Il Mare Eco del Golfo Tigullio 11/2012

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Fondato nel 1908

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o Anno V - novembre 2012 • Direttore responsabile: Emilio Carta

€1,00

CHRISTMAS VILLAGE

DILETTANTI ALLO SBARAGLIO

ARREDO URBANO

LA PROMESSA MANCATA

ANTICO CASTELLO

BELLO, MA NON PER TUTTI

DISABILIT¤

LA LEGGE DELLA VERGOGNA

MONUMENTI

GLI AFFRESCHI ABBANDONATI

BIBLIOTECA

UN TESORO DA SALVAGUARDARE

PIANTE OFFICINALI

BASILICO, PESTO E DINTORNI

IL MARE è consultabile anche on line sul sito

Associazione Culturale

Caroggio Drito

Associazione Culturale

www.marenostrumrapallo.it


“C’è un uomo solo al comando...” E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

IL MARE

Mensile di informazione Anno V - novembre 2012

Non ci riferiamo al mitico Mario Ferretti, il giornalista che nel 1949 pronunciò la famosa frase commentando alla radio la fuga di Fausto Coppi alla fine della 17ª tappa Cuneo – Pinerolo bensì al sindaco di Rapallo Giorgio Costa.

€ 1,00

L’INTERNAUTA

Edito da: Azienda Grafica Busco Editrice Rapallo - via A. Volta 35,39 rapallonotizie@libero.it tel. 0185273647 - fax 0185 235610 Autorizzazione tribunale di Chiavari n. 3/08 R. Stampa Direttore responsabile: Emilio Carta Redazione: Carlo Gatti - Benedetta Magri Daniele Roncagliolo Hanno collaborato a questo numero: R. Bagnasco - P. Bellosta P.L. Benatti - A. Bertollo - E. Brasey S. Gambèri Gallo - C. Gatti E. Lavagno Canacari - S. Loos B. Magri - B. Mancini - M. Mancini A. Noziglia - C. Ortenzi - D. Pertusati L. Rainusso - D. Roncagliolo - R. Zandano Ottimizzazione grafica: Valentina Campodonico - Ivano Romanò Fotografie: Toni Carta Fabio Piumetti Centro immersioni Portofino Divers Archivio Azienda Grafica Busco La collaborazione a Rapallo Notizie è gratuita e ad invito

IN QUESTO NUMERO: 2 Arredo urbano da rifare di D. Roncagliolo 3 Una cultura con la “c” minuscola di R. Bagnasco 4 Il Castello non è per tutti di E. Carta 5 Handicap, una legge vergognosa di R. Zandano 6 LʼItalia non è un paese per giovani di E. L. Canacari 7 Festival della Scienza di B. Magri 8 Ospedale di Santa, la storia infinita di P. Bellosta 9 La Madonna dello Schiavo di C. Gatti 10/11 Sabati in Biblioteca di M. Bacigalupo 12/13 Ricordo o sogno? Quando... di M. Mancini 14 Come eravamo di B. Mancini 15 Il monumento a Colombo di P. Benatti 16 Inglesi di scirocco di E. Gambèri Gallo 17 La chiesa cambierà stile? di D. Pertusati 18/19 Gli affreschi di Bana di A. Noziglia 20 Gente di Liguria di A. Bertollo 21 Il gambero rosso di Portofino di C. Ortenzi 22 Viaggiare: Stati Uniti/1 di I. Nidasio 23 Lʼesperienza in Malawi di S. Loos 24/25 Basilico, da malefico a magico di A. Repetto 26/27 Cinema in diagonale di L. Rainusso 28 Lettere e notizie 29/30/31 “Un uomo solo al comando...” di E. Carta

di Emilio Carta

I

l primo cittadino rapallese pare sempre più in difficoltà e non tanto per gli attacchi della minoranza che, bene o male, gioca in un ruolo che le compete ma per colpa delle divisioni interne di una maggioranza che agli occhi dei rapallesi pare oltremodo litigiosa e, quel è peggio, vendicativa nei confronti di coloro che alle elezioni avevano opinioni diverse. Non saremo certo noi a definirla un coacervo di “dilettanti allo sbaraglio” né tantomeno “un'armata Brancaleone”, sarebbe ingiusto e poco serio nei confronti di chi è stato chiamato a rilanciare una città nel nome e nell'interesse di tutti i rapallesi. Tant'è i segnali sono ben visibili e l'ultimo incidente della serie, quello relativo alla mancata realizzazione del “Christmasvillage”, ha dell'incredibile. La nostra città non ha bisogno di mosche cocchiere - quelle, per intenderci, che solo perché nascoste nella criniera del cavallo credevano di guidare la carrozza – ma di uomini coesi e convincenti, in grado di effettuare scelte non di pancia ma ragionate. In poche parole persone in grado di comprendere il da farsi non solo nell'immediato ma anche nel medio e lungo termine. Insomma, una programmazione. L'articolo qui a fianco di Daniele Roncagliolo ne evidenzia il basso profilo: non parliamo dei massimi sistemi né di imprese faraoniche ma del quotidiano. Giorgio Costa aveva promesso tra le priorità il dialogo con i Comuni a noi vicini e, in concreto, la pulizia della città, l'arredo urbano ed eventi tali da portare a Rapallo flussi turistici importanti. Ebbene, a centocinquanta giorni dal suo insediamento, la città non pare un esempio di nettezza e il rifacimento di un marciapiede non può certo far dimenticare che sul lungomare mancano decine di piastrelle rendendo pericoloso il passeggiarvi, le strade sono piene di buche la cartellonistica è malandata in più punti e l'unico evento, se tale si può chiamare, è la nomina di Rapallo “città dello sport”. E potremmo continuare all'infinito. Tornando al Natale fa specie che l'unica manifesta-

Scandaloso e vergognoso è veramente dire poco !!! La scelta della data del 13 aprile, per il voto in alternativa a quella del 6 aprile può apparire casuale ma non lo è affatto: votando il 6 di aprile, infatti, i parlamentari alla prima legislatura non rieletti non avrebbero maturato la pensione. Votando invece come stabilito dal Consiglio dei ministri il 13 aprile, ovvero una settimana dopo, ACQUISIRANNO LA PENSIONE. È quanto riportato da diversi blog in questi giorni su internet. "E poi parlano di voler fare l'election day per ridurre i costi della politica - ironizza - Ben altri saranno i costi di queste pensioni, non solo in termini quantitativi, ma anche per il messaggio dato al paese, perchè questo è il tipico esempio di come fatta la legge viene subito trovato l'inganno". MORALE DELLA FAVOLA 300.000.000 (se avete letto bene: TRECENTOMILIONI, chiaramente di Euro) di costi per questa gentaglia che dopo pochissimi mesi senza far nulla hanno già la pensione che è di platino (alla faccia dei pensionati che dopo una vita di lavoro raccattano per mangiare la verdura rimasta a terra nei mercati.) zione in grado di rilanciare l'immagine e l'economia della città sia stata bistrattata sino a determinare la rinuncia da parte dell'Ascom che il “Christmas Village” organizzava. Ne abbiamo sentito di cotte e di crude, ma anche divertenti: casette in stile genovese, far arrivare dal nord i venditori di oggettistica natalizia sul modello di Merano, allargare il mercatino anche nell'estrema periferia e, perché no, nelle frazioni, chiudere il villaggio il 27 dicembre. Tutti noi viviamo la crisi e sappiamo che molti lumbard anziché andare alle Maldive subito dopo Natale scenderanno al mare riaprendo le seconde case. Sappiamo pure che i supermercati con le sedi amministrative nelle grandi città gli incassi non li reinvestiranno certo sul territorio così come i venditori venuti da fuori. L'erba del vicino è sempre più verde se è vero, come pare, che alcune cittadine turistiche a noi vicine abbiano chiesto lumi per realizzare loro un'iniziativa analoga. Siamo stufi di ripetere le solite tiritere tipo “siamo nel golfo dei nesci” o “questo è il paese del campanile storto” o, ci scusi la Celeste Signora, che “la Madonna di Montallegro si è voltata dall'altra parte”. Caro Sindaco, cerca di navigare bene anche sottocosta e usa la strumentazione di bordo assieme ad esperti timonieri. Di navi finite sugli scogli ne abbiamo già viste abbastanza e l'isola del Giglio non è poi tanto lontana.


ARREDO URBANO E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Daniele RONCAGLIOLO danironca@hotmail.it

CRITICITÀ

Una città da rivoltare come un guanto Rapallo offre attualmente un senso di abbandono, incuria e disordine. Ribadiamo quanto sia necessario un incarico consiliare di segnalazione e controllo su quanto non va

Q

ualità della vita nella passata amministrazione; opportunità e diritti delle persone disagiate in quella attualmente in carica. Tra gli incarichi “bizzarri” in possesso agli amministratori comunali ne manca uno quanto mai importante: “arredo e decoro urbano”. A Pozzallo, il sindaco eletto lo scorso maggio, lo ha assegnato ad un assessore. A Rapallo, girando per la città, si capisce quanto la figura di una persona esclusivamente dedicata, magari con taccuino in tasca e penna in mano, potrebbe rendere la città più vivibile e presentabile. Per chi ha perso la speranza di vedere inaugurato, come accaduto nella vicina Chiavari un mesetto fa, un parcheggio da 300 posti auto totalmente gratuiti, sarebbe già un primo passo. Il decoro urbano della città è infatti a livelli assolutamente insufficienti. Basta fare due passi nel “salotto buono”, quel

lungomare che dovrebbe essere il fiore all’occhiello e che invece assomiglia più ad un groviera: con buche sul “rosso” e pezzi di marciapiede saltati su entrambi i lati della passeggiata. In piazza Garibaldi, una parte della pietra utilizzata sia come contorno dell’aiuola sia come panchina, è

C’è mercato e mercato... Giggia, il Christmas Village si trasferirà a Santa...

E noi sul lungomare ci terremo l’International Vu cumprà kasbah!

di Pietro Ardito & C.

rotta. Per non parlare delle tante lampadine bruciate all’interno dei lampioni. E poi, che dire, di fioriere che poste sul ciglio della strada strabordano? Spostandosi in periferia i problemi si moltiplicano. Insomma, l’elenco è lungo. Non solo: a queste criticità, tante per ogni via che si percorre, bisogna aggiungere lo stato complessivo della pulizia cittadina. Vedere tracce di urina lungo muri e marciapiedi, ormai, purtroppo, non fa più effetto. Chiavari, sperimenterà le vasche igieniche: di circa un metro per 50 centimetri con un palo al centro, saranno posizionate in luoghi dove non avranno un forte impatto visivo. Rapallo, se il test darà risultati positivi, sarà almeno in grado di accodarsi e copiare? Bene ha fatto il sindaco ad appellarsi al senso civico dei rapallesi, chiedendo ai commercianti di lavare ogni mattina il pezzo di marciapiede davanti al proprio negozio. Un’invocazione, sul modello del proverbio scandinavo che dice “pulisci davanti alla porta di casa tua e tutta la città

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sarà pulita”, che purtroppo non è stata ascoltata da tutti. Tra mozziconi di sigarette, deiezioni canine, gomme da masticare e altri rifiuti vari, i marciapiedi sono sporchi che di più non si può. In questo l’amministrazione può e deve fare qualcosa: non serve di certo l’invio dell’esercito, anche se qualche multa in più forse aiuterebbe, ma l’utilizzo immediato di apposite pulitrici che rendano i percorsi pedonali più a misura di località turistica. Non è tutto. In città i problemi sono anche altri: dalle scritte, talvolta oscene, che ogni giorno compaiono sui muri di case o sull’asfalto, alle buche, spesso vere e proprie voragini, che si aprono sul manto stradale. Senza dimenticare le affissioni abusive, con manifesti attaccati a colonnine e pali della luce che creano un senso di disordine diffuso. In attesa del tunnel e del centro congressi, qualcuno inizi a pensare alle piccole cose: quelle che, come diceva lo scrittore francese Bernanos, hanno l’aria di nulla, ma ci danno la pace.


CULTURA/1 E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Renzo BAGNASCO

MOSTRE

Il Castello è inadatto a grandi eventi? Inizia un viaggio sulle strutture monumentali e culturali della nostra città evidenziandone pregi e difetti

D

alla padella alla brace. Questo è dove ci siamo ritrovati dopo il dissolvimento della vecchia Giunta. Da troppi anni la “CULTURA” a Rapallo non ha padrini. Le mostre sino ad oggi organizzate dalla “nuova gestione”, non sono riuscite ad attrarre, in piena estate, più di 50 o 60 persone al giorno nei tre giorni che erano aperte con orari impossibili da memorizzare. Partiti i turisti, le presenze sono scese a 15/20 visitatori. Per la verità, Sabato 29 Settembre alle 18 c’eravamo in tre. Un nuovo fallimento. Sono cifre che nemmeno giustificano i soldi spesi per l’illuminazione; non parliamo della pulizia e della sorveglianza. Questa della conta del numero dei visitatori, vangelo per ogni Mostra al mondo tranne che da noi. Qui non se ne tiene conto. Al momento, un grande afflusso di pubblico si è avuto con la mostra dedicata al Rex ed al modellismo navale e analogo risultato ci sarà sicuramente con i Cartoonist. Anni fa, da parte degli organizzatori di un’importante mostra natalizia, venne chiesto il permesso di installare provvisoriamente (si affittano) dei misuratori elettronici di passaggi ma il Comune negò il permesso perché evidentemente non si voleva il confronto con quelle “improponibili” da loro organizzate. Il verificare la capacità di attrarre di una mostra, è basilare per capire i gusti dei visitatori, così da allestire le successive sempre più “mirate” e attraenti. Più semplice dove si paga un biglietto: basta contare quelli staccati. Ci si dirà: ma intanto i consumi, in quelle a ingresso libero, corrono lo stesso. E’ vero, ma il numero di presenze che l’esposizione attrae, giustifica o meno l’impegno di soldi pubblici, da doversi compensare con un ritorno turistico e …. commerciale. Se una Mostra non “tira”, meglio non farla. All’attenzione dei nuovi responsabili ci permettiamo, modestamente e con il dovuto rispetto, sottoporre alcuni ragionamenti. Per chi è appassionato di mostre d’arte e gira per l‘Europa a visitarle, balza subito all’occhio che il Castello non è idoneo per accoglierle, almeno per tre motivi (anche se, a suo tempo, ottenne il placet dell’apposita Commissione). 1° - Il pericoloso accesso attraverso l’unica ripida e stretta scaletta esterna, non consente di essere usata anche da

chi non è perfettamente in salute o utilizzi carrozzelle. E’ quindi una discriminante oggi inaccettabile, visto che i soldi sono di tutti. 2° Non esiste una seconda uscita o via di fuga d’emergenza autonoma, oggi obbligatoria, per sgomberare con urgenza i locali. Se capitasse un qualche incidente, potete star certi che la prima cosa che farebbe la Magistratura sarebbe individuare, alla luce dei regolamenti, chi sono i responsabili politici coinvolti, ovviamente Sindaco in testa. 3° Pure le scale interne sono pericolosamente ripide, strette e con “alzate” troppo alte: non rispondono agli standard di sicurezza. In conclusione il Castello non è adatto a ricevere esposizioni che, se fossero opportunamente scelte e propagandate, attirerebbero una massa di gente che colà diverrebbe ingovernabile a causa dei bassi standard di sicurezza. Rapallo, grazie al passato, è un nome che ancora “tira”. Qualche altra considerazione: i grandi, pesantissimi e ingombranti tabelloni bianchi, posti all’interno, oltre che snaturare la storica architettura interna, sono quanto di più insensato si possa avere. Il loro biancore “ammazza” le opere esposte. Tutti, tranne che da noi, hanno ormai capito che, per valorizzarle, occorre esporre le opere su fondali scuri così che contrastino, esaltandole. In più mancano schermature alle finestre per ottenere l’illuminazione voluta. D’altra parte attrarre gente al Castello e non fargli gustare il panorama, sarebbe follia. Allestire una mostra non è come realizzare una vetrina; è indispensabile creare le giuste atmosfere che, attraverso colpi di luce mirati, ne esaltino quanto esposto. Altra nota dolente: il pericolosissimo cancello in cima alle scale esterne. I Vigili del Fuoco, sollecitati, hanno suggerito di tenerlo, durante le mostre, incatenato al muro così che non possa, per qualunque ragione, chiudersi. Se qualcuno non compie l’operazione, il cancello, che non si apre verso l’esterno, in caso di fuga diverrebbe, pressandolo per il panico, una trappola mortale. Non può aprirsi a ‘defluire’ perché è trattenuto da una piastra di metallo che fa battuta; basterebbe tagliarla, senza incorrere nelle ire della Soprintendenza, per permettere allo stesso di aprirsi a

“bandiera” nei due sensi. Per chiuderlo poi, sarà sufficiente fissarlo al moncone della piastra, con una catena. Ma allora Rapallo è destinata a non accogliere mostre? No, anche se quando hanno ristrutturata Villa Queirolo, gli incompetenti responsabili, non si sono posti il fine cui sarebbe stato poi destinata; l’hanno fatta come fosse una villa per vacanze. Siamo alle solite; ognuno, non guidato, ha fatto quello che la sua pochezza ha voluto o saputo consigliargli. Nessuno si è preoccupato di attrezzare la Villa in modo adattabile alle varie esigenze, attraverso pareti mobili per poter creare saloni, prese ai soffitti per eventuali faretti, ecc, facilitandone l’accesso da Corso Matteotti eliminando al massimo i gradini all’ingresso, magari attraverso una rampetta di raccordo inclinata. Certo, se continuiamo ad affidare a dei presuntuosi “beceri” i patrimoni di Rapallo, è difficile poi ospitare in città eventi interessanti e …… trainanti, così che l’intera comunità ne possa trarre vantaggio, perché questa è sola ragione di un evento. Guardiamo con titubanza l’evento “Rapallo città dello sport”. E’ da sapere che altrove, amministratori più oculati hanno capito che la “cultura” è oggi il più potente mezzo di attrazione che sia in grado di muovere visitatori, a beneficio di tutti coloro che nella città vivono di “presenze”. Un’idea per le eventuali mostre particolarmente ingombranti, potrebbe essere quella, previo accordi, di utilizzare la Sala della Gioventù, perché non importa come sia il palazzo ospitante; conta solo quello che si espone, come è presentato e l’indispensabile battage pubblicitario che non può mancare se si vuole

che i soldi spesi creino “ritorno”. In fine, è importante che il sito sia comodo. Sia la Villa sia l’eventuale ed eccezionale Palazzo della Gioventù, possono contare su parcheggi vicinissimi e sono raggiungibili solo passando fra le vie dei negozi , il ché non guasta. Una visita al Castello può avvenire senza attraversare la città. E allora del Castello sul mare, che farne? Esattamente quello che hanno fatto molte Amministrazioni che hanno la fortuna di avere edifici storici; rivitalizzarli, diventando essi stessi impareggiabili attrazioni turistiche se attrezzati per far rivivere al visitatore atmosfere di un tempo. Avete presente il Pavilion di Brighton in Inghilterra? Ci sono ditte specializzate che le sanno attrezzare con personaggi, carcerati, corpo di guardia, arredi, Mostre o esposizioni permanenti della vecchia Rapallo, rendendo godibili le antiche strutture interne, oggi “offese” perché coperte dai bianchi geometrici tabelloni, che ne snaturano l’armonia antica. Il Castello è un unicum irripetibile. In conclusione, tutto quanto abbiamo detto avrebbe senso però se la Città puntasse sulla cultura per richiamare persone da fuori. Se invece si continua a pensare che basti uno “sbarasso” ogni tanto, per avere visitatori, la maggioranza dei quali sono solo curiosi che guardano, passano e non spendono, quello che facciamo, carpet rosso compreso, è fin troppo, visti i nostri limiti. Altro che turismo, turismo, turismo sbandierato in campagna elettorale. La prossima volta vedremo quali sono però le reali difficoltà, se si vuole organizzarle bene. Non basta “mugugnare”; l’obbiettività è indispensabile.


