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Tariffa R.O.C. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) - art. 1, comma 1, DCB Napoli - ANNO X - N. 9 - Settembre 2014 - Costo singola copia € 2,50

PORTO diporto & IL MAGAZINE CHE APRE IL PORTO ALLA CITTÁ

“Il mare si ammala ma non muore”

ISTITUTO ITALIANO di NAVIGAZIONE

navigazione marittima aerea terrestre e spaziale


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sommario / porto&diporto IN ESCLUSIVA

Interviste a: Antonia Autuori, Luca Becce, Vittorio Damonte, Orazio De Nigris, Corrado Donà, Antonio Fasolino, Giuliano Gallanti, Francesco Saverio Lauro, Alfredo Malcarne, Marco Mandirola, Nereo Marcucci, Giampaolo Naronte, Massimo Perotti, --------Interventi di: Mariella Bottiglieri, Giovanni Caprino, Rodolfo de Dominicis, Cinzia Franchini, Riccardo Genova, Emanuele Grimaldi, Umberto Masucci, Alberto Moroso, Sergio Passariello, Stefania Ricco Anno X - N°9 - settembre 2014 Direttore responsabile Antonio De Cesare Direttore editoriale Maurizio De Cesare Hanno collaborato a questo numero: Mariella Bottiglieri - Cosimo Brudetti Eduardo Cagnazzi - Giovanni Caprino Fabrizio De Cesare - Rodolfo de Dominicis Adele Delle Fave - Cinzia Franchini Riccardo Genova - Giovanni Grande Emanuele Grimaldi - Patrizia Lupi Paola Martino - Umberto Masucci Matteo Martinuzzi - Alberto Medina Italo Merciati - Stefano Meroggi Andrea Moizo - Alberto Moroso Sergio Passariello - Stefania Ricco Alessandro Tallini - Franco Tanel Stefania Vergani Amministrazione e abbonamenti Paola Martino amministrazione@portoediporto.it abbonamenti@portoediporto.it Costo abbonamento Italia € 30, estero € 90 esclusivamente con versamento su CCP n. 81627671 - AM editori srl Via Diaz, 54 - 80055 Portici (Napoli) Pubblicità e marketing marketing@portoediporto.it Listini e specifiche tecniche www.portoediporto.it Progetto e realizzazione grafica AM editori srl Stampa Morconia Print Morcone (BN) Il magazine Porto&diporto è proprietà di AM editori srl info@ameditori.it redazione@portoediporto.it www.portoediporto.it Autorizzazione Tribunale di Napoli n. 17 del 15 febbraio 2006 Periodico associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana E’vietata la riproduzione totale e/o parziale di testi, fotografie e di qualsiasi altro contenuto o allegato. Tutti i diritti sono riservati.

ARMAMENTO 4 - L’armamento mantiene le posizioni di eccellenza 6 - Estate di snellimento per gli armatori italiani 8 - “Il mare si ammala, ma non muore” SHIPPING 10 - Estate positiva per Tirrenia con tante novità di successo 11 - IBLA – L’ultimo miglio dei servizi portuali 12 - L’innovazione tecnologica per le nuove green- ships 15 - Il risparmio di carburante slow steaming e reblading 16 - RINA Services: alleanze strategiche nel “tankers” 18 - Bureau Veritas a tutto gas con crociere e offshore 20 - Tefin, da un contesto degradato verso la globalizzazione 22 - “Shipping and the Law” la quinta edizione a Napoli PROPELLER 24 - Propeller, rinasce il Club RomaCivitavecchia CROCIERE 25 - Dal legname a Zaha Hadid la via delle crociere a Salerno 26 - Crociere, Salerno baricentro di nuove mete alternative 28 - I giganti Royal Caribbean approdano in Italia INFRASTRUTTURE 29 - Grandi Progetti per Livorno e tornano Zim Lines ed MSC 30 - Livorno, Piattaforma Europa rilancerà i traffici del porto 33 - Gruppo Grimaldi ed MSC investono su Livorno 34 - Porto di Livorno 2000 riconquista le crociere MSC 36 - Aeroporto di Salerno 40 mln da “Sblocca Italia” 38 - Salerno, Lungoirno completato sottopasso di via Torrione

TRASPORTI 40 - Un mare di guai 42 - UIRNet, efficienza e sicurezza nel sistema logistico italiano 44 - Inizia la fase operativa del progetto UIRNet 46 - UIRNet – Confetra, vigile attenzione sui dati sensibili 47 - CNA-Fita: finanziamenti UIRNet ora risultati attesi e dovuti 48 - Move.App Expo a Milano il futuro del trasporto pubblico NAUTICA 50 - Marine, le strutture nautiche riconosciute turistico-ricettive 52 - Assonautica, tutti insieme per cogliere la svolta positiva 54 - Sostenere in futuro l’impresa “mare” con lo stesso spirito di collaborazione che ha consentito di raggiungere l’importante traguardo per i Marine Resort dell’Iva ridotta 54 - Equiparare i porti turistici a villaggi galleggianti può costituire una svolta concettuale e una parziale compensazione dei gravissimi danni subiti da una miope politica fiscale ESTERO 55 - Consulenza e assistenza legale per le Pmi in Estremo Oriente AZIENDE 56 - Autunno intenso per ABB tra innovazione e nuovi contratti 57 - Corruzione, va combattuta prima di tutto dallo Stato 58 - La francese Labco acquisisce le eccellenze dell’Istituto Sdn 59 - Fabbrica del Gelato di Parma 50 anni di golose innovazioni HIGHTECH 60 - Robot e droni nel futuro del Settore Pubblico 62 - Social privacy: italiani “maniaci” dei social ARTE 64 - La magia del fare


armamento / porto&diporto

L’armamento mantiene le posizioni di eccellenza

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ancano pochi mesi alla fine del 2014, un altro anno molto difficile di un lungo periodo di crisi iniziato nel 2008. Nella generale situazione di crisi, l’armamento italiano, è riuscito a mantenere la posizione sulla scena del trasporto marittimo mondiale: anzi, grazie agli oltre 15,5 miliardi di euro investiti

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negli ultimi dieci anni per il rinnovo del naviglio, è stato in grado di migliorare anche qualitativamente la flotta di bandiera che alla fine del 2012 aveva superato i 19 milioni di tonnellate di stazza e alla fine del 2013 si situa poco al di sotto, con una contrazione modesta e temporanea che sarà compensata da nuove unità attualmente in costruzione

in cantieri italiani ed esteri. Tengo a sottolineare che sotto il profilo della sicurezza, nel 2013 la bandiera italiana è passata dal 9° al 5° posto della “White list” del Paris MoU. Si tratta di un risultato molto importante che conferma l’incremento del livello qualitativo del nostro naviglio e l’elevata professionalità dei nostri equipaggi ed


è di stimolo a migliorare ancor di più le performance della nostra flotta in alcune aree di competenza di altri memoranda. Comunque quel che conta è che il settore ha tenuto. Per questo ci auguriamo che le istituzioni continuino a guardare ai trasporti marittimi come una importante risorsa, nella consapevolezza di avere di fronte attori economici forti e credibili. La situazione dell’industria armatoriale italiana è migliore di quella di altri Paesi, anche se di maggiori dimensioni, grazie soprattutto al fatto che le nostre imprese, per la maggior parte a conduzione familiare, hanno saputo agire con cautela e senza lasciarsi troppo coinvolgere da iniziative finanziarie rischiose. Nel prossimo futuro, ritengo impor-

tante che l’armamento italiano, oltre che a salvaguardare la competitività della flotta italiana e ad effettuare investimenti in nuove navi sempre più efficienti, competitive e a ridotto impatto ambientale, sia in grado da un lato di creare maggiori connessioni con tutti quei settori con i quali si confronta quotidianamente (industria, automotive, energia, ecc.) in modo da coordinare strategie comuni di sviluppo, e dall’altro lato di affermare il suo prestigio non solo sui mari ma anche in tutte le sedi internazionali ed europee, ove prendono vita le numerose norme che regolano il settore marittimo, norme che l’Italia fino ad oggi spesso si è limitata a recepire senza contribuire in modo sostanziale ad elaborare. Ciò è tanto più urgente in questo momento, in cui sappiamo che la sfida del futuro si identifica con navi sempre più avanzate sotto il profilo tecnologico, sempre più efficienti e in grado di soddisfare l’utenza con servizi di alto livello qualitativo: navi capaci di rispondere ai crescenti requisiti richiesti, ma anche di navigare con un risparmio dei costi del combustibile fino al 10-15% rispetto alle navi attualmente in servizio, riducendo ulteriormente le emissioni di zolfo nell’atmosfera. In un futuro molto vicino le navi non potranno che essere green: in ottemperanza a norme europee che nelle acque di Stati dell’Unione obbligano gli armatori a utilizzare combustibili con un bassissimo tenore di zolfo, ma anche perché i costi del carburante non lasciano altra scelta. Peraltro, incertezze tecniche ed economiche impediscono la soluzione di gravi problemi prima dell’entrata in vigore delle norme SECA (Sulphur Emission Control Areas), data la scarsità di combustibili alternativi, la volatilità dei loro prezzi e la mancanza di infrastrutture di rifornimento adeguate. Di fatto, la regolamentazione delle emissioni di zolfo potrebbe portare ad uno spostamento modale perverso dal mare alla strada, con inevitabile ed inesorabile aumento dei costi esterni complessivi del sistema dei trasporti europeo. Un pericoloso passo indietro rispetto a tutto ciò che è stato fatto nel corso degli ultimi anni per sviluppare le autostrade del mare. Il problema è già stato portato all’attenzione delle autorità di Bruxelles da parte degli armatori europei, che chiedono sia alla Commissione sia ai governi degli stati membri di dare alta priorità a provvedimenti provvisori e di supporto per convertire le navi in modo da allinearle ai nuovi requisiti, per una crescita ed uno sviluppo sì rispettosi dell’ambiente, ma commercialmente sostenibili. E’ evidente che sono molti i proble-

mi tecnici ed economici da risolvere nel breve e medio termine, senza dimenticare l’importanza della formazione in un settore come quello marittimo, ove la qualificazione professionale si coniuga con la sicurezza e l’efficienza. È altrettanto evidente l’esigenza di un intervento deciso delle nostre istituzioni a tutela di un settore importante come quello dei trasporti marittimi, che opera non solo sulle rotte nazionali ma a livello globale, rappresenta il 2,6% del PIL nazionale e occupa quasi 500mila persone tra addetti diretti e indotto. Sottolineo peraltro con soddisfazione l’intenso lavoro svolto con le varie componenti dell’Amministrazione e in particolare, da ultimo, con il ministero dell’Interno, grazie al quale nel 2013 è stato completato il quadro normativo per la difesa delle navi mercantili italiane. Con la possibilità di imbarcare guardie giurate qualora non siano disponibili i Nuclei Militari di Protezione della Marina, oggi abbiamo tutti gli strumenti per contrastare la pirateria marittima. Purtroppo, da tempo assistiamo ad un depauperamento delle competenze della nostra Amministrazione marittima: nel corso degli anni le competenze relative all’amministrazione pubblica, particolarmente importanti data la forte regolazione internazionale, europea e nazionale, sono state drammaticamente frammentate. Oggi sono sette i Ministeri che si occupano della risorsa mare, con il grave rischio di disperdere professionalità ed esperienze indispensabili per l’economia del nostro Paese. Non resta che augurarsi che si possa avviare al più presto un’inversione di tendenza per evitare di danneggiare uno dei pochi comparti economici del nostro Paese che ha dimostrato di funzionare sempre, nonostante la crisi mondiale e le avverse situazioni nazionali. Emanuele Grimaldi Presidente Confitarma

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armamento / porto&diporto

Estate di snellimento per gli armatori italiani

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el corso del 2013 la flotta battente bandiera italiana si è ridotta del 2%. A certificarlo, nel corso della sessione privata dell’ultima assemblea di Confitarma, è stato il presidente degli armatori italiani, Emanuele Grimaldi, aggiungendo però che tale calo “non allarma, mentre sono previste nuove costruzioni, che entreranno in esercizio tra il 2014 e il 2015. Allo stesso tempo, per le navi iscritte nel Registro Internazionale si è rilevato un incremento dell’occupazione italiana/comunitaria di circa il 9% per la bassa forza e del 6% degli ufficiali. I maggiori incrementi si sono registrati nei settori delle crociere e dei traghetti”. Al di fuori del settore passeggeri, tuttavia, anche nelle settimane estive si è registrato un non irrilevante numero di navi uscite dalle flotte di alcune delle principali compagnie tricolori. Le voci di mercato che davano per chiusa la cessione della nave cisterna Montenero ad acquirenti statunitensi per 18,1 milioni di dollari sono state smentite, ma Mauro D’Alesio, direttore finanziario dell’omonimo gruppo armatoriale livornese ha riconosciuto che “la nave è sul mercato” e che “sono in corso trattative con due diversi fondi d’investimento americani. Con uno di

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questi due investitori – ha aggiunto D’Alesio – le negoziazioni sono in uno stato molto avanzato anche se al momento non c’è nulla di firmato né di concluso. Saranno necessari almeno ancora 1 o 2 mesi di tempo per giungere a un’eventuale positiva conclusione dell’operazione che ci consentirebbe comunque di riavere la nave in bareboat charter per un periodo di 4 o 6 anni”. La cessione di Montenero da parte di Dalmare, la shipping company del gruppo livornese, va inquadrata nella profonda ristrutturazione aziendale avviata ormai diversi mesi fa, un percorso di riassetto del gruppo tuttora in corso, che prevede, dopo la dismissione della flotta dry bulk, la cessione appunto delle due navi cisterna Montenero e Calafuria, rispettivamente da 40.000 e 55.000 tonnellate di portata lorda, e di rami di business non core come quello del terminalismo portuale (i D’Alesio hanno infatti messo in vendita anche la quota detenuta nella società terminalistica labronica Sintermar). Anche il gruppo d’Amico, impegnato in un programma di ringiovanimento della flotta, ha ceduto nelle scorse settimane due unità. Secondo quanto

riportato da diversi broker navali internazionali, infatti, la shipping company guidata dai cugini Cesare e Paolo d’Amico avrebbe raggiunto un accordo con la società tedesca MACS Shipping per il passaggio delle bulker Cielo di Vancouver e Cielo di Monfalcone. Si tratta nello specifico di due Handysize da 37.450 tonnellate di portata che, secondo i rumor di mercato, passerebbero di mano per una somma complessiva prossima ai 24 milioni di dollari. Nessuna conferma né smentita dalla società, anche se questa operazione appare evidentemente legata al progetto di ringiovanimento di una flotta dry bulk composta oggi da 17 navi di proprietà più altre 18 operate in long time charter. d’Amico Società di Navigazione ha in corso un importante programma d’investimento da 1,2 miliardi di euro, che prevede l’arrivo nei prossimi anni di 40 unità fra navi cisterna e bulk carrier (8 Handysize Open hatch/box shaped, 9 Ultramax e 2 Minicapesize). Poche settimane dopo è stata Dolphin Tanker, società controllata da Fratelli D’Amato, a portare a termine la vendita delle petroliere Enrica Lexie e Savina Caylyn (ribattezzata nel frattempo DT Providence) per circa 68 milioni di


dollari ai greci di Olympic Shipping. “Il motivo per il quale ho deciso di venderle è stato innanzitutto quello di aver visto per la prima volta in 5 anni un prezzo che lasciasse anche un certo margine di profitto, cosa che, di questi tempi, è una rarissima opportunità. Inoltre ho ritenuto il settore non più strategico nell’ambito delle diversificazioni a suo tempo decise” ha significativamente spiegato in prima persona l’armatore, Luigi D’Amato. Con questa doppia cessione volge dunque al termine l’esperienza Dolphin Tanker, sfortunata joint venture nata con la famiglia genovese Scerni per investire appunto in navi cisterna e finita poi con una spartizione degli asset formalizzata nel 2010. All’armatore partenopeo erano rimaste appunto due petroliere Aframax (quelle appena cedute) e due VLCC in costruzione (ordini riconvertiti in navi portacontainer, che avranno una portata lorda di 118.000 tonnellate e una capacità di 9.500 TEUs) lasciando la Fratelli D’Amato al momento con una sola nave cisterna (la chemical/ products tanker Sea Wish da 40.000 tonnellate di portata). E se molte sono state le vendite, c’è pure chi nelle scorse settimane ha preso in consegna nuove unità. È il caso della genovese Premuda, che

dopo il recente ingresso in flotta della Panamax bulk carrier Framura da 76.800 tonnellate di portata lorda, ai primi di luglio ha preso in consegna dal cantiere coreano SPP anche la gemella Four Coal. Con questa nave si chiude il piano di investimenti avviato negli anni passati da Premuda, che potrà così concentrarsi sul riassetto finanziario, dopo il peggioramento fatto registrare dalla prima semestrale del 2014, chiusa con una perdita di circa 15,4 milioni di euro, a fronte di un rosso di 12,1 milioni nel primo semestre dell’anno passato. Come è noto la compagnia ha avviato da tempo serrate trattative con le banche finanziatrici per giungere a un accordo di ristrutturazione dell’indebitamento. Insomma, le ragioni delle cessioni sono svariate così some differenti sono le situazioni delle compagnie armatoriali che le hanno portato a termine, ma è innegabile che, almeno nel settore più strettamente mercantile, l’armamento italiano stia vivendo un trend di ‘dimagrimento’ le cui motivazioni meritano certamente di essere oggetto di analisi nei mesi futuri, a partire dalla sessione pubblica dell’assemblea annuale dell’associazione di categoria. Andrea Moizo

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armamento / porto&diporto

“Il mare si ammala, ma non muore” Q

ueste le parole - sempre attuali - che mio nonno Giovanni Battista usava dirci commentando i periodi meno facili che aveva affrontato. Lui aveva visto la seconda guerra mondiale e ne aveva vissuto i conseguenti impatti economici sulla flotta di proprietà. Noi siamo testimoni di un ciclo economico che nei testi di economia viene già denominato “Grande Recessione” e che - iniziato con la grande bolla immobiliare statunitense nel 2007 – si è poi espanso a carattere globale fino ai nostri giorni. Ciò nonostante la famosa luce in fondo al tunnel c’è e si vede. E la luce è data da chiari segnali economici: nel biennio 2008-2013 il commercio mondiale di prodotti petroliferi è cresciuto del 3.19% e nuove raffinerie

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si stanno sviluppando. Fermo restando il dato certo della crescita significativa del trade mondiale di carichi liquidi, che comunque assorbe il naviglio in costruzione, è particolarmente interessante esaminare il ruolo che svolgono e svolgeranno le nuove raffinerie, alcune delle quali già operanti, altre pronte per l’anno prossimo. Nel solo Medio oriente tre sono le nuove raffinerie in costruzione: a Jubail la Saudi Aramco, in joint venture con la Total, ha iniziato i lavori lo scorso anno ed è ora già a full capacity di produzione; a Yanbu, sempre la Saudi Aramco, ma stavolta in joint venture con la Sinopec, sta facendo in questi mesi le run trials finali per poi entrare in piena operatività nel primo semestre del 2015 ed infine negli Emirati Arabi, il 2015 vedrà

l’entrata in funzione di un’altra raffineria ad opera della Adnoc. Da ciò si possono dedurre ripercussioni positive sui noli. Ci si attende un aumento delle esportazioni dal Golfo Arabo, ma molto probabilmente parte dei prodotti petroliferi di origine indiana, che attualmente sono destinati al Golfo Arabo, verranno spostati su rotte di raggio più lungo. Meritano di essere menzionate anche India e Australia. La prima perché ha in costruzione due nuove raffinerie da 420.000 barrels/day, inizialmente concepite per il mercato domestico, ma – data la grande dimensione – molto probabilmente parte della produzione verrà destinata all’export. La seconda perché – in controtendenza – ha chiuso una raffineria nel


2012, ne chiude un’altra il mese prossimo ed una terza nel 2015. Ne consegue che l’Australia si troverà a dover ricorrere alle importazioni per soddisfare la propria domanda di petrolio con benefici effetti per i noli – specialmente – delle Medium range (25.00-50.000 dwt) e delle Large Range 1 (60.000-80.000 dwt). In casa nostra, la competizione delle grandi raffinerie americane a shale oil e di quelle medio orientali si fa sentire e in Francia e in Italia sono previste la chiusura di due raffinerie con una inevitabile conseguenza del ricorso all’importazione, molto probabilmente da USA, Russia, Golfo Arabo e India; importazioni di cui dovrebbe beneficiare il relativo mercato dei noli. Ho menzionato la Russia, nazione che da sempre gioca un ruolo primario nelle risorse. Se l’embargo dovesse continuare, con conseguente chiusura dell’approvvigionamento di gas, diverse nazioni, in primis il nostro Paese, dovranno ricorrere ancora di più al petrolio e si aprirebbero così nuovi scenari e nuove rotte, specialmente a beneficio degli Stati Uniti. Last but not least, l’anno nuovo vedrà l’introduzione della nuova normativa MARPOL ECA AREA in termini di combustibile bruciato nella zona ECA che passerà dall’attuale 1% di contenuto di zolfo allo 0.1%. Nonostante l’implicazione di un maggiore costo (che comunque nel settore tanker sarà compensato da nuove - maggiorate - Worldscale flat rates 2015) ciò potrebbe anche comportare un aumento delle esportazioni di gasolio con destinazione Paesi ECA per poi rifornire le navi di Low Sulphur Fuel Oil allo 0.1% di zolfo. Nel settore dry la nostra azienda punta sulle Post Panamax, che con il loro innovativo design da 230 metri di lunghezza e 38 di larghezza, furono inizialmente concepite e progettate per attraversare il Canale di Panama - i cui lavori di dragaggio ed allargamento sono previsti terminare l’anno venturo - con carichi di carbone provenienti dai Caraibi e destinati al Pacifico. Tuttavia, le nostre

navi sono entrate a regime prima della fine dei lavori del canale di Panama e ciò ci ha permesso di testarle e, soprattutto, di farle testare ai nostri noleggiatori i quali – laddove le restrizioni portuali lo consentono – trovano molto più efficiente il trasporto a mezzo di una Post Panamax che di una Panamax tradizionale, specialmente sui carichi originati nella costa orientale del Sud America. Molto semplicemente si tratta di applicare economie di scala, offrendo al noleggiatore la possibilità di muovere più carico, per la precisione ben 19.000 tonnellate in più: un notevole vantaggio. In conclusione, stiamo assistendo ad un riequilibrio fra domanda ed offerta di naviglio, che è sicuramente una buona notizia per il settore, non solo grazie a fattori economici, quasi keynesiani, ma anche grazie al graduale scemare dell’interesse dei vari hedge funds al settore. Fondi che, a mio parere, non solo hanno contribuito a danneggiare il settore, ma hanno poco - o nulla - in comune con la visione di lungo periodo che, per sua stessa natura, caratterizza l’armamento italiano tipicamente fondato sul modello dell’impresa familiare. L’impresa familiare è abituata ai cicli economici e progetta le proprie strategie in funzione dei prossimi 20 anni, con l’obiettivo di consegnare l’azienda sana ai figli e nipoti. Al fondo di private equity interessa il ritorno dell’investimento nel breve, se non brevissimo, periodo. E’ un binomio che non può funzionare. Quello che è certo è che quando ci saremo lasciati alle spalle questo periodo, e qui mi sentirei di azzardare due anni di tempo, le aziende familiari saranno ancora lì, mentre sulla presenza degli hedge funds ho i miei dubbi. Mariella Bottiglieri Amministratore Delegato Giuseppe Bottiglieri Shipp. Co. Spa

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Estate positiva per Tirrenia con tante novità di successo L

a stagione estiva che sta per concludersi porta soddisfazione in casa Tirrenia - Compagnia Italiana di Navigazione: ed i motivi sono diversi, da quelli operativi fino al successo di tante iniziative, sia commerciali che sociali. I dati relativi ai passeggeri trasportati rispetto allo scorso anno segnano un +12 % nel mese di Luglio, + 8,5 % ad Agosto e per concludere una previsione di +6% per il mese di Settembre. Tirrenia sviluppa verso la Sardegna l’80% del suo business, da ciò si evince che in questa stagione c’è stato un incremento di passeggeri verso l’isola rispetto a quella passata. E’ stata vincente la politica di pricing grazie alla quale sono aumentati gli sconti e si sono allungati i periodi di promozione; grande cura a bordo per il target famiglie (aree bambini più ampie del Mediterraneo e gastronomia dedicata), e quello di chi viaggia con animali al seguito (cabine dedicate, pet kit e snack in omaggio). Sono allo studio nuovi interventi volti ad alzare ulteriormente lo standard del servizio a bordo, mentre le politiche del pricing saranno presentate ad ottobre. Per quanto riguarda i progetti, sono attualmente in corso l’Energy Saving & Environmental grazie al quale la compagnia si prefigge di ridurre sensibilmente consumi ed emissioni di fumi e “Pasto Buono” iniziato a giugno e che sarà portato avanti ad oltranza. Il primo progetto è finalizzato ad aumentare sensibilmente l’efficienza energetica della flotta con ricadute importanti sia sul risparmio dei costi che sulla tutela

