EDV 171 - Prendi il largo

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EDV Periodico della Comunità il Piccolo Gruppo di Cristo | n°. 171 - anno XXXVIII | Luglio 2017

ESPERIENZE DI VITA

PRENDI IL LARGO Pellegrini sulle orme di Gesù nel 60esimo di fondazione del Piccolo Gruppo

Alzare lo sguardo e rimettersi in cammino

Vivere secondo la logica del Vangelo

Essere nel mondo, non del mondo


PENSIERO SPIRITUALE

FOTO TWEET

Papa Francesco per la 51ma Giornata Mondiale per le comunicazioni sociali L’accesso ai mezzi di comunicazione, grazie allo sviluppo tecnologico, è tale che moltissimi soggetti hanno la possibilità di condividere istantaneamente le notizie e diffonderle in modo capillare. Queste notizie possono essere belle o brutte, vere o false. Già i nostri antichi padri nella fede parlavano della mente umana come di una macina da mulino che, mossa dall’acqua, non può essere fermata. Chi è incaricato del mulino, però, ha la possibilità di decidere se macinarvi grano o zizzania. La mente dell’uomo è sempre in azione e non può cessare di “macinare” ciò che riceve, ma sta a noi decidere quale materiale fornire (cfr Cassiano il Romano, Lettera a Leonzio Igumeno).

info PGC Il Piccolo Gruppo di Cristo Via San Pietro, 20 20832 Desio, MB www.piccologruppo.it

SEGRETERIA segreteria@piccologruppo.it segreteria.pgc (+39) 0362 621651

redazione EDV Giancarlo Bassanini, Rosalba Beatrice, Paolo Cattaneo, Giorgia Evangelisti, Letizia Pasqualotto, Vilma Cazzulani, Donatella Zurlo, Giacomo Galli, Andrea Giustiniani

“La misericordia riscalda il cuore e lo rende sensibile alle necessità dei fratelli con la condivisione e la partecipazione.”

Per comprendere meglio e concretizzare le numerose indicazioni che il Papa offre all’interno del suo messaggio, l’Associazione WebCattolici Italiani (WeCa), in collaborazione con l’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI, ha proposto dal 26 aprile al 24 maggio 2017 cinque incontri in diretta streaming con esperti in materia di educazione, politica, società e pastorale nel solco dei webinar degli scorsi anni. Gli incontri sono accessibili a tutti al sito www.weca.it/webinar, e sono una preziosa opportunità di approfondimento e di formazione per gli operatori di pastorale nelle diocesi, nelle associazioni e nelle parrocchie, per insegnanti ed educatori.

Sommario EdV • Luglio 2017 In questo numero di EdV approfondiremo il 60esimo di fondazione attraverso testimonianze di fratelli e sorelle della comunità o di persone a noi vicine. L’esperienza del pellegrinaggio a Gozo come momento di ringraziamento al Signore per il dono del Piccolo Gruppo. EDITORIALE

Barca e luce immagine del Piccolo Gruppo Giancarlo Bassanini

pag.4 ATTUALITÀ

PROGETTO GRAFICO

Vivere secondo la logica di Dio

Paolo Cattaneo

Ireos Della Savia

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Dalla grotta di San Pietro Mauro Panzeri

pag.8

Cercatori di Dio Franco Duca

pag.10

IL VOLTO DEI SANTI

Alzo gli occhi verso sil cielo Rosalba Beatrice

pag.28 IN COMUNITÀ

Gesù per me è il GPS S.E. Renato Corti

Sessant’anni e non lo dimostra! Augusto Galliani

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pag.30

Mai spegnere il lumicino Cinzia Braccia

pag.32

GOZO 2017

Piccolo Gruppo loda il Signore tuo Dio don Tonio Galea

pag.14

Ringraziamenti S.E. Mario Grech

pag.16

Un’amicizia profetica Lorenzo Polli

pag.17

L’isola si chiamava Malta Lucia Nicolao

pag.18

Stare in disparte con Lui Andrea Di Maio

pag.20

Una comunità in cammino Antonio Cianfrone

pag.23

Un’isola accogliente Francesco, Chiara, Sara Parmigiani

pag.24

Coraggio e perseveranza Nadia Quattrucci

pag.33

Essere nel mondo, non del mondo Raffaele Tavoloni

pag.34

Mi fido di Te

don Pierpaolo Felicolo

pag.36

Piccolo Gruppo grande fantasia di Dio don Luciano De Nadal

pag.38

Abbiamo bisogno di essere restaurati Renato Rossi

pag.39

Una presenza autentica Franco Pedrini

pag.40 L’ANGOLO DEI LIBRI

Una lettura per tutti i gusti Vilma Cazzulani, Donatella Zurlo e Giacomo Galli

pag.42


EDITORIALE

ALZARE LO SGUARDO. “CHI CREDE IN ME, NON CREDE IN ME, MA IN COLUI CHE MI HA MANDATO”

Barca e luce, immagine del Piccolo Gruppo

di Giancarlo Bassanini [responsabile generale]

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Dopo il pellegrinaggio alle isole maltesi, dopo aver gustato la grazia del Signore e il dono della comunione con Lui e fra di noi, dopo aver sperimentato l’incontro con Maria nel santuario di Tà Pinu, dopo l’inPRENDI IL LARGO

contro, a dir poco, straordinario con il Vescovo Mario Grech sul traghetto che ci riportava a Malta, é rimasta scolpita nel mio cuore, l’ immagine del Piccolo Gruppo di Cristo, come di una barca, scossa dal vento, che


deve avventurarsi libera e fiduciosa verso nuovi mari e inediti orizzonti. Questa suggestiva immagine mi sembra che coincida con ciò che lo Spirito Santo intende suscitare nella vita dei credenti di ogni tempo, radunati e inviati dal mistero pasquale a essere annunciatori di una vita nuova in Cristo. La missione e l’evangelizzazione a cui siamo chiamati, dopo sessant’anni di esistenza, non dobbiamo intenderle come l’esecuzione di una particolare metodologia pastorale, né come la trasmissione di un contenuto informativo, sono piuttosto da assumere come una modalità di vivere in relazione agli altri che attinge i suoi parametri dal modo con cui il Figlio ha rivelato il suo essere in relazione con il Padre: “Chi crede in me, non crede in me, ma in Colui che mi ha mandato; chi vede me, vede Colui che mi ha mandato” (Gv 12, 44-45). Dalle parole del Signore Gesù non finiremo mai di apprendere l’arte di saper uscire dalla tirannia del protagonismo, per imparare la capacità di lasciar spazio all’altro. Il segno inconfondibile consiste nel non prendere mai troppo sul personale né i successi, né gli insuccessi della vita: “Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno” ( Gv 12,47). Per entrare in questa profonda libertà interiore tanto dalle aspettative quanto dagli esiti, non esiste altra via che quella percorsa da un’altra barca, la barca di Barnaba e Saulo, disposta a salpare senza sapere dove lo Spirito potrà condurla. A questa serena e rocciosa disponibilità a partire verso altro e verso altri, si possono tranquillamente riferire le parole del Vangelo, che descrivono l’annuncio e la testimonianza come

una luminosa espansione di vita: “Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre” (Gv 12,46). All’immagine della barca si aggiunge un’altra immagine per me altamente suggestiva, quella della luce. Non c’é simbolo più potente della luce per indicare quale sia il desiderio di amore a cui la risurrezione di Gesù ci ha definitivamente associati: essere, sempre più liberamente e creativamente, occasione di vita per l’altro. Infatti, la vita non ha valore per se stessa, non cerca mai il proprio interesse. La sua missione consente a tutte le cose di manifestarsi nella loro verità e bellezza. Questo é l’annuncio di salvezza che noi discepoli del Signore risorto siamo continuamente sollecitati a porgere al mondo sotto la guida dello Spirito. Dobbiamo essere preoccupati non di eliminare gli ostacoli o le insidie che si pongono sul cammino della missione e della evangelizzazione, ma dare sempre più peso e sempre più spazio all’altro, soprattutto quando la sua diversità ci costringe ad approfondire le nostre ragioni e a purificare le nostre intenzioni: “Perché si conosca sulla terra la tua via, la tua salvezza fra tutte le genti” (Sal 66/67,3). PREGHIER A Signore Gesù, u sei con noi sulla barca e sei per noi come luce: tanto proiettato fuori di tè da assumere le nostre tenebre, talmente uomo da riflettere Dio, così fiducioso da non temere ma valorizzare le ombre. Donaci di diventare anche noi come barca che accoglie e come luce che illumina. Fa che anche noi, da ora in avanti, ci lasciamo accendere e condurre da un Altro, che permette ai nostri fratelli di illuminare le nostre ambiguità e al tuo Spirito di salvarci. Amen. PRENDI IL LARGO

PREGHIERA A MARIA Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, benedici noi tuoi figli e volgi a noi un particolare sguardo di bontà che ci aiuti a realizzare totalmente quella santità stabilita da Dio per ognuno di noi. Tu ci conosci tutti e con il tuo amore materno, ad uno ad uno, puoi accoglierci tra le tue braccia e metterci in soave comunione. Noi ci abbandoniamo a te in ogni nostra necessità, ma anche per chiederti di aprire i nostri cuori ad ogni persona in difficoltà. Stendi la tua mano su di noi e liberaci da ogni male, perché possiamo contemplarti fin da ora e in eterno con tuo figlio Gesù, nostro fratello Dio.

