Quaderni n.69 - Lorenzo Mari

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Collana di poesia «QUADERNI»

Poesia 2.0, 2018 www.poesia2punto0.com redazione@poesia2punto0.com



n.69

Lorenzo Mari

Quaderni

Poesia 2.0 2018



da Minuta di silenzio L’Arcolaio, 2009



Sermone di distrazione

Attorno a noi la resurrezione delle cose, pagina tremenda. Meglio quando stenta l’oggetto, lo guardiamo di sguincio e s’arresta. Non attenta. Non chiede attenzione. Lascia il devoto al suo sermone di distrazione.


I tecnici di una volta

Nel canto murato vivo è il segreto dell’acustica migliore – segnalano con gioia innocua i manuali scritti negli ultimi anni sull’argomento: con certezza, li si nota non più vergati dai tecnici di una volta quelli che i muri disagiati delle sale concerto li andavano a tastare e ne avevano dita scottate – allibivano, anche, nella sala vuota, per un momento.


Vasi non comunicanti

Posa lo stilo a gradi zero, non incidere. Prendi ago e filo, tu che sai cosa fare per uccidere. (Di vecchio mestiere si contempla la rivoluzione: per questo la si relega, con la soluzione, al retrobottega dei costumi degli antenati, e la si scaffala sempre più in alto.) Ago e filo, ago, ago, filo. Non infiorettare. Ma nel punto croce (punta cruna punta punta cruna) devi puntare la croce con il punto e poi gridare il tuo excrucior di punta. La balena scoppierà – una volta scopertasi legata insieme – per il poco scorrimento riservato ai fluidi vitali tra vasi non comunicanti, nella trina. Perché allora la trina di neve condurrà a fondo l’esplosione – poi si spanderà in cerchio, quale terrorismo improvvisato


in atto lieve. (Prospettiva orizzontale dell’inferno, non piÚ in discesa.)


da Nel debito di affiliazione L’Arcolaio, 2013



San Luca (ancora)

Pesa molto la luce, sul quarto di scalinata. Turisti fossimo stati, e non in viaggio, avremmo fatto i gradini quattro a quattro, fante e cole in mano – invece è sul ventesimo scalino che la luce sembra possa gravare anche totale e che perda senso l’un due tre e anche il militare – il rischio è che una buona metà del portico finisca scoperchiata, che al muro, con il bersaglio rosso in fronte, non ci si possa nemmeno riposare.


Punto gotico

Non restano che le soglie di chi salì alla linea gotica cantando, birre moretti nella sacca, fingendo nuove resistenze. Il punto è mancato alla linea, alla storia, giocando di singolare luce, come una delle poche lucciole che qui ancora si contano, come sulle Langhe, e ormai cosa dare in luogo della carne della memoria – neanche il merito dell’osceno può restare oggi alla carne dei mezzi padri, già nera perché già scura: non è più esposta non è ancora ritirata – sono ladri di ricotta e di quaglie: è carne ormai sicura.


Canossa

L’affanno dietro ai semi non paga né sconta: ammonta, invero a niente. Neve ritorna senza fame, sotto il cratere, e senza sete non si scioglie il ghiaccio, per bere, usando soltanto pietre. Scontare, certo, scontare tutto lo si vorrebbe – almeno per altri, per la voce che manca – invece il sapore della neve è uguale per tutti: non lascia tracce nell’ugola, la raschia.


Tutto al tutto, niente al niente Spingi per la schiena spezzata le vittime al ritorno – chiedono piccole guerre private, ed eccole su un vassoio di argento. Chiedono un moschetto, una baionetta, un arco, un coltello, uno stilo: le armi bianche che ti restano. Concedi tutto: è la lunga distanza, il giro della lingua, a determinare il fatto che ormai la tua parola ha chiamato tutto al tutto e ha poi risposto la voce mancante d’eco: niente al niente.


da Ornitorinco in cinque passi Prufrock Spa, 2016



In ordine inverso Era un’arnia nella crepa, nella tana dei topi – facile in scia d’assedio, il cambio dei segni. Anche dove si porta luce nella gola, anche dove si crede spinta contro il muro una parola per la musica, la bellezza [si legga anche: per la resistenza] lascia un’emottisi, infine, perché sia tutta una piccola morale. Ma era un’arnia nella crepa, un brulichio senza miele e poi corri forte, tìrati scemo, sii sadico: vienitene via [si legga anche: scrivine, poi] i sogni e la loro fine, inchinandoci qui a raccattarli, restano sempre tracce di duramadre: una concreta assenza [oppure, in ordine inverso…]