HANDICAP/1 di Emilio CARTA

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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MONUMENTI

Il simbolo cittadino è vietato ai disabili

Renato Barcucci racconta con amarezza quanto ci sia ancora da fare e i problemi legati all’accesso all’antico castello sul mare

Renato Barcucci

C'

è una Rapallo vietata ad una parte dei cittadini. E' quella che nega l'accesso a determinati locali pubblici e privati ma anche ad alcuni alberghi, stazioni ferroviarie e mezzi di trasporto vari. Persino l'imbarcadero per i battelli turistici è precluso ai portatori di handicap. L'elenco è lungo e fastidioso, come ci racconta Renato Barcucci, da anni su una sedia a rotelle dopo un terribile incidente in moto datato 1989, una data indelebile nella sua memoria. Oggi 53enne Barcucci, che oltre ad essere segretario della Consulta del Tigullio per i portatori di handicap, ha pure un ruolo nella Commissione edilizia comunale per l'abbattimento delle barriere architettoniche, ha un amaro sfogo. “L'immagine di quanto sia difficoltoso vivere in una città solo apparentemente a misura d'uomo è proprio l'antico castello sul mare – racconta

Barcucci – In realtà in questa località turistica, e che come tale dovrebbe avere una sensibilità maggiore a queste problematiche, ci sono cittadini di serie A e di serie B. Non siamo nel Medioevo ma nell'anno del Signore 2012 e ci sono specifiche leggi a tutela dei portatori di handicap – prosegue – E' altrettanto vero però che spesso e volentieri vengono aggirate da parte dei privati; diverso il discorso per le strutture pubbliche dove l'accessibilità è più o meno garantita ma, diciamolo con franchezza, non sempre la realtà è così rosea”. Il castello ne è un clamoroso esempio... “Guardi, nel 2005 pareva che la cosa potesse risolversi con un impegno economico importante ma non certo esagerato pari a circa 25mila euro. Poi non se n'è fatto più nulla e il castello lo guardo da lontano e lui, beffardo, guarda me.

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IL CASTELLO Situato all'estremità orientale del Lungomare Vittorio Veneto, circondato dal mare e collegato alla terraferma da un pontile, la sua sagoma inconfondibile è uno dei simboli della città di Rapallo ed è riprodotta in incisioni, cartoline, francobolli e souvenirs. E' stato costruito nel 1550, con scopi difensivi dopo il saccheggio e la distruzione dell’abitato ad opera del pirata barbaresco Dragut, che ridusse in schiavitù numerosi abitanti. Adibito per molto tempo a carcere è stato restaurato, ed ora è sede di mostre e convegni. E' anche il protagonista dell'evento clou delle feste patronali cittadine: ogni anno, il 3 di luglio, nell'ultima serata dei festeggiamenti in onore dell'apparizione di N.S. di Montallegro, il Castello è il punto di partenza dello spettacolo pirotecnico detto "la sparata dei ragazzi", al termine del quale viene incendiato artificialmente. L'effetto della bianca cascata pirotecnica che scende in mare dal suo tetto e del fumo rosso che esce dalle sue finestre è unico al mondo.


HANDICAP/2 E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Rosina ZANDANO

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ANFFAS

«Questa legge è una vergogna, anzi una porcheria» Lo sfogo di Rosina Zandano, presidente dell’ANFFAS Villa Gimelli, è un vero atto d’accusa nei confronti di coloro che, attraverso i tagli al sociale, stanno gettando nella disperazione migliaia di persone e familiari e già colpiti duramente da un disagio senza fine ono Rosina Zandano, presidente AnffasVilla Gimelli di Rapallo Onlus nonché Presidente Onoraria Anffas Nazionale e ho scritto questa lettera aperta al presidente della giunta regionale ligure Claudio Burlando - e per conoscenza all'assessore regionale alla Salute, Claudio Montaldo, nonché all'assessore regionale alle Politiche Sociali Lorena Rambaudi e al consigliere regionale Roberto Bagnasco - per segnalare loro quanto siamo indignati e chiedendo ragione del perché a pagare siano sempre i più deboli, quelli che non possono difendersi, non rubano, non mangiano ostriche, non sono collusi con la mafia, non costruiscono cattedrali nel deserto. Siamo un paese che ha perso il

S

senso della civiltà inteso come rispetto dell’essere umano e dei suoi inscindibili diritti universali. Il Presidente Burlando e la sua Giunta, specie l’Assessore Lorena Rambaudi e l’Assessore Claudio Montaldo, devono modificare le Deliberazioni n. 1196 del 9/10/2012 e la precedente n. 1156 del 28/9/2012 relative all’abbattimento del limite ISEE da € 40.000,00 a € 10.000,00. Meno auto blu, meno assunzioni di dirigenti ed elargizione di buste succulente eviterebbero di tagliare ancora a chi è già “tagliato” da una vita. Tutti abbiamo il diritto ad una vita dignitosa è l’unica cosa che nessuno, nemmeno Monti può permettersi di togliere ai nostri ragazzi. Stiano più attente le persone de-

putate a concedere l’invalidità a chi invalido non è. Non devono essere sempre i più indifesi a pagare per gli errori politici del pas-

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sato e per le ingordigie dei molti privilegiati che ingannano e sfruttano la buona fede, il lavoro onesto di quasi tutti gli italiani.


SOCIETÀ E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Elena LAVAGNO CANACARI

LA CRISI

L’Italia è ancora un paese per giovani? Quale futuro per gli uomini di domani? I nostri giovani per poter studiare e sopravvivere debbono affidarsi alla solidarietà familiare ma non si sentono “bamboccioni”

“N

onno, debbo iscrivermi all’Università. Mi dai i soldi per la tassa di iscrizione? Sono circa seicento euro”. Tuo nipote è lì davanti a te. L’essere che ami più di ogni cosa al mondo, la luce dei tuoi occhi, lo specchio in cui vedi te stesso giovane, bello, pieno di speranze e di amore per la vita, il più bel dono che ti ha fatto l’esistenza. E di fronte alla tua “LUCE “, tu apri il portafoglio e consegni le banconote – buona parte della tua pensione mensile – e lui è lì che aspetta impaziente, dondolandosi sulle lunghe gambe – ma quanto è cresciuto questo ragazzo! - Sai, nonno, oggi è l’ultimo giorno per l’iscrizione. Ora si fa tutto on line, ma debbo correre in banca a versare la tassa. Tenti un timido: - ma non bisogna aspettare l’ultimo giorno. Io le mie tasse le pago sempre una settimana prima della scadenza, per non dimenticarmi. – Ma la “LUCE “ ti zittisce stampandoti un grosso bacio in faccia e di corsa si allontana, lasciandoti a riflettere in solitudine. E incominci a pensare: - ma questa frase “mi dai i soldi per l’iscrizione all’Università?” io l’ho già sentita un’altra volta, ieri o 30 anni fa? L’anziano, si sa, ha la memoria un po’ labile ed a volte non riesce più a mettere a fuoco i tempi in cui sono successe le cose. Poi, però, - sì mi ricordo, quella richiesta l’ho sentita da suo padre, mio figlio, quando , 30 anni fa, mi ha detto: papà, mi dai i soldi per l’iscrizione all’Università? - Ma allora io ero giovane, avevo un buon lavoro ed un discreto salario, mio figlio aveva sicure prospettive di impiego per quando si fosse laureato e nel frattempo aveva già trovato un lavoretto che gli consentiva di guadagnarsi gli spiccioli per le sue piccole spese. - Te li restituirò, papà, appena riuscirò a

metterli insieme – aveva detto mio figlio. Altri tempi, ed in effetti me li aveva restituiti! Ma poi pensi : - perché ancora io, sempre io debbo pagare queste tasse universitarie?- Sai nonno, - mi ha detto la “LUCE “, i miei genitori hanno un mucchio di spese ( per la verità non ha detto: “un mucchio” ma un’altra parola che oscuro per decenza) devono pagare tante tasse e quindi hanno difficoltà a darmi il denaro. Meno male che ci sei tu ! – Sì, meno male che ci sono “ancora” io, che ti voglio bene e farei qualsiasi cosa per te. E continui a pensare: ma, obiettivamente, tutto questo è normale? Rientra nell’ordine naturale delle cose dover contare sempre e solo su di me che sono vecchio? è socialmente giusto? No, caro nonno, questo non è socialmente giusto, ne’ per i nonni ne’ per i nipoti, perchè nel nostro paese si sta creando una situazione assurda e drammatica: i giovani che sono il nostro futuro e, come si diceva un tempo, il bastone della nostra vecchiaia, devono appoggiarsi agli anziani per poter sopravvivere! Questi anziani che hanno lavorato una vita nell’illusione di creare un futuro migliore per i loro discendenti, lasciano un’Italia più povera, senza certezze, paralizzata e senza sbocchi, sfiancata da scandali continui ed insopportabili creati da chi, avendo in mano il potere politico ed economico e con la connivenza di coloro che avrebbero dovuto controllare e prendere gli opportuni provvedimenti, ne ha vergognosamente approfittato, a danno di tutti i cittadini. Sì, di quei cittadini che, come il “nostro“ nonno, pagano rigorosamente le tasse “una settimana prima della scadenza, per non dimenticarsi,” che vedono i loro risparmi di una vita esaurirsi paurosa-

mente, senza possibilità di reintegro, che guardano al futuro con apprensione ed angoscia. I GIOVANI, CHE FUTURO PER I NOSTRI GIOVANI ? NO, L’ITALIA NON E’ PIU’ UN PAESE PER GIOVANI ! Essere giovani significa avere certezza di sicurezza sociale, speranza di trovare un lavoro fisso, di formarsi una famiglia, di avere dei figli, come rientra ed è sempre rientrato nella normalità dell’esistenza. Oggi, come alimentare questa speranza? Contando sulla solidarietà e l’aiuto della famiglia, che sono destinati ad esaurirsi e finire? Le statistiche sono impressionanti: in Italia, sotto i 24 anni, il tasso di disoccupazione dei giovani supera il 35 per cento, al Sud non trova lavoro il 48 per cento delle donne (alla faccia delle pari opportunità e delle quote rosa !), i pochi posti di lavoro reperibili dai più fortunati sono precari ed a termine. QUESTA E’ LA SICUREZZA DEL DOMANI? Ma c’è un altro dato significativo: moltissimi giovani abbandonano la scuola prima del tempo e sono più di due milioni quelli che, frustrati da una ricerca

di lavoro senza risultati e senza fine, non studiano, non lavorano e non cercano nemmeno più un’occupazione. Un quadro sconfortante e drammatico! Eppure tanti giovani hanno desiderio di fare nuove esperienze e di mettersi in proprio. Sono state aperte così migliaia di partite IVA, di piccole aziende individuali, di siti Web, di blog. Tutto questo però, ha alimentato un mercato delle illusioni, mettendo a nudo la scarsa capacità imprenditoriale, frutto di inesperienza e di eccessiva improvvisazione tanto che, come ha recentemente riportato la stampa economica, migliaia di piccole aziende giovanili hanno cessato l’attività o per chiusura anticipata o per fallimento. Occorre dunque, da parte dell’economia e della politica, - governo tecnico o partitico, ai fini che ci interessano non ha importanza – una forte presa di posizione per la ricerca di soluzioni condivise che diano slancio alla produttività ed alla ripresa economica, con un forte sostegno alle politiche giovanili ed all’occupazione dei tanti giovani che vedono svanire le loro speranze nel futuro. E questo è il male peggiore che possa colpire una società!

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SOCIETÀ E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Benedetta MAGRI

GIOVANI

Segui Einstein: immagina, è più importante che conoscere Genova ha ospitato il X Festival della Scienza. Oltre 300 eventi nelle piazze, nei palazzi storici e nei musei della città

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mmagina di vivere in un mondo in cui non ci siano legami tra azione e reazione. Come sarebbe alla mattina dare una spinta verso il letto e cercare di alzarsi, ma non riuscirci, perché la nostra azione non è seguita da una reazione. Probabilmente sarebbe un mondo di caos, un mondo senza logiche, un mondo dove la scienza dovrebbe essere ripensata a partire proprio dal terzo principio della dinamica. Il potere dell'immaginazione però potrebbe salvarci: infatti c'è già chi si è divertito a immaginare un mondo a n-dimensioni, ad esempio. Quest'anno ci saranno degli esperti a chiedere ai giovani di sforzarsi di immaginare e lo faranno in una cornice particolarmente importante: il decimo Festival della Scienza a Genova dal 25 ottobre al 4 novembre. Sul sito della manifestazione si legge: "Immaginazione come stimolo, differenza, personalità, libertà, coraggio di intraprendere nuove sfide". Ecco il messaggio che gli studiosi che hanno aderito alla manifestazione voglio trasmettere e per questo si rivolgono ai giovani, perché nel momento storico in cui viviamo, passando attraverso una crisi strutturale non possiamo fare altro che cercare di guardare ai nostri valori e immaginare un nuovo modo di costruire la società e di conseguenza l'economia e le nostre abitudini. Come trasmettere un messaggio così importante? Ispirandosi ad Albert Einstein. Il metodo scelto è quello di rendere la scienza accessibile a tutti e trasformarla in un gioco, che diverta, stimolando l'immaginazione e quella parte del nostro cervello anche definita subconscio, dove accumuliamo tutti i nostri pen-

sieri slegati dalla razionalità. Spesso Einstein è una figura amata dai giovani per la sua grande attrattiva, per come si presentava al mondo, ma soprattutto per le affermazioni che faceva: una di queste sembra che l'abbia pronunciata apposta per l'argomento: “L’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, mentre l’immaginazione abbraccia il mondo, stimolando il progresso e facendo nascere l’evoluzione”. Come non potrebbero essere d'accordo i giovani? Facciamo fatica ad apprendere, ma molti di noi non hanno alcun tipo di problema a sognare, l'unico ostacolo viene posto dalla messa in pratica, ma chi ci riesce diventa protagonista di storie incredibili, come i giovani di Rovio ideatori e progettatori di Angry Birds, un video gioco (con esclusivo scopo ludico) che ha catturato il mondo e ha permesso la nascita di una delle cosiddette start up, tra le più redditizie al mondo. Sul sito del Festival si notano alcune idee precise: catturare i giovani mostrando gli esempi passati e celebrare il Nobel per la Pace conferito all'Unione Europea. Le possibilità di partecipare sono innumerevoli e al link www.festivalscienza.it/site/home/informazioni.html è possibile leggere ogni indicazione su prezzi, luoghi, orari, tipo di manifestazioni e ospiti illustri. Sul nostri territorio la partecipazione a questa manifestazione è molto diffusa, infatti le scuole quasi sempre cercano di coinvolgere gli alunni, portandoli sul campo per affrontare e vivere i labora-

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tori ritenuti più interessanti. Ogni professore si deve impegnare per organizzare una giornata tra mostre, conferenze e laboratori, ma il risultato è sempre ottimale, perché, soprattutto nei laboratori, i ragazzi sono completamente proiettati in una realtà scientifica che spesso riescono a tastare con mano e comprendere senza problemi, a differenza di quanto accadrebbe sui libri in classe. Quest'anno si festeggia anche un altro momento molto importante. Infatti, 500 anni fa Ettore Vernazza ha immaginato qualcosa, che la sua città alla sua morte avrebbe dovuto essere rivalutata. Ha immaginato che le persone che vivevano in essa, dovessero avere ulteriori possibilità, ha immaginato che si dovesse diffondere maggiormente una scienza che avrebbe potuto salvare numerose vite. Così sono nate le prime 4 cattedre di Medicina, grazie a un lascito testamentario di una persona che aveva saputo immaginare. Per questo, tra gli eventi, alcuni saranno proprio dedicati a una disciplina così sentita e così tanto "immaginata e sognata" dai giovani. Quanti durante l'estate dopo la maturità immaginano come sarebbe sedersi tra quei banchi, immaginano un giorno di poter svolgere quella loro passione, ma poi al test non è la loro capacità imma-

ginativa che fornisce loro la chiave di accesso a quel tanto ambito posto, si tratta della conoscenza. (Einstein non ne sarebbe proprio contento...) Però, dopo tale sconfitta, è di nuovo l'immaginazione a salvare gli studenti: la capacità di riciclarsi o di creare una possibilità diversa, che prima non si sarebbe considerata. Ogni ostacolo stimola la necessità di immaginare e chi ci riesce produce quasi sempre qualcosa di incredibilmente nuovo e vincente. Dunque, giovani, ogni nostra sconfitta va presa come uno stimolo, magari tra noi potrebbe nascondersi un nuovo Einstein. Segni particolari? Incompreso sui banchi di scuola e con una foto profilo su Facebook a dir poco ridicola. Potresti essere tu? Il Festival è ideato e organizzato dall’Associazione Festival della Scienza in partnership con Regione Liguria, CNR-Consiglio Nazionale delle Ricerche, Comune di Genova, Provincia di Genova, Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca e Compagnia di San Paolo e in collaborazione con Telecom Italia, che ha realizzato la piattaforma multicanale festivalscienzalive.it per consentire anche al pubblico del web di partecipare interattivamente ai contenuti della manifestazione.