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ATTUALITÀ

IL SIGNORE CI AMA. PENSERI, RIFLESSIONI DEL FONDATORE DEL PICCOLO GRUPPO DI CRISTO

Vivere secondo la logica di Dio di Ireos Della Savia

Adesso io del Gruppo riesco a sapere poco, non è più come una volta: prima sapevo attraverso i colloqui, ora so qualche cosa attraverso il telefono. La mia preoccupazione l’ho detta anche altre volte: non vorrei che un po’ alla volta il Gruppo diventasse un’associazione di apostolato o formazione come ad esempio l’Azione Cattolica. Dobbiamo ricordarci che noi siamo una comunità di vita evangelica, ossia di consacrati, consegnati completamente a Dio; se dimentichiamo questo, il nostro Gruppo non va più; è stato proprio voluto dal Signore perché noi appartenessimo a lui. Quando il Gruppo è nato, ero già nell’Azione Cattolica, ma il suggerimento che mi ha dato il Signore era che lui voleva che noi, che lui chiamava ad appartenere completamente a lui in questa vocazione, ci impegnassimo a non fare ciascuno di testa propria, ma ad avere una regola comune. Allora l’importante è che noi ce ne ricordiamo. Bisogna ricordarlo, anche a

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quelli che scrivono su Esperienze di Vita, che il Signore ci vuole completamente suoi. È il Signore che lo vuole, non noi. Quindi è importante perché si risponde a lui che dice: “Vieni da me, abita con me, vivi con me nella vita comune”, capendo che noi siamo completamente suoi. Quindi dobbiamo permettere a lui di trasformarci, cambiarci e mutarci secondo la sua volontà, che è di farci santi. La santità non ci deve far paura. La santità è vivere come siamo, però secondo la volontà di Dio. L’importante è che noi, non solamente nel Gruppo, ma dove ci troviamo, ci ricordiamo di mandare il messaggio ai nostri fratelli, alle nostre sorelle, ricordando che il Signore ci ha fatto questo dono: “abita con me, vivi di me!”. Non si può fare più di tanto, ma l’importante è sapere dell’importanza di essere suoi, suoi consacrati, donati, e allora vivere con lui secondo la chiamata del PRENDI IL LARGO

Vangelo. Il Vangelo va meditato e fatto nostro. Abbiamo i voti di povertà, castità, obbedienza. Quando penso alla mia castità, com’ è ? La mia povertà, com’è? La mia obbedienza? La castità è un fatto così privato, così personale, che uno non può giudicare un altro. Sulla povertà la mia preoccupazione è questa: vedo che in certe persone oramai di povertà non ce n’è e non se ne parla. E questi danno scandalo. Poi, nei colloqui, uno mi dice: “Io voglio quella macchina, di quel colore, eccetera… Noo? Ma quello ce l’ha!”. Allora io devo intervenire, perché c’è un motivo. Faccio per dire: va in macchina tutto il giorno, chiuso dentro la macchina, è chiaro che abbia una macchina diversa da uno che la usa per molto meno tempo. E così per tutte le altre cose. Per esempio la casa: uno eredita una casa che non finisce più. Come fai a dirgli: vai in un’altra? Deve essere lui a scegliere. Potrebbe anche dire: questa è troppo grande, sono ormai


abituato a stare lì e sto lì. Chi può farlo deve cercare di essere sobrio e accontentarsi del necessario. Noi possiamo farci del bene o del male a vicenda. Più degli incontri che facciamo, sono importanti le testimonianze che noi diamo. L’importante è esser contenti di essere poveri, perché scelgo di essere povero, non subisco la povertà, la scelgo. Così pure l’obbedienza. Non siamo in un convento, siamo liberi, è diverso, però dobbiamo avere questo senso di obbedire a quello che si riferisce a tutta la Comunità, a quello che si riferisce al nostro Responsabile. E quindi chiedo al mio responsabile delle informazioni, dei modi di comportarmi, come posso vivere, cosa posso fare, e via. Quando il mio responsabile è un po’ più energico di quell’altro… pazienza, mi è capitato questo. Come mai c’è quell’altro che mi dà più libertà? Purtroppo ci sono anche dei responsabili che in pratica non sono responsabili, e questa non è una bella cosa, ci sono. Occorre invece che il responsabile si renda conto che ha in mano il cammino di un’altra persona e quindi deve indirizzarla secondo la volontà del Signore. Se poi un responsabile non è consapevole di fare delle scelte che non sono povere, consente agli altri di fare gli stessi errori che fa lui; non può dire: “tu no”, quando la sua testimonianza dice altro. Il cammino della nostra vocazione deve porre attenzione su queste scelte. Anche perché queste cose sono quelle volute dal Signore. Il Signore ci ama uno ad uno e chiama ognuno nel suo cammino. Certo chi di noi ha 60, 70, 80, anni è diverso da chi entra e ne ha 20, 25. Entra con tutta un’altra mentalità, il suo mondo non è il mondo di quando eravamo giovani, non ha conosciuto il nostro mondo, vive con quello di oggi, con il modo di pensare di oggi. Allora chi è più anziano, che ha la possibilità di aver

fatto delle scelte sobrie, continui a farle sobrie, dia testimonianze di sobrietà. Anche quando fa delle conferenze o scrive, inviti gli altri non a scialacquare ma a restare nella semplicità. È importante che noi comunichiamo che è bello fare la scelta della povertà, che è bello fare la scelta dell’obbedienza, che è bello fare la scelta della castità, anche con le proprie sofferenze, magari con le proprie cadute… Dalle quali però ci si deve riprendere! Allora mi pare che in un certo senso ognuno di noi è responsabile, perché attraverso la sua testimonianza dà testimonianza agli altri. È evidente che, faccio per dire, nei miei 91 anni non ho le forze di uno che ne ha 20 o 30. Però anch’io devo fare i miei sacrifici, le mie scelte, ed essere sereno e felice, sapermi accontentare. Bisogna fare la volontà del Signore. Dico questo, ma io, Ireos, sono contento delle scelte che faccio? Sono sempre a mio avviso mediocri, insomma, eccoci, non è che vivo da povero. Non è che mi manchi il pane. La spesa non la faccio più io, la fa il mio badante. Perciò non so a mezzogiorno o alla sera quello che trovo da mangiare, però ho la fortuna di essere “di bocca buona”, mi va bene tutto, escluso se c’è qualche cosa che mi fa male, allora proprio non la posso mangiare. Una cosa, l’altra, o quell’altra, per me è lo stesso, basta mangiare quello che serve. A dir la verità, qualche volta mangerei qualcosa in più, ma non vado certo a dirgli di darmi qualcosa di ciò che mangia lui. È logico. Questo per me è un pochino una scelta di povertà. Pensate che c’è una persona che viene da me tutti i giorni, mi aiuta, e sta con me due o tre ore. Nessuno del Gruppo lo fa, perché non può, ma lui viene e va via alle 17,30 per far da mangiare, perché vive a casa di un altro. BisoPRENDI IL LARGO

gna pregare per tutta la Comunità, per tutti noi, perché entrino aspiranti. Le scelte non sono mai imposte. Le scelte le fa ognuno secondo il proprio cammino, magari un po’ alla volta: c’è chi arriva prima e c’è chi ci mette tutta la vita; uno si converte alla fine e uno si converte subito. Chi è più avanti deve avere compassione, misericordia, benevolenza per chi è più indietro, non lo giudichi e preghi. Tu che sei più avanti, attento a non vantarti, perché sei più avanti in certe cose e in altre, che non vedi, sei più indietro. Le virtù sono tante e non tutti le viviamo allo stesso modo. Ciò che conta è che ognuno sia sereno, deve essere sereno, io sono molto sereno. Non si può fare un paragone con quelli che entrano adesso: sono giovani che hanno molto, non hanno la nostra esperienza. Faccio per dire, anche nel vestiario, non vedono quello che è necessario. La mattina un vestito, il pomeriggio un altro, la sera un altro ancora. Devono capire loro ciò che è importante. Per quanto è possibile, dobbiamo comunicare loro il valore della sobrietà. Anche i vestiti costano, ogni momento devi cambiarli? Bisogna essere saggi. Posso lavorare solo per comperare i vestiti, se poi quando sono vecchio non ho una lira da parte? Oppure, se tu sei sano e guadagni, non pensi che il Signore possa dirti: ma perché non hai dato qualche cosa a quello là che è senza lavoro? Sono nostri fratelli anche loro. Questi messaggi bisogna diffonderli, farli capire. Magari a quello che guadagna tanto, il Signore non ha dato i soldi solo per sé, ma anche per altri. La salute che ho io serve anche per chi è ammalato; quando sono ammalato io, ho bisogno degli altri. Occorre testimoniare queste esperienze di vita virtuose. Chi è capace lo deve fare. Il nostro impegno è di vivere la vocazione come la vuole il Signore. E la nostra serenità sta nell’amare e lodare Dio.

