IL MARE Eco del Golfo Tigullio

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L.mare Vittorio Veneto 17-18-19 RAPALLO

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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Anno IV - n. 2/ Marzo 2011 • Direttore responsabile: Emilio Carta

PIOVE SUL BAGNATO Cercasi ottimizzatore

DEPURATORE

O giornale o l'é comme l'äze, quello che ti ghe metti o porta Il giornale è come l'asino, quello che ci metti, porta (Antico proverbio genovese)

CÊè una terza via

OSPEDALE I primi commenti

ARREDO URBANO una parola aliena

GARAVENTA Un collegio sul mare

UNIT¤ DÊITALIA • „Il Bacio:‰ un capolavoro • A tavola col tricolore • La nascita della bandiera

EVENTI Visita al Nazario Sauro

IL MARE è consultabile anche on line sul sito

www.marenostrumrapallo.it

Associazione Culturale

Caroggio Drito

Associazione Culturale

Stampato in 15.000 copie - DISTRIBUZIONE GRATUITA


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Mensile di informazione Anno IV - n. 2/ Marzo 2011 Edito da: Azienda Grafica Busco Editrice Rapallo - via A. Volta 35,39 - rapallonotizie@libero.it tel. 0185273647 - fax 0185 235610 Autorizzazione tribunale di Chiavari n. 3/08 R. Stampa Direttore responsabile: Emilio Carta Redazione: Carlo Gatti - Benedetta Magri Elena Busco - Daniele Roncagliolo Hanno collaborato a questo numero: R. Bagnasco - P.L. Benatti - A. Bertollo C. Gatti - E. Lavagno Canacari - S. Gambèri Gallo B. Magri - B. Mancini - M. Mancini - G. Massa C. Molfino - I. Nidasio - A. Noziglia D. Pertusati - L. Rainusso - E. Ricci - D. Roncagliolo V. Temperini - R. Venturelli Ottimizzazione grafica: Valentina Campodonico - Ivano Romanò Fotografie: Fabio Piumetti - Lorenzo Del Veneziano Archivio Azienda Grafica Busco Agente pubblicitario: Roberto Marino tel. 348-2653107

La collaborazione a Rapallo Notizie è gratuita e ad invito

IN QUESTO NUMERO: 2 3 Ospedale, parlano i pazienti di I. Nidasio 4 Manutenzione, una parola aliena di R. Bagnasco 5 La casa famiglia U. Motta di A. Noziglia 8 Sommergibili al Museo del Mare di C. Gatti 9 Ti mando in Garaventa! di C. Gatti 10/11 Agricoltura biologica di G. Massa 12 Il sottopasso di via della Libertà di P.L. Benatti 13 Gente di Liguria: la famiglia Cianci di A. Bertollo 13 Come eravamo di B. Mancini 14 A tavola con lʼUnità dʼItalia 15 Arte, il Risorgimento di C. Molfino 18 Viaggiare: Australia/1 di V. Temperini 19 Scuola: vivere la musica di E.Ricci 20 Pianeta Giovani di B. Magri 21 La bandiera tricolore di M. Canessa 22 Liguri Antighi - i Rapallin 23 Se Cristo ritornasse... di D. Pertusati 24/25 Amarcord della pelandronite di S. Gambèri Gallo 25 Ricordo o sogno? Quando... di M. Mancini 26 Vivere la terza età oggi di E. Lavagno Canacari 27 I migliori film del 2010 di R. Venturelli 28 Al cinema in diagonale di L. Rainusso 29 Lettere, notizie e tempo libero 30/31 Piove sempre sul bagnato di E. Carta

Depuratore, cʼè una terza via di D. Roncagliolo

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Piove sempre sul bagnato

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e vacanze natalizie sono ormai uno sbiadito ricordo: i doni sotto l’albero, gli auguri, un po’ di pace e serenità per le famiglie e tanto lavoro per gli addetti al settore alberghiero e commerciale. I conti si faranno tra breve per capire se il Natale ha di fatto permesso un rientro economico relativo ai mesi in cui la crisi si è fatta sentire maggiormente. D’altra parte siamo una località turistica e dobbiamo e vogliamo quindi presentarci al meglio agli ospiti che hanno scelto la riviera anziché la montagna. Ma non sempre è così. Alle disfunzioni purtroppo ci si abitua e non ci si fa più caso: insomma, diventano la norma. Per questo ci permettiamo suggerire all’Amministrazione comunale di istituire un nuovo ruolo, quello del consigliere incaricato al controllo dell’arredo urbano, ovvero l’ottimizzatore. Il suo compito? Setacciare il territorio e segnalare all’assessore competente e agli uffici comunali ciò che non va per porvi rimedio. Al brutto è facile abituarsi e si rischia di non farci più caso (ma gli ospiti sì). La lettera della signora, riportata qui sotto, lo testimonia. Il consigliere incaricato potrebbe, ad esempio, riferire che sul lungomare, lato bar e ristoranti mancano diverse piastrelle; che in piazza Garibaldi il cartello con la scritta “Antichi portici medievali” è praticamente illeggibile e pare essere coevo agli stessi portici. Se passiamo alla cartellonistica che in molti punti cittadini contrassegna la storia del borgo e i suoi principali monumenti si nota che alcuni di essi sono stati divelti, altri rovinati. Ma nessuno pare accorgersene e provvedere. Poi ci sono gli alberi di alto fusto tagliati e mai ripiantumati (vedi le aiole di fronte alle Clarisse), l’indecenza provocata dagli escrementi dei piccioni sotto i portici del Teatro Auditorium. Non basta, ad esempio, ripulirli in fretta e furia alla vigilia di un evento importante. Occorre procedere semmai alla posa di ap-

di Emilio Carta

Come avete certamente notato, in copertina, da questo numero, il nostro periodico prende il nome di IL MARE, la gloriosa testata nata a Ra- E c o d e l g o l f o T i g u l l i o pallo nel 1908 e che riportava la cronaca e gli avvenimenti del Tigullio. A farci decidere in tal senso sono stati numerosi e affezionati lettori che da tempo ci chiedevano di ripristinare quel nome e il Tribunale di Chiavari ha accolto la nostra domanda di variazione anche alla luce dei contenuti di cronaca, cultura e di memoria delle nostre radici di cui ci facciamo da tempo portatori. Gli stessi valori che contraddistinguevano la testata nel primo Novecento. IL MARE al contempo cambia anche veste: la stampa è ora in carta patinata per offrire un prodotto migliore. Non cambia invece la formula free press: ovvero la distribuzione gratuita del mensile stampato in 15mila copie. Da questo numero infine IL MARE sarà anche sfogliabile su Internet. Basterà andare su www.marenostrumrapallo.it e cliccare sul nome della testata: il periodico potrà così essere letto in Italia e all’estero per avvicinare e informare tutti, rapallini e non, di quanto succede nel nostro amato Tigullio. Un caro saluto a tutti voi. Massimo Busco, editore positi spunzoni metallici. Parliamo di microinterventi che, se attivati, darebbero un’immagine di ordine, di una città turistica e, come tale, tenuta come un gioiello. Non vogliamo buttare la croce su nessuno, sia chiaro, ma interventi di ben altro spessore come il riordino di piazza Martiri della Libertà con il contestuale rifacimento del chiosco della musica o il ripristino del muro di via Avenaggi rischiano di apparire fatti sporadici e isolati che, se

Emilio Carta, direttore responsabile sommati invece ad interventi anche minimali, offrirebbero ben altra impressione ai visitatori. Rudolph Giuliani, amato ex sindaco di New York, soleva raccontare che un vetro rotto, seppur in un caseggiato del Bronx andava immediatamente sostituito: “lasciato in frantumi avrebbe dato un’idea di abbandono e dato spunto per altri atti di vandalismo”. Non siamo né a New York né a Brooklyn o nel Bronx ma la morale è la stessa.

Spettabile Redazione, a dicembre, durante una serata piovosa, sono stata all’Auditorium delle Clarisse per assistere ad uno spettacolo di beneficenza. All’uscita dal teatro ho percorso la scalinata di fronte all’ingresso per recuperare l’auto parcheggiata in via Don Minzoni e…sorpresa. Da tutte le aiole fuoriuscivano getti d’acqua per bagnare l’erba mentre la pioggia veniva giù insistente. Ne ho parlato con una mia amica che ha confermato i miei dubbi: l’impianto automatico di irrigazione parte ogni sera, anche d’inverno, alla faccia della razionalità, di chi soffre la sete e di chi non sopporta gli sprechi. Fate un po’ voi. Possibile che gli addetti non se ne siano mai resi conto provvedendo a sospendere il servizio non dico quando piove ma almeno nel periodo invernale? Grazie per l’ospitalità e complimenti al giornale. Paola Vecchi


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AMBIENTE

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di Daniele RONCAGLIOLO

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IMPIANTI

Depuratore: c’è una terza via Si potrebbero sfruttare gli impianti già esistenti in altre località del Tigullio rendendoli più moderni e funzionali a livello comprensoriale, risparmiando in tal modo milioni di euro ia Betti o l’area ex Viacava? In questi mesi sembra si stia sfogliando la margherita per capire dove andrà messo il depuratore. Lei, assessore Mustorgi, a quale petalo si è fermato? In Italia purtroppo lo sport nazionale è dire dove non va messo qualcosa e questo è un grosso limite che condiziona il Paese e di conseguenza anche Rapallo. Il mio pensiero invece va oltre a queste due aree. E quando dico così penso ad un depuratore comprensoriale, ben sapendo che Lavagna ha la nostra stessa necessità. Non è detto che il sito individuato su Lavagna abbia caratteristiche migliori di quello di Rapallo. È necessario però riflettere sui tanti milioni che si spendono per pochi cittadini, visto che durante il periodo estivo le due città unite fanno un numero di abitanti pari a quello di un quartiere di Milano. Non so onestamente se questa mia idea sia già stata pensata da qualcuno. Sì i verdi ne volevano uno comprensoriale in Fontanabuona Ecco, allora io sono un verde. A parte gli scherzi credo che si debba guardare oltre i colori politici: quando si vuole il bene della città si deve andare oltre a questo. In un recente incontro ho proposto il depuratore comprensoriale ai vertici regionali e all’Ato. Il

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presidente Burlando ne ha preso atto e ha promesso che l’avrebbe preso in considerazione. Voglio ricordare all’Ato che la sua missione è ottimizzare le risorse senza moltiplicare le strutture. A Rapallo il tubo a mare esiste già e costerebbe poco collegarlo ad un impianto limitrofo. Ovviamente il mio consiglio non deve andare a dilatare i tempi perchè il comune sta lavorando molto bene su questo aspetto; si tratta di un argomento di estrema importanza e ne siamo tutti consapevoli, visto che nel 2015 se non lo avremo realizzato dovremo pagare pesanti sanzioni europee. Una città come Rapallo che ambisce ad un’alta qualità della vita, del mare, e dell’ambiente, non può prescindere da un impianto di depurazione. E poi, visto che il nuovo ospedale è ormai in funzione, potremo ricevere anche la bandiera blu. Quello del depuratore è un tema che parte da lontano Sì già con l’amministrazione Bagnasco lavorammo con il Consiglio Nazionale delle Ricerche per un progetto che prevedeva un depuratore naturale con vasche sommerse. Ottenemmo anche un brevetto e adesso ogni volta che quell’invenzione viene usata il comune riceve una royalty. Peccato

Località Ronco - area Viacava

che la precedente amministrazione abbia voluto cancellare tutto e ciò, purtroppo, non è stato carino. Lei invita a pensare in maniera comprensoriale, però una esperienza come quella del Consorzio per i Rifiuti non andò benissimo. È vero i risultati furono zero, ma non

Giggia, han fatto finalmente chiarezza sul depuratore!

tutto nel passato è stato negativo. Guardiamo per esempio alla sanità: da un campanilismo diffuso, con un nosocomio per ogni città, siamo arrivati ad avere tre strutture a Sestri Levante, Lavagna e Rapallo che mirano ad essere tre ospedali di eccellenza. La strada da percorrere è questa.

Sì, lo costruiranno sul Manico del... Lume!

Quella di Mustorgi è un’idea semplice e condivisibile. Pensare che due città attaccate come Rapallo e Santa Margherita, che insieme fanno quarantamila abitanti, abbiano due depuratori con un costo complessivo di cinquanta milioni di euro deve fare riflettere. Non è il tempo delle recriminazioni però: bisogna voltare pagina cercando di non ripetere l’errore. Rapallo il tubo a mare ce l’ha. Collegarlo all’impianto da ammodernare a Chiavari, o a quello che si dovrà costruire a Lavagna, è possibile e auspicabile. Si risparmierebbero milioni di euro e anche l’ambiente ne beneficerebbe. I soldi per il depuratore rapallese, 36 milioni di euro, sono sul tavolo da tempo. Un cambio di rotta, se lo si vuole, è possibile. Prevarranno le logiche del buonsenso o di qualcos’altro? D.R. di Pietro Ardito & C.

da Mario

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OSPEDALE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Ilaria NIDASIO

SANITÀ

Finalmente si parte: ci sono “ospiti” in corsia! I primi commenti dei pazienti e dei loro familiari sono positivi ma medici e infermieri viaggiano ancora a scartamento ridotto. Occorre portare a pieno regime il personale qualche mese dall'inaugurazione è finalmente possibile fare i primi bilanci dell'attività dell'Ospedale rapallese intitolato a Nostra Signora di Montallegro, nuovo fiore all'occhiello della sanità del Tigullio occidentale. Se, nelle scorse settimane, sono stati i politici locali e i sanitari che operano nel nosocomio ad esprimere il proprio parere, ora è la volta dei pazienti che, loro malgrado, sono stati ospiti della struttura. Nessuno si augura di dover ricorrere ad una visita all'ospedale, tuttavia, in caso di necessità, fa piacere trovare una struttura ben organizzata, con personale professionale e disponibile, come racconta Andrea Renzi: “il 18 febbraio, a causa di una lesione al polso, sono stato costretto a fare la mia prima “visita”al nuovo ospedale di Rapallo: nonostante la situazione non fosse delle più piacevoli, posso dire di essermi trovato piuttosto bene. Come sempre accade al Primo Intervento ho dovuto aspettare un pochino prima di essere visitato ma, contrariamente a quanto mi è già successo in passato, non ho trascorso l'intera giornata in attesa del mio turno. Al contrario, dopo un'ora dal mio arrivo, già mi era stata fatta una radiografia che, per fortuna, ha confermato l'assenza di lesioni interne. Il personale che mi ha assistito, dalle infermiere che mi hanno accolto fino alla Dottoressa che mi ha visitato, mi ha piacevolmente sorpreso per la gentilezza e la disponibilità con le quali hanno trattato non solo me, ma anche le persone che mi hanno accompagnato e che, preoccupate, hanno atteso il referto medico”. L'unica nota dolente sembra essere la segnaletica interna all'ospedale: “Del resto - sottolinea Marisa Renzi, mamma del paziente - è difficile orientarsi in una struttura pubblica se non la si conosce; ancora di più in un ospedale, dove si arriva, di solito, trafelati e preoccupati. Ho notato, però, che all'ingresso è presente anche un'area dedicata ai bambini: una bella idea, utile per intrattenere i più piccoli nell'attesa dell'orario di visita ai parenti o per distrarli mentre i genitori sono in fila per l'accettazione”. Al piano terra, infatti, accanto al bancomat e all'edicola, è presente il “Punto Giallo”, dove viene pagato il ticket delle prestazioni già prenotate presso il Centro Unico di Prenotazione.

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GIRI DI CHIGLIA Codici bianchi, gialli e rossi Ho chiamato il 118 per un problema familiare e il cortese personale dell’ambulanza al termine di una prima visita domiciliare mi ha suggerito di portare il paziente direttamente al Pronto Soccorso dell’ospedale di Lavagna. Le sale del P.S. erano stracolme e l’attesa del paziente da me accompagnato, rimasto in barella sotto osservazione, si è protratta per oltre cinque ore. Poi finalmente è stato visitato e trattenuto in osservazione sino al giorno successivo. Pochi giorni dopo è ricomparso lo stesso problema e questa volta il malato è stato da me trasferito direttamente al nuovo polo ospedaliero di San Pietro. Altra visita, questa volta accettabile in termini di attesa, mentre un infermiere del 118 con aria disincantata mi diceva che al Pronto intervento rapallese c’era un solo medico e che la costruzione del nuovo ospedale era uno sbaglio perché la struttura sanitaria era stata realizzata solo per convenienza politica (?). Niente da fare, quindi. Si riparte per Lavagna e anche qui l’attesa è lunga: dalle ore 17 alle 23. Poi il paziente torna a casa. Qualcosa non torna. O all’ospedale di Rapallo si mettono a disposizione, e alla svelta, i medici e gli infermieri necessari al corretto funzionamento della struttura oppure li si mandino solo a Lavagna alla faccia dei codici gialli e rossi. Qui si sta giocando una partita, ma non di calcio, sulla pelle dei pazienti e chi è responsabile si dia una mossa. Altrimenti vada a fare dell’altro e non a spese dei cittadini. e.c Le visite ai pazienti sono consentite, nei giorni feriali, tra le 13.30 e le 14.30 e tra le 19.15 e le 20.15, mentre durante i giorni festivi i parenti potranno fare visita ai degenti dalle 11 alle 11.45 e tra le 15 e le 17. Tra i pazienti che hanno trascorso almeno una notte presso il nosocomio troviamo anche Piero Parma, proprietario della storica trattoria “U Bansin”: “Sono stato, mio malgrado, uno dei primi pazienti dell'ospedale, a cui mi sono rivolto in seguito ad un forte dolore al torace. Spaventato, mi sono affi-

dato alle cure dei medici che, dopo avermi tenuto in osservazione una notte presso il reparto di Cardiologia e, dopo avermi sottoposto a tutte le analisi del caso, hanno stabilito che non avessi nulla di grave. A nessuno fa piacere essere costretto al ricovero, ma devo dire che, pur trovandomi in una situazione che avrei preferito evitare, la degenza è stata gradevole. Mi è stata assegnata una camera a due letti piuttosto spaziosa, con un bagno interno: il personale che mi ha assistito si è dimostrato sempre molto disponibile e cortese e gli operatori hanno contribuito a rendere piacevole il mio “soggiorno”forzato. E poi, da ristoratore, devo ammettere che la cena che mi è stata servita, seppur semplice, non era

niente male! Insomma, non posso che dare un giudizio positivo della struttura e del personale che vi opera”. Per quanto riguarda il tragitto che conduce al nosocomio i pazienti interpellati affermano di non aver incontrato alcuna difficoltà nel raggiungere l'ospedale: pur arrivando in orari diversi, nessuno degli intervistati si è imbattuto nel temuto traffico cittadino, giungendo così abbastanza velocemente presso la struttura. La speranza è che la viabilità possa essere scorrevole anche nei periodi di maggiore frequentazione turistica della città, in modo che gli ingorghi del traffico non osteggino l'operato dell'ospedale, ad oggi giudicato positivamente da coloro che ne sono stati ospiti.