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SANITÀ E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Paolo BELLOSTA

SANTA MARGHERITA

Questione ospedale, finalmente arriva l’OK N

uovi sviluppi sulla questione dell'ospedale, quando ormai il muro contro muro tra comune e Regione sembrava imminente è stato finalmente trovato l'accordo per la consensuale alienazione della struttura. Si conclude, così, una vicenda che ormai cominciava a stancare un po' tutti, un tira e molla noioso e sfiancante, il solito copione che ormai si ripeteva da tempo. Una risoluzione che sembrava lontana e che mette la parola fine alla sconsiderata gestione della struttura ospedaliera di Santa, non potremo certo parlare di un epilogo trionfale ma è anche vero che il rischio di perdere l'ospedale e di rimanere a bocca asciutta era più che concreto, oltre al danno si stava materializzando pure la beffa, fortunatamente scongiurata. Le evoluzioni degli ultimi mesi non promettevano nulla di buono. Con il voto unanime del 25 luglio il consiglio comunale si era pronunciato a favore dell'alienazione della struttura ospedaliera, a patto, però, che certe condizioni fossero rispettate. Quando tutto sembrava fatto, lo scorso 27 settembre, la Regione ha lasciato intendere che due dei punti principali dell'accordo non sarebbero stati rispettati.

Uno di questi riguardava i 130 posti auto di cui si era tanto discusso, i quali a detta delle direttive regionali non sarebbero stati gestiti dal comune ma da un privato in convenzione con il comune stesso. L'altro snodo cruciale era quello della quota di edilizia convenzionata destinata al comune, scesa, senza alcuna spiegazione, dal 25 al 10%. Le poche certezze rimaste riguardavano la piastra ambulatoriale e il diritto al 10% del ricavato della plusvalenza sulla vendita della struttura. Facendo un semplice esempio, se la transizione si quantificasse attorno ai 12 milioni portando quindi nelle casse regionali un surplus di 2 milioni rispetto alla base d'asta di 10, il comune avrebbe avuto diritto al 10% di questa plusvalenza. Lo scenario fino a una decina di giorni fa non prometteva nulla di buono, il consiglio comunale sembrava ormai deciso a ricorrere al Tar. Fortunatamente però le parti sono riuscite a trovare un accordo, determinante è stata la mediazione del presidente della Regione Claudio Burlando e dell'assessore Gabriele Cascino, i quali hanno sostituito l'ex vicepresidente Marylin Fusco, invischiata nella questione del porto di Ospitaletti.

Il comune è stato accontentato sia per quanto riguarda la questione dei posti auto, anche se pare che il numero di questi ultimi sia di poco superiore alla metà di quelli inizialmente richiesti, che per la percentuale di edilizia convenzionata, inoltre avrà a disposizione 800 metri quadrati fra servizi pubblici e piastra ambulatoriale, insomma le richieste fatte dalle Commissioni Sanità e Territorio, rispettivamente guidate dai presidenti Piero Chiarelli (Pdl) e Iolanda Pastine (Progetto per Santa), sono state accolte in pieno. Come previsto l'immobile verrà acquistato da privati, i quali potranno destinare la struttura ad albergo, appartamenti o a residence, il prezzo di partenza, come già detto, sarà di dieci milioni. Lo scorso 30 ottobre, dopo il via libera del consiglio comunale, la conferenza dei servizi ha emesso l'ultima parola su questa spinosa questione, ufficializzando il tutto. Dopo interminabili dibattiti e continue discussioni termina, almeno per quanto riguarda l'alienazione dell'edificio poi per la vendita vera e proprio sara tutta un'altra questione, una commedia che durava da tanto, da troppo tempo. Una vicenda che ha assunto tratti grotteschi e che ha ri-

schiato di concludersi nel peggiore dei modi, con uno scontro tra comune e Regione che, come spesso accade, non avrebbe portato altro che ulteriori problematiche. Ovviamente le incognite restano, aver perso un ospedale e ritrovare al suo posto alberghi e appartamenti non è certo un successo, anzi tutt'altro. Essere riusciti a mettere una pezza a una questione che rischiava di degenerare non può essere spacciata, come molti vorrebbero farci credere, per un'abile operazione politica. Sicuramente per la situazione che si era creata è stato raggiunto il miglior risultato possibile però è anche vero che la comunità è stata privata di un servizio basilare. Ora aprire altre parentesi sull'incauta amministrazione dell'ospedale mi sembra superfluo, l'unica cosa che mi auguro è che questa situazione serva da monito per il futuro. Gli errori del passato non sempre si possono cancellare, l'unica speranza è quella di non dover mai più assistere a una gestione così scellerata del bene pubblico. Anche se dubito che gli interessi della comunità verranno mai anteposti a quelli dei politici di turno, purtroppo il dio denaro verrà sempre messo al primo posto.

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STORIE DI MARE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Carlo GATTI

DEVOZIONE

A Carloforte la Madonna dello Schiavo Nel 1542 un nucleo di marinai e pescatori partì da Pegli e dai vicini paesi della riviera ligure, al seguito del potente casato genovese dei Lomellini. Quando il corallo cominciò a scarseggiare iniziarono i problemi di vicinato

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erso la metà degli anni ’60, La Società Rimorchiatori Riuniti di Genova rinforzò la sua già potente flotta (50 unità circa) con nuove costruzioni finanziate in parte dalla Cassa del Mezzogiorno. Con questo escamotage politico-economico furono varati sei potenti ‘mastini’ ai quali vennero assegnati tipici nomi sardi: Torregrande, Casteldoria, Nuraghe, Capo Ferro, Capo Testa, Capo Caccia. Avevano una banda blu, pitturata sopra il bottazzo, che correva lungo il panciuto scafo nero e facevano compartimento Cagliari, la cui scritta era ben visibile sulla poppa. Una clausola dell’operazione prevedeva che l’armatore assumesse equipaggi sardi che, guarda caso, furono reclutati in larga parte a Carloforte (Isola di S.Pietro), baluardo di scuole nautiche d’eccellenza, e di grande tradizione marinara. In quegli anni i carlofortini (alias carolini) erano sparsi ovunque sulle navi della marina mercantile di Stato, di quella Libera ed anche militare. I nuovi ‘barcaccianti’* sardi furono accolti come lontani parenti che ritornavano a Genova dopo tanti anni di lontananza storpiando un po’ il dialetto, ma che di Genova-Pegli ne sapevano più di tanti locali... La comunità composta di marinai, motoristi, ma anche comandanti ed ufficiali non solo s’inserì facilmente nel tessuto portuale sotto la Lanterna, ma fu subito stimata per le qualità marinare che dimostrò anche nella nuova e difficile attività dei ‘rimorchi d’altomare’.

L’isola di San Pietro

Dai loro racconti, ben presto venne alla luce la sofferta storia di quest’antica etnia di corallari ‘pegioti’, inviata a Tabarka (Tunisia) dalla nobile famiglia dei Lomellini e per i barcaccianti autoctoni, meno acculturati, si trattò di una autentica scoperta. La storia si diffuse su tutti i bordi e in breve tempo, non pochi scelsero u schéuggio come meta delle loro vacanze. Da una conoscenza più approfondita emerse allora che l’identità di questa minoranza, non solo correva lungo il meridiano che passa per Ge-Pegli, l’isola di S.Pietro e l’isolotto di Tabarca in Tunisia, ma che queste sparse radici sostenevano un unico tronco ben piantato nella terra dei nuraghi. Già, i tabarchini si sentono più sardi che continentali ed é giusto che sia così! Se in tutto il mondo ogni isola attrae i suoi figli con una speciale forza magnetica, i carlofortini o carolini sentono ancor di più questa triplice forza ‘insulare’ in virtù, anche, della consapevolezza di sentirsi una maglia d’unione tra l’Europa e l’Africa. A questo punto, per chi non si fosse

Spiaggia da Bobba (Carloforte)

Il Forte genovese di Tabarca ancora imbattuto in questa simpatica comunità etnica che parla il dialetto genovese, consigliamo di seguirci in questa veloce cavalcata storica... Nel 1542 un nucleo di marinai e pescatori partì da Pegli e dai vicini paesi della riviera ligure, al seguito del potente casato genovese dei Lomellini che aveva avuto concessioni territoriali in Nord Africa, e s’insediò sulla costa e sull'isolotto di Tabarka (Tunisia) che si trova nei pressi del confine con l’Algeria. La loro storia prese avvio con redditizi traffici commerciali di spezie e stoffe pregiate, ma soprattutto con la pesca e la vendita del corallo che durò fino al 1738, anno in cui partì la prima richiesta di rimpatrio. Dopo una pacifica convivenza con le altre comunità della zona magrebina, durata ben 196 anni, la concessione dei Lomellini diventò improvvisamente un problema. Sui fondali intorno all’isola cominciò a scarseggiare il corallo, i mercati languirono e iniziarono a moltiplicarsi le incomprensioni. Le contestazioni politico-commerciali con alcuni rais locali si risolvevano sempre più spesso con l’uso della violenza contro la comunità cristiana. Le convivenza prese una pessima piega quando cessò il dialogo, e il ricatto e la schiavitù diventarono le uniche armi imposte da chi regnava a Tunisi o ad Algeri in quel momento. Per questi motivi, stanchi di crescenti vessazioni, una parte dei Tabarchini, con a capo Agostino Tagliafico, nel 1738 chiese al re Carlo Emanuele III di Savoia di rimpatriare in un luogo sicuro, in pace e libertà, per continuare i commerci

Stemma di Carloforte con il resto del Mediterraneo. Fu scelta l'isola degli Sparvieri, allora deserta, mediante una regolare infeudazione. Oggi l’isola si chiama San Pietro e si trova in prossimità della costa Sud-Occidentale della Sardegna. Grati per la soddisfacente sistemazione, i nuovi abitanti dell’isola eressero una statua in onore del Re nella piazza principale del Paese (U Pàize) che fu chiamato Carloforte come segno di riconoscienza e fedeltà. A San Carlo Borromeo fu invece dedicata la Chiesa parrocchiale. Il Re donò per l'occasione un pregiato quadro raffigurante il Santo Patrono, ancora oggi situato nell'abside della Chiesa. Nel 1770, un seconda comunità di coloni provenienti da Tabarka s’insediò nella vicina Isola di Sant'Antioco, sul lato prospiciente l'Isola di San Pietro, dove fu fondato il paese di Calasetta. Evidentemente, i conti tra i tabarchini e i berberi nordafricani non si erano chiusi definitivamente. Infatti, il 3 settembre 1798, nelle primissime ore del mattino, gli equipaggi di tre navi corsare algerine


fino ai giorni nostri, spiccano personaggi divenuti famosi nel mondo dell'arte, della cultura, della politica, nelle armi, delle arti e dei mestieri. Una parte cospicua della sua etnia risiede in tutti i continenti, non solo per necessità, ma per vocazione marinaresca, tanto che molti anziani ritornano a pösâ e osse nella loro terra d'origine: ‘u schéuggio’. Carloforte é gemellata con le seguenti città: Tabarca (Spagna) - Camogli, dal 2004 - Montecchio Maggiore, dal 2009.

Chiesa della Madonna dello Schiavo. A destra, la Statuetta ritrovata

sbarcarono nel porto di Carloforte e l’isola subì una feroce incursione piratesca. 933 carlofortini (circa la metà degli abitanti dell’isola) furono catturati, deportati e tenuti schiavi a Tunisi per cinque anni, fino al 24 giugno 1803, giorno in cui furono riscattati e poterono ritornare in patria.** Sono passati ormai 215 anni da quella tragica ‘Via Crucis’ sofferta dai deportati carlofortini. Quale ricordo é rimasto oggi nel cuore e nella mente dei suoi discendenti? Oltre all’incancellabile ‘passaparola’ tramandato come un tam-tam di generazione in generazione, é rimasta per sempre una testimonianza di fede che vale la pena ricordare. Durante il quinquennio di schiavitù, il prigioniero Nicola Moretto, un ragazzo che era riuscito a farsi benvolere dal suo padrone e quindi a godere di qualche libertà, rinvenne sulla spiaggia di Nabeul, vicino a Tu-

nisi, una statua lignea. Quel pezzo di legno, nonostante fosse consumato dalle burrasche e corroso dalla salsedine, conservava ancora i lineamenti di una Madonna con il Bambino. Il ragazzo, come preso da un incantesimo, la nascose nel suo mantello e la riportò a casa difendendola dalla curiosità degli altri servitori musulmani. Riuscì a fatica a consegnare la statua a don Nicolò Segni, che dopo una sommaria ‘ritoccata’ la pose subito in venerazione. Il ritrovamento, é facile immaginarlo, fu accolto come un segno tangibile della protezione della Vergine e, improvvisamente, il morale dei deportati passò dalla disperazione alla speranza, e quindi alla fiducia in una prossima liberazione. Fu un evento miracoloso? Quei 933 disperati lo interpretarono, sicuramente, come un segno del cielo che avrebbe dato, prima o poi, i suoi frutti. Da quel fatto ebbe origine il culto della "Madonna

dello Schiavo" protettrice dei Tabarkini. Si tramanda che persino i musulmani, che venerano Maria (Maryam) e credono nella sua eccellenza e verginità, guardarono a quel ritrovamento con profondo rispetto e, da allora in poi, trattarono con maggiore rispetto gli schiavi cristiani. Successivamente, re Carlo Emanuele IV di Savoia pagò un oneroso riscatto e gli schiavi poterono ritornare in Sardegna.*** La piccola statua della Madonna fu portata anch'essa a Carloforte e per accoglierla fu costruita l'omonima Chiesa della "Madonna dello Schiavo". Le persecuzioni piratesche continuarono ancora per diversi anni, fino a quando il fenomeno fu definitivamente represso in tutto il Mediterraneo. Ma questa é un’altra storia. Concludiamo questo rapido sguardo a “volo d’uccello” segnalando che nella storia della comunità Carolina, dal 1738

NOTE * La parola Barcacciante, deriva probabilmente dal termine francese ‘barcasse’ che indica un’imbarcazione portuale tuttofare. ** Solo sei carlofortini, per salvarsi dalla schiavitù, abiurarono la fede cristiana divenendo musulmani. Gli altri perseverarono, sostenuti da un certo don Nicolò Segni, che aveva seguito volontariamente i suoi concittadini nella prigionia; può essere interessante sapere che tale don Segni è un lontano parente della ben nota famiglia di politici sardi. *** I padri Mercedari si impegnarono a fondo nella raccolta della somma necessaria per il riscatto, che, rispetto ai valori di allora, fu enorme: 655.000 lire sarde; della somma il 12% era stato raccolto dai frati, mentre il resto fu a carico delle famiglie degli schiavi e del Regno sardo. L’evento della liberazione ha avuto il suo epilogo nel santuario di Bonaria (Cagliari), retto dagli stessi Mercedari, con una particolare celebrazione di affidamento a Maria Santissima.

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CULTURA

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di Massimo BACIGALUPO

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

INCONTRI LETTERARI

“Sabato in Biblioteca” - Bilanci e prospettive o perso il conto di quando, per iniziativa della Biblioteca e del Comune di Rapallo, è iniziata la serie di incontri “Sabato in Biblioteca” nella cui organizzazione sono stato via via affiancato dal poeta Giorgio Gazzolo (primo promotore della serie), dalla poetessa e lettrice Lucetta Frisa e, fra le quinte, dal letterato e musicologo rapallese (ma ora ragusano per insegnamento) Nicola Ferrari, che da poco ha pubblicato un libro di saggi dotto e divagante fin dal titolo: Una casa colma di echi. Figure classiche narrazioni contemporanee. Sarà suppergiù un decennio che si tengono i nostri incontri mensili, visto che ci furono interventi di vecchi maestri come Michel David, che da alcuni anni si è ritirato nella natia Savoia, e del poeta e drammaturgo Vico Faggi, che è scomparso nel 2010, lasciandoci questi versi lapidari intitolati Ave atque vale: “Preparati il bagaglio. Per il viaggio / ti si concede poco: / qualche ricordo, un viso, le parole / che ti furono care. // Non scegliere. La scelta / è decisa da sempre: / sono i ricordi, il viso, le parole / che ti punsero il cuore”. Quando li lessi li tradussi in inglese e li mandai agli amici all’estero, non molti dei quali (come non molti in Italia) conoscono questo notevole scrittore, sempre disponibile e lucido (nella vita si chiamava Alessandro Orengo e aveva fatto il magistrato). Una figura importante e limpida di tutto il dopoguerra (era nato nel 1922). Ne organizzammo infatti un ricordo per uno dei nostri sabati, in cui furono donati dalla figlia al pubblico alcuni dei suoi ultimi libretti. Ecco uno scrittore un’antologia delle cui poesie andrebbe ristampata, e soprattutto letta e conosciuta. Un altro maestro ligure di cui si è parlato in Biblioteca, nel 2005, è stato l’italianista e montalista Franco Croce

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da Mario

(le cui ottime trasmissioni su La bufera e Satura si possono oggi riascoltare sul podcast di RaiRadio2). Come nel 2011 si è ricordato il suo estroso e geniale collega Edoardo Sanguineti con una lettura e interpretazione dei suoi anagrammi poetici. La poesia ha infatti avuto spazio, come del resto biografia, saggistica e musica. Un gruppo di lettura organizzato dalla libreria Feltrinelli e dal Teatro della Tosse nella persona di Pietro Fabbri ha interpretato alcuni grandi testi: Il Gattopardo, Moby-Dick, I fratelli Karamazov. Naturalmente in un’ora non si può dare che un assaggio, ma queste letture accompagnate da alcune annotazioni di uno specialista sono una preziosa introduzione a libri veramente indispensabili per raccapezzarsi nella nostra storia e condizione umana. A Rapallo con il Premio alla Donna Scrittrice e altre attività non manca l’informazione sull’attualità letteraria. Nei “Sabato in Biblioteca” si è preferito occuparci di autori che restano punti di riferimento. La grande letteratura fa parte della storia ed è storia, ed è come documento fondamentale nonché arte e poesia che si ripropone. Non sono peraltro mancate incursioni nelle curiosità locali, il circolo letterario Pound-Saviotti-Andreae, il caricaturista inglese Max Beerbohm (personaggio del resto di tutto rispetto sia come arte che come storia), persino una piccola ricerca su Villa Molfino... E così in questi anni si sono toccati tanti argomenti incontrando direi l’interesse di un pubblico anche giovane (che è stato coinvolto ad esempio nelle letture di testi). Vediamo di ricordare i momenti dell’annata trascorsa. A ottobre Aldo Viganò, ottimo conferenziere e critico, ha parlato di ciò che offriva la sta-

Trattoria a Rapallo dal 1 9 6 3

Un incontro alla Biblioteca di Rapallo, aprile 2012. Alberto Nocerino e Roberto Pelleray presentano il loro libro sulle scuole di scrittura, con esempi pratici di esercitazioni.