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ATTUALITÀ

RINASCERE, RIAFFIDARCI, RICOSTRUIRCI. ESSERE PICCOLO GRUPPO NELLA QUOTIDIANITÀ Per preparare il pellegrinaggio, il mio pellegrinaggio, ho lasciato che i pensieri si immergessero nel racconto e nella testimonianza di coloro che in questi anni hanno vissuto la “storia” del Piccolo Gruppo a Malta.

Dalla grotta di San Pietro di Mauro Panzeri

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PRENDI IL LARGO

Le sorelle ed i fratelli del nucleo mi hanno aiutato nell’ascolto, nella ricerca, nella riflessione aprendo il mio cuore a contemplare oltre il tempo, i fatti e le persone , la nascosta azione dello Spirito che ancora prima del sorgere delle novità interpella, momento per momento, la verità dell’azione, la verità dell’amore su cui costruiamo, la fiducia nella liberante Buona Novella del Vangelo che vogliamo annunziare. I passi per le strade di Malta e Gozo sono stati per me ricerca di tutto questo, una gioiosa ricerca, una ricerca resa possibile dal clima spirituale, dall’accoglienza ricevuta e dalla vera e profonda amicizia tra noi. Il cammino si è fatto pensiero sul Piccolo Gruppo: riflessione ancorata in particolare alle parole di augurio che il Vescovo di Gozo aveva rivolto al Gruppo, nel 2015 nella messa vigiliare dell’eremo alla comunità romana: «Cari miei, io vi auguro che non diventiate abitudinari nell’ascoltare e nel rispondere al Signore. Vi auguro che anche voi, con l’aiuto della grazia, siate in grado di cambiare : se ce n’è bisogno, cambiamo le strade, l’itinerario, ma non la destinazione; auguriamoci di essere sempre aperti alle sorprese del Signore». Il Vescovo, come io l’ho inteso, ha di fatto ripreso questo augurio nell’omelia della S.Messa del sessantesimo, invitandoci a mantenere la freschezza delle origini senza lasciarci ingabbiare dalle evidenze del mondo, culture, modi, azioni che


anche se si presentano con la pretesa di essere novità sono di per se vecchie e invecchiano chi le accoglie dando una ineluttabile sordità al vero, all’umano che Cristo sempre ci chiede. Rinascere, riaffidarci, ricostruirci nella sequela assumendo la vita di Cristo in noi, questo è sempre una novità, il nuovo che tiene vivo e giovane il Gruppo. Alle parole del Vescovo si sono aggiunte quelle che ho trovato nel testo della testimonianza tenuta nel 2015 da Andrea laddove richiamano la specificità della vocazione personale, ed io dico anche di gruppo, fondandola sul brano di Mc 5,19, il discepolo di Gerasa. Gesù non accoglie la richiesta del discepolo a una sequela pacifica e garantita, a una consacrazione rassicurante nel perimetro del gruppo, ma lo invia: «Vai piuttosto a casa tua, dai tuoi» cioè, dai tuoi amici, dai tuoi familiari, dai tuoi vicini e colleghi, nel mondo, ove ti trovi ed esprimi la tua capacità di amare, di stare con amore nelle coordinate storiche in cui sei, dando così l’annuncio che il Signore ci ha raggiunto con il suo amore infinito, con la sua misericordia, amore e misericordia che desidera in tutte le relazioni, in tutti i cuori. Il senso di questo pensiero lo trovo anche in una riflessione del Card. Martini da cui traggo le parole che con chiarezza indicano il fare del discepolo, del consacrato: « .. non si può assumere responsabilità senza amore e, quindi ogni servizio civile, sociale, organizzativo non può essere fatto senza un poco d’amore. Chi non ama ciò che fa, lo fa come uno schiavo, e una massa di schiavi interessa soltanto a chi ha un concetto schiavistico della storia, della produzione, della vita. A noi interessa che l’umanità cresca nell’amore». (Cfr.- È il Signore – questa è la nostra fede. – ed.In dialogo). È su questi passaggi che vedo anco-

rato il cammino del Piccolo Gruppo per il suo futuro. Sessant’anni sono un niente ma ci possono invecchiare, reagiamo sconfiggendo le nostre abitudini ( anche il gruppo ha le sue). Apriamo i nostri cuori alla domanda del Signore: “ mi ami più ..” (Gv 22,15 ) e fidandoci di Lui lasciamoci ricostruire, sentendo ripristinata dal suo amore la fiducia in noi stessi. Non lasciamo che il sentire del mondo si insinui e diven-

ti modalità anche tra noi e ci insegni la mediazione del fare, le regole e la fiducia nell’efficacia delle modalità e dei progetti. Diamoci l’impegno di iniziare le nostre giornate, le giornate in cui ognuno di noi é Piccolo Gruppo di Cristo, nella lode e nella certezza che il Signore ci fa capaci di assumere le nostre responsabilità portando amore nelle nostre relazioni, amando ciò che facciamo.

PREGHIERA DELLA PORTA In occasione del pellegrinaggio a Gozo per il sessantesimo anno di fondazione. Vergine Maria, che hai creduto alla parola del Signore e hai generato Gesù, Dio e uomo, figlio tuo e nostro fratello, aiutaci a essere fedeli nella vocazione alla santità, per lodare la santissima Trinità e servire la Chiesa. Con fiducia invochiamo il tuo aiuto, per accogliere sempre con entusiasmo e amore la luce che ci viene dal Vangelo. Con la tua materna protezione guidaci per le strade del mondo e fa’ che, con la nostra umile presenza, manifestiamo la salvezza, la giustizia e la pace di Gesù, nostro redentore. Madre dell’umanità, donaci una forza docile che esprima vero amore per ogni persona, e realizzi una profonda comunione con tutti. Stendi le tue braccia e fa’ che siamo un cuor solo e un’anima sola per entrare tutti in Gesù, porta di salvezza e di gloria. Amen.

PRENDI IL LARGO

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ATTUALITÀ

IL FASCINO DELLA VOCAZIONE. CONTINUARE AD ATTRAVERSARE LE INCERTEZZE CON LA FEDE

Cercatori di Dio di Franco Duca

sempre più fedelmente identificatosi, quale nuovo “umanesimo”, nello spazio di questi “nostri “ sessanta anni. Cerchiamo di tornare a quei lontani anni liberandoci dal falso mito di ogni tempo passato e recuperando la “Memoria”, vera e luminosa della storia di questo nostro “Piccolo Gruppo di Cristo” e di tutte le nostre Vite, animati dall’esortazione: “Non temere piccolo gregge, perché al Padre è piaciuto di darvi il suo Regno”. È una esortazione che dice di una “Presenza” impensabile, nuova e seducente che fin dal principio ha dato senso a questo nostro Carisma, intuito all’inizio e poi

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Pur indeboliti come siamo, da questo ormai stanco e pesante secolarismo, ci sentiamo di potere affermare che permane tuttavia nelle nostre vite il seducente fascino di una “Identità” segnata da quella “paradossale cittadinanza” che continua a condurci e ad animarci nella dimensione di questo “Carisma”. Ricordo in modo preciso la figura del nostro caro Ireos come la vidi, per la prima volta, inaspettata e imprevedibile, in quel cortile dell’oratorio della parrocchia di San PRENDI IL LARGO

Pio V°, nella vivace inquietudine di quei nostri anni giovanili. Sento ancora con chiarezza come la storia di questi sessanta anni sia comunque inspiegabilmente omogenea e fascinosamente congruente con le intuizioni e sensazioni che abbiamo avvertito fin da quei primi tempi e da quel primo inizio. Erano quelli i profetici tempi preconciliari, duranti i quali nella Parrocchia di San Pio V° ribollivano le domande di un esigente esistenzialismo per noi giovani di allora, con la problematica domanda di trovare una radicale “congruenza” fra la Fede e la nostra “vita secolare”. Anche nella Chiesa istituzionale lo Spirito portava a compimento il grande lavoro di preparazione di Laici e “Uomini di Chiesa” per ciò che sarebbe stato il grande e imprevedibile evento conciliare con la chiara e provocatoria prospettiva di una


seducente dimensione di “santità”, possibile per ogni laico battezzato. Il nostro “Fondatore”, con una “domestica” autorevolezza, iniziava allora a comunicarci l’“anima” di ciò che sarebbe stato il nostro Carisma, con quella nuova identità di laico cristiano che si sarebbe consolidata nei seguenti sessanta anni di “Fondazione”. Ci stupisce la continuità profetica di questo profilo carismatico sempre nuovo e seducente nella sua disponibilità all’“imprevedibile”, a fronte della riduttiva e mondana cultura ordinata unicamente a riferimenti “biocentrici”. Sentivamo che il seducente percorso del cammino lungo l’ ardua “cresta laica”, fra gli spazi del “Signore della nostra Vita” e quelli della “secolarità” della nostra esistenza nel “mondo”, ci conferiva quella identità luminosamente “paradossale” dei “piccoli di Dio” , “Come Gesù mescolato fra la gente”, coscienti e animati dal “vedere con il dono della Sapienza cosa Dio fa in noi e per noi”.

