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Tariffa R.O.C. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) - art. 1, comma 1, DCB Napoli - ANNO X - N. 12 - dicembre 2014 - Costo singola copia € 2,50

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Merry Christmas 2014

sommario / porto&diporto

IN ESCLUSIVA

Interviste a: Annamaria Carloni, Franco Nicola Cupolo, Massimo Deiana, Vincenzo De Marco, Giacomo Di Patrizi, Giancarlo Laguzzi, Ettore Morace, Giudo Nicolini, Cristina Parodi, Michele Pons, Guido Porta, Marco Terranova, Sergio Vetrella, --------Interventi di: Giuseppe Coccia, Piero Lazzeri, Andrea Mastellone, Salvatore Scotto di Santillo Anno X - N°12 - dicembre 2014 Direttore responsabile Antonio De Cesare Direttore editoriale Maurizio De Cesare Hanno collaborato a questo numero: Cosimo Brudetti - Giuseppe Coccia Ferruccio Fabrizio - Giovanni Grande Piero Lazzeri - Andrea Mastellone Italo Merciati - Sandro Minardo Andrea Moizo - Riccardo Russo Salvatore Scotto di Santillo Carolina Sinnopoli - Franco Tanel Annalisa Tirrito Amministrazione e abbonamenti Paola Martino amministrazione@portoediporto.it abbonamenti@portoediporto.it Costo abbonamento Italia € 30, estero € 90 esclusivamente con versamento su CCP n. 81627671 - AM editori srl Via Diaz, 54 - 80055 Portici (Napoli) Pubblicità e marketing marketing@portoediporto.it Listini e specifiche tecniche www.portoediporto.it Progetto e realizzazione grafica AM editori srl Stampa Morconia Print Morcone (BN) Il magazine Porto&diporto è proprietà di AM editori srl info@ameditori.it redazione@portoediporto.it www.portoediporto.it Autorizzazione Tribunale di Napoli n. 17 del 15 febbraio 2006 Periodico associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana E’vietata la riproduzione totale e/o parziale di testi, fotografie e di qualsiasi altro contenuto o allegato. Tutti i diritti sono riservati.

ARMAMENTO 4 - Tonnage tax e bandiera, normativa nella bufera SHIPPING 6 - Salvare le crociere a Venezia una crepa nel muro del “no” 8 - UIRNet partecipa allo sviluppo del porto di Ravenna 8 - La tecnologia UIRNet a servizio di EXPO 2015 10 - Tecnologia d’avanguardia per le ricerche marine 11 - RINA Services certifica la greca Technomar Ship. 12 - La corsa al gigantismo rottamerà i porti obsoleti 13 - Presentata la 2^ edizione della Genoa Shipping Week SARDEGNA 14 - Il porto di Cagliari recupera e rilancia 16 - AP Nord Sardegna investimenti per 50 mln di € 18 - Necessarie le nomine AP per le strategie di sviluppo 20 - Per gli spedizionieri sardi decisivo il porto di Cagliari 22 - Tirrenia a due anni dalla privatizzazione 24 - La politica delle alleanze, opportunità di crescita 26 - Riforma delle AP senza penalizzare i territori 28 - Tpl, il nodo dei trasporti regionali della Sardegna 28 - Nautica ed ambiente risorse da preservare 29 - Porto Torres e Olbia, no all’accorpamento FEDESPEDI 30 - Burocrazia nell’importazione costa all’Italia 6,4 mld di euro ISTITUTO ITALIANO DI NAVIGAZIONE 32 - I Marinai Oceanografici e le ricerche

marine 33 - Iniziative per la sicurezza nel comparto marittimo FERROVIA 34 - Trazione e manovra la formula del successo di FuoriMuro 38 - Impedire il progresso non crea posti di lavoro 42 - Cargo ferroviario escluso da Commissione logistica 46 - La ferrovia deve recuperare il gap infrastrutturale 50 - Oceanogate Italia, solo investimenti mirati TPL CAMPANIA 52 - Campania, liberalizzazione di tutti i servizi di Tpl 54 - Centro di Guida Sicura per la sicurezza stradale 56 - TIC, la struttura tariffaria dell’Acam per la Campania FISCO 57 - Certificazione Unica, novità per i sostituti d’imposta AZIENDE 58 - Alla base dello sviluppo è il dialogo tra imprese 59 - Competizione e formazione per crescere insieme INFRASTRUTTURE 60 - Stati Generali dei porti per un confronto costruttivo 62 - Rigassificatori, alternativa alla dipendenza dei gasdotti 63 - Livorno, i fondali saranno dragati in trenta giorni NAUTICA 66 - Seatec: il meglio delle aziende per il settore nautico italiano 68 - Debutto per l’Arcadia 85 nella versione americana MOSTRE 70 - Vacanze romane a Cinecittà


armamento / porto&diporto

Tonnage tax e bandiera normativa nella bufera

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on sono giorni facili per l’armamento italiano. Oltre ad una crisi economica generale ancora in atto e alle difficoltà particolari del sistema Italia, in questo finale di 2014 sono emerse anche problematiche operative che rischiano di rendere la vita dura agli armatori che vogliano continuare ad investire nel nostro Paese. Il caso mediaticamente più interessante è stato quello di Italia Marittima e della supermulta da 60 milioni di euro comminatale dopo un’ispezione della Guardia di Finanza. Il fulcro delle attenzioni delle Fiamme Gialle – è il motivo che ha suscitato l’attenzione di tutto il cluster armatoriale – è stata un’interpretazione singolare ed inedita del regime fiscale della tonnage tax adottato da Italia Marittima (come da molte altre compagnie italiane). Seconda la Guardia di Finanza,

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infatti, l’applicazione da parte della compagnia triestina del regime forfettario introdotto nel 2007 sarebbe stata errata. “Le considerazioni su cui si basano le contestazioni mosse dalla Guardia di Finanza sono duplici. Da un lato viene affermata la necessità di applicare il regime fiscale ordinario ai canoni di locazione delle navi prese a noleggio che operano prevalentemente in acque territoriali, anche se per le stesse è stata esercitata l’opzione per la tonnage tax. Dall’altro, nella determinazione del luogo di utilizzo prevalente delle navi, si considerano territoriali sia le acque nazionali che quelle extra territoriali” ha spiegato la fiscalista Maria Gemma Ceccarelli dello Studio Casani&Associati. Il caso ha suscitato un gran trambusto, perché, qualora prendesse campo, l’orientamento della GdF inaugurato nei confronti di Italia Marittima (che ha già

del resto fatto sapere di esser pronta a spostare altrove la sede qualora fosse condannata in via definitiva al pagamento) “indurrebbe – ha aggiunto Ceccarelli - molte compagnie di shipping ad abbandonare l’Italia”. Tanto che a stretto giro di posta è stato approvato dalla Commissione Bilancio della Camera un emendamento alla Legge di Stabilità in discussione in queste settimane – a firma di Mauro Guerra, su suggerimento del deputato triestino Ettore Rosato (entrambi PD) – con cui si chiarisce che le acque internazionali non possono essere considerate territoriali. Ma al di là dell’incertezza dell’iter parlamentare, resta il fatto che la retroattività di una tale previsione nel caso di Italia Marittima è tutta da dimostrare. Altro tema molto dibattuto negli ultimi giorni e connesso al precedente è stato quello della bandiera. È infatti emerso che nelle ultime settimane una decina


di navi della flotta Augustea ha cambiato bandiera, ammainando il tricolore e issando quella maltese. Le ragioni non sono state rese note, ma è un dato di fatto che, come lo stesso gruppo armatoriale riporta pubblicamente sul proprio sito web, dieci bulk carrier negli ultimi tempi siano passate da Augustea Atlantica Spa a Augustea Med Ltd, cambiando anche vessillo. Si tratta nello specifico delle sette Panamax bulk carrier Cape, Riruccia, Ribbon, Salvatore Cafiero, Pan Uno, Pina Cafiero e Federica Prima e delle tre unità Post-Panamax ribattezzate Piera, Maria Laura Prem e Paola. Tutte le navi della flotta, dunque, fatta eccezione per la nave Pole, cui presto spetterà presumibilmente la stessa sorte. L’intera flotta di proprietà di Augustea Atlantica era iscritta nel Registro Internazionale istituito con la legge 30/98 e batteva quindi bandiera italiana, mentre dal 2008 la società partenopea ha applicato la tonnage tax. Non essendo stati rilasciati commenti sull’operazione di trasferimento, si può solo ipotizzare che si tratti di una riorganizzazione dettata da motivazioni di carattere eco-

nomico e operativo. Secondo diversi esperti del settore, infatti, nonostante la convenienza fiscale della tonnage tax italiana rispetto al regime ordinario, registrare una nave a Malta comporterebbe risparmi annui quantificabili in almeno 100 mila dollari per ragioni gestionali (costi minori per la sicurezza, per il personale navigante, per questioni amministrative, ecc.). Ma non è solo questo il motivo. “La bandiera maltese consente notevoli risparmi, ma, soprattutto, è molto più flessibile da un punto di vista burocratico, ad esempio nell’imbarco di guardie armate. Il decreto che regola la materia per le navi italiane non previde fra le aree interessate il West Africa, perché allora non era zona a rischio. Il risultato è che oggi gli armatori italiani che operano sulla costa occidentale dell’Africa o rischiano o utilizzano sulle proprie navi bandiere diverse da quella italiana, che consentano di proteggere equipaggi e asset” ha infatti spiegato Claudio Bacichetti, consigliere d’amministrazione della veneziana Motia di Navigazione, che ha appena spostato sotto bandiera maltese le chemical and oil products tanker Azahar (35.900 dwt, costruita

nel 2003), Peonia (29.000 dwt, 2005), Giacinta (50.500, 2010), cui a gennaio si aggiungerà Alice (37.300, 2007). Bacicchetti ha anche ammesso “che ulteriori risparmi sono permessi dalla bandiera maltese “grazie alle diverse possibilità riguardo la formazione degli equipaggi”. In chiave nazionale il problema non è solo occupazionale, ma anche fiscale, perché, come per Augustea, nel caso di Motia le navi hanno cambiato anche proprietà, passando a quattro single purpose vehicle di diritto olandese, “così da applicare – ha concluso Baccichetti – la tonnage tax olandese. La tonnage tax italiana non consente l’utilizzo di bandiere diverse da quella italiana. Ma ciò viola le norme comunitarie, tanto che il nostro paese è già stato sanzionato sulla materia. Eppure ancora non si è posto rimedio. Insomma, siamo italiani e non vogliamo scappare, ma siamo anche imprenditori e dobbiamo competere sul mercato internazionale: la normativa italiana in ambito marittimo è obsoleta e ormai non consente di farlo in modo efficace” Andrea Moizo

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shipping / porto&diporto

Salvare le crociere a Venezia una crepa nel muro del “no” Vincente la strategia della Federazione Agenti Marittimi tesa a costruire un sistema di alleanze in primis con Confcommercio e Confetra, finalizzato a rafforzare il ruolo della categoria

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randi navi da crociera nella laguna di Venezia. Il muro del no diventato nei mesi quasi monolitico e oggetto di prese di posizione estese dagli originari comitati del no a veri e propri movimenti di opinione, per la prima volta ha una crepa. L’ha generata il patto a tre fra Confcommercio, Federagenti e Assoporti che ha messo a nudo l’inconsistenza tecnica di alcune teorie consolidatesi nell’ultimo anno circa la pericolosità, l’insicurezza, o i rischi ambientali causati da queste navi, ma ha specialmente evidenziato i pericoli e i danni, sociali, economici e occupazionali, che una campagna generalizzata contro il traffico crocieristico provocherebbe a Venezia e, per estensione, all’intero Adriatico. Adriatico che, nei suoi dieci porti, andrebbe concretamente ad affrontare un rischio di desertificazione e quindi di azzeramento di una importantissima filiera turistica. I Presidenti di Assoporti, Confcommercio e Federagenti, sollecitano il Governo a individuare in tempi brevissimi una soluzione condivisa che anche vietando in modo definitivo alle grandi navi da crociera il canale della Giudecca e quindi il transito davanti a San Marco consenta di compenetrare le esigenze di tutela e di salvaguardia di Venezia, con quelle di sopravvivenza di un’attività economica e turistica in forte espansione nell’ottica comune della conferma del ruolo storico e dell’unico identikit e

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Michele Pappalardo incontestabile di Venezia: che è quello di essere una città-porto. Le scriventi tre Associazioni chiedono al Governo di compiere rapidamente una scelta tecnica che risponda all’esigenza di conservare a Venezia il ruolo di home port, ovvero di porto di partenza e arrivo delle crociere. Ruolo, questo, che a differenza di quello di transito, rende possibile una regolazione e gestione dei flussi turistici nel centro di Venezia, e garantisce reali ricadute in termini di occupazione, economia e ricchezza per la Laguna e l’intero Adriatico. L’operazione Venezia-crociere, rappresenta in ordine di tempo, l’ultimo esempio di una strategia complessiva della Federazione Agenti Marittimi,

volta da un lato ad esprimere posizioni precise e quindi a entrare in campo su grandi questioni che riguardano lo sviluppo di importanti aree del paese; dall’altro, a costruire un sistema di alleanze in primis con Confcommercio e Confetra, finalizzato a rafforzare il ruolo della categoria e quindi la sua capacità di incidere sulle scelte di governo e Parlamento che riguardano il futuro assetto della portualità e dell’intero comparto logistico del paese. Come sottolineato dal Presidente di Federagenti, Michele Pappalardo, in occasione dell’ultima assemblea prenatalizia, la Federazione è impegnata sulla linea del fronte sia sul dibattito sulla legge di riforma dei porti, sia nella definizione del quadro tecnico delle scelte propedeutiche alla definizione del piano nazionale della logistica e dei porti, nonché sullo spinoso tema dei servizi tecnico-nautici e della dinamica delle tariffe per questi servizi. Tutte tematiche, queste, che sono destinate a riproporsi nel corso dell’anno nuovo e sulle quali sarà necessaria una vigilanza costante. Per altro, Federagenti è pronta a impegnarsi direttamente anche su altre tematiche come quella, di importanza cogente per molti porti, relativa ai dragaggi e alla normativa di riferimento, o quella dei controlli e dell’accoglienza dei grandi yacht nei porti nazionali


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shipping / porto&diporto

UIRNet partecipa allo sviluppo del porto di Ravenna S

i è svolta nei giorni scorsi a Ravenna, presso la sede dell’Autorità Portuale, la prima riunione di tutti i partners (Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, UirNet Spa, Terminal Container Ravenna Spa, HUB Telematica Scarl e Scuola Europea di Alti Studi Tributari dell’Università di Bologna) coinvolti nel Progetto Europeo “Port of Ravenna Fast Corridor”. Il Progetto, che vede l’Autorità Portuale di Ravenna quale coordinatore, prevede la sperimentazione di nuovi servizi per la comunità portuale e per tutti gli operatori della catena logistica che collega lo scalo ravennate ai terminal terrestri, ed è finanziato al 50% (per un valore di circa 900.000 Euro) dall’Agenzia Europea per l’Innovazione e le Reti (INEA). Il Progetto si iscrive nel Piano di Sviluppo dell’hub portuale di Ravenna ed ha l’obiettivo di realizzare uno studio, orientato al mercato, sugli effetti derivanti dall’integrazione di tecnologie

dell’informazione e della comunicazione (TIC) della piattaforma telematica del Porto (Port Community System), con i nodi logistici terrestri ed i corridoi TEN-T, all’interno delle reti di trasporto transeuropee. Lo studio, che sarà basato sull’adozione, nel Porto di Ravenna, di specifiche soluzioni TIC, sull’automazione dei varchi e sull’uso di corridoi doganali controllati mediante un progetto pilota in condizioni operative reali, coinvolge operatori privati e numerosi altri portatori di interesse all’interno della comunità portuale, e non solo. Più volte si è affermato in questi ultimi anni che al potenziamento dell’”hardware” deve necessariamente corrispondere anche un migliore e più potente “software”. E così, al consolidamento infrastrutturale dello scalo, alla base del Progetto “Hub Portuale di Ravenna” di prossima realizzazione (progetto del valore

La tecnologia UIRNet a servizio di EXPO 2015

“Nutrire il pianeta. Energia per la vita” è il concept di EXPO Milano 2015 che, dal 1 maggio al 31 ottobre, coinvolgerà circa venti milioni di visitatori in un incantevole viaggio attraverso i sapori del mondo. Un sito espositivo sviluppato su una superficie di un milione di metri quadri ideati per incontrare 140 paesi in un unico luogo. Per assicurare la riuscita dell’evento dal punto di vista logistico e di traffico merci, EXPO Milano necessita di due elementi distinti: un processo che permetta il rapido svolgimento delle pratiche di importazione e un sistema digitale per la gestione dei flussi merce nell’area espositiva. Per questo motivo EXPO ha stretto una partnership con UIRNet S.p.A., soggetto attuatore unico del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) per la realizzazione e gestione della Piattaforma Logistica Nazionale (PLN) secondo la legge n.27 del 24 marzo 2012. La PLN è un sistema di gestione e coordinamento dell’intera rete logistica

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nazionale ed è stata istituita con l’obiettivo di migliorare l’efficienza e la sicurezza nel sistema logistico (secondo il D.M. n.18T del 2005), favorendo l’interconnessione dei nodi di interscambio modale (porti, Interporti, centri merce e piastre logistiche). UIRNet è l’unico soggetto di diritto pubblico ad avere a disposizione un sistema info-telematico di gestione dei flussi merce, capace di supportare il processo di importazione e sdoganamento veloce (Corridoio Controllato Doganale), grazie alle sue elevate competenze nel settore dello sviluppo software applicati alla logistica e ad una solida collaborazione con l’Agenzia delle Dogane. L’erogazione del servizio Corridoio Controllato Doganale verrà conferita, a titolo gratuito, da UIRNet a EXPO (almeno fino all’individuazione del Gestore della Piattaforma Logistica Nazionale, attraverso procedura di gara). Per garantire la sicurezza e l’efficienza logistica, oltre al Corridoio Controllato

di oltre 200 milioni di Euro, il cui bando di gara sarà pubblicato entro il 2015) - finalizzato allo sviluppo del Porto di Ravenna, all’ampliamento del proprio bacino di utenza, alla diversificazione dei flussi di traffico ed alla attrazione di merci a maggiore valore aggiunto - non possono non corrispondere un effettivo miglioramento ed una reale semplificazione delle operazioni portuali di ingresso ed uscita delle merci, per offrire alla catena logistica servizi più rapidi, più semplici, di migliore qualità ed a più alto valore aggiunto. L’attività del Progetto si realizzerà nel corso dell’intero 2015, alla fine del quale, conclusi lo studio, la fase di sperimentazione ed il collaudo dei nuovi servizi, sarà possibile valutare in che misura gli effetti di quanto sperimentato con il progetto pilota prefigurino l’adozione di soluzioni analoghe su più vasta scala e su una più ampia gamma di differenti merceologie.

Doganale, EXPO ha richiesto a UIRNet una soluzione per evitare la formazione di code ai varchi con effetto limitante sul flusso veicolare. Questa necessità nasce dalla stima di un numero totale di parco veicoli da registrare, in accesso all’area EXPO, di circa 2.000 mezzi. A tal proposito UIRNet sta realizzando un sistema che permetta la gestione di dati relativi alle diverse consegne verso i padiglioni (Master Delivery Schedule), col fine di ottenere una schedulazione giornaliera degli accessi per tutelare la corretta operatività. Gli accessi ai sette varchi della fiera sono regolarizzati in base alle diverse priorità e in caso di sovrapposizione il sistema evidenzierà il conflitto, proponendo soluzioni alternative e tenendo conto di tutti i vincoli strutturali. Il software prevedrà il monitoraggio degli accessi e delle uscite a cui saranno collegati degli allarmi specifici e proporrà una serie di report e strumenti di monitoraggio. UIRNet assicura la riuscita di ogni processo e un elevato livello di qualità dei servizi offerti, mettendo a disposizione degli utenti le competenze tecnologiche che possiede in ambito logistico.


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shipping / porto&diporto

Tecnologia d’avanguardia per le ricerche marine R

icerca e recupero. Nel settore scientifico, ambientale, infrastrutturale e turistico. La cifra peculiare di Giemme Research & Recovery, società nata nell’orbita della Quality & Security di Salerno con l’obiettivo primario della salvaguardia dell’ambiente marino, sarà la flessibilità operativa. Iniziativa satellite partorita dal vulcanico Antonio Guida, affiancato in questa sfida dai due figli, Giemme Research & Recovery punta a coprire una fetta di mercato per servizi di qualità medio – alta, a costi contenuti, nel settore del monitoraggio delle acque e dei fondali, verifica condutture marine, ricerca e recupero di materiali e relitti, prelievi di campionature e sedimenti. “Il nostro campo di attività – spiega Guida – non andrà a sovrapporsi a quello delle principali società del settore, limitandosi alle operazioni fino a 200 metri di profondità”. Attiva dal prossimo marzo, la nuova compagine utilizzerà un sottomarino R.O.V. con caratteristiche all’avanguardia, un “Flat Platform 6 Plus, con telaio inferiore intercambiabile in grado di ospitare qualsiasi tipo di attrezzatura o strumentazione. “Durante le operazioni i motori non lavorano mai in retromarcia, e ciò permette l’inversione del senso di marcia velocemente, senza ritardi

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di inserzione e senza provocare stress o danni alla trasmissione. Queste caratteristiche, insieme alla struttura bassa e piatta, rendono il sistema ben adatto all’esecuzione di lavori sul fondo marino, consentendo al R.O.V svariate modalità d’impiego per qualsiasi esigenza”. Le ispezioni, dunque, saranno eseguite tramite questo veicolo filoguidato dotato di telecamera, pilotato da un operatore che si trova a bordo della nave appoggio mediante una consolle dotata di joystick e di uno schermo sul quale vengono visualizzate le immagini trasmesse dalla telecamera. “Tutte le missioni – sottolinea Guida – saranno totalmente video registrate al fine di produrre una documentazione certa dell’attività svolta”. Particolare attenzione sarà prestata all’aspetto sicurezza. “Le procedure per l’uso di ROV in alti fondali (oltre 100 m di profondità circa) prevedono infatti particolari precauzioni per evitare di avere una lunghezza eccessiva di cavo svolto in acqua, che potrebbe interagire con eventuali imbarcazioni in superficie o con ostacoli sommersi”. Il minisommergibile sarà installato su una unità appoggio di superficie appositamente attrezzata con la normale strumentazione per la navigazione ed il posizionamento GPS, oltre che con

Sonar Structure Scan (sistema professionale specifico per la ricerca sul fondale marino di qualsiasi struttura) ed ecoscandaglio HDS GEN Structure Map 3D ad alta definizione (per il rilievo della topografia del fondo marino). L’unità, una imbarcazione da lavoro di 20 mt, disporrà, inoltre, di un drone per le riprese aeree (particolarmente utile nelle attività di monitoraggio delle acque), di 3 cabine in grado di ospitare 6 passeggeri e, nella control room, di uno schermo gigante che permetterà di osservare in tempo reale le riprese subacquee. Una dotazione che metterà Giemme Research & Recovery nella condizione di offrire escursioni a fini turistici su siti di interesse archeologico e non. “L’idea – afferma Guida – è quella di ricreare in diretta le immagini emozionanti tipici dei documentari televisivi. Da questo punto di vista Salerno possiede un grande potenziale. Sia in termini turistici, con il continuo flusso di crocieristi, magari alla ricerca di escursioni diverse dal solito, sia per la varietà dei fondali, dove a profondità di poco più di 15 metri si possono trovare dai reperti archeologici di epoca romana ai relitti di carriarmati risalenti alla seconda guerra mondiale”. Giovanni Grande


registri / porto&diporto

RINA Services certifica la greca Technomar Ship. M

inimizzazione del proprio impatto ambientale e riduzione dei consumi energetici sono i nuovi target della compagnia greca Technomar Shipping. George Youroukos, Presidente della compagnia ha dichiarato: “Aver affrontato un rigoroso percorso volto all’ottenimento delle certificazioni ISO 14001 e ISO 50001 dimostra quanto la sostenibilità ambientale e l’efficienza siano importanti per noi e ci auguriamo che anche i nostri clienti apprezzino l’attenzione che abbiamo riservato a questi ambiti”. Michele Francioni, CEO di RINA Services, ha sottolineato: “La gestione dell’impatto ambientale e dei consumi energetici rende le compagnie più competitive. Siamo molto orgogliosi di supportare Technomar nel raggiungimento di standard sempre più elevati”. ADV PORTOEDIPORTO - Tirrenia.pdf 1 04/06/2014 11:48:47 Theo Baltatzis, General Manager di Technomar Shipping, ha aggiunto:

“Siamo felici di aver sviluppato un sistema di gestione certificato da RINA Services, che rende più efficiente il nostro approccio nei confronti dell’energia e dell’ambiente, permettendoci così di migliorare le nostre performance”. Technomar è la seconda compagnia di shipmanagement greca a ottenere la certificazione ISO 50001 dal RINA, dopo la IASON Hellenic Shipping che l’ha ottenuta l’anno scorso. RINA Servi-

ces sta attualmente assistendo diverse altre società greche nel miglioramento delle loro performance ambientali. Technomar, che ha la sede ad Atene, gestisce una flotta di trentasette navi container e bulker. La certificazione ISO 14001 è inerente al sistema di gestione ambientale e identifica lo schema che una compagnia può adottare per migliorare in tale settore. Cosimo Brudetti

