricoperti dalle alghe fotofile, più raramente a profondità rilevanti (oltre i 100 metri) dove la simbiosi con le alghe può venir meno. La crescita dei polipi è piuttosto lenta e la colonia può essere molto longeva, superando i 50 anni di età. Si tratta di una specie particolarmente sensibile al riscaldamento delle acque di superficie, infatti, durante i periodi estivi eccessivamente caldi, con poco o nullo rimescolamento delle acque dovuto a limitati moti del mare, si sono verificate estese morie di queste madrepore, rimaste sul fondale con i loro scheletri biancastri. Sono comunque le grandi colonie a dover sopportare i danni maggiori, mentre le piccole colonie riescono spesso a riprendersi. Tra le tante madrepore solitarie, dai colori smorti e di difficile determinazione, vale la pena citare una specie facilmente riconoscibile per la sua forma a sezione spesso ovale e allungata. Si tratta della madrepora molare, dal colore bruno o giallastro aranciato, con uno scheletro calcareo fissato al substrato ed un bordo

Le margherite di mare (Parazoanthus axinellae) foto L. Capurro

glia)- foto V. Liguori Falso corallo nero (Savalia sava

Madrepora gialla (Leptopsammia pruvoti) foto L. Capurro

madrepora arancione (Astroid es calycularis) foto R. Pronzato

superiore irregolare. Per la caratteristica di ospitare nei tessuti alghe unicellulari simbionti (organismo zooxantellato), che tra l'altro favoriscono la costruzione dello scheletro calcareo, ha necessità di vivere in ambienti luminosi e quindi si osserva spesso vicino alla superficie o comunque nell'ambiente delle alghe fotofile, in compagnia delle madrepore a cuscino.


PIANETA GIOVANI di Benedetta MAGRI

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E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

SHOAH

Ricordare per non ripetere Un viaggio nella memoria collettiva per non dimenticare l’orrore dei campi di sterminio

Q

uesto rappresenta uno dei maggiori motivi per cui si festeggia il 27 gennaio. Nelle scuole si organizzano eventi di vario genere, in cui spesso i protagonisti sono proprio i testimoni oculari di queste oscure pagine della storia. Giorgio Scocco, Gilberto Salmoni e Dieter Schlesak sono stati gli ospiti degli istituti rapallesi. Per i ragazzi delle A. Giustiniani, secondarie di secondo grado, é stato organizzato un incontro con Giorgio Scocco, figlio di un rapallese nato a Chiavari, deportato, che ha recentemente stampato un libro in cui sono raccolte le lettere e il diario scritto da suo padre durante i giorni di prigionia in tre differenti campi di concentramento. I ragazzi hanno lavorato molto su questi avvenimenti, infatti hanno creato dei disegni e dei testi riguardanti la Shoah, hanno visto il film “La Vita é bella” e hanno assistito al racconto dello storico Agostino Pendola. L’esperienza di Giulio Scocco, padre di Giorgio, é stata segnata dalla partecipazione alla guerra e poi dalla scelta di unirsi ai partigiani; fu proprio questa presa di posizione a costargli la deportazione, di cui il diario pubblicato racconta gli episodi terribili a cui Scocco ha assistito. Probabilmente il passaggio più significativo dell'intervento del figlio del protagonista è stato il commento, che ha fatto riflettere sull’età dei ragazzi: “Il mio papà aveva 22 anni, quando venne deportato. Attorno aveva giovani anche di 17, 18 anni: giovani con pochi anni più di voi, che hanno patito tutto questo anche per la nostra libertà.” Il relatore poi ha lasciato ai ragazzi anche una delle motivazioni concrete per cui si celebra la Giornata della Memoria: “Papà quando è tornato - ha iniziato a raccontare - non ha

mai predicato l'odio contro i tedeschi, perché odio chiama odio, ma dimenticare, quello no, non poteva. Non glielo permetteva la mente né il corpo, ogni volta che faceva la doccia, quelle cicatrici sulla schiena gli portavano davanti agli occhi tutto quello che aveva patito”. Sono anche tanti altri gli aneddoti narrati nelle pagine del diario redatto da Scocco, che ha donato ai ragazzi della scuola e ad alcune biblioteche. Gli studenti del Da Vigo, invece, hanno avuto altre due occasioni per analizzare questi temi: gli alunni dell’ultimo anno hanno incontrato Gilberto Salmoni: un deportato, che ha avuto “la fortuna” di essere stato destinato a Buchenwald con il triangolo rosso dei prigionieri politici. Quest’uomo di origine genovese ha raccontato la sua esperienza, toccando i normali aspetti che si ritrovano nei libri di storia, ma poi é emerso qualcosa di diverso: la consapevolezza con cui spesso i deportati affrontavano il loro imminente destino e così, con la tristezza negli occhi e un ritmo molto lento, Salmoni ha raccontato del dolore provato vedendo la scritta “Auschwitz” sul treno a cui erano stati destinati alcuni dei suoi cari, perché la gente sapeva ciò che accadeva in questi luoghi dal nome tedesco. Buona parte dell’intervento, su richiesta degli studenti, é stata incentrata sul momento della liberazione, che ha avuto un forte significato per i prigionieri del campo. Il testimone ha precisato: “Non é stato come nei film - racconta Salmoni - C’era la sensazione che qualcosa stava per accadere; gli aerei americani passavano sempre e c’erano bombardamenti terroristici, per indurre le popolazioni a ribellarsi”. I campi furono liberati gradualmente e il sentimento comune era l’idea che sarebbero stati tutti uccisi, ma tra loro si era mosso qualcosa: ormai da tempo esisteva un comitato clandestino di resistenza, che, dal momento in cui le SS avevano annunciato che tutti avrebbero smesso di lavorare e si sarebbero trasferiti, aveva tentato di rallentare le operazioni e infine era riuscito a prendere il controllo del campo. “Non é stato clamoroso - dice Salmoni a proposito della liberazione - e neppure come uno si potrebbe aspettare. Non c’erano più SS nel campo, se non sulle torrette e fuori, divisi da un filo spinato ad alta tensione. Il primo segno concreto, per me, é stata la vista di un internato col fucile e il giorno dopo sotto la scritta “A ognuno il suo” é arrivata una jeep di americani con la

Nella foto, (secondo da destra), Giulio Scocco. Sotto, la lettera dell’avvenuta liberazione

riga stirata sui pantaloni”. Per Salmoni non era finito tutto qui, c’era anche da fare i conti con il desiderio di andarsene, nonostante non potessero, perché erano ritenuti portatori di malattie. Così un giorno uscirono, andando verso un paese vicino, ma la reazione degli abitanti fu quella di suonare l’allarme e gli italiani non furono in grado neanche di rubare un’oca, a differenza dei Russi, che addirittura si portarono via una mucca. I traumi non finirono e il ritorno a casa fu reso ancora più duro dalla presenza di alcuni ragazzi di educazione fascista nella classe in cui Salmoni tornò a studiare. L'esperienza veicolata da quest'uomo mostra un'altra nota di differenza rispetto ai racconti canonici che tutti conosciamo: in quel campo francesi e italiani si aiutavano, la solidarietà esisteva davvero e a differenza di quanto ci racconta Primo Levi, il furto non era praticato. Nello stesso campo c'era anche un'altra pratica molto diffusa: gli internati con la pelle tatuata avevano una valenza ancora maggiore: la loro pelle, infatti, era molto ambita, perché ottima per creare dei paralumi. In questo clima viene da chiedersi se esistesse l'umanità e soprattutto come avessero giustificato le loro azioni i tedeschi. Dieter Schlesak ha spiegato ampiamente ad altre classi del Da Vigo la risposta che molti ufficiali delle SS, anche suoi parenti gli hanno fornito: Hannah Arendt ce lo spiega magistralmente con la definizione di "Banalità del male", infatti molti non percepivano di aver agito male,

in quanto affermavano di aver risposto a degli ordini. La grandezza della testimonianza di Schlesak, nato in Transilvania e bambino all'epoca dello sterminio, è sottolineata da un forte interrogativo, che lo ha portato a scavare la memoria di sopravvissuti sia vittime sia carnefici: “Se fossi stato più grande - si chiede Schlesak - anche io avrei obbedito senza porre domande? Probabilmente sì, perché questa era l'educazione che avevamo ricevuto”. La sua testimonianza è raccolta in due opere fortemente documentate tradotte in italiano: "Il farmacista di Auschwitz" e "L'uomo senza radici". Si tratta di racconti in cui emergono sentimenti forti, difficili da esprimere con la parola umana. Le immagini sono crude ma molto dirette e tutte ricavate da interviste svolte agli "zebrati" sopravvissuti, come lui stesso li definisce, e ad alcuni SS. Un altro particolare ha spinto Schlesak ad affrontare questa continua ricerca: conosceva personalmente Victor Capesius, il farma-


cista transilvano della città in cui era cresciuto e che aveva visto donare le caramelle ai bambini ebrei, con una moglie mezza ebrea. Lo stesso Victor Capesius era diventato il farmacista di Auschwitz: custode e somministratore dello Zyklon B, il gas letale con cui venivano uccisi tutti coloro che non erano direttamente gettati nel fuoco, come narrano le prime pagine del libro di Schlesak. Nella sua opera c'è anche altro: la denuncia del regime rosso, che non poteva essere considerato un male minore rispetto al nazismo. Queste sono state le proposte del Da Vigo, a cui i ragazzi hanno assistito con calma e attenzione, ma, nel momento in cui apro la discussione sulla pagina di facebook dedicata alla scuola, le risposte al post riguardante la possibilità che le lezioni fossero sospese per neve, riceve più di un centinaio di risposte, contro le 4 che riceve l'argomento da me proposto. Il bilancio è dunque che i ragazzi sono interessati, ma non vogliono parlarne, oppure Orso sostiene in modo più categorico: “Oggi nessun ragazzo è interve-

nuto a parte me; ciò significa che nessuno fosse interessato. Questa non è un'accusa, ma una constatazione”. Mariolina, invece, è rimasta commossa da Salmoni e ha provato anche “tanta stima per quell'uomo che rappresenta l'Italia ferita, che ha sofferto davvero”. Giorgia, che non si è trovata coinvolta nei due progetti, risponde alla mia provocazione sul negazionismo e sull'incoscienza riguardo alle colpe degli italiani, argomento spesso in primo piano nelle classi: "(il negazionismo, ndr) mi ha sempre un po' stupita e non l'ho mai concepito. Negare l'evidenza è sintomo sia di indifferenza sia di ignoranza. Credo che tra i giovani d'oggi ci sia una sorta d'indifferenza per ciò che è passato, ma anche presente e di conseguenza futuro, considerano che non li riguardi: ignoranza pura, per esser precisi". Al Liceo Scientifico Tecnologico De Ambrosis - Natta, sembra non si siano svolte commemorazioni e un po’ di dissenso da parte degli alunni giunge: “Se me ne sono ricordato é stato solo grazie alla mia personale informa-

zione, i docenti hanno solo accennato all’argomento, facendo sempre le solite considerazioni”, mi spiega un ragazzo dell’ultimo anno. Parlando con lui risulta cosciente dei fatti, ma i suoi compagni? “Tra di noi non si parla molto di questi argomenti, credo che ormai tutti sappiano cosa sia accaduto, ciascuno di più o di meno in base alle proprie conoscenze personali, ma credo che tutti lo sappiano, ci mancherebbe ancora!”. A questo punto mi sorge spontaneo un dubbio: se non se ne parla, chissà se l’attualità suscita un maggiore interesse: “Mi é successo di parlare dei massacri in Africa e degli omicidi di Cristiani nel mondo, ma ad esempio del regime di Pol Pot non mi é mai capitato di discutere”. Alessandro, del classico, commenta riguardo all'incontro con l'ospite Schlesak: “A mio avviso, da queste manifestazioni si pretende troppo poco: si cerca di non far dimenticare e di non perdere il contatto con qualcosa di studiato, quando l'obiettivo dovrebbe essere interessare”.