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IDEE PER RAPALLO

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di Renzo BAGNASCO

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ARREDO URBANO

Manutenzione: una parola aliena Al centro e in periferia occorre procedere ad un restyling che tarda a venire nche ai più distratti non può sfuggire un parallelismo fra Rapallo e la storiella del villico “furbo” che aveva scoperto che, diminuendo ogni giorno la razione di biada da somministrare al proprio somaro, poteva risparmiare denaro comprandogliene sempre di meno; peccato che la povera bestia, in breve, morì di fame. Crediamo che ormai tutti si siano resi conto che, fra le tante cose che non si fanno a Rapallo, c’è anche la manutenzione dei patrimoni pubblici: parola “aliena” non familiarizzando con la quale si può avere l’illusione di far quadrare il bilancio. Di questo passo, lasceremo ai nostri nipoti una città da “fine guerra”. Al riguardo non si ergano a giudici starnazzanti su Internet coloro che ci hanno precedentemente amministrato: non dimentichiamo che a furia di offendere tutti e non far niente, sono riusciti a farsi cacciare persino dai loro. Alla luce di questa “furbata” imperante a favore dei numeri del bilancio, ma non della città, non osiamo pensare cosa ne sarà fra pochi anni del costoso e controverso “ponte intelligente” se anche lui, come il resto, non sarà continuamente mantenuto: temiamo si trasformerà in un ammasso di ferraglia arrugginita che, al momento del bisogno, non reagirà ai comandi automatici. Abbiamo detto “furbata” perché da quando hanno scoperto che non facendo manutenzione, si risparmiava, parrebbe essere questa la linea che intendono seguire con una pervicacia che, se applicata su altre “voci”, probabilmente, potrebbe farci veramente risparmiare. E così se ne vedono i risultati: le strade sono malandate, i

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marciapiedi impraticabili col rischio di farsi male e persino dalla pavimentazione della passeggiata a mare si stanno distaccando tasselli e si stanno aprendo preoccupanti crepe anche sul lato del grande disegno in questi giorni sommariamente rabberciato. Avete più visto la frazione di Santa Maria, a cominciare dalla “sala d’aspetto” dei bus e dai cassonetti per accogliere l’immondizia ? Le troppe piastrelle “saltate” dai marciapiedi, prima che qualche passante prudente le sospinga sulla strada, sono trabocchetti pericolosi per le scivolate di chi, inavvertitamente, vi posa sopra i piedi e poi, le buchette che ne rimangono, rappresentano un continuo pericolo di distorsioni alle caviglie o alle ginocchia quando non di scivoloni, per non parlare dei veri e propri cedimenti di lunghi tratti delle stesse banchine pedonali che, quando piove, tendono a far sdrucciolare verso la strada chi vi transita. Al cieco risparmio si sacrifica pure la improrogabile manutenzione sia alla recente pavimentazione di Via Murtula lungo il Rio San Francesco sia a quella del vicino parcheggio, sopra la zona del trattamento delle acque reflue. Se, almeno per i primi tempi, non si “rispolverano” ancora di sabbia per riempirne le giunture fra i vari blocchetti di cemento che si svuotano per il naturale assestamento dovuto al calpestio o perché dilavate dalle recenti abbondanti piogge, i blocchetti iniziano a muoversi e subito dopo, staccarsi dal loro posto. La pavimentazione poi del parcheggio, proprio al termine della rampa che arriva al piano di sosta, presenta dilatazioni preoccupanti perché questo

Uno scorcio di via Pellerano Murtola

tipo di pavimentazione “regge” sino a che i vari blocchetti che la compongono siano sempre costipati fra loro. E’ il segreto di questo tipo di pavimentazione “a secco” che tiene solo se ben compattata perché è senza legante cementizio. Un cenno lo merita pure Via di Landea anch’essa vittima di questo gretto “risparmio”. Quando, anni fa, decisero di sistemarla, alcuni privati che animarono l’iniziativa, finalmente oggi è tutto documentato, ne fecero scempio a loro esclusivo vantaggio sino a sottrarre al demanio aree che per legge sono inalienabili; profittando della tradizionale incuria con cui il Comune gestisce le cose “comuni” tanto che l’ha pure portato a trascurare, perdendole, tutte o quasi le antiche “crose”. Erano gli anni in cui iniziava la famigerata “rapallizzazione”. Sino ad oggi la sistemazione definitiva di questa alta Via, ricompare ciclicamente nei programmi elettorali ma, anche questa come il tunnel per Santa e la passeggiata sino a Zoagli, non rie-

scono mai a trasformarsi da specchietti per i gonzi votanti a realtà. Di quanto questa “cornice” potrebbe rappresentare un'opportunità per Rapallo, ne abbiamo già trattato su questi fogli, ancorché regolarmente inascoltati. Qui interessa evidenziare che anch’essa è caduta sotto la scure del villico “furbo” di turno. Non ci rimane sperare che almeno, seguendo un trito rituale, in occasione delle prossime elezioni diano mano ai sognati lavori manutentori, naturalmente non a tutti ma solo a quelli più sotto gli occhi degli elettori, speranzosi che questi ultimi si siano nel frattempo dimenticati degli irrituali portavoce stipendiati di prima e seconda generazione, della mancata pulizia che andrebbe fatta per preparare presentabile la città per la domenica, della sistemazione del mercato di Piazza Venezia, dei cassonetti per l’immondizia ad oggi ancora sparpagliati in bella vista e senza criterio, di Via di Landea, ecc. ecc.

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Il mio lavoro in Consiglio da inizio mandato n. 39 interpellanze discusse in Consiglio Provinciale n. 25 ordini del giorno proposti e votati n. 11 espressioni di opinione proposte e discusse n. 38 mozioni discusse in Consiglio Provinciale n. 71 interrogazioni scritte o di Consiglio n. 26 richieste di informazioni n. 43 accessi ad atti non evidenti con altri mezzi n. 5 richieste di patrocinio a buon fine n. 13 emendamenti di bilancio n. 410 partecipazioni attive e complete a Commissioni Consiliari n. 190 interventi in consiglio provinciale sui temi da me proposti, o in risposta a discussioni di giunta o di altri consiglieri.

Tra le oltre 250 iniziative cito:

Le soluzioni per superare i disagi e i costi della •discarica di Scarpino di Genova; L’impegnativa per l’avvio del centro per la tutela •dell’infanzia nel Levante Ligure; L’azione contro l’attuale dimensionamento scolastico •redatto da Provincia e Regione; forte presa di posizione a favore dei creditori dopo •la Laliquidazione di Promo Provincia; La lotta contro l’iniqua tassazione sui passi carrabili •provinciali a raso e le sanzioni sui controlli alle calderine; Le proposte per lo sviluppo del turismo condivise da albergatori e altri operatori del settore. Le azioni concrete per le infrastrutture liguri compresa la Gronda di levante, il tunnel FontanabuonaRapallo ed il tunnel Rapallo-Santa Margherita Ligure; L’individuazione e le proposte per superare la crisi del comparto edilizio e del lavoro.

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Il futuro Ogni tematica da me sviluppata dai banchi dell’opposizione può essere verificata sul mio sito www.pernigotti.net, nella sezione “politica”, controllando il mio operato e recuperando gli oltre 300 articoli apparsi sui quotidiani a riguardo del lavoro svolto.

Inoltre nasce adesso il nuovo movimento regionale LIGURIA MODERATA a cui potrete partecipare.


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E’ NATA “LIGURIA MODERATA”

La nostra terra rinasce!

E’ nato un movimento ligure cristiano liberale che parte da un manifesto politico concreto e comprensibile di dodici punti da condividere e sottoscrivere come impegno per essere in mezzo ai cittadini della nostra terra. LIGURIA MODERATA trae origine e ispirazione dalla nostra cultura e dalle nostre tradizioni e intende affermarsi in Liguria come movimento liberale cristiano dedicato soprattutto ai giovani e alle nuove generazioni per realizzare un percorso di avvicinamento alla politica e alle istituzioni e infine di ricambio. Un viaggio delle tre caravelle per restare baluardo della nostra amata Liguria e non per salpare altrove senza ritorno. Vogliamo operare con Voi per riscoprire e approdare nella terra di Liguria. La nostra America.

LIGURIA MODERATA nasce sotto i migliori auspici del Presidente dei Deputati del Popolo della Libertà al Parlamento Mario Mauro, che ritrova nei dodici punti del manifesto una base di partenza trasparente verso i cittadini e le cittadine che desiderino vivere l’esperienza della partecipazione sociale e politica. Liguria moderata è aperta a tutti coloro che sottoscrivano nei fatti il manifesto politico. A tutti coloro che si ispirino a valori quali l’etica, la legalità, l’amore.

I 12 PUNTI DEL MANIFESTO DA CONDIVIDERE PER LA RINASCITA DELLA LIGURIA, DELLE PROVINCE E DEI COMUNI: 2. 3. 4. 5.

6. 7.

8. 9. 10. 11. 12.

Porre al centro della nostra azione politica LA PERSONA E LA FAMIGLIA TRADIZIONALE. RISPETTARE LA VITA dal concepimento fino alla sua fine naturale.

“LIGURIA MODERATA”, che si terrà al “Gran caffè Rapallo”, locale posto sulla passeggiata a mare della città, in data 21 MARZO 2011 ore 21.00. All’inaugurazione parteciperanno i soci fondatori del movimento tra cui il Presidente del Municipio centro est di Genova Enrico Cimaschi.

Ridurre le spese superflue con un DIMAGRIMENTO DELLA STRUTTURA AMMINISTRATIVA, usando i criteri della sussidiarietà e della solidarietà. Riformare insieme la Liguria in modo equo e dando la possibilità di LAVORO AI NOSTRI GIOVANI utilizzando anche le opportunità date dalle nuove tecnologie. AFFRANCARSI DAL LAVORO “IN NERO”, fonte di concorrenza sleale e di sfruttamento e promuovendo le piccole realtà imprenditoriali che sono una ricchezza rispetto alle grandi concentrazioni commerciali e recuperando la vocazione portuale e industriale della nostra terra. RENDERE SOLIDALE IL RAPPORTO TRA IMPRENDITORI E DIPENDENTI, tra committente e appaltatore, promuovendo un dialogo costruttivo, osiamo dire cristiano. COMBATTERE IL DISAGIO ABITATIVO E IL CARO CASA E AFFITTI con una politica di sostituzione e ricostruzione edilizia, al fine di non sacrificare il territorio inutilmente, mancando tra l’altro le aree per le attività imprenditoriali costrette a lasciare la nostra terra. Dare coerenza alle nostre idee ed iniziative SOSTENENDO CON DATI TRASPARENTI BENEFICI E COSTI DELLE SCELTE POLITICHE E AMMINISTRATIVE. Ricercare un DIALOGO E UN CONFRONTO POSITIVO CON GLI STRANIERI che arrivano nella nostra terra insegnando loro diritti e doveri e pretendendo, per contro, il rispetto delle nostre leggi e delle nostre tradizioni. Ricercare la SALVAGUARDIA DEGLI GLI SPAZI DI GIOCO PER I BAMBINI, sempre più sacrificati in una logica del profitto. Porgere ATTENZIONE AI BISOGNI DEGLI ANZIANI E DEI PENSIONATI, in modo che possano essere una risorsa e non un peso. RILANCIARE IL TURISMO, ossia l’industria pulita e senza scorie della nostra bellissima Liguria, per rilanciare il lavoro e l’economia. Difendere la necessità di REALIZZARE LE INFRASTRUTTURE FINANZIABILI E MAI REALIZZATE E DIFENDERE IL TRASPORTO PUBBLICO come esigenza imprescindibile per i cittadini e i turisti.

Pernigotti e gli altri soci fondatori vi aspettano per la presentazione il 21 MARZO www.pernigotti.net - e mail: massimo@pernigotti.net

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Massimo PERNIGOTTI, socio fondatore del movimento è lieto di invitarVi alla presentazione di


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FRAZIONI E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Annalisa NOZIGLIA

SOLIDARIETÀ

La Casa famiglia U. Motta Unica realtà di questo genere in tutta la Liguria i dice che il bene faccia poco rumore e la situazione in cui mi sono trovata di recente ha confermato pienamente questo assunto! La quotidianità alla quale siamo oramai assuefatti ci presenta il peggio della società, lasciandoci talvolta inermi e attoniti di fronte a situazioni la cui negatività sfiora la disumanità. E’ sorprendente quando a lasciarci senza parole è qualche cosa di straordina- riamente buono. Mi piace pensare all’immagine di un filo d’erba che nasce rigoglioso nel deserto, questa è stata l’impressione che ho provato durante la mia visita presso la nuova Casa Famiglia Umberto Motta sorta da pochissimo nella frazione di San Pietro di Novella proprio di fronte alla chiesa parrocchiale. La profonda fede e il concreto desiderio di testimonianza hanno spinto le famiglie Schiappacasse e Sanguineti ad intraprendere un cammino di vita che ha radicalmente cambiato le loro esistenze. L’ideatrice Luisa Ribola, ci ha spiegato di aver desiderato profondamente questo progetto guardando alla comunità familiare che Lorenzo Crosta ha fondato a Varese nel 1991. Ovviamente come si dice “dal dire al fare c’è di mezzo il mare” ma con costanza e determinazione oggi la

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Casa Famiglia c’è ed è più che mai attiva. Gli ospiti di questa comunità sono persone adulte affette da diverse forme di disabilità che hanno la straordinaria opportunità di vivere un’esperienza unica, qui, infatti sono integrati in una vera e propria famiglia e secondo i loro carismi sono chiamati a vivere appieno la loro esistenza senza essere segregati o isolati in realtà che snaturano il loro essere innanzitutto persone. In questa casa l’handicap non è il punto di arrivo, il limite, bensì il punto di partenza dal quale insieme si costruisce giorno per giorno l’esistenza di ognuno. L’edificio di circa 700 metri quadrati è organizzato nei minimi dettagli affinché non ci siano barriere architettoniche, è strutturato in modo orizzontale: alle due estremità sorgono gli appartamenti delle due famiglie che in questo modo possono mantenere la loro identità, sia da un lato che dall’altro affianco agli appartamenti ci sono due stanze perfettamente attrezzate per le persone affette da handicap che convivono all’interno di questa grande famiglia. Il cuore della casa è il salone, dedicato ad Alessandro Scalvenzi, luogo di incontro per eccellenza dove si svolgono tutte le attività compresi i pasti. La casa è

dotata anche di una grande cucina dove Luisa e Marzia preparano premurosamente i pasti per tutta la truppa. Se condividere la vita di ogni giorno in una famiglia di tipo “tradizionale” è talvolta complicato, immaginate quanto sia complesso organizzare e portare avanti una famiglia di questo genere, è un vero e proprio miracolo! Luisa e Marzia, con le loro famiglie hanno deciso di coinvolgere in questa scelta di vita anche i loro figli, tutti adolescenti, i quali vivono con profonda maturità e impegno questa scelta. La giornata è cadenzata da un ritmo e da alcune regole significative. La sveglia è alle 6.30 e in silenzio ci si prepara e si fa colazione. Il silenzio è un modo fondamentale per iniziare la giornata e culmina con la preghiera del mattino. Poi, si parte! Chi per la scuola, chi per il lavoro e gli ospiti proseguono la loro giornata a Genova prestando il loro lavoro per alcune cooperative sociali Verso le 17.00 tutti a casa e insieme si vive la serata con tutte le sfumature di una qualsiasi famiglia: la cena, un bel film, due chiacchere e la preghiera. La Casa Famiglia Umberto Motta è la prima comunità del genere di tutta la Liguria, l’esperienza funziona, pertanto, i buoni risultati sino ad ora ottenuti spro-

nano le famiglie ad andare avanti con la speranza che al più presto vengano occupati i posti liberi che ancora ci sono. Le spese sono tante, ma abbondante sembra essere anche l’aiuto della Provvidenza, non mancano infatti offerte e aiuti da parte di enti locali e di persone comuni che, nonostante la crisi, sono generose scorgendo nell’iniziativa una grande sfida di solidarietà. Ovviamente chi volesse contribuire in qualsiasi modo è il benvenuto! L’inaugurazione con la presenza delle autorità civili e di Mons. Vescovo Alberto Tanasini è fissata per il 17 aprile; la Casa Famiglia è aperta a tutti coloro che volessero visitarla e conoscere da vicino questa realtà che tanto ci ha fatto riflettere. Vorrei concludere il mio o viaggio in questa straordinaria opera invitandovi a constatare da vicino questa realtà magari con una visita alle famiglie Schiappacasse e Sanguineti, facendo memoria della grande lezione di vita lasciataci da Umberto Motta, a cui è dedicata la casa, morto di tumore a soli 22 anni: “Bisogna vivere per l’Eterno. Bisogna vivere l’Eterno. E’ per questo che siamo insieme, tutti insieme. Altrimenti saremmo soli”.


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EVENTI E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Carlo GATTI

SOTTOMARINI

Al Museo del mare, al porto antico di Genova, accanto al N. Sauro approda l’U-Boot 455 Il 18 marzo all’Auditorium del Museo Galata conferenza su: “U-Boot 455, l’ultimo mistero del Mediterraneo”. Un motivo in più per una visita al sommergibile italiano “Nazario Sauro” ubicato proprio a fianco del museo ultima novità per gli appassionati di storia navale, e non solo, è certamente una visita al sottomarino italiano Nazario Sauro, ormeggiato a Genova al porto antico, proprio a fianco del Galata, il museo del mare. Il mezzo navale è stato oggetto di imponenti lavori per renderlo fruibile al pubblico con la realizzazione di un ulteriore accesso che permette un percorso prora-poppa in totale sicurezza. Anche le modalità con le quali il pubblico è accolto sono estremamente accattivanti: si indossa un casco antinfortunistico e la dotazione prevede anche la consegna di un particolare audioregistratore con cuffietta che, grazie a fotocellule, vi guiderà passo dopo passo lungo il percorso. Potrete ascoltare le voci dei sommergibilisti in azione, alzare e abbassare il periscopio, visitare la camera lanciasiluri e la sala macchine. Il tutto in un crescendo emotivo impressionante. A farla breve il porto antico con l’acquario, il museo del mare e, buon ultimo, il sottomarino Nazario Sauro rappresentano oggi per Genova un volano turistico di grande importanza. Proprio in questa chiave va letta l’inizia-

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IL SOTTOMARINO DELLA LEGGENDA

U-BOOT 455 30 IMMERSIONI tra i relitti della provincia di Genova

Il Nazario Sauro ormeggiato al Porto Antico di Genova

tiva del Mu.MA (Galata Museo del Mare - Calata de Mari, 1) che venerdì 18 marzo alle ore 17,30 ospiterà proprio un incontro dedicato al ritrovamento dell’U 455, il sottomarino tedesco affondato nell’aprile del 1944 al largo di Portofino e recentemente individuato e filmato dal sub genovese Lorenzo Del Veneziano. In tale occasione verrà anche presentato per la prima volta a Genova il libro storico-fotografico “UBoot 455, il sottomarino della leggenda: 30 immersioni sui relitti della

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Rapallo deve “CAMBIARE” e, attraverso un progetto serio e condiviso, puntare ad un futuro migliore. Se pensi che questo obiettivo sia giusto e desideri partecipare al cambiamento con il tuo attivo contributo, iscriviti e partecipa alla costruzione del programma elettorale della lista civica “PROGETTO RAPALLO” che si presenterà al prossimo appuntamento amministrativo di Rapallo del 2012 e che sosterrà la candidatura a Sindaco del Dott. Mauro Barra. Porta le tue proposte per il miglioramento della vivibilità di Rapallo e la tua eventuale disponibilità ad impegnarti, anche con la candidatura in lista, a sostegno di questo progetto. Per info www.tigulliooggi.com e adesioni info@tigulliooggi.com

provincia di Genova” scritto a quattro mani dallo stesso Del Veneziano e dal giornalista Emilio Carta e dedicato alle immagini non solo dell’U Boot ma anche di altri ventinove relitti. All’incontro oltre ai due autori parteciperanno anche lo storico navale Maurizio Brescia, la giornalista del Corriere della Sera Erika Della casa, Nicola Costa, Consigliere Costa Edutainment e Franca Acerenza, responsabile Collezioni Scientifiche Mu.MA. La conferenza proverà anche a svelare l’ultimo mistero legato alla presenza del sommergibile tedesco nelle acque del Golfo Paradiso come spiegano Lorenzo Del Veneziano ed Emilio Carta: “Restano ancora imperscrutabili i motivi che hanno provocato l’affondamento dell’U 455 e, soprattutto, il perché sia affondato nella zona compresa fra Portofino e Camogli. L’U-Boot 455 era svanito nel nulla il 2 aprile 1944 mentre, lasciato il Nord Africa si dirigeva, come da ordini ricevuti, verso il porto di La Spezia, ritenuto più sicuro di quello di Tolone. Del sottomarino, restano sconosciuti ancora oggi sia la causa della sua perdita (una mina alla deriva, un incidente avvenuto a bordo?) sia i motivi per cui anziché dirigersi verso La Spezia il Comandante del sottomarino tedesco decise di proseguire puntando verso nord”. Punto fondamentale di questo certosino lavoro è stata l’individuazione del relitto dell’U-Boot 455. Oggi del sottomarino tedesco misteriosamente scomparso e dato per disperso il 6 aprile 1944 sappiamo praticamente tutto: dalle missioni effettuate nel Me-

diterraneo al naviglio affondato e il nome di coloro che si erano avvicendati al suo comando. “L’U-Boot 455 non si presentò all’appuntamento e, non avendo più dato sue notizie, il 6 aprile venne considerato perduto per causa sconosciuta” aggiungono i due autori. Se l’U-455 doveva raggiungere La Spezia – passando, per la rotta più breve e meno sorvegliata dal nemico, ossia doppiando Capo Corso la punta estrema settentrionale della Corsica per poi attraversare, come era logico, il Mar Ligure con rotta diretta e in immersione di giorno per raggiungere il Punto “C” – che cosa sarebbe andato a fare il sommergibile molto più a nord tra Portofino e Camogli a circa 2 miglia dalla costa? Per di più senza aver ricevuto un ordine preciso dal suo Comando ed entrando in una zona fortemente minata dai tedeschi (lo sbarramento “Rettici” che iniziava dalla zona immediatamente sud e a ponente del promontorio di Portofino per estendersi verso Genova fin quasi a Nervi), in un’area particolarmente pericolosa, e non consigliabile senza l’appoggio di una nave pilota? E’ questo il mistero che, dopo l’identificazione ormai certa del battello, oggi affascina più che mai studiosi e ricercatori. L’incontro sarà preceduto dalla proiezione di un inedito filmato girato ad una profondità di 120 metri con le affascinanti immagini del sottomarino tedesco, divenuto ormai un sacrario, un vero e proprio cimitero di guerra al cui interno giacciono i corpi del suoi 51 uomini di equipaggio.


