Il design nella società contemporanea

Page 1



Gli oggetti non sono oggetti Andrea Branzi

Introduzione Patrizia Ranzo

Tempo, design e innovazione, una relazione autopoietica 1.1_La 'società estemporanea': il design come attrattore sociologico pag. 19 La compressione della vita in un bit pag. 23 1.2_Nowness: design senza tempo o tempestivo pag. 37 La 'memoria estemporanea' pag. 45 1.3_”Technium”: il ruolo della tecnologia nei processi di innovazione pag. 53 Il processo 'tecno-reversibile' pag. 56

L’evoluzione del prodotto nel network della conoscenza 2.1 Dalla materia alla materia grigia: l’internet of things pag. 63 Approcci progettuali pag. 66 Responsabilità connesse pag. 76 2.2 'Oggetti avatar': il prodotto nell’era dei makers pag. 87 Il rapporto 1:1 tra prodotto e consumatore pag. 89 I postulati del design e l’autoproduzione 2.0 pag. 92 2.3 Dalla Warenkunde all’estemporaneità: i futuri della merce pag. 99 No-Wares: oltre le categorie merceologiche pag. 101 A-Wares: merce consapevole pag. 108

Le metamorfosi progettuali nell’era del surplus cognitivo 3.1 Design Connettivo: l’incontro è il prodotto pag. 119 Verso processi estemporanei; la visione antropologica pag. 125 3.2 La teoria del sempre: produzioni a tempo zero pag. 131 Interpretazioni possibili pag. 138


Questo libro può essere letto in due tempi, uno lento, mediante il testo che conserva l’impaginazione classica e uno veloce, per il quale il testo è posto al margine superiore della pagina ed è pensato come trattazione frammentata. Il sistema di pittogrammi riportato nella pagina accanto indica le diverse modalità di lettura; partendo dall’alto verso il basso i segni indicano: lettura veloce, lettura veloce accompagnata da grafici, lettura fatta attraverso i grafici, lettura fatta attraverso approfondimenti virtuali. In media il libro può essere letto in 8 ore in modalità lenta e in 55 minuti in modalità veloce.



Andrea Branzi

Gli oggetti non sono oggetti


Anche se strumenti per abitare o lavorare, gli oggetti sono “presenze attive” con cui l’uomo stabilisce da sempre relazioni complesse, costituite da componenti psicologiche, simboliche, letterarie; in questo senso gli oggetti non sono mai “semplici oggetti”, cioè nudi strumenti mono-funzionali, ma segmenti di un universo antropologico fatto di relazioni, materiali e immateriali, la cui esistenza è stata ancora poco indagata. Protagonisti della scena umana, nascono come uso tecnologico dell’estetica e uso estetico della tecnologia. Nella nostra “Civiltà Merceologica” il flusso molecolare e ingovernabile degli oggetti, trasferibili, esportabili, provvisori, hanno de-territorializzato i luoghi urbani, trasformandoli in piattaforme illimitate di scambi, informazioni e servizi. Possiamo dire che se un tempo la città poteva essere definita come il teatro dell’architettura, essa è oggi “un tessuto illimitato caratterizzato da un p.c. ogni 20 mq”. Questo vuoto in realtà non è un vuoto; lo spazio è attraversato da un flusso continuo di informazioni e relazioni destinate a una “società estemporanea”, costituita da sette miliardi di persone, ognuna delle quali rappresenta una variante genetica irripetibile, che afferma la propria unicità attraverso la selezione degli oggetti che la circondano e che esibisce. Gli oggetti sono dunque una presenza sacra perchè legata alla sacralità della persona; essi continuano a vivere oltre i tempi del loro uso quotidiano. Non conoscono la notte e nella notte sopravvivono immobili a se stessi.

