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Tariffa R.O.C. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) - art. 1, comma 1, DCB Napoli - ANNO X - N. 6 - Giugno 2014 - Costo singola copia € 2,50

PORTO diporto & IL MAGAZINE CHE APRE IL PORTO ALLA CITTÁ

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sommario / porto&diporto

IN ESCLUSIVA

Anno X - N°6 - giugno 2014 Direttore responsabile Antonio De Cesare Direttore editoriale Maurizio De Cesare Hanno collaborato a questo numero: Massimo Bernardo - Cosimo Brudetti Giuseppe Coccia - Fabrizio De Cesare Gianni Andrea De Domenico Domenico De Crescenzo - Gian Enzo Duci Riccardo Fuochi - Giovanni Grande Alessandro Limatola - Carlo Lombardi Nereo Marcucci - Eugenio Massolo Umberto Masucci - Alfonso Mignone Alberto Moroso - Aldo Negri Alessandro Talini - Stefania Vergani Fabrizio Zerbini Amministrazione e abbonamenti Paola Martino amministrazione@portoediporto.it abbonamenti@portoediporto.it Costo abbonamento Italia € 30, estero € 90 esclusivamente con versamento su CCP n. 81627671 - AM editori srl Via Diaz, 54 - 80055 Portici (Napoli) Pubblicità e marketing marketing@portoediporto.it Listini e specifiche tecniche www.portoediporto.it Progetto e realizzazione grafica AM editori srl Stampa Morconia Print Morcone (BN) Il magazine Porto&diporto è proprietà di AM editori srl info@ameditori.it redazione@portoediporto.it www.portoediporto.it Autorizzazione Tribunale di Napoli n. 17 del 15 febbraio 2006 Periodico associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana E’vietata la riproduzione totale e/o parziale di testi, fotografie e di qualsiasi altro contenuto o allegato. Tutti i diritti sono riservati.

Interviste a: Antonia Autuori, Nicola Coccia, Emanuele Grimaldi, Piero Lazzeri, Francesco Karrer, Francesco Messineo, Giulio Tirelli, Sergio Vetrella ----------Interventi di: Massimo Bernardo, Giuseppe Coccia, Gianni Andrea De Domenico, Domenico De Crescenzo, Gian Enzo Duci, Riccardo Fuochi, Alessandro Limatola, Carlo Lombardi, Nereo Marcucci, Eugenio Massolo, Umberto Masucci, Alfonso Mignone, Alberto Moroso, Aldo Negri, Fabrizio Zerbini PORT&SHIPPINGTECH 4 - Sette giorni di eventi per la Naples Shipping Week ARMAMENTO 8 - Armamento, situazione molto soddisfacente 10 - Rimorchiatori Napoletani nuovo Manuale Operativo SHIPPING 12 - Mediterraneo, lo shipping fattore di integrazione 14 - Genova crea, Napoli fa sinergia, il tutto in un’ottica di sistema 15 - Come un macigno la totale assenza delle istituzioni 16 - Antonia Autuori: manca la conoscenza dello shipping 18 - La capitale dell’armamento avrà il Polo dello Shipping 20 - CR Marine & Aviation i consulenti assicurativi dello shipping ISTITUTO ITALIANO DI NAVIGAZIONE 22 - L’importanza dei collegamenti multidisciplinari col territorio 22 - L’Istituto Italiano di Navigazione nel team Naples Shipping Week 23 - Le C.C.I.A.A. campane nella filiera del mare FEDESPEDI 24 - Gli italiani sono capaci di cose straordinarie, e se divenissero ordinarie? 25 - Un Porto in perenne emergenza CONFETRA 26 - Stiamo davvero cambiando verso in questo Paese? PROPELLER 28 - Propeller Clubs, il legame con l’economia del mare 29 - Il Propeller Milano scalda i motori per Expo 2015 30 - Il Propeller per lo sviluppo del Porto di Trieste 32 - Why Venice? That’s answer! 33 - Aeroporto di Salerno, firmato il protocollo d’intesa

YOUNGSHIP 36 - L’unione fa la forza INFRASTRUTTURE 38 - Napoli, il porto bloccato da conflittualità ambientale 40 - Carrara, come crescere nei settori di nicchia 42 - Salerno ha “fame” di spazi, scelta retroporti obbligata LOGISTICA 44 - The show must go on… ma fino a quando ? 46 - La grande sfida di Venezia nel ricco settore Ro-pax TRASPORTI 47 - Trasporto marittimo campano trasparenza per piani tariffari FORMAZIONE 48 - La formazione marittima. E’ possibile una svolta? 50 - Una formazione di eccellenza con la psicologia positiva 52 - Q&S: Salerno eccellenza nel settore “certificazioni” RICERCHE 53 - Verso navi più ecologiche: importanti le prove in vasca 54 - Life Cycle Assessment che cosa è e come nasce 56 - Nasce il nuovo osservatorio Srmmaritimeconomy.com 58 - LNG, Wartsila investe sullo Short Sea Shipping NAUTICA 59 - Ucina, la grande scommessa, dagli obiettivi… ai risultati DIRITTO 60 - Luci ed ombre giuridiche su Maritime Labour Convention MOSTRE 62 - Per i mari del mondo RISTORAZIONE 63 - Dolce&Salato per conoscere i segreti della grande cucina


p&st / porto&diporto

Sette giorni di eventi per la Naples Shipping Week U

na settimana di eventi culturali, conferenze e incontri organizzati da Propeller Club Port of Naples e ClickutilityTeam è ormai pronta a prendere il via nella città di Napoli. La Naples Shipping Week andrà in scena nel capoluogo campano dal 23 al 28 giugno prossimi e sarà un appuntamento ricco di eventi aperti all’intera community dello shipping italiano e internazionale, a cui contribuiranno relatori provenienti dal mondo imprenditoriale, scientifico e accademico. All’interno della settimana spicca la sesta edizione del Forum Port&ShippingTech, l’evento congressuale che si svolgerà presso la Stazione Marittima di Napoli nei giorni di Giovedì 26 e venerdì

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27 giugno. Il Forum Port&ShippingTech di quest’anno, intitolato “Innovazione e cooperazione per lo sviluppo del cluster marittimo del Mediterraneo”, confermerà la propria leadership nel panorama delle manifestazioni internazionali dedicate alla logistica, allo shipping e, in generale, allo sviluppo del sistema logistico-portuale. Lunga anche la lista dei workshop che si terranno durante la Naples Shipping Week. Proprio presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, nel pomeriggio di lunedì 23 giugno ci sarà un Incontro-dibattito organizzato dal Comitato Scienza & Società dal titolo “Le risorse del mare: opportunità, rischi e necessità di sapere”. Nella mattina di martedì 24 giugno presso la

sala Polo Urbanistico del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) sarà la volta del convegno intitolato “Storia e mare. Uomini, infrastrutture e politiche” organizzato da ISSM – CNR. A questo appuntamento farà seguito il mattino successivo un convegno internazionale promosso dall’Università Parthenope di Napoli, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Navigazione, intitolato “Regulation and management in Naples cruise port: passeggeri, concessionarie e territorio nella prospettiva dell’economicità”. Il convegno fornirà le principali implicazioni del fenomeno oggetto della giornata scientifica, nonché nuovi e interessanti spunti di riflessione per lo sviluppo di future ipotesi di ricerca. Lo stesso giorno, ma al pomerig-


gio, sempre l’Università Parthenope ospiterà un altro convegno intitolato “Il dragaggio dei porti e la destinazione dei sedimenti” promosso da Conisma Consorzio Nazionale Interuniversitario per le scienze del mare, in collaborazione con Porto di Napoli, Autorità Portuale di Salerno e Università Parthenope di Napoli. Questo incontro – diretto agli operatori e utenti dei porti, oltre che agli specialisti del ramo - ha l’obiettivo di chiarire i vincoli normativi e i problemi tecnici e scientifici che si incontrano nella pratica e contestualmente di suggerire le possibili soluzioni. Ancora nel pomeriggio di mercoledì 25 giugno ATENA (Associazione Italiana di Tecnica Navale) organizzerà un altro workshop dal titolo “LNG per la propulsione navale: stato dell’arte e prospettive di sviluppo”. Nel programma della settimana anche dei seminari internazionali: uno promosso da Ecasba - European Community Association of Ship Brokers and Agents (mercoledì 25 e giovedì 26 giugno) - e l’altro dedicato alla sostenibilità del mercato crocieristico. Il 26 Giugno (giovedì) sarà uno dei giorni più intensi della Naples Shipping

Week. La giornata si aprirà con due conferenze del Forum Port&ShippingTech: il “Green Shipping Summit 2014: Innovazioni tecnologiche, soluzioni organizzative e nuovi carburanti per l’efficienza energetica ed ambientale del trasporto marittimo” e “Smart Port: Corridoi europei, doganali e marittimi da e verso l’Europa”. Sempre all’interno del Forum Port&ShippingTech, nel pomeriggio di giovedì 26, troveranno spazio anche altri convegni dedicati ai traffici marittimi di corto raggio (“Napoli e l’Italia, un ponte sul Mediterraneo: La crescita degli scambi e le opportunità di sviluppo nel Nord Africa – Il mare dell’accoglienza”), alle crociere (“MONDO CRUISE. Luxury Cruise & Mega Yacht: opportunità di mercato emergenti per la promozione del turismo costiero del Paese”) e alla finanza (“Infrastrutture, logistica e strumenti finanziari: cosa si è fatto e cosa si potrà fare”). Nella giornata di venerdì 27 Giugno, oltre alla seconda parte del Forum Port&ShippingTech, che vedrà proseguire il Convegno Internazionale “Green Shipping Summit” e in parallelo partire altri due convegni, uno dedicato al

tema della sicurezza (“Safety: prevenzione infortuni e safety nel settore dello shipping e della logistica portuale”) e l’altro invece focalizzato sul tema della collaborazione tra Porto e Città tra innovazione e sviluppo in area mediterranea, intitolato “BACK TO MED”, a cura di RETE (Associazione per la Collaborazione tra Porti e Città), andranno in scena diverse assemblee associative (seminario internazionale Fonasba, Riunione dei Direttori Marittimi del Corpo delle Capitanerie di Porto, Consiglio Nazionale di Assoporti, Comitato esecutivo del RINA, Riunione Fedespedi, Consiglio della Federazione del Mare e la Riunione di SEP – Southern European Pilots). Numerosi saranno anche gli eventi culturali previsti durante la Naples Shipping Week. Lunedì 23 giugno pomeriggio sarà presentato il libro intitolato “I Costa – Storia di una famiglia e di un’impresa genovese tra il 1910 e il 1997” (Marsilio Editore – autore: Erika della Casa). Nei giorni del 25 e 26 Giugno si terrà, con la collaborazione dell’Autorità Portuale, l’evento intitolato “Il porto di Napoli si apre alla città”. Ci sarà un’aper-

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tura straordinaria alla cittadinanza di cantieri, terminal e navi, sia passeggeri che merci, con visite guidate da esperti. Alcuni rappresentanti della comunità marittima e portuale saranno coinvolti in vere e proprie lezioni e racconti nei luoghi di lavoro, per trasferire la loro esperienza e comunicare al pubblico la realtà dei trasporti internazionali e i segreti tecnici della loro professione. Da venerdì 27 a lunedì 30 giugno, sempre presso la Stazione Marittima di Napoli, sarà possibile visitare la Fregata Bergamini. In collaborazione con la Marina Militare Italiana, la nave di classe FREMM (Fregate Europee Multi-Missione) Carlo Bergamini sosterà a Napoli nei giorni della Naples Shipping Week e rimarrà aperta al pubblico. A bordo verranno organizzate brevi visite e, possibilmente, eventi culturali legati alla Naples Shipping Week, a cui potranno partecipare sia gli ospiti della manifestazione sia i cittadini di Napoli. Nella giornata di Giovedì 26 Giugno si terrà invece la premiazione del concorso fotografico gratuito e aperto a

tutta la città “Shoot your port” (seconda edizione). Dopo il successo del concorso proposto alla Genoa Shipping Week dal GGR Gruppo Giovani Riuniti (coordinamento della associazioni giovanili imprenditoriali e professionali genovesi), la seconda edizione del concorso sbarca nella città “gemellata” di Napoli. Da lunedì 23 a sabato 28 giugno avrà luogo anche l’Open Week dell’Acquario con visite guidate gratuite presso la stazione zoologica Anton Dohrn. L’Acquario Pubblico, unico esempio ancora esistente di acquario ottocentesco, è considerato tra i più rappresentativi per la specificità e la varietà degli organismi marini mediterranei presenti. Le sue vasche non rappresentano ambienti esotici e artificiali, ma l’incredibile varietà di forme di vita che popolano il Mediterraneo. Durante il 26 Giugno verrà presentato anche il libro scritto da Tobia Costagliola (Armando Editore) intitolato “La flotta che visse due volte. Storie delle navi di Achille Lauro”. A seguire, al Maschio Angioino si terrà un concerto del coro

Jubilate Deo, che allieterà la serata degli ospiti con brani lirici e canzoni della tradizione napoletana, e un aperitivo (riservato) presso lo Yacht Club Canottieri Savoia organizzato da YoungShip Italia, Gruppo Giovani di Confitarma e Gruppo Giovani Federagenti. A conclusione del Forum Port&ShippingTech e della Naples Shipping Week si svolgerà la Cena Napoletana (riservata su invito) organizzata dal Propeller Club di Napoli presso il Castel dell’Ovo; un evento itinerante nel quale gli ospiti avranno la possibilità di degustare i cibi che caratterizzano la tradizione culinaria locale. Dopo un aperitivo nel Borgo Marinari, i partecipanti saranno accolti dal pizzaiolo Enzo Coccia, che realizzerà dal vivo la vera pizza margherita in un Forno a legna posizionato all’ingresso di Castel dell’Ovo. Bancarelle napoletane in stile fine ‘800 faranno da cornice al percorso gastronomico, a testimonianza della tipica cultura culinaria napoletana basata sullo street food. Fabrizio De Cesare

Port&ShippingTech Il programma delle conferenze Giovedì 26 giugno 2014

Ore 9 – 16:30 GREEN SHIPPING SUMMIT Prima sessione: le novità legislative sull’efficienza energetica e sulla riduzione delle emissioni del trasporto marittimo: quali le opportunità di innovare, riducendo i costi? Seconda sessione: le opportunità per migliorare la qualità dell’ambiente nei porti e le previsioni della nuova direttiva sulle infrastrutture per i prodotti energetici alternativi Ore 9 – 13 SMART PORT I corridoi europei, doganali e marittimi da e verso l’Europa: progetti all’avanguardia e standard emergenti per lo sviluppo competitivo dei porti Ore 14 – 18 NAPOLI E L’ITALIA UN PONTE SUL MEDITERRANEO La crescita degli scambi e le opportunità di sviluppo nel Nord Africa - Il mare dell’accoglienza Ore 16:30 – 18 MONDO CRUISE Luxury Cruise & Mega Yacht: opportunità di mercato per la promozione del turismo costiero del Paese Ore 16:30 – 18 INFRASTRUTTURE, LOGISTICA E STRUMENTI FINANZIARI Cosa si è fatto e cosa si potrà fare

Venerdì 27 giugno

Ore 9 – 18 GREEN SHIPPING SUMMIT Terza Sessione istituzionale: GNL per il trasporto marittimo Quarta Sessione: le migliori tecnologie per la riduzione delle emissioni del trasporto marittimo internazionale Sessione internazionale di alto livello sulla normativa riguardante le emissioni del trasporto marittimo Ore 11 – 18 SAFETY Prevenzione infortuni e safety nel settore dello shipping e della logistica portuale Ore 9 – 18 BACK TO MED Una nuova sfida per i paesi del Mediterraneo: la collaborazione tra Porto e Città tra innovazione e sviluppo

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armamento / porto&diporto

Armamento, situazione molto soddisfacente

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omento ottimale dell’armamento italiano, mai così “in salute” e per questo è l’ora di contare di più in Europa: Emanuele Grimaldi, Presidente della Confitarma fa il punto sulla situazione dello shipping nel nostro Paese in questa intervista a PORTO&diporto. Quale è lo stato di salute dell’armamento italiano? Sia per quanto riguarda la consistenza della flotta di bandiera italiana, sia per quanto riguarda la situazione complessiva dei nostri armatori, possiamo dire che la situazione è più che soddisfacente. Abbiamo saputo rispondere al meglio alla crisi che ormai dura da più di otto anni grazie anche all’intenso lavoro svolto dalle singole aziende ed anche da Confitarma. In generale, abbiamo lavorato molto bene negli ultimi venti anni e abbiamo fatto importanti passi avanti, ottenendo risultati evidenti. Basti considerare che oggi l’Italia ha la più grande flotta mercantile di sempre con oltre 18 milioni di tonnellate, mantiene la dodicesima posizione nella graduatoria mondiale e in particolare nel settore delle unità ro-ro è leader mondiale. Quali sono le linee guida della sua Presidenza? Innanzitutto, dobbiamo contare di più in Europa e far sentire con forza la nostra presenza soprattutto per affrontare le prossime sfide di competitività e soprattutto di sostenibilità ambientale. Massimo impegno, quindi, in tutte le sedi ove vengono decise le norme che regolano il settore marittimo, affinché lo shipping italiano sia più presente e faccia sentire la sua voce per evitare di subire misure che non tengono conto della peculiarità della nostra flotta. Sul fronte nazionale, vi sono molti i problemi che si frappongono all’ulteriore crescita e sviluppo dell’armamento italiano, in primis le procedure burocratiche spesso obsolete, mentre da parte loro gli armatori devono impegnarsi ancora di più per rafforzare le relazioni con tutti i comparti dell’economia, dall’industria all’energia, all’automotive, per una strategia di sviluppo comune. Ma devono anche persistere nell’azione verso la politica per far sì che aumenti la consapevolezza nelle istituzioni e nell’opinione pubblica della capacità dello shipping di servire il nostro Paese, in modo sicuro, rispet-

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Emanuele Grimaldi toso dell’ambiente e al tempo stesso efficiente e competitivo. Un presidente napoletano sente maggiore responsabilità in Confitarma? Sono molto fiero delle nostre tradizioni napoletane, ma gli armatori svolgono un’attività di carattere internazionale e quindi non ha importanza quale sia la loro provenienza geografica. Credo che proprio questa visione ad ampio raggio abbia consentito ai miei predecessori di portare avanti un ottimo lavoro, ed io intendo proseguire su questa “rotta”, affrontando giorno dopo giorno problemi vecchi e nuovi, in un contesto che evolve continuamente. Cosa chiede l’armamento alla politica? Devo dire che quando le nostre istituzioni hanno capito che erano necessarie misure come quelle per il rilancio della competitività dello shipping italiano, oppure quelle per la difesa delle nostre navi che operano in acque a rischio di pirateria, tutti gli schieramenti politici sono sempre stati unanimi nell’adottare i necessari provvedimenti, dimostrando grande attenzione alle esigenze del settore. Ciò che manca è l’attenzione sulla quotidiana attività delle nostre aziende che operano in un mondo globale che si muove molto velocemente e che quindi richiede una immediatezza nelle decisioni. Molto spesso questo “ritmo sostenuto” dello shipping si scontra con tempi troppo lunghi e pratiche farraginose della nostra burocrazia. È quindi importantissimo restituire un’Amministrazione specificamente dedicata alle problematiche marittime: le competenze che una volta facevano capo ad un’unica amministrazione sono state frammentate e spezzettate e sono

ben sette i Ministeri che si occupano della risorsa mare. Rischiamo di disperdere professionalità ed esperienze indispensabili per l’economia del nostro Paese. Quali sono le criticità del porto di Napoli? Per un armatore napoletano è veramente doloroso dover assistere all’attuale situazione del porto di Napoli. E’ inutile elencare le criticità che tutti conosciamo: occorre urgentemente tornare alla normalità con un’Autorità Portuale in grado di riprendere il controllo del porto di Napoli se vogliamo avere una speranza di ripresa e di rilancio di questa importantissima realtà portuale del Paese. Quali benefici dalla manifestazione Naples Shipping Week? Napoli per una settimana sarà la vetrina dello shipping coniugando la cultura della nostra regione con il mondo del mare. E’ una vera e propria sfida e finalmente la nostra città potrà mettere in secondo piano i suoi problemi quotidiani e sarà la protagonista di un settore dinamico e importante per il Paese, quale è il cluster marittimo. Per l’inventore delle autostrade del mare quale scenario nel Mediterraneo? Grazie per il complimento. Gli armatori italiani, con la più grande flotta ro-ro e ro-ro pax al mondo sono i leader assoluti mondiali nelle attività di short sea shipping, e stanno facendo importanti passi avanti sia nei collegamenti con la Spagna e la Grecia, ove operano con successo almeno una ventina di navi, sia nei collegamenti con l’altra sponda del Mediterraneo ove, nonostante le difficoltà che devono affrontare paesi come la Tunisia, il Marocco, la Libia o l’Egitto a seguito delle varie primavere arabe, si registra uno sviluppo importante di trasporto non solo delle merci ma anche dei passeggeri. Quali saranno le novità operative nel Gruppo Grimaldi? Abbiamo in programma di consolidare e rafforzare ulteriormente i numerosi collegamenti esistenti tra l’Italia, la Spagna e la Grecia, ma anche di potenziare la nostra presenza verso i paesi del Nord Africa. Inoltre, la nostra rete di terminal portuali nel Mediterraneo è destinata a crescere sia in termini quantitativi che qualitativi. ADC


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armamento / porto&diporto

Rimorchiatori Napoletani nuovo Manuale Operativo D

opo oltre 100 di attività di rimorchio nel Porto di Napoli la Rimorchiatori Napoletani Srl (RN) ha deciso di revisionare il proprio Manuale Operativo di Rimorchio con l’obiettivo principale di operare una verifica delle modalità di utilizzo del proprio servizio, basate sinora su pratiche consuetudinarie, spesso influenzate dalle attitudini e capacità di giudizio dei singoli, alla luce di considerazioni obiettive secondo la metodologia di valutazione formale delle condizioni di sicurezza (IMO Formal Safety Assessment methodology), onde poter assicurare un servizio efficiente nel rispetto delle dovute condizioni operative di sicurezza. Per analogia di tradizione marinaresca e tipologia di portualità si è deciso di condurre lo studio prendendo a riferimento il modello adottato nel Regno Unito. Con la collaborazione del-

la Marico Marine UK, uno dei massimi specialisti nel settore, consulente per la materia di numerose Port Authority UK ma operante anche in realtà portuali bagnate dai tanti mari della nostro pianeta, sono state definite e dettagliate tutte le attività organizzative, preparatorie ed attuative a terra ed a bordo dei nostri rimorchiatori per verificarne l’adeguatezza ai vari tipi di manovra che si effettuano nel porto di Napoli. Il risultato è un manuale snello ed estremamente operativo che sarà guida e riferimento per i nostri operatori, anche nei rapporti con coloro che con noi collaboreranno per la buona e sicura riuscita delle manovre in ambito portuale. Quanto sopra è in linea con quanto da svariati anni in uso in molti paesi della UE ed extra-UE, dove spesso la materia è regolata da specifiche normative governative (in UK è il Port

Marine Safety Code) che chiedono alle Autorità responsabili di garantire la sicurezza delle manovre in ambito portuale di adottare nel proprio porto una regolamentazione (sempre in UK secondo la Guide to Good Practice on Port Marine Operations) che abbracci tutte le differenti attività che operano sotto la propria regia (Comandanti di navi, Battellieri, Diportisti, Ormeggiatori, Piloti, Rimorchiatori, etc.) affinché adottino tutti, nessuno escluso, pratiche operative tali da garantire il voluto livello minimo di sicurezza, nel rispetto del principio che la forza di una catena è quella della sua maglia più debole. Il nostro lavoro vuole quindi anche essere di stimolo e spunto per le autorità e per gli altri attori interessati alla sicurezza delle manovre in ambito portuale, affinché in Italia vengano estese al nostro settore metodiche oramai ben note ed adottate in tanti altri comparti industriali al fine di garantire in modo obiettivo che la materia della sicurezza venga trattata adeguatamente puntando pragmaticamente nella direzione della riduzione del rischio di incidenti dalle conseguenze troppo spesso drammatiche, salvaguardando i nostri uomini, i nostri mezzi, le navi assistite, le opere portuali, l’ambiente marino oltre che la reputazione di chi opera nei porti a garanzia della sicurezza della navigazione. Gianni Andrea De Domenico Presidente Rimorchiatori Napoletani Srl