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ambientale, grazie alla riduzione delle emissioni. Da oltre un anno Tirrenia CIN ha istituito l’Ufficio per il Risparmio Energetico a cui ha affidato il compito di studiare e realizzare processi e progetti in grado di portare risultati tangibili. Da qui è nato il progetto in collaborazione con importanti progettisti costruttori di eliche che prevede la sostituzione delle eliche con altre di nuova generazione su 7 navi in meno di due anni, con un investimento di circa 10 milioni di euro, per una riduzione complessiva del 17% dei consumi di carburante e, conseguentemente, una sensibile diminuzione delle emissioni e della manutenzione dei motori delle navi. Grande successo per il secondo progetto, “Pasto Buono” che ha preso il via a Cagliari lo scorso 6 giugno. L’accordo per il recupero delle eccedenze alimentari, firmato da Tirrenia e Qui Foundation, prevede che tutti i pasti invenduti a bordo delle navi Tirrenia e perfettamente conservati vengano donati alle famiglie e alle persone più bisognose. Dal punto di vista delle sinergie con altre aziende, grande soddisfazione per le iniziative portate avanti con Meridiana con l’introduzione di carnet di biglietti volo + nave e con AXA Assicurazioni grazie alla quale migliaia di passeggeri hanno potuto prenotare con tranquillità le proprie vacanze senza temere di perdere il costo del biglietto in caso di mancata partenza: tra le due compagnie è stata realizzata una

copertura assicurativa completa che comprende due polizze a disposizione della clientela, entrambe facoltative. La più completa e innovativa ha un costo di 3,80 euro a persona e per tratta e assicura in primis il rimborso del costo del biglietto conseguente all’annullamento del viaggio determinato da qualsiasi causa e senza che il cliente debba fornire alcuna giustificazione. La seconda è una formula legata all’“offerta famiglia” ad un costo forfettario di 9,90 euro per tratta. Inoltre è stato raggiunto un accordo con Findomestic per la rateizzazione senza interessi del costo del biglietto e con SanyPet che ha omaggiato gli ospiti con i propri animali in viaggio nelle cabine a loro dedicate, di snack: organizzata per la prima volta, questa partnership è nata per garantire il benessere dei nostri amici a quattro zampe attraverso un’alimentazione attenta e bilanciata anche a bordo delle navi. Infine, ottimo successo per l’iniziativa Late Check Out grazie alla quale molti degli ospiti di Tirrenia hanno potuto sbarcare con tranquillità dopo una ricca colazione al ristorante: il servizio coinvolge le corse notturne e consente, ai passeggeri che lo desiderano, di trattenersi a bordo più a lungo quando la nave ha già raggiunto il porto di destinazione nel primo mattino. I passeggeri potranno lasciare la nave con comodità entro le 10.00 del mattino. Avranno inoltre la possibilità di gustare una colazione a buffet presso il ristorante à la carte dalle 7.30 alle 9.45, con bevande calde, croissant appena sfornati e, a richiesta, uova con bacon. Stefania Vergani


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Foto Ormeggiatori Cagliari

IBLA – L’ultimo miglio dei servizi portuali

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lla grande attenzione posta dall’industria marittima nella sicurezza della navigazione in mare aperto non corrisponde, in molte realtà portuali, un’adeguata risposta in termini di professionalità del servizio di ormeggio. “Si costruiscono vettori sempre più grandi, dotati delle tecnologie più avanzate e ci si dimentica dell’ultimo miglio, potenzialmente il più pericoloso, poiché si svolge in spazi ristretti, con un traffico intenso”. Marco Mandirola, presidente dell’International Boatmen’s Linesmen’s Association – IBLA, è reduce dall’Assemblea dell’associazione tenutasi a metà settembre a Reggio Calabria, dove ha annunciato l’adesione dei rappresentanti del settore di Argentina, Montenegro, Portogallo e Abi Dhabi. “Un ulteriore tassello – spiega a PORTO&diporto – della nostra strategia di allargamento della rappresentanza, elemento chiave per raggiungere i nostri obiettivi di sicurezza ed efficienza globale nella conduzione del servizio d’ormeggio”. Che cos’è IBLA? Siamo un’associazione “no profit” nata nel 2006 a Ravenna con lo scopo di confrontarci per un proficuo scambio di informazioni, esperienze, competenze tecnico – nautiche. Ad oggi, riuniamo le società d’ormeggio di quasi tutta Europa, della costa del Pacifico degli Stati Uniti, della Tunisia, in rappresentanza di quattro continenti. L’idea è fare leva sui legami associativi transnazionali per omogeneizzare le diverse istanze e ridurre la tendenza rischiosa a mettere in secondo piano temi fondamentali quali il rispetto delle regole e i diritti primari. Quali sono gli obiettivi principali

della vostra azione? Puntiamo alla definizione di standard minimi e vincolanti a cui tutti dovrebbero adeguarsi. Essenziale, in quest’ottica, l’ottenimento in ambito IMO della revisione del testo delle “Linee Guida” del 2005, accorpando in un unico momento terra/mare l’attività d’ormeggio. Non può esistere un operatore che svolga unicamente il lavoro in banchina con standard professionali diversi, o addirittura non richiesti, da colui che opera in mare su motobarche: l’interscambiabilità dei ruoli esiste da sempre. Poi c’è la questione del riconoscimento come “Membri Auditori”. Di cosa si tratta? L’allargamento della nostra rappresentanza, con un bacino di iscritti che va ulteriormente rafforzato, ci permetterebbe di partecipare a Londra alle riunioni IMO in cui sono trattati i temi relativi alla categoria. In questo modo potremmo interloquire in modo più efficace con il livello decisionale, correggendo impostazioni dannose per il futuro dell’attività. Il pericolo da evitare è che passi l’idea dell’ormeggio come servizio marginale e non come cardine della sicurezza della navigazione nel porto e nelle acque ad esso adiacenti. Come ho avuto modo di sottolineare nel corso della nostra assemblea ci sono porti sulla costa canadese del Pacifico in cui all’arrivo della nave l’agente procede al reclutamento del personale direttamente ai cancelli. Poi ci sono situazioni come quelle di Los Angeles, in cui l’accesso alla professione è invece consentito solo a coloro che facciano valere almeno vent’anni d’iscrizione sindacale. Quali sono i fattori che stanno in-

cidendo sul servizio? L’automazione ha rivoluzionato le condizioni di lavoro a bordo, nei porti e in banchina. C’è una tendenza verso la gestione strumentale dei processi che modifica sempre di più l’apporto umano. Ma la gestione della manovra, soprattutto in spazi ristretti e congestionati, è una variabile che richiede in modo continuativo applicazione mentale e manuale non programmabile in anticipo. Anche per questo è importante individuare gli elementi comuni alla funzione svolta concretamente dalla nostra categoria nei diversi porti. È l’unico modo per rispondere al processo di mutamento degli assetti armatoriali che vede da una parte grandi aggregazioni, specializzate su particolari tipologie di traffico, dall’altra un ridimensionamento degli equipaggi e una composizione degli stessi assolutamente eterogenea rispetto al passato. L’aspetto dell’attività che giudica incontestabile? Al di là dell’esistenza di norme disciplinatrici diverse, quando esistono esigenze di sicurezza, il nostro servizio deve risultare organizzato in stretto coordinamento con l’Autorità preposta, basandosi su valutazioni non di tipo commerciale. Come definirebbe l’ormeggiatore? Io dico sempre, da convinto credente, che San Pietro non era solo un pescatore e qualche nave la deve pur aver ormeggiata anche Lui. Son sicuro che da lassù, non lesina nel darci una mano, illuminando la giusta rotta a chi con devozione e slancio, aiuta la navigazione. Giovanni Grande

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L’innovazione tecnologica per le nuove green- ships L’

industria marittima è un settore economico chiave che fornisce migliaia di posti di lavoro e che mantiene ancora un buon potenziale di crescita. La cantieristica navale e l’ingegneria marittima sono componenti importanti dell’economia marittima che, in un contesto di crisi economica globale e di crescente concorrenza dei paesi emergenti, devono necessariamente avviare azioni forti per favorire la diversificazione innovativa e la differenziazione dei loro cantieri navali e dei loro prodotti. Per riuscire a garantire un livello di parità alla concorrenza, devono essere individuati scenari di sviluppo tecnologico di medio e lungo periodo e priorità tematiche che dovranno essere sviluppate con un’azione di coordinamento nazionale degli attori della Ricerca, dei distretti ad alta tecnologia e dei poli di eccellenza relativi a tematiche convergenti, anche nell‘ottica della interdisciplinarietà dell’approccio scientifico. In quest’ambito il CETENA si inserisce in una rete di collaborazioni nazionali ed internazionali tra centri di ricerca, università, ministeri e distretti ponendosi come ponte tra il mondo accademico e l’industria marittima stessa, in grado di proporre tematiche di studio volte a supportare l’industria nella sua corsa verso nuovi prodotti; in questo contesto si inseriscono le nuove politiche di crescita verde che hanno il compito di definire le caratteristiche della “nave verde” (green ship) che abbia un basso impatto ambientale e ridotte emissioni di CO2 e un controllo attento del trattamento dei rifiuti quale obiettivo strategico delle attività. Il CETENA, quale società del Gruppo Fincantieri, ha ben chiaro il concetto che le navi di oggi non sono unità standard ma ognuna di esse è un prodotto su misura ad elevato valore aggiunto che rispecchia le specifiche esigenze e richieste del cliente. In questo contesto, voler offrire un prodotto competitivo ci impegna in attività volte allo sviluppo di soluzioni tecnologiche applicate e di innovazione (in particolare negli ambiti della sicurezza, della riduzione del rumore, della stabilità e della velocità di esercizio della nave) i cui risultati de-

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vono avere ricadute rapide sulla realizzazione del prodotto. Di conseguenza, ogni nave può essere quindi considerata un nuovo prodotto, in quanto nasce dalla combinazione delle specifiche attività svolte nelle costruzioni precedenti in risposta alle necessità del cliente e dalle attività di ricerca e innovazione. L’alto contenuto tecnologico di ciascuna nave è evidente sia nelle navi civili per il trasporto passeggeri e merci che nelle navi militari; le navi da crociera sono diventate sempre più grandi, con capacità di trasportare in piena comodità e con tutti i servizi alberghieri oltre tremila persone, il loro profilo si è modificato di conseguenza e gli interni sono diventati sempre più funzionali e maestosi. Le navi traghetto e fast ferry tendono ormai a proporre ai passeggeri un comfort simile a quello delle navi da crociera; nello stesso tempo, la velocità di servizio e i tempi di percorrenza sono stati adattati alle diverse esigenze. Alcuni degli aspetti che vengono maggiormente investigati, a livello progettuale, per migliorare il prodotto finale, riguardano la riduzione del rumore irradiato sia all’interno della nave che in acqua, con l’obiettivo di costruire navi sempre più silenziose; già nella prima fase della progettazione (di base), l’attenzione del progettista agli aspetti relativi al comfort sia per l’equipaggio sia per i passeggeri è altissimo, svolgendo attività per la riduzione dei moti della nave, delle vibrazioni e del rumore. Per quanto riguarda i moti della nave, dovuti all’interferenza con il moto ondoso, negli ultimi anni sono stati sviluppati sistemi di stabilizzazione sempre più efficienti e metodi di previsione dei moti in modo da guidare il progettista nella scelta delle geometrie di carena ottimali. L’elica è un altro elemento che negli anni è stato oggetto di una grande evoluzione, non solo nel numero delle pale ma anche nelle forme, per operare al meglio nel flusso della carena, riducendo i fenomeni cavitativi, fonte principale di rumore e vibrazioni. Progetto dell’elica L’innovazione, oltre a considerare soluzioni tecnologicamente avanzate, si sta sempre più sviluppando per for-

nire un prodotto più affidabile e sicuro; il tema della sicurezza rappresenta da sempre un argomento su cui vengono concentrati studi e dove le normative cercano di essere sempre più esaustive nel dettare regole e richiedere certificazioni ai costruttori e agli armatori. Dove il carico pagante è nella maggior parte dei casi l’uomo


stesso, una grande sensibilità è posta per cercare di svolgere verifiche preventive già in fase di progettazione, per ridurre le situazioni che potrebbero essere causa di incidenti navali che, oltre a comportare talvolta la perdita di vite umane, possono anche causare veri e propri disastri ambientali. La sicurezza è vista sotto due aspetti: uno più “attivo” e uno più “passivo;

nel suo aspetto più “attivo” vengono studiati tutti quei sistemi che cercano di ridurre e/o prevenire il danno, come i sistemi di supporto alle decisioni che, con l’ausilio di sensoristica, hanno lo scopo di supportare il comandante nelle scelte relative alla rotta e alla disposizione del carico in modo da aumentare la sicurezza e ridurre i consumi a bordo oppure come gli studi di supporto

alla lotta al fuoco e all’evacuazione. Questo aspetto di sicurezza è ovviamente molto sentito sulle navi da crociera e sui traghetti e gli studi relativi hanno subito una notevole accelerazione negli ultimi anni; l’analisi di rischio relativa all’incendio dei locali viene svolta preventivamente al fine di mettere in rilievo le zone con maggior rischio di incendio o comunque quelle


che, in presenza dello stesso, sono più a rischio per l’incolumità delle persone presenti al loro interno. Questo permette di individuare una serie di possibili scenari oggetto di studio dettagliato tramite la simulazione, in modo da avere importanti informazioni sullo sviluppo temporale dell’incendio, con particolare attenzione allo sviluppo del calore, dei prodotti inquinanti (come CO, CO2, acidi vari, ecc.), della diminuzione di visibilità, della riduzione di ossigeno, ecc. Questi metodi permettono di sviluppare strategie sia di scelta di materiali ignifughi sia di procedure e interventi organizzativi. In aggiunta vengono svolte simulazioni relative al processo di evacuazione per simulare l’esodo delle persone dalle diverse aree della nave alle zone di raccolta (Muster Stations) fino a raggiungere le scialuppe, utilizzando gli scenari individuati con lo studio precedente e tenendo in considerazione i principali aspetti comportamentali, variante assolutamente importante, per capire in anticipo quale sarà il modo di agire e reagire di un individuo messo in relazione con altri individui. Questi studi sul comportamento in particolari condizioni di pericolo, ci danno informazioni utili per capire quei comportamenti che,

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in qualche modo, potrebbero influenzare il processo di evacuazione come ad esempio il rallentamento dovuto ai contro flussi delle persone che si spostano per raggiungere le persone della propria famiglia o i colli di bottiglia in corrispondenza delle porte e delle scale. Sempre considerando il carico pagante, in aggiunta agli studi sulle persone, grande attenzione è oggi posta sulla capacità della nave di ritornare in porto dopo aver subito un danno, assicurando il funzionamento dei sistemi vitali per l’equipaggio e i passeggeri (Safe return to Port), evitando che avarie localizzate generino situazioni di pericolo e disagio per i passeggeri e per la nave stessa. È stato messo in evidenza da diverse analisi che le cause dei principali disastri navali sono dovute all’errore umano. Per questa ragione, sia gli enti predisposti alla sicurezza sia gli stessi armatori sono sempre più sensibili alla qualità della formazione degli equipaggi, anche delle unità navali militari, che consenta loro di avvalersi, nel modo migliore, della tecnologia avanzata delle nuove navi, anche nelle situazioni più difficili. Il nostro lavoro, negli ultimi anni, si è sviluppato verso studi sui fattori umani che tengano conto delle

attività che gli equipaggi svolgono a bordo e dello stress e dell’affaticamento che gli operatori possono accumulare durante i periodi di imbarco; gli studi hanno lo scopo di investigare tecniche di mitigazione dello stress e supportare l’organizzazione di bordo per evitare che simili situazioni si verifichino a bordo. L’addestramento continuo e specifico effettuato dagli equipaggi di bordo nei simulatori di manovra dedicati, ha lo scopo di addestrare gli operatori in scenari difficili e poco probabili in modo da renderli pronti nel momento del bisogno. Gli studi sulle navi non terminano però con la loro costruzione; il periodo successivo è quello della consegna, dell’assistenza post-vendita, della riparazione e trasformazione delle unità. Il nostro contributo in questo campo è posto nella raccolta dei dati di navigazione che, opportunamente analizzati, convergono in curve utili alla gestione delle manutenzioni di bordo, soprattutto in termini di manutenzione preventive, alimentando le nuove idee e le sfide per la ricerca futura. Stefania Ricco, Giovanni Caprino CETENA S.p.A.


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Il risparmio di carburante slow steaming e reblading I

costi per il carburante, a dispetto di quanto avveniva anni fa, sono ormai diventati una delle principali voci di spesa nella gestione di una nave. E’ chiaro quindi che, nell’ottica di politiche aziendali di risparmio e lasciando da parte tematiche ambientali peraltro oggi sempre più attuali, la voce carburante offre ottime possibilità in termini di risparmio economico. Questa considerazione ha logicamente comportato un’inversione di tendenza nell’utilizzo delle navi che hanno visto, negli ultimi anni, una riduzione nelle velocità di navigazione. La considerazione empirica che ad una minore velocità di utilizzo corrisponda un minor consumo di carburante è sempre valida anche se, nella gestione di una nave, che va vista globalmente come un’unica macchina di notevole complessità, questo è un concetto che necessita di qualche ampliamento. Mediamente la potenza motrice di una nave segue una legge che va col cubo della velocità: in altre parole un raddoppio della velocità comporta una potenza (e quindi un consumo) otto volte maggiore, il triplicarla richiederebbe 27 volte la potenza e così via. E’ evidente quindi che, soprattutto se la nave si trova in zone della curva di potenza a forte pendenza, piccole variazioni di velocità possono comportare significative variazioni nel consumo di carburante. Ad esempio la curva di potenza elaborata per una bulk carrier di 8000 DWT mostra chiaramente che, riducendo la velocità della nave da 13 a 12 nodi (una riduzione di meno dell’8%), la potenza propulsiva scende da quasi 2500 a circa 1900 kW, con una riduzione di circa il 25%. Volendo spingere un poco oltre l’analisi, a parità di condizioni ambientali e considerando per il motore lo stesso consumo specifico alle due potenze (circa 190 g/kW h), alla velocità di 13 nodi si percorrerebbero circa 27 miglia marine per tonnellata di carburante consumato mentre alla velocità di 12 nodi se ne percorrerebbero oltre 33. Il cambio di velocità della nave si ripercuote in modo significativo anche sugli impianti di bordo, in primis sul motore principale che, non più al regime di

potenza ottimale, manda alla turbosoffiante minori quantità di gas facendola funzionare in condizioni lontane dal suo ottimo e ciò causa una scarsa quantità d’aria di alimentazione al motore. Per riottenere una buona combustione ed una sufficiente quantità di aria di lavaggio nei cilindri, è necessario ritarare il circuito di alimentazione carburante e rivedere il circuito di scarico/aspirazione aria; in alcuni casi potrebbe addirittura rendersi necessario il cambio della turbosoffiante. Altra conseguenza significativa dello slow steaming è che, a velocità inferiori, la resistenza all’avanzamento è chiaramente minore e quindi l’elica, progettata inizialmente per funzionare a velocità maggiori e sviluppare spinte più elevate, risulta sovradimensionata e meno performante per la nuova velocità. Questa cosa, che come effetto negativo causa essenzialmente un calo del rendimento globale di propulsione, in effetti offre un buon margine di miglioramento in quanto, la sostituzione dell’elica (o delle sue pale, da cui reblading) con una nuova, ottimizzata per la nuova velocità e con superfici minori adatte alla nuova spinta, consente di guadagnare dei preziosi punti percentuale sul rendimento globale della

nave. L’unico problema rappresentato dal reblading è che, una volta che si decidesse di far navigare la nave alla originaria velocità, la nuova elica non sarebbe più in grado di raggiungere detta velocità e probabilmente soffrirebbe anche di problemi di cavitazione, per cui sarebbe necessario sostituirla. A conclusione di questa breve analisi bisogna specificare che la nave, nella sua interezza, va considerata come un’unica macchina ottimizzata per un certo punto di funzionamento. Forme di carena, elica appendici ed altri elementi sono progettati per interagire al meglio ad una velocità: il cambio di uno di questi parametri si ripercuote sul funzionamento generale facendo inevitabilmente scendere il rendimento dell’intero sistema. Operando su varie variabili (motore principale, eliche, velocità, appendici di carena, ecc.) il consumo di carburante sicuramente diminuisce, ma comunque non si potranno raggiungere le prestazioni di una nave appositamente progettata per quella velocità. Ing. Alberto Moroso Presidente ATENA Sez. Napoli – Sud Italia

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RINA Services: alleanze strategiche nel “tankers” I

l quadro macro - economico globale è notevolmente mutato negli ultimi anni e con esso anche le relazioni tra i paesi e le rotte dei traffici internazionali. Ciò ha portato a un’evoluzione dello shipping che da sempre è espressione degli scambi commerciali interni e di quelli legati all’import-export. Si è registrata un’attenzione crescente verso il settore delle chimichiere che ha, allo stesso tempo, risentito di vari eventi negli ultimi anni. Tra questi, i nuovi e più stringenti regolamenti sulle emissioni dalle navi, il maggiore sfruttamento del gas nazionale negli Stati Uniti, la rapida crescita economica di alcuni paesi emergenti e il rafforzamento del ruolo della Cina e dei paesi del Medio Oriente. Tali fattori, unitamente alla richiesta di navi sempre più giovani da parte dei charters, spingono il mercato delle tanker ad alto contenuto di tecnologia, che sono quindi più performanti sia in termini di consumi sia di emissioni. Durante l’estate è stato siglato un accordo per lo sviluppo progettuale e di classificazione di nuove navi chimichiere e gasiere da realizzare unendo le forze di tre soggetti: MES, RINA Services e Hantong Shipyard. M.E.S. (Marine Engineering Servi-

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Momento dell’accordo tra il Rina e il Ministero Russo ces) è la società triestina leader nella progettazione di bitumiere, oil/chem, product e gas tankers, tutte ad altissimo contenuto tecnologico su un vasto range di dimensioni. La collaborazione tra RINA Services e MES è ormai consolidata da lungo tempo e ha visto le due società unite in diversi progetti costruiti sia in cantieri italiani che esteri. L’intesa tra RINA Services e il cantiere Hantong, invece, nasce nel 2010 anno in cui è avvenuta la classificazione di due unità bulk carriers transhipper ed è poi proseguita negli anni suc-

cessivi con ulteriori collaborazioni. Hantong Ship Heavy Industry si localizza nella provincia dello Jiangsu (a Nord di Shanghai) ed è uno dei migliori cantieri privati della Cina, con un grande potenziale di sviluppo nel futuro. Nel corso degli anni ha rafforzato il suo brand e gode di un’ottima reputazione, soprattutto per la costruzione di navi altamente innovative. Grazie a questo accordo strategico, tutti i soggetti potranno beneficiare di ulteriori possibilità di crescita sul mercato e dare impulso allo sviluppo di una


Ugo Salerno

nuova generazione di navi ancora più performanti. Due nuovi riconoscimenti Girata la boa delle 100 banidere per RINA Services. Recentemente infatti la società è stata ufficialmente riconosciuta dall’Amministrazione Marittima dell’Azerbaijan (RASMA). Malgrado quest’ultimo sia un paese con sbocco unicamente nel Mar Caspio e con una flotta piuttosto limitata, tale riconoscimento segna un ulteriore consolidamento della presenza di RINA Services in un’area, quella appunto del Caspio, che negli ultimi anni, soprattutto grazie alla presenza in Kazakhstan e, più di recente, in Turkmenistan, sta acquisendo un’importanza crescente. Prova ne sia la decisione di aprire un ufficio ad Astrakan (Federazione Russa) e, prossimamente, a Baku. Un’altra autorizzazione è arrivata a giugno dal Ministero dei Trasporti Russo che ha sancito per RINA Services la possibilità di svolgere attività di sorveglianza e certificazione su unità battenti bandiera russa e registrate nel Russian International Registry of Ships. Tale risultato rappresenta un passo importante per la società poichè le consente di accrescere ed estendere ulteriormente le proprie competenze tec-

niche in un paese come la Russia. Da questo momento, gli armatori di tutto il mondo che impiegano unità battenti bandiera russa in quell’area, potranno infatti usufruire in modo ancora più veloce, efficace e accessibile dei servizi e dell’esperienza di RINA Services. Due nuovi servizi per gli armatori L’agenzia americana per la tutela Ambientale (EPA) regola attraverso la Vessel General Permit (VGP) le problematiche degli scarichi accidentali durante il normale funzionamento delle navi mercantili di lunghezza superiore a 79 piedi (24,08 metri) e operanti come mezzi di trasporto nel raggio di 3 miglia nautiche dalle coste degli Stati Uniti e nella regione dei Grandi Laghi. La nuova versione del documento contiene alcuni cambiamenti significativi dei requisiti che gli armatori e gli operatori devono seguire, tra i quali i più rilevanti sono quelli relativi all’uso di lubrificanti ecologicamente accettabili (EAL). Al fine di aiutare gli operatori marittimi a soddisfare i principi previsti dal VGP, RINA Services ha sviluppato un nuovo servizio volto a rilasciare una dichiarazione di conformità ai requisiti EAL. Sarà così più facile raccogliere in maniera corretta e precisa le informazioni da registrare a bordo e da presentare successivamente all’EPA all’inter-

no della relazione annuale. Un’altra novità riguarda la formazione. Sempre RINA Services, infatti, ha appena preparato un nuovo corso dedicato agli equipaggi di navi che possono impiegare gas naturale come combustibile. Si parla spesso di quanto le navi alimentate a gas possano costituire una via da seguire per ridurre le emissioni in atmosfera. Tuttavia, è importante che a minori emissioni non corrisponda mai una minore sicurezza. Se si guarda al trasporto e all’utilizzo del GNL in mare, si vede come questo richieda una “cultura gestionale” specifica che, seppur ormai diffusa sulle navi gasiere, risulta esserlo meno sugli altri tipi di nave. Occorre quindi molta attenzione quando si voglia estendere l’uso del gas come combustibile a navi diverse dalle gassiere, poichè sono necessarie modifiche sostanziali sia sulla nave e i suoi sistemi sia sugli interventi formativi per l’equipaggio che deve essere messo a conoscenza delle modalità di utlizzo e dei possibili rischi che il nuovo combustibile comporta. In quest’ottica la squadra di RINA Services è a disposizione per svolgere un training specifico a tutti gli equipaggi di navi dual fuel. Cosimo Brudetti

Monitoraggio, RINA InfoSHIP EGO verrà adottato dalla flotta d’Amico La società internazionale di classificazione, RINA Services, sta applicando il Sistema di monitoraggio della performance InfoSHIP EGO all’intera flotta del Gruppo d’Amico. Le prime unità saranno installate su due newbuilding in costruzione in Corea e Cina, una tanker e una bulk carrier. Il Sistema sarà progressivamente esteso a tutta la flotta d’Amico. InfoSHIP EGO è la soluzione di monitoraggio della performance della flotta sviluppata da RINA Services in collaborazione con IB Software and Consulting. Il software contiene diversi moduli che permettono di raccogliere automaticamente i dati a bordo, adattando le performance della nave rispetto allo stato della navigazione. Michele Francioni, CEO di RINA Services, ha dichiarato: “InfoSHIP EGO sarà personalizzato per la flotta d’Amico in modo da andare incontro alle specifiche richieste di reporting del Gruppo. Il team di innovazione navale di RINA Services e il d’Amico Fleet Performance Department collaboreranno per l’adattamento dell’InfoSHIP EGO e l’espansione a tutta la flotta della più avanzata ed efficace soluzione sul mercato dello shipping per il controllo energetico.” Salvatore d’Amico, Fleet Director del Gruppo d’Amico, ha a sua volta affermato: “Il sistema EGO sarà uno strumento prezioso, assisterà d’Amico nel monitoraggio delle emissioni e nella regolazione della velocità e dei consumi delle navi. Attraverso il Sistema EGO ci aspettiamo di ottenere un accurato monitoraggio e un’analisi della velocità di navigazione e dei consumi che consentiranno al nostro Gruppo di individuare le nostre pratiche operative e di aggiornarle per un continuo miglioramento delle performance delle navi. Ciò che ci aspettiamo è un risparmio complessivo del 3-5%. Questo investimento fa parte della nostra strategia, rivolta continuamente a migliorare la gestione energetica in tutte le nostre attività.” Il Gruppo d’Amico ha in corso un importante piano di investimento sulle ecoship, che consentirà di ridurre del 20% le emissioni di Co2, confermando in questo modo il costante impegno in sviluppo tecnologico e segnando una forte anticipazione rispetto agli standard internazionali di efficienza energetica cui tutti gli operatori di trasporto marittimo dovranno adeguarsi entro il 2025.