9


Patrizia Ranzo

Gli oggetti ci pensano. La visione antropo-tecnologica del design


Nel 2012 Neil MacGregor ha curato il libro “La storia del mondo in 100 oggetti”, una curiosa trascrizione di un programma radio trasmesso dalla BBC. Obiettivo del programma era raccontare, attraverso la collezione del British Museum, la storia degli uomini attraverso un numero definito di oggetti. Oggetti che gli ascoltatori avrebbero dovuto immaginare nel corso della trasmissione o vedere direttamente al museo. Operazione di successo e molto riuscita, ma dove sembra essere quasi assente del tutto il mondo contemporaneo, ovvero gli oggetti significativi in grado di rappresentarlo. Incapacità dei curatori oppure carenza nella collezione del museo? La ragione è, in modo complesso ed articolato, spiegata in questo libro scritto da una giovane ricercatrice partita da una laurea in design per la moda, specializzata con una laurea in design per l’innovazione, dottore in design, appassionata ed acuta osservatrice dei fenomeni contemporanei legati al mondo creativo. Gli oggetti sono fatti di tempo, sono il tempo stesso: in alcuni momenti della storia hanno incorporato la nostra umanità, ci rappresentano attraverso il pensiero che li ha formati, la mano che li ha creati. Sono simil-umani così come gli animali domestici somigliano curiosamente, attraverso un percorso evolutivo parallelo, all’essere umano e alle sue espressioni. Una proiezione, quella degli uomini sugli oggetti, che dura da millenni. Andrea Branzi nel 1985 intitolò una mostra ed una famosa collezione di oggetti “Animali domestici”, proprio a testimonianza di questo colloquio evolutivo tra cose e persone. La profondità delle cose, la loro umanizzazione, è senz’altro data (come per gli animali domestici) dal tempo, ma anche dagli eventi e dalle culture da cui sono scaturiti. Da testimoni raccontano e consentono agli uomini di raccontarsi, di esprimere il proprio pensiero in loro assenza. L’assenza, quella sorta di incompiutezza che le cose esprimono deprivate dalla società che le ha concepite è la poeticità degli oggetti stessi. Una profondità marina che supera il tempo e lo spazio e si fa pensiero. “E’ l’oggetto che vi pensa” afferma Baudrillard (Baudrillard J., 2003) sintetizzando il complesso rapporto tra l’uomo e l’oggetto. Gli oggetti dunque, attraverso l’accesso alla nostra umanità, 11


ci pensano, raccontano, esercitando un privilegio che è caratteristicamente umano: nel saggio L’animale che dunque sono Jacques Derrida (Derrida J., 2006) afferma che l’uomo è un animale autobiografico, ovvero l’uomo è un animale che scrive la propria vita; l’affermazione della propria umanità risiede in questa differenza rispetto agli altri esseri viventi. L’analoga capacità ‘autobiografica’ degli oggetti rispecchia la loro simil-umanità ed è su questa caratteristica del mondo oggettuale che “La storia del mondo in 100 oggetti” ha fondato le sue ragioni. Tornando a quanto osservato precedentemente, nel libro di MacGregor il ventesimo ed il ventunesimo secolo (ovvero i primi 10 anni a noi contemporanei) sono rappresentati da 6 oggetti incapaci di raccontare un periodo storico così denso e ricco di rivoluzioni piccole e grandi: un piatto della rivoluzione russa, un’acquaforte di Hockney per un periodo che va dal 1914 al 2000; un trono fatto d’armi, una carta di credito islamica, una lampada solare ed un accumulatore per i primi dieci anni del nuovo millennio. Il racconto che emerge da questi oggetti elude la storia straordinaria che abbiamo vissuto ma anche e soprattutto la rivoluzione che le cose hanno subito incuneandosi nello spazio-tempo tra gli uomini e la tecnologia contemporanea. La loro complessa dimensione antropo-tecnologica è il dato della curva evolutiva che li rappresenta: liberati dalla necessità della materia e dalle dimensioni ad opera della tecnologia essi scrivono continuamente la loro storia di tecnemi o di puri oggetti. Il vaso continua a declinarsi in innumerevoli possibilità, la sedia ad esprimersi attraverso differenti configurazioni date dai nuovi materiali, gli innumerevoli device elettronici ad evolversi in modo quasi istantaneo: il percorso continua ma gli oggetti diventano sempre più contenitori di pensieri ed espressioni della complessità della nostra vita. Essi raccontano, ma soprattutto ci interrogano, pongono nuove questioni sul tavolo del dibattito intorno al progetto. Questa dimensione critica degli oggetti, che diventa quasi simbolica, è un aspetto della fase contemporanea, della nostra condizione di abitanti di un ambiente caratterizzato da una forte compenetrazione tra tecnologia, natura ed artificio. La società merceologico-digitale si è appena compiuta, la12