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STORIE DI MARE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Carlo GATTI

EDUCAZIONE

„O cambi o ti mando sulla Garaventa!‰ Nel porto di Genova c’era un collegio del tutto particolare: una nave-scuola galleggiante ommentando le recenti manifestazioni antigovernative avvenute nel centro di Roma e, prima ancora, quelle del G.8 di Napoli e Genova, un autorevole personaggio della politica italiana ha urlato: “E’ una vera ipocrisia meravigliarsi per questi incidenti. L’Italia ha rinunciato ad educare i giovani a partire dal 1968”. Non c’è che dire! E’ una battuta d’effetto, anche se la colpa è sempre degli altri. Tuttavia, per associazione d’idee, ci è venuto in mente una specie di “avvertimento” che un tempo serviva per spaventare i ragazzi più irrequieti: “Se non cambi t’imbarco sulla Garaventa!” e che oggi appare così lontana nel tempo da sembrare una favola. C’era una volta una nave un po’ speciale che non portava merce varia e neppure petrolio, era un vecchio residuato bellico, senza cannoni e senza gloria. Il suo nome era Nave Scuola Garaventa e ospitava i ragazzini “difficili” con l’intento di coniugare la “Vita di mare” e la “Redenzione sociale”, due realtà che sembrano distanti e inconciliabili perchè qualsiasi tipo di nave si regge innanzitutto sulla disciplina. Due temi, quindi, lontani dall’immaginario collettivo che, ancora oggi, non riesce a trovare linee guida per la soluzione dei problemi che assillano i nostri giovani. Ma questo fu il sogno dei Garaventa che videro in questo “singolare” pro-

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getto una concreta e reale possibilità di recupero della gioventù sbandata alla ricerca di una vita diversa, migliore, lontana dal degrado sociale in cui viveva. Le iniziative socio-educative della famiglia Garaventa risalgono alla metà del ‘700, epoca in cui i governanti si disinteressavano completamente delle famiglie bisognose e dei loro problemi quotidiani. Il primo di questa stirpe di filantropi nacque nel 1724 a Calcinara-Uscio da un’umile famiglia di contadini, si chiamava Lorenzo e studiò presso il Collegio dei Padri Gesuiti di via Balbi a Genova, a cura dei quali venne poi ordinato sacerdote. La sua sensibilità fu presto catturata dalla dolorosa situazione di molti bambini che vagavano abbandonati per le strade e spesso finivano nella rete della malavita. Questa fu la molla che lo spinse a dedicare la propria missione a questi ragazzi ed al loro concreto e definitivo recupero sociale. Nel 1757 don Lorenzo appese alla finestra della sua abitazione (piazza Ponticello) un cartello con la scritta: "Qui si fa scuola per carità". L'iniziativa fu accolta favorevolmente dalla popolazione ed ebbe subito molti allievi, tuttavia, per sostenere le spese del cibo e dei vestiti, il don fu costretto a vendere il suo patrimonio, compresa la vendita di un terreno che aveva ereditato dai genitori. Quel sacrificio fu molto apprezzato dalla gerarchia ecclesiastica che iniziò a patrocinare l'opera del giovane sacerdote. Presto altre "scuole di carità" apparvero in più zone della città e furono rette da altri sacerdoti volenterosi. Per venticinque anni don Lorenzo si dedicò instancabilmente alla sua missione, finché si ammalò e morì il 13 gennaio 1783, poverissimo. Le sue scuole continuarono ad esistere fino al 1882 quando furono assorbite

Buglioli, manichette, redazze, trombe... Ufficiali, istruttori e marinaretti pronti per le prove antincendio sulla Nave Scuola Redenzione Garaventa. Sullo sfondo svetta l’immancabile cilindro sul capo del prof. Nicolò Garaventa ed il motto della nave UBI CHARITAS IBI DEUS. (Dove c’è la carità, Dio è presente)

da quelle municipali istituite dal "Regolamento degli Studi" valido in tutto il Regno Sabaudo. Il seme gettato da don Lorenzo, germogliò rigogliosamente nella mente di un altro Garaventa di nome Nicolò (nella foto) - (Uscio, 1848 – Genova, 1917) - docente di matematica presso il Ginnasio-Liceo "Andrea D'oria" di Genova. L’educatore e filantropo costituì la Scuola Officina di Redenzione sul Mare, un Istituto di recupero per giovani difficili allestito su una nave-scuola, una sorta di collegio galleggiante equipaggiato appunto con i Garaventini. Ai suoi inizi, la scuola fu oggetto di accese polemiche sulla sua validità educativa, per poi essere con il tempo riabilitata e riconosciuta. Luigi Arnaldo Vassallo, noto giornalista dell'epoca che si firmava con lo pseudonimo di Gandolin, scrisse di N. Garaventa: “Prima lo definirono un vanitoso. Poi magari insinuarono che fosse un imbroglione. Indi lo qualificarono un ciarlatano. Adesso lo

I DODICIMILA GARAVENTINI

Il modello “nave scuola” ebbe diversi epigoni sia sul territorio nazionale (Anzio, Napoli, Cagliari e Venezia), sia all'estero (Cile, Brasile, Inghilterra, Olanda, Ucraina). Questa è stata, dal 1883 al 1977, la nave-scuola Garaventa: rifugio e luogo di riabilitazione per giovanissimi liberati dal carcere, per figli di detenuti, prostitute e per orfani di pace e di guerra.

rispettano e riconoscono i benefici eloquenti della sua istituzione.” LE NAVI DEI GARAVENTA Nicolò Garaventa, proprio come suo zio Lorenzo, ebbe a cuore la situazione di tanti giovani di strada fino al punto che, abbandonato l'insegnamento, mise la sua esperienza e il suo impegno al loro servizio. Raccolti i primi reietti con lo scopo di allontanarli dal degrado sociale in cui vivevano, li condusse sulla spianata dell'Acquasola e, parlando in dialetto genovese per farsi meglio comprendere, offrì loro l'opportunità di redimersi iscrivendosi alla scuola marinara che da tempo aveva in mente di costruire. Il filantropo realizzò il suo progetto dopo essere entrato in possesso di una vec-

Nicolò Garaventa

Si calcola che i giovani educati a bordo della nave-scuola istituita da Garaventa siano stati oltre dodicimila in 94 anni di attività. Molti di loro – oggi - aderiscono ad un'associazione di ex allievi patrocinata dall'Amministrazione Provinciale di Genova e della quale fanno parte anche Carlo Peirano, erede di Domingo Garaventa (figlio di Nicolò, morto nel 1943), comandante e padre spirituale della nave, ed Emilia Garaventa, pronipote del filantropo. UNA CURIOSITÀ: cappellano della nave è stato a suo tempo anche un giovane Andrea Gallo, oggi sacerdote contro-corrente impegnato nel settore del volontariato e responsabile della comunità di recupero dalle tossicodipendenze di San Benedetto al Porto.


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vani sbandati inferiori ai 16 anni, pregiudicati o in procinto di divenirlo.

I Garaventini vivevano come veri marinai. Dall'alza bandiera, eseguita ogni giorno con musica e picchetto, all’ammaina: giornate di lavoro e di studio sotto una disciplina ferrea. Musica, pittura, pesca e voga erano le attività del tempo libero.

chia nave militare che aveva notato tra le tante messe in disarmo dalla Marina Militare italiana. Nacque così il 1º dicembre 1883 la prima Scuola-officina per discoli, basata sui principi della vita di mare, della moralità e della religiosità cristiana. "Prevenire e redimere" fu il motto che guidò ogni giorno l’impegno di Nicolò Garaventa nella ricerca di gio-

Nel 1892, in occasione dell'Esposizione Colombiana, i giovani marinai trasbordarono su una nave a vela più grande. In quegli anni, i giovani restituiti alla vita sociale furono centosettantotto e in pochi anni salirono a un migliaio. Alla morte di Nicolò Garaventa, la direzione della scuola passò ai figli Domingo e Giovanni, già collaudati collaboratori, che portarono avanti la tradizione fino al 9 febbraio del 1941 quando, in seguito al bombardamento navale di Genova, la nave affondò e gli allievi vennero ospitati presso i collegi della città. Nel dopoguerra, grazie all'opera di un apposito Comitato per la Ricostruzione, la Marina Militare concesse l'ex posamine Crotone. Nel 1951 l'opera di addestramento dei giovani poté riprendere sotto il comando di Carlo Peirano, che dal 1939 ricopriva la carica di vice-comandante. Dopo essere stata dichiarata “Ente Morale” nel 1959, l'Istituzione proseguì l’attività con la sua ultima nave fino al 1975 per essere poi definitivamente chiusa, dopo un breve commissariamento. Una parte del personale impiegato nel recupero dei minori a rischio passò all'Istituto Davide Chiossone e alle nascenti comunità-alloggio e case-fa-

Porto di Genova nel 1969. La nave scuola “Garaventa” ormeggiata a Calata Gadda. E' nel cuore del porto, che monelli traviati o abbandonati tra i 10 ed i 17 anni, a bordo dell'ex posamine "Crotone" (nella foto), trovavano la loro casa, nella quale i loro spiriti ribelli venivano spenti e forgiati in vista della lunga navigazione della vita.

miglia gestite da gruppi di volontariato. Ritornando al discorso iniziale, non siamo affatto sicuri che i ragazzi violenti, messi in discussione dai recenti disordini, siano più numerosi e pericolosi di altri soggetti più famosi che praticano giornalmente violenze meno visibili ma altrettanto invasive. Comunque sia, nell’attesa di un improbabile ritorno della Garaventa, auguriamo a questa teppaglia sicuramente recuperabile, un lungo imbarco sulle tante pe-

troliere che circolano per i sette mari, dove le “teste gloriose” sono raddrizzate automaticamente dai colpi di mare, dalla solitudine, dalla salsedine, dalla lontananza degli affetti, dalla mancanza di discoteche, di droghe e beni pubblici e privati da rubare e distruggere... Alla storia della Garaventa è dedicata una sezione del museo multimediale allestito all'interno della Lanterna di Genova.

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NATURA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Giorgio MASSA

INSETTI

Un bel “regalo” dell’agricoltura biologica Una piccola coccinella ed un altro suo simile hanno già invaso il nostro territorio benefici dell'agricoltura biologica non si discutono certamente, ma come per tutte le cose esiste spesso un rovescio della medaglia e purtroppo la logica del profitto, l'ignoranza e la superficialità non consentono di evitare grossi guai per l'ambiente. L'agricoltura biologica, oltre che prevedere l’utilizzo di concimi naturali, si basa anche sulla lotta biologica, che sfrutta “meccanismi” ambientali secondo i quali gli animali fitofagi (che si nutrono di diverse parti di piante coltivate) hanno di fatto nel loro ambiente naturale predatori più o meno specifici. Utilizzando quindi i predatori si riescono a mantenere sotto controllo le popolazioni dei parassiti e questa cosa è più facile quando si opera all'interno di uno spazio ristretto e relativamente chiuso come quello definito da una serra. Ricordiamoci però che la serra non è sempre chiusa e gli scambi con l'ambiente esterno attraverso le varie aperture sono comunque garantiti. Nelle serre, mosche bianche, afidi ed altri piccoli insetti possono trovare cibo in abbondanza e riprodursi indisturbati e la lotta biologica all'interno è facilitata e dà ottimi risultati. Oltre ad alcuni insetti neurotteri, come le crisope, i principali predatori di afidi sono le coccinelle, sia durante il loro stadio larvale che in quello adulto. La coccinella dai sette punti è stata portata ad esempio come “paladino” della lotta biologica, quando questa lotta era ai primordi, e ciò sembrava proprio la vera ciliegina sulla torta. Un nostro animale selvatico utilizzato nella lotta contro i parassiti delle piante: meglio di così! Se non che oggi nelle nostre campagne e spesso nelle nostre case, perché la specie di cui parleremo ha pure l'abitu-

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dine di intrufolarsi all'interno delle abitazioni prediligendo gli interstizi delle finestre, troviamo una strana coccinella. Osservandola bene si nota che è più grande delle “nostre” e la sua livrea varia, presentando colori e punteggiature diverse, o anche assenza di punteggiatura sulle elitre (le strutture che coprono le ali funzionali). Si distingue dalle coccinelle indigene perché sul torace mostra una disposizione particolare di macchie, di solito nere, ma anche marrone chiaro su sfondo biancastro.

I diversi esemplari della coccinella arlecchino (Harmonia axyridis) presentano livree estremamente differenti. Il nome volgare dell'insetto dipende proprio da questa caratteristica della specie.

Si chiama coccinella arlecchino, questa nuova coccinella, ed è originaria dell'Asia. E' una grande divoratrice di afidi ed è estremamente prolifica. Basta infatti che un raggio di sole scaldi le giornate anche a tardo inverno perché inizino gli accoppiamenti. Con queste prerogative non è difficile diventare una vera e propria specie infestante e nei paesi del nord Italia ha già realizzato invasioni autunnali, sembra causate da temperature elevate che hanno stimolato l'aggregazione di un gran numero di esemplari. Al sud invece qualche misterioso motivo limita il propagarsi di

La coccinella dai sette punti, una specie appartenente alla nostra fauna selvatica. (foto A. Viotto)

questa specie di coleottero. Il problema delle sue maggiori dimensioni e dell'elevata capacità riproduttiva rende questa coccinella in grado di “spodestare” le coccinelle nostrane, competendo con loro per le fonti di cibo e in qualche caso anche mangiandosele. La coccinella arlecchino è in grado di predare anche uova e larve di molti insetti ed in particolare delle utili crisope, mangiatrici a loro volta di afidi. Secondo alcuni sembra sia addirittura capace di mordere l’uomo, pur senza gravi conseguenze. Anche se passa quasi inosservata, la presenza di questi insetti è divenuta un vero e proprio problema ambientale, ormai impossibile da sanare. Oggi i rivenditori hanno sospeso la vendita di queste coccinelle, tuttavia non per il rispetto dell'ambiente, ma solo per il motivo che, se disturbate, le “arlecchino” producono un liquido puzzolente e tossico a base di isopropilmetossipirazina. Infatti, nonostante il danno ambientale venga ignorato, esiste un grosso danno economico causato da questi insetti, che si rifugiano nei vigneti ed essendo piccoli finiscono per essere schiacciati con i grappoli, rendendo il vino disgu-

stoso ed inutilizzabile. Sembra che alcuni estratti di piante, come quello di Nepeta cataria, agiscano da repellente per le coccinelle, ma se anche se il sistema funzionasse, il danno economico permarrebbe. Una vera lezione dalla natura, che non ricade tuttavia, se non per le mancate vendite, sui produttori di insetti! Per la lotta biologica viene anche utilizzato un piccolo coccinellide australiano, Cryptolaemus montrouzieri, certamente mendo diffuso della coccinella arlecchino, ma comunque ormai sfuggito dalle aree di coltivazione ed inserito più o meno stabilmente nell'ambiente. Si tratta di un predatore che attacca principalmente cocciniglie ed afidi anche se, essendo polifago, potrebbe attaccare altri piccoli insetti. Le sue piccole dimensioni e la non eccessiva diffusione sembrano renderlo meno insidioso per l'ambiente rispetto alla specie precedente. Resta comunque da considerare la pericolosità dell'introduzione sul territorio di specie esotiche, non controllabili una volta sfuggite dall'area di coltivazione delle piante da proteggere. Pericolosità che sembra essere sottovalutata dagli organi competenti alla salvaguardia della natura, visto che questi animali vengono commercializzati e venduti più o meno liberamente, senza curarsi del loro impatto sull'ambiente. La “lotta biologica” non può prescindere dall'utilizzo di predatori, ma questi devono essere individuati tra le specie locali e quindi capaci di “dissolversi” nell'ambiente una volta terminato il loro ruolo. Oggi per esempio in commercio si trova la coccinella Adalia bipunctata o il neurottero Chrysopa carnea, ottimi predatori di afidi e insetti nostrani a impatto quasi nullo, nonché buoni esempi di una “lotta biologica” compatibile.

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STORIA LOCALE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Pier Luigi BENATTI

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MEMORIE

Il sottopasso di via della Libertà pera realizzata per lo sviluppo cittadino esclusivamente con fondi del bilancio comunale. Questo il testo ormai pressochè illeggibile della piccola lapide in marmo applicata al pilastro centrale del sottopasso di Via Libertà che interrompe il rilevato ferroviario, autentica soffocante barriera che racchiude il nostro centro cittadino. Sembra quasi incredibile che sino a cinquant'anni addietro questa, che è la più trafficata via del nucleo urbano, sia stata segmento stradale secondario che terminava, all'incrocio con Corso Roma, contro le recinzioni di alcuni campi coltivati. "Corso Principe di Piemonte" fu la sua denominazione ante-guerra e se lo affiancavano alcune costruzioni significative, non pochi erano gli spazi

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utilizzati ad orto ed i cortili legati all'attività di aziende artigianali ivi operanti. Da noi ragazzi la strada veniva a volte utilizzata per prendere a calci quella morbida, bianchissima palla di gomma che, al termine di una laboriosa colletta, si poteva acquistare da Coppola e che doveva sfidare il rischio d'infilzarsi nel filo spinato o di venir sequestrata, spesso solo temporaneamente, dalla guardia che simpaticamente chiamavamo " pêdusi" (piedi dolci). Un angolo di paese che il "boom" edilizio degli anni Cinquanta impose di trasformare sollecitamente. Dopo non semplici accordi con le FF.SS. poichè i lavori avrebbero determinato rallentamenti dei treni e grazie a fruttuose trattative coi proprietari dei terreni necessari al collegamento

con la Via Mameli in fregio allo Stadio Macera, si stanziarono oltre 50 milioni in 5 esercizi finanziari, utilizzando unicamente risorse di bilancio. Così, una sera di fine febbraio 1959, il Presidente della Provincia Giovanni Maggio affiancato dal sindaco Rinaldo Turpini, tagliava il nastro inaugurale e il nuovo sottopassaggio poteva spalancare le sue ampie arcate in grado di permettere il transito anche a mezzi di notevole ingombro. Da questa breccia Rapallo, valicato

GENTE DI LIGURIA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Alfredo BERTOLLO

GENS LIGURE

La Famiglia Ciana Una grande dinastia di albergatori a famiglia Ciana ha contribuito per oltre un secolo a fare conoscere il Tigullio nel mondo e quindi va inserita a pieno titolo nella “Gens Ligure”. Farò qui una breve storia di come si sviluppò questa famiglia: verso la fine dell’Ottocento, Gaudenzio Ciana, già albergatore nella natia Orta San Giulio, approdò a Santa Margherita Ligure, dove iniziò una vera e propria dinastia di albergatori. Prese in affitto l’albergo Metropole che gestì negli anni che furono poi definiti della Belle Epoque e, grazie alla sua ospitalità ed alla sua competenza, seppe farsi una clientela che è rimasta fedele nelle generazioni prima a quell’albergo e poi agli altri della famiglia Ciana I figli di Gaudenzio, Giovanni e Alberto, alla scuola del padre, furono degli ottimi albergatori e fu la vedova di Giovanni, Angela, che potè acquistare il Metropole mentre Alberto costruì l’albergo “Continentale” in una splendida posizione dominante il porto di Santa Margherita con vista di tutta la costa fino a Portofino. Questo albergo, a quell’epoca, era an-

L

cora in comune di Rapallo ed entrò a fare parte di Santa Margherita quando, con decreto Reale del 10 agosto 1928, fu fatta la revisione dei confini che permise a Santa Margherita di avere nel suo territorio la stessa Stazione Ferroviaria “Santa Margherita Ligure-Portofino”. Nel 1911 fu acquistato da Alberto un altro albergo, denominato “Regina Elena” perchè la ex proprietaria, nel 1905, aveva ottenuto dal Ministero della Real Casa il privilegio di chiamarlo così dal nome di Elena di Montenegro, che aveva sposato Vittorio Emanuele III, Re d’Italia. Nei bellissimi locali dell’Albergo Continentale, dalla fine del secolo XIX ai nostri giorni, soggiornarono ospiti illustri come, ad esempio la moglie di Richard Wagner con il figlio Sigfrido Nei diversi alberghi della famiglia Ciana svernarono le famiglie dei granduchi russi e tedeschi che, dalle loro fredde contrade vi portavano, prima della Prima Guerra Mondiale, le loro mogli e figli con rispettivo entourage di servitori e istitutori per godere il clima mite della nostra Liguria

All’albergo Regina Elena soggiornò a lungo all’inizio degli anni 30 del XX secolo mister Gerald Istel, l’aiutante inglese di Guglielmo Marcono che, a bordo del panfilo “Elettra”, ormeggiato nel porto di Santa Margherita, conduceva esperimenti che avrebbero portato alla invenzione del telegrafo senza fili: la radio. Nel periodo della Grande Guerra l’albergo “Regina Elena” fu utilizzato per accoglier gli sfollati veneti dopo la ritirata di Caporetto mentre nei primi anni della Seconda Guerra Mondiale l’hotel Continentale ospito l’ “Istituto Arecco” che era sfollato a Santa Margherita da Genova Dopo l’8 settembre 1943 gli alberghi dei Ciana furono requisiti dai tedeschi che ne fecero Quartier Generale e, dopo la Liberazione, vi presero stanza le truppe di occupazione inglesi, americane ed australiane. Dopo la guerra per un breve periodo l’albergo “Regina Elena” cambiò la sua denominazione in Hotel Regina con l’aggiunta di Ciana ma, successivamente riprese il nome originale. In tempi più recenti il direttore d’orchestra Victor De Sabata soggiornò prima all’hotel Metropole , successivamente, al Regina Elena dove fu curato dal dottor Ettorer Alberti di Santa Margherita prima di venire ricoverato alla “Villa At-

ogni ostacolo, dilagava in quella che era la periferia agreste distesa verso le frazioni. Poi, il 15 dicembre 1965, inizierà l'esercizio del tronco autostradale Rapallo-Recco anticipo della "A12", ed il baricentro del movimento veicolare si sposterà decisamente da e per Sant'Anna. Un'opera, dunque, di essenziale rilievo e che implicitamente indica la necessità di altre soluzioni per la problematica situazione che il quadro viario rapallese tuttora denuncia.