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shipping / porto&diporto

La corsa al gigantismo rottamerà i porti obsoleti

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a logistica è la scienza che regola il trasporto dei prodotti da un luogo all’altro nei tempi previsti, in modo efficiente al minor costo possibile. Questa definizione racchiude tutti i deficit strutturali che caratterizzano la catena del trasporto in Italia. Riteniamo che sia efficiente il nostro sistema? Assolutamente no e quindi è impossibile realizzare l’obiettivo del rispetto dei tempi per le consegne e quello ulteriore della minor spesa possibile per realizzare il movimento delle merci. Ed allora perché il nesso fra gigantismo navale, portualità e logistica dalla cui efficiente correlazione scaturiscono a cascata benefici per l’approvvigionamento e la consegna delle merci. Se i drivers dialogano e si interfacciano secondo le reciproche esigenze il sistema si efficienta e si realizzano le economie di scala. Il gigantismo navale è nato per abbattere i costo unitari del trasporto marittimo e per rendere più competitivi sulle lunghe distanze i prodotto trasportati. Il minerale di ferro brasiliano trasportato sulle Vloc da 400.000 tons nel suo percorso classico Tubarao-Quingdao diventa competitivo nei confronti dell’analogo trasportato dall’Australia su navi da 170.000 tons e nella stessa misura il contenitore da Shanghai ad Amburgo o viceversa trasportato sulla nave full container da 19.000 teus abbatte il costo del trasporto per teu rispetto allo stesso contenitore trasportato sulla nave full container da 8.000 teus. Si tratta di un fenomeno imponente che sta provocando a livello globale l’adeguamento delle strutture portuali allo scopo di poter ospitare queste navi ed in parallelo assistiamo alla cosiddetta rottamazione dei porti obsoleti non in grado di adeguarsi. Tutta la portaulità dell’Estremo Oriente e del Nord Europa è attraversata dalla necessità

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di adeguare le proprie strutture alle esigenze del gigantismo navale. Purtroppo questo semplice e sinergico schema è adottato in tutto il mondo tranne che in Italia. Da noi il sistema pur recependo le richieste provenienti dal gigantismo si è trastullato in questo ultimo decennio in inutili progetti distribuiti a pioggia su tutto il sistema portuale nazionale con il risultato di aver creato inutili e costosi doppioni a livello di strutture ed una over capacità terminalistica di oltre 30 milioni di teus contro una effettiva movimentazione di circa 9,5 milioni di teus di cui 3,5 milioni in trashipment. Occorre realizzare infrastrutture che sconvolgono totalmente l’attuale assetto dei porti, banchine più lunghe per ospitare questi giganti da 400 metri di lunghezza, idonei fondali, ampi terminal di stoccaggio, gru e portainers adeguate in termini di sbraccio alle dimensioni delle meganavi. Però a questa inutile sovra capacità a cui si aggiunge l’ulteriore surplus proveniente dai nuovi progetti in esecuzione (uno per tutti la nuova piattaforma logistica del porto di Livorno avente una capacità di circa 2

milioni di teus quando andrà a regime) si è aggiunto anche il mancato adeguamento dei porti ai parametri tecnici necessari per ospitare le mega navi. La stessa cosa si è verificata nella interportualità; anche qui inutili investimenti per la costruzione sull’intero territorio nazionale di 30 interporti di cui solo pochissimi efficienti ed operativi in misura accettabile rispetto alle capacità di servizi in gradi di erogare. E’ evidente quindi che la tanto auspicata e mai realizzata centrale degli acquisti per l’intera macchina dello stato mostri tutti i suoi effetti negativi anche sull’intero sistema della portualità / retroportualità / interportualità che avrebbero bisogno di una unica centrale degli investimenti guidata da scelte scientifiche mirate ad evitare surplus di capacità. E’ necessario che la politica degli investimenti a pioggia indiscriminati cessi immediatamente per lasciare il passo ad un centro decisionale che stabilisca ed individui pochi porti strategici sui quali concentrare gli investimenti adeguati alle richieste ed alle esigenza del paese e successivamente allargare questa concentrazione di interventi mirati anche alla retro ed interportualità collegata a detti porti strategici. Basta inseguire l’inutile ed improduttivo sogno di avere interporti collegati a mezzo ferrovia ai propri porti di riferimento ed a loro volta connessi alla rete ferroviaria nazionale. Il paese è allo stremo e non è in grado di dilapidare ulteriori risorse in questi inutili progetti; la logistica per essere efficiente ha bisogno di adeguata portualità. Quindi avanti con decisioni coraggiose che possano veramente dare la svolta al nostro sistema nel nome dell’efficienza e della competitività che ci vengono imposti dai commerci globali. Andrea Mastellone Presidente Assoagenti Napoli


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Presentata la 2^ edizione della Genoa Shipping Week D

al 14 al 20 settembre 2015 Genova accoglierà la seconda edizione della Genoa Shipping Week, la settimana di iniziative culturali, conferenze e incontri dedicati allo shipping, organizzata da Assagenti e ClickutilityTeam che coinvolgerà vari luoghi della città. Nata dalla fusione di due importanti eventi internazionali - Port&ShippingTech e Shipbrokers and Shipagents Dinner lo scorso anno ha registrato la presenza di oltre 5 mila ospiti provenienti da 40 nazioni per partecipare ai 20 eventi a calendario. Grazie alla disponibilità di Autorità Portuale di Genova che ha accolto con entusiasmo l’iniziativa, Palazzo San Giorgio sarà il fulcro della manifestazione e, assieme alle strutture congressuali dell’Acquario di Genova, ospiterà conferenze e incontri apertigli operatori del cluster marittimo. Ne parliamo con Carlo Silva, presidente di ClickUtility Team. Rispetto alla precedente edizione di Napoli quali sono le sue considerazioni? “La partecipazione e i riconoscimenti da parte del cluster marittimo napoletano hanno decretato il successo della prima edizione della Naples Shipping Week. Oggi possiamo dire che l’obiettivo di unire Genova e Napoli creando un ponte ideale verso il Mediterraneo, riconfermando il ruolo chiave dell’Italia nello sviluppo del cluster e del commercio marittimo del Mare Nostrum è stato raggiunto. Dal gemellaggio tra le due città di mare è scaturito un grande evento internazionale, punto di riferimento per tutta la comunità internazionale dello shipping e della logistica che vede il suo naturale proseguimento in questa seconda edizione genovese. Siamo lieti di consolidare la nostra collaborazione con Assagenti nel realizzare la seconda edizione della Genoa Shipping Week e siamo già al lavoro per organizzare un’edizione speciale di Port&ShippingTech. Il Forum riunirà a

Da sinistra: Carlo Silva, Umberto Masucci, Giuseppe D’Amato, Alberto Banchero e Addo Negri Genova ​tutti i protagonisti internazionali del settore marittimo e della logistica, creando un confronto sulle innovazione​ tecnologiche e sullo sviluppo della cooperazione all’interno del cluster marittimo del Mediterraneo”. La scorsa edizione del forum ha generato 1500 partecipanti di cui 90 relatori. Nella prossima edizione “genovese” oltre a prevedere una sempre più ampia partecipazione, porteremo avanti i tradizionali temi del Grenn Shipping Summit, Smart Pport&Logistic e Nuovi Mercati e continueremo a sviluppare le neonate sezioni dedicate ai Modelli di Gestione dei Waterfront urbanoportuali; alle Infrastrutture, Logistica E Strumenti Finanziari; al Sistema Crocieristico e promozione turistica delle città portuali e della costa e alla Safety ovvero prevenzione infortuni nel settore dello shipping e della logistica portuale. La Fiera di Genova e il padiglione progettato dall’architetto Jean Nouvel ospiteranno invece la 12+1^ edizione del Shipbrokers and Shipagents Dinner, la tradizionale cena di gala, organizzata dai broker e dagli agenti marittimi genovesi, che lo scorso anno ha visto la partecipazione di oltre 1.400 aziende dello scenario marittimo internazionale.

Quali saranno i punti di forza di questa seconda edizione? La Genoa Shipping Week, sin dalla sua prima edizione ha rappresentato un’opportunità unica di incontro e condivisione di idee e di opinioni con i rappresentati di tutte le diverse realtà del settore marittimo. Questa seconda edizione offrirà alle aziende e agli enti interessati nuove e ulteriori opportunità per organizzare attività rivolte ai propri stakeholder e all’intera comunità dello shipping italiano e internazionale. In particolare, utilizzando le sedi ufficiali della manifestazione o selezionando altre suggestive location di Genova sarà possibile organizzare iniziative di networking e, in generale, eventi riservati ai proprio clienti o aperti a tutti i partecipanti alla settimana. L’economia di Genova è endemicamente legata all’industria marittima e, soprattutto, al settore dei trasporti, sia merci, sia passeggeri. A oggi la gran parte dei genovesi non percepisce questo legame. In questa edizione una particolare attenzione sarà quindi rivolta a un target più ampio di cittadini e turisti per legare sempre più questa manifestazione al tessuto della città. Carolina Sinnopoli

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Il porto di Cagliari recupera e rilancia

ullo stato di salute del porto di Cagliari e sulle sue prospettive è intervenuto Vincenzo De Marco, comandante della Capitaneria di porto del capoluogo sardo e commissario dell’Autorità Portuale. Quale è l’attuale andamento dei traffici merci e passeggeri? Vorrei premettere che in qualità di commissario del porto ho cercato di mantenere quegli standard qualitativi che hanno caratterizzato il porto di Cagliari per gli anni passati: abbiamo fatto in modo che Cagliari mantenesse gli stessi livelli di traffico di navi da crociera e merci in modo da lasciare invariata l’economia di tutto l’indotto nonostante il perdurare della crisi. Ad esempio la Costa Crociere a seguito dei noti eventi che hanno visto il Mediterraneo al centro delle vicende internazionali, ha deciso di non scalere più dal 2012 Cagliari: abbiamo quindi cercato di sopperire a questa perdita con una maggiore presenza e quindi promozione dello scalo alle fiere internazionali di Miami, Barcellona e Parigi e abbiamo riguadagnato una forte attenzione delle compagnie verso il nostro porto. I 40.000 passeggeri persi sono stati recuperati con un altro armatore che non era previsto su Cagliari, siamo stati pronti e competitivi nell’intercetre una nuova opportunità. Tuttavia la stessa Costa Crociere a seguito di una nostra azione ha dichiarato di voler ritornare a Cagliari. Per il 2015 dovremmo avere un incremento dei passeggeri sommando come appena detto gli scali della Costa

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e quelli dei nuovi armatori. Le prospettive delle crociere a Cagliari? C’è da sottolineare che operiamo senza privilegiare nessuna tipologia di traffico. Risulta chiaro da una semplice analisi che non possiamo avere le aspirazioni di un porto continentale avendo le problematiche di collegamenti intrinseche dell’isola. Ma siamo fortunati perché l’ampiezza del porto ed i grandi spazi ci hanno consentito di razionalizzare le aree senza intralciare i traffici. Il risultato è anche opera della sinergia tra le Autorità portuale, quella Marittima e gli enti locali che hanno collaborato per ottenere il miglior risultato possibile. Forse siamo stati l’unico esempio di Autorità portuale in fiera a Miami che ha portato il comune come partner al fine di offrire non solo la buona funzionalità dello scalo ma contemporaneamente anche l’offerta turistica del territorio. E gli altri traffici? Come dicevo siamo riusciti a frazionare gli spazi organizzando il diporto, la pesca il crocieristico che trova banchine dedicate separando il tutto dal traffico commerciale. Questa suddivisione garantisce che non ci sono interferenze operative, abbiamo potenziato le banchine e realizzato fondali adeguati nel porto canale, arrivano già navi da 300 metri e abbiamo pescaggi di 16 metri. Il nostro lavoro ha garantito tranquillità all’operatore del terminal container tale da prevedere investimenti cospicui in nuove gru per navi post panamax. Nell’ottica di migliorare i servizi agli

operatori abbiamo appena terminato il pif (punto di ispezione frontaliero) che velocizzerà il trasferimento delle merci e che andrà a gara dopo il prossimo comitato portuale. Ulteriore incentivo all’impegno nell’area terminalistica è la zona franca esistente (una delle poche in Italia già operativa) a ciò si aggiunge la diminuzione delle tasse portuali, tutto ciò ci ha consentito di incrementare del 3% il traffico in netta controtendenza. Per quanto riguarda le rinfuse abbiamo trasferito le aree dedicate all’interno del porto commerciale in parti disponibili immediatamente nella zona di evoluzione interne dove insistono banchine perfettamente operanti. Il porto di Cagliari è ora appetibile? Certamente nel complesso si, adesso abbiamo un buon biglietto da visita ma contiamo con grande impegno per consolidare questi risultati. A differenza di altri porti purtroppo non abbiamo un territorio fortemente industrializzato per cui non andiamo a coprire una domanda di servizi già esistente ma dotiamo il territorio di una infrastruttura con enormi potenzialità per attirare investimenti industriali. Farei un accenno anche al fatto che in soli due mesi abbiamo riprogettato il piano regolatore portuale che ci era stato bloccato da un ricorso riuscendo a proseguire nei lavori con grande prontezza. Ci possiamo dichiarare realmente soddisfatti anche del waterfront che abbiamo realizzato ridando il porto alla città. F.S. Saliero


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AP Nord Sardegna investimenti per 50 mln di € O

lbia è la porta di ingresso e di uscita verso Civitavecchia e i porti dell’alto Tirreno. L’Autorità Portuale che ha sede in questo porto è di riferimento per tutti e tre i porti del Nord Sardegna: Porto Torres, Golfo Aranci ed Olbia. Il contrammiraglio Nunzio Martello, comandante della direzione marittima del Nord Sardegna, è il commissario dell’Autorità Portuale del Nord Sardegna e succede a l’ex parlamentare Fedele Sanciu. Porto&diporto approfondisce con l’aiuto del Commissario la linea di interventi dell’AP. Commissario Martello, quali sono gli interventi nei porti del Nord Sardegna? L’Autorità è alle prese con importanti interventi infrastrutturali, per esempio a Porto Torres siamo quasi alle gare per i lavori all’antimurale, nei prossimi giorni concluderemo l’iter della gara e se non ci sono problemi del tipo offerta anomala o cose del genere saremo pronti per assegnare i lavori. Parliamo di un opera da 34 milioni di euro (base d’asta) per un prolungamento della diga che ridurrà il moto ondoso all’interno del porto rendendolo maggiormente appetibile a nuovi traffici. Possiamo parlare di ammodernamento del porto? Certo, infatti gli investimenti su Porto Torres sono diversi: abbiamo il progetto per rifare l’intero impianto elettrico e portarlo a norma, stiamo in fase di aggiudicazione dei lavori del primo e secondo lotto per il molo alto fondale per un investimento di circa 3 milioni e mezzo di euro, è stato fatto il progetto preliminare e si sta facendo già quello definitivo per il collegamento tra il porto commerciale e quello di ponente con la realizzazione della cosiddetta teleferica che prevede oltre la strada di collegamento anche una scalinata architettonicamente particolare e anche questi lavori hanno un valore di circa

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Nunzio Martello tre milioni di euro. L’insieme dei lavori a Porto Torres valgono circa 50 milioni di euro. A fronte della contrazione dei traffici merci è pensabile rilanciare lo scalo per le crociere? Oltre ai lavori infrastrutturali stiamo agendo anche per sensibilizzare gli armatori delle crociere ad utilizzare lo scalo di Porto Torres nei loro itinerari. Per questo settore stiamo interagendo con il Comune in modo che il territorio offra la migliore accoglienza ai crocieristi. Registriamo una grave crisi di traffico che in relazione ai traghetti si concretizza con una perdita di tre milioni di passeggeri confronto al 2010. Fortunatamente il settore delle crociere tiene bene, l’anno scorso Olbia è stato il primo porto della Sardegna con circa 140 approdi. Nel 2015 dovremmo arrivare a 150 approdi. Quindi gli armatori gradiscono lo scalo. Questo andamento è un segnale di apprezzamento delle Compagnie verso

l’operatività tecnica dello scalo e l’offerta del territorio. Inoltre stiamo agendo sul fondale della Canaletta (dove attualmente abbiamo una profondità tra gli 8 metri e gli 8 metri e cinquanta), dopo l’escavo si potrà accedere con navi di pescaggio fino a nove metri/nove metri e cinquanta. Stiamo anche riqualificando due moli per migliorare l’ormeggio di super yacht da 150/180 metri, in modo da incentivare il naturale interesse per questo scalo. In fine Golfo Aranci, che tipo di investimenti sono previsti? Anche su Golfo Aranci abbiamo in corso attività importanti: stiamo procedendo con il collaudo del molo di ponente, rifaremo la stazione marittima e tutto l’impianto di illuminazione. In totale parliamo di circa 6 milioni di euro. Un programma complesso ed impegnativo, prevedete ulteriori investimenti? Per ognuno dei tre porti sono previsti lavori di manutenzione ed ammodernamento che volta per volta valuteremo. Una cosa è certa: con la diminuzione degli introiti ci sarà meno da investire, quindi gli interventi saranno sempre più strategici, è finita l’epoca dei finanziamenti a pioggia su micro iniziative, adesso dobbiamo concentrare gli sforzi su quei progetti orientati allo sviluppo nel lungo periodo. Il riordino delle Autorità, secondo lei potrebbe nuocere ai programmi del Nord Sardegna? Non credo proprio. I lavori iniziati hanno un loro corso ed una loro copertura economica. Per il futuro aspetterei di leggere nel dettaglio la futura legge per avere una idea personale che ovviamente non entrerà nel merito, essendo uomo delle istituzioni sono convinto che saranno operate comunque le scelte migliori. RedMar


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Necessarie le nomine AP per le strategie di sviluppo L’

Associazione Agenti Marittimi Raccomandatari della Sardegna raggruppa la quasi totalità delle agenzie marittime sarde; nel 2014 c’è stato un cambio al vertice, a Giancarlo Acciaro per fine mandato è succeduto Michele Pons già vice presidente. PORTO&diporto è stato accolto nella sede dell’associazione da una nutrita delegazione che ha manifestato, concorde con il Presidente, le criticità del settore. In questa occasione abbiamo rivolto alcune domande al Presidente Pons. Qual è lo stato dell’arte nel trasporto delle merci sarde? Accusiamo da sempre un forte disagio, che è intrinseco nel fatto di essere su di un’isola. Basti pensare che esportare un container di un prodotto sardo per quasi tutte le principali destinazioni commerciali, a parità di tipologia di prodotto e di destinazione, costa circa 300 dollari un più rispetto alla partenza da un porto dell’Italia continentale. E’ quasi impossibile essere competitivi nel mercato globale con il quale ci confrontiamo tutti i giorni, diciamo che

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è una bella sfida. Ma cosa si può fare se il problema è “morfologico”? Il nostro principale interlocutore è l’Autorità Portuale e secondo noi si deve partire da li. L’Autorità di Cagliari come quella di Olbia sono commissariate e non si intravede una forte volontà centrale di sbloccare le nomine, al momento come tutti sanno aspettiamo la conclusione del caso Massida, ma ripeto non si percepisce una gran fretta di andare avanti. Attualmente i commissari, entrambi comandanti delle capitanerie dei due porti, fanno egregiamente tutto ciò che gli è permesso dall’incarico per migliorare le cose ma sarebbe ben diverso poter agire oltre la normale amministrazione e pianificare strategie di sviluppo anche di lungo termine. Ad esempio, secondo noi, le Autorità Portuali potrebbero avere un ruolo decisivo nel chiedere alle compagnie che attualmente scalano il porto canale di Cagliari di poter imbarcare sui feeder che supportano gli approdi delle navi madre. Avere la possibilità programmata di poter caricare con queste compa-

gnie darebbe la possibilità a noi operatori di esportare la produzione sarda praticamente per qualsiasi destinazione del mondo in maniera competitiva. Ricordiamo che al terminal Contship approdano le navi della compagine che raccoglie le flotte dei maggiori armatori al mondo che coprono tutte le principali rotte commerciali. In che modo potrebbero interagire le Autorità Portuali? Certamente sottolineando agli armatori quanto si stia facendo per agevolare e migliorare lo scalo. Abbiamo un’infrastruttura importante con ampie banchine perfettamente operative e fondali a 16 metri, si potrebbe certamente fare leva sul costituendo Punto di Ispezione Frontaliero e la riduzione delle tasse portuali per chiedere slot disponibili a bordo dei feeder, sarebbe un buona opportunità di rilancio dell’export dall’isola. A breve ci dicono dovrebbe essere quasi operativo il servizio di Ispezione Frontaliera delle merci il che renderebbe Cagliari una porta d’Europa in quanto la merce destinate a qualsiasi destinazione EU andrebbe


Michele Pons

poi solo sdoganata a destinazione. Per quanto riguarda le tasse portuali aver diminuito la pressione è stato un ottimo passo ma si potrebbe migliorare l’operatività agendo anche sui vecchi regolamenti che, ad esempio, vietano alle navi la permanenza nel golfo di Cagliari oltre 45 ore quando questo rappresenta un favorevolissimo riparo dai venti che d’inverno battono l’isola. Ci sarebbero tantissime navi interessate a rimanere periodi più lunghi in questa baia e dargli assistenza rappresenterebbe fonte di occupazione ed economia per tutto l’indotto. Ma attualmente come avviene l’export delle merci dalla regione? In pratica dobbiamo servici dei collegamenti passeggeri per imbarcare anche i rotabili perché attualmente abbiamo un solo collegamento diretto, merci, che collega Cagliari a Vado Ligure. Assolutamente insufficiente per il flusso di merci, così i trasportatori portano via camion le merci prevalentemente su Olbia per poi continuare su terraferma per Genova, essenzialmente nostro porto di riferimento. Lavorare in questa maniera ci penalizza ancora una volta perché non gestiamo spazi certi di carico, ovviamente le Compagnie che lavorano con i passeggeri prediligono dare spazio a questi perché è certamente più conveniente quindi d’estate abbiamo l’incognita del poco spazio disponibile alle merci e di inverno invece la possibilità che qualche corsa salti,

probabilmente anche per la mancanza di una positiva economia di esercizio della singola corsa. Ma in questo caso le Authority non mi sembra centrino molto. Infatti per quanto riguarda la continuità territoriale che dovrebbe assicurare alla nostra merce di potersi muovere liberamente l’interlocutore è la Regione. Anche la Sardegna è Italia e si sa la politica non è mai stata molto sensibile ai collegamenti marittimi in tutti i suoi aspetti. Il recente accordo tra Regione e Tirrenia sembrerebbe sbilanciato a favore del traffico passeggeri trascurando le esigenze del trasporto delle merci, se è naturale agevolare il turismo in tutte le sue forme dando anche grande attenzione al traffico aereo, ad esempio, d’altra parte dovrebbe essere altrettanto chiaro che senza un efficiente rete di trasporto non c’è economia sul territorio e senza economia non si potrebbero sviluppare quei servizi attrattori di turismo. Non possiamo pensare di continuare a venderci solo spiagge e mari seppur stupendi senza che il territorio faccia la sua parte. Il Golfo di Cagliari potrebbe essere quel punto di stazionamento per le navi in attesa di noleggio avendo una posizione centrale nel Mediterraneo, un po’ come succede a Malta dove di questa esigenza se ne è stato fatto business. Ma la poca attenzione è lamentata generalmente su tutta la Sardegna, esempio per tutti: il porto di Oristano classificato porto industriale a parte di non avere operazioni di normale manutenzione dei fondali con i dragaggi, non ha, cosa ancor più grave, operatività notturna per mancanza di sufficienti fari di segnalazione, sembra che si stia interessando alla questione la sezione fari e fanali della Marina, ed al momento la situazione è irrisolta. Poi ci sono questioni irrisolte da molti anni per esempio in tutta l’isola non è prevista la possibilità di bunkeraggio in rada ma solo a banchina. Da questo quadro sembrerebbe che le Autorità Portuali dell’Isola debbano lavorare su situazioni pregresse impegnative. Certamente, come ho già ribadito, gli attuali commissari fanno tutto il possibile ma un Presidente con pieni poteri potrebbe risolvere in maniera più veloce ed incisiva i vecchi problemi. Quanto pesa il settore Yacht nell’economia del mare in Sardegna? Molto, soprattutto nel Nord dell’Isola. Cagliari è visto come porto di assistenza tecnica dove armare l’imbarcazione dalla cambusa all’equipaggio e svolgere attività di cantiere, insomma di passaggio e non turistico. Ma investimenti nella cantieristica per la nautica potrebbero essere interessanti?