FILO SPINATO

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di Primarosa PIA

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

SHOAH

Le mie giornate della memoria C

i sono molti luoghi, sulla terra, dove molte centinaia di migliaia di bambini sono stati strappati dai loro lettini caldi, dai loro giochi, dalla serenità dovuta e dalle coccole delle mamme, dei papà, dei fratelli, dei nonni, degli zii. Bambini costretti a crescere all’improvviso, a imparare a non fiatare quando le mamme li rinchiudevano, al buio, con l’illusione di salvarli, di sottrarli a mostri con gli stivali, in mano un foglio di carta con incollato sopra il loro presente, il loro dolore, la loro vita, e a volte a morirci, in quei nascondigli, dopo aver cercato invano di trovare ascolto da orecche e amore obbligati a partire pigiati a forza in un carro bestiame. Bambini costretti a diventare ladri di cibo e a prendersi cura della famiglia, a bucare muri e reti vere e strisciare nell’ombra, a scoprire con stupore l’esistenza di bambini “altri” rimasti bambini, coi loro lettini caldi, il loro cibo nutriente, i loro giochi, la loro serenità, le loro coccole. Strupore impotente e consapevolezza di una fatalità incomprensibile quanto orribile. Ci sono alcuni luoghi, sulla terra, dove quei bambini prima di essere mandati a morire hanno disegnato, cantato, scritto poesie che gli orchi e i loro fiancheggiatori hanno usato come scudi per la forma, non certo per la sostanza né per la coscienza. Ci sono alcuni luoghi, sulla terra, dove per quei bambini il presente si è fatto invivibile, si è fatto fame

Gerusalemme, il Museo dell’Olocausto

freddo lavoro torture e assenze, o si è subito fatto una porta stretta e pesante chiusa violentemente alle spalle, il viso della mamma sfigurato in smorfie spaventose, le sue mani tenere involontariamente diventate artigli, niente più aria da respirare prima di essere bruciati e diventare aria.. C’è un luogo, sulla terra, a Gerusalemme, dove hanno pensato ad un giardino di ulivi, con al centro una caverna buia, da attraversare in silenzio, a piccoli passi, seguendo un corrimano, il cuore appeso ad una fiammella, una sola, moltiplicata centinaia di migliaia di volte da una serie di specchi, e una voce, che ripete all’infinito dei nomi, nomi che avevano voglia per impa-

rare la vita, bocca per cantare canzoncine, piedini per correre nell’erba, occhi per sorridere, manine per costruire castelli di sabbia, nomi morti bambini. Non c’è nessun luogo, sulla terra, dove la ragione potrà accettare che tutto questo possa essere dimenticato, perché dopo aver fatto questo, la ragione umana non avrà più pace. Ci sono troppi luoghi, oggi, sulla terra, dove i bambini sono oggetto di sfruttamento consumistico, sessuale, violento, propagandistico, in nessun luogo, sulla terra, la coscienza può accettare che avvenga tutto questo, e finché non si porrà fine a tutto questo la coscienza umana non potrà aver pace.

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di Mauro MANCINI

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RAPALLIN

Quando i cognomi erano conosciuti solo all’anagrafe/11 ” pe Lisa”

”Ese e riëse” quanti fôui spampaggiae da-e oive de San Martin a-e vigne de Sant’ Ambrëuxo: fûmme d’ erbe secche ch’ ö se mesccia in çê a nûvie de lebeccio; de là in ta stansa cienti de vitta. Sön ö poae de ’na moae cön zà i cavelli gianchi che tanto a patisce pe däte ö tettin, ma quande a te parla e ti ti ghe rispöndi, ma quande a te rïe e ti ti ghe rïi, de vitta se gh’ impe ö chêu e cön ti a ritörna figgiêua.

” Essere e riessere” quanti falò sparsi/dagli olivi di San Martino/alle vigne di Sant’ Ambrogio:/ fumo d’erbe secche /che si mescola in cielo /a nuvole di libeccio; / di là nella stanza pianti di vita./ Sono il padre di una madre/che ha già i capelli bianchi/ e che tanto soffre / per allattarti, / ma quando ti parla / e tu le rispondi, / ma quando ti sorride/e tu le sorridi, /di vita le si riempie il cuore/ e con te ritorna bambina .

“Quarche sörvianömme di rapallin ” / 11 Giöanin da fisarmonica : Canessa di Costaguta. ö Sarpetta: Casagrande Guido, pescatore provetto. ö Franzin: Guido Rossit, parrucchiere in via Mazzini. ö Fiorin: Cò Fiore, vetraio, giocatore di calcio e pescatore da canna. ö Bacci: Giovanni Battista Ottonello, in famiglia di elettrotecnici. ö Tosca: Barni Alberto, marinaio di ’lungo corso’. ö Trömbetta: il capo-cantiere. e Sarte in sciô pönte: Angela e Maria Oneto, sorelle con la sartoria nelle vicinanze del Ponte della paglia (“ö Pönte da paggia” ) a S.Anna. ö Straggia-ballin: (spargi pallini), cacciatore. i Peccetti: (i pettirossi) famiglia in località Cerisola. i Sbraggiöin: (gli urlatori). Marchin ö postin: portalettere in Laggiaro. Sunta dö læte: Assunta, lattaia in Laggiaro. Danielin da canna: agricoltore in località Cerisola. Michelin ö spugna: Tomascin di brönzi: agricoltore. Michê ö bersagliere: viveva in località Cappelletta. Baicin de l’orto: ortolano all’inizio di via Betti. Luigitto,ö brenn-â da strâ nêuva: Luigi Canale, simpaticone, emporio di prodotti per agricoltori in corso Italia,anticamente “strâ nêuva”. Giuva de Costasecca: località sulle alture del “fössôu de Mönte”. Paölin da Rustissa: località sotto il santuario di Montallegro. Jole de Imbesen: carbonari in località del Monte Castello. Davide dö möin de cò: mulino all’inizio del torrente Tuja. Paolin de Crestusso: località nel torrente Tuja, ora via Comega. Ninno de Ciann-a lunga: agricoltore in località Piana-lunga. Gino dö rissêu lungo: segnale di mezzavia sul sentiero per Montallegro. Pippo dö Cillin: membro di una famiglia emigrata in Cile. Baicin dö bosco: il bosco in prossimità della stazione della funivia, l’attuale via Canessa. ö Scimmia: Del Favero Alfredo,da ragazzo sempre arrampicato sugli alberi.


COME ERAVAMO E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Bruno MANCINI

SPORT

Ciclismo, una grande passione “rapallina” L

e foto che qui pubblichiamo risalgono agli anni 1938/1950 e ritraggono due rapallini, appassionati di ciclismo. I nostri due concittadini sono Marino Benatti ed Erminio Ermenegildo, persone conosciute ed apprezzate dalla cittadinanza di allora per il loro modo di essere e per la grande passione che avevano per lo sport. Purtroppo, con l’inizio della seconda guerra mondiale, sono svanite le speranze di tanti giovani di potersi affermare nello sport preferito (ciclismo e calcio soprattutto).

Marino Benatti Nella categoria Dilettanti veniva considerato, all’epoca, un ottimo ciclista. Purtroppo, a causa di un gravissimo incidente stradale, (scontro frontale con uno dei pochi veicoli in circolazione) svanì per lui il sogno di poter confrontarsi con i grandi dell’epoca. Ma rimase sempre la persona conosciuta da tutti.

Erminio Ermenegildo, dopo aver frequentato le scuole elementari a Santa Maria del Campo, passa alle scuole medie dei Padri Somachi. Giovanissimo, si trova lontano dalla famiglia, a prestare il servizio militare prima in Africa e successivamente in Grecia. Muore giovane a 37 anni. Per la sua passione ciclistica negli anni successivi, in occasione della gara ciclistica MilanoRapallo viene istituito un premio a lui intitolato.

Erminio Ermenegildo con un amico inglese sulla piattaforma del Castello dei Sogni. Sullo sfondo, a destra l’albergo Verdi e sulla sinistra il Kursaal (sede della casa da gioco di Rapallo fino al 1928). Nella foto a destra, i due sportivi in via Avenaggi.

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CULTURA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Domenico PERTUSATI

“Nostro fratello Giuda” uesta affermazione può a prima vista stupire, se non addirittura scandalizzare. Mi rendo conto che per chiamare “fratello” chi ha compiuto un crimine così orribile ed irrepetibile occorre una buona dose di coraggio, considerate le reazioni che facilmente provoca e la inevitabile condanna di blasfemia da parte delle autorità ecclesiastiche. Dirò subito, a scopo liberatorio, che tale tesi è frutto del pensiero di un noto esponente del clero degli anni cinquanta, che si distinse non solo per l’originalità del suo messaggio, ma per l’impegno dimostrato nella sua missione sacerdotale. E soprattutto per il coraggio nel manifestare le proprie convinzioni. Si tratta di Don Primo Mazzolari (18901959) che venne definito “un parroco di frontiera”. Fu sempre guardato con sospetto per il suo coraggio e le sue aperture “preconciliari” in un periodo in cui il conformismo era una prassi dominante. Preti del genere erano pochi e tenuti piuttosto in disparte. Fu un parroco deciso e risoluto nel battersi a difesa dei diritti dei poveri, a lottare per sostenere i più deboli, a vivere fino in fondo il suo compito di pastore testimone fedele, non soltanto a parole, del messaggio evangelico. Attraverso il periodico di impegno cristiano “Adesso” che fondò nel 1949 espresse anticipazioni di alcune istanze dottrinali e soprattutto pastorali del Concilio Vaticano II. Il giornale venne sospesa dall’autorità ecclesiastica nel 1951. Soltanto negli ultimi anni della sua vita, quando si incominciava a respirare un’aria di cambiamento con l’avvento di Giovanni XXIII le sue idee trovarono accoglienza: venne riconosciuto come un testimone autentico del Vangelo.

UNA TESTIMONIANZA CORAGGIOSA “Nostro fratello Giuda” è la meditazione che don Mazzolari propose pubblicamente ai suoi parrocchiani la sera del giovedì santo del 1958. Nel leggerla rimasi molto sorpreso ed impressionato: il discorso era, per quei tempi, oltremodo coraggioso, forte e anticonformista. Ribaltava quanto da sempre era stato “autorevolmente” insegnato e da tutti i fedeli accettato senza riserve e obbiezioni: Giuda era il traditore per eccellenza, imperdonabile, destinato alla dannazione eterna senza “se” e senza “ma”. Doveva essere detestato sempre e da tutti. Ricordo di avere riletto più volte quella particolare “predica” tanto erano lo stupore e la convinzione che mi trasmetteva: un discorso audace, deciso, risoluto, denso di pietà e di compassione. Unico nel suo genere, tanto che nessun prete osò mai accennarlo o, ancor peggio, ripeterlo. Forse anche oggi non mancheranno “uomini di chiesa” che prenderanno le distanze ed esprimeranno il proprio deciso dissenso. Lo dico con tutta franchezza: sento che è di indubbia attualità. Per questo mi permetto citare alcuni brani che il lettore attento e aperto saprà recepire con attenzione, interrogando, a sua discrezione, la propria coscienza. PIETÀ E PERDONO “Povero Giuda. Che cosa gli sia passato nell’anima io non lo so. E’ uno dei personaggi più misteriosi che noi troviamo nella Passione del Signore. Non cercherò neanche di spiegarvelo, mi accontento di domandarvi un po’ di pietà per il nostro povero fratello Giuda. Non vergognatevi di assumere questa fratellanza. Io non me ne vergogno, perchè so quante volte ho tradito il Signore; e credo che nessuno di voi debba vergognarsi di lui”. Ecco l’ esame di coscienza che va fatto, senza reticenze e con umiltà. Io stesso che scrivo non dovrei vergognarmi di sentirmi fratello di Giuda: così pure quanti si riconoscono nelle riflessioni proposte. Non mancano certamente coloro che si sentono esenti da colpe e si offendono se equiparati a quell’apostolo tanto deprecato. Chi non ha mai tradito la propria coscienza? Chi non è venuto meno ai suoi Don Primo Mazzolari: “un parroco di frontiera” che precorse i tempi del Concilio Vati- doveri? Chi si è sempre comportato cano II incontrando ostilità e disprezzo. correttamente?