Come una catena di Alberto Cassar

Nei giorni successivi al pellegrinaggio del Piccolo Gruppo di Cristo a Gozo mi sono riaffiorati molti pensieri e ricordi di quello che ho vissuto assieme a più di 150 persone. Sono rimasto colpito da come si è creata da subito una relazione profonda con persone che conoscevo da poco o addirittura con altre che ho incontrato per la prima volta. Mentre vivevo l’esperienza del pellegrinaggio ho percepito una sensazione chiara che si poteva tradurre con la seguente affermazione: “Sono nel posto giusto finalmente!”. Le testimonianze di giovani e anziani offerte tramite gesti, parole e sorrisi mi hanno fatto dire che queste persone sono veramente di Dio, citando una frase detta da Karl. Ringrazio il Signore per la “catena”, termine da me usato il Venerdì Santo del 2015 a Roma , che mi ha permesso di incontrare Andrea Fazio prima e il Piccolo Gruppo di Cristo dopo. Tutti i momenti delle giornate vissute assieme sono stati una grande ricchezza spirituale e mi dispiace non essere potuto rimanere per tutto il pellegrinaggio.

Sentivamo di potere essere una provocante testimonianza, chiamati, senza merito e forse senza averne coscienza, nella affascinante dimensione di un “senso delle cose” che ci supera, ci conquista e ci consola nella dimensione di un “Signore” con cui “si può parlare” e che ci ha un po’ sedotti in tutti questi anni passati. Ringraziamo il “Pensiero del Signore” che ci ha presi e “fatti suoi” e continua a “farci” dopo questi sessanta anni, senza forse che ce ne siamo adeguatamente accorti. Chiediamo a Maria, “mamma premurosa” di accompagnarci nel cammino di questa Vocazione che ancora la paterna “Parola” del nostro Signore ci chiederà di percorrere, col “dono” di questo nostro “Piccolo Gruppo di Cristo”.

Non vedo l’ora di poter condividere con voi il prossimo pellegrinaggio. Intanto buon cammino a tutti!

Nella foto in alto: Alberto dona a Giancarlo la Croce di Malta. Oggi esposta nella cappella della casa di Desio. Nella foto a lato: Donata, Alberto, Karl e Francesco con la croce di Malta in legno (fatta da Renato Rossi) a loro donata con tutti i nomi della Comunità. PRENDI IL LARGO

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ATTUALITÀ

“USCIRE” DA SE STESSI PER ANDARE AD ANNUNCIARE LA BELLEZZA DELLA VOCAZIONE

Sessant’anni ma non li dimostra! di Augusto Galliani

Sessant’anni sono passati dal quel lontano 10 Febbraio del 1957, quando il Piccolo Gruppo di Cristo ha iniziato il suo cammino: eppure sembra ieri. Sessant’anni non sono tanti, ma sono pur sempre una vita. Era il 1962, l’anno in cui venni in contatto con il Piccolo Gruppo. Eravamo nel periodo pre-conciliare e la nostra intuizione, quella di portare la consacrazione agli sposi, sembrava una utopia. Non era facile presentare alla Chiesa la nostra spi-

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ritualità, anche noi, fra l’altro, non avevamo ben chiaro il cammino che stavamo intraprendendo, pur percependo quello che poi il Concilio Ecumenico Vaticano II, avrebbe ribadito: la santità è di tutti. Infatti al numero 31 della Costituzione dogmatica “Lumen Gentium”, il Concilio ha affermato: “Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio”. Così come nella Costituzione pastorale PRENDI IL LARGO

“Gaudium et Spes”, si parla “Della dignità del matrimonio e della famiglia e della sua valorizzazione”. Affermazioni che facevano entrare aria nuova e fresca nella Chiesa. Così piano piano anche il nostro cammino andava chiarendosi. L’incontro con l’Arcivescovo di Milano, il Card. Giovanni Colombo, ha dato una svolta al Gruppo. Con l’aiuto dell’allora Vescovo ausiliare di Milano, Mons. Attilio Nicora, al quale


siamo stati affidati, abbiamo approfondito la nostra spiritualità, cosicché l’8 febbraio 1984 (compleanno di Ireos, nostro Fondatore), veniva approvata dal Card. Carlo Maria Martini, nuovo Arcivescovo di Milano, la prima costituzione, a cui è seguita nel 2002, la nuova costituzione aggiornata, anch’essa approvata dal Card. Martini. Il mio servizio nella Comunità è stato via via sempre più impegnativo. Prima come responsabile degli aspiranti, poi nel 1979, come Responsabile Generale per tre mandati, e da allora fino ad oggi come segretario. In tutti questi anni la Comunità ha cambiato volto tenendo però fermo il carisma fondativo espresso nella costituzione all’articolo 1 par 1: “Siamo un insieme di cristiani che tendono, in comunione con tutta la Chiesa, a dar gloria a Dio attraverso la santificazione di se stessi, realizzata in una più completa consacrazione al Padre, secondo la personale vocazione, perché, attuando i valori umani in Cristo, con la grazia dello Spirito Santo ognuno realizzi in pienezza il motivo per cui è stato creato”. E al par 2: “Per costruire sparsi nel mondo, la città sul monte sui valori delle beatitudini evangeliche, accogliamo l’invito del Signore, a pregare e a fare opere di bene senza pretendere nessuna ricompensa. Da Lui veduti e amati, vivendo la vita presente alla luce della vita eterna”. In buona sostanza, siamo chiamati ad incontrare le situazioni ordinarie della vita, anche quelle poco appariscenti, per scoprire dinamismi e tendenze diffuse un po’ dovunque, ma già raggiunte dallo Spirito Santo, portando serenità, coraggio e speranza. Ci sono alcune frasi evangeliche che mi hanno accompagnato in questo cammino, non sempre lineare, come non è mai lineare il corso della nostra vita. Nei momenti difficili mi sono affidato, e mi affido, alle parole di San Pietro: “Signore

da chi andremo, tu solo hai parole di vita eterna”(Gv. 6,68). Il Piccolo Gruppo mi ha aiutato a conoscere maggiormente il dono che Dio mi ha fatto. Dono della vita umana e, con il battesimo, della vita cristiana, riflettendo sulle parole che Gesù disse alla Samaritana: “Se tu conoscessi il dono di Dio” (Gv. 4,1…). A queste due frasi se n’è aggiunta una terza, di gioia e di entusiasmo: “Alzate i vostri occhi e guardate che i campi già biondeggiano per la mietitura” (Gv. 4,5). Cos “In alto i cuori” è diventato il mio live motiv, perché Gesù Cristo è veramente risorto. Motto che è passato un po’ sotto tono, dopo la nascita al cielo della mia cara Eliana, ma che ora, piano piano, sto cercando di riprendere. Lo slogan che mi pare racchiuda sessant’anni di vita, e che sento di ricordare a me stesso e a tutta la Comunità, è quello di: “Essere persone che tengono lo sguardo fisso verso il Dio che viene” (Martin Buber), ma allo stesso tempo tenendo i piedi ben piantati sulla terra, nella valle operosa”. Il recente e stupendo pellegrinaggio a Gozo, è stato veramente un pressante invito ad “uscire” da se stessi per andare ad annunciare, umilmente, il Vangelo di Gesù, proponendo il carisma del nostro cammino spirituale. In ultimo Vi propongo questa poesia di Jacques Brel dal titolo “Barche”: “…Conosco delle barche che si graffiano sulle rotte dell’oceano. Conosco delle barche che escono dal porto in gruppo, per affrontare insieme il vento forte. Conosco delle barche che non hanno mai smesso di uscire dal porto, ogni giorno della loro vitaConosco delle barche che tornano lacerate dappertutto, ma più coraggiose e più forti. Conosco delle barche traboccanti di sole, perché hanno condiviso viaggi meravigliosi. Conosco delle barche che hanno navigato PRENDI IL LARGO

fino al loro ultimo giorno, e sono pronte di nuovo pronte a spiegare le loro grandi vele, perché hanno un cuore a misura dell’oceano”. Questo è l’augurio e la preghiera che elevo a Dio per tutti noi, affinchè il Signore ci doni sempre “un cuore a misura dell’oceano”.

PREGHIERA DEL CAMMINO Signore, illuminaci e guidaci nella fede, nella speranza e nella carità. La strada che tu hai percorso sia da noi seguita. Tutto ciò che tu ami, sia da noi amato. Tu, Luce, illumina le nostre tenebre. Tu, Forza, sorreggi la nostra debolezza. I nostri occhi siano i tuoi occhi, le nostre mani siano le tue mani, le nostre spalle siano le tue. Il nostro cuore sia il tuo cuore, affinché i fratelli, tramite la nostra umile e fedele presenza, possano incontrare te e, nella fede, vederti e amarti. Signore, prendici come siamo e facci come tu ci vuoi.