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shipping / porto&diporto

Mediterraneo, lo shipping fattore di integrazione

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uecento milioni di tonnellate: questo il volume di merci che l’anno scorso è passato dai porti italiani nell’interscambio commerciale con i paesi esterni all’Europa. Una quantità rilevante, che segna tuttavia un calo del 10% rispetto all’anno precedente e una netta inversione di tendenza per i nostri porti, tornati ai peggiori anni di crisi, quando avevano perso un quinto del loro import-export. Una quantità rilevante non sufficiente a mantenere il primo posto in Europa, a lungo nostro appannaggio, dato che altri (Paesi Bassi, Regno Unito e Spagna) ora ci sopravanzano. Che le quantità maggiori di merci transitino per i porti olandesi e non per quelli dell’Italia, il cui prodotto interno lordo è ben maggiore, per di più legato ad una economia di trasformazione che importa ed esporta grandi volumi, è una ulteriore prova dell’importanza di avere al servizio dell’industria una logistica eccellente: e questa pare, purtroppo, la realtà più dei porti Nord-europei che di quelli italiani. Anche l’economia marittima, dunque, mette in evidenza la necessità che l’Italia operi ormai una scelta tra il limitarsi ad un lento declino industriale e logistico, che faccia del nostro Paese soprattutto la destinazione preferita del turismo internazionale (il nostro paese si qualifica come la prima destinazione crocieristica europea, con un impatto evidente sulle attività turistiche: non a caso le mete più gettonate sono i porti delle nostre città d’arte, come Civitavecchia per la capitale, o Venezia), oppure se mantenere invece accanto a questo ruolo – che pure ha risvolti economici di primo piano – anche quello di grande centro manifatturiero e di esportazione: un ruolo che l’Italia si è guadagnata con l’abilità, la dedizione, il coraggio della nostra gente e che sarebbe davvero un peccato perdere. Ma, per mantenere una posizio-

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ne industriale di avanguardia, è sempre più necessario un adeguato sviluppo delle infrastrutture e della logistica, in modo da assicurare trasporti celeri, efficaci ed economici tra le aree produttive nazionali od europee e quella grande porta sul mondo che è il mare. Accanto ai porti, è bene pensare alle navi. La nostra flotta è cresciuta e si è ammodernata ancora: l’anno passato raggiungeva circa 19 milioni di tonnellate di stazza lorda, un dato che ci pone al primo posto tra i grandi stati industriali europei e al quarto tra tutte le bandiere dell’Unione. Negli ultimi dieci anni sono state 495 le navi consegnate agli armatori italiani, per una quota pari al 54% della flotta. Solo negli ultimi cinque anni, nonostante il calo di ordini verificatisi in quelli più recenti, gli investimenti italiani in nuove unità hanno segnato il valore di 20 miliardi di dollari. Non sono molti i settori industriali italiani in cui gli imprenditori hanno investito tanto. C’è tuttavia un settore in cui il ricambio della flotta non è stato così pronunciato: quello delle unità per il trasporto passeggeri, specie le più piccole, in genere utilizzate per il collegamento con le tante isole che costellano i nostri mari. E’ un campo da noi molto sviluppato (nelle navi ro-ro l’Italia è di gran lunga la prima al mondo, con quasi due milioni di tonnellate di stazza) e legato allo sviluppo delle autostrade del mare: un campo in cui anche le rigide norme europee invitano a fare qualcosa, in modo da spingere ad anticipare nei fatti anche per questo traffico cabotiero le normative previste in futuro a livello internazionale, a maggior salvaguardia dell’ambiente. Quello della costruzione di navi per il trasporto di passeggeri, così come di maxi-yacht, è un settore peraltro in cui anche la cantieristica navale italiana è molto forte e quindi in grado di svolgere il proprio ruolo. Navi, cantieri, porti sono il cuore del-

le attività marittime, attività che portano all’Italia 40 miliardi di euro l’anno di produzione, pari al 2,6% del Prodotto interno lordo nazionale, e danno lavoro a circa 500mila addetti, tra diretti e indiretti. Bisogna che l’Italia ne prenda sempre più piena coscienza e dedichi ad esse ed alle altre componenti industriali del cluster marittimo - in primis il diporto nautico e la pesca - attenzione e risorse. Le ricadute saranno positive e importanti per tutta l’economia nazionale. Tutto ciò deve essere fatto con velocità, per cogliere quei segnali positivi che vi sono, come ad esempio l’interesse all’export nell’area mediterranea. In questo contesto, la Federazione del Mare guarda con attenzione alla grande opportunità che sarà rappresentata da Expo 2015, il cui titolo ‘Feeding the Planet’ lascia ampi spazi di valorizzazione al trasporto marittimo, considerato che annualmente sono circa 600 milioni di tonnellate le derrate agricole che viaggiano per mare. Nello specifico, l’integrazione di Europa e Mediterraneo non può che avvenire via mare. Sono infatti le navi e i porti, con tutto il sistema marittimo che ruota intorno ad essi, che danno sostanza allo sviluppo e all’interscambio che lega i Paesi che circondano il Mediterraneo. Non a caso, solo i trasporti marittimi di linea che legano l’Italia ad altri Paesi del bacino (le autostrade del mare), tra arrivi e partenze, sono 110 a settimana, che si aggiungono ai 260 esistenti tra i porti del paese: in metri lineari, il carico settimanale ro-ro è cresciuto nell’ultimo decennio da 30 a 280 chilometri nei collegamenti internazionali mediterranei e da 235 a 595 in quelli nazionali. Carlo Lombardi Segretario Generale Federazione del Mare


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shipping / porto&diporto

Genova crea, Napoli fa sinergia il tutto in un’ottica di sistema G

enova ha avuto la lungimiranza di creare un bell’evento e Napoli quella di non lasciarsi scappare l’occasione di farlo anche un po’ suo. Forse con qualche vantaggio in più: la piena condivisione e il pieno coinvolgimento del Comune di Napoli e del suo sindaco in prima persona, che nella Shipping week ha da subito creduto e soprattutto investito, cogliendo l’opportunità che manifestazioni come questa hanno per la città, sia in termini di ritorno economico sia in termini di visibilità e promozione. Concentrare in una città tutto ciò che ruota intorno al settore marittimo per una settimana significa portare lì tutti gli eventi, che normalmente vengono organizzati in giro per il mondo, approfittando della presenza dei maggiori esponenti dello shipping globale. Questo consente di ottimizzare i tempi che ciascuno dedica all’attività di networking, oltre ovviamente al risparmio in termini di denaro. Penso per esempio al tradizionale seminario organizzato da Ecasba, la federazione europea dei broker e degli agenti marittimi, che normalmente viene pianificato a Bruxelles e che quest’anno, invece, ha scelto Napoli come location, portando con sé i rappresentanti delle associazioni di categoria di tutta Europa. Oppure a WistaMed, il convegno annuale curato da Wista International, che approfittando della Shipping Week riunirà nel capoluogo campano tutte le sue socie.

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Gian Enzo Duci Quella tra Genova e Napoli è quindi un’ottima sinergia, soprattutto in un’ottica di sistema. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati dal cambiamento e dalla velocità. Lo sviluppo delle tecnologie, l’esplosione demografica, lo spostamento del centro di gravità dell’economia mondiale, la più grande redistribuzione di ricchezza della storia e i repentini cambi climatici hanno portato i decisionmakers a cercare il dialogo e l’aggregazione per risolvere problematiche comuni e fornire risposte valide. In questo senso si sta muovendo la realtà portuale genovese, che mai come oggi ha vissuto momenti così intensi di collaborazione e sintesi di intenti, che

hanno portato a successi importanti come il preclearing, lo sviluppo del sistema e-port, i dragaggi nel bacino vecchio. Genova è il primo scalo italiano ed è spesso capofila di iniziative, non solo operative, che vengono poi assorbite dai porti italiani, svolgendo una funzione quasi di maestra – nonostante spesso gli allievi la superino in bravura e organizzazione. Siamo orgogliosi di questa funzione e sono convinto che spetterà alla legge di riforma portuale stabilire se potrà giocare un ruolo simile anche a livello europeo. Per far sì che il legislatore colga appieno lo spirito che deve stare alla base della normativa che si discute da anni, è necessario che lo shipping dimostri a questo Paese quanto vale e quanto la sua funzione di capofila e di traino dell’economia italiana sia fondamentale per delineare il nostro ruolo in Europa. Ecco perché sinergie come quella tra Genova e Napoli sono importanti e strategiche: è solo con l’unione delle voci e delle forze che si porteranno all’attenzione delle istituzioni le nostre argomentazioni. Se non altro perché saranno costrette a sbatterci contro il naso, in un modo o nell’altro. Il campanilismo, invece, non fa altro che distogliere l’attenzione su quello che è realmente essenziale. Gian Enzo Duci Presidente Assagenti di Genova


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Come un macigno la totale assenza delle istituzioni L

a Naples Shipping Week è il secondo appuntamento italiano per i membri del settore marittimo mondiale. Segue Genova, dove per la prima volta, a corredo dello Shipbrokers and Shipagents Dinner, che ha festeggiato nel 2013 la sua dodicesima edizione, è stata ideata, pensata e realizzata in concreto una vera e propria settimana dello shipping aperta a tutta la città. Il nostro Dinner, da anni è inserito nelle agende internazionali degli eventi legati al settore, si alterna a Poseidonia e viaggia in parallelo con l’Eisbeinessen di Amburgo. Porta a Genova circa 3000 operatori, tra trader, amatori, broker, assicuratori, avvocati marittimisti, rappresentanti di istituti di credito, agenti marittimi, spedizionieri, istituzioni, associazioni di categoria e caricatori, con un beneficio per la città in termini di indotto, tra alberghi, ristoranti, sale congressuali, location per eventi, shopping e servizi stimato in oltre 2 milioni di euro. Lo shipping, e più in generale la filiera della logistica, di cui le attività portuali fanno parte, non è autoreferenziale e non genera un benessere localizzato e limitato. Le città portuali e il sistema Paese beneficiano di oltre 40 miliardi di PIL generato, pari al 2,6%, e circa 213 mila occupati diretti nelle attività connesse al comparto marittimo. È proprio da questi numeri che la nostra Associazione ha iniziato un lungo percorso per portare il Dinner, e soprat-

Aldo Negri tutto la festa che il Dinner rappresenta, all’interno della città, coinvolgendo tutti, anche chi il porto lo percepisce in modo negativo. Solo pensando a Genova, circa il 30% dei redditi dei suoi abitanti dipende dal porto. La frattura che si è generata nell’ultimo decennio tra le banchine e la città è paradossale: il porto è i suoi lavoratori. Se il porto è florido, lo è anche la sua città. Eppure assistiamo troppo spesso a manifestazioni di insofferenza e diffidenza nei confronti degli scali portuali. Il “no” è diventato una presa di posizione a prescindere e rappresenta un grido di frustrazione e rabbia, frutto di una dignità sociale defunta, soprattutto da parte di quelle persone su cui le attività portuali hanno un impatto pesante, loro malgrado. Per questi motivi

tenere Genova stretta alle sue banchine comporta quotidianamente sforzi notevoli da parte di tutte le categorie di operatori coinvolti, che troppo spesso in questa partita si sentono abbandonati dalla politica a tutti i livelli. In attesa delle riforme strutturali necessarie per garantire non solo la ripresa economica ma anche una fase di sviluppo duraturo, dobbiamo interrogarci su quanto in realtà nel nostro Paese, e in particolare nella nostra città, sia difficile coniugare gli interessi economici con le esigenze sociali, quasi fossero gli uni contrapposti agli altri anziché consequenziali. Il fatto che in Italia poco importi degli oltre 213 mila posti di lavoro che il cluster marittimo genera è preoccupante, come è preoccupante che l’itero Paese non si renda pienamente conto di quanto l’economia del mare sia un concreto e certo volano di sviluppo. Forse alla politica spetta anche il compito di ricucire uno strappo profondo con il tessuto sociale italiano, un impegno che richiederà costanza, dialogo e conciliazione, per far sì che l’idea di progresso coincida non solo con la crescita di traffici ma anche, e soprattutto, con il miglioramento delle condizioni di vita. Ecco perché la totale assenza delle Istituzioni e il loro scarso coinvolgimento e interessamento al nostro lavoro pesa come un macigno. Aldo Negri Presidente del Gruppo Giovani Assagenti di Genova

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Antonia Autuori: manca la conoscenza dello shipping C

i sono persone per cui il rapporto con il mare, con le sue attività, diventa cifra esistenziale. Visione a tutto tondo della vita. Antonia Autuori, Amministratore Delegato dell’Agenzia Marittima Michele Autuori, appartiene a questa categoria. “Forse – spiega – perché dopo quattro generazioni impegnate nell’attività marittima assorbi qualcosa dall’ambiente circostante, impari a guardare la realtà da un punto di vista tutto particolare”. Un mondo che l’Autuori non si limita a considerare solo dal punto di vista lavorativo ma che cerca, attraverso le innumerevoli iniziative dedicate al welfare del mare,

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come presidente della Stella Maris, di portare ad un livello maggiore di senso e dignità; mettendo insieme crescita economica e difesa della qualità del lavoro, competenza operativa e partecipazione comunitaria, efficienza e solidarietà. Da dove nasce questa passione? Dopo una laurea in informatica ed esperienze lavorative a Milano e Roma ho scelto di tornare a Salerno. Ho dovuto imparare tutto da zero e riconquistare un nuovo rapporto con la città e le attività del suo porto che avevo osservato con curiosità fin da bambina. La natura della nostra attività, l’agente marittimo, ha fatto il resto. Come interfaccia tra le operazioni di terra e quelle di mare maturi una conoscenza delle situazioni umane che trascende il

solo aspetto operativo. Quali attività svolge la Stella Maris a Salerno? È evidente che le iniziative cambiano a secondo delle caratteristiche dei porti. Qui siamo particolarmente impegnati nell’assistenza ai marittimi che sbarcano per motivi di salute. L’obiettivo per il futuro è l’organizzazione di servizi per facilitare la fruizione della città al personale a bordo delle navi. Il nostro scalo, per la sua particolare conformazione, rende difficoltoso l’accesso al centro cittadino. E da questo mancato contatto arriva una perdita, sia per i lavoratori del mare sia per la città. Il rapporto tra Autuori e Salerno? L’agenzia nasce nel 1871 ad opera del mio bisnonno Michele. Da allora si sono avvicendate quattro generazioni che


hanno visto la nostra attività intrecciarsi alla storia della città. Un solo esempio: durante la seconda guerra mondiale Autuori fornì il sostegno logistico alle truppe americane. Oggi, è guidata, oltre che da me, da mio fratello Ferdinando, come presidente, e mia sorella Lucia, responsabile amministrativa. Il mio arrivo in società data dall’ingresso nella compagine del Gruppo Grimaldi che ha contribuito a fare di noi uno delle realtà di riferimento nel Mediterraneo. Quali i settori di riferimento? Siamo uno degli hub principali nella movimentazione auto nuove e “autostrade del mare”, quasi paragonabili ad Anversa. Gestiamo una movimentazione traffico che negli ultimi anni ha conosciuto una forte espansione facendo di Salerno il punto nodale di una rete che raggiunge Tunisi, Valencia, Catania: al centro di un corridoio che collega Grecia, Spagna e Tunisia, in linea con i tracciati delle reti Ten-T. Come giudica i successi dello scalo? Il sistema portuale ha dimostrato di poter competere a livello internazionale ma rischia, alla lunga, di morire di troppa salute. Non è una contraddizione. La crescita di traffici fa emergere la difficoltà storica a trovare spazi retroportuali. E non essere in grado di assecondare la crescente domanda di servizi ci espone

al rischio di perdere quello che è stato faticosamente guadagnato. A questo punto credo sia il caso di pensare in modo serio ad attivare sinergie con Napoli. Un’ipotesi che ha prodotto non poche polemiche. Ho la tendenza a guardare il bicchiere mezzo pieno. Se sarà presa la decisione dell’accorpamento Napoli – Salerno bisognerà per forza di cose rimboccarsi le maniche e guardare a sviluppare un sistema integrato. Un’ipotesi che non potrà non passare da un superamento della situazione attuale: due porti slegati dalla ferrovia non hanno futuro. Basta questo? Certo che no. Essenziale sarà lo sviluppo del concetto di smart port. La catena logistica migliora con lo scambio delle informazioni e non ha senso che ogni ente abbia un suo sistema dati con standard differenti e accessibilità limitata. La tecnologia informatica, garantendo la massima sicurezza, può velocizzare questa circolazione, abbattere il costo occulto della burocrazia. Dover produrre lo stesso tipo di documentazione nel porto di partenza e in quello di arrivo è semplicemente illogico. Nel Nord Europa l’hanno capito e hanno spinto con forza verso l’automatizzazione dei processi. Infine, la consapevolezza.

In che senso? Manca l’esatta conoscenza del mondo dello shipping e della logistica, della loro capacità di trainare l’economia, di essere occasione vera di sviluppo. I territori ormai non danno più importanza ai porti e da questo sono penalizzati, al di là dell’economia. Ogni scalo è anche una finestra che guarda sul mondo, è un luogo che permette di mescolare culture, conoscenze, visioni della vita. E in questo ritorno alla situazione da “invisibili” che vivono i marittimi oggigiorno. Senza punti di riferimento a terra, senza la possibilità di arricchire la loro e la nostra conoscenza viene meno la funzione civilizzatrice del mare, il suo essere ponte tra le culture. Anche impegnarsi per questo arricchisce la vita. Giovanni Grande

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La capitale dell’armamento avrà il Polo dello Shipping U

n centro per servizi avanzati dedicati all’attività marittima nel cuore commerciale di Napoli. Il completamento del Polo dello Shipping, luogo d’incontro delle diverse professionalità del mare cui lavora da tempo Nicola Coccia, si avvicina a grandi passi. “Un work in progress che punta alla rivalutazione funzionale di un tessuto urbano tradizionalmente coinvolto con i traffici portuali”. Un’iniziativa che risponde “alla domanda di cambiamento che arriva dal settore, senza cancellare i ponti con il passato”: proponendosi, anzi, come catalizzatore di azioni di integrazione e propulsione dei processi di trasformazione in cui è coinvolta la città. PORTO&diporto ne parla con l’ex presidente di Confitarma. Come nasce il Polo dello Shipping? Una premessa. L’armatore agisce con una modalità tipica: ha tante aziende, le navi, sparse per il mondo e le sedi a terra come unico punto di riferimento. L’idea, dunque, era quella di rafforzare la coesione operativa delle innumerevoli attività legate alla navigazione favorendo la concentrazione degli uffici in un’area riconoscibile: rendere disponibile, insomma, la vasta gamma dei servizi marittimi in un posto specifico. Un obiettivo reso possibile con l’acquisizione dello storico edificio di Via Depretis 51, messo in vendita dopo il fallimento del progetto per la nuova sede della Rinascente: nato come banca, l’immobile presentava tutte le caratteristiche necessarie per la costituzione di un punto di aggregazione per il cluster marittimo. Da lì sono partiti i lavori per la sistemazione degli ambienti e per le aree comuni che costituiscono la vera novità del Polo. Quale sarà la loro funzione? Gli operatori potranno usufruire, oltre a un roof garden sul terrazzo, della vecchia hall della banca, attrezzata con un’area bar-ristorante. Si avrà a disposizione, così, una zona d’incontro, un vero e proprio “salotto dello shipping”. Un luogo d’incontro che abbiamo già inaugurato nei mesi scorsi con un convegno di Civil Law sulla ristrutturazione del debito navale e che contribuirà al

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Nicola Coccia dialogo tra i vari protagonisti del comparto in modo sempre più puntuale. Quando sarà inaugurata la struttura? Attenderemo il completamento degli ultimi interventi e l’insediamento di tutti gli operatori. Ad ogni modo l’avvio ufficiale avverrà nel 2015. Già in questo momento, però, il Polo può contare su professionalità affermate nei settori armatoriale, notarile, legale, e del brokeraggio assicurativo e marittimo. Inoltre, è possibile usufruire del primo servizio per la digitalizzazione di tutte le operazioni dello shipping, a partire dalla stipula dei contratti. Per il futuro, sono previste altre offerte, basate sulle esigenze specifiche del settore. Creato il contenitore, la nostra occupazione principale sarà di fornire i contenuti. In che modo il Polo si confronterà con la città? Seguendo la mentalità dei grandi armatori che hanno sempre dato importanza alle loro sedi, puntiamo all’aspetto simbolico del luogo terrestre. La trasformazione del settore riguarda anche l’approccio alla presentazione delle attività. E questo presume una caratterizzazione che modifica il tessuto urbano. Tra via Campodisola, Piazza Borsa, via Depretis e la Stazione Marittima lavorano circa 4 mila addetti: una concentrazione che ha pochi eguali al mondo. L’obiettivo del Polo è quello di dare visibilità e dignità a un segmento dell’atti-

vità economica importante per la vita del paese. E di rilanciare via Depretis come strada dello shipping? Certo. Si tratta di rivitalizzare una vocazione che data dalla fine del XIX secolo. Era su questa strada che insistevano le sedi delle compagnie transatlantiche. È qui che, ad esempio, è partita l’ondata migratoria verso le Americhe. Ci sono ancora persone anziane che ricordano come il giorno della partenza i negozi restassero aperti anche di notte. Qui la compagnia Lauro aveva un salone per ospitare gli emigranti e i notai lavoravano 24 ore su 24 per mettere a punto le ultime cessioni di chi partiva per cambiare definitivamente vita. Ma non si tratta di far rivivere il passato. L’obiettivo è di integrare la “via dello shipping” nel nuovo quadro delle opere che stanno ridisegnando piazza Municipio. In che modo? La Commissione Trasporto del Comune ha dato il via libera a un progetto che prevede il solo transito dei mezzi pubblici e l’allargamento dei marciapiedi fino a 11 metri. In questo modo via Depretis sarà collegata coerentemente con quella che, alla fine dei lavori, diventerà la piazza più lunga d’Italia. In quest’ottica anche noi, insieme ad altre realtà armatoriali, faremo la nostra parte finanziando l’arredo urbano. E contribuendo, perché no, a creare le condizioni per la nascita di una vera e propria cittadella delle attività marittime. Quanto sarà difficile? È chiaro che i percorsi sono lunghi e tortuosi. Ma è necessario spingere per accorciare quanto più la distanza tra la città e il suo mare. Nella costituzione del Polo dello Shipping ho trovato nelle istituzioni una disponibilità crescente verso le nostre esigenze di fondo. Superare l’immobilità, proporre idee, insistere, non solo per il settore dello shipping, è l’unico modo per ottenere risultati duraturi. Giovanni Grande


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CR Marine & Aviation i consulenti assicurativi dello shipping