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Posso rispondere subito e con una certa sicurezza: “nessuno”. Neppure chi si trova in posizione di privilegio e di autorità in seno alla chiesa. Seneca aveva mille ragioni nell’ affermare: “Nessuno di noi è senza colpa”. Lo stesso Cristo quando si voleva lapidare la donna adultera proferì quella “sentenza” che sorprese tutti: “Chi è senza peccato, scagli per primo la pietra”. L’evangelista riferisce che ad uno ad uno tutti i presenti se ne andarono via, incominciando dai più anziani senza dubbio perché più carichi di colpe. (Giov.8,2-11) Ricoprire incarichi di prestigio, essere riveriti e osannati non esime dal rientrare con più attenzione nella propria coscienza e sentire tutto il peso delle mancanze personali. Ricordo che Siri quando venne eletto cardinale ebbe a dire durante i festeggiamenti che gli venivano tributati: “Quando si sale in alto si corre il rischio di mettere in luce a coloro che stanno sotto quei difetti che prima non si vedevano. Più uno sale più si espone...” Questa affermazione mi è rimasta particolarmente impressa proprio perché pronunciata da una personalità che conoscevo bene: era consapevole del proprio prestigio e della posizione privilegiata che ricopriva. L’UMILTÀ È VERITÀ Va detto che chi è pieno di sé e di autostima, non riconoscerà mai i propri errori. Ci vuole umiltà che - come si sa non è altro che verità. “Solo chi si umilia sarà esaltato.” Questo ammonimento del Divino Maestro si sente ripetere sovente dai predicatori, ma c’è da chiedersi: quante volte viene esemplarmente praticato? “L’angelismo” è un atteggiamento assurdo e inconcepibile. Pascal arrivò a sentenziare: “Chi vuol fare l’angelo, fa la bestia”. Mi permetto fare presente che taluni preti che predicano tanto, stigmatizzando il comportamento dei fedeli e si ergono a persone “virtuose”, purtroppo non si accorgono che perdono consensi ed entrano in contraddizione con se stessi. Dovrebbero tenere presente che i laici sanno giudicare. Anche coloro che frequentano abitualmente la chiesa e sono pertanto i più vicini, in cuor loro non approvano chi si vanta nel proclamarsi “ministro di Dio”, rappresentante di Cristo. Questo compito non comporta una “ele-

Giuda con un bacio tradisce il suo Maestro, che anche in quel momento così drammatico lo chiama: “amico” (Giotto - Cappella degli Scrovegni - Padova)

vazione” o una posizione di privilegio, ma al contrario maggior severità verso se stessi e grande apertura e compassione verso i più deboli. In verità molti fedeli conoscono le “magagne” dei loro “maestri” e notano la distanza del dire dal “fare”. I più generosi tacciono, altri che frequentano le sacrestie fanno pettegolezzi, altri si indignano, altri ancora, ed è peggio, mostrano indifferenza e apatia. Una conferma che “gli uomini della chiesa” non sono immuni e immacolati si può dedurre dalle parole di un vero sacerdote, esperto di morale cristiana: Alfonso Maria de’ Liguori. Nella sua profonda umiltà diceva sovente quando ascoltava i peccati dei fedeli: “Se il Signore non mi tenesse una mano sulla testa, io farei di peggio…”. E’ proprio vero: chi è “santo” non si sente migliore degli altri, non li disprezza, ma li ama come fratelli.… GIUDA AMICO DEL SIGNORE Non dimentichiamoci che Gesù ha chiamato Giuda: “Amico!” nel momento del suo tradimento. “Questa parola - commenta Mazzolari che vi dice l’infinita tenerezza della carità di Cristo, vi fa’ anche capire perché io l’ho chiamato in questo momento fratello. Aveva detto nel Cenacolo: non vi chiamerò servi, ma amici… Noi possiamo tradire l’amicizia del Cristo, Cristo non tradisce mai noi, i suoi amici; anche quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di lui, anche quando lo neghiamo: davanti ai suoi occhi e al suo cuore, noi siamo sempre gli amici del Signore. Giuda è un amico del Signore anche nel momento in cui, baciandolo, consumava il tradimento del maestro”. Seguendo il pensiero di don Mazzolari, non posso non pensare che coloro che chiamano “giuda” gli altri, sono essi stessi i primi traditori, perché tradiscono l’amore per il prossimo anche se colpevole e condannabile. Ma la con-


danna che gettano sugli altri si riversa su se stessi, in quanto mettono in evidenza la carenza di amore nel loro cuore, la mancanza di “compassione”. Compatire significa “patire insieme” perché tutti siamo sulla stessa barca, bisognosi di perdono e clemenza. Non si può non pensare a Giuda quando Cristo sta per essere condannato a morte. “Forse Lui non aveva immaginato che il suo tradimento arrivasse tanto lontano. Quando ha sentito il “crucifige”, quando lo ha visto percosso a morte nell’atrio di Pilato, il traditore trova un gesto, un grande gesto. Va dov’erano radunati i capi del popolo, quelli che l’avevano comperato, quelli da cui si era lasciato comperare. Ha in mano la borsa, prende i trenta denari, glieli butta: è il prezzo del sangue del Giusto”. Il danaro è sempre il grande tiranno che opprime le coscienze! DUE PATIBOLI: LA CROCE E L’ALBERO Mazzolari arriva a dire: “Un gesto (quello di Giuda) che denota una grandezza umana. Glieli butta là”. E fa notare: “Venerdì, il giorno dopo, ci sono due patiboli, c’è la croce di Cristo; c’è un albero, dove il traditore si è impiccato. Povero Giuda. Povero fratello nostro (…). Una croce e un albero di un impiccato. Dei chiodi e una corda…”. “Perdonatemi se questa sera vi ho por-

tato delle considerazioni dolorose, ma io voglio bene anche a Giuda, è mio fratello Giuda. Pregherò per lui anche questa sera, perché io non giudico, io non condanno; dovrei giudicare me, dovrei condannare me. Io non posso pensare che anche per Giuda la misericordia di Dio, questo abbraccio di carità, quella parola amico non abbia fatto strada nel suo povero cuore. E forse l’ultimo momento anche Giuda avrà sentito che il Signore gli voleva bene e lo riceveva tra i suoi di là. Forse il primo apostolo che vi è entrato insieme ai due ladroni. Un corteo che certamente pare non faccia onore al figliolo di Dio, come qualcheduno lo concepisce, ma che è una grandezza della sua misericordia”. GIUDA È DENTRO DI NOI Il finale è denso di commozione: “Lasciate che io pensi per un momento al Giuda che ho dentro di me, al Giuda che forse anche voi avete dentro. E lasciate che io domandi a Gesù che ci accetti come siamo, lasciate che io gli domandi, come grazia pasquale, di chiamarmi: Amico.” Questi pensieri erano lontani anni luce da quello che insegnava la Chiesa fino a quel tempo. Nessun prete osò tanto. Il pericolo di essere condannato e punito era reale. Anche oggi non mancano presbiteri che respingono l’idea di una “fratellanza” con Giuda. Sarebbe una vergogna orribile e

inaccettabile, contraria a quella formazione ricevuta in Seminario che li fa sentire “diversi” e privilegiati. Non sono disposti neppure lontanamente ad accettare una tale umiliazione, anche se continuano a predicare dall’alto della loro cattedra che “Cristo umiliò se stesso fino alla morte e alla morte di croce” (Cfr. Filippesi 2,8) . D. Mazzolari ebbe il coraggio del dialogo e del confronto, ripreso e promosso dal Concilio Ecumenico Vaticano II (19621965). Ho ricordato che con Papa Giovanni XXIII le idee di Don Mazzolari trovarono accoglienza. Il 5 febbraio 1959, due mesi prima della sua morte, venne ricevuto in Vaticano: il Papa “buono” lo ripagò di tutte le sofferenze patite arrivando a chiamarlo: “la tromba dello Spirito Santo in terra mantovana.” Vorrei concludere ricordando un pensiero che focalizza la personalità di questo prete , unico nel suo genere: “Cattolico non vuol dire che uno rinunci a pensare con la propria testa, là dove l’uso della ragione è un dovere dell’uomo, rispettato e consigliato dalla religione”. (Cfr. Enciclica di Giovanni Paolo II: “Fides et ratio”) E’ vicina la settimana di Pasqua: Giuda verrà ricordato per il suo tradimento. Non sarebbe il caso di dichiarare con chia-

Giovanni XXIII, il Papa “buono”, sentì il dovere di esprimere stima e apprezzamento per il prete mantovano, definendolo “tromba dello Spirito Santo”.

rezza e semplicità che è fratello di chi fa parte della comunità ecclesiale? A dire il vero, i traditori come Giuda non potrebbero logicamente trovarsi “fuori”, ma soltanto “dentro” la chiesa. Si può escludere che corra questo rischio anche chi “troneggia” e tuona dal presbiterio? Non si dimentichi mai il detto latino: “Verba volant: exempla trahunt”, vale a dire “le parole volano via, solo gli esempi trascinano e convincono”.