gione 2011-12 del Teatro di Genova, da Ruzante a Pinter. Anche quest’anno, il 20 ottobre, Viganò ci regala una conferenza su ciò che ci aspetta, intitolata “Dal testo alla scena”. Sulla locandina appaiono il frontespizio delle opere di Shakespeare e due scene da Molto rumore per nulla, in scena a ottobre al Teatro Duse in una produzione giovane, allegra e riuscita. Ma torniamo un attimo alla stagione passata, che è mia intenzione riassumere in questo intervento, a futura memoria. A novembre 2011 il critico cinematografico Nuccio Lodato, vecchia conoscenza rapallese, e Francesca Brignoli hanno raccontato Ingrid Bergman, cui hanno dedicato un libro edito da Le Mani. Lodato ama criticamente le grandi e fini interpreti, e ricorda sempre di averne incontrata di persona una leggendaria al Bristol di Rapallo. Il nome non ve lo dico, magari ce lo dirà lui in una prossima occasione. A dicembre ci fu il ritorno a Rapallo di Maria Jatosti, la compagna di Luciano Bianciardi, con il figlio che creb-

bero insieme qui nella casa pentagonale presso il casello dell’autostrada e davanti alla chiesetta di S. Anna. Jatosti è autrice di vivaci e combattivi volumi di ricordi fra cui Per amore e per odio di cui ci parlò a Rapallo, e Tutto d’un fiato. Un resoconto di questo suo felice ritorno a “Nesci” (come Bianciardi chiamava Rapallo) è apparso sul “Mare”, gennaio 2012. Veniamo al 2012. Com’è ormai tradizione, a gennaio Renato Venturelli ha tenuto un’affollata conferenza sui migliori film dell’anno passato. Oggi i cinema vengono disertati, ma le persone curiose e informatissime non mancano, a giudicare dall’attenzione che le classifiche del vivace Venturelli suscitano. Qual era il film migliore? Lo potete leggere nel resoconto della conferenza apparso sul “Mare” di febbraio 2012 (il numero con Punta Chiappa e una nave da crociera in copertina). Infatti i nostri relatori non solo non li paghiamo, ma gli chiediamo anche qualche volta lo sforzo ulteriore di riassumere per nostro comodo e piacere la loro conferenza. A febbraio una signora dell’editoria

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italiana, Rosellina Archinto, genovese, ci ha parlato di 25 anni di attività editoriale e di uno dei suoi scrittori più cari, Alberto Manguel (oggi organizzatore del festival letterario internazionale “L’altra metà del libro”, Genova, Palazzo Ducale, 16-18 novembre 2012). Rosellina è famosa per aver deciso, unica in Italia, di pubblicare soprattutto lettere (fra cui mi piace ricordare le straordinarie Lettere a Scottie di Fitzgerald da me curate nel 2003). Il bello di questi incontri è comunque conoscere studiosi e critici ma anche dei personaggi che hanno attraversato gli ultimi decenni. Risvegliare la memoria, far conoscere il passato recente, quello buono, per poter procedere

meglio, con conoscenza di causa. Archinto con la sua lunga passione editoriale (come del resto Luigi Brioschi della Guanda, che è anche stato nostro ospite) è una figura esemplare e comunque una testimone preziosa. L’incontro di marzo è consistito in una lettura a più voci, con il critico Francesco De Nicola e i ragazzi delle scuole, di un grande della nostra poesia recente, Giorgio Caproni, un poeta che ha l’arte difficile di piacere e che è diventato un bestseller un anno fa con la riedizione illustrata di una sua famosa “litania”, Genova che è tutto dire (Il Canneto), un libretto da regalare, come si dice, e da regalarsi. Così anche la grande poesia ha avuto la sua parte. Ad aprile è stato il turno

delle scuole di scrittura, illustrate da Alberto Nocerino e Roberto Pelleray: argomento che incuriosisce e ha una valenza formativa e professionale. Come prepararsi alla scrittura creativa e non solo? La stagione si è conclusa con la lettura già ricordata dei Fratelli Karamazov, introdotta da Laura Salmon, che non ha mancato di provocare scalpore, dato il carattere tuttora scandaloso delle riflessioni del Grande Inquisitore. Ora il lettore vorrà sapere cosa lo attende negli incontri in preparazione. Ci saranno gli appuntamenti ormai tradizionali: Viganò per il teatro, Venturelli per i film da non perdere, il gruppo di lettura con un classico (magari l’Ulisse di Joyce, o Tabucchi?).

Sabato in Biblioteca 2011-2012 22-10-2011 19-11-2011 17-12-2012 21-1-2012 25-2-2012 24-3-2012 21-4-2012 19-5-2012

Libri citati in questo articolo, disponibili in Biblioteca e nelle librerie

Teatro - Aldo Viganò Ingrid Bergman - Nuccio Lodato e Francesca Brignoli Romanzo e memoria - Maria Jatosti Cinema - Renato Venturelli Editoria – Rosellina Archinto Giorgio Caproni – Francesco De Nicola Scuole di scrittura - Roberto Pelleray e Alberto Nocerino Dostoevskij - Pietro Fabbri e Laura Salmon

GIORGIO CAPRONI, Genova ch’è tutto dire, commento di Luigi Surdich, immagini di Patrizia Traverso, Il Canneto, 2011, pp. 226, € 15,00. NICOLA FERRARI, Una casa colma di echi. Figure classiche narrazioni contemporanee, Editori Riuniti University Press, 2011, pp. 222, € 18,00. F. SCOTT FITZGERALD, Lettere a Scottie, con lettere inedite di Scottie Fitzgerald, a cura di Massimo Bacigalupo, Archinto, 2003, pp. 208, € 18,50. MARIA JATOSTI, Per amore e per odio, premessa di Pino Corrias, Le mani, 2011, pp. 267, € 17,00.

Sabato in Biblioteca 2012-2013 - programma previsto 20-10-2012 17-11-2012 15-12-2012 19-1-2013 16-2-2013 16-3-2013 13-4-2013 8-5-2013

MARIA JATOSTI, Tutto d’un fiato, introduzione di Mario Lunetta, Stampa Alternativa, 2012, pp. 159, € 15,00.

Teatro –Aldo Viganò Un inglese in Italia – Matthew Spender Charles Dickens – Massimo Bacigalupo Liana Millu – Francesco De Nicola Cinema – Renato Venturelli Giovanni Pascoli – Elena Salibra Storia e cucina ligure – Sergio Rossi Letteratura – Pietro Fabbri e La Feltrinelli-Teatro della Tosse

È in uscita

Natale a Rapallo 2012

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Guida Storico-pratica alla visita dei

RESEPI nel territorio di Rapallo

Sotto Natale faremo qualcosa su Dickens in chiusura dell’anno di celebrazioni del suo bicentenario. E a gennaio, per il Giorno della Memoria, sarà bello ricordare la scrittrice Liana Millu, una sopravvissuta al genocidio del tutto fuori schema (vedi il suo Il fumo di Birkenau). Un programma di massima è pubblicato qui accanto. Per dettagli e variazioni gli interessati possono informarsi presso le amiche della Biblioteca Internazionale, una delle istituzioni culturali rapallesi più preziose e confortevoli, che in questi tempi di tagli va sostenuta con entusiasmo. Buone avventure dunque fra classici e moderni, scaffali e visioni. Oltre le finestre della Biblioteca, il mare.

NUCCIO LODATO e FRANCESCA BRIGNOLI, Ingrid Bergman, la vertigine della perfezione, Le Mani, 2011, pp. 334, € 18,00. LIANA MILLU, Il fumo di Birkenau, prefazione di Primo Levi, Giuntina, 1986, pp. 165, € 14,00 ALBERTO NOCERINO E ROBERTO PELLERAY, Laboratori di scrittura. Istruzioni per una ginnastica alfabetica infinita, Graphofeel, 2011, pp. 140, € 12,00

La AGB Busco Edizioni presenta una nuova pubblicazione:

“RAPALLO... UN SOGNO” una raccolta di fotografie e cartoline inedite della Rapallo dei primi del Novecento fino agli anni Cinquanta. Compilando la cedola sottostante il libro potrà essere prenotato presso la AGB Busco Edizioni, in via Volta 37 al prezzo ridotto di 15 euro.

IL SOTTOSCRITTO RESIDENTE A VIA

Natale a Rapallo 2012 Guida Storico-pratica alla visita dei PRESEPI nel territorio di Rapallo

TEL. PRENOTA N°

COPIE DEL VOLUME

“RAPALLO... UN SOGNO” AL PREZZO UNITARIO DI EURO 15,00

Firma


RICORDO O SOGNO? QUANDO... E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Mauro MANCINI

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RAPALLIN

La Marina (a Mainn-a) / 2

1926: lo chalet Marsala poco prima della demolizione

1908: lo chalet delle Saline oggetto dei “mugugni”

el numero di luglio avevamo interrotto il nostro pellegrinare attraverso i ricordi del passato, ormai ben conosciuto da tutti voi come ’ö Gïo di misci’, descrivendo i primi lavori per la costruzione della passeggiata a mare a partire dal lato ovest. Già nel 1908 erano nati però i primi ’mugugni’ per l’occupazione abusiva di alcuni stabilimenti balneari nel periodo invernale; problemi attualissimi a distanza di giusto un secolo. Rileggiamo un articolo apparso su ’Il Mare’ del 26 settembre 1908, sotto il titolo ”Contro le usurpazioni, una saggia disposizione Ministeriale. Una circolare del Ministro della Marina richiama vivamente le Autorità Marittime sulla vigilanza d’usurpazioni della proprietà pubblica sul mare e sul litorale. Tale saggio provvedimento, se fosse stato emanato con un po’ più di sollecitudine, avrebbe risparmiato a Rapallo tante occupazioni che oltre a togliere la visuale del mare ed ogni accesso alle spiagge… avrebbe risparmiato proteste e perfino un comizio al quale presero parte tutte le Autorità. Ad ogni modo, meglio tardi che mai”.

N

Ancora da ’Il Mare’ del 13 ottobre 1909 una rubrica dedicata ai nostri alberghi così ci racconta dell’hotel Marsala, famoso per pranzi e cerimonie con il suo chalet sul mare: ” E’ forse uno dei più piccoli hotels di Rapallo, ma non per questo dev’essere trascurato. Anzitutto è primo fra i restaurants ed il suo proprietario ha un merito grandissimo: dal nulla, (il Marsala era un’osteria) il bravo amico ”Drinin” lo elevò a gareggiare con i primi restaurants della Riviera. L’albergo è piccolo, però ha tutto il conforto desiderabile; ultimamente fu impiantato il telefono in ogni camera. E’ perciò che noi vogliamo annoverare il nostro ”Drinin”- Oneto Andrea- fra i primi della nostra rubrica”. Puntuale come sempre e con un pizzico di polemica costruttiva, ’Il Mare’ segue nei decenni il procedere della costruzione della passeggiata a mare e nel momento in cui giunse quasi al termine, il 24 luglio 1926 così raccontava: ”Un altro lavoro, progettato da anni e rimasto sempre insoluto, sta ora compiendo l’Amministrazione Comunale. Vogliamo parlare della demolizione del terrazzo Fontana in fondo alla strada a mare,

1926: la terrazza Fontana

1927: la nuova passeggiata a mare

con la conseguente prosecuzione di questa fino a combaciare col ponte san Francesco e proseguire così a via Montebello e oltre. Il terrazzo Fontana è già demolito per metà e continuano i lavori per radere completamente al suolo la vecchia costruzione e sistemarvi così, con le prefissate modalità, il nuovo tratto di strada. Non pochi sono i cittadini che si recano ad ammirare la demolizione perché ancora, dopo averne per tanti anni parlato, sembra questo di oggi un miracolo. Eppure con un poco di buona volontà anche qui si è riusciti a concludere…..Al libro d’oro dell’Amministrazione Canessa s’aggiunge così un’altra aurea pagina”. Addirittura il quotidiano ” Daily Mail ” del 29 gennaio 1927 fa riferimento a questo nostro ’salotto’: ” Rapallo, il Golfo Tigullio e la nuova passeggiata a mare. Le innovazioni e gli abbellimenti del Golfo Tigullio sono state in massima parte eseguiti e si notano varie sorprese per l’abituale visitatore di Rapallo. La nuova passeggiata a mare testè completata a semicerchio del Golfo Tigullio, spazia con una libera visuale sul mare. Palme,

lampadari, sedili vi furono aggiunti e la splendida passeggiata inondata dal sole è diventata l’attrattiva ed il punto di convegno di tutti. Sulla passeggiata stessa tutti i martedì, giovedì e sabato dalle ore 10 alle 12 hanno luogo concerti orchestrali, una novità che riscuote il plauso generale”. E’ a questo punto che vogliamo concederci, con la nostra ’Combriccola Rapallina’ una visita al lungomare ai giorni nostri: ammiriamo le fronde delle palme, proprio in questi giorni, ben sfoltite che creano una maggiore trasparenza di luce e cielo, l’intenso e tipico verde dei rigogliosi ulivi, il festoso rincorrersi dei bimbi in piazzetta Est, le aiuole giudiziosamente curate dai fantasiosi giardinieri comunali. Seguendo l’esempio col quale si è sempre mobilitato ’il Mare’ nel secolo scorso di evidenziare agli Amministratori alcune situazioni degne di miglioramenti proporremmo: il rifacimento della pavimentazione sul lato mare e la soluzione della continua, soffocante invasione di nuovi tavoli e sedie di bar e ristoranti sui marciapiedi e nelle piazzette.


COME ERAVAMO E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Bruno MANCINI

SCUOLA ELEMENTARE “ANTOLA”

Recita scolastica al Cinema Grifone Alcuni amici ci hanno fatto pervenire le foto che andiamo a pubblicare, scattate in occasione della recita di fine anno scolastico 1954/1955 nei locali del cinema Grifone. Il maestro elementare Renato Elena, genitore di Nico e Mara, appassionato di musica, insegnò a suonare la chitarra a Mario Marenco. Sarebbe curioso chiedergli quali progressi ha fatto nello strimpellare...

Da sinistra: Alfredo Scandiani, Nico Elena, Paola De Luca, Renzo Greco, Maria Elena, ...... Odarda

Da sinistra: Pierluigi Roncagliolo, Mario Marenco, Emilio Carta, Franco Villa, Luciano Repetto, ...... Bertoletti, Nico Elena, .......... Donavich, Giuseppe .............., Renzo Greco.

I “Broccoletti” ricordano Vinicio Temperini

VINCENZO RIVIECCIO

CAMPO SPORTIVO COMUNALE “UMBERTO MACERA” - RAPALLO - 10 GIUGNO 1975 1A EDIZIONE “TROFEO C.R.I.U.”

RUTESE - LETTI’S BROCK 4 - 1 (0 - 1) finale 1° e 2° posto da sinistra in alto: Elio Soppa - Alessandro “Nino” Sorio - Marco Giordano - Emanuele “Benjamin” Di Maggio - Luigi “Gino” Canessa - Giovanni “Gianni” Macchiavello - Lucio Mascardi da sinistra in basso: Gian Carlo Costa - Vinicio Temperini - Mario Rizzo - Bruno Mancini - Attilio Casareto

se ne è andato in silenzio. Persona schiva e rapallese sino al midollo, aveva due grandi passioni: i fumetti, (era amico personale di Luciano Bottaro) e le cartoline illustrate di Rapallo. E proprio grazie alla sua collezione fotografica, messa generosamente a disposizione, era stato possibile realizzare vari volumi: Una finestra su Rapallo, Rapallo come eravamo 1 e Rapallo come eravamo 2, tutti editi dall’Azienda Grafica Busco.


STORIA LOCALE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Pier Luigi BENATTI

MONUMENTI

Un Cristoforo Colombo a misura di emigranti Venne eretto nel 1914 col contributo dei rapallesi e dei “gringos” trasferitisi in folte colonie in Sud America in cerca di fortuna e di benessere

B

astava la proposta “Anemmu pe pignô da Culumbu” a far correre noi ragazzini, in quegli anni Trenta, sotto i pini alla foce del rio “Bogo” e presso il monumento al grande navigatore genovese la cui famiglia, in base a una labile traccia, ritrovata negli archivi dello storico Arturo Ferretto, sarebbe originaria della costa di Sant’Ambrogio poi trapiantata Moconesi. Lui era lassù sull’alto basamento di granito di Baveno, col braccio destro proteso e l’indice puntato verso l’orizzonte, ma il nostro sguardo veniva soprattutto calamitato da quelle figure in bronzo alla base: una col tridente, l’altra avvinghiata al mappamondo, una terza tutta assorta nella lettura, una tenuta prigioniera ed infine quella di una madre proteggente un giovane ignudo. Più avanti, poi, apprendemmo che esse raffiguravano nell’allegoria il dio Nettuno, potenza ostile al mare, l’ignoranza oppri-

mente il mondo, la mancanza di libertà d’azione, la fede sostenitrice di Colombo e la storia pronta a registrarne l’impresa straordinaria. Leggemmo anche che l’autore del monumento era lo scultore Arturo Dresco, nato in Argentina ma operante in Firenze e che l’opera era stata promossa da un comitato costituitosi fin dal 1909. Il costo del monumento ammontò a lire 71.380,37, raccolte in Rapallo, ma anche ad Iquique, Conception, Guayaquil, Santiago del Cile, Buenos Aires e Valparaiso presso rapallesi emigrati nelle Americhe in cerca di fortuna (spesso trovata). Sono i “reduci” ricordati nella scritta incisa sull’opera che, il 21 maggio 1914, veniva inaugurata da Tomaso di Savoia, duca di Genova, presenti gli ammiragli Bettolo e Canevaro, autorità militari e civili, nel corso di una variopinta festa di popolo. Un anno dopo scoppiava il primo conflittto mondiale. Da allora il grande ammiraglio, dal suo punto di osservazione davanti al mare, è stato spettatore di tanti avvenimenti rapallesi. Ha seguito “in diretta” l’alluvione del settembre del 1915 che si portò via il ponte ai suoi piedi e l’argine protettivo; ha visto nascere, rubata al mare, la rotonda poi intitolata al “collega scopritore” Guglielo Marconi. È stato oppresso dal muraglione antisbarco col bunker voluto nel ‘44 dai tedeschi ed è stato avvolto innumerevoli volte dal fumo acre e grigiastro e dall’assordante di migliaia di mortaretti nel ramadan conclusivo della “sparata del Panegirico” il due luglio, quando, dinnanzi alla sua aiuola circolare, colori vivaci e simboli

del sestiere protagonista esaltano la protettrice Regina di Montallegro. Nel 1968, d’intesa con i comandanti delle navi statunitensi ancorate in rada, si onorò il “Columbus Day” il 12 ottobre, mentre non mancò in altra occasione l’estro artistico sorretto da abbondanti libagioni da marinai d’oltre oceano che, nottetempo, si impegnarono a dipingere di minio le statue col risultato che, individuati, il giorno dopo furono accompagnati da membri del “SP” con convincenti legivati manganelli a detergere il malfatto... Innumerevoli volte il nostro monumenti è stato scelto a far da sfondo per fotografie (talvolta qualcuno si è anche arrampicato sulle statue). Lo scrittore e poeta Ezra Pound, di casa fra noi, vi sostò in posa dinnanzi all’obiettivo assieme al letterato inglese Madox Ford nell’agosto del 1932. Se all’inizio di ogni estate Colombo si trovava a curiosare, magari compiaciuto, al di là del filare di cabine balneari, per le festività natalizie assisteva all’arrivo pun-

tuale del luna park con contorno di musichette. Con ben meno entusiasmo deve aver sopportato d’essere sempre più circondato da auto, di ogni tipo e targatura, in sosta o in costante transito. Ora poi, settimanalmente, gli nasce al di sotto la fungaia dei banchi di vendita del mercato e dei camioncini straripanti di merci nel vocìo animato dei convincenti ambulanti e degli acquirenti inseguenti il risparmio. Sembra lontanissimo il tempo quando, nel 1950, il monumento venne affiancato a Palazzo Vecchio di Firenze nel francobollo che le Poste Italiane emisero per la Conferenza Internazionale delle Radiodiffusioni tenutati appunto presso l’Arno e nel nostro Kursaal. Vi sono poi quegli arroganti piccioni che, senza alcun rispetto per l’opera d’arte e la fama del personaggio, li usano come posatoi. Loro sostengono che, in definitiva, vi è un certo rapporto di parentela fra colombi e... Colombo. E questi sembra divertito allorché ne regge qualcuno sul berretto o sull’indice costantemente mirante laggiù verso l’orizzonte.