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a CR Marine & Aviation Srl nasce nel 2009 dalla fusione di due importanti realtà del brokeraggio assicurativo: la genovese Cambiaso Risso Marine e la napoletana Marine & Aviation (oggi Mag-Jlt SpA). Seppur anagraficamente giovane, la CR Marine & Aviation affonda le sue radici nello shipping da oltre 40 anni annoverando nel suo Management, tra gli altri, figure storiche come quella di Enrico Semino, sapiente conoscitore del mercato assicurativo e degli Armatori napoletani, presente a Napoli fin dagli anni ‘60 e quella di Raffaello Esposito, quarta generazione di una famiglia dedita alle assicurazioni marittime dagli inizi del ‘900. I due Soci ed il team di gestione della CR Marine & Aviation portano in dote un bagaglio ricco di tradizione ed esperienza, un consolidato know-how nel settore assicurativo corpi sia nazionale che internazionale, storiche relazioni con i Lloyd’s, profonda conoscenza di tutte le problematiche relative al risk

management nel comparto navale. Le caratteristiche umane e professionali del Team aziendale consentono di accrescere sempre di più il prestigio e l’affidabilità dell’Azienda su tutti i mercati assicurativi. La capacità di approccio imprenditoriale alla gestione del rischio, il forte e deciso orientamento al cliente, la tecnicità e la propensione all’innovazione, ne hanno fatto una delle realtà più importanti del brokeraggio assicurativo Marine. Grazie al suo profilo internazionale l’Azienda è strutturata in modo tale da poter supportare la propria Clientela offrendo ad essa l’accesso a tutti i principali mercati Marine attraverso il suo Branch Office di Londra, per il mercato dei Lloyds ed attraverso una rete di Parent-Companies in Norvegia per il mercato scandinavo ed a Singapore per quello del Far East. Le coperture offerte sono sempre le più competitive del mercato, sia in termini di costo che di ampiezza e natura delle condizioni. La conoscenza e le strette relazioni con il mondo dell’assicurazione e con i mercati più progrediti consentono alla CR Marine & Aviation di assistere i clienti ai massimi livelli qualitativi. La sede operativa di Napoli è stata scelta in quanto logisticamente favorita

per poter operare con i principali operatori nazionali dello Shipping. In effetti l’obiettivo è di instaurare con il Cliente un rapporto diretto e fiduciario, quasi amicale, affinché le soluzioni assicurative siano funzionali ed adatte al singolo assicurato. Il team di gestione dell’azienda è completato da 6 persone per l’ufficio di Napoli: Mara Pisano – Claims, Stefano Laganà – Broker, Stefania Carannante – Assistant, Elena Nappi - Accounting & Financial statement, Paola Pujia Accounting, Carmine Bastone – General Services.Una squadra giovane e motivata. Al centro delle attività della CR Marine & Aviation non ci sono solo le assicurazioni navali ma, grazie ad un sempre crescente desiderio di approfondimento, il Team è riuscito a ricavare delle specialties all’interno di un settore definito per antonomasia di “nicchia”, come ad esempio: - Professional Liability per surveyors, naval designers, ship managers, etc; - Polizze “tailor made” per gestori di strumentazioni scientifiche per la ricerca in mare; - Marina and Terminal Liabillity Policy; studiate ed offerte per completare il corredo di coperture assicurative per tutti gli operatori dello Shipping che gravitano all’interno delle realtà portuali. Cosimo Brudetti

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L’importanza dei collegamenti multidisciplinari col territorio L’Istituto Italiano di Navigazione sin dal momento della costituzione della Sede di Napoli, affidata al Presidente Ing. Giosuè Grimaldi, ha operato per costruire collegamenti multidisciplinari di natura scientifica e progettuale con gli Enti e con le Associazioni che rappresentano qualificati riferimenti per il comparto della Navigazione marittima ed aerospaziale. Lo scambio di contributi di esperienze umane e professionali con tali Enti in occasione di Eventi e di Convegni hanno consentito inoltre di rafforzare i legami e di costruire una importante rete di competenze utile per affrontare in modo integrato le sfide che attendono il nostro territorio. In campo internazionale l’Istituto Italiano di Navigazione è membro di: - E.U.G.I.N. (European Group of Institutes of Navigation). Raggruppamento Europeo degli Istituti di Navigazione; - I.A.I.N. (International Association of Institutes of Navigation) Raggruppamento Mondiale degli Istituti di Navigazione. Va certamente segnalato che la Camera di Commercio di Napoli rappre-

Giosuè Grimaldi senta per l’Istituto un riferimento di grande significato per l’attenzione che essa mostra sia alle iniziative che vengono realizzate (come il Convegno sulla Pirateria Marittima) e sia agli studi condotti dall’Istituto (come La sicurezza nei traffici nel Golfo di Napoli ) I rapporti che la Sede di Napoli

dell’Istituto Italiano di Navigazione ha al momento avviato attraverso specifici Protocolli, sono stati sottoscritti con: - l’Autorità Portuale del Porto di Napoli Segretario Generale Avv. Emilio Squillante - ATENA Sezione di Napoli - Sud Italia - Associazione di Tecnica Navale Presidente Ing. Alberto Moroso - CTNA - Italia Cluster for Aerospace Tecnology Presidente Ing. Giovanni Bertolone - Federmanager - Associazione Dirigenti Presidente Ing. Giuseppe Baratto - Università degli Studi di Napoli - Parthenope Rettore Prof. Ing. Claudio Quintano - Città del Sapere - Polo didattico di Napoli dell’Università Unitelma Sapienza Dott. Bruno Pinti Inoltre l’Istituto ritiene di grande prestigio l’accordo “Cross Member” definito con il Presidente del Propeller avv. Umberto Masucci, che consente ai Soci delle Associazioni di partecipare alle rispettive manifestazioni. Stefania Vergani

L’Istituto Italiano di Navigazione nel team Naples Shipping Week A

fine giugno Napoli ospiterà una settimana di conferenze internazionali e di eventi culturali dedicati al mare. Durante questa importante manifestazione denominata “ Naples Shipping Week”, verranno trattati temi centrali per lo sviluppo del Cluster marittimo. Gli argomenti saranno affrontati con il contributo di illustri relatori internazionali, qualificate espressione del mondo accademico, imprenditoriale e scientifico. La sede di Napoli dell’Istituto Italiano

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di Navigazione, sempre più presente nelle iniziative che riguardano l’Economia del Mare, ha naturalmente risposto con entusiasmo all’invito dell’Avv. Umberto Masucci Presidente del Propeller, a partecipare alla fase di progettazione della manifestazione. Il Presidente dell’Istituto, Giosuè Grimaldi, che ha seguito personalmente gli incontri preparatori dell’Evento, ha assicurato il contributo dell’Istituto in due occasioni: - mercoledì 25 giugno al convegno “Regulation and management in Na-

ples cruise port: passeggeri, concessionarie e territorio nella prospettiva dell’economicità” promosso dall’Università Parthenope di Napoli - venerdì 27 giugno alla tavola rotonda organizzata dalla associazione ATENA , dove si discuterà della “Prevenzione degli infortuni nelle attività in ambito portuale”. L’Istituto parteciperà a questo dibattito attraverso il contributo del Socio Enginfo, Società esperta nel comparto della Safety. Stefania Vergani


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Le C.C.I.A.A. campane nella filiera del mare

er comprendere tutte le sfaccettature del sistema produttivo italiano, soprattutto sotto il profilo occupazionale, è necessario valutare, attentamente, il ruolo del mare e la sua incidenza nelle traiettorie di crescita delle economie locali e nella storia delle comunità. A Napoli e nel Meridione più in generale, da sempre, il mare ha rappresentato, non solo un fattore strategico per molte attività economiche, ma anche un segmento fortemente incardinato nell’economia, nella storia e nelle culture locali, influenzando, il più delle volte, in maniera significativa, la vita delle comunità coinvolte. La filiera del Mare è vastissima; si passa dalla cantieristica alla movimentazione di merci e passeggeri, dalla pesca all’industria delle estrazioni marine, dalla ricerca, regolamentazione e tutela ambientale alle le attività sportive e ricreative. La molteplicità e la complessità delle attività, che si raccordano in modo trasversale all’industria, ai trasporti, ai servizi, al turismo, al tempo libero, ecc., rappresentano la vera ricchezza per tutta la comunità e necessitano di adeguate proposte in grado di far emergere e valorizzare il reale valore dell’economia del mare sia nella vicenda economica locale sia in quella sociale e ambientale. La Camera di Commercio di Napoli e l’intero Sistema Camerale campano, da sempre protagonisti attenti alle spinte economiche che vengono dai settori

Alessandro Limatola produttivi, possono e devono giocare un ruolo propositivo per intensificare gli studi, la ricerca e gli interventi finalizzati alla valorizzazione della filiera del mare nel suo insieme e nelle sue singole componenti. Il Sistema Camerale deve dotarsi di tutte le migliori informazioni, quantitative e qualitative, per favorire la realizzazione del disegno strategico dello sviluppo del comparto sia a breve quanto a medio e a lungo termine, al fine di dargli un volto diverso e più moderno. In tal senso è utile formulare proposte di sviluppo nell’ottica della sostenibilità integrata, ovvero economica, sociale e ambientale, in virtù di temi verticali che lo attraversano come trasporti, logistica integrata, portualità, pesca, cantieristica navale, nautica, turismo, agroalimentare e produzioni tipiche, artigianato, commercio, sport, ambiente

e formazione. Risulta evidente che l’estensione e l’articolazione dei suddetti temi hanno dimensioni ed aspetti tali da richiedere un monitoraggio continuo e costante da parte del Sistema Camerale, che consenta di approfondire, volta per volta, la conoscenza delle articolazioni e delle dinamiche al fine di assecondarne l’espansione. Terreno ottimale per la realizzazione di tali obiettivi è l’interscambio di esperienze e conoscenze tra diversi soggetti come sta già avvenendo tra l’Istituto Italiano di Navigazione e la Camera di Commercio di Napoli che hanno creato un proficuo rapporto di collaborazione. A tal proposito va ricordato lo studio (attualmente in corso) sulla Sicurezza dei traffici Marittimi nel Golfo di Napoli, che la Camera di Commercio ha voluto affidare all’Istituto di Navigazione; tale lavoro ha lo scopo di individuare, con il contributo dei principali soggetti di riferimento del Cluster marittimo, le possibili iniziative atte a migliorare il livello di sicurezza della navigazione. Ciò senza considerare manifestazioni come Naples Shipping Week, in programma a Napoli dal 23 al 28 giugno, con il ricco programma di conferenze, incontri ed eventi culturali aperti a tutta la comunità del Cluster marittimo italiano e internazionale, che servono a mettere al centro della discussione i temi della Economia del Mare, aggiornando e migliorando le proposte e le strategie del settore. Alessandro Limatola Vice Presidente CCIAA Napoli

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fedespedi / porto&diporto

Gli italiani sono capaci di cose straordinarie, e se divenissero ordinarie?

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er Piero Lazzeri, presidente Fedespedi, siamo un Paese ordinariamente straordinario… E’ lui stesso a spiegare un concetto che sembra un paradosso, ma che è invece estremamente reale. Presidente Lazzeri, come possiamo crescere nella produttività del settore? Penso ad esempio alle procedure di sdoganamento in mare e posso citare un fatto accaduto, l’arrivo a Genova di quattro contenitori destinati all’Expo 2015 provenienti dal Giappone: sono stati trattati con la procedura del preclearing cioè sono stati avviati allo sdoganamento quando i contenitori erano a bordo della nave, sono sbarcati ed usciti dal porto entro 24 ore, cosa questa che se fossimo capaci di fare sempre, in tutti i porti italiani, potrebbe significare per tutta la comunità della logistica il recupero di una grossa fetta di competitività, nei confronti degli importatori e degli esportatori che usano i nostri porti. Un’operatività del genere sarebbe un grande segnale soprattutto nei confronti degli importatori perche il maggiore impatto sulle tempistiche lo abbiamo soprattutto nell’importazione: bene, detto ciò trovo abbastanza stra-

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no che pressati dalla necessità siamo riusciti malgrado la verifica, malgrado la burocrazia, entro le 24 ore a fare tutto… e cosa vuole dire? Che possiamo farlo? Gliene dico un altra, per andare da Genova a Milano con un treno ci vuole un’ora e cinquanta minuti: adesso ho letto sui giornali che l’assessore regionale della Liguria e il precedente amministratore delegato delle ferrovie hanno deciso di mettere in occasione dell’ EXPO dei treni, due la mattina e due la sera, che portano i passeggeri a Milano in meno di un’ora. Lei pensi che se questa città, nel caso di Genova, fosse collegata con Milano in cinquanta minuti potremmo dare lavoro a migliaia di giovani che potrebbero tranquillamente immaginarsi di lavorare a Genova vivendo a Milano o viceversa, ma questa cosa le ferrovie non hanno mai voluto neanche discuterla. Se fino a ieri abbiamo saputo che ci volevano due ore per andare in treno fino a Milano e per sdoganare nei porti sinceramente la media non è ventiquattro ore, figuriamoci poi uscire da un porto con tanto di verifica, allora mi pongo delle domande, siamo capaci effettivamente di arrivare a queste prestazioni? E se

la risposta è si, perché non diventano fatti ordinari? E su questa strada non è stato fatto niente? Devo riconoscere una cosa, che la dogana in questi ultimi dodici mesi ha fatto dei grandi passi in avanti, non c’è ombra di dubbio bene o male lo sportello unico è diventata una realtà, il pre-clearing anche è diventato un realtà, però attenzione, lo sportello unico deve divenire una realtà applicata a tutti i ministeri, non solo a due ministeri come adesso accade e la stessa cosa per il pre-clearing che oggi riguarda solo una parte delle merci. Credo che la cosa giusta da dire è questa, se noi riuscissimo ad andare avanti su questa impostazione molto probabilmente cambieremmo la faccia al settore dello shipping, non c’è il minimo dubbio. Ma come nel caso di Napoli, la burocrazia blocca l’adeguamento infrastrutturale da anni. E se le Compagnie di Navigazione andassero via? Non credo francamente possa mai succedere. Una linea che va via da un porto è normale dove ci sono situazioni di stand-by che non consentono progetti di sviluppo, anche se obbiettivamente devo dire di non aver mai visto


un porto importante come questo di Napoli vivere una sommatoria di così tante situazioni problematiche. A Napoli ci sono interessi di importanti armatori ed il rilancio del porto passa certamente attraverso la loro volontà. Armatori del calibro di MSC e Cosco se vogliono possono tranquillamente pensare al ri-

lancio dello scalo. Gli armatori posso sostenere la portualità, e la politica? Sentiamo tanto parlare di riforma dei porti, di lotta alla burocrazia, però in verità non vedo grandi novità sui porti, vedo tante belle intenzioni ma le tempistiche sono quelle di sempre. E’ inutile far girare queste bozze di riforma se poi politicamente non c’è la forza per portare avanti queste impostazioni. Devo dire ci speravo molto questa volta perché avevo visto affrontare la riforma con determinazione bipartisan e oltretutto per una volta finalmente l’impostazione era fatta bene, a prescindere poi se piacesse un po’ di più, un po’ di meno ma finalmente i politici avevano guardato quest’argomento dal punto di vista giusto cioè verso l’Europa, guardavano verso i collegamenti; i porti sono delle porte di accesso per le merci sia in uscita che in entrata, è chiaro che non puoi non fare i conti con le infrastrutture del tuo Paese e quelle degli altri. Perchè tanta disattenzione dalla politica? Il Pil che genera il sistema marittimo quando sommiamo la componente industriale e quella terziaria ammonta a circa 39 miliardi e mezzo di euro che sono grosso modo il il 2,6 per cento del PIL nazionale ai prezzi di oggi e le unità di lavoro coinvolte sono oltre 213 mila: è questa la partita in gioco. E’ chiaro che è un settore che può generare ricchezza ed occupazione ma bisogna capire se tutti la vediamo in questo modo. Nella classifica mondiale come burocrazia e contesti normativi siamo al ventiquattresimo posto, siamo scesi nell’indice delle performance del Logistic Performing Index fatto dalla World Bank, abbiamo perso altri due posti confronto al 2010. Valutando le

Piero Lazzeri economie di 183 Paesi, guardandole e classificandole su dieci aree tematiche che sono per esempio l’avvio di un’impresa, l’accesso al credito, il commercio, regolamentazione economica, semplificazione normativa e quant’altro noi siamo all’ottantasettesimo posto dopo la Mongolia, Bahamas, Zambia, Albania e … lasciamo perdere. Guardare la situazione da questo punto di vista già ci fa capire dove siamo, se poi vogliamo andare a vedere quello che dice il World Economic Forum che su 134 Paesi analizzati considerando il comparto delle infrastrutture, siamo al 54esimo posto, se andiamo a vedere la qualità di queste andiamo al finire al 73esimo. Adesso non vorrei continuare, come dire, a flagellarmi perchè poi mi fa male vedere queste cose. Al di là delle classifiche abbiamo veramente bisogno di questa riforma non c’è il minimo dubbio anche perchè servirebbe veramente per dare anche un segnale non solo all’economia portuale, ma al Paese. Fabrizio De Cesare

Un Porto in perenne emergenza L

e problematiche che attanagliano il porto di Napoli sono ormai endemiche e proclami e buoni propositi si sono succeduti a ritmo costante negli ultimi anni, senza per altro sortire alcun effetto concreto; balza evidente un difetto di base, la mancanza di un coordinamento fra le istituzioni territoriali, cosa che ha portato alla vacatio del presidente dell’Autorità portuale da un anno e mezzo ed avendo già cambiato tre commissari non si riesce a programmare nulla e questo ci crea disagi visibili a tutti. Inoltre il porto di Napoli è caro sotto il profilo economico, anche per i troppi controlli che vengono effettuati nel nostro porto, nonostante si creda il contrario.

Al porto di Napoli c’è una percentuale di verifica merce superiore al 20% contro una media nazionale del 5/6%, questo comporta una dilatazione dei tempi di sdoganamento ed un aumento notevole di costi. Quando parliamo di controlli doganali, ci riferiamo anche ai controlli sanitari (circa il 10%) di verifica e fitopatologici che devono controllare la quasi totalità della merce: ora sommando tutti i controlli la percentuale di verifica merce supera il 30%, in pratica un container su 3 è verificato. Abbiamo la percentuale più alta d’Europa di verifica, il che sarebbe anche una cosa positiva se ci fossero strutture mezzi ed uomini adeguati. Al momento, purtroppo, con il crol-

lo dei traffici, questo problema non è tanto avvertito, ma nei momenti critici la situazione è davvero preoccupante. Certo non pensiamo di paragonarci ai porti del Nord Europa, il match sarebbe perso in partenza, basti considerare che la Germania lavora oltre 115 milioni di bolle doganali, l’Olanda 95 milioni; non parliamo poi delle infrastrutture, ad esempio un accesso al porto attraverso il Bausan che è un imbuto, oppure i dragaggi, fondamentali, ma impediti da continui problemi, viene da chiedersi perché in altri porti si fanno ed a Napoli è difficile e complesso? Senza dragaggi non arrivano le navi! Domenico De Crescenzo Vicepresidente Fedespedi

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confetra / porto&diporto

Stiamo davvero cambiando verso in questo Paese?

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a più parti ci si interroga su quali siano i nodi che, di nuovo, stanno impantanando ogni riforma dalla riorganizzazione dei porti alla revisione del piano degli aeroporti. Ci si domanda anche quali “poteri forti” stiano continuando a gestire il silenziatore alla (non remota) possibilità che la Corte di Giustizia Europea metta la parola fine ai così detti costi minimi dell’autotrasporto o riescano a far rimandare a leggi delega (ad esempio quella fiscale) interventi correttivi attesi dagli spedizionieri e dai doga-

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nalisti. Ancora.. mentre tutti i politologi interpretano come presa di distanze dalla CASTA le assenze del Presidente del Consiglio alle assemblee annuali di Confindustria e di Banca d’Italia non ho letto un rigo sulle ragioni per le quali la casta ha snobbato i report di Commissioni parlamentari come quella presieduta dall’On.le Tabacci che, descrivendo minuziosamente l’ipertrofia della legislazione nazionale e quindi la sua carica oggettivamente anti-imprenditoriale e corruttiva (la norma si applica ai nemici e si interpreta con gli amici…),

suggerisce di semplificare, ridurre la quantità, migliorare la qualità, modernizzare il linguaggio delle norme contribuendo alla certezza del diritto. Insomma, mi pare ci si domandi, stiamo davvero cambiando verso in questo Paese? Per onestà è bene fare alcune premesse. La prima mi pare sia che il dinamismo ed il presenzialismo televisivo fluviale del Presidente del Consiglio fanno dimenticare che questo Governo è in carica da poco più di cento giorni. Una seconda, onesta, considerazione riguarda l’alto livello di aspettative generato da quello stesso dinamismo. Chi si era illuso che vi fosse un immediato “effetto domino” dall’alto verso il basso capace di far correre l’apparato legislativo e burocratico statale ha sottovalutato il viluppo di corde e cordoni, lacci e lacciuoli che legano e condizionano da anni qualsiasi processo di cambiamento nel Paese. La terza: il Presidente punta a “comunicare” e sembra scegliere con cura temi “comunicabili”. La logistica non lo è. Renzi sa che dovrà farci i conti per realizzare qualsiasi progetto di rilancio dell’economia ma, per il momento, non è questione centrale perché difficilmente comunicabile. Logistica chi? Mi pare di sentirlo dire … La Riforma portuale è, di nuovo, nel pantano per buona parte di queste ragioni alle quali aggiungerei che lo scopo della suddetta riforma è stato declinato ed articolato nei modi più diversi fino a quelli, prevalenti, della spending review. Il sistema portuale nazionale, assunto come tale e salvo alcuni interventi in alcuni porti, è in grado di offrire i propri servizi ad ogni tipo di vettore che tra-


sporti qualunque tipo di merce. Se il suo ruolo fosse finalizzato alla distribuzione al mercato domestico di merci arrivate via mare i limiti da superare sarebbero in massima parte dovuti all’applicazione anarchica e castale delle funzioni svolte dalle amministrazioni pubbliche per la modifica delle quali Confetra ha più volte presentate un programma di interventi a costo zero. Se, invece, il sistema portuale nazionale volesse svolgere il ruolo di player logistico nel mercato interno europeo dovrebbe avere anche un’organizzazione ferroviaria sia delle manovre portuali che della gestione del sistema para monopolista e rinunciatario di Ferrovie dello Stato per offrire “reti di servizi” imperniate sui nodi portuali del core network europeo. La gestione della quantità e dimensione delle reti che, tra l’altro, postula una governance appropriata si è arenata perché su questi aspetti, dal lontano 2006, Governi e Partiti si muovono con estrema difficoltà perché né loro né

le comunità locali hanno (possono avere?) una visione generale, sistemica ed olistica. Spero di sbagliarmi. Spero che si dia la priorità alle semplificazioni e alle sburocratizzazioni sempre promesse dal Governo Monti in poi, che a livello centrale si avvii (al MIT o al CIPE) una regia autorizzata ad investire in infrastrutture finalizzate alla partita nel mercato europeo. Conto su una comunicazione più chiara del Ministro che confermi che i porti (entità fisiche insopprimibili) resteranno tutti e che la modifica riguarda le Autorità (che sono invece entità amministrative integrabili ed accorpabili). Spero che l’Autorità dei Trasporti incida sugli assetti delle ferrovie. Spero, soprattutto, che si parta da una visione chiara degli obiettivi che si intende perseguire dei quali le modifiche normative sono strumenti. Spero che si faccia tutto questo con i tempi ai quali ci sta abituando il Presidente del Consiglio. Tornando al punto di partenza cioè

Nereo Marcucci all’esame delle cause del rallentamento nel “cambiare verso” non c’è bisogno di rilevarne di nuove: sono quelle di sempre. Il nuovo Governo ed i singoli Ministri, quindi, se vogliono raggiungere i loro obiettivi devono in primo luogo sbloccare le incrostazioni interne, le connivenze e “l’idem sentire” di alcuni funzionari apicali con pezzi del mondo economico e, nel nostro caso, trasportistico-logistico. Nereo Marcucci

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propeller / porto&diporto

Propeller Clubs, il legame con l’economia del mare I

l Propeller nasce in America nel 1922 come Club del mondo dello Shipping. Si sviluppa poi in Europa ed in Italia a cavallo della seconda guerra mondiale. Considerato come il “Rotary del Mare” raggruppa Soci del cluster marittimo, portuale e logistico, imprenditori, operatori professionisti ed Autorità che fanno del Mare e delle attività connesse non solo il proprio centro di interessi ma anche la propria Passione. In Italia una trentina di anni fa ci “affranchiamo” dal “legame americano e ci rendiamo indipendenti. Perseguiamo però finalità analoghe sia con il Propeller americano che con i Propeller europei ancora “dipendenti” dagli Stati Uniti ma desiderosi molti di seguire la via italiana. In Italia siamo 18 Clubs, 14 nei Porti (Savona, Genova, Spezia, Livorno, Napoli, Salerno, Sardegna, Palermo, Crotone, Taranto, Ravenna, Venezia, Monfalcone, Trieste, Eolie) e 4 in “inland” (Torino, Milano, Bologna e Mantova) ma con forti legami all’economia ed al settore del mare per attività logistiche, trasportistiche, etc. Siamo in tutto quasi 1.500 Soci (a Napoli 150), organizziamo tavole rotonde, convegni e seminari nonché progetti sociali legati al mondo del Mare, dei nostri porti, delle nostre Città. A Napoli abbiamo realizzato molti progetti tra i quali mi piace ricordare anzitutto “Solidarity containers by Propeller”: abbiamo in questo caso aiutato la PHP Onlus in un progetto di solidarietà in Nigeria curando la spedizione di due containers con materiali vari (alcuni donati anche da Soci Pro-