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EVENTI E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Ilaria NIDASIO

DON VALENTINO

Un bacio infreddolito per un amore eterno I GIRI DI Rapallo è ale unenTatingono CHIGLIA D....lon è com a vita V

l Mare è riuscito in quella che rischiava di diventare un'impresa titanica: trovare uno spazio nell'agenda, fittissima di appuntamenti, di Elisabetta Lai per fare una chiacchierata in cui si sono toccati diversi punti: il primo, naturalmente, riguarda il resoconto dei più recenti tra i tanti appuntamenti organizzati dall'Ascom: Don Valentino e lo Sbarazzo. «Il nostro S.Valentino in salsa argentina ha avuto un buon successo, soprattutto se si consi- derano le avverse condizioni meteo, che ci hanno costretto a spostare la festa dal lungomare, dove avevamo pensato di allestirla, all'Auditorium delle Clarisse. Nonostante questo cambio di programma l'evento è stato seguito con passione e alcune manifestazioni, soprattutto lo spettacolo di tango del maestro Herrera, ha attirato centinaia di persone: addirittura, chi non è riuscito a trovare posto alle Clarisse ha seguito le mosse dei tangueri tramite il maxi-schermo installato all'esterno». Anche lo Sbarazzo, conferma il presidente Ascom, ha portato i risultati sperati: «anche in questo caso abbiamo dovuto fare i conti con il maltempo, scegliendo di posticiparlo di una settimana rispetto alla data precedentemente

stabilita – commenta la Lai -. D'altronde quello legato al meteo è un rischio che inevitabilmente si corre quando si cerca di avviare un percorso di destagionalizzazione, che passa proprio attraverso la valorizzazione dei periodi turisticamente più avversi. Ora che abbiamo quasi lasciato alle spalle la brutta stagione non ci resta che organizzare i prossimi appuntamenti: Cartoons on the Bay e l'inedito Green Carpet, di cui per ora preferisco non parlare, lasciando un po' di suspense intorno a questo evento di inizio estate». Non conosce soste, il “mestiere” di presidente Ascom: e allora, quali sono i consigli che si possono dare al neoeletto Massimiliano Zanasi, da pochi giorni a capo dell'associazione commercianti della vicina Santa Margherita? «Più che dare un consiglio, preferisco prepararlo a ciò a cui andrà incontro: quando si ricopre questo ruolo bisogna avere ben chiaro che non si tratta di un gioco. Piuttosto, la definirei un'avventura: bellissima, ma molto impegnativa. Servono tante energie e tanto tempo per potersi dedicare a tutto: e molto spesso,

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per farlo, si è costretti a rinunciare ai propri spazi privati. Sono molto fiduciosa e credo che il nuovo direttivo possa dare molto a “Santa”: si tratta di una squadra giovane, con tanta voglia di fare. Non posso che fare loro un grandissimo “in bocca al lupo” e tra pochi giorni lo farò personalmente al mio nuovo collega». E, visto che la voglia di fare proprio non sembra mancare ad Elisabetta Lai, sorge, quasi spontanea, la domanda che riguarda una sua possibile (e vociferata) candidatura: domanda che fa sorridere il presidente Ascom, che prontamente risponde: «Possiamo dirlo a chiare lettere: no, la Lai non ha intenzione di candidarsi al consiglio comunale». Forse allora il suo ingresso in politica potrebbe essere in punta di piedi, limitandosi ad appoggiare una delle forze in competizione? «Diciamo che non mi candiderò al consiglio comunale. Punto, non aggiungiamo altro...». Un punto che vale più di molte parole...

Come avevamo anticipato in tempi non sospetti il “ciclone Lai” ha scatenato gli appetiti dei diversi partiti e delle variegate liste civiche che stanno sgomitando in vista delle prossime amministrative. La “zarina” che guida con successo l’Ascom continua a negare con forza una sua entrata nell’arengo o, meglio, nel tritacarne della politica locale. E fa bene a guardarsi dai vari consigliori di turno che l’hanno contattata a più riprese perché il rischio di bruciarsi è dietro l’angolo. Riuscirà Elisabetta Lai a starne fuori? Alla fine cederà alle pressioni? Ai posteri l’ardua sentenza anche perché qualcuno in vista delle ormai prossime amministrative le ha addirittura proposto, in caso di vittoria s’intende, un assessorato. Staremo a vedere.

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ANNI SETTANTA

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di Silvana GAMBÈRI GALLO

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

AMARCORD

MONOPOLY! (ma con la “Y” di York) D urante le vacanze natalizie, in concomitanza a qualche replica televisiva obsoleta, mi sono imbattuta in un nemico infido e pragmatico, di volta in volta esibito con un nome in codice: scarpa, ditale, ferro, giusto per andare a memoria. E contro il quale ho lanciato dadi virtuali per accaparrarmi stazioni ferroviarie e lussuosi quartieri cittadini, tipo l’ambito “Parco della Vittoria”. Indovinato? Esatto, ho ceduto alla tentazione computerizzata e sfidato il PC a Monopoly (con la Y di York), versione digitale della mitica scatola in cartone, inevitabile in ogni famiglia anni Sessanta. La metamorfosi è gradevole e ben curata: ascolto il rullare dei dadi sul tavolo e la sirena se finisco in prigione, didascalie puntuali mi aggiornano sullo svolgimento della contesa. Però… C’è sempre un “però” in chi ha vissuto altri lustri, e nella fattispecie rimpiango un po’ – solita brontolona… – almeno due o tre cosette. Intanto, tutti gli immobili in legno (casette verdi, alberghi rossi) che solo a disporli sui “tuoi” beni – gustandone il piacere – erano già uno sberleffo all’avversario. Ma, soprattutto, il fruscio delle banconote rosa, azzurre, verdi, arancio; che

a gioco nuovo crocchiavano pure, finché sudore e usura avevano la meglio. Non ultimo, qualche indicatore: ricordo la mia ostinazione per conquistare il funghetto, persuasa – senza se e senza ma – che l’amanita falloide (puntini bianchi su fondo scarlatto) mi avrebbe guidata alla vittoria. Di questo e di altro, di LP dei “Giganti” e di canzoni dei “New Trolls” (Signore, io sono Irish, quello che non ha la bicicletta – un mito, fra gli autori De André) ho parlato tempo fa con l’ amico Riccardo, dentista con trapano e side-car. O meglio, era lui a ricordare: perché io, con cannula in bocca e un tampone incastrato nel labbro, potevo solo mimare o assentire; ineguagliabile opportunità di un mio silenzio. E così ho reclutato un altro nostalgico, sarà che l’ultimo compleanno ha bloccato entrambi ad un numero palindromo (due cinque accostati) col quale è impossibile fare giochi di specchi. Ogni tanto, la matematica supera la fantasia. Mentre vibrazioni sempre più energiche e raccapriccianti tuonavano nella mia arcata superiore, ecco nuove memorie, pensieri stupendi e orgogliosi di chi ha già insabbiato il mezzo secolo. Ricordate le “vine-

rie”? Esposizioni di bottiglie sui soppalchi, odore di mosto concentrato, servizi alternativi come le bombole del gas o il carbon coke per le stufe in coccio o ghisa. Un mio zio, immigrato dal Piemonte, ne gestiva una nella zona a monte di Via Betti, coadiuvato dalla figlia: lei al bancone e alla cassa, lui al furgoncino delle consegne. Locale piccolo e male illuminato, qualche lampadina appesa al filo da usarsi proprio se il sole tramontava. Eppure girava, perché il mondo girava in quel senso, con le piccole botteghe sotto casa, e vinerie lontane dall’offrire gli “happy hour”. E forse è stato proprio lì, in qualche posto analogo, che tanti di noi hanno espugnato la “gazzosa con la biglia” (pallina di vetro che chiudeva

la bottiglietta in virtù della pressione), richiesto spume alla sanguinella (leggi arancia rossa, no vampirismo) o cedrate e chinotti, orzate e tamarindi, latte di mandorla. Tutte bevande dalle calorie iperboliche, ma non sballavano e non davano assuefazione. Pian piano, gradualmente, la maggior parte di queste cose si è dissolta in silenzio o ha cercato un nuovo look con fattezze più attuali. Come il Monopoli, che adesso termina con la “Y” di York, echeggia la sirena quando vai in galera e si presenta con la boria del cervellone in megabyte. Ma stia tranquillo che, allora come ora, mi terrò stretto il “Parco della Vittoria”; e al momento giusto costruirò a più non posso. Magari una city. Con la “Y” di York.

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CULTURA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Renzo BAGNASCO

CONGRESSI

Convegno sui presepi: un’occasione perduta N

on possiamo non dare risalto ad una occasione mancata. Ancora una volta ci si chiede: come mai, almeno da noi, succedono queste cose. Forse la risposta sta nel fatto che manchiamo di chi sappia profittare delle poche occasioni che coniugano cultura e turismo, a tutto favore di Rapallo. O, forse, perché non c’è più l’indispensabile specifica figura, responsabile di questo importante Assessorato. Oggi si “naviga”… ad interim o, se preferite, a vista. Negli anni sessanta, tutti, Sindaco in testa, avevano capito il valore che rivestiva la Cultura che, a sua volta e di rimando, mantenne accesi i riflettori sulla città. Diedero spazio, coccolandoli, ad uomini di valore che all’epoca erano fra noi e, alimentandone il mito, quelli attirarono a loro volta amici ed estimatori facendo dilagare il nome di Rapallo in tutta Europa. Chi faticosamente si fa una cultura personale, non grava per un centesimo sulla comunità: a sudare le proverbiali sette camicie, è solo lui. Ma quando fra noi esiste qualcuno che se l’è fatta, un’Amministrazione sensibile, farà sì che tutta la città, riconoscendola e valorizzandola, possa goderne della “risonanza”. Questo, in quegli anni, capitò anche a noi. Fu talmente presente che oggigiorno, grazie alla potente scia di quell’eco, Rapallo, al di là dell’Appennino, è ancora ricordata. E pensare che personaggi capaci di attrarre e dar vita a possibili occasioni, anche se non così eclatanti, vivono ancora fra noi, ma vengono sistematicamente ignorati. Oggi quel che resta di quella eredità, irrimediabilmente immiserita, è data in gestione a discutibili e modesti personaggi, ormai a “fine carriera”: unica condizione è che siano però ossequiosi al potere. Dopo quello sprazzo di sole, dagli anni settanta in poi è stato tutto un susse-

guirsi di cumulo-nembi: la rapallizzazione, brutto termine, bandito ma che ancor oggi però cova sotto la cenere, nacque per indicare l’era dei vari Sindaci-edili. Da allora stiamo sempre più sdrucciolando verso un’asfissiante e ottundente ignoranza. E il turismo è il primo a soffrirne; di quello vero stiamo parlando, non dell’ovvia presenza degli occupanti le seconde case, continuamente conteggiati come “turisti”. Tutto questo ci porta ad evidenziare il nostro attuale stato di immobilismo rispetto agli eventi mondiali dei quali, almeno uno, forse con Amministratori più abili, avremmo potuto ospitare. E’ di questi giorni la notizia che ai professionisti di Cividino-Quintano di Bergamo, che avevano realizzate da noi le prime due Mostre dei Presepi, mentre la terza, ancorché programmata, è stata poi cassata senza neppure informarli, sono stati investiti dalla Federazione Mondiale di un prestigioso compito: organizzare e coordinare, dal 19 al 25 Ottobre del 2016, il “XX Congresso Internazionale UN.FOE.PRAE”, ovvero il Congresso Mondiale dei Presepi. Non può non venire alla mente il Salmo 118, versetti 22-23 che recitano: “La pietra scartata dai costruttori, è diventata pietra angolare”. Non pensando al bene turistico, commerciale e culturale di Rapallo, i nostri Amministratori li scartarono e pure in malo modo. Non va neppure dimenticato che, in subordine, ogni anno si tiene, in siti differenti, il Convegno Nazionale dell’Associazione Italiana Amici del Presepio, al quale partecipano Soci provenienti da ogni Regione e anche dall’estero. Quante volte ci sarebbe “spettato”, nel turnover, di averli fra noi? Se non è turismo questo. “Quelli”, visto come li abbiamo trattati, non potevano che organizzarselo nella loro Bergamo mentre i nostri commercianti, finalmente vivi, per attirare un po’

di gente, devono “inventarsi e accollarsi,” il “mercatino di Natale” in passeggiata, proprio sotto il Castello. Pensate quale sinergia ci sarebbe stata se, in contemporanea, si fosse organizzata anche la Mostra dei Presepi. Se ripetuta ogni anno, e sempre nel Castello, sarebbe divenuta appuntamento abituale attirando quantità di appassionati, così come è documentato quando furono organizzate. C’è da mordersi le dita a pensare che l’ultimo loro “Congresso Mondiale” assegnato all’Italia, lo tennero proprio a

Rapallo, nel 1988: labile memoria di chi ci dovrebbe guidare! Grazie alla nostra “pochezza da pianerottolo”, se ci fossimo comportati meglio, lo avrebbero certamente riorganizzato qui perché a Ottobre Rapallo è “pur sempre Rapallo” e, molti dei giovani che vennero a quel Mondiale, sarebbero oggi tornati volentieri, piuttosto che affrontare le brume bergamasche. Conoscendo un po’ l’abito mentale di quei Congressisti, la Casa della Gioventù appena appena attrezzata o le Clarisse, sarebbero andate benissimo per tutti gli incontri e il Castello e Villa Queirolo, le sedi espositive ideali per far loro visitare la città e scoprirla. Gli alberghi poi, in stagione morta, avrebbero potuto accoglierli tutti.