13 tilia” dove morì. Nel 1985 la famiglia Ciana decise di ristrutturare l’albergo “Laurin” in una posizione centralissima di Santa Margherita sotto l’antico castello. Agli inizi del XXI secolo un albergo 5 stelle sul lungomare di Rapallo lo “Astoria” è stato preso da uno dei discendenti di Gaudenzio Ciana, il fondatore della dinastia, ricordato all’inizio. I Ciana hanno dunque proseguito e proseguono egregiamente la tradizione alberghiera dei loro avi. Gaudenzio Ciana, figlio di Giovanni, nipote del fondatore è stato per quarant’anni presidente della “Associazione degli Albergatori di Santa Margherita e Portofino”, carica poi ricoperta dal figlio Giovanni. In tempi più recenti il direttore d’orchestra Victor De Sabata soggiornò prima all’hotel Metropole e successivamente al “Regina Elena” dove fu curato dal dottor Ettore Alberti di Santa Margherita prima di venir ricoverato alla “Villa Attilia” dove morì. Nel periodo della Grande Guerra l’albergo “Regina Elena” fu utilizzato per accogliere gli sfollati veneti dopo la ritirata di Caporetto mentre nei primi anni della Seconda Guerra Mondiale l’hotel Continentale ospitò l’”Istituto Arecco” che da Genova era sfollato a Santa Margherita.


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COME ERAVAMO E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Bruno MANCINI

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SPORT

Bar Canessa - Bagni Vittoria 2 - 0 Ricordi della Coppa “Città di Rapallo”, torneo calcistico in notturna svoltosi nel giugno 1967 l ricordo corre agli anni Cinquanta/Sessanta, quando, du-

I

Il signor Angelo Canessa, titolare dellʼomonimo bar (attuale paninoteca G.B., via della Libertà 53-55), mostra con gioia, ad avvenuta premiazione, tutte le coppe assegnate alla sua fortissima squadra, vincitrice del Torneo “Città di Rapallo”

rante la stagione estiva, venivano organizzati nel nostro Levante vari Tornei di calcio. I più seguiti e ritenuti importanti dai calciatori erano la “Coppa Città di Rapallo” e il Trofeo Biennale “Città di Chiavari”, dove si confrontavano i migliori giocatori di IV divisione e Promozione. In questi tornei, come da regolamento della Federazione Italiana Gioco Calcio - sede di Chiavari, veniva data la possibilità alle società partecipanti di tesserare, a torneo in corso, qualche ottimo elemento per le squadre che ambivano alla vittoria finale. Questi singoli incontri, che si disputavano in notturna, erano seguiti sempre da numerosissimo pubblico che, con grande calore e folclore, che nulla aveva da invidiare al tifo dei campionati maggiori, incitava le varie squadre che solitamente rappresentavano bar, stabilimenti balneari, pizzerie, carrozzerie ed esercizi commerciali.

Coppa “Città di Rapallo” - Torneo in notturna - Giugno 1967

BAR CANESSA - BAGNI VITTORIA 2 - 0 Da sinistra in alto: Angelo “Giulo” Canessa - Renato Massone - Adriano Sturla - Italo Rebecchi - Guglielmo “Mino” Balloni - Anselmo “Mino” Millesimo - Giuliano Tassara - Mario “Marò” Ravera - un giovanissmo sostenitore; fila di centro da sinistra: Marco Rebecchi - Gio Batta Daneri - Elio Zunino - Sandro Sbuffini; da sinistra in basso: Giuseppe Di Falco - Riccardo Ventura - Antonio Rispo - Silvano Rocchi - Piero Ciampolini - Gian Luigi Pietro Biasi - Orazio Aresi - Mario “Toscanino” Del Pasqua - Mattia Verrone

17 marzo 2011:

A tavola con l’Unità d’Italia NETTUNO RISTORANTE PIZZERIA

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e Fettuccine e carciofi *** Orata alla ligure dei Mille **** Torta Mimosa (fragola, ananas, kiwi) *** Acqua, vino e coperto € 25,00 L.MARE VITTORIO VENETO, 30 16035 RAPALLO - 0185 55775

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17 marzo 2011:

A tavola con l’Unità d’Italia Pizzata al Profumo di Basilico Tris di Lasagnette Tricolori Julienne di Pesce Spada con Pomodori Pachino e Rucola Panna Cotta con Cream di Fragole e Menta Acqua Minerale Caffè Euro 30,00 per persona

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17 MARZO SERATA TRICOLORE

L’UNITÀ D’ITALIA…. A TAVOLA Antipasto Pescato dei tre mari Primi Piatti Trittico tricolore: Ravioli con gamberi e zucchine (Toscana) Spaghetti cacio e pepe (Lazio) Ravioli con barbabietole e mascarpone (Lombardia)

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Antipasto Insalata di Polpo all'unità di Italia (Polpo - sedano e pomodorini) Primo Trofiette verdi bianche e rosse (Trofie bianche con zucchine - pachino e gamberi) Secondo Totanetti al Sapore Italico (totani alla griglia con le nostre salsine) Dolce Panna Cotta Tricolore Euro 30,00 a persona bevande incluse In abbinamento Pigato "Az. Agricola Paganini"

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LUCA Menu alla carta

da Mario

Trattoria a Rapallo dal 1 9 6 3

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ARTE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Claudio MOLFINO

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molfino.claudio@libero.it

RISORGIMENTO

Il Bacio. Un capolavoro per l’Italia Così Giuseppe Mazzini definì l’arte del pittore Francesco Hayez: “Il capo della scuola di pittura storica che il pensiero nazionale reclamava in italia” ell’ambito delle iniziative dedicate al 150° anniversario dell’Unità d’Italia, si è appena conclusa al Museo del Risorgimento di Genova la mostra itinerante dedicata all’esposizione de “Il Bacio” di Francesco Hayez. Dipinto carico di enfasi amorosa, icona del Romanticismo per il tema seducente rappresentato, il poetico momento dell’incontro fra un uomo ed una donna. Ma il significato che Francesco Hayez ha voluto dare all’opera è ben più profondo, e ne giustifica la presenza nella casa di Giuseppe Mazzini, che ben conosceva e stimava l’artista e lo indicava come “il capo della scuola di pittura storica che il pensiero nazionale reclamava in Italia”; infatti l’opera che divenne ben presto simbolo delle lotte risorgimentali e dell’idea comune di nazione e di libertà che si andava consolidando nel paese unificato. L’artista, con quest’opera, intese tributare un orgoglioso omaggio all’appena raggiunta Unità d’Italia grazie alla rappresentazione del tricolore nelle vesti dei due amanti: il verde ed il rosso negli abiti maschili, il bianco in quelli della protagonista femminile. Dell’opera si conoscono diverse versioni. La

N

più nota è proprio è quella tuttora conservata alla Pinacoteca di Brera. Un’altra versione è quella che è stata proposta in mostra, custodita dall’artista per diversi anni, fu presentata all’Esposizione universale di Parigi del 1867. Dopo un periodo di oblio l’opera è ricomparve in America, in collezione privata e attualmente è conservata nel Museo Storico del Castello di Miramare a Trieste. Le due versioni principali, quella di Brera datata 1859 e quella esibita in mostra del 1861 presentano differenti riferimenti, strettamente legati all’evoluzione politica dell’epopea risorgimentale, verso la conquista dell’Unificazione nazionale. Di rilievo l’inserto del panno bianco, un velo caduto, che rappresenta una novità accanto alla scelta di un verde acceso per il risvolto interno del mantello dell’uomo, più smorzato nella versione di Brera. Il bianco – che nella scena di Brera era affidato solo alle maniche della donna – con il verde, il rosso della calzamaglia dell’uomo e la veste azzurra, incrociati, sono i colori che vanno a comporre le bandiere delle due nazioni sorelle, Italia e Francia, la cui alleanza aveva reso possibile la vittoria contro gli Asburgo.

Ma è la versione del 1861, quella che viene proposta nella mostra genovese, a rappresentare il raggiungimento dell’ideale unitario. Con l’impresa dei Mille l’Italia aveva dimostrato di poter fare a meno della Francia. Viene quindi tralasciato il riferimento all’azzurro dell’abito femminile, ora una serica veste bianca, per lasciar posto ai soli colori del vessillo del neonato Regno d’Italia. Il duplice significato, sentimentale e politico, della tela dipinta da Francesco Hayez trova così nel Museo del Risorgimento di Genova, uno dei centri più importanti per lo studio del movimento repubblicano e democratico ispirato da Mazzini, la cornice ideale per in-

Autoritratto di Francesco Hayez a 69 anni (1860)

vitare ad un momento di riflessione e di confronto sulla nostra storia unitaria e sul difficile percorso di integrazione nazionale.

Museo del Risorgimento - Istituto Mazziniano Nel museo, sono rappresentate non soltanto le glorie dei vincitori (Cavour e gli artefici dell’azione monarchica e liberale), ma soprattutto le lotte degli sconfitti, gli esponenti del movimento democratico e repubblicano, di cui Genova fu il centro propulsore, primo fra tutti Mazzini e con lui i protagonisti dei moti della Giovine Italia e della Repubblica Romana, il Garibaldi di Teano, Mentana e Aspromonte; e fatti meno noti, quali l’insurrezione di Genova del 1849, quando emersero violentemente i contrasti che dividevano i liguri dai piemontesi. Tra i documenti conservati il più prezioso è senza dubbio il manoscritto recante la prima stesura autografa dell’inno Fratelli d’Italia di Goffredo Mameli – il nostro inno nazionale –, che sulle note di Michele Novaro, fu cantato a Genova il 10 dicembre 1847, in quella che è ricordata come la prima manifestazione pubblica del Risorgimento italiano. Accanto ad esso numerose le testimonianze relative alla figura di Giuseppe Mazzini, del quale sono rappresentati anche gli aspetti meno noti, quali la passione per la musica, testimoniata non soltanto dai suoi scritti, ma anche dalla sua chitarra, suonata ancora oggi in particolari ricorrenze. Referenze Bibbliografiche: Museo del Risorgimento di Genova

Il Bacio (1861) - Olio su tela 110x88 – Museo Storico Castello Miramare, Trieste

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VIAGGIARE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Vinicio TEMPERINI

KANGAROO

Australia, “Down under” /1 S

i chiama così dal 1817. Nel il mondo di lingua anglosassone è chiamata familiarmente “Down under “ traducibile in “Laggiù in fondo”. Un australiano sarà un “Aussie”e parlerà con un accento che gli inglesi definiscono “Strine”. La lingua parlata, popolarmente, è infatti l’inglese con un forte accento “Cockney”- quell’accento che suona, sempre popolarmente, a Londra. Da dove provennero tutti i primi abitanti immigrati (forzatamente…..) nel Paese. Colonizzata dagli Inglesi nel XVII secolo, James Cook nel 1770 la dichiarò parte del Regno Unito e divenne – sino al 1821– una Colonia Penale inglese (reclusorio come Alcatraz o La Cayenne, per capirci). Indipendente dal 1901 come Monarchia Istituzionale, sempre parte del Regno Unito. Nel 1999, dopo un referendum,si trasformò in Repubblica però rimase alla Regina d’Inghilterra il potere d’opposizione, anche se praticamente solo nominale. La prima moneta fu la Sterlina Australiana nel 1911(con l’effige di Re Giorgio V) emessa dalla Banca del New South Wales – dove sono Sydney e la Botany Bay e Cook fece il primo sbarco. E’ notevole osservare che furono nominati esperti responsabili della operazione, stampa ed emissione del nuovo numerario(banconote) ex detenuti che in Patria avevano subìto condanne ed estradizione per emissione, spaccio e traffico illegale di valuta. La trovo una grande prova di pragmatismo positivo. Infatti,debitamente sorvegliati, era impossibile trovarne di più esperti……Fu il Governatore McQuarie nel 1821 a “bonificare”, graziandoli, tuttii “detenuti”. La cultura locale - aborigena (kardiya, piranpa) è una delle più antiche del pianeta (40.000 anni ?). La loro religione è la “Natura”. Terra, acqua sole, vento ed ogni altra manifestazione della natura è per loro una diretta espressione religiosa senza interpretazioni figurate. Personalmente trovo tanta similitudine con la mitologia greca antica, A parte ovviamente l’antropomorfismo, il dio del vento, Eolo – il dio del mare,Nettuno e così via. Un cenno sull’arte aborigena. Scultura su legno o su roccia ma forse la più interessante è quella sulla corteccia , fissata con succo di orchidea (hai capito?.....). La pittura logicamente primordiale è spesso basata sullo spruzzare i colori con la bocca. Musica locale. Logicamente forte influenza maori. Percussioni e ritmi. Anche lo”hard” e”progressive” rock sono sempre influenzati in qualche modo dalla musica primitiva, maori ed altre Istintive. Affermo, per esempio: gli AC / DC sono parenti stretti di quella musica. Ricordiamo che la musica più attuale, giovane, moderna ha da sempre in Australia una presenza straordinaria. Killy Minogue (di Melbourne) – BeeGees –Holly Valance – i Karivool Olivia Newton John, contro ogni possibile obiezione citiamo i Pink Floyd e “The Wall”. Anche la fauna ha una spiccata identità lo-

cale. Brevemente : canguri, coccodrilli, koala, emu, djingo (cani selvatici molto aggressivi, veri epitomi dei lupi) cammelli (importati ed al momento un problema perché sono e continuano a moltiplicarsi). Oltre naturalmente a tutti gli altri animali più o meno domestici che esistono in tutto il mondo. Per i nativi non esisteva la proprietà personale. Il creato apparteneva a tutti gli esseri viventi sulla terra con il diritto di vivere ognuno nel territorio che curava e proteggeva da tutte le calamità. Agli “inglesi locali” non parve vero di adeguarsi a quella “legge libera proprietà”. Anni di prevedibili ed inevitabili soprusi (aborigeni in allora oltre 1 milione – ora circa 500.000) anche se gli occupanti tennero in maggioranza comportamenti accettabili. Solo nel 1967, dopo referendum, fu sancito il diritto di voto e la legittimità della proprietà individuale. Insomma, fu riconosciuto un “Diritto di usucapione” maturato in diversi millenni…….. L’Australia è un’immensa isola nel mare e nel sole. Anche l’Africa ed il Sud America sono grandi isole ma solo l’Australia dà l’impressione di isolamento nello spazio. Un altro pianeta……. Ab origine, proprio un isola per natura, cultura, regole sociali. I primitivi africani sono più vicini agli agli occidentali, non solo geograficamente, di quanto lo siano gli aborigeni australiani. La scultura afrieana primitiva, che è una una sintesi della comunicativa istintiva umana, è più concreta ed antropomorfa della primitiva australe. Superficialmente pare un’osservazione ovvia, viste le distanze geografiche ed ambientali, ma riflettendoci lo è molto meno. Perché, proprio ab originem, chissà come sono comparsi in tutto il globo, su scala universale con tempi e distanze incalcolabili, questi “umani” così diversi, più interiormente che fisicamente. Fede o scienza ? Entrambe ? Le Alpi Australi sono poco conosciute anche perché non sono imponenti. L’altezza media è 1500 mt. La più alta è Mount Kosciuszko - 2600 mt. Il deserto ed Ayer Rock – Uluru sono ormai - conosciutissimi in tutto il mondo e le immagini presenti ovunque. Un punto che mi sembra interessante è che l’Australia è quasi autosufficiente per l’energia anche perché, oltre alle importanti riserve minerarie, ha innumerevoli abbondanti corsi d’acqua ed un gran numero di dighe ed impianti di produzione energia oltreché te di fornitura civile ed irrigazione. Non è molto conosciuto il fatto che questo Paese è il maggior produttore mondiale di uranio e diamanti. La rete ferroviaria, in proporzione alle dimensioni del Paese, è poco diffusa. I collegamenti aerei invece sono eccezionali e le strade ottime. Con guida inglese,a sinistra,naturalmente. C’è un senso delle distanze che per gli Europei (specialmente noi italiani….) è incredibile abituati come siamo a vivere praticamente gomito a gomito, con un centro abitato sempre dietro l’angolo… Da un punto di vista operativo è da notare che oltre ai modernissimi porti di Sydney,

Melbourne, Brisbane ci sono scali commerciali che, permettono una operatività eccezionale. Su una popolazione di circa 20 milioni di abitanti 40 % di australiani , compresi gli aborigeni - 35 % di inglesi / scozzesi / irlandesi – 5 % di italiani. Il resto comprende tutte le etnie del globo inclusi europei,cinesi, indiani, russi, pakistani. Etc. Non è una popolazione con prorompenti impulsi religiosi , le statistiche (non so quanto accurate) circa 35 % di Cattolici – 30 % Chiesa Anglicana – 10 % altre religioni ed un residuo 20 % di atei, compresi gli aborigeni. Mi pare molto interessante un dato : gli oltre 65 anni di età sono solo circa un 15 %, la maggioranza di origine italiana. Attorno alle grandi città ci sono boschi e foreste. Specialmente a Melbourne dove molte case hanno come giardino praticamente un bosco. Una curiosità. Il giardino / bosco dietro la casa è frequentato da animali selvatici , specialmente piccoli canguri, ai quali si lascia cibo e bevande. I canguri si bevono il the dal recipiente che si portano alla bocca con le loro“manine” in un gesto suggestivo e simpaticissimo.

Riflessione personale. Gli australiani, sono molto aperti disponibili e ricettivi. Parecchio in comune con noi italiani. Sono però anche fortemente puntuali e scrupolosi (quasi …maniaci) assai precisi e concentrati. Qui confesso che faccio un po’ fatica ad associarli al nostro “modus vivendi”. Però anche loro sono molto vivaci, attivi e pronti a partecipare a ciò che è bello ed entusiasmarsi. Solari come noi, ecco. Ed allora,in fin dei conti, via al gemellaggio……….