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IL SENSO DEL PELLEGRINAGGIO: TUTTI SIAMO IN CAMMINO VERSO “LA CITTÀ SUL MONTE”

Piccolo Gruppo loda il Signore tuo Dio! di don Tonio Galea

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“I giovani e le ragazze, i vecchi insieme ai bambini lodino il nome del Signore, perché solo il suo nome è sublime: la sua maestà sovrasta la terra e i cieli” (Salmo 148, 12-13). Il Salmo 148 è un cantico di lode delle creature al creatore e si racchiude in una parola: “Lodatelo!”. Si divide in due parti, la prima (v.16) sono i cieli che lodano il creatore, cominciando dalle altezze fino ai cieli dei cieli e le acque celesti, mentre nella seconda parte (v. 7-14) è la terra che loda Dio con ventitré categorie cominciando dal basso mostri marini fino alle creature per eccellenza nella loro diversità, re, popoli, principi, giudici, giovani, fanciulli, vecchi e ragazzi. Mi colpiscono in particolare le ultime quattro categorie che rappresentano tutta l’umanità senza distinzione di sesso e di età che tutti insieme lodano Dio con un animo sereno! Questo versetto ci porta alla scena che ci descrive il profeta Zaccaria, scena che ci riporta anche alla Città sul Monte: “4Così dice il Signore degli eserciti: Vecchi e vecchie siederanno ancora nelle piazze di Gerusalemme, ognuno con il bastone in mano per la loro longevità. 5Le piazze della città formicoleranno di fanciulli e di fanciulle, che giocheranno sulle sue piazze” (Zc 8, 4-5). Anzi il Salmo 8 menziona anche i lattanti, nessuno è escluso né incapace di lodare Dio creatore. Il motivo di questo inno di lode a Dio è perché Egli si rivela. Per noi Cristiani questo salmo acquista una maggiore forza quando con rivelazione di Dio intendiamo la Sua incarnazione in mezzo a noi e la sua Redenzione, morendo e risorgendo per noi. Il Piccolo Gruppo di Cristo riconosce tutto questo nella sua chiamata specifica a vivere con animo sereno, nel mondo e nella piccolezza e nel nascondimento an-

nunciare le meraviglie del Signore. Questo credo è anche uno dei motivi del Pellegrinaggio, lodare Dio per quanti ci ama, e ci ama veramente, lodarlo con tutte le nostre forze dal più piccolo al più grande! Questo salmo mi è venuto in mente quando durante il pellegrinaggio a Malta, esattamente durante il pranzo del 60° anniversario del Piccolo Gruppo di Cristo ho visto Lucia Nicolao che portava il pellegrino più piccolo dal pellegrino più anziano (nella foto). Si, questo versetto: i vecchi insieme ai bambini lodino il nome del Signore, l’ho visto incarnarsi in questa scena, che racchiude tutti i pellegrini, perché veramente mi è sembrato che grazie a tutti, dal più piccolo fino al più grande partecipante, il pellegrinaggio si è svolto con animo sereno! Ma non dico solo grazie a quelli che erano presenti fisicamente, ma anche a tutti i membri del Piccolo Gruppo che non potendo essere presenti fisicamente (il primo ovviamente Ireos) hanno contribuito (e non poco) con la preghiera perché il pellegrinaggio potesse svolgersi in modo sereno e lasciare i frutti che Lui vorrà. Ringrazio e lodo veramente il Signore per quest’esperienza che mi ha donato di vivere e che porto nel cuore. Alla fine del pellegrinaggio nel salutare tutti, uno per uno all’aeroporto di Malta non ho intravisto PRENDI IL LARGO

stanchezza dopo tre giorni intensi, ma ho visto volti sereni e gioiosi che portavano via un’esperienza che credo non vedevano l’ora di condividere con chi non è potuto venire. In quel momento ho ricevuto tantissimo e mi sarebbe mancato qualcosa d’importante del pellegrinaggio se non fossi stato li in quel momento; ma sono certo che il pellegrinaggio oltre che ad aver raggiunto il suo obbiettivo nell’essere stato un momento di Lode al Signore e di averci ricordato che tutti siamo in cammino verso la Città sul Monte, credo che sia stato anche una “occasione di Missione”, breve ma molto intensa. È stata per la comunità nascente una “iniezione” dello spirito dello scantinato, che ha dato inizio al Piccolo Gruppo di Cristo 60 anni fa e che sicuramente non lascerà senza effetto. È stata inoltre una opportunità molto grande per i residenti stessi vedere la presenza di tanti bambini, ragazzi, giovani, coppie, adulti, celibi e sposi nello stile del gruppo, i quali sicuramente hanno lasciato un seme di novità e positiva curiosità in chi sa quanti cuori delle persone che abbiamo incontrato nell’isola. Credo fortemente che in questo periodo dobbiamo pregare affinchè il Signore faccia “crescere” ciò che Lui desidera. Infine, ma non per ultimo, credo che il Pellegrinaggio sia stato anche una conferma e un grande sostegno per Andrea e Nadia che ogni mese fanno questo “tragitto”, una conferma anche per gli isolani di Malta e Gozo che ogni mese vedono venire questi “due italiani” per fare gli incontri con quattro-cinque ragazzi, ed ora hanno visto circa 160 persone al loro fianco, sempre nella semplicità, tutto questo ha lasciato in loro qualcosa di bello. Per tutto questo rendo grazie e lodo il Signore!

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L’ASPIRANTATO: UN’OCCASIONE PER RISCOPRIRE E RILANCIARE LA FEDE IN CRISTO rebbe sopravvissuta alla prova del ritorno alla normalità.

Un’amicizia profetica di Lorenzo Polli Il pellegrinaggio del Piccolo Gruppo di Cristo a Malta e la pubblicazione del libro che lo ha preceduto mi hanno spinto a interrogarmi sulle origini del mio incontro con il Gruppo. Tutto nacque in modo insolito: ero stato selezionato, quasi per sbaglio e certamente controvoglia, per trascorrere un semestre in Erasmus a Malta. Come gli ingrati detrattori di questo programma non cessano mai di ripetere, l’Erasmus talvolta si rivela una fuga dalla realtà, un momento “magico” di divertimento sfrenato e frivolo, un periodo in cui ogni valore sembra poter

essere a buon diritto sospeso. Alla vigilia della mia partenza, non posso negare di aver avuto il timore che il mio Erasmus si riducesse precisamente a questo. Dopo i miei quattro mesi a Malta, ripensando al tempo trascorso e sfogliando le pagine del diario che avevo tenuto, mi scoprivo a contemplare un’avventura che mi aveva cambiato profondamente e in modo del tutto inatteso. Sapevo che le esperienze e gli incontri che avevo fatto e le amicizie che avevo stretto avevano lasciato una traccia che si sarebbe diffusa ben oltre quei quattro mesi e che, soprattutto, saPRENDI IL LARGO

Andrea, anche lui come me studente Erasmus, mi aveva presentato in modo molto “felpato” la realtà del Gruppo (riflettendovi ora, sono quasi certo che, all’epoca, un approccio differente avrebbe generato in me una reazione opposta, di rigetto) e l’ambiente della cappella universitaria mi aveva arricchito ponendomi di fronte una giovane realtà cristiana diversa da quelle a cui ero abituato. Dopo l’Erasmus, i continui incontri tra “noi maltesi” fecero in modo che la nostra amicizia, condizione per me indispensabile per poter intraprendere un percorso sereno e sinceramente condiviso, si approfondisse e, allo stesso tempo, che la conoscenza della realtà del Gruppo, nel quale sempre più mi pareva di ritrovare convinzioni e aspirazioni personali, si perfezionasse. Con la mia consueta calma, a settembre dello scorso anno sono arrivato alla decisione di cominciare il percorso di aspirantato. Sono sempre stato persuaso che per capire dove andare occorra sapere da dove si viene, e il recente pellegrinaggio (a cui, purtroppo, non ho potuto partecipare) mi ha offerto una splendida opportunità per riflettere su questo percorso. La terra di Malta mi è rimasta molto cara, e sento un profondo legame con la piccola comunità gozitanomaltese: spero di cuore che l’esperienza a Malta sia stata per tutti quello che è stato per me, una sorprendente occasione per riscoprire e rilanciare la fede in Cristo.