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Umberto Masucci peller) per la costruzione di una scuola, la fornitura di materiali ospedalieri e medicine e per la creazione di un “forno napoletano” nel villaggio del Biafra nigeriano Amaebu Ebenator, è stata una esperienza entusiasmante per molti di noi e sicuramente un grande merito per tutto il Club. Dopo la Convention nazionale del 2013 a Napoli abbiamo mirato più in alto e, in collaborazione con Port and Shipping Tech, stiamo realizzando la Naples Shipping Week, un evento internazionale (inserito nel Forum Universale delle Culture) che trasformerà Napoli per una settimana nella Capitale mondiale dello shipping. Nei mesi scorsi poi abbiamo lanciato, in collaborazione con il Comune di Napoli, l’Au-

torità Portuale, la Capitaneria di Porto ed altre Istituzioni il progetto “La scuola va a bordo” (già storia di successo del Propeller di Ravenna); abbiamo visitato tredici scuole primarie napoletane raccontando ai ragazzi il mondo del mare, li abbiamo portati poi a visitare il Porto, il Museo del Mare ed altre strutture ed abbiamo concluso con una grande manifestazione alla Stazione Marittima con quasi 1.000 studenti e professori il 20 maggio scorso in occasione della Giornata Marittima Europea. Evento che ci ha reso orgogliosi a livello nazionale perché tutti i Clubs curano in modo particolare il rapporto con i giovani studenti delle Facoltà di Economia Marittima, Facoltà di Ingegneria e Istituti Tecnici (che saranno il futuro della nostra Associazione) attraverso borse di studio, corsi, inviti alle nostre manifestazioni. Nel 2015 il protagonista sarà il Propeller di Milano che celebrerà la Comvention nazionale nel quadro di EXPO 2015: già fervono le iniziative e l’amico e collega Riccardo Fuochi, Presidente del Propeller di Milano sta, con l’efficienza meneghina, preparandosi a superare Napoli. Una bella competizione tra Clubs amici che si scambiano esperienze, relatori, iniziative: in un mondo economico sempre più difficile è molto bello vedere come le persone, quasi in controtendenza, partecipino con grande passione alle attività associative. Umberto Masucci Presidente International Propeller Clubs


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Il Propeller Milano scalda i motori per Expo 2015 I

l Propeller Club di Milano compie nel 2014 il suo 40° anniversario e per l’anno in corso ha in cantiere numerose e diverse attività. Lo scorso 19 maggio abbiamo organizzato in collaborazione con ASLA (Associazione Studi Legali Associati) e con il patrocinio AIDM (Associazione Italiana Diritto Marittimo) il seminario “Il trasporto internazionale - Istituti giuridici, diritti ed obblighi delle parti, spunti pratici per gli operatori”. Il seminario ha visto l’intervento di diversi avvocati, una delle categorie più numerose del nostro sodalizio, ed ha trattato un tema fondamentale poichè la globalizzazione impone alle nostre aziende di essere presenti in tutti i paesi del mondo con strutture, flessibili, ed orientate a fornire soluzioni a valore aggiunto ai nostri clienti. Come imprenditori sentiamo forte la necessità di essere affiancati da professionisti del diritto dei trasporti in grado di aiutarci a livello internazionale ad erogare i nostri servizi. Il 7 maggio è stata la volta della serata “P&I protezione & indennità: responsabilità marittima. Incidenti e rischi” con l’intervento di Robert Dorey, Offshore Director Charles Taylor & Co. Ltd, as agents for the Managers of The Standard Club Europe Ltd, che ha sottolineato come la maggior capacità di trasporto sia di merci che di passeggeri delle imbarcazioni rappresenta una sfida probante dal punto di vista assicurativo. Il 7 aprile abbiamo invece organizzato il Convegno “L’eccellenza della logistica italiana in vista di Expo 2015 – La Lombardia ed il Porto di Genova” che si è svolto in Camera di Commercio di Milano. Il tema è molto sentito: in Lombardia, ad esempio, ogni anno quasi 2.000 imprese di logistica producono un giro d’affari per 11 miliardi di euro annui, pari al 30% circa del mer-

Riccardo Fuochi cato italiano, con un valore aggiunto superiore ai 2 miliardi di euro. Il 50% di questo mercato, è prodotto da aziende con sede nella provincia di Milano che numericamente rappresentano più di un terzo del totale regionale. Proprio a Milano nel 2015 avremo l’Expo, una grande opportunità per presentare tutte le eccellenze Italiane, un’occasione irripetibile per promuovere l’Italia anche come player strategico nella logistica, non solo per i traffici aventi come origine/destino il paese, ma anche il ruolo che sarà possibile ricoprire a Nord delle Alpi. Il Propeller, dicevo all’inizio, ha come missione quella di stimolare un dialogo fecondo che produca azioni virtuose e mi auguro che questo stimolo possa essere raccolto da tutte le associazioni del settore affiche, si possa produrre, in una logica di squadra, le migliori proposte per settore in termini di qualità e fattibilità in tempi brevi. Il primo invito è per noi operatori quindi.

Il secondo è invece per la classe politica attuale, che annovera – in tutti gli schieramenti - personalità capaci e competenti. Auspico che questa classe dirigente possa agire senza indugio: fare poche cose e presto per mettere in condizione gli imprenditori del settore di giocare un ruolo sempre più importante in Europa e nel Mondo. E’ necessario quindi agevolare la creazione delle infrastrutture necessarie ma anche credere nelle nostre imprese e favorire assieme l’aggregazione delle nostre imprese promuovendo così sul mercato il Made in Italy della Logistica mediante un’offerta competitiva. L’obiettivo è quello di attrarre e lavorare in Italia quantità di merci sempre maggiori; generare ricchezza e creare occupazione. Questa è la missione che tanti imprenditori vogliono svolgere al meglio, convinti che questo sia quello di cui il Paese ha bisogno per reagire ad una situazione congiunturale difficile, ed è per questo che bisogna agire con unità e tempestività. La Naples Shipping Week è un’importate occasione per parlare di tutti i temi legati alla logistica e allo shipping ed è un momento di confronto per tutti i soci del nostro club, nonchè di studio e di preparazione per il Club Milanese. Nel 2015 infatti la convention biennale del Propeller nazionale si terrà proprio a Milano ed il format studiato dal Propeller partenopeo sarà sicuramente di stimolo e di ispirazione per la realizzazione di un evento che metta a confronto tutti gli attori della logistica, dei trasporti e dello shipping nazionali con l’obiettivo di rilanciare definitivamente il nostro settore. Riccardo Fuochi Presidente Propeller Club Milano

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Il Propeller per lo sviluppo del Porto di Trieste G

ià a Settembre dello scorso anno, col rinnovo del Consiglio Direttivo e la nuova Presidenza, la sezione International Propeller Club Port of Trieste ha dato vita ad un ciclo di incontri con l’intenzione di toccare le tematiche più importanti relative allo sviluppo del Porto di Trieste nel suo complesso. L’obiettivo era e rimane quello di informare anche il grande pubblico su una realtà spesso poco conosciuta ma di fondamentale importanza per lo sviluppo economico della città: il Porto. Il primo incontro, in realtà, è stato dedicato all’area del Porto Vecchio, oggi destinata ad esse-

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re sviluppata come zona di espansione del tessuto urbano. La conviviale ha fornito però l’occasione di parlare di una caratteristica estremamente importante per lo scalo triestino: il regime di Punto Franco. Per poter sfruttare ancor meglio quella che è già un’opportunità per il porto e per chi si serve di esso, è necessaria un’applicazione più precisa del regime stesso, per dare a tutti la certezza del diritto che, mi pare, in questo Paese ancora non c’è. Negli incontri successivi, dopo un interessantissimo dibattito sul tema del traffico passeggeri, potenzialmente una risorsa ma ancora troppo poco

sviluppato per Trieste, la serata di gennaio dedicata alla presentazione del libro di Sergio Bologna, “Banche e crisi: dal petrolio al container”, si è rivelata un’occasione per fare il punto su diverse tematiche in relazione anche con lo scalo triestino. Si è parlato anche della “follia” - come è stata definita dai vari esperti relatori presenti all’incontro – del terminal off shore proposto dall’Autorità portuale di Venezia. Si è anche parlato degli effetti del “gigantismo navale”, delle sue necessità e ricadute ed evidenziando, ancora una volta, la mancanza di “una politica delle scelte” da parte della nazione Italia che con-


centri gli investimenti delle poche risorse pubbliche disponibili ed insieme ai privati su pochi e selezionati porti “scelti” dal mercato e dai traffici e non con il perdurare di inutili investimenti “a pioggia”. In quella serata si è parlato molto anche di ferrovia come “prolungamento” del braccio delle gru per un terminal. Per questo abbiamo evidenziato quanto sia importante incrementare l’utilizzo delle attuali infrastrutture ferroviarie che hanno ulteriore capacità rispetto all’utilizzo attuale. Bisogna che si investa in questo senso per agevolare l’ulteriore crescita dei traffici. Così come è importante che la politica si muova unita per lo sviluppo del Porto di Trieste, evitando sprechi e compiendo scelte precise. Proprio alla ferrovia è stata dedicata

la conviviale di marzo, con la presenza di esperti del settore tra i relatori. Grandi potenzialità di sviluppo con interventi economicamente accettabili, senza ferire l’ambiente. Queste le conclusioni alle quali si è arrivati dopo aver analizzato dati, prospettive e situazione contingente al Porto di Trieste. Con pochi e mirati interventi dell’ordine delle decine di milioni di euro, infatti, il traffico attuale di treni in arrivo e in uscita dallo scalo, potrebbe soddisfare un traffico fino a 1,2-1,4 milioni di TEU e di 350400mila semirimorchi”. L’autotrasporto come anello fondamentale della catena intermodale è stato invece il tema dell’ultimo incontro. A Trieste autotrasporto significa porto. La crisi del primo può essere risolta solo con lo sviluppo del secondo. Proprio in riferimento agli stretti collegamenti della catena logistica, è sempre più evidente la necessità di lavorare uniti per far crescere il Porto di Trieste nel suo complesso. Lo scalo è di gran lunga la prima industria della città e l’incremento dei posti di lavoro è fondamentale in questo momento di difficoltà economiche. In quella stessa serata, sono emerse anche le tematiche del Piano regolatore e del rigassificatore, evidentemente molto sentite da tutti gli operatori. Nel dibattito che è seguito alle relazioni, non sono mancati riferimenti alla lunga attesa – non ancora terminata – per l’approvazione del Piano regolatore del Porto di Trieste, ma anche alla questione del rigassificatore, ipotizzato on shore e nei pressi del Porto. Su quest’ultimo impianto si sono già espressi in maniera contraria l’Autorità portuale di Trieste, oltre agli stessi operatori portuali, le autorità amministrative, su tutte Regione Fvg, il Comune e la Provincia di Trieste e politiche locali, nonché gran parte della cittadinanza. Si vorrebbe però sentire un “no” definitivo al progetto e qualcuno avanza l’ipotesi che le due attese siano tra loro collegate. Per quanto riguarda l’azienda della quale mi occupo, e in particolare l’attività del terminal contenitori del Molo VII, gli investimenti procedono incessanti, proprio per adeguare le strutture al futuro sviluppo dei traffici. Un mese fa è stata riposizionata in banchina la seconda delle due gru, reduci da un completo upgrading, capaci ora di operare su navi da 20 file di container in larghezza e 7 file in altezza in coperta. Anche per questo, oggi Trieste è lo scalo più attrezzato dell’Adriatico per il traffico di contenitori. Trieste Mari-

Fabrizio Zerbini ne Terminal, società del gruppo TO Delta e gestore del Molo VII, ha così completato l’offerta per poter gestire la navi da 13-14.000 Teu ed in attesa che giungano a Trieste i servizi del Consorzio P3. Anche grazie alla disponibilità dei fondali naturali da 18 metri che lo caratterizzano, lo scalo triestino è, infatti, uno dei 5 porti italiani scelti dallo stesso Consorzio per le “meganavi”. Le nuove strutture hanno richiesto un investimento di circa 7 milioni di euro, in partecipazione con l’Autorità Portuale di Trieste. Con l’arrivo nei giorni scorsi della “Cma-Cgm Cendrillon”, la più grande portacontainer mai arrivata in Adriatico, è stata incrementata la capacità delle navi in servizio da e per il Far East, che adesso verrà effettuato con navi più grandi, da 8500 Teu. Il tutto in attesa di quelle da 10.000 teu, che arriveranno ad ottobre. Con il posizionamento e l’entrata a regime di due nuove gru recentemente sottoposte ad upgrading, sfruttando i fondali da 18 metri ed i nuovi servizi ferroviari messi a disposizione da TMT per il l’Europa centrorientale, infatti, Trieste è sempre di più il riferimento per quell’area. TMT è uno dei principali protagonisti nello sviluppo del traffico container nel Nord Adriatico, con branch office in Germania (Monaco di Baviera) e Ungheria (Budapest). Proprio per questo, nel corso degli ultimi anni, abbiamo rivoluzionato la gestione del terminal container di Trieste, investendo fortemente anche in risorse umane ed arrivando a 168 dipendenti diretti ed a fronte dei soli 3 dipendenti diretti del 2004 quando è iniziata la gestione da parte di TO Delta. Fabrizio Zerbini Presidente Propeller Club Port of Trieste

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propeller / porto&diporto

Why Venice? That’s answer!

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International Propeller Club Port of Venice sbarca al Naples Shipping Week quando sono stati i grandi temi del futuro prossimo della portualità dell’Europa Sud Orientale i veri protagonisti della recentissima storia dell’economia marittima e del trasporto del Paese: il progetto NAPA e la piattaforma offshore; la crocieristica e il transito delle grandi navi per il bacino San Marco; la bonifica e la riqualificazione di Porto Marghera; il sistema aeroportuale del Triveneto tra i grandi hub europei. Quattro pilastri che, grazie all’impegno di pubbliche istituzioni e imprenditori per ricercare nuove sinergie, determineranno la sorte di migliaia di posti di lavoro in un’area strategica della nuova Europa oggi impegnata più che mai a fare sistema tra le due sponde dell’Adriatico nel Mediterraneo Orientale. In questo contesto il Port of Venice si è fatto portavoce delle pressanti istanze del mondo imprenditoriale associato, spesso ricorrendo a provocatori talkshow che hanno avuto il merito, con confronti e dialoghi diretti, di mettere a nudo tutte quelle problematiche e quelle incongruenze che, fino ad un recente passato, non hanno certo contribuito, proprio per la mancanza di dialogo, a far massa critica e sistemica per affrontare quel nuovo ruolo che la globalizzazione ha imposto a questa terra di confine.

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Massimo Bernardo Certamente è solo l’inizio di un percorso complesso e difficile quando il salto, com’è d’obbligo, deve essere soprattutto culturale ed è proprio per questo che il Propeller Club Port of Venice, allargando i suoi meeting a giovani laureandi delle facoltà di Economia e Giurisprudenza della Galileiana di Padova, ha inteso coniugare la pluriennale esperienza dei propri soci alle nuove professionalità che queste discipline potranno partorire per il mondo del trasporto mentre è in atto un agreement con i rappresentanti di Atena e con alcune facoltà dello IUAV di Venezia per la progettazione e architettura navale. “Step by step” , piccoli passi sostenuti da una costante campagna media-

tica a livello nazionale per far capire a chi ancora dalle proprie case vede il porto e le grandi navi a Venezia come elementi estranei alle propria città, i binari come il frutto di una politica del trasporto pubblico fallimentare e gli aeroporti come elementi di disturbo alla quiete pubblica, che il benessere e la qualità della vita passa per l’ottimizzazione del comparto, in gran parte frutto anche questo di quel “salto culturale” auspicato dal Club lagunare. Con questo spirito i rappresentanti del Club veneziano parteciperanno al Naples Shipping Week per raccogliere quel sapere che i tanti relatori presenti alla convention sapranno certamente donare a chi come noi, proprio del mare, voglia fare una grande nuova risorsa per la pace tra i popoli e per la crescita economica e sociale della nostra Europa auspicando un prossimo Venice Shipping Week in quel palcoscenico mondiale dove il millenario mattone dei suoi edifici e la pietra d’Istria delle sue calli, dei suoi campi, dei campielli e della sua Piazza, armonicamente convivono con la più avanzata tecnologia che nasce dalla sua terraferma per affrontare le sempre più percorribili “strade del mare”. Why Venice? That’s answer! Massimo Bernardo Presidente International Propeller Club Port of Venice


propeller / porto&diporto

Aeroporto di Salerno firmato il protocollo d’intesa “S

viluppare l’aeroporto di Salerno a supporto della Costiera e del Cilento, poli con forti problematiche logistiche e di tempi di percorrenza troppo lunghi e disagevoli per il turista”: così si leggeva nel documento denominato “Piano strategico per lo sviluppo del turismo in Italia 2020” a cura del Ministero degli Affari regionali, Turismo e Sport. Sviluppo tanto inseguito ed annunciato più volte dalla politica locale ma traguardo sempre lontano da tagliare in quanto sistematicamente ostacolato da “intoppi” lungo la sua tortuosa strada. All’indomani del “sofferto” parere favorevole espresso dall’ENAC nel dicembre 2012, nel febbraio 2013 veniva sottoscritta la convenzione ventennale per la gestione totale dello scalo riguardante lo sviluppo, la realizzazione, l’adeguamento, la gestione, la manutenzione e l’uso degli impianti e delle infrastrutture aeroportuali compresi i beni demaniali. Con la predetta convenzione, l’attuale gestore aeroportuale, la Aeroporto di Salerno Costa d’Amalfi spa, si impegnava a definire e attuare le strategie e le politiche commerciali per lo sviluppo dello scalo anche in relazione alle esigenze del bacino di traffico servito e nell’ottica di uno sviluppo del sistema aeroportuale della Campania. Dunque si dava avvio all’ennesimo “start up” dell’infrastruttura. “Conditio sine qua non” per il decollo definitivo dell’infrastruttura resta l’allungamento dell’attuale pista, troppo piccola per permettere i voli con aeromobili medio – grandi. E’ di recente attualità la notizia che nella bozza del nuovo Piano Nazionale Aeroporti nell’Agenda Lupi tra i 26 scali di interesse nazionale vi sia anche il “Salerno/Costa d’Amalfi”. Secondo il Piano un aeroporto può

Alfonso Mignone essere definito “di interesse nazionale” a due condizioni: a) che l’aeroporto sia in grado di esercitare un ruolo ben definito all’interno del bacino territoriale, con una specializzazione dello scalo e una riconoscibile vocazione, funzionale al sistema aeroportuale di bacino che il Piano intende incentivare; b) che sia in grado di dimostrare il raggiungimento dell’equilibrio economicofinanziario anche tendenziale e di adeguati indici di solvibilità patrimoniale. Come è noto il grande problema del “Costa d’Amalfi” è l’assenza di una governance credibile e disposta ad investire sulle potenzialità finora inespresse dello scalo. Nel BURC n. 32 del 12 maggio 2014 con Deliberazione Giunta Regionale n. 112 del 24 aprile 2014 è stato approvato lo schema di protocollo d’intesa tra Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Regione Campania e Consorzio Aeroporto di Salerno – Pontecagnano SCRL.

Descriviamone, nel dettaglio, i punti salienti. Nella premessa vengono ripercorse le vicende relative allo scalo salernitano a partire dall’apertura del medesimo all’attività di aviazione generale e proseguite poi con il procedimento di concessione demaniale aeronautica della società di gestione dei servizi aeroportuali denominata Aeroporto Salerno SPA, l’affidamento alla medesima della concessione relativa alla gestione totale sul sedime aeroportuale, lo stanziamento dei fondi relativi all’adeguamento infrastrutturale tra cui l’allungamento della pista, il riconoscimento dello scalo salernitano come Aeroporto Doganale fino al riconoscimento del “Salerno/Costa d’Amalfi” aeroporto di “interesse nazionale”. Nel protocollo si fa riferimento all’imminenza del riordino delle competenze istituzionali tra Regioni e Province e dell’impossibilità dell’Am-ministrazione Provinciale, socia del consorzio aeroportuale, di sostenere gli impegni economici per la fase di start – up e di privatizzazione dello scalo. Come si evince dal testo per gli stipulanti, “appare opportuno ed urgente addivenire alla conferma della disponibilità delle risorse citate per sostenere la fase in corso di privatizzazione del 65% delle quote della società di gestione dell’aeroporto aumentando le probabilità del buon esito del bando di privatizzazione e creando le condizioni per poter rispondere a quanto richiesto dalle linee guida del Piano Nazionale degli Aeroporti approvato dal Consiglio dei Ministri” e “sostenere la fase di start-up che si completerà a breve con la conclusione della gara di privatizzazione, prevedere ogni ulteriore azione, duran-

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te tale periodo, di riduzione dei costi e di copertura dell’eventuale disavanzo di gestione della compagine sociale del Consorzio Aeroporto di Salerno - Pontecagnano s.c.r.l.”. Le Parti hanno convenuto e stabilito l’impegno per il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ad approvare la Intesa Generale Quadro approvata dalla Giunta Regionale della Campania con delibera n. 377 del 13 settembre 2013 relativa all’allocazione dei 49 milioni di euro stanziati per l’adeguamento infrastrutturale. Il Ministero e la Regione Campania si impegnano, dunque, ad individuare le risorse necessarie per l’adeguamento strutturale dell’aeroporto e per l’allungamento della pista, reperendoli da fondi comunitari, che saranno utilizzati solo e soltanto se il processo di privatizzazione avrà buon esito individuando un socio di maggioranza il cui piano risponda alle linee guida del Piano Nazionale

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degli Aeroporti approvato dal Consiglio dei Ministri e compatibilmente con gli orientamenti europei in materia di aiuti di stato agli aeroporti. La Regione Campania, non nascondendo un malcelato interesse ad entrare nella compagine sociale , si impegna, altresì, a valutare, in piena collaborazione con i soci della compagine sociale del Consorzio Aeroporto di Salerno - Pontecagnano s.c.r.l., le risorse necessarie a sostenere eventuali disavanzi del Consorzio, valutata ogni ulteriore azione di riduzione dei costi, solo fino al completamento della fase di privatizzazione e comunque non oltre il 30 maggio 2015. Quanto al Consorzio Aeroporto di Salerno - Pontecagnano s.c.r.l. l’impegno è quello di procedere celermente al bando di gara per la privatizzazione del 65% delle quote della società di gestione dell’aeroporto, introducendo nel bando di gara la obbligatorietà che la offerta risponda a quanto richiesto

dalle linee guida del Piano Nazionale degli Aeroporti approvato dal Consiglio dei Ministri, e a coprire ogni ulteriore esigenza economica di disavanzo di gestione che si possa verificare oltre il 31 dicembre 2014 nel caso che, per ogni eventuale problema procedurale di natura interna o esterna al Consorzio, la gara di privatizzazione si concluda entro il 30 maggio 2015. Se queste sono le premesse e gli intenti non ci resta che aspettare e sperare per il potenziamento dell’infrastruttura affinché un corposo investimento rappresenti quella “scommessa vincente” per il territorio regionale e non solo. Infatti non si contano più ormai le vicissitudini negative che hanno interessato i vertici di uno scalo che fa notizia solo per i suoi continui insuccessi e per le promesse mai mantenute. Avv. Alfonso Mignone Presidente International Propeller Club Port of Salerno


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youngship / porto&diporto

L’unione fa la forza

I Gruppi Giovani delle associazioni italiane del mondo dello shipping insieme alla Naples Shipping Week

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l mondo dello shipping italiano ed europeo, dal 23 al 28 Giugno, si riunirà nel capoluogo partenopeo per l’attesissima Naples Shipping Week organizzata grazie alla nuova partnership tra il Propeller Club Port of Naples e ClickutilityTeam Srl. La kermesse ruoterà attorno a due importanti incontri come la Cena Napoletana e la sesta edizione di Port&ShippingTech che si terrà il 26 e 27 Giugno. Quest’ultimo evento in cinque anni ha definitivamente confermato la sua leadership nel panorama delle manifestazioni internazionali dedicate alla logistica, allo shipping e, in generale, allo sviluppo del sistema logistico-portuale. Obiettivo della Naples Shipping Week è quello di replicare il successo ottenuto dalla quinta edizione di Port&ShippingTech, che si è svolta lo scorso settembre a Genova in contem-

