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PORTO diporto &

IL MAGAZINE CHE APRE IL PORTO ALLA CITTÁ

Logistica fulcro economico


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sommario

IN ESCLUSIVA

Anno XI - N°11 - Novembre 2015

Interventi di: Sergio Curi, Piera M. Marini, Fabrizio Dallari, Riccardo Fuochi, Filippo Gallo, Paolo d’Amico, Massimo Bernardo, Studi e Ricerche per il Mezzogiorno ------Interviste a: Piero Lazzeri, Domenico De Crescenzo, Maurizio Fasce, Gianpaolo Botta, Marco Simonetti

Direttore responsabile Antonio De Cesare Direttore editoriale Maurizio De Cesare Hanno collaborato a questo numero: Massimo Bernardo - Cosimo Brudetti Eduardo Cagnazzi - Nicola Capuzzo Sergio Curi - Paolo d’Amico Fabrizio Dallari - Riccardo Fuochi Fabrizio De Cesare - Filippo Gallo Giovanni Grande - Piera M. Marini Alberto Medina - Stefano Meroggi Italo Merciati - Sandro Minardo Francesco S. Salieri - Carolina Sinnopoli Stefania Vergani Amministrazione e abbonamenti Paola Martino amministrazione@portoediporto.it abbonamenti@portoediporto.it Costo abbonamento Italia € 110, estero € 220 CCP n. 81627671 - AM editori srl Via Diaz, 54 - 80055 Portici (Napoli) Pubblicità e marketing marketing@portoediporto.it Listini e specifiche tecniche www.portoediporto.it Progetto e realizzazione grafica AM editori srl Stampa Morconia Print Morcone (BN) Il magazine Porto&diporto è proprietà di AM editori srl info@ameditori.it redazione@portoediporto.it www.portoediporto.it Autorizzazione Tribunale di Napoli n. 17 del 15 febbraio 2006 Periodico associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana E’vietata la riproduzione totale e/o parziale di testi, fotografie e di qualsiasi altro contenuto o allegato. Tutti i diritti sono riservati.

FEDESPEDI 4 - Logistica fulcro economico poco conosciuta in Italia 6 - Lo spedizioniere, partner insostituibile delle aziende 7 - La politica deve conoscere le potenzialità del settore 8 - Investimenti, punto debole del sistema logistico italiano 10 - Fedespedi, formazione fulcro della crescita delle aziende 12 - Il futuro nei consorzi o nelle reti di impresa 14 - Spedizioniere, chi è costui? La sua evoluzione negli anni 16 - In Italia necessario un salto culturale per la logistica LOGISTICA 18 - Pesatura container non gravi sulle attività portuali 20 - Misure semplici e condivise per valorizzare il Sud Italia 22 - Le nuove frontiere di sviluppo: gli EAU 26 - La logistica dei veicoli finiti verso un futuro più luminoso 28 - Grimaldi, linea intermodale tra Europa centrale e Grecia ARMAMENTO 30 - Italia shipping friendly per sviluppo di Confitarma 34 - Cluster marittimo e sviluppo in Italia 38 - Modifiche in arrivo per la Tonnage Tax italiana SHORTSEA 40 - Rilevanza socio-economica dello short sea shipping SHIPPING 42 - Da Venezia partono le eccellenze made in Italy FERROVIE 43 - Linea Av/Ac Napoli - Bari. Al via i

nuovi lavori INFRASTRUTTURE 44 - “Nineta monta in gondola che mi te porto al Lido…..” 46 - Lavori pubblici tempi biblici 48 - Presentato a Napoli il Pon infrastrutture, 1,8 mld al Sud AZIENDE 49 - E’ italiano uno dei maggiori terminal lpg del Kazakhstan 50 - ABB e Microsoft collaborano per ricarica veicoli elettrici TRASPORTI 51 - easyJet annuncia ulteriore investimento per Napoli FORMAZIONE 52 - Contship, la logistica spiegata ai più piccoli DIRITTO 54 - Tribunale di Torino giudizio sul trasporto EUROPA 55 - Completare l’Unione economica e monetaria 56 - Investimenti per progetti nel settore dei trasporti NAUTICA 57 - Nauticsud, dopo cinque anni torna alla Mostra d’Oltremare CROCIERE 58 - Nasce un nuovo concetto di intrattenimento in mare TURISMO 60 - Titerno, un territorio che vuole essere scoperto EVENTI 61 - Fare sistema per sfruttare le enormi risorse del Sud ENOTURISMO 62 - PASSITALY 2015 - Nuovi scenari per Pantelleria


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Logistica fulcro economico poco conosciuta in Italia

T

ra gli elementi di sofferenza della logistica italiana va addebitata anche la scarsa conoscenza, almeno presso il pubblico dei non addetti ai lavori, della sua rilevanza per il sistema produttivo italiano. Pilastro che sostiene e integra le attività industriali e commerciali della penisola, il settore stenta infatti a conquistare il posto di primo piano che gli spetterebbe nel dibattito pubblico. Una colpevole mancanza d’attenzione cui Fedespedi, l’organizzazione imprenditoriale delle imprese di spedizione internazionale, tenterà di colmare in occasione della sua Assemblea Generale (Milano, 30 novembre) con la presentazione di un apposito Libro Bianco. “Da alcuni anni – conferma il presidente Piero Lazzeri – ci stiamo sforzando per smuovere le acque anche in questa direzione. Diventa sempre più importante ricordare come la logistica rappresenti il fulcro che permette all’intero meccanismo produttivo di girare. Con tutto ciò che ne dovrebbe conseguire in termini di programmazione, decisione e attuazione a livello di sistema. L’evento pubblico che anticiperà l’Assemblea rappresenterà l’occasione giusta per discutere lo stato dell’arte”. Di cosa parlerà, nello specifico, il

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Libro Bianco? Si tratta di un documento dalle solide basi scientifiche, i cui dati sono desunti da più di 200 interviste ad operatori del comparto. L’obiettivo principale è quello di far conoscere nel concreto cosa esprime la nostra categoria. In fondo, la figura dello spedizioniere ha accompagnato la storia di questo Paese fin dalla fine del ‘700 e, probabilmente, il continuo adeguamento al contesto non ha permesso di fissarne in modo univoco i contorni. Si pensi solo alla rivoluzione occorsa nel 1993 con la caduta delle barriere a livello continentale: di fatto lo spedizioniere si è trasformato in un corriere europeo. Cosa caratterizza il panorama italiano? In un contesto mondiale dove i grandi operatori logistici europei ricoprono posizioni di leadership il sistema italiano spicca per la sua parcellizzazione. Contiamo su 140mila aziende, di dimensione media o medio-piccola, laddove in Germania e Francia ne operano, complessivamente, circa 45mila e 50mila. A questo punto le strade sono due: l’estrema specializzazione produttiva, con investimenti in know how e tecnologie esclusive non alla portata di tutti gli operatori piccoli e medio-piccoli;

processi di acquisizioni e/o fusioni, peraltro già in atto, per raggiungere, sul modello di quanto già registrato nello shipping, i livelli dimensionali richiesti dal mercato. E qui si registra il vero gap con la concorrenza europea. In Italia è difficile investire, la marea burocratica frena lo slancio all’adeguamento. Anche di questo discuteremo durante i lavori dell’Assemblea. Il recente pronunciamento del Tar Piemonte è un colpo alla marea burocratica? Si, è stata una battaglia che abbiamo condotto con convinzione. Se l’Autorità dei Trasporti per funzionare richiede pagamenti alle stesse imprese che dovrebbe regolare c’è qualcosa che non quadra. Ma il discorso è molto più ampio, ha radici culturali che affondano, come le ho detto, anche nella scarsa conoscenza del settore. Non si capisce che tutto ciò si muove lungo la penisola va gestito nell’interesse generale, poiché crea valore aggiunto. Quanti sanno, ad esempio, che il comparto riesce a spostare le merci in modo veloce e pulito, garantendo il massimo rispetto dell’ambiente? Come affrontare il gap logistico italiano? Innanzitutto ricordando quanto ci


Piero Lazzeri

costa. L’inefficienza infrastrutturale, sommata ai ritardi burocratici, brucia quasi 50 miliardi. Di fronte a una cifra del genere bisognerebbe ripensare tutta l’impostazione con cui si affronta il problema. Certo, si deve intervenire adeguando e integrando porti, interporti, ferrovie e autostrade. Ma fondamentale sarà anche il ricorso alle nuove tecnologie. Nel porto di Genova, prima dell’attivazione dei sistemi informatizzati, l’ingresso di camion prendeva circa 20 minuti. Oggi si effettua in 14 secondi, è un abisso. Eppure l’uso della tecnologia, penso ai corridoi doganali, ha anche alimentato polemiche. Non nell’applicazione dello strumento in sé che, dal punto di vista di Fedespedi, va nell’auspicata direzione della semplificazione delle procedure. Piuttosto, abbiamo avanzato riserve circa il rischio di monopoli derivanti dall’accesso limitato al servizio. Nessuna preclusione ma solo dubbi sul modo in cui sono gestite le operazioni e preoccupazione per i soggetti che potrebbero esserne esclusi. A che punto è la proposta di legge per inquadrare il settore? Stiamo procedendo alla finalizzazione del lavoro e alla codificazione del testo. L’idea è di presentarla entro la fine

di quest’anno. Un riconoscimento giuridico del nostro profilo ci permetterebbe finalmente di ovviare a certi oneri che rendono più gravosa l’attività. Ad oggi il Codice Civile disciplina solo il contratto di spedizione; non definisce l’impresa di spedizioni e, laddove fissa i requisiti per lo svolgimento dell’attività, è obsoleto. Rinunciare ad inquadrare un settore che complessivamente fattura 20 miliardi di euro e, per caratteristiche operative, deve confrontarsi in un contesto comunitario dove ogni Paese contempla norme specifiche, significa cedere soprattutto sul terreno della competitività. C’è chi ancora ci confonde con lo spedizioniere doganale o l’autotrasportatore mentre siamo i soli interlocutori presso la pubblica amministrazione dei carichi che viaggiano, con le relative responsabilità. La crisi è alle spalle? I sintomi di una ripresa ci sono tutti. L’export manifatturiero registra tendenze più che positive; l’import un po’ di meno anche a causa del momento particolare che sta vivendo l’economia cinese. Nel medio periodo possibilità interessanti arriveranno dall’ampliamento del Canale di Suez ma sarà soprattutto il riequilibrio del mercato dei noli la chiave di volta per il vero rilancio del settore. Da questo punto di

vista segnali interessanti arrivano dagli armatori: pare che la corsa al gigantismo stia rallentando, si punta di più sull’esercizio di tutta la catena, con particolare attenzione alla gestione dei costi legati ai container vuoti. La riforma portuale riuscirà a rilanciare gli scali italiani? L’accorpamento delle Ap va nella direzione auspicata. Anzi dal nostro punto di vista si sarebbe potuto osare di più individuando 5-6 macro-sistemi scelti non in base a criteri politici ma sulla potenzialità di attrarre la merce. Ciò che davvero preoccupa è invece la scelta di riportare a livello centrale la fase degli investimenti. Roma non è immune dal rischio campanilismo e non vorremmo pressioni indebite per il finanziamento di opere inutili da parte del solito politico locale. Quale messaggio arriverà dall’Assemblea di Fedespedi? Quello dell’ottimismo e della necessità di non fermarsi con lo slancio riformistico. Proporremo un confronto serrato con le best practices europee perché il Paese, specie nell’adeguamento infrastrutturale, non può perdersi per strada. Il motto è: agganciare l’Europa, non farsi agganciare. Giovanni Grande

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Lo spedizioniere, partner insostituibile delle aziende D

a sempre la conoscenza dei fatti e degli accadimenti, ossia l’informazione, è una componente fondamentale dell’agire umano, sia sul piano politico, sia economico, ma questo è oggi vero ancora più di ieri. Viviamo infatti in una società in cui la rivoluzione informatica sta rapidamente plasmando, non solo il comportamento dei singoli nella loro quotidianità, ma l’organizzazione stessa dei processi produttivi, le forme organizzative delle imprese e dei mercati, le modalità di gestione dei processi aziendali, rendendo possibile la connessione in un’unica rete di punti tra loro geograficamente distanti. A ciò si è aggiunta la progressiva riduzione delle barriere commerciali, a partire da quelle tra i paesi dell’Unione Europea, che in combinazione con lo sviluppo tecnologico ha portato al progressivo ampliamento dei mercati, sia di fornitura, sia di consumo, lungo quel processo conosciuto come globalizzazione. Se tutto ciò ha rappresentato senz’altro una grande opportunità di crescita per le aziende, anche per quelle medio-piccole, tipiche della manifattura italiana, ha comportato però anche un deciso aumento della concorrenza che si gioca ormai a livello internazionale. Oggi si possono proporre i nostri prodotti su mercati in cui solo pochi anni fa era quasi impensabile essere presenti, ma questo significa inevitabilmente confrontarsi con aziende di altri paesi. Gli spedizionieri hanno in questo un ruolo fondamentale; sono coloro che accompagnano le aziende italiane sui mercati esteri, coadiuvando l’esportatore in tutte le fasi del processo, dalla

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scelta del vettore, alle pratiche doganali e fiscali, alla consegna a destino, avvalendosi della propria rete di filiali e di corrispondenti. Sono insomma l’insostituibile partner che accompagna i processi d’internazionalizzazione delle imprese produttive italiane. È un lavoro complesso e difficile che richiede, non solo una grande esperienza e competenze approfondite in materia fiscale e doganale, ma anche una continua informazione sull’andamento dei mercati, sulle caratteristiche salienti dei vari paesi, sulle principali grandezze macroeconomiche nazionali e internazionali (es. importazioni, esportazioni, Pil, dimensioni del traffico marittimo, ecc.). Il Centro Studi di Fedespedi ha cercato in questi anni di dare risposte alle molteplici esigenze informative, sia raccogliendo, analizzando e diffondendo dati d’interesse del settore dei trasporti e della logistica, sia partecipando alle attività di ricerca sul settore svolte da istituti universitari, come nel caso della recente indagine dell’Università C. Cattaneo-LIUC sul mondo degli spedizionieri (Fast Forwarding Italy), piuttosto che intervenendo ai lavori dell’Osservatorio del Contract Logistics del Politecnico di Milano sul ruolo della logistica nello sviluppo globale, o ai tavoli di discussione attivati dalla Regione Lombardia su argomenti quali la city logistics. Il lavoro del Centro Studi di Fedespedi si è sostanziato in particolare nella pubblicazione del Fedespedi Economic Outlook, ormai giunto al settimo numero (è in preparazione l’ottavo), un quadrimestrale di informazione economica, che in poche pagine e in modo sintetico dà conto del quadro economico nazio-

nale e internazionale, dell’andamento del commercio estero italiano, del traffico aereo cargo e del traffico marittimo. Una pubblicazione agile e apprezzata, spesso citata in documenti e relazioni di enti e istituzioni. Il Centro Studi si occupa inoltre della redazione delle Schede paese, dossier di facile consultazione che descrivano le caratteristiche di un paese sotto l’aspetto economico, fornendo dati sui rapporti con l’Italia, sulle opportunità offerte, su eventuali accordi, ad esempio di libero scambio, che lo legano all’Europa, nonché informazioni sintetiche sulle procedure previste per la costituzione di società commerciali e sul sistema fiscale. Il Centro Studi, accennavamo poc’anzi, partecipa anche alle attività dell’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano, in particolare per la parte che analizza le supply chain a supporto della logistica B2B che legano l’Italia a determinati mercati esteri. Questo campo di ricerca, è stato sviluppato dal Politecnico di Milano a partire dallo scorso anno con l’analisi dei rapporti Italia-Turchia. Quest’anno sono stati analizzati quelli con l’Egitto. Il Centro Studi, infine, ha partecipato al tavolo di discussione, organizzato della Regione Lombardia, sulle problematiche della city logistics, che ha coinvolto operatori e associazioni di settore. I lavori hanno trovato un momento di sintesi nella stesura delle Linee guida regionali a sostegno della logistica urbana, cui il Centro Studi di Fedespedi ha contribuito direttamente a fianco dell’Università Cattaneo-LIUC di Castellanza. Sergio Curi


La politica deve conoscere le potenzialità del settore U

nità d’intenti, difesa degli interessi di categoria, maggior supporto della politica allo sviluppo della logistica come leva per la crescita economica, in special modo per il Mezzogiorno. Alla vigilia dell’Assemblea di Fedespedi, Domenico De Crescenzo, Vicepresidente Fedespedi e Presidente della Commissione Doganale della Federazione, parla delle problematiche e delle prospettive del comparto dall’angolazione particolare del porto di Napoli. Come è uscito dalla crisi il settore delle spedizioni nel Sud Italia? Le difficoltà in questi anni sono state accentuate anche per la particolare distribuzione delle attività portuali nel Mezzogiorno. Di fatto ci sono troppi scali rispetto ai traffici movimentati. In un contesto che ha subito una fortissima accelerazione verso una maggior professionalità, velocità ed economicità delle prestazione abbiamo dovuto confrontarci con tonnellaggi sempre più parcellizzati. Senza considerare le condizioni dei pochi interporti presenti sul territorio: sono concepiti più come spazi retroportuali che generatori di servizi e attività a supporto delle economie regionali. Un solo dato: il sistema ligure, con alle spalle Piemonte e Lombardia, gestisce 4 milioni di Teu; Napoli e Salerno circa 700mila. È un rapporto decisamente sfavorevole. Quanto contano le difficoltà del porto di Napoli? Il lungo commissariamento non ha giovato, lasciando irrisolte questioni annose come il dragaggio e la realiz-

Domenico De Crescenzo zazione della Darsena di Levante che attendiamo da almeno quindici anni. Attualmente, grazie all’attività del Commissario Basile, le acque si stanno smuovendo. La speranza è che il 2016 rappresenti l’anno della svolta. Se uno scalo come Napoli, con la sua posizione strategica nel Mediterraneo, non riesce ad intercettare la ripresa, è un danno per tutto il sistema Italia. Si è fatto un’idea delle responsabilità? Di certo la politica non ha aiutato. L’inserimento dell’area portuale nell’elenco dei SIN ha rappresentato un forte rallentamento per le operazioni di dragaggio che sono essenziali per il recupero dei traffici. A differenza di Salerno pesa anche il fallimento nell’uso dei finanziamenti europei. Da qui nasce anche la contrarietà di alcuni operatori all’accor-

pamento in un’unica Ap. Cosa pensa al riguardo? Credo che se i due scali debbano costituirsi in un unico sistema il processo debba essere portato a fondo, al di là delle beghe di campanile, perseguendo una reale comunione d’intenti. Per attrarre traffici bisognerebbe rendere più armoniche tariffe, canoni demaniali, costi dei servizi. Solo così si sfrutterebbe al massimo il vantaggio strategico della geografia. Come giudica la fase sperimentazione dello Sportello Unico? È la giusta via per rendere più agevoli le attività ma i sistemi vanno ulteriormente implementati e limati. Per esperienza personale posso affermare che Napoli è uno dei porti dove l’attività di verifica, da parte di Dogana e Guardia di Finanza, incide maggiormente. Fermo restando la necessità e la scrupolosità dei controlli, bisognerebbe, però, puntare verso operazioni più mirate. Puntare sull’intelligence, piuttosto che sul caso. Quale messaggio affida all’Assemblea di Fedespedi? L’unità d’intenti è la strada maestra per garantire gli interessi della categoria e superare il gap competitivo con la concorrenza europea. Il compito principale, nei prossimi anni, consisterà nel dare il giusto supporto tecnico alla politica. La conoscenza del settore e le sue potenzialità per la crescita del Paese, purtroppo, sono ancora poco conosciute. A noi il compito di invertire la tendenza. Giovanni Grande

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confitarma / porto&diporto

Investimenti, punto debole del sistema logistico italiano R

ecuperare il gap con i competitor europei e internazionali mettendo la logistica al centro delle strategie di sviluppo del Paese. “Anche in Italia, così già accade da decenni in Europa, bisogna comprendere come il potenziamento infrastrutturale

Maurizio Fasce e delle attività logistiche rappresenti una componente indispensabile non solo per sostenere il rilancio economico ma anche per consolidarne le basi per i prossimi decenni”. E’ il convincimento di Maurizio Fasce, presidente della Sezione Relazioni Internazionali di Fedespedi e, dalla scorsa primavera, chairman del Maritime Logistic Institute del Clecat, l’organismo europeo che rappresenta dal 1958 le categorie degli spedizionieri internazionali, agenti doganali ed ausiliari del trasporto,con oltre 19.000 aziende associate per circa un milione di operatori. Cosa manca al sistema logistico italiano rispetto alla concorrenza internazionale? Le differenze, principalmente, sono legate agli investimenti. Si consideri la Cina, dove il settore è sempre stato considerato conditio sine qua non per fornire adeguato supporto alla crescita economica del paese. Fino a qualche anno fa il focus logistico era incentrato sulla spinta all’esportazione, con i relativi sforzi per realizzare porti, aeroporti ed autostrade. Basti pensare ai 12 miliardi di dollari spesi dal 2001 per il porto di Yangshan (Shanghai), dove è sorta una struttura con 30 banchine che

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gestisce ogni anno 15 milioni di TEUs. Oppure, al numero di bonded logistic parks (equivalenti a vere e proprie zone franche) cresciuto, tra il 2006 ed il 2013, ad una media del 24% all’anno. Oggi l’obiettivo del governo cinese è, invece, quello di garantire una crescita basata in misura sempre maggiore sul consumo interno. Da qui la necessità di supportare e migliorare le infrastrutture stradali e ferroviarie, per facilitare la circolazione delle merci. Non a caso, nel dodicesimo piano quinquennale (2011-2015) il target prevede di raggiungere 83.000 km di linea ferroviaria, di cui 45.000 ad alta velocità; di collegare il 90% dei villaggi del paese con strada asfaltata; ampliare la capacità di trasporto delle vie fluviali ed aumentare il numero di aeroporti internazionali da 175 a 220. E in Europa? Anche in questo caso emergono i punti di debolezza del sistema logistico italiano relativi a infrastrutture e puntualità dei servizi: inefficienze che, secondo alcune stime, costano all’Italia 40 miliardi! I principali sistemi portuali europei basano il proprio successo e le proprie strategie su due tipi di investimento: adeguamento infrastrutturale e riorganizzazione efficace della capacità operativa e tecnologica. In entrambi i casi elementi imprescindibili nei processi di selezione naturale degli “hub” strategici che diventeranno i capolinea delle principali rotte internazionali. Lo stanno a testimoniare Amburgo, che nel suo piano pluriennale per gli investimenti (2011-2015) ha previsto stanziamenti per 50 miliardi di euro; o Rotterdam, con i suoi 3 chilometri e mezzo di banchina ed i quasi 30 chilometri di infrastrutture stradali e di ferrovia, per un investimento di 2,9 miliardi di euro. L’Italia, ad oggi, rischia di rimanere indietro proprio per la lentezza con cui queste politiche di investimento vengono affrontate ed implementate. Solo con infrastrutture

adeguate alle necessità del mercato saremo in grado di sfruttare il vantaggio competitivo rappresentato dalla posizione strategica del nostro paese, gateway naturale per il Mediterraneo e l’Europa meridionale. Nonostante ciò, a livello associativo, è riconosciuta la competenza degli operatori italiani. Negli ultimi anni il mondo degli spedizionieri italiano ha ottenuto importanti riconoscimenti. È il caso, ad esempio, di Francesco Parisi, past president di FIATA, o di Antonella Straulino, appena riconfermata Vice Presidente dell’organismo mondiale. La mia elezione a chairman della commissione marittima del Clecat rappresenta senz’altro un punto di orgoglio personale ma anche – e soprattutto – il riconoscimento del grande lavoro svolto da Fedespedi, che da sempre si è fatta promotrice e


parte attiva nel supporto alle politiche di sviluppo dell’organismo. Di cosa si sta occupando? Gli obiettivi del Clecat riguardano la promozione di iniziative legate alle politiche di trasporto, l’uniformità delle direttive europee relative al settore, la rappresentanza degli interessi di categoria nei confronti delle istituzioni europee in materia di legislazione. La commissione Marittima o “Maritime Logistics Institute” è il principale tavolo di lavoro per il comparto degli spedizionieri. Attualmente si sta occupando di temi caldi ed estremamente attuali, quali i Port Community System, il loro adattamento all’entrata in vigore del nuovo Codice Comunitario, la definizione delle linee guida per l’implementazione della normativa SOLAS sulla verifica del peso dei contenitori, le nuove strategie di contenimento dei rischi

legati alla frodi informatiche nel campo marittimo (cyber-security) e la sostenibilità ambientale. Nuove tecnologie e sostenibilità ambientale, come si stanno affrontando queste sfide? Gli studi elaborati dai più autorevoli istituti di ricerca a livello internazionale hanno evidenziano come le strategie si siano basate principalmente su tre aspetti: realizzazione di nuovi interventi in ambito portuale, con l’obiettivo di accogliere navi di dimensioni sempre crescenti; investimenti nel livello di efficienza del processo portuale e dunque di miglioramento delle performance portuali di inoltro da/verso il mercato di riferimento; utilizzo di PCS avanzati. Assunti questi punti come elementi di confronto, lo scenario al 2015-2030 mostra come nei principali porti competitors di quelli liguri si stia scommet-

tendo su una qualificata proposta commerciale. Qualche esempio? Tra le best practices europee, è doveroso menzionare il modello di Rotterdam, che ha continuato a potenziare il suo sistema telematico, PortBase, gestito dalla comunità portuale olandese e che, dal 2009, è in grado di offrire un facile strumento di interscambio dati tra operatori (terminal, armatori, agenti, spedizionieri e trasportatori) e tra questi e tutte le pubbliche amministrazioni. Poi Anversa, dove il successo dell’APCS (Antwerp Port Community System), frutto di una partnership tra Autorità Portuale, Dogana ed operatori privati, è alla base di una nuova iniziativa, denominata Port Of Antwerp Connetivity Platform: una avanzata ed innovativa piattaforma informatica in grado di fornire agli operatori, in tempo reale,