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ANNI VERDI E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Silvana GAMBÈRI GALLO

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LIGURI

Macché mugugnoni! (al più, inglesi di scirocco) D

emoliamo un luogo comune: i liguri non sono “mugugnoni” a prescindere. Semmai abili nell’ironia corrosiva, poche parole ma taglienti come un bisturi. Umorismo affine del britannico, espresso con quella faccia un po’ così (magnifica genialità di Paolo Conte) idonea a spiazzare l’interlocutore. E’ che noi non urliamo le battute, le offriamo a mezza voce, con nonchalance; e peccato per chi non è abbastanza svelto nel capirle. Risparmiando (è nel DNA…) sulle parole, ma scelte con cura. Letale. Del resto possiamo vantare tra gli “indigeni” nomi di tutto rispetto: Antonio Ricci (Albenga), Dario Vergassola (La Spezia), Maurizio Crozza (Genova), solo per citarne alcuni. Figli o adepti di una vena dissacratoria che ci pulsa dentro, che ha creato la “Baistrocchi” (Enzo Tortora e Paolo Villaggio uber alles), concepì il “Festival dell’Umorismo di Bordighera” (purtroppo non più attivo dal 2006) che premiò due volte il “nostro” Pietro Ardito nel 1985 e nel 1989. Lo stesso Ardito reclutato da Indro Montanelli, per le prime vignette satiriche de “Il Giornale”. E anche i rapallesi, seppur provenienti dal “golfo dei nesci”, vantano buone credenziali. Qui è nato Luciano Bottaro, storico fumettista Disney, cui è dedicata la piazzetta antistante il Castello; presso l’Auditorium delle Clarisse, un manipolo di lustri fa, esordì un festival di comici emergenti: presenziarono certi Andrea Brambilla e Nino Formicola, più avanti noti come Zuzzurro e Gaspare. Senza dimenticare Assessori che, in vista del 1^ aprile (io tra i complici, lo ammetto) sbandierarono una velleitaria apertura della Funivia (biglietti ov-

viamente teorici…), Sindaci che collocarono un gran pavese in blucerchiato sul Castello per l’unico (finora…) primato sampdoriano, amici che spinsero molti ingenui nella ricerca di scaglie d’oro nel Boate. Nessun megafono, molti sussurri, com’è nella nostra indole: un po’ di cattiveria ci sta, ma sempre un passo indietro, lasciando alla “vittima” il definitivo. Fatale.

Da sinistra in alto in senso orario: Pietro Ardito, Luciano Bottaro, Gilberto Govi e Maurizio Crozza

Si sottolineano con la matita blu gli errori gravi, con quella rossa i peccati veniali; per noi liguri giusto un viola pieno, ché non sai mai quanto sia celia e quanto ti si seghi. Il leggendario Gilberto Govi, con una mimica efficace ma garbata, riuscì ad immortalare commedie dai testi piuttosto semplici, diffondendo la nostra “lingua” in altre regioni ed anche all’estero. Personalmente, ho sempre ritenuto Giovanni Bevilacqua (protagonista di “Colpi di timone”) il suo personaggio più nostrano; sicuro di es-

sere malato, espone la verità senza diplomazia, irride i ruffiani. Ogni battuta è un fendente, la reazione liberatoria di chi – per troppo tempo – ha dovuto ingoiare l’arroganza in silenzio: il gesto delle corna esibite a semicerchio (“perché sennò c’è chi vede un dito solo”) è di una meravigliosa perfidia. E forse dobbiamo qualcosa a Cristo-

foro Colombo, che umiliò – durante una cena offerta dal Cardinale Mendoza – alcuni “gentiluomini” spagnoli che lo irridevano, sfidandoli a tenere ritto un uovo. Quando lui ci riuscì, con un colpetto di polso e – immagino – sguardo luciferino, commentò con un laconico: “Bastava pensarci”. Sei sillabe. Trasmesse alla Storia.

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CULTURA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Domenico PERTUSATI

Anno della Fede: la chiesa cambierà stile di vita? U

na domanda questa che a prima vista può essere giudicata “paradossale” o addirittura “blasfema”. Mi pare superfluo precisare che è un interrogativo che si pongono in molti e che, lungi dal mancare di rispetto nei confronti della società fondata da Cristo, è di evidente attualità. Fa parte di quegli argomenti di cui oggi si discute molto. Se è così, vivaddio! Coloro che fanno parte dell’Istituzione ecclesiastica dovrebbero prenderne atto dal momento che non possono ignorare che la frequenza in chiesa è molto diminuita e che soprattutto i giovani hanno abbandonato le pratiche”tradizionali”. Occorre, anziché indignarsi, esaminare con vero senso di responsabilità questa difficile situazione e impegnarsi con umiltà e coraggio per correggere, rivedere e rimediare. La Chiesa “regnante” del terzo millennio non può non eludere il problema di un possibile cambiamento di stile di fronte “al vuoto che si è diffuso”. Benedetto XVI ha aperto solennemente in piazza S. Pietro “l’Anno della Fede” fatto coincidere con il cinquantesimo anniversario del Concilio Ecumenico Vaticano II. Abbiamo colto e sottolineato con vivo interesse alcune affermazioni che possono aprire la strada a possibili cambiamenti e a percorsi “evangelici”. Ha indicato l’Anno della Fede come “novità nella continuità”, senza mancare di denunciare la desertificazione spirituale che ormai é più che evidente e di precisare che evangelizzare significa testimoniare una vita nuova alla luce del Vangelo. Chiedo venia se comunico la mia sorpresa nel constatare come nel mio precedente articolo, condiviso da non pochi lettori, si riscontrino “casualmente” talune affinità con le autorevoli parole del Pontefice che considera l’Anno della Fede “un pellegrinaggio nei deserti del mondo contemporaneo, in cui portare solo ciò che è essenziale: non bastone, né sacca,né pane, nè denaro, non due tuniche, come Gesù dice agli apostoli inviandoli in missione, ma il Vangelo e la fede della Chiesa, di cui i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II sono luminosa espressione, come pure lo è il Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato 20 anni or sono”. E’ vero, il Concilio Vaticano II è stato indubbiamente un passo in avanti rivedendo e correggendo non pochi aspetti che la Chiesa nel passato aveva assunto e che riteneva immodificabili. Tuttavia le disposizioni del Concilio conclusosi nel 1965 non sono state ancora del tutto attuate. In verità le riforme per ritornare alla lettera e allo spirito del Vangelo sono ancora molto lontane. ECCLESIA SEMPER REFORMANDA Va detto senza mezzi termini che la Chiesa per attuare una decisiva e profonda riforma deve ritornare a vivere l’esperienza di Cri-

sto. Basta leggere la “Lumen gentium” (il documento del Concilio): “Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza. Gesù Cristo “sussistendo nella natura di Dio… spogliò se stesso, prendendo la natura di un servo” (Fil.2,6-7) e per noi “da ricco che Egli era si fece povero” (2 Cor 8 - 9), così la Chiesa, quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria della terra, bensì per diffondere la buona novella ai poveri, a guarire quei che hanno il cuore contrito (Lc. 4,18), a cercare e salvare ciò che era perduto (Lc.19,10): così la Chiesa circonda d’affettuosa cura quanti sono afflitti da umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo Fondatore, povero e sofferente... La Chiesa che comprende nel suo seno i peccatori, santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, mai tralascia la penitenza e il suo rinnovamento” ( 8,306). Sono affermazioni che non vanno soltanto lette e predicate, ma realizzate e vissute con coerenza. Ecco perché è stato sempre detto che la Chiesa semper reformanda est (è sempre bisognosa di revisione) e semper purificanda (e sempre bisognosa di purificazione). Ferdinando Sudati, un sacerdote umile, colto e convinto, ebbe il coraggio di affermare: “Ammettere, da parte degli uomini di Chiesa, l’elemento mutevole - e tutto ciò che è di precaria qualità dogmatica - è questione di onestà davanti a Dio e agli uomini. E la Chiesa tutta ne guadagnerebbe in libertà, per muoversi più speditamente, senza rischiare il soffocamento sotto il cumulo della passata eredità” (da Le chiavi del Paradiso e dell’Inferno - ediz. Marna, 2007, pag.122) . CAMBIAMENTO RADICALE Molti si stanno chiedendo: “Ci sarà nella chiesa attuale un cambiamento radicale, un ritorno “sic et simpliciter” alle origini evangeliche, a quello spirito di povertà praticato da Cristo e inculcato agli apostoli, compresi i loro successori?” E’ questa la novità che tanti (credenti e non) si aspettano… E’ la strada che la Chiesa non può non percorrere per riprendere credibilità e ricevere consensi ed adesioni. Un esempio concreto ed impressionante è quello di Francesco d’Assisi, il quale visse l’insegnamento di Cristo senza “se” e senza “ma”. Per superare quella che è stata chiamata “desertificazione spirituale” occorre vivere evangelicamente nella più assoluta povertà, senza occuparsi dei beni terreni. E’questa la fede viva e operante che coloro che stanno “al vertice” devono insegnare con l’ esempio, imitando lo stile di vita del Divino Maestro: “Le volpi hanno le loro tane

I poveri devono essere i prediletti della Chiesa come lo furono per Cristo.

e gli uccelli del cielo il loro nido, ma il Figlio POVERTÀ: BENE EVANGELICO dell’uomo non ha dove posare il capo” (Cfr. E’ senza dubbio difficile abbracciare la povertà. È ormai consuetudine insegnare che Lc.9, 58). Coloro che parlano a nome di Cristo non si può essere poveri, pur vivendo in mezzo hanno il dovere di essere sulla stessa linea? alle ricchezze. Basta essere distaccati con il Altrimenti la fede diventa monca,vale a dire cuore. “Beati i poveri di cuore”. Siffatta intersoltanto predicata. Lo ha detto in modo ine- pretazione non è forse un modo per eludere quivocabile S. Giacomo: “Che giova, se uno questo dovere, che comporta un impegno dice di avere la fede, ma non ha le opere? gravoso ed uno sforzo pesante? Forse che quella fede può salvarlo?” E pre- E’ anche vero che la povertà non va dimocisa: “Se un fratello o una sorella sono senza strata esteriormente: quella autentica parte vestiti e sprovvisti di cibo quotidiano e uno di dal cuore, vale a dire dal convincimento invoi dice loro: “Andatevene in pace, riscalda- teriore. Chi è consapevole di essere un vero tevi e saziatevi”, ma non date loro il neces- seguace di Cristo non può non vivere povesario per il corpo, che giova? Così anche la ramente e rifiutare uno stile di vita diverso. fede, se non ha le opere, è morta in se Non si accetta la povertà se non si è convinti stessa.” (cap. 2,14-16). che è un “bene” superiore che non si coLA CHIESA È POVERA? niuga con gli interessi materiali. Ma attenC’è da chiedersi: “Su questo percorso la zione: essere poveri non equivale a vivere da chiesa ha fatto passi in avanti? Ci sono mendicanti. state mancanze e deficienze? Non do- La Sacra Scrittura prescrive per coloro che vrebbe forse riconoscere i propri difetti chi hanno fede: “Quod superest, date pauperivuole seguire e imitare Cristo?” bus”, quello che sovrabbonda datelo in eleLascio la risposta all’apostolo Giovanni: “Se mosina. Al riguardo gli esperti hanno offerto diciamo che siamo senza peccato, ingan- varie interpretazioni. Molto spesso viene inniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se segnato che non si tratta di un vero obbligo, riconosciamo i nostri peccati, egli che è fe- ma solo di un mero consiglio: pertanto lo si dele e giusto ci perdonerà i peccati e ci pu- può trasgredisce senza sentirsi colpevoli. rificherà da ogni colpa” (I Giov. cap.1,8-9). Tanti sono i consigli evangelici: come tali non Coloro che fanno parte della “casta” sacer- obbligano nessuno. Questa interpretazione dotale, se sono coerenti, non possono asso- è la più seguita e più ben accetta. In altri terlutamente dare importanza alle cose di mini si può vivere nell’abbondanza e nella ricquesto mondo: “Non amate né il mondo né le cose del mondo” (I Giov. 2,15). L’Anno della Fede deve condurre a Cristo con decisione, operando una “conversione” vera e profonda. Via le ricchezze, gli interessi mondani, via le solennità, i paramenti lussuosi e preziosi, via le manifestazioni esteriori, via le acclamazioni a scena aperta e gli appalusi poco convincenti. Benedetto XVI ha inaugurato l’Anno della Fede: “ Novità nella continuità”


Don Lorenzo Milani, prete “straordinario”di Barbiana, spese tutte le sue risorse nell’aiutare i suoi parrocchiani che vivevano poveramente e si impegnò a fondo nell’ offrire ai suoi ragazzi una scuola a tempo pieno, utile per affrontare concretamente la vita.

chezza, ma con il cuore distaccato. Non pochi “interpreti” sono di questo avviso: la ricchezza non puzza e non sporca le mani se il cuore è puro. Tuttavia non mancano esegeti coraggiosi e più aderenti al Vangelo che traducono il “superest” non come il superfluo, il soprappiù, ma come quello che “est super”: quello che sta sopra il tavolo. Vale a dire: condividete con i poveri quello che voi mangiate, quello che è il vostro cibo. Pertanto non si tratta del superfluo, ma di quello che si ha a disposizione per il proprio sostentamento. Il superfluo non è in relazione alla propria sazietà, ma si misura dalla gravità del bisogno altrui: di qui il dovere di ridimensionare quello che si ritiene necessario. Questa interpretazione è certamente più evangelica, ma risulta la meno seguita e in-

segnata. Viene da chiedersi: “Sono molti i sacerdoti che, oltre a predicare la povertà, vivono una vita di rinunzie e di sacrifici?” Se uno sta bene ed è soddisfatto della vita agiata che conduce preferirà insegnare che “ciò che sta sopra” (quod super-est) corrisponde al superfluo: solo il “di più” diventa condivisibile. “Ciò che avanza va dato ai poveri”: questa è la versione più seguita e consigliata ai fedeli. E’ bene fare sacrifici, ma con “intelligente” misura. UN ESEMPIO LUMINOSO Non sono mancati nella storia della chiesa sacerdoti, cioè ministri e servitori di Cristo, che hanno messo in atto con assoluta coerenza e sacrificio l’insegnamento di Cristo. Un esempio luminoso e raro, additato a tutti i membri della chiesa (dai porporati ai semplici preti) con autorevolezza da Benedetto

XVI, è stato il Curato d’Ars, Giovanni Vianney, che ha vissuto in estrema povertà. Trascorreva la giornata in chiesa (all’inizio nessuno la frequentava) dove rimaneva a pregare in raccoglimento con la speranza di accogliere e aiutare chi si fosse presentato. All’inizio della settimana provvedeva a far cuocere una pentola di patate da consumare giorno per giorno. Il suo esempio di vita distaccata dalle cose materiali fu convincente anche per più lontani che tornarono a frequentare i sacri misteri. Giovanni Vianney prese sul serio l’ordine del Divino Maestro e lo visse fino in fondo: “Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potere servire a Dio e a Mammona (il denaro) (cfr. Mt. 6,24). Quanti sono coloro (speriamo pochi!) che operano tale indegna commistione? Quanti eseguono puntualmente i compiti relativi al loro ministero sacerdotale (messe, sacramenti, cerimonie ecc.) senza rinunziare alle comodità di questo mondo? Purtropp l’ ”aut- aut” si trasformerebbe in ’“et-et”; in altre parole viene mischiato il sacro con il profano. In questo linea si incorre in una contraddizione insolvibile. Gesù è stato chiarissimo con il giovane ricco che gli chiedeva di poterlo seguire, dal momento che aveva osservato tutti i comandamenti. Riferisce l’evangelista Matteo: “Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”. Il giovane - rattristatosi per quelle parole - se ne andò afflitto, poiché aveva

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molti beni.” Il Divino Maestro colse l’occasione per dire ai suoi discepoli. “Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio.” (Lc. 18, 1825) Affermazioni chiare che non si possono edulcorare con una interpretazione personale. Per stroncare ogni possibile obbiezione sentenziò: “Com’è difficile entrare nel regno di Dio. E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno di Dio”. Parole che non lasciano spazio a commenti interessati. Se è giusto che ciascuno dei credenti guardi dentro il proprio animo l’incidenza di tale dovere, è altrettanto doveroso verificare se coloro che si dicono ministri di Dio applichino sul serio e non soltanto a parole il monito divino. E’ certamente difficile mettere in atto questo comando: ma è la conditio sine qua non per essere credibili nel dichiarare che soltanto i beni spirituali sono importanti. Termino queste riflessioni ricordando che i seguaci di S. Francesco nella maggioranza cercarono di trovare una via di mezzo o, meglio, una specie di compromesso. Infatti dopo la morte del fondatore si verificò una frattura: da una parte i cosiddetti conventuali, coloro che intendevano attenuare la troppo rigida regola francescana sulla povertà ammettendo il diritto, non dei singoli, ma del convento a possedere beni terreni e dall’altra parte gli spirituali, coloro che volevano mantenere fede alla lettera e allo spirito della regola del fondatore. Costoro furono allontanati e annoverati tra gli eretici. Ogni commento diventa superfluo.