sciandosi dietro un universo saturo di merci, informazioni e tecnologie che fanno parte del nostro quotidiano. Una vegetazione densa che ormai è la nostra nuova natura. In questa condizione completamente realizzata che molti definiscono “post-digitale”, torna la centralità dell’umanizzazione delle tecnologie, la necessità di integrazione di tecnologie digitali nel mondo fisico, di esperienze tangibili e reali amplificate nel mondo virtuale. Mel Alexenberg, riferendosi al mondo dell’arte, descrive molto bene quella che è una condizione immersiva delle nostre esistenze e, insieme, del sistema degli oggetti: “L’arte post-digitale si riferisce ad opere d’arte che affrontano l’umanizzazione delle tecnologie digitali attraverso interazioni tra sistemi digitali, biologici, culturali e spirituali, tra cyberspazio e lo spazio reale, tra media e realtà mista di comunicazione sociale e fisica, tra l’alta tecnologia e le esperienze high touch, tra visiva, tattile ed uditiva, e esperienze multimediali cinestetiche, tra realtà virtuale e aumentata, tra radici e globalizzazione …” (Alexenberg M., 2011). Come si può vedere tali fenomeni individuano un universo difficile da descrivere nella sua complessità in continuo farsi e nella sua natura “vegetativa” fluttuante e mutevole dove il dato certo è la compressione del tempo “creatore” e l’istantaneità e la compenetrazione degli eventi, delle culture, delle differenze in un brodo labile che tanto somiglia al caos primigenio. La ricerca di Giulia Scalera ha il grande merito di cercare di cogliere in un unico sguardo questa realtà dai tanti fuochi prospettici; attraverso uno studio puntuale descrive le molteplici nature degli oggetti che ci accompagnano nella nostra storia, i fenomeni che li generano, le trasformazioni che ne conseguono nell’organizzazione della società e dei suoi meccanismi riproduttivi. Un lavoro importante per la cultura del progetto di design che è chiamata ad esprimere continuamente la sua visione critica nel mondo fisico e virtuale. Tutto ciò con uno sguardo limpido ed appassionato, positivo nella sua visione del mondo, così come è espresso in un passaggio iniziale del libro: “La contemporaneità è caratterizzata da forti pressioni dovute al diffuso stato di precarietà, generato dal crollo di alcuni principi sociali che hanno condotto verso una profonda crisi dei valori materiali ed immateriali, in 13


tale stato, è di fondamentale importanza ai fini dello sviluppo e della ripresa socio-economica cogliere questa labilità come un’opportunità. Le condizioni instabili del quotidiano, filtrate attraverso un sguardo positivo, possono essere riattivate da un insieme di valori e soluzioni costruttive che, pur avendo la leggerezza di un bit e il secondo come tempo di azione, riescono a migliorare alcuni momenti della quotidianeità, frammenti che sommati sistematicamente tra loro formano il totale ciclo di vita umano.” La “società estemporanea” descritta da Scalera quindi, partendo da un termine abitualmente usato quasi in senso negativo, ci restituisce un orizzonte di possibilità in un mondo che possiamo vedere come ancora aperto ad ulteriori e continui sensi, in cui le cose ci appaiono come “nodi di relazioni, ponti e raccordi”: opportunità per la nostra condizione umana. Infine, grazie Giulia per questo percorso insieme, per le nostre conversazioni e riflessioni: mantieni la tua mente attenta ed alimenta la tua curiosità intellettuale.

14


Bibliografia Alexenberg M. (2011). The Future of Art in a Postidgital Age. Bristol: Intellect Ltd. Baudrillard J. (2003). E’ l’oggetto che vi pensa. Aprica (Svizzera): Pagine d’Arte. Derrida J. (2006). L’animale che dunque sono. Milano: Jaca Book. MacGregor N. (2012). La storia del mondo in 100 oggetti. Milano: Adelphi.