Lamentiamo a Cagliari la mancanza di infrastrutture per la nautica, manca un bacino di alaggio che farebbe la differenza. Potremmo garantire servizi che farebbero allungare la stagionalità della presenza dei grandi yacht. Lavori in questo senso sono previsti dal piano regolatore ma procedono lentamente con l’effetto di non attirare gli investitori privati. Collaboriamo con L’autorità Portuale locale che mette un considerevole impegno per portare a termine il riordino delle aree portuali e quindi anche degli spazi per la nautica ma i tempi della burocrazia italiana non coincidono mai con quelli dell’imprenditoria. Gruppo Giovani Associazione Agenti Marittimi Durante l’incontro con l’Associazione degli Agenti Marittimi è stato possibile rivolgere alcune domande anche a Josto Biggio presidente del Gruppo Giovani: Quando nasce il Gruppo Giovani dell’Associazione? Il Gruppo ha origine circa 10 anni orsono per poi essere riformato ufficialmente nel 2006 ad iniziativa dei soci fondatori ad in sintonia con il Gruppo Giovani Federagenti Nazionale ed ha lo scopo di promuovere le iniziative atte ad approfondire la conoscenza dei problemi economici, sociali, politici e tecnici della nostra categoria al fine di esaltare nei giovani la consapevolezza dell’iniziativa imprenditoriale e dello spirito associativo, favorendo al contempo il naturale ricambio generazionale nelle aziende e nella federazione. Io sono il presidente in carica da 3 anni circa e sono il delegato dei giovani nel direttivo dei Senior Regionale di cui mio fratello è vice presidente. Come è composto il Gruppo? Possono far parte del GG le persone fino a 40 anni di età che ricoprono a qualsiasi titolo un incarico presso un agenzia marittima che svolge la sua attività nel comparto sardo. Il gruppo è attualmente formato da circa 10 membri, tutti residenti in Sardegna, molti di questi sono attivi anche nel Gruppo Giovani Nazionale (il cui presidente è Corrado Fois) e partecipano ai consigli direttivi stessi, a Cagliari infatti abbiamo organizzato un consiglio direttivo del gruppo nazionale a fine Settembre scorso, dove hanno partecipato Giovani Agenti di diverse città italiane. Quali sono le prossime attività? Il prossimo appuntamento regionale è un convegno che si sta organizzando assieme al gruppo Senior Regionale sul mondo dello shipping a Cagliari entro i prossimi 6 mesi, per il nazionale è l’Assemblea di Natale a Roma il giorno 11 dicembre, alla quale seguirà un incontro con i Giovani di Confitarma e Young Ship Italia. Sandro Minardo

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Per gli spedizionieri sardi decisivo il porto di Cagliari

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ssoSpedizionieri Sardegna è l’associazione che unisce nove imprese di trasporto marittimo e logistica che operano sul territorio regionale sardo con 280 dipendenti e che generano un fatturato di 60 milioni di euro, numeri che rappresentano il 50 per cento della attività logistica dell’intera Sardegna; aderisce alla Confetra che è la Confederazione italiana per la logistica e il trasporto e fa parte della rete dei soci Federspedi. Ne illustra l’attività a PORTO&diporto il presidente di AssoSpedizionieri Cristina Parodi. “Le aziende numericamente sono poche perché la realtà isolana è ristretta, ricordiamo che tutta la Sardegna conta un milione e seicentomila abitanti di cui un terzo solo a Cagliari e provincia, da qui l’importanza che dovrebbe avere il porto di Cagliari data la sua ubicazione: è un porto al centro del Mediterraneo, basti pensare che si colloca esattamente sulle rotte Est – Ovest che attraversano il Mediterraneo, fattore di grande rilevanza già nell’antichità. E’ infatti

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stata trovata traccia storica di scambi commerciali tra Cagliari e l’Oriente mediterraneo addirittura con marinai isolani che lavoravano in Egitto trasferendo in Oriente le loro conoscenze di costruzione navale; poi in molti nuraghi sono state trovate riproduzioni di piccole navi in bronzo”. Per la sua centralità il porto di Cagliari è stato scelto da Contship per una delle sue strutture? Il porto commerciale ha tardato moltissimo ad essere operativo (la costruzione del porto canale è durata circa trenta anni) e poteva essere già operativo anche prima dello sviluppo del porto di Gioia Tauro: devo ammettere che a queste lungaggini ha contribuito lo spirito poco corporativistico che ci contraddistingue oltre a poco edificanti beghe locali. Inoltre una volta realizzata la infrastrutture non ci si è curati di attrarre i traffici con una adeguata azione di commercializzazione. Tra l’altro si è registrata una carenza della politica regionale nel fornire di adeguate risorse economiche la nuova strut-

tura affinché potesse diventare volano di sviluppo e occupazione per l’intera area cagliaritana. Per quanto riguarda le caratteristiche tecniche il porto canale, a differenza del porto storico, offre grandi fondali e ampiezze di banchine difficilmente riscontrabili in altri porti italiani. La linea di costa del porto canale è lunga trenta chilometri con una estensione vastissima alle spalle di spazi disponibili anche ad attività extraportuali che avrebbero reso il porto ancora più appetibile, ma purtroppo non si è prodotta una politica di incentivazione per attrarre industrie e aziende manifatturiere, per questo ora il porto è solo una struttura di transito delle merci dirette al mercato interno isolano in quanto la Sardegna non è autosufficiente e la sua produzione per l’esportazione si è costantemente contratta, avendo perso per chiusura quasi tutte le fabbriche del comparto industriale che generavano export, penso alla Unilever, alla Barilla, senza che la politica facesse mai un’attività di incentivazione alla produzione al fine di evitare dolorose chiusure e


abbandoni di poli produttivi specialmente nel settore alimentare, vicino a quello turistico, questo vocazione indiscutibile dell’Isola. Aggiungiamo poi gli effetti dell’attuale crisi che hanno fatto diminuire anche i consumi interni generando una sensibile flessione anche nell’import, questa flessione nel porto di Cagliari risulta ancora più sensibile con la conseguenza di una errata politica regionale sui trasporti che ha fatto instradare quote di traffico in entrata attraverso il Nord Sardegna, ovvero il porto di Olbia. Infatti Cagliari non dispone di un collegamento con il Nord Italia (gli attuali collegamenti marittimi avvengono su Napoli e Civitavecchia) che consentirebbe un regolare flusso di merci sul nostro porto. In effetti esiste solo un collegamento gestito da un armamento privato (Grendi) tre volte alla settimana con Vado Ligure. Nonostante gran parte del mercato interno di consumo sia concentrato nell’area cagliaritana: questo comporta l’uso di centinaia di camion che devono attraversare la Sardegna per andare o venire da Olbia con le merci dirette a Cagliari. Cosa potreste chiedere alla politica regionale e nazionale? Sicuramente quello di chiudere tutti i contenziosi sul porto, primo fra tutti quello del presidente dell’Autorità portuale, che attualmente è commissa-

riata, con tutti i limiti che questa situazione comporta. E poi anche di avere una maggiore attenzione della Regione verso il porto e lo shipping in generale, settori che hanno visto una scarsa presenza dei rappresentanti della politica regionale. Abbiamo notato che a differenza di altre regioni la nostra non è stata mai presente alle manifestazioni fieristiche internazionali di settore, e mi riferisco in particolare alla fiera di Miami, appuntamento annuale del settore crocieristico internazionale. Sull’accorpamento delle Autorità Portuali, qual è il punto di vista degli spedizionieri? E’ ora di finirla con inutili campanilismi, ed insistere a vedere gli altri porti della Sardegna come concorrenti. Andiamo in contro ad un sempre più probabile accorpamento delle Autorità Portuali e se ciò significa avere i porti governati da un’unica regia isolana allora ben venga, a patto però che il decisore sia persona illuminata e consapevole. Attenzione, non competente come vuole l’attuale legge che definisce le caratteristiche del presidente dell’Authority ma consapevole in materia di trasporti intermodali e logistica perché non basta venire dal mondo universitario o aver partecipato a qualche convegno per conoscere in maniera approfondita i problemi di un porto

o peggio di un sistema di porti. Se in posizioni così delicate continuano ad esserci persone senza un bagaglio di esperienze nel settore ci troveremo a dialogare ancora con politici e professori che sono eccellenti professionisti ma mai eccellenti manager. Il tavolo di lavoro voluto dal ministro Lupi potrà essere d’aiuto? In maniera sintetica Le rispondo che tra i sedici esperti ci sono personaggi di spessore come Nereo Marcucci, Pasqualino Monti, Rodolfo De Dominicis ed altri e siamo convinti che apporteranno il loro contributo, ma francamente sono decenni che si vuole riordinare il settore… vedremo le proposte. Cosa pensa dell’accordo TirreniaRegione Sardegna sulle tariffe? Partiamo dal fatto che l’accordo è pubblicato sul sito della regione e chiunque può farsene un’idea. Noi crediamo che è stata data la giusta attenzione al traffico passeggero ma ci si è distratti su quello merci, le agevolazioni previste non mi sembra riguardino il transito dei camion e comunque non in maniera significativa come se quel traffico non fosse alla base dell’economia di qualsiasi territorio compresa la nostra isola, se le merci non si muovono o non si creano condizioni favorevoli ai traffici, non c’è economia, ci possiamo girare attorno ma il punto è questo. Italo Merciati

MARINTER

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Tirrenia a due anni dalla privatizzazione

ono passati due anni e mezzo da quando si è concluso il processo di privatizzazione di Tirrenia attraverso il passaggio della storica azienda sotto l’amministrazione di Compagnia Italiana di Navigazione. Cifre alla mano, grazie ai positivi risultati industriali, commerciali e finanziari ottenuti nei primi 29 mesi di nuova gestione, oggi è possibile affermare che l’operazione rappresenta uno dei migliori esempi di privatizzazione avvenuti in Italia. La gestione CIN si è da subito caratterizzata attraverso una riorganizzazione globale, che ha coinvolto gli asset fondamentali dell’azienda, finalizzata alla riaffermazione del ruolo strategico della compagnia nel Mediterraneo, con l’ottimizzazione delle sue performances commerciali, economiche e tecniche. Il primo dato che evidenzia la riuscita della privatizzazione di Tirrenia è il fattore lavoro. Dopo solo due anni, la compagnia presenta un bilancio decisamente positivo. Contrariamente ad altri casi in cui la privatizzazione ha rappresentato per i lavoratori sacrifici sugli stipendi o esuberi (o, spesso, entrambe le cose), la società ha assorbito l’intero personale appartenente alla

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Tirrenia pubblica alle stesse condizioni retributive e normative. Ma è soprattutto l’ottimizzazione dell’impiego del personale navigante, realizzato grazie ad un accordo sindacale di fine 2013, ad aver dato una svolta al lavoro dei marittimi Tirrenia, aumentando i periodi di imbarco e conseguentemente le retribuzioni. L’effetto é dimostrato dai numeri: nei primi nove mesi del 2014 l’azienda ha erogato al proprio personale navigante (circa 1.000 persone) un milione e ottocentomila euro di stipendi e 5.000 giornate di lavoro in più rispetto allo stesso periodo del 2013, in cui erano applicate ancora le vecchie regole. Tirrenia inoltre ha stabilizzato una cinquantina di marittimi ex stagionali ed ha comunque fatto lavorare nei periodi di picco operativo dell’anno ulteriori 500 marittimi per circa 50.000 giornate pagate con retribuzioni pari a 5 milioni e mezzo di euro. A ciò va aggiunto che nel 2013 sono iniziati i corsi di aggiornamento per il personale navigante, mentre quest’anno sono stati assunti 15 allievi Ufficiali Commissari e oltre 60 marittimi si sono imbarcati attraverso le capitanerie della Sardegna.

Inoltre, con l’obiettivo di formare i marittimi di domani, in questi due anni è stato avviato il Progetto ForMare dedicato alla formazione professionale dei giovani sardi, in collaborazione con il MIUR, la Direzione Scolastica Regionale e gli istituti professionali e grazie al quale oltre 1.000 studenti sono saliti a bordo delle navi Tirrenia per i loro stages formativi (tutti a carico dell’azienda). “Siamo particolarmente soddisfatti per questo importante risultato - ha dichiarato l’Amministratore Delegato di Tirrenia Compagnia Italiana di Navigazione, Ettore Morace - Sin dal nostro insediamento, abbiamo lavorato affinché la Sardegna, nostra principale destinazione, avesse un ruolo centrale nello svolgimento delle nostre attività: lo riteniamo giusto e doveroso. Quest’estate abbiamo già mantenuto anche l’impegno di assumere marittimi in Sardegna, superando di gran lunga il numero prefissato e, in questo senso, continuiamo a lavorare col massimo impegno.” Altrettanto significativi sono stati i risultati in termini commerciali della compagnia, frutto di una strategia finalizzata all’innalzamento degli standard qualitativi della flotta e dei servizi, alla soddisfazione del cliente, all’affermazione della centralità delle isole nella mission aziendale, dell’avvio di nuove relazioni con gli operatori locali, di iniziative con i territori e di accordi con operatori del turismo in Sardegna. Ciò ha comportato l’immediata dismissione di unità obsolete, l’inserimento di navi di nuova generazione, il refitting degli interni con allestimenti moderni e funzionali, che hanno dato vita all’attuale flotta Tirrenia, una tra le più moderne del Mediterraneo, in grado di garantire i più alti standard di sicurezza ed affidabilità. Grande attenzione è stata dedicata a tutti i servizi, rinnovandoli e aggiungendone dei nuovi, per offrire il massimo comfort agli ospiti e facilità di prenotazione con un nuovo sito facile ed intuitivo, così come è stata assicurata, in questi 2 anni, la puntualità di oltre 10.000 corse (a fine settembre 2014). Inoltre, per gli autotrasportatori Tirrenia Compagnia Italiana di Navigazione ha sottoscritto con Eni un accordo di convenzionamento grazie al quale tutti


i titolari delle multicard Routex, multicard easy e truckpass24 potranno acquistare con queste carte di pagamento anche i viaggi effettuati a bordo dei traghetti Tirrenia. L’apprezzamento da parte della clientela è stato quasi immediato e, nonostante il difficile periodo economico in cui versa il Paese, l’incremento dei passeggeri nel 2014 è stato di circa l’8%, mentre le merci aumentano del 6% (oltre 250.000 camion trasportati). Particolarmente lusinghiero è l’aumento dei viaggiatori residenti sardi che ha fatto registrare un +12% nel 2014. Un ruolo significativo hanno avuto le attività di Corporate Social Responsability intraprese dalla compagnia in questi primi due anni, sostenendo iniziative in ambito sociale (agevolazioni tariffarie per i diversamente abili, aiuto alle associazioni animaliste, collaborazione con Save the Children), di promozione del territorio, e con le sponsorizzazioni sportive, tra le quali l’ultima entrata in ordine cronologico è la Dinamo Sassari. Una menzione speciale merita il progetto “Pasto Buono” contro lo spreco alimentare, che ha preso il via a Cagliari lo scorso giugno. L’accordo per il recupero delle eccedenze alimentari, firmato da Tirrenia Compagnia Italiana di Navigazione (che ha inaugurato l’iniziativa in ambito marittimo) e Qui Foundation, prevede che tutti i pasti invenduti a bordo delle navi della compagnia e perfettamente

conservati vengano donati alle famiglie e alle persone più bisognose. Il rinnovamento della nuova Tirrenia nei suoi primi due anni di vita, passa anche attraverso un’innovata visione della gestione tecnica finalizzata al risparmio e all’efficienza energetica, nell’ottica di un reale sviluppo economico e sociale quale espressione di un nuovo interesse per le tematiche della tutela ambientale. Per quanto attiene al Bunker sono state avviate numerose iniziative tra cui il progetto “ENERGY SAVING & ENVIRONMENTAL” finalizzato ad aumentare l’efficienza energetica della flotta, che prevede la sostituzione delle eliche di 7 navi (n°3 nel 2014 e n°4 nel 2015) con un investimento totale di circa 10 milioni di euro, alle sabbiature di sette carene con applicazione di pitture performanti ad interventi tecnici sugli impianti di bordo. A regime, si risparmieranno circa 15.000 tonnellate di combustibile per anno. “L’istituzione di un ufficio per il Risparmio Energetico ci offre la possibilità di effettuare una ricerca costante insieme a partner importanti e ai più prestigiosi progettisti e costruttori nel mondo dello shipping. – ha dichiarato Ettore Morace, AD di Tirrenia CIN – Questo progetto rappresenta solo l’inizio di molte altre attività che potremo realizzare in questa direzione e ribadisce l’interesse della nuova Tirrenia nei confronti delle tematiche di efficienza energetica e di tutela ambientale.”

Difatti, se è vero che il potenziamento del traffico marittimo è in grado di ottimizzare le catene di trasporto migliorandone l’efficienza economica, ambientale e sociale, siamo altresì convinti che ogni singolo attore protagonista di questa filiera, armatori, autotrasportatori, autorità portuali, associazioni di categoria, enti ed istituzioni, abbia innanzitutto il dovere di individuare azioni dirette e concrete che riguardano la propria attività per favorire l’efficienza e il risparmio energetico e la tutela ambientale, non già in un mero processo di green washing a favore della propria immagine, ma quale strumento reale di sviluppo economico e sociale.” I primi due anni di nuova gestione di Tirrenia sono stati caratterizzati da un sensibile sforzo intrapreso dalla compagnia per mantenere in ordine i conti, nonostante le perdite delle rotte in convenzione. Perdite che saranno in parte mitigate grazie alla razionalizzazione dei servizi concordata con il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, con il Ministero dell’ Economia e delle Finanze, e le Regioni Sardegna e Sicilia, senza esborso di ulteriori fondi da parte dello Stato e senza – aspetto molto importante – stravolgere la continuità territoriale.Gli sforzi intrapresi hanno generato un bilancio positivo e comparando il risultato economico dei primi 9 mesi del 2014 allo stesso periodo del 2013, si rileva una crescita dei ricavi pari al 3% (da 258 a 266 milioni). RedMar

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sardegna / porto&diporto

La politica delle alleanze opportunità di crescita

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eno porti con maggiori volumi movimentati. Le conseguenze del gigantismo navale e della politica di alleanze tra i player dello shipping internazionale rappresentano un’indubbia opportunità di crescita per gli hub del Mediterraneo. “A patto di garantire adeguate condizioni operative, stabilità dei servizi, velocizzazione dei flussi”. Ingredienti, quelli indicati da Franco Nicola Cupolo, Amministratore Delegato del Cagliari International Container Terminal, alla base dell’affermazione progressiva di una realtà peculiare nel network di Contship Italia. Un nodo caratterizzato dalla sua essenza “insulare” e dalla prossimità ai mercati del Nord Africa di cui costituisce il naturale “extended homeport”. Quale posizione ricopre CICT nella rete mediterranea di Contship? Per l’attività di transhipment Cagliari è centro di collegamento con le rotte asiatiche, americane, nordeuropee. È scalato dall’alleanza G6 ed annovera linee parallele per compagnie come Hamburg Sud e Hapag Lloyd. Rispetto all’attività degli altri nodi del nostro network CICT non registra molti gradi di fungibilità: la scelta degli armatori in direzione dello sviluppo di megacluster tende a selezionare specifiche peculiarità operative; si va là dove è offerto il miglior servizio. Per il trasbordo contenitori le nostre aree di riferimento

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sono West Med e Nord Africa. La dotazione strutturale del Terminal? Cagliari può contare su 1.500 metri di banchina, estendibili ad altri 380 metri, con una profondità di 16 metri. Con il completamento delle operazioni di dragaggio, da questo punto di vista, non si registra alcuna criticità. Con sette gru fisse da 18 metri e una mobile abbiamo una dotazione sovrastrutturale in grado di garantire la massima operatività sulle unità ULCCs. Soprattutto, qualora le richieste della clientela lo rendessero necessario, saremmo in grado di rispondere in modo veloce e flessibile con i necessari adeguamenti. Una produttività aumentata del 60% è la nostra risposta alla sfida lanciata dalla portualità della sponda Sud. È forte la concorrenza? Si sente, certo. Sono realtà che operano con un gap di costo a loro favore, con strutture avanzate e nessuna differenza tecnologica. Per competere sono necessari qualità, adeguate condizioni operative, stabilità del servizio, velocizzazione dei flussi. Elementi che caratterizzano CICT, tanto da farne il punto di riferimento nel Mediterraneo per le delicate manovre di “phase in phease out”. Ovvero, il trasferimento di containers tra due “navi madre”. Un’operazione effettuata a Cagliari 49 volte negli ultimi due anni perché esistono le

condizioni strutturali e operative richieste. Ma non basta. Aggiungerei anche una vasta gamma di servizi aggiuntivi alla merce. Cioè? Mi riferisco alle procedure doganali o al project cargo, per limitarmi a qualche esempio. Nel settore delle pale eoliche provenienti dagli USA, per dire, Cagliari svolge una sorta di servizio magazzinaggio. Dopo un periodo di giacenza sono reimbarcate o inoltrate nel territorio. CICT e mercato sardo. Nel corso degli anni abbiamo registrato una crescita dei traffici diretti e puntiamo a diventare il gateway di collegamento con la terraferma. Il 2014 in questo segmento ha segnato un +17,4% rispetto al 2013 (+19,6% in esportazione e +15,2% in importazione, ndr). I vantaggi, d’altro canto, ci sono tutti. CICT offre alle aziende isolane l’opportunità di sfruttare i collegamenti offerti dalle compagnie di navigazione su base settimanale. Oltre tredici servizi che collegano direttamente Cagliari ai porti in tutto il mondo; con destinazioni come Singapore, Jeddah e Jebel Ali, la costa orientale e occidentale degli Stati Uniti, il Canada, l’America Centrale, il Mediterraneo orientale, la regione del Mar Nero e del Nord Africa. Giovanni Grande


infrastrutture / porto&diporto

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sardegna / porto&diporto

Riforma delle AP senza penalizzare i territori

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na delle più antiche imprese dello shipping sardo è stata certamente la Acciaro&Parodi, presente attivamente nel settore dei trasporti e delle spedizioni dal lontano 1947; nel 2012, a seguito di un ultimo riassetto societario la Acciaro&Parodi viene divisa in due distinte società, la AP Logistics Srl, con attività prevalente di trasporto su strada, e la Shipping Mediterranean Sealog Spa, con attività esclusiva di agenzia marittima ed impresa imbarchi e sbarchi. PORTO&diporto ha incontrato Giancarlo Acciaro, Ad della Sms Log.che in questa intervista ha espresso il suo pensiero sui possibili accorpamenti delle Autorità portuali in Italia. Presumibilmente la sede dell’AP sarda sarebbe a Cagliari, quanto influenzerebbe sui territori lontani dalla sede centrale? L’accorpamento, così come se ne è parlato fino ad oggi, ha poco senso in

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Sardegna. I porti del Nord hanno particolarità ed esigenze diverse da Cagliari che ovviamente godrebbe di maggiori attenzioni avendo in loco il centro decisionale. Cagliari è un porto con ambiti di sviluppo ben delineati, come il porto storico che sarà votato sempre più a crociere e diporto nautico, il porto canale con l’importante infrastrutturazione di ampie banchine ed importanti fondali senza dimenticare la raffineria, uno degli impianti più grandi del Mediterraneo; a Nord invece i porti hanno bisogno di politiche di sviluppo calibrate anche sul rilancio delle strutture esistenti e sulle potenzialità dei traffici. Diciamo che lontano da un territorio si può parlare di traffici, banchine ed opere solo in maniera generica. Quindi quali sono le differenze tra i porti sardi? Olbia è un efficacissimo gate per il continente con un traffico molto inte-

ressante, che deve però continuamente lavorare alla Canaletta per mantenere efficiente il passaggio e a terra dovrebbe implementare le aree per far fronte alle punte di traffico in determinati periodi sia ro-ro per le merci sia passeggeri con auto a seguito, al fine di garantire la qualità dei servizi e la sicurezza necessaria, in pratica qui ci sarebbe bisogno di investimenti importanti e costanti. Su Porto Torres dobbiamo dire che aveva la vocazione di servire l’estesa area industriale, poi con la chiusura di importanti insediamenti è venuta a mancare la produzione e il porto ha attraversato un periodo di abbandono, fortunatamente oggi sono in essere lavori e progetti grazie alla sensibilità dell’Autorità Portuale del Nord Sardegna, verso le esigenze degli operatori che concretizzano i tentativi di riportare il traffico marittimo. Il terzo porto è Golfo Aranci dove or-


mai si punta, giustamente, sul turismo e lo smantellamento della rete ferroviaria che doveva essere asservita al traffico industriale, restituirà aree ad eventuali progetti di sviluppo. Le differenze sulle due realtà, mi riferisco a Cagliari e all’insieme dei porti del Nord, sono insite nella tipologia di interveti economici di cui hanno bisogno. Olbia, Golfo aranci, e Porto Torres hanno necessità di investimenti costanti sulle infrastrutture per adeguarle al mercato attuale delle merci e quindi attirare traffici, mentre Cagliari è già dotato di infrastrutture valide e gli investimenti saranno orientati allo sviluppo dei servizi frontalieri e logistici. Per quanto riguarda Porto Torres ad esempio il pescaggio di 8 metri in alcune aree del porto commerciale non consente di attirare l’attenzione degli armatori, penso alle grandi navi da crociera, che certamente avrebbero interesse a questo scalo che fa riferimento ad un territorio ricco di siti archeologici e di bellezze naturali che potrebbero essere sfruttate inserendoli semplicemente in itinerari ed escursioni. Ma l’accorpamento è stato concepito in tema di risparmio delle risorse, ormai una parola d’ordine. E’ ovvio che visti i tempi tutti siamo d’accordo a rivedere qualsiasi Ente, Organizzazione o Azienda che oppor-

tunamente riorganizzata farebbe risparmiare denaro allo Stato. Ma farei due considerazioni: una di respiro nazionale riportando ciò che hanno detto più volte capaci e competenti presidenti di Autorità e cioè che questi enti sono concepiti a livello amministrativo per non pesare sulle casse dello stato neanche per un euro (anche gli stipendi dei dipendenti fanno parte della gestione derivante dagli introiti delle tasse portuali e dai canoni demaniali), anzi attraverso le Autorità nelle casse centrali arriva un fiume continuo di denaro quindi se ne deduce che il riordino paventato dal ministro Lupi persegue strategie politiche, e non è detto che non siano condivisibili ma non hanno nulla a che fare con il risparmio sui conti pubblici. L’altra considerazione è, all’opposto, estremamente territoriale: le Autorità portuali collaborano ed interagiscono con i comuni che amministrano i territori entro i quali insistono i porti creando una sinergia tra enti dello stesso territorio che riescono ha concepire progetti di sviluppo al di là della logica del mandato politico che purtroppo ha sempre compromesso la strategicità degli interventi. Bisogna stare molto attenti però, perché corriamo il rischio che l’accentramento delle strutture potrebbe generare anche un accentramento di investimenti e agevolare lo sviluppo

Giancarlo Acciaro solo di poche aree creando, alla lunga, cattedrali nel deserto, invece l’obiettivo dello Stato deve essere quello di consentire lo sviluppo di tutti i territori che presentano reali potenzialità e dove si è già investito in passato. Ribadisco il punto di vista come operatore della logistica e dello shipping, l’eventuale accorpamento deve necessariamente tener conto di realtà particolari come quella sarda. RedMar

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sardegna / porto&diporto

Tpl, il nodo dei trasporti regionali della Sardegna L’

Assessore regionale ai trasporti della Regione Sardegna, Massimo Deiana, ha tracciato per PORTO&diporto un focus sui trasporti dell’isola. Assessore quale è l’attuale programmazione in tema di trasporto in Sardegna? Si tratta di un’attività molto complessa perché deve affrontare il problema della continuità territoriale: le tematiche relative al trasporto aereo al momento registrano un assetto abbastanza definito, come pure la cosiddetta continuità territoriale marittima ha una situazione abbastanza normalizzata perché a seguito di una evidenza pubblica abbiamo assegnato questo compito alla Tirrenia. Quali problematiche riscontrate? Le maggiori problematiche paradossalmente non sono quelle dei collegamenti esterni ma quelle del trasporto pubblico locale. Abbiamo diversi players

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che operano all’interno della Regione che assicurano un sistema di trasporto pubblico: Trenitalia che dal marzo 2014 ha un contratto di servizio stipulato direttamente con la Regione Sardegna, stiamo lavorando da sei mesi a questa parte alla stesura di un nuovo contratto di servizio per i prossimi cinque o sei anni; il secondo player è l’ARST Azienda Regionale Sarda Trasporti che fa su gomma circa 40 milioni di km. Che è fondamentalmente il player più grande, al suo interno ha anche una parte di tpl su ferro. Sulle tratte di tpl siamo intervenuti con delle opere di infrastrutturazione tipo il segnalamento automatico piuttosto che l’ammodernamento della linea per cui le strutture sono da considerare sufficientemente moderne. Un terzo player è composto da 56 operatori quindi molto parcellizzato ma con margini di intervento che saranno concretizzati a breve termine; da ultimo ci sono 4

aziende speciali che sono aziende municipalizzate che svolgo trasporto urbano nei principali agglomerati urbani dell’isola. In quale direzione agirete? Abbiamo molto chiaro il fatto che ci collochiamo nella parte bassa della classifica delle regioni italiane per quanto riguarda il numero di tratte affidate in concessione per questo abbiamo la necessità di attivare le gare, ma prima di fare questo dobbiamo agire sulle ridondanze, sovrapposizioni di tratte, e su una razionalizzazione che prevede la creazione di punti di interconnessione tra ferro e gomma, in modo che l’utente possa cambiare mezzo in maniera razionale e rapida. Per migliorare la qualità del servizio la regione ha comprato otto treni veloci diesel-elettrici che sono in grado di recuperare quasi 40 minuti sulla percorrenza Cagliari Sassari.