MONUMENTI E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Annalisa NOZIGLIA

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VESTIGIA

Da Valle Christi al Lazzaretto di Bana R

apallo è sinonimo di turismo, o perlomeno di questo vive per la maggior parte dell’anno. Si sa però che il turismo va coltivato e mantenuto perché per invogliare qualcuno a passare le proprie vacanze nella nostra città e non altrove bisogna poter offrire un pacchetto completo che oltre a prezzi invitanti includa servizi di qualità, arte, cultura, intrattenimento… Rapallo può dirsi fortunata perché “al di là” del mare e del magnifico golfo in cui si schiude, può competere con le moltissime altre località rivierasche grazie alla sua millenaria eredità storica e culturale, che certamente risulta importante per quel turista che oltre al divertimento cerca quel tocco in più per rendere unico e indimenticabile il suo soggiorno. Purtroppo però dobbiamo ancora una volta segnalare che anche se qualcosa è stato fatto per rendere appetibile tutto l’impianto storico e culturale della città molto c’è ancora da fare. Abbiamo percorso e visitato alcuni luoghi di rilievo artistico siti in periferia e precisamente partendo dal Monastero di Valle Christi ci siamo spinti sino all’antico Lazzaretto passando per quella che tutt’ora viene indicata come la “strada romana”; un percorso questo che certamente all’estero verrebbe valorizzato a dovere, tanto più che proprio su detta strada sorge un campeggio frequentatissimo da ospiti italiani e da moltissimi stranieri. Per rinfrescare un po’ di storia ricordiamo

che l’antico plesso di Valle Christi risale al 1204. Nel XII secolo Genova era travagliata da sanguinosi diverbi fra le opposte fazioni, il governo dei consoli non riuscendo a mantenere il controllo della città nominò un podestà chiamato da fuori nella speranza che potesse essere super partes capace, quindi, di riportare stabilità ed equilibrio. Sarà proprio dalla tragica morte del console Angelo de Mari, assassinato nel 1187, che nascerà il Monastero di Valle Christi. L’inconsolabile sposa Attilia Malfante condivise il suo dolore con un’altra nobile genovese una cera “Tibia” con la quale decise di far sorgere nelle campagne di Rapallo, su terreni di loro proprietà, un centro di meditazione e di preghiera lontano dalle discordie della città. L'abbazia venne costruita in stile gotico francese, composta di un'unica navata, appartenne prima alle monache Cistercensi e quindi alle Clarisse di Sant’Agostino. Il monastero venne dedicato a "Santa Maria in Valle Christi" e conobbe un notevole sviluppo, nella sua chiesa veniva inoltre venerata la reliquia di San Biagio (oggi conservata nella basilica dei Santi Gervasio e Protasio in Rapallo ed è tuttora esposta per la festa di S. Biagio il 3 febbraio), con tutta probabilità fu donata alle monache da un capitano genovese al seguito di Gaspare Spinola nella spedizione in Dalmazia del 1380. Nel 1568, con bolla papale di Pio V, il monastero fu sconsacrato e abbandonato dalle religiose, conobbe periodi di grave abbandono e venne

poi utilizzato ad uso abitativo e agricolo. Oggi il monastero, pur essendo stato negli anni passati, oggetto di studio e di restauro, non è certamente sfruttato al meglio, dato che solo nella stagione estiva è cornice di una fortunata rassegna di spettacoli teatrali mentre per il resto dell’anno è meta di qualche turista che arriva spinto dalla curiosità o per caso dopo aver vagato alla ricerca di questo plesso monumentale che non è in alcun modo segnalato, infatti solo una volta giunti al cancello si incontra un pannello informativo che introduce alla visita. Ad oggi né sulla strada principale né presso il bivio per S. Massimo esiste un’indicazione per il monastero. Intraprendendo la strada romana verso il lazzaretto, Via San Lazzaro, che costeggia il torrente S. Maria incontriamo almeno tre punti di raccolta dell’immondizia, spesso in condizioni deplorevoli per colpa di cittadini incivili che approfittando della zona appartata deturpano l’ambiente abbandonano vicino ai cassonetti oggetti di qualsiasi tipo, curioso, inoltre, è il fatto che a lato del ponte medievale (località Ponte Nuovo), invece del pannello con le appropriate informazioni storico-archittettoniche, qui totalmente mancante, siano stati posizionati i cassonetti dell’immondizia, che forse potrebbero svolgere la medesima funzione, utilissima, se sistemati in un punto un po’ più appartato. Chiunque voglia scattare una fotografia non può fare a meno di fotografare anche i bidoni colorati dell’immondizia e tutto ciò che li circonda. Il confronto tra il buon gusto di un tempo e quello contemporaneo è decisamente a nostro sfavore!!! Proseguendo per la strada romana facendo una piacevole passeggiata all’ombra dei castagni, oltrepassando il camping, si giunge all’antico lazzaretto, così chiamato perché dedicato a San Lazzaro di Betania, edificato nel lontano 1450 in seguito ad una epidemia di

lebbra manifestatasi nelle podesterie di Rapallo e Recco. Esso venne costruito grazie al lascito di un facoltoso cittadino di Rapallo, un certo Giacomo d'Aste che donò alla comunità un appezzamento di terreno in località Bana, tra le frazioni di San Massimo e Santa Maria del Campo, dove vennero accolti i malati locali. Secondo un’ordinanza di Papa Sisto IV esposta nella bolla papale del 1471 la gestione del ricovero venne affidata ai Protettori dell'Ospedale di Pammatone di Genova. Quattro anni più tardi l'edificio accolse i malati di peste fra i quali si dice ci fosse anche il figlio del benefattore. Nel 1505 il Lazzaretto fu oggetto di un primo restauro; e più tardi anche nel 1582 Monsignor Francesco Bossi, visitatore apostolico e vescovo di Novara, chiese ai responsabili di Pammatone di intervenire riparando la struttura ma già a quei tempi la spesa per i restauri venne considerata eccessiva e così non se ne fece nulla. Oggi il lazzaretto versa in cattive condizioni e certamente un restauro seppur necessario avrebbe dei costi a dir proco proibitivi, si mantiene invece, il dipinto quattrocentesco che appare sulla parete esterna dell'edificio raffigurante, la Madonna con Bambino ed i Santi taumaturgi Lazzaro, Giacomo e Biagio. Anche nel caso del lazzaretto non vi sono indicazioni che conducano il turista a questo luogo tanto antico e ricco di storia mentre come per Valle Christi il “Sistema turistico Locale Terre di Portofino” ha almeno provveduto al posizionamento di un pannello illustrativo con le indicazioni artistiche e culturali del sito. Speriamo che a qualcuno torni la voglia di interessarsi a questi luoghi affinché visitandoli possano essere maggiormente considerati quali patrimonio storico e culturale di una città che ha grandi potenzialità e che offre tanto anche oltre il suo splendido centro storico.


GENTE DI LIGURIA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Alfredo BERTOLLO

RIVALITÀ

La riviera dei campanili è sempre più viva Nell’Italia dei liberi comuni, da un paese all’altro fioccavano motti, facezie ma anche colpi di archibugio. Oggi cambiano le “armi” ma permangono i vecchi antagonismi che spesso si risolvono con le carte bollate a gelosia fra città relativamente vicinei è una costante nell’ambito dell’Europa intera. Centri che si considerano ingiustamente trattati meno importanti di altri che invece l’immaginario collettivo porta come simbolo di una nazione, o di una regione o addirittura di una stessa contrada. Non mi dilungherò su questa disamina. Tuttavia farò cenno all’antagonismo in Russia fra Mosca, la capitale storica, e San Pietroburgo, creata capitale da Pietro il Grande. In questo caso non valse neppure lo stratagemma di chiamare Mosca e Pietroburgo “le due capitali” per evitare che, quando un russo chiede ad uno straniero se preferisce l’una o l’altra città, la sua risposta non favorevole alla sua possa provocare un comprensibile risentimento. La stessa cosa vale per la Germania dove l’abitante di Amburgo, città aristocratica e commerciale, considera il bavarese di Monaco un contadino o per la Svizzera, dove Ginevra e Losanna sono in contrasto per chiamere il loro lago o “di Ginevra” o “Lemano e casi di questo genere ve ne sono a iosa a partire dal Portogallo per arrivare ai Balcani. Ma in Italia il fenomeno è molto più appariscente e anche qui non mi cimento a tracciare alcuni esempi se non per quello classico di Pisa e Livorno, che per inciso, vorrebbero unire in una sola provincia, dove a Livorno si dice “meglio un morto in casa che un pisano alla porta e dove Livorno è considerata “una frazione di Pisa. Sarebbero infatti inumerevoli e gustosi gli esempi che potrei portare: uno, però lo annoverò: è l’antagonismo fra Roma e Milano Per questo mi limito a parlare della nostra piccola regione, la Liguria, che, per i limitatisimi contatti con i vicini paesi, diversi per trovarsi alcuni nei monti, altri sul mare, oppure per avere subito influenze diverse, seppure dalla stessa Dominante, (Genova, per chi non lo sapesse) ha tradizioni e “simpatie” o “antipatie” nei confronti di chi sta a loro vicino Per un abitante del Tigullio salta subito agli occhi il “campanilismo” tra le

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Il castello di S. Margherita Ligure e, a destra, quello di Rapallo

due cittadine rivierasche di Rapallo e di Santa Margherita Ligure e non dobbiamo dimenticare che esisteva anche il campanilismo fra le due parrocchie di Santa Margherita e di San Giacomo. Ci volle Napoleone per unirle sotto Porto Napoleone nel 1812. Basta sfogliare un libro di storia per vedere come i sammargheritesti non vollero contribuire alla costruzione del Santuario di Montallegro e come, quando Genova fece costruire il castello a Rapallo per difendersi dai Saraceni, Santa Margherita esigette che nel 1499 (lo stesso anno) fosse terminato il suo. Esempi recenti a tutti noti confermano quanto affermo. Vi è poi anche il campanilismo tra Lavagna e Chiavari, le due cittadine divise dal torrente Entella ma unite da ben tre ponti che fanno a gara per mantenere la loro individualità. Personalmente a me è capitato di recarmi in una libreria di Lagvagna per acquistare un libro su Chiavari e la risposta è stata: “Non ce lo abbiamo perchè il libro tratta di Chiavari”. E ora viaggiando da Ventimiglia a La Spezia, esaminiamo le “diversità”. A parte il fatto che l’estremo ponente, con San Remo e Bordighera, può considerarsi una propagginae della macroregione “Provenza”, spostandoci verso oriente troviamo il primo caso sintomatico: Imperia, che creata dal Fascismo nel 1923, è costituita da

due agglomerati: Porto Maurizio ed Oneglia. La prima, sempre fedele a Genova, è una vera e propria cittadina ligure, la seconda che fu sabauda, ha le strade con porticati come le cittadine del basso Piemonte. I Portesi chiamano gli onegliesi ciantafurche perchè nella loro piazza sistemavano la forca e gli onegliesi chiamavano cacelotti quelli di Porto perchè Cacello, un noto brigante era di lì. Risalendo la costa, prima di Savona, incontriamo pietra Ligure e Loano. Lua, così la chiamano in dialetto, appartennne anche ai Doria ed è sempre stata avversaria di Pietra Ligure chiamato da Genova “la fedelissima”: arrivando a Savona, la prima cosa da notare è che lo stesso nome della città è diverso, in dialetto del Genovesato (Savunna) a Savona (Sanna). Anche i libri della grande storia riferiscono dell’antagonismo delle due città, entrambi porti importanti del mar Ligure che si facevano grande concorrenza. Ricordo che, ai tempi di Carlo V, il porto di Savona fu completamente insabbiato dai genovesi d Andrea Doria nel 1528 ma, già ai tempi dei Romani, Savona “teneva” per il cartaginese Magone, fratello di Annibale che distrusse Genova. Oltrepassata Genova, da dove si vede bene il monte di Portofino, ecco Recco e Camogli, due cittadine rivali: l’una caratteristica per avere un ampio entroterra ed essere un cen-

tro di commerci, l’altra, porto di mare che diede il neglio della marineria a vela (e a motore) alla fine del XIX e all’inizio del XX secolo. Ancor oggi non possono abbonarsi all’associazione culturale l’”Articiocca” i cittadini di Camogli. Trascurando il golfo Tigullio, del quale già abbiamo parlato eccoci dopo Punta Manara, considerara a torto o ragione il termine del golfo. Qui arriviamo all’apice: Riva, popolosa frazione di Sestri Levante è in antagonismo con Renà il borgo più aa oriente. Sorvolata la costa orientale da Riva alle Cinque Terre eccoci nell’incantevole golfo della Spezia. Qui siamo già in un altro modo dove “la Liguria” come disse un poeta “si sliguria” ma non per questo cessano i campanilismi, La Spezia è ora una grande città mentre Lerici una cittadina. Sorpassati i campanilismi; Lerici ricorda che La Spezia fin circa alla metà del XIX secolo era un piccolo borgo. Non mi sono impegnato nell’indicare i campanilismi delle zone montane dell’intera regione; qui erano le famiglie che la facevano da padrone e gli antagonismi erano soprattutto fra le parrocchie. Non è raro viaggiando nell’interno di trovare frazioni, veri e propri enclaves nell’ambito di parrocchie notevolmente lontane. Sulla diversità dei dialetti tratterrò in altro articolo perchè è un argomento di straordinario interesse.


NATURA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Claudia ORTENZI*

AREA MARINA PROTETTA

Uno studio sull’aragosta rossa di Portofino aragosta rossa, il cui nome scientifico è Palinurus elephas, è un crostaceo presente in quasi tutto il Mar Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico orientale, dalla Norvegia al Marocco. Ha un corpo rivestito da un duro carapace ed è provvisto di dieci paia di zampe per camminare e nuotare e di due lunghe antenne utilizzate come organi di senso. È soprattutto un animale notturno, infatti, durante il giorno rimane nella propria tana e di notte esce in cerca di nutrimento. Oltre ad essere importante dal punto di vista biologico ed ecologico, costituisce una risorsa commerciale considerevole in tutto il

Mediterraneo. Negli ultimi trent’anni si è registrato un marcato decremento delle catture di esemplari appartenenti a questa specie ma, nonostante questo, la pesca dell’aragosta rossa rimane economicamente fattibile grazie al suo alto valore unitario di mercato. Per questo è stata inserita in diversi elenchi di specie protette o minacciate, allegati a convenzioni internazionali che prevedono misure di conservazione e gestione delle specie protette e la salvaguardia degli habitat. Nel 2011 l’Area Marina Protetta di Portofino, grazie alla collaborazione dei subacquei del

Foto: Centro immersioni Portofino Divers

L’

Foto: Centro immersioni Portofino Divers

Occorre programmare ulteriori interventi restrittivi di salvaguardia per permettere alla colonia presente nel Parco di crescere e riprodursi

centro immersioni Portofino Divers di Santa Margherita, ha condotto uno studio, al quale ho preso parte, per avere un quadro sulla struttura della popolazione di aragoste presente all’interno dei suoi confini. Dalla serie dei dati raccolti, tra i quali la misura della lunghezza del carapace, è emerso che la maggior parte degli esemplari presenti è molto giovane e soltanto il 5% delle aragoste incontrate ha una taglia superiore ai limiti di prelievo delle risorse ittiche imposti dalla Comunità Europea. Questo è un dato quantomeno negativo se lo si confronta con i risultati di altre ricerche effettuate nel Mediterraneo occidentale, dove le aragoste presentano dimensioni medie che vanno dal doppio al quadruplo di quelle trovate all’interno dell’area marina di Portofino.

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Le ipotesi che si possono formulare per spiegare questa situazione sono diverse: la migrazione delle aragoste più grandi verso altre zone, anche se non sembrano esistere habitat idonei oltre a quelli considerati durante lo studio, il prelievo illegale da parte dei subacquei che si recano nell’area marina per immersioni ricreative e l’intensificazione dello sforzo di pesca avvenuta negli ultimi trent’anni, in seguito alla diffusione di nuove tecniche di pesca. Queste ultime due ipotesi devono portare quindi a programmare ulteriori interventi restrittivi di salvaguardia per permettere alla popolazione presente di crescere e riprodursi, in modo tale che questa importante risorsa possa continuare ad essere presente nel nostro mare. * Laureata in Scienze Ambientali

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VIAGGIARE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Ilaria NIDASIO

STELLE E STRISCE

Palm Spring, “buen retiro” dei divi U.S.A. È

a 177 km da Los Angeles, circa due ore in macchina: queste sono le uniche informazioni che conosciamo di Palm Spring quando partiamo lasciandoci alle spalle la “città degli angeli” e il suo traffico, infernale anche alle 6 del mattino. Arrivati a metà mattina, iniziamo a visitare la città, un tempo località di villeggiatura dei divi di Hollywood ( tra cui Dean Martin, Liz Taylor e, ancora, tutta la famiglia Douglas) in cerca di privacy: si spiegano così i numerosissimi campi da golf e le piscine disseminate in tutta la città, dove la temperatura resta, anche in inverno, tra i 25 e i 30°. Decidiamo di dedicarci al centro città nella serata, quando la temperatura sarà scesa, rendendo più piacevole la visita: quindi, dopo aver mangiato il classico hamburger americano nello storico Tyler's Burger, scegliamo di prendere l'Aerial Tramway, la funivia con cabina interamente trasparente, che ci porta alla “Mountain Station”, all'altezza di 8516 piedi. Qui lo scenario cambia completamente: l'aria è fresca e frizzante e, totalmente immersi in un paesaggio di montagna, possiamo osservare dall'alto la valle desertica in cui è incuneata Palm Spring. La vista è spettacolare e il paesaggio arido del Sonoran Desert si lascia ammirare in tutta la sua immensità, creando un contrasto meraviglioso con la pineta in cui ci troviamo. La varietà di animali che si possono incontrare nel parco nazionale del monte San Jacinto è incredibile e questa sua particolarità ne fa una meta ideale per gli amanti del birdwatching.

Come in tutti i parchi nazionali dell'Ovest, notiamo subito che ai visitatori è lasciata piena libertà di scelta: non ci sono sentieri obbligati, ma solo “trial”consigliati in base all'età, all'allenamento o al tempo a disposizione: ma chi vuole può anche scegliere di “perdersi”nel parco, per scoprirlo quasi per caso, fermandosi ad osservare scorci di natura selvaggia o tentando di scalare rocce impervie pur di scattare la foto più originale. Ciò che colpisce e lascia di stucco, oltre alla vista meravigliosa, è il silenzio immobile di questi luoghi, dove gli spazi naturali sono talmente ampi da permettere di non incontrare nessuno sul proprio cammino, dando la sensazione di essere osservatori privilegiati di una natura che si offre a chi la sa accogliere con rispetto. Dopo aver trascorso diverse ore nel parco, prendiamo nuovamente la funivia che, dopo una breve visita al museo dedicato, abbiamo scoperto essere la gabinovia con la più grande cabina circolare rotante al mondo: la capsula in cui viaggiano i passeggeri, infatti, ruota di 360° durante il tragitto, permettendo di godere di una vista spettacolare su tutta la vallata e regalando grandi emozioni quando, soprattutto in discesa, si sfiorano le vette, selvagge e inesplorate, della montagna. Dopo 11 minuti di percorso, torniamo nel caldo afoso di Palm Spring, reso più sopportabile dalla consuetudine, che riscontriamo in diversi ristoranti e negozi, di contornare il perimetro dei locali con un getto di acqua nebulizzata, necessaria a rendere la tem-

peratura più sopportabile. Dopo il tramonto scopriamo una Palm Spring totalmente diversa da quella che abbiamo vissuto durante il giorno: quando i gradi del termometro iniziano a scendere, la città inizia a popolarsi e i ristoranti di Palm Canyon Drive, il vialone principale della città, si colorano di sgargianti luci al

neon. Dopo una (piccantissima) cena messicana, torniamo in albergo: abbiamo giusto il tempo per un tuffo in piscina (il clima è afoso anche di sera), prima di riposarci e preparaci all'indomani: davanti a noi abbiamo 430 km da percorrere, prima di arrivare in Arizona, destinazione Scottsdale!

