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lavoro / porto&diporto

Lavoro nei porti la nuova fase della riforma portuale C

on lo schema di decreto legislativo recante “disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169” il percorso della riforma portuale aggiunge un altro tassello al suo completamento. Comincia così un’ulteriore fase di perfezionamento che punta, nelle parole del ministro Delrio, ad “affinare gli strumenti” messi a disposizione per il rilancio degli scali della penisola. “Argomenti – ha spiegato in sede di comunicazione alla Commissione Lavori pubblici del Senato – appositamente evitati nella prima versione della riforma per non creare un ulteriore peso alla sua implementazione”. Tra questi spicca senza dubbio il meccanismo di organizzazione del lavoro che da competenza generica dell’ente portuale viene “traslata” al Presidente dell’AdSP in aderenza al ruolo che gli viene riconosciuto nell’ambito della nuova governance. Nello specifico, l’art.7 del decreto, oltre ad alcune norme di rettifica e di coordinamento delle disposizioni, prevede che il Presidente dell’Autorità di sistema portuale “adotti il Piano dell’organico del porto dei lavoratori delle imprese di cui agli articoli 16, 17 e 18, previa delibera del Comitato di gestione, sentita la Commissione consultiva, sulla base dei piani di impresa, degli organici e del fabbisogno lavorativo comunicati dalle imprese

di cui agli articoli 16 e 18 e dell’organico del soggetto di cui all’articolo 17”. “Strumento per garantire flessibilità dell’offerta e garanzie per i lavoratori”, ha garantito Delrio, il piano dell’organico “è aggiornato ogni tre anni e ha valore di documento strategico di ricognizione e analisi dei fabbisogni lavorativi in porto e non produce vincoli per i soggetti titolari di autorizzazioni e concessioni di cui agli articoli 16 e 18, fatti salvi i relativi piani di impresa e di traffico”. Questi ultimi, proposti dai soggetti economici richiedenti concessioni portuali, “indicano anche precisi impegni sui volumi di traffico e sul livello di assunzioni”. In capo al vertice dell’AdSP anche le misure di politiche attive del lavoro indirizzate a intervenire sulle criticità del mercato. Previa comunicazione con il MIT il presidente può adottare “piani operativi di intervento” indirizzati alla formazione professionale (riqualificazione o conversione del personale); eventuali misure di sostegno al reddito per un periodo massimo di cinque anni; ricollocazione del personale inidoneo alle mansioni previste nell’ambito della fornitura del

lavoro portuale. “Le nuove disposizioni – ha sottolineato il ministro – non stravolgono l’impianto della legge 84/94 ma rappresentano un modo di stare nel solco dei cambiamenti avvenuti in questi anni rendendo il sistema più moderno e operativo”. Meccanismi inediti che tra denuncie di ricorso all’autoproduzione in alcuni porti e l’istituzione in altri di agenzie del lavoro (con un ritardo ventennale rispetto a quanto prevedeva la legislazione in materia) dovranno contribuire anche a riportare “in trasparenza le regole del gioco”. Ne è convinto, ad esempio, il senatore Marco Filippi, relatore sulla riforma portuale, che non ha nascosto come “sulla manodopera l’architettura di regole esistente è venuta spesso meno, in mancanza di una regia pubblica forte”. Amplificando quella tendenza alla polarizzazione del lavoro sulle banchine, “tra precarizzazione spinta e presa in carico dei lavoratori da parte del pubblico”, che rappresenta forse la vera posta in gioco del futuro. Giovanni Grande

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