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tutte le informazioni relative alle merci in sbarco ed imbarco. Infine, Amburgo che, grazie a DAKOSY, viene definito il “Porto senza Carta”, totalmente telematizzato. Questo sistema informatico è diventato lo “Sportello Unico” del porto tedesco, attraverso cui operatori privati e pubbliche amministrazioni dialogano e si scambiano tutti i dati necessari alle procedure di importazione ed esportazione. Oltre agli investimenti lato mare, le strategie di sviluppo dei principali concorrenti dei porti italiani a livello europeo si indirizzano verso il miglioramento delle connessioni logistiche, con relativa riduzione dell’impatto ambientale e delle emissioni di gas. Quale ruolo può svolgere la formazione nella crescita del settore? La formazione del personale dovrebbe rappresentare uno dei punti cardine nelle politiche di sviluppo di qualsiasi settore. Tra i migliori esempi italiani potrei menzionare il primo corso per “Esperto della logistica dei trasporti e dello shipping”, svoltosi tra il 2014 ed il 2015, organizzato da Spediporto in collaborazione con Assagenti, completamente finanziato dalla Regione Liguria ed aperto a 20 giovani laureati che, oltre ad un lungo periodo di lezioni in classe, hanno potuto contare su 360 ore di stage estero e su 3 mesi di working experience in aziende del settore. A pochi mesi dalla conclusione del corso, quasi tutti hanno trovato impiego in

aziende che operano nello shipping. Guardando all’estero, un plauso va senz’altro al modello tedesco (German dual education system) che prevede generalmente, per i giovani che entrano nel mondo del lavoro, tre giorni alla settimana di apprendistato in azienda affiancati a 2 giorni di studio della teoria a scuola. Le aziende si impegnano a garantire che all’apprendista sia fornita l’educazione di base sugli standard previsti dal progetto formativo relativo alla singola industria. L’apprendista è da subito un impiegato dell’azienda, che si garantisce, a costi contenuti, un collaboratore che maturerà un’importante esperienza rispondente alle reali esigenze aziendali. La crisi è alle spalle? Come l’hanno affrontata gli spedizionieri? Negli ultimi tre anni molte aziende del nostro settore hanno dovuto fare imponente ricorso, per sopravvivere, agli ammortizzatori sociali, che hanno coinvolto centinaia di lavoratori in tutta Italia. Alcune hanno chiuso, altre hanno intrapreso la strada della fusione e dell’accorpamento. Molte, per fortuna, hanno resistito ed ora che si intravede la proverbiale luce alla fine del tunnel, hanno ricominciato ad investire e ad assumere. In generale le aziende che hanno resistito meglio negli anni della crisi sono quelle che hanno saputo diversificare i loro trades su mercati esteri alternativi o hanno investito su

prodotti e servizi di nicchia. Riforma portuale, perché cambiare la 84/94? La legge 84/94 ha rappresentato un importante momento evolutivo della politica portuale italiana. I suoi limiti hanno cominciato a manifestarsi nel momento in cui si è palesata la sua incapacità di fornire agli operatori risposte adeguate alle esigenze del mercato e di una realtà in continua evoluzione. L’impianto della 84/94 ha cominciato a porre al centro del suo reticolato normativo il privato, il commercio e la necessità di accelerare processi evolutivi dell’allora sistema portuale. Il tema della rappresentanza delle categorie, all’interno dei comitati, è sicuramente un elemento di grande rilevanza di quella legge che, nel bene e nel male, ha garantito la partecipazione della componente privata ai processi decisionali delle Autorità Portuali. Il venir meno di tale partecipazione, in quella che può essere immaginata come la versione definitiva della nuova riforma, lancia qualche dubbio ed apprensione. Si imporrà alle categorie l’obbligo di cambiare il proprio modo di dialogare con il decisore, non più dall’interno, nei comitati e nelle commissioni, ma dall’esterno. Vogliamo essere positivi ed immaginare che ciò qualificherà ulteriormente gli interventi e le buone proposte della componente privata. Giovanni Grande

Fedespedi, formazione fulcro della crescita delle aziende U

na Federazione come la nostra Fedespedi, che associa aziende di respiro internazionale, deve avere una visione a 360 gradi di quello che accade nel mondo. Deve quindi essere in grado di trasmettere ogni possibile aggiornamento su tutti i problemi che quotidianamente le aziende si trovano ad affrontare, in termini di leggi, regolamenti, circolari che provengono non solo dal nostro sistema Paese ma anche da altri Paesi. In questa ottica si innestano le nostre iniziative di aggiornamento professionale, che ci ha portati ad organizzare, negli ultimi sei anni, più di 60 tra convegni e seminari gratuiti, a cui hanno partecipato circa 5.000 rappresentanti delle aziende associate. Gli argomenti trattati sono i più disparati, vanno dai problemi doganali, fiscali, alla respon-

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sabilità dello spedizioniere, per finire al Jobs Act, che tanto ha impegnato, e impegna tuttora, gli addetti ai lavori. Sempre in tema di informazione, è nata lo scorso anno l’iniziativa della pubblicazione di una Newsletter mensile che fornisce ai nostri associati sia approfondimenti tematici sia notizie sulla nostra attività, per metterli in condizione di conoscere i nostri percorsi. Non abbiamo fatto solo informazione e approfondimenti, ma anche addestramento e formazione, rivolti a chi si trova quotidianamente in campo. La formazione costituisce, a nostro avviso, uno dei cardini di crescita delle aziende e per questo abbiamo organizzato in questi anni circa 1180 corsi a cui si sono iscritti oltre 9.750 addetti, per un totale di 14.000 ore di formazione.

Piera M. Marini Segretario Generale Fedespedi


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Il futuro nei consorzi o nelle reti di impresa

n un quadro economico caratterizzato ancora da luci ed ombre anche nel settore delle spedizioni internazionali emerge la tendenza alla crescita dimensionale. Dopo anni di crisi durissima il tessuto delle aziende medio – piccole della penisola sta abbandonando le tradizionali riserve verso i processi aggregativi. Con possibili innovazioni anche sul versante dell’organizzazione. “Chi può si struttura attraverso acquisizioni, o diversifica il proprio business su nuovi mercati,” conferma Giampaolo Botta, segretario della Sezione Marittima di Fedespedi, “il futuro, dunque, potrebbe presentare interessanti evoluzioni, attraverso lo sviluppo, qui come in altri contesti, di soggetti giuridici riconducibili al modello dei consorzi o delle reti di impresa”.

Partendo da questo dato, quali sono le priorità per la categoria? Dal mio personale osservatorio individuo tre questioni principali. Innanzitutto, avanzare al legislatore una proposta di legge che dia un inquadramento complessivo al settore, facendo emergere il rilevante ruolo delle nostre imprese nello sviluppo e nel coordinamento delle attività di logistica. Poi, pensare e ragionare sulla possibilità di mettere in rete servizi di interesse collettivo. Questo ci permetterebbe di ottimizzare non solo l’attività ma anche di dialogare, grazie a soluzioni in house, con le realtà pubbliche e private sulla delicata gestione della sicurezza dei dati certificati. Infine, come dicevo, il rinnovamento delle nostre strutture non solo attraverso operazioni di ac-

quisizione di rami o cessione ma perseguendo l’aggregazione o la messa in rete di aziende al fine di generare massa critica. Con quali mezzi? Le nuove tecnologie e la formazione saranno fondamentali nei prossimi anni cosi come lo sono state nel recente passato. Pensiamo al tema della Piattaforma Logistica Nazionale, al trasferimento su web di servizi e dati, alla telematizzazione di procedure e di controlli. Il futuro è in gran parte destinato a giocarsi su di un “Cloud”. Non possiamo restare indietro ma, anzi, farci forti dell’immenso patrimonio di dati ed informazioni che abbiamo per cavalcare le opportunità del futuro. La formazione è altrettanto importante. Un tempo potevi nascere fattorino e tra-


sformarti in imprenditore di successo, iter tra l’altro comune a tanti imprenditori di grande fama nel nostro settore. Oggi non potrebbe più essere così: conoscenza, competenza e preparazione necessitano di continui aggiornamenti. Abbiamo visto negli anni di dura crisi che le aziende che meglio hanno retto sono state quelle che avevano investito di più nella formazione. Sono le stesse che, guardando alle sfide del futuro, continuano a formare al meglio i propri dipendenti. A quali principi dovrebbe ispirarsi la politica portuale italiana? Il settore dello shipping, ma lo stesso vale per qualsiasi altro comparto economico, è soggetto ad accelerazioni evolutive difficilmente prevedibili ed altrettanto difficilmente assecondabili se non sulla base di due presupposti: il primo, una normativa sufficientemente orientata al business; il secondo decisori pubblici capaci di comprendere come la pianificazione della struttura “portuale” o di quella “logistica”, in senso lato, debba essere orientata non ad assecondare “i personalismi” di qualcuno ma reali analisi di mercato. La legge 84/94 ha fatto egregiamente il suo dovere, ma ben presto si è scon-

trata con una evoluzione economica ed organizzativa a cui non ha più potuto dare risposte. Dalle regolamentazione delle concessioni, al lavoro portuale, passando per le disposizioni in materia di gare e di governance del ciclo dei controlli, questi i settori tematici che per primi hanno mostrato di non essere più “aggiornabili” nei tempi e con le certezze richieste dal business. Guardando a quanto fanno i principali porti del Nord Europa ma anche, oggi, le principali realtà economiche che stanno nascendo ad Est del continente europeo, vedremo come gli interventi di “industrializzazione” del settore logistico, avvengono sulla base di veri e propri piani di impresa elaborati in tempi rapidi tanto dalla componente pubblica che da quella privata. Dalla fase di ideazione a quella di esecuzione, i tempi sono altrettanto celeri, anche in considerazione del fatto che questo è un settore ad alto potenziale economico per cui gli investitori si trovano sempre. È questo l’aspetto che purtroppo penalizza ancora oggi il nostro sistema: la carenza di certezza su tempi, costi e modalità implementative. Cosa pensa della proposta dell’Anci di tassare ulteriormente le attività portuali? La risposta non può che essere una, no. Le attività portuali italiane sono già oggi penalizzate, rispetto ad altre realtà europee e mondiali, da costi di esercizio altissimi e da politiche di tassazione ben note. Gravare di ulteriori costi queste attività vorrebbe dire portare gli investitoti internazionali a volatilizzarsi guardando ad altri contesti per i loro investimenti. Le attività portuali possono dare tantissimo al territorio, in termini occupazionali, ed all’erario, in termini di diritti di confine, dazi e tasse portuali, purché rese in grado di competere e di fare il loro mestiere. Suez e gigantismo navale, riuscirà il sistema italiano a centrare queste sfide/opportunità? Ad oggi abbiamo visto, e giustamente celebrato, solo la punta dell’iceberg, il raddoppio del Canale, appunto, ma ben più importante saranno i passaggi successivi che vedranno nascere nei prossimi dieci anni una delle più importanti Zona Economica Speciale del mondo. Con oltre 640 chilometri quadrati di estensione, una legislazione particolarmente favorevole all’insediamento di interi segmenti produttivi, ivi inclusi i settori food ed e-commerce, l’intero sistema portuale italiano potrebbe diventare una grande piattaforma continentale in grado di accogliere e rilanciare in tutta Europa merci pro-

Giampaolo Botta dotte nel nuovo distretto industriale egiziano. Lo stato di salute degli spedizionieri? Se possiamo dire che la grande crisi, caratterizzata da un ristagno complessivo della richiesta di servizi spedizionieristici, sia stata lasciata alle spalle, il settore complessivamente vive ancora di luci ed ombre. La luce è data da un certo dinamismo e da una ritrovata domanda nel settore dell’export, divenuto ormai il mercato trainante per tutto il settore. Grazie ad esso molte aziende associate hanno ripreso a macinare buoni numeri, al netto purtroppo di altre che, a causa di nicchie di mercato particolarmente colpite dalla recessione o da crisi settoriali, ancora stentano nella ripresa. Quale messaggio emergerà dalla Assemblea di Fedespedi? Sono convinto che in occasione della nostra prossima assemblea nazionale emergeranno molte delle riflessioni che ho avuto modo di esternare. Sarà evidenziato il quadro forte ed importante della nostra categoria, che si inserisce all’interno di una cornice complessa fatta di troppa burocrazia e di norme spesso in contrasto tra loro. Semplificare significa aiutare l’impresa a crescere. In un recente studio di un prestigioso Think Tank americano, il Lincoln Labs, si evidenzia come il settore produttivo americano che è cresciuto di più negli ultimi 30 anni è stato quello del web, proprio in funzione del fatto che è stato il meno normato ed il più aperto alla concorrenza ed alla creatività dei singoli. Dovremmo meditare su questo dato. Giovanni Grande

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confitarma / porto&diporto

Spedizioniere, chi è costui?

La sua evoluzione negli anni M

olto spesso nei dibattiti pubblici si usa la parola “logistica” per abbracciare tematiche che vanno dall’autotrasporto alle infrastrutture, passando per i magazzini e qualche volta per gli operatori che offrono servizi. A maggior ragione la confusione aumenta quando si parla di “spedizionieri”, che di fatto rappresentano i fautori dei processi logistici su scala internazionale e che consentono alle aziende italiane di essere competitive nelle relazioni con il mondo. Per questo motivo Fedespedi – Federazione Nazionale delle Imprese di Spedizioni Internazionali - ha commissionato al C-Log, il Centro di Ricerca sulla Logistica dell’Università CattaneoLIUC, una ricerca volta a definire la categoria degli spedizionieri e, in par-

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ticolare, chi sono, cosa fanno e quanto valore apportano le imprese del settore operanti in Italia e facenti riferimento alla Federazione che li rappresenta. La ricerca “Fast Forwarding Italy” è iniziata con una serie di interviste ad alcuni interlocutori privilegiati, grandi conoscitori della materia e testimoni dell’evoluzione che il settore ha subito negli ultimi 20 anni. Dal marittimo al terrestre passando per la via aerea, toccando poi gli aspetti doganali, fiscali e normativi: in questo modo è stato possibile costruire la struttura della ricerca, consolidare le conoscenze dei ricercatori e realizzare un questionario on-line. Di fondamentale importanza poi è risultato il profondo lavoro di pulizia del database delle imprese di spedizioni

presenti nei registri delle Camere di Commercio, avvenuto grazie all’incrocio con la centrale dei bilanci AIDA e con il supporto delle Associazioni Territoriali di Fedespedi. Solo così è stato possibile “distillare” le aziende che a vario titolo concorrono al settore delle spedizioni: dalle piccole imprese con qualche specializzazione per area geografica o merceologia, ai global forwarder presenti in oltre 100 paesi con filiali proprie. Per capire a fondo le caratteristiche di questi soggetti, è stato di grande utilità l’indagine on-line presso le aziende associate a Fedespedi, cui hanno risposto oltre 250 imprese delle oltre 1400 associate. Anche grazie alla collaborazione con le Associazioni Territoriali il campione dei rispondenti


è assolutamente rappresentativo del comparto. Infine, per comprendere il “valore” apportato dalle imprese di spedizione alle aziende italiane che importano/ esportano le eccellenze del Made in Italy sono state realizzate alcune case history presso primarie aziende nazionali. Solo chi riceve in prima persona il servizio altamente qualificato da parte di un’impresa di spedizioni, infatti, è in grado di evidenziare i benefici non solamente di natura economica che ne derivano: dalla tempestività delle informazioni, alla correttezza del flusso documentale; dalla progettazione dei flussi logistici su scala internazionale alla consulenza sui temi di commercio estero. Fare lo spedizioniere ancora oggi

significa svolgere un servizio di connessione fisica e informativa su scala internazionale tra un compratore ed un venditore attraverso qualsiasi modalità di trasporto e per qualsivoglia tipologia di beni. Il compito dello spedizioniere non consiste tipicamente nell’esecuzione di trasporti su scala internazionale, bensì nel coordinamento e sincronizzazione dell’intera catena logistica “end-to-end” costituita da una moltitudine di attori con l’obiettivo di mantenere la “promessa” di servizio pattuita con i clienti. Di conseguenza, oggi, il servizio offerto da un’impresa di spedizione può essere definito completo: il cliente ha bisogno di servizi complementari riconducibili all’attività di operatore logistico e chiede che ogni sua necessità venga soddisfatta. Per questo, l’impresa di spedizione non è più considerata un semplice fornitore di servizi, bensì un partner strategico per la catena del valore di un’azienda che ha relazioni commerciali con soggetti esteri. È per questa capacità di risolvere problemi a 360 gradi e di progettare insieme ai clienti dei modelli di supply chain internazionale che lo spedizioniere può essere paragonato a un “architetto del trasporto”. L’analogia descrive in modo molto chiaro i compiti dell’impresa di spedizione: investe risorse nel ricercare nuove vie e nuovi mezzi di trasporto per effettuare spedizioni più rapide, più sicure e più economiche e mette a disposizione dei propri clienti le conoscenze accumulate attraverso anni d’esperienza per offrire soluzioni ai loro problemi. Ma il valore apportato dall’impresa di spedizione è anche quello che consente ad un’azienda che vuole esportare di essere competitiva sui mercati in-

ternazionali: data la complessità di un processo di internazionalizzazione e la conseguente difficoltà nell’offrire servizi standard, essi operano con estrema proattività e creatività, nella continua ricerca di soluzioni innovative sempre più efficaci ed efficienti senza che vi sia un’esplicita richiesta. È attraverso la proattività, la flessibilità, la disponibilità e la creatività che le imprese di spedizione riescono ad instaurare relazioni di fiducia con le aziende manifatturiere italiane che vogliono intraprendere un processo di internazionalizzazione. È così che il settore delle spedizioni si rende promotore della diffusione e della valorizzazione del made in Italy, offrendo un reale supporto a quei prodotti di eccellenza (food, fashion, forniture & Ferrari) che richiedono ingenti investimenti affinché possano essere distribuiti in tutto il mondo. Fabrizio Dallari Direttore C-log LIUC – Università Cattaneo

C-log in breve “Il C-log è il Centro di Ricerca sulla Logistica della LIUC - Università Cattaneo sulle tematiche inerenti al mondo della Logistica e dei Trasporti, del Supply Chain Management e delle Operations in generale. Nasce nel gennaio 2006 con la mission di promuovere la crescita e il trasferimento della conoscenza e della “cultura logistica” al mondo manageriale e professionale. Il C-log si propone come punto di riferimento nazionale per le attività di consulenza, formazione e ricerca con riferimento sia ai processi distributivi e produttivi, sia al mondo dei servizi di trasporto e di logistica.”

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logistica / porto&diporto

In Italia necessario un salto culturale per la logistica L

a logistica deve essere considerata come un industria: è questo il salto culturale necessario da compiere per operatori e politici. Questo settore deve essere infatti concepito come un chiaro fattore di sviluppo per l’economia e non solo come un provider di servizi: con 200 miliardi di fatturato che rappresentano il 13% del PIL e circa 1 milione di occupati, la logistica è infatti un elemento trainante dell’economia italiana e un elemento strategico per tutte le aziende che competono sugli scenari internazionali, in particolare nei settori dove l’Italia eccelle (Moda, Design, Alimentare, etc). Basti pensare alla strategicità dell’ecommerce: oggi il 44% di aziende di moda e alimentare con fatturato superiore a 50 milioni di euro affida al partner logistico diversi servizi dal confezionamento dei prodotti, organizzazione della distribuzione, alla gestione dei resi. Il nostro comparto deve quindi essere regolato da strumenti normativi moderni per competere sugli scenari internazionali ed occorre quindi una cabina di regia da parte della politica nazionale che faccia propria questa consapevolezza. Digitalizzazione, riforma dei porti e semplificazioni amministrative possono rendere il nostro sistema vincente e competitivo a livello internazionale. Fra questi come ho ricordato più volte vi sono i corridoi doganali. Sono infatti le merci che definiscono le rotte e quindi è importante rendere sempre più competitive le nostre infrastrutture e gli snodi logistici e sburocratizzare il processo doganale il

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più possibile. Le aziende infatti chiedono di evitare interruzioni e discontinuità nella Supply Chain, velocità e qualità, affidabilità e tempi certi, coordinamento e connessione tra le diverse modalità di trasporto (stradale, marittimo, aereo) e di disporre con anticipo di tutte le informazioni per la gestione e la movimentazione delle merci. Quindi solo una maggior efficienza può attirare più traffici e quindi meno contenitori vuoti sulle banchine. Da imprenditore e spedizioniere (Riccardo Fuochi è anche Vice Presidente Fedespedi ndr) che opera nel campo da anni e su mercati diversi ritengo che l’approccio al problema debba essere moderno e in un ottica di mercato, sono quindi favorevole a tutte le tecnologie che possono aiutare a superare i troppi vincoli burocratici che avvantaggiano solo i Paesi

competitors. Un altro argomento su cui sono recentemente intervenuto è il rapporto fra la Lombardia e il Porto di Genova e le relative infrastrutture (Terzo Valico in primis) e sulla necessità della sburocratizzazione che potrebbe portare a migliaia di posti di lavoro e 1,419 miliardi di euro di maggiore income per ogni unità di tempo risparmiata (quantificata in un lasso compreso tra 3 e 6 ore, a seconda del momento di ciclo produttivo). In quest’ambito è necessario valorizzare la grande cultura logistica italiana e lombarda per far diventare le aree logistiche milanesi e lombarde il vero punto di forza del concetto di Porto Esteso per far rimanere le merci in Italia e manipolarle durante l’intero ciclo logistico. Quest’approccio consentirebbe non solo i piccoli incrementi e il recupero dei famosi 10 milioni di teus che Genova perde a causa del gap competitivo dei porti del Nord, ma permetterebbe di lanciare una vera e propria sfida al Nord Europa, trasformare l’Italia in piattaforma distributiva Europea (Sud – Nord) ribaltando l’attuale situazione ed affermare definitivamente l’importanza della logistica per l’economia Italiana. Difatti un container in transito in Italia può valere dai 300 ai 400 euro, se svuotato circa 1,000 euro, mentre un container la cui merce viene trasferita nelle aree logistiche per l’intero ciclo di manipolazione e lavorazione (per poi essere rispedito in Europa) può produrre valore fino a 10.000 euro. Riccardo Fuochi


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In costante e graduale crescita la quantità di tonnellate movimentate in vari settori merceologici. Punto focale del commercio e dello scambio, con la sua posizione strategica nel cuore del Mediterraneo, il Porto di Napoli si apre come un abbraccio alle relazioni e alle connessioni oltre il mare.

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logistica / porto&diporto

Pesatura container non gravi sulle attività portuali C

ome ormai noto a tutti gli operatori del settore dal 1° luglio 2016 sarà obbligatorio pesare i container prima di caricarli a bordo delle navi. Lo ha deciso la Commissione Sicurezza dell’IMO, l’Organizzazione Marittima delle Nazioni Unite, che ha emanato una circolare con le linee guida. La Risoluzione MSC 380(94), del 21 novembre 2014 ha apportato alcuni emendamenti alla Regola VI/2 (Carriage of cargoes and oilfuels – Cargo Information) della Convenzione SOLAS 74/78. Sono stati aggiunti tre nuovi paragrafi che modificano il regime che disciplina l’imbarco di container a bordo di unità rendendo appunto obbligatoria la verifica della “gross mass” del container. Già nel 2011 l’Associazione internazionale dei Porti e Darsene (IAPH), insieme al World Shipping Council (WSC) e la International Chamber of Shipping (ICS), hanno fatto appello all’IMO di Londra per modificare la Convenzione SOLAS (Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare) e introdurre un nuovo standard a livello internazionale, in base al quale tutti i container devono essere pesati presso il porto marittimo dove avviene il loro caricamento per l’esportazione. La questione, quindi, è in discussione ormai da diversi anni, dopo che si sono verificati casi di incidenti a bordo, dovuti proprio a una mancata corrispondenza fra il peso dichiarato sulle polizze e quello effettivo del container. La decisione, sicuramente, risponde a un’esigenza di sicurezza, ma sta generando fra noi operatori del settore non poche preoccupazioni sul modo in cui verrà attuata. Le problematiche principali, fra quelle segnalate, sono fondamentalmente due: una di natura operativa, ovvero gli effetti che potrà avere la pesatura dei container in ogni porto. La seconda riguarda, invece, la responsabilità, ovvero quale operatore sarà tenuto a garantire che questa operazione sia stata eseguita correttamente.