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SOCIETÀ CIVILE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Sigrid LOOS*

EDUCAZIONE

Un’esperienza di formazione in Malawi el tardo 2010 ho ricevuto un e-mail da un’educatrice italiana, che mi chiedeva l’aiuto per una formazione, su base volontaria per educatori e bibliotecari del Cecilia Youth Centre. Da un po’ di tempo stavo già pensando di dedicarmi ad un’esperienza simile e finalmente la mia chance sembrava arrivata. Il Malawi è uno dei paesi più poveri del mondo, con un tasso di Aids tra i più elevati ed una delle forme più maligne di malaria, oltre che ad altre più comuni malattie tipo la febbre tifoide, la meningite e l’epatite A. L’aspettativa di vita è di circa 39 anni e il tasso di mortalità infantile è uno dei più alti del mondo. In Malawi l’educazione primaria non è obbligatoria, anche se la costituzione richiede che almeno tutti abbiamo accesso ad almeno 5 anni di scuola primaria. Le scuole del governo ospitano da 100 a 200 alunni per classe, mentre le scuole private, gestite dalle organizzazioni non governative, hanno da 50 a 70 studenti per classe. Il Cecilia Youth Centre è un centro diurno, progetto dei frati missionari Montfortani, nato circa 6 anni fa, grazie al contributo di una coppia di Bergamo che aveva subito la grave perdita della figlia Cecilia in seguito

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ad una meningite non diagnosticata. Le attività del centro giovanile iniziano dalle 14 fino alle 17 (il sabato dalle 8.30 alle 17), accogliendo giovani dai 3 ai 20 anni. Le attività variano da proposte creative come artigiano a momenti di narrazione e giochi di ruolo, ad attività espressive come le danze tradizionali e i giochi, ad attività sportive per adolescenti (tennis, pallavolo, basket, calcio) ed attività di volontariato per persone bisognose nel vicinato. L’educazione alla salute è una delle tematiche principali, trasversali a tutte le attività perché è importante far passare il messaggio che le malattie più comuni nascono da condizioni igieniche scarse. La maggior parte dei bambini vanno a scuola e quando i genitori sono in difficoltà nel pagare la retta, il centro concede delle borse di studio. Durante le loro vacanze estive (luglio e agosto) Il CYC organizza ogni anno un campo estivo che raccoglie 300 bambini; nel 2012 le iscrizioni raccolte sono state 500. Da qui la richiesta specifica di un corso di formazione con nuove tecniche ricreative per un gruppo di 18 giovani, futuri assistenti del campo estivo. Gli educatori impegnati in quel momento, avevano ricevuto delle formazioni discontinue da volontari italiani pertanto necessitavano di un programma più completo e applicabile alle diverse fasce d’età. Ho suggerito di introdurre giochi cooperativi e Brain Gym come strumento per un sostegno educativo. La proposta è stata accolta con entusiasmo e la mia avventura è iniziata il 22 maggio 2012. Gi educatori hanno scelto un gruppo di 18 adolescenti da formare nei giochi cooperativi durante i 4 sabati, per

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Il Brain Gym è costituito da specifiche attività e movimenti che aiutano a sviluppare le abilità cognitive, fisiche e sociali. Per maggiori informazioni, consulenze ed iscrizioni: Dott.ssa Sigrid Loos - Cell: 347-8884867 - Rapallo info@sigridloos.com www.sigridloos.com

essere preparati per l’imminente centro estivo, per il quale aspettavano 500 bambini. La formazione si concentrava su giochi senza vincitori per gruppi diversi d’età, in diverse situazioni e con diverso numero di partecipanti. Il concetto dei giochi cooperativi non era familiare per questi animatori, calcio e pallavolo erano i loro preferiti, e i giochi che utilizzavano con i più piccoli erano tutti giochi competitivi. Ho potuto osservare che vincere o perdere non era un gran problema per questi bambini, nonostante ciò c’erano sempre piccoli litigi sull’esito dei giochi soprattutto tra i ragazzini che venivano accompagnati da chiassose discussioni. Questi giovani hanno mostrato un grande senso di responsabilità e maturità quando hanno messo in pratica i giochi imparati con un gruppo di 160 bambini, durante l’ultimo sabato. Hanno scoperto il valore di questi giochi durante il momento di animazione finale con i gruppi misti di bambini. Prima di questo intervento di gioco, i bambini sono stati divisi in 4 gruppi casualmente senza badare all’età, in modo che i sedicenni hanno avuto la possibilità di giocare con i bambini di

3 e di 10 anni. Ogni gruppo era composto da 40 bambini con 5 animatori. È stata una gioia immensa vedere l’impegno e la cura di questi giovani verso i bambini durante tutta la sessione di gioco, due ore e mezza, sotto un sole cocente, in un campo di calcio polveroso e senza ombra. Per me è stata la prima esperienza d’insegnamento in un contesto non europeo, così povero e molte sfide mi aspettavano. La conoscenza della lingua inglese è piuttosto scarsa perché non viene parlata nella vita quotidiana, anche se l’inglese fa parte del programma scolastico oltre alla lingua nazionale chichewa, appartenente al gruppo linguistico Bantù, che viene insegnato fin dalla scuola materna. La comunicazione nella vita quotidiana non era difficile ma in aula quando si trattava di spiegare concetti più complessi questo comportava delle sfide. Quando chiedevo se avevano bisogno di traduzioni lo negavano, non volevano apparire ignoranti. Sapendo che gli ausili visivi non potevano essere facilmente reperibili, ho preparato i miei poster prima di

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partire che sono stati molto utili. L’insegnamento in Malawi è ancora un apprendimento meccanico attraverso la ripetizione verbale, con pochissimi sussidi visivi; lavagne e gesso sono di scarsa qualità e a volte si fa fatica a leggere ciò che ha scritto l’insegnante, la scarsa luce diurna e l’assenza di elettricità si aggiungono alla scarsa situazione di apprendimento. L’apprendimento anche nelle scuole materne, è considerato come un processo in cui devi stare seduto al tavolo e non puoi fare domande. Matite e quaderni spesso mancano. Questo tipo di situazione di apprendimento produce degli osservatori attenti che fanno le cose copiandole o dei dormienti profondi che non ca-

piscono quello che succede intorno a loro. C’è ancora molto da fare per quanto riguarda la preparazione degli insegnanti, considerando che la maggior parte di loro non hanno mai avuto una formazione vera e propria e ripetono ciò che hanno imparato a scuola. Con questa prima formazione ho visto crescere molti germogli, ho intenzione di ritornare nel maggio 2013 per approfondire il lavoro di Brain Gym e di giochi cooperativi. Richiesta di aiuto per realizzare un sogno Il sogno per il centro è una sala polivalente per giochi, incontri, dibattiti, ed eventi. Gli spazi attuali sono diventati troppo piccoli per il sempre crescente numero dei bambini che

hanno trovato una casa nel centro. Questa sala sarà utilizzata dai piccoli, e dagli adolescenti anche per attività ricreative di movimento e di manualità, in modo che gli studenti nella biblioteca del centro possano studiare in silenzio. Sarà anche un luogo di riparo nei lunghi mesi della pioggia. I genitori dei bambini si impegnano a far cuocere i mattoni e a procurare la sabbia al fiume. Il preventivo per la realizzazione è di 40.000,00 euro. Insieme, con la generosità di tanti, possiamo aiutare i bambini della Casa di Cecilia a realizzare il loro sogno. Contributi di qualsiasi cifra possono essere versati sul conto corrente

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ERBE OFFICINALI E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Aldo REPETTO

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IL PESTO

Storia del basilico: da “malefico” a “magico” Molti autori greci e latini, tra cui Teofrasto, parlano diffusamente del basilico e non sempre in tono negativo come fece Crisippo

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rmai, si sa, a torto o a ragione, la cucina genovese è nota soprattutto per il pesto, un tempo conosciuto come “battuto alla genovese” (nel Cuciniere del 1863 la parola pesto è fra parentesi). E quale è l’ingrediente principale del pesto? Il basilico, una pianta officinale nota in botanica come “Ocimum basilicum”, della famiglia delle Lamiaceae. Il genere Ocimum comprende circa 60 specie e molte varietà che crescono spontanee fra le zone calde e temperate dell’intero globo. La piantina è conosciuta in occidente fin dai tempi dei tempi ma le origini sono nell’Asia tropicale e in India. Si diffuse nel Medio Oriente, in antica Grecia e in Italia intorno al 350 a.C. all’epoca

di Alessandro Magno. Già duecento anni prima dell’era cristiana il filosofo greco Crisippo lo nominava, elencandone soprattutto i “demeriti”, dato che a quel tempo, a causa del forte profumo, questa pianta era ritenuta malefica. Tra gli antichi greci e romani era considerato simbolo diabolico, di sfortuna e di odio; Plinio il Vecchio attribuisce alla pianta capacità di generare stati di torpore e pazzia. Gli antichi romani lo associarono alla figura mitologica del Basilisco, una creatura a forma di serpente in grado di uccidere con lo sguardo. Il prenome scientifico del basilico deriva probabilmente dal vocabolo greco “okimon” che significa “olezzo” (in greco Basilikon si-

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gnifica “regio” quindi erba regale). Molti autori greci e latini, tra cui Teofrasto, parlano diffusamente del basilico e non sempre in tono negativo come fece Crisippo, bensì descrivendolo quale pianta di alto potere terapeutico, quasi dotata di virtù magiche spesso attribuite all’aroma inconfondibile del suo fogliame. I crociati ne riempivano le navi per cacciare insetti e cattivi odori (anche adesso si usa per allontanare le zanzare...) mentre nel medioevo era considerato capace di guarire le ferite, come quelle di archibugi. Nel Decamerone di Boccaccio si

racconta che Lisabetta da Messina, seppellì la testa del suo amante, che era stato ucciso dai suoi fratelli, in un vaso dove aveva poi fatto crescere il basilico, annaffiandolo con le sue lacrime. Ma i primi testi che parlano della nostra piantina in cucina si trovano solo alla fine del XVII secolo. In epoca più recente Gabriele D’Annunzio, per tratteggiare il basilico, “dal profumo fresco ed invitante che fa pensare a cibi semplici e genuini, alle cose buone nate dalla fantasia del popolo e che ormai fanno parte della nostra più schietta tradi-


zione”, scriveva fra l’altro “...una foglia odorosa, una foglia d’una di quelle erbe che crescono in un vaso di terracotta sui davanzali delle finestre”. Il basilico è stato anche rivalutato dal punto di vista “curativo”; ad esso si attribuiscono proprietà antispasmodiche, antisettiche ed è indicato per chi soffre di cattiva digestione, coliche, emicrania, disturbi intestinali e delle vie urinarie. In Italia, ebbe i suoi primi fasti in Sicilia (infiniti piatti di pasta, di carne, di pesce e di verdure celebrano il profumo e il sapore del basilico) e nel “profondo sud” era ritenuto anche pianticella di buon augurio; le spose sino a non molti anni fa, nei paesi e villaggi, usavano inserirne un rametto nel loro mazzo nuziale. I giovanotti, nelle campagne di buona parte della penisola, ancora recentemente considerano di prammatica andare alla mensa festiva con un garofano rosso all’occhiello purché accompagnato da una foglia di baxaicò. A poco a poco, questa pianticella umile e preziosa, ha risalito la penisola: regalando aroma e gusto a spaghetti al pomodoro, pizza alla napoletana, bruschetta alla romana ecc. e, da noi, ingrediente principe del pesto. Ma il basilico ha anche importanti valori nutrizionali: 100 gr. di prodotto contengono infatti 3,15 gr. di proteine, 2,65 gr. di carboidrati, 18 mg. di vitamina C, 414 mg. di vitamina K, 177

mg. di calcio, 56 mg. di fosforo, 295 mg. di potassio, 64 mg. di magnesio, ed altre proprietà minori. A dimostrazione di quanto sia diffuso ed apprezzato il nostro condimento anche all’estero, basta ricordare che a Malibù, una località vicina a Los Angeles in California, si svolge annualmente l’annual Basil Festival organizzato dal rosebrook’s vegetable Garden Center . Alla seconda edizione, nel 1985, venne anche invitata la Regione Liguria che partecipò con l’allora assessore al Turismo, Gustavo Gamalero. Un noto ristoratore genovese portò dall’Italia un grosso contenitore di pesto con il quale deliziò (fuori concorso) il palato di un gran numero di invitati al ricevimento organizzato al ristorante Roma di Santa Monica. In quella occasione (il sottoscritto era presente) vennero distribuite numerose magliette stampate dagli organizzatori americani sulle quali stava scritto “Blessed be the Basil Plant, for it shall become Pesto”. (Sia benedetta la pianta del basilico che diverrà pesto). Fra l’altro quell’anno il primo premio andò ad un cuoco pugliese con ristorante a Santa Monica; il cuoco del ristorante Adriano’s di Bel Air di proprietà del genovese Adriano Rebora (fratello del noto storico genovese ormai scomparso, Gianni) arrivò secondo. Ma quali sono le vere origini del

pesto? Si fanno un paio di ipotesi: la prima lo fa risalire al Medio Evo quando era abbastanza in uso condire la pasta con sugo di noci; a questo condimento qualcuno decise di aggiungere il basilico ed ecco una specie di pesto ante litteram; la seconda ipotesi afferma che si tratta di una evoluzione d’una “agliata”, salsa medievale diffusa in tutta Europa con la quale

si aromatizzavano carni bollite o arrostite. Comunque, qualunque sia la sua origine, ormai il pesto è la salsa genovese per antonomasia tanto è vero che il “basilico genovese” (nomenclatura ufficiale attribuita dalla Unione Europea) ha ottenuto, fra il 2004 e il 2005, la denominazione di origine protetta. È noto, però, che il baxaicò più osannato è quello di Prà.

COWBOY! da Rapallo a Las Vegas BEPPE TASSARA, rapallese oggi residente a Bologna, si è laureato campione europeo di Team Roping, la disciplina del rodeo che si svolge a coppie e che consiste nella cattura di un manzo con il lazo. A Voghera il cowboy che gareggiava con Stefano Zocchi ha battuto 159 squadre. Adesso, il suo sogno prosegue: a dicembre, infatti, volerà negli Stati Uniti, a Las Vegas, per contendersi il titolo mondiale con altre 19 formazioni. E tutta Rapallo tifa per il suo campione.


CINEMA

di Luciano RAINUSSO

AL CINEMA in diagonale

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

Reality

di Matteo Garrone

Per il regista di GOMORRA ancora il tema dell'orrore. Non più rappresentato dalla realtà criminale descritta nel predetto film, bensì dall'illusorio mondo della tv da svago, dei centri commerciali, dei parchi acquatici e dei sogni assurdi. Premiato per ben due volte a Cannes, Garrone è tra i pochi registi che avvertono un bisogno di rinnovamento per il nostro cinema. Lo dimostra ampiamente anche con questo suo film che, attraverso il grottesco, felliniano o meno, affronta temi di notevole spessore, come la suggestione della falsità e la tragi-commedia dell'esistenza. Colori vivacissimi connotano l'atmosfera di una storia non del tutto inventata, dove un uomo, un pescivendolo con moglie e figlie, inventore di piccole truffe, arriva a sostenere un provino per partecipare al “Grande Fratello”, quintessenza della vacuità televisiva. Sorretto dalla famiglia, dagli amici e dal parentado, vive l'attesa della fatidica chiamata in maniera ossessiva, quasi kafkiana. Fino al punto di svuotarsi la casa, donando mobili e suppellettili. Una storia che acquista vigore dal modo come viene raccontata: dalla sontuosità dello stile registico, dai lunghi movimenti di macchina gestiti con estrema abilità (memorabile quello iniziale che dà al film toni di assurda favola). Il senso veristico è assicurato dai caseggiati fatiscenti e vicoli simili ad antri infernali, usati come quinte insostituibili dell'azione. Luoghi dove si sogna, ma i sogni, purtroppo, rispecchiano la miseria delle aspirazioni odierne.

Bella addormentata di Marco Bellocchio Eutanasia, la dolce morte, un tema mica da niente nel nuovo film del piacentino Bellocchio: film che a Venezia ebbe una marea di applausi. Pareva destinato al Leone d'oro, premio che non ci fu, a causa dei giochi quasi mai assenti nelle competizioni internazionali. Ma, per fortuna, secondo una regola non scritta, i premi passano e i film restano. Importante è vederli questi film, avere la possibilità di conoscerli. Il che non è sempre facile, visto lo spazio sempre più ristretto a loro concesso nelle programmazioni. Bellocchio, si sa, è uno dei pochi veri fiori all'occhiello del nostro cinema. Fin dall'inizio si è imposto con il mirabile I PUGNI IN TASCA, film di rottura, risalente al 1965, su un'asfissiante famiglia borghese del piacentino, composta da pazzi e semi pazzi che si annientavano nel grigiore della vita di provincia. Qui, sullo sfondo, ci sono gruppi di persone che si fronteggiano per le strade negli ultimi giorni di vita (vita?) di Eluana Englaro, che non si vede mai, ma è sempre presente nella mente dei protagonisti come in quella degli spettatori. Escono dallo sfondo, vivendo nel clima di allora, alcuni personaggi alle prese con i valori della vita e della morte: una tossica decisa a suicidarsi, una famosa attrice con una figlia in coma, un parlamentare in crisi che dovrebbe (ma non vorrebbe) votare una legge in cui non si ritrova; e una ragazza, attivista, che s'innamora di un ragazzo di idee opposte. Film non certo di parte, condotto con estrema maestria e sensibilità, anche sul rispetto delle scelte e sulla libertà di scelta che, alla fine, è quanto conta di più.