15



Tempo, design e innovazione, una relazione autopoietica


Italo Calvino

“I romanzi lunghi scritti oggi forse sono un controsenso: la dimensione del tempo è andata in frantumi, non possiamo vivere o pensare se non spezzoni di tempo che s’allontanano ognuno lungo una sua traiettoria e subito spariscono. La continuità del tempo possiamo trovarla solo nei romanzi di quell’epoca in cui il tempo non appariva più come fermo e non ancora come esploso, un’epoca che è durata su per giù cent’anni, e poi basta”


La 'società estemporanea': il design come attrattore sociologico

La storia umana, anche quella prodotta dalle forme più povere di vita, è attraversata da oggetti e manufatti che rappresentano l’attitudine degli uomini di essere “animali estetici”1, ovvero, esseri viventi capaci di trasferire nelle cose la propria esperienza ed evoluzione. L’uomo si riconosce “negli oggetti, molto più che nella storia dell’arte e dell’architettura, troppo piene di capolavori e prive della necessaria mediocrità quotidiana”2, utile ad esprimere attraverso semplici manufatti i cambiamenti sociologici e antropologici dell’umanità. Nel corso del suo sviluppo il design ha maturato un’alta capacità di deduzione dei fenomeni sociali trasferita all’interno degli oggetti, i quali svolgono il ruolo di traduttori materici dei fenomeni culturali che attraversano la società. Gli elementi fondamentali che sono alla base dei mutamenti sociali, sono per la disciplina del design postulati essenziali sui quali sviluppare il proprio statuto culturale; questi elementi, entrati nella fi liera progettuale e posti al centro del processo di progettazione, garantiscono una risposta positiva delle produzioni non solo in termini economici, ma anche rispetto alla loro capacità di contribuire alla crescita della società. La capacità di osservazione e interpretazione in termini materici del sociale da parte del design si è nel tempo evoluta, tanto da invertirne l’influenza grazie alla diffusione di progetti che promuovono nuovi scenari comportamentali in grado d’incidere profondamente nella vita delle persone. “Il design insieme alle sue implicite funzioni pratiche, esprime anche implicite funzioni sociali”3; esso oltre a “dare forma al pensiero, ha la possibilità di ridare pensiero alle forme, e di dare vita a un’estetica antro-poetica, sviluppando una visione dell’uomo e del mondo senza la quale la tecnica prevale sul linguaggio e sul pensiero, mentre nel design la tecnica è un processo in cui innescare la ricerca espressiva e la responsabilità etica verso la valorizzazione della collettività”4. 19


La storia umana, anche quella prodotta dalle forme più povere di vita, è attraversata da oggetti e manufatti che rappresentano l’attitudine degli uomini di essere “animali estetici”1, ovvero, esseri viventi capaci di trasferire nelle cose la propria esperienza ed evoluzione.

L’andamento bidirezionale che va dal sociale al design e dal design al sociale può essere descritto attraverso il parallelismo fatto da Landri che pone da un lato la visione di David Émile Durkheim, secondo il quale “i fatti sociali sono cose”, e dall’altro la stessa reinterpretata al contrario, per cui, “le cose sono fatti sociali”. “Questo parallelismo mette in dubbio il dogma che porta la sociologia a considerare che solo la “parte human” è capace di azione, mentre il design dimostra che anche le “cose” agiscono (gli spazi, le tecnologie, ecc.) e hanno una capacità di trasformazione, poiché sono in grado di modificare la struttura dell’interazione sociale in maniera significativa” (Landri P., 2011). Remo Bodei approfondisce il significato delle “cose” partendo dall’analisi etimologica del termine e trovando in esso radici di stampo sociologico; “cosa è contrazione di causa, nel senso di ciò che ci sta a cuore, che riteniamo tanto importante da coinvolgerci nella sua difesa”5, infatti il termine causa, a sua volta forma contratta dal latino classico res, descrive l’azione di riunirsi in assemblea per discutere di questioni importanti. La stessa res publica indica ciò che merita una discussione pubblica e fonda il senso di appartenenza dei cittadini alla comunità attraverso un principio di deliberazione collettiva per cui le cose sono “ponti di collegamento, raccordi tra civiltà e natura, centri di relazioni molteplici”6. Le “cose” sono medium collettivi che aumentano la connessione tra più soggetti, esse, parafrasando la provocazione antropotecnica di Peter Sloterdijk, riescono ad attivare la “produzione di uomini a mezzo di cose”7 ristrutturandone i processi evolutivi. In questo contesto è importante valutare quali sono le implicazioni sociali che produce il design (come mezzo di produzione culturale delle cose) quando entra in contatto con le tecnologie digitali e quando si confronta con lo scenario attuale caratterizzato da oggetti che richiamano la nostra atten20