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poranea con il Shipbrokers and Shipagents Dinner organizzato da Assagenti e dal Gruppo Giovani Assagenti nell’ambito della prima edizione “Genova Shipping Week”. Considerato il successo dello scorso anno anche l’appuntamento napoletano si propone come un contenitore di iniziative dedicate allo shipping, alla logistica e all’innovazione tecnologica in campo marittimo. La Regione Campania può vantare due porti di rilevanza internazionale come Napoli e Salerno, oltre a una lunga tradizione armatoriale e di servizi dedicati allo shipping che la rendono, insieme a Genova, la naturale capitale marittima nazionale. Obiettivo fina-

le di questo “gemellaggio” tra Genova e Napoli sarà proprio quello di creare un’alternanza mirata a proporre lo svolgimento di questa manifestazione nelle due città in anni alterni. La prima edizione della Genoa Shipping Week ha visto la partecipazione di oltre 5.000 persone ai vari eventi che si sono succeduti nell’arco della settimana, in rappresentanza di 1.500 aziende provenienti da quasi 40 Paesi del mondo. I Gruppi Giovani delle associazioni del mondo marittimo non si sono fatti


sfuggire l’occasione e insieme, nella prestigiosa cornice della Naples Shipping Week, hanno deciso di organizzare un incontro aperto a tutto il cluster marittimo italiano ed europeo. Le associazioni che parteciperanno saranno YoungShip Italia - la neonata associazione dello shipping che associa i giovani delle varie professioni del cluster marittimo compresi tra i venti e i quaranta anni - e i Gruppi Giovani di Federagenti - Federazione Nazionale Agenti Raccomandatari Marittimi e Mediatori Marittimi, e di Confitarma - Confederazione Italiana Armatori. L’incontro vedrà i leader delle diverse professioni del mare raccontarsi e confrontarsi sulle proprie esperienze così da far partecipare tutti gli ascoltatori alle tematiche più attuali e rilevanti dei più disparati settori dello shipping. “Siamo molto felici di incontrare i nostri associati in un’occasione immancabile per gli operatori dello shipping come quella del Naples Shipping Week – spiegano i Presidenti delle associazioni Gruppo Giovani di Confitarma, Gruppo Giovani di Federagenti, e YoungShip Italia - e proprio per questo abbiamo scelto questo evento, per organizzare per i nostri associati un momento di formazione con largo spazio per la parte conviviale. L’appuntamento del prossimo 26 Giugno si pone come un momento di crescita per i nostri giovani associati, lo scopo che ci anima è promuovere le relazioni fra i giovani che fanno parte delle nostre associazioni oltre che l’arricchimento personale e professionale che viene dal confronto fra operatori che rappresentano le diverse professioni ma anche le più diverse zone e realtà dell’Italia”. “L’incontro che avrà luogo presso il

Reale Yacht Club Canottieri Savoia – prosegue Andrea Morandi, responsabile della formazione e dell’organizzazione di eventi di YoungShip Italia offre l’opportunità di partecipare ad un confronto tra alcune delle professioni chiave dello shipping italiano che condivideranno sia le proprie esperienze passate che le sfide per gli anni a venire. Grazie all’entusiasmo ed alla forte coesione delle diverse associazioni del cluster marittimo, si è potuto organizzare un evento così innovativo che trova nella vita associativa lo strumento migliore per ampliare le relazioni e i propri orizzonti. Il risultato é dunque un evento memorabile che testimonia come l’economia marittima italiana sia illuminata da un giovane e vitale associazionismo “del fare”, animato dalla volontà di realizzare iniziative dall’alto valore aggiunto”. “Questo nostro main event del 2014 - continua Andrea Poliseno, vice presidente YoungShip Sud Italia e coordinatore dell’organizzazione dell’evento - ha uno scopo ben preciso: quello di connettere tra loro professionisti del settore, come in questo caso gli esponenti dei Gruppi Giovani di Confitarma, Federagenti e YoungShip Italia, con tutti gli altri operatori del cluster marittimo interessati ad espandere le proprie vedute. Abbiamo scelto una vetrina importante come quella della Naples Shipping Week perché crediamo nella forza dell’associazionismo e nelle possibilità che questo può dare a ogni professionista del mare”. “Basti notare che YoungShip Italia è nata da meno di un anno - afferma Luisa Mastellone, responsabile del reclutamento e di nuovi associati di Young-

Ship Italia - e già si dimostra un gruppo molto unito. Ricordiamo che YoungShipItalia raggruppa i più diversi mestieri dell’economia marittima e in brevissimo tempo è sensibilmente cresciuto il numero dei suoi associati: questa è la dimostrazione che i giovani dello Shipping credono nell’associazionismo e nelle sue potenzialità”. “Siamo lusingati che Napoli ci abbia chiesto il testimone - commenta Aldo Negri, vice presidente di YoungShip Centro Italia - credo sia importante attirare l’attenzione dello shipping internazionale su tutto il territorio, dal Nord al Sud. Non dimentichiamoci infatti che il cluster marittimo italiano si conferma uno dei settori più dinamici dell’economia italiana contribuendo al PIL nazionale per 39.5 miliardi di euro, pari al 2.6% di quello totale, e l’11% di quello dei trasporti, dando così occupazione a circa il 2% della forza lavoro del Paese, circa 477.000 persone fra addetti diretti ed indotto”. “Ritengo che Genova e Napoli rappresentino le due capitali dello shipping in Italia – gli fa eco Carolina Villa, vice presidente di YoungShip Nord Italia. La prima dove negli ultimi anni si sono affermati i servizi, quindi società come broker o agenzie; la seconda, invece, dove ha sede la maggior parte dell’armamento italiano. Condivido e appoggio pertanto l’idea dell’alternanza della settimana dedicata allo shipping in modo che almeno una volta all’anno il nostro Paese possa ospitare un’occasione unica di incontro, confronto, dialogo e analisi delle varie tematiche nazionali ed internazionali che coinvolgono il settore marittimo”. Alessandro Talini

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infrastrutture / porto&diporto

Napoli, il porto bloccato da conflittualità ambientale È

l’integrazione territoriale a creare le vere condizioni dello sviluppo. Un processo, tipico della più ampia dialettica comunità-aggregazione, ancora in fase embrionale in Italia; possibile solo a patto di disporre di soggetti intermedi, e tra questi anche le Autorità portuali, in grado di rappresentare e valorizzare le opportunità di servizi offerti dal territorio. Francesco Karrer parte dal concetto prettamente urbanistico di “interterritorialità” per tracciare i punti di riferimento della sua azione. Terzo commissario chiamato a sbrogliare la matassa ingarbugliata del porto di Napoli nell’arco di un anno, il Professore, a poco più di un mese dal suo insediamento si accinge a mettere in atto le prime mosse per “riavviare la macchina arrugginita dell’Autorità portuale”. Senza perdere di vista il quadro generale di problematiche che in alcuni casi riguardano tutto il sistema Italia: “lo sviluppo logistico – afferma – va guardato innanzitutto dal lato dell’offerta di trasporti. I processi urbanistici vanno portati in quella direzione lavorando alle funzioni integrate, alla complementarietà per specializzazione. In quest’ottica il porto di Napoli potrebbe giocare un ruolo di riferimento per tutto il Meridione. Basta pensare al ruolo strategico nel settore energetico che va però ripensato. Assieme a tutto il rapporto tra aree portuali e retroportuali”. Criticità che se da un lato riguardano tutta la portualità della penisola, a Napoli si sono incistate in una situazione ambientale fortemente conflittuale, mettendo a

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rischio il futuro stesso dello scalo. “Non c’è dubbio che parte delle difficoltà derivi dall’insufficienza del quadro normativo. La legge 84/94 – sottolinea Karrer – è caratterizzata da un eccesso di concertazione formale che ha messo in secondo piano la managerialità. Senza contare l’inadeguatezza di determinati strumenti che andrebbero ripensati alla radice. Penso al PRP, contraddistinto da rigidezze concettuali, come la classificazione per attività, spazzate via dal tempo. O alle concessioni che, oltre alle questioni temporali, andrebbero parametrate non più all’estensione ma alle funzione produttive. Detto questo non si può addossare la situazione di Napoli solo alle leggi. Le responsabilità locali contano, e molto, nella misura in cui non si è riusciti a trovare il giusto equilibrio tra obiettivi da perseguire e mezzi, anche se insufficienti, messi a disposizione”. Un’incapacità che in poco più di un anno ha messo in ginocchio le attività dello scalo: -10,5% nel settore container nel primo trimestre, blocco del Grande Progetto, riscossioni delle concessioni. Un “cahier de doleance” cui Karrier metterà mano dopo il giro di consultazione con le istituzioni locali. Per il commissario “l’obiettivo primario è superare definitivamente i problemi ambientali che hanno bloccato la macchina amministrativa dell’Autorità portuale”. “A breve sarà diramata una direttiva di riorganizzazione interna per responsabilizzare e rimotivare gli organici. Il porto in tutte le sue componenti

è uscito troppo ammaccato dalle polemiche dell’ultimo periodo: rilanciare la sua immagine, incanalare l’energia e la dinamicità nel fare, anziché nell’impedire di fare, sarà il primo passo per riavviare la macchina e dare una prospettiva concreta al Grande Progetto. Il resto spetterà al mio successore”. Nel frattempo, “incontri a Roma per sbloccare la questione dei dragaggi” e attenzione puntata sugli interventi legati al waterfront “guardando a tutte le criticità relative alla ricettività e al rapporto con l’utenza”. E il PRP? “Ci stiamo lavorando. Il documento presenta interferenze di layout tra città e scalo e un rapporto insufficiente tra infrastruttura e infostruttura. Il sistema delle reti, così come nel resto del Paese, si è evoluto per aggiunte successive e va riassettato sia nella parte visibile che in quella sotterranea. Per il resto, la valorizzazione di tutte le funzioni a cui è ispirato va bene”. Con un occhio alla possibilità di “riorganizzare il trasporto pubblico in funzione dell’attività crocieristica dello scalo” e alla necessità di intervenire sul polo energetico (“questione complessa che riguarda tutta la fascia a ridosso del mare: non può essere risolta solo in facciata”) Karrer non si sottrae rispetto alla spinosa questione dei canoni (circa 20 milioni) non riscossi: “lo screening è stato portato a termine anche grazie all’impegno del precedente commissario. Provvederemo senza alcun tentennamento ad esigere tutte le somme dovute”. Giovanni Grande


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infrastrutture / porto&diporto

Carrara, come crescere nei settori di nicchia

C’

è un porto in Italia che non vive l’ossessione dei container. A Carrara la rincorsa agli “scatoloni” non è mai cominciata. Complice, forse, una specializzazione antichissima, dovuta all’attività legata alle cave di marmo, che ne ha tratteggiato il destino fin da subito; e che si sta trasformando in opportunità strategica. Una vocazione a quella “complementarietà dell’offerta territoriale” che Francesco Messineo, Presidente dell’Autorità portuale, illustra a PORTO&diporto. Qual è la situazione dei traffici? I dati riferiti alla prima parte del 2014 registrano volumi in linea con lo stesso periodo del 2013. Lo scalo movimenta principalmente merci varie e rinfuse e un segnale interessante arriva dalla maggiore qualità dei prodotti che stanno transitando sulle nostre banchine: a parità di tonnellaggio significa più valore aggiunto. Cresce anche il project cargo. Ciò che ci conforta è però l’aumento della percentuale di merci provenienti dalla modalità ferroviaria, segno che il modello scelto dall’Ap sta funzionando. Com’è organizzata l’integrazione con il ferro? L’ente portuale ha assunto la gestione diretta del raccordo ferroviario che collega lo scalo con la Stazione di Massa zona industriale. In quest’ottica si è occupato di tutte le opere di manutenzione. Da parte sua RFI ha investito, raddoppiando lo sforzo previsto in un primo momento, circa 2,4 milioni di euro per l’automatizzazione di due fasci di binari. Allo stesso tempo, è stato individuato con gara, un operatore unico, Società Ferroviaria Apuoveneta, per tutte le operazioni sulla linea. Con notevoli vantaggi in termini di offerta e di razionalizzazione operativa visto che sono state armonizzate le procedure riguardanti non solo le aree portuali ma anche quelle afferenti due stabilimenti per la produzione di granulato di marmo e la zona retroportuale su cui insiste il Nuovo Pignone, realtà industriale impegnata nella costruzione di macchinari colossali da 25-45 metri di lunghezza, successivamente imbarcati sulle nostre banchine. Quali interventi prevede nei prossimi anni? La portualità italiana, in generale, soffre lo stato di ristagno dell’econo-

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mia. È per questo che stiamo ragionando sull’offerta di servizi, sulla capacità di incrociare le richieste innescate dalla ripresa. Già l’anno scorso, con il completamento degli interventi di realizzazione di nuove infrastrutture, abbiamo di fatto raddoppiato le aree a disposizione: nel 2015 puntiamo a triplicare la dotazione ferroviaria sulle banchine e al potenziamento dei collegamenti stradali, così come previsto dal progetto di ridefinizione del waterfront. Resta aperta la questione dell’ingresso lato mare. Come sarà risolta? Grazie alla collaborazione con gli enti locali, abbiamo ottenuto l’esclusione dell’area dalla lista dei SIN (Siti di Interesse Nazionale, ndr). Questo comporterà una decisa semplificazione nelle procedure amministrative legate al dragaggio dei fondali. Già abbiamo attivato una squadra di lavoro e prevediamo il completamento della caratterizzazione dei materiali entro la fine di questo anno. Nel 2015 contiamo di far partire gli interventi che porteranno il pescaggio dagli attuali 10 metri a 11,5 – 12 metri. Con quali obiettivi? Nell’immediato, poter ospitare le più grandi navi, a pieno carico, destinate ai traffici di riferimento. In generale, oltre alla tradizionale penetrazione nei mercati della Toscana e della pianura Padana, arrivare ad una piena integrazione con la nostra zona industriale. Sulla scorta della positiva esperienza col Nuovo Pignone, il porto potrebbe specializzarsi nel trasporto di grandi attrezzature, facendo da polo di attrazione per l’insediamento di nuove realtà produttive. Tutti i programmi, ad ogni modo, guardano ad una diversificazione delle attività già presenti a La Spezia e Livorno. Non avrebbe senso replicare la loro offerta, la nostra prospettiva di sviluppo consiste nella complementarietà. Anche nelle crociere? Esatto. Il nostro traffico crocieristico è minimo. Fa riferimento principalmente a servizi turistici fortemente pianificati a monte, dove la crociera è solo una piccola parte dell’offerta. Una situazione che non collide con la mancanza di infrastrutture dedicate. Il nuovo PRP, però, prevede una nuova banchina per le crociere da realizzare ex novo nell’area di Levante. L’idea,

sempre nella logica della integrazione territoriale, è quella di ospitare unità medio-piccole, caratterizzate da un tipo di turismo alternativo rispetto ai grandi circuiti del Mediterraneo. Da questo punto di vista la Lunigiana e la stessa Carrara, con il suggestivo tour delle cave, sono mete ideali. In grado di completare l’offerta del sistema dei porti della Toscana. Quanto punta l’Ap allo sviluppo sostenibile? L’anno scorso abbiamo completato un intervento per 2,25 milioni di euro per la realizzazione della rete di raccolta e trattamento delle acque meteoriche che sarà presentata al prossimo GreenPort di Barcellona. In pratica il sistema raccoglie e indirizza le acque di banchine e piazzali verso impianti di trattamento diffusi. Successivamente sono sversate in mare secondo limi-


ti molto al di sotto di quelli consentiti dalla legislazione vigente. Quest’anno completeremo anche l’ultimo lotto da 460 mila euro del progetto “Tetti Portuali Fotovoltaici”. Ad oggi contiamo su 3.500 metri quadri di pannelli per una potenza totale di circa 370 KWp: nel 2012, con 430mila KWh prodotti, abbiamo coperto il fabbisogno energetico annuale relativo all’illuminazione dello scalo. Con un risparmio di 312 tonnellate di CO2 ammortizzeremo i costi in meno di dieci anni. Nei mesi scorsi ha protestato contro il meccanismo di redistribuzione dell’IVA alle Ap, perché? Lo Stato ha deciso di assegnare l’1% dell’Iva generata dai porti con un tetto, per il 2014, di 90 milioni di euro. Di questa cifra un 80% è calcolato in base all’Iva introitata, con un dispositivo distorsivo nei confronti di scali come Carrara dove gli operatori che importano sono quasi sempre esportatori abituali. La possibilità di compensare attraverso il meccanismo del platfond, infatti, porta l’Agenzia delle Dogane a desumere una cifra che ammonta al 20% di quella registrata dagli uffici doganali del porto. Una situazione assurda che vede favoriti scali come Milazzo, Augusta e Civitavecchia dove prevale l’importazione

dei prodotti petroliferi. Ma il problema è di fondo. Qual’è? La pretesa di finanziare le Ap attraverso l’Iva e non le tariffe, come avviene in ogni porto d’Europa. La mia idea è semplice: un armatore, a fronte di servizi davvero efficienti, è disposto a pagare anche di più. Una leva che le Ap in Italia non possono sfruttare, tranne le rare deroghe concesse dal livello centrale. E invece, il dibattito è tutto incentrato sugli accorpamenti delle Ap. Una situazione surreale. Il rischio è di spostare il quartier generale dalla linea del fronte alle retrovie. Ridurre i centri decisionali renderebbe più difficile il rapporto con il territorio e le sue esigenze. Un solo esempio: la dismissione da parte di Invitalia dei Nuovi Cantieri Apuania e l’acquisizione di questi ultimi da parte di The Italian Sea Group. In poco più di un anno siamo riusciti a completare il delicatissimo iter amministrativo per la riconversione infrastrutturale del sito attraverso un confronto giornaliero con tutti i soggetti interessati. Gestire un’operazione del genere facendo riferimento a un livello decisionale decentrato non è possibile. Altro discorso è la programmazione a

Francesco Messineo livello coordinato. Quella è necessaria ma non si può far pagare alle Ap l’incapacità da parte degli altri soggetti intermedi di mettere a punto una strategia integrata dell’offerta di trasporti. Quali sono allora le priorità? Le Ap possiedono abbastanza potere in termini di governance. Manca una vera autonomia finanziaria, alla base di una vera concorrenza tra sistemi logistici, e una decisa semplificazione delle procedure. Giovanni Grande

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infrastrutture / porto&diporto

Salerno ha “fame” di spazi scelta retroporti obbligata I

l recente approdo della nave Virginia, nell’ambito del servizio di Hapag Lloyd di collegamento diretto con il Golfo Usa e Messico, ha permesso a Salerno di tagliare l’ennesimo traguardo. La full container della compagnia tedesca, 300 metri di lunghezza, è la prima unità nel range di capacità 5mila/6mila Teu mai approdata nello scalo. Segno di un ulteriore consolidamento dei traffici per una realtà relativamente piccola ma in grado di ottimizzare e valorizzare al meglio le proprie risorse. Un successo che ha allontanato le ombre pesanti della crisi dei traffici ma non impedisce al presidente dell’Ap, Andrea Annunziata, di guardare oltre. E di tratteggiare le coordinate entro cui orientare le strategie future, in un’ottica che contempla nuovi spazi retroportuali, maggiore capacità decisionale, integrazione territoriale e sburocratizzazione. Presidente Annunziata, il porto di Salerno ha “fame” di spazi? Non c’è dubbio che la questione retroportuale investa in pieno il futuro dello scalo. Ad oggi abbiamo quasi raggiunto un livello di saturazione e la realizzazione dei Grandi Progetti renderà possibile la presenza di più navi e di maggiori dimensioni. Nasce, dunque, l’esigenza di guardare ai territori interni per dotare le banchine di aree che non sono più disponibili. La nostra idea progettuale guarda verso l’agro nocerino sarnese, la valle dell’Irno, la piana del Sele: zone spente dal punto di vista industriale, con alti livelli di disoccupazione, che potrebbero essere recuperate e messe a disposizione di un servizio di trasporti veramente integrato. Quali sono gli ostacoli? Innanzitutto, la lentezza dei tempi. Se il collegamento con le aree interne avverrà nell’arco di 15-20 anni rischieremo l’estinzione. Nel breve periodo si può anche sopravvivere ma sul lungo abbiamo bisogno di infrastrutture valide. Il container o qualsiasi tipo di merce va dove il territorio lo richiede, dove si creano le condizioni per la sua movimentazione. In mancanza di risposte gli investimenti andranno

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Andrea Annunziata altrove. E qui si arriva all’altro problema: la mancanza di sedi di riferimento dove poter fare programmazione. Un modello da seguire sarebbe quello delle conferenze dei servizi, con Autorità portuali, Camere di Commercio ed enti locali messi nelle condizioni di poter determinare davvero le funzioni dei territori. E i distretti logistici, l’integrazione regionale? Tutto condivisibile, purché il discorso abbracci davvero tutto il sistema trasportistico. Qui a Salerno l’aeroporto potrebbe essere destinato all’attività cargo, con un ruolo strategico per tutta la Campania. Invece, si continua a discutere solo di accorpamenti di Ap. È arrivato il momento di mettere davvero il sistema al centro del Mediterraneo. Come arriva Salerno a questo’appuntamento? La recente concessione del VIA da parte del Ministero dell’Ambiente per gli interventi di consolidamento delle banchine permetterà di bandire le gare in tempi ragionevoli. Per l’allargamento dell’imboccatura del porto si partirà a fine giugno, per il dragaggio a settembre. Considerando che il fattore tempo sarà punto dirimente per l’assegnazione dei lavori siamo fiduciosi di concludere entro la primavera del 2015. In questo modo contiamo di innescare un circolo virtuoso: ospitando navi di nuova generazione, caratterizzate da

alti standard operativi e ambientali, potremo rimodulare le tasse portuali, rendere il nostro approdo più appetibile sul mercato. Una situazione che, con l’inaugurazione del Polo crocieristico, cercheremo di replicare anche nel settore turistico. Quali sono gli obiettivi in questo comparto? Salerno è partita da pochi anni ma ha fatto registrare da subito numeri importanti. Non è facile gestire una moderna unità da crociera in uno scalo piccolo come il nostro eppure anche per il 2014 segneremo un +15%, con una movimentazione di circa 200mila passeggeri. In attesa del Polo, con banchine e servizi dedicati, siamo frenati ma entro tre anni possiamo raggiungere le 500-600 mila presenze. Dalla nostra abbiamo una città che può offrire 4-5 siti d’interesse, da qui si possono raggiungere le principali eccellenze turistiche della regione. Il nostro compito principale consisterà comunque nel far sbarcare più crocieristi sulle banchine: con il tempo, anche grazie alla stretta collaborazione con gli enti territoriali, arriveranno le iniziative economiche trainate dal settore. La legge 84/94 ha compiuto vent’anni, come la giudica? E’ stata una normativa importante, in primo luogo perché ha cercato di ordinare in modo coerente il sistema. Non c’è dubbio che si poteva fare di più ma dal 1994 il sistema ha ripreso a essere competitivo a livello internazionale. I venti anni passati, però, con le lentezze che hanno caratterizzato l’iter per la sua modifica si sentono tutti e rischiano di affondarci. Per competere in un contesto globalizzato sarà necessario puntare innanzitutto sulla velocizzazione dei processi decisionali. Aspettare sette mesi per ottenere dei permessi, un tempo, tra l’altro, notevolmente inferiore rispetto alla media nazionale, dimostra solo che il sistema è inefficiente. Come cambiarlo? Il discorso è generalizzato e investe fattori molteplici. Parlo delle rigidità legate alla realizzazione dei Prp, alle durate delle concessioni ma anche alla


riforma delle operazioni doganali che devono assicurare controlli seri e veloci, allineandosi agli standard dei maggiori porti europei. Essenziale poi l’autonomia finanziaria delle Ap. Da lì sarà possibile avviare una selezione meritocratica

degli scali, punto di partenza di qualsiasi ipotesi di accorpamento dei centri dirigenziali. Fatta la distinzione tra porti capaci o meno di stare sul mercato allora si potrà anche pensare a un’unica Autorità portuale nazionale

che coordini l’attività di direttori locali. Un ente centrale, magari inserito in un ricostituendo ministero del Mare che punti alla valorizzazione della più grande risorsa del Paese. Giovanni Grande

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logistica / porto&diporto

The show must go on… ma fino a quando ?