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SCUOLA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Elisabetta RICCI

ISTRUZIONE

Vivere la musica: Il tradizionale concerto scolastico “La musica è una legge morale: essa dà un’anima all’universo, le ali al pensiero, uno slancio all’immaginazione, un fascino alla tristezza, un impulso alla gaiezza, e la vita a tutte le cose. Essa è l’essenza dell’ordine ed eleva ciò che è buono, giusto e bello, di cui essa è la forma invisibile, ma tuttavia splendente, appassionata ed eterna.” Platone, 400 a.C. (dai Dialoghi) Mercoledì 5 gennaio 2011, con inizio alle ore 17, al teatro della Parrocchia di Zoagli, si è svolto il tradizionale concerto organizzato dalla scuola di musica diretta dal Maestro Giuliano Palmieri. Il nutrito programma è stato aperto dal brano natalizio “Jingle Bell” dei piccoli allievi della scuola; sono poi seguiti brani di Bach, Beethoven, Kaciaturian, Mozart, Albeniz, momenti di musica di insieme suonati dagli allievi del corso di chitarra e in finale da tutti i ragazzi. L’appuntamento di Natale è una delle oc-

casioni (insieme ai saggi di fine anno), attraverso le quali la Scuola si presenta ai cittadini e ai genitori allestendo un vero e proprio concerto, fatto di esibizioni più semplici, soprattutto di piccoli allievi, fino ad arrivare alle sofisticate esibizioni degli studenti dei corsi avanzati e della classe di esercitazioni orchestrali. Perché è importante la musica? La musica è dovunque: intorno a noi e dentro di noi. C’è tanta musica nel mondo che potrebbe colmare ogni istante della nostra vita e ne avanzerebbe ancora. Non vi è epoca, non vi è paese che non abbia la sua musica, così come la sua lingua. Grazie ad essa tutti gli uomini del mondo, di qualunque nazione siano, uomini del passato, del presente, del futuro, possono comunicare fra loro. La sua voce viva ed intatta ci parla in qualsiasi momento di altri uomini e di ciò che li fa diversi e insieme tanto simili a noi. Per tutti la musica ha un messaggio da comunicare, un messaggio che va direttamente all’animo di chi lo riceve, ed è , tante volte, nelle sue espressioni più

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semplici, un messaggio di fraternità, di consolazione, di gioia. La musica si impara vivendola fisicamente ed emotivamente, così che essa contribuisca alla nostra crescita individuale. Educare con la musica significa usare quest’arte come mezzo per la socializzazione, un mezzo che può aiutare a superare particolari situazioni d’egocentrismo e d’emotività, riuscendo a far capire le esigenze del gruppo ed a far imparare ad ascoltare gli altri e quello che essi propongono. Il fare musica d’insieme ha un grande valore: aiuta a capire l’importanza del rispetto dell’altro e il significato del convivere in armonia con il resto del gruppo. Se non c’è cooperazione, se non c’è ascolto, se non esiste rispetto e collaborazione, il gruppo di musica d’insieme non funziona, è come se ognuno seguisse una partitura diversa eseguita contemporaneamente, facendone risultare il caos più totale. La musica è unione, complicità e rispetto. Cosa vuol dire per me la musica…… Provo una grande gioia per molte cose: gioia di sentire che la musica viene fuori dalle mie mani, perché sono capace di leggerla, di interpretarla; gioia di un arricchimento interiore e culturale gran-

dissimo; resto ogni volta stupita di fronte ad un brano, a quello che è riuscito ad esprimere un autore; gioia perché si penetra un linguaggio che porta in sé valori altissimi, anche se non sempre si colgono in profondità; gioia di trasmettere qualcosa agli altri(anche se è difficile e costa impegno), di suonare insieme ad altre persone, di ascoltare mio figlio che suona e che ama la musica come la amo io. Poi soddisfazione, per essere riuscita a suonare bene, ad esprimere (o a cercare di esprimere) il pensiero musicale dell’autore e per essere giunta ad un livello da poter suonare pezzi abbastanza seri e di una certa difficoltà. E poi c’è anche un’altra cosa, singolare e bellissima, che vale anche per uno che ascolta, ma è un po’ diversa per uno che suona: trovare in certi momenti, nella musica, “consonanza”, quasi “comprensione”, a vari stati d’animo, a sentimenti che si hanno dentro. A volte, quando sono triste o delusa oppure sono contenta, mi siedo al pianoforte e suona; e riesco allora a ritrovare la pace interiore o ad accrescere la mia felicità. Ecco, questo è forse uno degli aspetti più belli dello studio del pianoforte, ma ce ne sono altri che sfuggono o non si riescono ad esprimere bene….


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PIANETA GIOVANI E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Benedetta MAGRI

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EVENTI

Un mese... tre manifestazioni per i giovani e opportunità ai giovani vengono date e noi (mi metto anch’io nella categoria perché non posso estraniarmi totalmente!) dobbiamo saperle cogliere. L’impegno nei confronti del mondo giovanile in questo mese è stato dimostrato da varie associazioni ed enti. Si inizia con l’occasione del CARNEVALE, in cui la Pro Loco Capitaneato di Rapallo, l’Associazione RapallOOnia, l’istituto per l’ambiente e l’educazione Scholé Futuro onlus e l’ASCOM di Rapallo e Zoagli si sono mossi per organizzare più momenti dedicati ai giovani. La prima occasione è stata il 18 febbraio, data in cui si è tenuta una conferenza sul carnevale sostenibile. Carlo Chendi, noto fumettista, insieme ad altre personalità, come alcuni rappresentanti di AIMERI e di Scholé, ha spiegato, nel saloncino della succursale del Liceo Da Vigo, quale sia il valore della raccolta differenziata, attuando, ad esempio, un progetto di carnevale sostenibile. Durante l’incontro si è trattato anche del valore del fumetto. Questa conferenza è stata l’apertura di un progetto più ampio, che riguarderà in prima persona i ragazzi del Liceo, ma anche i bambini delle scuole primarie di primo grado. Infatti la giornata dell’8 marzo sarà interamente dedicata a loro. Sul lungomare rapallese sarà organizzato un palio, in cui i bambini delle scuole Delle Piane, Pascoli, Marconi, San Benedetto, Emiliani, Gianelline e Antola sfileranno travestiti e avranno la possibilità di festeggiare il carnevale in totale sicurezza e serenità. Fin qui va bene, ma i giovani un po’ più cresciutelli, quelli che di solito si lamentano, come saranno coinvolti? Molti magari non avranno neppure apprezzato il valore della conferenza… invece saranno premiati anche loro. Al mattino 50 ragazzi del Liceo Classico - Linguistico G. Da Vigo si occuperanno di fare servizio d’ordine e di costituire la squadra Unicef, durante la sfilata. Ma il momento totalmente dedicato a loro sarà quello serale. Sarà organizzata, infatti, una festa in maschera all’interno della palestra della Casa della Gioventù, a cui potranno partecipare tutti i giovani interessati, prenotandosi e versando una quota di 3€ ai rappresentanti del Da Vigo e del Liceti - De Ambrosis. La quota raccolta sarà devoluta, una parte, in beneficenza all’Unicef e il rimanente resterà alla componente studentesca delle scuole organizzatrici. Si tratterà di una serata danzante, in cui i ragazzi riceveranno premi offerti da varie attività commerciali territoriali, oltre ad un premio speciale per la maschera più curata e originale femminile e maschile. I ragazzi potranno anche com-

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petere in gruppi. Insomma, si tratterà di una serata in cui saranno loro a dover dimostrare di cogliere un’occasione di divertimento offerta da alcuni enti locali, dandosi da fare in prima persona e divertendosi in compagnia. La seconda opportunità offerta ai giovani sarà il TALENT SHOW del Liceo Da Vigo, che si svolgerà nell’ultima settimana di marzo. Tutti gli alunni ed ex alunni potranno

partecipare, esibendosi in ciò in cui loro ritengono di avere una dote. L’iniziativa verrà ampliata anche a quanti chiederanno di potersi esibire, pur appartenendo ad altre scuole. “Da Vigo’s got talent”, questo il nome dell’iniziativa, è nata totalmente dal comitato studentesco del Liceo Da Vigo ed è in continua evoluzione. In questo caso sono i giovani che si sono creati un’opportunità e cercano di avere risposta dal territorio e dalle associazioni presenti. La competizione sarà sia per singoli sia per squadre e sarà suddivisa in 4 categorie: canto, ballo, recitazione e altro.

La categoria più curiosa è sicuramente l’ultima, infatti gli organizzatori della manifestazione hanno deciso di dar la possibilità a tutti di esibirsi, proponendo il numero che preferiscono, senza dare restrizioni particolari. La manifestazione si svolgerà di mattina e ci sarà una giuria composta da ragazzi di età diversa e da personalità politiche o sponsor che richiederanno di poter essere presenti. I giovani non verranno premiati solo in base alle loro qualità; ci saranno premi per l’originalità delle performance. L’evento si pone quindi come una giornata gioiosa, in cui tutti possano realmente mettere in scena i loro talenti e divertirsi avendo uno spazio totalmente loro. Ultima, ma non meno importante, occasione in cui i giovani potranno essere protagonisti, sarà la terza edizione di CARTOONS ON THE BAY a Rapallo: dal 7 al 10 aprile il nostro golfo ospiterà la 15a edizione di Cartoons on the Bay e del Pulcinella Awards. Il Paese ospite quest’anno sarà il Brasile e il tema conduttore saranno le famiglie. Nuovamente si uniranno il modo

del cartoons, con quello del fumetto, del cinema e dei videogiochi. Tutti ambiti che interessano molto i ragazzi e che li vedono coinvolti in prima persona. Quest’anno avrà nuovamente un suo ruolo notevole lo sport, con la seconda edizione di Cartoons on the Bike, che si terrà il 9 aprile. L’anno scorso avevano partecipato 240 atleti e oltre 10.000 spettatori, quest’anno si auspica in una riuscita maggiore, infatti non si tratterà solo di ciclismo, bensì la competizione inizierà come una cronometro a squadre e avrà il suo termine in una gara di triathlon. I giovani potranno vivere l’emozione della competizione al fianco di grandi campioni sportivi, di manager e cicloamatori. Le squadre prenderanno i nomi da dei cartoni animati e si cercherà di sensibilizzare i ragazzi a praticare sport, anche tramite il mondo fantastico dei loro eroi. Quest’anno la primavera arriva accompagnata da nuove manifestazioni, per dare una spinta in più ai giovani sul nostro territorio, che non si trovino sulla strada del mugugno intrapresa da alcuni loro avi e ben conosciuta come caratteristica ligure.


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Bandiera della Repubblica Cisalpina

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Tricolore adottato da Carlo Alberto come nuova bandiera del Regno di Sardegna

Il tricolore diventa la bandiera del del Regno dʼItalia

Lʼattuale bandiera della Repubblica Italiana

LA BANDIERA TRICOLORE di Mario Canessa *

Come è noto, il nostro tricolore rappresenta: con il bianco il colore delle montagne innevate; con il rosso il sangue dei martiri e degli eroi; con il verde la speranza(che è il colore dei prati).Il nostro tricolore fu decretato dai Deputati di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia nel congresso costitutivo della Repubblica Cisalpina del 7 gennaio 1797, con i colori disposti orizzontalmente. Il rosso in alto, il bianco al centro e il verde in basso. Nel corso di quello storico congresso, animato dal patriota socialista Giuseppe Campagnoli, fu disposto anche l’obbligo di portare, in pubblico, la coccarda tricolore bene in vista. Tale obbligo venne esteso poi anche ai membri del clero. In caso di inadempienza la pena venne fissata in lire 50 e, in caso di recidiva, in un giorno di carcere. Il tricolore assurse allora a simbolo del popolo, con l’intento di rappresentare la lotta per cacciare dal suolo italiano il nemico straniero. Memorabile fu l’insurrezione programmata da Ciro Menotti, con la città di Modena imbandierata di tricolori dal 3 febbraio 1831 al 26 maggio, giorno della sua impiccagione. Fu in quella occasione che la contessa Rosa Testi-Renzoni, colpevole di aver confezionato bandiere su richiesta dell’eroico Menotti, venne condannata a tre mesi di carcere. Sempre nel 1831 Giuseppe Mazzini fondò la “Giovane Italia”, utilizzando come simbolo la bandiera tricolore che, in un lembo, recava la scritta ” uguaglianza, libertà, umanità e, nell’altro, “indipendenza”. E’ da ricordare anche il fatto che, negli anni 1832-33, il tricolore ebbe diverse occasioni per comparire nel Cilento e nelle città di Catania e di Siracusa. Sempre nel meridione, durante i festeggiamenti della Santa Patrona di Palermo, il 5 settembre 1848, la statua di S. Rosalia venne ammantata da una vistosa bandiera tricolore e fu fatta sfilare in processione per le vie della città, tra le ali festanti ed entusiaste di numerosa folla. A Messina, sempre nel 1848, evolven-

dosi la rivolta contro le truppe borboniche, un drappello di giovani combattenti, chiamati “Camiciotti”, stremati dalla lotta corpo a corpo, riuscirono ad asserragliarsi nel convento dei Benedettini, che fu espugnato ed incendiato dai nemici. Così i patrioti, rimasti in sette, piuttosto che arrendersi si gettarono tutti a capofitto nel pozzo del Monastero senza abbandonare, neppure all’ultimo istante, il vessillo tricolore. I loro nomi sono oggi immortalati in una grande lapide marmorea al centro della città dello stretto. Anche Garibaldi, sbarcando a Nizza, di ritorno dall’America, innalzò sull’albero maestro della nave “Speranza”la bandiera tricolore, formata per l’occasione da un lenzuolo bianco, dalle giubbe rosse e dalle mostrine verdi dei legionari. Tale evento suscitò vasta eco di entusiasmo, soprattutto fra i Nizzardi accorsi a festeggiare il loro più importante concittadino: l’eroe dei due mondi. Nello svolgimento degli aspri combattimenti fra le 500 barricate per le vie di Milano, tra il 18 e il 22 marzo 1848, Luigi Torelli (nobile valtellinese di Tirano, funzionario del governo austriaco della città) alla guida di una squadra di coraggiosi guerriglieri issò la bandiera tricolore sulla guglia più alta dell’imponente Duomo di Milano. Fu Carlo Alberto che, nel dichiarare guerra all’Austria, volle inserire lo stemma sabaudo al centro della banda bianca del tricolore. Allora i colori della bandiera furono disposti in verticale con il verde vicino all’asta. Fu disposto altresì che i funzionari di “Pubblica Sicurezza”, nell’esercizio delle loro mansioni, dovessero indossare la sciarpa tricolore. Nella prima “Guerra di Indipendenza” gli studenti delle Università di Pisa e di Siena, arruolatisi volontari, s’immolarono stringendo in mano il tricolore nella battaglia di Curtatone e Montanara. Il loro eroico sacrificio valse ad ostacolare l’avanzata austriaca e permise la vittoria dell’armata italiana a Goito. Non si può, a questo punto, celare la

deplorevole ordinanza del Prefetto di Perugina, Raimondo Orsini, con la quale si stabiliva che chiunque fosse sorpreso in pubblico con indosso un qualunque nastro, coccarda o fazzoletto tricolore, sarebbe stato punito con una pesante ammenda e, in caso di recidiva, con la carcerazione. Durante le guerre di “Indipendenza” il tricolore divenne una volta per tutte il simbolo dell’unità d’Italia, accompagnato e celebrato in canti popolari: “ la bandiera di tre colori è sempre stata la più bella, noi vogliamo sempre quella, noi vogliam la libertà”; ed anche: “Italia bella, fiorente e forte, sorriso eterno di primavera, Iddio l’ha scritto sulla bandiera il nome santo della libertà”. Nel 1912, in occasione dell’inaugurazione del tronco ferroviario a cremagliera (primo in Italia) la città di Volterra fu ammantata di bandiere tricolori per accogliere il re, Vittorio Emanuele III. Manifestini tricolori – e non bombe- furono lanciati da Gabriele D’Annunzio sulla città di Vienna durante la guerra 1915-18, volendo inneggiare alla pace e alla libertà. Il “Milite Ignoto”, il soldato senza nome, caduto durante il primo conflitto mondiale, fu avvolto nella bandiera tricolore e condotto da Aquileia a Roma, attraversando, durante il viaggio, stazioni imbandierate, mentre folle festanti salutavano il passaggio del convoglio. Giovanni Palatucci, ultimo Questore di Fiume fu intrepido nell’imporre al Governatore tedesco, che occupava la città, di mantenere issato il tricolore sul Palazzo della Questura. La gloriosa bandiera fu ammainata soltanto il giorno del suo arresto e deportazione a Dacau, ove fu arso vivo pochi giorni prima della liberazione, meritando, per questo, la medaglia d’oro alla memoria. Le città di Domodossola, Montefiorino (Mo) e Torriglia (Ge), nel corso della guerra 1940-45, una volta liberate dai nazifascisti, vennero costituite come repubbliche autonome dai partigiani e sui pinnacoli dei loro edifici pubblici venne innalzata la bandiera nazionale epurata dallo stemma sabaudo.

Così anche bandiere d’ispirazione comunista, garibaldina, monarchica e liberale furono l’emblema delle formazioni partigiane combattenti contro il tedesco invasore. Un quadratino nero veniva aggiunto sulla bandiera della brigata garibaldina “Fratelli Cervi”ogni malaugurata volta che un compagno cadeva in combattimento. Il 22 dicembre 1947 fu festeggiata la nuova Costituzione Repubblicana dello Stato e fu stabilito, come vessillo nazionale, il ”tricolore”. La stessa nave scuola “Amerigo Vespucci”, varata il 22 febbraio 1931, tuttora in servizio presso l’Accademia Navale di Livorno, ostenta con fiero orgoglio sui suoi pennoni il tricolore arricchito dagli stemmi delle gloriose “Repubbliche Marinare” di Genova, Venezia, Pisa ed Amalfi e lo porta a sventolare, sopra al suo ammirato splendore, in ogni parte e in ogni mare del mondo. Anch’io, già da ragazzo, ho sempre avuto uno sviscerato amore per i tre colori. Un amore che mi ha portato ad apprezzare l’Italia e ad impegnarmi per essa, combattendo per la libertà. Ora vorrei, in questa sacra ricorrenza, venisse condiviso, soprattutto dai giovani, il desiderio di vedere la nostra bandiera portatrice di pace in tutto il mondo.

*Mario Canessa, classe 1917, toscano oriundo di Rapallo, già dirigente generale al Ministero degli Interni, per i suoi meriti e atti di valore è stato insignito di numerosissimi riconoscimenti e onorificenze tra cui: grande ufficiale al merito della Repubblica, la medaglia d’oro al valor civile della Presidenza della Repubblica, la proclamazione di Giusto tra le Nazioni da parte dello Stato di Israele, il Grosso d’Oro della Città di Volterra, il premio di Santa Giulia della Diocesi di Livorno, la cittadinanza onoraria di Rapallo e il Rapallino d’Oro e altre ancora che non si citano per ragioni di spazio.


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Associazione

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Liguri Antighi - I Rapallin

www.liguriantighi.it - info@liguriantighi.it Presidenza: tel. 349/3819645 - Segreteria: 0185/206073 - 328/7137716

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

I De Bernardis: radici a Santa Margherita ma rapallin da sempre. Parte Terza

In occasione del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia ci sembra doveroso additare ai lettori tre coraggiosi Rapallini che, insieme ad altri 155 “pazzi” della Liguria (così l’ha definiti il Secolo XIX), hanno seguito volontariamente Garibaldi nell’impresa dei Mille ed hanno contribuito a darci una Nazione. *Bartolomeo Canessa, nato a Rapallo il 14/3/1839, macchinista, residente a Genova; *Lorenzo Pellerano, nato a Rapallo il 4/7/1811, facchino, residente a Livorno; *Giovanni Pendola, nato a Genova il 7/3/1836, ma con genitori originari di S. Maurizio di Monti, frazione di Rapallo, falegname-mobiliere.

Bartolomeo Canessa Le foto di Pellerano e Pendola saranno pubblicate nei prossimi numeri

A fronte: La bandiera tricolore descritta da Mario Canessa, cofondatore e Presidente Onorario della Associazione

Con l’edizione di questo numero di giornale, che assume una nuova veste tipografica e cambia il nome della testata con quello di “Il Mare”, storico e noto periodico di Rapallo fondato nel 1908, continuiamo la pubblicazione delle memorie sull’ antica Famiglia De Bernardis, iniziata sul numero di settembre e proseguita con il numero di ottobre 2010. E’ stato riportato che nel 1600 i De Bernardis si notano già tra le famiglie più importanti e facoltose di Santa Margherita, allora ancora frazione di Rapallo. Nel 1630 un De Bernardis, di nome Lazzaro fu Benedetto, viene sepolto nella chiesa di S. Agostino di Rapallo, dopo essere vissuto a S. Margherita sino all’età di quasi 100 anni. Un suo figlio, di nome Benedetto, muore prima di lui lasciando un figlio che, come il nonno, si chiama Lazzaro e diventa un grande benefattore della chiesa di S. Margherita, nella quale, alla sua morte nel 1694, trova sepoltura presso l’altare della SS. Trinità ove inoltre appare in un dipinto, in seno al primo patriarca dell’Antico Testamento Abramo (Molfino, Garibaldi). Nel 1635 Bartolomeo De Bernardis, commerciante di S. Margherita, trovandosi nel porto di Genova e venendo a sapere che le reliquie di S. Margherita d’Antiochia stanno per essere trasportate in Spagna, informa i suoi concittadini e, con il loro contributo e quello del marchese Chiavari, fa sì che una parte di esse vengano acquistate per la parrocchia di S. Margherita. I De Bernardis hanno sempre dei ruoli primari, con frequenti incarichi civili ed eccle-

siastici. Durante il secolo XVII e XVIII, in S. Margherita, tra di loro compaiono numerosi esattori, censori, revisori dei conti, ufficiali di sanità, denunciatori, padri del comune, campanari (principalmente delle parrocchie di S. Margherita, S. Siro e S. Giacomo, ma anche di Nozarego) e molti agenti (i consiglieri di oggi) in rappresentanza dell’una o l’altra zona del borgo, identificate con le relative parrocchie. A seguito dell’occupazione francese della Liguria, viene modificato l’ordinamento territoriale della cessata Repubblica di Genova con una legge approvata il 18 aprile e promulgata il 26 dello stesso mese del 1798. La vecchia giurisdizione di Rapallo diventa giurisdizione del Golfo Tigullio e suddivisa in cantoni, il cui territorio è amministrato dalle municipalità, ciascuna retta da un presidente e da un certo numero di coadiutori in base alle dimensioni demografiche di ciascun cantone. Il territorio di S. Margherita è ripartito nei cantoni di S. Margherita e di S. Giacomo di Corte. Il primo comprende il territorio di S. Margherita – S. Siro – S. Lorenzo; il secondo, il territorio di S. Giacomo – Nozarego – Portofino. Il 16 luglio 1798 vengono eletti per la prima volta il presidente e i coadiutori della municipalità di S. Giacomo e fra questi ultimi compare subito un certo Giovanni De Bernardis fu Giobatta. La prima municipalità di S. Margherita viene eletta due giorni dopo, il 18 luglio 1798, ed anche tra i coadiutori di questa risulta eletto un De Bernardis di nome Francesco. E, dagli inizi del 1800 in poi, i De Bernardis risultano sempre in entrambe le municipa-

DUE GIORNI A VENEZIA Sabato 9 e Domenica 10 Aprile 2011 Gita sociale dell’Associazione “Liguri Antighi – I Rapallin” QUOTA DI PARTECIPAZIONE Euro 85,00 se i partecipanti sono più di 40 Supplemento di Euro 10,00 se in numero inferiore La quota comprende: viaggio in pullman GT, pernottamento in hotel 3*** in camere a due letti, con colazione il mattino del 10, assistenza per le visite in gruppo e sosta a Padova, nel viaggio di ritorno, per visita alla Basilica di S. Antonio. Per camere singole (in numero limitato) supplemento di Euro 15,00. Per chi lo desidera, libera scelta, a Venezia, per visite, spostamenti, pranzi e cena. Chi resta in gruppo può fruire di pranzi, cena e ticket per spostamenti illimitati con vaporetti e bus per 24h e dell’assistenza organizzativa col supplemento di Euro 75,00.