Nautica ed ambiente risorse da preservare

na delle più importanti realtà imprenditoriali nel settore della nautica in Sardegna è senza dubbio SYS - Sardinia Yacht Service. Agenzia Marittima, provveditore di bordo, casa di spedizioni (punto DHL), agenzia viaggi, cantiere di riparazione e manutenzione con alaggio, il tutto con l’elevato standard qualitativo Iso 9001 certificato da Bureau Veritas. PORTO&diporto nel fare il punto dell’economia del mare in Sardegna ha incontrato Renato Azaro AD di Sardinia Yacht Service e Presidente di Navigo Sardegna. Quanto è importante la nautica nell’economia del mare in Sardegna? Come portualità siamo secondi solo alla Liguria e la nautica dell’Isola coinvolge circa 1800 aziende tra dirette del settore ed indotto e rappresenta una importante fonte occupazionale; solo nel

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comprensorio di Olbia il fatturato è di circa 85 milioni di euro. Purtroppo devo esprimere in negativo il mio personale giudizio per quello che si potrebbe fare per incrementare tutto il settore. La nautica è un buon canale per far conoscere l’isola? La nautica non è percepita come opportunità: dobbiamo superare la fase dei convegni e delle pubblicazioni di libri ed elenchi, bisogna essere presenti alle fiere internazionali affiancando nautica e territorio in maniera più incisiva. Questo settore dovrebbe essere il ponte che collega i turisti al territorio e potrebbe essere un volano di sviluppo per tutte le attività collegate dalla ristorazione alla ricettività dall’artigianato ai prodotti tipici. Quali azioni si dovrebbero intraprendere? Faccio un esempio per tutti. Come spesso succede in Italia viviamo di ren-

RedMar

dita di posizione, abbiamo in Sardegna un richiamo naturalistico che da solo è un fortissimo attrattore ma non si fa nulla per preservare l’ambiente quando una iniziativa in tal senso, giocata bene sui mercati internazionali, sarebbe di grande impatto. Parlo di cose semplici ed attuabili come la mia proposta al tempo della tassa Soru: premesso che non è previsto il ritiro delle acque nere di bordo per le piccole e medie imbarcazioni, prevederne invece la raccolta. Agendo attraverso i porti marina si potrebbe prevedere un servizio obbligatorio di consegna delle acque nere di bordo il cui smaltimento potrebbe essere economicamente assorbito in parte dal porto, in parte dal proprietario dell’imbarcazione ed in parte dall’amministrazione, praticamente i tre soggetti che ne ricaverebbero i massimi benefici pratici e di immagine. RedMar


sardegna / porto&diporto

Porto Torres e Olbia no all’accorpamento

Luigi Beniamino Scarpa

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n interessante studio della Camera di Commercio sui flussi di traffico di Porto Torres evidenzia un dato significativo, ovvero negli anni novanta del secolo scorso nel porto industriale ormeggiavano 1500 navi all’anno a fronte delle attuali 50. Per Luigi Beniamino Scarpa, sindaco di Porto Torres, ci sono due aspetti che colpiscono per la loro evidenza: il primo è negativo ovvero l’esiguità del traffico attuale confronto al dato storico e poi c’è un aspetto che colpisce favorevolmente, l’enorme potenziale che ha questo sistema. 400 ettari di specchio acqueo, fondali a 15 metri, centinaia di ettari di retro porto, pianeggianti, contigui alle banchine e perfettamente infrastrutturati per poter attrarre nuove aziende di produzione. A Porto Torres è prevista la zona franca, cosa è stato fatto? Abbiamo realizzato la perimetrazione delle aree relative alla zona franca ed abbiamo anche identificato le strutture per il centro intermodale; abbiamo lavorato in sinergia con le Autorità portuali, Provincia e Regione che hanno recepito la nostra documentazione. Tuttavia manca il decreto di perime-

trazione regionale. La norma nazionale prevede otto zone franche e vanno realizzate tutte: certo è naturale che chi ha lavorato in fretta e bene possa partire per primo ma senza penalizzare gli altri. Abbiamo sentito voci che vorrebbero far partire solo la zona franca di Cagliari ma la nostra posizione è che si dovrebbe far partire tutti i porti che sono pronti senza distinzioni campanilistiche. Quali sono le caratteristiche di Porto Torres? Porto Torres è classificato porto nazionale ed è evidente che avrebbe bisogno di altri investimenti. Abbiamo l’unico porto sardo con collegamenti internazionali, con Barcellona e Valencia e siamo attenti a stimolare altri collegamenti anche con contatti infra-istituzionali. Certamente per l’incremento dei traffici commerciali sarebbe importante offrire anche la zona franca. Stiamo riorganizzando gli ormeggi pescherecci e per la nautica. Cosa pensa dell’accorpamento delle AP? L’accorpamento delle AP sarebbe un salto nel buio. Mentre per l’accorpamento con Olbia il comune si è espresso favorevolmente a conclusione di un percorso politico-istituzionale, alla fine condiviso, in questo ultimo caso nessuno ci ha chiesto il benché minimo parere. Porto Torres ha una forte vocazione industriale con infrastrutture importati, sarebbe un controsenso non dargli le giuste attenzioni dopo tutti gli investimenti effettuati nel corso degli anni. Gli fa eco Gianni Giovannelli, sindaco di Olbia che non ritiene quella degli accorpamenti la stada giusta. Sull’argomento è intervenuto anche il Sindaco di Olbia Gianni Giovannelli. Sempre più concreta l’ipotesi di un’unica Autorità sarda. “Se significa sopprimere l’Ap di Olbia non siamo d’accordo. Abbiamo una specificità che altri comuni non hanno noi abbiamo l’autorità portuale che arriva praticamente in città infatti per molti aspetti lavoriamo in sinergia. E’ molto

Gianni Giovannelli particolare come situazione se si pensa alle autorizzazioni per un bar che vuole occupare il suolo adiacente all’attività commerciale o ad un artigiano che ha bisogno di accessi particolari ai propri laboratori. Come si farebbe a far comprendere a distanza le problematiche burocratiche che andrebbero affrontate con la stessa efficacia e velocità che realizziamo attualmente. Olbia è una città complessa a forte vocazione turistica che però è anche un gate di passaggio di un importante transito di passeggeri e merci e non riesco ad immaginare una gestione cagliaricentrica di tanti aspetti amministrativi. E poi le dico da sindaco di lungo corso che tutte le volte che si è portato un sistema decisionale a Sud, di qualsiasi settore, non mai più tornato al Nord alcun risultato positivo. Quali azioni ha in atto il comune sul fronte mare? Sono tantissime che vanno dalla riqualificazione della sponda sud del golfo alla gestione ai fini diportistici delle anse del porto, che significherebbe ampliare la disponibilità di posti barca. Abbiamo in corso anche interventi nel settore della mitile coltura. RedMar

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fedespedi / porto&diporto

Burocrazia nell’importazione costa all’Italia 6,4 mld di euro C

he il sistema portuale nazionale abbia ampie potenzialità in termini di contributo all’economia del Paese è cosa risaputa tra gli operatori del comparto, così come l’individuazione della burocrazia quale principale responsabile dello spread logistico che separa i nostri porti dai principali competitors internazionali. Ad oggi, però, non era ancora disponibile uno studio in grado di quantificare, numeri alla mano, il costo di tale inefficienza. Per colmare questa lacuna Fedespedi – Federazione Nazionale delle Imprese di Spedizioni Internazionali - ha recentemente realizzato uno studio volto a quantificare il valore del mancato introito per il nostro Paese derivante dall’importazione nei porti del Nord Europa, ogni anno, di circa 900 mila contenitori di merce destinata al mercato italiano, numero calcolato sulla base delle autorevoli fonti consultate tra le quali il Piano Nazionale della Logistica, il Libro Bianco dei Trasporti e la Cassa Depositi e Prestiti. Tale situazione è dovuta principalmente all’eccesso di burocrazia che caratterizza le procedure di importazione di una merce nel nostro Paese dove, nonostante gli innegabili progressi dell’ultimo periodo in termini di velocizzazione delle tempisti-

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che, possono essere effettuate ancora sulla stessa merce fino a 17 tipologie di controllo e possono intervenire fino a 5 Ministeri. Secondo lo studio realizzato dalla nostra Federazione il valore di tale mancato introito è pari a circa 6,4 miliardi di euro, di cui oltre il 60% destinato allo Stato (dazi doganali e IVA). Tale risultato si ottiene moltiplicando il numero di contenitori presi in considerazione (circa 900 mila) per il mancato introito per singolo contenitore da 20 piedi,

stimato in circa 7.100 euro. Quest’ultimo valore si ottiene sommando le voci di costo che intervengono nel ciclo di importazione di una merce nel nostro Paese, ovvero dazi doganali e IVA destinati all’Erario, tasse portuali, costi legati all’attività di agenzie marittime, terminal portuali, spedizionieri e autotrasportatori ed infine indotto bancario. Il risultato ottenuto basterebbe da solo a evidenziare la necessità e l’urgenza di interventi concreti volti a ridare competitività dei nostri scali seguendo una mentalità maggiormente business oriented come avviene, ad esempio, in Olanda e Germania, Paesi tra i più virtuosi a livello internazionale in materia di logistica. Il nostro studio ha voluto quantificare inoltre il valore dell’indotto economico per il tessuto imprenditoriale del Paese che verrebbe attivato se i 900 mila contenitori venissero importati nei porti italiani. I 5,5 miliardi stimati, ottenuti applicando il moltiplicatore del reddito del cluster marittimo (2,37), al valore dei potenziali nuovi ricavi che tale operazione porterebbe al mondo delle imprese (circa 2,34 miliardi di euro) testimoniano ancora una volta le grandi potenzialità del nostro sistema portuale fino ad oggi non ancora concretizzate. Appare pertanto chiaro che solo un’azione congiunta del mon-


do imprenditoriale, del governo e della pubblica amministrazione, possa ridare credibilità all’intero sistema e convincere quelle aziende che oggi preferiscono importare tramite i porti del Nord Europa beni che saranno poi distribuiti e venduti nel nostro territorio, a ritornare a dare fiducia al sistema dei porti italiani. Per far questo è necessario che alcune delle sue strutture portanti, tra cui Autorità Portuali, porti, aeroporti e retroporti e gli ingranaggi organizzativi, tra cui la normativa di settore e la Pubblica amministrazione, siano messe nella condizione di poter lavorare al meglio per confrontarsi su scala internazionale con i sistemi logistici delle altre nazioni. Il nostro Paese deve inoltre poter contare su un’applicazione omogenea del diritto europeo, vanno eliminate le storture per le quali oggi le imprese italiane si vedono penalizzate da una lettura ed applicazione del diritto comunitario che genera un vero e proprio gap competitivo. Come Fedespedi da tempo sottolineiamo l’importanza di una decisa azione di snellimento burocratico e di semplificazione normativa degli adempimenti legati all’import/export per incrementare i volumi di merce movimentata dai porti nazionali. Tra gli interventi prioritari da attuare rientrano a nostro

avviso, ad esempio, una concreta riforma del sistema portuale che dia alle Autorità Portuali una reale autonomia finanziaria, la piena e totale attivazione su scala nazionale dello Sportello Unico Doganale e del cosiddetto sistema di preclearing e l’istituzione di un Testo Unico, oggi mancante, che riunisca tutte le norme di importazione ed esportazione di una merce definendone, a livello nazionale, interpretazione ed ambiti di applicazione. Come ho già avuto modo di dire, la portualità, lo shipping e in generale il settore logistico, non sono solo settori economici già oggi fondamentali per l’economia nazionale, al pari di turismo ed industria, ma da

qui si dovrebbe ripartire per il rilancio della crescita e della competitività del nostro Paese. L’economia portuale e, in generale, l’economia logistica, sono in grado di stimolare significativamente la produzione e l’occupazione di ogni sistema economico che ne sappia valorizzare compiutamente la funzione. L’auspicio è che anche il nostro Paese ne riconosca finalmente tale valore implementando quelle azioni capaci di attivare pienamente il loro grande potenziale. Piero Lazzeri Presidente Fedespedi - Federazione Nazionale delle Imprese di Spedizioni Internazionali.

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I Marinai Oceanografici e le ricerche marine

l Prof. Giovanni Polvani, Presidente del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) negli anni 60 volle fortemente dare un grande impulso alle ricerche marine. Strumento principale fu la nave oceanografica BANNOCK. Costruita a Charleston nel 1941, prende il nome da un capo della tribù pellerossa ed è un ex rimorchiatore oceanico di salvataggio della Marina Militare U.S.A. Nel 1962 essa viene concessa all’Italia dal Governo degli Stati Uniti d’America a condizione che venga impiegata in ricerche oceanografiche. Nel 1963 la BANNOCK viene allestita e modificata per essere adattata alle attività oceanografiche; questi lavori sono stati effettuati presso l’OARN (Officine Allestimento e Riparazioni Navi) di Genova. Ha navigato ininterrottamente per 30 anni in tutto il Mediterraneo, spingendosi anche oltre lo Stretto di Gibilterra fino alle Azzorre e, attraverso il Canale di Suez, fino in Mar Rosso. La nave, l’equipaggio, gli scienziati e i tecnici hanno sempre riscosso, anche in sede internazionale, lusinghieri apprezzamenti, soprattutto da parte dei ricercatori stranieri che partecipavano alle campagne a bordo della nave italiana. La mole di pubblicazioni scientifiche derivanti da tali campagne di ricerca è davvero imponente e sono state presentate nei grandi consessi scientifici internazionali, che si tengono periodicamente, chiamati “Le Olimpiadi Oceanografiche”! La storia operativa delle navi del CNR e dei mezzi navali minori, a cominciare dalla BANNOCK, costituisce un notevole esempio di sicurezza, di gestione efficiente e di professionalità del personale imbarcato. Non è un caso che in 30 anni (1963-1993) di esercizio delle navi del CNR non si siano mai verificati danni alle persone, né si siano fermate le navi per avarie considerevoli, né vi siano state proteste e richieste particolari da parte degli equipaggi marittimi. I “Marinai Oceanografici” come li chiamo io, sono indispensabili per la condotta delle operazioni; con la loro esperienza, la loro calma, la capacita di comprendere le cose, tipica della gente di mare, rendono più agevole il compito degli scienziati e svolgono un

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ruolo fondamentale per la riuscita delle operazioni e per la sicurezza delle manovre in mare, effettuate talvolta in condizioni meteorologiche avverse e di instabilità. Sotto l’esperta conduzione di Comandanti altamente qualificati succedutosi nel tempo, come Amilcare Mancuso, Nicola Scotto di Carlo, Emilio Piazza, Raffaele Papandrea, Salvatore Tramontano e tanti altri Ufficiali di Coperta e Macchine, è nata una nuova categoria di lavora­tori del Mare: i Marinai Oceanografici. Una categoria di marittimi che prima non esisteva; le ricerche in mare, prima degli anni 60, venivano eseguite sporadicamente con navi della Marina Militare. I Marinai Oceanografici hanno rapidamente acquistato particolare attenzione ed esaudito le esigenze dei ricercatori. Quando poi sono arrivate a bordo le Scienziate Oceanografiche, esse hanno mostrato professionalità, precisione e diligenza e con pazienza e gentilezza svolgono il loro lavoro e quindi l’impegno dei Marinai Oceanografici è stato maggiore verso queste entusiaste ragazze . I Marinai Oceanografici diventano in

breve tempo i protagonisti della navigazione di ricerca in Italia. è indispensabile incrementare le ricerche marine, bisogna prevenire e studiare l’aspetto fisico, chimico, biologico, geologico e della pesca. Conosciamo la Luna meglio dei fondali marini; eppure il futuro dell’umanità, la ricerca delle principali fonti di sostanze alimentari non sta di certo sulla Luna o su Marte o su Giove. Il mare è culla della vita e di civiltà. La storia del mare e degli oceani ha origine molti milioni di anni fa all’inizio dei tempi geologici e prosegue quale elemento dominante nella storia del nostro pianeta. Esso dà agli organismi marini condizioni ideali di esistenza. Gli esseri marini sono legati all’acqua che li circonda, fornisce loro le sostanze e i gas necessari per l’alimentazione e la respirazione. Il mondo della vita appartiene più all’acqua che alla terra; tuttavia si chiede tanto alla terra e così poco al mare. Lo sfruttamento intelligente delle risorse marine è uno dei grandi problemi del futuro. Gli oceani ricoprono il 70% della superficie terrestre e il loro potenziale economico è immenso; le riserve ge-


Così il generale Douglas Mac Arthur si rivolgeva ai giovani cadetti dell’Accademia Militare di West-Point – USA, nel 1945: “Resterete giovani fino a quando resterete ricettivi a ciò che è bello, buono e grande, ricettivi ai messaggi della natura, dell’uomo, dell’infinito” e del mare, aggiungo io, e poi bisogna mostrare entusiasmo negli studi, perché senza entusiasmo non si è mai compiuto niente di importante! Salvatore Scotto di Santillo Capitano Superiore DM Marina Mercantile, già responsabile delle navi oceanografiche e dei mezzi navali CNR ologiche ­minerarie si estendono oltre le coste, nelle piattaforme continentali; nel mare esistono imponenti riserve proteiche ed enormi quantità di energia ricavabile dalla forza delle maree e dal calore. Le giovani ed i giovani studiose/i dovrebbero prendere in consi­derazione la possibilità di intraprendere gli studi della BLU ECONOMY come viene chiamata oggi, studi pieni di affascinanti promesse e come scrive Joseph Conrad in Lord Jim: “C’è un che di straordinariamente vago nelle speranze che hanno condotto ciascuno di noi verso il mare, una così bella avidità di avventura (di conoscenze e apprendimento, aggiungo io) che hanno in sé stesse la loro unica ricompensa”.

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Iniziative per la sicurezza nel comparto marittimo

l giorno 11 dicembre presso l’Aula Magna dell’Università Parthenope, l’Istituto Italiano di Navigazione ha programmato un interessante Convegno dove sono stati illustrati i risultati dello studio avviato all’inizio del corrente anno e promosso dalla Camera di Commercio di Napoli. Lo studio propone quattro concrete iniziative a beneficio della sicurezza nel comparto marittimo che vengono presentate da Soci dell’Istituto e da Rappresentanti di Enti, quali Autorità Portuale, Direzione Marittima ed Accademia Aeronautica di Pozzuoli, che hanno partecipato al progetto. L’ing. Giosuè Grimaldi Presidente della Sede di Napoli dell’Istituto, insieme al Prof. Antonio Scamardella, docente universitario e tra l’altro perito nominato dalla Procura di Grosseto per l’incidente della Concordia, ed al Prof

Mario Vultaggio esperto di Navigazione, hanno coordinato la presentazione. Era presente il Comitato di Validazione del lavoro costituito dal Rettore della Parthenope Prof. Claudio Quintano, dal Responsabile della Direzione Marittima Ammiraglio Antonio Basile e dal VicePresidente della Camera di Commercio Avv. Alessandro Limatola. I quattro temi trattati: 1° Relazione - Sistema di comunicazione per connettere gli Enti del Cluster marittimo di particolare utilità nelle situazioni critiche e di emergenza. Riflessioni sulla opportunità di realizzare un “ambiente informatico comune” dove gli Operatori del Cluster possono fornire e ricevere dati ed informazioni utili alle proprie attività di gestione. Relatori Giovanni Russo (Vigili del Fuoco); Ugo Vestri (Autorità Portuale); Com.te Luciano Del Prete (Direzione Marittima).

2° Relazione - Esperienze internazionali circa le regole e le procedure che sovraintendono alle operazioni portuali e loro contributo al miglioramento del livello di sicurezza del Sistema Porto. Relatori: G. Di Domenico (Soc. Rimorchiatori Napoletani), M. Starita (Soc. Moroso-Starita). 3° Relazione - Realizzazione di una piattaforma informatica che consente di trasmettere ai diportisti informazioni utili per una più sicura navigazione. Relatori: F. Silvestre (Soc. Tech-tron); Com.te P. Palescandolo (Guardia Costiera). 4° Relazione - Utilizzo di “droni” dotati di strumentazioni e di specifici dispositivi idonei alla individuazione di persone disperse in mare. Relatori: M. Sellitto (C.I.R.A.); T.C. Falanga (Accademia Aeronautica di Pozzuoli).

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ferrovia / porto&diporto

Trazione e manovra la formula del successo

di FuoriMuro N

ata nel 2010, FuoriMuro è la società che gestisce le attività di manovra nel Porto di Genova. Grazie all’ottenimento del Certificato di Sicurezza che permette l’attività di impresa ferroviaria integra il servizio di manovra con la trazione dei convogli da e per le piattaforme logistiche che fungono da retroporto allo scalo genovese ed ha avviato anche servizi internazionali tra la Francia e l’Italia. Un percorso di successo che, tra l’altro, la ha portata a vincere, lo scorso 14 novembre il premio di “Miglior operatore ferroviario merci europeo del 2014” nell’ambito dell’European Rail Congress di Londra, alla presenza di oltre 400 rappresentanti del settore ferroviario continentale. La motivazione spiega meglio di mille parole la mission di FuoriMuro: per il servizio di trasporto combinato che l’Impresa effettua sull’asse Italia-Francia via Ventimiglia e per la capacità unica di integrare il servizio di manovra ferroviaria all’interno del Porto di Genova con la trazione in linea”. Oggi FuoriMuro ha 106 dipendenti, una settantina dei quali impegnati nelle

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manovre portuali e i rimanenti nel servizio ferroviario vero e proprio. La società il cui capitale sociale è diviso tra Rivalta Terminal Europa (50%), InRail (25%) e Tenor (25%) nel 2013 ha movimentato nel solo Porto di Genova oltre 130mila carri ed ha fatturato complessivamente 12,5 milioni di euro. Sembrano lontani i tempi nei quali il servizio di manovra a Genova pareva essere un incubo: era il 2009 e le attività erano state affidate, con gara, a Ferport, una società al 51% di Serfer (a sua volta 100% Trenitalia) e Abaco Logistica. Scioperi e ritardi erano all’ordine del giorno. Gli operatori ricordano ancora l’azione di protesta di marzo, quando le ruote di alcuni carri furono saldate alle rotaie e l’astensione a oltranza dal lavoro per alcune settimane un paio di mesi dopo. Alla scadenza della concessione, nell’ottobre 2009, l’Autorità Portuale mise a gara il servizio di manovra. Era chiaro che il problema dell’efficienza del servizio, passava oltre che per una radicale riorganizzazione delle attività nel porto anche all’integrazione di questo servizio con la trazione dei convogli in

uscita dallo scalo. Alla gara partecipò e vinse una società che già nel nome sottolineava questa vocazione: FuoriMuro. Il presidente della società, Guido Porta ricorda: “Il nome è nato proprio da questo perché quando noi abbiamo partecipato al bando, avevamo elaborato un piano di impresa che prevedeva di reimpiegare le persone che erano eccedenti nel servizio di manovra in una attività di impresa ferroviaria. A Genova, quando si partecipa ad una gara per il servizio di manovra il bando impone al vincitore l’assunzione di tutti i dipendenti; è la cosiddetta “clausola sociale”. Quindi noi abbiamo attivato l’attività di impresa ferroviaria per assicurare un lavoro a queste persone. Per riuscirci abbiamo fatto fin dall’inizio, nel pre-gara, una trattativa per cercare di modificare l’organizzazione con il sindacato che ha condiviso questo progetto. Così abbiamo ridotto quasi della metà il numero delle persone addette alle manovre. Prima erano 110 addetti, tutti dedicati alle manovre, più una serie di turni straordinari che venivano regolarmente impiegati, noi siamo passati a circa 70 persone impegnate


nel servizio di manovra, mentre le altre lavorano oggi nel servizio ferroviario. In questa parte dell’azienda, a parte il responsabile della sicurezza che deve essere una persona con particolari competenze e caratteristiche, tutte le altre persone, anche operative, provengono dalle attività di manovra della precedente gestione. Abbiamo fatto un lavoro di riqualificazione e formazione professionale molto interessante”. L’idea di una integrazione tra manovra portuale e servizio di linea è quindi alla base del progetto industriale di FuoriMuro. L’obiettivo è da un lato rendere efficienti e meno costose le manovre nei terminal portuali dall’altra offrire una vera filiera unica del trasporto intermodale alle compagnie marittime e agli MTO. “Noi svolgiamo nei terminal San Giorgio e VTE i servizi di manovra per conto delle imprese ferroviarie o per conto dei terminalisti - spiega Porta - per Messina, ad esempio la manovra la facciamo direttamente indipendentemente da chi fa il treno, in altri casi invece la manovra la paga l’impresa ferroviaria. Il costo del servizio di manovra è naturalmente un fattore importante, ma altrettanto lo è l’affidabilità. Abbiamo fatto una offerta a 750 euro per movimento, che comunque rispetto a scali come La Spezia, che costano

meno è più elevato, ma rispetto a scali che hanno una complessità simile a Genova è competitivo. Siamo meno cari di Savona e Trieste tanto per fare un esempio. Per la affidabilità del servizio, rispetto al passato il personale non ha più fatto sciopero, tanto che noi abbiamo degli ottimi indici di puntualità. Il servizio è garantito 24 ore su 24 e se ci sono dei ritardi non sono imputabili a noi. E’ chiaro che con i problemi di allerta meteo che hanno flagellato la Liguria in questi ultimi mesi, il Porto si è bloccato varie volte e la stesso RFI ha fermato la circolazione sulle linee, ma si tratta di situazioni eccezionali e speriamo in futuro molto rare”. FuoriMuro ha ottenuto nell’agosto 2012, dopo un percorso lungo e complesso, il Certificato di Sicurezza che ha permesso di avviare fin da subito importanti relazioni che non riguardano solo i convogli da e per il Porto di Genova. “Come impresa ferroviaria operiamo naturalmente su Genova ma facciamo attività anche su Livorno e La Spezia – specifica sempre Porta - abbiamo un treno che d’inverno è addirittura giornaliero tra Marsiglia e Castelguelfo per il trasporto di GPL e intermodale. Alcuni treni raggiungono anche Mortara. Per quanto riguarda il traffico dai porti questo dipende dalle