La preda nel cielo

Si infilano nello spazio cunicolare, dov’è nulla, senza che voi confortiate. Parlano di tunnel: si riferiscono, in fondo, a una certa forma di denaro. Che io mi sia costruito una cella, quattro mura, un nido di altri topi, più scuri, che io guardi alla preda nel cielo e più la penso, più si riducono le distanze, a questo serve che si infilino nei luoghi inframondani, per questo alzano inferriate. Eseguo, come càpitano, gli ordini: ascolto il mio corpo, mi faccio tutto ipocondriaco fino al rantolo, fino al broncospasmo –


non rifletto nulla dall’esterno, poi mi tuffo. Qui dentro è la storia, dicono, se fuori nevica: è sotto la coltre – in albo vitro – che lottano le classi (oppure, poco oltre, nell’angolo cieco che proprio non vedi).


Ornitorinco IV

Con la cognizione del capitale, l’ornitorinco ha visto il male di guerra, dei lavori sparsi, degli archi a tutto sesto. Ma gli archi a tutto sesto, i lavori sparsi, il male di guerra non hanno visto con la cognizione del capitale quel che restava dell’ornitorinco, scambiando, per questo motivo, coniglio e papera, nome e nome, classe e classe. Poi hanno preso la massa, vista informe, le hanno dato nome di cultura, conferito uno stigma, si sono assicurati di gettare al fondo, sempre al fondo, ogni chiave. Si continua nella cura, in ogni circostanza, emanando la norma, si porta a compimento, senza uno sguardo, la distruzione di ogni ingiunzione di ogni atto di ogni pronome personale


Lorenzo Mari è nato a Mantova nel 1984. Vive tra Bologna e Como, dov’è assegnista di ricerca in Letteratura dei Paesi di Lingua Inglese presso l’Università dell’Insubria. Ha pubblicato alcuni libri di poesia: libere sequele (Gabezo, 2004), pellegrinaggio senza Endimione (Inventario Senese, 2007, V premio Alessandro Tanzi), Minuta di silenzio (L’Arcolaio, 2009), Nel debito di affiliazione (L’Arcolaio, 2013) e Ornitorinco in cinque passi (Prufrock Spa, 2016, finalista I Premio Elio Pagliarani per l’inedito). È presente in alcune antologie, tra le quali Pro/testo (Fara editore, 2009, a cura di Luca Paci e Luca Ariano), La generazione entrante. Poeti nati negli anni 80 (Ladolfi, 2011, a cura di Giuliano Ladolfi e Matteo Fantuzzi) e Centrale di transito. Ceci n’est pas une antologie (Perrone editore, 2016). Insieme a Lorenzo Cimmino, ha curato DKMO – Don’t Kick Me Out (Il Girovago, 2016), antologia letteraria e catalogo artistico intorno ai temi del respingimento. Ha curato un’antologia di saggi accademici, Subalternità italiane. Percorsi di ricerca tra letteratura e storia (Aracne, 2014), insieme a Gabriele Proglio e Valeria Deplano, e ha


pubblicato la monografia Forme dell’interregno. Past Imperfect di Nuruddin Farah tra letteratura post-coloniale e world literature (Aracne, 2018). Traduce dall’inglese (Mario d’Offizi, Bless Me Father, Compagnia delle Lettere, insieme a Raphael d’Abdon; Afric McGlinchey, La buona stella delle cose nascoste, L’Arcolaio, 2015; Billy Ramsell, Il sogno d’inverno dell’architetto, L’Arcolaio, 2017) e dallo spagnolo (David Eloy Rodriguez, Il desiderio è un ospite, L’Arca Felice, 2010; Canto e demolizione. Otto poeti spagnoli contemporanei, con Alessandro Drenaggi e Luca Salvi, Thauma, 2012; Pablo López-Carballo, La precisione dell’indifferenza, Carteggi Letterari, 2016, menzione speciale al Premio Benno Geiger per la Traduzione 2017). Dirige la collana “L’Altra Lingua”, dedicata alla poesia dialettale e in traduzione, della casa editrice L’Arcolaio. Tiene la rubrica Consonanze e dissonanze per Carteggi Letterari ed è co-fondatore, insieme a Luigi Bosco, Davide Castiglione e Michele Ortore della rivista online IRLP.




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