ULTIMI GIORNI PER LE PRENOTAZIONI Per informazioni e prenotazioni tel. 0185/206073 – 328/7137716 – 349/1608127 - 349/3819645

lità, all’inizio come coadiutori, dopo, quando nel 1805 il presidente viene chiamato “Maire”, come consiglieri. E non è raro trovare eletti tra questi pure dei De Bernardis preti. Nel febbraio del 1810 il Maire o Sindaco di S. Margherita, al fine di costituire un fondo per far tornare i coscritti disertori durante la chiamata alla leva di Napoleone, convoca 16 tra le persone più benestanti del territorio della municipalità e tra questi vi sono ben tre De Bernardis: Giovanni, Domizio e Pietro, ciascuno di famiglia diversa dall’altra. Il 25 luglio 1811 viene deciso che il Consiglio deve essere composto da un Maire, due aggiunti (gli assessori di oggi) e 20 consiglieri e il 25 agosto vengono nominati gli aggiunti e i consiglieri mancanti. Un eletto dei due aggiunti risulta De Bernardis Giuseppe ed altri tre De Bernardis risultano eletti consiglieri. Nel 1813 i due cantoni di S. Giacomo e S. Margherita vengono uniti prendendo le denominazione di “Porto Napoleone” e, di conseguenza, si uniscono pure le due municipalità, che vengono rette da un unico Consiglio composto dal Maire, due aggiunti, un segretario e 30 consiglieri. Tra i due aggiunti figura ancora il De Bernardis Giuseppe ed altri De Bernardis risultano far parte di questo primo nuovo Consiglio. Tale assetto amministrativo è però di breve durata perché, con la caduta di Napoleone, detto organo viene temporaneamente modificato in Consiglio degli Anziani, nel cui seno, al posto del Maire, s’insedia un Capo Anziani mentre gli altri componenti mantengono la qualifica di consigliere. Tra questi, i De Bernardis non mancano mai. Nel 1815 Domizio De Bernardis è aggiunto del Capo Anziano, ovvero vicesindaco, ed altri De Bernardis sono nel Consiglio e continuano ad esservi anche negli anni successivi. Nel 1818 il Capo degli Anziani viene chiamato Sindaco ed i 30 consiglieri vengono divisi in ordinari (n. 6 ) e straordinari (n. 24 ). Un De Bernardis è eletto tra i consiglieri ordinari e altri tre tra i consiglieri straordinari. Nel 1819 Giuseppe De Bernardis è vicesindaco e, nel 1821, lo stesso è eletto Sindaco, carica che ricopre per alcuni anni. Altri vicesindaci di Santa Margherita, appartenenti al casato, li troviamo negli anni 1826-28-29, così come troviamo che un altro De Bernardis è sindaco nel 1830 e 1831. Negli anni che seguono e durante tutto il periodo risorgimentale non manca mai la presenza di questa importante famiglia nel Consiglio Comunale di S. Margherita.

Non mancate di regalarVI una visita ad una delle città più belle del mondo! Continua in un numero successivo


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CULTURA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Domenico PERTUSATI

Se Cristo ritornasse... „Perchè la Chiesa perde consensi...‰ (III) iprendiamo il delicato e difficile problema delle riforme di cui la Chiesa ha assoluta necessità e che vengono o ignorate o accantonate da coloro che avrebbero il dovere di farsene carico e di provvedere senza indugi e e incertezze. Azzardo nel dire che alla base delle rimostranze e recriminazioni delle autorità competenti, sorrette da parte di fedeli “allineati”, c’è il desiderio di “vivere in pace” e di continuare la “routine” di sempre senza contraccolpi e turbative inutili… Le risposte possibili sono facilmente intuibili: “Si è sempre fatto così…” oppure: “Chi ha fede, accetta tutto quanto è stato autorevolmente stabilito…” e ancora: “E’ solo l’Autorità che può parlare a ragion veduta….” E altre giustificazione come: “Chi è sottoposto non si permetta di oltrepassare i propri limiti…” oppure “A un buon credente non è lecito “scandalizzare” facendo rivelazioni che allontanano i fedeli dalla chiesa, ma gli corre l’obbligo di far silenzio a qualunque costo…”. Non manca poi la frecciata categorica: “La chiesa è intoccabile…” Queste ed altre ancora sono le accuse e le lamentele mosse dal ceto “clericale” e dai suoi “caudatari”. Da parte mia sento il dovere di ripetere che il mio intendimento non è di danneggiare la Chiesa (tutt’altro!), ma di incentivare un percorso che si riavvicini alla via indicata da Cristo, esaminando se oggi il Suo messaggio contenuto nel Vangelo viene vissuto con assoluta umiltà e sincerità. Assicuro che, se quanto vado scrivendo non servirà a nulla e non sarà affatto recepito, anzi respinto e sbeffeggiato e magari “ridicolizzato”, la mia coscienza rimarrà serena, essendo consapevole di aver agito a fin di bene, rompendo quei silenzi che tanto danno hanno arrecato nel passato. Ognuno risponderà a Dio, che è verità, e alla propria coscienza che nessuno può soffocare o calpestare, ma soltanto rispettare. Pertanto respingo l’accusa di “anticlericale” che - a detta di un parroco - mi sarei meritata per la denuncia di certe “nefandezze” e défaillances presenti nella casta sacerdotale. Sono più che convinto che “anti-clericale” non è sinonimo di “anti-ecclesiale”, dal momento che c’è da parte mia amore per la Chiesa di Cristo. Chi dissente ne ha tutto il diritto, ma si sforzi di correggermi educatamente con argomentazioni serie, razionali e convincenti, lungi da imposizioni e minacce. PROCESSIONI: ESPRESSIONE DI PIETÀ E DI DEVOZIONE? Una riforma da tanti auspicata - come precedentemente avevamo accennato riguarda l’eccessiva teatralità ed esteriorità nelle cerimonie. Non si può non convenire che ci sia un’ indubbia carenza di semplicità e moderazione.

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Un esempio indicativo e macroscopico sono le processioni con i famosi “Cristi” (una tradizione soprattutto ligure) trasportati dalle braccia di uomini che danno dimostrazione della loro forza e bravura. Sono manifestazioni di vera spiritualità? Bene ha fatto - a nostro giudizio - il Vescovo Diocesano a limitare la presenza a non più di tre “Cristi” (forse anche troppi!) per processione, allo scopo di evitare il rischio di una certa teatralità con un non improbabile effetto “ludico”. Ci fu immediatamente la reazione sdegnata di non poche Confraternite sostenute, in taluni casi, dai rispettivi Parroci, orgogliosi e “interessati”. Purtroppo esiste una forte e tenace rivendicazione di queste vecchie “tradizioni” che, oltre che folkloristiche, sono, purtroppo, profondamente radicate nella religiosità epidermica di un certo ceto popolare assolutamente refrattario a cambiamenti di sorta. Ci permettiamo augurare al nostro Vescovo tanto coraggio per procedere oltre e avviare una lenta, ma necessaria correzione di altri abusi e inconvenienti che sono indice di fede superficiale o poco convinta. COMMISTIONE DI SACRO E PROFANO A questo riguardo posso portare una testimonianza diretta e molto eloquente. In un paese del Piemonte dove si celebra la festa patronale (mi astengo dal fornire indicazioni precise per ovvie ragioni) alla processione non manca mai la presenza della banda musicale e di un “Cristo” che un parroco di una diocesi ligure si fa premura di inviare per incrementare la solennità. La cerimonia si conclude nella piazza del municipio. Dopo il fervorino dell’arciprete la banda musicale prende a suonare musiche da ballo: tanghi, mazurke, valzer con l’esibizione di un ballerino speciale, “il grande Crocifisso”, sorretto a passo di danza da forzuti e abili “portatori” che gareggiano nel rendere piacevole l’esecuzione. Così il sacro si mescola col profano provocando non scandalo, ma l’applauso dei presenti. Un dubbio ci sembra legittimo: quali vantaggi ne trae la religione? Ogni commento appare superfluo. Esistono altre processioni “bizzarre”. Ci sono, ad esempio, quelle che vengono interrotte con una prolungata sosta al fine di assistere, insieme all’icona della Madonna o della statua del Santo festeggiato, allo spettacolo dei fuochi artificiali, che vengono considerati parte integrante (per taluni anche essenziale) della devozione. Mi risulta che certi parroci responsabili si adeguano e tacciono per “amor di pace” e per non combattere come Don Chisciotte contro i mulini a vento. A scanso di equivoci precisiamo che la nostra critica non intende mettere in discussione le feste patronali con le sparate dei fuochi artificiali, che hanno un’indubbia valenza

Un imponente e pesante crocifisso, sfarzosamente addobbato, viene sollevato e portato in processione da robusti membri della Confraternita in ossequio alle inossidabili “tradizioni” locali

turistica, ma soltanto sottolineare che una loro poco corretta gestione potrebbe compromettere l’aspetto religioso. Che dire poi di quei riti “processionali” impregnati di folklore e di superstizione ? Come, ad esempio, quelli che si registrano nel Mezzogiorno: processioni interminabili con uomini e donne che, con il camice e il cappuccio bianco per non essere identificati, si autoflagellano a sangue per onorare la Vergine o il santo Patrono. Sono convinto che non pochi lettori sono al corrente di queste “strane” forme di devozione e che potrebbero aggiungere altre interessanti notizie in merito. SOVRAESPOSIZIONE MEDIATICA Un altro rilievo di non poco peso è quello relativo alla cosiddetta “sovraesposizione mediatica”. E’ vero che la Chiesa (quella che conta) non può rifuggire dall’uso dei “media” e ricorre a tutte le tecnologie innovative relative alla comunicazione. Forse - mi si è fatto notare - lo fa con troppa frequenza tanto da diventare una abitudine “pastorale”. A prescindere da ogni altra considerazione, non ha torto chi sostiene che un po’ più di “silenzio mediatico” o le meno frequenti apparizioni “televisive” otterrebbero maggior attenzione, ascolto e interesse. Non si può negare che quando gli interventi si moltiplicano, finiscono per perdere efficacia e interesse, anche se riguardano problemi quanto mai rilevanti. E’ risaputo che l’abitudine smorza l’attrazione, attenua l’entusiasmo e lo slancio, spegne la passione e l’interesse, come recita un antico adagio: “Ab adsuetis non fit passio”. In altri termini: quando subentra l’abitudine tutto perde efficacia, anche l’amore più ardente… Molti di noi rammenteranno le apparizioni fugaci, ma di grande effetto di Giovanni XXIII o quelle di Paolo VI non molto frequenti, ma quanto mai incisive. Forse qualche lettore non più giovane ricorderà i “radiomessaggi” di Pio XII, che pronunciava in occasioni solenni e particolari: erano attesi e seguiti con attenzione anche da chi non era credente o indifferente in materia religiosa.

Oggi tutto è cambiato: nel corso della settimana le apparizioni frequenti nei Telegiornali da parte delle Autorità della Chiesa (non sto ad elencarle) sono di ordinaria amministrazione, vale a dire non costituiscono più un evento straordinario: vengono affiancate e allineate alle altre notizie giornalistiche e purtroppo perdono quel peso e quella partecipazione che meriterebbero. Con tutto ciò, sia ben chiaro, non intendiamo sminuire la portata di quanto viene di volta in volta comunicato. I politici vivono di televisione: vogliono a tutti costi ottenere visibilità e consenso. Gli uomini della Chiesa no, non devono farlo: i loro interventi, se calibrati e saggiamente dilazionati, sono in grado di suscitare interesse e partecipazione nei confronti di quei problemi che hanno stretta attinenza con il dettato evangelico. AUTENTICI IMITATORI DI CRISTO? Un altro aspetto deleterio che andrebbe corretto (il condizionale è d’obbligo!) è l’imborghesimento del clero. Con questo termine si vuole indicare l’appannamento di quello spirito evangelico che compete a coloro che si “dicono” soddisfatti e compiaciuti di essere “ ministri” di Cristo e che affermano di agire in sua vece. Ci sia permesso aggiungere che questa funzione “sacra” non può e non deve essere solo “apparenza”, ma espressione vera di servizio totale e incondizionato sull’esempio del Divino Maestro. Purtroppo la verità è un’altra: è in atto un tale “rilassamento” che oscura quelle che a parole sono le caratteristiche peculiari di chi è investito di un incarico così alto. Anche se non si vuole ammettere (il clero giustifica sempre i propri comportamenti), è evidente una indubbia fragilità della casta sacerdotale, che mette a disagio i fedeli più “coriacei”. A questo proposito G. Zizola ricorda che Benedetto XVI nella visita a Sulmona il 4 luglio dello scorso anno ha richiamato ai cristiani e specialmente ai preti “il distacco dalle preoccupazioni per le cose - il denaro e il vestito - confidando nella Provvidenza”.


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Si sarebbe astenuto - secondo l’articolistadal cogliere la memoria del luogo, così legata a Celestino V, per riproporre la lezione del “papa del gran rifiuto”, il cui disegno di riforma della Chiesa era stato affossato dalla pretesa di sovranità temporale avanzata da Bonifacio VIII con la bolla “Unam Sanctam”. (cfr. G Zizola, Giorni tempestosi, Rocca, Rivista della Pro Civitate Christiana di Assisi, n.15 del 1 agosto 2010 pag.46). Dopo aver precisato che quell’accenno brevissimo all’attaccamento ai denari, al temporalismo casereccio del clero borghese non cadeva casualmente e non era una cauta esortazione moralistica, lo scrittore faceva riferimento, oltre che allo scandalo della pedofilia del clero, all’emersione di un male oscuro per così dire strutturale: “Questo male riguardava gli affari immobiliari di “Propaganda Fide” e, a ridosso, i pozzi finanziari senza fondo dei “Legionari di Cristo”, la congregazione messicana divenuta ultrapotente sotto il regno di Giovanni Paolo II”. Non procediamo oltre: prendiamo atto che lo stesso Pontefice ha richiesto trasparenza per le operazioni delle banche vaticane con un apposito “motu proprio” al fine di non ripetere le esperienze scandalose del passato come le disinvolte performances finanziarie di Mons. Paul Mar-

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cinkus, capo dello IOR coinvolto nell’affare Sindona e nelle trame di Licio Gelli (così almeno si ipotizzava). Marcinkus si sottrasse alla giustizia italiana a motivo della sua appartenenza ad un altro Stato, quello vaticano E’ STATO DETTO CHE LA PRATICA RELIGIOSA È IN PICCHIATA “Le cause sono da ricercarsi all’interno della chiesa stessa, nella difficoltà di liberare il cristianesimo dal regime protettivo ma soffocante e snaturante della cristianità, nella sua scarsa disponibilità a scendere dai troni, a spogliarsi delle palandrane, dei privilegi e dei titoli pomposi, a uscire dalla pretesa dell’autosufficienza… per mettersi in ascolto con umiltà….” (G. Zizola, La notte del cattolicesimo italiano, Rocca n.21 del 1 novembre 2010 pag. 47). Il fatto che il clero non sia decisamente orientato in questa “purificazione” trova ogni giorno non pochi riscontri e conferme desolanti. Devo ammettere che con una certa ingenuità talvolta ho tentato di offrire suggerimenti a qualche sacerdote al fine di migliorarne le celebrazioni. Nulla di più inutile. Ho chiesto di autocoinvolgersi in determinati atti liturgici, ad esempio sostituendo il “Vi benedica Dio Onnipotente” con “Ci benedica…” La motivazione sta nel convincimento che Chiesa è il Po-

polo di Dio in cammino (come insegna il Concilio Vaticano II): pertanto tutti, laici e sacerdoti, abbiamo bisogno della benedizione divina. La risposta di un sacerdote abbastanza giovane mi ha lasciato esterrefatto. Ha subito respinto sdegnato il mio invito, affermando che lui è un “alter Christus” e che con gli altri preti appartiene ad un categoria superiore a quella dei semplici laici. “Noi siamo al livello di Cristo e voi siete al di sotto”. Purtroppo ho la sensazione che si tenti di accantonare in qualche modo la portata del Concilio Vaticano II con un ritorno nostalgico al clima del Concilio di Trento (Vedasi, ad esempio, la reintroduzione della lingua latina nella Messa). Con tono pacato feci presente a quel sacerdote che la liturgia non è un dogma immodificabile: può essere migliorata almeno in taluni aspetti marginali, ma significativi. Questa la sua risposta: “Tutto quello che la Chiesa stabilisce ed ordina va osservato scrupolosamente. Le dirò di più: Io credo al Vangelo solo perché me lo dice la Chiesa”. Non aggiungo altro se non che mi sono convinto che con un clero così “sclerotizzato” ogni cambiamento diventerà impossibile. Sono del parere che la spinta alle riforme debba partire dal “basso” come accadde ai tempi di S. Francesco. Nella piccola chiesa di S. Damiano udì il Crocefisso che gli

AMARCORD E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Silvana GAMBÈRI GALLO

La Chiesa in grave crisi sta per crollare: S. Francesco riesce a sorreggerla proponendo con il suo esempio di vivere una radicale riforma secondo la lettera e lo spirito del Vangelo (Giotto - Basilica di Assisi)

chiedeva: “Va’, Francesco, ripara la mia chiesa che sta andando in rovina”. Oggi, in una simile grave temperie, c’è qualcuno disposto ad imitare, non solo a parole, il poverello di Assisi?

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PELANDRONITE

Periferia... a chi? Dai grani di sale al salto della corda ercorrendo, mesi fa, quel che restava di Piazza Chile nell'attesa del varo del ponte mobile, ho sorpreso la mente in balia di svariati pensieri. Il primo restituiva un film di Jerry Lewis, intitolato "Non abbassare il ponte alza il fiume", e meditavo che spesso la fantasia degli sceneggiatori e' piu' efficace di un piano regolatore. Altri, in sequenza disordinata, mi riportavano una Rapallo anni sessanta, appena tratteggiata, con una gran voglia di ingentilire l’aspetto un po’ provinciale. Ancora un ponte ma solo teorico, breve sospensione tra passato e futuro. Forse perché, giusto li a fianco, in quello che ora si chiama Viale Milano, mi avevano sparato. Circa quarant'anni fa, a grani di sale, come nei libri su Don Camillo. Non ero sola, con me rischiarono la salamoia due compagne di scuola, senz'altro le medie, con cui ci erava-mo arrischiate a razziare alcune meline verdi da un prato. Gia': dove ora svettano quartieri abitati tinteggiati in rosa e azzurro, un tempo c'erano gli orti. E quindi le meline verdi, e i proprietari del terreno e delle meline verdi; nonché di quella doppietta caricata a sale e – apposta o per fortuna – dalla mira scarsissima. Bene,

P

dato che giustificare in casa lo sfregio salino avrebbe rivelato il tentativo di furto (ohibò!) e i proiettili del contadino sarebbero diventati poca cosa. Rapallo cresceva, si espandeva; il fenomeno era iniziato silenziosamente, da anni. Il progresso giungeva furtivo. La nostra prima casa fu in Corso Assereto, in un condominio enorme costituito da tre palazzi, vasi di gerani sui balconi e un portinaio fidatissimo. Nonostante ciò, la matriarca genovese di famiglia storse il naso di fronte a quella sistemazione, definita “di periferia”: lontana (sic!) dalla Cattedrale, una zona già adibita a campi da tennis, roba da parvenu. A raccontarla adesso sembra una battuta, ma solo l’avvento del primo supermercato diede la spallata definitiva alla questione: Corso Assereto divenne “centro”. Testimoni a favore, la vicinanza con l’Ospedale, la stazione ferroviaria e quella dei bus; interessava anche il parco-giochi con trenino (ancora funzionante) e il posteggio auto nella stradina parallela sul retro. L’insieme di delizie venne offuscato – anzi, allagato – poco dopo, quando il torrente San Francesco decise di esondare, e lo fece con una certa autorità.