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richieste dei clienti. Adesso abbiamo uno/due treni da Voltri a Rivalta Scrivia ma ci sono anche periodi in cui abbiamo fatto un treno quasi ogni giorno da La Spezia”. Per la trazione FuoriMuro oltre a utilizzare due moderne locomotive politensione E190, ha acquistato da Siemens due locomotive Vectron E191, le prime di questo gruppo che giungono in Italia, e che sono adesso al termine del loro, purtroppo lungo, percorso di omologazione. Lo sviluppo del trasporto ferroviario da e per i porti sconta una serie di gap infrastrutturali che dovranno essere colmati al più presto. Su questo tema il presidente di FuoriMuro ha le idee molto precise. “Secondo me la logistica ferroviaria nei porti è fondamentale, anche perché con l’apporto dei privati si possono riattivare dei servizi che nel passato si tendeva ad abbandonare. Il nostro treno con la Francia è un esempio: siamo partiti da un traffico di 30 mila ton di GPL che equivaleva a due/tre treni a settimana solo d’inverno, per arrivare oggi a un traffico stabile estate e inverno a frequenza giornaliera. I traffici c’erano, bisognava solo trovare un modo - conveniente ed efficace- per portarli su ferrovia. Questo è possibile anche dai porti, se si riesce a creare un meccanismo per cui la tariffa è contenuta al massimo, organizzando al meglio mezzi, attività e risorse per le manovre, e adeguando le infrastrutture. Io ad esempio per anni ho spinto - e oramai dovrebbe essere nel piano regolatore del Porto di Genova - per l’elettrificazione di buona parte del fascio di presa e consegna che interessa il porto. Così un’impresa ferroviaria dovrebbe poter entrare autonomamente nel porto, e riuscire quasi a terminalizzare i convogli. Nel porto storico dobbiamo fare l’elettrificazione, nel porto di Voltri il raddoppio dei binari di ingresso nel terminal. Poi alcune operazione legate alla formazione del

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treno, come la verifica del materiale rotabile potrebbero essere realizzate nei terminal in modo da velocizzare l’entrata e l’uscita. Infine, un’altra cosa che magari a Genova non è particolarmente utile, ma altrove sì, è l’impiego di queste nuove locomotive ibride che possono percorrere l’ultimo miglio anche se il binario non è elettrificato. Non sono ancora facilmente disponibili sul mercato per via dei tempi costruzione e omologazione, ed anche perché il costruttore chiede un lotto minimo di acquisto che è difficile garantire, ma sono sicuramente una opportunità. Poi vedo in termini prospettici, come facciamo noi, l’integrazione fra le attività di manovra e quella di impresa ferroviaria che offre servizi di linea. Perché tendenzialmente nel momento in cui si parla la stessa lingua si agevola l’uscita del treno, l’inoltro, il cambio dei carri, insomma tutte quelle operazioni che possono rendersi necessarie”. Un altro aspetto sul quale vale la pena soffermarsi è quello normativo che secondo Porta, se ben concepito potrebbe aiutare il servizio ferroviario a svilupparsi. “Valuto sempre molto positivamente il fatto che l’Autorità Portuale di Savona ha messo nella concessione alla Maersk il vincolo di fare almeno il 40% del trasporto dei container con il treno. Allo stesso modo le Autorità Portuali e le amministrazioni delle città portuali dovrebbero mettere un limite al numero di camion che accedono al porto. Una città come Genova assorbe qualcosa come 5-6000 camion al giorno. Una regolazione che non vuol dire condizionare il mercato ma porre rimedio a delle anomalie che si sono sviluppate nel tempo. Anche perché oggi la scelta se portare fuori dal porto i container via camion o via ferrovia si gioca su qualche euro a contenitore. Non è che il costo del camion sia così inferiore a quello del treno per cui si sceglie la gomma per ragioni economiche. Spesso c’è

una equivalenza dei costi e il camion dalla sua ha una maggiore semplicità di gestione; però è una semplicità che è pagata dalla collettività in incidenti, congestione, inquinamento. Se le infrastrutture lo consentissero il treno dovrebbe essere come una navetta continua, con una partenza ogni ora. A noi capita che per fare 70 km impieghiamo anche 2 o 3 ore, nel senso che, quando si viaggia si viaggia a velocità normale, ma poi siamo penalizzati da continue soste per dare la precedenza a convogli passeggeri. E poi c’è il problema della lunghezza dei moduli di binario in linea che non permette di comporre convogli lunghi. A Genova ci sono i 550 metri, in realtà mai neppure raggiunti, perché nel porto storico i binari dentro il porto sono più corti, mentre a Voltri sono quelli subito fuori dal porto a essere troppo corti. Insomma i vincoli alla fine ci sono e poi c’è il problema che anche quando i lavori di adeguamento sono avviati durano due o tre anni”. Nonostante tutto FuoriMuro guarda al futuro con ottimismo. “Il bilancio del 2014 sarà sensibilmente migliore di quello del 2013 - conclude Guido Porta - Se non abbiamo ancora raggiunto l’equilibrio di bilancio lo dobbiamo alla lunga interruzione, un mese e mezzo, della linea Genova-Ventimiglia a causa della frana tra Andora e Cervo del 17 gennaio che ha bloccato i collegamenti con la Francia causandoci mancati ricavi di oltre 30 mila euro al giorno. Nel 2015 l’appuntamento più importante è la gara per il rinnovo dei servizi di manovra a Genova: per noi è fondamentale perché nel nostro business, la manovra pesa per 2/3 mentre i servizi di linea sono 1/3. Per il ferroviario vorremmo vedere se riusciamo a spostare il punto di partenza dei treni in Spagna per avviare un traffico regolare tra Spagna, Francia e Italia attraverso la linea costiera”. Franco Tanel


trasporti / porto&diporto

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ferrovia / porto&diporto

Impedire il progresso non crea posti di lavoro

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re le principali imprese ferroviarie che operano in Italia grazie alla liberalizzazione Sbb Cargo Italia è una delle principali realtà focalizzata soprattutto nei collegamenti tra l’Italia settentrionale e il Centro-Nord Europa. Nata nel 2003 come società affiliata a FFS Cargo SA è dal 2010 parte integrante di SBB Cargo International (FFS Cargo SA 75% e Hupac 25%) l’azienda svizzera specializzata nell’offerta di traffico combinato e treni blocco convenzionale sull’asse Nord Sud. Nel 2013 SBB Cargo International ha prodotto 7.806 milioni di tonnellate/ km nette con un fatturato di circa 250 milioni di franchi svizzeri. Un risultato di rilievo nonostante le difficoltà del trasporto ferroviario, per la verità molto

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più accentuate in Italia che in Svizzera, Germania e Olanda. Nessuno di questi paesi nonostante la crisi economica che dal 2008 ha colpito l’Europa, ha registrato un crollo simile a quello registrato in Italia del traffico ferroviario. Le ragioni di questa situazione sono numerose e Marco Terranova amministratore delegato di Sbb Cargo Italia le individua così: “Se magari come volumi l’inizio del calo è stato il 2008 per tutti noi la crisi è iniziata davvero nel 2009, quando abbiamo avuto il picco e poi da lì in avanti siamo scesi. I chilometri prodotti sulla ferrovia risentono di due effetti. Il primo è quello contingente della crisi - teniamo presente che solo la produzione industriale è scesa del 25% e se guardiamo indietro le percentuali

sono ancora più drammatiche - ovviamente la produzione industriale è amica della ferrovia, se cala la prima, cala anche il trasportato; poi secondo noi c’è stato un secondo effetto, che forse ha toccato più l’incumbent che noi, un effetto di ottimizzazione del portafoglio. E’ una attività che abbiamo fatto anche noi, con l’arrivo dei tempi di crisi bisogna cercare di organizzarsi al meglio e tagliare i rami secchi. Si è operato sulla distribuzione dei carri singoli piuttosto che sulla ottimizzazione dei carichi sui treni, invece di fare due treni con pochi carri, oggi si aspetta un attimo e si fa un solo treno con più carri trainati… la merce la trasportiamo lo stesso ma spendiamo un terzo… diciamo che c’è stato una razionalizzazione sana, spe-


cie dall’incumbent, che forse era quello che aveva meno attenzione a questi aspetti prima. Teniamo presente che poi paghiamo in Italia il disinteresse cronico per la ferrovia, la mancanza di qualunque tipo di governo del settore logistico, governo volto a raggiungere degli obiettivi che stanno in un indirizzo politico. Mancano gli indirizzi, manca la volontà politica, mancano naturalmente le attività di educazione del mercato verso la modalità ferroviaria. In Italia non c’è mai stato un indirizzo forte verso la ferrovia, anzi c’è sempre stato una grande ignoranza e un grande disinteresse per qualunque cosa riguardasse il trasporto su rotaia, in aggiunta nessuno ha avuto mai il coraggio di fare un piano per il riequilibrio modale perché avrebbe comportato andare contro le lobby degli autotrasportatori, che sono fortissime come quelle delle autostrade. Questa situazione, naturalmente oggi si paga. Mentre altre nazioni colgono i frutti di un lavoro fatto sostenendo il trasporto ferroviario, ma non le imprese ferroviarie, incentivando le aziende manifatturiere a scegliere la modalità ferroviaria, chi queste scelte non le ha fatte non può vedere effetti

positivi nella distribuzione modale delle merci trasportate”. Non c’è bacchetta magica che tenga. E’ necessario intervenire con lungimiranza e costanza per accompagnare il settore ad una ripresa. “La ferrovia ha bisogno di politiche su tempi medio lunghi, costanti e ben impostate. Fare il ferrobonus un anno e poi abbandonarlo non ha nessun senso – sottolinea Terranova - la ferrovia vive di programmi e incentivi nel medio e lungo periodo, sia per quanto riguarda l’educazione alla modalità ferroviaria di chi spedisce la merce, sia naturalmente per la soluzione dei problemi strutturali che non possono essere improvvisati ma pensati con un occhio che guarda da qui a 10-20 anni. Devo dire che negli ultimi anni, grazie anche all’attività della nostra associazione FerCargo è aumentata un po’ l’attenzione alle problematiche ferroviarie ed è cresciuta la conoscenza delle specificità della ferrovia merci anche tra i politici. Un esempio è che siamo riusciti a scongiurare la follia dell’aumento del costo dell’energia elettrica, quando volevano metterci sulle spalle un onere imprevisto che avrebbe fatto aumentare i costi di oltre il 25% facendo chiudere parte delle nostre aziende. Qui grazie a FerCargo siamo riusciti a spiegare le ragioni, che non sono corporative ma oggettive di mercato, che questo provvedimento avrebbe comportato e che non erano state fino a quel momento comprese. Manca però ancora un indirizzo strutturato verso al logistica e quindi anche verso la ferrovia e questo tocca in particolare la portualità e anche l’interportualità. Un sistema che cresce come i funghi che è fatto di esempi di buon governo e efficienza in un mare di clientela e parassitismo e interessi personali”. Il rapporto tra ferrovia e porti in particolare è fondamentale per dare una svolta significativa all’industria logistica del nostro Paese. Di fatto la collaborazione fra i due mondi è scarsa e la pianificazione a livello di politiche governative troppo spesso agisce per comparti separati, ignorando la strettissima interdipendenza che lega i due settori. Il risultato, paradossale se vogliamo per una nazione che per anni ci è stata descritta in ogni convegno come una piattaforma portuale naturale nel Mediterraneo, è che le merci destinate al mercato italiano giungono per la gran parte dai porti del Nord Europa, attraverso i valichi alpini. E che i container che giungono nei nostri scali, a dispetto delle dichiarazioni di facciata delle varie Autorità Portuali, per la quasi totalità si fermino in Val Padana, non essendo quasi mai diretti verso il

centro Europa. Sbb Cargo che opera sul corridoio Nord Sud ha ben presente questa situazione. “ Sbb Cargo International è proprio una “società di corridoio” e raccoglie tutte le operation internazionali di Sbb Cargo SA e delle consociate italiana e tedesca che opera con licenza anche in Olanda. Siamo noi quelli che hanno la quota di traffico maggiore sulla direttrice Nord Sud – spiega Terranova - e posso confermare che i flussi di merce, che vanno e vengono, sono assolutamente Nord- Sud. E anzi direi che oggi si assiste a questo flusso, verso l’Italia di container pieni e al ritorno, di container per la gran parte vuoti. Noi oggi non abbiamo relazioni con i porti italiani, siamo naturalmente molto attenti ad ogni possibilità di sviluppo o di interesse da parte di qualche cliente, di qualche spedizioniere o di qualche compagnia di navigazione per quanto riguarda la portualità italiana, stiamo però molto alla finestra perché non ci pare di vedere nessun tipo di cambiamento di rotta, nessun tipo di volontà di prendere qualche decisione anche dolorosa perché è chiaro che così i porti e gli interporti - ma ci metto pure gli aeroporti - soffrono di nanismo, inefficienza e situazioni bloccate che nessuno ha il coraggio di rompere per farne qualcosa di meglio. Si mantiene uno status quo deficitario piuttosto che dire, facciamo tabula rasa e ricominciamo daccapo. Quando sento che si litiga per le autorità portuali italiane, io dico che le autorità portuali dovrebbero essere una e non un poltronificio di personaggi spesso senza neppure le competenze di gestione economica necessarie. Ci dovrebbe essere una sola autorità portuale e se vogliamo davvero che nel 2020 o nel 2035 non sia sempre e solo la portualità del Mare del Nord a lavorare per noi. Scegliamo un solo vero porto, concentriamo su quello tutte le nostre risorse e decidiamo che questo porto diventerà la nostra risposta a Rotterdam, Amburgo o Anversa». Intanto però gli svizzeri stanno per aprire al traffico il tunnel di base del Gottardo che aumenterà in modo molto significativo la potenzialità di trasporto sull’asse Nord Sud: giornalmente potranno transitare tra i 220 e i 260 convogli merci contro i 140-160 di oggi, e la capacità passerà dagli attuali 20 milioni di tonnellate a circa 50 milioni E per le merci che dai porti tedeschi e olandesi scendono verso l’Italia la strada sarà ancora più agevole. In realtà qualche problema di capacità potrebbe esserci proprio nel tratto finale del corridoio, in Italia, anche se RFI ha assicurato che sarà adeguata in tempo sia la linea che

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la capacità terminalistica, con la costruzione di un nuovo terminal intermodale a Milano Smistamento. Più nel dettaglio RFI ha previsto l’adeguamento alla sagoma PC80 della Chiasso-Milano e significativi investimenti anche sulla linea Luino – Gallarate con l’allungamento dei moduli di linea a 700 metri e il rinnovo del segnalamento. Su questo fronte e in generale sugli investimenti previsti in Italia sull’infrastruttura, Terranova però puntualizza alcuni aspetti: “Si parla del Gottardo come della panacea di tutti i mali. Adesso si apre il nuovo tunnel e ci saranno 260 tracce merci al giorno. No, non è così. Continuo a ripetere che se è vero che questa infrastruttura porta con sè un potenziale aumento dei volumi, questo aumento ci sarà soltanto se il sistema logistico italiano sarà in grado di recepirli, maneggiarli e di smaltirli gestendo il tutto in maniera professionale. Altrimenti il Gottardo resterà un buco nella montagna. Perché al cliente che spedisce a Singapore non interessa nulla sapere quale sarà la strada che le sue merci percorreranno per arrivare in Italia. Gli interessa solo capire dove costa meno, dove va più veloce, dove ha meno rogne e dove la spedizione è più sicura. O i terminal italiani si concentrano - e quindi bando ai mini e micro interporti - e cominciano ad es-

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sere in grado come fanno i porti e gli interporti stranieri di fornire una prestazione competitiva anche da un punto di vista dei servizi, cioè, sdoganamenti e velocità di attraversamento, altrimenti anche l’offerta della ferrovia continuerà a soffrire. Il problema è anche quello di far passare i treni su linee con moduli di binario adeguati e che ci consentano di non usare il secondo locomotore, questi sono tutti problemi che l’infrastruttura italiana ha drammaticamente. Modulo di linea, profilo, peso assiale: sono tutti problemi quotidiani. E’ vero che RFI sta lavorando però solo sulle dorsali principali e sulle direttrici di adduzione. Lavori che dovrebbero permettere treni da 750 metri, sagoma PC80, 2000 ton con un solo locomotore. Però ricordo che ad esempio il Terzo Valico che dovrebbe collegare il porto di Genova alla Pianura Padana non permetterà il passaggio dei convogli a modulo europeo con una locomotiva sola perché le pendenze previste non consentono di trainare 2000 ton in singola trazione, e questo nessuno lo dice”. Insomma per Terranova, fare ferrovia cargo in Italia è ancora troppo difficile e bisogna muoversi con attenzione e cautela. A pochi giorni dalla fine dell’anno, il bilancio è positivo, ma rimane una certa incertezza per il futuro. “Il 2014 è stato un anno dove non sono aumen-

tate più di tanto le quantità trasportate, dove abbiamo penato fortemente per le interruzioni dovute al maltempo di questo autunno sulle linee che noi percorriamo maggiormente … se dal punto di vista della quantità non siano ancora tornati ai volumi del 2009 e quindi non abbiamo ancora recuperato la crisi, però dal punto di vista del nostro modo di lavorare abbiamo meglio focalizzato quali sono i nostri prodotti, quale la nostra geografia e l’organizzazione della nostra macchina produttiva. Il nostro obiettivo era anche di ordine finanziario. Anche l’anno prossimo prevediamo solo piccoli passi in avanti tenendo sempre ben sotto controllo l’equilibrio tra il dare e l’avere”. E nello sperare in un futuro migliore l’Ad di Sbb Cargo Italia lancia una frecciata anche ai sindacati: “Abbiamo sempre speranze che in Italia anche il mondo sindacale e non solo quello politico si apra ai cambiamenti. Siamo ancora con due agenti in cabina, quando nel resto d’Europa si va ad agente solo. Abbiamo delle politiche sindacali indirizzate alla protezione delle loro strutture e non dei posti di lavoro e tanto meno dello sviluppo. L’estero su questi temi è molto avanti. Qui credono che impedire il progresso crei posti di lavoro e dia da mangiare. Non è così che funziona”. Franco Tanel


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Cargo ferroviario escluso da Commissione logistica

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ntro metà febbraio il Governo dovrà approvare il “Piano Strategico nazionale della portualità e della logistica”, come previsto dal decreto “Sblocca Italia”. Per arrivare a definire i contenuti del Piano e la sua attuazione è stato costituita una Commissione di 15 persone alla quale partecipa anche Confetra. E’ un passaggio importante perché l’art 29 della legge “Sblocca Italia” dice esplicitamente che uno degli obiettivi del Piano è “agevolare la crescita dei traffici e promuovere l’intermodalità del traffico merci”. Certo stupisce che il Governo non abbia sentito la necessità di chiamare nessuno che si occupi quotidianamente di cargo ferroviario. Quando si parla di porti e della necessità di aumentare la loro capacità, è del tutto evidente che la modalità ferroviaria è fondamentale. I tanto celebrati porti del Nord Europa basano il loro successo in gran parte su un sistema ferroviario dedicato,

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dentro e fuori le aree portuali. Ancora una volta invece sembra prevalere un metodo di programmazione che opera per compartimenti separati: ora i porti, poi magari le ferrovie e dopo ancora gli aeroporti o gli interporti, quando bisognerebbe una volta per tutte capire che il sistema logistico vive di una interconnessione funzionale di tutte queste modalità di trasporto che deve essere pensata come un unicum inscindibile. E’ comunque un passo avanti la maggiore attenzione che il Governo sembra dedicare al mondo del trasporto e alla ferrovia in particolare. Guido Nicolini, vicepresidente di Confetra e presidente di Assoferr, l’associazione che rappresenta i proprietari e i detentori dei carri ferroviari privati, ma anche Officine di Manutenzione, ECM, oltre agli Operatori Convenzionali ed Intermodali, ha una visione molto dettagliata delle problematiche che fanno del rapporto ferrovia/porti uno dei nodi da sciogliere

per rilanciare sistema logistico italiano. “Ferrovie e porti sono assolutamente inscindibili - ragiona Nicolini - a noi sembra di vedere un inizio di interesse maggiore da parte del Governo per la ferrovia, rispetto a un anno o due fa. Cosa porterà questa attenzione onestamente non lo sappiamo. C’è la proposta di legge a prima firma Oliaro che a gennaio dovrebbe andare in discussione alla Camera. Vediamo che tipo di positività potrà dare, avrà dei difetti, ma se si inizia a parlare di trasporto ferroviario si può cominciare a incidere prima su RFI alla quale il governo dovrebbe dare delle precise indicazioni su quali investimenti fare e dove, poi sul tema fondamentale che riguarda i costi esterni di cui nessun tiene conto ma che in realtà tutti paghiamo”. Nicolini vuole porre l’attenzione su alcuni aspetto di cui si discute poco, ma che sono altrettanto fondamentali, per lo sviluppo del trasporto cargo


nei porti, delle carenze infrastrutturali indicate come principale causa della scarsa efficienza attuale: “Ci sono sicuramente delle problematiche di carattere strutturale, legate al fatto che i treni, soprattutto in uscita più che in entrata hanno limitazioni legate al peso e alla lunghezza che penalizzano parecchio la possibilità di essere competitivi rispetto ad altre modalità. E’ innegabile, se pensiamo di recuperare un determinato traffico, che questo possa essere affidato tutto ai camion. Tornando ai vincoli strutturali, a Genova ad esempio si possono fare dei treni in uscita al massimo di 950 tonnellate se non si adotta la doppia trazione (che significa costi maggiori) e poi ci sono i costi di manovra. A Genova sono leggermente inferiori a quelli di Trieste, ma in una relazione come la Genova - Milano che è di breve chilometraggio, il costo di manovra incide per il 40% circa sul costo del treno. Come Assoferr il 19 di novembre abbiamo scritto alla Autorità dei Trasporti perché la bozza del progetto di gara del prossimo anno per le manovre, prevede ancora la cosiddetta clausola sociale, e cioè il mantenimento di tutte le persone impiegate, addirittura con le indicazioni del tipo di contratto. E’ chiaro che di fronte a un costo che può essere diminuito almeno

del 25-30% rispetto ad oggi, il treno potrebbe diventare competitivo o almeno più competitivo rispetto ad altre modalità” Se le infrastrutture, come lunghezza dei binari, elettrificazione dei piazzali e costo delle manovre sono un problema, anche l’organizzazione del lavoro incide pesantemente. “Un’altra situazione che secondo me ha valenza negativa - continua Nicolini - è anche che per fare un trasporto camionistico, basta chiamare l’autotrasportatore la mattina e il pomeriggio posso già caricare, mentre nell’attuale gestione dei porti per fare un treno bisogna informare il terminal portuale, qualunque esso sia, entro le ore 12 del giorno precedente la partenza del treno. Questo di fatto soprattutto per quello che riguarda l’importazione limita molto la possibilità di essere veloci nel gestire un servizio alternativo al camion”. Se non bastassero questi vincoli, la burocrazia aggiunge ulteriori lacciuoli e Nicolini su questo è molto preciso: ‘Non voglio fare polemica ma c’è tutta la parte legata alla burocrazia che pesa non poco. Per me, fare il documento di transito ‘T1’ è burocrazia all’importazione. Ora l’Agenzia delle Dogane sta studiando un cosiddetto corridoio

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veloce. Valutano la possibilità che, con la garanzia data dalla bill of lading (polizza di carico ndr) dell’armatore, e una fidejussione data dal terminalista di arrivo alla Agenzia stessa, ad esempio una polizza di carico Singapore-Milano possa evitare l’emissione del cosiddetto documento di transito ‘T1’. Questo farebbe sì che immediatamente prima dello sbarco si potrebbero dare indicazioni al terminalista che quei contenitori specifici potrebbero proseguire subito con la ferrovia. Vedremo se si arriverà davvero, come speriamo, a queste semplificazioni”. Però la scelta di far viaggiare le merci containerizzate via treno invece che su camion dipende anche da valutazioni prettamente commerciali. Insomma non basta avere impianti efficienti, burocrazia snella, debbono esserci anche delle convenienze economiche. “Il traffico che sceglie il treno, detto in tutta onestà, è quello che esce dai porti subito perché non vuole o non può pagare soste” spiega il vicepresidente di Confetra - se non ci fossero i terminalisti che fanno pagare le soste dopo “x” giorni chi 4 chi 5 o 6, e per l’export, non accettano come fanno oggi la “seconda nave” il traffico dai porti scenderebbe ulteriormente. Ci sono due fattori: in import, l’addebito di “detention” da parte dei terminalisti portuali dopo i fatidici 3-5 giorni che mettono in condizione il cliente di dover scegliere la ferrovia. Un esempio é Ikea, che fa quasi tutto per ferrovia su Rivalta perché evita di pagare molto denaro di “detention” nel terminal; in esportazione è l’effetto contrario, a Voltri ad esempio la San Pellegrino che invia molti contenitori per gli Stati Uniti, carica container anche per la seconda o la terza nave non per la nave prevista come prima toccata nel porto e sono i terminal interni che fanno da ‘polmone’. Di conseguenza questo

