Il Mare Eco del Golfo Tigullio 2/2012

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CINEMA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

Quando scrivo, prima di tutto penso a quel lettore che io stesso sarei se non fossi un recensore.

di Luciano RAINUSSO

AL CINEMAin

diagonale

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Roberto Escobar

This must be the place di Paolo Sorrentino Il ventaglio segreto di Wayne Wang

Sul piano europeo Sorrentino è sicuramente uno dei cine-autori di maggior talento. (Basti pensare, tra i suoi film, a Il divo, convincente affresco surreale sulla nostra prima Repubblica, con al centro Giulio Andreotti, mostro politico). Con questa nuova opera, il quarantunenne regista napoletano si affianca ai colleghi che non si sono lasciati sfuggire lʼoccasione di realizzare un film in terra americana. (Tra costoro spicca Michelangelo Antonioni, il quale, negli USA, girò Zabriskie Point, indimenticabile pellicola sulla contestazione giovanile). E, come Antonioni, Sorrentino è riuscito a filtrare, attraverso la propria percezione di autore, particolarità e stilemi di un cinema arduo da affrontare per uno straniero. Il risultato è questʼopera matura e nuova, sia nella forma sia nei temi, accostabile in qualche modo al citato film di Antonioni, nonché a quel Paris Texas, di 30 anni fa, in cui il tedesco Wim Wenders raccontò il vagabondare di un uomo abbandonato dalla moglie. Allʼottima riuscita dellʼopera ha contribuito lʼestroso Sean Penn nel ruolo del protagonista: un ex rocker indolente e malandato che, alla morte del padre, reagisce realizzandone una ossessione: rintracciare e punire lʼaguzzino nazista che lo aveva umiliato in un campo di concentramento di Germania.

Quando la notte

di Cristina Comencini

Una lei e un lui tra le montagne della Val dʼAosta. Lei, una mamma con figlioletto difficile che non le da requie; lui, una guida alpina, scontroso oltre ogni dire, guastato da un doppio abbandono: dalla madre prima, dalla moglie poi. Giacché la donna ha preso casa per le vacanze presso di lui, i due si scrutano, diffidenti e curiosi. Un incidente (ma forse si tratta di qualcosa di più) capitato al bambino dà luogo al loro incontro, con prevedibile, conseguente relazione amorosa. Questa, in poche parole, la vicenda del nuovo film della Comencini, regista da sempre attenta ai temi della famiglia, alla vulenrabilità dei sentimenti. (Tra i suoi film, il migliore è forse Matrimoni, una garbata commedia corale che spezzava più di una lancia a favore dellʼadulterio, visto addirittura come una terapia). La traduzione in immagini del romanzo della stessa regista è abbastanza felice; funziona nel descrivere le asperità del nuovo rapporto dei protagonisti, almeno per buona parte del film. I personaggi hanno una loro corposità, reazioni e sentimenti veri, ben resi dagli interpreti: Claudia Pandolfi, alla sua prova più matura, e Filippo Timi che potrebbe essere il migliore dei nostri attori, se evitasse certi eccessi espressivi.

Film cino-americano firmato da un regista di origine hongkonghese, in cinema da ventʼanni, noto in Italia per alcuni film importanti. (Si ricorda, in particolare, The center of the World, girato negli USA: una spregiudicata commedia sulla vacanza a Las Vegas di un giovane informatico con una ballerina di lapdance, noleggiata per lʼoccasione). Ora, è la volta di due ragazze cinesi legate da un giuramento particolare, vissute in un lontano passato, vittime di un orrendo rituale (quello dei piedi mantenuti piccoli, per un motivo di perverso piacere maschile). In più, per analogia, lʼamicizia di altre due giovani cinesi di oggi, una delle quali potrebbe essere lʼautrice del libro da cui il film è desunto. Per la verità, lʼintreccio è piuttosto criptico, a causa della continua alternanza tra passato e presente. Ma il film ha una tessitura che, per i suoi toni lirici e dolenti, coinvolge non poco. Attrici di ottima resa. Una di esse, la splendida Bingbing Li, è tornata recentemente sui nostri schermi con Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma, geniale film dʼazione cino-hongkonghese. (Vi interpretava unʼaffascinante donna-soldato al servizio della prima imperatrice cinese).

Il cuore grande delle ragazze di Pupi Avati

Il consueto film del settantaquattrenne regista bolognese: evocativo, svagato, crepuscolare, quasi mai del tutto apprezzato dalla critica. Qui, sullo sfondo della campagna emiliana degli anni Trenta, si racconta di un figlio di mezzadro che sʼinnamora della figlia di un possidente, venuta da Roma, e vuole sposarla a tutti i costi. Siamo un poʼ dalle parti di Renzo e Lucia. Tra molto favolismo e poco sarcasmo, le situazioni sanno di sana pazzia. (Indovinata la lunga ricerca di un prete disposto a unire in matrimonio i due sposi, seguiti dal corteo di parenti ed amici), È ovvio che la cerimonia si farà, ma la notte di nozze riserva una sorpresa, a causa del neo-marito, innamorato sì... ma delle donne. La vicenda ha qualcosa di vero, dal momento che Avati ha voluto raccontare una storia riguardante i suoi nonni. Un poco di asprezza in più e qualche bozzetto meno facile e avremmo avuto un piccolo gioiello. Al centro, in una prova di sostanza, Cesare Cremonini, ex leader dei Lunapop, e Micaela Ramazzotti, forse la nuova Monica Vitta, stando ad Avati. Intonata allʼatmosfera retrò del film la partitura musicale di Lucio Dalla.

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