Mentre 2 milioni di veneti chiedono l’indipendenza il ministro delle Infrastrutture Lupi in Laguna affronta le improrogabili richieste di porti, aeroporti, interporti, autostrade, ferrovie

“T

he show must go on”, proprio quando il Veneto, per via telematica con oltre 2 milioni di voti, chiede l’indipendenza dal Paese anche per le tante promesse dei tanti governi mai realizzate soprattutto in termini di infrastrutture per una regione chiave tra i nascenti mercati dell’Est europeo e il centro Europa. Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi arriva in Veneto per incontrare i massimi responsabili dei “motori del traffico” merci e passeggeri: da Vicenza a Padova da Venezia a Chioggia in un tour preelettorale targato NCD, il Nuovo Centro Destra di Alfano. All’Holiday Inn di Marghera l’importantissimo summit con porto, aeroporto e Venezia Terminal Passeggeri. Tre argomenti che scottano: il porto e il suo progetto offshore, l’aeroporto con il processo di acquisizione dello scalo veronese e la VTP con le crociere e la battaglia legale con i ricorsi al TAR per l’annullamento dell’ordinanza che vieta il passaggio per il bacino di San Marco a navi di oltre 96.000 tonnellate. La platea è affollata di simpatizzanti, iscritti al nuovo partito, di consiglieri regionali, di sindacalisti, di deputati di ogni schieramento, vecchie e nuove leve della politica nazionale, di lavoratori e, ovviamente, di giornalisti: tutti in attesa di apprendere dal ministro tempi di realizzazione delle opere, entità dei finanziamenti, ma, soprattutto di conoscere dall’alto esponente del Governo le linee guida per lo sviluppo economico, sociale ed occupazionale del comparto in un momento decisivo per una regione che vanta porto e aeroporto di primo livello, un’opera, il MOSE, che apre a nuovi scenari ma anche a nuove problematiche nella gestione della laguna di Venezia, regione che, nel suo insieme, rappresenta un nodo strategico intermodale d’eccellenza unico nel Paese. “Un’area complessa dell’alto Adria-

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Maurizio Lupi tico e del Sud Europa che esprime grandi potenzialità – come ha rilevato il presidente dell’Autorità Portuale Paolo Costa – riconosciuteci dall’Unione Europea, ma probabilmente non ancora dal nostro Paese”. Nella sola Marghera è disponibile un’area di oltre 2000 ha. in attesa di nuovi insediamenti quando, come è ormai a tutti noto, il ciclo produttivo degli anni 50 si è ormai esaurito ed è oggi disponibile un patrimonio infrastrutturale in grado di attrarre nuovi e importanti investimenti con insediamenti produttivi e metropolitani: si tratta di un’occasione unica che il Veneto tutto ed il Nord Est italiano non possono certamente perdere. Ed è proprio il porto di Venezia coi suoi 16.000 addetti (tra diretto ed indotto) e con le sue eccellenze che dovrebbe rappresentare lo “start up” di una nuova cultura economica, meno localistica e più europea. E’ questo uno dei maggiori ostacoli da superare per poter vincere una sfida che, insieme all’aeroporto col suo “quadrante” (area che potrebbe generare oltre 16.000 posti di

lavoro n.d.r.), potrebbe significare per tutto il Veneto e non solo quel salto di qualità da tutti auspicato. I progetti di Paolo Costa e quelli di Enrico Marchi, presidente di SAVE, società che gestisce il sistema aeroportuale veneto (n.d.r. negli ultimi 2 lustri lo sviluppo del Marco Polo di Tessera è quasi il doppio di quello della media italiana), rappresentano delle vere e proprie “rotte dell’internazionalizzazione” per una regione che vive di export e di turismo. Per fare un esempio, il porto offshore, se realizzato, potrà accogliere i full container di ultimissima generazione delle grandi compagnie di navigazione attivando così un’area portuale logistica attrezzata a Portomarghera, lo stesso punto franco, così come i nuovi voli intercontinentali con Cina e Giappone porteranno l’Estremo Oriente a Venezia. Dunque legittimamente si ragiona oramai a livello globale scontrandosi però con i problemi del quotidiano che


sono innanzi tutto di tipo culturale per qualche amministratore locale e per parte dei cittadini contrari prioritariamente a qualsiasi tipo di innovazione. Poi ci sono problemi di natura partitocratica e molti altri di natura economica. Ma è soprattutto una visione infima delle potenzialità dell’esistente che condanna Venezia e il Veneto entro i propri “confini”. In questo contesto Marchi chiede al ministro di assicurare maggiore accessibilità all’aeroporto anche via ferro e Costa chiede invece che con capacità, intelligenza e umiltà, si entri in un nuovo scenario dando al Veneto e alle sue strutture trasportistiche, produttive e di servizi, la possibilità di realizzare tutte quelle potenzialità già riconosciute dall’Europa. Per quanto riguarda il Terminal passeggeri poche parole e qualche numero dell’amministratore Roberto Perocchio al ministro scatenano un lungo e liberatorio applauso: “Signor Ministro,

non vogliamo essere il luogo delle occasioni sprecate. Abbiamo prodotto un miracolo di logistica e siamo il quinto porto capolinea del mondo mentre stiamo rischiando di essere spazzati via dalla mappa delle maggiori compagnie crocieristiche mondiali”. Ma qual è la “sintesi” e quali gli impegni del ministro a conclusione del convegno? Dopo una lunga premessa sul nuovo modo di far politica, “quella del fare”, del partito di Alfano “la politica deve dimostrare che ideali e valori debbono diventare fatti con l’assunzione di responsabilità di fronte al bene comune”, Lupi sintetizza: si usino i soldi effettivamente stanziati; si facciano scelte precise sulle priorità nella realizzazione delle infrastrutture; non si ragioni più a compartimenti stagni considerando porti, aeroporti, autostrade e ferrovie partite a se stanti e per ultimo ma non ultimo… bisogna puntare sulle reti materiali ed immateriali collegandole in

modo sistemico tra loro e ragionando sui “nodi” delle altre reti fondamentali; per le grandi navi 90 giorni per esaminare i progetti e poi dopo una riunione interministeriale con l’Ambiente, l’ardua, definitiva sentenza! Ottima sintesi signor Ministro perfettamente in linea con il suo prologo “La vera sfida di oggi è che non abbiamo più tempo”! La domanda che quell’affollata platea di lavoratori, molti dei quali probabili prossimi disoccupati avrebbero voluto porle è: “Ma al di là delle buone intenzioni qual è il piano strategico del suo ministero, fatto di tempi e numeri, per dare al Veneto, al suo porto e al suo aeroporto i ruoli che loro spettano nel Paese e che garanzie dare a quanti nella fase di riconversione di Porto Marghera non hanno oggi prospettive certe di nuova occupazione? “The show must go on “ …ma fino a quando? Massimo Bernardo

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logistica / porto&diporto

La grande sfida di Venezia nel ricco settore ro-pax I

l primo ro-ro attraccato al nuovissimo terminal dedicato all’intermodalità mare-gomma che sarà definitivamente operativo entro il 2015 realizzato in projet-financing con un investimento di 230 milioni (80% di fondi privati) dalla Venice Ro-Port MoS s.p.a., un pool di imprese (Mantovani, Thetis, Adria Infrastrutture, Nuova Fusina) oggi concessionario per i prossimi 40 anni, è stato l’Audacia, ro-pax della Anek Line in linea da Venezia con la Grecia. Una strana combinazione il nome della prima nave “Audacia” con l’audacia che ha visto dopo una costosissima bonifica (32.000 tonnellate di amianto per una spesa di 8 milioni) la realizzazione del terminal in un’area industriale dismessa, l’ex Alumix a Fusina: 2 darsene da 40.000 mq. ciascuna, 4 banchine da 1 km. e 250 ml., 250.000 mq. di piazzali, 4 binari ed edifici su 38 ha. con funzioni commerciali e logistiche operativi 24 h. Un’opera tecnologicamente all’avanguardia tra le più moderne d’Europa pensata e presentata sotto un’immensa tensostruttura alla stampa 10 anni or sono sotto la presidenza dell’Autorità Portuale di Giancarlo Zacchello, presenti allora tra gli altri i ministri Lunardi,

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Matteoli e l’allora presidente della Regione Giancarlo Galan. Nel frattempo i ro-ro con destinazione Venezia, recentemente estromessi dal bacino San Marco per il decreto Clini – Passera, sono stati trasferiti al Terminal Vecon ed oggi, finalmente, nel nuovo terminal di Fusina con grandi potenzialità di sviluppo di questo traffico. Un traffico che via via è però andato calando come quello degli hi-speed della Minoan Line che ha scelto Trieste così come altre compagnie turche che dal porto giuliano operano con linee regolari. Allora, per affrontare una complessa azione di recupero, c’è da chiederci come mai la realizzazione, la concessione e la gestione del terminal non siano state affidate o direttamente ad un pull di compagnie di navigazione di settore o alla Venezia Terminal Passeggeri che per anni e con indubbia esperienza lo ha egregiamente gestito nelle banchine di Marittima alle quali sono state così sottratte oltre 400 toccate l’anno dopo che si erano affrontati cospicui investimenti nella realizzazione di banchine e stazioni dedicate esclusivamente a questo traffico? C’è quindi da augurarsi che Venice Ro-Port MoS S.p.a. abbia almeno le

stesse capacità della VTP, ma, soprattutto, quella di riuscire a polarizzare l’interesse delle compagnie di navigazione che oggi hanno fatto rotta su Trieste o su Koper per evidenti motivi di competitività. Insomma, dalle buone intenzioni con cui è stata realizzata l’infrastruttura, cioè di porsi come nodo strategico per tutti i mercati europei ed extraeuropei per la sua posizione strategica all’incrocio dei 3 corridoi europei (ScandinavoMediterraneo, Mediterraneo e BalticoAdriatico), bisognerà ora passare ai fatti convincendo, conti alla mano, che il terminal veneziano grazie alla struttura del mondo imprenditoriale di case di spedizione, agenzie marittime, industriali e operatori in genere che stanno a monte, per l’elevata tecnologia e per le tariffe sarà tra i più sicuri e competitivi del Mediterraneo altrimenti – come qualcuno scherzosamente, ma non più di tanto, ipotizza in attesa delle decisioni del Governo per il transito delle “grandi navi” - all’ombra della grande centrale elettrica contigua al Terminal, visti i fondali a -12 e i lussuosi ed attrezzati servizi a terra, si potrebbe ormeggiare anche qualche altra nave, per esempio, da crociera! Massimo Bernardo


trasporti / porto&diporto

Trasporto marittimo campano trasparenza per piani tariffari A

bolizione delle agevolazioni per pendolari e residenti sulle rotte del Golfo di Napoli. E non solo. Sergio Vetrella, Assessore ai Trasporti della Regione Campania, illustra a PORTO&diporto il piano di riorganizzazione dei piani tariffari del trasporto marittimo. “Un’iniziativa – spiega l’assessore – che modifica in modo radicale il sistema vigente. Introduce criteri trasparenti nella determinazione dei prezzi e permette, ad un tempo, una razionalizzazione delle risorse e più qualità nel monitoraggio dei servizi”. Perché intervenire su questa materia? Le attuali tariffe del trasporto marittimo non seguono una logica lineare. Frutto di una evoluzione storica in cui sono confluite scelte di natura eterogenea producono spesso situazioni paradossali. In alcuni casi, ad esempio, rotte più brevi registrano costi maggiori. In mancanza di un collegamento univoco tra il prezzo e il parametro che lo avrebbe dovuto giustificare è nata così l’esigenza di mettere a punto un quadro di riferimento più trasparente. Abbiamo messo a punto una nuova metodologia di calcolo, basata sulla distanza percorsa, che determinerà nel tempo il massimo livello di uniformità dei prezzi. L’obiettivo è eliminare le distorsioni e valutare i costi dei biglietti in base alle miglia percorse. Quali saranno le principali novità? La salvaguardia del bilancio familiare è al centro della nostra impostazione. In quest’ottica abbiamo individuato una scala di priorità discendente che prevede abbonamenti annuali, mensili, carnet e biglietto singolo. Con l’eliminazione delle categorie pendolari e residenti il ticket ordinario, uguale per tutti, sarà offerto a un prezzo leggermente diminuito rispetto ad oggi: il risparmio sarà invece più consistente per gli abbonamenti. Una nuova impalcatura che permetterà, tra l’altro, un’ottimizzazione

Sergio Vetrella dei costi aggiuntivi legati ai controlli. Sulle banchine, dover verificare tra differenti tipologie di biglietti, è tra i motivi di maggior criticità a livello operativo. Non teme la reazioni degli abitanti delle isole? Per i residenti è stata pensata una soluzione ad hoc. Partendo dal presupposto che l’aumento sulla singola corsa non incide più di tanto sul bilancio, saranno predisposti carnet da 10 biglietti ad un costo complessivo pressoché equivalente a quello attuale. Venendo incontro alle esigenze dei cittadini isolani otterremo un ulteriore vantaggio in termini di semplificazione. Saremo in grado, anche grazie alla prossima introduzione del biglietto elettronico, di valutare meglio i ricavi sulla singola rotta e, in generale, di monitorare la qualità del servizio. Quando partirà il piano? Entro la fine di giugno lanceremo gli avvisi per le manifestazione di interesse, tra luglio e settembre i bandi di gara. A meno di intoppi amministrativi, il sistema dovrebbe essere a regime prima dell’estate 2015. E per l’introduzione del biglietto elettronico?

Dopo un anno e mezzo di sperimentazione si è arrivati alla definizione di uno standard per l’uso di tessere multifunzione. Dispositivi adatti per tutti i mezzi di trasporto e per servizi “accessori” quali parcheggi, car-sharing e bike-sharing. Prima dell’affidamento tramite gara avvieremo in autunno i test sulla modalità ferro – gomma. In particolare, sono stati già ordinati 22 autobus con funzione check in, check out per la misurazione dei percorsi effettivi dei singoli utenti. L’obiettivo finale, per tutto il trasporto pubblico, è il biglietto chilometrico. Metrò del Mare, una storia chiusa? Le vicende del passato hanno dimostrato che non è redditizio. E la Regione non può finanziare con risorse pubbliche un servizio turistico. Detto questo l’assessorato ha mantenuto la massima apertura ad un discorso che veda la partecipazione di tutti i soggetti in campo. Gli enti pubblici beneficiari non possono restare alla finestra: è necessario l’attivazione dell’intera filiera, anche quella privata. A queste condizioni non ci tireremo indietro, faremo la nostra. Quale idea si è fatto sulla situazione del porto di Napoli? La priorità assoluta è uscire dalla lunga fase commissariale. Con tutto il rispetto per le professionalità messe in campo la risorsa più grande della Campania non può essere governata in questo modo: ha bisogno di stabilità. Se lo scalo è un’azienda, e questo discorso vale in generale per la conduzione della cosa pubblica, va gestito di conseguenza. Nel porto di Napoli c’è bisogno di managerialità, di modulare in modo coerente le risorse messe a disposizione. Non ha senso immaginare di costruire una piramide in dieci giorni quando non si possiedono le competenze necessarie per affrontare un’impresa del genere. Giovanni Grande

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formazione / porto&diporto

La formazione marittima E’ possibile una svolta?

L’

attuale situazione della formazione marittima nel nostro Paese è direttamente correlata alla possibilità di offrire nuovi spazi di occupazione a bordo per i nostri ufficiali elevandone gli standard di qualità e di professionalità,in modo tale da renderli competitivi sul mercato internazionale. Non solo, l’armamento italiano, ed europeo in genere, necessita e necessiterà sempre più di operatori di alto livello, competenti sul piano tecnico professionale specifico, con una formazione manageriale e con alti profili di responsabilità etica. Le regole stringenti della Convenzione STCW Manila 2010 e le prescrizioni dell’EMSA ci impongono un deciso salto in avanti nella piena attuazione di quanto prescritto dagli organismi internazionali, in primo luogo dall’IMO, cercando di riposizionarci all’avanguardia della professionalità in questo importantissimo settore della nostra economia. Oggi noi abbiamo una valida rete di Istituti Tecnici per i trasporti e la logi-

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stica (ex nautici) con molti di essi che hanno adottato l’opzione marittima (dalla quale usciranno gli Allievi ufficiali di macchina e di coperta) e che si stanno certificando in qualità ISO 9001, secondo le prescrizioni dell’EMSA, per poter inserire e certificare, nell’ambito dei percorsi di studio parte delle competenze definite dall’STCW, in relazione alle sezioni A 1/II e A1/III , riferite agli Ufficiali di navigazione e di macchina. Questo è un buon risultato, ma è assente in Italia, a differenza degli altri Paesi europei, un sistema di formazione “riconosciuto e certificato”che accompagni gli Allievi Ufficiali, anche attraverso un training di 12 mesi di addestramento a bordo alla “tenuta della guardia” fino al conseguimento del titolo professionale di Ufficiale. Oggi, tale percorso è, in larga parte, del tutto individuale: ricerca, sempre più difficile, degli imbarchi; conseguimento a proprie spese delle certificazioni obbligatorie, perfezionamento nella lingua inglese, spesso assai carente all’uscita della scuola secondaria superiore, le-

zioni private per presentarsi all’esame di abilitazione professionale, con cadute sempre più ampie allo stesso, con punte, in alcuni casi, di bocciature che sfiorano il 90%. Questo non avviene nei restanti Paesi dell’Unione Europea, dove, al termine della scuola secondaria superiore la formazione professionale, con incluso l’imbarco di 12 mesi, avviene all’interno di triennali universitari marittimi o di Accademie marittime, sempre con percorsi triennali. Tale formazione non traguarda soltanto le competenze di tipo A1/II e A1/III , bensì anche quelle di tipo manageriale, connesse alle competenze del primo ufficiale, A2/II e A2/III. Le regole IMO e dell’EMSA, prevedono anche una formazione on the Job, senza passare da istituzioni di formazione marittima preposte, ma il periodo di imbarco, prima di sostenere l’esame professionale, viene fissato a 36 mesi anziché a 12, con almeno sei mesi di addestramento alla tenuta della guardia, a differenza di quanto si applica in Italia.


Dal 2011 esistono in Italia due Istituti tecnici superiori per la mobilità sostenibile, nell’ambito del trasporto marittimo, a Genova “Accademia Italiana della Marina Mercantile” (in realtà già operante con diversa configurazione giuridica dal 2005) e il “Caboto” di Gaeta. Tali istituti, operano nella fascia terziaria dell’istruzione, equivalente a quella universitaria) con percorsi biennali conformi per programmi ai Model Courses dell’IMO, compresi i 12 mesi di addestramento a bordo, che portano al conseguimento di uno specifico titolo di Istruzione Tecnica Superiore (rilasciato dal Ministero dell’Istruzione), preliminare all’esame professionale. Tali istituti formano, insieme, complessivamente, circa 300 allievi all’anno, di tutta Italia, senza oneri per gli Allievi, in quanto i finanziamenti sono pubblici (Miur, Regioni Fondo Nazionale Marittimi) e il placamento alla fine dei percorsi si aggira intorno al 97/98 %. Tali percorsi, però, benché facenti parte dell’ordinamento di studi della Repubblica Italiana, non hanno alcuna validità per il Ministero dei trasporti, in quanto non sono inseriti tra i titoli di istruzione validi per le carriere marittime! Non solo, il decreto relativo ai titoli marittimi è completamente superato, in quanto contempla corsi di studi che non esistono più (es. gli istituti nautici, sostituiti dagli istituti per i trasporti e la logistica e gli istituti professionali marittimi che sono cessati).

A ciò si è aggiunta la recente prescrizione dell’EMSA relativa alla formazione manageriale (preliminare all’esame professionale di primo ufficiale) per provvedere alla quale è uscito il recente decreto che istituisce corsi obbligatori per ufficiali di macchina e coperta, già in servizio, da svolgersi presso centri autorizzati. Appare urgente ridare una strategia complessiva e al passo coi tempi all’istruzione e formazione marittima in Italia che non può prescindere da un completo adeguamento alle normative dell’EMSA e alle convenzioni internazionali, secondo uno schema, assai semplice: 1- Allievo Ufficiale – In uscita da Istituti tecnici trasporti e logistica (opzione marittima) e dai corsi di allineamento (per studenti con altro diploma) 2- Ufficiale (con formazione manageriale) – in uscita da ITS a sviluppo triennale o da triennali universitari marittimi, con competenze certificabili in ordine alla STCW, tutte le certificazioni prescritte (Basic Training Radar Radar Arpa, Gmdss, Ecdis e imbarco di addestramento di 12 mesi 3- Percorso di formazione on the job per allievi in uscita dagli ITTL o corsi di allineamento 36 mesi di imbarco di cui sei in addestramento alla guardia. Ci vogliono tanti sedi formative? No. In Francia hanno 3 Università marittime all’interno delle quali sviluppano i triennali per la formazione degli ufficiali, in Gran Bretagna 2 Accademie, negli altri

Paesi europei il livello è questo, con una concentrazione di risorse, un alto livello tecnologico ed un risparmio sostanziale. Altro tema, diverso, ma connesso, riguarda il costo degli Allievi Ufficiali, in termini contrattuali che li pone fuori mercato in Italia e all’estero. Basta ridurre il costo? Non credo risolverebbe il problema, sarebbe una continua e perdente rincorsa al ribasso. Una proposta: introdurre un salario leggero (formazione – lavoro ) per gli Allievi a fronte di percorsi formativi, come gli ITS, senza oneri per gli Allievi, né per la frequenza, né per i materiali didattici, né per il conseguimento delle certificazioni, né per la residenzialità, con una elevata formazione e un placement altissimo, in quanto l’accesso ai corsi è a numero chiuso e con bando pubblico per l’accesso. Lo scambio sarebbe equo e produttivo: la Repubblica investe sulla formazione degli Allievi per avviarli concretamente al lavoro, le Compagnie avrebbero un costo accettabile nell’imbarcare un Allievo in formazione da addestrare a bordo, l’Allievo riceverebbe molti benefici a fronte di un salario più basso in funzione dell’elevato investimento finanziario e formativo che si attua a suo vantaggio e del transito al lavoro. Eugenio Massolo Presidente Accademia Italiana Marina Mercantile

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formazione / porto&diporto

Una formazione di eccellenza con la psicologia positiva N

ormalmente nell’ambito di percorsi formativi si parla sempre d’intervenire sui punti di debolezza per colmare il gap. Vediamola un po’ al contrario: partiamo dai punti di forza, lavoriamo su quelli, individuiamoli per metterli in pratica in ogni contesto e ambito. Partiamo dall’idea che ciascuno di noi ha dei valori fondamentali che guidano il nostro operato cioè quegli aspetti che ci viene facile mettere in atto perché li sentiamo nostri, ci viene facile innestarli e metterli in pratica perché sono le nostre qualità caratterizzanti (Martin Seligman ha individuato 24 qualità caratterizzanti). Abbiamo provato ad inserire nei nostri corsi di formazione (benché estremamente tecnici: ECDIS e Cartografia Elettronica) il concetto delle qualità caratterizzanti. Nei nostri corsisti, in particolare quelli meno giovani, abbiamo notato che la maggior parte di loro segue nel momento formativo e nella vita di tutti i giorni una formula che è stata insegnata loro in modo più o meno sottile dalla scuola che hanno frequentato, dall’azienda in cui lavorano, dai loro genitori o dalla società in generale. Questa sorta di equazione afferma: se lavori sodo, otterrai il successo e, una volta ottenuto il successo, allora, e solo allora, sarai felice. Tale convinzione spiega ciò che li motiva maggiormente. Pensano: Se riesco a far bene l’esercizio, sarò felice. Se riesco a far bene all’esame, sarò felice. E così via: prima il successo e poi la felicità. C’è solo un