Il cinema di sala non morirà. La gente ha bisogno di riunirsi per assistere a uno spettacolo e condividere un’energia. Robert Redford a Venezia

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Contraband di Baltasar Kormakur

Un thriller anglo-franco-americano che rifà un film islandese, diretto da certo Oskar Jonasson, di grande successo in patria, ma rimasto lontano dai nostri schermi. Non è che sia un capolavoro ma, conoscendo quanto affolla il genere, una segnalazione la merita pur sempre. Non fosse altro per la sua confezione oltremodo pulita, priva di inutili e fastidiosi orpelli. Se nell'originale la vicenda si svolge tra Reykiavik e Rotterdam, ricavando dal nome di queste due città il titolo del film, qui l'azione ha luogo su un ben diverso tragitto: ossia tra New Orleans e Panama. Tragitto, questo che si vede costretto a percorrere un ex trafficante di droga per salvare la propria famiglia e un cognato cacciatosi nei guai. Scopo del viaggio, portare in America un prezioso carico per conto di pericolosi spacciatori. Ovviamente, come succede spesso in film del genere, niente va come previsto. Encomiabile l'ambientazione, costituita dalla grigia, desolante periferia portuale di New Orleans e dall'afosa, opprimente Panama. Apprezzabili il talento del regista, pure lui islandese, e l'interpretazione del nuovo 'duro' hollywoodiano Mark Wahlberg (ex modello della Calvin Klein, specializzata in mutande per uomo), forse nel suo ruolo più convincente. Da non elogiare, invece, la decisione di chi ha preferito mantenere il film su un piano medio, troppo legato agli ormai logori canoni del film d'azione.

Il rosso e il blu

di Giuseppe Piccioni

La scuola e i suoi personaggi, piuttosto che il suo degrado, in uno dei pochi film veramente validi, ambientati, nelle nostre aule scolastiche. Liberamente ispirate all'omonimo libro di Marco Lodoli, le storie che vi si raccontano riguardano una variegata umanità che affolla un istituto romano di periferia, con i suoi guai, e la mancanza di motivazione che lo caratterizza a certi livelli. Ritratti umani, di docenti e allievi, che sanno di vero e, al tempo stesso, sembrano improbabili. Una preside (Margherita Buy, sempre più brava) legata alla regola, ma che si lascia coinvolgere, oltre il lecito, dai problemi di un ragazzo malato e abbandonato dai genitori; un supplente di italiano (Riccardo Scamarcio, azzeccato) che le buone intenzioni non salvano da un pericoloso rapporto con un'allieva bugiarda. E, impagabile, un anziano insegnante precipitato in un abisso di tetra solitudine e di cinico pessimismo, sempre ad un passo dal suicidio, cui da vita un superlativo Roberto Herlizka, autentica quercia del nostro spettacolo. (Lo si ricordi mentre declama Carducci, forse soltanto per se stesso, tra allievi indifferenti. Personaggi, si ripete, veri e non veri al contempo. Forse troppo originali, ma che hanno (o potrebbero avere) un peso sulla formazione dei ragazzi, questi ultimi sempre meno disposti a considerarli utili compagni di percorso, Tutto da matita blu, dunque, per sottolinearne l'eccellenza. Non c'è metodo, né libro che possano aiutare a modificare gli uni e gl altri. Le ricette finora usate sono quasi tutte da matita rossa.

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NOTIZIE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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"L'AVVENTURA DI UNA FOGLIA" è l'ultima fatica letteraria del rapallese Piero Campomenosi, per anni dirigente scolastico e autore di vari testi di narrativa per ragazzi e di poesia. "L'avventura di una foglia" edito dalla Secop raccoglie una serie di racconti semplici e poetici insieme e la pubblicazione si avvale delle splendide illustrazioni di Emanuele Luzzati. Interessante anche "L'ANABASI DI ARISTODEMO" edito da Sabatelli con prefazione di Francesco De Nicola. Per la verità "L'avventura di una foglia" è una riedizione della prima stesura pubblicata nell'ormai lontano 1985 ma che mantiene intatta la sua freschezza. Risale invece al 1996 il suo primo romanzo "La bugia" (Sabatelli, Savona) finalista al Premio letterario F. Delpino nel settore narrativa. Nel 2001 Piero Camponesi si è classificato al 2° posto al Premio internazionale MaestraleSan Marco di Sestri Levante, premio vinto l'anno successivo nella sezione poesia dello stesso Maestrale-San Marco. L'artista rapallese collabora con la rivista "Antropos & Iatria" e con varie testate letterarie di carattere storico e filosofico. Nel 2009 è apparsa, a sua cura, la trascrizione degli "Statuti malaspiniani di Santo Stefano d'Aveto" in lingua volgare del 1300.Piero Campomenosi è membro della Società Ligure di Storia Patria e dell'Istituto Internazionale di Studi Liguri.

LO SCUDERIA FERRARI CLUB RAPALLO A MARANELLO L

o Scuderia Ferrari Club Rapallo, guidato dal Presidente Orlando Gentile, ha vissuto momenti di grande emozione sabato 15 settembre scorso, per la trasferta in pullman a Maranello, sede del Cavallino Rampante, dove i club accedono soltanto con la tessera ufficiale rilasciata dalla società automobilistica. Ospite speciale della trasferta Claudia Ucelli, scelta tra le 14 partecipanti alla manifestazione “Perla del Porto 2012“, che si è svolta a Lavagna in data 8 settembre scorso, sotto la professionale organizzazione e conduzione di Roberto Esposito. Il gruppo di tesserati, ricevuti in mattinata dalla Dirigenza della Ferrari, hanno potuto accedere agli stabilimenti ed alle strutture industriali dove hanno visto, con immenso stupore ed entusiasmo, come nasce e come viene ultimata una Ferrari stradale (nuova meccanica, le nuove linee di montaggio 8 cilindri, la verniciatura…) e subito dopo, come novità assoluta, alla Gestione Sportiva di-

partimento Formula 1 Clienti ed FXX dove hanno posato per la foto di gruppo scattata dal fotografo ufficiale della Ferrari. Per i minori di 16 anni, è stato organizzato un bus per un breve tour dell’Azienda. Dopo un simpatico ed allegro buffet all’interno dello stabilimento, hanno visitato la prestigiosa Galleria/Museo Ferrari, vero e proprio custode del mito dove al suo interno si sono potute ammirare tantissime meraviglie del Mondo Ferrari. Non poteva mancare, prima della partenza per il rientro, una visita al Ferrari Store, punto vendita della vasta gamma dei prodotti esclusivi, sui quali i tesserati allo Scuderia Ferrari Club beneficiano dello sconto del 20%.

VUOI ENTRARE A FAR PARTE DI UNO SCUDERIA FERRARI CLUB? Riceverai subito il Welcome Kit del vero tifoso. Lo Scuderia Ferrari Club Rapallo rimane per questo sempre a disposizione per valutare tutte le richieste di iscrizione all’unico Scuderia Ferrari Club nelle provincie di Genova, La Spezia e Imperia e le opportunità di promuovere e coordinare qualsiasi programma e/o iniziativa di carattere culturale, sociale e sportiva. PER INFO: Scuderia Ferrari Club Rapallo tel. 3389007705 e-mail ogentile@libero.it

LA SOCIETÀ BOCCIOFILA RAPALLESE “M. GANDOLFI” RIPRENDE L’ATTIVITÀ AGONISTICA Con l'approssimarsi della stagione invernale ecco che ricomincia l'attività agonistica della Società Bocciofila Rapallese M. Gandolfi. Con un organico quanto mai preparato ed affidabile, ma soprattutto spinto da forti motivazioni, la Società affronterà a partire dal 3 Novembre il Campionato Nazionale Cat. C 2012/2013, che terminerà nel mese di marzo. Si tratta di una kermesse che si svilupperà in gironi composti da società liguri, toscane, piemontesi e valdostane. La pluriblasonata Società Rapallese ha già vinto questo Campionato nel 2010, per cui vi sono tutti i presupposti per un buon risultato. Nella foto si vede la squadra rapallese la cui attività è costantemente seguita e sostenuta dal Presidente Renato Tassara, “faro” della Società. Elenchiamo i componenti della squadra: Direttore Sportivo Corrado Patrone, Allenatore Tecnico Roberto Guerisoli, Dirigente Accompagnatore Maurizio De Martini, Giocatori (in ordine alfabetico): Carlo Ansaldo, Mauro Arbasetti, Roberto Ballabene, Enrico Barlari, Adriano Borghini, Fabrizio Castagnola, Claudio Cella, Thomas Cevasco, Andreino De Barbieri, Carlo Galletti, Endro Locatelli, Tiziano Micheli, Aldo Noceti, Italo Rebecchi, Simone Traverso.

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E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

COMMERCIO E FAIDE Caro Direttore, seguo sgomento la lotta suicida che, in questo momento di crisi, alcuni gruppi di commercianti hanno intrapreso verso altri. Di parolai non solo l’Italia è piena, ma anche Rapallo e mi riferisco a tutti coloro che hanno ambizioni "politiche". Costoro, anzichè unirli, li aizzano gli uni contro gli altri, per banali egemonie personali, danneggiando la categoria. Un consiglio, se posso: unitevi attorno a chi ha dimostrato di saper e voler fare. Cordialmente R.B.

PERICOLO IN VIA FERRARETTO Spettabile Redazione, Segnalo che al Nr.6 di Via Ottavio Ferraretto, a Rapallo, proprio in prossimità dell'ultimo tornante per chi sale, un pilastro dello steccato in cemento armato che separa il giardino dell'Albergo Helvezia dalla strada, lesionata da tempo, si sta staccando e non è peregrino pensare che da un momento all'altro potrebbe crollare. E se il disastro avvenisse al passaggio di una vettura o quando transita un "viandante", anche a causa della ristrettezza della via, leggeremmo

LETTERE E NOTIZIE l'accaduto nella "nera" delle cronache locali. Luigi Fassone Giriamo la sua preoccupazione al Comune per i provvedimenti di competenza.

CINGHIALI E PORCASTRI Gentile Redazione, Nell'entroterra del Levante ligure abbiamo una risorsa per poter sfamare chi,sempre più numeroso,accede alle mense dei poveri e ce ne guardiamo bene dal farlo. Ciò a causa delle remore di chi istituzionalmente potrebbe provvedere alla bisogna, remore causate dal "gracchicidio" dei soliti difensori degli animali. Le storiche liguri "fasce" vengono "arate" scompostamente dalle zanne degli ungulati. E i liguri,che hanno questo ben di Dio fornito direttamente dalla natura, senza alcuna manipolazione stile OGM,se ne stanno a "zinzannà" (espressione ligure arcaica mai così azzeccata come in questo caso che sta per: Nicchiare)...Che sia la volta della Chiesa, che sfama tanti barboni che l'anima la hanno, a battere qualche "colpo" contro questi animali che (ce lo insegna lei stessa) l'anima non l'hanno! Lettera firmata

Associazione Culturale

Caroggio Drito SABATO 17 NOVEMBRE ORE 16.30 presso villa Queirolo

conferenza della dott.ssa Barbara Bernabò su “Parentele e aggregazioni familiari nel Capitaneato di Rapallo”. MERCOLEDÌ 21 NOVEMBRE con partenza da piazza delle Nazioni alle ore 8.30,

gita a Genova con visita del palazzo Spinola di Pellicceria e strada “Nova”. Dettagli più precisi per la gita (pranzo, termini di prenotazione, ecc.) saranno comunicati con tempestivo avviso affisso nella bacheca di Caroggio Drito in Piazza Cavour. Si ricorda che tutti i giovedì dalle 17 alle 18.30 è aperta la sede sociale presso la Casa della Gioventù, piano rialzato. Informazioni telefoniche si possono avere al numero 0185 50104 o al cellulare 339 8119554.

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Cinquant’anni insieme Il 1° ottobre del lontano 1962 al Santuario di nostra Signora di Montallegro a Rapallo, Margherita Olivari e Guido Tasso si univano felicemente in matrimonio promettendosi eterno amore. Nella stessa data del 2012 hanno festeggiato le nozze d’oro assieme agli amici e ai famigliari Paolo, Alessandro, Mirko, Gaia e Mariangela.

PANCHINE E CLOCHARD Egregio Direttore, le panchine site nei giardini o nei parchi comunali furono messe lì perchè gli umani vi sedessero e non si distendessero per dormirvi. Le sale d'attesa delle stazioni ferroviarie furono ideate e realizzate affinchè i fruitori del trasporto su rotaia potessero sostarvi, magari seduti, in attesa dell'arrivo del treno (alle origini potevano farlo soltanto quelli che avevano prepagato il servizio di trasporto, oggi, con l'ascesa al limbo dei controllori, può sostarvi chiunque). Ma a Santa Margherita Ligure c'è chi accetta, anzi desidera fortemente, che sulle panchine, 24 ore su 24, ci si possa distendere. Per questo ha fatto togliere i braccioli che l'Amministrazione aveva saggiamente sistemato a mò di dissuasori. E, non pago, insiste per lasciare aperte, ancora una volta 24 ore su 24, le sale d'aspetto della stazione, agevolando in tal modo la trasformazione in corso d'opera delle stesse in dormitori promiscui senza neppur chiedere ai fruitori uno slancio di buona educazione, ossia di lasciare al mattino i locali nelle stesse condizioni di pulizia. Lettera firmata

IL BUON GUSTO Spettabile Redazione, nessuno quotidiano si è peritato di riportare la foto di un assessore ra-

pallese apparso gongolante e col pugno chiuso su Facebook assieme ad un esponente dell’estrema sinistra, entrambi sorridenti per aver boicottato con successo la seconda edizione del Christmas Village. Ben altro trattamento da quello cui è stato sottoposto un anno fa un altro assessore che la mano l’aveva invece tesa e per questo era stato messo alla gogna mediatica. Che ne pensa? L.F.

Caro lettore, il saluto fascista davanti alla chiesa da lei ricordato configurava un reato di apologia, ancor più grave perché posto in essere da un pubblico amministratore. Quello odierno invece pare un chiaro esempio di mancanza di buon gusto. D’altra parte il bon ton uno lo ha dentro di sè o ne è sprovvisto. Se tale mancanza viene da un assessore che dovrebbe rappresentare tutti noi, è ancora più da condannare.

GOLFO DEI NESCI Egregio Direttore, leggo che il Christmas Village si trasferirà a Santa Margherita, sempre pronta ad accogliere le buone idee anche se provenienti dai “cugini”. La mamma del golfo dei Nesci continua evidentemente a partorire. Paolo Giliberti


Gargantua di Renzo Bagnasco

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

LETTERE E NOTIZIE

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Il proverbio del mese San Loenso gran cädûa, Sant'Andrïa gran fréidûa l'unn-a e l'ätra poco dûa San Lorenzo (10 agosto) gran calura, Sant'Andrea (30 novembre) gran freddura, l'una e l'altra poco dura.

Cavolfiore strascinato alla ligure INGREDIENTI: 1 kg di cavolfiore smembrato a cimette, 5 acciughe dissalate o granulare di pesce, ½ decilitro d’olio extravergine, 1 spicchio d’aglio, 2 dl di sugo di pomodoro, vino bianco secco, origano, 1 pugno di capperi dissalati e sale. ESECUZIONE: Lessare al vapore il cavolo; stemperate le acciughe nell’olio con lo spicchio d’aglio. Poi unire alle acciughe le cimette lesse, facendole insaporire; unirvi quindi il sugo e fluidificare il tutto con un poco di vino bianco. Dopo 10’ di cottura, spolverare con l’origano e aggiungervi i capperi; controllare il sale e, dopo poco, servire.

Invitiamo i lettori a volerci segnalare suggerimenti, problemi. Pubblicheremo le vostre istanze, raccomandandovi la brevità dei testi per evitare dolorosi tagli. Scriveteci a Redazione “IL MARE” Via Volta 35 - 16035 Rapallo E-mail: rapallonotizie@libero.it

NASCE IL CIRCOLO CULTURALE

FONS GEMINA Lo scorso 20 ottobre, a Rapallo, è nato il Circolo Culturale “Fons Gemina”. Dodici amici che investono in questo progetto le rispettive esperienze, per mantenere e condividere la storia ed il presente culturale del Tigullio, proprio quando recenti disegni governativa spingono verso un’uniformità forzata che sa di cancellazione territoriale. Questi i componenti: Giovanni Arena presidente - Nadia Boschini revisore unico - Nadia Briganti segretario - Carla Carlini v. presidente - Stefano Chiesa tesoriere - Gianrenato De Gaetani consigliere - Silvana Gambéri-Gallo addetta relazioni esterne - Claudio Gramegna direttore scientifico - Angelo Grondona consigliere - Luisa Marnati consigliere - Filippo Torre addetto all’organizzazione - Luigi Ernesto Zanoni consigliere Spiega il presidente Gianni Arena: “Non rivendichiamo alcuna funzione o ideologia politica, crediamo nella totale apertura ad ogni espressione del sapere (letteratura, musica, filosofia, ebook, sociality) e alla collaborazione con altre realtà già operanti a Rapallo”. Per la verità a Rapallo i circoli culturali nascono e si dissolvono come neve al sole. Basta ricordare ad esempio il Circolo Hemingway. Per fortuna oggi le elezioni paiono ancora lontante.

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MESE

Novembre

Giorno

20 12 Lunazioni, Stagioni e Segni Zodiacali

Ora./min. Descrizione

Mercoledì 07

01:35

Ultimo Quarto

Martedì

13

23:08

Luna Nuova: 9A Lunazione delle Braccia Tese Eclissi totale di sole, non visibile dallʼItalia

Mercoledì 21

22:51

Il Sole entra nel segno del

Mercoledì 28

15:46

Luna Piena

Sagittario

Spazio Aperto di Via dell’Arco Associazione di Promozione Sociale

Novembre SABATO 3, ORE 16.00 Il Rex e il mitico “Nastro azzurro” Emilio Carta, giornalista e Carlo Gatti, comandante e presidente Ass. Mare Nostrum MERCOLEDÌ 7, ORE 16.00 I mercoledì dell’operetta “Cin ci la” di Carlo Lombardo [RISERVATO AI SOCI] a cura di Luciano Rainusso SABATO 10, ORE 16.00 Correre verso il futuro anziché contemplare il passato La ricostruzione futurista dell’universo attraverso l’esigenza di un’arte totale Luigi Frugone, collezionista di libri taglienti esplosivi luminosi futuristi; Giorgio “Getto” Viarengo, storico del territorio ligure SABATO 17, ORE 16.00 Viaggio in Oriente... da Costantinopoli a Istanbul Un soggiorno a Istanbul seguendo le orme dei viaggiatori e dei migranti liguri del XIX secolo Fabrizio Benente, archeologo e docente di archeologia del Mediterraneo presso l’Università di Genova VENERDÌ 23, ORE 17.00 Quando scese la notte a Cefalonia Una storia d’eroismo e crudeltà Michele Zimei SABATO 24, ORE 16.00 Economia fatta dalle persone per le persone Un approccio alternativo al commercio convenzionale Alessandra Governa VENERDÌ 30, ORE 16.00 Cambiamenti climatici Meccanismo naturale o antropico? Andrea Corigliano



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