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Tante sono le nostre preoccupazioni a riguardo, nuove procedure tecnicoamministrative verranno sicuramente introdotte e queste potrebbero allungare i tempi d’imbarco ed aumentare i relativi costi. Le stesse perplessità sono state espresse anche dagli agenti marittimi europei di Fonasba che chiedono chiarimenti sulle responsabilità in caso di mancata o errata pesatura e chiedono chiarimenti a livello assicurativo poiché la norma fa riferimento allo shipper e spesso il nome indicato in polizza è diverso da chi commissiona il trasporto. La Federazione, a tal proposito, ha chiesto chiarimenti all’IMO circa la definizione di “shipper”, che potrebbe essere uno spedizioniere, un agente marittimo, un overseas client for exworks shipments. Il titolare della merce indicato nella polizza non è necessariamente anche il soggetto che prenoterà o pagherà il trasporto. In molti casi, quindi, lo” shipper” potrebbe non essere in grado di verificare il peso del container, se questo viene comprato con particolari tipi di accordo come ad esempio il Fob (free on board) o il Cif (cost, insurance freight) e la normativa, secondo Fonasba, dovrebbe tenere conto di questi aspetti. Recentemente Fonasba ha mandato a tutti i Paesi aderenti, quindi per l’Italia anche a Federagenti, un sondaggio per comprendere lo stato dell’arte sull’implementazione. I risultati del sondaggio sono stati presentati ai lavori dell’Assemblea annuale svoltasi a Victoria, in Brasile lo scorso mese di ottobre. Al momento risulta che pochi Paesi sono a buon punto sia con l’emanazione delle linee guida che con l’individuazione dell’autorità preposta, persino la Germania non ha ancora individuato l’autorità che dovrebbe emanare le linee guida. L’unico Paese veramente avanti è il Regno Unito, mentre per quanto riguarda l’Italia posso affermare che l’Autorità Competente è stata individuata e deve intendersi il Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti, Comando Generale


del Corpo delle Capitanerie di Porto Guardia Costiera, che sta procedendo all’armonizzazione e alla stesura delle Linee Guida nazionali e alla stesura di una Circolare sulla Sicurezza della Navigazione. Come Presidente della Commissione Container di Federagenti, ho aperto un tavolo di lavoro interno con il fine di esaminare e predisporre suggerimenti e indicazioni al suddetto Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto. Pur accogliendo favorevolmente l’obbligatoria verifica del peso lordo dei container e concordando sul fatto che la verifica del peso dei contenitori debba svolgere un ruolo fondamentale per migliorare la sicurezza dei trasporti marittimi e dell’intera catena di trasporto, il mio auspicio e quello di tutti gli agenti marittimi è che, tale verifica, quando sarà obbligatoria, non costituisca un ostacolo alla movimentazione delle merci nei porti, con il timore che si introduca un freno laddove le Amministrazioni stanno facendo sforzi per rendere più scorrevole il traffico attraverso i porti. A mio avviso l’introduzione di questo nuovo emendamento alla convenzione

SOLAS (Safety of Life at Sea) nella legislazione comunitaria e nazionale, deve chiarire ulteriormente la responsabilità dei caricatori, ma soprattutto si deve evitare che questa operazione di pesatura gravi sulle attività di movimentazione portuali e accentui la già difficile congestione dei porti italiani. Filippo Gallo Presidente Commissione Container Federagenti

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logistica / porto&diporto

Misure semplici e condivise per valorizzare il Sud Italia D

alle ricerche di SRM si evince che dal 2001 al 2013 l’export dell’Italia verso il Sud Mediterraneo (Turchia compresa) è cresciuto del 107%. Includendo anche il Golfo, con un valore di 44 miliardi di euro, l’Italia esporta nell’area più di quanto esporta negli Stati Uniti e il quadruplo di quanto vendiamo in Cina o in Russia. Porto&diporto intervista sull’argomento Marco Simonetti, Vicepresidente Contship Italia In che modo potrebbe essere migliorato Il Sistema Logistico del Meridione orientato all’export? Dobbiamo cambiare punto di vista, e imparare a valorizzare e sfruttare meglio le opportunità disponibili, legate alla posizione strategica del nostro Paese: la frammentazione delle realtà portuali italiane, spesso caratterizzate da dimensioni medio-piccole, è un limi-

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te ed un ostacolo allo sviluppo di grandi poli logistici integrati. Da un lato la difesa a oltranza di interessi locali, dall’altro l’offerta di numerose alternative di terminal portuali, hanno impedito la concentrazione dei flussi verso alcuni grandi hub. L’Italia, fino ad oggi, non ha saputo sfruttare le opportunità offerte dal transhipment, che rappresenta un sistema di connettività su scala globale. La presenza di servizi marittimi ad alta frequenza e capillari verso le principali economie mondiali è la base su cui costruire la concentrazione dei volumi di import ed export del mezzogiorno. Non solo: una maggiore concentrazione dei volumi equivale anche ad un maggiore uso della modalità ferroviaria, che per sua natura richiede l’organizzazione dei flussi su pochi nodi baricentrici ai mercati di consumo e produzione. E’ questa la direzione sulla quale

si muove il Gruppo Contship? Con il centro intermodale di Melzo (MI) e il Sistema La Spezia, il Gruppo Contship Italia è andato in questa direzione, sviluppando un meccanismo capace di servire un ampio bacino di utenza, raccogliendo volumi che si muovono su gomma e su rotaia e che vengono poi consolidati e trasferiti in maniera efficiente verso i maggiori porti e le destinazioni inland. Grazie al corridoio logistico che collega il capoluogo lombardo a La Spezia, il Gruppo è stato in grado di ampliare sensibilmente la cosiddetta “catchment area” del porto spezzino, garantendo al tempo stesso un rilancio veloce e affidabile delle merci in esportazione. Questo sia un modello vincente, che potrebbe essere sviluppato anche nel Sud Italia, dove però, finora, la scarsa disponibilità di una rete ferroviaria e stradale efficien-


te ha limitato fortemente lo sviluppo di grandi centri logistici, e di conseguenza anche dei porti. Porti, che servono oggi delle aree limitate. L’impegno assunto dal programma di aggiornamento infrastrutturale di RFI, che prevede l’adeguamento di tutte le sagome sulle tratte ferroviarie del Sud Italia, in linea con le politiche nazionali, va nella giusta direzione. Questi interventi, apparentemente minori, sono fondamentali per rimuovere i limiti che oggi impediscono di sfruttare pienamente le infrastrutture esistenti. Ma possono essere sufficienti questi interventi locali? Rimuovere gli ostacoli a livello locale e regionale, però, non basta: il tema della logistica richiede scelte organiche e coerenti a livello comunitario. In un mondo globalizzato, come quello di oggi, non è più possibile fare

affidamento su “rendite di posizione”; le merci si spostano dove conviene, non solo in termini di prezzo, ma anche in termini di attenzione alla qualità e all’affidabilità del servizio offerto dai diversi elementi coinvolti nella supply chain. Purtroppo, ad orientare le scelte strategiche in Europa, oggi, non è un organismo di governo proprio dell’Unione, ma la convergenza degli interessi dei singoli Stati. Anche per questo è fondamentale presentarsi al tavolo con una posizione che rifletta un piano strategico nazionale. Presentarci invece con un piano frutto di infiniti compromessi, accettati per soddisfare le istanze locali, rischia di farci perdere peso e credibilità, e questo vorrebbe dire subire, anziché orientare, le scelte strategiche che guideranno lo sviluppo del settore logistico nei prossimi decenni. Sono tante le aziende italiane che operano nella sponda Sud del Mediterraneo, perché per esse sarebbe importante una migliore logistica in Italia? Lo sviluppo dei mercati dei Paesi emergenti nordafricani è un dato positivo per l’intero bacino del Mediterraneo. Oggi questi Paesi attraggono investimenti soprattutto in virtù del minore costo del lavoro e degli incentivi agli investimenti; ad attirare i capitali sono anche una forte spinta verso la sburocratizzazione, e la certezza dei tempi di realizzazione delle opere, che a loro volta permettono di calcolare con più precisione i ritorni degli investimenti. I loro mercati interni, iniziano a generare una domanda rilevante di beni e servizi, alla base di questo interesse crescente. Per sfruttarla, dal punto di vista logistico, non sono necessari grandi investimenti, perché è possibile utilizzare i servizi che già oggi collegano i maggiori porti di transhipment italiani a quelli nordafricani. E per quanto riguarda altre grandi aree economiche? Ragionando invece sui grandi traffici scambiati dall’Europa con l’Asia e gli Stati Uniti, l’Italia e i porti del Meridione dovranno giocare un ruolo strategico. Serve però un cambiamento di approccio, da parte dell’Europa, che crediamo non possa immaginare un flusso dei traffici comunitari basato esclusivamente sui porti del Northern Range. Di nuovo, vogliamo aiutare i decision makers europei a cambiare il loro punto di vista, riconoscendo il valore degli asset disponibili nel Sud Europa, ed in particolare nel Sud Italia. Questo significa anche mettere in sicurezza e consoli-

dare l’intero sistema della supply chain europea. Non possiamo pensare che la distribuzione dei volumi, attraverso il transhipment, diventi un’esclusiva dei Paesi nordafricani, così come non è possibile immaginare che tutti gli hub di transhipment siano posizionati sulla sponda Nord Africana. Sarebbe come accettare il controllo del proprio rubinetto di acqua potabile posizionato in casa del vicino. Infine, la crescita dei grandi hub posizionati su questa area e le scelte dei Governi che ne hanno sostenuto lo sviluppo, ci ricordano quanto sia importante utilizzare efficacemente tutti gli strumenti legislativi disponibili, come ad esempio le cosiddette “ZES”, Zone Economiche Speciali dove si possono applicare misure fiscali che agevolino la crescita e la concentrazione delle attività produttive e commerciali. Mentre altrove queste aree sono una realtà, nel nostro Paese siamo ancora una volta bloccati dagli interessi particolari, che spesso vedono queste proposte come un indebita agevolazione, piuttosto che come una legittima risposta a necessità peculiari, assolutamente improrogabili. Quali dovrebbero essere le aree del Mezzogiorno interessate da un piano di investimenti infrastrutturali? Sul fronte delle merci scambiate via mare non c’è dubbio sul fatto che il Meridione debba valorizzare i grandi hub di transhipment. Il caso di Taranto credo sia estremamente chiaro, e purtroppo anche Gioia Tauro sta affrontando un momento complesso sul piano della competitività. Nel primo caso, il mancato adeguamento dell’infrastruttura per servire le nuove grandi navi è stato determinante. Nel caso di Gioia Tauro, invece, si tratta di proteggere i volumi di transhipment e costruire una offerta interessante per le aziende di produzione e trasformazione che potrebbero trarre grande vantaggio da questi collegamenti, posizionando le proprie attività nell’area industriale retrostante il porto. La logica degli investimenti dovrebbe valorizzare le scelte relative ai “corridoi” prese a livello comunitario, rendendo il flusso delle merci lungo questi assi quanto più possibile fluido e competitivo. Non credo sia necessario inventare grandi cose, ma ben più opportuno realizzare interventi semplici e condivisi, che possano finalmente valorizzare il ruolo del Meridione, all’interno del sistema europeo. Maurizio De Cesare

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logistica / porto&diporto

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Le nuove frontiere di sviluppo: gli EAU

l rapporto su “Le relazioni economiche tra l’Italia e il Mediterraneo” presentato da SRM a Napoli il 30 ottobre offre uno spaccato sulla politica di sviluppo del cluster marittimo degli Emirati Arabi Uniti (EAU); in questo Paese il comparto ha agito da catalizzato-

manifatturati con il Golfo, l’Africa ed il subcontinente indiano. Gli EAU contano numerosi scali sia nel Golfo sia sull’Oceano Indiano. I principali si trovano a Dubai (Jebel Ali), Abu Dhabi (Port Khalifa), Sharjah (Hamriyah), Ras Al Khaimah e Fujai-

Terminal 3, che consentirà di gestire 10 navi giganti di nuova generazione allo stesso tempo, l’unico porto in grado di farlo nella regione. Una tale predisposizione ad accogliere megaship consente di intercettare al meglio i traffici provenienti da Suez. Tale capacità di

Paolo Scudieri

Massimo Deandreis

Alessandro Panaro

re per la diversificazione economica e gli Emirati sono diventati uno dei centri marittimi più importanti del mondo. Essi hanno realizzato volumi significativi in termini di porti, cantieristica e servizi marittimi globali; la filiera dei Trasporti e della Logistica nel suo complesso al 2013 ha prodotto 9 miliardi di dollari di PIL pari al 25% del Manifatturiero ed al 2% del totale. Essa genera, soltanto a Dubai, oltre 75.000 occupati con un alto livello di competenze per i diversi segmenti del settore, come le operazioni marittimo/portuali e “engineering e porti” che rappresentano rispettivamente il 51% e il 25 % dell’occupazione complessiva del settore. Il settore dei trasporti marittimi negli Emirati Arabi Uniti è in forte espansione con aperture di nuove rotte e intensificazione delle frequenze sulle linee più importanti e numerosi sono i progetti di ampliamento e di potenziamento in corso di realizzazione o annunciati. Situati in una posizione strategica tra Europa e Asia, gli EAU hanno da sempre ricoperto un ruolo naturale di hub marittimo. I porti dell’area rappresentano la principale via di trasporto per l’import - export di petrolio, materie prime e

rah. Jebel Ali è il primo porto degli EAU in termini di volume di cargo nazionali e internazionali: situato a 35 Km a sudovest della città di Dubai, grazie alla sua strategica posizione geografica gioca un ruolo significativo nel servire i mercati mondiali con oltre 180 shipping lines e più di 90 servizi settimanali che connettono Jebel Ali Port a più di 140 porti nel mondo. Jebel Ali è attrezzato per soddisfare le esigenze di trasporto a livello locale e internazionale. Possiede una struttura tecnologicamente avanzata, con attrezzature all’avanguardia, tra cui la gru più grande del mondo, in grado di sollevare quattro container da 20 piedi o due container da 40 piedi simultaneamente, con una capacità totale di 80 tonnellate, il doppio di quella delle gru tradizionali, consentendo al porto di soddisfare la nuova generazione di mega-navi. Jebel Ali ha gestito 15,2 milioni di TEU nel 2014, andando così ad occupare la 9° posizione nel ranking mondiale dei porti container. Nel 2013 è entrato in funzione il Terminal 2 che ha portato il porto ad una capacità di 16 mln di TEU che arriverà a 19 milioni con il nuovo

accoglienza risulta ancora più rilevante considerando che gli orderbook al 2015 prevedono un aumento, entro il 2018, della flotta container pari al 7% circa con il dato che sale al 77% se consideriamo la fascia delle megaship da 18-21mila Teu. Quindi si prevede che il traffico già rilevante nell’area si potrebbe intensificare ulteriormente. Tab - 1 Performance del porto di Jebel Ali Dubai si sta preparando anche a divenire retroporto di quest’area del Mondo, un vantaggio significativo per il porto è, difatti, la sua posizione all’interno della Jebel Ali Free Zone (JAFZA), la principale free zone industriale nel Medio Oriente. Fondata nel 1985, essa attualmente ospita più di 7.300 imprese attive nella produzione, nel commercio, nella logistica e in una vasta gamma di settori industriali e di servizi dedicati. Le aziende situate nella free zone possono godere dei vantaggi del facile accesso alle infrastrutture portuali di Jebel Ali ed i privilegi della zona franca. Kalifa Port ad Abu Dhabi sono specializzati in container, Mina al Hamrya ha un ruolo chiave nel facilitare i movimenti merci non-containerizzate tra Dubai e paesi del Golfo dell’Asia me-

22 - novembre 2015


Fonte: Elaborazione SRM Performance del porto di JebelAli

MlnTEU

2010

2011

2012

2013

2014

11,6

13

13,28

13,64

15,2

Tab - 1

Fonte: SRM su DPWorld, 2015

ridionale e dell’Africa Orientale e Fucluster nei Trasporti e Logistica molto Corporation (Pcfc), il cui mandato sarà jairah Port è specializzato sui prodotti dinamico che raggruppa 1.600 Logistidi sviluppare e operare la gestione di petroliferi ed è l’unico situato strategics Company ed oltre 170 Shipping Liporti marittimi e interni nei mercati interOverview sulla diffusione geografica dei dei principalioperatori camente sull’Oceano Indiano. nes che sta giocando un Terminal ruolo centrale nazionali emergenti. Si tratta di porti siIl cluster del trasporto e della logistinel commercio globale. Ha una lunga tuati di solito in aree industriali dismesca degli EAU è stato sottoposto a molte tradizione commerciale che risaleSouth a se, che abitualmente movimentano Middle Terminal North Asiaristrutturazioni per la granAustralia parte dovuteEuropa molti secoli fa. Tuttavia, la graduale cremerci varie e prodotti America/ Africasfusi, rappresenTotal Pacific ai suoioperators crescenti bisogni sia di domanazione America del cluster risale al 1960,Caribbean quantano unaEst fonte di grandi opportunità. La da interna sia di crescente attività sui do l’Emirato ha adottato una politica di nascita di P&O Ports si inserisce in un mercatiAPM esteri come confermato dalla sviluppo delle10infrastrutture diversi24 16 aggressiva 8 tentativo da 4 parte degli 11 EAU di 73 Terminals 3° posizione degli EAU per l’attività volta a costruire strade, aeroporti e imficare il portafoglio delle attività di Pcfc, di re-export dopo Singapore e Hongpianti portuali. espandendolo. L’ente governativo conDPWorld 4 11 2 21 6 7 18 69 Kong e dalla 16° posizione mondiale Il porto di Jebel Ali è legato al govertrolla infatti anche DP World. nell’Export Global Trade. no di Dubai Port (DP). Sviluppato nel A garantire uno sviluppo promettente Hutchinson 2 un 15 come complemento alla conso- 21 per il cluster 14 dei trasporti 6 e della 58 logiDubai, questa analisi, assume 1979, PortinHoldings ruolo centrale e strategico, perché è lidata Port Rashid, è il più grande porstica generale è la crescita strategica pivot diPSA tutta l’attività logistico-marittima to10per container ed Europa e 1 di DP World. Essa, se confrontata 2 tra Asia32 45 con International dell’area. Difatti, con una forza lavoro geograficamente posizionato al centro altre grandi aziende portuali ha una istruita e multiculturale, incentivi finandell’Emirato. maggiore diversificazione geografica ziari, un’infrastruttura efficiente 6e un i continenti. Totale 60Al suo interno 14 opera DP 69World, 5° al 36 ed è presente 25 in tutti 35 245 funzionale accesso al mare aperto, Mondo nella classifica dei Terminal e Questa presenza consente a DP Dubai si è sviluppata fino a diventare copre il 9% del mercato mondiale dei World un maggior traffico container atSRM supiù website delle uno dei centri importanti persocietà, il com- 2015 flussi di container. DP World è infatti traverso Dubai, ed inoltre permette ai mercio marittimo, un fondamentale hub una delle principali società internaziopartner e ai fornitori del terminalista di di importazione e riesportazione da e nali specializzate in gestione delle opeaccedere a più mercati regionali conPerformance di terminal JebelAli tribuendo a rafforzare la crescita comverso il resto del mondo. razioni portuali del conporto oltre 65 Secondo il Centro Statistico di Dumarittimi in tutto il mondo (tra cui anche plessiva del cluster del trasporto e della bai, ci sono due settori che sono intee un logistica basato 2010 Rotterdam, Antwerp 2011 e Le Havre)2012 2013 su Dubai. 2014 ressati dalle attività del logistiche e dei traffico merci gestito (2014) pari a circa Tab 2 - Overview sulla diffusione geMlnTEU il settore dei tra-11,660 milioni di TEU13 13,28 15,2 trasporti dell’emirato: e stima di raggiungeografica 13,64 dei Terminal dei principali sporti, stoccaggio e logistica che vale il re i 100 milioni al 2020. operatori Fonte: SRM su DPWorld, 2015 13,9% del PIL di Dubai ed il settore del Nel marzo del 2015 le autorità di DuC’è da sottolineare anche la forte e commercio in generale con un peso del bai hanno istituito una nuova società, crescente relazione con Suez come te30,7 % del PIL di Dubai. P&O Ports, sussidiaria dell’ente goverstimoniano gli investimenti fatti da DP Dubai ha, dunque, sviluppato una nativo Ports, Customs and Free Zone World su Sokhna. Presidiare il passag-

Fonte: Elaborazione SRM

Overview sulla diffusione geografica dei Terminal dei principalioperatori Terminal operators APM Terminals

Australia

Europa

North America

AsiaPacific

South America/ Caribbean

Middle Est

Africa

Total

24

10

16

8

4

11

73

2

21

6

7

18

69

21

14

6

58

DPWorld

4

11

Hutchinson Port Holdings

2

15

PSA International Totale

6

10

2

32

1

60

14

69

36

SRM su website delle società, 2015

25

45 35

245

Tab - 2

novembre 2015 - 23


sfida è aperta. LA DIRETTRICE MEDITERRANEO-SUEZ-GOLFO

La direttrice Mediterraneo-Suez-Golfo

Fonte: Elaborazione SRM gio di Suez significa presidiare lo snodo dei traffici verso l’Europa. Nel 2015 DP World, ha concluso l’acquisizione della piattaforma logistica e industriale Economic Zones World di Dubai per 2,6 miliardi di dollari con l’obiettivo di creare nel Medio Oriente un’area integrata che operi a livello globale. La necessità di presidiare il mercato e di realizzare importanti economie di scala per DP World come per i suoi competitor principali, richiede investimenti su grandi unità. Il fenomeno della concentrazione del mercato delle shipping companies e dei terminal operators non è recente, ma oggi è piuttosto evidente: i primi 10 terminalisti mondiali controllano il 66,3% del traffico complessivo. Inoltre, il fenomeno di fusione tra le attività di movimentazione delle merci in porto e di trasporto via mare sembrerebbe avanzare rapidamente; infatti le prime shipping companies controllano i top terminal operators collocati ai vertici della omologa graduatoria mondiale. Il numero di zone franche e commercio specializzato e le zone industrializzate di Dubai hanno raggiunto le 21 unità sulle 36 complessive presenti negli Emirati. Tra le free zone di Dubai, indubbio è il contributo al Cluster della Free Zone logistico portuale di Jebel Ali. Nata nel 1985, Jafza è diventata in meno di 30 anni una delle Free Economic Zone più dinamiche come evidenziato dai principali numeri. La Jebel Ali Free Zone accoglieva appena 19

24 - novembre 2015

aziende 27 anni fa ed oggi ospita una business community composta da oltre 7.300 società, fra cui 150 compagnie che rientrano nella lista Fortune Global 50032 ed occupa 135.800 addetti di 125 paesi. Le imprese ospitate nella free zone sono attive in diversi settori: nella produzione, nel commercio, nella logistica e in una vasta gamma di settori industriali e di servizi dedicati. La Free zone è situata nell’area di Jebel Ali ed occupa una superficie di 58 kmq, a 35 chilometri a sud-ovest di Dubai e vicina alla capitale Abu Dhabi, è strategicamente collegata via mare (Porto di Jebel Ali), terra (efficiente sistema viario e connessione alla metropolita attraverso la stazione di Jebel Ali) e aria (Dubai International Airport e Al Maktoum Airport). Jafza contribuisce per il 21% al PIL dell’Emirato di Dubai. Nella Free Zone si svolgono un quarto del totale degli scambi non-oil dell’Emirato per oltre 90 miliardi di dollari e il Porto di Jebel Ali copre il 55% del traffico container di Dubai. Nel 2013 si è registrato anche il più alto numero di nuove compagnie che hanno aderito alla free zone: 613 multinazionali, ovvero il 28% in più rispetto al 2012. In aumento anche i ricavi: più 7% nel 2013 rispetto all’anno precedente, mentre i nuovi contratti di locazione sono cresciuti del 19% per i terreni e del 6% per gli spazi adibiti a warehouse. In tale contesto, le società di shipping hanno una funzione importante

nel cluster e gli EAU, attraverso il vettore UASC, rivestono un ruolo di pivot mondiale al centro dei traffici internazionali. La compagnia marittima, il principale carrier emiratino tra gli oltre 170 dell’area prevalentemente dediti all’attività di trasporto dell’Oil, copre una quota rispettivamente pari al 2,3% nella rotta Asia -Nord Europa e 4% nell’Asia Med. UASC è la 15° shipping company del Mondo con 53 navi con una capacità complessiva di oltre 430.000 teu. Vanta inoltre uno dei più importanti e più tecnologicamente avanzati programmi di costruzione di nuovi navi con 17 nuovi ordinativi, di cui 6 sono di capacità oltre 18.000 TEUs e 11 da 14.000 TEUs. La UASC è la più grande compagnia di navigazione del golfo ed è di proprietà di sei Stati del Golfo: Bahrain, Iraq, Kuwait, Qatar, Arabia Saudita e Emirati Arabi. Sebbene l’azienda sia supportata dal pubblico, è gestita da un management privato. Inoltre, con la recente adesione all’alleanza Ocean Three, UASC insieme a CMA CGM e China Shipping Container Lines (CSCL), ha potuto rafforzare anche i collegamenti tra il Golfo e l’Italia con l’aggiunta di alcuni porti come Livorno, che si aggiunge agli altri ed in particolare a Genova. Inoltre il collegamento con il Porto di Miami negli Stati Uniti ha consentito di registrare una A cura di SRM Studi e Ricerche per il Mezzogiorno Continua a pag. 64


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novembre 2015 - 25


logistica / porto&diporto

La logistica dei veicoli finiti verso un futuro più luminoso

Alla Conferenza Annuale ECG di Vienna hanno partecipato anche i top manager dell’industria automobilistica Il settore pronto ad un viaggio proiettato in avanti

P

iù di 240 delegati, tra cui una forte rappresentanza dell’industria automobilistica, si sono riuniti a Vienna, il 16 ottobre scorso per l’incontro annuale dell’Associazione Europea della Logistica di Veicoli Finiti (ECG), durante il quale si è rilevato che il settore, tornato a crescere, sta ora sperimentando alcune nuove tecnologie, che potrebbero essere capaci di trasformare le relative operazioni. Il pubblico, composto sia da top manager delle case automobilistiche che da fornitori di servizi logistici (LSP), ha potuto constatare che le vendite di vei-

coli europei stanno infatti tornando ad affrontare prospettive migliori, anche se i volumi non sono ancora vicini ai livelli pre-crisi. Nel corso dei primi nove mesi del 2015, le immatricolazioni di nuove autovetture sono aumentate (+ 8,8%), superando i 10 milioni di unità (10,413,675). Nel mese di settembre 2015, il mercato delle autovetture UE ha mostrato un altro rilevante segno positivo (+ 9,8%), segnando il 25° mese consecutivo di crescita. La domanda di autovetture nuove è, in tutti i principali mercati, guidata da programmi di rottamazione in corso e dalla ripresa eco-