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problema: questa formula è errata perché è alla rovescia. Oltre dieci anni di ricerche innovative nei campi della psicologia positiva e delle neuroscienze hanno dimostrato senza ombra di dubbio che il legame tra successo e felicità funziona all’inverso rispetto a quanto finora sostenuto. Grazie a questi due rami della scienza all’avanguardia, ora sappiamo che la felicità è il precursore del successo, non meramente una sua conseguenza, e che la felicità e l’ottimismo possono concretamente alimentare le performance e i risultati quotidiani, fornendoci quella sorta di impulso competitivo che è chiamato il “vantaggio della felicità”. Curiosità, amore per l’apprendimento, intelligenza sociale, sono alcune delle qualità caratterizzanti. Abbiamo cercato di far leva su queste e di far in modo che vengano messe sempre in pratica, specialmente nelle cose che ci piace fare di meno o che ci riescono meno bene. Abbiamo cercato di lavorare sui nostri discenti aumentando in loro la solidità e la resilienza. Ogni qualvolta facciamo emergere una loro abilità, qualunque essa sia, abbiamo notato in loro un’esplosione di positività. Ancora più appagante dello sfruttare un’abilità, tuttavia, è la messa in pratica di un proprio punto di forza o “qualità caratterizzanti”, un tratto della personalità profondamente radicato in ciò che si è. Cerchiamo di convincerli di avere un’arma in più per vincere le sfide che sono conseguenti ad una rivoluzione

professionale quale l’utilizzo della cartografia elettronica (ECDIS). Abbiamo cercato di far passare il messaggio che non bisogna credere di aver la necessità di imparare, ma capire che si può imparare. Nelle nostre lezioni abbiamo tolto il tradizionale layaut d’aula a ferro di cavallo disponendolo ad isole, gruppi o comunque sempre diverso anche più volte durante una lezione e utilizziamo tre diverse aule a rotazione, anche breve, in modo da costringere i discenti ad una sorta di esercizio anche fisico. Probabilmente avete sentito da qualche parte che l’esercizio fisico innesca la produzione di sostanze chimiche chiamate endorfine che inducono la sensazione di piacere; tuttavia questo non è il suo unico beneficio. L’attività fisica può dare una carica all’umore e potenziare le performance professionali anche in tantissimi altri modi, aumentando la motivazione e il senso di padronanza di un determinato compito, riducendo lo stress e l’ansia e aiutandoci a entrare nel vivo di una lezione – quella sensazione di impegno e dedizione totale che solitamente proviamo quando siamo al massimo della nostra produttività. E’ stato ed è uno sforzo notevole dare un indirizzo di questo genere a corsi tecnici quindi già di per se caratterizzati da un certo rigore ma vi posso assicurare che ne vale la pena. Manuel Tavilla


Salvage

Tug ANACAPRI

BHP

4400

Salvage

Tug PUNTA ALICE

BHP

2205

Salvage

Tug ARMANDO DE DOMENICO

BHP

5300

Salvage

Tug PUNTA CAMPANELLA

BHP

3750

Salvage

Tug GALESUS

BHP

3750

Salvage

Tug PUNTA RONDINELLA

BHP

2205

Salvage

Tug GUARRACINO

BHP

4400

Salvage

Tug PUNTA SCUTOLO

BHP

3750

Salvage

Tug MAGNA GRECIA

BHP

5300

salvage

Tug SAN BENIGNO

BHP

2205

Salvage

Tug MARECHIARO

BHP

4400

Salvage

Tug SAN CATALDO

BHP

3090

Salvage

Tug MASTINO

BHP

3090

Salvage

Tug SANT’ELMO

BHP

3750

Salvage

Tug MONTE FAITO

BHP

1910

Salvage

Tug TARENTUM

BHP

2205

Salvage Escort Tug CHERADI BHP Salvage Escort Tug DRITTO BHP Salvage Escort Tug CSM22 BHP Salvage Escort Tug CSM25 BHP Salvage Tug VESUVIO BHP Pontone VERVECE L 91,4M - B 27,4 - D 6.1 Psv GARGANO BHP Psv PORTOSALVO BHP SV AKER 09CD N.B. AKER N° 728 (2010-8880-4850

5550 5550 5550 5550 2205 5450 6310

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formazione / porto&diporto

Q&S: Salerno eccellenza nel settore “certificazioni”

P

artirà a settembre il programma di formazione per lavoratori marittimi “trainig on ship” di Quality & Security Srl. L’ente di certificazione, nato a Salerno nel 2001, dopo aver ottenuto importanti successi nel core business delle imbarcazioni da diporto, ha intrapreso da tempo un piano di diversificazione dei servizi. “Un impegno importante, anche in termini d’investimento – spiega il vulcanico Antonio Guida, presidente di Q&S – che punta anche alla valorizzazione del territorio. Il nostro sogno è trasformare Salerno in polo di eccellenza, punto di riferimento per il Meridione in questo delicato settore e non solo”. Come si caratterizzerà la vostra offerta? Oltre ad una struttura a terra per complessivi 200 metri quadri metteremo a disposizione, unici in Italia, due unità adattate a nave-scuola. Fin dall’inizio potremo contare sul rimorchiatore da 30 metri Possente, corredato di simulatori di navigazione e delle attrezzature necessarie per i corsi professionali STCW 78/95 e Yacht Master. La vera novità consisterà nell’addestramento pratico degli equipaggi per la sicurezza e la salvaguardia della vita umana. Tra le esercitazione previste la cosiddetta “nave sbandata”, modalità non prevista dai programmi ufficiali, per verificare la capacità di reazione del personale imbarcato in condizioni critiche. Ampio spazio sarà rivolto anche ai corsi puramente tecnici tra i quali rilievi non distruttivi, liquidi penetranti e termografie. A chi si rivolgono i corsi? L’obiettivo è formare e specializzare, attraverso docenti come ingegneri navali, comandanti di lungo corso e direttori di macchina, chi ha frequentato gli Istituti nautici e il personale marittimo imbarcato su unità marittime mercantili e da diporto. C’è la possibilità poi dei corsi di “allineamento” da 500 ore per chi, già diplomato o laureato, ha scoperto tardi la sua vocazione per il mare. Verso quali altre attività guarda il piano di diversificazione di Q&S? Abbiamo acquisito e modificato un sottomarino ROV in grado di operare fino a 200 metri di profondità. Un’attrezzatura che ci permetterà, tra l’altro, di operare nei settori ricerca e recupe-

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ro di relitti, prelievo sedimenti e campionature, monitoraggio fondali e posa cavi. Per tutte le missioni garantiamo un’unità appoggio in grado di ospitare con il massimo comfort fino ad 8 persone. Poi c’è il brevetto messo a punto per la semplificazione delle procedure di rilevamento dei gas di scarico CO2. Di cosa si tratta? Ad oggi, con un’operazione molto costosa, le verifiche sono effettuate smontando i motori e appoggiandoli sui banchi di prova. Insieme all’Università di Napoli e con il CNR, Q&S ha messo a punto un sistema che rende più semplice questo meccanismo riducendo le operazioni di routine e di conseguenza i costi per gli utenti. Un aspetto fondamentale del nostro lavoro, al di là delle operazioni di certificazione, è infatti la ricerca di soluzioni tecnologiche capaci di aumentare la sicurezza, di ridurre gli sprechi di energia e risorse e di limitare le emissioni. Qual è la situazione del vostro core business? Il nostro ente nasce come ente di certificazione specializzato in unità da diporto comprese tra 2,5 e 24 metri e in una manciata di anni ha fatto passi da gigante, affermandosi anche all’estero

come una delle realtà più importanti del paese, dove è presente con 30 agenzie. Gli anni della crisi hanno di fatto azzerato il comparto favorendo la spinta naturale verso l’offerta di nuovi servizi. Ma ha contribuito a questa situazione anche una legislazione che ha affrontato spesso i problemi della nautica senza una reale conoscenza di questo mondo. L’attuale distinzione tra natanti e unità da diporto, con il limite che è passato da 7,5 a 10 metri, crea, per esempio, una zona grigia che favorisce ambiguità e crea sacche di insicurezza. Così come i diversi riconoscimenti professionali richiesti a seconda della classificazione dei mezzi usati per il trasporto passeggeri potrebbe innescare una concorrenza selvaggia. Su quest’ultimo punto, in particolare, una soluzione ci sarebbe e non sarebbe neanche di difficile attuazione. Qual è? Il rilascio di un titolo unificato per tutte le unità fino a 24 metri che tenga conto sia del possesso della patente nautica sia, elemento imprescindibile, dell’esperienza maturata a livello formativo e professionale. Giovanni Grande


ricerche / porto&diporto

Verso navi più ecologiche: importanti le prove in vasca C

on risoluzione MEPC.203(62), l’IMO ha adottato nel luglio 2011 una serie di emendamenti all’annesso VI della Convenzione Marpol che hanno da subito avuto notevoli ripercussioni nella progettazione e nella gestione delle navi. Per limitare le emissioni di CO2 nell’atmosfera, a partire da gennaio 2013 si richiede alle navi nuove una maggiore efficienza energetica, misurata mediante l’introduzione di un indicatore chiamato EEDI (Energy Efficiency Design Index). L’EEDI è un indice che rappresenta, per ogni singola nave, la quantità di CO2 emessa per tonnellata di merce trasportata e per miglio marino percorso ed è direttamente proporzionale al consumo di combustibile. Per ogni nave andrà calcolato un indice A (Attained) che dovrà essere minore di un indice massimo prescritto R (Required), dipendente dal tipo di nave e dalla sua portata lorda, pena la mancata emissione dei certificati e quindi l’impossibilità a navigare. Il calcolo dell’indice A è decisamente complesso ed entra in merito alla potenza utilizzata dal motore principale e dagli ausiliari durante la navigazione, al tipo di combustibile bruciato, ad altri parametri legati alla gestione della potenza utilizzata a bordo ed a sistemi eventualmente presenti per il recupero dell’energia di bordo. L’indice viene determinato dagli Enti di Classifica in via preliminare durante la costruzione della nave e, successivamente, in via definitiva dopo prove in mare. Sulla base di quanto calcolato l’Autorità di bandiera emette il International Energy Efficiency Certificate. A tal fine gli Enti di Classifica devono venire in possesso di tutta una serie di certificati del motore principale, degli ausiliari e di documentazione tecnica tra cui i bilanci elettrici e le prove in vasca della nave, diventate a questo punto obbligatorie per ogni nave ed opportunamente normate. Mediante procedure abbastanza complesse, con i risultati delle prove in vasca e con i dati raccolti durante le prove in mare, generalmente condotte in condizioni ben diverse da quelle per cui è stata progettata la nave, è possibile calcolare la potenza richiesta alla velocità ed al dislocamento di progetto, tenendo in conto anche gli effetti di

Alberto Moroso vento e mare formato. Nonostante il continuo miglioramento della fluidodinamica numerica, gli esperimenti in vasca sono, e lo rimarranno ancora per molto tempo, il metodo in assoluto più affidabile per il calcolo della potenza propulsiva delle navi. Attraverso le prove in vasca è inoltre possibile ottimizzare la carena e studiare approfonditamente l’interazione tra carena, elica ed appendici, uno dei parametri di maggior peso sull’efficienza propulsiva. Tanto per dare un esempio, un’elica correttamente studiata sulla carena consente una riduzione della potenza propulsiva, e quindi di emissioni di CO2, anche dell’ordine del 10%. Per una completa conoscenza del comportamento della nave è impor-

tante che dette prove siano effettuate non solo nelle condizioni necessarie al calcolo dell’EEDI, ma è opportuno che si inizi a considerare questo momento sperimentale come l’occasione per conoscere le prestazioni della nave a vari dislocamenti, anche in sovraccarico, ed a vari assetti, sia appoppati che appruati, in modo da coprire il più possibile quelle che saranno le reali condizioni in cui si troverà a navigare la nave. Durante la sua vita operativa, in dipendenza del carico trasportato, la nave potrà navigare in condizioni a volte anche significativamente distanti dalle condizioni di progetto o anche subire riduzioni di bordo libero con conseguenti aumenti del dislocamento di pieno carico, per cui, il conoscere in anticipo il comportamento in differenti condizioni, consentirebbe di distribuire il carico e minimizzare la zavorra a bordo in modo tale da far navigare la nave sempre nelle migliori condizioni possibili. La spesa per questi approfondimenti sperimentali sarebbe comunque estremamente contenuta rispetto al costo totale della nave e l’utilizzo corretto di questi dati consentirebbe un notevole risparmio, immediatamente tangibile, in termini di consumi e di emissioni nell’ambiente. Ing. Alberto Moroso Presidente ATENA Sezione Napoli – Sud Italia

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ricerche / porto&diporto

Life Cycle Assessment che cosa è e come nasce

Uno strumento decisionale per supportare l’armatore attento alla compatibilità ambientale ed energetica delle proprie scelte

I

l Life Cycle Assessment (L.C.A.) è una metodologia che coinvolge diverse tecniche con lo scopo di valutare alcuni aspetti – prevalentemente ambientali – di un processo, di un prodotto o di un servizio considerando tutti gli stadi del suo ciclo di vita (dalle origini e fino al riciclo o allo smaltimento). Il L.C.A., conosciuto anche come Lyfe cycle analysis (analisi del ciclo di vita); approccio al ciclo di vita; valutazione “dalla culla alla tomba”; bilancio ambientale, ha alcuni antenati storici: si cominciò con il calcolo dell’energia totale usata nella produzione di differenti contenitori di bibite (1972 Ian Boustead -UK); nel periodo 1970 al 1975 fu in-

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Giuseppe Balzano

trodotto in USA il RESA ‘Resource and Environmental Profile Analys” (analisi del profilo ambientale e delle risorse). Fra il 1975 ed il 1980 il focus si spostò dal problema energetico (crisi petrolifera) all’accumulo di rifiuti solidi domestici/urbani. L’ISO (Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione) ha emesso nel 2006 uno standard (14040) contenente riferimenti e i principi per il L.C.A. Da li apprendiamo che una metodologia corretta per affrontare un L.C.A. deve essere articolata secondo step progressivi: Obiettivi e scopi; Analisi/inventario; valutazione di impatto; interpretazione. A cosa serve – vantaggi / svantag-


gi. La metodologia consente di tracciare la storia ‘ambientale’ di un prodotto, di valutare le conseguenze di un suo uso, confrontandolo con diverse alternative, fornendo al decision-maker uno strumento di supporto decisionale per la selezione di un processo o di un prodotto da adottare. Ne conseguono da ciò impieghi di secondo ordine in termini di pianificazione della strategia ambientale, dello sviluppo di un prodotto, del marketing, di supporto al processo legislativo, di Eco-labelling / E.P.D. (Eco Product Development), ecc. L’adozione sistematica del LCA comporta diversi vantaggi: consente una valutazione di tipo olistica in grado di inquadrare tutti i processi all’interno di un sistema delimitato; è uno strumento di supporto nel confronto fra soluzioni differenti; consente la quantizzazione delle emissioni ambientali e la classificazione degli impatti ambientali; è utile per lo sviluppo delle strategie e dei prodotti (ecodesign), può fornire notevoli risorse per tecniche addizionali quali: la valutazione di impatto ambientale, la valutazione di politiche ambientali, le valutazioni di rischio e quelle dei costi globali del ciclo di vita. Di contro presenta alcuni svantaggi: può essere molto costosa in

termini economici e di tempo assorbito; i confini del sistema di analisi possono essere soggettivo; la disponibilità e l’acquisizione dei dati può essere difficoltosa; può fornire risultati molto incerti o errati se i dati adoperati sono inesatti. Quesiti e auspici Il LCA ha mostrato di possedere una notevole dose di appeal ed è legittimo aspettarsi in un prossimo futuro una sua progressiva introduzione obbligatoria, in sede progettuale e non solo. E allora si pongono alcuni quesiti di fondo: in termini filosofico-sociologico un’adozione rigorosa dell’LCA dovrebbe rappresentare un freno al consumismo ed al progresso tecnologico? Come è possibile effettuare una valutazione LCA. comparativa per raffrontare i rapporti globali costi/benefici in ambiti difficilmente incomparabili? Un esempio: confrontare l’impatto ambientale globale negativo dei sistemi introdotti dalle normative per il trattamento delle acque di zavorra rispetto al beneficio perseguito di eliminare l’invasione dei microorganismi. Ancora: quanto è preciso e completo il percorso adoperato nei calcoli di LCA? In generale vi è una sottostima degli impatti ambientali ‘indiretti’ quali ad esempio quelli legati alla gestione, alla conduzione, alla manutenzione, ecc. Infine: su chi deve ricadere l’onere di una scelta ambientalmente più virtuosa me economicamente penalizzante? In sede di produzione normativa sa-

rebbe i n g e nerale auspicabile che laddove si decide sull’introduzione di soluzioni e dispositivi (tecnologici ma non solo), nel valutarne il beneficio sia rispetto alla situazione esistente, sia rispetto alle alternative possibili, oltre alla valutazione di impatto economico/sociale, si valuti il rapporto Costo/ Benefici, anche in termini di LCA. Un calcolo comparativo in termini di LCA andrebbe regolarmente adoperato come supporto decisionale nelle scelte di natura progettuale: sia per nuove installazioni, sia nelle operazioni di retro-fitting. In termini politici poi, una amministrazione veramente ambientalista dovrebbe introdurre dispositivi incentivanti/premiali (e non impositivi/obbligatori) per favorire la sensibilità ambientalista ed energetica nelle scelte e negli investimenti. Una nota generale: il dibattito oggi in corso nel settore del trasporto marittimo sulle opzioni per la riduzione delle emissioni gassose (scrubber, L.N.G., propulsione ibrida, cold-ironing, ecc.) come quello relativo al contenimento dei consumi (efficienza idrodinamica, uso di fonti rinnovabili, recupero dei residui energetici, ecc.) andrebbero più attentamente valutati in ottica LCA per evitare indirizzi impropri dettati da interessi economici o da mode tecnico/ culturali. Giuseppe Balzano Amministratore Delegato Cons.a.r.

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ricerche/ porto&diporto

Nasce il nuovo osservatorio Srm-maritimeconomy.com S

RM ha inaugurato il nuovo portale scientifico denominato Osservatorio permanente sui Trasporti Marittimi e la Logistica, www.srm-maritimeconomy.com che è sicuramente da visitare per aspetti grafici e contenuti; si tratta di un progetto di ricerca che consolida una materia di cui ci occupiamo ormai da tempo e che seguiamo in tutti i risvolti della sua complessa filiera; dai porti allo shipping, dagli interporti al sistema ferroviario, dai terminal alle imprese intermodali. Il portale ha varie sezioni tutte molto interessanti e cogliamo l’opportunità che ci dà PORTO&diporto per presentare uno dei prodotti di ricerca di punta che SRM elabora: l’Annual Report, presentato tra l’altro a Napoli lo scorso 13 giugno presso la sede del Banco di Napoli. Il Rapporto Annuale è strutturato in due sezioni. La prima a carattere congiunturale con i capitoli di analisi che trattano e approfondiscono i dati più recenti e gli accadimenti dell’ultimo anno, seppur osservati nel loro trend e nelle loro varie sfaccettature, integrando, come è nello stile di ricerca di SRM, le informazioni con il sentiment degli opinion leader. La seconda parte reca invece monografie su argomenti più specifici su cui il gruppo di lavoro della ricerca ha ritenuto di soffermarsi in modo incisivo. Il primo capitolo offre il quadro aggiornato delle caratteristiche del comparto nello scenario mondiale ed europeo, ed inoltre il dettaglio delle peculiarità e del valore del settore nel contesto economico e territoriale italiano con specifico riferimento ad alcuni aspetti distintivi del comparto: es. la flotta, i volumi movimentati, le rotte ed i traffici portuali, con i più significativi numeri inerenti l’impatto economico del settore. Di fatto si analizza il contesto in cui ci stiamo muovendo. Nel secondo capitolo il Rapporto mostra invece gli aspetti relativi alle strategie del trasporto marittimo considerando come benchmark aree/paesi esteri; è stata quindi realizzata un’analisi del contesto competitivo

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Massimo Deandreis nel quale si colloca il sistema portuale italiano, in relazione ai grandi scali del Nord Europa, dell’Europa mediterranea e ai mercati del Nord Africa e dell’East Med. Con riferimento alla movimentazione container, il Northern Range continua a mantenere un ruolo forte nonostante si sia assistito ad una riduzione della sua quota (dal 46% del 2008 al 43% del 2013), a fronte di una significativa crescita dei porti mediterranei (dal 35% al 39%) grazie allo sviluppo degli scali dell’East Med e alla realizzazione di nuove strutture nei paesi nordafricani; stabile si mostra la quota di mercato dei porti del Mediterraneo occidentale. L’indagine compiuta in questo capitolo ha messo in chiaro le differenze strutturali dei nostri scali ma ha comunque consentito di enucleare ulteriori aspetti che rappresentano per gli altri sistemi portuali esaminati importanti fattori di competitività. Il terzo capitolo, di natura più statistica, analizza le relazioni commerciali via mare tra il nostro Paese ed il resto del mondo; tra le diverse modalità di trasporto disponibili, infatti, quella marittima è una delle più rilevanti. Cina e Stati Uniti sono i due partner principali a livello mondiale; mentre nell’ambito dell’UE 28 prevalgono Spagna e Francia che assorbono oltre il 40% dei flussi marittimi dell’Italia verso l’area.

Interessante è l’analisi dell’export marittimo a livello regionale che mostra il “tasso di dipendenza” delle nostre regioni dal trasporto marittimo specie per quanto riguarda il sostegno all’internazionalizzazione dei sistemi produttivi territoriali. Osservando i soli flussi di export, a livello regionale, è stato, inoltre, possibile vedere come il commercio di alcuni territori “dipenda” significativamente dal trasporto via mare con valori che superano il 40% per la Campania e il 50% per la Liguria (media Italia 27,7%). Il capitolo quarto focalizza l’attenzione su quattro casi studio inerenti realtà di rilievo internazionale legate, pur se in modo diverso, al settore del trasporto marittimo. Ciò al fine di definire le strategie dei grandi operatori e di individuare il ruolo che il trasporto via mare occupa nell’economia italiana, con uno sguardo alle prospettive di sviluppo in chiave europea e mediterranea. Tutti gli operatori intervistati hanno interessi significativi in aspetti più vari della filiera logistica e nel territorio meridionale, attuali e prospettici (Grimaldi, Contship, Maersk), o ne rappresentano competitor di maggiore caratura (Tanger Med). Il quinto capitolo ha l’obiettivo di individuare gli aspetti strutturali, le caratteristiche imprenditoriali, le performance economiche finanziarie e patrimoniali delle imprese del settore dello shipping, nonché di fare alcune considerazioni sulle evoluzioni future tenendo ben presente gli effetti e le reazioni che la crisi ha sviluppato nel sistema imprenditoriale dell’Italia. Per far ciò è stata effettuata un analisi dei bilanci di un panel di imprese, prendendo in considerazione alcuni indicatori finanziari. La seconda parte del Rapporto, monografica, per quest’anno ha individuato due macro-temi ritenuti di attualità e di interesse strategico per l’economia: 1) il fenomeno del “gigantismo” e delle nuove alleanze nel settore container; 2) lo sviluppo dello Short Sea Shipping nel Mediterraneo. Lo sviluppo del gigantismo navale


sta portando alla definizione di nuovi assetti portuali e commerciali a livello internazionale, il crescente ruolo delle alleanze (tra tutte la paventata COSCO-China Shipping, P3 network, G6, CKYHE) sulle principali rotte è la risposta da parte delle compagnie marittime alle esigenze della domanda in termini di riduzione dei prezzi e maggior ca-

Massimo Deandreis pillarità del servizio ma questo porterà “giocoforza” alla marginalità delle infrastrutture portuali che non saranno pronte a cogliere questi giganteschi carrier e che non hanno spazi a disposizione per stoccare (e magari lavorare) i container. Lo Short Sea Shipping è un comparto che vede l’Italia leader assoluto in Europa nel Bacino del Mar Mediterraneo e del Mar Nero, davanti a Spagna e Grecia che pur hanno puntato in modo significativo sullo sviluppo del settore. Le capacità del nostro sistema armatoriale e la nostra flotta molto orientata verso questo tipo di navigazione hanno consolidato questa posizione. Il Mezzogiorno con i suoi porti fornisce inoltre un contributo importante rappresentando oltre il 70% delle Autostrade del Mare italiane. È questo un comparto su cui possiamo e dobbiamo puntare per assicurare al nostro Paese un ruolo sempre più importante nel Bacino MED. I nuovi mercati e le economie nordafricane rappresentano sempre di più un’opportunità da cogliere per le nostre imprese ed un sistema Short Sea forte al loro servizio può contribuire alla crescita ed allo sviluppo di relazioni internazionali sempre maggiori. Con questa ricerca, SRM vuole mettere un tassello nell’articolato mosaico che la contraddistingue, con l’ambizione di diventare nel tempo uno dei riferimenti scientifici e di analisi del comparto.