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Bureau Veritas a tutto gas con crociere e offshore

L

a prima bettolina al mondo per il bunkeraggio di LNG – la prima di dimensioni paragonabili se non superiori (111 metri di lunghezza per 5.000 mc di capacità) a quelle dei mezzi portuali comunemente utilizzati per i rifornimenti di carburanti tradizionali – attualmente in costruzione presso i cantieri coreani di Hanjin Heavy Industries e destinata ad operare dal 2016 in un porto di primaria importanza come Zeebrugge, sarà classificata dal Registro francese Bureau Veritas. “La Francia ha storicamente un ruolo pionieristico nella realizzazione di gasiere e, in generale, in questo tipo di filiera: un expertise coltivata, sviluppata e promossa anche da Bureau Veritas” spiega Vittorio Damonte, numero uno della divisione Marine dell’ente di classifica francese in Italia, commentando la notizia, frutto di un accordo fra le giapponesi NYK e Mitsubishi e la transalpina GDF-Suez: “Naturalmente negli anni gli altri maggiori registri mondiali hanno fatto molta strada, ma come Bureau Veritas stiamo lavorando con successo per mantenere una lea-

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dership preziosa costruita nel tempo. Anche perché l’uso di LNG crescerà esponenzialmente nei prossimi anni, con la conseguente necessità di adattamento non solo delle flotte, ma anche della filiera del rifornimento portuale”. Ragion per cui Bureau Veritas ha elaborato una serie di linee guida sul bunkeraggio, oltre ad un ampio ventaglio di servizi di consulenza, tecnica ed economico-commerciale, mirati ad armatori e autorità portuali: “È stato il Bureau Veritas, ad esempio, a lavorare a fianco della compagnia Brittany Ferries all’elaborazione del progetto Pegasis per la realizzazione di uno dei più grandi traghetti al mondo (53.000 tonnellate di stazza lorda, 2.500 passeggeri e 3.600 metri lineari di garage, 210 metri di lunghezza e 31 di larghezza) e il maggiore fra quelli alimentati a LNG”. Un progetto temporaneamente stoppato per le difficoltà dell’armatore a reperire i relativi finanziamenti, ma “completato e pronto alla messa in opera” aggiunge Damonte. In Italia, come è noto, il tema dell’LNG è appannaggio esclusivo degli addetti

del settore e, proprio a causa della distrazione della classe politico-amministrativa, stenta, a dispetto dell’attenzione e dei progressi di paesi all’avanguardia come quelli nordeuropei e scandinavi, a scalare posizioni nell’agenda degli interventi urgenti per il rilancio della nostra economia: “Ma ci arriverà presto e noi siamo pronti, potendo già offrire ai nostri clienti servizi accessori come la consulenza sull’energy savings - prosegue il manager genovese Se il fil rouge dell’armamento italiano è stato negli ultimi anni il potenziamento delle flotte, un trend necessariamente arrestatosi e in via di stabilizzazione con il recente leggero calo sul tonnellaggio di bandiera, il tema odierno, su cui stiamo impiegando molte risorse, è l’ottimizzazione dei consumi”. Le dinamiche illustrate da Damonte hanno un riflesso evidente nei numeri di Bureau Veritas, che nel corso del 2014 ha mantenuto la sua quota di mercato per quanto riguarda l’armamento italiano (circa il 20% del tonnellaggio di bandiera), ma che a livello mondiale ha conosciuto un’espansione importante.


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Con un balzo del 4,5% nel primo semestre, infatti, alla fine dell’anno saranno 10.700 le navi classificate per un tonnellaggio complessivo superiore per la prima volta ai 100 milioni di tonnellate di stazza lorda. Un trend destinato a perpetuarsi se anche l’orderbook a fine giugno era in rialzo del 3,8% in termini di tonnellaggio. E se l’armamento propriamente detto è il core business della Divisione Marine di BV, non va dimenticato che da un paio d’anni il ramo marittimo del registro francese si occupa anche di Offshore. Con interesse crescente, peraltro, come dimostra l’acquisizione, finalizzata a inizio settembre, della società di consulenza specializzata della compagnia MatthewsDaniel, origini texane, headquarter londinese e attività in tutto il mondo. “È un tassello molto importante anche per noi ‘italiani’, perché, oltre che sull’LNG, puntiamo molto sull’offshore per crescere: con il knowhow portato in dote da MatthewsDaniel possiamo senz’altro proporci in modo competitivo anche ai big nostrani, Eni e Saipem in testa” rivela Damonte. Ciò non toglie che il presidio italiano di BV sia intenzionato a mantenere alto l’impegno nel vasto settore del cruising: “Si può dire che sia la nostra vocazione primaria, abbiamo personale altamente specializzato e qualificato 09.02.11 e11:40 Seite pluriennale. 1 un’esperienza E se in Francia il progetto di punta è il Vista

Vittorio Damonte Project che MSC Crociere ha avviato coi cantieri STX di Saint Nazaire, in Italia, sempre per la compagnia di Gianluigi Aponte, abbiamo elaborato e stiamo monitorando il progetto Rinascimento (l’allungamento delle 4 navi di classe Lirica, iniziato a settembre alla Fincantieri di Palermo: BV ha in classe la terza e la quarta delle quattro navi) e stiamo seguendo la costruzione di due nuove navi da crociera: Le Lyrial, unità superlusso che Fincantieri sta realizzando ad Ancona per Compagnie du Ponant, e Seven Seas Explorer, unità da 54.000 tonnellate affidata ai cantieri di Sestri Ponente” chiude Damonte. Andrea Moizo

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Tefin, da un contesto degradato verso la globalizzazione P

rofessionalità, duttilità e internazionalizzazione. Parole d’ordine per Luigi Minieri, alla guida della società consortile Tefin, tra le realtà più dinamiche a livello continentale nel settore dell’impiantistica elettrica ed elettronica a servizio di tutti i tipi di unità (traghetti, navi e megayacht); con una vocazione a pensare globalmente confermata anche all’ultima edizione di SMM, l’appuntamento fieristico dell’industria marittima che, nella prima settimana di settembre, ha riunito ad Amburgo oltre 2.100 protagonisti del settore provenienti da 67 Paesi. “Per noi – spiega Minieri – era la seconda partecipazione: un’esperienza senza dubbio interessante e proficua che ci ha permesso, con uno stand dedicato, di presentare la nostra offerta e di confrontarci con i principali player del comparto”. In che condizioni Tefin si è presentata all’appuntamento tedesco? Il periodo più difficile della crisi è stato superato facendo leva soprattutto sull’organizzazione e la strutturazione dell’azienda. Abbiamo registrato solo una lieve flessione dei risultati e possiamo contare su un portafoglio di ordini che ci impegnerà fino al 2015. In questo contesto, la carta vincente è risultata senz’altro l’alto grado di professionalizzazione dei servizi offerti. Uno degli elementi su cui abbiamo puntato, fin da subito, è stato l’aggiornamento continuo dei nostri tecnici. Sia con la partecipazione a corsi di upgrade sia con la formazione interna del nostro Training Center. È difficile trovare personale specializzato? Ci confrontiamo con la difficoltà della scuola italiana a interfacciarsi con le esigenze del mondo del lavoro. In genere, non riscontriamo le conoscenze tecniche adeguate. Così puntiamo alla “forma mentis”, al grado di volontà e di iniziativa del singolo per poi occuparci direttamente noi della formazione. Poi ci sono le eccezioni. Recentemente abbiamo assunto quattro ragazzi usciti dall’Istituto Nautico. Avevano già un buon bagaglio di conoscenze grazie agli stage frequentati presso alcune aziende. Da questo punto di vista anche noi abbiamo deciso di fare la nostra parte imboccando la strada della collaborazione con gli istituti di formazione. Ma la carenza maggiore riguarda la conoscenza delle lingue, uno strumento imprescindibile in un mondo sempre più integrato. Quanto è importante la spinta verso l’internazionalizzazione? Per noi è fondamentale. Siamo promotori

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di Marine Maintenance Service Net, network di assistenza globale che presiedo. Proprio in occasione di SMM abbiamo tenuto il primo meeting delle rete che mette insieme 12 aziende di Singapore, Cina, Argentina, Venezuela, Grecia, Turchia, Spagna, Polonia e Olanda. L’obiettivo è semplice: offrire attraverso una partnership mondiale servizi in tempo reale. Se un cliente ha un guasto in un determinato Paese non dovrà aspettare che un nostro tecnico lo raggiunga; tramite noi otterrà sul posto le risorse professionali di cui necessita con un grosso risparmio in termini di tempo ed economici. Nel corso dell’incontro abbiamo tirato le fila del primo anno di attività, verificato le valenze dell’iniziativa e, soprattutto, raccolto nuove adesioni in via di formalizzazione. Ed è solo l’inizio. L’introduzione di nuove tecnologie green per le navi influirà sul futuro di Tefin? Senza dubbio. L’introduzione di standard ambientali più stringenti chiama in causa direttamente le prestazioni degli impianti elettrici delle unità, la necessità di tenere sotto controllo i consumi. Gli effetti già si vedono: importanti armatori hanno già acquisito il sistema di monitoraggio che abbiamo interamente sviluppato e realizzato all’interno dell’azienda. Quali sono gli obiettivi di breve-media scadenza? Ad oggi l’offshore è ancora marginale nel nostro portafoglio ma contiamo di espandere la nostra quota di mercato. In generale, intendiamo potenziare la nostra struttura all’estero. In un settore fortemente integrato come quello armatoriale risulta fondamentale la fidelizzazione della clientela. E l’unico modo per ottenere questo risultato è porsi come interlocutore vicino, affidabile e duttile nella risposta ad esigenze che vanno via via moltiplicandosi. È difficile proiettarsi verso il mondo partendo da Napoli? Con il passare del tempo diventa sempre più un handicap. Napoli purtroppo sembra essere scivolata fuori dalle dinamiche che contano. Ormai circa l’80% della nostra attività si svolge fuori i confini della Campania; per la metà all’estero. Manca, purtroppo, una mentalità imprenditoriale senza la quale sarà sempre più difficile recuperare il tempo perduto. Però, proprio per questa negatività, il nostro impegno quotidiano diventa anche una sfida esaltante. Emergere da una realtà così difficile ti rende fiero e ti procura grandi soddisfazioni. Specie quando, come è accaduto in occasione dell’appuntamento di Amburgo, armatori tedeschi ti fanno i complimenti. Giovanni Grande


Salvage

Tug ANACAPRI

BHP

4400

Salvage

Tug PUNTA RONDINELLA

BHP

2205

Salvage Escort Tug DRITTO

BHP

5550

Salvage

Tug ARMANDO DE DOMENICO

BHP

5300

Salvage

Tug PUNTA SCUTOLO

BHP

3750

Salvage Escort Tug SAN GENNARO

BHP

5550

Salvage

Tug GALESUS

BHP

3750

salvage

Tug SAN BENIGNO

BHP

2205

Salvage Escort Tug CAPO S. VITO

BHP

5550

Salvage

Tug GUARRACINO

BHP

4400

Salvage

Tug SAN CATALDO

BHP

3090

Salvage

Tug VESUVIO

BHP

2205

Salvage

Tug MAGNA GRECIA

BHP

5300

Salvage

Tug SANT’ELMO

BHP

3750

Psv

GARGANO

BHP

5450

Salvage

Tug MASTINO

BHP

3090

Salvage

Tug TARENTUM

BHP

2205

Psv

PORTOSALVO

BHP

6310

Salvage

Tug PUNTA CAMPANELLA

BHP

3750

Salvage Escort Tug

BHP

5550

SV

ENEA

BHP

8880

CHERADI

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“Shipping and the Law” la quinta edizione a Napoli “N

apoli può ripartire. Liberata dai condizionamenti ambientali ha le energie adatte a superare di slancio i fattori di degrado che la bloccano”. L’avvocato Francesco Saverio Lauro, primo presidente dell’Autorità portuale di Napoli, managing partner di uno studio legale che copre l’intera filiera dello shipping, ci crede ancora. Anche quest’anno, al principio dell’autunno, è indaffarato nell’organizzazione della sua “Shipping and the Law”, la conferenza (7-8 ottobre) che riunisce nel capoluogo partenopeo il gotha del settore marittimo internazionale. Un’iniziativa, giunta alla quinta edizione, che punta anche a dare risalto ad un’industria armatoriale “tra i pochi punti di riferimento sani per la città”. Perché questo stretto rapporto tra Napoli e Shipping and Law? Viviamo in un momento difficile, in cui tutti gli occhi sono puntati sulla città. La conferenza vuole mostrare anche i lati positivi, la presenza di un settore industriale che possiede circa la metà del tonnellaggio della flotta nazionale ed è caratterizzato, innanzitutto, da una grossa cultura di fondo. Anche per questo, dopo le edizioni scorse ospitate a Villa Pignatelli e a Santa Chiara, abbiamo replicato la scelta di affidarci a location suggestive, legate alla storia e alla bellezza di Napoli. Quali novità per l’edizione 2014? Si tratta di un appuntamento “potenziato” che si svolgerà su due giornate.

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Nella prima Palazzo du Mesnil, nel cuore del centro storico, ospiterà un workshop pre-conferenza dal titolo “Ecoship: investing in new technologies”; il giorno dopo il complesso monumentale Donnaregina sarà protagonista della giornata istituzionale mettendo a disposizione dei partecipanti luoghi di grande impatto evocativo come il coro gotico. Di cosa si discuterà? Come nostra tradizione punteremo più alla qualità che alla quantità. Il workshop sulle Ecoship è organizzato in collaborazione con il Gruppo Giovani Armatori di Confitarma, presieduto da Andrea Garolla di Bard, e da Atena (Associazione Italiana di Tecnica Navale), guidata da Alberto Moroso. L’appuntamento vedrà anche la partecipazione di Emanuele Lauro, uomo dell’anno dello shipping, che con la sua Scorpio’s gestisce una modernissima flotta di 150 navi. Tutte unità con prestazioni competitive non solo in merito al rispetto ambientale ma anche per l’efficienza energetica. Ampio spazio sarà dedicato ai motori, alla progettazione e agli aspetti contrattuali riguardanti le nuove costruzioni e le operazioni di retrofit con un panel che prevede la presenza di Ugo Salerno (Rina), Didier MichaudDaniel (Bureau Veritas), Apostolos Poulovassilis (LR’s). E nella giornata successiva? I temi della prima parte guarderanno ai nuovi equilibri geopolitici, alle sfide globali, alle decisioni strategiche per

un settore come lo shipping che ha come orizzonte il mondo intero. Tra gli ospiti i presidenti di Confitarma, Emanuele Grimaldi, Fincantieri, Vincenzo Petrone, il managing partner di RS Platou, Richard Fulford-Smith, e il past president di ECSA, John C Lyras. Nella seconda parte di giornata, più tradizionale, si discuterà di finanza, con la co-presidenza di Jeffrey Pribor, head of maritime investments di Jefferies, con la partecipazione delle principali banche del settore e di rappresentanti di private equity. Assicurazioni, volatilità dei mercati, innovazioni nelle assicurazioni e contratti di noleggio al centro dei panel co-presieduti da Mauro Iguera, amministratore delegato di CR Marine & Aviation, e Federico Deodato, amministratore delegato di PL Ferrari & Co, e da Francesco Berlingieri, presidente onorario del CMI e Clive Aston, presidente della LMAA. Dal suo particolare punto di vista come giudica la situazione dello shipping? C’è una grandissima incertezza. A partire dal Nord Europa, laddove entreranno dapprima in vigore i limiti di emissione per i carburanti. Scegliere le soluzioni tecnologiche adatte – si tratti di scrubber o di motorizzazioni a gas – risulta difficile alla luce delle possibili oscillazione del prezzo del bunker. Stando così le cose non è possibile predire quale soluzione possa risultare più conveniente. In che modo si può uscire dall’at-


Francesco Saverio Lauro tuale situazione di crisi? La risposta sta nel migliorare le basi culturali dei giovani. E il discorso vale tanto per le particolarità del settore marittimo che in generale. Nel nostro Paese va rivisto il sistema formativo. Oggi in Italia si vive un paradosso. È aumentata la possibilità di fare esperienza all’estero, di confrontarsi con altre realtà ma manca qualsiasi incentivo, una volta trovato il successo, a ritornare in patria. E questo perché non c’è meritocrazia. I grandi imprenditori italiani, la maggior parte di essi, puntano sulla seduzione piuttosto che sulle competenze. Questa, forse, la ritrovi solo nelle piccole – medie aziende. Cosa pensa della riforma dei porti?

Sono scettico. Non vedo come chi non è riuscito a cambiare la legge in questi venti anni possa farlo adesso. Fosse per me non cambierei molto. Certo, snellirei il comitato portuale, combatterei, in generale, l’elefantiasi degli apparati. Punterei anche ad abbassare gli stipendi dei presidenti, perché le Ap non possono essere territorio di caccia per poltrone: è assurdo che chi non riesce a guadagnare certe cifre nel privato debba poi rifarsi a scapito della comunità. Nemmeno l’idea di Lupi dei grossi distretti logistici mi convince. Quando diventai presidente del porto di Napoli, Giuseppe Galasso mi spiegò l’indissolubile legame tra i porti e le città retrostanti, i mercati di riferimento. Come si fa a tenere insieme realtà radicalmente differenti? Altro discorso, invece, la scelta di delegare la programmazione a livello centrale. L’esperienza a Piazzale Pisacane? Il porto nel 1996 scontava una situazione pregressa in cui i finanziamenti non erano mai stati abbondanti. Quando riuscimmo a sbloccare le risorse, a differenza di altri scali, non ripianammo i bilanci, tenuti sempre sotto controllo, ma puntammo ad un disegno organico, riuscendo a realizzare tutte le infrastrutture progettate; a parte il terminal di Levante, che aveva bisogno di un diverso inquadramento normativo. In quegli anni facemmo di certo più degli altri scali italiani ma fu persa un’occasione poiché non ci fu una vera volontà di agire su aree importanti come Napoli

Est. Questo intralciò una seria pianificazione. Di chi la colpa? Di un sistema di relazioni politiche, sindacali e imprenditoriali bloccato nella difesa di interessi costituiti. Il tombamento della darsena, credo, non era visto da tutti gli imprenditori portuali come un fattore positivo. Aprire il porto, renderlo più grande, avrebbe significato l’ingresso di nuove energie. Stesso discorso per l’apertura dello scalo alla città. Si trattò di una svolta culturale ma fu una scelta amputata, piena di ostacoli. Il risultato, a fronte di un restauro filologico della Stazione Marittima che avevamo preparato, è il kitch che si vede oggi. Dopo questa esperienza il pieno impegno nell’attività legale Il nostro studio copre l’intera filiera nel settore del diritto della navigazione, del diritto commerciale e del diritto internazionale privato. Nell’ultimo periodo siamo particolarmente attivi nella ristrutturazione dei piani d’impresa, uno dei portati della crisi. Rappresentiamo, inoltre, anche un gruppo di creditori nei confronti del Gruppo Deiulemar per un ammontare di circa 100 milioni. Nel corso degli anni, inoltre, abbiamo maturato significative esperienze per operazioni di acquisizione e fusione, accordi di partenariato e joint-ventures nei confronti di alcuni tra i maggiori gruppi armatoriali, bancari e finanziari italiani ed esteri. Giovanni Grande

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propeller / porto&diporto

Propeller, rinasce il Club Roma-Civitavecchia

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el 2014 il Propeller ha sviluppato molte attività sia a livello locale che a livello nazionale. I clubs attivi sono cresciuti con la rinascita nello scorso mese di giugno del Club di Roma-Civitavecchia con la Presidenza di Gianandrea Palomba. Siamo arrivati quindi a ben 20 Clubs in Italia: Torino, Milano, Mantova, Savona, Genova, La Spezia, Bologna, Venezia, Monfalcone, Trieste, Livorno, Civitavecchia-Roma, Napoli, Salerno, Sardegna, Palermo-Isole Eolie, Crotone, Taranto, Brindisi e Ravenna. Il Club di Roma ha una lunga storia che mi piace raccontare. Era già attivo una quarantina di anni fa e ho ricordato, in occasione della ricostituzione a giugno del Club laziale, che il mio primo Club è stato proprio quello di Roma di cui conservo gelosamente la tessera dell’anno 1974! Perchè Roma e non Napoli dove ho sempre vissuto? Certamente ho sempre lavorato molto anche con Roma (Ministeri, Associazioni, etc.) ma la ragione principale è che a quel tempo il Club di Napoli era un Club “esclusivo” di solo una quindicina di Soci che difficilmente avrebbe accettato l’iscrizione di un giovane “apprendista dello shipping”... Fortunatamente oggi la filosofia dei Propellers e’ cambiata e molti Clubs (Napoli in primis) hanno aperto molto ai giovani che costituiscono una parte importante della nostra vita associativa. Dicevo che Civitavecchia-Roma è ripartita e molto bene con grande supporto anche di Donato Caiulo (Presidente di Brindisi e Ingegnere al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici),di Fiorenzo Milani (PastPresident di Livorno e Vice Diretttore della Fedepiloti a Roma) e di Riccardo Fuochi (Presidente di Milano e da tempo promotore di un Club romano).Roma-Civitavecchia potrà attrarre oltre ai Soci locali anche soci di altri Clubs che potranno aderire al Club romano come secondo Club. Ma veniamo alle tematiche nazionali: venerdì 14 novembre si terrà a Monfalcone (Club sempre molto attivo) l’Assemblea annuale, importante quest’anno perchè elettiva. Il Convegno che accompagnerà l’Assemblea sarà dedicato a “L’Eccellenza dell’Ingegneria italiana” che particolarmente nel nostro settore costituisce certamente una best practice a livello

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Da sin. il Segretario Generale dell’IMO Koji Sekimizu ed Umberto Masucci mondiale. insieme a Click Utility di Carlo Silva ha organizzato la manifestazione brillanteParteciperanno all’Assemblea ed mente, lasciatemelo dire, e soprattutto al Convegno i rappresentanti dei 20 ringraziare tutto il Consiglio Direttivo ed Clubs nazionali in rappresentanza dei i numerosissimi Soci che hanno contriquasi 1,500 soci che fanno dell’Italia buito per mesi all’organizzazione di un di gran lunga il primo Paese d’Europa, evento di livello mondiale. se pensiamo che gli altri 9 paesi della Una cinquantina di eventi, oltre 3.000 nostra area geografica che ospitano persone, un centinaio di brillanti relatoClubs del Propeller (Portogallo, Spari, una quarantina di nazioni presenti, la gna, Francia, Montecarlo, Inghilterra, partecipazione del Segretario Generale Belgio, Svizzera, Grecia e Turchia) ardell’IMO Koji Sekimizu (solo per citare rivano complessivamente a 3.000 soci. il massimo partecipante alla NSW, hanAltra importante differenza dagli altri no dato grande lustro a Napoli ed allo paesi europei e la struttura dei Clubs: shipping partenopeo. A conclusione poi in Italia, come negli altri paesi europei, dei lavori una bellissima Cena Napolel’attività principale viene svolta dai sintana organizzata con la collaborazione goli Clubs ma il Propeller nazionale asdell’Arch. Rosy Fusillo ha fatto da corsicura la guida ed il coordinamento delnice ideale agli incontri della settimana. le attività locali nell’interesse dei singoli Abbiamo dimostrato che il lavoro di Clubs che hanno così una opportunità squadra paga ricevendo complimenti di scambio e di confronto sulle rispettida tutti i partecipanti, dovremo ora dare ve attività. continuità al progetto pensando già alla La best practice italiana, va ricordato, NSW del 2016 (nel 2015 saremo a Geè frutto dell’attività svolta già una trennova per la Genoa Shipping Week). tina di anni fa quando i Clubs italiani Concludiamo il 2014 ma già pensi resero conto che la dipendenza dal siamo al 2015, anno in cui si terrà la Propeller degli Stati Uniti era costosa e Convention Nazionale che ogni due fondamentalmente inutile. anni rappresenta l’evento più importanA quel punto l’attività di coordinate dei nostri Clubs (ricordo che l’ultima mento fu affidata ad una Segreteria si è svolta con successo a Napoli nel nazionale, formula che negli anni si è 2013). Nel 2015 la Convention sarà dimostrata vincente. organizzata dai nostri colleghi milaneCredo proprio che altri Clubs europei si che sfrutteranno la concomitanza seguiranno nel futuro l’esempio italiadell’EXPO per dare grande visibilità al no. Propeller e a tutto il settore dello shipLast but not least la Naples Shipping e della logistica nazionale. ping Week, settimana marittima che si Umberto Masucci - Pesidente è svolta a Napoli dal 23 al 28 giugno Nazionale Propeller Club scorso: il Propeller Club Port of Naples


crociere / porto&diporto

Dal legname a Zaha Hadid la via delle crociere a Salerno L

a storia delle crociere nel porto di Salerno comincia alla fine degli anni novanta in prossimità di un carico di tronchi. Da allora lo scalo campano ha percorso molta strada come testimonia l’affollata settimana di Ferragosto di quest’anno quando sono attraccate tre grandi unità di MSC Crociere, Costa e Royal Caribbean con a bordo complessivamente circa 10 mila passeggeri. Un lungo e costante percorso di crescita che sta portando il secondo porto della Campania ad assestarsi in modo permanente nei tradizionali circuiti mediterranei; una traiettoria i cui punti sono uniti per PORTO&diporto dall’Avv. Orazio De Nigris, CEO – Chief Executive Officer di Salerno Stazione Marittima S.p.A., tra i protagonisti di questa avventura e vera e propria memoria storica della vicenda. Come arrivano la crociere a Salerno? Il primo passo nasce dall’iniziativa di alcuni imprenditori salernitani per sopperire alla carenza di strutture di ricezione nel porto. Fino a quel momento la presenza di navi da crociera era estemporanea, subordinata alle attività svolte a Sorrento, Amalfi o Positano. Quando, in occasione di uno di questi scali, in una giornata dalle condizione meteo-marine avverse, i crocieristi furono costretti a passare in condizioni di grande disagio in un’area dedicata alle merci varie, capimmo che era il momento di agire. Costituimmo una società ad hoc, Salerno Stazione Marittima, con l’obiettivo di acquistare moduli prefabbricati da assemblare nel luogo in cui sbarcava la nave. L’idea vincente fu quella di sfruttare la mobilità per offrire un servizio. In pratica, inseguivate i turisti?