Ciascuno di noi fissa i propri ricordi, e più sono distanti più succede, con pochi dettagli basilari, scolpiti in forma indelebile. Per me, l’arrivo di quella massa d’acqua nelle strade resta legato a ciò cui assistemmo, sporgendoci dal quarto piano rialzato: in primis banchi e giocattoli del nuovo supermercato, che galleggiavano trasportati chissà dove. A breve, li seguì la Fiat 1200 granluce di mio padre. Grigia col tettuccio bianco, sedili in finta pelle. Irrimediabilmente perduta. Accaddero giorni di fango, e vendite che neanche lo “Sbarazzo” attuale: chi aveva subito danni, cercava di piazzare la merce a costi di realizzo, e molto fece anche la solidarietà popolare. Noi bimbi, investimmo gran parte delle mancette in “gomme-pane” (qualcuno le ricorda?) semidistrutte o quaderni giusto utili per le “brutte copie”, abitudine dignitosa ormai estinta. Poi la vita mi ha separata da lì, in un’altra zona, fra altre mura. Ma la casa di Corso Assereto resta una ferita aperta, mi manca sempre, lei e il suo intonaco seppia; ci penso e canticchio la “Goodbye yellow brick road” di Elton John, addio alla strada dai mattoni gialli legata indissolubilmente agli anni della giovinezza. Al parco in cui ho esibito i peg-

giori rudimenti di lotta per un giocattolo non condiviso, alla pulsantiera di chiamata agli interni dove aspettava il primo boyfriend, e una lavanderia con le luci rosate e l’odore di trielina, e bar in cui ci si dissetava con un ghiacciolo vincendone un altro, se solo fosse apparso quel simbolo sul bastoncino di legno ripulito. Frattanto, ho saputo che il torrente San Francesco da allora borbotta un po’ ma resta calmo, che il distributore di benzina si è riconvertito in posti macchina, e il parco-giochi ha svecchiato qualche elemento ma non demorde: turnover continuo di nuovi bambini, pronti a riempire l’aria di strilli per l’ebbrezza dell’altalena. Ora, se voglio attraversare lì, schiaccio un bottone rosso: il traffico è intenso, arteria portante, non male per un ex quartiere di periferia. Dove una volta le terrazze del palazzone erano grandi, e i pomeriggi andavano trastullandosi con una corda banale, maniglie di legno alle estremità. Certo, per ottenere il giusto effetto – uno salta, due girano l’attrezzo – si doveva essere se non altro in tre. Mai stato un problema, si era in tre anche il pomeriggio dei grani di sale, quello delle meline verdi. Sempre al plurale, mai soli.


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RICORDO O SOGNO? QUANDO... E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Mauro MANCINI

RAPALLIN

“ö Nitto (l ’ätra versciön)“ Ovvero il rovescio della medaglia: un omaggio agli emigranti che non sono riusciti a tornare dai loro cari ö l ’ea partîo sensa ’na palanca, l ’ea zà trent’anni, forse anche ciù; ö nö l ’ea riûscîo a mette ûn citto in banca pe poéisene ûn giorno tornâ in zû ; a rivedde a moae marotta e tanto stanca, ö frae , a sêu , a tomba de sêu poae, a mainn-a, Rolecca, a ciassetta döve ö zêugava tanto da figgiêu. ma ö figgio ö ghe dixeiva: ”nö ghe pensâ, a Rapallo, cöse ti ghe vêu tornâ?” ”ma se ghe penso…” Disegno di Giampietro Pastene

”ö Nitto (l ’altra versione)” era partito / senza una lira, / erano già trent’anni / forse anche più . / non era riuscito / a mettere un soldo / in banca / per potersene un giorno / tornare giù ; / a rivedere la madre / malata e tanto stanca , / il fratello , la sorella , / la tomba di suo padre , / la marina , Rolecca , / la piazzetta dove / giocava tanto / da ragazzo . / ma il figlio / gli diceva : / non ci pensare , / a Rapallo , / cosa vuoi tornare ?” / ” ma se ci penso…”

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”quarche sörvianömme di rapallin” / 6 e Bestie neigre: (le bestie nere), due vecchiette, sarte. ö Vesco: (il vescovo). Celestin: (Celestino), gelateria in via Montebello, famosa per il gelato con le cialde. Agöstin: (Agostino), commissioniere scalzo sul sentiero per Montallegro. ö Sëxia: (la ciliegia), farmacista in via Cairoli. Michelin in te porte: (Michelino nelle porte), panificio in corso Umberto. ö Militto: Costa Emilio, trattoria con gioco da bocce e negozio di granaglie in corso Umberto. a Rûscia: (la russa), forniva acqua alle abitazioni sprovviste. ö Galëa: (il galera), assiduo delle patrie galere. ö Cuiga: (la còtica), Raggio, impresario edile. ö Triccia: vecchietto di Rolecca con l’eterna sua pipa al sole sul lungomare. ö Canfrignin: (cane che frigna, piagnucola), Pietro Devoto proprietario dei bagni Ariston, in ogni discussione pretendeva fosse esclusivamente sua la verità. a Förmagetta: (piccolo formaggio). ö Böggitappi: bolliva i tappi di sughero per recuperarne l’olio e riciclarli. ö Bîa: (la bilia), Boero tassista. i Painte: (i parenti), fratelli Castruccio legna e carbone. ö Ballaben: (il balla bene), ballerino provetto. ö Piccaggetta: (asciugamano, salvietta da cucina). Giöan de bacco: (Giovanni del bastone), Monti Giovanni. ö Pannella: (il castagnaccio). a Dentönn-a: (donna dalla grande dentatura). a Rosa di venti: (Rosa dei venti), ’benefattrice’. Drin da mainn-a: (Andrea della marina), Canessa, negozio di commestibili in via Marsala. Baicin de metemme: Queirolo G.Battista, frantoio e mulino in Località ”Pönte de Mönte”. ö Burasca: Luigi, fruttivendolo del mercato di piazza Venezia, un nome, una garanzia. ö Segnô: (Gesù), Giacomo Valdettaro.

“Pippo” e “Pippetto” - Puntualizzazione... per gli appassionati Caro Direttore, ho letto con interesse la "puntuale" ricostruzione che l'amico Mancini fa delle notti passate insonni a causa della snervante presenza di "Pippo" o "Pippetto" che dir si voglia, nel suo pezzo dedicato all'ultima guerra e intitolato “Quando "Pippo" sganciava le bombe”. Mi permetto aggiungere che quell'aereo non era il solo ma, per tenere svegli e snervare sia i militari addetti all'antiaerea che noi civili; con un minimo dispendio, quattro o cinque ragazzotti pilotavano quegli aerei che poi scoprimmo essere più d'uno.

Partivano da basi in Corsica, ormai in mano agli alleati, e ognuno si faceva un tratto di costa tirrenica non ancora "liberata" così che in pochi ci tenevano tutti svegli. Ogni tanto qualcuno di loro sganciava una qualche bomba, non su obiettivi specifici, ma tanto per non lasciarci mai sicuri che non fossero solo "disturbatori notturni" ma, anzi, possibili pericoli obbligandoci a stare sempre allerta e....svegli. Venivano utilizzati ricognitori per il volo notturno e non facilmente agganciabili dai Radar, anche se all'epoca noi non ne avevamo ma i te-

deschi avrebbero potuti averli. Se l'amico Mancini ricorda, qualche mattina trovavamo la terra ricoperta da striscioline di carta stagnola con il lato opposto coperto di nero che sembrava la allora usata carta carbone. Erano lanci per disturbare i possibili radar ma la gente credeva volessero significare il lutto per la nostra imminente fine. In fine gli aerei utilizzati erano dei ricognitori “De Haviland” più noti come “moschito”. Grazie e complimenti per i sempre interessanti articoli. Renzo Bagnasco


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SOCIETÀ di Elena LAVAGNO CANACARI

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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COSTUME

Vivere la terza età oggi Una stagione di interessi per guardare avanti Italia è vecchia e la nostra Regione non scherza, in quanto è proprio la Liguria con il suo alto tasso di invecchiamento della popolazione a detenere il record di una delle regioni più vecchie del nostro Paese. L' ISTAT, che in questi giorni ha reso note le ultime proiezioni sulla popolazione italiana, rileva che la Liguria, al 31 dicembre 2009, su 60.340.000 residenti in Italia, contava 1.616.000 abitanti, di cui 768.000 maschi e 848.000 femmine, seguendo il trend italiano che vede la preminenza degli abitanti femmine sui maschi. Sempre l'ISTAT rende noto che la popolazione ligure con più di 65 anni di età tocca il 26,8 per cento, contro il 20,2 nazionale; il tasso di natalità è del 7,6 per cento contro il 9,5 nazionale, mentre quello di mortalità è del 13,5 per cento contro il 9,8 per nazionale Nel Tigullio, ed in particolare a Rapallo, la percentuale della popolazione con più di 65 anni, supera il 27 per cento , con oltre duemila ultraottantenni, più di 400 ultranovantenni ed una decina di centenari. Ma chi sono questi “vecchi” di cui tanto si parla, trovando spesso, per definirli, sinonimi e giri di parole quali: “anziani”, “over

L'

Associazione EDITH STEIN Rapallo

65”, “cittadini della terza età” e così via? Cosa fanno, e come vivono la loro stagione della vita? Qualche tempo fa ho letto un articolo dal titolo: “la vita ricomincia a 80 anni” nel quale erano citati ottantenni famosi, potenti, impegnati, o comunque geniali. Persone che si sono inventate una “quarta età” dove tutto è possibile, perchè la loro parola d'ordine è: guardare avanti. D'altra parte un grande luminare della medicina e della chirurgia, il prof. Umberto Veronesi, ha affermato che non esistono anziani, ma soltanto adulti “ over una certa età” che hanno sì superato questa età, ma che non per questo debbono considerarsi condannati al declino fisico e morale, ma anzi possono e debbono avere molteplici interessi, compreso quello di lavorare, di divertirsi, di cercare motivi di aggregazione. L'età quindi non deve essere una discriminante per calcolare l'efficienza e la capacità produttiva di una persona. Quello che conta non è l'età “cronologica” bensì quella “biologica”. Ovviamente questo discorso vale per la persona anziana in buona salute, sia che viva da sola, che si trovi inserita nella famiglia, mentre diverso è il discorso della

COMUNE DI RAPALLO

Accademia Culturale di Rapallo

L’ASSOCIAZIONE CULTURALE EDITH STEIN in collaborazione con

L’ACCADEMIA CULTURALE DI RAPALLO organizza due incontri su:

La musica di Astor Piazzolla SABATO 19 marzo 2011 - ore 15,30

Le melodie di Franz Liszt SABATO 2 aprile 2011 - ore 15,30 Eseguirà brani pianistici il

M° Prof. Eugenio DE LUCA Illustrerà le singole esecuzioni la

Prof.ssa Rosanna ARRIGHI Coordinatrice per le attività culturali del Comune di Rapallo Interverrà il Sindaco

Avv. Mentore CAMPODONICO

TEATRO AUDITORIUM DELLE CLARISSE INGRESSO LIBERO La cittadinanza è invitata ad intervenire

persona con problemi di salute o che sta perdendo in modo irreversibile la sua autonomia. Lo stile di vita dell'anziano di oggi è caratterizzata da un rapporto particolare con il tempo, più dilatato rispetto a quello dei giovani. Le giornate si scandiscono su ritmi lenti, incompatibili con il modo di vivere sempre più frenetico delle persone giovani, costrette a correre, senza mai voltarsi indietro, senza poter scambiare una parola, un commento, e forse nemmeno un sorriso con chi passa loro accanto. L'anziano invece ha la memoria di quello che è stato, ha il racconto del passato da offrire agli altri ed il desiderio di esternarlo e di condividerlo anche con persone che non sempre sono disposte ad ascoltarlo, per mancanza di tempo o indifferenza. Anziano dunque come memoria storica, come testimone del nostro passato, come tesoro da riscoprire in questa società che proprio lui ha contribuito a costruire con il suo lavoro ed i suoi sacrifici. Anziano come voce della saggezza e della verità, e ben lo sapevano gli INDU che consideravano la vita divisa in tre età: l'infanzia, l'età del matrimonio e della vita attiva, e l'età del pellegrinaggio. La prima era l'età dell'apprendimento, la seconda dell'azione creativa e la terza era quella del pellegrinaggio per insegnare ai giovani quanto imparato con l'esperienza e con il lavoro. Ciascuna vita passava alla successiva il proprio patrimonio: l'infanzia la speranza, l'età matura la sicurezza e la vecchiaia la saggezza. Ma tanti sono i temi che si possono toccare parlando dell'anziano, temi che fino a pochi anni fa non sarebbero stati nemmeno presi in considerazione: il divertimento, lo sport, il turismo, la cultura. L'anziano infatti vuole curare e mantenere efficiente il suo fisico, coltivare molti interessi, cercare motivi di aggregazione, divertirsi, fare viaggi e partecipare alla vita culturale della sua città. Proprio per questo la città deve predisporre strumenti validi per soddisfare le esigenze della popolazione anziana, strumenti che sovente

mancano o sono insufficienti e costringono l'anziano a vivere in quella solitudine silenziosa che spegne la vitalità fisica e mentale. L'anziano deve stare con la gente, non deve essere lasciato solo. Dicono bene gli americani con la frase “People need people“ (la gente deve stare con la gente), perchè questo crea quella specie di simbiosi tra giovani, meno giovani ed anziani, che potenzia le capacità mentali, riduce le malattie e prolunga la giovinezza. Per questo noi riteniamo che l'anziano debba restare nella sua famiglia, nella sua casa; per questo pensiamo sia necessario che le istituzioni debbano aiutare in primo luogo le famiglie, con interventi mirati in quei casi in cui è la famiglia a prendersi cura dell'anziano, compito che molto spesso è delegato alle donne . Quest'ultime infatti, tra i molteplici impegni, tra i doppi e tripli ruoli che vivono giornalmente, hanno sovente anche quello della cura degli anziani di casa. Comprensione ed aiuto, dunque, per queste persone, che assolvono un compito di altissimo valore umano e sociale. La nostra Città, nell'ambito dei servizi di assistenza sociale, si prodiga in uno sforzo notevole a favore degli anziani, pur nella ristrettezza dei mezzi a disposizione causati dai tagli alle risorse di provenienza statale per la sanità e per il sociale. Nell' “AREA ANZIANI” gli interventi comunali sono realizzati con l'obiettivo di consentire agli anziani di rimanere il più a lungo possibile nel loro ambiente, in condizioni di autonomia anche parziale e di benessere psicofisico e sociale, attraverso uno stretto lavoro di collaborazione tra Servizi Sociali, il servizio di Assistenza Domiciliare dell'ASL e le Associazioni di Volontariato. Inoltre è garantito un Servizio di Pasti a domicilio. Preciso e puntuale il servizio reso dai Servizi Sociali per assistere i cittadini, specie i più anziani, per consulenze, domande di contributi, informazioni varie. I nostri “over“, dunque, debbono avere la certezza di non essere lasciati soli.


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CINEMA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Renato VENTURELLI

CIAK

I migliori film del 2010 Una conferenza del critico cinematografico di “La Repubblica” di Genova nell’ambito degli Incontri Letterari della Biblioteca Internazionale di Rapallo, 22 gennaio 2011. uest’anno niente classifica. Mancavano i film da podio, quelli che marcano una stagione e che mettono tutti, o quasi, d’accordo. Quelli insomma che un anno fa erano Gran Torino di Eastwood, Bastardi senza gloria di Tarantino, Vincere di Bellocchio (non a caso risultati poi ai primi posti anche nella classifica di fine anno dei “Cahiers du cinéma” e di tante altre riviste). Ci sono stati però molti film buoni e importanti. Cominciamo dal cinema italiano, che ha vissuto un 2010 indimenticabile dal punto di vista economico: deprimente per via dei pesantissimi tagli governativi, che si faranno sentire nei prossimi anni (oh, se ce lo ricorderemo); esaltante al box-office, per merito di prodotti che saranno discutibili sul piano della qualità, o forse più banalmente del cosiddetto buon gusto, ma che garantiscono la sopravvivenza di un’industria del cinema, il lavoro e la crescita di registi, attori, maestranze. Quattro i film scelti: - La prima cosa bella di Paolo Virzì, perché sappiamo che è l’unico erede della grande stagione della commedia italiana (lo dicono tutti), e perché ha realizzato uno dei suoi film di maggior spessore narrativo, anche se la Sandrelli fa un po’ troppo la Sandrelli e pure la Ramazzotti fa un po’ troppo la Sandrelli e insomma c’è un po’ troppa autoconsapevolezza, al punto da citare Dino Risi, cosa che Dino Risi non avrebbe mai fatto: ma è un buon film. - L’uomo che verrà di Giorgio Diritti, perché affronta un argomento rischioso come l’eccidio di Marzabotto, e riesce a farlo in modo persuasivo: adottando il punto di vista dei contadini, magari guardando strabicamente un po’ alla sacralità di Olmi e un po’ alla nostalgia sentimentale di Avati, prima di cedere nel finale a una voglia incontenibile di grande metafora; - Io sono l’amore di Luca Guadagnino,

Q

perché è un film che prova sempre un linguaggio diverso e personale, inseguendo il nuovo pur restando sul filo dell’esercizio di stile: a volte lo trova, a volte no, ma è un cinema di ricerca ed è già molto; - Noi credevamo di Mario Martone, lanciato in pompa magna a Venezia, distribuito malamente, difeso a sorpresa dal pubblico: un film che parla del Risorgimento guardando anche all’Italia di oggi, ma soprattutto un film che non cade mai – nonostante quanto s’è detto – nella banalità da sceneggiato, mantenendo sempre nel gesto netto di regia una tensione concettuale. Sul versante del cinema in trasformazione, lungo la soglia delle grandi rivoluzioni tecnologiche che saranno forse anche rivoluzioni di linguaggio, fra 3D, digitale e animazione, emergono due film di grande industria ma anche di ottima riuscita: - Avatar di James Cameron, unico film a sperimentare davvero le tre dimensioni, con tutta la qualità plastica e visiva del suo autore, e con un’aperta riflessione sul cinema come rifondazione dello sguardo ripartendo dalla meraviglia mélièsiana; - Toy Story 3 della Pixar, film d’animazione di godibilissima fluidità e inventiva, piccolo prodigio d’intrattenimento e di memoria degli antichi generi hollywoodiani da non confondere con altri cartoon ricchi e mediocri di stagione. Dalla Francia, poi, insieme alla tristezza per la morte di Rohmer e Chabrol (il suo ultimo film, Bellamy, è uscito da noi direttamente in dvd, vergogna!), almeno quattro buoni film: - Gli anni folli di Alain Resnais, per la gioiosa libertà di scrittura nel celebrare i capricci del desiderio, la sua capacità di aprirsi sempre e comunque una strada come fanno nel selciato “les herbes folles” del titolo originale, a patto ovviamente di sopportare la

Noi credevamo

poco sopportabile Sabine Azéma; - Uomini di Dio di Xavier Beuvois, che ignora la discussione ideologica su religioni e integralismi per guardare al fondo morale della vicenda, che ci racconta con un linguaggio solidamente classico e con un grande Michel Lonsdale; - Il profeta di Jacques Audiard, provocatoria e beffarda storia di formazione nel solco del miglior cinema “nero” francese: una storia tutta ambientata all’interno di un carcere, dove il protagonista entra come una nullità ed esce come boss, trionfante e al tempo stesso quasi schiacciato dalla sua nuova appartenenza; - Lourdes di Jessica Hausner, uno dei film in assoluto più originali della stagione, con la sua protagonista inferma che si ritrova ad occhi sgranati davanti al miracolo: personaggio capace di restare ambiguo, toccante e in fondo imperscrutabile fino all’ultima riuscitissima sequenza. Infine, tre film che segnano tre diverse personalità autoriali: - L’uomo nell’ombra di Roman Polanski, ennesima reincarnazione dei suoi inquilini del terzo piano: un film che ripercorre con efficacia e bella capacità inventiva, anche se senza autentiche novità, l’intera opera del regista a partire dalle immagini livide e dalla cupa drammaturgia dei tempi di Cul de sac; - Il tempo che ci rimane di Elia Souleiman, dove la tragedia palestinese viene raccontata con umorismo tragico e acre, senza patetismi né cadute nel “cinema di denuncia”, guardando un po’ a Keaton e un po’ a Ioseliani, esempio di un cinema aristocratico anche nel suo procedere quasi per vignette;

The Social Network

- The Social Network, dove David Fincher parte da uno smagliante linguaggio classico per raccontarci un nuovo mondo della comunicazione, della parola e delle relazioni umane, affidandosi a strumenti che restano sempre schiettamente cinematografici. Forse il film più significativo dell’anno, non necessariamente per la qualità, ma per il modo in cui cerca di confrontarsi col nuovo. Con qualche assenza dolorosa: Lo strano caso di Angelica di Manoel de Oliveira, che da noi non è stato distribuito nelle sale ma per fortuna è almeno già passato in tv. O The Town di e con Ben Affleck, perché polizieschi così – con una semplice e piana intelligenza di cinema – dovrebbero uscirne a decine in una stagione. E con altre assenze in diverse misure non casuali: dal vincitore di Cannes (il pur notevole Lo zio Boonmee… del thailandese Apitchapong Weerasethakul) al vincitore di Venezia (Somewhere di Sofia Coppola, così imitazione del film indipendente Usa), dall’ambiziosa macchina spettacolare dell’Inception di Christopher Nolan alle metafore fin troppo esemplari del Jason Reitman di Tra le nuvole (dove però c’è pur sempre George Clooney), dall’Oscar straniero 2008 Departures (giapponese) all’Oscar straniero 2009 Il segreto dei suoi occhi (argentino). Su tutti questi, e tanti altri ancora, la discussione è più che mai aperta.