Un’ultima riflessione; alcune stime mostrano che i traffici container da/per l’Europa dovrebbero complessivamente crescere ad un tasso medio annuo del 5-7% circa nel 2020 (rispetto al 2009); il Mediterraneo e il Sud Europa dovrebbero segnare incrementi dei traffici container dell’ordine del 3,5-5,5% in media all’anno; crescita dunque, seppur non forte ma che indirettamente vuol rappresentare un segnale d’allarme per il nostro Paese che non deve perdere quote di mercato. A queste stime sono da aggiungere le risultanze di una simulazione che SRM ha effettuato nelle sue ricerche: se l’Italia riuscisse ad acquisire una quota di mercato del traffico container pari al 3% (sul totale dei container movimentati dai porti europei) e ad attivare processi di logistica

attiva di queste merci, il fatturato delle nostre imprese potrebbe aumentare di oltre 3,2 miliardi di euro. Il nostro Paese è ormai davanti a scelte da compiere e specie nell’ambito del trasporto marittimo si trova ad un bivio. Una strada che vede l’Italia assumere il ruolo di “mero osservatore” dei fenomeni logistici che stanno avvenendo e delle opportunità da cogliere, un Paese che non riesce ad essere protagonista appieno in Europa rispetto alle sue potenzialità. Un’altra strada, non priva di difficoltà e di dossi, che vede il nostro Paese, con il Mezzogiorno protagonista, pienamente cosciente di cosa può rappresentare il dotarsi di un’armatura logistica forte e integrata. SRM Studi e Ricerche per il Mezzogiorno

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ricerche / porto&diporto

LNG, Wartsila investe sullo Short Sea Shipping

Con l’esperienza di oltre mille motori alimentati a LNG venduti in tutto il mondo, punterà allo sviluppo del ro-ro nel Mediterraneo.

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nnovazione tecnologica e nuovi carburanti al centro delle quattro sessioni del Green Ship Summit 2014 nell’ambito del Forum Port & Shipping Tech di Napoli (26-27 giugno). Protagonista assoluto il GNL (gas naturale liquefatto) tra le alternative più accreditate alla luce della prossima entrata in vigore delle norme Imo in tema di emissioni. Ne parlerà anche Giulio Tirelli, Director Portfolio and Applications di Wartsila che animerà la quarta sessione dedicata alla presentazione delle soluzione tecnologiche per il green shipping e all’esame delle risorse finanziarie e degli incentivi necessari per affrontare gli interventi in retrofit e i nuovi investimenti navali ad alto contenuto innovativo. “Il mio intervento – spiega Tirelli – guarderà al settore ro-ro, ro-pax e traghetti e alle possibili applicazioni per la flotta italiana dell’esperienza internazionale maturata nella propulsione LNG”. Perché analizzerà la modalità Short Sea Shipping? Il modello di trading fisso e in tempi stretti, con trasporti di passeggeri e merci che richiedono da uno a pochi giorni di navigazione, è ideale per le applicazioni a LNG. Infatti, la stabilità delle rotte percorse permette di fissare un numero preciso di porti per il rifor-

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nimento, rendendo reale l’applicabilità economica. Inoltre, il raggio d’azione limitato, spesso in prossimità dei centri abitati, rende l’uso di questo carburante la soluzione migliore rispetto ai problemi di natura ambientale. Le unità operanti nello Short Sea Shipping, infine, utilizzano solitamente combustibili diesel dalle proprietà relativamente elevate e dai costi alti. LNG può dunque risultare un’alternativa attraente nel caso il suo prezzo raggiunga livelli competitivi. Caratteristiche che rendono più facile una comparazione? Analizzerò differenti scenari internazionali dove l’uso dell’LNG è già realtà. Un piccolo traghetto che opera nelle acque canadesi è pur sempre diverso dall’unità che opera nel Mar Baltico con 2.800 passeggeri a bordo. Nella mia relazione cercherò di dare un’idea della situazione attuale cercando di rapportarla alle rotte coperte dagli operatori italiani. Quali sono i Paesi all’avanguardia nell’uso di questo carburante? Le applicazioni con motori Dual-Fuel sono una realtà accettata nei più svariati paesi del mondo: dalla Norvegia alla Cina, dalla Danimarca al Canada agli Stati Uniti. I sistemi Wärtsilä sono operativi dal 2003, ormai più di 10 anni!

E la situazione italiana? Svariate attività e studi con partner italiani hanno portato ad indicazioni incoraggianti. Il gap è grande ma non incolmabile per un Paese come l’Italia dove l’utilizzo del gas naturale è una realtà odierna e comunemente accettata. Relativamente al settore SSS le criticità maggiori riguarderanno soprattutto l’età avanzata dei mezzi impiegati e la morsa della crisi economica che ha bloccato di fatto qualsiasi piano di rinnovamento dei mezzi. E per il settore crociere e portacontainer? I principi di funzionamento della propulsione LNG sono, in linea di massima, gli stessi. Le differenze nell’applicazione saranno dovute principalmente alle differenti logiche economiche che governano l’operatività dei vari tipi di navi in questione. Come si colloca Wärtsilä in questo mercato? Occupa senz’altro una posizione di leadership. Con più di 1.000 motori venduti e circa 10 milioni di ore operative accumulate, Wärtsilä è l’unica società che vanta applicazioni ad LNG attualmente attive in numerosi paesi del mondo. Giovanni Grande


nautica / porto&diporto

Ucina, la grande scommessa dagli obiettivi… ai risultati “D

alla fine del 2008 ad oggi l’economia internazionale, ed in particolare quella italiana, ha vissuto una crisi epocale, che ha modificato in modo radicale ed irreversibile il nostro modo di pensare e di lavorare. La crisi economica è stata durissima e, nel tempo, è diventata crisi di fiducia, crisi di identità, e senza troppo drammatizzare, oserei dire crisi di esistenza stessa del settore nautico in Italia”. Così il neoleletto presidente di UCINA Massimo Perotti al Satec di Santa Margherita Ligure, nell’annuale assemblea dell’Associazione, inizia il suo “percorso presidenziale” in un’Associazione spaccata al suo interno con vere a proprie “fughe” tra i suoi associati più prestigiosi che rischiano di mettere in forse la vita della stessa Associazione oltre che il prossimo Salone Nautico Internazionale di Genova poco attraente e forse anche competitivo rispetto a quello di Cannes. “L’Associazione – continua Perotti dovrà sempre più esercitare un ruolo di accompagnamento sulla strada della ripresa e per farlo dovrà essere, ancora una volta, da un lato un’Associazione forte, autorevole e coesa, dall’altro dovrà essere in grado di individuare un percorso ragionevole e concreto, indicando lo sviluppo praticabile alla luce della situazione esistente”. Ecco allora quali saranno le linee di azione del Programma Perotti/UCINA in 8 punti: dal fare sistema alle relazioni istituzionali, all’internazionalizzazione,

al credito, ai prodotti e servizi al cliente, alla piccola nautica e cultura del mare e, infine, alla NewCo. “Saloni Nautici”. Per quanto riguarda la rappresentatività di UCINA bisogna allargare la base associativa coinvolgendo la filiera espandendo la categoria degli Affiliati grazie all’esplorazione di nuove aree di attività affini alla nautica; scoraggiare attività territoriali parallele e concorrenti e infine attribuire deleghe agli Associati perché costituiscano il raccordo dell’Associazione con il territorio. Qui, a nostro avviso, il primo grossolano errore quando ci si vuole identificare come l’unica rappresentanza della realtà produttiva nazionale ma, ancora peggio, quello di scoraggiare le attività territoriali parallele e concorrenti. Concorrenti in che cosa? Una visione quanto meno “miope” che non agevolerà sicuramente il rilancio del mercato domestico e della nautica cosiddetta sociale vero elemento propulsore per centinaia di cantieri del Paese ma soprattutto per il rilancio del turismo nautico e la crescita del settore mentre nel Paese, con porti ancora semivuoti, sono in corso di realizzazione altri 20.000 posti barca. All’attento osservatore non possono sfuggire alcune pesanti contraddizioni o i passati percorsi che hanno portato al quasi naufragio del comparto. Dalla lettura del programma è evidente come la gestione Perotti sia imperniata sulla continuità “genovacentrica” di quanto fatto dal suo predecessore non tenendo conto però della mutata

situazione di quanto sta avvenendo in questi ultimi mesi sia all’interno di UCINA che fuori dai suoi “cancelli” nel resto del Paese per le iniziative di altre organizzazioni/enti istituzionali che operano per il rilancio del settore. In realtà ci si aspettava un programma innovativo, aperto al dialogo con tutti gli attori del comparto anche non targati UCINA quando, come si legge nel programma del Presidente…”per vincere ci vogliono i numeri perché è l’unione che la forza”. E invece no, proprio quando alcuni dei più prestigiosi brand dell’industria nautica italiana chiudono con l’Associazione, altri ne ipotizzano l’uscita, altri ancora si mettono in vendita in cerca di acquirenti, si continua con l’autocelebrazione del passato e con terapie di difficile attuazione. Mah, …staremo a vedere se i tanti buoni propositi si trasformeranno in altrettante vittorie. Il nostro più sincero e caloroso augurio al Presidente Perotti, ma, senza nulla togliere al legittimo entusiasmo di chi ha l’onore e l’onere di essere il vertice di UCINA, una proposta: Presidente, veda, se mai fosse possibile, di ribaltare di 180° la “piramide”, stavolta iniziando dai problemi della base, iniziando a scomporre con pari dignità il mondo della produzione da quello dei servizi, cioè da quei tanti cantieri e porti che, per necessità o per scelta, hanno abbandonato la “Superba” per altri siti più accessibili per tutti. Massimo Bernardo

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diritto / porto&diporto

Luci ed ombre giuridiche su Maritime Labour Convention Q

uando qualche giorno fa il direttore di questa rivista mi ha chiesto di scrivere un articolo in materia di lavoro marittimo, lasciandomi ampia discrezione sulla scelta dell’argomento, non ho dovuto pensarci tanto risolvendomi in pochi istanti a dedicare il mio scritto alla Convenzione Oil n. 186 sul lavoro marittimo adottata a Ginevra il 23 febbraio 2006, comunemente definita Maritime Labour Convention o, ancora più brevemente, MLC 2006. Un argomento senza dubbio attuale, di vasto interesse tra gli addetti ai lavori e che presenta moltissime sfaccettature tecnico giuridiche alle quali fare riferimento per sviluppare un discorso, a volte positivo e in altri casi negativo, sulle quali dissertare doviziosamente. Mi sono quindi messo

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al lavoro ma devo confessare che man mano che andavo avanti venivo assalito dal dubbio di stare male impiegando il mio tempo in quanto, mentre scrivevo di tutte le ambizioni della convenzione tese ad assicurare un trattamento dignitoso dei lavoratori, mi tornavano alla mente tutte le contraddizioni delle norme attualmente vigenti in Italia. Contraddizioni che nascono per esempio dall’interpretazione del concetto di lavoro a tempo indeterminato, che nel settore “terrestre” è chiaramente definibile ma in quello del lavoro nautico viene spesso distorto ed abusato. Un lavoratore marittimo, tranne che non svolga la propria attività su imbarcazioni di linea a tratta breve ovvero su mezzi adibiti a servizi portuali, è costretto a trascorrere a bordo, in servizio e in riposo, tutte le 24 ore che compongono una

giornata e tutti i giorni della settimana, anche se festivi; potrà scendere a terra (chi sa quanto lontano da casa) soltanto quando la nave sarà ferma in porto e solo al termine di un predeterminato periodo di ingaggio potrà riunirsi agli affetti familiari per godere di un meritato e doveroso periodo di riposo che gli consenta di recuperare l’idoneo stato psicofisico per poi riprendere la via del mare. Ciò significa che non si può supporre che un lavoratore marittimo resti ininterrottamente a bordo per un intero anno. Le parti sociali, alcuni anni fa, tentarono di risolvere il problema giuridico contrattuale di un rapporto di lavoro marittimo a tempo indeterminato creando e regolamentando i meccanismi della tutt’ora vigente “continuità del rapporto di lavoro” che prevedono, in estrema sintesi, che i riposi e le ferie maturati durante l’imbarco siano retribuiti durante il periodo di godimento a terra fissando i termini entro i quali il lavoratore


deve essere richiamato a bordo. Questo sistema, sostanzialmente corretto, non è mai stato gradito dalla gente di mare in quanto, differendo nel tempo quelle retribuzioni normalmente percepite allo sbarco, non consente di godere del trattamento di disoccupazione erogato dall’Inps (quando il periodo a terra non risulta già “ammortizzato” da indennità economiche di malattia). Inoltre, in un periodo di calante vocazione alla vita di mare, il marittimo - non vincolato da lacciuoli contrattuali - può facilmente rimettersi sul mercato spuntando trattamenti economici più favorevoli. Comunque questo scarso gradimento della C.R.L. è stato oggetto di indagine da parte dei sindacati dei lavoratori che, dissolti gli iniziali sospetti di condizionamento da parte degli armatori, hanno ritenuto di trasformare lo strumento in un “premio di fidelizzazione” in favore dei marittimi più a lungo “affezionati” allo stesso armatore.

Ma se, in conclusione, lo strumento che garantisce la continuità di occupazione e retribuzione c’è, se a quelli che lo rifiutano viene riconosciuto allo sbarco il pagamento immediato di tutti i riposi e ferie maturati ed è prevista una concreta aspettativa di reimpiego mediante l’iscrizione in un “turno particolare”, perché mai i giudici di merito continuano a confondersi emettendo sentenze che condannano gli armatori a pagare (per la seconda volta!) i periodi a terra tra un imbarco e l’altro? E non oso pensare come le modifiche normative al contratto a tempo determinato, recentemente introdotte dall’attuale Governo, possano essere interpretate nei confronti dei rapporti di lavoro nautico. Sui banchi di scuola mi avevano insegnato che la legge ordinaria non modifica quella speciale e mi avevano anche assicurato che il Codice della Navigazione è una legge speciale. Perché mai allora il legislatore, quando interviene in materia di lavoro, non si pone il problema dei lavoratori marittimi e in che modo possa correttamente essere a loro applicato il progetto che vuole realizzare? Eppure questo settore, anche se in crisi da tempo, rappresenta una nicchia di notevole interesse sia sotto il profilo economico che

dell’occupazione, almeno di quella potenziale visto il crescente stimolo degli armatori alla formazione di allievi nautici potenzialmente destinati a costituire il futuro stato maggiore delle nostre navi. Ma, inevitabilmente, si finisce nel dimenticatoio. A tal proposito ricordo che qualche giorno fa leggevo su una qualificata rivista di diritto dei trasporti un interessante articolo, a firma Serena Giovidelli, che dibatteva sulla reale natura del contratto di comandata, che storicamente non ha nulla a che vedere con quello di imbarco. L’autrice evidenziava come tali rapporti di lavoro fossero ormai relegati in un “limbo giuridico”, lasciando alla giurisprudenza il compito di trovarne una specifica collocazione e delinearne i difficili contorni. Pur concordando con tali contenuti, devo confessare che la mia indole, notoriamente assai più pragmatica, si ribella a che le regole – che dovrebbero essere sottoscritte dai contraenti nel rispetto delle norme vigenti – siano invece stabilite dalle sentenze. I Giudici devono applicare la legge, non interpretarla! Ed è per questo che concludo le mie dissertazioni evidenziando che sarebbe stato più opportuno anteporre una rivisitazione organica del povero buon Codice della Navigazione e delle leggi in materia di lavoro alla ratifica della convenzione MLC 2006. La circostanza che ciò non sia avvenuto non deve seppellire questa sempre più pressante esigenza di riordino della materia, dove l’interpretazione che ne viene data contrasta sempre più con le esigenze produttive ed organizzative di questa peculiare prestazione lavorativa. Giuseppe Coccia

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mostre / porto&diporto

Per i mari del mondo

Uomini e navi della Flotta Lauro (1923-1982)

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ell’ambito della Naples Shipping Week verrà presentata la mostra dal titolo “Per i mari del mondo: uomini e navi della Flotta Lauro (1923-1982)”. Si tratta del primo risultato di un lavoro di ricerca avviato nel 2010 quando un gruppo di amici e professionisti della cultura, della scienza e della tecnica legata alle attività marinare - Massimo Maresca, Antonio Mussari, Biagio Passaro, Claudio Pensa, Raffaella Salvemini, Antonio Troiano, Admeto Verde - nonché soci della Fondazione Thetys-Museo del Mare di Napoli, dell’Associazione Amici del Museo del Mare e dell’Associazione di Studi Ricerche e Documentazione sulla Marineria della Penisola Sorrentina, decisero che era giunto il momento di rompere il silenzio sulle vicende della Flotta Lauro. Il progetto era dedicato al “ramo mare” della Flotta Lauro per cui decidemmo di tralasciare i tanti interessi e coinvolgimenti del Comandante nel mondo del cinema, del calcio, della politica, delle costruzioni. Molto si è scritto e si continua a scrivere circa il suo ruolo di protagonista nelle vicende politiche del dopoguerra, del mito e del folklore attorno al personaggio da lui interpretato. Poco si conosce della Flotta Lauro: un’azienda attiva per quasi 60 anni (1923-1982), di cui non c’è traccia nelle ricostruzioni storiche dell’economia italiana. Eppure è arrivata ad armare oltre cinquanta navi, con migliaia di dipendenti, centinaia di miliardi di fatturato, in pratica l’unica grande impresa privata meridionale di dimensioni mondiali; se oggi il mondo delle imprese marittime

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napoletane è alla testa dell’armamento nazionale e compete con successo a livello internazionale, il merito è anche di tanti operatori marittimi che, a partire dagli anni Venti e fino agli anni Ottanta, hanno fatto le loro prime esperienze nella Flotta Lauro. Ma il vento è cambiato e senza alcun revisionismo storico è stato pubblicato il libro di Tobia Costagliola, “La flotta che visse due volte” un ricco e straordinario racconto delle vicende di Achille Lauro armatore, che verrà presentato nell’ambito della Naples Shipping Week. Il lavoro svolto ha preso in esame le navi ma anche il capitale umano, fattore indispensabile nel successo della Flotta. Nel gruppo di vertice c’erano gli uomini più vicini alla proprietà come Raffaele Cafiero, Gaetano Fiorentino, Umberto Manfellotto, Paolo Diamante. C’erano poi altri uomini come Antonio Limoncelli, Giovanni Gatti, Pippo Dufour, competenti nella gestione ma più defilati rispetto ai vertici. Nelle retrovie c’erano i figli e i nipoti “di“, che riscuotevano attenzione da parte del Comandante Lauro e una premura non di rado maggiore di quella riservata ai suoi stessi figli, Gioacchino e Ercole. In questi anni abbiamo incontrato tanti di questi uomini compresi quelli presenti nei ruoli di alcune navi della Flotta recuperati nella Capitaneria di Napoli. Abbiamo chiacchierato con Giovanni Cafiero, “l’uomo vestito di bianco”, che c’invitò a pranzo nella sua splendida casa di via Orazio. Con Antonio Parlato, presidente dell’IPSEMA (ex Cassa marittima) che, nonostante fosse già gravemente malato, ci ricevette

nel suo studio. Con il cavaliere Antonio Bellantonio, a Meta, che aveva un modello dell’Achille Lauro. Con l’ingegner Bruno Pelli, che aveva acquistato all’asta del 1984 i grandi modelli del transatlantico Roma e della petroliera Coraggio. Abbiamo provato a contattare la Fincantieri per Castellammare per recuperare le foto delle navi lì costruite. E poi ci sono le interviste, moltissime in costiera sorrentina (Antonio Fiorentino, Gino e Mario Cafiero, Gaetano Alfaro, Firmino Castellano, Francesco Saverio Rocco, Francesco Menna, Mario Maresca, Giovanni Guida, Francesco Aiello etc.) ma anche a Napoli e a Procida, dove ci siamo intrattenuti con Umberto Masucci, Andrea Mastellone, Paolo Manfellotto, Michele Vezzuto, Gennaro Vacca, Salvatore Scotto di Santillo, Pasquale Sabia e tanti altri. Noi “amici del mare” eravamo tutti consapevoli della difficoltà a realizzare un tale progetto e siamo ancora convinti che non basteranno i pannelli di una mostra a rappresentare una storia così importante per la marineria italiana del Novecento… ma come capitani coraggiosi abbiamo provato a cogliere la sfida e a navigare in un mare tempestoso. Curatori della mostra Fondazione Thetys - Museo del Mare di Napoli Associazione Amici del Museo del Mare Associazione di Studi Ricerche e Documentazione sulla Marineria della Penisola Sorrentina


ristorazione / porto&diporto

Dolce&Salato per conoscere i segreti della grande cucina

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ai cuochi ho imparato a cucinare, dal pubblico a mangiare», così si presenta Giuseppe Daddio, amministratore della scuola di cucina Dolce&Salato di Maddaloni, fondata con il socio Aniello Di Caprio, esperto di pasticceria. L’arte della cucina e della pasticceria si affacciano verso nuovi orizzonti e così lavoro e passione si fondono creando una vera e propria scuola. Ecco che nasce Dolce&Salato, da anni una consolidata scuola di formazione sia per cuochi e pasticceri che operano già nei rispettivi settori, sia per neofiti giovani e meno giovani desiderosi di entrare a far parte del mondo della gastronomia in genere.

I fondatori di questa impresa sono due giovani professionisti che ancora oggi, a distanza di anni, mostrano le loro capacità di creatori ed innovatori, tenendo alto e vivo l’interesse di coloro che desiderano aggiornarsi e migliorare nel proprio settore di appartenenza. La nascita di questa attività di servizi è avvenuta ben quindici anni fa per merito proprio di Giuseppe Daddio e Aniello Di Caprio con l’obiettivo di rendere fruibile una materia affascinante e gelosamente custodita da quei pochi nomi celebri che la Dolce&Salato si pregia di ospitare come docenti di grido e che in queste occasioni danno il meglio di se ad una platea di professionisti desiderosi di migliorarsi nel proprio settore

ed offrire al proprio cliente, sempre più esigente, nuove ed inedite proposte culinarie. Tra l’altro la Scuola si propone di infondere tra i suoi discenti, entusiasmo, anima e passione per questa professione, con una filosofia ben precisa: esaltare i valori della buona cucina e della pregiata pasticceria per sentirsi sicuri e soddisfatti del proprio lavoro. «Negli anni abbiamo visto tanti ragazzi impegnarsi e trovare poi lavoro nelle strutture in cui grazie alla Scuola sono stati collocati - spiega Daddio - Vedere giovani che con successo si sono formati da noi e poi hanno continuato ad aggiornarsi e a migliorare le proprie capacità è per noi motivo di soddisfa-

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zione che ci spinge a continuare su questa strada. Con profonda umiltà e a giusta ragione ritengo che se la formazione in questo settore è fatta bene l’opportunità di lavoro è assicurata. Ce lo dimostrano giorno dopo giorno tutti coloro i quali ci scelgono per formarsi e aggiornarsi». La scuola organizza corsi di diversa struttura, ciascuna dedicata ad un target differente. Ci sono corsi di perfezionamento ed aggiornamento rivolti a cuochi professionisti, pasticceri professionisti, pizzaioli, ristoratori, panettieri,

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conduttori di gastronomie e produttori artigianali di paste fresche di uso comune e per celiaci. Poi non mancano corsi di base e specialistici per neofiti con rilascio di attestato e qualifica regionale e per gli amanti dei fornelli ed infine i corsi amatoriali. «C’è sempre maggiore attenzione verso il segmento del food - prosegue Daddio - perché le persone sono interessate a conoscere sì la ricetta di un determinato piatto ma anche le modalità di preparazione e le materie prime. Il

pubblico cerca la qualità oltre ad inseguire il trend del momento». Per informazioni e per essere sempre aggiornati sui corsi e le novità in programma basta collegarsi al sito www.dolcesalatoscuola.com. Da settembre al via i corsi di cucina, pasticceria e per pizzaioli (percorso di qualifica) oltre ai corsi amatoriali e a quelli monografici di cui già ci sono i dettagli e le modalità di partecipazione sul sito web della Scuola. Emanuela Sorrentino


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