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CHIAMATI A LIBERARCI DALLA VECCHIAIA SPIRITUALE. VIVERE CON LO SGUARDO SU GESÙ

L’isola si chiamava Malta di Lucia Nicolao

Mentre scrivo alcuni pensieri in libertà ricordando il pellegrinaggio della nostra Comunità nel 60° di Fondazione è il 23 maggio, quindi dopo un mese. Cos’è rimasto dentro di me dopo quest’esperienza così forte? Cerco, alla luce della mia preghiera di questo tempo pasquale, di dar voce ad alcune riflessioni. Scelgo di farmi ispirare dalla Parola di Dio del giorno di oggi: il carceriere di Paolo e Sila che nel convertirsi facendosi battezzare “fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio”. Noi come Comunità, nell’incontro con i nuovi giovani maltesi e la chiesa di Gozo nella persona del Suo Vescovo, siamo andati per condividere la gioia della vocazione di appartenere al Signore attraverso la nostra spiritualità. Una gioia la nostra non solo umana frutto della bellezza di ritrovarci uniti in tanti fratelli e sorelle, ma profondamente cristiana: la gioia della fede, come viene richiamata appunto dagli Atti degli Apostoli. A me Lucia, consacrata da oltre 30 anni, che cosa ha toccato di più di questo pellegrinaggio, anche ricordando gli ultimi più vicini nel tempo, quelli di Roma e di Assisi?

Malta è stata scelta per conoscere e incontrare una chiesa sorella, dove alcuni giovani si stanno avvicinando al nostro cammino e hanno bisogno di conoscere, vedere, toccare, abbracciare i nostri volti, le nostre esperienze di vita, la nostra gioia di

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credere, dopo tanto anni. Hanno incontrato i fratelli più anziani alcuni dei quali accompagnati dalle loro mogli, conosciuto tante famiglie giovani con bambini piccoli, avvicinato persone come i celibi e alcuni sacerdoti che camminano con noi. Che testimoni siamo stati noi verso di loro? Mi resta viva questa domanda dopo un mese, e credo mi resterà ancora, perché in me è forte l’invito dello Spirito a non spegnere, non soffocare la Sua luce, ma a manifestare quanto la mia vita è più bella, più intensa, più piena se accolgo il Suo amore. E poi cercando di testimoniarlo a chi mi è vicino, a chi incontro ogni giorno. Certo, la fede spesso è anche un cammino fatto di fatica, di buio, di rabbia (penso alle tante volte in cui vedo una mamma morire di tumore lasciando figli piccoli.. o quando davanti al male tanto, troppo presente nel mondo, mi chiedo “Dio, dove sei?”. Ho molto apprezzato l’incontro e

l’Eucaristia vissuta a Gozo con il Vescovo Mario Grech, che ci ha richiamati a liberarci dalla vecchiaia spirituale, a far attenzione al pericolo di vivere oggi senza Gesù. Ha sottolineato con parole chiare che 60 anni sono un anniversario da celebrare, ma non costituiscono una garanzia. Come Nicodemo è andato da Gesù di notte, così anche noi siamo chiamati a rinascere ogni giorno nell’incontrarlo e poi a testimoniare l’amore liberante della sua Pasqua. Senza paura. Cerco di non disperdere queste preziose esortazioni, dopo Malta. Ho nel cuore tanta riconoscenza verso i nostri fratelli Nadia e Andrea che da 5 anni ripetono ogni mese il percorso che noi abbiamo vissuto solo una volta e alcuni segnali di vicinanza con i primi giovani (a parte Francesco) sono venuti solo dopo 2-3 anni, grazie al soggiorno studio di Andrea Fazio. Come lodo il Signore per la presen-

za tra noi dei sacerdoti, di don Tonio, Suo strumento che ci ha aperto le porte per iniziare la missione maltese. Pensando a questi testimoni sono sollecitata a non sedermi, a camminare, a riflettere su come essere missionaria nel mio ambiente di vita. Ricordando come i primi discepoli, Pietro, Stefano, Paolo, Sila, Barnaba… ricchi di fede, coraggio, libertà, gioia non potevano tenere per sé ciò che avevano visto e toccato e annunciavano le grandi opere di Dio. Dammi o Signore di annunciarti anche oggi, negli anni che crescono e dentro le immense ingiustizie e violenze che riempiono il mondo di oggi. La grande testimonianza del Papa, di tutti i martiri della fede, del nostro Fondatore Ireos, del Responsabile Generale e dei nostri responsabili personali ci sostengano tutti nel continuare ad essere portatori della gioia cristiana.

PICCOLO GRUPPO DI CRISTO 23 aprile 2017 La Comunità del Piccolo Gruppo di Cristo si unisce alla preghiera che si eleva dalla Chiesa a suffragio dell’amato Cardinale Attilio Nicora. Lo ricordiamo in particolare per il suo sostegno spirituale e pastorale quando - su mandato dell’allora Arcivescovo di Milano, Cardinale Giovanni Colombo, seguì da vicino il percorso di consolidamento della Comunità fino alla revisione delle nostre Costituzioni e alla loro approvazione ecclesiastica diocesana. Eleviamo un grazie al Signore per la sua costante, sempre discreta e ammirevole testimonianza di una fede sostenuta dal pensiero vigoroso e dallo studio continuo e creativo. L’amore che ha sempre mostrato per la Chiesa e per tutte le sue componenti, comprese quelle laicali, ha rappresentato una viva concretizzazione degli insegnamenti conciliari, da lui diffusi nelle parrocchie e tra le aggregazioni laicali con una costante disponibilità per incontri, ritiri, conferenze e guida di Santi esercizi spirituali. Siamo certi che il Signore lo accoglierà nella schiera dei Suoi “servi buoni e fedeli” e per lui intercederemo nella preghiera PRENDI IL LARGO

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“STARE ALL’ULTIMO POSTO”. AGGIORNAMENTI E RIFLESSIONI SU MALTA E IL SESSANTESIMO

Stare in disparte con Lui di Andrea Di Maio

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“TUTTO PASSA, DIO RESTA” Nel libro pubblicato in preparazione al pellegrinaggio, la storia dei nostri viaggi a Malta si chiudeva al rientro dalla “festa dell’eremo” alla sera del 30 ottobre 2016. Al mattino del primo novembre, mia madre si è aggravata e a metà dicembre è morta. Considerando che la cognata di Nadia era morta pochi giorni dopo il nostro primo viaggio a Gozo, il nostro “passaggio” missionario a Malta è misteriosamente incastonato tra due passaggi all’Oltre. Quest’anno fratelli e sorelle maltesi si sono messi loro stessi in viaggio per il gruppo: due di loro son venuti due volte a Roma, allacciando altri anelli alla “catena delle amicizie” e una volta a Desio, a trovare gli aspiranti e alcuni effettivi lombardi, e poi a Milano a conoscere Ireos; quasi tutti, poi, ai primi di febbraio siamo andati a trovare Lorenzo a Parigi, dove un fatterello capitato prima dell’adorazione serale ci ha fatto sorridere: a cena in un ristorantino, i maltesi e i gestori nordafricani si son capiti pur parlandosi rispettivamente in maltese e in arabo! La mattina dell’8 marzo, durante una tempesta, la “Finestra Azzurra”, il maestoso arco di roccia di Dwejra, davanti a cui ci eravamo fatti fotografare in gruppo, è collassata, “sparita, come se non ci fosse mai stata”; riguardando quelle foto, viene da dire: tutto passa (anche il Gruppo!), solo Dio resta, ma, in Lui, anche noi. “CRESCETE E MOLTIPLICATEVI” A marzo, con l’incoraggiamento del Vescovo di Gozo, Mario Grech, avevamo scritto all’Arcive scovo di Malta, Charles Jude Scicluna, per informarlo della nostra presenza anche nella sua arcidiocesi e del nostro imminente pellegrinaggio.

Dopo poche ore, l’Arcivescovo ci aveva risposto, fissandoci un appuntamento alla nostra prima venuta a Malta. Così, la mattina di sabato 25 marzo, solennità dell’Annunciazione, dopo la Messa e la preghiera, Nadia, Francesco, Corinne, Alberto, Donata, Karl e io ci siamo recati alle nove nella Curia Arcivescovile a Floriana (alle porte della Valletta) per l’incontro, che avevamo concordato di svolgere in due fasi: prima in tre e poi con tutti gli altri. L’Arcivescovo è gioviale, deciso e pragmatico: prima di tornare come Vescovo a Malta era stato, dal 2002 al 2012, “promotore di giustizia” della Congregazione per la Dottrina della Fede, svolgendo (con l’appoggio del Cardinal Ratzinger, poi Papa Benedetto XVI) un ruolo chiave nella lotta contro la pedofilia ed altri scandali nella Chiesa. Con peculiare acutezza canonistica ci ha innanzitutto interrogati sul Gruppo (“Chi siete?”; “Cosa potete dare alla Chiesa?”), con domande precise e puntuali sulla nostra identità, spiritualità, missione, vita comunitaria, formazione... Successivamente, l’Arcivescovo ha voluto ascoltare da Karl, Donata, Corinne e Alberto cosa li aveva colpiti del Gruppo: la semplicità, l’essenzialità, il legame comunitario nelle diverse situazioni di vita... Gli abbiamo infine presentato il nostro libro sulla fondazione maltese e il programma del nostro pellegrinaggio a Malta. Alla fine, l’Arcivescovo ci ha detto testualmente: “Benvenuti a Malta. Crescete e moltiplicatevi!”. Che bell’invito! Ha anche raccomandato agli universitari di essere presenti con la testimonianza nell’ambiente universitario. Ha espresso il desiderio di continuare a seguirci a Malta. Si è offerto di getto di presenziare alla messa conclusiva del nostro pellegrinaggio (a Malta), ma avendo subito verificato di avere già un altro impegno in quel giorno, ci siamo PRENDI IL LARGO

