appunti - Maria Grazia Lenisa

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Massard, studioso molto preparato, e – credo – tra i più ricchi di disponibiltà verso questo autore, sembra dargli un po' troppo ascolto, quando crede alla spontaneità del testo, all'essere questa di Mascioni una poesia di getto. Forse che la semplicità spontanea e felice in arte non è frutto di sapienti innesti? Non è il risultato ultimo della complessità? Lo studioso rivela la spontaneità, l'esotismo di alcuni temi, e l'occasione che non è altro che la situazione che innesca un rapporto privato su altro che la cronaca. Su l'occasione il discorso sembra essere pieno di pericoli; Alberico Sala parla di «occasioni di poesia colte nell'accezione montaliana» (Corriere della Sera, 20 marzo 1985). Tuttavia, giustamente, «il rapporto non è sempre limpidissimo tra creazione e occasione»; spesso viene spiegato dal vezzo delle note. Accortamente è proprio il poeta a riconoscere l'improvvisazione come inventio, legata all'occasione. E qui appare, come sempre, lo spettro di Montale del quale toccherebbe anche saper fare a meno. Darei un colpo di spugna alla spontaneità, salvando certamente l'ispirazione che è tutt'altro, così pure all'occasione montaliana, rilevata da Mascioni stesso e dai critici su una determinata linea di vassallaggio; salverei invece il carattere essenzialmente lirico, ossia «l'io punto focale costante, luogo di costituzione e di rappresentazione dell'esperienza in linguaggio». Il critico in questione trae dalla rappresentazione scenica di questo discorso due elementi: il poeta e l'interlocutore, spesso donna, per attributi, legati alla sua "forma", nel senso di bellezza esteriore. La donna resta, nel concetto di passività, elemento terra con forti cariche anche negative, infatti spesso non risponde ed è ostile, oppure s'accampa come figura retorica («Maestra del tempo»), che non può rivelargli quanto valga «il progetto di un amore», ma prende appunto forma meno caduca nei «neri inchiostri» di cui il poeta la riveste, nei suoi «labili febbrori» (Improbabili interni). Vita e poesia sono proprio due cose diverse e lo scarto tra le due è lo stesso di un «sogna feriale» e un ideale privilegiato, spesso artistico-letterario o pittorico, l'abisso tra gli amori e l'amore, per intenderci, un'assenza da sempre. Concordo con Massard sull'importanza della lingua ed è proprio qui che si estrinseca il valore principale e la derivazione ermetica migliore, legata però all'istanza di comunicare, quindi oscura soltanto per troppa luce da cui nasce la poesia. E si evidenzia per «un ossessivo richiamo all'analogia», per «l'utilizzazione frequente di tecniche di accelerazione e di decelerazione del discorso . . .


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