La capacità di osservazione e interpretazione in termini materici del sociale da parte del design si è nel tempo evoluta tanto da invertirne l’influenza, dimostrando che anche le “cose” agiscono (gli spazi, le tecnologie, ecc.) e hanno una capacità di trasformazione, poiché sono in grado di modificare la struttura dell’interazione sociale in maniera significativa.

zione la quale “si sposta incessantemente, e che oggi elude oggetti ed eventi da cui sino a ieri era attratta, e domani rifuggirà da oggetti ed eventi che oggi l’appassionano”8. Viviamo in una società liquido-moderna dove ciò che conta è la velocità e non la durata (Bauman Z., 2002); è un contesto inafferrabile che se volessimo descrivere seguendo l’approccio narrativo utilizzato da Aldous Huxley (Huxley A., 1932) in Brave New World, nel quale descrive l’evoluzione del mondo nuovo per l’anno 2540 attraverso i valori di comunità, identità e stabilità, dovremmo necessariamente sostituire l’ultimo valore con il concetto di instabilità. La contemporaneità è caratterizzata da un diffuso stato di precarietà generato dal crollo di alcuni principi sociali che hanno condotto verso una profonda crisi dei valori immateriali e materiali. In tale stato, ai fini dello sviluppo e della ripresa socio-economica, bisogna cogliere questa labilità come un’opportunità. Le condizioni instabili del quotidiano, filtrate attraverso un sguardo positivo, possono essere riattivate da un insieme di valori e soluzioni costruttive che, pur avendo la leggerezza di un bit e il secondo come tempo di azione, riescono a migliorare alcuni momenti della quotidianità, frammenti che sommati sistematicamente tra loro generano il ciclo di vita umano. Quest’ultimo, ormai segmentato in un tempo puntinillistico9, volge con modalità sempre più istantanee e complesse che grazie all’ausilio dello sviluppo tecnologico, possono essere interamente supportate da sistemi, oggetti e applicazioni in grado di facilitarne l’andamento ed il percorso. In un contesto in continua mutazione all’interno del quale dobbiamo imparare a nuotare in un vasto mare d’informazioni “per fortuna possiamo contare su alcuni strumenti di supporto, (…) abbiamo internet e le <<autostrade dell’informazione>>, che ci permettono di collegarci rapidamente, <<in tempo reale>>, 21


Le “cose” sono medium collettivi che aumentano la connessione tra più soggetti, esse, parafrasando la provocazione antropotecnica di Peter Sloterdijk, riescono ad attivare la “produzione di uomini a mezzo di cose”7 ristrutturandone i processi evolutivi.

agli angoli più remoti del pianeta (…) oggetti che teniamo notte e giorno a portata di mano, ovunque andiamo”10. Tra questi, le produzioni nate dalla ricerca Internet of Things (condotta all’Auto_ID Lab con sede al MIT) e dallo sviluppo delle applicazioni digitali hanno generato sistemi di prodotti capaci di comunicare tra di loro e di modificare autonomamente le proprie funzioni grazie alla costante connessione al vasto bacino d’informazioni diffuse in rete, riflettendo istantaneamente gli sviluppi di un “mondo in liquefazione” (Bauman Z., 2005) e in continuo divenire. Progetti in grado di modificare abitudini e sviluppare attitudini umane che viaggiano e si consumano ad alta velocità, tanto da costruire come afferma Branzi, “una società fluida e una democrazia elastica, (...) che produce programmi come risultato di un’energia genetica diffusa e priva di metafisica”11. In seguito alla riduzione della misura tempistica che ha permeato ogni azione del quotidiano, incidendo su cambiamenti che vanno dagli stili di vita alle evoluzioni dei cicli di prodotto, dalla trasformazione delle merci alle tipologie di consumo, si è sviluppato un profondo cambiamento sociologico che configura il XXI secolo come l’era dell’immateriale, del fugace e dell’istantaneo. I cambiamenti che l’ultima generazione del design ha prodotto ibridando la componente materiale delle produzioni con quella immateriale della tecnologia, fanno emergere l’esigenza di definire uno scenario sociale e culturale all’interno del quale calare i futuri progetti per l’innovazione. “Il design non è, infatti, solo l’espressione della società moderna e contemporanea, ma è la sua “forma dominante”, cioè quella in cui tutte le altre e le immagini vengono a iscriversi, perché della società progetta le forme della cultura materiale e del quotidiano, e quelle immateriali dell’immaginario, del simbolico, della conoscenza, e dello stesso desiderio, e non solo quelle degli artefatti e delle reti. E’ l’uomo stesso allora e il sistema dei suoi 22