Orazio De Nigris Esatto. La prima unità fu servita il 4 settembre del 1998. Proseguimmo con questa impostazione fino al 2001, anno di istituzione dell’Autorità portuale a Salerno, quando con un’azione in sinergia con l’ente si optò per una sistemazione stabile del primo “Punto Mare” al Molo Manfredi, in una struttura che fu adibita successivamente anche in funzione del traffico traghetti nell’ottica di una razionalizzazione delle risorse. Il momento della svolta? Arriva nel 2007 quando MSC Crociere opta per Salerno inserendola stabilmente fra le proprie destinazioni come home port. Da allora lo scalo finisce di essere una meta estemporanea per diventare una tappa stabile di circuiti consolidati. L’essere home port di uno dei principali player del settore ha facilitato, successivamente, l’arrivo di altre prestigiose compagnie. Basti pensare che siamo passati da una movimentazione iniziale di 70-80 passeggeri imbarcati a scalo, ai picchi attuali di 600/650. La stessa stagionalità ne ha tratto beneficio: da un’attività espletata nei soli mesi di luglio e agosto siamo passati a coprire il

periodo marzo-novembre. Quali vantaggi offre Salerno? Una posizione baricentrica rispetto a realtà storico, culturali, paesaggistiche di rilevanza mondiale come la costiera amalfitana, Capri, Pompei e Paestum. Il nostro compito deve essere quello di incrementare questo beneficio con l’offerta di servizi di qualità a costi contenuti, obiettivo che riusciremo a consolidare con le infrastrutture idonee in via di completamento. Per quanto riguarda, invece, i turisti che scelgono l’escursione in città sottolineerei tre dimensioni non da poco: la sicurezza, il clima ottimale e la recente trasformazione urbana che ha portato la nostra città alla ribalta nazionale. Quali sono le prospettive per il futuro? Intanto, per quest’anno registreremo ottimi risultati, in linea se non superiori al 2013. Quando sarà pronto il Polo crocieristico con la Stazione Marittima di Zaha Hadid e la banchina dedicata saremo in grado di gestire il settore in maniera autonoma, razionalizzando tutti i traffici del porto. Presumibilmente entro l’inizio della stagione 2016-17, se non prima, saremo in grado di pianificare approdi stabili in infrastrutture dedicate. Come giudica le numerose visite di crocieristi ai Giardini della Minerva, in occasione delle manifestazioni di Ferragosto? Si è trattato di una piacevolissima sorpresa. L’allungamento degli orari mi sembra un segnale che va nella direzione giusta. Quella di una fruibilità delle risorse cittadine in grado di stimolare la presenza turistica, indipendentemente dalla sua origine. È una leva che va sfruttata anche per invogliare i crocieristi a scendere dalla nave e restare a Salerno. Si ipotizza la costruzione di un secondo molo da dedicare alle crociere, cosa ne pensa? Io penso che bisogna partire da ciò che abbiamo. Innanzitutto mettere a regime le infrastrutture che ci saranno consegnate a breve per consolidare il ruolo del nostro scalo all’interno del circuito internazionale. Poi è chiaro che l’ipotesi di un potenziamento del settore non mi vede contrario. Anzi risponderò traducendo un proverbio di queste parti: “non aver paura di cose buone”. Giovanni Grande

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crociere / porto&diporto

Crociere, Salerno baricentro di nuove mete alternative I

l consolidamento di Salerno nel novero dei principali porti crocieristici passa anche da un’attenta analisi del mercato. Se la posizione baricentrica, i servizi efficienti e il potenziamento infrastrutturale hanno garantito la crescita dello scalo in questo particolare segmento di attività è arrivato anche il momento di interrogarsi sulla sua natura. E su quelle tendenze di mercato meno evidenti che interpretate per tempo garantirebbero un ulteriore salto di qualità. “E’ la chiave di volta per valorizzare gli sforzi compiuti in questi anni dal sistema – Salerno e per contribuire ad un coinvolgimento del territorio più capillare”. Antonia Autuori, presidente di Salerno Stazione Marittima spa, non rinuncia, come d’indole, alle visioni d’insieme e risponde ad alcune questioni sulla situazione del comparto. In che stato di salute trova Salerno? I numeri della stagione crocieristica parlano da soli. Ciò che in realtà fa ben sperare nel futuro è la consegna a breve di quelle opere infrastrutturali che permetteranno una migliore programmazione degli accosti. Ad oggi non si può negare che l’arrivo di una grande nave da crociera tolga spazio alle attività commerciali. Certo, il congestionamento non è ancora tale da creare problemi di convivenza ma sia con la Stazione Marittima, sia con la banchina dedicata sarà finalmente garantita la piena polifunzionalità dello scalo. Di questo beneficeranno tutti i settori di attività. Quale ruolo vede per il porto nel circuito crocieristico regionale? Nella situazione attuale stiamo attra-

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versando una fase di consolidamento che ci vedrebbe, almeno teoricamente, in alternativa secca a Napoli. Considerando la fattibilità economica, la tendenza ad allungare le rotte per ammortizzare il costo del bunker, la rotta successiva prevista dalle compagnie una volta giunte in Campania è per forza di cose Civitavecchia o, meglio ancora, Genova. Tuttavia non va sottovalutata la tendenza alla diversificazione delle mete. Da questo punto di vista la nostra realtà diventa una validissima alternativa, permette di alimentare rotazioni meno scontate rispetto alla tradizione ed in più vicinissime ad eccellenze come la costiera amalfitana e Paestum, pur mantenendo la possibilità di visitare comunque Pompei, Napoli e Capri. E in futuro? Nell’ottica della necessaria diversificazione dell’offerta gli armatori stanno scegliendo Napoli e Salerno a secondo del tipo di crociera proposto. Il modello che prevede l’uso di meno porti di riferimento permette di gestire meglio i flussi di passeggeri ma già MSC Crociere sta invertendo la tendenza mentre Royal comincia a servire scali molto vicini come Salerno e Sorrento. È un fenomeno da seguire attentamente, in continua evoluzione. E richiede un certo grado di flessibilità e differenziazione delle offerte territoriali Molti contestano gli effetti economici dell’attività legata alle grandi navi da crociera. Secondo alcuni studi il singolo crocierista lascia a terra, in media, 60-70 euro. Sono pochi, sono molti, quali sono i margini? Dobbiamo dire però che sono comunque una ricaduta sul

territorio anche in termini occupazionali. Il crocierismo di massa ha la tendenza a costituire un circuito di consumo chiuso, concentrato sulla nave. Ma non bisogna dimenticare che su una unità da 3 mila passeggeri ci sono almeno 100 – 200 posti dedicati al segmento extralusso, con profili caratterizzati da una forte propensione alla spesa. Per una città come Salerno dove è presente una certa attività artigianale non possono che rappresentare una risorsa. Salerno solo punto di passaggio per Pompei e costiera amalfitana? È chiaro che chi vende il porto di Salerno fa riferimento a quello. Tuttavia si potrebbe lavorare per coinvolgere meglio l’area della provincia. Allo stato attuale, ad esempio, Paestum non è ancora un punto di attrazione, come potrebbe essere, per una mera questione di tempistica. C’è poi la possibilità di organizzare tour enogastronomici o di creare circuiti alternativi per il crocierista di ritorno interessato a conoscere altre realtà. Basti pensare a monumenti di assoluta rilevanza come la Badia a Cava dei Tirreni, i musei archeologici di Salerno e Pontecagnano, il museo diocesano, l’area archeologica di Bucino ed Agropoli, con le ricchezze del Cilento. Ma per promuovere questo tipo di prodotto presso gli armatori c’è bisogno di precise scelte politiche di marketing territoriale, in grado di coagulare il sistema istituzionale e imprenditoriale su un obiettivo comune. Segnali in questa direzione ci sono e sono incoraggianti: si sta lavorando perché sia sempre di più Salerno, insieme alle altre aree della provincia, la destinazione finale dei croceristi. Giovanni Grande


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crociere / porto&diporto

I giganti Royal Caribbean approdano in Italia

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inalmente anche l’Italia ha ospitato la nave più grande del mondo, l’Oasis of the Seas. Infatti lo scorso 15 e 16 settembre questo gigante dei mari è approdato per la prima volta nei porti di Civitavecchia e Napoli dove sono state organizzate le tradizionali cerimonie di “maiden call”. Per Royal Caribbean International l’avvento nei nostri porti di “Oasis” per questa breve stagione mediterranea è stata una prova generale per quello che succederà l’anno prossimo: nel 2015 da fine maggio ad ottobre la “sistership” Allure of the Seas imbarcherà i passeggeri italiani a Civitavecchia nel corso di regolari crociere settimanali che toccheranno anche Napoli e La Spezia. Ma vediamo le caratteristiche di queste navi uniche nel panorama mondiale: hanno una stazza lorda di 225.282 tonnellate per una lunghezza fuori tutto di 361 metri. Sono gli oggetti mobili più grandi che l’uomo abbia mai realizzato, un concentrato di tecnologia per la cui realizzazione è stato coinvolto uno dei cantieri più blasonati al mondo, gli stabilimenti di Turku in Finlandia di STX Europe. Per fare un paragone con la nave più famosa e sfortunata della storia, possiamo dire che le navi di classe Oasis sono grandi cinque volte il Titanic. Mai nessuna nave aveva ospitato tante persone in tempo di pace:

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a bordo troviamo 2.704 cabine che permettono di ospitare un massimo di 6.360 passeggeri inclusi i letti extra, e a questi dobbiamo poi aggiungere 2.160 persone dell’equipaggio. Queste navi sono come delle piccole città itineranti di circa 8.500 persone ed infatti sono divise in sette quartieri. La distribuzione degli spazi alberghieri è altamente innovativa mantenendo sempre, come da tradizione Royal Caribbean, un favorevole rapporto tra numero di passeggeri e spazio destinato ad ogni ospite. La prima caratteristica che si nota è la larghezza di queste navi che ha permesso di realizzare tre grandi ambienti centrali su cui si affacciano i locali più importanti e le cabine con vista interna: la grande “Royal Promenade”, cuore della vita notturna della nave, il “Central Park” dotato di ben 12.175 piante vere ed infine il “Boardwalk” che termina con il pittoresco “Aquatheatre” (teatro acquatico di notte e piscina di giorno). Queste navi seguono la filosofia del “Perché no?”, cioè nascono con l’idea di poter offrire al passeggero qualunque tipo di divertimento: a bordo troviamo 7 piscine, 2 vasche “Flowrider” per fare surf, una pista di pattinaggio su giaccio, 2 altissime pareti per l’arrampicata, un solarium panoramico con 2 jacuzzi sospese sul mare, un teatro da 1.380 posti, una grande Spa disposta

su due ponti, innumerevoli locali per la vita notturna, e un ristorante principale disposto su 3 ponti ed altri locali etnici per tutti i tipi di cucina del mondo. Le cabine sono di ben 37 categorie diverse che vanno dalle semplici interne ai loft a due piani con balcone panoramico, quindi anche nella scelta dell’alloggio l’Oasis Class è la più variegata come offerta. Viste le loro dimensioni questi giganti possono essere ospitati solo da pochi porti. Queste due navi finora erano sempre state posizionate tutto l’anno nell’home port di Fort Lauderdale, base ideale per i due classici itinerari alternati verso i Carabi Orientali ed Occidentali di 7 notti ciascuno. Ma la voglia di provarle degli europei che non possono volare oltre oceano forse è stata un ottimo incentivo per convincere l’armatore ad impiegarle anche nel vecchio continente. Inoltre è stata sicuramente decisiva la necessità di portarle in Europa per effettuare il carenaggio previsto dalle norme internazionali. Infatti nei Caraibi non ci sono bacini sufficientemente grandi per ospitarle (così per effettuare questi lavori è stato scelto il cantiere Képpel Verolme di Rotterdam). Il successo di queste navi ha convinto poi Royal Caribbean a ordinare altre due unità di questa classe che saranno realizzate da STX France Cruise presso il suo cantiere di San Nazaire con consegna della prima nel 2016 e della seconda nel 2018. Matteo Martinuzzi


infrastrutture / porto&diporto

Grandi Progetti per Livorno e tornano Zim Lines ed MSC U

n periodo questo caratterizzato da forte dinamismo nel porto di Livorno. Due compagnie armatrici storiche nel porto labronico hanno raggiunto accordi per il loro ritorno e riposizionamento nel porto toscano, si tratta di Zim ed Msc: la prima porterà il servizio dal Mediterraneo alla Costa Orientale degli Stati Uniti, la seconda aumenterà del 40% il proprio traffico container. Nei giorni scorsi il direttore generale di Zim Italia Gal Shacham è giunto in Darsena Toscana ricevuto da Luca Becce, amministratore delegato del Terminal Darsena Toscana, e dal suo staff per soprintendere allo sbarco di un certo numero di contenitori vuoti della sua compagnia, al fine di avviare il servizio. La prima nave che opererà da Livorno, con partenza prevista per mercoledì 1º ottobre, sarà la “Zim Monaco”, bandiera di Malta, 40mila tonnellate di stazza lorda, 4400 teu di portata, che con i suoi 260 metri di lunghezza e 33 di larghezza non avrà problemi ad entrare e manovrare al Terminal. La Msc invece è stata protagonista di un accordo di vasta portata insieme alle istituzioni locali che adegueranno il porto in base alle necessità della compagnia che fa capo a Gianluigi Aponte: questa in cambio si è impegnata in un forte aumento del proprio traffico containerizzato, dagli 80mila teus del 2013 a circa 105mila teus. L’Autorità portuale si impegna a compiere entro dicembre 2015 i lavori necessari a rendere operativa la banchina della calata Bengasi (per un importo di 1,7 milioni di euro). Inoltre darà avvio ai lavori per realizzare in attraversamento del canale di accesso al porto, in zona Torre del Marzocco, un tunnel sottomarino capace di accogliere i nuovi oleodotti di Eni spa. Si tratta di opere del valore di circa 6,1 milioni di euro. Mentre l’importo dei lavori di dragaggio del canale di accesso necessari a portarlo ad una profondità di 13 metri è di circa 10 milioni di euro. La Regione Toscana si impegna a concedere al porto di Livorno ulteriori 4,5 milioni (1,5 milioni all’anno) di finanziamenti per il triennio 2015-2017 da destinare alle attività di dragaggio portuale (oltre ai 4,5 milioni già concessi). Ma molto

Giuliano Gallanti importanti risulteranno anche i lavori di infrastrutturazione ferroviaria come spiega il presidente dell’Autorità Portuale Giuliano Gallanti. Presidente a che punto è il programma di connessione ferroviaria del porto? E’ stato firmato nei giorni scorsi (17 settembre ndr) il documento di consegna alle Ferrovie delle aree necessarie per i lavori di realizzazione del collegamento ferroviario del Terminal Darsena Toscana e la rete ferroviaria. E’ un passaggio decisivo per lo sviluppo del nostro porto che alla stregua dei grandi porti del Nord Europa si doterà di un collegamento ferroviario diretto da banchina a destinazione. Le infastrutture per il trasporto su ferro risultano strategiche per esse-

re più competitivi? Da subito miglioreremo l’offerta logistica del porto che certamente lamentava la necessità di efficienti collegamenti su ferro. Ma i ritorni di questa realizzazione si avranno a medio termine quando a beneficiarne sarà la Piattaforma Europa, il grande terminal contenitori che sorgerà su un ampissima area e che sarà all’avanguardia anche per via di questo collegamento ferroviario. Va ricordato che il porto di Livorno è uno di quelli inseriti nella Rete Ten-T e quindi la sua importanza e le sue potenzialità sono chiare. Questi sono gli investimenti che piacciono agli Armatori… Per il collegamento ferroviario si tratta di un investimento importante, di circa quaranta milioni di euro, di cui 20 di finanziamento regionale, 13 di fondi europei e 7 dell’Autorità Portuale. Ma non è l’unica opera importante che stiamo portando avanti. L’allargamento dell’imboccatura del porto fino a 100 metri assieme all’escavo dei fondali nel bacino di evoluzione e presso le banchine del Terminal Darsena Toscana sia a ponente sia a levante, rappresentano momenti fondamentali per lo sviluppo del porto labronico. Certamente i nostri sforzi hanno dato il giusto segnale alle compagnie, per ultima Msc Crociere che torna a scalare le nostre banchine e nei prossimi mesi gli operatori potrebbero darci altre buone notizie di questo genere. Fabrizio De Cesare

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infrastrutture / porto&diporto

Livorno, Piattaforma Europa rilancerà i traffici del porto A

bbiamo in mano le carte giuste ma il piatto piange. Se volessimo spiegare con un eufemismo la situazione del porto di Livorno riguardo i container forse questa sarebbe la giusta definizione. Abbiamo le carte giuste perchè Livorno ha già quello che gli serve per incrementare i suoi volumi, il piatto piange perchè mancano le garanzie necessarie a rendere il porto appetibile e sicuro per grandi alleanze come quelle che si stanno sviluppando in questi anni. Questa è la situazione attuale dello scalo labronico, un porto che serve l’hinterland toscano e del centro Italia ma, allo stesso tempo, non riesce ad offrire servizi importanti e di buona stiva per rotte fondamentali come quelle con il Far East che ormai vedono giganti del mare

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da più di 16.000 teu solcare le acque internazionali. Dal punto di vista degli investimenti invece Luca Becce, Amministratore delegato del Terminal Darsena Toscana, conferma che gli appalti recentemente aggiudicati permetteranno allo scalo labronico di mantenere i suoi traffici e, perchè no, anche di attirarne di nuovi. Ci tiene a precisare inoltre che quella della Darsena Toscana è una realtà solida, non ci sono problemi di bilancio o di indebitamento anche se, rispetto alle potenzialità produttive, Livorno è molto sottoutilizzata. Il terminal TDT infatti avrebbe la possibilità di accogliere, mantenendo gli stessi livelli di efficienza, circa 600.000 teu all’anno anche se attualmente è utilizzato circa al 50% delle sue potenzialità. Becce, nonostante la sua lunga esperienza

genovese, punta all’eccellenza toscana affermando che Livorno non è ancora fuori dai giochi perché è lo scalo di riferimento della regione e lo spostamento su porti concorrenti come La Spezia o Genova ha costi logistici più elevati. Sfortunatamente la situazione attuale dei dragaggi e le ridotte dimensioni del bacino di evoluzione non danno a TDT quell’affidabilità che attualmente altri porti riescono a fornire. Tuttavia c’è un progetto, la Piattaforma Europa, per Becce “il progetto”, che se portato avanti con celerità riuscirà a rilanciare il porto di Livor-


no a livello europeo, questo grazie sia alla location strategica dello scalo per tutto il mercato del centro Italia, sia ai recenti sviluppi che consentiranno un allacciamento diretto ai principali corridoi intermodali europei. Luca Becce è AD del Terminal Darsena Toscana, come sta andando questo 2014 rispetto all’anno passato? Al momento non siamo soddisfatti, l’andamento dei volumi è stagnante con addirittura una piccola flessione rispetto al 2013 che comunque è stato un anno, dal punto di vista delle attività e dei movimenti, insoddisfacente. E’ importante anche ricordare che TDT è attualmente molto sottoutilizzato, parliamo di un terminal con una capacità operativa di 600.000 teu ma con solo 265.000 teu lavorati nel 2013 e una previsione di circa 260.000 per il 2014. In questo mese di settembre però ci aspettiamo una ripresa più im-

portante anche perchè si stanno concludendo modifiche nella struttura dei nostri traffici che dovrebbero portare ad un significativo incremento dei nostri volumi. Recentemente sono stati aggiudicati i lavori per il microtunnel che consentirà un allargamento del canale di accesso in porto fino a una larghezza di 100 mt, può essere un fattore determinante per TDT? Assolutamente si, è una notizia estremamente positiva per la quale peraltro noi stessi ci siamo impegnati attraverso le associazioni di categoria e anche direttamente perchè si sbloccasse una situazione ormai ferma da troppi anni. Inoltre l’intervento risolverà solo una parte del problema dei container a Livorno perchè comunque sia, l’allargamento del canale di accesso, non consentirà alle navi che attualmente servono le rotte dirette per il Far East di fare porto a Livorno, questo anche a causa del pescaggio attuale e del bacino di evoluzione. Un fattore di primaria importanza di questo intervento è che ci consentirà di salvaguardare totalmente il nostro traffico per il continente americano che passerà su navi da circa 7.000 teu, il canale quindi sarà una serena possibilità per accogliere navi di questa portata sia di giorno che di

notte. Un intervento che assume ancora maggiore importanza se pensiamo che Livorno è un porto soprattutto “Americano”, sia per l’export che per l’import. Per finire giusto poco tempo fa abbiamo accolto la portacontainer più grande mai attraccata in TDT, la Maersk Kimi con una capienza di 7000 teu, questo dimostra che Livorno può già accogliere e lavorare senza problemi anche navi di questa portata. La P3 è stata bocciata dalle autorità cinesi ma è nata la 2M, che riscontro può avere su Livorno un’ alleanza di questa portata? Premettiamo che questo non è un porto che ha la prevalenza del traffico che si muove sulle rotte Far East/occidente quindi, in parte, non è toccato dal giantismo navale anche se è chiaro che essere tagliati fuori dalla possibilità di rapporto diretto con i traffici del Far East è un problema molto serio, un problema che ci sta angustiando non poco in questa fase dell’anno e che è il fattore scatenante del calo dei volumi che abbiamo registrato nei primi sei mesi del 2014. L’importante ora sarà procedere con interventi che consentano l’accessibilità piena a navi da 8.000 teu che sono già compatibili con la struttura del porto di Livorno. Se così non fosse rischiamo veramente di essere tagliati fuori dalle rotte con destinazioni finali di quel tipo e di diventare solo un porto di feeder con il quale questo terminal, con una operatività maggiore ai 600.000 teu, non ha niente a che fare. L’alleanza CKYHE ha recentemente cancellato il servizio che scalava Napoli, Livorno e La Spezia, inserendo dei feeder che da Napoli e Livorno porteranno il carico a Genova per le connessioni con le navi madre. E’ stato un impatto pesante per i volumi movimentati da TDT? Purtroppo sì anche perchè le aspettative che avevamo su questi feeder, dichiarate dagli stessi armatori, erano decisamente superiori a quelli che poi sono i numeri che abbiamo visto. Questo anche perchè all’inizio i feeder hanno avuto difficoltà di carattere organizzativo, infatti abbiamo avuto un feeder sottodimensionato alle nostre esigenze e questo inizialmente ha creato problemi sia a noi, perchè non abbiamo ricevuto i contenitori che dovevamo, sia ai porti di partenza come Sech e VTE che hanno visto accantonare moltissimo materiale con destinazione Livorno o Napoli perchè il feeder era troppo piccolo per sobbarcarsi di un tale carico. Parlando con i numeri nel 2011 il servizio diretto per il Far East dell’allean-