ECG, l’Associazione europea della logistica dei veicoli, fin dal 1997 è la voce del settore della Logistica di Veicoli Finiti in Europa. ECG rappresenta gli interessi di circa 100 aziende associate, da PMI di famiglia alle multinazionali, ed è il principale attore del settore logistica dei veicoli europei. ECG rappresenta tutti i modi di trasporto a livello UE - stradali, ferroviari, marittimi e fluviali. I membri ECG forniscono il trasporto, distribuzione, stoccaggio, preparazione e post-produzione dei servizi ai produttori, importatori, società di noleggio auto e agli operatori di leasing del veicolo nei 28 Stati membri dell’Unione europea, nonché in Norvegia, Svizzera, Turchia, Russia, Ucraina e altri ancora. I membri possiedono o operano 420 navi per trasporto auto, 18.800 vagoni ferroviari costruiti appositamente, 84 chiatte fluviali e più di 23.300 bisarche. Essendo anche un importante datore di lavoro, il settore della logistica di veicoli finiti svolge un ruolo importante nel contribuire al successo economico dell’Unione europea. I Membri ECG hanno un fatturato aggregato di circa 22.2 miliardi di euro e il loro impatto economico sulle società collegate con il settore è stimato in 55.5 miliardi di euro. Oltre 100.000 cittadini europei sono impiegati direttamente dal settore della logistica dei veicoli finiti e altri 240.000 sono indirettamente impiegati in questo settore (Fonte: ECG Survey of Vehicle Logistics in Europe 2014/15)

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nomica del Sud Europa. Si prevede di terminare il 2015 a oltre 14 milioni di unità, rispetto ai 13 milioni dello scorso anno; un tasso di crescita che dovrebbe superare quello di tutte le altre regioni del mondo. Malgrado questo trend, il presidente di ECG Costantino Baldissara ha avvertito che la carenza di capacità in essere e la mancanza di investimenti adeguati stanno mettendo a rischio il processo di rinascita e la speranza di prospettive del settore verso un futuro più luminoso. L’età media dei veicoli pesanti è aumentata costantemente da 7,5 anni a 8,1 anni nel periodo 2000-2014. Nei principali mercati europei è pertanto urgente ripristinare la flotta di bisarche, che si è ridotta da 20.600 nel 2008 a 16.650 mezzi nel 2014, con nuovi investimenti tesi a soddisfare le crescenti esigenze di un mercato in espansione. Baldissara stima che il fabbisogno finanziario di investimenti nella logistica di veicoli europei sia di 2.500.000.000 euro (pari a $ 2.800.000.000) principalmente in bisarche e depositi di stoccaggio. Baldissara ha anche invitato i produttori di automobili a considerare la sostenibilità delle offerte logistiche e ha esortato loro a fare previsioni più Stefano Meroggi Continua a pag. 64


Salerno

novembre 2015 - 27


logistica / porto&diporto

Grimaldi, linea intermodale tra Europa centrale e Grecia

Attivo il primo servizio nave+treno lungo l’autostrada del mare Patrasso-Venezia e il portocorridoio Brennero-Venezia

È

il più veloce, il più “verde” e il più efficiente servizio di collegamento tra l’Europa Centrale (Francoforte) e la Grecia, è l’unico interamente intermodale capace di coniugare il trasporto marittimo e ferroviario ed è, a tutti gli effetti, un ponte gettato a Venezia tra le economie e i mercati europei. E’ partito infatti dal terminal Autostrade del Mare di Fusina (Porto Marghera, Venezia) il primo treno dal porto di Venezia per Francoforte per il trasporto di trailer (camion senza motrice) via Brennero fino ai mercati dell’Europa Centrale. Con questo nuovo servizio, i corridoi di trasporto trans-europei trovano, attraverso il “porto-corridoio BrenneroVenezia”, la loro naturale prosecuzione nelle Autostrade del Mare e sfruttano il potenziale commerciale del Mediterraneo Orientale. La nuova catena logistica è stata attivata a tempo record, a soli 3 giorni dal collaudo del revamping della linea ferroviaria, con un primo treno lungo

28 - novembre 2015

oltre 500 metri che porta 13 carri (per 26 trailer). Un servizio che si prevede possa già a breve raddoppiare l’attuale frequenza settimanale sfruttando la velocità di un collegamento che in soli 3 giorni è capace di consegnare le merci direttamente sui mercati di riferimento. Molte aziende europee e l’Unione Europea stessa sono infatti sempre più attente, non solo all’efficienza delle catene logistiche, ma anche alla componente ambientale preferendo ed incentivando l’uso di servizi ferroviari e di collegamenti multimodali per il trasporto delle merci all’interno dei paesi dell’Ue. Porto Marghera ricomincia così a sfruttare il patrimonio infrastrutturale di 135 Km di ferrovie, 40 km di strade, 7 km di fibra ottica, 12 Km di banchine operative accumulato in cento anni di storia e rimasto inutilizzato per decenni. Dopo un primo recupero dell’accessibilità nautica, grazie agli escavi dei canali portuali (fino a -11.50 mt) e in attesa della soluzione definitiva af-

fidata alla piattaforma d’altura, dopo aver ritrovato accessibilità stradale e di navigazione interna fino a Mantova, Venezia ritrova attualmente anche parte della sua accessibilità ferroviaria a livello internazionale, grazie al revamping della linea ferroviaria per Fusina inutilizzata dagli anni ’70 quando veniva adoperata per trasportare alluminio e bauxite. “Il nuovo collegamento sfrutta la geografia vincente dello scalo veneziano a beneficio dell’intero Nordest, dell’Italia e dell’Europa. Il mercato dell’intermodale puro (nave+treno) ha un enorme potenziale che oggi sfrutta i trailer trasportati dalle navi ro-ro e che domani si accompagnerà con l’inoltro via ferrovia anche dei container. Un potenziale che si esprimerà completamente una volta realizzato il sistema portuale offshore-onshore che ridarà a Venezia l’accessibilità nautica di cui ha bisogno e l’efficienza che l’Italia e le imprese del nordest reclamano”, commenta Paolo Costa Presidente dell’Autorità Portuale


di Venezia. Il treno, organizzato e commercializzato dalle società Kombiverkehr e commissionato dalla società di autotrasporto greco-tedesca Thomaidis GmbH, raccoglie le merci a Francoforte e parte via Brennero il venerdì per Venezia (Fusina) dove scarica e ricarica le merci con destinazione Grecia. Da lì i trailer sono imbarcati su navi ro/ro del Gruppo Grimaldi il quale opera un servizio diretto, con frequenza trisettimanale, tra Venezia e Patrasso. Le due navi ro/ro impiegate dal gruppo partenopeo sulla linea hanno ciascuna una capacità di circa 220 trailer. Di ritorno, le merci provenienti dalla Grecia e sbarcate a Fusina dalle navi del Gruppo Grimaldi sono caricate, il sabato, sul treno con destinazione la Germania e da lì verso altre località nord europee. “Il collegamento intermodale Francoforte – Venezia - Patrasso è un esempio di best practice in ambito paneuropeo”, dichiara Guido Grimaldi, Corporate Commercial Director Short Sea Shipping, Grimaldi Group. “Attraverso questa iniziativa, le società di trasporto europee e non, potranno usufruire di un servizio di trasporto veloce, puntuale, economico, sicuro, nonché ambientalmente compatibile tra il cuore dell’Europa e il Mediterraneo Orientale, via lo scalo di Marghera, grazie all’utilizzo di due navi ro/ro la cui capacità di carico ha rivoluzionato il traffico merci rotabili sulle tratte adriatiche Italia-Grecia. Essendo il servizio dedicato esclusivamente al traffico merci, non sarà sog-

getto a limitazioni di capacità di carico nella stagione estiva, che sono tipiche di navi miste merci/passeggeri, e permetterà di accelerare quel processo di ‘trailerizzazione’ che il nostro Gruppo sta portando avanti negli ultimi anni ”, conclude Guido Grimaldi. “Il terminal di Fusina completa la sua prima fase di avviamento con l’attivazione della linea ferroviaria e l’operatività di quello scambio intermodale che lo rende un unicum in Italia ed una piattaforma efficiente e interessante per i grandi operatori della logistica. L’arrivo del treno consente di avviare quel processo di creazione di nuove rotte che, sfruttando le economie date dalla combinazione ferro – gomma - nave, apre per Venezia e il Nordest nuovi mercati” spiegano il Presidente di Venice RoPort Mos Gianfranco Zoletto e l’amministratore delegato Maurizio Boschiero. Il terminal di Fusina è il primo terminal italiano ideato per essere un’efficiente piattaforma logistica dove si incontrano e si interscambiano modalità differenti di trasporto. Supporta infatti il tradizionale traffico di veicoli e passeggeri in imbarco e sbarco da navi traghetto, ma integra in modo efficiente il trasporto di container, trailer, casse mobili da nave a treno e viceversa grazie alla presenza di 4 binari di lunghezza compresa tra 590 e 700 metri. Fusina diventa quindi l’approdo ideale per collegare i mercati del Nord e Centro Europa con quelli dei Paesi affacciati sul Mediterraneo. Stefania Vergani

novembre 2015 - 29


armamento / porto&diporto

Italia shipping friendly per sviluppo di Confitarma

L’

importanza del ruolo della flotta per il Paese e la necessità di non modificare l’impianto normativo del Registro Internazionale che, sia nelle autostrade del mare sia nei traffici internazionali, consente alla nostra flotta di crescere e di restare competitiva. Questo il punto centrale del discorso che Emanuele Grimaldi, presidente della Confederazione Italiana Armatori, ha tenuto all’Assemblea del 22 ottobre in presenza del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, e di numerose personalità del mondo armatoriale, politico, sindacale e di tutto il cluster marittimo. Il ruolo del trasporto marittimo “è essenziale per lo sviluppo dell’economia globale – ha affermato il Presidente di Confitarma – basti pensare che sono più di 100 mila le navi su cui sono imbarcati oltre un milione e mezzo di marittimi e che il 90% del commercio mondiale viaggia su navi petroliere, portarinfuse per materie prime secche, navi porta-container, traghetti e portaauto. E anche nel trasporto passeggeri sono le navi ad assicurare la continuità territoriale con le isole e a costituire un forte volano turistico attraverso le crociere”. Riguardo il grave fenomeno della

30 - novembre 2015

pirateria, Emanuele Grimaldi ha ricordato che Confitarma ha condiviso con i Ministeri della Difesa, degli Esteri, dell’Interno e dei Trasporti, la Guardia Costiera e il RINA l’intenso lavoro preparatorio del corpus normativo che nel 2011 ha creato il cosiddetto modello “duale” di difesa attiva pubblica e privata, consentendo, nelle aree a rischio, l’impiego di personale di scorta a bordo delle navi italiane. Il Presidente di Confitarma ha poi rivolto un particolare ringraziamento a

Roberta Pinotti, Ministro della Difesa, per la recente emanazione del decreto che consente di imbarcare team armati non solo nell’Oceano Indiano, ma in tutte le aree definite dell’IMO a rischio di pirateria, e cioè anche il Mare della Cina, lo Stretto di Malacca e l’Africa Occidentale. Prendendo atto della decisione politica che ha sancito la fine dell’impiego di personale militare a bordo di navi mercantili nelle acque a rischio di pirateria, il Presidente Grimaldi ha ringraziato la

LO SHIPPING NELL’ECONOMIA MONDIALE Il

del commercio mondiale viaggia su navi

Nell’ultimo decennio:

la

della flotta mondiale

le

via mare

ton.

sul pianeta è trasportata via mare

Previsioni al 2030 le tonnellate previste via mare


Marina Militare, con tutti i suoi uomini, per quanto ha fatto e continua a fare a tutela dei traffici marittimi e nell’interesse strategico generale della collettività. “L’esperienza vissuta dai nostri equipaggi nei 350 viaggi protetti dai Nuclei Militari è stata straordinaria. Ai due Marò sotto inchiesta in India, l’augurio di una prossima soluzione della vicenda, grazie al buon esito del nuovo – e più corretto – approccio internazionale che il Tribunale del Diritto del Mare sta delineando”. Riguardo alla crisi umanitaria del Mediterraneo, Emanuele Grimaldi ha ricordato che nell’ambito delle missioni Mare Nostrum e Triton, le navi mercantili hanno risposto alle chiamate di intervento per soccorrere i migranti in

2,2% del totale mondiale. Con navi più grandi, motori migliori e una differente gestione della velocità, lo shipping prevede che la riduzione di Co2 sarà pari al 50% entro il 2050, quando l’intera flotta mondiale sarà composta da super fuelefficient shipe si diffonderà ancor di più l’utilizzo di combustibili alternativi”. “Lo shipping è un settore responsabile: sui 100 miliardi di dollari complessivi all’anno ipotizzati per tale fondo, il contributo degli armatori potrebbe essere di circa 2,5 miliardi, da versare attraverso l’IMO e destinati alle politiche climatiche per il mare. Il principio “chi inquina paga” – modo di dire generico e astratto – va quindi sostituito con “chi inquina paga e paga per quanto inquina”.

CRISI UMANITARIA NEL MEDITERRANEO 2014 in

viaggi mercantili dirottati

oltre

è stato il più coinvolto, con quasi

persone salvate

2015

interventi nelle operazioni Search & Rescue.

altre persone salvate nei primi otto mesi difficoltà o in pericolo di vita con più di 1.300 viaggi dirottati, contribuendo al salvataggio di oltre 42.000 persone, un quarto dei 166.000 migranti tratti in salvo nel 2014, e di altre 15.200 nei primi otto mesi del 2015. L’armamento italiano è stato il più coinvolto, con quasi 270 interventi nelle operazioni Search & Rescue tra gennaio 2014 e settembre 2015. “Con evidenti difficoltà e rischi, equipaggi e navi, nonostante dotazioni di bordo inadeguate al grande numero di naufraghi, hanno risposto con prontezza alla richiesta di salvare vite in pericolo”. In merito alle problematiche ambientali, Emanuele Grimaldi ha ribadito che lo shipping sta da tempo facendo la sua parte per ridurre l’impatto della sua attività sull’ambiente, in particolare nell’ultimo decennio, contenendo le emissioni di Co2. “Infatti, nonostante l’aumento del commercio marittimo e nonostante le navi trasportino il 90% delle tonnellate miglia mondiali, dal 2007 lo shipping ha ridotto di oltre il 10% le emissioni Co2, che ora rappresentano solo il

A preoccupare non è solo il costo crescente per gli investimenti necessari all’adeguamento alle norme internazionali, ma anche l’incertezza dovuta ad una proliferazione di regole - internazionali, europee, nazionali e regionali

Emanuele Grimaldi - che spesso si sovrappongono, sono differenti a seconda delle aree geografiche e di difficile applicazione. In merito alla riforma portuale, Emanuele Grimaldi ha ricordato le proposte dell’armamento sottolineando peraltro come “l’indubbia importanza del settore portuale non debba far dimenticare la totalità della politica marittima e trasportistica del sistema Paese, del quale la portualità rappresenta un importante nodo infrastrutturale di un più ampio sistema logistico”. Su cabotaggio e short sea shipping il Presidente Grimaldi ha chiesto conferma al Ministro Delrio delle indiscrezioni sull’introduzione del “Marebonus” nel disegno di legge di stabilità. “Questo strumento contribuirebbe a sviluppare ulteriormente le autostrade del mare, alleggerendo il trasporto su strada a favore della modalità marittima, con grandi risparmi in termini di costi esterni per la collettività”. Riguardo alla situazione dell’industria armatoriale italiana il Presidente di Confitarma ha affermato che “il trasporto via mare di merci e passeggeri si conferma il comparto trainante del cluster marittimo italiano e uno dei set-

ECONOMIA MARITTIMA E FLOTTA ITALIANA di euro investiti in nuove navi nell’ultimo decennio

70,0% 60,0%

navi di età

50,0% 40,0% 30,0% 20,0% 10,0% 0,0%

0-10 anni

10-14 anni

15-19 anni

classi di età della flotta italiana

oltre 20anni


SHORTSEA SHIPPING, CABOTAGGIO E AUTOSTRADE DEL MARE SHORTSEA SHIPPING, CABOTAGGIO E AUTOSTRADE DEL MARE , a parità di merci e passeggeri trasportati, carico della collettivitàtrasportati, , a paritàa di merci e passeggeri a carico della collettività

fino al

fino al

fino al

fino al

essere semplice e chiaro, per consentirne all’Amministrazione una facile applicazione e alle imprese di competere efficacemente a livello internazionale. La scelta del Paese di registrazione di una nave si basa innanzitutto sui costi della bandiera. Purtroppo, i maggiori costi di quella italiana sono oggi da imputare alle stratificazione normativa, che rende spesso inefficace l’attività delle tante amministrazioni chiamate ad occuparsi del nostro settore”. Senza ignorare “best practice” come la collaborazione tra Ministeri degli Esteri e dei Trasporti e del Corpo delle Capitanerie di porto in materia di assistenza alle navi italiane all’estero: è un esempio efficace, pur in assenza di idonei strumenti normativi, il Presidente di Confitarma ha ribadito l’esigenza di adottare alcune norme di riordino che non comportano oneri a carico dello Stato e sono già state individuate in

lunga percorrenza e nelle crociere. tori economici più dinamici del Paese, Ciò che realmente riteniamo necesimportante fonte di reddito e occupasario, pena la perdita dei tanti risultati zione: in totale, i posti di lavoro legati positivi raggiunti, è da un lato salvaalle attività marittime sfiorano il mezzo guardare l’integrità del Registro Intermilione. Grazie agli oltre 15 miliardi di nazionale e dall’altro intervenire con euro investiti negli ultimi dieci anni per il RIFORMA DELLA PORTUALITÀ E DELLA LOGISTICA rinnovo del naviglio, la flotta è cresciuta in quantità e migliorata in qualità, con il 60% delle navi di età inferiore ai 10 RIFORMA DELLA PORTUALITÀ E DELLA LOGISTICA anni ed evidenti ricadute positive anche per l’occupazione. Bisogna riconoscere l’importanza del sostegno costante che le nostre Istituzioni hanno assicurato negli anni, consentendo agli armatori italiani di raggiungere questi risultati. Mantenere la posizione della nostra flotta in questi anni non è stato facile, ma è stato potenza economica del mondo possibile grazie al Registro Internazionale. “Oggi, la flotta mercantile italiana potenza economica del mondo è più che raddoppiata rispetto alla fine degli anni ’90 e, nonostante le riduzioni registrate negli ultimi anni di lunga crisi, è ancora pari a circa 17 milioni di tonnellate di stazza. Nello stesso peper la delle riodo, anche l’occupazione marittima è aumentata del 59%, dato ancor più per la delle rilevante se si pensa che gli occupati dettaglio da anni e di colmare al più energia ai fini di un’ampia e concreta a livello nazionale sono aumentati solo presto il gap informatico del Paese, semplificazione normativa. del 5%. Dall’inizio della crisi del 2008 “che fatalmente tocca anche la nostra Ricordando che nel confronto con le ad oggi l’occupazione marittima è auPubblica Amministrazione”. altre bandiere europee, le navi italiane mentata del 12,7% mentre l’occupazioInfine, Emanuele Grimaldi, ha afferhanno un costo aggiuntivo derivante da ne in ambito nazionale è diminuita del mato che parte essenziale della cura procedure farraginose, che può supe3,5%. Negli anni, il Registro Internaziodell’acqua, annunciata di recente dal rare i 100.000 dollari l’anno per nave, nale è stato migliorato, con misure che Ministro Delrio per rilanciare la politica il Presidente Grimaldi ha chiesto con hanno consentito di equiparare i costi L’IMPORTANZA dei trasporti in Italia “sono proprio le forza di valorizzare il ruolo dell’Ammidi esercizio delle navi italiane a quelli navi”. nistrazione dedicata alle problematiche deiDEL principali competitorL’IMPORTANZA stranieri, anREGISTRO INTERNAZIONALE ITALIANO “Da anni sosteniamo l’importanza del marittime “Il sistema delle regole deve che nei collegamenti di cabotaggio di ruolo della flotta per il Paese e quindi la DEL REGISTRO INTERNAZIONALE ITALIANO L’IMPORTANZA necessità di mantenere l’impianto che, L’IMPORTANZA sia nelle autostrade del mare sia nei DEL REGISTRO INTERNAZIONALE ITALIANO traffici internazionali, consente alla noDEL REGISTRO INTERNAZIONALE ITALIANO stra flotta di crescere e di restare competitiva. La novità è che, per questo obiettivo, il Registro internazionale italiano è condizione necessaria ma, da solo, non è più sufficiente. Signor Ministro – ha concluso Emanuele Grimaloccupazione di, presidente di Confitarma - la “cura dell’acqua” per avere successo ha bioccupazione sogno di un’Italia “shipping friendly”. Carolina Sinnopoli

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armamento / porto&diporto

E’

Cluster marittimo e sviluppo in Italia

stato presentato il V Rapporto sull’economia del mare che la Federazione del sistema marittimo italiano realizza assieme alla fondazione Censis, una volta di più scelta per assicurare autorevolezza e continuità allo studio. Questa edizione vede il concorso della Direzione generale per la Vigilanza sui porti ed il trasporto marittimo del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, concorso che conferma il carattere di punto di riferimento del Rapporto. Era vent’anni fa, quando uscì il primo di questi rapporti, frutto di una nuova iniziativa quale era la Federazione, che univa le principali componenti private dell’economia marittima italiana per definirne la dimensione in termini di va-

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lore della produzione e di occupazione. Si trattava di uno dei primi esperimenti in Europa di dare voce unitaria a quello che oggi tutti chiamano cluster marittimo, oggetto ormai di specifiche politiche dell’Unione. Da allora, molte cose sono cambiate: nel Rapporto sono state considerate anche le attività marittime istituzionali (Marina Militare, Guardia costiera, Autorità portuali, istituti di previdenza e assistenza), che completano un quadro realistico del nostro cluster; è cambiata la dimensione della produzione e dell’occupazione delle attività marittime: da una produzione pari a 21 miliardi di euro si è passati a quasi 33 miliardi; l’occupazione è passata da 120mila addetti diretti e 190mila indiret-

ti a rispettivamente 170mila e 300mila. E’ una crescita del settore del 55%, pur rallentata dalla lunga crisi finanziaria ed economica, che ha ovviamente toccato pesantemente attività molto integrate nel commercio mondiale. Come risulta dal Rapporto, attualmente il cluster marittimo italiano, tra le sue componenti industriali, manifatturiere o terziarie, e quelle istituzionali, produce in un anno quasi 33 miliardi di euro, pari al 2% del Prodotto interno lordo nazionale, e dà lavoro a circa 500mila addetti, tra diretti e indiretti. La navigazione mercantile costituisce il fulcro attorno al quale ruota l’economia marittima. Considerato l’insieme delle attività ad essa dedicate – quindi non solo l’industria armatoriale dei tra-


Da sinistra Ugo Salerno, Paolo d’Amico, Alessandra Grimaldi

sporti marittimi, ma anche quella navalmeccanica e quella portuale (con tutte le funzioni ad essa legate, di amministrazione, di agenzia e intermediazione marittima, di logistica e spedizione, di movimentazione e stoccaggio, di certificazione e assicurazione, di servizio tecnico-nautico, etc.) – la produzione annua è oggi superiore a 22 miliardi di euro, con un’occupazione diretta di 84mila addetti e di altri 170mila nell’indotto. Una crescita in quasi vent’anni del 55% per il Pil e del 60 % per l’occupazione. Si aggiungono poi la nautica, con 4,5 miliardi di contributo al Pil ed un occupazione totale di 97mila addetti, la pesca (4,8 miliardi e 56mila addetti), le attività marittime istituzionali (4,5 miliardi di euro e 64mila addetti). Quella italiana è anzitutto una economia di trasformazione, dove le materie prime, di cui il nostro paese è molto povero per gli standard attuali, arrivano da fuori (per lo più da altri continenti) per essere qui processate in semilavorati e prodotti finiti e quindi destinate ad altri mercati in Europa e nel mondo. Ed è anche un’economia in cui il turismo

interno e internazionale gioca e giocherà sempre di più un ruolo chiave nello sviluppo. Ma l’impatto delle attività marittime sull’economia va oltre gli aspetti più strettamente legati alla loro dimensione trasportistica e si rivolge direttamente ai settori produttivi. Faccio solo qualche esempio. Il cluster marittimo industriale spende annualmente in acquisti oltre 19 miliardi di euro: 3 miliardi e 600 milioni di euro in prodotti della raffinazione del petrolio, 1 miliardo e 870 milioni in servizi di noleggio, leasing, attività finanziarie e assicurative, 1 miliardo e 520 milioni in prodotti metallici e metallurgici, 980 milioni in componenti per mezzi di trasporto, 650 milioni in prodotti alimentari e bevande, 610 milioni in apparecchiature meccaniche ed elettriche, 480 milioni nei computer e nei servizi connessi, 460 milioni in servizi di vigilanza e di supporto agli uffici, 360 nelle attività immobiliari, 340 milioni nelle agenzie di viaggio, 265 milioni di euro nel settore delle costruzioni, 260 milioni in prodotti chimici, milioni in telecomunicazioni, 240 in mobili e altri manufatti, 220 in prodotti di plastica, (e qui ci fermiamo) Per costi di distribuzione, in buona parte relativi a pesce diretto a ristoranti e industria alimentare, quasi 2 miliardi di euro. C’è poi il grande capitolo delle attività professionali: 760 milioni di servizi legali, di contabilità, di architettura e di ingegneria. E quello, altrettanto importante, degli acquisti di beni e servizi effettuati

da diportisti e croceristi al di fuori del settore marittimo, valutati in oltre 2 miliardi di euro. A ciò si ricollega l’idea del “moltiplicatore” cioè dell’impatto che le attività marittime hanno sullo sviluppo economico, sia in termini di produzione che di occupazione. Il primo, il moltiplicatore del reddito, è pari a 2,63: vale a dire che ogni milione di euro di domanda di beni o servizi marittimi, o di spesa per investimenti, o di esportazioni attiva più di 2,6 milioni di euro in tutto il sistema economico, 1,6 dei quali in attività altre rispetto a quelle marittime. E’ un indice che sale a 4,1 nell’attività armatoriale dei trasporti marittimi, 4,5 nella cantieristica, a 3,7 nella nautica da diporto (incluso il turismo ad essa legato). Il secondo, il moltiplicatore dell’occupazione, è uguale a 2,77: il che significa che 1.000 nuovi addetti nel sistema marittimo, comportano l’occupazione di 2.770 addetti nel sistema economico generale, di cui 1.770 al di fuori delle attività marittime. Anche qui il coefficiente varia settore per settore e raggiunge 4,7 e 6,9 rispettivamente nei trasporti marittimi e nella nautica da diporto (inclusa la spesa turistica di croceristi e diportisti), il 3,6 nella cantieristica ed è di oltre 10 per le Autorità portuali. Sono dati significativi ed esprimono in termini matematici una realtà che spiega la presenza della Federazione qui a Milano, fuori dai territori che si affacciano sul mare, ma nel principale centro economico e finanziario del Paese: il fatto cioè che il mondo marittimo sia un driver di sviluppo anche per il resto dell’economia. Un aspetto da sottolineare è l’ammodernamento del sistema marittimo intervenuto in questi anni: un ammodernamento che, in un sistema fortemente regolato com’è quello marittimo, è dipeso da un processo di riforma che