accordati per ritrovarci (solo con la comunità maltese) in una successiva occasione. MOSSI (INCONTRO AI PIÙ PICCOLI) E COMMOSSI Ogni decennale la comunità cerca di “tornare alle origini andando oltre”, e lo fa anche con l’aiuto di un pellegrinaggio. Stavolta la mèta non è un luogo tradizionalmente caro alla spiritualità del Gruppo, ma la più giovane delle sue comunità e, per una imprevista coincidenza, proprio a cinque anni esatti dal nostro primo viaggio a Gozo: stavolta, il “tornare alle origini” comporta il “prendere il largo”. Ireos, non potendo venire a motivo della salute, ma potendo ancora seguirci con il cuore, ha scritto alla comunità maltese un bel biglietto di auguri e benedizione. E alla prima Messa dopo il nostro arrivo a Marsalforn, quasi di notte, abbiamo rivissuto quanto anni prima Ireos aveva scritto a proposito di quella sera del 10 febbraio 1957: Piccolo Gruppo di Cristo! Ricordo il tuo natale ed ho nostalgia del silenzio di quella notte. Oggi tu vivi nel giorno normale della Chiesa, che ti ha accolto nelle sue braccia, ma ti prego: compi fino in fondo il tuo dovere, stai attento a non tagliare mai il cordone ombelicale della tua vocazione d’origine. Sii come allora capace di stupirti, di ascoltare, di stringere le mani, ammirando e lasciandoti ammirare. Ancora adesso avvolgici nel tuo silenzio che ci avvolgeva anche quando parlavamo. Ora, dopo tanti anni, contemplando quell’inizio ricco di quel valore che tu solo conoscevi, non provo nostalgia per il passato, ma vorrei che quella notte di silenzio e di luce vivesse attualmente in tutto il suo splendore. E in effetti quel silenzio ci ha parlato; ci siamo mossi in pellegrinaggio e ne siamo rimasti spiritualmente commossi.

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È stato commovente già quella prima sera sentire i ragazzi presentarsi (con Alberto che a nome di tutta la comunità maltese ha ricordato Ireos e lo “spirito dello scantinato”) e vedere la gioia di don Daniel presiedere l’eucaristia in grande e profonda semplicità. È stato commovente il secondo giorno a San Giorgio sentire Nadia e Francesco presentare (rispettivamente) la parrocchia al Gruppo e il Gruppo alla parrocchia, e don Paolo ricordare Ireos e raccomandarci la fedeltà alla vocazione! È stato commovente il terzo giorno a Ta’ Pinu sentire Giancarlo ripercorrere la storia del Gruppo e il Vescovo Mario esortarci a rinascere da Spirito per diventare sempre giovani! È stato commovente alle concelebrazioni e ai momenti conviviali vedere il Vescovo di Gozo e tanti preti e laici delle diocesi di Gozo e di Malta, e i genitori dei nostri amici maltesi, condividere la nostra gioia! È stato commovente vedere la comunità del Piccolo Gruppo quasi al completo (gli anziani, gli adulti, i giovani, le famiglie con bambini!) venire incontro alla comunità ultima nata: e avvertire la familiarità subito instauratasi tra tutti, e in particolare tra giovani aspiranti maltesi e giovani (aspiranti o figli) italiani! È stato soprattutto commovente, almeno per me, vedere Donata, Corinne, Alberto, Karl e Francesco alla fine della Messa a Ta’ Pinu farsi inaspettatamente avanti per consegnare a Giancarlo, in dono per la Casa del Gruppo a Desio, una Croce maltese in pietra maltese: un bellissimo segno di questa nuova piccola e bella comunità locale, ormai costituita e affidata a Dio! Che dire? Cosa mi porto come impegno al rientro? L’ultimo giorno, nella cosiddetta grotta di San Paolo a Rabat, ho riflettuto: come il naufrago Paolo, dobbiamo cogliere le occasioni della vita, coniugando ragionamenti e ispirazioni e, una

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volta all’opera, alimentare con le fascine dell’attività umana il fuoco dell’evangelizzazione già acceso da Dio; e quando la serpe velenosa delle tentazioni ci morde, scuoterla e gettarla nel fuoco evangelico così da non riceverne alcun danno. In tal modo sarà creduta la buona notizia del Signore. “OGGI COME IERI”, AL SECONDO POSTO Ireos dice che ciascuno di noi tende ad avere, della storia del Gruppo, una percezione condizionata dal momento in cui vi è entrato e deve pertanto sforzarsi di inserirsi nella storia più grande. Ripenso ai miei inizi nel Gruppo a Roma, quando il superiore di un convento a cui avevamo chiesto ospitalità per gli incontri ci rispose in prima battuta: “Il vostro piccolo gruppo è troppo piccolo per noi” (ossia non nel senso di “umile”, ma di “inconsistente”). Allora infatti non avevamo costituzioni “bollate”, libri pubblicati, copiosi incoraggiamenti episcopali... Ripenso anche agli inizi della comunità maltese, quando il Vescovo Mario ci ha confortato: “Non abbiate paura di essere piccoli e di restare piccoli!”. Penso agli inizi del Gruppo e all’esortazione di Ireos a vivere “oggi come ieri” “nel segno +”, ossia della “croce” che è anche un “più”: cercare di essere un po’ più piccoli, più umili, più generosi... Rifletto: essere umili per virtù non è la stessa cosa che essere dimessi per mancanza di carattere. Sabatino, ci diceva Ireos, era un “vero umile”. Allo stesso modo, per essere “davvero piccolo”, il Gruppo dovrà darsi da fare per non essere “piccino”, nel senso della inconsistenza e mancanza di carattere! Ma il rischio è quello di darsi troppo da fare e di vergognarsi della piccolezza. Siamo quindi di fronte a due tentazioni. La prima è di voler essere un grupPRENDI IL LARGO

po non “piccolo”, ma piccino; non povero, ma pauperista; non umile, ma sciatto, “da sfigati”. La seconda tentazione è, per reazione, di voler diventare un gruppo d’élite o un gruppo “smart”, “da emergenti”, o comunque almeno ben messo e con buoni agganci. Mi chiedo se il mio impegno intellettuale per il Gruppo di questi anni non sia stata proprio una reazione alla battuta del superiore di quel convento, quasi a dire: “è vero, siamo scarsi di numero, ma non di qualità!”. In fondo, oggi possiamo presentarci senza vergognarci del nostro aspetto: abbiamo costituzioni approvate ed elogiate, una casa centrale, svariati mezzi di comunicazione, una discreta diffusione... Eppure, il Gruppo, nonostante tutti i nostri sforzi peraltro necessari, è e rimane “scarso”. Anzi, è essenzialmente “scarso” (e mostra sempre qualche grosso limite). Ma proprio in quanto essenzialmente “scarso” ci aiuta misteriosamente a santificarci. È come se (mi pare), dicendo di sì al Signore che ci chiama nel Gruppo, è come se lo pregassimo (senza rendercene conto) di metterci con Lui un po’ in disparte, e Lui, che è buono, ci prendesse in parola. Ricordo di aver sentito da Ireos che è impossibile mettersi proprio all’“ultimo posto”, perché quello è il posto già preso da Gesù, e che pertanto possiamo al massimo metterci al “penultimo”, sedendoci sopra le sue ginocchia, o che perlomeno non ci mettiamo al “primo”; e che la vocazione del Gruppo è realisticamente qualcosa di intermedio: è come una bicicletta, una moneta di cinquecento lire, un vagone merci, un carretto agricolo, una stella di seconda grandezza... Accettare questo è il senso profondo del nostro sessantesimo.