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za registrava circa 55.000 movimenti annui, ad oggi, considerando anche la situazione feeder, siamo passati a circa 25.000. C’è da aggiungere comunque che gli stessi armatori sono scontenti di questa situazione e hanno esigenze di portare il materiale su Livorno, quindi ci auguriamo che, con il 2015, TDT possa tornare a recuperare un collegamento diretto con il Far East che comunque è il principale mercato sui cui viaggiano le merci. Ci sono state ricadute anche sul personale? Non abbiamo fatto pagare ai nostri lavoratori nessuna delle conseguenze al calo dei volumi, non c’è stato un solo minuto di cassa integrazione o l’adozione di altre misure per ridurre i costi del personale. TDT è una azienda con radici solide, con basi solide, in questi anni non è mai stato chiuso un bilancio in perdita, un azienda che nel panorama delle aziende portuali di Livorno ha sicuramente un ruolo primario di stabilità e di solidità. Il comitato portuale ha prolungato la concessione fino al 2031, su cosa

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dovrà puntare il terminal TDT in questi anni? Noi abbiamo preteso che venisse deliberata la proroga dei 10 anni perchè ci è dovuta dal 2001. Il quadro fatto nel 2001 infatti venne fatto sulla base di previsioni di investimento ancora non realizzate, previsioni occupazionali ancora non realizzate che poi sono state tutte larghissimamente superate. La forza lavoro prevista infatti era di 235 persone quando ad oggi sono 304, gli investimenti previsti nel business plan precedente erano 70 milioni quando oggi ne sono stati spesi circa 82. Ovviamente consolidare la nostra presenza qui e spostare il fine concessione di 10 anni è essenziale per poter continuare a fare gli investimenti necessari a sviluppare l’azienda, per rimanere stabili bisogna investire e questa proroga ci darà lo spazio temporale per fare gli ammortamenti degli investimenti necessari al TDT. La corsa al gigantismo navale sembra accelerare giorno dopo giorno, la Piattaforma Europa, considerando i tempi necessari per re-

alizzarla, potrà essere una risposta adeguata per il porto di Livorno? I tempi per realizzarla sono il fattore importante e su cui agire perchè è fisicamente possibile realizzare la Piattaforma Europa in pochi anni, ci sono già le due vasche di colmata che, insieme, rappresentano una superfice eccedente rispetto a quelle che sono le esigenze di un grande terminal contenitori. C’è però il problema della diga e il problema dei dragaggi di tutto il bacino ma, con questi interventi, si avrebbe forse il più bel porto contenitori italiano, con tutte le condizioni di infrastrutture e di collegamenti logistici che un grande porto deve avere e che Livorno, dal punto di vista delle vie intermodali e stradali, ha già. Questo intervento significherebbe centinaia di posti di lavoro, non ha senso andare a fare terminal contenitori dove i contenitori non ci sono, l’obiettivo deve essere quello di investire in terminal container che chiamano le merci e Livorno è indubbiamente tra questi, richiamando tutto il mercato del centro Italia. Alessandro Talini


infrastrutture / porto&diporto

Gruppo Grimaldi ed MSC investono su Livorno

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randi movimenti sulle banchine livornesi. Se da tempo la situazione non dava cenni di ripresa adesso alcuni grandi imprenditori italiani si stanno interessando ed investono nello scalo labronico. Proprio così, dopo l’entrata di MSC nel terminal container Lorenzini - con l’arrivo della prima nave, la MSC Laura che ha operato 800 contenitori in sbarco e imbarco e la promessa di carichi ancor più significativi - ora è il turno di Grimaldi in Sintermar. Infatti il gruppo armatoriale partenopeo, uno dei più importanti in Europa, capitanato da Emanuele Grimaldi, è entrato nel terminal Sintermar dopo essere stato, da diversi anni, il suo migliore cliente. L’Atlantica S.p.A. di Navigazione, società del gruppo armatoriale Grimaldi, è entrata infatti nel capitale sociale della CO.I.FI. s.r.l. L’operazione è stata effettuata attraverso un aumento di capitale della società finanziaria, sottoscritto dalla stessa Atlantica S.p.A. di Navigazione. CO.I.FI. s.r.l. è presente nel settore portuale attraverso la sua partecipazione come socio al 33%, al pari dei gruppi D’Alesio e Neri, in Sintermar S.p.A., il terminal posizionato sul canale industriale dedicato in passato ai traffici containers ed oggi ai ro-ro. Un’alleanza, auspicano i soci, propedeutica ad una più ampia strategia di investimenti volta al rafforzamento della struttura portuale livornese grazie anche alla fiducia di Grimaldi nella Famiglia Fremura, la cui

Emanuele Grimaldi lunga esperienza nel campo del terminalismo, delle spedizioni e dell’agenzia è nota. “Questa alleanza con un’azienda leader come il Gruppo Grimaldi, rappresenta per noi motivo di grande orgoglio e conferma il sempre costante impegno della nostra famiglia volto allo sviluppo del porto di Livorno”, dichiara Marcello Fremura, presidente del Gruppo Fremura. “Il porto di Livorno è uno scalo strategico per il nostro Gruppo, sia per i nostri traffici di veicoli nuovi, che per la rete di autostrade del mare che abbiamo sviluppato negli ultimi anni”, dichiara Emanuele Grimaldi, Amministratore Delegato del Gruppo Grimaldi, insieme al fratello Gianluca. “Attraverso questo nuovo investimento confermiamo

la nostra volontà di mettere radici nel porto labronico, contribuendo così a sviluppare ulteriori traffici e generare nuova occupazione”, conclude Emanuele Grimaldi. Il gruppo capitanato da Manuel Grimaldi, attuale presidente di Confitarma, è in forte crescita non solo nel Mediterraneo ma anche nel Baltico e sulle coste africane. Il Gruppo partenopeo è presente nel porto di Livorno dal lontano 1968 ed è rappresentato dall’agenzia marittima L. V. Ghianda S.r.l., di cui è socio di maggioranza. Attualmente tocca lo scalo livornese con navi ro/ ro e traghetti tradizionali, collegandolo direttamente o indirettamente agli oltre 120 scali già serviti a livello mondiale. Nel 2013 il Gruppo Grimaldi ha movimentato nel porto di Livorno 238.000 unità tra automobili, van, camion e rimorchi, con un aumento del 6% rispetto all’anno precedente. Nell’anno in corso, il numero di scali previsti dalle navi Grimaldi sarà di circa 770 mentre si dovrebbero raggiungere i 34.000 turni/uomo. Per quello che riguarda il carico movimentato le stime sono di raggiungere le 300.000 unità tra auto, van, camion e rimorchi, un aumento pari al 27% rispetto al 2013. In particolare, è previsto un incremento del volume di rimorchi movimentati pari ad un +120% rispetto al 2011. Dati particolarmente significativi, se si considera l’attuale congiuntura economica e la crisi che colpisce il settore automotive. Alessandro Talini

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infrastrutture / porto&diporto

Porto di Livorno 2000 riconquista le crociere MSC

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i accendono i riflettori sul Seatrade di Barcellona, la più importante fiera di settore tenuta nella splendida cornice della città capitale mediterranea delle crociere, per delineare il futuro del cruise nel Mediterraneo. Un appuntamento importante dove si prefigurano annunci, novità, previsioni ottimistiche e la presentazioni delle nuove love boat che solcheranno prossimamente i mari del mondo all’insegna del turismo via mare, comodo e sicuro. La Porto di Livorno 2000, la società terminalista delle crociere dello scalo labronico, arriva a Barcellona con un bagaglio di notizie positive che riguardano la stagione ancora in corso e il prossimo futuro. Oltre alle eccellenze registrate durante l’estate, sono previsti arrivi fino a novembre con la presenza di importanti compagnie. “La città ed il territorio hanno risposto positivamente alle

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richieste del turismo crocieristico che chiede mete alternative agli itinerari classici ed alle città d’arte – spiega il Presidente della società, Roberto Piccini. Ad esempio abbiamo avuto alcune escursioni a Bolgheri della Royal Caribbean con il borgo interamente “invaso” dai turisti che hanno apprezzato non solo la bellezza del paesaggio ma anche le specialità della nostra terra, a partire dagli splendidi famosi vini della zona. Anche la città ha proposto interessanti momenti di intrattenimento come i concerti presso il settecentesco Teatro Goldoni dove i crocieristi hanno potuto ascoltare la Cavalleria Rusticana di Mascagni, uno delle opere più amate al mondo.” Ma il vero scoop a Barcellona sarà il ritorno della MSC all’ombra dei “Quattro Mori”, il monumento simbolo di Livorno, dedicato a Ferdinando I de’ Medici. I vertici di MSC nei giorni scorsi hanno infatti raggiunto l’accordo con la Porto

di Livorno 2000 - che verrà perfezionato in occasione del SeaTradeMed - per 15 scali della motonave MSC Armonia che farà scalo a Livorno a partire dal 17 giugno fino al 23 settembre 2016. Si prevede un afflusso di oltre 50mila crocieristi. La MSC Armonia opererà anche in Home Port parziale. “Nello scacchiere italiano delle rotte del Mediterraneo – conferma Piccini - il Porto di Livorno conferma il suo ruolo primario, rafforzato da una maggiore garanzia degli accosti delle navi da crociera e dai recenti investimenti realizzati, come il nuovo Terminal Passeggeri all’Alto Fondale che attualmente è già stato oggetto di ampliamento con la realizzazione già compiuta di nuove zone destinate alle operazioni di imbarco/sbarco per crociere home port. L’annuncio di MSC premia l’impegno ed il lavoro svolto in questi mesi di Porto Livorno 2000 che ha risposto alle esigenze degli armatori con nuove in-


a dover gestire il traffico passeggeri e crociere, anche presso l’ Alto Fondale – la banchina commerciale in concessione alla Compagnia Impresa Lavoratori Portuali per i traffici commerciali, in particolare prodotti forestali – dove la Porto Livorno 2000 ha investito per riconvertire il magazzino ex Doleterm in moderna struttura d’accoglienza per i turisti e dove transita quasi la metà delle love boat. L’accordo di concessione demaniale dell’Alto Fondale, prevedeva che CILP dovesse ospitare navi da crociera alle banchine libere da navi commerciali e che Porto Livorno 2000 avrebbe svolto i servizi per lo sbarco dei passeggeri e l’incolonnamento dei mezzi. CILP sosteneva invece che - quale concessionaria del terminal - era sua facoltà svolgere tutti i servizi di assistenza ‘logistica’ alle navi da crociera ed in particolare imbarcare le provviste di bordo, trovando accordi diretti con gli agenti delle navi: tanto che aveva firmato un accordo di collaborazione con la agenzia William Shepherd (famiglia Fanfani) garantendole assistenza logistica e accosti preferenziali alle banchine dell’Alto Fondale per le navi da crociera di cui William Shepherd era agente, bypassando la Porto Livorno 2000 e destinando le navi delle compagnie concorrenti ad altri accosti meno comodi e meno graditi. Già l’Autorità Portuale aveva chiarito che CILP non poteva svolgere servizi alle navi da crociera, perché quando quelle navi erano ospitate al terminal Alto Fondale tutte le prerogative del concessionario transitavano temporaneamente a Porto Livorno 2000 che

doveva stabilire gli accosti e provvedere ai servizi ‘logistici’ alle navi, fra cui l’imbarco delle provviste a bordo. Ma CILP era ricorsa al TAR della Toscana che aveva accolto il ricorso, riformato però in appello dal Consiglio di Stato che ha chiarito che CILP può svolgere nel suo terminal solo operazioni portuali su navi mercantili movimentando le merci in transito, mentre non può svolgere servizi ai traffici passeggeri. Quando dunque CILP ospita le navi da crociera alle proprie banchine ha solo il diritto ad essere indennizzata da Porto Livorno 2000 per l’uso della banchina. Rientrano invece nelle prerogative esclusive di Porto Livorno 2000 i ‘servizi di interesse generale’ di supporto ai traffici passeggeri, in qualunque zona del porto e spetta quindi alla società riscuotere dagli armatori e dai loro agenti il corrispettivo per qualunque servizio ai passeggeri ed alle navi. Conseguentemente gli agenti marittimi non possono accordarsi direttamente con i concessionari di banchine commerciali per ottenere accosti preferenziali e servizi. Il Consiglio di Stato è entrato anche nel merito dell’obbligo di privatizzazione della Porto Livorno 2000, osservando che l’art. 20 della legge 84/94 non pone termini vincolanti o sanzionatori per collocare sul mercato le quota di controllo dell’Autorità Portuale e che, anche finché l’Autorità Portuale mantiene tale quota di controllo, la legge consente che la Porto Livorno 2000 continui a svolgere i servizi generali di supporto ai passeggeri. Patrizia Lupi

frastrutture. Intendiamo proseguire su questa strada, migliorando i servizi alle navi ed ai passeggeri per garantire la soddisfazione degli armatori e dei turisti che scelgono la Toscana come una delle loro principali mete.” A Barcellona la Porto Livorno 2000, insieme all’Autorità Portuale rappresentata dal Segretario Generale, Massimo Provinciali, ha in agenda una serie di incontri, in particolare con il Gruppo Carnival e con Norwegian Cruise Line per la definizione di accordi pluriennali. Il nuovo Piano Regolatore Portuale ed il POT prevedono una serie di interventi per ampliare le aree in concessione da dedicare alle crociere ed ai traghetti. Sono stati anche risolti i contenziosi fra gli operatori livornesi interessati al business delle crociere, che in passato avevano scoraggiato gli armatori facendo allontanare alcune Compagnie. Il Consiglio di Stato ha sancito che è la concessionaria Porto Livorno 2000,

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infrastrutture / porto&diporto

Aeroporto di Salerno 40 mln da “Sblocca Italia” P

artire dalla realtà dell’esistente. Senza proclami, senza alimentare false aspettative. È la linea di condotta intrapresa dal Presidente del Consorzio Aeroporto di Salerno – Pontecagnano, Antonio Fasolino, alle prese da quasi due anni con la valorizzazione e il rilancio di una struttura troppo spesso al centro delle polemiche. “Discussioni quasi sempre pretestuose, basate su una percezione distorta delle cose – spiega con il cipiglio deciso che lo caratterizza – fatte da chi ha scoperto solo negli ultimi anni che nella provincia di Salerno esiste un aeroporto”. Un atteggiamento, per certi tratti ai limiti della durezza, teso a combattere un male che altrove ha definito “masochismo territoriale”. Nella convinzione radicata che il recente finanziamento da 40 milioni previsto dal decreto “Sblocca Italia” rappresenti il punto di svolta per dotare finalmente la Campania di un secondo polo aeroportuale. Come nasce l’inserimento del Salerno Costa d’Amalfi nel novero delle infrastrutture prioritarie? Il finanziamento non è frutto del caso ma scaturisce da un lavoro di preparazione certosino che comprende la redazione del piano industriale, l’inserimento nel Piano nazionale degli aeroporti, la candidatura per gli investimenti necessari per il consolidamento e l’allungamento della pista. In

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Antonio Fasolino un anno e mezzo la filiera istituzionale ha colmato circa 30 anni di ritardi. Questo significa che il territorio, la provincia di Salerno e la Campania avrebbero potuto avere un secondo polo aeroportuale già da tempo. Certo è un peccato ma è già un risultato importante non aver sprecato altro tempo prezioso. Quanto è importante la conferma del finanziamento? È un grande riconoscimento, anche per merito della piena condivisione di intenti mostrata da Governo e Regione. È l’unica opera in pro-

vincia di Salerno inserita nel decreto e ne sancisce l’assoluta priorità per il territorio. L’impianto fallimentare delle epoche precedenti è scartato in una visione di coerenza con gli obiettivi del decreto: se con lo “Sblocca Italia” si punta anche a dare un impulso al rilancio dell’economia cosa c’è di meglio di un aeroporto che, per la natura della sua attività, rappresenta un moltiplicatore di ricchezza? Come si interverrà sulle infrastrutture e con quali tempi? Il piano di opere prevede il consolidamento dell’aerostazione e degli asset infrastrutturali accessori. Ma l’intervento fondamentale sarà costituito dall’allungamento della pista dagli attuali 1,6 a 2,2 chilometri: 700 metri che ci permetteranno la gestione di qualsiasi tipo di aeromobile. Per quanto riguarda i tempi, sono scanditi dalle norme. Entro la fine di quest’anno bisognerà presentare i progetti definitivi e mettere a bando almeno il primo lotto di interventi. Per la conclusione dell’opera occorreranno un paio d’anni. Cosa cambierà ri-


spetto ad oggi? Per quanto riguarda l’aviazione civile tutto, poiché potremo ospitare anche gli airbus. Per l’aviazione generale, invece, vorrei ricordare che l’aeroporto è già in grado di ricevere jet privati. Anzi, Salerno nei mesi estivi, con un migliaio di movimenti è tra le realtà più dinamiche della penisola. Ogni anno la struttura genera 70-75 milioni l’anno di introiti sul territorio a fronte di costi di gestione di poco superiori ai 2 milioni. Conseguenza, soprattutto, del tipo di clientela attirata da un aeroporto. Se sbarcano 5mila proprietari di aerei privati la ricaduta, considerando anche gli ospiti dei velivoli, sfiora in termini di spesa i 15 mila euro a persona. Niente a che fare con il crocierismo portuale, tanto di moda, caratterizzato da un circuito di spesa tutto interno alla nave. Su questo punto bisogna essere chiari: il crocierista non acquista Salerno ma le bellezze culturali e paesaggistiche della provincia. L’unico vero vantaggio nasce solo se la nave è rifornita da aziende locali. Una risposta alle polemiche sulla scarsa redditività dello scalo? Troppo spesso si parla a sproposito. La realtà è una sola. Così com’è il Salerno Costa d’Amalfi può solo

operare nel settore aviazione generale. Per il resto le compagnie dovrebber assumersi dei rischi d’impresa che non possiamo coprire noi. Altrove è stato fatto e si è andato incontro al fallimento. Qui sono stati messi a posto i conti. Sembra non credere alla possibilità di integrazione con le attività portuali. Ci credo moltissimo. La collaborazione deve essere perseguita a tutti i livelli ma deve basarsi sulla verità. Non possiamo alimentare false aspettative nei cittadini, far passare messaggi distorti. Per mettersi in rete bisogna partire da dati reali: le attività aeroportuali. Come dicevo, decuplicano gli introiti, le crociere no. Poi, è chiaro, a Salerno c’è un porto che funziona in maniera eccellente, è una risorsa per il territorio e in tale prospettiva non si può non discutere di ipotesi di messa in rete. Quale ruolo potrà giocare l’aeroporto per la logistica? A differenza di Capodichino, potendo operare anche di notte, possiamo pensare al cargo. Mi riferisco principalmente al settore conservie-

ro, della quarta gamma (preparazioni di vegetali freschi, mondati delle parti non utilizzabili, tagliati, lavati, asciugati, imballati in buste o vaschette di plastica e venduti in banco refrigerato, ndr) unica industria fiorente, insieme al turismo, nell’area provinciale. Quando completeremo le infrastrutture diventeremo di certo un punto di riferimento logistico. In questa prospettiva auspico una vera e propria cabina di regia che metta insieme tutti gli enti coinvolti per favorire, a partire dal primo investimento, questi processi. Vi considerate alternativi a Capodichino? No. Il piano nazionale ci vede come realtà integrate e, se l’ipotesi si realizzasse, questo potrebbe rappresentare per l’intera regione un elemento qualificante. Niente pregiudizi, quindi, a discutere. Ma ad un solo patto: altolà alle rendite di posizione; nessuno pensi di essere più furbo dell’altro. Giovanni Grande

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infrastrutture / porto&diporto

Salerno, Lungoirno completato sottopasso di via Torrione

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ell’ambito dei lavori di realizzazione del tratto conclusivo della Lungoirno di Salerno sono giunti a totale compimento i lavori di attraversamento del rilevato ferroviario per la realizzazione del sottopasso pedonale e veicolare di collegamento tra via Torrione e via Vinciprova. L’opera risulta costituita da un tunnel di oltre 70 metri di lunghezza per una larghezza complessiva di 31,50 mt. Il sottopasso è composto dai due corpi laterali dedicati al transito pedonale di altezza interna di 4,50 metri e da un corpo centrale dedicato alle quattro corsie stradali - due per senso di marcia - di altezza interna di 5,50 mt. I lavori di realizzazione degli attraversamenti pedonali sono stati realizzati con la tecnica dei “monoliti a spinta” mentre la realizzazione del tratto centrale veicolare ha previsto la costruzione in opera di 6 conci in cemento armato. La realizzazione dell’opera è stata estremamente impegnativa per una serie di motivazioni come ad esempio lo “sfondamento” del rilevato ferroviario che ha interessato un fascio di binari ampio ed articolato (9 fasci di binari di cui 2 dedicati alla dorsale ferroviaria Napoli – Reggio Calabria, unica linea nazionale tirrenica di

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collegamento Nord-Sud, con presenza tra l’altro di due importanti deviatoi di stazione) con larghezza della piattaforma ferroviaria attraversata in obliquo per oltre 70 metri. I lavori, che hanno interessato la Stazione di Salerno “nodo” di collegamento Nord-Sud della dorsale ferroviaria di fondamentale importanza nazionale, sono stati eseguiti senza sospensioni di esercizio degli oltre 250 treni che ogni giorno transitano nella Stazione stessa. Inoltre per la realizzazione dei lavori di scavo del sottopasso in presenza del transito ferroviario si è dovuto intervenire anche con impegnative e delicate attività di messa in sicurezza dell’armamento e degli impianti ferroviari su tutti i 9 fasci di binari interferenti: tali attività si sono susseguite in oltre 100 notti di lavoro ricorrendo anche alla tecnica della “fasciatura dei binari” con “4 ponti in acciaio a travi gemelle” di 25 metri ognuno che sono stati via via posizionati su ognuno dei 9 binari in oltre 20 interventi notturni di rimozione della massicciata ferroviaria e dei binari, varo e svaro delle travi in acciaio con successiva ricostruzione della linea e ripristino dell’esercizio ferroviario tutti eseguiti e completati in rigidi intervalli di 6 ore dalle 23,00 alle

5,00 del giorno successiovo. Le operazioni di varo e svaro delle travi in acciaio sono state eseguite con l’ausilio di personale e mezzi d’opera specializzati e gru speciali fornite da RFI. Il cronoprogramma dei lavori prevede il definitivo completamento dell’opera entro i prossimi 4 mesi; con la conclusione dei lavori del sottopasso di via Torrione sarà possibile l’attivazione dei nuovi flussi di traffico sull’intera Lungoirno per il collegamento diretto Sud/Nord tra la via Lungomare e la via dei Casali (nel comune di Pellezzano). Il costo totale dei lavori dell’intero sottopasso ferroviario è pari a 10 milioni di euro. I lavori sono eseguiti dall’impresa ATI INC General Contractor S.p.A. – IMPRESA S.p.A. di Torino – con Direttore Tecnico Ing. Vladi Biesuz e Direttore di Cantiere geom. Vincenzo Panariello. Il Progetto esecutivo è stato redatto dalla Soc. Bonifica S.p.A. e quello cantierabile è stato redatto dall’Impresa INC General Contractor. Per l’esecuzione dei lavori sono state impegnate oltre 150 unità lavorative tra tecnici e maestranze unitamente alle strutture tecniche di RFI e del Comune di Salerno. Fabrizio De Cesare


infrastrutture / porto&diporto

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trasporti / porto&diporto

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Un mare di guai

estate si chiude con le lamentele di molti operatori turistici che denunciano cali nelle presenze, dovute soprattutto al mal tempo che quest’anno non ha risparmiato neppure il Bel Paese. Ma chi ha infiammato le cronache estive è stata la vicenda che ha interessato la Sardegna, dove il caro traghetti con l’aumento del 60% delle tariffe, già negli ultimi tre anni, aveva provocato un massiccio calo di presenze sulla Sardegna. Il caro traghetti però non interessa solo il turismo: all’autotrasporto sardo costa 90.000 euro all’anno per ogni mezzo utilizzato. Questo quanto aveva denunciato ad inizio d’anno la Cna-Fita che, dopo la multa dell’Antitrust agli armatori, chiedeva un intervento risolutivo da parte del ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, essendo – denunciavano - “compromessa la continuità commerciale degli operatori sardi”. Ma ritornando al turismo sardo, chi

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si trova davvero in un mare di guai è la società GoinSardinia costituita dal Consorzio Operatori Turistici di Santa Teresa di Gallura, fondato nel 1992 con lo scopo di migliorare l’offerta di servizi ai numerosi turisti che ogni estate scelgono il nord dell’isola. Oggi il consorzio conta più di 200 soci e strutture, ormai non solo del Nord Sardegna, ma su tutta l’isola. Il calo delle presenze aveva convinto lo scorso anno il consorzio a noleggiare una nave ed a ripetere l’esperimento anche quest’anno. Il 70% dei biglietti della nave di GoinSardinia dovevano essere riservati ai turisti che avevano prenotato un soggiorno in un hotel, un villaggio, un campeggio o un appartamento aderente al consorzio. Il restante 30% sarebbe stato a disposizione di tutti coloro che erano interessati al solo passaggio nave. Tariffe più basse del 20-30% e, quindi, guerra dichiarata a quella che è considerata la lobby del mare: Moby, Snav, Grandi