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CINEMA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Luciano RAINUSSO

AL CINEMAin

Ho il sospetto di aver passato la vita guardando un lenzuolo bianco sopra un muro, voltando le spalle alla realtà.

diagonale

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Morando Morandini, critico cinematografico.

Un altro mondo di Silvio Muccino

Seconda regia del fratello minore di Gabriele, cineasta che gira film con una certa continuità ad Hollywood. Lʼopera dʼesordio del giovanissimo Silvio dietro la macchina da presa non fu delle più felici. (Si trattava di Parlami d'amore, sull'incredibile guerra amorosa tra un ragazzo e una donna matura entrambi segnati da traumi psicologici). Molto più riuscito il film attuale con cui il regista ha preferito evitare il tema degli scontri tra persone incapaci di amarsi, per descrivere un altro inferno: quello dell'Africa invivibile. Siamo in Kenia e il protagonista (lo stesso Muccino) vi giunge chiamato dal padre morente, scomparso quando lui era piccolo. Vuole chiudere in fretta con il suo passato, ma trova un fratellino di colore senza più genitori e deve portarselo in Italia. La vita in casa non sarà facile per nessuno. C'è una buona dose di furbizia nel film, ma gli sviluppi della vicenda persuadono, il disegno dei personaggi non risulta affatto rudimentale e i paesaggi africani non sono cartolineschi. Muccino ha momenti intensi e Isabella Ragonese è particolarmente brava come sua compagna. Infine, Greta Scacchi. Un tempo star di luminosa bellezza, ora è un'ammirevole signora altolocata che rimedia al suo gelo di madre, firmando congrui assegni al figlio.

Stanno tutti bene di Kirk Jones Robert De Niro nel ruolo che fu di Mastroianni nell'omonimo film diretto da Giuseppe Tornatore vent'anni or sono. Un remake, dunque, come vuole una moda sempre in auge oltreoceano. Va subito detto che De Niro è molto più convincente di quanto non fosse il nostro attore nel ruolo di un anziano padre alla ricerca dei figli sparsi per la penisola. Adattata alla realtà americana, la vicenda mette in risalto un notevole squallore esistenziale. Il protagonista è un operaio in pensione e vedovo, malfermo in salute, avendo maneggiato per anni cavi aerei ricoperti di cloruro di polivinile. Affronta lunghi viaggi in treno per raggiungere i figli, dopo che essi hanno fatto a gara per declinare l'invito ad una riunione nella casa paterna. Li troverà come non immaginava che vivessero (uno è addirittura in prigione per droga) e scoprirà di non aver mai avuto un vero dialogo con loro. (Ma, si sa, sulla utilità e possibilità di un simile dialogo sono state consumate montagne di penne biro). Il film ha una buona struttura, non indulge ad effetti elegiaci e non risparmia amarezze. De Niro, lo si è detto, vince ai punti, rinunciando alle smorfie cui ama affidarsi da qualche tempo. Ben gli figura accanto Drew Barrymore (è la figlia senza casa). Nipote di grandi attori del passato, ha cominciato in cinema da ragazzina, interpretando il celeberrimo E.T.

La versione di Barney di Richard J. Lewis Forse è il massimo che si poteva ricavare dal famoso romanzo di Mordecai Ritcher, edito nel 1977. Un romanzo di culto, vulcanico, anticinematografico per eccellenza, giustamente definito "la summa della più rigogliosa mancanza di rigore". Ci vollero quindici anni perchè trovasse la strada dello schermo, un buon numero di sceneggiature e una combinazione produttiva che ha coinvolto anche l'Italia. (Per questo il soggiorno parigino presente nel libro si è trasformato in una vacanza romana). Dubbi si erano avuti su chi avrebbe curato la regia, noto soltanto per aver diretto un filmetto di poco conto: Poliziotto a quattro zampe, con James Belushi e un cane, passato direttamente in televisione. In cinema, però, accade ancora qualche miracolo. Detta alla bersagliera, il film sunteggia quarant'anni di vita di Barney, ebreo dissipatore, scrittore e produttore di sit-com, sospettato di aver soppresso una delle sue tre mogli e un amico di bevute. Sfoltendo e risfoltendo, s'impreziosisce in tre capitoli di alto valore: il pranzo delle seconde nozze del protagonista, la morte del padre avvenuta in un postribolo, egli ultimi giorni di Barney, vittima del morbo che uccide la memoria. Manca quasi del tutto la feroce autoironia che invade, a valanga, le pagine del libro, ma c'è la straordinaria prova di due veri "mostri": Paul Giamatti e Dustin Hoffman (nell'ordine, Barney e il padre) i quali meriterebbero tutti gli Oscar e i Golden Globe di questo mondo.

Che bella giornata! di Gennaro Nunziante Il cinema Italiano da ridere va a gonfie vele. Da sempre, per la verità, oggi però più che mai. Incassi da record per quest'altro film della coppia Zalone-Nunziante, che ha lasciato al palo persino Avatar, il cui esito commerciale era già di per se favoloso. A vederlo, può divertire, sebbene non abbia la forza graffiante delle commedie che nascono dall'osservazione della realtà. Potrebbe essere accattivante il personaggio creato da Zalone, messo alla berlina per la sua inadeguatezza e stupidità. (Addetto alla sicurezza, non combina che guai; di scorta alla Madonnina milanese, s'innamora della graziosa islamica intenzionata a farla esplodere...). Ma si tratta di un personaggio senza spessore, buono per sketch televisivi, allungato per il grande schermo. Al centro delle situazioni, ne determina le conseguenze, anzichè subirle, come hanno insegnato i grandi comici del passato. Zalone e regista stanno lontani dalla volgarità dei cine-panettoni (e di questo bisogna dar loro atto), ma rimangono nell'ambito di un cinema senza pretese, che vuole far ridere. E oggi, purtroppo, si ride anche di niente.

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Tunnel: le ragioni del “no” e i finanziamenti che mancano (di cui noi demmo notizia quattro anni fa...) Sull’ipotesi di tunnel “Rapallo-Santa”, il Comitato Antitunnel Sammargheritese (che fa capo all’associazione “Gente di Liguria”) desidera ribadire e rammentare la precisa volontà popolare cittadina, espressa attraverso una pubblica petizione massicciamente firmata nel 2004 e riconfermata ancora di recente attraverso chiare prese di posizione di partiti e movimenti politici cittadini, nonché associazioni di categoria, di assoluta contrarietà ad ogni eventuale “uscita” dell’ipotetico tunnel nel territorio di S. Margherita Ligure. Alla luce altresì della conferma delle notizie circa la mancanza di fondi, a seguito dello storno del finanziamento (sin dal febbraio 2007), la prevista riunione sul tunnel potrebbe rivelarsi inutile ed infruttuosa se non saranno affrontate altre soluzioni alternative condivise, immediate e di facile e non costosa attuazione. Si sottolinea tuttavia il fatto che la notizia circa la non disponibilità dei finanziamenti fu, a suo tempo, comunicata dal giornalista Raffaello Uboldi (Presidente dell’Associazione Internazionale “Amici del Monte di Portofino”) dopo un importante incontro con l’allora Ministro dei Lavori Pubblici avvenuto addirittura nel novembre 2006. Tuttavia la notizia venne volutamente “sottovalutata”, forse perché si considerava la

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fonte di informazione (nostra) troppo di parte. A distanza di anni, i fatti ci hanno dato ragione. Se gli enti preposti avessero accertato la fondatezza di quanto comunicato da noi e dal giornalista Uboldi, si sarebbe risparmiato tempo prezioso da dedicare alla ricerca di altre soluzioni alternative. Da parte di Regione, Provincia e Comuni sarebbe bastata una semplice telefonata al Ministero per avere conferma di quanto da noi sostenuto. Questa inerzia spiega, tuttavia, in maniera chiara a noi e ai cittadini quanto il tunnel “Rapallo-Santa” rappresenti un falso problema, da sbandierare periodicamente per distrarre l’opinione pubblica dai reali problemi di viabilità e di inquinamento. P. Comitato Antitunnel Sammargheritese Il coordinatore: Marco Delpino

Tunnel Santa/Rapallo 2

Egregio Direttore, Viaggiando verso Roma, ho notato che all’altezza di Grosseto vi sono ben quattro uscite autostradali: Grosseto Nord, Grosseto Est, Grosseto Centro, Grosseto Sud. La città maremmana ha 80.000 abitanti (2010), più o meno quanto ne ospita Rapallo in estate, nei weekends e forse anche nei giorni feriali prendendo atto dell’incredibile capacità di gonfiarsi e sgonfiarsi durante e dopo le ore di punta. Rimanendo in Liguria, persino Imperia (42.000 ab.) e Sanremo (55.000 ab.) hanno due caselli ciascuno. Ed eccoci alle domande. - E’ possibile conoscere i motivi politici o tecnici che peAssociazione Culturale nalizzano la nostra città costretta ad assorbire nel suo unico casello il traffico di chi lavora, risiede o comunque si muove, per un motivo qualsiasi, da/per Zoagli, RaSABATO 12 MARZO pallo, S. Michele, S. Margheore 16,30 Villa Queirolo rita, Portofino, Ruta e una Conferenza Dott.ssa Raffaella Saponaro parte di Camogli? Abbiamo Monti Bragadin o no il diritto di conoscere i "GENOVA E IL RISORGIMENTO" risultati delle centraline del Seguirà cena facoltativa con prenotazione gas poste da anni come “prese per il c...” in Via MaSABATO 26 MARZO meli? Oppure dobbiamo riore 16,30 Villa Queirolo battezzarla Via Mauthausen Conferenza Ing. Vittorio Mizzi rassegnandoci alle conse"SAN MICHELE NELLE FAMIGLIE guenze di quel tristissimo riNOBILI DELL’ANTICHITÀ” cordo? Prima di promettere Seguirà cena facoltativa con prenotazione costosissimi e irrealizzabili tunnel corti o lunghi, non poMERCOLEDÌ 30 MARZO trebbero i nostri rappresenGITA CULTURALE tanti regionali, provinciali e comunali studiare soluzioni

Caroggio Drito

Invitiamo i lettori a volerci segnalare suggerimenti, problemi. Pubblicheremo le vostre istanze, raccomandandovi la brevità dei testi per evitare dolorosi tagli.

Scriveteci a Redazione “IL MARE” via Volta 35 - 16035 Rapallo - E-mail: rapallonotizie@libero.it

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più semplici come quella di suddividere l’asse principale del traffico rivierasco in diversi segmenti: Tigullio Ovest-Tigullio Centro-Tigullio Est? La ringrazio per l’ospitalità. C. Zagallo

Tunnel Santa/Rapallo 3 Gentile Redazione, Cinque Sindaci della Fontanabuona per sollecitare i fondi necessari a realizzare il traforo Cicagna-Rapallo, si mettono in posa, in giacca e cravatta, ma restano.. in mutande, per il Calendario del Comitato ProTunnel. Considerando che la A12 (la chiamano autostrada "azzurra", ma sarebbe più corretto chiamarla "Autostrada intasata") si saturerebbe ancor più con la facilitata presenza dei fontanini, inizialmente ero contrario a questo tunnel. Ma all'inaugurazione del nuovo Ospedale rapallino, ho dovuto ricredermi. Il perchè è facilmente intuibile. A quando la "sbracatura" dei Signori Campodonico e De Marchi, Sindaci delle due Perle del Tigullio da collegare a mezzo tunnel, con analogo auspicio? Cordialmente, Luigi Fassone, Camogli

Pulizia a Santa Maria Caro Direttore, Martedì scorso alle 11 del mattino attendevo un amico a Santa Maria in Piazza Canepa, dove sostano i bus. E' importante puntualizzare il giorno perchè l'attività cittadina, dopo il “Lunedì part-time” avrebbe dovuto essere ripresa appieno. Il raccoglitore dei rifiuti occasionali vicino alla zona d'attesa dei bus era ancora stracolmo di rifiuti; la "saletta" d'attesa, come sempre, arrugginita, sbilenca e con i vetri, quelli non rotti, imbrattati dai soliti idioti quando non verdastri dalle muffe accumulatesi nel tempo e mai lavate. Sporcizia dappertutto per non parlare di quella al di fuori del contenitore traboccante di rifiuti sparpagliati per terra. Uno schifo vero e proprio. Nel frattempo sono passati tre automezzi per la nettezza urbana, un autoscopa e un mezzo più piccolo con tramoggia ribaltabile, tutti della nuova Società che dovrebbe pulire. Nessuno però si è fermato. E di lì passano chi va a giocare a tennis, chi al galoppatoio di valenza nazionale, chi all'importante Azienda Floricola e chi per proseguire. Santa Maria non fa più parte di Rapallo o è Rapallo che se ne frega di lei? L’Assessore ogni tanto non potrebbe fare un giro anche nelle frazioni? Grazie e cordialità. R.B.

Ferramenta al sabato Gentile Direttore, da anni abito a Rapallo ma non sono ancora riscito a spiegarmi perchè al sabato, giorno in cui ci si dedica ai lavoretti di casa o si inizia preparare la "casa" per l'estate, i ferramenta e gli altri negozi che vendono oggettistica di casa (negozi della plastica, chiavi e serrature, ecc) sono chiusi. Non è che il nuovo diret-

Via Zunino 3 - ZOAGLI

Musica Live MARZO - ore 22

5 12 19 26

Livio Guardi Cesare Carugi Mandolin Brothers Enrico Mantovani + Max Gabanizza

APRILE - ore 22

2 Miami & The Groovers 9 Sumbrellas 16 Fabrizio Poggi &

Chicken Mambo tivo dei Commercianti intenda venire incontro alle esigenze dei cittadini? Cerchiamo di rendere Rapallo una città turisticamente accogliente. Grazie e cordiali saluti, Bareno

Strettoia di San Michele Egregio Direttore, leggo sui vari quotidiani e nelle dichiarazioni virgolettate dell’Assessore regionale Marilyn Fusco che il condominio Arcadia a San Michele sarebbe una villa. Pare quantomeno strano che nessuno le abbia riferito che in realtà è un edificio condominiale come testimoniano i nove campanelli di altrettanti appartamenti. Che risalga a fine ottocento e che sia una facciata di interesse per le Belle Arti è altrettanto notorio. Peccato che tutti se ne siano accorti solo ora, visto lo stato di degrado in cui il palazzo è stato lasciato per decine di anni, senza che nessuno abbia mai denunciato quello scandalo. Così come è stato vergognosamente coperto da diversi anni con la riproduzione della facciata attraverso un telone parzialmente coperto da una grande pubblicità. E non parliamo dei tubi Innocenti che continuano ad avvolgere lo storico palazzo. Ora tutti si fasciano la testa. Cordiali saluti. P.C.


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Associazione Culturale A COALINN-A E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

LETTERE E NOTIZIE

Il proverbio del mese

13 MARZO - ore 16,30 CASA DEL MARE DI SANTA MARGHERITA Conferenza di Emilio Carta e Carlo Gatti su "Liberty. Le navi che prima vinsero la guerra e poi la pace"

De Marso, chi n'ha scarpe vadde descäso, (aä con la dieresi) ma chi ghe l'ha no e lascie in cà Di Marzo, chi non ha le scarpe vada scalzo, ma chi le ha non le lasci a casa di Renzo Bagnasco

Gargantua

19 MARZO Spettacolo musicale sulla Costituzione italiana del magistrato Giuliano Turone per informazioni 0185-281945

Entro il mese di marzo Visita accademia di Livorno in collaborazione con il Lyons di S.Michele di Pagana. Per informazioni dopo il 10 marzo 0185-281945

MARZO

Pesce Finto

INGREDIENTI: 4 patate medie, 200 gr di tonno sott’olio, un po’ di sottaceti, 2 cucchiai di olio extravergine, 4 cucchiai di maionese e sale ESECUZIONE: lessare le patate, pelarle e passarle al passaverdure; miscelarle al tonno ben sgocciolato e a qualche sottaceto sminuzzato. Condire con l’olio, un pizzico di sale e amalgamarvi la maionese; versare il tutto nel piatto da portata e dargli la forma di un pesce. E’ un antico piatto della Val Polcevera, ottimo come antipasto se servito freddo

Bancarelle di beneficenza nella sede dei Volontari del Soccorso La bancarella di Natale per beneficenza è nata grazie a un’idea di Daniela Castagneto (mamma che fa parte dei Volontari del Soccorso di S.Anna) e di Antonella Cavagnaro (maestra della Scuola Materna Pascoli). Insieme con loro Cinzia Fazzini ha coinvolto altre mamme, in modo da garantire la presenza costante per tutto il periodo prenatalizio, davanti all'uscita delle Scuole Elementari e Materne del Circolo Didattico di Rapallo. Alla bancarella con un'offerta libera si potevano acquistare oggetti di vario tipo, fasciati e decorati come agende, ricettari, scatole e rubriche. C'erano anche palline natalizie preparate con la tecnica del decoupage, presepi in miniatura creati, con maestria e bravura, da una nonnina di ottant'anni, piccoli giocattoli donati dai nostri bambini, fiori artificiali, fatti con perline o altro materiale di recupero, cassette VHS, animali di peluche... La bancarella è stata ospitata anche nella sede dei Volontari del Soccorso di Sant'Anna. In totale sono stati raccolti 1.750 euro così suddivisi: 300 euro AIMA (Associazione Italiana Malattia di Alzheimer) Tigullio, 700 euro AISJAC (Associazione Italiana Sindrome di Joubert e Atassie Congenite), 300 euro Missione in Africa (su segnalazione di urgenza da parte di una maestra), 450 euro Associazione BAND BAND dell'Istituto Gaslini di Genova

2011

CASARZA LIGURE Via Annuti 40 (Croce Verde) Apertura: Martedi ore 12

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Marzo

Giorno Venerdì Domenica Sabato Lunedì

Lunazioni, Stagioni e Segni Zodiacali

Ora.min. Descrizione 04 13 19 21

21:46 00:45 19:10 00:21

Sabato 26 Domenica 27

13:07 02:00

Spazio Aperto di Via dell’Arco Associazione di Promozione Sociale

27 MARZO - ore 16,30 HOTEL TIGULLIO ET DE MILAN Conversazione sulla poetica di Vincenzo Cardarelli di Lisa Pesatori

MESE

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Luna Nuova: 13A Lunazione dell’Occhio dischiuso Primo Quarto Luna Piena Il Sole entra nel segno dell’ARIETE Equinozio di Primavera Ultimo Quarto Inizia l’ora Legale Estiva: alle 2 si portano gli orologi avanti di un’ora

MERCOLEDÌ 2, ore 16.00 Riflessioni sulla terza età Il film “Una storia vera” di David Lynch – 1999 [RISERVATO AI SOCI] a cura di Carlo di Francescantonio, scrittore SABATO 5, ore 16.00 Passeggiate nel Tigullio Di piazza in piazza: la movimentata storia dei monumenti di Santa Margherita Alessandra Molinari, storico dell’arte SABATO 12, ore 17.00 Fryderyk Chopin, il poeta del pianoforte La vita e le opere a cura di Raffaella Saponaro e Michele Trenti, direttore d’orchestra MERCOLEDÌ 16, ore 16.00 Un decennio tumultuoso Il film “Un tè con Mussolini” di Franco Zeffirelli – 1999 [RISERVATO AI SOCI] a cura di Maria Grazia Bevilacqua Pelissa, giornalista SABATO 19, ore 16.00 Dietro le quinte dell’Unità d’Italia Diplomazia segreta e moti popolari: da Bronte al Garigliano analisi e riflessioni di Vittorio Civitella, saggista e ricercatore storico SABATO 26, ore 16.00 Salotto Lirico Sammargheritese: Voce di Primavera La natura in musica recital del soprano Palma Baccari; presentazione e pianoforte, Marco Ghiglione MERCOLEDÌ 30, ore 16.00 Non sempre esiste una “giustizia divina” Il film “Match point” di Woody Allen – 2005 [RISERVATO AI SOCI] a cura di Maria Grazia Bevilacqua Pelissa, giornalista


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