Sfogliando il programma del prossimo XX Congresso, oggi già pronto come usano fare per tempo le persone serie per assicurarne il successo, vediamo, in concreto, cosa ci siamo persi. Mi rivolgo agli albergatori, ristoratori, commercianti e organizzatori turistici: Il programma approvato per quel Congresso Mondiale, che si protrarrà per sette giorni, prevede ben 6 cene libere per i numerosissimi presenti e relative famiglie. Per tutti i partecipanti invece sono previsti: 1 buffet, 5 pranzi convenzionati, 1 cena di gala, 8 gite-visite con bus e 7 pernottamenti, con tutto l’indotto che così tante presenze comportano. Credo ce ne sia abbastanza per “imbufalirsi”, proprio ora che i commercianti, vivaddio, si stanno muovendo.

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VIAGGI E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Vinicio TEMPERINI

CURIOSITÀ

Traffico “creativo” nel Golfo di Oman orrei fare qualche commento tra appassionati di mare e trasporti marittimi su un particolare momento di quei trasporti che attiene all’efficienza e redditività. Prenderò come esempio il Golfo Persico ma sia chiaro che questo metodo é utilizzato da sempre in ogni angolo del globo ed il principio su cui si basa è utilizzato – in misura minore –anche per trasporti aerei e terrestri. Viene chiamato “Feeder system”, La parola inglese Feeder (da feeding) in italiano significa “alimentatore, raccordatore, affluente”. Vediamolo un po’ nel dettaglio. Carichi, materiali, macchinari destinati all’Iran, Iraq, Kuwait ed altre zone del Golfo Persico non sempre sono trasportati da navi facenti scalo in quei Paesi ma solo in Porti intermedi attrezzati e più vicini possibile.. Specialmente quando si ha un carico non sufficiente a giustificare lo scalo diretto. Esempio dai 50 (o meno) ai 500 Containers. Passato lo Stretto di Hormuz i tempi di transito,attracco, sbarco, consegna sono sovente piuttosto lunghi per varie ragioni locali e generali. Ecco allora intervenire il “Feeder System” . Questo metodo che è quanto di più razionale e moderno – nel senso che è la risposta coerente ai problemi attuali in quel momento – in realtà ha radici culturali antiche ed interessanti. Un esempio, tra quanti ce ne sarebbero…, . La favolosa Compagnia delle Indie (British East India Company) nata nel 1600, incorporando poi nel 1700 le equivalenti Compagnie francesi ed olandesi. Per dare un’idea della sua importanza - a prescindere dall’aver praticamente creato questo tipo di trasporto - ricordiamo che furono suoi Funzionari e Membri a fondare Hong Kong e Singapore. Furono loro ad ingaggiare il leggendario Capt.Kidd per combattere la pirateria. (Parentesi : Ce ne vorrebbe uno oggi nei mari del

Sudan…..). Loro ad industrializzare il te in India e poi a diffonderlo. Sempre loro e le loro gabelle tra i maggiori responsabili dello storico “Boston tea Party “ origine della guerra d’indipendenza USA. La Compagnia aveva importanti opere in corso in tutto il mondo anche in Paesi dove non esistevano Porti praticabili ai necessari livelli (pescaggio, tecnica, organizzazione, mano d’opera). Una ferrea regola economica del Settore Marittimo impone che tutti gli elementi componenti un trasporto unitario siano assemblati, riuniti il più possibile prima di tutto per motivi di costo del trasporto ma anche per sicurezza, puntualità, organizzazione. Ed ecco il nostro “Feeding”. Le Compagnie ancor oggi in questi casi imbarcano tutto su una nave che vada a sbarcare nel Porto valido più vicino possibile alla destinazione finale. Da lì mezzi più piccoli – localmente operativi se necessario con chiatte provvederanno alla consegna definitiva. Questo è solo un esempio che naturalmente non vuol dire che le Compagnie di Navigazione , Importatori, Agenti Marittimi e Doganali, Assistenti Tecnici etc abbiano necessità di corsi culturali per la bisogna…La tradizione ha fatto il suo dovere e bene ma io sostengo che la tradizione in realtà è indiscutibilmente solida, concreta cultura. Andando nel particolare, citerei come evidenza della essenziale utilità del “Feeder System” gli avvenimenti politici , sociali dell’Iran nel 1977 / 78. Si stava costruendo ed allestendo l’importantissimo Impianto – non solo petrolifero – di Bandar Abbas. Anche molte altre grandi opere erano in corso nel Golfo Persico in quel periodo come l’elettrificazione di tutto l’Iran (opera di italiani) – il completamento e l’ingrandimento dei preziosi impianti di desalinizzazione in Kuwait ed Al Bahrayn – in-

Dubai/Rashid- Centro organizzativo nomade SU BARGE (CHIATTA) con eliporto

Porto e città Dubai

V

Porto di Dubai / Rashid

terventi nel Porto di Basrah (Iraq) ed altre. In questi casi le navi di linea ,con carichi grossi e remunerativi, non potevano e non volevano avventurarsi in acque e porti al momento poco affidabili , Kuwait, Basrah (Iraq), Bahrayn. Alcuni addirittura chiusi come Bandar Abbas, Bandar Bushir (oggi Bandar Khomeini) in Iran. Per dare un’idea attuale, proprio in questi giorni si teme un blocco totale dello Stretto di Hormuz per motivi di politica internazionale. Dubai / Rashid, Ras al Khaimah – oggi direi scali d’ avanguardia – già offrivano servizi portuali eccellenti. Puntuali, affidabili, veloci, sicuri con un’ottima rete di Compagnie locali attrezzate con i mezzi appropriati per la distribuzione (…..ecco il “feeding”) ai vari porti anche con solide ed attrezzate chiatte o pontoni. Quasi tutti mezzi “Autosufficienti” per assicurare in ogni caso imbarchi / sbarchi rapidi e sicuri. Le Imprese titolari del carico (le più importanti del mondo in maggior parte italiane) spesso avevano già negoziato ed accordato noli e spese ma quando dovevano far fronte a qualche imprevisto trovavano negli Emirati Arabi ottima collaborazione tecnica ed operativa per risolvere i problemi con facilità e prontezza. La presenza italiana ed inglese in questo aspetto particolare è stata senza dubbio massiccia ed esemplare. Ne sono personalmente testimone…… Consentitemi qualche digressione… umana. Dubai era, già in allora, un gioiello anche se praticamente sconosciuto. Clima ottimo, spiagge bellissime. Mare molto “gentile” . Essendo in un punto protetto del già tranquillo Golfo Persico fuori dalla fe-

roce “onda atlantica”che è nemica di tutti bagnanti “normali” si ha un po’ l’effetto piscina che ha spesso il nostro insuperabile Golfo Tigullio. Alberghi dall’ottimo al Super Lusso. Cibo e ristoranti internazionali. Una discreta libertà per le abitudini e costumi occidentali. Prezzi ragionevolmente accettabili. Popolazione particolare essendo composta all’80 % da diverse origini (Egitto, Iran, Iraq, Sudan, Pakistan etc) che hanno dato vita ad una società in grande maggioranza cortese e pronta alla massima collaborazione. Colleghi Jugoslavi del nostro Gruppo di Lavoro – il buon procedimento del processo di Feeding per i grossi lavori in corso era nostra responsabilità – documentarono in Patria tutta la vocazione ad un ottimo turismo degli Emirati Arabi. La Jugoslavia, anche guidando grossi Gruppi Internazionali di Investimento, ha contribuito moltissimo a creare un Turismo d’Elite negli Emirati dove ora il livello va dall’ottimo al…favoloso anche se i prezzi hanno avuto logicamente un certo adeguamento. Consideriamo che Dubai, Ras al Khaimah, Kuwait, sempre considerando la loro posizione geografica, non hanno grossi problemi d’acqua potabile e/o agricola avendo, come già visto, oltre a qualche disponibilità “sorgiva”, importanti e moderni impianti per desalinare l’acqua di mare. Kuwait City ha anche una piccola fonte di acqua fresca in un parco accanto alla città. Stabilito il mio dovuto, totale e spontaneo apprezzamento per la bellezza dei luoghi e la piacevolezza delle genti che ho visto e vedo in giro per il mondo lasciatemi…… cantare ancora una volta un ode e… una prece al nostro mare, al nostro cielo, al nostro Tigullio. Amen.


LIBRI

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di Emilio CARTA

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

CULTURA

Il Giustiziere di Narvik Carlo Gatti col suo nuovo romanzo ambientato nel gelido nord Europa durante l’ultima guerra mondiale, prende spunto da un episodio reale. Tra i personaggi centrali anche una poiana micidiale e irriverente

Copertina di Davide Donati

l ferro svedese e il suo porto d’imbarco Narvik (Nord Norvegia) che non ghiaccia mai, sono gli obiettivi principali di Hitler e degli Alleati. In questa corsa a cronometro, il Terzo Reich precede tutti di 24 ore. E’ guerra! Nell’Ofotfjorden che conduce al porto minerale norvegese, affondano in pochi giorni ben 35 navi, civili e militari. E’ l’alba del 9 aprile 1940. Bjørn, il gigantesco comandante del potente rimorchiatore Val, insieme al suo primo ufficiale Waldemar, assistono increduli al siluramento degli ultimi due antiquati corazzati costieri “Eidsvold” e “Norge” davanti alle banchine del porto di Narvik. Di fronte a tanta ferocia, scatta nei due giovani un sentimento di odio e di vendetta che li porterà ad affrontare situazioni belliche “estreme”. Il romanzo prende avvio da questo episodio di storia vera, per poi addentrarsi nella leggenda, seguendo un viaggio dalla meta sempre incerta e dagli scenari

I

da Mario

continuamente mutevoli. E’ la storia della fuga avventurosa da un nemico spietato, efficiente, che non dà tregua; è il racconto dell’evasione da una cruda realtà alla ricerca del riscatto e della giustizia. La trama, senza allontanarsi troppo dalla verità storica, procede lungo un frizzante borderline tra realtà e fantasia, tra personaggi veri e inventati che sono sempre credibili perchè accarezzano, con la loro straordinaria umanità, l’idea di una rappresentazione reale e sempre attuale. I singolari protagonisti del libro non sanno e non vogliono usare armi da fuoco perchè in contraddizione con la loro etica morale e religiosa, ma nel tempo escogitano altri mezzi ai quali si affidano nei momenti di pericolo. Dalla descrizione di certe scene cruente, che non sono mai improntate alla violenza gratuita, emergono l’intelligenza tattica e la forza fisica di Bjørn, l’astuzia e il sesto senso del muto e “quasi” nano Walde-

Trattoria a Rapallo dal 1 9 6 3

mar e, soprattutto, lo splendore di Lyla (la poiana di Harris), il rapace da loro addestrato che spesso si rivela l’arma più affidabile. Diversa, ma di grande fascino, è Anne-Sofje, la fidanzata ritrovata di Bjørn. Una donna dal contrastante carattere dolce e autoritario, che rivela d’essere uno dei quattro capi della Resistenza Norvegese. Dopo una serie incredibile di brutali “azioni” ai danni degli invasori, il quartetto è costretto alla fuga via mare a bordo di un Colin Archer. Sangue freddo, astuzia, coraggio, amor patrio e una straordinaria perizia nautica, emergono dai continui scontri con le motosiluranti tedesche in agguato. Un altro protagonista, che aleggia come un magico spirito dall’inizio alla fine del romanzo, è l’imponente carmelitano Brunone, frate guardiano di una piccola comunità di religiosi che vive in un faroMonastero appollaiato su un minuscolo scoglio solitario delle isole Shetland. Que-

sto carismatico uomo di Dio che nasconde, tuttavia, alcuni scheletri nell’armadio, sarà la guida spirituale, e non solo..., di tutti i protagonisti, essendo anch’egli coinvolto come “informatore” della Resistenza Norvegese. I colpi di scena si susseguono incessantemente e quando il romanzo si chiude lascia un profondo senso di simpatia verso questi ragazzi che sono stati capaci di coinvolgerci e renderci addirittura loro complici. Bjørn e Waldemar s’identificano in quel mitico personaggio che tutti conosciamo: l’Ulisse che sta dentro di noi. La navigazione a vela, l’avventura, la vendetta, persino le armi e le strategie usate ricordano il tempo e il mondo dell’eroe omerico. Per la verità, non vi è stata alcuna “premeditazione” epica da parte dell’autore che, da “combattente dei mari”, ha messo nel romanzo, inconsciamente, gran parte della sua dura vita vissuta.