Navi Veloci e Marinvest che avevano siglato un accordo, multato dall’Antitrust, ma poi scagionato dal Tar. Dopo i risultati del 2013 e i 115 mila passeggeri trasportati in quella stagione il consorzio decide di noleggiare per la stagione 2014 la nave El Venizelos dell’armatore greco Anek ma i guai iniziano a fine luglio con un fermo nave per problemi ai motori dovuti ad un carico di carburante “sporco” ed i conseguenti risarcimenti ai passeggeri che dissanguano la Società fino ad arrivare alla sospensione delle corse a fine agosto fra Olbia e Livorno, lasciando a terra ventimila passeggeri, alla disperata ricerca di una soluzione per tornare in continente. A questo punto inizia il contenzioso fra sardi e greci con la nave che lascia l’Italia perché non è stata accolta la richiesta di blocco giudiziario e la pressante richiesta dei rimborsi ed i ricorsi delle associazioni dei consumatori che intraprendono una


maxi class action. Mentre la Procura della Repubblica di Tempio Pausania ha aperto un’indagine per interruzione di pubblico servizio, le versioni fornite sono, ovviamente, contrastanti. I greci sostengono di aver utilizzato la clausola di ritiro per il nolo non pagato: circa 20mila al giorno, con cadenza quindicinale, 45mila al dì il costo del carburante. I sardi del consorzio puntano il dito contro le inadempienze contrattuali su prestazioni e standard. Su Facebook il consorzio, oltre alle dichiarazioni di rammarico, puntualizza che: “GoinSardinia non ha chiuso i battenti” ribadendo la buona fede del progetto “che trova radice nell’insopprimibile istinto di sopravvivenza degli operatori turistici della Sardegna che erano ormai destinati alla chiusura dei propri esercizi per l’elevato costo dei trasporti”. Ma il fronte dei soci non è più compatto ed alcuni sembra abbiano aviato azioni legali denunciando l’assenza di informazioni sulla contabilità e sul bilancio da parte del Presidente nonché Amministratore Unico. I greci si difendono. “Anek non può essere in alcun modo ritenuta responsabile e qualsivoglia responsabilità è da ricercarsi in via esclusiva su GoinSardi-

nia” - dichiara la Anek Line difesa da uno studio associato di avvocati genovesi. “La nave era noleggiata da GoinSardinia e da loro impiegata nella tratta Livorno-Olbia che la stessa GoinSardinia gestiva e per la quale rimane l’unico soggetto responsabile. GoinSardinia come da condizioni contrattuali - sottolinea Anek - è unicamente responsabile per i passeggeri e per il personale di bordo impiegato”. La società proprietaria del traghetto spiega che il 27 agosto “ha esercitato il suo legittimo diritto di risolvere il contratto di noleggio per il mancato pagamento del nolo e di altre somme dovute da GoinSardinia, che al momento restano insolute”. L’armatore smentisce l’Ad di GoinSardinia, che in più di un occasione ha dichiarato di aver versato le quote di nolo della nave sino al 31 agosto: “Non corrisponde al vero il fatto che GoinSardinia abbia pagato ad Anek il nolo fino al 31 agosto 2014 e, comunque, Anek ha esercitato il diritto di risolvere il contratto di noleggio per altre somme ancora dovute”. Anek spiega ancora che “i debiti contratti in base al contratto di noleggio da parte di GoinSardinia sono superiori all’ammontare del deposito”. A sua volta la società consortile GoinSardinia ha messo a disposizione della guardia di finanza fatture e le prove dei bonifici che sembrano dire una cosa diversa da quella sostenuta da Anek. Stando alla documentazione acquisita dalla Procura della Repubblica di Tempio, GoinSardinia ha versato cospicue somme alla società armatrice greca. Vero è, invece, che a Livorno non sono stati pagati diversi fornitori, così come a Olbia, e società che operano nel porto e che hanno garantito servizi importanti al traghetto El Venizelos. Secondo Anek Lines, questa situazione, causata da GoinSardinia, sta ricadendo, con minacce di pignoramenti, sulla stessa società greca. Mentre l’indagine del pm Domenica Fiordalisi entra ora in una fase decisiva, tra sardi e greci è, ormai, guerra senza quartiere.

Eppure l’idea degli albergatori sardi non era del tutto sbagliata. E’ stata infatti diversa l’esperienza della BN di Navigazione, BluNavy, la compagnia di navigazione operante nel settore del cabotaggio e del trasporto passeggeri e merci sulla tratta Piombino Portoferraio. La società nacque nel 2010, come frutto di un accordo con l’ Associazione Albergatori Isola d’ Elba. Oltre alla nave a noleggio, oggi, gestisce l’ Agenzia di Viaggi “Caprai Viaggi e Turismo” di Portoferraio. BluNavy è partecipata al 49% dal gruppo BCT, al 11% dalla FINSEA, al 10% dalla Associazione Albergatori Isola d’Elba, al 20% dalla ElbaSol e il rimanente 10% da altri investitori. La sfida è iniziata nel giugno 2010 con la M/N “Primerose” con sei collegamenti giornalieri tra Piombino e Portoferraio e 104.000 passeggeri totali. Nel gennaio 2011 la M/N “Primerose” viene sostituita dalla M/N “Achaeos”, presa a noleggio, capace di trasportare 600 passeggeri e 110 macchine. Nel luglio 2011 entrano in società nuovi partner specializzati nello shipping e le corse giornaliere aumentano a otto con un totale di oltre 227.000 passeggeri nell’arco dell’anno. Nel gennaio 2012 viene siglato un nuovo accordo con l’Associazione Albergatori Isola d’Elba, rafforzando la collaborazione. Viene inoltre decisa la sostituzione dell’ “Achaeos” con la M/N “Acciarello”, capace di trasportare 700 passeggeri e 220 macchine. Le corse giornaliere diventano dieci. La stagione 2012 si chiude con oltre 250.000 passeggeri trasportati. Nel gennaio 2013 l’ Associazione Albergatori Isola d’Elba decide di acquisire il 10% della società, mentre a marzo la società ElbaSol, sottoscrive il 20% del Capitale Sociale. Anche per l’anno in corso Bu Navy prevede numeri in crescita, grazie anche alle promozioni ed alle fidelizzazioni operate attraverso offerte vantaggiose e sconti per i residenti, i pendolari e i proprietari di una seconda casa all’Elba. Patrizia Lupi

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trasporti / porto&diporto

UIRNet, efficienza e sicurezza nel sistema logistico italiano U

IRNet S.p.A. è il «soggetto attuatore unico del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) per la realizzazione e gestione della piattaforma per la gestione della rete logistica nazionale (PLN)», secondo la definizione che ne ha fornito l’art. 61 bis della Legge 24 marzo 2012 n. 27. La PLN, definita nelle sue caratteristiche fondamentali dal D.M. n. 18T del 20 giugno 2005, è stata istituita con l’obiettivo di migliorare l’efficienza e la sicurezza nel sistema logistico italiano tramite l’interconnessione dei nodi di interscambio modale (porti, Interporti, centri merce e piastre logistiche) e il coinvolgimento degli attori che operano nel settore. Infatti nella compagine sociale di UIRNet compaiono 21 interporti, la Fondazione SLALA, soci tecnologici, Assoporti e 6 Associazioni di Trasporto. UIRNet ritiene non importante ma essenziale l’azione di coordinamento con gli operatori privati e gli enti pubblici che a diverso titolo sono impegnati nella catena logistica. A tal proposito è di questi giorni la formazione di uno Steering Committee “Operatori Merci

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Pericolose” che seguirà UIRNet nella gestione dei progetti in cantiere e collaborerà nella definizione delle prossime linee di intervento. Il prossimo steering riguarderà i produttori di dispositivi di tracciamento per addivenire a standard comuni di interoperabilità tra servizi. Si ricorda che, di recente, ai sensi dell’art. 1, comma 211, della Legge 24 dicembre 2012 n. 228 [Legge di Stabi-

lità 2013], la Piattaforma Logistica Nazionale è stata ulteriormente definita come «sistema di rete infrastrutturale aperto a cui si collegano le piattaforme ITS locali, autonomamente sviluppate e all’uopo rese compatibili, di proprietà o in uso ai nodi logistici, porti, centri merci e piastre logistiche», con esplicita previsione dell’obbligo degli operatori riconducibili nell’alveo dei nodi logistici di interconnettersi con la PLN. Siamo consapevoli che perché l’obbligo di legge venga assolto con proattività dagli operatori e enti è necessario condividere un disegno comune del sistema logistico nazionale. Proseguiremo quindi e estenderemo le attività di coinvolgimento e informazione per accrescere consapevolezza e fiducia nel progetto PLN, in modo che nessuno possa sentirsi escluso. La decisione di trovare, mediante gara ad evidenza pubblica, un Gestore che si occupi degli aspetti di mantenimento, diffusione e estensione dei servizi è stata determinata dalla consapevolezza di non poter gravare la mano pubblica di una infrastruttura che, per gli scopi citati, necessiterebbe di criteri


di gestione snelli e di risorse nel tempo che non potrebbero essere trovate a carico della fiscalità generale. UIRNet ha costruito la struttura di base per l’erogazione dei servizi di base e pubblici, ciò è stato indispensabile ma non è sufficiente a garantire il successo dell’intera operazione. La logistica infatti vive di tempi di mercato, sempre più stretti dalla competizione, ha bisogno di innovazione e di garanzie di servizio ed è difficile pensare di poter dare risposte utili e puntuali attraverso i meccanismi della gestione pubblica, fermo restando il controllo e l’indirizzo che restano in capo al Ministero vigilante, MIT. Ci rendiamo conto che se la condivisione e lo scambio organizzato dei dati consentono una accelerazione e uno snellimento delle operazioni logistiche, impensabile con altre leve, comportano altresì un rischio di uso improprio di dati commercialmente sensibili. Da questo punto di vista confidiamo nel fatto che ormai esiste una consolidata esperienza di gestione di questo tipo di problematica: basti pensare alla gestione informatica dei conti bancari, delle conversazioni telefoniche e di tutti i dati personali che quotidianamente diffondiamo. In ogni caso la protezione dei dati è prevista su più livelli: 1) il data base è nella disponibilità diretta del MIT e sotto il suo controllo; 2) eventuali data base temporanei alimentati da dati provenienti dal mercato, localizzati presso il gestore, saranno protetti

da clausole stringenti di non divulgabilità e uso improprio con penalità che potranno arrivare fino alla perdita della concessione e relativa causa in danno; 3) ove la newco realizzata dal gestore vincitore della gara fosse partecipata da operatori di mercato della logistica, questi ultimi saranno esclusi dalla governance e quindi dall’uso dei dati, anche temporaneamente acquisiti, ciò verrà sancito nel documento concessorio che dovrà essere approvato dal Ministero Vigilante. È ovvio che un tale patrimonio di informazioni, eclatante caso di Big Data, sarà invece a disposizione, una volta anonimizzato, del decisore pubblico al fine di individuare le migliori politiche di sviluppo e programmazione a supporto dell’economia nazionale. Il mantenimento della PLN a regime dovrà essere garantito principalmente dai servizi forniti. Inteso che vi saranno servizi pubblici, per consentire l’accesso al sistema logistico a tutti gli operatori, e servizi a valore aggiunto e quindi di mercato. Parliamo infatti di una infrastruttura telematica, da noi battezzata “infostruttura”, di servizi aperta e a disposizione degli operatori esattamente come fosse una rete telefonica o la rete di distribuzione del gas. Su questa infostruttura comune e aperta sarà possibile, previo accordi con il Gestore, diffondere servizi di ogni tipo (operativi, finanziari, assicurativi, consulenziali, formativi, entertainment…).

Per concludere questa breve esposizione dei concetti fondanti la nostra vision vorremmo sottolineare inoltre che la PLN non è solo tracciamento e servizi online. Ad esempio, con il progetto PON Merci Pericolose Calabria Sicilia costruiremo una prima rete di monitoraggio, basata su tecnologie di riconoscimento ottico, del trasporto merci pericolose. Confidiamo che questa esperienza ci porterà a consolidare i sistemi automatici di riconoscimento situazioni “anomale” in primis riguardo il trasporto di merci pericolose, e per estensione di tutti quei comportamenti che tanto danneggiano il mercato libero e legale. Parliamo dell’individuazione dei mezzi stranieri che effettuano cabotaggio illegale o di mezzi che percorrono la rete stradale italiana in tempi incompatibili con la regolamentazione vigente. Vorremmo con questi strumenti fornire al Ministero degli Interni la possibilità di effettuare controlli puntuali su situazioni ad alto rischio di illegalità. La PLN sarà strumento di efficienza logistica sia tramite servizi pubblici e a valore aggiunto sia tutelando gli operatori di mercato che lavorano nel rispetto delle leggi. Perché efficienza, rapidità e economicità non possono essere guadagnate a scapito della sicurezza e del controllo di legalità. Rodolfo de Dominicis Presidente e AD di UIRNet Spa

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trasporti / porto&diporto

Inizia la fase operativa del progetto UIRNet

La sperimentazione del progetto Uirnet coinvolge numerosi soggetti, tra gli autotrasportatori il Gruppo Autamarocchi

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n attesa che UIRNet selezioni il soggetto gestore della piattaforma, la sperimentazione dell’innovativo sistema telematico ha coinvolto numerosi soggetti, tra i quali alcuni grandi autotrasportatori. Il Gruppo Autamarocchi, che da subito ha abbracciato con convinzione la filosofia del progetto UIRNet è tra questi. L’impresa triestina forte di un parco veicoli di quasi 2000 unità ha partecipato alla sperimentazione “sul campo” della piattaforma informatica UIRNet; del resto l’azienda negli ultimi anni ha puntato con decisione sui sistemi ITS per il controllo totale dei sistemi informativi, dotandosi dei più avanzati sistemi gestiti da una vera e propria control room, sul modello di quelle comunemente in uso nel settore ferroviario e autostradale. Corrado Donà, consigliere di amministrazione di Autamarocchi, che ha seguito da vicino tutta la sperimentazione della piattaforma UIRNet, ha spiegato l’iniziativa dell’azienda. Quale è il bilancio di questa esperienza che ha coinvolto in maniera significativa Autamarocchi e che vantaggi avete registrato? L’esperienza fra UIRNet e Autamarocchi è altamente positiva, tanto che

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Corrado Donà stiamo realizzando per UIRNet il VideoWall (una parete di monitor con funzione interfaccia, ndr.) che rende visibili i risultati della gestione delle flotte in tempo reale, derivando sostanzialmente il modello Autamarocchi. I vantaggi riscontrati sono essenzialmente l’accelerazione delle procedure di interazione con i nodi intermodali, essendo stati abbattuti in maniera drastica i tempi di attraversamento e di servizio. Quali tra i numerosi servizi della Piattaforma avete testato? Abbiamo testato tutti i servizi principali della Piattaforma con particolare

riferimento alla gestione delle missioni e al preavviso di arrivo. La sperimentazione ha coinvolto più di 350 mezzi della nostra flotta che sono stati attrezzati anche con il device UIRNet, proprio per verificarne in tempo reale l’utilizzazione e l’affidabilità. E con che realtà siete interfacciati? Le Piattaforme con cui abbiamo interagito sono il Porto di Genova e gli Interporti di Rivalta, Parma e Portogruaro. Attualmente la Piattaforma gestisce 30.000 mezzi ed il servizio appare robusto ed espandibile. La fase operativa è in corso e stiamo ragionando sul possibile attrezzaggio di tutta la flotta solamente con apparati UIRNet. Sia pure con mesi di ritardo è stata avviata finalmente la gara per selezionare il gestore delle Piattaforma. Cosa vi aspettate a riguardo? Dalla gara per l’assegnazione della gestione ci aspettiamo che venga individuato un grande operatore che sia in grado velocemente di estendere il servizio ai nodi più importanti del Paese, scalando rapidamente il numero dei mezzi gestiti almeno a 300.000 per ottenere benefici importanti di sistema. Nelle ultime settimane è scoppiata


la polemica sulla gratuità o meno dei futuri servizi. Deve essere gratuito come dice il ministro o può esserci un “pedaggio” per gli utilizzatori compensato dai vantaggi/risparmi ottenuti? Io ritengo che la mano pubblica debba continuare ad investire per accelerare il decollo della Piattaforma. E’ inutile dire che i servizi di base potranno essere gratuiti fino al raggiungimento del break-even da parte del Gestore, mentre il mercato dovrà sostenere i servizi a valore aggiunto. Rimane il fatto che lo sviluppo del progetto UIRNet è molto in ritardo rispetto ai tempi annunciati: quali sono, secondo, lei i motivi? Le ragioni del ritardo nell’assegnazione della gara del Gestore non sono a me note, ma ritengo, conoscendo il management di UIRNet, che stiano puntando ad avere quanto più raggruppamenti possibile di alto livello, in modo da garantire la scelta migliore. Noi operatori ci aspettiamo che il Governo faccia definitivamente la sua parte perché il sistema logistico nazionale è un elemento fondamentale di competitività. L’adesione alla piattaforma sarà su base volontaria: pensa ci sia il ri-

schio che sia poi di fatto ignorata? L’adesione sarà volontaria, probabilmente salvo per speciali categorie, e non credo ci sia il rischio che la Piattaforma venga ignorata, anzi ritengo che nel medio periodo UIRNet possa diventare anche il Gestore del sistema di tracciamento dei rifiuti (SISTRI). Tre interporti importanti come Bologna, Jesi e Padova sono usciti dalla compagine societaria, immagino per divergenze gestionali. La loro mancanza può minare il progetto? Non credo. L’incomprensibile uscita di alcuni Interporti non può minare il progetto, ritengo che alla fine anche questi interporti saranno collegati nella rete. Intanto ci auguriamo che nel decreto Sblocca Italia o nella Legge di Stabilità ci siano segnali tangibili di impegno da parte di Governo e Parlamento per il settore della logistica. Non dimentichiamo che uno studio della Cassa Depositi e Prestiti ha indicato in 12 miliardi di euro il costo delle inefficienze e dei disservizi delle logistica in Italia rispetto agli altri Paesi, inefficienze che in parte si possono recuperare solo con una adeguata politica di indirizzo e riorganizzazione del comparto. Franco Tanel

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trasporti / porto&diporto

UIRNet – Confetra, vigile attenzione sui dati sensibili

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ogistica, integrare i sistemi informatici pubblici e privati, sarà possibile in Italia? A questo interrogativo risponde il Presidente di Confetra, Nereo Marcucci, che ribadisce una posizione di vigile attenzione sulle delicate problematiche che questa integrazione sta generando all’interno del settore. Tanti i soggetti pubblici e privati coinvolti, ma la scelta è caduta su UIRNet, perchè? Perchè nel 2006 il Parlamento ha approvato una Legge presupponendo che i diversi soggetti pubblici e privati coinvolti nel traffico merci non avrebbero potuto/voluto/saputo integrare i sistemi informatici dei quali si stavano dotando. Osservo che la decisione fu assunta senza alcun coinvolgimento degli stakeholders finalizzata alla verifica di quella convinzione. Detto ciò l’obiettivo di “ far parlare tra loro i sistemi informatici” è del tutto condivisibile e sarebbe utile al Paese sotto vari aspetti. Quali resistenze potranno opporre i soggetti della logistica alla diffusione di dati “sensibili”? Confetra ha chiesto al Ministro dei Trasporti ed a quello dello Sviluppo economico di discutere le garanzie indispensabili affinché i propri associati non si oppongano. Lo Stato può disporre, come si apprestava a fare con due articoli del decreto “Sblocca Italia”,

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che tutte le amministrazioni pubbliche dalle Capitanerie alle Dogane ai Port Community Sistems facciano affluire le proprie le proprie informazioni nella banca dati del gestore del progetto UIRNet ma non può farlo facendo finta di dimenticare che in quei sistemi informatici pubblici confluiscono i dati sensibili dei soggetti privati. UIRNet soggetto pubblico delegherà a privato vincitore di bando. Quali garanzie richiede il settore all’azienda vincitrice? Credo che il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture debba stabilire chi può partecipare alla gara indetta da UIRNet per ri-delegare i compiti che le sono stati delegati dallo Stato. Non è il vincitore della gara che deve garantire. A chi sarà affidata la gestione di questa grande banca dati? Leggendo il bando - la cui scadenza è stata opportunamente posticipata al 31 Ottobre - la banca dati sarà affidata al gestore vincitore di gara .....si torna quindi alla questione trattata precedentemente. Si ha cognizione di quanti enti pubblici e quante associazioni private faranno confluire i loro dati? Un sistema utile allo sviluppo del Paese dovrebbe inglobare in pochi anni tutti i punti essenziali del trasporto merci quindi parecchie migliaia. Una sorta di grande fratello che potrebbe contribuire significativamente anche a migliorare la vivi-

Nereo Marcucci bilità sulle nostre strade ed autostrade. Confetra parteciperà? Potremmo aiutare o contrastare ma non partecipare, Confetra non ha traffici propri, ne camion, ne piattaforme logistiche. Si fa un vanto di non aver fatto e di non fare business, ma solo rappresentanza. Chi saranno i fruitori e attraverso quale metodologia potranno usare il sistema? Non conosco quali siano i servizi che UIRNet o il Gestore saranno in grado di offrire. Ci siamo limitati a considerare quali siano i servizi informatici - spesso eccellenti, talvolta limitati - offerti dalle varie amministrazioni pubbliche coinvolte nella supply chain che dovrebbero “ integrarsi “ con UIRNet. Allo stato dei fatti confluirebbero decine di migliaia di dati dei quali solo una frazione marginale avrebbe il vantaggio derivante dai “corridoi controllati” definiti tra UIRNet e Agenzia delle Dogane. Dobbiamo necessariamente supporre che il sistema sia in grado di offrire ben altro. Quale sarà la metodologia di finanziamento di questo sistema? Lo Stato oppure il mercato? E’ in corso una gara per un project financing. Non vorrei essere accusato di turbativa quindi mi limito ad osservare che le risorse finanziarie per un progetto di questa natura sono ingenti e che il solo servizio di tracciabilità non può fornirle. MDC


trasporti / porto&diporto

CNA-Fita finanziamenti UIRNet ora risultati attesi e dovuti S

ono trascorsi quasi 10 anni e si continua a parlare di Uirnet. Per esprimere un giudizio su questa infrastruttura telematica bisognerà prima attendere di avere l’evidenza concreta e operativa dei suoi servizi. In linea di principio quanto affermato nel sito ufficiale della Piattaforma è più che positivo e condivisibile. Certamente lo Stato, e di conseguenza tutti noi contribuenti, ci abbiamo speso già una fortuna e i risultati, non solo sarebbero attesi da tempo ma, a questo punto, sono anche dovuti. CNA-Fita negli ultimi anni ha sempre chiarito che la tecnologia è importante a condizione che non diventi un pozzo nero dove bruciare finanziamenti pubblici. Anche per questo, nell’ultima riunione al Ministero dei Trasporti per decidere su come utilizzare i fondi destinati all’autotrasporto, la nostra associazione non ha ritenuto opportuno spendere ulteriori risorse pubbliche per una piattaforma telematica che ne ha ottenute, negli anni, svariate, spendendo decine di milioni di euro. Il progetto è certamente valido nelle finalità, seppure suscettibile di critiche e problematicità. L’esperienza fallimentare e scandalosa del Sistri è lì, dietro l’angolo, a ricordarci quanto e come la gestione e l’impostazione gestionale di progetti, in teoria validi, possano trasformarsi in un verminaio che le imprese stanno ancora pagando e per cui l’Amministrazione statale e la Politica continuano a non dare risposte e soprattutto rimborsi. Quell’esperienza rimane fondante per l’approccio che CNA-Fita intende avere nei confronti del progetto UIRNET. Per quanto riguarda l’autotrasporto infatti deve essere acquisito e chiaro il fatto che l’adesione a questa piattaforma dovrà essere liberale, oltre che aperta a recepire tutti gli standard presenti sul mercato, senza trasformare Uirnet nell’ennesimo corridoio obbligato verso gestioni interessate e onerose a carico dell’autotrasportatore. Non vi dovranno essere discriminazioni e soprattutto non si dovrà costringere l’utente a costose sostituzioni di apparati, magari imposte per legge o per standard. Sul mercato esistono già i servizi che si intendono erogare tramite la piattaforma e sono somministrati da numerosi fornitori di tecnologia. Uirnet dovrà integrarli, non aggiungendo costi, semmai im-

mettendo servizi e per questi, solo per questi, l’utente dovrà essere libero di scegliere. Oggi le condizioni operative in Italia sono tali per cui, se veramente la qualità dei servizi dichiarati da Uirnet verrà garantita anche solo al 50%, l’utenza vi aderirà entusiasticamente. Ovviamente tutto ciò dovrà rimanere una libera scelta e senza che per questo si debbano sborsare fortune. Rimane poi da verificare la criticità relativa alla gestione dei dati sensibili che al momento è l’elemento di diffidenza più importante. Il rischio che informazioni sensibili delle imprese di autotrasporto possano andare a finire in mano a non si sa bene chi o, peggio ancora, in mano a chi potrebbe avere un interesse di troppo è evidente. Comunque per concludere trovo non condivisibile che qualcuno, ancora oggi, insista ad attri-

buire le responsabilità di quanto non funzioni nella mobilità al numero troppo alto dei “padroncini”. Queste sono semplificazioni di politicanti usurati o di mestieranti della rappresentanza logistico-sindacale, sono impostazioni superate dai tempi e a cui non crede più nessuno, perché è evidente a tutti che se più di qualcosa non funziona nelle strade, nelle autostrade, nei porti o negli interporti non può dipendere da chi ne subisce semmai tutte le deficienze. E’ chiaro invece che a fronte di aumenti continui nelle autostrade come altrove non corrispondono livelli di servizio adeguati. Siamo avvezzi al disservizio a caro prezzo, ma non rassegnati, e per questo, se Uirnet sarà la piattaforma che propongono saremo ben lieti di utilizzarla, differentemente la CNA-Fita sarà la prima a contestarne le inefficienze e quant’ altro. Come associazione di categoria siamo per la massima trasparenza e tracciabilità e in questo modo sarà possibile individuare le responsabilità di ciò che non funziona dove realmente sono all’interno della filiera complessa della logistica e del trasporto. Per fare tutto ciò non abbiamo certo aspettato Uirnet e come CNA-Fita siamo stati promotori di un nuovo progetto, Tiristoro.it, con cui stiamo diffondendo le scatole nere all’interno dei parchi veicolari dei nostri associati, promuovendo appunto la cultura tecnologica nella gestione dei servizi e dei costi operativi. Il tutto senza un euro di incentivo pubblico ma con tanta buona volontà. Cinzia Franchini Presidente CNA-Fita

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trasporti / porto&diporto

Move.App Expo a Milano

il futuro del trasporto pubblico

A Milano l’annuale appuntamento internazionale su Trasporto pubblico, Smart Mobility e Logistica, presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia.