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non può che essere traffico che sceglie la ferrovia. Però se non ci fossero questi due fattori favorevoli all’intermodale e se ci fossero terminal che accettassero contenitori anche per navi successive il traffico ferroviario scenderebbe ancora. Lo dico perché molti pensano che il maggiore o minore uso del treno sia legato solo a ragioni infrastrutturali, invece le variabili sono molte e quelle commerciali hanno una grande influenza”. Una maggiore efficienza complessiva potrebbe arrivare anche dalla specializzazione dei porti. “Effettivamente questa è una strada che permetterebbe di assicurare un futuro a molti porti ragiona Nicolini - noi parliamo di container ma il tonnellaggio che entra e esce con i container è minore di quello che si muove nei porti a livello di navi bulk. Un esempio: il porto di Ravenna, credo non possa pensare di diventare un porto container, deve specializzarsi per attività diverse ma altrettanto strategiche come materie prime per l’industria delle ceramiche, ferro, petroli. Ci vorrebbe una regia nazionale. Purtroppo sembra che anche con questo Governo gli interessi locali e le tante lobby abbiano impedito di decidere. Così l’esecutivo ha detto “fateci voi dei progetti e su questi decideremo”, penso che questa sia la strada più sbagliata. E’ necessaria una maggiore attenzione per individuare quei porti dove effettivamente ci sono costi più bassi per poter fare gli investimenti necessari ad aumentare le capacità dei treni, come portata e come numero. E individuare alcuni porti che si specializzino per le varie tipologie di merce. Ma non dimentichiamo, come ho detto prima, la necessità di agevolare il percorso di carattere doganale. Confetra sta lavorando tantissimo su questo. Ed è necessaria anche una maggiore disponibilità dei terminalisti

portuali”. A queste indicazioni specificamente indirizzate al mondo portuale Nicolini aggiunge alcune considerazioni generali sulle azioni da intraprendere per sostenere il trasporto ferroviario. “E’ necessario sostenere il servizio ferroviario, non le imprese come è stato fatto con la legge 166 della quale ha beneficiato soprattutto Trenitalia e molto poco il mercato. I Governi hanno sostenuto in questi anni il trasporto stradale e quello marittimo. Basterebbe che fossero attivate iniziative parallele a queste e con molti meno soldi rispetto a quelli spesi lì si potrebbe aumentare il trasporto su ferrovia e limitare il problema dei costi esterni. Costi sui quali l’UE ha già aperto un dossier e per i quali rischiamo dal 2016 di essere sanzionati con pesanti multe. Poi ci sono situazioni legate alle scelte di RFI che ha chiuso parecchi raccordi con traffici anche di 2000 carri all’anno. Noi siamo intervenuti e in alcuni casi siamo riusciti a scongiurare le chiusure. Occorre creare un meccanismo di consultazione con gli operatori perché a volte gli scali vengono chiusi da soggetti che non hanno la più pallida idea della situazione reale sul terreno. Serve maggiore concertazione con i soggetti interessati, imprese ferroviarie, operatori e industria. Ad esempio Federchimica oggi si trova in difficoltà. Vengono effettuati dei treni completi di soli due carri, perché i prodotti trasportati non possono viaggiare con i camion su strada. Lascio immaginare a che costi. Un altro caso e quello dei carri da riparare che, con la cessazione del traffico diffuso, diventa difficile inviare alle officine. Siamo arrivati al paradosso che in alcuni casi è più conveniente caricarli su un carrello stradale e inviarli così in officina anziché sui binari”. Franco Tanel


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Tug ANACAPRI

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Tug PUNTA ALICE

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Tug ARMANDO DE DOMENICO

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Tug PUNTA CAMPANELLA

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Tug GALESUS

BHP

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Salvage

Tug PUNTA RONDINELLA

BHP

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Salvage

Tug GUARRACINO

BHP

4400

Salvage

Tug PUNTA SCUTOLO

BHP

3750

Salvage

Tug MAGNA GRECIA

BHP

5300

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Tug SAN BENIGNO

BHP

2205

Salvage

Tug MARECHIARO

BHP

4400

Salvage

Tug SAN CATALDO

BHP

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Tug MASTINO

BHP

3090

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Tug SANT’ELMO

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Tug MONTE FAITO

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Tug TARENTUM

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Salvage Escort Tug CHERADI BHP Salvage Escort Tug DRITTO BHP Salvage Escort Tug CSM22 BHP Salvage Escort Tug CSM25 BHP Salvage Tug VESUVIO BHP Pontone VERVECE L 91,4M - B 27,4 - D 6.1 Psv GARGANO BHP Psv PORTOSALVO BHP SV AKER 09CD N.B. AKER N° 728 (2010-8880-4850

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ferrovia / porto&diporto

La ferrovia deve recuperare il gap infrastrutturale I

l cargo ferroviario vive - almeno in Italia - uno dei suoi momenti più difficili. Non è solo colpa della crisi economica se i treni/km prodotti complessivamente nel 2008 erano quasi 71 milioni, mentre quelli registrati nel 2013 sono appena 43 milioni. Perché se è vero che la produzione industriale nel nostro Paese è calata in questi anni del 25% e questo inevitabilmente si ripercuote sui volumi di merci da trasportare è altrettanto vero che in assenza di una politica dei trasporti degna di questo nome che ha accomunato da decenni tutti i Governi, la modalità ferroviaria e il cargo in particolare sono stati del tutto ignorati. Oggi i segnali sono contraddittori. Da una parte si afferma di voler valorizzare la ferrovia come elemento fondamentale della industria logistica del Paese, dall’altro, e questo è un dato di fatto incontrovertibile, nel neocostituito Comitato per i porti e la logistica, gonfio di ben 15 membri, il Governo non ha ritenuto necessario inserire nes-

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sun rappresentante del trasporto merci ferroviario. I risultati di questa politica miope sono sotto gli occhi di tutti. I dati elaborati dalla Commissione Europea certificano che in Italia solo il 13,1% delle merci usa la ferrovia, mentre la strada muove l’80,3%. In Germania i rapporti sono 22,4% per la ferrovia e 62,4% per la strada, in Austria 35,5% contro 47,5%. Perfino la Francia che pure ha percentuali ferroviarie simili all’Italia, con un 14,2% la strada si ferma al 75,3% del totale. Questo squilibrio verso la gomma, tutto italiano, sarebbe probabilmente molto più accentuato se a contrastare il sostanziale abbandono del trasporto merci da parte di Trenitalia Cargo, non fosse scesa in campo, grazie alla liberalizzazione voluta dall’Europa, una pattuglia di imprese ferroviarie private che nel 2009 si sono riunite nell’associazione FerCargo, oggi forte di 15 soci. Le imprese aderenti rappresentano oggi in Italia oltre il 30% del traffico

merci su rotaia, una percentuale che si può esprimere con alcune cifre: circa 14 milioni di treni/km anno, 40 milioni di tonnellate di merci trasportate per ogni anno, circa 1500 treni alla settimana. Particolare da non sottovalutare in tempi di crisi, le aziende associate hanno creato circa 1600 posti di lavoro, e l’80% del personale assunto ha contratti a tempo indeterminato. Il presidente di FerCargo, Giacomo Di Patrizi analizza la situazione e prova a dare alcuni suggerimenti per invertire il trend: “In Italia la ferrovia non è mai stata vista dal sistema e da chi ci ha governato come elemento fondamentale della catena logistica e del sistema trasportistico del paese. Una scarsa lungimiranza che ha portato alla situazione in cui siamo. Abbiamo registrato un calo enorme delle merci trasportate. Per cambiare la situazione bisognerebbe volerlo, smettendo di fare proclami, e cominciando a attuare delle azioni concrete. Gli altri Paesi hanno messo


in campo delle iniziative che hanno portato a dei numeri totalmente diversi rispetto al nostro. Nessuno si è mai confrontato, all’estero, con un crollo delle dimensioni che noi abbiamo registrato in questi anni. Siamo davvero ai minimi termini per la modalità ferroviaria e allora bisogna mettere al centro del progetto logistico del nostro paese il trasporto ferroviario”. Per cambiare davvero bisogna eliminare i vincoli che bloccano ogni iniziativa e che sono sostanzialmente di tre tipi: infrastrutturale, normativo ed economico con l’assoluta mancanza di politiche si sostegno al settore a fronte di significativi sussidi al trasporto stradale e marittimo. “Partiamo dalle infrastrutture - spiega Di Patrizi - noi siamo molto indietro su questo punto e il gap va recuperato. Facciamo un esempio: noi stiamo progettando di far arrivare treni dal Gottardo e dal Nord Europa lunghi 750 metri e da 1600 ton. Però una volta arrivati nella zona di Milano, si fermano, non possono proseguire oltre per vincoli di infrastruttura. Il trasporto ferroviario deve essere una asse portante anche del trasporto domestico e non solo di quello internazionale, specialmente sull’asse Nord-Sud e sulle relazioni che superano i 400 km. Il nostro Paese è perfetto da questo punto di vista. Dobbiamo adattare le infrastrutture a questo tipo di convogli. Abbiamo dei vincoli incredibili, linee che sopportano solo 20 ton per asse quando tutti i moderni locomotori hanno un peso assiale maggiore, problemi di sagoma per andare al Sud - e non parlo dei semirimorchi che solo la linea Adriatica fra qualche tempo potrà accogliere - ma penso ad esempio ai container high cube che richiedono la sagoma PC45. Noi oggi per poterli trasportare siamo costretti a usare i carri ribassati che hanno dei costi sia di acquisto che di gestione molto maggiori di quelli normali. Diamo atto a RFI che ora rispetto a prima si sta muovendo in maniera più incisiva ma ci serve ancora un ulteriore scatto in avanti, perché se non si risolvono questi problemi non riusciremo mai a dare una svolta a questa situazione”. E poi c’è la questione dei porti, che sembrano non volere capire che senza la ferrovia non possono immaginare alcun realistico piano di sviluppo. “I porti da questo punto di vista soffrono enormemente - continua Di Patrizi - non ci sono binari, quelli disponibili sono corti, non sono elettrificati, ci sono “enne” vincoli di sistema. Allora, porto per porto vediamo quali sono i proble-

mi. Decidiamo su quali scali il sistema italiano si vuole concentrare, Genova, Trieste, la Spezia, ad esempio o quelli dei corridoi, decidiamolo, e su quelli investiamo davvero per renderli compatibili con un servizio ferroviario efficiente. Oggi la percentuale di merci che esce dai porti utilizzando la modalità ferroviaria è molto bassa. E poi c è il tema delle manovre, non è possibile che a Trieste manovrare un treno nel porto costi fino a 2000 euro. L’Authority per i Trasporti è recentemente intervenuta su questo aspetto, per fortuna, ora sta a chi dovrà applicare quanto prescritto, farlo nella maniera giusta e noi come FerCargo vigileremo. Perchè il ferroviario tra le sue deficienze ha anche il fatto che in molti, troppi casi qualcuno pensa di avvantaggiarsi sfruttando delle rendite di posizione. Le manovre sono esattamente questo. Le manovre in un sistema normale, devono essere funzionali al sistema ferroviario e coadiuvanti particolarmente nei porti. Le Autorità Portuali dovrebbero essere quelle che vigilano sul fatto che le manovre siano realizzate ai costi più bassi possibile per rendere il sistema attrattivo per chi decide di utilizzare l intermodalità ferroviaria. Invece è il contrario, anzi in alcuni casi pensano che le manovre siano un business su cui lucrare. Le manovre non possono diventare un business perché un monopolista ti dice se vuoi venire qui paghi 2000 euro se no.... amen. I porti crescono solo se la ferrovia li supporta con il retroporto e gli interporti, altrimenti hanno vincoli fisici e di sistema, né si possono immaginare centinaia di migliaia, se non milioni di container tutti trasportati coi camion sulle strade. Ho visitato tutti i porti del

Nord Europa: è chiaro che hanno un vantaggio dato dagli spazi però guardiamo come fa Rotterdam che ogni anno amplia il porto con spazi rubati al mare: loro prima di pensare ad una nuova banchina, pensano a come far defluire le merci con nuove linee ferroviarie e costruiscono le rotaie accanto alle banchine. Questo è l’abc, se non rendiamo i porti “ferrovia compatibili” è difficile poi pensare ad una crescita dei volumi”. Il secondo vincolo, dicevamo, è dato dalle norme e dalla burocrazia. Qui si potrebbero snellire molte procedure. “ Abbiamo bisogno di regole chiare e non troppo stringenti, che non siano esagerate, da parte dell’Agenzia Nazionale della Sicurezza Ferroviaria. Con loro stiamo colloquiando e stiamo cercando di far capire che ci sono delle cose che vanno riviste. E’ un punto da risolvere. Siamo l’unico paese dove per prendere un certificato di sicurezza bisogna farlo linea per linea. Quindi bisogna lavorare sulla revisione delle modalità di rilascio ed estensione del Certificato che deve avere anche una più lunga durata. E poi è necessario armonizzare le normative italiane sulla sicurezza a quelle europee. Non ultimo ANSF deve riconoscere come interlocutori anche gli altri soggetti coinvolti nel processo di sicurezza ferroviaria. Se invece guardiamo ai rapporti con RFI che comunque son molto migliorati in questi ultimi anni, bisogna rivedere le modalità di accesso e utilizzo della rete. Parlo della assegnazione capacità e tracce, della gestione delle interruzioni, dello sgombero delle linee in caso di guasti, solo per citarne alcuni. Ancora è necessario rivedere i servizi

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di manovra attraverso l’assegnazione tramite gara pubblica dei servizi a Gestore Unico e dove possibile permettere alle imprese ferroviarie di usare propri locomotori”. Terzo elemento è quello del sostegno al settore. Il crollo iniziato nel 2008 si è arrestato solo nel 2011 in concomitanza dell’erogazione del ferrobonus. Un provvedimento spot, mai più rifinanziato, che assicurava dei contributi alle imprese che attivavano nuove relazioni di trasporto intermodale. Il nodo è anche quello della revisione dei criteri di assegnazione dei contributi per il traffico ferroviario cargo al Sud, fino a quest’anno erogati solo a Trenitalia. “E’ necessario rivedere l’assegnazione delle poche risorse al settore merci sulla base dell’istituto del servizio universale coinvolgendo tutte le imprese ferroviarie sul mercato - conclude Di Patrizi - così come degli aiuti erogati per le zone disagiate del Sud. E a mio avviso è necessario favorire la revisione e il rinnovo del materiale rotabile con risorse ad hoc anche attraverso l’istituzione di un fondo di garanzia. Il problema è che pare che la ferrovia non interessi a nessuno. Non esiste neppure un sottosegretario con delega alle ferrovie. E’ davvero importante che ci sia un esponente del Governo che capisca l’importanza di questo settore e se ne prenda cura. Si occupano di tutto, autotrasporto, marittimo, logi-

stica, ma le ferrovie non ci sono, perché il tema è sempre stato delegato al mondo FS. Ora nel mondo delle merci il Gruppo FS vale 2/3, un terzo abbondante è in mano nostra. Non è più possibile continuare come prima. In un periodo di crisi, anno dopo anno siamo riusciti a crescere costantemente fino ad arrivare ad oltre il 30 % del trasporto ferroviario cargo. Lo abbiamo mantenuto in zone altrimenti abbandonate e abbiamo inventato nuovi modelli ope-

rativi. Abbiamo fatto di necessità virtù andando a fare scouting porta a porta. Le imprese hanno fatto quello che dovevano, per nascere e crescere, siamo passati da pochissime unità del 2007 a 15, oggi serve il salto in avanti, queste aziende devono raggiungere un’altra dimensione per fare effettivamente da volano per lo sviluppo economico del paese”.

48 - dicembre 2014CR Marine & Aviation - Via Francesco Crispi, 74 - 80121 Napoli

Franco Tanel

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nautica / porto&diporto

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ferrovia / porto&diporto

Oceanogate Italia, solo investimenti mirati

N

on sono solo gli addetti ai lavori ad avere imparato presto a riconoscere i locomotori in livrea rosa di Oceanogate Italia alla testa di lunghi convogli intermodali. Operativa dalla fine del 2011 è oggi una realtà che dà lavoro ad oltre 70 persone e che nel 2013 ha prodotto oltre 1,1 milioni di treni/km. Con base a Melzo, è oggi totalmente controllata da Contship Italia e completa l’offerta dei servizi del Gruppo nei settori della gestione dei terminal marittimi, del trasporto intermodale e della logistica. “L’azionista della nostra società è tedesco e per tutto il Gruppo il core business è la gestione dei terminal marittimi - spiega l’Ad di Contship-Oceanogate Italia Giancarlo Laguzzi - siamo presenti ad Amburgo, Bremerhaven, Wilhelmshaven, in Germania, Lisbona, Tangeri e Ust-Luga in Russia mentre in Italia gestiamo La Spezia, Ravenna, Cagliari, Salerno e Gioia Tauro. In Germania e in generale nel Nord Europa, l’intermodalità è assolutamente la norma e serviamo i nostri terminal portuali con due imprese ferroviarie. In Italia abbiamo deciso di fare la stessa cosa, visto che a un certo punto il servizio offerto da Trenitalia era di qualità inaccettabile. Siamo nati essenzialmente per servire i nostri terminal ma i treni oramai operano anche su altri porti. Le direttrici che copriamo, come impresa ferroviaria, comprendono i porti di La Spezia, Genova e Livorno sul Tirreno e Ravenna sull’Adriatico, che sono collegati con gli inland terminal di Melzo, nostro hub anche per i collegamenti internazionali verso il Nord Europa, di Rho, Rivalta Scrivia, Dinazzano, Bologna e Padova. Offriamo un servizio door to door compreso di dogana, ma se il cliente vuole può usufruire solo di una parte del trasporto e far da sé per il resto. Garantiamo l’intera filiera e questo è molto importante. Siamo gli unici a farlo”. Oceanogate conta oggi su una flotta che comprende 6 locomotive Bombardier E483 monotensione per il servizio solo in Italia, 2 locomotive Siemens E189 politensione per i servizi internazionali e ben 370 carri portacontainer. Ovviamente il servizio complessivo è affidato anche ai camion, naturalmente

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rosa, che affiancano l’offerta ferroviaria. “I tempi di resa del ferroviario devono essere paragonabili al tutto strada così come la fattibilità. Facciamo servizi giornalieri, per cui il nostro treno è una via di mezzo tra un merci e un treno “pendolare”, anzi lo potremmo definire un convoglio pendolare per le merci, e viaggiamo di notte. Prendiamo ad esempio lo Spezia - Melzo. Parte alla sera da La Spezia arriva al mattino a Melzo: si terminalizza, alle 8 il camion carica il container e lo porta in stabilimento, carica un altro container, lo porta al terminal di Melzo, alla sera il contenitore è sul treno che torna a La Spezia per l’imbarco. Quindi il tempo di consegna è uguale al camion che parte il pomeriggio prima”. Interessante anche la logica con la quale Contship Italia decide se inoltrare il container via ferrovia o via strada: “Prima riempiamo il treno che è quello che costa di più e ha i costi fissi maggiori - spiega Laguzzi - poi usiamo i camion rosa di nostra proprietà e, per ultimi, i terzisti quando è necessario”. E non è detto che, alla fine sia sempre vero che il camion costa meno della ferrovia. “Dove i flussi ci permettono di riempire il treno al 90% ci costa addirittura un po’ meno del camion. Ma su altre relazioni non c’è proprio possibilità. Non c’è una regola fissa - ragiona Laguzzi - Non è facile creare una relazione che deve circolare sostanzialmente ogni giorno, o non meno di tre quattro volte alla settimana. Con frequenze minori non c’è convenienza. Il problema maggiore è che il treno ha dei costi fissi che il camion non ha, e di conseguenza è molto meno flessibile”. I veri problemi che frenano l’intermodalità sono altri e si chiamano infrastruttura e in parte costo delle manovre nei porti. La rete è piena di colli di bottiglia, e i tanto auspicati terminal con i binari a modulo europeo da 750 metri si contano sulle dita di una mano. Oceanogate si è trovata a operare in un “ambiente” compresso dove le rigidità, anche normative e i costi di ingresso per le nuove realtà imprenditoriali, rendono difficile consolidarsi e crescere. Laguzzi però fa dei distinguo: “Si non è facile creare una nuova impresa ferroviaria in Italia. E la lunghezza

dei binari è uno dei problemi, è vero. Però la realtà è più complessa. Noi a Melzo stiamo raddoppiando il terminal. Il primo binario con modulo da 750 metri è già pronto. Ma anche se noi siamo già pronti speriamo di vedere arrivare un primo treno da 600-650 metri solo quando apriranno il Tunnel del Gottardo, quindi alla fine del 2016, sperando che RFI faccia nel frattempo quello che ha promesso, cioè allungare i propri binari. Perché finché i moduli dei binari anche delle stazioni intermedie non saranno adeguati, RFI non autorizza la circolazione di treni lunghi più di 550 metri non potendo riceverli per assicurare precedenze e incroci. I lavori su alcune relazioni principali sono stati avviati, vedremo. Un altro limite, anche se minore è la massa rimorchiabile che non può superare le 1600 ton, mentre l’ideale sarebbero 2000. E’ meno vincolante perché oggi i container trasportano merce pregiata ma mediamente abbastanza leggera. Il limite di 1600 ton che rimarrà anche in futuro, quindi, non ci impedirà di comporre convogli da 700 metri di lunghezza”. Un altro tema su cui si discute molto è quello del costo delle manovre nei porti. Secondo l’Ad di Oceanogate, invece questo aspetto non è così cruciale, anche se sicuramente il costo deve essere abbassato: “Noi a La Spezia facciamo il 35% di split con il treno, siamo a livelli europei: la manovra costa la metà che a Genova e a Trieste. La fa Serfer nel contesto di una società che ha attivato l’Autorità Portuale. Se lavora bene continueranno loro, altrimenti la farà un altro. Adesso per questi servizi sono previste le gare. L’obiettivo del porto è che sia fatta bene, non importa chi la fa. Se però pensiamo che il primo problema sia il costo delle manovre nel porto, non è così. E’ un elemento che da fastidio, certo, ma non è un elemento che determina il successo o l’insuccesso dell’iniziativa. Quello lo determina l’efficacia della filiera complessiva. Il costo di un container dal porto di sbarco allo stabilimento di destinazione è per il 50% costo della terminalizzazione stradale finale e della movimentazione nel terminal terrestre. Quando un container arriva a Melzo o a Padova il costo gru del terminal, ma soprattutto il costo


del camion per la consegna finale pesa per il 50% sul costo totale del trasporto. Se io riesco a organizzare un sistema in cui vado in un terminal il più vicino possibile al punto di consegna finale, e il camion può fare due corse al giorno invece di una, questo risparmio incide molto di più del costo del porto, che esiste per carità, ma è spalmato su un numero di container molto maggiore. Bisogna ragionare sul costo complessivo di tutta la filiera altrimenti si perde la visione complessiva. I 750 metri incidono già in maniera maggiore ma è anche vero che costringono a saturare il treno molto più di oggi, perché i costi fissi sono più alti”. Oceanogate opera molto con i porti dell’alto Tirreno, Genova, La Spezia, Livorno. Il tema quindi dell’efficienza delle linee ferroviarie che permettono di raggiungere la Val Padana è cruciale. Sulla Pontremolese RFI ha avviato da tempo lavori di potenziamento, ma ancora oggi i problemi rimangono, mentre è partita da poco la realizzazione del cosiddetto “Terzo Valico” che dovrebbe

sbottigliare il nodo di Genova con una linea Alta Velocità/ Alta Capacità. Su questo argomento l’Ad di Oceanogate esprime qualche riserva. “Secondo noi un Terzo Valico che non è progettato in modo integrato con il porto e con l’area di Milano ma finisce a Tortona e con un pedaggio che non sappiamo quanto sarà, rischia di non risolvere il problema ed essere, almeno per noi inutile. RFI fa gli investimenti senza sapere prima quanti saranno i treni che lo utilizzeranno e quindi faccio fatica a capire come determineranno il costo delle tracce... Però se mi immagino di pagare anche un euro in più rispetto alla linea tradizionale, certo non gli 8 euro dei treni paseggeri AV, lì non ci andremo mai, perché i costi incrementali che ci accolleremmo senza avere benefici sarebbero troppo alti. Per un treno merci risparmiare 15 o 30 minuti sui tempi di percorrenza non ha nessun significato. Se si pensasse una linea AV/AC e dove il mondo delle merci può viaggiare in una determinata fascia oraria e con un costo del pedaggio mi-

rato, allora potrebbe diventare interessante. Questo è un ragionamento che si potrebbe estendere ad altre linee di valico o su altre relazioni: se su queste tratte ci sono tracce disponibili, allora lì i camion pagano di più la tratta autostradale perché c’è una alternativa”. Nonostante tutte le difficoltà Oceanogate guarda al futuro con ottimismo. “Il 2015 sarà un anno di transizione - conclude Laguzzi - a giugno il raddoppio del nostro terminal di Melzo sarà completato. La nostra filosofia è quella di fare pochi annunci e di lavorare sui fatti. Quindi intanto completiamo questi investimenti e il prossimo anno penseremo ai progetti futuri. Conthsip ha investito sul potenziamento anche di La Spezia e Ravenna. Immaginiamo quindi di aumentare in futuro la frequenza delle relazioni che già operiamo. E’ una crescita fatta con i piedi per terra perché non ci sono marginalità tali da poter fare investimenti azzardati”. Franco Tanel

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tplcampania / porto&diporto

Campania, liberalizzazione di tutti i servizi di Tpl A

ssessore Vetrella, per la prima volta in Campania sono partite le gare per la gestione del trasporto pubblico locale. Cosa si aspetta da questa vera e propria svolta? “La Campania è la prima - e finora unica - Regione d’Italia che ha avviato la liberalizzazione di tutti i servizi di trasporto pubblico locale, con 3 gare (gomma, ferro e mare) divise in lotti e un unico bacino che comprende l’intero territorio regionale. Un impegno notevole e senza precedenti: basti pensare che l’importo totale a base di gara si aggira complessivamente intorno ai 5 miliardi di euro, per una durata di 12 anni per il ferro e di 9 anni per la gomma e il mare. Questo darà finalmente certezza e tranquillità a chi vincerà le gare di poter gestire per un lungo periodo e con significative risorse i servi-