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SPECIALE “NAUFRAGI” E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Claudio MOLFINO

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ARTE

Pieter Mulier il giovane detto “Il Tempesta” “F

u questo pittore di nascita..... e figlio d'uno mercadante. Venne egli a Roma e da Roma, con dispiacere del duca di Bracciano che il proteggea, venne a Genova per sua mala sorte. Mala sorte dissi, perché invaghitosi qui d'una locandiera presso la quale alcun tempo avea alloggiato, né sapendo come conseguirla essendo egli in Roma ammogliato, pensò di far uccidere la moglie e così conseguire il suo fine. ...” Carlo Giuseppe Ratti. Storia de' pittori scultori et architetti liguri e de' forestieri che in Genova operarono secondo il manoscritto del 1762.

Il naufragio del Giglio con il conseguente clamore mediatico, e lo stuolo di esperti, meno esperti e ciarlatani che abbiamo visto avvicendarsi su tutte le reti televisive a raccontarci le più improbabili ipotese che possono aver indotto il comandante della Concordia a quella scellerata manovra, hanno convinto gran parte degli spettatori che un naufragio sottocosta sia un evento eccezionale e quasi senza precedenti nella storia. I naufragi sono vecchi come la navigazione è ovvio e la maggior parte di essi si è consumato nei pressi della costa per le cause più disparate: maltempo e fortunali, errori di rotta ed imperizia del comandate, fino veri e propri atti dolosi da parte di popolazioni rivierasche che con false segnalazioni inducevano il naufragio per poter rubare il carico. Il naufragio per la sua spettacolarità è stato anche ampliamente rappresentato e un pittore che eccelse in questo genere fu l’olandese Pieter Mulier il giovane, tanto bravo nel rappresentare fortunali e mareggiate da meritare il sopranome di “Tempesta”. La cosa sorprendente leggendo la biografia de’ “Il Tempesta” è il parallelismo che si potrebbe tracciare tra le vicende che hanno sconvolto la sua vita all’apice della carriera e quelle che molto più recentemente hanno coinvolto il comandante della Costa Concordia, Francesco Schettino. Nato ad Haarlem (Olanda) nel 1637, il Tempesta ebbe come primo maestro il padre, ma apprese i primi rudimenti della

Jan Theunisz Blanckerhoff, Navi olandesi in vista del porto di Genova

Pieter Mulier detto “Il Tempesta”, Tempesta in mare

pittura di paesaggio ad Anversa, dove si era trasferito nel 1655. L’anno successivo, come avveniva per molti artisti suoi conterranei, decise di recarsi in Italia, a Roma, dove lavorò per i Duchi di Bracciano, il principe Colonna, il cardinale Gilberto Borromeo, Aloisio Omodei e per la famiglia Doria Pamphilj. Il soprannome "Tempesta" compare per la prima volta su un disegno del 1659 e con esso venne ascritto alla locale “Guida dei pittori olandesi”. In quegli stessi anni l’artista entrò in contatto con un grande maestro che avrebbe avuto un'influenza decisiva sulla sua vita: Corneli De Wael, il grande pittore di marine e battaglie che aveva soggiornato a Genova per quarant’anni per poi trasferirsi a Roma. Alla base della decisione del Tempesta di compiere, nel 1668, lo stesso percorso, ma a ritroso, ci fu probabilmente la consapevolezza che a Genova, dopo la partenza del De Wael, non era rimasto alcun pittore di marine di talento. Ma la ragione di fondo era probabilmente più grave: la gelosia nei confronti della moglie, che aveva fama di essere una donna di facili costumi, al limite della prostituzione. Questo sentimento, covato per anni, aveva finito per causargli seri problemi di salute minando il suo equilibrio nervoso. Per qualche tempo il Mulier visse nel monastero di San Giacomo a Carignano, poi si trasferì in centro, a più stretto contatto con i suoi datori di lavoro, fra cui i Doria e i Brignole Sale. Nel frattempo trovò il modo di innamorarsi di Anna Eleonora Beltrami, una gentildonna torinese abbandonata dal marito. Nello stesso anno però mandò a chiamare la moglie legittima, rimasta a Roma con i figli, la quale nel frattempo, aveva par-

Pieter Mulier detto “Il Tempesta”, Burrasca con navi olandesi

torito altri tre bambini, evidentemente nati da relazioni extraconiugali. Durante il viaggio Lucia venne assassinata nei pressi di Sarzana, nel territorio del Ducato di Massa, da due sicari prezzolati: Angelo Luigi di Valle Rustica, un soldato di ventura corso, e Massimiliano Capurro, un adolescente genovese. Il Tempesta venne arrestato il 13 gennaio 1676 come mandante dell'omicidio. Il processo si svolse il nel gennaio del 1679 ed il pittore, riconosciuto colpevole, fu condannato a vent'anni di prigione, nonostante la strenua difesa dell’avvocato milanese Giovanni della Torre, uomo di fiducia del conte Borromeo. Nello stesso anno, benché recluso, il Tempesta sposò la donna amata. Durante il periodo di detenzione, continuò a lavorare alacremente, realizzando una grande quantità di opere per il patriziato genovese. Per consentirgli di lavorare con tranquillità, gli venne assegnato un atelier di ec-

cezione; il vano della campana nella Torre del Popolo di Palazzo Ducale, da cui poteva godere una magnifica vista sulla città e sul porto. Alcuni dei suoi quadri migliori appartengono proprio a questo periodo, anche se da essi traspare il tormento per la detenzione e per il progressivo calo della vista. Per sua fortuna gli amici milanesi non lo abbandonarono e dopo anni di trattative ad alto livello, condotte dal conte Borromeo e dal governatore spagnolo di Milano, il Tempesta venne dichiarato innocente e scarcerato il 15 ottobre 1684. Da Genova si trasferì a Milano, dove, dopo aver lavorato anche in Veneto, morì il 29 giugno 1701. Un vecchio detto recita che le donne a bordo portino sfortuna, evidentemente anche in quei tempi lontani il barcamenarsi tra mogli, amanti, passione e gelosia non portava proprio bene anche a chi il mare lo frequentava solo con la fantasia e lo solcava a colpi di pennello.


CINEMA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Renato VENTURELLI

CIAK

I MIGLIORI FILM DEL 2011

Sintesi della conferenza tenuta dal critico cinematografico di “La Repubblica” di Genova presso la Biblioteca Internazionale di Rapallo il 21 gennaio 2012 er molti è stato l’anno delle Apocalissi, dei film catastrofici d’autore, della Grande Caduta dell’Occidente raccontata sullo schermo. Per gli italiani, è stato l’anno delle trionfali rivincite al box-office, ma anche quello dell’inevitabile delusione per una commedia che si credeva “nuova” e invece si è subito confermata già vecchia e spompata. E per buona parte di noi è stato soprattutto un anno ricco di buoni e ottimi film, al punto da volerne ricordare il maggior numero possibile in questo bilancio traboccante di titoli e autori. Cominciando come sempre dall’animazione, subito qualche titolo d’assaggio da mettere accanto all’estroso e compiaciuto Rango: * Arrietty, perché per interposto regista ripropone lo sguardo incantato sul mondo di Hayao Miyazaki e del suo Studio Ghibli; * Le avventure di Tintin, dove Spielberg usa il sistema “zemeckisiano” del performance capture per ritrovare – soprattutto nella prima parte – una gioia pionieristica del raccontare per immagini. Tra i film che stanno classicamente nel solco del “genere”, qualche bella scoperta e alcuni grandi ritorni: * L’alba del pianeta delle scimmie, che ci dimostra come sia incredibilmente

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24 MARZO “Omaggio a Giorgio Caproni nel centenario della nascita” con Francesco De Nicola

possibile fare ancora solidi blockbuster, dove azione e serialità si coniugano con un’idea e una pratica di cinema energico; * Ladri di cadaveri di John Landis e The Ward di John Carpenter, che segnano il ritorno di due maestri anni ’70 al tempo stesso classici e moderni, ma entrambi ferocemente emarginati da un cinema americano sempre più diviso fra tronfio capitale hollywoodiano e stucchevole chiacchiericcio indipendente. Tra gli italiani, due esordi con le radici ben piantate in quel docufilm che sembra oggi la scuola più fertile, o forse solo più frequentata, da chi si affaccia al lungometraggio: * Corpo celeste di Alice Rohrwacher, storia di formazione adolescenziale nella Calabria delle devastazioni urbanistiche ed etiche; ed ancor più Io sono Li di Andrea Segre, incrocio di culture ma soprattutto di persone tra le “ombre” di un’osteria chioggiotta. E poi, sempre tra gli italiani, due maestri che hanno realizzato due tra le loro opere migliori ma faticano a vedersele riconoscere in Italia: * Habemus Papam di Nanni Moretti, capace di rappresentare con grande forza e leggerezza il vuoto sconvolgente che si è aperto nel nostro rapporto col mondo: film che la redazione dei “Cahiers du Cinéma” ha giudicato il migliore in assoluto dell’anno, ma che da noi è rimasto sostanzialmente snobbato; * Sorelle Mai di Marco Bellocchio, meraviglioso piccolo film nato dai corsi estivi di Bobbio, sviluppatosi senza la struttura narrativa che il pubblico esigeva, ma con un’intensità e un’agilità di cinema che conferma il momento d’oro del suo regista. Nel panorama europeo, almeno quattro film buoni, o molto buoni, ma senza grandi sorprese, perché confermano le qualità note dei loro registi: * Il ragazzo con la bicicletta dei fratelli Dardenne, narrativamente sempre più bravi ed essenziali; * Miracolo a Le Havre del finlandese Aki Kaurismaki, capace di raccontarci la realtà del mondo attraverso l’assoluta irrealtà del suo mondo; * Le nevi del Kilimangiaro del marsigliese Robert Guédiguian, sguardo accorato e indignato, ma anche malinconico e leggero sull’umanità sofferente del XXI secolo; * Another Year di Mike Leigh, che conferma al meglio la sua formula collau-