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ha reso competitivi con i concorrenti la flotta mercantile italiana e i nostri porti. Particolarmente fruttuosa è stata la riforma della navigazione internazionale: essa ha reso disponibili risorse per investimenti che hanno portato la flotta a raddoppiare ed a rinnovarsi. Oggi la flotta italiana è tra le principali al mondo (la terza dei grandi paesi riuniti nel G20) e supera i 17 milioni di tonnellate di stazza, con posizioni di assoluto rilievo nei settori più sofisticati (ro-ro, navi da crociera, navi per prodotti chimici). Dopo la riforma sono stati investiti oltre 35 miliardi di euro nella costruzione di nuove unità navali. Quella della navigazione internazionale è l’esempio di una riforma che ha funzionato, restituendo competitività a un settore ed è stata poi estesa alle crociere, al cabotaggio maggiore, alla nautica, alla pesca. Ovunque essa ha portato ad investimenti, con ricadute spesso di grande rilievo: sulla specializzazione dei nostri cantieri nelle grandi navi da crociera, un settore nel quale sono oggi leader mondiali, e in quelle da trasporto passeggeri; su quella dell’industria nautica nei maxi-yacht, ove l’Italia si contende con gli Stati Uniti la posizione di primo produttore del mondo; sulla pesca marittima, pur ormai orientata verso l’acquacoltura. Altrettanto importante la riforma dei porti

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del 1994, riforma che ha consentito all’Italia di qualificarsi a lungo in Europa come primo importatore ed esportatore via mare, ma che sta perdendo di efficacia. Nel 2014 sono passate per i porti Italiani 195 milioni di tonnellate di merci: un - 9% rispetto a due anni prima e un nuovo calo di traffico per i nostri scali marittimi, i quali nell’ultimo decennio perdono più di un quinto del loro import-export: in parte ciò è dovuto al ridursi dell’attività economica, ma in parte è anche legato ad una perdita di competitività, alla quale il nuovo Piano strategico della portualità e della logistica dovrà porre rimedio. Lasciamo ad altri il primo posto in Europa, a lungo detenuto, dato che i sistemi portuali di altri paesi (Paesi Bassi, Regno Unito e Spagna) ora ci sopravanzano. L’Italia resta però la prima meta per i passeggeri, con 11 milioni di movimenti di crocieristi e altri 47 milioni di viaggiatori, che testimoniano il ruolo che i nostri scali rivestono nel dare slancio all’industria del turismo e nell’assicurare la continuità territoriale del Paese. Per mantenere una posizione di avanguardia è sempre più necessario un adeguato sviluppo delle infrastrutture e della logistica, in modo da assicurare trasporti celeri, efficaci ed economici tra le aree nazionali od europee e quella grande porta sul mondo che è

il mare. Dato il rilievo del nostro cluster, si deve richiamare anche ad un efficace coordinamento amministrativo in materia marittima, dando così risposta ad una questione quanto mai sentita da quando le competenze marittime sono state progressivamente disperse tra più amministrazioni. L’auspicio della Federazione del Mare è una adeguata attenzione al settore in sede politica e che una catena di comando ben funzionante si faccia carico dei problemi e porti la soluzione così individuata alla sua attuazione legislativa e amministrativa in tempi ristretti, conformi agli standard internazionali caratteristici del mondo marittimo. Paolo d’Amico Presidente della Federazione del Mare


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armamento / porto&diporto

Modifiche in arrivo per la Tonnage Tax italiana A

nche se il provvedimento non è stato inserito dal Governo Renzi nella prossima Legge di Stabilità, le modifiche al regime della Tonnage Tax che Bruxelles dalla scorsa primavera ha chiesto a Roma dovranno comunque essere apportate entro breve. Si tratta di uniformare la normativa italiana a quella degli altri Paesi europei e dunque consentire l’accesso alle agevolazioni previste da questo regime anche alle navi battenti bandiere di altri stati comunitari (non solo italiana com’è stato finora). Secondo uno studio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, negli ultimi anni si è ridotta la dimensione del naviglio battente bandiera italiana sia per numero di navi, sia per tonnellaggio. Nel solo 2014 le navi del registro internazionale sono diminuite di 59 unità e quelle del registro ordinario di 15, per un totale di 74 (-4,9%). Se si considera anche il 2013, il numero delle navi perse arriva a 101. Una perdita significativa che comporta circa 500 posti di lavoro in meno per i marittimi italiani e una ricaduta negativa anche sull’indotto. Secondo le ultime statistiche presentate da Confitarma (la Confederazione italiana degli armatori) al 31 dicembre scorso le navi battenti bandiera italiana erano 1.503 (in calo rispetto alle 1.564 del 2013): 273 navi da carico liquido, 202 navi da carico secco, 440 navi miste e passeggeri, 587 navi per servizi ausiliari e una Obo (portarinfuse polivalente). Rispetto all’anno precedente si è assistito a una riduzione dell’8% nel tonnellaggio di stazza e del 4% nel numero di navi. Il 93% del tonnellaggio italiano è iscritto nel Registro Internazionale che, insieme al regime di tassazione della Tonnage Tax, è considerate dall’armamento italiano il pilastro di una politica marittima efficace ed espansiva. Dopo le preoccupazioni sollevate recentemente anche dai sindacati dei marittimi, il tema delle modifiche alla Tonnage tax è stato al centro di un incontro intitolato “Il cluster armatoriale come fattore di rilancio dell’economia nello scenario internazionale” promosso dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili. L’armamento italiano era rappre-

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sentato da Angelo D’Amato, amministratore delegato di Perseveranza di Navigazione nonché presidente della commissione Navigazione Oceanica e membro del comitato esecutivo di Confitarma, che sul tema si è espresso dicendo: «L’industria armatoriale italiana ha subito questa decisione della commissione Europea, è un qualcosa che non dipende da noi. Ci viene imposto e l’Italia deve uniformarsi». Il riferimento, come spiegato nel dettaglio dall’avvocato Giuseppe Loffreda (studio Gianni Origoni Grippo Cappelli & partners), è al “flag limit” per cui l’Italia sinora limitativa i benefici della Tonnage Tax alle navi battenti bandiera italiana mentre da domani potranno beneficiarne anche le unità battenti altre bandiere comunitarie. L’esperto avvocato marittimista ha ricordato che «il nostro Paese può vantare una flotta di circa 1.500 navi e di queste il 93% è iscritto nel Registro Internazionale. Praticamente tutte le società armatoriali italiane, inoltre, nei mesi scorsi hanno deciso di rinnovare la richiesta di poter accedere ai benefici della Tonnage Tax che scadevano quest’anno dopo i primi 10 anni di applicazione». Sul rischio di una diaspora di armatori italiani verso altre bandiere estere con conseguenti riflessi sui marittimi italiani, Angelo D’Amato ha detto: «Non

penso ci sarà questa temuta emorragia di navi verso altre bandiere estere e quindi nemmeno un significativo impatto sull’occupazione. Una riduzione del naviglio battente bandiera italiana è in atto già da tempo ma questo per ragioni differenti (per le ristrutturazioni aziendali in corso, ndr) che nulla hanno a che fare con la Tonnage Tax». Il numero uno di Perseveranza di Navigaizone prova anche a guardare il bicchiere mezzo pieno sottolineando che «le modifiche che saranno apportate potranno anche produrre un effetto di attrazione di società estere verso l’Italia». Secondo alcuni esperti del settore, nonostante la convenienza fiscale della Tonnage Tax italiana, registrare una nave ad esempio nella vicina Malta comporta risparmi annui quantificabili in almeno 100 mila dollari per ragioni gestionali legate alla sicurezza, al personale navigante, a questioni amministrative, ecc. In molti se ne sono accorti e hanno già iniziato a trasferire le proprie navi sull’isola negli ultimi tempi (in primis Augustea). Il tema delle modifiche al regime agevolato della Tonnage Tax è stato al centro anche dell’ultima assemblea di Confitarma durante la quale il presidente Emanuele Grimaldi ha detto che «il Registro internazionale italiano


è condizione necessaria ma, da solo, non è più sufficiente per mantenere in Italia la flotta mercantile attuale». Grimaldi ha poi aggiunto che «mantenere la posizione della nostra flotta in questi anni non è stato facile ma è stato possibile grazie al Registro Internazionale. La flotta italiana attualmente è la seconda in Europa e la quarta al mondo (non considerando bandiere di comodo come Panama e Liberia, ndr). Oggi la flotta mercantile italiana è più che raddoppiata rispetto alla fine degli anni ‘90 e, nonostante la riduzione degli ultimi anni, è ancora pari a circa 17 milioni di tonnellate di stazza». ABBTC_ADHALFPAGE_ENGINEER_ITGVA 09.02.11 Sul temuto rischio di una diaspora di

società armatoriale italiane dal Paese, il numero uno di Confitarma ritiene che queste preoccupazioni siano eccessive e si dice certo che «non ci sarà nessuna fuga all’estero di navi italiane perché la nostra Tonnage Tax continua a convenire grazie agli sgravi fiscali e contributivi garantiti». Ciò nonostante durante l’assemblea della Confederazione è stato fatto notare al ministro dei trasporti Graziano Delrio che «nel confronto con altre bandiere europee, l’Italia ha un costo aggiuntivo derivante da procedure farraginose che può superare i 100.000 dollari a nave». Quello che chiede l’ar11:39 Seite 1 mamento italiano è dunque un’ampia

e completa semplificazione normativa tramite alcune norme di riordino che non comportano oneri a carico dello Stato. Ad esempio: le procedure per l’iscrizione e cancellazione delle navi nei registri, le formalità di arrivo e partenza delle navi nei porti, il rilascio di certificati di sicurezza all’estero, le norme in tema di sorveglianza sanitaria marittima e l’approvazione di un nuovo regolamento sul trasporto passeggeri che sostituisca il Regio Decreto del 1890. Insomma che l’Italia dimostri ancora una volta di essere un nazione “shipping friendly” per usare una definizione di Grimaldi. Nicola Capuzzo

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Rilevanza socio-economica del short sea shipping I

l 22 ottobre 2015 a Roma, dopo l’Assemblea annuale della Confederazione Italiana Armatori, sono stati presentati due Studi curati dalla Commissione Navigazione a Corto Raggio di Confitarma, presieduta da Roberto Martinoli. Nel trasporto merci, l’Italia è il secondo paese dell’Unione Europea e il primo nel Mediterraneo nei traffici shortsea shipping. Con la Grecia, ha il primo mercato d’Europa per passeggeri movimentati. “Attraverso questi studi – spiega Roberto Martinoli, Presidente della Commissione Navigazione a Corto Raggio di Confitarma – abbiamo voluto far emergere il peso e l’importanza di un settore, quello che potremmo definire lo “Short Sea Nazionale”, che impiega circa 20.000 addetti diretti, genera un giro d’affari di quasi 5 miliardi di euro ed ha un costo diretto ed indiretto inferiore rispetto al trasporto stradale e ferroviario. Le Autostrade del mare e gli altri servizi marittimi muovono ogni anno in Italia circa 40 milioni di passeggeri e offrono ogni giorno una stiva di oltre 120.000 metri lineari, equivalenti a 800 Km di ‘strade galleggianti’ che si aggiungono ai 6.700 km della rete autostradale italiana. Numeri, questi, che pongono l’Italia al secondo posto tra i Paesi dell’Unione Europea per tonnellate di merci movimentate dai porti nazionali e al primo per numero di passeggeri trasportati”.

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“Un’industria complessa, variegata ed importante ma, paradossalmente – ha concluso Roberto Martinoli - poco conosciuta ed analizzata proprio nel Paese il cui territorio, con le sue navi ed i suoi uomini, contribuisce fortemente a collegare, unire e far crescere ogni giorno.” Oliviero Baccelli, Università Bocconi di Milano, ha illustrato lo Studio sulla rilevanza socio-economica dei servizi di trasporto marittimo di corto raggio realizzato in-house dalla struttura Confitarma: dallo Studio emerge innanzitutto che, nonostante la crisi economica degli ultimi anni che ha portato ad una disoccupazione nazionale pari al 13% all’inizio del 2014, il trend dell’occupazione marittima è del tutto anticiclico: infatti, a bordo delle navi prese in esame dallo Studio, che in gran parte risultano iscritte nel Registro Internazionale, il numero degli occupati è aumentato negli ultimi tre anni del 4,7%. Un settore che in molte realtà (ad esempio le isole minori con 20 milioni di passeggeri trasportati all’anno) rappresenta un elemento ineludibile della quotidianità sociale. Alcuni dati sono indicativi in tal senso: due regioni, Campania e Sicilia, movimentano la metà dei passeggeri in navigazione nazionale e cinque regioni, le prime due insieme a Toscana, Sardegna e Calabria, l’86%. Flavio Marangon, D’Appolonia Spa, ha illustrato il secondo Studio, relativo

all’impatto ambientale comparato della navigazione a corto raggio”, che raffronta i costi sociali ed ambientali del trasporto marittimo, su quattro linee di autostrade del mare, con quelli delle modalità di trasporto concorrenti: gomma e ferro. Lo studio, realizzato da D’Appolonia su incarico della Commissione Navigazione a Corto Raggio di Confitarma, analizza i costi diretti ed indiretti del trasporto marittimo, autostradale e ferroviario su tre tratte: rotta lunga tirrenica, rotta breve tirrenica e rotta internazionale. L’analisi dei costi di trasporto - che considera fattori come incidentalità, rumore, congestione, tempi di percorrenza, emissioni e costi di trasporto - ha evidenziato come in termini economici per la collettività, la modalità marittima è il mezzo di trasporto che complessivamente ha un costo diretto ed indiretto inferiore su tutte le tipologie di collegamento analizzate a prescindere dalla tipologia di nave utilizzata, sia essa un traghetto tutto-merci o misto passeggeri e merci. A parità di merci e passeggeri trasportati, il maggior costo complessivo derivante dall’utilizzo della strada rispetto alla modalità marittima è risultato essere compreso tra il 70% e il 220%. Mentre la ferrovia ha costi maggiori della nave con valori compresi tra l’8% e il 60%. Sandro Minardo


federazione / porto&diporto

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shipping / porto&diporto

Da Venezia partono le eccellenze made in Italy La nave Ocean Globe ha imbarcato una gigantesca gru di banchina ideata e costruita a Padova con destinazione Texas per uno dei principali porti americani

E’

partito dalle banchine del terminal Multi Service di Venezia, specializzato in breakbulk e colli eccezionali, uno dei più grandi project cargo mai partito dallo scalo lagunare. Nel corso degli ultimi tre mesi sono infatti giunti via camion a Porto Marghera da Limena (Padova) tutte le componenti per assemblare una gigantesca gru di banchina (shiploader) utilizzata per caricare minerale di ferro alla rinfusa su grandi navi classe Panamax; una macchina con un braccio di carico alto fino a 50 metri e dal peso complessivo di 500 tonnellate. La gru è stata ideata dal Gruppo Bedeschi di Limena, società specializzata nella costruzione e progettazione di grandi impianti per l’industria dei laterizi, dei cementifici e della logistica portuale; è destinata al porto di Corpus Christi in Texas (USA), il sesto scalo americano per movimentazione merci situato nel Golfo del Messico. La commessa è stata richiesta dal gruppo austriaco Voestalpine, operativo a livello mondiale nel settore della tecnologia e delle produzioni industriali basate

sull’acciaio, e che proprio a Corpus Christi ha un impianto siderurgico con relativa banchina. Per la prima volta, viste le dimensioni eccezionali del manufatto, è stato necessario saldare e assemblare le diverse componenti della gru direttamente in banchina con carrelli autopropulsi e speciali mezzi di sollevamento per trasferirlo all’imbarco. Dopo oltre 100 giorni dedicati al delicato montaggio delle parti e ai test di funzionamento a vuoto, la gigantesca gru è stata trasferita sotto bordo issata su una speciale nave da carico autosollevante capace di compensare (imbarcando acqua nei serbatoi) il peso del manufatto, ed è partita sulla nave Ocean Globe (Intermarine, 166 metri di lunghezza per 8 metri di pescaggio) battente bandiera americana, con la spedizione organizzata dalla Comotto Stefano srlu, azienda italiana del Gruppo UTC Overseas con sede a Houston (Texas). Un’operazione complessa che solo per trasferire, issare e mettere in sicurezza il manufatto principale sulla nave ha richiesto oltre due giorni di lavoro.

Un successo per lo scalo veneziano che si conferma leader nella gestione dei trasporti eccezionali (Project Cargo), i pezzi “oversized” sono spesso componenti o prodotti a tecnologia avanzata ed alto valore aggiunto che derivando da un settore economico di rilevanza nazionale nei settori dell’impiantistica, della siderurgia e della cantieristica e che da Venezia possono raggiungere i mercati internazionali dove le produzioni Made in Italy sono particolarmente richieste. Il Porto di Venezia per la particolare conformazione del territorio (strade con pendenze nulle, zero gallerie e carreggiate regolari) e per l’expertise raggiunta dai suoi operatori, è diventato negli anni leader europeo per questo particolare settore di traffico coprendo una vasta area produttiva che coinvolge tutta l’Europa Centrale. Mediamente in un anno a Venezia sono movimentati 900 colli eccezionali dal peso totale di 80mila tonnellate, il valore medio dei pezzi imbarcati a Venezia si aggira attorno ai 900 milioni di euro l’anno. Italo Merciati


ferrovie / porto&diporto

Linea Av/Ac Napoli - Bari Al via i nuovi lavori

A

Michele Mario Elia

vviati i cantieri delle opere civili necessarie per il potenziamento infrastrutturale e tecnologico dell’itinerario Alta Velocità/ Alta Capacità Napoli – Bari, in linea con l’iter dei lavori indicato dal decreto Sblocca Italia. E’ la prima fase degli interventi programmati. Da ottobre 2016 saranno poi avviati i principali cantieri. All’avvio dei lavori erano presenti il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio e i presidenti delle Regioni Campania e Puglia, Vincenzo De Luca e Michele Emiliano. Durante l’incontro il commissario straordinario di Governo e amministratore delegato del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, Michele Mario Elia, ha illustrato la tempistica dei lavori sottolineando la necessità del continuo confronto con gli Enti locali interessati. L’itinerario AV/AC Napoli – Bari – Lecce - Taranto, inserito nella rete Trans European Network (TEN-T), consentirà di integrare l’infrastruttura ferroviaria del Sud-Est, in particolare la Puglia e le province più interne della Campania, con le direttrici di collegamento al Nord del Paese e con l’Europa. A opera completata sarà sensibile la riduzione dei tempi di viaggio. Solo tre ore fra Roma e Bari, contro le attuali quattro, e due ore fra Napoli e Bari, rispetto alle attuali tre ore e 40 minuti, incremento della

capacità di traffico, aumento dell’offerta di trasporto, sviluppo dell’interscambio modale (ferro/ferro e ferro/gomma) per gli spostamenti fra le grandi aree metropolitane del Sudest, sostenibilità ambientale: sono questi i principali benefici che si otterranno a conclusione dei lavori programmati. Senza dimenticare il significativo impatto sociale previsto, in termini di ricaduta occupazionale: per i primi interventi è stimato l’impiego medio di 2.200 uomini/mese, di cui 2mila occupati nella realizzazione delle opere e 200 nell’indotto. L’asse ferroviario Napoli – Bari ha anche un ruolo fondamentale per lo sviluppo del Mezzogiorno poiché connette due aree che da sole raggiungono una quota di oltre il 40% della produzione di mercato nel Meridione. Il costo complessivo a vita intera dell’opera è stimato in circa 6,2 miliardi di euro. Variante Napoli - Cancello Nel comune di Acerra, in località Gaudello, sarà realizzata la nuova viabilità. La variante Napoli - Cancello (15,5 km) è il primo segmento dell’itinerario AV/AC Napoli - Bari. Inserita nella nuova stazione AV Napoli Afragola garantirà l’integrazione delle linee convenzionali della Campania con il sistema AV/ AC nazionale. Raddoppio e velocizzazione Cancello - Frasso Telesino Nel comune di Dugenta (BN) sarà realizzato il nuovo cavalcavia e la viabilità stradale alternativa per eliminare definitivamente il passaggi a livello di

via Calabroni. Raddoppio e velocizzazione Frasso Telesino - Vitulano Il commissario di Governo ha già interessato il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per ottenere la copertura finanziaria per avviare il primo lotto funzionale. Gli interventi prevedono il raddoppio e la velocizzazione, fino a 180 km/h, della linea (circa 30 chilometri). Il Contratto di programma 2012-2016 prevede la suddivisione del progetto in tre lotti funzionali. Raddoppio Apice - Orsara E’ in corso di valutazione lo studio di fattibilità per massimizzare la velocità di tracciato e ridurre, per quanto possibile, tempi di realizzazione e costi degli interventi. I lavori prevedono il raddoppio ferroviario fra Apice e Orsara (circa 48 chilometri). L’opera sarà realizzata per lotti costruttivi; al momento è finanziato solo il primo lotto costruttivo Apice-Irpinia. Raddoppio Orsara - Bovino Completato lo studio di fattibilità. E’ in corso la sua valutazione per massimizzare la velocità di tracciato e ridurre, per quanto possibile, tempi di realizzazione e costi degli interventi. Raddoppio Cervaro - Bovino I lavori per il raddoppio sono stati consegnati il 20 luglio 2015. L’attivazione è prevista entro marzo 2017. Bretella di Foggia. A luglio 2015 è stata attivata la bretella ferroviaria di Foggia. Sandro Minardo

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“Nineta monta in gondola che mi te porto al Lido…..”

“N

ineta monta in gondola che mi te porto al Lido … mi no che no me fido ti xe massa un impostor…” Anche così, con questa classica canzoncina indigena, Venezia si è proposta col suo glamour e con le sue tranquille acque lagunari al mondo intero. Gondola, gondoliere, canali e bacino di San Marco sono ancor oggi le preziose icone per quei circa 30 milioni di turisti che la visitano. Sono l’emblema di un’indimenticabile, “più o meno serenissima vacanza“ nella città di San Marco dove, invece, si è scatenata da qualche anno e continua una vera e propria battaglia navale tra favorevoli e contrari al passaggio delle grandi navi per il bacino di San Marco e il canale della Giudecca con destinazione Marittima mentre le tante, forse troppe, proposte progettuali per nuove soluzioni compatibili con l’ecosistema lagunare e la salvaguardia della Città continuano a far discutere i vari fronti cittadini. L’ultima, in ordine di tempo, dopo quelle della Duferco sostenuta da Cesare De Piccoli per un nuovo ter-

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minal alla bocca di porto di Lido, quella dell’Autorità Portuale con l’escavo del canale Contorta Sant’Angelo che avrebbe portato dalla bocca di porto di Malamocco dritto dritto alla Marittima, quella del retro Giudecca parallela all’attuale canale per evitare l’attraversamento del Bacino di San Marco a suo tempo sostenuta dalla stessa Venezia Terminal Passeggeri (VTP) con il Comitato Cruise Venice e poi abbandonata per sostenere il Contorta Sant’Angelo e, infine, quella del nuovo Terminal a Marghera, oggi nasce il nuovo progetto Costa/Brugnaro, dopo l’accordo tra il presidente dell’Autorità Portuale Paolo Costa e il neoeletto sindaco di Venezia Luigi Brugnaro (n.d.r. che già lo presentò qualche anno fa quand’era presidente dell’Associazione Industriali). Una nuova proposta progettuale che ora inizia il suo lungo iter tra i meandri dei vari enti che la potrebbero definitivamente approvare e che sarà realizzata, ovviamente, solo se ci sarà il definitivo via libera del governo dopo il parere dei vari ministeri competenti.