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zi, e quindi di investire per migliorare la qualità dell’offerta e rafforzare la tutela dei lavoratori. In più, grazie a questa razionalizzazione, saranno al massimo dieci le aziende che si occuperanno di trasportare i cittadini campani, passando così da una situazione di default (con oltre 140 aziende e 150 contratti di servizio) alla modernizzazione ed efficientamento del sistema”. Qualcuno dice che i parametri per partecipare sarebbero proibitivi per le aziende pubbliche campane e che la separazione dei lotti per la gomma e il ferro contrasterebbe con l’integrazione tra i due modi di trasporto, che ad esempio a Napoli sono gestiti dalla stessa società… “Non è così e glielo dimostro: innanzitutto, i requisiti di partecipazione, che sono sia economici che tecnici, sono stati approfonditamente studiati dai

nostri funzionari e tecnici e da quelli dell’Acam, la nostra agenzia di mobilità sostenibile, e servono a garantire un livello finalmente soddisfacente dei servizi di trasporto. D’altronde, le aziende possono partecipare da sole oppure in raggruppamenti temporanei, e anche per quanto riguarda l’occupazione, la legge regionale sul tpl prevede la salvaguardia di tutti i posti di lavoro esistenti. Per quanto riguarda la domanda sulla separazione delle gare per la gomma e il ferro, proprio per favorire l’integrazione, è possibile presentare domanda anche per più lotti messi a gara”. Altri benefici che arriveranno con le gare? “Programmazione unitaria, monitoraggio e controllo centralizzato, tecnologie all’avanguardia, efficientamento del sistema con l’aumento del rapporto ricavi/costi – che ci chiede il governo


Intervista all’Assesore regionale ai trasporti Sergio Vetrella – Partono le gare (gomma, ferro, e mare) per la gestione del trasporto locale con un importo complessivo a base di gara di circa 5 miliardi di euro

per evitare di perdere fondi - e diminuzione dell’evasione, che in Campania purtroppo ha raggiunto il 28 per cento, ben al di sopra della media nazionale. Tutto questo anche grazie al progetto ITSC (Intelligent Transport System Campano) in corso di realizzazione, e al nuovo sistema di biglietti elettronici integrati Tic, che entrerà in vigore dal prossimo gennaio. Con le risorse messe a disposizione e gli investimenti che faranno le aziende, poi, ammoderneremo finalmente il parco dei mezzi a disposizione, che attualmente vede ancora la metà di essi risalenti a 10-20 anni fa”. A proposito di nuovi biglietti, come siete arrivati a realizzare quest’altra importante novità? “Si tratta del frutto di un lungo e impegnativo lavoro dell’Acam e dell’Assessorato, ed è stato caratterizzato anche da una serie di incontri con Comuni, Province, aziende e associazioni di utenti e consumatori per condividerne le scelte, e apportare gli eventuali correttivi e i miglioramenti che dovessero essere suggeriti e che risultassero necessari. Per questo ringrazio tutti per la disponibilità dimostrata. Un metodo concertativo di condivisione dei pro-

cessi decisionali ritenuto essenziale dalla Regione, per far emergere dal confronto la migliore soluzione possibile, allo scopo di favorire il trasporto pubblico, sia offrendo sempre maggiori opportunità ai cittadini, sia garantendo il necessario equilibrio economico per le aziende campane. Per questo motivo il nuovo sistema avrà una prima fase di sperimentazione, al termine della quale, sulla base delle rilevazioni effettuate e dei risultati conseguiti, si valuterà l’impatto del provvedimento, prevedendo eventualmente modifiche o affinamenti successivi”. Sono confermate le agevolazioni tariffarie per le categorie deboli di cittadini? “Non solo sono confermate, ma le abbiamo anche estese. Oltre infatti a riproporre gli sconti per categorie protette, studenti e famiglie disagiate, li estendiamo per la prima volta ai cittadini con più di 65 anni con un reddito basso. Un’iniziativa che ritengo doverosa dal punto di vista dell’impegno sociale della Regione, soprattutto in questo periodo di crisi economica, e che siamo felici di poter attuare in favore dei più deboli. Penso ai cittadini

costretti a tirare avanti con pensioni minime, che hanno tutto il diritto di poter usufruire dei mezzi pubblici a prezzi di favore, così come le altre categorie più svantaggiate. Un importante sostegno sociale che – altra significativa novità del nuovo schema tariffario – si estende ora a tutte le aziende di trasporto della Campania e ai biglietti aziendali, che abbiamo voluto introdurre per eliminare un’ingiustificata disparità tra i cittadini prevista dal vecchio sistema”.

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tplcampania / porto&diporto

Centro di Guida Sicura per la sicurezza stradale

A

Sessa Aurunca, in provincia di Caserta, sarà realizzato il primo Centro di Guida Sicura del Sud Italia, interamente finanziato dalla Regione Campania. L’annuncio è stato fatto nel corso del convegno “Il piano regionale della sicurezza stradale della Campania”, tenutosi il 16 dicembre scorso presso la sala Ginestra del Centro Congressi dell’hotel Holiday Inn al Centro direzionale di Napoli. Nel corso del convegno, è stato presentato il piano della sicurezza stradale della Regione Campania, redatto dal CRISS, il Centro Regionale Integrato per la Sicurezza Stradale, gestito dall’Acam e da Automobile Club d’Italia e cofinanziato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nell’ambito delle attività previste dal Piano Nazionale di settore. L’assessorato ai Trasporti della Regione Campania, guidato dal professor Sergio Vetrella, ha investito e sta continuando a investire molto sulla sicurezza stradale e sull’obiettivo – sancito a livello europeo – di ridurre il numero di incidenti e soprattutto di morti e feriti su strade e autostrade. Oltre al piano regionale della sicurezza, il CRISS ha lo scopo di monitorare il fenomeno e offrire una banca dati completa, con analisi e ricerche utili a focalizzare le azioni più puntuali da realizzare nel settore. Sul fronte degli investimenti, la Regione ha poi dato seguito alle procedure per l’assegnazione a Comuni e Province dei fondi dei ban-

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di del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale (Pnss) e all’individuazione degli interventi infrastrutturali da eseguire su strade e autostrade con i fondi europei e con le risorse stabilite dall’Accordo di Programma Quadro (APQ) “Infrastrutture per la viabilità regionale”. Sempre per sostenere la sicurezza stradale, infine, l’assessorato ai Trasporti della Regione Campania ha attivato un centro servizi di infomobilità, denominato “Muoversi in Campania”, gestito dall’Acam in collaborazione con l’Automobil Club d’Italia. L’obiettivo primario è fornire all’utenza, in tempo reale, tutte le informazioni riguardanti il traffico urbano ed extraurbano, il trasporto pubblico su gomma e su ferro, i collegamenti marittimi, aerei e ferroviari. Il centro servizi monitora il territorio per rilevare eventuali variazioni, disservizi e perturbazioni del sistema dei trasporti regionale e della viabilità in genere per poi distribuire le notizie attraverso i suoi diversi canali. Il palinsesto, oltre ai notiziari sulla mobilità, offre rubriche di approfondimento su transitabilità e meteo, collegamenti con la Polizia Municipale di Napoli, con l’Anas, la Gesac e, in particolari casi di emergenza, con la Protezione Civile della Regione Campania. Sul sito del centro servizi anche informazioni sulle aree di parcheggio, i taxi, e notizie sui trasporti dedicati al turismo. Muoversi in Campania realizza, dal lunedì al venerdì, 19 notiziari audio e due notiziari video al giorno e li fornisce

a numerose emittenti radio e tv locali, e – da settembre a giugno - realizza un collegamento in diretta su traffico e trasporti per “Buongiorno Regione”, programma della Tgr Campania della Rai. Proprio per questo programma della Rai, infine, Muoversi in Campania ha ideato e realizzato, su impulso dell’assessorato regionale ai Trasporti, la campagna regionale sulla sicurezza stradale “Muoversi in Sicurezza”, con 38 spot in cui altrettanti personaggi campani del mondo dello spettacolo, sport, cinema e cultura hanno promosso condotte di guida responsabili, affrontando nei propri messaggi le principali tematiche legate alla sicurezza stradale. L’iniziativa è stata presentata anche al Giffoni Film Festival 2014, la prestigiosa kermesse internazionale di cinema per ragazzi. In quest’occasione, una giuria del festival formata da 700 giovani tra i 13 e i 18 anni ha premiato come migliore video della campagna lo spot dell’attore e cabarettista Paolo Caiazzo.


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tplcampania / porto&diporto

TIC, la struttura tariffaria dell’Acam per la Campania D

al primo gennaio 2015 entrerà in vigore il Ticket Integrato Campania (TIC), la nuova struttura tariffaria per il trasporto pubblico locale su base chilometrica, elaborata dall’ACaM (Agenzia Campana per la Mobilità sostenibile, ente strumentale della Regione Campania), per conto dell’assessorato ai Trasporti e Viabilità della Regione Campania.

Si tratta di una vera e propria evoluzione del sistema di bigliettazione integrato UnicoCampania, adottato più di dieci anni fa e che, con il TIC, viene esteso e reso coerente ed uniforme su tutto il territorio regionale, su base chilometrica. L’introduzione del TIC rappresenta il primo passo concreto del sistema ITSC (Intelligent Transport System Campano), che - grazie a una centrale di controllo all’avanguardia e all’utilizzo delle nuove e più moderne tecnologie del settore – consentirà progressivamente di automatizzare e potenziare le attività legate alla gestione ed attuazione dell’integrazione tariffaria, comprensive del monitoraggio puntuale dei flussi di traffico del sistema di trasporto pubblico, in funzione non solo del miglioramento della qualità dei servizi ma anche dell’efficientamento delle aziende, del sistema di informazione agli utenti,

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della sicurezza di infrastrutture, mezzi, passeggeri e lavoratori e della lotta all’evasione, superando tutte le criticità del vecchio sistema. Lo schema di integrazione tariffaria attualmente in vigore (UnicoCampania) - a fronte di indubbi vantaggi - è infatti caratterizzato da una serie di criticità da risolvere: • Complessivamente a livello regionale il rapporto ricavi/costi è tra i più bassi d’Italia • La percentuale complessiva di evasione è tra le più alte d’Italia • I livelli tariffari dei servizi sono disallineati a causa della coesistenza di molteplici schemi • I livelli tariffari non presentano un’univoca articolazione sul territorio: a parità di percorrenze sussistono differenti tariffe per lo spostamento • Non è possibile, per l’utente, scegliere una tariffa diversa da quella integrata, anche se il suo spostamento non necessita di più mezzi di diverse aziende • Bassa percentuale di utenti fidelizzati (scarso uso di abbonamenti). Tra l’altro, la Legge di Stabilità 2013 (DPCM dell’ 11/03/2013) definisce i nuovi criteri e modalità con cui ripartire tra le Regioni a statuto ordinario il Fondo Nazionale per il concorso dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario. Il principale parametro da rispettare

per non subire un riduzione dei fondi è rappresentato dall’incremento del rapporto dei ricavi/costi. Il nuovo sistema regionale - superando le criticità di quello precedente - è stato dunque costruito proprio per tener conto di questo parametro, senza il rispetto del quale, per legge, la Campania rischierebbe di ottenere una riduzione dei fondi per il trasporto pubblico locale. Il nuovo schema tariffario Obiettivi del nuovo sistema sono i seguenti: Estendere i vantaggi e la diffusione dell’attuale sistema integrato - Prevedere l’introduzione sistematica del titolo aziendale in modo da offrire ai cittadini maggiore scelta e ticket tarati sulle reali esigenze di spostamento degli utenti - Uniformare tutte le tariffe ad un unico schema a partire da una struttura su base chilometrica - Rendere oggettivi ed uniformi i criteri utilizzati per la costruzione delle aree urbane e suburbane - Aumentare la quota degli utenti fidelizzati con formule di abbonamento particolarmente convenienti - Combattere efficacemente l’evasione attraverso il coinvolgimento diretto di tutte le aziende e l’applicazione di nuove tecnologie - Aumentare il rapporto ricavi/costi - Aumentare i livelli di sicurezza e di conoscenza dei flussi grazie all’ITS.


fisco / porto&diporto

Certificazione Unica, novità per i sostituti d’imposta S

ono definiti “sostituti d’imposta” quei soggetti che, erogando somme, sono tenuti a trattenere (e versare) una ritenuta all’erario. A costoro competono altresì gli obblighi di dichiarazione e certificazione. - L’obbligo di dichiarazione viene assolto mediante la compilazione del modello 770 (semplificato e/o ordinario) che riepiloga le somme assoggettate, le ritenute operate e i versamenti effettuati durante il periodo di riferimento; tale modello deve essere inviato telematicamente all’Agenzia delle Entrate per consentirle gli opportuni controlli sia nei confronti dei contribuenti che dei sostituti. - L’obbligo di certificazione viene assolto consegnando a ciascun sostituito, entro il 28 febbraio dell’anno successivo: - il modello CUD ai percettori di reddito di lavoro dipendente o assimilato (lavoratori subordinati, parasubordinati, pensionati ecc.) - una dichiarazione, redatta in forma pressoché libera, ai lavoratori autonomi (liberi professionisti, percettori di provvigioni, ecc.). Ritardi e/o omissioni risultano sanzionabili soltanto qualora avessero la conseguenza di non consentire al percettore l’espletamento dei suoi doveri di contribuente. Quanto esposto finora relativamente agli obblighi e modalità di certificazione ha subito profonde modifiche a seguito della emanazione del D.Lgs. 175 del 21 novembre 2014, in vigore dal 13 dicembre 2014, che sostituisce l’ormai tradizionale modello CUD con quello nuovo di “Certificazione Unica”. Tale modello – brevemente denominato CU – dovrà essere utilizzato a decorrere dal prossimo anno (con la sigla CU2015 per i

redditi del 2014) per certificare le ritenute operate nel corso dell’anno precedente sulle somme erogate a qualsiasi titolo. Sostanziale novità del modello CU2015 è che i sostituti, oltre a consegnarlo ai percettori, dovranno anche trasmetterlo telematicamente all’Agenzia delle Entrate entro il 7 marzo (termine quest’anno prorogato a lunedì 9 marzo 2015 per la coincidenza con il sabato). Come accennato, la platea dei destinatari si allarga a qualsiasi tipo di percettore: oltre che per i lavoratori subordinati, il modello dovrà essere compilato anche per professionisti, imprese, prestatori di lavoro occasionale, percettori di provvigioni e/o di altri redditi soggetti a ritenuta a titolo di acconto o di imposta. A questi nuovi soggetti è stata dedicata un’apposita sezione del modello che richiede, fra gli altri dati, il totale delle somme corrisposte, l’importo non soggetto a ritenute, le spese rimborsate, l’imponibile e le ritenute di anni precedenti, i contributi previdenziali sia a carico del sostituto che del

sostituito. Altra novità rilevante è che per ogni certificazione “CU2015” non trasmessa, tardiva o errata, è comminata una sanzione di cento euro. Scopo delle nuove disposizioni è (o forse è meglio dire sarebbe) quello di consentire all’Agenzia delle Entrate di inviare ai contribuenti il Modello 730 precompilato in modo da evitargli errori. E qui emergono delle indiscutibili considerazioni pratiche. La nuova procedura – parzialmente condivisibile se consideriamo la sola categoria dei lavoratori subordinati con stabilità di impiego presso un unico datore di lavoro – è certamente inutile per i titolari di redditi di impresa o di lavoro autonomo in possesso di partita IVA che, determinando il reddito secondo una articolata contabilità (di cui gli incassi costituiscono solo una parte), non ne trarranno alcuna utilità. Peraltro, tali soggetti, non possono presentare il modello 730 ma sono tenuti a compilare l’Unico. Inoltre non bisogna dimenticare che l’Inps ha avuto sempre problemi nel rispettare le scadenze di legge (forse anche perché non paga le sanzioni!) e se non dovesse essere egualmente tempestivo – in un 2014 contraddistinto particolarmente da un’incredibile pioggia di erogazioni di ammortizzatori sociali – falserebbe in ogni caso i dati di milioni di percettori. Infine non si comprende il criterio con cui sono state determinate le sanzioni, incredibilmente eccessive: ancora una volta si colpisce una categoria che, svolgendo gratuitamente tanti compiti che spetterebbero al fisco, andrebbe invece premiata per gli sforzi e l’impegno cui è tenuta. Salvo che non sia un nuovo sistema per fare cassa... Giuseppe Coccia

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aziende / porto&diporto

Alla base dello sviluppo è il dialogo tra imprese

L’analisi sulla crisi di Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere, 30 mila aziende in tutta Italia di cui mille nel no profit

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a 25 anni promuove la cultura delle reti tra imprese, nel segno di un’amicizia solidale e operativa. La Compagnia delle Opere ha la testa a Milano ma il cuore e l’ingegno in ogni regione. Quaranta sedi animano altrettante associazioni in Italia a cui si affiancano 15 associazioni all’estero. Il bene della persona, la libertà e la responsabilità sono le parole chiave che riassumono l’anima dentro cui operano le realtà con la comune volontà di garantire l’obiettivo principale: la socialità del lavoro. Deterrente prezioso in tempo di profonda crisi economica. Tanto più che produrre innovazione e servizi, secondo quei principi, è per la Compagnia la strategia migliore contro l’isolamento imprenditoriale. Ne è convinto il suo presidente nazionale Bernhard Scholz, al terzo mandato alla guida della Compagnia delle Opere. Nato in Germania, Scholz ha una formazione umanistica sintetizzata, oltre che dal diploma di liceo classico, dalla tesi di laurea sul sociologo Max Weber,

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Bernhard Scholz conseguita dopo aver studiato Scienze Politiche e Storia Moderna nelle Università di Münster e Friburgo. E a Friburgo, giornalista professionista, ha curato la comunicazione con la stampa per l’Arcidiocesi e approfondito poi i contenuti legati alle pubbliche relazioni

alla comunicazione d’impresa. Prima di dedicarsi in modo particolare alla consulenza e alla formazione manageriale sia per le multinazionali sia per le piccole e medie imprese italiane. Presidente, qualche numero? “Abbiamo 40 sedi locali, trentamila imprese di cui mille non profit associate, dalla Lombardia e Alto Adige alla Sicilia e alla Sardegna”. Qual è il vostro rapporto con le realtà locali? “Ottimo. La Lombardia fa la parte del leone con il 60 per cento degli associati. La Campania ha una eccellente adesione, più del Lazio, con una presenza e una forza di lunga data e una grande storia. A noi interessa l’azione delle realtà del sud, dove è più difficile fare impresa. Perché? “Per la burocrazia, ma dappertutto in Italia c’è questo problema anche se il sud ne soffre di più”. La missione sociale? “Il nostro interesse è sostenere lo


sviluppo delle imprese, questo vale per tutti i settori, profit e no profit. Lavoriamo molto sulla formazione, sulle relazioni tra imprese e vogliamo che la relazionalità sia un fattore di sviluppo per evitare la solitudine, favorire il dialogo tra le persone dà una maggiore apertura mentale. Il nostro metodo è basato sulla necessità di relazionarsi contro il forte egoismo della società. L’individuo che resta solo è debolissimo, e da solo non si assume la responsabilità. Il vero punto per cui molti imprenditori tirano i remi in barca”. I vostri settori di maggior sviluppo? “Principalmente servizi e industria. Siamo convinti che l’Italia abbia bisogno di un forte sostegno nella produzione industriale meccanica soprattutto fornitura di macchine speciali, altrimenti diventiamo solo un Paese di servizi

che poi non sappiamo a chi vendere. Le grandi case automobilistiche per esempio comprano qua da noi. Poi c’è il turismo dove è difficile creare rete, anche li c’è troppa solitudine”. I maggiori partner? “Dialoghiamo con tutto il mondo associativo, con tutte le associazioni c’è un rapporto di relazioni, Confartigianato, Cna in particolare hanno collaborato anche all’ultima edizione del matching a Milano lo scorso novembre. Anzi, desideriamo fare iniziative con altri. La Compagnia delle Opere non ha nessuna pretesa di esclusività, a noi interessa dare un contributo allo sviluppo. Abbiamo delle eccellenze, tantissime imprese italiane mondiali. Dobbiamo capire che vince un mix tra la grande capacità innovativa e una efficace organizzazione”. La crisi però morde come mai

“Non è possibile che non si possa uscirne. Ma dobbiamo far parlare le persone che fanno bene impresa. Ci vuole un effetto contagio, senza scimmiottare niente e nessuno, ma semplicemente comprendere il loro metodo”. Che cosa pensa dell’azione del capo del governo Renzi? “Ha creato un’inversione di tendenza, ma la costruzione dello sviluppo deve esser di tutti, associazioni, imprese, cittadini. O si capisce che la responsabilità deve essere personale, di ciascuno o non ne usciamo, deve passare questo messaggio. Il governo può solo creare le condizioni per imprenditori e collaboratori, riducendo per esempio le tasse sul lavoro. E’ sbagliato appiattirsi su Renzi o Berlusconi, si perde di vista tutta la realtà”. Ferruccio Fabrizio

Competizione e formazione per crescere insieme

Il presidente regionale della Cdo Salvatore Del Monaco è amministratore della Team Security, società leader nei servizi di sicurezza non armata e impegnato nel volontariato

“I

ncontrarsi per crescere. Mettersi insieme per competere” è l’evento che ha portato a Napoli a dicembre nella sede della Compagnia delle Opere circa 200 tra delegati e associati. “L’evento è un occasione, che rinnoviamo, di dialogo nella base della Cdo Campania – spiega il presidente regionale campano della Compagnia delle Opere, Salvatore Del Monaco Dialogo a cui ha partecipato anche il nostro presidente nazionale Bernhard Scholz, per capire in questo momento storico le esigenze di chi ci crede e non ha gettato la spugna. Inoltre, l’incontro serve a elaborare un documento sulle priorità da sottoporre alla valutazione di chi concorre alle scelte istituzionali. I rapporti istituzionali, Regione o Comune, in Campania sono buoni con tutti, cordiali e franchi. L’occasione preziosa per un confronto chiaro, aperto, leale su fatti esperienze che ciascun imprenditore può portare in questo momento di difficoltà per sapere come si può uscirne”. Del Monaco, 50 anni compiuti lo scorso 8 dicembre, è anche componente dell’esecutivo nazionale della Compagnia e amministratore

Bernhard Scholz unico della società “Team security” che gestisce servizi in outsourcing per enti pubblici e privati. “Ci occupiamo di tutto ciò che riguarda la sicurezza non armata: portierato, custodia, reception, assistenza, controllo accessi. La società ha 150 dipendenti in tutta la Campania e a Napoli la maggiore concentrazione di attività”. Non è tutto. Del Monaco è impegnato anche in attività legate

al no profit. “Vorrei segnalare in particolare l’iniziativa “Portofranco”, nome dell’associazione che opera nel quartiere Sanità e offre un sostegno di accompagnamento allo studio a giovani studenti. Prevede lavoro gratuito di docenti per studenti in difficoltà. Una realtà che è riuscita a reclutare 100 volontari che assistono ragazzi delle scuole medie e soprattutto superiori che hanno bisogno di supporto. Una sorta di doposcuola”. Base dell’iniziativa è un’intensa attività di formazione. “Attualmente più di 70 giovani sono seguiti e accompagnati tre giorni a settimana ma Portofranco ha anche altre alte implicazioni – sottolinea Del Monaco. Cerca di indicare ai ragazzi anche un percorso professionale, dallo studio al lavoro dunque”. Il progetto, in piedi da qualche anno, si regge grazie al volontariato puro. “A volte bisogna comprare libri, fare piccole spese per questi giovani meno fortunati. A cui è data anche la possibilità di visitare musei. La mia idea è di metterli in rapporto con le imprese e dare loro una prospettiva. L’obiettivo insomma, è che non finisca tutto con la scuola”. f.f.