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l Forum Internazionale Move.App Expo ha ricevuto l’Adesione del Presidente della Repubblica e sua Medaglia di Rappresentanza. La manifestazione è infatti caratterizzata da un crescente valore culturale, scientifico e tecnico nel suo ruolo di confronto e stimolo per il corretto sviluppo del settore della mobilità e dei trasporti. La Medaglia sarà visionabile dai visitatori nei giorni dell’evento all’interno della ricca esposizione di tecnologie, veicoli ed autobus innovativi. Move.App Expo 2014, oltre all’Adesione del Presidente della Repubblica e sua Medaglia di Rappresentanza ha ricevuto i Patrocini di Commissione Europea, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero dell’Ambiente, Regione Lombardia, Comune di Milano (in itinere), EXPO 2015, Ferrovie dello Stato Italiane, Trenord, Ferrovienord, UITP, Asstra, ANIE – Confindustria – Assifer, Ditecfer, CEI-Cives, Assotrasporti, Fondazione FS Italiane, Museo della Scienza e della tecnologia “Leonardo da Vinci”, FerCargo. Oltre al prestigioso patrocinio Asstra che coinvolgerà le più importanti realtà di TPL italiane nel corso di Move.App Expo 2014, e di cui è già avvenuta la conferma della partecipazione da parte di Massimo Roncucci Presidente Asstra, Guido del Mese, Direttore Generale dell’Associacione e Daniela Carbone Dirigente del Servizio Innovazioni Tecnologiche Asstra, anche UITP sarà presente e patrocinerà Move.App 2014 e per il 2015 quando sarà proposta la sinergia tra Move.App Expo 2015 e l’evento mondiale UITP World Congress & Exhibition 2015 “SMILE in the city” programmato nella città di Milano. Mohamed Mezghani, Deputy Secretary General of UITP, sarà relatore

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Pubblico Locale del Ministero dei Trasporti, modererà la tavola rotonda dedicata al processo di revisione della Legge 422 cui parteciperà Guido del Mese, Direttore Generale ASSTRA e a cui è stato invitato il Vice Ministro Riccardo Nencini in qualità di key note speaker. Metropolitana Milanese ha scelto Move. App Expo 2014 per la realizzazione della Sessione Straordinaria dedicata allo stato dell’arte delle metropolitane in Italia e nel mondo in occasione delle celebrazioni per i 50 anni della linea M1. Ferrovie dello Stato Italiane, parteciperà con i propri massimi rappresentanti: sono ad oggi già confermati l’Amministratore Delegato Michele Mario Elia alla Cerimonia di Apertura, Maurizio Gentile Amministratore Delegato di RFI alla discussione sullo sviluppo e le prospettive delle reti fer-

d’eccezione alla sessione istituzionale di apertura di Move.App Expo 2014. L’ UITP è l’Associazione internazionale per il trasporto pubblico e la mobilità sostenibile che, con i suoi 1.300 membri da 92 Nazioni, è riconosciuta a livello mondiale come l’unica realtà che mette in relazione tutti gli stakeholders e tutte le modalità di trasporto sostenendo fattivamente politiche e progetti Virginio Di Giambattista – Responsabile Direzione Generale per il Trasporto

roviarie in Italia ed in Europa e Mario Castaldo Direttore Trenitalia Cargo alla sessione dedicata all’intermodalità ed alla logistica cui parteciperà FerCargo che ha a sua volta conferito il patrocinio alla manifestazione Sviluppato ed organizzato dal Centro di Ricerca Trasporti dell’Università di Genova (CIRT), CIFI (Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani) e Columbia Group, quest’ultima forte di 15 anni di


esperienza nella consulenza e nell’organizzazione di eventi di settore, si è consolidato come il punto di riferimento

annuale per il settore della mobilità e dei trasporti. Move.App Expo si pone quale obiettivo primario quello di rappresentare il “Sistema Italia” con un accento parti-

colare sull’aspetto del networking con i Paesi dell’Unione Europea e le aree emergenti. A tale scopo, a convegni e workshop specialistici di caratura internazionale si accompagneranno un’esposizione negli spazi del Museo, test drive e visite tecniche. Ampio spazio sarà riservato al confronto tra pubblici amministratori italiani e stranieri, cui spetta il governo del territorio, e l’industria, in un continuo scambio di idee ed esperienze. Gli elementi caratterizzanti sono costituiti dal sostegno che si intende dare alle innumerevoli eccellenze italiane nel settore della mobilità di persone e merci (frutto delle richieste raccolte negli ultimi anni dalle aziende) nonché l’apertura al pubblico e l’ampliamento dell’esposizione per la sensibilizzazione nei confronti degli sforzi premianti che le Aziende eser-

centi, la Pubblica Amministrazione, la Ricerca e l’Industria in Italia stanno sostenendo per il rilancio. Move.App Expo 2014 è articolato su cinque giornate: sabato 11 e domenica 12 ottobre: Week End della mobilità, due giorni destinati all’apertura alla cittadinanza della vasta area espositiva, per spiegare cosa c’è dietro le scelte delle pubbliche amministrazioni e mostrare che, per la mobilità, il futuro è oggi; lunedì 13 e martedì 14 ottobre: test drive, visite tecniche a impianti e sistemi innovativi, vasto programma di convegni e workshop rivolto agli addetti del settore, cui intervengono soggetti selezionati tra Pubblici Amministratori, esponenti del mondo dell’Industria e della Ricerca, Aziende Esercenti. Apertura sul tema “Il ruolo fondamentale del Trasporto Pubblico Locale per la mobilità nei centri urbani: integrazione ferro – gomma, interoperabilità e accessibilità dei servizi”, cui parteciperanno le massime Autorità ed esponenti dell’industria leader di settore; mercoledì 15 ottobre: visite tecniche a impianti, sistemi e tecnologie innovative. Riccardo Genova

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nautica / porto&diporto

Marine, le strutture nautiche riconosciute turistico-ricettive

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on il decreto Sblocca Italia il Governo equipara i “Marina Resort” alle strutture ricettive all’aria aperta. Nelle “strutture organizzate per la sosta e il pernottamento dei turisti all’interno delle proprie unità all’ormeggio” potrà essere applicata l’IVA ridotta al 10%, da sempre vigente per tutti gli altri segmenti del turismo. Per la nautica da diporto è un importante passo avanti verso il riconoscimento del turismo nautico e PORTO&diporto ne ha parlato con Massimo Perotti, Presidente UCINA Confindustria Nautica. Presidente, cosa prevede il decreto sblocca Italia per la nautica?

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Il riconoscimento dei “Marina resort”, cioè quelle porzioni di approdi appositamente attrezzate per essere destinate all’ormeggio in transito dei diportisti. E’ un punto di partenza, non un traguardo, ma rappresenta un risultato storico: per la prima volta una norma dello Stato riconosce che quelle nautiche sono strutture turistico-ricettive. Il che apre all’applicazione dell’IVA turistica del 10%. Ne dobbiamo dare atto al ministro Lupi, ma anche alle due parlamentari che più si sono battute in questo senso, l’on. Paola De Micheli, alla Camera, e la senatrice Camilla Fabbri, al Senato. Ricordo che nel testo c’è anche una norma di rilancio del

made in Italy, attraverso il supporto alle principali manifestazioni fieristiche internazionali italiane, che interessa anche il Salone Nautico di Genova. Come si è giunti a un tale risultato? Con un lavoro molto lungo, meticoloso e tecnicamente complicato, che ha dovuto contemperare le esigenze di rilancio del settore, visioni politiche, definizioni giuridiche, valutazioni economiche, coperture finanziarie, interessando una moltitudine di interlocutori e uffici pubblici. E’ appena il caso di ricordare che UCINA Confindustria Nautica è l’unica organizzazione che agisce ormai da anni come unico sindacato


Massimo Perotti

di tutte le imprese della filiera nautica – siano esse di produzione di imbarcazioni, accessori, servizi, oppure di manutenzione, gestione di approdi - e persino dei diportisti, essendosi dotata di una struttura e di strumenti appositamente dedicati. Quali i prossimi passi per rendere definitive queste misure? Le misure sono contenute in un decreto che va convertito in legge e individua la copertura economica per l’anno 2014. Siamo già al lavoro per rendere tale copertura strutturale. I danni della politica di Monti sul diporto…. Potrei limitarmi a citare le 40.000 bar-

che fuggite dall’Italia. Ma il tema va letto in un altro modo. La tassa Monti ha dato circa 23 milioni di euro – a fronte dei 150 preventivati – ma ha soprattutto procurato un mancato gettito per l’erario di circa 800 milioni di euro (mancato indotto per servizi nautici, manutenzione, porti, carburanti, commercio, ecc.). Si tratta di un quinto del gettito dell’IMU sulla prima casa. Si è dovuto aumentare la pressione fiscale per tappare il buco creato da questa iniziativa politica demagogica. Al contrario, solo sostenendo la filiera nautica, avremmo potuto ridurre la suddetta imposta del 20%. Questa è la strada per la ripresa: siamo il più bel Paese d’Europa e, ammesso

che le barche siano solo beni per ricchi (e non è vero perché al Salone di Genova ne vendiamo dal prezzo di un scooter in su), dovremmo fare in modo di attirare in Italia i facoltosi di tutto il mondo. E non di farli fuggire. Secondo Lei è un segnale di consapevolezza dei politici sull’importanza economica del settore? Non credo che ormai vi sia qualcuno che possa sostenere in buona fede di non conoscere le potenzialità di sviluppo della nautica (che fra l’altro è quello che ha il più alto moltiplicatore occupazionale di tutto il cluster marittimo, settore crocieristico compreso). In parte questo si deve ai risultati obiettivamente disastrosi delle politiche recessive adottate da Monti, ma anche al quotidiano lavoro di sensibilizzazione svolto da UCINA. Forse dobbiamo lavorare ancora sugli apparati dello Stato, che sono poi quelli chiamati a rapportarsi con il cittadino-diportista. Quali potrebbero essere le prossime istanze di UCINA? Con l’aiuto dell’Agenzia delle Entrate dobbiamo rilanciare lo strumento del leasing nautico, l’unico con il quale è pensabile di vendere una barca da una certa dimensione in su. Dal punto di vista culturale vogliamo portare il mare nelle scuole. Il resto lo stiamo già facendo: grazie all’incessante pressione dell’Associazione è iniziato in Senato l’esame della Legge delega per la revisione del Codice della Nautica, con l’obiettivo di semplificare e sburocratizzare. Mentre il decreto attuativo del Registro telematico delle immatricolazioni – che fra l’altro eviterà il duplicarsi dei controlli in mare - è stato approvato dal Governo l’8 agosto scorso. Riccardo Russo

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nautica / porto&diporto

Assonautica, tutti insieme per cogliere la svolta positiva I

l decreto “Sblocca Italia” e l’applicazione dell’Iva al 10% per i marina resort rappresentano un piccolo grande passo sulla strada non facile del rilancio del settore. Le incongruen-

Alfredo Malcarne

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ze dei passati governi nell’approcciare il settore della nautica da diporto che hanno colpito duramente le imprese nautiche, ma ora sembra ci sia un’inversione di rotta. E cenno di ottimismo

si legge in questa intervista al Presidente di Assonautica Italiana, Alfredo Malcarne: Presidente, come si chiude la stagione per la nautica italiana?


E’ ancora presto per dirlo, ma diversi segnali pervenuti ci consentono di essere ottimisti e di credere fermamente nello sviluppo e nel rilancio della nautica da diporto, del turismo nautico e dell’economia del mare. In ogni caso come Assonautica italiana stiamo procedendo ad una mappatura sistematica dei transiti registrati nei porti, negli approdi e nei marina. Un vero e proprio report che permetterà di ottenere un puntuale feed back aggiornato ed anche di capire i punti deboli dell’accoglienza sulle coste italiane. L’analisi ci suggerirà nell’immediato come correre ai ripari, come migliorare e come prepararci alla stagione 2016. Secondo Lei la politica esce dal letargo sulla nautica con l’iva al 10% per le Marine? Certo, questo risultato rappresenta un piccolo grande passo sulla strada non facile del rilancio del settore. Le incomprensioni e gli errori madornali

dei passati governi hanno colpito duramente le imprese ed i players della nautica. Ecco perché dobbiamo fare squadra più di prima e offrire contributi di idee e sostegno ad un mondo economico che deve riprendere a vivere. Quale potrebbe essere la strada per incentivare il settore del diporto? La strada è lunga ed è anche in salita ma possiamo farcela migliorando il nostro modo di pensare e di rapportarci alle Istituzioni che devono “cambiare rotta” e intravedere nello sviluppo del settore, uno sviluppo economico ed ecosostenibile. L’economia del mare può garantire migliaia di posti di lavoro. Eppure, diverse migliaia ne abbiamo persi dal 2008 ad oggi. Il 2014 può rappresentare la svolta. Ma non illudiamoci: abbiamo bisogno del sostegno di tutti (Governo, Istituzioni, Forze di polizia) e poi noi tutti – ai diversi livelli di rappresentatività - dobbiamo lavorare insieme per la causa.

Tra internazionalizzazione ed iniziative nazionali quali sono le prossime attività di Assonautica? Nonostante alcuni venti contrari (ma chi va per mare è assolutamente preparato a questo) la mission di Assonautica italiana continua a sviluppare con grande slancio e grande determinazione i punti focali della sua mission: informazione, innovazione, internazionalizzazione e impresa. In tema di informazione abbiamo dato alle stampe la seconda edizione della “Sea Economy Agenda”, il nostro più grande successo editoriale:128 pagine, tutta in lingua inglese, oltre 200 appuntamenti mondiali della nautica tra saloni specializzati, boat show, eventi speciali e regate internazionali con nomi, numeri, indirizzi, date, telefoni, mail; un essenziale dizionario nautico, i link utili, i protocolli d’intesa, le assonautiche in Italia. La Sea Economy Agenda, stampata in oltre 10 mila copie è stata distribuita in oltre 50 Paesi nei 5 continenti attraverso il circuito di Assocamerestero. In tema di turismo nautico abbiamo promosso il progetto “Quality Marine”, finalizzato non solo alla qualificazione e certificazione dei porti turistici ma anche alla costituzione di una rete italiana delle infrastrutture portuali. Con tale progetto Assonautica, in collaborazione con il sistema delle Camere di commercio, intende costruire un percorso di qualificazione delle strutture portuali per promuovere lo sviluppo e la valorizzazione, in chiave qualitativa, dei porti turistici. Il sistema Quality Marine® si basa essenzialmente su uno Standard di servizio elaborato da Dintec, consorzio di sistema per l’innovazione tecnologica, che possa qualificare i porti turistici in tema di garanzie sulla qualità delle infrastrutture, di efficienza dei processi e di sostenibilità ambientale. In tema di promozione per le imprese abbiamo rispettato un fitto calendario di iniziative sia in Italia che all’estero: il London Boat Show, il SeaTec di Carrara, il BIG Blu di Roma, il Salone di Venezia, la Bit, lo Yacht Med Festival di Gaeta, il “Sottocosta” di Pescara, il Seacily di Palermo, lo “Snim” di Brindisi. E ci stiamo preparando ad un autunnoinverno ancora più interessante: dopo il Festival de la Plaisance di Cannes, il Monaco Boat Show, il salone Nautico di Genova 2014 (evento- record con oltre 50 iniziative in 5 giorni di salone). E poi continuiamo con la Barcolana di Trieste, il Salone nautico di Tirana e Valona (il primo in Albania e che vede il nostro patrocinio dopo l’azione di scouting ed il convegno organizzato a Tirana da Assonautica Euromediterranea) il METS di Amsterdam, il Salon Nautic di Parigi. MDC

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nautica / porto&diporto

Sostenere in futuro l’impresa “mare” con lo stesso spirito di collaborazione che ha consentito di raggiungere l’importante traguardo per i Marine Resort dell’Iva ridotta “Con l’equiparazione dei porti turistici - Marina Resort alle strutture ricettive all’aria aperta, contenuto nel decreto legge Sblocca Italia, e la conseguente riduzione dell’IVA al 10% per i transiti è stato raggiunto un importante traguardo frutto dello sforzo comune delle organizzazioni associative della filiera nautica” ha dichiarato Luciano Serra, Presidente di Assonat - Confcommercio. “Quello spirito di collaborazione già partecipato positivamente in occasione della tassa di possesso, ci deve vedere, dopo questo ulteriore positivo risultato, ancora uniti nel futuro per affrontare e superare le problematiche che attanagliano e frenano lo sviluppo della nostra nautica. Dobbiamo continuare a fare squadra, evitando inutili protagonismi, tutti protesi al bene e allo sviluppo del nostro Paese”. “E’ importante - conclude Serra - sostenere l’impresa mare che vede nella portualità turistica una tessera strategica con potenzialità e capacità proprie nel generare significative ricadute economiche e occupazionali per il sistema Paese e per le comunità locali, contribuendo anche nella promozione del territorio e dei suoi patrimoni storicoculturali ed enogastronomici”.

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Luciano Serra

Equiparare i porti turistici a villaggi galleggianti può costituire una svolta concettuale e una parziale compensazione dei gravissimi danni subiti da una miope politica fiscale

“A

Roberto Perocchio

ssomarinas ha favorito lo sviluppo e l’affermazione del modello giuridico del “Marina Resort” nella Regione Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con i propri associati, approfittando dei poteri legislativi della Regione in materia di turismo – ha affermato Roberto Perocchio presidente di Assomarinas - Siamo quindi particolarmente soddisfatti nel constatare che tale modello, che equipara i porti turistici a villaggi galleggianti, è stato finalmente recepito a livello nazionale e confidiamo nel consolidamento dell’art. 39 decreto “Sblocca Italia” come possibilità di parziale compensazione dei gravissimi danni subiti dal nostro comparto a causa di una precedente politica fiscale che aveva discriminato negativamente il turismo nautico rispetto ad altre forme di turismo. Dobbiamo infatti cogliere le nuove opportunità di crescita che l’Europa ci offre e la formula del “Marina Resort” può aiutarci ad attirare nuovo turismo internazionale.


estero / porto&diporto

Consulenza e assistenza legale per le Pmi in Estremo Oriente

I

l gusto e la creatività italiani sono le opportunità per far leva nel mercato dell’Estremo Oriente, specialmente Cina, tuttora in forte crescita nonostante la crisi internazionale. Esportare i nostri prodotti e servizi, o accogliere un flusso di viaggiatori interessato ai settori Made in Italy, turismo, alimentazione, moda, motori: per concretizzare simili opportunità in un mercato, quello orientale, dove complessità di aspetti legali e operativi possono essere duri ostacoli da superare, Giampaolo Naronte ha costituito lo studio legale GN Lex che rappresenta il desk italiano di Lehman, Lee & Xu, tra i principali studi legali cinesi con 31 sedi in tutta la Cina. L’avvocato genovese racconta la sua esperienza in questa intervista a PORTO&diporto. Come nasce GNlex e come opera? GN Lex nasce da uno spin off del mio Asian Desk che ho gestito per 4 anni presso uno Studio Legale italiano, al fine di soddisfare la crescente richiesta delle nostre PMI di consulenza e assistenza legale focalizzata sui mercati del Far East. Qual è la tipologia di aziende che chiede la vostra consulenza ed in cosa consistono i servizi che offrite? La policy dello Studio è rivolgersi ad aziende italiane che offrano servizi/prodotti ad alto valore aggiunto, in settori del mercato asiatico in costante crescita come: ricerca ed uso di fonti di energia rinnovabile, arte e cultura, biotecnologie, meccanica e impiantistica di alta precisione, apparecchiature medicali. La Cina deve essere vista principalmente come un mercato di sbocco, per cui i servizi legati alla formazione del personale (dagli assistenti di volo al personale marittimo viaggiante) rap-

Giampaolo Naronte presentano ottime opportunità per le nostre imprese. In quale area è maggiormente richiesta la vostra collaborazione? Il nostro Studio offre assistenza e consulenza legale a 360 gradi. Si inizia con la ricerca partner o la verifica dell’affidabilità del potenziale partner cinese; superata positivamente questa fase si passa alla negoziazione dell’accordo commerciale e infine si accompagna il cliente in loco per la firma del contratto. Le aree in cui GN Lex ha maturato significative esperienze sono il diritto commerciale e societario, il planning fiscale, la tutela della proprietà intellettuale, la green economy. Con quali organizzazioni collaborate per assicurare la concretizzazione di progetti, tal volta complessi? Lo Studio è consulente di numerose Confindustrie del Nord e del Centro Italia; inoltre collabora stabilmente con associazioni di categoria (come AICE o Sviluppo Cina) che sostengono l’internazionalizzazione delle imprese. GN Lex può inoltre contare su solidi

rapporti professionali sia con le nostre istituzioni in loco (in primis l’Ambasciata Italiana a Pechino) sia con la Camera di Commercio Italiana in Cina (di cui lo Studio è anche socio e con la quale sono stati recentemente organizzati alcuni seminari). Quali sono le difficoltà per imprenditori italiani poi superate con successo? La Cina rappresenta un’ottima opportunità per le nostre PMI ma pone alcune condizioni, ad esempio le PMI non devono pensare che il “made in Italy” dia una rendita di posizione comunque. Attualmente la Cina rappresenta ancora un’opportunità per le aziende italiane? Lo sviluppo socio-economico della Cina ha determinato un costante aumento del costo del lavoro e dei costi relativi alle attività produttive per cui oggi le attività labour intensive si spostano verso altri Paesi (come VietNam) in cui la manodopera costa poco. La Cina va vista come un mercato di sbocco non solo per i prodotti ma soprattutto per i servizi. La formazione del personale, le consulenze e l’assistenza post vendita sono alcuni tra i settori che dovrebbero essere sfruttati dalle nostre PMI. Quali le previsioni per i mercati asiatici? La Cina si muove - nel medio/breve periodo - verso tre principali obiettivi: il riconoscimento dello yuan come moneta di scambio internazionale; una crescita economica “gestita” attraverso regole e limiti che riducano i costi sociali provocati dallo sviluppo incontrollato degli ultimi 25 anni; la tutela dell’Ambiente (con la “A” maiuscola) che va dall’ambiente naturale al luogo di lavoro del lavoratore. Stefano Meroggi

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aziende / porto&diporto

Autunno intenso per ABB tra innovazione e nuovi contratti A

ttività molto intensa nelle prime settimane di Settembre per ABB, gruppo multinazionale dedicato all’energia ed all’automazione, che ha chiuso importanti contratti e dato il via ad innovative iniziative proprio nei primi giorni di questo autunno. A Genova il Gruppo ha ufficialmente inaugurato, presso il Centro di Competenza Turbine, un laboratorio unico nel suo genere per la valutazione di componenti per il controllo di turbina e di sistemi retrofit per impianti di generazione a gas, vapore e idroelettrici. Il laboratorio consentirà di effettuare test e di esaminare il comportamento dei componenti per il controllo di turbine heavy duty e industriali dedicati alla misurazione di parametri critici quali la velocità e le vibrazioni, allo scopo di verificarne funzionalità e compatibilità con i sistemi di controllo ABB, specialmente in caso di progetti di ammodernamento. L’utilizzo delle turbine a gas e a vapore è in costante crescita nei settori dell’energia e dell’industria e la Business Unit (BU) Power Generation di ABB è posizionata in modo da poter fornire competenze specializzate sia per le soluzioni avanzate di ammodernamento sia - attraverso il sofisticato sistema di controllo Symphony® Plus - per l’ammodernamento di vecchie centrali e la realizzazione di nuovi impianti. Il Centro di Competenza con