Il nuovo progetto, realizzato dall’Autorità Portuale, denominato “Tresse nuovo”, dall’omonima, esistente isola che verrebbe tagliata in due dal nuovo canale, potrebbe essere realizzato in soli 20 mesi per un costo previsto di 140 milioni di euro con l’escavo di 2,7 milioni di mc. di fanghi più o meno inquinati dei quali 1,8 milioni sarebbero deposti per il refluimento in barena, 870 mila depositati sulla stessa isola delle Tresse ed il resto, i più inquinati, nel Vallone Moranzani. Si tratta del canale “Tresse nuovo”, 1200 m. di lunghezza, 120 di larghezza e 10,50 m. di profondità che consentirebbe, utilizzando un tratto di navigazione lungo l’esistente canale Malamocco - Marghera di collegare quest’ultimo al canale Vittorio Emanuele per approdare, senza intoppi, alle banchine della Marittima evitando così il passaggio delle grandi navi per il bacino di san Marco. Ma mentre la rotta per mantenere il traffico crocieristico alla Città, per certi versi, col nuovo progetto sembrerebbe tracciata, un recentissimo, ennesimo si-


Il nuovo progetto Costa/Brugnaro salverà il turismo nautico lagunare? Tra ombre, luci e fango un “nastrino d’argento” a -10.50 m., 2,7 milioni di fango da scavare, 140 milioni di euro, 20 mesi di lavori: ecco a voi il “Tresse nuovo”! luro sulla crocieristica a Venezia arriva fresco fresco dalla MSC che annuncia per il 2016 il 40% di traffico in meno per le banchine dogali mentre, allo stesso tempo, altre importanti compagnie di navigazione sembrano restie a soddisfare la reiterata richiesta di un contributo finanziario straordinario alla Città fatta alle stesse dal Sindaco Brugnaro per non parlare poi di alcune unità della Costa e di altre compagnie che hanno dirottato le proprie navi su Trieste e, come è già avvenuto, in caso di forte Bora, su altri porti viciniori dell’altra sponda dell’Adriatico. Allo stato dell’arte il quadro della crocieristica veneziana sembrerebbe trasformarsi in un “landscape a tinte fosche,” poche luci e tante ombre in una visione d’insieme che vede il decremento del traffico, il rischio per oltre 5000 posti di lavoro e, tra le tante incertezze che ne penalizzano lo sviluppo, il deprezzamento complessivo del sistema crocieristico lagunare proprio quando si lancia il bando di gara internazionale per la vendita della maggioranza della Venezia Terminal Passeggeri. Dunque in quella che alcuni decenni fa Vladimiro Dorigo definì in una sua dotta pubblicazione “Una laguna di chiacchiere”, un volumetto relativo ai tanti progetti e alle alterne e spesso contradditorie posizioni sullo sviluppo industriale del porto nella terraferma veneziana, oggi, in quella stessa la-

guna, stiamo assistendo a pochi fatti contro un fiume in piena di esternazioni di quanti hanno comunque a cuore, per amore alla città o per interesse istituzionale, la sua valorizzazione anche grazie al traffico crocieristico. Intanto, canticchiando “Nineta monta in gondola che mi te porto al Lido …mi no che no me fido ti xe massa un impostor” stavolta sono anche quegli stessi gondolieri a temere l’impostor, cioè “chi falsifica o deforma la verità, approfittando della credulità altrui, per trarne vantaggio” in una battaglia navale per ora senza vinti né vincitori, e a protestare contro un’indiscutibile certezza: il devastante moto

ondoso, non certo quello inesistente delle grandi navi ma quello dei tanti mezzi di trasporto, pubblici e privati che sfrecciano nottetempo ma che, a onor del vero va detto, comunque restano indispensabili per far conoscere, dalla sua “acqua”, l’irripetibilità della Serenissima anche a quei circa 2 milioni di crocieristi che fino a qualche anno fa sono approdati alle banchine della Marittima ben consci che il valore aggiunto di quella crociera era proprio il vivere, anche solo per qualche giorno, tra canali, calli, campielli e, a San Marco, l’unica, vera, millenaria piazza della Città. Massimo Bernardo

“Questo progetto, che per la prima volta viene presentato come proposta univoca della città – ha affermato il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro – lo avevamo già illustrato in campagna elettorale e abbiamo voluto dettagliarlo per far vedere realmente a tutti quale sarà il percorso, che non prevede alcun impatto ambientale o paesaggistico. Il primo cittadino ha poi ricordato che tutti i dubbi circa i fanghi inquinati non hanno ragione d’essere in quanto il materiale di escavo verrà posto in appositi luoghi dedicati, e l’escavo stesso sarà fatto con innovative tecniche a secco, per evitare la dispersione in acqua degli eventuali inquinanti. I veneziani hanno già deciso il tracciato dandoci il voto. Noi, con l’acqua ci sappiamo fare, in quanto ci conviviamo da oltre mille anni ed abbiamo in città maestranze eccezionali che sono capaci di fare cose straordinarie. Ora aspettiamo, dalla legge di stabilità, che il Governo ci dia un segnale chiaro riconoscendo la nostra specialità. Noi, da parte nostra, vogliamo salvaguardare 5mila posti di lavoro, rilanciare la nostra economia e con essa Porto Marghera, e ricordare al Governo che Venezia è un’Expo vivente, che può dare molto all’Italia e a tutta l’Europa”.

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infrastrutture / porto&diporto

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Lentezze burocratiche ed irresponsabilità amministrativa continuano ad uccidere il comparto delle costruzioni

ritardi nella realizzazione delle opere pubbliche continuano a rivelarsi tra le più gravi criticità che affliggono il settore dell’edilizia soprattutto negli ultimi anni caratterizzati dal crollo degli investimenti pubblici in particolar modo nelle regioni meridionali. Se si incrociano i dati delle indagini attualmente disponibili di fonte Dps (Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri) e Svimez si arriva a conclusioni desolanti. Gli interventi di importo inferiore ai 100 mila euro sono completati mediamente in 2,9 anni, mentre per le opere di importo superiore ai 100 milioni di euro sono necessari oltre 14 anni.

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I tempi tecnicamente definiti di attraversamento incidono in misura maggiore nel caso di realizzazioni a valere su piccoli finanziamenti. La fase di progettazione che richiede più tempo, per tutte le classi di importo, è quella preliminare. Questi dati - secondo le elaborazioni del Centro Studi ANCE Salerno - confermano che le fasi iniziali del progetto, le prime progettazioni, sono quelle più complesse, in quanto sono riscontrabili numerosi elementi di incertezza da vari punti di vista (soprattutto in termini di “percorrenza” degli iter procedurali) che rendono più lunghi i tempi effettivi di attuazione al punto che è pressoché impossibile prevedere i reali avanzamenti dell’opera.

Per quanto riguarda la destinazione finale degli investimenti in rapporto alla durata del periodo necessario alla conclusione dei lavori il settore “Edilizia” fa registrare le tempistiche meno lunghe (3,7 anni); la “Viabilità/Strade” 5,2 anni; “Risorse Idriche” 5,4 anni e “Altri trasporti” (segmento che comprende interventi infrastrutturali anche in ambiti ferroviari ed aeroportuali) addirittura 6,8 anni. Dall’analisi dell’edizione 2014 del “Rapporto sui tempi di attuazione e di spesa delle opere pubbliche” del Dps si evince che rispetto alla precedente edizione (2011) si è configurato l’allungamento dei in particolare per le opere dal valore superiore a 100 milioni di euro, per il cui completamento risul-


Lavori pubblici tempi biblici

tano necessari 14,6 anni, rispetto agli 11,1 rilevati nel precedente rapporto. Tra le regioni più veloci nell’attuazione delle opere pubbliche rientrano l’Emilia Romagna, il Trentino Alto Adige, la Lombardia e il Piemonte, tra quelle più lente la Sicilia e la Basilicata. La Campania si colloca al quartultimo posto insieme a Puglia, Molise e Umbria per lentezza nell’attuazione delle opere pubbliche. Gli Enti attuatori evidenziano comportamenti abbastanza in linea con la media nazionale: tutti superano i quattro anni complessivi nella realizzazione del “set” comune di opere. Le Regioni fanno registrare una maggiore efficienza nelle fasi di progettazione ed esecuzione dei lavori, mentre i Comuni di dimensione intermedia (tra i 50 mila e i 100 mila abitanti) mostrano un comportamento di minore efficienza in tutte e tre le fasi, attestandosi su una durata netta di quasi cinque anni. Una durata simile sebbene di poco inferiore è mo-

strata dai Gestori di Rete, che, tuttavia, si distinguono per la minore efficienza in fase di progettazione. Lo scenario della Campania Le dinamiche in atto in Campania sotto il profilo della tempistica inerente la realizzazione delle opere pubbliche sono ben fotografate dagli approfondimenti della Svimez (marzo 2015). In Campania per realizzare un’opera pubblica finanziata dalle politiche di coesione sono necessari mediamente cinque anni (media Italia 4 anni e 5 mesi). La nostra regione in questa specifica graduatoria si colloca, insieme con la Liguria (5 anni) tra le ultime tre (preceduta da Sicilia, 6,9 anni e Basilicata 5,8). La regione più virtuosa da questo punto di vista è l’Emilia Romagna (3,8 anni), mentre quella più lenta è la Sicilia (7 anni). Ma non mancano alcune sorprese, come la Calabria che, con la media di 4,2 anni, supera il Veneto (4,6) ed il Friuli (4,7). La base di riferimento per mettere a fuoco la dinamica dei tempi di attuazione e di spesa è stata individuata in 35.000 opere pubbliche finanziate con misure rientranti nell’ambito della politica di coesione nazionale ed europea nel periodo 1999-2013 per un valore complessivo superiore ai 100 miliardi di euro. È significativo evidenziare che una percentuale molto consistente di questi finanziamenti si concentra nelle regioni meridionali: Calabria (17,6%); Puglia (12%); Campania (11,6%) e Sicilia (oltre 10%). I tempi di attraversamento È interessante entrare nel merito dei cosiddetti tempi di attraversamento che a livello nazionale pesano per il 61% sui tempi complessivi di attuazione. Sono state analizzate cinque fasi inerenti un’opera pubblica: progettazione preliminare, definitiva, esecutiva, affidamento ed esecuzione dei lavori. Grande attenzione è stata dedicata all’analisi dei ritardi che si accumulano soprattutto nei tempi di “attraversamento”: tempi che - è scritto in una nota della Svimez diffusa il 31 marzo scorso - rallentano l’iter dell’opera impendendole di passare alla fase successiva per i motivi più diversi (attese di finanziamenti o di decisioni da parte di Enti differenti dall’Ente attuatore; pronunce e sentenze dell’Autorità Giudiziaria o altri incidenti di percorso).In Campania le tre fasi relative alla pro-

gettazione (preliminare, definitiva ed esecutiva) richiedono 2 anni e 6 mesi di attività. Le procedure di affidamento assorbono 8 mesi, mentre l’esecuzione vera e propria dei lavori si concentra in 1 anno e 6 mesi, per un totale complessivo di 5 anni. Praticamente, in media, 7 mesi in più rispetto all’indicatore che emerge a livello nazionale. Ma i tempi di attesa nelle fasi di progettazione ed affidamento dei lavori al Sud arrivano a pesare - sui tempi complessivi - addirittura per circa il 65%. Il momento più “complesso” è quello della progettazione preliminare dove, nella media nazionale, il peso arriva a sfiorare il 75%. La Svimez segnala, inoltre, che i ritardi sono direttamente proporzionali al costo dell’opera: in quelle di importo superiore a 100 milioni di euro pesano per il 45% del tempo totale, mentre per le opere al di sotto dei 100.000 euro arrivano a pesare per il 72%. «Si tratta soltanto di conferme - dichiara il presidente di ANCE Salerno Antonio Lombardi - ma la gravità della situazione è sotto gli occhi di tutti. Come da tempo segnalato anche dalle indagini sul sentiment degli iscritti di ANCE Salerno, il principale problema che le imprese edili si trovano ad affrontare risiede nella lentezza burocratica e nell’irresponsabilità amministrativa degli uffici delle Pubblica Amministrazione che riescono ad allungare per anni procedimenti che di fatto congelano l’attivazione dei lavori per opere che arrivano a conclusione, nelle poche volte che accade, quando la stessa fruibilità degli interventi realizzati molto spesso non risponde più alle esigenze dei cittadini. È una spirale negativa che penalizza non solo il sistema economico e produttivo che non può contare sulla certezza dei tempi e sulla stessa univoca interpretazione delle normative vigenti; ma, soprattutto, le comunità amministrate che non riescono ad usufruire di infrastrutture pure progettate e finanziate. Né è possibile - continua Lombardi - rintracciare negli anni funzionari e dirigenti delle che hanno consentito la dilatazione dei tempi in maniera così smisurata. È evidente, quindi, che il danno per le imprese non è nemmeno quantificabile, ma, soprattutto, il rapporto fiduciario tra cittadini ed Istituzioni continua a venire meno in maniera inarrestabile». Cosimo Brudetti

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infrastrutture / porto&diporto

Presentato a Napoli il Pon infrastrutture, 1,8 mld al Sud I

nvestimenti complessivi per 1,84 miliardi di euro, il 75% finanziati con fondi FESR e il 25% con il Fondo di Rotazione Nazionale. Interventi concentrati su ferrovie, aeroporti e trasporto marittimo, con oltre il 37% degli investimenti totali, 684 milioni di euro, impegnati per migliorare la competitività del sistema portuale, retroportuale e intermodale. Cinque regioni interessate - Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia – e 5 aree logistiche in cui concentrare gli investimenti: sistema campano, pugliese, Polo logistico di Gioia Tauro, quadrante orientale e quadrante occidentale della Sicilia. Forte impulso all’innovazione tecnologica e all’adozione di Sistemi di Trasporto Intelligente. Sono questi, in estrema sintesi, gli elementi che caratterizzano il PON Infrastrutture e Reti 2014-2020, il Programma Operativo Nazionale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti presentato a Napoli dal Ministro Graziano Delrio e dalla Commissaria Europea per la Politica Regionale, Corina Cretu, nel corso di un evento alla Mostra d’Oltremare. Il PON Infrastrutture e Reti persegue il riequilibrio modale, favorendo il decongestionamento delle aree metropolitane e del sistema autostradale e ha l’obiettivo di rafforzare l’integrazione fra

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il sistema di trasporto locale e regionale, la rete nazionale e le grandi direttrici europee e transeuropee Ten-T. “Il PON Infrastrutture e Reti – ha detto nel corso della presentazione il Ministro Delrio – è parte di un più ampio programma di interventi infrastrutturali nel Sud Italia, che stiamo definendo insieme ai Presidenti delle singole Regioni, con l’obiettivo di costruire occasioni di sviluppo, per la logistica e per l’intera economia meridionale. Il nuovo Programma – ha proseguito – rafforza una strategia incentrata su intermodalità, sostenibilità dei trasporti e sistemi innovativi per aumentare efficienza e sicurezza. La ferrovia, a partire dalla linea ad alta capacità Napoli-Bari, e il trasporto marittimo, che si fa forza anche della nuova organizzazione definita nel Piano Strategico nazionale della Portualità e della Logistica, sono le modalità in cui investiamo per rendere il Mezzogiorno un’area sempre più centrale e vitale del sistema di trasporto euro-mediterraneo”. La Commissaria Cretu ha sottolineato: “Una migliore connettività è vitale per un paese come l’Italia. Investire con i fondi europei nelle infrastrutture di trasporto intelligenti e sostenibili svilupperà la competitività dell’economia locale e migliorerà la qualità della vita

dei cittadini, portando tempi di trasporti più brevi”. Fra i principali interventi finanziati dal PON Infrastrutture e Reti 2014-2020, oltre alla già citata Napoli-Bari AV/AC, sono da segnalare l’implementazione della direttrice ferroviaria MessinaCatania-Palermo, l’adeguamento della linea ferroviaria tirrenica, lo sviluppo del Polo logistico di Gioia Tauro, la connessione del porto di Augusta con la rete ferroviaria nazionale, i collegamenti di “ultimo miglio” ai nodi portuali del triangolo Bari-Brindisi-Taranto e lo sviluppo delle connessioni intermodali tra Porti di Napoli e Salerno e gli Interporti di Nola e Marcianise. La presentazione del PON Infrastrutture e Reti 2014-2020 si è svolta nel corso di un incontro intitolato “Una sfida italiana ed europea verso Sud” al quale sono intervenuti, oltre al Ministro Delrio e alla Commissaria Cretu, il Direttore Generale S.R.M. Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, Massimo Deandreis, il Presidente Comitato tecnico Credito e Finanza di Confindustria, Vincenzo Boccia, il Senior Researcher C-Log, Università C. Cattaneo-LIUC, Sergio Curi, e il Direttore Agenzia per la Coesione Territoriale, Maria Ludovica Agrò. Alberto Medina


aziende / porto&diporto

E’ italiano uno dei maggiori terminal lpg del Kazakhstan Realizzato da Tuvia Group è operativo da settembre a Uralsk, occupa 50 addetti e movimenterà, a regime, 200.000 tonnellate all’anno

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on un investimento complessivo di oltre dieci milioni di dollari in una delle regioni strategiche a livello mondiale per la produzione di gas naturale, Tuvia Group, tramite la sua controllata locale Tuvia Kazakhstan, ha appena realizzato il suo primo terminal per la movimentazione, lo stoccaggio e la distribuzione di GPL estratto nel paese centro asiatico. Il terminal, che come estensione è uno dei tre maggiori del paese, è situato alla periferia di Uralsk, nella regione di Zelenovskiy, zona nord occidentale del Paese dove sono attive importanti attività estrattive vitali per l’economia del Kazakhstan. Si estende su una superficie totale di oltre 8 ettari ed è al momento costituito da 7 serbatoi di stoccaggio da 250 metri cubi ognuno, per una capacità lorda di 1.750 metri cubi di GPL. Sono già previste successive fasi di sviluppo che porteranno la struttura a contare 28 serbatoi, alcuni dedicati al gas propano puro altri per il GPL, per una capacità di stoccaggio totale di oltre 7.000 metri cubi. Il processo di ricezione, stoccaggio e trasbordo del gas è stato studiato nei minimi dettagli con l’obiettivo di massimizzarne l’efficienza, favorire l’integrazione con i processi di estrazione e distribuzione e ridurre al minimo ogni possibile rischio per la salute dell’ambiente e dell’uomo, rispecchiando gli elevati standard europei. Una volta a regime il terminal sarà in grado di movimentare complessiva-

Marco Oriolo mente, in questa prima fase, 200.000 tonnellate di GPL all’anno. La costruzione del terminal è stata realizzata in poco più di tre anni grazie anche al supporto di alcuni istituti di credito italiani, fra cui Intesa Sanpaolo, che ha concesso un finanziamento a medio lungo termine di 3,5 milioni di Euro “finalizzato al progetto industriale di Tuvia Group”. Tuvia ha anche potuto contare sull’apporto di alcuni partner locali oltre che sul rapporto ormai consolidato e fattivo dell’Ambasciata Italiana ad Astana. Nei piani futuri del gruppo c’è anche la possibilità – oltre all’ampliamento del terminal - di realizzare un moderno impianto dedicato anche al lavaggio dei vagoni ferroviari destinati al trasporto di petrolio. Un investimento di circa 2

milioni di dollari che si prevede di realizzare nel 2016-2017. “Siamo un player globale e questo risultato premia la nostra capacità di espanderci e diversificare le nostre attività – ha dichiarato Marco Oriolo, presidente di Tuvia Group, a margine dell’apertura del terminal - Con questo investimento diamo un contributo fondamentale allo sviluppo di una zona rurale, dando occupazione a cinquanta addetti e valorizzando le capacità strategiche e di expertise dell’imprenditoria italiana nel mondo. Il Kazakshstan – continua Oriolo - è un Paese straordinario che offre incredibili opportunità di business alle nostre aziende e che tiene in grande considerazione la nostra conoscenza tecnica e professionalità. Ritengo questo Paese offra uno dei terreni più fertili per la nostra imprenditoria”. La strategia di progressiva integrazione verticale nella supply chain del mondo oil&gas ha consentito all’azienda di affermarsi come operatore logistico integrato, in grado di fornire un’ampia gamma di servizi ad alto valore aggiunto che vanno ben oltre la classica offerta di logistica industriale. Quest’ultimo investimento conferma questa strategia e va ad integrare il parco asset costituito negli ultimi anni dai mezzi navali (barges) a servizio delle attività off-shore, ai mezzi speciali per il trasporto del GPL, alla flotta di camion in Germania a servizio dei trasporti dall’Europa a i Paesi CIS. Alberto medina


aziende / porto&diporto

ABB e Microsoft collaborano per ricarica veicoli elettrici La piattaforma in cloud per la ricarica dei veicoli elettrici integrerà le tecnologie di ricarica rapida di ABB con i servizi in cloud più avanzati di Microsoft

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BB e Microsoft Corp. hanno annunciato la disponibilità su scala mondiale di una nuova piattaforma di servizi per la ricarica rapida di veicoli elettrici. L’integrazione fra le stazioni di ricarica evolute di ABB e i servizi in cloud Azure di Microsoft garantirà ai clienti di ABB un servizio stabile, scalabilità a livello globale e funzionalità di gestione avanzate. La collaborazione sfrutterà inoltre tecnologie di apprendimento artificiale e analisi predittiva per favorire future innovazioni. “Le prestazioni e la stabilità della piattaforma sono fattori fondamentali per la gestione efficiente delle moderne stazioni di ricarica di veicoli elettrici, caratterizzate dalla cosiddetta “dipendenza dai dati”.Collaborando con Microsoft, ABB sarà in grado di offrire attività best-in-class e servizi avanzati innovativi: è quello che chiamiamo Internet of Things, Services and People,” ha dichiarato Pekka Tiitinen, presidente della Discrete Automation and Motion Division di ABB. “Questa partnership ci assicura le soluzioni, la scalabilità e l’agilità necessarie per promuovere la domanda di infrastrutture di ricarica di veicoli elettrici nei principali mercati automobilistici del mondo, focalizzandoci sulla nostra strategia di crescita Next Level.” Molte case automobilistiche stanno investendo nel mercato dinamico dei veicoli completamente elettrici, dove si prevedono numerosi lanci di nuovi

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modelli il prossimo anno. Secondo uno studio di HybridCars, le vendite complessive di veicoli elettrici nel mondo hanno superato il milione di mezzi, dei quali oltre la metà negli ultimi 14 mesi. Il rapido aumento delle vendite di veicoli elettrici va di pari passo con l’evoluzione dell’infrastruttura di fornitura energetica e ricarica. Nel mondo esistono attualmente 106.000 stazioni pubbliche di ricarica per veicoli elettrici e il giro d’affari dei servizi di ricarica è destinato ad aumentare da 152,6 milioni di dollari nel 2015 a 2,9 miliardi di dollari nel 2023, secondo NavigantResearch. “Ormai viviamo in un mondo dominato dalla mobilità e dal cloud, un fenome-

no particolarmente evidente nel mercato dei veicoli elettrici,” sottolinea Peggy Johnson, Executive Vice President of business development, Microsoft.“La nostra partnership con ABB è in linea con il nostro obiettivo di costruire una piattaforma cloud intelligente, pertanto guardiamo con grandi aspettative all’adozione della nostra tecnologia e dei nostri servizi da parte di ABB.” In base agli accordi, tutte le stazioni di ricarica di ABB verranno connesse al cloud Microsoft Azure e corredate di servizi a valore aggiunto, consentendo a operatori, case costruttrici e partner di sfruttare i vantaggi di una piattaforma su scala mondiale. Red Econ

Propulsione Azipod per Carnival Corporation

ABB si è aggiudicata un nuovo ordine del valore di 60 milioni di dollari per fornire tutti gli impianti elettrici e il sistema di propulsione Azipod XO, per due nuove navi da crociera, di proprietà della Carnival Corporation. Il nuovo Azipod è un sistema di propulsione orientabile gearless dove il motore di azionamento elettrico è situato in un pod sommerso, al di fuori dello scafo della nave. Le due navi, che verranno costruite da Fincantieri, navigheranno per la Holland America Line e la Carnival Cruise Line, entrambe di proprietà della Carnival Corporation. La nave destinata alla Holland America Line sarà una sorella della Koningsdam, attualmente in costruzione presso Fincantieri. La nave avrà una stazza di circa 99.500 tonnellate, ospiterà 2.650 passeggeri e verrà consegnata a fine 2018. La nuova Carnival Cruise Line invece, conterrà 3.954 passeggeri, sarà la gemella della Carnival Vista e la 26esima nave operativa di tutta la flotta del brand. La consegna è prevista per inizio 2018.