Con questo approccio il design, agendo come un attrattore sociologico, dove il suo ruolo è dunque quello di “equilibrare tecnologia, cultura e interessi per l’uomo, il contesto sociale e l’ambiente”13 , prefigura una ‘società estemporanea’.

saperi che ne viene toccato, mutato, contaminato”12. Con questo approccio il design, agendo come un attrattore sociologico, dove il suo ruolo è dunque quello di “equilibrare tecnologia, cultura e interessi per l’uomo, il contesto sociale e l’ambiente”13, prefigura una ‘società estemporanea’ dove ogni gesto del quotidiano si connette immediatamente alla sfera globale attraverso strumenti digitali che danno risposte istantanee ai molteplici bisogni umani, nati come frutto di un mondo da riscrivere continuamente, che si nutre di “corsa”14, della “conoscenza collettiva” (Lévy P., 1996) e “connettiva” (Buffardi, A., De Kerkhove, D., 2011). In una siffatta società oltre all’esigenza dell’integrità e dell’osmosi tra persone, luoghi e oggetti, il valore del tempo assume un ruolo fondamentale. Non più l’ora o il minuto ma il secondo diventa l’unità di misura attraverso cui valutare la valenza delle risposte date, in termini di prodotti e servizi, alle domande mosse dal mercato e nello specifico da ogni singolo consumatore. La 'società estemporanea', sviluppata come modello olistico, incardina i propri postulati nell’evoluzione tecnologica integrata al design e al valore del tempo, intendendo tale ibridazione un composto unico e strettamente interconnesso, attraverso cui produrre e consumare nuove esperienze.

La compressione della vita in un bit La 'società estemporanea' è fondata sull’esigenza di migliorare continuamente e quasi istantaneamente la qualità della vita attraverso la proposizione di atteggiamenti e pensieri condensati in sistemi di prodotti e sevizi capaci di stimolare il valore della “felicità del quotidiano”15. Un approccio collegato al diretto bisogno di acquisire nell’arco di un giorno il valore della felicità, ormai non più intesa per tutta la vita ma conformata in perfor23


In essa ogni gesto del quotidiano si connette immediatamente alla sfera globale attraverso strumenti digitali che danno risposte istantanee ai molteplici bisogni umani, nati come frutto di un mondo da riscrivere continuamente, che si nutre di “corsa”14 , della “conoscenza collettiva” (Lévy P.,1996) e “connettiva”(Buffardi, A., De Kerkhove, D., 2011).