data di cinema/teatro, senza nemmeno aver stavolta bisogno di un climax drammaturgico. Tra le sorprese dei nuovi autori in crescita, almeno tre titoli: * Tournée del francese Mathieu Amalric, tra chiassosi spettacoli di new burlesque e solitudini notturne di anime, alberghi ed autostrade; * Drive del danese Nicholas Refn, coi suoi strepitosi inseguimenti e la sua lettura astutamente autoriale del genere, idolo dei giovani cinefili, ma escluso dai “magnifici dieci” stagionali di Tarantino; * Le idi di marzo di George Clooney, film sul potere, la lealtà e l’ambizione, quasi una tragedia cinquecentesca ambientata nel mondo della politica contemporanea. E poi i Grandi Maestri Discussi, le opere (in alcuni casi, autentiche opere-mondo) che segnano la stagione più alta e ambiziosa, ma che hanno anche incontrato combattive resistenze: * The Tree of Life di Terrence Malick, straordinario viaggio nella memoria e nell’immagine, trionfatore annunciato del festival di Cannes, capolavoro certificato dal culto prima ancora di essere visto, amatissimo e sbeffeggiato; * Melancholia dell’odiato Lars von Trier, ovvero il cielo, i misteri e le inquietudini del profondo mai così vicine ai nostri occhi, film esaltato da alcuni come il migliore dell’anno, ma col regista cacciato ignominiosamente per le sue dichiarazioni da un festival di Cannes che pure propugnava la tolleranza (altrui); * Carnage di Roman Polanski, gioco al massacro magistralmente condotto ma anche molto preordinato nel suo esercizio di crudeltà da camera; * A Dangerous Method di David Cronenberg, ovvero i conflitti del profondo tra Freud e Jung raccontati con apparenze così classicamente imperturbabili da aver deluso i fan del Cronenberg più sperimentale; * Faust di Aleksandr Sokurov, regista finalmente vincitore di un grande festival (dopo la vergognosa indifferenza per Aleksandra), raffinatissimo, visionario e abissalmente distante. E poi tanti altri titoli meritevoli, da The Fighter (David O. Russell) a Il cigno nero (Darren Aronofsky), da Hereafter (Eastwood) al coreano Poetry (Lee Chang Dong) e tanti altri. Con qualche esclusione non casuale: in particolare Il discorso del re, esempio di accademia inevitabilmente premiata con l’Oscar per

l’esibizione di Grandi Temi e Grande Recitazione. E con un’ultima citazione al merito per quello che è stato forse il film più sorprendente: * Una separazione di Ashgar Farhadi, film che ci riporta al meglio del cinema iraniano, partendo da un piccolo aneddoto quotidiano e scavando al suo interno in modo inesorabile, per indagare nel cuore dell’individuo, della società e dell’atto stesso del narrare. La complessità attraverso la semplicità, secondo quella che è stata la grande lezione di Kiarostami.


CINEMA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Luciano RAINUSSO

AL CINEMAin

Quando si fa un film in bianco e nero, si invitano gli spettatori a immaginare i colori.

diagonale

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Igmar Bergman

Sherlock Holmes. Gioco d’ombre L’industriale di Giuliano Montaldo di Guy Ritchie

Ennesimo ritorno sul grande schermo del celebre detective creato da Arthur Conan Doyle, giunto per la prima volta al cinema nel 1902. (Apparve in numerosi film: una sessantina durante il muto, trenta negli anni successivi). Personaggio unico per la sua natura di gentleman raffinato, malinconico e razionalmente dubbioso, qui, purtroppo subisce una trasformazione ben poco felice: quella di un gradasso rissoso e burlone che sembra prendere tutto sottogamba. Per giunta, protagonista di una storia curiosamente priva di mistero, sviluppata in modo abbastanza confuso e, guaio maggiore, ligia ai canoni del cinema d'azione, sempre più eccessivo. In un simile contesto, Robert Downey jr. non poteva che risultare sopra le righe, lontano dagli ottimi risultati ottenuti altrove. (Fu superbo, interpretando Chaplin, in CHARLOT, per cui ebbe soltanto una candidatura all'Oscar). Nell'insignificante ruolo di una zingara-chiromante la svedese Noomi Rapace, indimenticabile hacker della cine-trilogia desunta dai best sellers del compianto Stieg Larsson.

Film sulla realtà più drammatica della nostra epoca: la chiusura delle fabbriche e i licenziamenti che ne conseguono. Infatti, vi si raccontano le vicissitudini di un industriale quarantenne sulla china del disastro costretto a inscenare una truffa per non mandare a casa i suoi operai. E poiché i guai non vengono mai da soli, il protagonista deve fare i conti con quel mostro che, secondo Shakespeare, “ si diletta col cibo di cui si nutre”. Vale a dire, la gelosia. Montaldo, genovese del '24, è regista di vaglia: debuttò nel 1951 con TIRO AL PICCIONE, film sulla sofferta presa di coscienza di un giovane arruolatosi tra i repubblichini e dirette, in seguito, altre opere importanti. Questa non gli è da meno. Rigorosa nell'impianto, ambientata in una Torino quasi in bianco e nero, ha forse un solo difetto: l'eccessivo spazio riservato alla crisi coniugale del protagonista. Bravo, nel ruolo principale, Pierfrancesco Favino. Al quale bisogna perdonare la scelta di aver voluto confrontarsi con l'insuperabile De Sica padre, indossando la divisa del generale Della Rovere.

Una separazione di Asghar Farhadi Midnight in Paris

di Woody Allen

Surreali viaggi notturni di un giovane sceneggiatore americano di oggi nella Parigi degli anni '2O, in compagnia di Hemingway, Scott Fitzgerald, Picasso e altri ancora. L'intreccio è semplice, riguarda la scoperta del protagonista che la propria fidanzata non è proprio la donna ideale che immaginava. Ma il film è un altro dei più riusciti del settantasettenne regista newyorkese, uno dei pochi autori di culto maggiore, con Clint Eastwood e i fratelli Coen. Parigi, forse, non ha mai avuto, da parte di un cineasta straniero, un omaggio come questo: garbatamente ironico, ricco di sentimento, visivamente ottimo, che rievoca un'epoca irripetibile e figure che hanno lasciato segni preziosi della loro presenza sulla scena del mondo. Indovinato l'impiego di quel piccolo gioiello musicale che è “ Si tu vois ma mere” di Sidney Bechet, fatto ascoltare all'inizio, mentre scorrono alcune splendide immagini della città. Perfetto il cast, affollato di tipi sapientemente delineati, in cui spicca Owen Wilson, simpatico protagonista con sogni d' altri tempi.

Ottimo film iraniano su un possibile divorzio a Teheran, con puntate in un ospedale, davanti a un giudice, in un commissariato di polizia e nel caos del traffico stradale. Lasciato dalla moglie, un uomo assume una badante che gli assista il padre vittima dell'Alzheimer. Nascono subito problemi, perché la povera donna, religiosa e timorata, ha difficoltà ad accudire il malato. E siamo appena all'inizio. (Il protagonista sarà persino accusato di procurato aborto allorché la badante, incinta, cade nelle scale durante una discussione). Partendo da fatti quotidiani (litigi, incomprensioni, piccoli e grandi drammi), il film punta in alto, al conflitto di classe, al tema della verità (che tormentò già Democrito, filosofo greco d'epoca precristiana). E, sempre con efficacia, alza il sipario sul vivere in Iran durante la dittatura, meritando ampiamente l'Orso d'oro ottenuto a Berlino 2O11. La regista si fece conoscere da noi con ABOUT ELY, sorta di giallo sulla vacanza al mare di alcune coppie, rovinata dalla scomparsa di una ragazza.

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LETTERE E NOTIZIE

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

NUOVE NOMINE ALLA

SCUDERIA FERRARI CLUB DI RAPALLO Assemblea ordinaria all’Hotel Europa di Rapallo. E’ stato confermato alla carica di Presidente del club Orlando Gentile per il triennio 2012-2014. Queste le restanti cariche: Presidente Onorario Giacomo Verso, Segretario Guido Ortenzi. L’Ufficio di Presidenza è composto da: Vice Presidente: Gianni Lazzerini, Tesoriere: Gabriella Oriani, Membri effettivi: Alberto Cipolla, Salvatore Ruberto, Luigi Zanoni, Matteo Monzani, Mario Fracchia, Giorgio Gianello, Giuseppe Valvo. Membri supplenti (cinque): Ivan Capellini, Daniele Comastri, Giulio Massa, Linda Puccetti, Chiara Pasquale. Calendario degli eventi previsti durante l’anno sociale: • Sabato 3 Marzo, Torino: Museo dell’automobile; • Sabato 17 - domenica 18 marzo: week end a Rapallo di possessori di Ferrari da Erba e Modena, con visita a Portofino e Santuario di Montallegro; • Aprile, Reggio Emilia: visita al museo del tricolore; • prima decade di Maggio: Passion Day al Mugello; • Sabato 12 Maggio, Chiavari: festa del 60° anniversario della fondazione della scuola telecomunicazioni. Previsto l’arrivo di una show car di F1, un simulatore e alcune Ferrari da S. Martino di Bareggio (Mi); • Sabato 16 Giugno: visita alla fabbrica Dallara; • Sabato 7 - domenica 8 Luglio, Rapallo: festa d’estate con club di S. Martino di Bareggio (Mi); • Sabato 15 Settembre, Maranello: visita alla fabbrica; • Ottobre (giorni da definire): mostra fotografica del 3° concorso fotografico internazionale sul tema Ferrari.

CINGHIALI La simpatica pubblicità che esalta un medicinale che ci libererebbe dalla pesantezza di stomaco mostrandoci un robusto cinghiale seduto sull'organo digerente di un malcapitato mica è tanto lontana dalla realtà qui da dove scrivo, la Liguria. Tempo addietro, nella galleria Maggio tra Rapallo e Recco, un ungulato adulto che girovagava sull'Autostrada A10 è stato investito e ucciso da un mezzo (auto o camion?) che ha proseguito la corsa. A forza di proteggerli, questi animali - perchè a nessun animale devesi far "la bua" - i liguri rischiano davvero di ritrovarseli prima negli... ascensori, indi assisi alle loro mense. Luigi Fassone, Camogli

CONCORDIA/1 Ha fatto bene e benissimo, l'Ing. Roberto Martinoli, A.D. di una nota Compagnia di Navigazione, già importante dirigente della Soc. Carnival, a rendere noto a Uno Mattina, che le prenotazioni per le crociere non sono affatto diminuite da quel venerdì 13 Gennaio. Ci sono mezzi di trasporto ben più

a rischio di defunzione, il primo, senza ombra di dubbio, è l'automobile. Soprattutto per gli incapaci guidatori, che sono tanti, mentre sulle navi è difficile trovarne uno come il sorrentino Cap. Schettino. Io, stufo e arcistufo di mare e di navi, siano esse passeggeri, da carico oppure petroliere, non andrei in crociera manco me la pagassero e mi dessero pure “agratis” l'accompagnatrice (l'uomo non è di legno...) Ma credo che gli amanti di codesti viaggi che insistono per andar per mare dopo un disastro planetario del genere di quello avvenuto al Giglio facciano bene. Sono convinto d’ora in avanti "belinate" come quella fatta a pochi metri dagli scogli del Giglio, ed altre, non ne avverrano più. Lettera firmata

CONCORDIA/2 Lui, l'ormai ex Comandante della Costa Concordia, Francesco Schettino, il "servizio" alla nave affidatagli lo ha già fatto. Ma c'è più d'uno che il "servizio" glielo rende, pari e patta. Subito, il Pubblico Ministero, che insiste con il fermo in carcere. Poi, una dopo

Invitiamo i lettori a volerci segnalare suggerimenti, problemi. Pubblicheremo le vostre istanze, raccomandandovi la brevità dei testi per evitare dolorosi tagli.