trasporti / porto&diporto

easyJet annuncia ulteriore investimento per Napoli e

asyJet ha annunciato la crescita dell’investimento a Napoli, dove a partire dalla fine di marzo 2016 sarà dislocato il quarto aeromobile Airbus A319, per far volare Napoli e la Campania verso sette nuove destinazioni italiane ed europee. La scelta arriva a distanza di poco più di un anno dall’avvio delle operazioni della base, la terza in Italia per la compagnia, a conferma dell’importanza che riveste la Regione Campania nei piani di espansione a supporto del rilancio del territorio. A Napoli, come prima compagnia per dimensione di investimento e quindi di scelta per i passeggeri napoletani, con tre aeromobili Airbus A319 dedicati e 100 persone tra piloti e assistenti di volo, assunti dopo un lungo processo di selezione che ha raccolto centinaia di adesioni sul territorio, easyJet ha fatto volare 13 milioni passeggeri da quando nel 2000 ha operato il primo volo Napoli-Londra. Nel primo anno delle operazioni della base, easyJet ha registrato ben 2 milioni di passeggeri trasportati da e per Napoli. Di questi, sono stati più di un milione i turisti che hanno scelto easyJet per raggiungere la Campania. Tra i dieci Paesi europei collegati da easyJet a Napoli, sono stati soprattutto i turisti provenienti dalla Gran Bretagna - grazie ai collegamenti con gli aeroporti londinesi di Stansted, Gatwick e Luton, oltre che con Liverpool, Edimburgo e Bristol - dalla Francia - in arrivo da Parigi Charles de Gaulle, Parigi Orly e Nizza - e dalla Germania a registrare

maggiori tassi di crescita. Nello stesso periodo, i napoletani hanno scelto easyJet per i propri viaggi verso alcune delle destinazioni di vacanza più rinomate come Ibiza, Palma di Maiorca e Nizza tra le mete Europee, oppure Catania e Olbia in Italia. Coloro che invece viaggiano per lavoro rappresentano ormai un terzo di chi vola con easyJet a dimostrazione di quanto anche la domanda d’affari ormai apprezzi viaggi semplici e a prezzi convenienti. Grazie al quarto aeromobile easyJet prevede di trasportare nel primo anno delle operazioni a partire da aprile 2016, circa 2,2 milioni di passeggeri, che si tradurranno in 220 posti di lavoro indiretti, creati grazie al maggiore afflusso turistico da quei Paesi, che peraltro, o per potere di acquisto o per benefici dei tassi di cambio, sono anche in grado di far registrare una crescita della spesa media per turista, come già registrata nel 2014 e pari all’8% secondo uno studio della Banca d’Italia. Dal 2016, saliranno a 32 le destinazioni raggiungibili da Napoli con easyJet. Amsterdam, Barcellona, Minorca, Cagliari, Praga e Vienna – oltre a Lione, che sarà raggiungibile già a partire dal 16 dicembre 2015 – si aggiungeranno ai 25 collega-

menti già oggi operati da easyJet, per arricchire la scelta sia per coloro che viaggiano per piacere, sia per coloro che si spostano per lavoro. Grazie alle 7 nuove destinazioni, con prezzi a partire da 29,50 euro, diventano 13 i paesi europei collegati da easyJet a Napoli, facilitando quindi flussi turistici e di affari anche verso Olanda, Repubblica Ceca, Austria. Complessivamente, i passeggeri dell’aeroporto Capodichino avranno a disposizione fino a 25 partenze al giorno, equivalenti a un aumento del 20% dei voli settimanali. Infatti saliranno a 4 i voli giornalieri verso Venezia, a 5 quelli per Londra (tra Gatwick, Stansted, Luton) mentre il collegamento con Berlino diventa giornaliero. Parigi (con Charles De Gaulle e Orly) continuerà a essere raggiungibile da Napoli con 3 voli giornalieri. Un investimento a tutto vantaggio dei flussi di affari che richiedono una maggiore scelta di voli giornalieri e settimanali. La stagione estiva 2016 prevede anche ulteriori incrementi di collegamenti verso le località balneari più in voga: 2 voli aggiuntivi a settimana verso Corfù e Mikonos e un collegamento settimanale aggiuntivo verso Ibiza e Spalato. Fabrizio De Cesare

Al centro: Margherita Chiaramonte, Frances Ouseley, Monia Aliberti


formazione / porto&diporto

Contship, la logistica spiegata ai più piccoli

10 anni di Porto Lab: tutor e partner a Cagliari per l’edizione 2015 della Porto Lab Academy

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iovedì 5 e venerdì 6 novembre, a Cagliari, si è riunito il team Porto Lab, composto da specialisti della divulgazione per ragazzi, coordinatori, partner e tutor che accompagnano gli studenti nelle visite all’interno dei terminal del Gruppo Contship Italia. Il lavoro e l’impegno di questa squadra continua ad essere un fattore determinante per il successo del progetto Porto Lab, che nel 2015 festeggia 10 anni di attività. Ancora una volta, grazie alla Porto Lab “Academy”, il gruppo di lavoro ha potuto ritrovarsi, per condividere nuove idee e progetti. Un’opportunità per aggiornarsi, imparando ancora di più sui metodi migliori per assicurare, agli oltre 2000 bambini che partecipano al progetto, visite nei porti e nei centri intermodali interessanti ed indimenticabili. I tutor Porto Lab sono donne e uomini che lavorano nelle diverse aziende del Gruppo Consthip Italia, e che hanno scelto di dedicare una parte del proprio tempo all’organizzazione ed alla con-

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duzione di visite formative, organizzate con gli istituti primari di tutta Italia ogni martedì e giovedì, da Gennaio a Maggio. Da dieci anni, anche grazie a loro, Contship apre – ad un pubblico sele-

zionato, composto dalle classi aderenti e dagli insegnanti – le porte dei Terminal Marittimi e centri Intermodali, permettendo di osservare da vicino una realtà normalmente non accessibile e quindi poco conosciuta. Oltre all’oppor-


tunità unica di accedere (nel rispetto delle procedure di sicurezza) alle zone operative, durante le visite ai ragazzi viene mostrato uno spaccato autentico del mondo della logistica, e vengono spiegate le competenze, le responsabilità e le opportunità legate alle diverse mansioni e ai diversi soggetti che operano all’interno del porto. Non solo: grazie ai tutor il container diventa, per una volta, un oggetto “trasparente”. E’ così possibile comprendere la portata rivoluzionaria che la sua introduzione ha avuto per la sicurezza e l’efficienza del trasporto delle merci che produciamo e consumiamo ogni giorno. Non si tratta quindi di semplici “gite scolastiche”: fin dai primi anni, il progetto ha voluto andare oltre alla sola accoglienza delle scuole, in direzione di uno sviluppo congiunto di strumenti didattici complementari, utili, originali ed efficaci, che possano supportare i ragazzi e gli insegnanti nell’apprendimento, prima, durante e dopo le visite. La parte scientifica del progetto è coordinata da molti anni da Roberta Barzaghi ed Emanuele Breveglieri, animatori scientifici e teatrali, specializzati nell’organizzazione di laboratori esperienziali per bambini e nella consulenza per lo sviluppo di percorsi didattici e di gioco formativo; con loro il Gruppo Contship è impegnato a ricercare e sperimentare continuamente nuove esperienze dedicate ai ragazzi e concepite per informare, divertendo. Fondamentale, in questo senso, si è rivelata anche la collaborazione con Piero Tirone dell’agenzia ADW, che cura fin dai primi anni del progetto la grafica e il design del Diario Contship, e che recentemente ha sviluppato per Porto Lab un nuovo sito internet.

Durante la due giorni sarda i tutor Porto Lab hanno potuto interagire direttamente con gli esperti, provando in prima persona le attività che andranno a proporre ai ragazzi. Oltre alle ore dedicate alla formazione, questa edizione dell’Academy è stata l’occasione giusta per guardare ai 10 anni appena passati e pensare ai prossimi dieci, ricordando ai partner e sponsor del progetto il loro ruolo fondamentale, sottolineato da un momento formale: la consegna di una serie di targhe celebrative dedicate al il percorso condiviso, consegnate ad Emerson Industrial Automation (rappresentata da Gianbattista Dubini), Gruppo Grendi (Antonio Musso), OMG MGM (Gloria Rango), Autorità portuale di La Spezia (Monica Fiorini), Autorità Portuale di Gioia Tauro (Concetta Schiariti) ed Autorità Portuale di Cagliari (Marco Pili e Federica Cannas).

I premi sono stati ovviamente conferiti anche ai partner del progetto che non hanno potuto partecipare all’incontro di Cagliari: Autorità Portuale di Ravenna, Inail - Ufficio Territoriale di Ravenna, Inail - Ufficio Territoriale di La Spezia, ATC esercizio La Spezia, Briedacabins, SKF Logistics Services Italy, Kalmar Italia e Sapir. Il progetto Porto Lab ha coinvolto fino ad oggi 19.000 studenti, corrispondenti a 5 bambini in visita ogni giorno, negli ultimi 10 anni. Sono 850 le classi che hanno partecipato e 100.000 diari di Contship distribuiti gratuitamente insieme a 25.000 kit (caschetto, bretelle ad alte visibilità,zaino, adesivi e pass personalizzato). “Nessuno di noi poteva immaginare questo risultato 10 anni fa - ha commentato Daniele testi, direttore Marketing e Comunicazione del Gruppo Contship Italia - Abbiamo avuto il supporto del management e degli azionisti, che hanno creduto sin dall’inizio in questa iniziativa, riconoscendone il carattere innovativo e formativo. Il resto lo hanno fatto loro, i tutor, impegnandosi quotidianamente con le scolaresche, offrendo un’ esperienza unica ed irripetibile grazie al loro entusiasmo e alla loro dedizione. A loro va il ringraziamento più sentito. In questi giorni stiamo raccogliendo le testimonianze di alcuni dei ragazzi che parteciparono al progetto 10 anni fa. Oggi, quasi maggiorenni, potranno raccontarci di quella giornata al porto o al centro intermodale e di come essa abbia influito sulla loro percezione del mondo della logistica e del trasporto”. Per restare sempre aggiornati sulle attività Porto Lab si posso visitare il nuovo sito www.portolab.it e seguire il progetto su Facebook, Twitter e Instagram (@portolab). Carolina Sinnopoli


diritto / porto&diporto

Tribunale di Torino giudizio sul trasporto I

l vastissimo contenzioso giudiziale in materia di trasporto stradale si arricchisce di una recente decisione del Tribunale di Torino, incentrata sull’azione diretta prevista dall’art. 7-ter del D. Lgs. n° 286 del 21 novembre 2005. La sentenza spicca fra le altre poiché si pone in netta contrapposizione con la giurisprudenza formatasi sino ad oggi sull’argomento. Come anticipato, il caso in esame ha ad oggetto il diritto previsto dall’articolo 7-ter del D. Lgs. 286-2005 il quale ha introdotto nell’ordinamento un diritto di azione diretta da parte dei sub-vettori per il pagamento del proprio corrispettivo verso tutti coloro chehanno ordinato il trasporto, i quali sono obbligati in solido nei loro confronti (fatta salva l’azione di rivalsa di ciascuno nei confronti della propria controparte contrattuale). La norma in commento ha assunto rilevanza in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo svoltosi avanti al Tribunale di Torino. In tale procedimento si esaminavano le pretese della Curatela del Fallimento del primo vettore, la quale esigeva il pagamento di un ingente credito vantato nei confronti della committenza. Quest’ultima, tuttavia, si difendeva chiamando in causa il sub-vettore ed esponendo di aver ricevuto da costui altra richiesta di pagamento, per un credito in parte coincidente con quello già azionato dal Fallimento del primo vettore. Ebbene, il Tribunale di Torino, con la propria sentenza n° 5766-2015 del 28 settembre 2015, ha ritenuto che l’azione diretta prevista dall’art. 7-ter non fosse configurabile nel caso portato alla sua attenzione proprio in considerazione del fatto che il vettore principale, creditore del committente e debitore del sub-vettore, era stato assoggettato a procedura fallimentare. Il Giudice, sul punto, così si è espresso: “…Sembra infatti al Tribunale che la disposizione di cui al citato art. 7-ter debba trovare applicazione solo fra soggetti in bonis. Quando, invece, come nel caso, interviene una procedura fallimentare debbono trovare applicazione le norme speciali dettate dalla Legge fallimentare, il cui principio fondamentale è quello della par condicio creditorum”. Ad avviso del Tribunale, ragionando in modo diverso ne risulterebbe alterato il principio del pari trattamento dei creditori a favore del solo sub-vettore, il quale avrebbe visto integralmente riconosciuto il proprio credito verso il vettore fallito. Prendiamo nota della sentenza ancorché questa non sembri condivisibile. Essa, infatti, introduce artificiosamente un’ulteriore condizione di applicabilità della norma, non contemplata dalla legge. Con il che, però, si tradisce lo spirito della norma introdotta nel D. Lgs. 286-2005 con l’articolo 7-ter, grazie alla quale i sub-vettori ricevono una tutela supplementare per i loro crediti. Al contrario, decidendo nel modo che si è sopra visto, il Tribunale ha del tutto privato di contenuto la disposizione nella parte in cui stabilisce che “tutti coloro che hanno ordinato il trasporto … sono obbligati in solido”. A quanto ci consta, comunque, diversi altri Tribunali italiani (Milano, Trieste, Napoli, fra gli altri) non hanno esitato a pronunciare lineari provvedimenti mediante i quali sono state accolte azioni dirette dei sub-vettori nei confronti della committenza proprio in fattispecie analoghe a quella esaminata dal Tribunale di Torino, in cui il mancato pagamento dei corrispettivi maturati da parte dei vettori era conseguente all’ammissione di questi ultimi a procedure di tipo concorsuale (come il fallimento o il concordato preventivo). Claudio Bicchierai Studio Legale Garbarino Vergani

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europa / porto&diporto

Completare l’Unione economica e monetaria

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a situazione attuale dell’Unione economica e monetaria (UEM) dell’Europa è nettamente migliore rispetto al periodo precedente alla crisi finanziaria. Tuttavia, nonostante i progressi compiuti, specie per quanto riguarda il rafforzamento della governance economica e l’avvio dell’Unione bancaria, l’UEM rimane incompleta. I paesi della zona euro presentano notevoli divergenze in termini di performance economiche. I quasi 18 milioni di disoccupati e le molte persone a rischio di esclusione sociale sono un chiaro segnale che occorre fare di più per trasformare la zona euro in una costruzione realmente solida. Ora la Commissione europea attua misure concrete per passare dalla necessaria gestione della crisi degli ultimi anni a un’Unione più forte e più completa, che poggi su basi durature, eque e democraticamente legittime per il futuro e contribuisca a promuovere l’occupazione, la crescita e la prosperità per tutti i cittadini. Questo è il messaggio veicolato dalla “relazione dei cinque presidenti”, che sarà attuata in più fasi per completare l’UEM entro i prossimi dieci anni. Dopo la presentazione della “relazione dei cinque presidenti” elaborata dai presidenti della Commissione, del Vertice euro, dell’Eurogruppo, della Banca centrale europea e del Parlamento europeo, la Commissione ha lanciato la Fase 1 (“approfondire fa-

cendo”) del processo di completamento dell’UEM. Oggi la Commissione propone misure concrete per dare inizio all’attuazione del piano ambizioso volto ad approfondire l’UEM. Il pacchetto di misure adottato dal collegio dei commissari comprende un approccio riveduto al semestre europeo che prevede, tra l’altro, il rafforzamento del dialogo democratico e l’ulteriore miglioramento della governance economica, ad esempio mediante la creazione di comitati nazionali per la competitività e di un Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche, e una rappresentanza più unificata della zona euro nelle istituzioni finanziarie internazionali, in particolare l’FMI. Il pacchetto specifica inoltre le tappe verso il completamento dell’Unione bancaria, tra cui in particolare un sistema europeo di garanzia dei depositi e misure volte a ridurre ulteriormente il rischio nel sistema bancario. Valdis Dombrovskis, vicepresidente responsabile per l’euro e il dialogo sociale, ha dichiarato: “L’Unione economica e monetaria dell’Europa deve poggiare su solide basi, soprattutto per diventare più resiliente ai futuri shock e per far fronte alle sfide mondiali che ci aspettano. Oggi proponiamo misure concrete per migliorare le norme UE in materia di governance economica, rafforzate per l’ultima volta all’indomani della crisi. Le regole le abbiamo, ma

dobbiamo usarle meglio.” Prossime tappe La “relazione dei cinque presidenti” individua tre fasi diverse per il completamento dell’UEM. Il pacchetto attuale riguarda la fase 1 e i preparativi per la fase 2: - fase 1 ossia “approfondire facendo” (1 luglio 2015-30 giugno 2017): utilizzare gli strumenti esistenti e i vigenti trattati per rilanciare la competitività e la convergenza strutturale, attuare politiche di bilancio responsabili a livello sia nazionale che di zona euro, completare l’Unione finanziaria e rafforzare il controllo democratico; - fase 2 ossia “completare l’UEM”: saranno avviati interventi di più ampia portata per rendere il processo di convergenza più vincolante, ad esempio attraverso una serie di parametri di riferimento per la convergenza decisi di comune accordo, che avrebbero carattere giuridico, e la creazione di una tesoreria per la zona euro; - fase finale (al più tardi entro il 2025): una volta che tutte le misure saranno pienamente in atto, un’UEM autentica e approfondita assicurerebbe stabilità e prosperità a tutti i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea che condividono la moneta unica, e risulterebbe attraente e aperta all’adesione degli altri Stati membri dell’UE se lo desiderano. Francesco S. Salieri

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europa / porto&diporto

Investimenti per progetti nel settore dei trasporti

7,6 miliardi di euro di investimenti europei a sostegno di progetti chiave nel campo dei trasporti

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roprio quando la squadra Juncker inizia il secondo anno di attività, la Commissione europea avvia un’ulteriore iniziativa per stimolare gli investimenti in Europa indicendo il secondo invito a presentare proposte del Meccanismo per collegare l’Europa (Connecting Europe Facility - CEF) con una dotazione di oltre di 7,6 miliardi di euro destinati a finanziare progetti chiave nel campo dei trasporti. 6,5 miliardi di euro sono destinati a progetti negli Stati membri ammissibili a fruire del Fondo di coesione dell’UE, per meglio integrare questi paesi nel mercato interno. Unitamente al Piano di investimenti presentato dalla Commissione nel novembre 2014 – e in particolare al nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) – il CEF intende ovviare alla mancanza d’investimenti in Europa in modo da dare un forte impulso alla crescita e alla creazione di posti di lavoro, aspetti che costituiscono una priorità per il Presidente Jean-Claude Juncker. Jyrki Katainen, Vicepresidente della Commissione, responsabile per l’Occupazione, la crescita, gli investimenti e la competitività, ha affermato: “Un uso ottimale degli strumenti del Meccanismo per collegare l’Europa è parte integrante del piano di investimenti

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della Commissione. Le infrastrutture dei trasporti hanno un grande bisogno di investimenti e l’annuncio odierno di uno stanziamento che supera i 7,6 miliardi di euro per finanziare progetti nel campo dei trasporti è un’ottima notizia. Incoraggio i promotori di progetti ad avvalersi del nuovo Polo europeo di consulenza sugli investimenti (Advisory Hub) per ottenere consigli su come elaborare in modo ottimale i loro progetti per presentarli quindi al portale dei progetti che verrà inaugurato a gennaio.” Violeta Bulc, Commissaria europea responsabile per i Trasporti, ha aggiunto: “Un sistema di trasporti efficiente, intelligente e sostenibile è essenziale per mantenere la competitività dell’Europa. Con questo nuovo invito del CEF a presentare proposte non intendiamo soltanto individuare progetti per valorizzare le vie d’acqua o i trasporti su rotaia, ma anche creare posti di lavoro e promuovere la crescita. L’attenzione riservata ai paesi che rientrano nella politica di coesione rispecchia inoltre la nostra disponibilità a meglio collegare l’Europa e a passare ad un mercato interno più approfondito, il che costituisce un’altra priorità della Commissione.” Per assicurare le sinergie con altre priorità della Commissione, come il mercato unico digitale, l’invito a pre-

Jean-Claude Juncker sentare proposte di quest’anno riserva un’attenzione particolare ai trasporti innovativi. Nell’ambito della dotazione generale (1,1 miliardi di euro disponibili per tutti i 28 Stati membri), i progetti che si intendono patrocinare comprendono sistemi intelligenti di trasporto o sistemi di gestione del traffico come ERTMS (rotaia), SESAR (trasporti aerei) o RIS (vie d’acqua). La dotazione “coesione” (6,5 miliardi di euro, messa a disposizione di 15 Stati membri) aggiungerà a queste priorità progetti chiave nel campo delle infrastrutture relativi a modalità di trasporto sostenibili come il trasporto su rotaia e per le vie d’acqua interne. Ciò è parte integrante della priorità che la Commissione attribuisce alla creazione di un’Unione dell’energia che vada di pari passo con una politica climatica lungimirante. Il sostegno sarà concesso in base a concorso e si configurerà in un cofinanziamento unionale a seguito di una valutazione attenta e di un processo di selezione rigoroso. I candidati hanno tempo fino al 16 febbraio 2016 per presentare le loro proposte. I risultati degli inviti a presentare proposte verranno pubblicati entro l’estate 2016. Red Econ


nautica / porto&diporto

Nauticsud, dopo cinque anni torna alla Mostra d’Oltremare

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ove giornate dedicate al diportismo, cantieristica, accessori nautici, pesca, turismo ed economia del mare. Dopo cinque anni di stop, il Nauticsud torna ad essere protagonista della scena italiana e internazionale e si prepara per la sua 43esima edizione che si svolgerà alla Mostra d’Oltremare di Napoli dal 27 febbraio al 6 marzo 2016 e al Molo Luise sul lungomare cittadino dal 30 marzo al 3 aprile. Nell’ambito del rilancio della società fieristica napoletana, la presidente Donatella Chiodo e il consigliere delegato, Giuseppe Oliviero, intendono valorizzare un marchio storico della Mostra che ha contribuito negli anni a sviluppare l’interesse per il mare e per le attività ad esso legate. Ma, anziché affidarne la gestione ad una società privata, l’evento sarà gestito direttamente dalla Mostra in house. Cioè a gestione diretta, senza affidarla a società esterne. Il doppio appuntamento di marzo-aprile prossimi offrirà un panorama a 360 gradi su tutto il mondo della nautica da diporto e dell’economia del mare. Nei nove giorni promossi dall’ente fieristico ci saranno migliaia di metri quadrati di superficie dedicati a esposizioni di barche e natanti, con l’obiettivo di puntare proprio sull’evento per cavalcare la ripresa del

settore dopo anni molto difficili, sia agli accessori e tutto il mondo dell’indotto legato all’economia del mare. Durante le giornate della rassegna, che si svolgeranno presso gli storici padiglioni della Mostra, ci saranno anche momenti sportivi, a testimonianza del forte legame della città con il mare. L’appuntamento sarà anche un momento di riflessione sui temi dell’economia marittima con un programma di convegni e di incontri b2b tra gli operatori del settore per sviluppare, proprio da Napoli, nuovi affari e possibilità di sviluppo economico e d’impresa. Al Molo Luise, nel cuore del lungomare di Mergellina, ci sarà invece spazio per le medie e grandi barche e gli yacht con prove a mare. “Dopo la Fiera della Casa - spiega il consigliere delegato della Mostra, Giuseppe Oliviero - continuiamo nel rilancio dei nostri marchi storici. Napoli e la Mostra si riappropriano di un brand che è sempre stato dell’ente fieristico e che ora abbiamo deciso di gestire in prima persona, mettendo in campo tutte le migliori energie e professionalità del settore, per contribuire al rilancio dell’economia della città e di tutta la Campania”. Proprio in quest’ottica, Nauticsud 2016 coinvolgerà anche i porti della regione e tutti gli attori del turismo legato al mare. Compreso quelli dell’indotto. “L’economia del mare -

spiega Donatella Chiodo - è un asset fondamentale per la città e per la Regione Campania, un motore di sviluppo e di nuove opportunità per i giovani in un mercato sempre più aperto e che da Napoli guarda a tutto il Mediterraneo. Proprio per questo abbiamo deciso di rilanciare il Nauticsud, reinterpretandolo, attualizzandolo e aprendolo anche alle opportunità offerte dal turismo e dagli sport velici”. E proprio da Napoli si attende la riscossa del settore che negli ultimi mesi ha registrato un andamento positivo (i contratti di ormeggio a livello nazionale, tanto per fare un esempio, hanno segnato nel 2015 un aumento del 4%, dopo il -26% del 2012 e il -2% del 2013), contribuendo a sviluppare nuova occupazione. Secondo uno studio della Fondazione Symbola presentato a Genova, la nautica da diporto ha un moltiplicatore dell’occupazione di 7,4 e attiva in Italia 181mila posti di lavoro considerando l’intera filiera. Fatta 100 la media delle regioni marittime, il contributo del diportismo al Pil regionale è però solo di 33 al Sud. Poco rispetto a quello che genera l’Alto Tirreno con 305, il Centro Tirreno con 69 e l’Adriatico con 85. Di questi divari e dei rimedi possibili si parlerà anche al Nauticsud 2016. Eduardo Cagnazzi

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crociere / porto&diporto

Nasce un nuovo concetto di intrattenimento in mare M

SC Crociere, ha rivelato nei giorni scorsi i dettagli di una partnership a lungo termine siglata con il Cirque du Soleil - il leader mondiale dell’intrattenimento con sede in Québec - che fisserà nuovi standard dell’intrattenimento live in mare. Per la prima volta, a bordo di una nave da crociera saranno creati spettacoli esclusivi firmati Cirque du Soleil, solo per gli ospiti di MSC Crociere, che fruiranno dell’innovativo servizio a bordo di MSC Meraviglia, nave di nuova generazione al cui interno verrà costruito uno spazio progettato direttamente dalle due big e in cui verrà combinata l’experience food all’esclusivo show, creando così una vera e propria esperienza inedita. La partnership è stata rivelata a Barcellona, ​​in Spagna, a bordo di MSC Fantasia, nave ammiraglia di MSC Crociere, durante l’evento “All Stars of the Sea”, annuale appuntamento riservato al trade per celebrare e premia-