mance giornaliere che l’indomani possono modificarsi, crescere e decrescere, cambiando repentinamente morfologia e stato come accade con le condizioni meteorologiche che nell’arco di giorni, ore e minuti possono subire drastiche variazioni. A questo aspetto si fonde il concetto di fiducia che, scollatosi dalla dimensione umana, si ripone nei sistemi di oggetti connessi alla rete, confidando nella possibilità di poter usufruire di strumenti sicuri e affidabili, capaci di fornire risultati attendibili e soprattutto immediati ad ogni tipologia di richiesta. Attraverso una semplice analisi quantitativa dei sistemi informatici con i quali ci relazioniamo ogni giorno, possiamo capire come 'estemporaneamente' avvengono gli scambi tra le persone, o fare un’analisi generazionale per documentare gli sviluppi e gli andamenti mai rettilinei della mente e della materia, per rendersi conto che le cose, gli oggetti e noi stessi ci modifichiamo con modalità istantanee. Viviamo nell’era delle identità generative, caratterizzate dalla predisposizione al cambiamento e alla crescita continua e latente. Da questo contesto emergiamo come individui amplificati, capaci di convogliare in noi stessi una serie di caratteristiche recuperate dalla collettività. Bauman a questo proposito parla di “una responsabilità realmente planetaria, che consiste nel riconoscimento del fatto che tutti noi che condividiamo il pianeta dipendiamo, per il nostro futuro e per il nostro presente, gli uni dagli altri, che nulla di quello che facciamo o non facciamo è irrilevante per il destino di chiunque altro, e che nessuno di noi può più cercare e trovare riparo individualmente dalle tempeste che nascono in un punto qualsiasi del pianeta”16. L’uomo non vive più come singolo soggetto e non si affida più soltanto alle proprie competenze per risolvere una problematica, ma tende a sommare esperienze differenti provenienti da una pluralità di soggetti, delineando nuovi spazi di confronto intellettuale ed innovativi paesaggi produttivi capaci di implementare la ce24


La 'società estemporanea', sviluppata come modello olistico, incardina i propri postulati nell’evoluzione tecnologica integrata al design e al valore del tempo, intendendo tale ibridazione un composto unico e strettamente interconnesso, attraverso cui produrre e consumare nuove esperienze.

lerità della costruzione di un modo in progress. Leonard Reed (1958), nel il saggio Io matita spiega, attraverso la descrizione del processo produttivo di una matita, il percorso additivo della conoscenza, secondo il quale ogni individuo padroneggia una sola fase del processo produttivo e nessuno lo governa nella sua interezza. Su questa frammentazione della conoscenza che mostra, anche se solo parzialmente, la complessità del sistema sul quale si fondano le organizzazioni produttive, Matt Ridley afferma: “quello che abbiamo fatto nella società umana attraverso lo scambio e la specializzazione è stato aver creato l’abilità di produrre cose che non capiamo nemmeno”17. Ogni individuo è un neurone di un cervello colletivo che, grazie alle nuove tecnologie nella 'società estemporanea', agisce ad alta velocità aumentando il tasso di innovazione sociale, culturale ed economico della collettività.

Oggetti narrativi e strumenti connettivi L’evoluzione tecnologica e la diffusione di oggetti intelligenti ci hanno “catapultati” in una dimensione di vita che Gillo Dorfles (2008) defisce come Horror Pleni, ovvero una condizione nella quale siamo impigliati in un groviglio di messaggi istantanei sempre più difficili da gestire. Dorfles riferendosi alle “creature completamente virtuali, le manipolazioni genetiche e le distorsioni del gusto” che l’evoluzione digitale sta originando attraverso lo sviluppo di “pseudo-oggetti” e “pseudo-eventi”, propone nuovi modi e maniere per vivere al meglio quest’evoluzione culturale e coglierne il senso propulsivo. Con lo stesso approccio propositivo si definisce la 'società estemporanea', la quale non promuove superficialmente la “straordinaria ampiezza dell’informazione, che proprio per la 25


La ‘società estemporanea’ è fondata sull’esigenza di migliorare la qualità della vita attraverso la proposizione di atteggiamenti e pensieri che confluiscono in prodotti e sevizi capaci di produrre soluzioni atte a stimolare il valore della felicità del quotidiano16.