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sede Genova è dedicato ai mercati di Europa settentrionale e centrale, regione Mediterranea, India, Medio Oriente e Africa e offre a tutte le unità che lo richiedono la propria esperienza. Un centro di competenza gemello per le turbine a gas e vapore in Pennsylvania, negli Stati Uniti, è focalizzato sui mercati americani e asiatici. Insieme, i due centri forniscono una copertura globale grazie al supporto dei migliori esperti dell’azienda. ABB si è aggiudicata un ordine del valore di oltre 800 milioni di dollari dalla Scottish Hydro Electric (SHE) Transmission plc per la realizzazione della connessione elettrica in corrente continua ad alta tensione (HVDC) che collegherà la rete elettrica su entrambe le rive del fiordo Moray Firth a nord della Scozia, tra Caithness e Moray. La decisione circa la necessità del collegamento è stata presa da Ofgem (Ufficio dei mercati del gas e dell’energia), un’autorità nazionale indipendente. ABB si occuperà della progettazione, dell’ingegneria, della fornitura e della messa in servizio delle due stazioni di conversione HVDC Light a 320 kV posizionate a terra. La prima, ubicata presso Blackillock a Moray, ha una potenza di 1.200 megawatts (MW) mentre la seconda, ubicata presso Spittal a Caithness, ha una potenza di 800 megawatt. Lo scopo di fornitura di ABB include

inoltre cavi sottomarini e sotterranei che coprono una lunghezza totale di trasmissione di quasi 160 chilometri. La connessione sarà ufficiamente operativa nel 2018. La soluzione HVDC Light di ABB fa da apripista alla tecnologia VSC (Voltage Source Converter). Il Gruppo ha fornito 13 delle 14 connessioni VSC presenti in tutto il mondo. L’HVDC Light resta una delle soluzioni ottimali per connessioni elettriche sottomarine e sotterranee. Sempre in questi giorni ABB e la cinese BYD hanno dato vita ad un’alleanza globale strategica per le soluzioni di stoccaggio d’energia che sfrutta i punti di forza complementari delle due società. I prodotti e le tecnologie ABB d’avanguardia per sistemi di accumulo per le reti, le soluzioni per la ricarica di veicoli elettrici e i sistemi integrati per il settore navale, unitamente alle competenze di BYD nel campo delle tecnologie per le batterie, possono ampiamente soddisfare le esigenze di stoccaggio di energia in tutto il mondo. Questa collaborazione accelererà l’introduzione di nuove soluzioni per la ricarica dei veicoli elettrici oltre che la veloce diffusione di energie derivanti da fonti rinnovabili combinate con lo stoccaggio di energia in rete e fuori rete unitamente a batterie e a soluzioni di stoccaggio per il crescente mercato del navale. Paola Martino


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Corruzione, va combattuta prima di tutto dallo Stato

H

o ascoltato il monito che il Dr. Cantone, Presidente della neo nata Autorità Anticorruzione, ha lanciano nei confronti degli Industriali a Cernobbio, e resto basito dal tentativo di scaricare su noi imprese, la responsabilità di un fenomeno che affonda le sue radici prima di tutto negli organi dello Stato e della Pubblica Amministrazione. Ancor più grave la mancata replica di Confindustria, che ha incassato “la lavata di testa” senza replicare nel merito. Oggi, l’organismo presieduto dal Dott. Cantone a differenza di altre Autority, ha limitatissimi poteri sanzionatori ed i suoi pareri e comunicati non sono vincolanti per la Pubblica Amministrazione. Il carrozzone messo in piedi per controllare gli Appalti, pagato e sostenuto interamente dalle Imprese con le tasse sulle gare, è stato negli anni affossato, disarmato e depotenziato alimentando di contro, il caos legislativo. Già di per sé il Codice degli Appalti è poco chiaro e si presta a molteplici interpretazioni, oltre ad essere un groviglio di articoli, che spesso rimandano ad altre leggi, difficili da interpretare e da applicare, ora abbiamo

Raffaele Cantone dato vita anche all’Autorità Anticorruzione, che ha assorbito la vecchia Autority dei Contratti Pubblici, che con i suoi pareri “non vincolanti” alimenterà il mare magnum delle interpretazioni. Vorrei dire al magistrato Cantone che proprio in questo caos sguazza la corruzione! E’ grazie a questo sistema che puntualmente i bandi di gara per gli affidamenti pubblici, si trasformano in vestiti su misura per quella o quell’altra azienda e senza un vero potere sanzio-

natorio e vincolante per la P.A., il lavoro del Dott. Cantone purtroppo non produrrà effetti significativi e concreti. Per ogni Imprenditore corruttore esiste un Funzionario Pubblico corrotto! Non vi è dubbio che un altro intervento concreto che andrebbe posto immediatamente all’attenzione del Governo è riferito alla modifica della Legge Bassanini, introducendo uno specifico reato penale a carico di quei funzionari pubblici e dirigenti che non applicano correttamente il principio dell’autotutela, spesso delegando, con le loro “non decisioni” il Giudice Amministrativo. Abbiamo i Tribunali intasati da ricorsi amministrativi e molte di queste liti potrebbero essere risolte, proprio attraverso il rafforzamento dei poteri dell’Autorità Anticorruzione, rendendo i pareri emessi “vincolanti per la P.A.” e con un applicazione più rigida dello strumento dell’Autotutela da parte della Pubblica Amministrazione. Questi i veri provvedimenti che il Governo dovrebbe mettere in campo , tutti a costo zero per le tasche dei cittadini. Sergio Passariello Presidente Imprese del Sud

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La francese Labco acquisisce le eccellenze dell’Istituto Sdn U

n ingente investimento e il colosso francese Labco Diagnostics sbarca in Campania dove acquisisce l’Istituto Sdn di Napoli e conta di espandersi nel Sud Italia. Un progetto imprenditoriale di significativa portata a conferma che la ricerca non va in crisi. Almeno non va in crisi per l’azienda diretta da Marco Salvatore, l’unico istituto di stampo diagnostico vivo-vitro in Italia, che fa così il suo ingresso nel colosso internazionale francese, leader in Europa nel segmento con 250 strutture in 11 paesi (Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Regno Unito, Belgio, Svizzera, Brasile, Colombia, Perù e Messico), oltre 5mila dipendenti, 15 milioni di pazienti all’anno e un volume d’affari complessivo di oltre 560 milioni di euro all’anno. La partnership siglata con la struttura partenopea è il primo passo verso il Sud del colosso sanitario e fa da preludio all’apertura di nuovi centri diagnostici. A svolgere il ruolo di advisor finanziario dell’operazione è la Ernst & Young. In particolare, il team M&A di EY ha assistito gli azionisti di Sdn (MPVenture, Imi fondi chiusi, Centrobanca e la famiglia fondatrice) nella cessione del 100 per cento della Sdn a Labco Sa. Nata in Francia nel 2002, la Labco è divenuta in pochi anni leader europeo della diagnostica medica grazie ad un modello aziendale innovativo di partnership medica, che coniuga l’eccellenza e la condivisione della ricerca con la diagnostica dei laboratori territoriali e con l’efficienza del management. Con l’integrazione dell’Istituto Baluardo di Genova, con sedi in tutta la Liguria, e di Cam Centro Analisi Monza, struttura di riferimento a livello nazionale e uno dei primi quattro laboratori italiani, in questi ultimi anni Labco è diventato uno dei gruppi più forti del mercato sanitario italiano. “Essere stati individuati come un modello da seguire ed esportare anche in altre regioni italiane e in altri Paesi europei - spiega Matilde Mansi Salvatore, amministratore dell’Istituto Sdn rappresenta un grande premio per i 40 anni di lavoro che abbiamo svolto sul territorio campano senza timore di investire sui nostri giovani migliori. Sono

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Marco Salvatore

all’Inghilterra. “Una delle conseguenze importanti del nostro ingresso in Labco - rileva Emanuele Nicolai, presidente della Fondazione Sdn - sarà l’entrata dell’Istituto in un grande network internazionale di progettazione della ricerca, fondamentale per assegnare anche a Napoli e alla Campania, con le sue università, i suoi centri di ricerca, le sue aziende più innovative, un ruolo nevralgico nella presentazione di progetti internazionali per accedere ai finanziamenti europei”.

proprio loro che oggi raccolgono il frutto di un sistema virtuoso che ha saputo unire il rigore della ricerca alla continua innovazione tecnologica, dimostrando che, quando si fanno scelte oculate sostenute da una progettualità precisa e ben strutturata, si può avere successo anche e soprattutto in Campania e al Sud, dove ci sono straordinarie risorse umane, che devono solo essere valorizzate adeguatamente”. Partirà proprio dai ricercatori napoletani la nuova rete internazionale per la ricerca con Labco, in un contesto come quello di Sdn già fortemente votato alla collaborazione con alcuni dei centri di ricerca più prestigiosi del mondo, dagli Stati Uniti alla Finlandia, dall’Olanda

L’altra grande novità sarà costituita dal nuovo assetto del management che sul modello della holding francese fonderà la dirigenza del centro territoriale, con la governance centrale che garantisce il coordinamento internazionale e la cooperazione tra i 240 centri diagnostici europei. “L’integrazione di Sdn e delle sue eccellenze scientifiche in Labco - spiega Philippe Charrier, amministratore delegato di Labco - rappresenta un passo strategico per l’intero gruppo, consentendo un rafforzamento della nostra leadership in Italia e nella ricerca, grazie alle future sinergie con gli altri centri Labco italiani ed internazionali”. Eduardo Cagnazzi


aziende / porto&diporto

Fabbrica del Gelato di Parma 50 anni di golose innovazioni D

alla mitica Coppa del Nonno al Mottarello, fino al Cono Vortice dell’Antica Gelateria del Corso. Compie cinquant’anni la Fabbrica del Gelato di Parma. Mezzo secolo di passione per il gusto che ha fatto la storia del gelato e del costume italiano; un successo dovuto all’attività continua di ricerca dello stabilimento di Parma con le sue felici creazioni firmate Nestlè Motta e Antica Gelateria del Corso. E’ nella città emiliana che, partendo dalle materie prime, si realizzano da sempre i gelati seguendo le antiche ricette dolciarie. Une vera sfilata di eccellenze. Ed è da qui che partono i circa 130 milioni di porzioni di gelato all’anno per raggiungere gli angoli più remoti del Paese e l’estero, dove arriva il 30% della produzione. Quando nel lontano 1964 la fabbrica vede la luce, vengono prodotte più di 100 tonnellate di gelato. A quell’epoca le celle frigorifere immagazzinano già 28 milioni di gelati. Ed è qui che oggi lavorano 250 persone su tredici linee di produzione e nascono i gelati più celebri: dalla Coppa del Nonno al Tartufo, anticamente chiamato “mela stregata”, fino al Gran Moro dolce dentro e amaro fuori e al gelato servito in coppe di vetro. Oggi, come cinquant’anni fa, la Fabbrica del Gelato continua ad essere un luogo magico in cui la tradizione si combina alla sperimentazione per continuare a dare ai palati più

raffinati coccole di gelato. Un processo contrassegnato da investimenti in tecnologie, che permettono di dare alla luce una nuova generazione di freddi dessert. A dare forma alla Fabbrica del Gelato è Virginio Marchi, un borghese “bon vivant” goloso e raffinato che, davanti ad una coppa di gelato gustata seduto ad un tavolino del Caffè Tanara, ha l’intuizione di replicare quella stessa esperienza di gusto e di dolcezza su larga scala. L’estro di Virginio, assieme alle conoscenze economiche e all’esperienza nel campo della finanza del fratello Antonio, consentono ad un sogno di diventare realtà. Gli anni che vedono la nascita della Fabbrica del Gelato sono di grande fermento culturale in tutto il mondo: è di quel periodo la creazione della minigonna che, ideata da Mary Quant ispirandosi all’automobile Mini, rivoluziona il costume. Oltre Manica invece va a segno un’altra rivoluzione, nel campo dell’industria gelatiera italiana, con la creazione della Coppa del Nonno. Un prodotto mito per generazioni intere, preparata con una ricetta segreta che esalta i suoi ingredienti: latte, panna ed infuso di caffè del tipo verde. Il periodo di importanti trasformazioni ed innovazioni continua anche negli anni ’80 e ‘90, periodo d’oro della Fabbrica del Gelato che vede in quegli anni la nascita

dei gelati diventati must per due generazioni. Nel 1986, anno in cui Roberto Baggio esordisce in Serie A, un’altra palla, ma con un cuore di gelato alla crema ricoperto da gelato al cioccolato, prende forma. Nasce in quel periodo il prototipo del gelato-icona a forma sferica, proprio come una piccola palla, realizzato manualmente attraverso uno stampo, facendolo poi rotolare nella polvere di cacao. Innovazione e ricerca fanno inevitabilmente rima con design e stile italiano che si afferma, insieme alla moda, come portabandiera del made in Italy nel mondo: l’eccellenza alimentare di Parma sposa l’avanguardia progettuale di Torino, ben rappresentata dallo stile di Giorgio Giugiaro, che nel 1985 crea per Antica Gelateria del Corso una vetrina di design, considerata una dei primi frigoriferi in verticale, che cambia il modo di intendere il consumo di gelato all’interno dei bar di tutta Italia. Una creazione che continua ancora oggi e che consente di regalare ancora coccole di gelato. Buon compleanno. Eduardo Cagnazzi

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hightech / porto&diporto

Robot e droni nel futuro del Settore Pubblico

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econdo i dipendenti del Settore Pubblico entro 20 anni gli uffici saranno caratterizzati da tecnologie innovative che cambieranno in maniera significativa il modo di lavorare. Ad affermarlo è una ricerca condotta da Coleman Parkes per conto di Ricoh. Una ricerca commissionata da Ricoh Europe e realizzata da Coleman Parkes mette in evidenza come i dipendenti del Settore Pubblico si aspettano entro i prossimi 20 anni un posto di lavoro tecnologicamente evoluto in cui verranno utilizzati sistemi per la realtà aumentata (70% del campione), robot da ufficio (62%) e droni (62%). Per realtà aumentata, o realtà mediata dall’elaboratore, si intende l’arricchimento della percezione sensoriale umana mediante informazioni, in genere manipolate e convogliate elettronicamente, che non sarebbero percepibili con i cinque sensi. Il cruscotto dell’automobile, l’esplorazione della

città puntando lo smartphone o la chirurgia robotica a distanza sono tutti esempi di realtà aumentata. Rispetto a quanto affermano gli intervistati del Settore dell’Istruzione, dei Servizi Finanziari e della Sanità, i rispondenti del Settore Pubblico non credono che le innovazioni tecnologiche più dirompenti verranno introdotte sul posto di lavoro nei prossimi 5-10 anni ma in un futuro più lontano. Le innovazioni che secondo i rispondenti potrebbero diventare realtà includono i trasmettitori sensoriali (56%), vale a dire piccoli dispositivi adattati all’orecchio che consentono di trasmettere dati audio e video direttamente al cervello sotto forma di segnali elettronici. Grazie a questi trasmettitori, informazioni relative a servizi ai cittadini, a iniziative interne oppure a normative locali, na-

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zionali ed europee potranno essere inviate rapidamente ai dipendenti prima dello svolgimento di riunioni importanti. Secondo gli intervistati un posto di lavoro tecnologicamente evoluto consente una migliore condivisione delle informazioni e rende le comunicazioni più efficaci. Oltre la metà dei rispondenti del Settore Pubblico afferma che l’innovazione tecnologica in ufficio consentirà un migliore accesso alle informazioni di cui necessitano per lo svolgimento delle attività (59%), il 55% ritiene che l’IT aiuterà a eseguire il proprio lavoro più rapidamente e il 51% è convinto che migliorerà la collaborazione tra i dipendenti. Il tempo risparmiato grazie all’adozione di nuove tecnologie e all’innovazione dei processi può essere utilizzato per migliorare i servizi ai cittadini. In questo contesto di innovazione e cambiamento ci sono una serie di questioni che i dirigenti

del Settore Pubblico si trovano ad affrontare. I dirigenti sono sotto pressione per raggiungere l’obiettivo del miglioramento dei processi ma, anche come conseguenza dell’attuale contesto economico, si trovano a dover fare “di più con meno”. Dalla ricerca emerge poi che la capacità del settore di introdurre nuove tecnologie è frenata, oltre che dai costi (56%) e da aspetti riguardanti la sicurezza (46%), dalle stesse normative in vigore (43%). Oltre un quarto ha inoltre citato come ostacoli all’adozione delle nuove tecnologie la resistenza al cambiamento da parte dei dipendenti (33%); la mancanza di volontà da parte del-


le organizzazioni di introdurre nuovi modi di lavorare/processi interni (27%); la difficoltà di connettere le nuove tecnologie con i sistemi legacy (27%). Carsten Bruhn, Executive Vice President di Ricoh Europe, afferma: “Non c’è dubbio che nel futuro il posto di lavoro nel Settore Pubblico sarà molto diverso da quello di oggi, dal momento che vi saranno nuovi modi di comunicare e di ricevere informazioni. Il futuro in cui la realtà aumentata darà ai dipendenti nuove possibilità è molto vicino. Come messo in evidenza dagli stessi dipendenti, vi sono però alcuni percorsi obbligati da intraprendere prima che il settore possa trarre valore dalle future innovazioni. Ad esempio è necessario completare la digitalizzazione dei processi di business e rivedere le modalità con cui i dipendenti accedono alle informazioni. Lo studio mostra che un terzo delle organizzazioni del settore non si avvale di piattaforme per la collaborazione interna e anche la funzionalità follow-me printing e le soluzioni basate sul web per organizzare meeting sono sottoutilizzate”. La Commissione Europea sta mettendo in atto una serie di iniziative per aumentare le interazioni digitali e consentire al Settore Pubblico di evolvere verso un posto di lavoro tecnologicamente più avanzato. L’adozione di sistemi per migliorare le attività

del settore è ad esempio supportata dall’obiettivo della Commissione di incrementare entro il 2015 l’utilizzo dei servizi di eGovernment del 50% da parte dei cittadini e dell’80% da parte delle imprese europee. Carsten Bruhn aggiunge: “Oltre

ad accelerare la digitalizzazione nel Settore Pubblico, le direttive europee consentiranno in futuro di sviluppare servizi per i cittadini più efficaci. Un ambiente di lavoro caratterizzato da tecnologie per la collaborazione e l’interattività sempre disponibili aumenta la produttività interna e l’efficacia delle comunicazioni con i cittadini. Le tecnologie agevolano le organizzazioni del Settore Pubblico che stanno cercando di aumentare l’efficienza e di migliorare i servizi cittadini. Il punto di svolta potrebbe essere il 2034, anno in cui il posto di lavoro tecnologicamente evoluto potrebbe essere una realtà. Sarà l’inizio di una nuova era in cui innovazioni, quali i comandi che si attivano con il pensiero, diventeranno la normalità”. Fabrizio De Cesare

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hightech / porto&diporto

Social privacy: italiani “maniaci” dei social

G

li italiani che utilizzano i social network, e più in generale internet, sono in crescita esponenziale, ma nella stragrande maggioranza dei casi sono inconsapevoli dei rischi che si corrono navigando in rete. È il preoccupante dato emerso durante l’incontro “Avviso ai naviganti - Social Privacy, come tutelarsi nell’era dei social network” della quarta edizione della Єconomia sotto l’ombrellone che ha preso il via a Lignano Sabbiadoro. A illustrare i diversi rischi nell’utilizzo dei social sono stati Denis Magro, consigliere dell’Ordine Psicologi del Friuli Venezia Giulia, Alessandro Rodolfi della società di consulenza DataConSec e professore alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma e l’ispettore Francesco Tempo della Sezione provinciale di Udine della Polizia Postale. Proprio l’ispettore Tempo ha insistito sull’inconsapevolezza di molti utenti di internet: «Internet e i social network sono strumenti utilissimi – ha detto – ma da un paradiso possono rapidamente trasformarsi in un inferno se non si è consapevoli dei rischi che si corrono. La prima cosa di cui rendersi conto, e sembra un paradosso, è che l’unico computer davvero sicuro è quello non connesso alla rete e che, quindi, nel momento stesso in cui ci connettiamo aumentano esponenzialmente i rischi di violazione della nostra privacy o addirittura di diventare vittime di truffe e reati che nascono “on line”». Secondo l’ispettore della Polizia Postale, oltre a non esserci un’adeguata consapevolezza dei rischi, si tende a sottovalutare il fenomeno: «Basti dire – ha chiarito – che in una provincia poco popolosa come quella di Udine i reati “on line” denunciati ogni anno sono più di ottocento e che di questi circa un terzo riguardano casi di adescamento, di ricatto o di pedofilia on line. Un dato sicuramente allarmante soprattutto se si considera che spesso i reati relativi alla sfera “sessuale” non vengono denunciati per “vergogna”». Secondo Tempo, bisogna rendersi conto che quando usiamo i social non sappiamo davvero chi c’è dall’altra parte dello schermo. Inoltre va considerato che tutto ciò che viene postato su Facebook e gli altri social rimane lì per

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sempre e può anche creare danni futuri all’immagine di una persona. «Si stanno esplorando – ha concluso l’ispettore Tempo – le strade per arrivare al cosiddetto “oblio informatico”, ma al momento sono ancora a livello embrionale». Lo psicologo Denis Magro ha, invece, posto l’accento su i rischi di dipendenza e gli aspetti psicologici nell’utilizzo dei social network. «Secondo alcuni calcoli, mediamente guardiamo 120 volte al giorno il nostro smartphone – afferma Magro - La dipendenza da social network è molto diffusa. Gli atteggiamenti di abuso degli strumenti offerti dalla rete fino alla dipendenza, sono innescati e portati avanti dalla ricerca di piacere, soddisfazione, affettività e autostima. A livello celebrale vengono rilasciate maggiori quantità di sostanze psicoattivanti e a livello mentale si creano meccanismi e schemi ricompensatori che portano al riutilizzo continuo e sempre maggiore e ciò fa sì che la dipendenza da social si stia diffondendo sempre più soprattutto fra le persone molto ansiose, stressate o depresse». Fenomeni che, secondo Magro, colpiscono sia i giovani sia gli adulti. Nel 2009 l’Italia è stato il Paese che ha avuto il maggior incremento di utenti Facebook, i quali sono oltre 1,2 miliardi nel mondo. «Se sommiamo il tempo trascorso ogni giorno con il computer, internet, cellulari e tv – ha aggiunto lo psicologo - arriviamo a una media di 8-9 ore al giorno passate con uno schermo. Rimane spesso poco tempo per dedicarci ad attività rilassanti e curare le relazioni personali. Il rischio di ammalarsi di videodipendenza è concreto». Proprio la “dieta mediatica”, l’idea di staccarsi dalla “connessione continua” è il suggerimento di Magro per chi vuole fare vere e proprie vacanze: «Durante le ferie provate a lasciare a casa Facebook, Twitter, Linkedin, Whatsapp, Instagram e tutti gli altri social e provate a godervi le conversazioni reali al posto di quelle virtuali». Sugli aspetti legali, di sicurezza dei dati e di tutela della privacy si è concentrato il giuri-

sta Alessandro Rodolfi: «La normativa italiana ed europea per il rispetto della privacy e la tutela del consumatore dagli abusi che può subire on line sono adeguate e in continua


evoluzione, anche se, come spesso accade, fanno molta fatica a tenere il passo delle “innovazioni criminali” che ci sono continuamente sulla rete» ha detto Rodolfi. In effetti, secondo il Lloyds Risk Index 2013, il “cyber crime” e la violazione dei dati aziendali sono al terzo posto fra le “paure” degli imprenditori dopo le tasse e la perdita di clienti. Una paura più che motivata se è vero come spiega Clusit (Associazione Italiana per la sicurezza informatica) negli ultimi tre anni gli attacchi informatici sono aumentati del 270 per cento con danni al mondo produttivo per 15

miliardi di euro. «Le aziende italiane – ha spiegato Rodolfi – soprattutto se di piccole e medie dimensioni, tendono a non denunciare gli attacchi informatici subiti, perché temono in un danno di reputazione, mentre in Gran Bretagna, Germania e in altri Paesi la denuncia è immediata per poter meglio arginare il fenomeno». Anche per il giurista la consapevolezza è un punto centrale: «Non sempre le aziende si rendono conto di quanto sia importante tutelare i propri dati, affidandosi alla consulenza di esperti di sicurezza informatica – ha detto il giurista – Quando si firmano

contratti di ogni tipo, inoltre, si concede troppo facilmente l’utilizzo dei propri dati per fini pubblicitari ed è proprio per questo che tutti noi ci ritroviamo le caselle di posta elettronica piene di annunci pubblicitari o siamo tempestati di telefonate commerciali. Sarebbe necessaria maggior attenzione a ciò che si firma e maggior conoscenza della legislazione. In pochi, ad esempio, sanno che iscrivendosi nel Registro delle Opposizioni si può evitare di essere continuamente infastiditi da telefonate pubblicitarie». Alberto Medina


arte / porto&diporto

La magia del fare T

ra i mille luoghi segreti nel cuore della Napoli più antica c’è uno spazio magico che si snoda sotto la pelle della città, tra il sacro della Basilica di San Domenico Maggiore e il profano della cappella San Severo. Ad esso si accede da un portoncino su Vico San Domenico Maggiore che conduce nel sottosuolo, in un luogo dall’atmosfera surreale, un’altra dimensione in cui tutto cambia: la luce, il peso dell’aria, la temperatura, il colore. E’ questa la casa-atelier di Teresa e Sergio Cervo, due lavoratori dell’arte che da anni operano per dare forma a ferro, cuoio, argento, legno, tessuti, terre, in una raffinata ed originale artigianalità materica. In questo luogo del fare si affollano tele, pannelli polimaterici, sculture, lampade, tavoli, sedie, gioielli; qui ciascuno

degli innumerevoli oggetti trova il proprio posto e la propria dimensione. Le loro opere sembrano il frutto che viene fuori direttamente dal grembo profondo di questa città, madre matrigna. Esse ti appaiono quando non le cerchi, se sono loro a volersi mostrare, risvegliando fantasie di bambino come in un libro di favole illustrato. Teresa e Sergio si incontrano negli anni ’70, anni ricchi di fermenti culturali e di voglia di fare, anni in cui è possibile esplorare la propria manualità imparando le tecniche di vecchi artigiani per creare cose. Le loro personalità artistiche, i loro linguaggi, sono ben distinti ma complementari, l’uno ispirazione dell’altra. Nel 1977 aprono il loro spazio di produzione artistica e inizia il loro viaggio di esplorazione dei materiali, fino alla matura acquisizione del “sapere delle mani”. Ed infatti quello che più colpisce, parlando con Teresa, sono proprio le sue mani. Sono composte, chiare, quando gesticolano sembra che accarezzino. Sono mani che fanno, e si vede. Sono mani che sanno più di quanto la mente non sappia. Adele Delle Fave

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