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re le prestazioni dei top partner della Compagnia provenienti da oltre 150 paesi, di fronte alla stampa e a un pubblico di oltre 1.800 agenti di viaggio. Eccellenza enogastronomica e divertimento di alto livello sono due elementi chiave che contraddistinguono l’esperienza di MSC Crociere. Per elevare questi due elementi al livello successivo, MSC Crociere e Cirque du Soleil hanno immaginato per le navi della Classe Meraviglia, attualmente in costruzione, un innovativo e customizzato servizio di ristorazione e divertimento che diventerà il primo nel suo genere a bordo di una nave da crociera. I viaggiatori MSC Crociere potranno quindi godere del nuovo ed esclusivo Cirque du Soleil per sei giorni a settimana, per due volte giorno, mentre apprezzano la straordinaria esperienza culinaria offerta dalla compagnia crocieristica. A bordo, il luogo specificamente progettato rappresenta il frutto di un inve-

stimento di 20 milioni di euro, grazie alla predisposizione di una tecnologia innovativa installata appositamente nell’Aft Lounge su misura delle necessità sia degli artisti che degli ospiti. Lo spazio sarà ubicato nel salone situato a poppa, un’area di 1.000 mq, con 450 posti a sedere, caratterizzata dalla presenza di una sala da pranzo da 200 posti in modo che gli ospiti potranno gustare, nel corso dello spettacolo, anche una squisita cena oppure un drink. Gli artisti di fama mondiale del Cirque du Soleil saranno dunque protagonisti di ben due straordinari spettacoli pensati in esclusiva per gli ospiti di MSC Crociere e per catturarne l’immaginazione, catapultandoli in un mondo fantastico. Gli spettacoli saranno disponibili solo a bordo delle quattro navi appartenenti al Progetto Meraviglia, il primo dei quali vedrà la sua stagione inaugurale nel Mediterraneo a partire da giugno 2017. Pierfrancesco Vago, Executive Chai-


La partnership tra Msc Crociere e Cirque du Soleil prevede la costruzione di uno spazio pensato per gli spettacoli in esclusiva a bordo

rman di MSC Cruises, ha dichiarato: “MSC Crociere è un’azienda costruita sull’innovazione, a partire dai prototipi di nave unici al mondo che progettiamo e costruiamo, fino alle esperienze di bordo che ideiamo e creiamo in esclusiva per il nostro pubblico. Insieme a Cirque du Soleil, il nostro nuovo partner di livello mondiale, abbiamo immaginato e stiamo progettando un’esperienza di intrattenimento live totalmente innovativa e riservata esclusivamente ai nostro ospiti; uno spettacolo inedito in uno spazio appositamente costruito a bordo di una nave che abbiamo progettato noi stessi nei minimi dettagli. L’impegno costante verso l’innovazione, la visione e la creatività che solo un’azienda a conduzione familiare può attuare, rendono MSC Crociere unica nel proprio settore”, ha aggiunto Pierfrancesco Vago. Yasmine Khalil, Presidente di 45 DEGREES, Special Projects di Cirque du Soleil, ha commentato: “Abbiamo trovato in MSC Crociere un partner affidabile con il quale intraprendere una collaborazione duratura, che ha dimostrato una visione chiara sui trend dell’industria crocieristica e una forte determinazione a mantenere la propria leadership portando l’intrattenimento a bordo a un livello totalmente inedito. È proprio questo ciò che ispira il Cirque du Soleil, offrendoci la grande sfida creativa che è fondamentale ogni volta che ci imbarchiamo in un nuovo progetto”. Questa nuova offerta sarà inizialmente disponibile a bordo di MSC Meraviglia, la nave da crociera più innovativa mai realizzata da una Global Cruise Line Europea, in grado di ospitare oltre 5.700 passeggeri, su una struttura di

167.600 tonnellate. La sua consegna è prevista nel maggio 2017, quando inizierà la sua prima estate nei mari del Mediterraneo occidentale, con homeports Genova, Marsiglia e Barcellona. A proposito di Cirque du Soleil: da un gruppo di 20 artisti di strada protagonisti della sua creazione nel 1984, il Cirque du Soleil è oggi una grande organizzazione con sede a Québec, leader dell’intrattenimento artistico di alta qualità. L’azienda ha circa 4.000 dipendenti, di cui 1.300 artisti, provenienti da quasi 50 paesi diversi. Cirque du Soleil ha portato meraviglia e gioia in oltre 160 milioni di spettatori in 400 città in 60 paesi in sei continenti. Intanto la Compagnia di navigazione ginevrina ha reso noto che il Programma Rinascimento è stato completato e ha messo a disposizione quattro navi rinnovate che guideranno l’espansione della Compagnia in nuovi mercati e ne rafforzeranno ulteriormente la posizione in quelli in cui è leader. Alla conferenza stampa che si è tenuta a bordo di MSC Lirica, l’ultima ad aver completato la trasformazione nell’ambito del Programma Rinascimento, il Chief Executive Officer Gianni Onorato ha dichiarato che con questo progetto sono stati potenziati quegli elementi che contraddistinguono le crociere MSC: offerta personalizzata con servizi per tutta la famiglia; vasta scelta gastronomica di primo livello; straordinaria scelta di intrattenimento a tutte le ore, ampia gamma di opportunità di relax e servizi benessere, e molto altro, il tutto con un tocco di atmosfera e sapore mediterraneo.

Nel commentare alcune delle innovazioni e implementazioni apportate a bordo, Onorato ha affermato che il Programma Rinascimento è stato condotto tenendo presente in particolar modo le esigenze delle famiglie. Per questa ragione, infatti, ogni nave ha cinque club dedicati agli ospiti più giovani sino a 17 anni, distinti per fasce d’età, di cui due progettati e allestiti da due brand di eccellenza come Chicco® e LEGO®. Con riferimento specifico a MSC Lirica, Onorato ha anche sottolineato che, in previsione del suo posizionamento a Shangai in Cina a maggio 2016, la nave è stata completamente customizzata con una serie di servizi specifici per il mercato cinese. Tra questi, la figura del Cruise Ambassador, introdotto da MSC Crociere per la prima volta al mondo, la presenza dell’80% del personale che parla mandarino e che si colloca al vertice del settore, e un’offerta gastronomica completamente rinnovata che comprende tra l’altro la raffinata cucina asiatica e internazionale. In chiusura alla conferenza stampa, Onorato ha dichiarato: “Rinascimento è il primo pilastro della seconda fase di crescita di MSC Crociere, il secondo sono le sette navi di prossima generazione di nuova costruzione che saranno varate tra il 2017 e il 2022. Con il Programma Rinascimento abbiamo rinnovato completamente quattro navi che saranno destinate a segmenti strategici del mercato crocieristico mondiale con servizi, dotazioni e comfort di prim’ordine di cui oggi MSC Crociere è sinonimo”. Sandro Minardo

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turismo / porto&diporto

Titerno, un territorio che vuole essere scoperto E’

terra di grandi vini e di grandi oli. Ma il Titerno è anche terra di prodotti tipici e da millenni terra dei Sanniti, un popolo caparbio e dal temperamento risoluto a difesa della libertà che ritenevano sacra più di ogni altra cosa. Il tempo non ha scalfito questo territorio che ancora oggi rappresenta un grande parco della civiltà rurale, meritevole di rispetto e di attenzione. E pertanto degno di una visita. Per la grandezza del paesaggio, dei sapori e dell’ambiente naturale, martoriato di recente dalle intense piogge. Un contesto nel quale il comparto agricolo e agroalimentare occupa un ruolo fondamentale nel sistema produttivo della Valle Telesina. E’ qui che si produce il 40% dei vini regionali, è qui presente una filiera di prodotti a denominazione di origine di notevole pregio, risorsa basilare sia per qualità che per il ruolo assunto dagli operatori del territorio. Ne è consapevole il Gal Titerno che persegue una strategia di sviluppo, come afferma il presidente Antonio Ciabrelli, rivolta ad “affiancare i protagonisti del territorio in una strategia di sviluppo che travalica l’orizzonte del campanile per traguardare l’antico comprensorio in una logica di città diffusa”. Il Gal è stato protagonista all’Expo di Milano con le proprie tipicità ed ha presentato tra l’altro tre itinerari per far conoscere il territorio: le vie dell’olio, delle abbazie e dei castelli, quelle dell’acqua e del vino. “Tre percorsi che rappresentano un’occasione per toccare con mano la civiltà rurale, oltre che una forma di valorizzazione e promozione originale della provincia nel suo complesso. E che, pertanto, rappresentano lo stimolo, il pretesto per un soggiorno ed una vacanza ai ritmi di un tempo”, commenta Ciabrelli. Un’occasione per visitare quello che resta dell’antica Telesia, patria della Gens Pontia, nobile famiglia di cui fu discendente Erennio Ponzio, l’Abbazia benedet-

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tina del Santo Salvatore e l’Antiquarium, tanto per citare alcune testimonianze dei tempi che furono. Ma anche un’occasione per degustare i prodotti caserecci rigorosamente di produzione locale, come sottolinea Raffaella Tirelli dell’azienda agricola e turistica Oasiblu di Faicchio. E come non percorrere l’itinerario del vino che fa del Titerno un enorme museo ampelografico e dell’olio, l’oro verde del Titerno. A Ponte il Frantoio di Alberto Romano è stato recentemente insignito del Gold Award 2015 per il Gold Bio e con le quattro Gocce l’Ortice Riserva a L’Oro d’Italia. Il frantoio, racconta Romano, imprenditore di quarta generazione, “nasce nella metà del 1800 quando la corrente elettrica ancora non c’era e la macina, con ruote in pietra, veniva azionata dalla trazione animale, ottenendone un olio con pressa a vite di legno”. Fiore all’occhiello è l’Ortice, un “olio che si diversifica dagli altri extravergini perché deriva dalla filiera agricola tutta italiana 100%, nel rispetto di tutti i parametri analitici e sensoriali di quelli indicati dalla normativa vigente”. Una risorsa economica che il Gal Titerno intende sostenere affiancando gli operatori privati in un quadro di piena integrazione delle attività d’impresa con gli interessi economici e sociali dell’area di riferimento. Da qui la decisione di presentare all’Expo i tre itinerari che ben si inseriscono nei Cammini d’Europa, la rete di storia, cultura e turismo finanziata dall’Unione europea attraverso il programma Leader. Lungo questo cammino nella Valle Telesina ai moderni pellegrini si offre la possibilità di conoscere paesi e piccoli borghi che tanto hanno fatto nella storia, immergendosi in un ricco patrimonio ambientale, di storia e di cultura. Per questo il Titerno è un territorio che vuole solo essere scoperto. Eduardo Cagnazzi


eventi / porto&diporto

Ugo Picarelli

Fare sistema per sfruttare le enormi risorse del Sud C

amminare insieme. Ovvero, fare sistema. Se è la strada maestra per rilanciare il turismo archeologico in Italia, lo è soprattutto per le regioni meridionali. L’unico modo per incrementare le presenze nei musei e nelle aree archeologiche. Nel passato non è avvenuto, ma è l’unico modo per dare valore aggiunto al turismo culturale. E’ il nuovo corso voluto dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini; una strategia che, ha affermato Ugo Picarelli, direttore della Borsa Mediterranea del Turismo ed ideatore ben diciotto anni fa della rassegna di Paestum, “deve fondarsi sulla condivisione di intenti tra i gestori dei musei con il territorio e gli operatori turistici”. Naturalmente anche la politica dovrà fare la sua parte, assecondando questo processo con azioni strategiche. Sia per incrementare le presenze turistiche, sia per rendere attrattivi i territori dove insistono tali siti. I beni culturali danno fiato al Mezzogiorno. Nei primi otto mesi del 2015, musei e aree archeologiche hanno registrato un incremento di visitatori del 4,5% e del 13,6% sugli incassi. Ben 28,9 milioni sono stati i turisti che hanno visitato gli attrattori nel periodo considerato per un introito di poco più di 102 milioni di euro. Solo in Campania la spesa turistica dei visitatori è aumentata del 25,5%,

superando la Sicilia che da gennaio ad agosto si è fermata al +21%. E buone sono le previsioni per il 2016, anche per effetto dell’Expo. Oltre a Milano, la provincia di Genova dovrebbe registrare un + 24,1%, quella di Padova +26,7%, Venezia +8%, Roma +9,6%. Tra i centri più piccoli spiccano Varese e Bergamo rispettivamente con +22,4% e +13,5%. “Ora che entra nel concreto la riforma Franceschini di utilizzare gli introiti dei biglietti venduti, si può sperare di fare ancora meglio per recuperare il mercato tradizionale agendo sulla condivisione di intenti tra soprintendenze, territorio ed operatori”, hanno commentato i quattro nuovi direttori dei musei del Sud nominati dal ministro Franceschini, presenti all’evento. Un motivo in più per fare meglio c’è: le regioni del Mezzogiorno hanno a disposizione fondi europei per oltre 500 milioni di euro ma non possono disperderli in tanti rivoli, come fatto in precedenza. “E’ un’occasione da non perdere - ha sottolineato Picarelli - perché rappresenta una svolta, insieme ai maggiori finanziamenti previsti dal Mibact con la legge di stabilità”. Una condivisione delle iniziative e delle strategie, dunque, per un patrimonio culturale di elevata qualità, le cui potenzialità sono ampiamente inespresse. L’obiettivo è la crescita. E questo può avvenire solo con la massima sinergia tra turismo e cultura. “Biso-

gna individuare i target e fare in modo che i grandi attrattori che sono gli scavi di Pompei e la reggia di Caserta non oscurino tutto ciò che c’è sul territorio, ma facciano da traino perché nel Mezzogiorno ed in Campania c’è tanto da visitare”. Ed in questo, ha aggiunto Picarelli, la Bmta ha confermato di essere “un ricco contenitore dove si è spaziato dal dialogo interculturale, alla valorizzazione del patrimonio e la destinazione delle destinazioni turistiche”. La conferma è venuta dal workshop tra gli operatori turistici e trenta buyers esteri scelti dall’Enit, unico incontro tra domanda e offerta riservato al turismo culturale ed archeologico. A parte i numerosi eventi che si sono svolti nel corso della rassegna, che hanno coinvolto anche l’India e la Regione Lazio in qualità di ospiti d’onore, questa edizione della Borsa sarà ricordata per un accordo che sarà sottoscritto entro dicembre tra Legambiente, Soprintendenza archeologica della Campania e Parco archeologico di Paestum per la pedonalizzazione del percorso interno delle mura tra Porta Marina e Porta Aurea. “Un itinerario per ampliare la funzionalità dell’intera area”, ha sottolineato il neo direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel. Eduardo Cagnazzi

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enoturismo / porto&diporto

PASSITALY 2015 Nuovi scenari per Pantelleria P

antelleria è uno dei territori su cui l’Italia deve investire, in termini di innovazione, idee e risorse. E’ questo il messaggio lanciato dal Passitaly 2015, giunto alla sua seconda edizione. La kermesse dedicata ai vini passiti e alla pratica colturale della Vite ad Alberello, ha chiuso i battenti, mettendo in linea una serie di risultati ed alcune priorità nei processi di valorizzazione delle risorse rurali e culturali di Pantelleria. Cinque giorni, dal 23 al 27 di ottobre, in cui una delegazione di giornalisti ha potuto visitare il territorio, conoscerne le peculiarità produttive, viverne l’identità, sviluppando un “percorso” di conoscenza più approfondito con l’isola. Un programma intenso, tessuto anche da diversi workshop dedicati ai grandi temi strategici che caratterizzano Pantelleria e il suo Paesaggio, un sistema rurale fortemente antropizzato, unico nel Mediterraneo. Biodiversità, sostenibilità e agricoltura d’eccellenza compongono, infatti, un “unicum” identitario competitivo dalle grandi potenzialità. Svilupparle è compito delle Istituzioni ma so-

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prattutto della Comunità e dagli attori che possono essere coinvolti in questa “nuova dimensione”, grazie anche al riconoscimento UNESCO e l’inserimento della Vite ad Alberello tra i Beni immateriali diventati Patrimonio dell’umanità. “Occorre che tutti facciano la loro parte - spiega Salvatore Gabriele, Sindaco di Pantelleria - il nostro futuro passa dalla capacità di esprimere una nuova “consapevolezza” del valore della nostra identità rurale, culturale e del Paesaggio. Pantelleria può giocarsi una partita di esemplarità senza eguali. Questo passaggio storico è fondamentale per trasferire ciò che ci viene dal passato in un presente e, soprattutto, in un futuro dove le nuove generazioni trovino condizioni di qualità della vita allineate ad altri territori “felici e carichi d’identità”, dove la viticoltura d’eccellenza è diventata un fattore attrattivo di successo, qualificante, riconosciuto”. A livello planetario sono 162 i territori che possono vantare un valore competitivo legato al paesaggio, alla sua identità e al lavoro dell’uomo. Pantelleria è sicuramente tra i più importanti e suggestivi. Un’isola vulcanica, fortemente antropizzata, tanto da diventare un simbolo d’equilibrio tra uomo e natura, dove si pratica una viticoltura eroica, impegnativa e in un ambiente mutevole e spesso impervio, caratterizzato da terrazzamenti e muretti a secco. Un contesto produttivo dove lo Zibibbo (Moscato d’Alessandria) - il vitigno predominante sull’isola - è protagonista assoluto. Cresce ad alberello, fra anfratti e terrazzamenti, allevato dal vento, con la mano sapiente del contadino pantesco. Un’eccellenza da cui si ottiene un vino, il Passito naturale di Pantelleria, che ha avuto la forza di esprimere punte di vera eccellenza, ottenendo importanti riconoscimenti dalla critica enologica internazionale. Un patrimonio produttivo che oggi vede crescere le aziende impegnate a produrre con qualità, rispettando l’ambiente. Questo territorio deve aprirsi alla conoscenza.

L’Amministrazione di Pantelleria e l’Assessore all’Agricoltura Graziella Pavia hanno presentato l’Itinerario della Vite ad Alberello di Pantelleria, un circuito che attraversa tutta l’isola, svelandone le interazioni suolo – clima esposizione, le tecniche di allevamento e le pratiche colturali che intervengono nella gestione dell’alberello. Un itinerario che si avvale della collaborazione del tessuto produttivo dell’isola e che vedrà l’intervento di guide specializzate. L’obiettivo è quello di tesorizzare il riconoscimento Unesco intercettando una domanda qualificata del turismo d’interesse culturale ed enologico. Pantelleria ha tutte le carte in regola per stabilire un suo originale percorso di crescita e di sviluppo verso questo mercato, certamente di nicchia, ma anche molto qualificato. Su questa linea l’Amministrazione comunale, il governo nazionale e la Regione Siciliana sembrano parlare la stessa lingua. Dario Cartabellotta, Commissario unico del Cluster Bio-Mediterraneo, tra i promotori del riconoscimento Unesco, lega due elementi riconducibili all’esperienza di Pantelleria: “Il riconoscimento UNESCO della Dieta Mediterranea e dell’alberello pantesco hanno segnato una svolta epocale per la Sicilia e l’Italia e l’area del Mediterraneo. L’agricoltura ha assunto il valore che riteniamo qualificante il nostro stile di vita, il nostro approccio al futuro che resta ancorato però alla nostra cultura e a ciò che la rappresenta. Nel vino abbiamo storia, cultura, territorio, uomini e da questi elementi deriva il miglior marketing in grado di avere successo. Pantelleria è quindi un prodotto dell’uomo e della cultura”. Giuseppe Barbera dell’Università di Palermo ne sottolinea tutta l’importanza: “Pantelleria è un’isola sorprendente per la capacità degli uomini di modificare il paesaggio e per la bellezza del territorio. I viaggiatori e altri personaggi storici come Idrisi, Dolomieu, Cesare Brandi e Marquez l’hanno descritta come un paradiso terrestre al centro del Mediterraneo. Pochi altri territori possono vantare una valutazione culturale così rilevante. E’ un patrimonio che deve essere comunicato e riconosciuto anche come fattore di innovazione”. Un concetto, quello dell’innovazione,


che al Passitaly 2015 ha trovato elementi di concretezza in alcuni progetti pilota, condotti sui temi dell’energia da fonti rinnovabili e del bene-essere legato alla valorizzazione della Dieta (Pantesca) Mediterranea. Sull’energia è stato presentato alla stampa un progetto pilota che ha visto in campo il Politecnico di Torino, l’amministrazione del Comune di Pantelleria, Enel Green Power e l’innovativa di Andrea Gulisano. Nei primi di agosto è stato posizionato il primo dispositivo che, sfruttando il moto ondoso, genera energia elettrica. Questo sistema è stato al centro di un incontro dedicato ai fattori strategici che Pantelleria intende acquisire per qualificare e diversificare le fonti d’energia per raggiungere un

più alto grado di sostenibilità sull’isola. Andrea Gulisano di Wave for Energy è fiducioso: “Il nostro obiettivo consiste nello sfruttare l’energia del moto ondoso convertendola in elettricità e quindi applicare tale tecnologia alle esigenze delle comunità delle isole. Il progetto nato nel 2006 presso il Politecnico di Torino utilizza la tecnologia ISWEC che produce energia pulita per 100/150 abitanti. Stimiamo di potenziare l’apporto riuscendo a fornire, in un futuro non lontano, il 10% -15% del fabbisogno di Pantelleria e diventare un una voce importante del mix energetico concretamente disponibile”. L’agricoltura pantesca esprime una forza identitaria che deve essere sostenuta e tutelata. Una valutazione

che trova in Luca Bianchi, Capo Dipartimento delle politiche competitive del Dipartimento Qualità del MIFAAP - un convito sostenitore: “La nostra idea, condivisa con il sindaco di Pantelleria, prende spunto dalla centralità di alcune specificità espressa da territori e produzioni del Mediterraneo. Questo ruolo trova un sua significativa corrispondenza nella specificità e nell’importanza che assume oggi, nell’esperienza anche mondiale, il tema della Dieta Mediterranea. Quale miglior luogo di riflessione può essere Pantelleria, un’isola agricola posta tra l’Europa e l’Africa, quindi naturale luogo di contaminazione e di dialogo tra le varie esperienza del Mediterraneo”. Carolina Sinnopoli

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Le nuove frontiere di sviluppo: gli EAU

La logistica dei veicoli finiti verso un futuro più luminoso

crescita dei volumi del market share significativo; si tratta di connessioni strategiche e servizi molto apprezzati dalla clientela su cui l’azienda sta investendo fortemente. Nel complesso il cluster emiratino è ben pronto, per il successo nell’ambito internazionale; questo è dovuto sia i vantaggi naturali di cui godono gli Emirati Arabi Uniti e le tendenze attuali che continuerà ad alimentare la domanda di servizi di trasporto e logistica nell’area nel prossimo futuro. Il cluster dei trasporti e della logistica fornisce agli Emirati Arabi Uniti, una valida opportunità di diversificare ulteriormente la sua economia, costruire una supply chain, fiorente in ambito pubblicoprivato nazionale affermandosi a livello internazionale. Questa razionalizzazione di strategia competitiva sui mercati ha fatto crescere il processo di internazionalizzazione. L’Italia, in questo contesto, diventa area strategica, con collegamenti importanti anche con il Golfo. Il nostro paese, però, sembra non abbia ancora piena coscienza di tutto questo; ha una normativa “marittima” da ridefinire, tempi lunghi per realizzare infrastrutture e risorse finanziarie per lo sviluppo tutt’altro che ingenti. Ma la sfida è aperta.

accurate per evitare falsi picchi. “Il nostro settore non è un semplice costo da tagliare, ma un asset strategico da valorizzare”. Gareth Williams, responsabile distribuzione Jaguar Land Rover, ha riconosciuto i problemi di capacità e che la produzione degli OEMs è discontinua e variabile. Sia i relatori che i delegati hanno convenuto che approfittare delle innovazioni digitali nei trasporti al fine di sviluppare una rete di consegna del veicolo che sia sostenibile, efficiente, pulita, sicura e senza soluzione di continuità, è essenziale per la crescita a lungo termine e per la prosperità globale. Il settore è in costante evoluzione per soddisfare le esigenze dei consumatori e deve continuare così, facendo un’analisi comparativa con altri fornitori di logistica di prodotti di consumo, per soddisfare le aspettative del cliente. Intervenendo alla Conferenza, Peter Weiss, vice presidente Supply Chain Europa FCA, ha chiamato all’azione collettiva per affrontare i problemi del settore e ha invitato l’industria ad allinearsi nel mettere pressioni ai governi per definire gli standard dimensionali ottimali delle bisarche, tra cui la lunghezza e l’altezza. Il manager ha anche detto che il settore dovrebbe avere una voce congiunta in ambiti quali le

restrizioni al cabotaggio e dovrebbe continuare a far pressione sugli standard di trasporto e gli investimenti nelle infrastrutture. “Parlare è facile, si tratta di passare ora all’azione - ha dichiarato Weiss - Andiamo a vedere cosa possiamo realmente raggiungere piuttosto che aspettare la prossima volta in cui ci riuniremo.” Con la condivisione tra case automobilistiche e LSP che la base di lavoro nel settore ha bisogno di cambiare e che una più stretta cooperazione è una stringente necessità, si è deciso di stabilire una piattaforma comune per poter lavorare insieme a stabilire standard e linee guida che potrebbe beneficiare il settore nel suo complesso. Questa piattaforma comune vuole anche coordinare la lobby dell’industria a livello nazionale riguardo alla revisione della direttiva (UE) 2015/719 sui pesi e le dimensioni massimi autorizzati. “Solo attraverso lo sviluppo della comunicazione e la collaborazione con i clienti saremo in grado di fornire un servizio migliore e più efficiente”, ha concluso Baldissara. La Conferenza Annuale di ECG ha avuto luogo presso l’Hotel Marriott a Vienna il 16 ottobre registrando un record di presenze, a sottolinearne l’importanza come il più importante e più grande meeting di professionisti del settore della logistica dei veicoli finiti in tutta Europa.


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