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infrastrutture / porto&diporto

Stati Generali dei porti per un confronto costruttivo S

ubentrata in Commissione Trasporti della Camera, l’On. Anna Maria Carloni, unica rappresentante campana alle prese con il settore, è impegnata dallo scorso luglio nell’approfondimento di una materia che definisce “non solo importante per il futuro economico del Paese ma piena di fascino per le complesse implicazioni che ne derivano”. Alle prese con le prossime scadenze della riforma portuale, con un occhio di riguardo all’evoluzione della situazione di Napoli, fa un primo bilancio di questa esperienza. A che punto è la riforma? Siamo in attesa del piano strategico di riorganizzazione che a breve presenterà il ministro Lupi. A fronte delle differenti proposte legislative presentate in Parlamento si è deciso di affidargli un ampio mandato per una revisione organica della materia. Il comitato dei saggi attualmente sta lavorando su diversi fronti: l’analisi dell’offerta, della domanda, la questione prioritaria della governance dei porti. Un punto, quest’ultimo, particolarmente delicato. Anche per le tensioni che si sono registrate nei mesi scorsi in merito alle ipotesi di accorpamento tra Autorità portuali. Cosa pensa al riguardo? L’impostazione per cui gli accorpamenti tra scali rappresenta un punto di arrivo e non di partenza mi sembra ben centrata e dovrebbe fugare qualsiasi timore circa la perdita di status per le realtà minori. È chiaro che nell’attuale contesto economico la competitività vada perseguita attraverso maggiori livelli di sinergia, scegliendo la strada della progressiva integrazione. Ma questo processo non può essere completato per via burocratica. È un percorso che va costruito bene, senza aggravio di costi e diseconomie. In raccordo con il territorio e come fattore di propulsione per il tessuto economico. Penso al sistema campano, dove, a dispetto delle contestazioni, c’è una forte esigenza di favorire la specializzazione delle funzioni. In che modo rendere virtuosa questa strada? In generale, dando parola a tutti i portatori d’interesse. A gennaio, ad esempio, partiranno gli Stati Generali

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della portualità annunciati dal ministro Lupi. In quell’ambito tutti i soggetti del comparto avranno la possibilità di confrontarsi. A partire dai lavoratori, non rappresentati all’interno del comitato dei saggi. Per quanto riguarda la situazione regionale, invece, costruendo un dialogo continuo tra gli attori coinvolti, favorendo una conoscenza reale di problemi e opportunità. Da questo punto di vista il caso di Napoli è singolare. Si continua a parlare di prima industria della città. Eppure sembra non esserci cura per il porto, sia da parte delle istituzioni sia della cittadinanza. Si è innalzata una sorta di barriera psicologica con il mare. Come spezzarla? La politica deve fare la sua parte. Il settore marittimo ha una sua peculiarità fatta di tradizione e, allo stesso tempo, di apertura verso il mondo. Sono valori da intercettare, su cui impostare nuove relazioni. Quando si parla dell’area metropolitana in cui è inserito il porto lo si fa in una prospettiva troppo burocratica e ingegneristica. E invece si dovrebbe ragionare intermini di reti, di servizi avanzati da offrire alle aziende per garantire il necessario salto di qualità. Il porto dovrebbe essere al centro di questo contesto, esserne il vero motore. Non è pensabile poter agire per il bene comune della città senza prendersi letteralmente cura dello scalo. Abbondano, piuttosto, le polemiche. Il quadro che emerge dalla lettura dei quotidiani cittadini è sconsolante, una pulsione continua a farsi del male. Certo le criticità, specie per quanto riguarda il calo dei traffici, esistono ma vanno inserite in quadro generale anch’esso in sofferenza. Spezzare il circolo vizioso della denigrazione, a favore di una visione più equilibrata delle problematiche, sarebbe il primo passo per avviare il processo di riappropriazione del porto. In fondo, le associazioni degli operatori hanno avviato un interessante processo di confronto sul futuro del comparto mentre grazie all’opera di Karrer l’Ap sembra essere uscita finalmente dalle secche. Chi guiderà l’Ap di Napoli? Intanto, al vertice dell’ente c’è una

personalità come Karrer di valore assoluto nel settore urbanistico, una figura da utilizzare al meglio in questa particolare fase della storia del porto. Ho riscontrato una grande stima da parte degli operatori verso la sua azione. Per quanto riguarda il futuro posso solo affermare che è finita la stagione dei politici da collocare. Chiunque siederà ai vertici di Piazzale Pisacane dovrà essere espressione di una candidatura competente, amministratore o tecnico non importa, che abbia una cultura profonda nel governo della materia. Sarà a capo di un’Ap di natura diversa dopo la riforma? Il dibattito sul modello organizzativo delle Ap è ancora in atto e per ora non mi pronuncio. Per quel che mi riguarda auspico la fine dell’attuale assetto partecipativo, basato su comitati che frenano l’attività con i continui veti incrociati. Viviamo una realtà complessa in cui c’è bisogno di rapidità nelle decisioni, misurazione in tempo reale dei loro effetti sul tessuto economico, di un sistema preciso di regole e di figure in grado di farle rispettare. Essenziale per il futuro sarà anche la capacità di misurarsi con il problema delle risorse: bisognerà imparare a fare di molto di più con meno soldi a disposizione. Cosa si sta facendo per l’eliminazione dei vincoli burocratici? Ancora troppo poco. Si tenga conto, per dire, della legislazione ambientale, troppo ipertrofica e piena di vincoli. I ritardi sui dragaggi nascono anche da lì. Purtroppo anche in Commissione Trasporti c’è poca conoscenza rispetto a queste tematiche e sulle relative con-


seguenze per la competitività dei porti. Manca il coordinamento con i Lavori Pubblici e l’Ambiente. E il Parlamento non è impegnato nel necessario riordino della materia. Cosa auspica per il 2015? Un cambio di passo, una ripresa simbolica del rapporto di Napoli con il suo

porto. Più concretamente, dal punto di vista personale, la ricerca di un dialogo sempre più stretto con la realtà portuale cittadina e un impegno per il recupero di una risorsa culturale, architettonica, anche economica, come il Molo S. Vincenzo. Non è possibile, nel XXI secolo, che uno spazio del genere, così ricco di

storia e bellezza, non sia sfruttato a beneficio delle attività produttive. L’obiettivo è farne una vera e propria “vertenza della città”. Un processo non semplice in cui punterò a fare da cerniera tra Ap, Marina Militare, Comune e Commissioni Difesa e Trasporti. Giovanni Grande

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infrastrutture / porto&diporto

Rigassificatori, alternativa alla dipendenza dei gasdotti C

on l’approdo della metaniera Indipendence è stato inaugurato all’inizio di novembre nel porto lituano di Klaipeda il primo impianto di rigassificazione della regione baltica. Finanziato con 87 milioni di euro da parte della BEI (Banca Europea per gli Investimenti) la struttura, della capacità di 4,8 miliardi di metri cubi, è stata inserita fin da subito nei progetti chiave dell’European Energy Security Strategy, il documento con cui l’Ue ha scelto come priorità “da un lato di diversificare maggiormente i fornitori di gas naturale e dall’altro di mantenere volumi di importazione sostanziosi da fornitori affidabili”. L’ingresso della Lituania nello sparuto gruppo dei Paesi in cui è attivo questo tipo di tecnologia garantisce la sicurezza energetica dell’area da un’eccessiva dipendenza dallo scomodo vicino russo. Oltre a coprire parte del fabbisogno lituano attraverso accordi di “third party access regime”, consentirà ai Paesi confinanti di usufruire della capacità del terminal GNL sulla base di condizioni non discriminatorie. In questo modo lo scalo di Klaipeda, in cui sono in corso anche ingenti investimenti infrastrutturali sul versante commerciale da parte di MSC, mira a diventare polo energetico di riferimento della regione; nonché punto di partenza per

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una serie di progetti che dalla Finlandia all’Estonia alla Polonia individuano nei rigassificatori l’alternativa energetica al monopolio esercitato da Gazprom. La possibilità di slegare l’origine dell’approvvigionamento della materia prima dai percorsi obbligati dei gasdotti, d’altro canto, rappresenta uno dei vantaggi competitivi dell’importazione di gas in forma liquida per via marittima: mette, infatti, al riparo dalle tensioni politiche (Ucraina docet) e contribuisce alla riduzione dei prezzi. Ne sa qualcosa il Giappone che vanta, ad esempio, quasi la metà degli impianti presenti nel mondo. Non stupisce, così, la messe di programmi che, pur rallentati dalla crisi economica, andranno a compimentonei prossimi anni. “Negli Stati Uniti – sottolineal’EESS – si prevede che il primo impianto di liquefazione sulla costa orientale sia messo inservizio entro il 2015-2017 con una capacità di circa 24 miliardi m3/anno. Vi sono vari altri progetti simili in corso di sviluppo: la maggior parte dei volumi sarà convogliata verso i mercati asiatici, ma alcune società europee stanno già negoziando contratti di approvvigionamento di LNG con i produttori statunitensi”. Non mancano in questa corsa porti di primaria importanza, i cui piani tendono anche a rispondere, in prospettiva, alla

diffusione del GNL come carburante marittimo. È il caso di Rotterdam la cui Ap intende aprire un GNL Hub entro la fine del 2015 e svolge il ruolo di capofila per un LNG Masterplan dedicato alla regione del Reno. Mentre a Barcellona, dove è operativo dal 1969 un impianto di stoccaggio con collegato rigassificatore, nel 2013 è passato un progetto di ENASA con l’obiettivo di fare dello scalo catalano il primo e più importante punto di rifornimento di GNL nel Mediterraneo. In Italia, dove mancano stazioni di rifornimento per mezzi navali, i rigassificatori attivi sono tre. A Panigaglia e Rovigo (Terminal Gnl Adriatico) si è aggiunto, non senza le solite difficoltà burocratiche e polemiche ambientaliste, Livorno (OLT) alla fine del 2013. A partire dal 2000 sono stati circa una ventina i progetti che hanno richiesto le lunghe autorizzazioni necessarie (VIA) con le approvazioni arrivate solo per Gioia Tauro, Porto Empedocle, Priolo Gargallo, Zaule e Capobianco (Br). Particolarmente eclatante la vicenda di Brindisi. L’impianto da 8 miliardi di metri cubi previsto nel porto aveva ricevuto un prima via libera nel 2003. Dopo un lungo stop and go British gas ha rinunciato al suo piano dopo aver bruciato 250 milioni di euro. Giovanni Grande


infrastrutture / porto&diporto

Livorno, i fondali saranno dragati in trenta giorni

È

giunta in porto a Livorno la draga “Amazone”, della ditta Società Italiana Dragaggi spa, Sidra. A partire dai primi giorni di dicembre comincerà a dragare i fondali del Lato Nord del Molo Italia, portandoli, in 30 giorni circa, ad una profondità di 13 metri. «I lavori di escavo – ha dichiarato il dirigente sicurezza e ambiente dell’Authority, Giovanni Motta – saranno eseguiti senza soluzione di continuità,

24 ore su 24, festivi compresi. In tutto verranno dragati 430 mila metri cubi di materiale, che verranno conferiti in parte nella prima, in parte nella seconda vasca di colmata». Il trasferimento di fanghi, sabbia e rocce dal Molo Italia alle vasche di contenimento avverrà grazie ad un tubo adagiato sul canale di accesso. È lungo 300 metri, ha un diametro di un metro e attraversa tutto il porto. La draga, 100 metri di lunghezza e

20 di larghezza, ha un motore diesel ad elevata potenza, è dotata di un sistema di escavo in grado di frantumare e aspirare materiali di diversa natura, dal fango alle rocce compatte, e di refluirli tramite tubazioni sino a distanze di 4 km. La portata del dragaggio può arrivare sino a 30 mila metri cubi al giorno. I lavori, che saranno effettuati dalla società Sidra, termineranno, presumibilmente, all’inizio di gennaio. Cosimo Brudetti

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turismo / porto&diporto

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turismo / porto&diporto

! i l o p a N a i n n a 0 3 a D

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nautica / porto&diporto

Seatec:

il meglio delle aziende per il settore nautico italiano G

iunta alla 13a edizione, SEATEC (Sea Technology & Design) è la fiera di riferimento internazionale per chi si occupa di componentistica, motori e sistemi di propulsione, elettronica e domotica, materie prime e lavorate, progettazione e design per imbarcazioni, yacht e navi. Un appuntamento imperdibile – in programma dal 4 al 6 febbraio 2015 - per gli operatori professionali che, all’interno della rassegna, possono trovare il meglio che le imprese dell’industria nautica e navale hanno da offrire con una qualità unica: il 100% di qualità nel cuore del made in Italy. Il comparto della nautica, infatti, è in Italia uno dei pochi settori dove la filiera di produzione della subfornitura, ma anche comparti come quelli dei servizi e del design, riescono a esprimere il sapere, l’eccellenza e la competenza delle piccole come delle grandi aziende italiane. La vicinanza con bacini di produzione che rappresentano l’eccellenza nella costruzione dei Super yacht fanno di SEATEC il contesto ideale per una rassegna specializzata del settore che si tiene a Marina di Carrara (nel complesso di CarraraFiere), a metà strada tra Livorno e Genova, un’area che comprende i distretti di Viareggio e Pisa, sedi dei cantieri nautici più prestigiosi al mondo, leader indiscussi nella produzione di grandi unità e sinonimo di qualità riconosciuto a livello globale. Seatec si svolgerà in contemporanea con la 7a edizione di Compotec, la rassegna internazionale dei compositi e delle tecnologie correlate. E’ l’unico evento trade in Italia dedicato a questo settore con un mercato cresciuto in misura significativa negli ultimi anni per quanto riguarda varie branche di applicazione, grazie allo sviluppo e la messa a punto di nuove tecnologie e alle eccellenti proprietà meccaniche dei compositi in rapporto a peso, durabilità, versatilità. Espongono a Compotec le aziende leader (produttori, distributori) ma anche università, istituti di ricerca enti e associazioni che contribuiscono

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a creare un’offerta di alto profilo. Seatec ospita la 5a edizione di Yare - Yacht After sales & Refit Experience - l’evento dedicato al refit, comparto sempre più strategico per l’intera industria nautica italiana. Gli espositori di Yare sono aziende che si occupano di service: yacht agencies, broker, crew managers, registri di bandiera, cluster del refit, imprese di servizi. Protagonisti di YARE saranno comandanti e yacht manager di super e mega yacht (sopra i 24 mt.) invitati per incontrare le aziende partecipanti nelle due giornate dedicate agli incontri B2C – Meet the Captain. Dalla scorsa edizione Seatec ospita anche il

“Med Village”, un’area dedicata alle imprese di componentistica, accessori e servizi dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. L’obiettivo è quello di far intervenire produttori e operatori da alcuni dei Paesi strategici del Mediterraneo per ampliare le opportunità di business. Da varie edizioni, SEATEC affronta il tema della sostenibilità ambientale con GreenTec, un percorso che consente agli espositori d i


segnalare prodotti e servizi che rispondono a criteri di eco compatibilità, risparmio energetico e rispetto dell’ambiente. Hanno un ruolo importante i prestigiosi premi: Myda (Millennium Yacht Design Award), che presenta nuovi progetti di designer professionisti e esordienti, alla sua 12° edizione; Qualitec Technology e Qualitec Design, concorsi riservati agli espositori, per l’innovazione tecnologica e per gli oggetti di arredo che meglio concorrono alle esigenze della vita a bordo. Verrà allestita un’area dedicata all’esposizione dei prodotti partecipanti che saranno premiati durante la prima giornata di fiera.

Rafforzano il valore di SEATEC e COMPOTEC, workshop, conferenze e seminari che arricchiscono l’offerta espositiva, assieme agli eventi di “Abitare il mare”, contenitore di appuntamenti e convegni legati ai temi del design. All’interno di Abitare il mare si segnalano in particolare il convegno, legato al concorso MYDA, “Vivere a bordo” e due appuntamenti su Design e materiali compositi. Per le associazioni di categoria confermati gli appuntamenti con Assonat che presenterà un’iniziativa legata ai porti turistici; Assonautica e Istituto Italiano della Saldatura.

Propulsione e motori nella consolidata area Ascomac – Unimot, all’interno della quale si svolgono workshop e incontri con gli operatori. In Area Vela il classico appuntamento con Navimeteo sulla meteorologia marina, il convegno realizzato in ambito Mille e una Vela Cup, e le iniziative di Saily.it sulla vela. Interessanti le altre iniziative previste a Compotec. Due le giornate in cui si svolgerà il convegno tecnico dedicato ai materiali termoplastici, mentre Assocompositi presenterà un workshop di tre giorni sulla tecnologia RTM e un seminario tecnico sulle applicazioni dei compositi nei settori automotive e aerospaziale, riciclo dei materiali e analisi non distruttive. Confermato l’appuntamento con Dimeas – Politecnico di Torino. Il calendario degli eventi è disponibile on-line su www.sea-tec.it e www. compotec.it . E’ prevista la presenza di delegazioni di operatori esteri che permetteranno agli espositori di poter partecipare a incontri B2B con potenziali buyers stranieri estremamente qualificati. Durante la scorsa edizione, si sono tenuti oltre 700 incontri tra operatori e aziende, organizzati e coadiuvati dall’ICE, Agenzia per la promozione e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Riccardo Russo

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nautica / porto&diporto

Debutto per l’Arcadia 85 nella versione americana A

rcadia Yachts - l’innovativo e unico cantiere italiano “ecofriendly” – ha annunciato il debutto americano dell’Arcadia 85 nella sua edizione US (scafo n.8). Il layout e gli aspetti funzionali della vivibilità a bordo dell’Arcadia 85 US sono il risultato di un’evoluzione nei processi di costruzione voluta dal cantiere. Il design lineare della sovrastruttura e la linea verticale della prua consentono un migliore utilizzo di ogni singolo spazio disponibile sia all’interno, sia all’esterno; come dimostra l’ampiezza dell’area living, nettamente superiore rispetto alle altre imbarcazioni della stessa dimensione. L’unicità del progetto Arcadia Yachts ed in particolare di Arcadia 85 US edition è da ricercare proprio nelle soluzioni di design, volte ad integrare i pannelli solari in un yacht semi-planante. La passione del cantiere per la tecnologia solare e l’eco-mobilità è finalmente espressa in uno yacht lungo 26mt e largo 7.15, dotato di 40 mq di pannelli fotovoltaici ciascuno dei quali è composto da centinaia di celle solari ad alte prestazioni, generatrici di ben 5KW di energia pulita. Ecco come e da

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dove ogni yacht Arcadia ottiene tutta la potenza necessaria per alimentare le strumentazioni di bordo: doccia, wc, frigorifero e illuminazione. Il design dell’Arcadia 85 riflette uno stile semplice e sobrio, con un mix armonioso tra le aree interne ed esterne. La deck-house è stata realizzata quasi interamente con un doppio strato vetro riflettente, dando agli interni un tocco luminoso e arioso. Gli oscuranti automatici del cielino e delle finestrature laterali offrono l’opportuna privacy - per proprietario e dai suoi ospiti, una volta giunti in porto o in una baia. L’imponente aft-deck lounge dell’Arcadia 85 (8,50mt di lunghezza) dispone di un pozzetto ben protetto, ideale per cene, nonché un’ampia zona prendisole in direzione della poppa. Arcadia 85 è uno yacht semi-planante. Il suo particolare scafo (NPL) prende il loro nome dal National Physical Laboratory (Regno Unito), dove sono stati condotti test per determinare la miglior forma per lo scafo e il miglior rapporto lunghezza-baglio in termini di efficienza idrodinamica. Ulteriori studi e test sono stati realizzati anche dal reparto tecnico di Arcadia prima di adot-

tare gli standard NPL come scafi per i propri yacht, ottenendo come ottimi e definitivi risultati in termini di tenuta in mare e di riduzione del rumore, per un comfort senza paragoni in navigazione o in rada. Lo scafo è stato costruito in gelcoat e vetroresina rinforzata con resina vinylester per i tre strati esterni. Le murate sono in PVC inframezzati con fibra di vetro. Questa particolare struttura rende ogni yacht Arcadia notevolmente leggero e resistente in rapporto le sue dimensioni. La carena semi-planante consente, insieme alla leggera sovrastruttura in alluminio, prestazioni efficienti e riduce significativamente il consumo di carburante e i relativi costi di gestione dei motori a potenza limitata. Gli 84.95 piedi dell’Arcadia 85 hanno un dislocamento massimo di 67 tonnellate. Lo yacht é alimentato da due motori MAN diesels da R6-730Cv ognuno che garantiscono una velocità massima di 18.5 nodi; può comodamente navigare ad una velocità di crociera di16.5 nodi, così come 12.0 nodi in puro dislocamento. La sua autonomia è circa 850 nm @ 12.0 nodi. Rispetto alla versione MED, sono


state apportate alcune modifiche sulla versione americana dell’Arcadia 85. Per quanto riguarda gli aspetti tecnici sono da segnalare i generatori migliorati per supportare il sistema di condizionamento aria potenziato; l’aumento dell’isolamento volto a migliorare il comfort di bordo (in funzione del clima più caldo e umido) e l’impianto elettrico conforme alle norme Nord Americane. Il nuovo design vede interni ed esterni declinati alle esigenze del mercato Statunitense con una zona cucina openspace (Schiffini design) verso sala da pranzo e salone principale come richiesta speciale dal mercato statunitense; la cabina Vip con area spogliatoio; mobile per lavatrice e asciugatrice nel corridoio delle cabine ospiti. Arcadia 85 US Edition è stato progettato come uno yacht per famiglie, che combina diverse funzionalità esterne in un unico deck, dando agli ospiti più possibilità di trascorrere del tempo insieme; mentre gli interni traggono giovamento dalla sensazione estetica di “ampio spazio aperto” e da un più stretto contatto con la natura, grazie alle finestre a scorrimento totale “dal pavimento al soffitto”. Lo yacht dispone di quattro cabine ospiti al ponte inferiore, tra cui la spettacolare cabina armatore a centro

nave. L’area è insolitamente grande, con una ineguagliabile area toilette. La grande cabina VIP a prua è dotata di letto matrimoniale e spogliatoio. Ci sono, infine, altre due cabine doppie. La prua dello yacht offre spazio agli alloggi per 4 membri dell’equipaggio, ai quali si accede attraverso la sezione timoneria. Lo spazio assegnato ad equipaggio e aree tecniche è degno di nota e conta su un garage per il tender, dove possono essere facilmente stipati un mezzo superiore ai 4 metri e un jet ski da due posti. Il salone principale è molto intimo e offre spazio per 8 persone. L’aft deck esterno, essendo ben protetto, è una valida e più ampia alternativa per gli ospiti, i quali possono trascorrere la maggior parte del tempo lì, oltre che all’interno. Gli interni dello yacht sono caratterizzati da un arredo moderno realizzato dai più noti e importanti marchi del design Made in Italy, quali Poltrone Frau, Cassina e Schiffini. Quasi tutti gli interni sono composti da pezzi singoli, dando così la possibilità di layout modulabili. Con l’Arcadia 85 US Edition arriva negli Stati Uniti un nuovo modo di vivere il mare, con innovazione e valori etici fino ad ora poco esplorati. Perché navigare è un privilegio che deve essere vissuto senza ostentazioni. Per godere il mare

nel rispetto della natura e del valore economico di ogni singola azione. Un vero e proprio impegno fatto di stile e sostanza. Un progetto che è diventato un nuovo punto di riferimento per il settore dello yachting in pochi anni. Questo è il “sogno ecologico” del cantiere, che si sviluppa in tre fasi principali, a partire dalla filosofia ECOTHINK, alle innovazioni ECOTECH, fino ad una nuova esperienza a bordo, l’ECOLIVING. ECOTHINK - Un approccio “green” che si esprime in tutto ciò che facciamo, nella quotidianità, nel lavoro e nelle grandi scelte. Uno stile di vita che Arcadia Yachts è riuscita a trasferire nel settore della nautica con un’idea capace di coniugare “lusso” e “senso etico”, compiacimento e rispetto ambientale. Un “pensiero ecologico” che si traduce in soluzioni eco-friendly, capaci di limitare i consumi e l’impatto sull’ambiente. Per godersi il mare in maniera più libera e responsabile. Perché il futuro dello yachting sia ogni giorno un po’ più verde. Il cantiere si trova nel cuore del Mediterraneo, a Torre Annunziata: un impianto di 36.000m2 dove artigianato, moderne tecnologie, attenzione al dettaglio e all’ambiente circostante sono perfettamente integrati tra loro. Riccardo Russo

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mostre / porto&diporto

Vacanze romane a Cinecittà N

on si è mai a corto di spunti per una rigenerante vacanza romana, soprattutto nel campo culturale, tra mostre, spettacoli e novità editoriali. Attenti anche alla comodità che permette di godere appieno dello svago, abbandonando la macchina, a Firenze, Napoli o Milano qualunque sia la partenza con Trenitalia o Italo approfittando di distanze accorciate, in poche ore ad alta velocità si raggiunge la capitale. In questo anche l’albergo ha la sua importanza, vicino alla zona Termini è l’ideale, come l’Hotel Quirinale a metà strada tra la stazione ed il centro, in via Nazionale per passeggiate e visite culturali. Vivere l’hotel significa respirare la storia secolare della città in un’atmosfera elegante tra mobili d’epoca in stile imperiale e le decorazioni antiche presenti in tutte le stanze. Alle Scuderie del Quirinale ci si arriva a piedi e fino al 18 gennaio si può ammirare la mostra su Memling e il rinascimento fiammingo. Una monografica mai prima realizzata nel nostro Paese, che s’inserisce di diritto tra le grandi monografie apprezzate dagli specialisti e dal grande pubblico della sede espositiva romana, e che finalmente fa luce sulle qualità eccelse di questo artista, prendendo in esame ogni aspetto della sua opera e della sua carriera, dalle pale d’altare ai trittici portatili, ai dipinti devozionali, oltre ai famosi ritratti, ge-

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nere in cui Memling seppe perfezionare lo schema dipingendo su uno sfondo di paesaggio, che ebbe vasta diffusione e forte influsso anche sulle opere di numerosi artisti italiani del primo Cinquecento. Ma a Roma è interessante spaziare tra i secoli, potendo scegliere tra antichità e modernità, così si affaccia all’attenzione la singolare storia di Cinecittà, che ha affascinato generazioni di cinefili, oltre ad appassionati di costume, moda e curiosità. Quest’anno poi con il restauro della storica facciata di via Tuscolana 1055, grazie alla Maison Chopard, che ha messo in evidenza il dinamismo dato da pieni e vuoti non si può non vistitare la sede. Cinecittà è un cammino a ritroso, che ci ricorda attimi ed immagini familiari che ci appartengono e commuovono. Un sogno che iniziò negli anni ’20, quando Luigi Freddi giornalista e politico consegnò a Mussolini un programma di riorganizzazione della cinematografia italiana, ispirandosi ai grandi complessi di Hollywood. L’architetto incaricato del progetto fu Gino Peressutti, che dalla posa della prima pietra, appena 457 giorni dopo poté inaugurare i nuovi stabilimenti della futura cinematografia italiana. Un esempio incontaminato di architettura razionalista, un luogo che trova senso e specificità nella rispondenza tra efficacia estetica ed efficienza pratica. Per molto

tempo le sue alte mura l’hanno tenuta nascosta ai più, conferendole quel fascino di mistero che è spesso caratteristica predominante delle grandi cose. Negli spazi di Cinecittà oltre ai 20 teatri di posa, negli oltre 40 ettari di estensione degli studios sono presenti i grandi set permanenti realizzati dal settore costruzioni di Cinecittà, noto in tutto il mondo per le abilità tecniche ed artistiche. Una guida specializzata accompagna i visitatori sui set di Gangs of New York, Rome o Amici miei nella Firenze del quattrocento. Ma più di tutto sono le due aree espositive che destano grande interesse. Con il progetto Cinecittà si mostra, iniziativa nata nel 2011, si spazia dal Backstage il progetto didattico interattivo per scoprire il mondo della creazione cinematografica, attraverso sei sale, le prime cinque dedicate ai grandi temi del cinema: la regia, la sceneggiatura, il sonoro, il costume, la finzione, mentre l’ultima racconta i 75 anni di Cinecittà. La seconda mostra è Perché Cinecittà, nel prestigioso spazio della Palazzina Fellini dove è allestito un percorso permanente ed unico che esplora le ragioni della creazione di Cinecittà. Qui un’intera sala è dedicata al maestro Fellini che scelse Cinecittà come luogo per dar forma alla sua immaginazione. Annalisa Tirrito


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