sua inesorabile continuità, finisce per condensarsi nell’assenza di quell’intervallo temporale di cui l’individuo abbisogna”18, bensì fonda sulle nuove tecnologie la possibilità di amplificare e arricchire sempre più velocemente le vite, i rapporti, le culture e gli sviluppi umani. Il tempo istantaneo e il valore delle connessioni digitali che coinvolgono oggetti e persone, nella 'società estemporanea', non rischiano né di perdere la “privatezza del pensiero”19 né di generare un’“affollata solitudine”20, in quanto è una condizione che attiva e stimola la creatività, generando un ambiente nel quale il design e l’innovazione trovano terreno fertile per l’intersezione di culture, conoscenze e soprattutto attitudini di sviluppo attraverso le quali immaginare continuamente nuovi scenari. L’evoluzione sociale guidata dal design amplifica i rapporti umani che dalle reti di persone arrivano alle reti di persone e oggetti. Se da un lato, grazie allo sviluppo dei social network, sono migliorate le possibilità relazionali tra la gente, come dimostrato dal Dunbar Number21 secondo il quale è stato superato il limite antropologico delle 150 persone con le quali riuscire ad avere rapporti diretti, dall’altro attraverso l’Internet of Things sono migliorate le “capacità relazionali tra gli oggetti”. I rapporti socio-creativi nati dall’estemporaneità si sviluppano in una dimensione simbiotica con questi elementi, definiti 'oggetti narrativi'. Strumenti che, superando la loro fattezza materica, hanno molto da raccontare e lo fanno diffondendo continuamente contenuti che viaggiano alla velocità del bit, e con la stessa velocità si arricchiscono e si moltiplicano attraverso continui contatti costruttivi con migliaia di persone, componendo un sistema di connessione tra oggetti, persone e luoghi che ha completamente soppiantato il semplice interagire tra la gente. In seguito a questa tendenza l’offerta di prodotti e servizi non è più rivolta a entità singole, intese sia come persone che come oggetti, ma a comunità molto più vaste e infor26


A questo si fonde il concetto di fiducia, che, scollatosi dalla dimensione umana, si ripone nei sistemi di oggetti connessi alla rete, confidando nella possibilità di poter usufruire di strumenti sicuri, affidabili e di ottima qualità, capaci di fornire risultati attendibili e soprattutto immediati ad ogni tipologia di richiesta.

mate che, gratuitamente e impiegando pochi istanti, riescono a rispondere con approfondimenti e statistiche a ogni tipologia di richiesta del consumatore. Dalla ricerca d’informazioni culturali alla scelta di prodotti da acquistare, i migliori suggerimenti si ottengono dall’intelligenza collettiva che si diffonde attraverso oggetti configurati come protesi corporee, costantemente presenti e attive intorno a noi. Come propedeutico all’esigenza dell’evoluzione istantanea sta fiorendo un sistema di intelligence tools che aiutano ad agire in velocità; non a caso Google con il lancio di Google Instant ha innovato il suo sistema proponendosi con il seguente claim: “Stiamo innovando la nostra tecnologia e infrastruttura per aiutarti a ottenere risultati di ricerca migliori, ancora più velocemente”. La rivoluzione IT ha trasformato il mondo che da “connesso” diventa “iper_connesso” (Frideman T. L., 2011) rendendo sempre più veloci le azioni del quotidiano. Un significativo esempio di sviluppo in tal senso è il progetto Tesco Homeplus Virtual Subway (qrcode pag. 30). La Tesco (importante catena di supermercati britannica), analizzando lo scenario contemporaneo e gli stili di vita che si muovono ad alta velocità, ha evidenziato come la sempre più incisiva riduzione del tempo influisce sul cambiamento delle modalità di acquisto dei prodotti alimentari che, grazie al loro progetto, possono essere acquistati in metropolitana attraverso la digitalizzazione dei prodotti di largo consumo. La “decontestualizzazione d’acquisto” è stata realizzata mediate una gigantografia che mostra, in una metropolitana del Sud della Corea, le scaffalature del supermercato contenenti i prodotti alimentari suddivisi per categoria. Grazie alla QR Code Technology, fotografando con uno smartphone il codice di ogni prodotto, è possibile comporre un carrello virtuale che a mezzo mail sarà spedito al deposito alimentare Tesco, dove il personale provvede alla composizione del pacco e alla spedizione della merce direttamente a casa 27


Instant Design_susanna legrenzi Instant Design è una “book app” per iOS, realizzata in tempo reale durante la Milano Design Week 2011 e rilasciata su App Store dopo 24 ore dalla chiusura dell’evento. Il progetto, attraverso la sperimentazione delle nuove tecnologie nei processi di comunicazione, minimizza i tempi redazionali rendendo 'estemporanea' la fruizione dei contenuti.

28


29



Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.