Walter Vergallo su Claudia Ruggeri

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"Regno" e la "Città" ne i/ Matto capovolto, il "Trucco" e la "Macchia" nella lettera al Matto.... L'Assassino", in limine; il "dio Contrasto", l'Uguale" e il "Dimenticatore" nel lamento dello Straniero I, la "Distrazione" e il "Divoratore" nel lamento dello Straniero II, l' “Artificiere” e l' “Avverso" - metafora aggressiva, contrastiva della figura ornitologica del falco -, nel lamento dell'Uccello colpito, il "Cattivo" e la "Balena" ne la pena dell'Attore, la "Macchia pulcherrima" nella preghiera dell'Attore e, infine, il "Colmo" nel congedo; figurazioni del contrasto bene-male e del conflitto tra essere e dovere essere, tra libertà e coazione): ombre simboli, fisici e metafisici, tra cui giganteggiano il "Matto" l'Amante" e l'Attore", proiezioni figurali di quel diario(zibaldone) d'amore che è l'inferno. Quando il rapporto con il mondo non è (più?) di natura serena rassicurante razionale, l'io diventa instabile caotico cosmico psichicamente, e linguisticamente, franto deviato trasgressivo. Perciò la scrittura di Claudia predilige il prelogico il semiotico la verticalità del segno-sogno la violazione dell'ordine costituito la pulsionalità del ritmo lo slittamento di senso il transfert semantico; essa è bordo soglia corda clownesca straniero, luogo onirico. Dietro di essa c'è la crisi della poesia degli Anni '80, letteraria e civile: per la parte letteraria, soprattutto l'inconciliabilità tra parola e cosa, la 'poetica', di ascendenza heideggeriana, del "non ancora" e del "non più" e il gioco drammatico di specchi tra poesia e vita; da ciò derivano il polimorfismo la perdita del linguaggio come funzione la disarticolazione del reale e della lingua il poliglottismo la polifania la poetica del corpo-voce il visionario il sotterraneo il notturno la frattura tra l'io e il caoscosmos, l'inerzialità linguistica l'oralità la teatralizzazione... Referenti di Claudia sono la sovversività e la destrutturazione ludica (riletta come ludico-drammatica) di Cesare Viviani, la narratività oralità quotidianità minimalità di Vittorio Sereni Giovanni Raboni Giancarlo Majorino Franco Loi, l'oralità 'scenografica' e il pulsare ritmo-biologico di Antonio Porta, le deformazioni prefissali fino all'eccitazione fonica e ritmofonosimbolica di certo Giudici, il 'notturno' e 'barocco' o il manierismo egocentrico dell'io 'dissipato' di Darlo Bellezza, il monologare ossessivo traballante tra Vuoto' e 'niente' di Patrizia Valduga, la poetica della pluralità la rigenerazione lo svelamento l'asistematicità 'astigmatica' il senso da deriva di Yves Bonnefoy, l'autoreferenzialità semiotica l' annominatio il "ricchissimo nihil" il nominalismo l'assenza la perdita la regressione di A. Zanzotto, l'abisso con risalita del citato H. Melville. Un pre-testo fondamentale è Edoardo Sanguineti, soprattutto del Purgatorio de l'Inferno tra informalità figuralità e verbalità sconfinante: il metalinguismo il 'travaso' metaforicometonimico la moltiplicazione fonico-semantica la plurilalia teatralizzante di corpovocerespirogestosuono la citazione l'insubordinazione del ritmo allo schema metrico coattivo. Quella indicata è una contestualità letteraria nota a Claudia, che ovviamente risulta disordinata e molto parziale. Ma è quella del nostro tempo, che è ancora l'evo della crisi primonovecentesca denunciata, tra gli altri, da Montale; anzi oggi è peggio: il vuoto è artificio mascherato parola museruolata indifferenziato tramortente, libertà vigilata; in ogni momento il reale è tradotto-mistificato nella simulazione della fictio mass-mediale. Ancora crisi d'identità di appartenenza di valori. Tempo del frammento, del "nessuno" che sono i "centomila", non potendo, noi, essere 'uni'; tempo della maschera, della ruolizzazione della persona in personaggio, identità negata. Ci si difende come si può: ricerca di radici è oggi la diffusa rilettura del mito (no, non rifugio), in una 'civiltà' che avvia un parlare multietnico; bisogno d'una consistenza progettuale e utopica è l'uso del genere letterario del poemetto, del verso lungo e forse del ritorno di alcune forme metriche chiuse. Ma a volte le difese non bastano. Queste le fondamentali ragioni generazionali. In più Claudia aveva l'animo sensibilissimo, l'io solo, esiliato paziente lacerato, catullianamente excruciatus; bisognoso d'amore, di mitologemi figurali rassicuranti e soprattutto di maestri (il 'razionale' F. Fortini, il filosofo A. Colombo). Un io 'malato', 'decadente'. Che non ha retto all'inferno del vivere caotico e di notte ha spiccato in cielo il "folle volo" cercando la consistenza, questa sì assoluta, del padre-Padre, come suggerisce Arrigo Colombo. Il "Rotolo" di Claudia è dipanato. Le resta ora da incidere la "Bianca", metafisica, pagina agognata.


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