Scriveteci a Redazione “IL MARE” Via Volta 35 - 16035 Rapallo E-mail: rapallonotizie@libero.it

l'altra, le televisioni di tutto il mondo, ognuna di esse esibisce una leggiadra femmina che, già passeggera sulla sfortunata nave, avrebbe flirtato con il Comandante macho al momento dell'incaglio. Un servizio forse ancora più insidioso, perchè lui, poveretto, dalle ire della consorte non può neppure sfuggire, visto che gli hanno sigillato la porta d'ingresso. Per la sua incolumità voglio sperare gli abbiano sigillato anche i televisori di casa... Un ex navigante

Ha perfettamente ragione. I media entrano spesso con violenza nelle nostre case e poi altrettanto rapidamente scompaiono lasciando terra bruciata.

POSTE Caro Direttore, sono obbligato a chiederti ancora spazio in questa tua rubrica. In riferimento alla mia lettera, da te gentilmente pubblicata nel numero di Gennaio, che faceva riferimento ai ritardi nella consegna della corrispondenza, alcuni lettori che non hanno saputo o voluto? interpretare quelle mie righe hanno incolpato il portalettere di questo disguido. In essa già avevo sottolineato la sua estraneità a questa mancanza con: ”Il postino non ha alcuna colpa”. Ne ho parlato con l’interessato spiegando che il mio reclamo era chiaramente rivolto all’amministratore di Poste Italiane e certamente non a lui che fra i moltissimi succedutisi negli anni in questo incarico è uno dei migliori. Grazie ancora, Mauro Mancini.

ALLARME ETERNIT In Via di Landea, la strada Comunale abbandonata, qualche criminale, sicuro di farla franca data l'incuria, ha abbandonato da diversi giorni, presso i cassonetti della differenziata, tutti i cocci di una grande vasca di Eternit. Un pericolo per tutti. Lungo gli alvei dei rigagnoli, che quando piove diventano torrenti tumultuosi, continuano a scaricare rifiuti edili, amianto, copertoni d'auto, elettrodomestici, montagne di fogli di plastica e interi pezzi di carrozzerie d'auto. Nessuno di questa Amministrazione ha mai fatto un salto a vedere lo scempio ? Lettera firmata

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BOTTEGHE APERTE Quando il Decreto sulle liberalizzazioni licenziato ieri dal Governo verrà convertito in Legge i singoli negozianti potranno osservare un orario di lavoro che più a loro confà. Si presume che la maggior parte di essi lo allungherà per poter venire incontro ai clienti che durante l'orario di apertura "canonico" hanno ben altre cose da fare, lavorare. Però mi sto convincendo che l'unico paese ove i commercianti finiranno per ridurre via via le ore di apertura fino ad annullarle saranno le località minori del Tigullio e del Golfo Paradiso. Perchè la maggior parte delle vie dei negozi sono pedonali. Pensare che la maggior parte dei clienti si muova a piedi anzichè in auto è come illudersi di raddrizzare le gambe ai cani, non è poi tanto difficile trarre le conclusioni. Cordialmente, un affezionato lettore

A godere di questa nuova situazione, sicuramente antieconomica per le “botteghe”, saranno come sempre i centri commerciali

SOSTEGNO AL COMMERCIO Egregio Direttore, non le sembra che l'Amministrazione Comunale si dovrebbe impegnare, visto i tempi, a dare una mano maggiore ai Commercianti che finalmente si muovono? Ci sarebbe un modo conveniente per entrambi! Loro propagandando le singole iniziative e offerte; l’ente incassando i soldi della tassa di affissione. Mi riferisco a predisporre presso tutti i muri liberi (ferrovie, terrapieni, carruggi per raggiungere la passeggiata, ecc) tabelloni su cui poter affiggere manifesti. Oggi, tranne gli annunci mortuari o quelli istituzionali, in centro i siti predisposti sono troppo pochi. E allora tutti ad imbrattare con locandine abusive, affisse in ogni dove, anzi, in ogni dove.... non si dovrebbe. Se vuoi farti conoscere non ti restano che le frazioni. Grazie e cordialità. Lettera firmata

PEDONALE LUNGO I BINARI A "CERISOLA" Egregio Direttore, in questi giorni si sta mappando la città per localizzare dove mettere le telecamere. Farebbe piacere ne mettessero anche a controllare il per-

Associazione Culturale

Caroggio Drito SABATO 17 MARZO - VILLA QUEIROLO - ORE 16,30 Conferenza dell’Ing. Vittorio Mizzi “I Genovesi in Crimea” MERCOLEDÌ 21 MARZO Gita in Toscana con visita ai Castelli della Lunigiana Pranzo in loco Partenza ore 8,00 da Piazza delle Nazioni con pullman riservato


di Renzo Bagnasco

Gargantua

LETTERE E NOTIZIE

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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Il proverbio del mese

I lamenti di vexin comensan a-a seia e finiscian a-a mattin I lamenti dei vicini cominciano la sera e finiscono al mattino

SALA CONGRESSI

Frittata del Sindaco

Caro Direttore, ora che anche il Governo ha proibito i Congressi di Stato, credo che non l'aver impiegato soldi in un una inutilizzabile Sala Congressi, come qualche "visionario" riteneva vitale per Rapallo, sia stata la strada più saggia. Nessuno però se ne faccia vanto: non la si è realizzata, non per una lungimirante visione politica, ma solo per l'inneficienza di chi ci ha governato. L'uno vagheggiava ma l'altro, immobile come roccia, ha continuato nel suo elefantiaco immobilismo. Grazie e complimenti, Lettera firmata

dal Concorso 2006 “Cucina e cucine: la ricetta del Sindaco” INGREDIENTI: 8 uova, prebôggion lessato, timo, maggiorana, prezzemolo, sedano, erba cipollina, polpa sminuzzata di “mostardella” di S. Olcese, noce moscata, sale olio e burro. ESECUZIONE: sminuzzare il prebôggion e soffriggerlo con la mostardella spappolata; tritare tutti gli aromi, aggiungerli alle uova sbattute e, insaporite con la qualche grattata di noce moscata e controllatone il sale, unirle al prebôggion, amalgamare bene e, a fuoco lento, fare la consueta frittata in una padella unta con il burro.

Una sala congressi da mille posti sarebbe un contributo allo spreco inaccettabile con costi elevati per la comunità. Basta vedere quanti congressi ospita il Teatro delle Clarisse. Per intenderci, sarebbe come una piccola Olimpiade cui Monti per fortuna ha detto no.

NOTA: la suggerita “mostardella” può benissimo sostituire l’originale piemontese “salame di Turgia”

UNA OCCHIATA AI COSTI... NON GUASTA MAI

corso pedonale lungo i binari che raccorda il parcheggio con l'ascensore del sottopasso Brasey, sede fissa di mendicanti invadenti. Quel percorso, molto utile, oggi è inutilizzabile perchè lordato, ha le luci scassate e, tutte le sere, c'è gente ad ubriacarsi e infastidire chi abita lì in faccia. L'Assessore che, credo ritenti la riconferma, può interessarsene? Grazie. R.B.

ACCATTONI.... ORGANIZZATI Caro Direttore, è possibile che nessuna autorità si sia accorta che a Rapallo prospera un "raket della questua"? Una organizzazione malavitosa, da troppo tempo indisturbata, specula su finti accattoni, posizionandoli in luoghi di passaggio e facendoli ruotare di posto, così da non dare nell'occhio. Dove ci sono loro non c'è posto per altri. Deve scapparci il fattaccio perchè chi di dovere, si muova? Le forze dell’ordine non li vedono come li vedo io? Non è pietà umana: è delinquenza. Grazie e saluti, lettera firmata

Giriamo i suoi interrogativi ai responsabili della sicurezza. Ora arriveranno le telecamere. Basteranno?

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MESE

Febbraio

Giorno

Spettabile redazione, sono sempre d'accordo su quanto fa la nuova Dirigenza dei Commercianti, ma questa volta non vorrei si fosse ecceduto con tutti quei "cartonati" promozionali in città. Non sarebbe meglio propagandare soprattutto fuori Rapallo le nostre iniziative, così da attirare qui nuovi avventori? Quelli del posto ormai sono già stati abbastanza "munti"; se non si attirano dei nuovi da fuori (vedi Genova), quanto speso, rischia di non rientrare. Mi auguro di sbagliare. Grazie per la pubblicazione, Lettera firmata. La

Pro Loco

“Capitaneato di Rapallo” ha un nuovo direttivo. Presidente: Umberto Ricci, Presidente Onorario: Alberto Calcagno, Vice Presidente e Tesoriere Vittorio Ciccone e inoltre: Ugo Canonici, Giuseppe D’Asta, Alessandra Rotta, Mauro Barra, Giorgio Gianello, Michela Aste, Annita Sturlese, MariaRita D’Amico, Stefania Conte, Mauro Mele, Debora Panza, Pino Romano, Nadia Briganti, Mattia Verrone, GianCarlo Dalmolin, Tiziana Maschi, Marina Ricci, Luigina Bulgarelli, Marina Mirabella.

20 12 Lunazioni, Stagioni e Segni Zodiacali

Ora./min. Descrizione

Martedì

07

22:54

Luna Piena

Martedì

14

18:04

Ultimo Quarto

Domenica 19

07:19

Il Sole entra nel segno dei

Martedì

23:34

Luna Nuova: 12A Lunazione del Sogno

21

PESCI

Spazio Aperto di Via dell’Arco Associazione di Promozione Sociale

Marzo VENERDÌ 2, ore 16.30 L’affondamento della Corazzata Roma: vita e morte di una regina del mare Un frammento di storia raccontato da Michele Zimei SABATO 3, ore 17.00 Le radici di un paese ancora a misura d’uomo Barbara Bernabò, archivista e paleografa e Mirna Brignole, cultrice di storia locale e autrice del libro “Leivi – Storia di una comunità” SABATO 10, ore 17.00 Sulle magiche frequenze del Tigullio Appunti disordinati di viaggio nelle radio libere del Levante Ligure dal 1976 ad oggi Salvo Agosta, direttore Radio Aldebaran e Marco Revello, giornalista e conduttore televisivo VENERDÌ 16, ore 16.00 Gli inganni della visione Storia dell’occhio e del vedere Flavia Cellerino, storica SABATO 17, ore 17.00 Misteri in fondo al mare I segreti nascosti negli abissi e nella mente umana Emilio Carta, giornalista e autore del libro “Il collezionista d’armi” SABATO 24, ore 17.00 Cibo ed emozioni Disordini alimentari e possibili strategie di intervento Valentina Vinelli, psicologa e counselor e Gaia Savioli, psicologa DOMENICA 25, ore 16.30 U-Boot 455, il sottomarino della leggenda Emilio Carta e Lorenzo Del Veneziano svelano come si è giunti all’identificazione dell’unico sommergibile tedesco che ancora mancava all’appello SABATO 31, ore 17.00 Buono come il pane Riscoprire gli antichi sapori, i metodi tradizionali della panificazione con l’uso della “pasta madre”, che sarà distribuita ai presenti Giorgio “Getto” Viarengo, storico e Valentina Venuti, dell’Associazione Leivinvita



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