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UNA FEDE CHE SI FA VICINANZA. L’ESPERIENZA DI UNA FAMIGLIA AL PELLEGRINAGGIO Era da tanto che ci stavamo preparando a questo viaggio: l’emozione di volare per la prima volta ha catturato pensieri e progetti delle settimane precedenti, a tal punto che Agnese misurava il tempo in base alla data della partenza. La seccatura dell’attesa in aeroporto è stata ricompensata dallo strepito delle ruote sulla pista e dall’emozione al momento dello spiccare il volo. L’arrivo a Roma ci ha subito messi nel clima vero del pellegrinaggio, il clima comunitario: incontrare tanti volti amici nel grande aeroporto ha cambiato la prospettiva del nostro viaggio, non più un’avventura per pochi, ma un’esperienza da condividere con molti…

Una comunità in cammino di Antonio Cianfrone

Un’altra parola chiave di questi giorni è stata ospitalità: quella dataci dal personale dell’albergo che ci ha subito accolti con gioia e attenzione, ma soprattutto quella dei nostri fratelli maltesi, così felici di vederci “a casa loro” da averli subito percepiti come vicini, prossimi a noi, fratelli appunto… In questi giorni le esperienze vissute sono state tantissime, e ricordarle tutte sarebbe difficile: però alcune hanno lasciato in noi un segno particolare. Stare nei luoghi in cui lo stesso S.Paolo è stato ha voluto dire rivivere un po’ la sua stessa esperienza; mettere i piedi dove più di 5000 anni fa altri uomini erano già passati ci ha riempiti di stupore; ma anche tuffarci in piscina, quasi toccando il cielo con un dito, ha “rinfrescato” il legame soprattutto dei più giovani; e poi sostare in preghiera davanti al mare ci ha fatto cogliere la bellezza intima di questa natura selvaggia e spettacolare, insieme alla nostra piccolezza…

Più di tutto però questa esperienza è stata segnata dall’amicizia. Tante persone, con cui condividiamo tanto nella fede, le abbiamo sentite vicine anche umanamente, potendo così dar spessore e concretezza a tanti pensieri e sentimenti. Metterci in cammino insieme ad altre famiglie ha voluto dire condividerne le fatiche ma anche le gioie, conoscerle meglio, poterle portare ancora nei nostri pensieri e nelle nostre preghiere con più freschezza.

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E poi poter affidare tutto questo, insieme a molte altre intenzioni, proprio nelle mani della nostra mamma celeste. Partendo per Malta abbiamo tutti collezionato intenzioni, pensieri, sentimenti, insieme a volti di persone, situazioni difficili, progetti per il futuro…e arrivati di fronte a Lei abbiamo deposto tutto ai suoi piedi, non con la presunzione di dover essere esauditi, ma con la fiducia che mai ci farà mancare il suo aiuto e la sua intercessione presso il nostro fratello Dio.

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LE PAROLE CARICHE DI GIOIA DI ALCUNI GIOVANI DOPO AVER VISSUTO IL PELLEGRINAGGIO

Un’isola accogliente di Francesco, Chiara, Sara Parmigiani

Sabato 22 aprile, ore 5.00: sveglia. Comincia così la nostra giornata. Ci prepariamo per uscire, sistemiamo le ultime cose e poi via, direzione: aereoporto di Linate a Milano! Per tutti e tre era la prima volta che prendevamo l’aereo, quindi eravamo molto emozionati. Abbiamo aspettato un bel po’ prima di fare il check-in e per ingannare il tempo ci siamo messi a leggere e studiare fra le chiacchiere e i saluti. Verso le nove ci siamo messi in coda per entrare nell’aereo. Anche qui abbiamo dovuto aspettare molto tempo e l’attesa aumentava la voglia di volare. Finalmente siamo saliti sull’aereo e siamo partitiiiiii!!! Con i cellulari abbiamo fatto foto e video per memorizzare e ricordare in futuro questa meravigliosa esperienza. Il volo è durato un’oretta e siamo arrivati all’aeroporto di Roma, dove ancora una volta abbiamo dovuto aspettare. Eravamo emozionati e

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non vedevamo l’ora di riprendere l’aereo nel pomeriggio per andare verso Malta. Prendere il secondo aereo della nostra vita a distanza di poche ore è stata una cosa fantastica. Prima di partire abbiamo visto i nostri amici delle comunità di Roma e Treviso. Per arrivare a Gozo dovevamo prendere il traghetto da Malta, anche questo per la prima volta. Abbiamo fatto foto PRENDI IL LARGO

e video e ci siamo goduti la magnifica vista che avevamo. Arrivati a Gozo, siamo andati con i pullman verso l’albergo che ci ospitava e abbiamo avuto le nostre camere, non con mamma e papà, ma con i nostri amici. La vista era magnifica, uno spettacolo mozzafiato che ci ha incantato e fatto innamorare di questa isola. Non eravamo arrivati da neanche un’ora che subito siamo


stati conquistati dai suoi paesaggi meravigliosi. Ci siamo sistemati nelle camere e siamo scesi per la cena. C’erano un sacco di cose deliziose ed era tutto a buffet. Che bontà! La cena è stata il primo momento di condivisione, in cui abbiamo ripreso i legami con i nostri amici, un po’ interrotti dalla distanza. Trovarsi insieme dopo mesi e mesi è stato bello. Dopo cena c’è stata la messa e poi siamo stati di nuovo con i nostri amici. Questa prima giornata è stata stancante, ma piena e ricca di gioia. Il mattino seguente, domenica 23 aprile, ci siamo svegliati presto, abbiamo fatto un’abbondante e gustosa colazione sempre a buffet, e ci siamo preparati per andare a Victoria e celebrare la S.messa alla basilica di San Giorgio. La messa è stata detta un po’ in maltese e un po’ in italiano, è stato un momento davvero speciale e fantastico soprattutto per il calore con cui siamo stati accolti. Dopo messa siamo andati a fare un giro al museo che c’era vicino alla chiesa e successivamente siamo saliti sul tetto del palazzo per ammirare il panorama. C’era una vista davvero mozzafiato e abbiamo fatto un sacco di foto al panorama e al nostro gruppetto. Da qui abbiamo potuto ammirare anche i fuochi d’artificio e colpi di cannone perché era la festa di San Giorgio e in piazza, sotto di noi, c’erano balli e danze popolari, persino San Giorgio (statua) ballava con loro. Nel pomeriggio siamo stati al museo annesso ai templi megalitici di Ggantija e poi abbiamo visitato queste architetture davvero gigantesche e affascinanti e addirittura più antiche di Stonehenge. Poi ci siamo spostati alla mitica spiaggia rossa e abbiamo ammirato da vicino la bellezza del mare per la sua acqua limpidissima e raccolto un po’ di sabbia da conservare in ricor-

do dell’esperienza vissuta. Più tardi siamo andati a Dwejra, dove c’era la finestra azzurra e ci siamo divertiti come matti a scalare le scogliere. È stata una giornata molto impegnativa, ma allo stesso tempo piena di momenti di condivisione. Lunedì 24 aprile. Carichi grazie ai giorni vissuti, eravamo pronti per affrontare un’altra giornata sempre con la gioia in viso anche se sapevamo che sarebbe stata faticosa. Ci siamo diretti, facendo anche una parte del tragitto a piedi, come veri e propri pellegrini, verso il santuario della Madonna di Ta’ Pinu, una basilica molto particolare per gli abitanti di Gozo legata al miracolo della Madonna. Dall’esterno sembra molto povera, ma ha un fascino incredibile forse dovuto anche al paesaggio intorno che la fa risaltare. Una volta dentro, siamo rimasti di stucco per tutti i colori che ci sono che richiamano la bellezza del volto di Gesù. Qui abbiamo celebrato la messa in memoria del 60° anniversario di fondazione del Piccolo Gruppo di Cristo. Quasi al termine di questa, ci sono stati particolari ringraziamenti ad alcuni membri del gruppo con lo scambio di doni simbolici. È stato un momento emozionante e di grande gioia condivisa con tutti i fratelli del Gruppo. C’è stato anche il grande pranzo di condivisione all’hotel con la speciale presenza del vescovo e di alcuni sacerdoti gozitani. Nel pomeriggio ci siamo spostati alla Cittadella e siamo saliti in cima sulle mura possenti, dove abbiamo potuto ammirare il bellissimo paesaggio dell’isola di Gozo. Abbiamo fatto visita anche alla cattedrale di Victoria. Siamo poi rientrati in hotel per trascorrere una serata un po’ più tranquilla. Eccoci all’ultimo meraviglioso giorno, martedì 25 aprile. Con malincuore abbiamo dovuto prendere il PRENDI IL LARGO

traghetto per spostarci da Gozo a Malta. Qui abbiamo visitato la grotta di San Paolo a Rabat e poi abbiamo celebrato la Santa Messa nella chiesa della città come ringraziamento di questi giorni di pellegrinaggio a Gozo. Abbiamo visitato la città di Mdina e poi abbiamo avuto tempo libero per goderci gli ultimi momenti con i nostri amici. Mentre camminavamo per la città abbiamo sentito aneddoti dei ragazzi maltesi e di Andrea che ci ha raccontato la sua esperienza a Malta. C’è stata una scena molto particolare che è accaduta davanti a una chiesa: eravamo divisi in due gruppetti a parlare: il nostro e quello degli adulti, si è avvicinato Giancarlo e ci fa: “Ecco il futuro del Piccolo Gruppo!”. (Questa frase ci fa ancora riflettere, che Giancarlo abbia ragione?). Nel pomeriggio presto tutto il PGC è andato in aeroporto per andare a Roma e abbiamo dovuto salutare gli amici di Malta. È stato di nuovo meraviglioso prendere l’aereo. Una volta a Roma abbiamo dovuto salutare con grande dispiacere anche tutti gli amici di Roma e Treviso e alcuni di Milano. A Roma abbiamo preso un altro aereo diretto per Linate. Sentire il vuoto nella pancia è stato di nuovo bellissimo. Ormai questo pellegrinaggio era concluso, ma pronto a restare impresso nella mente e nel nostro cuore. Questi giorni ci hanno dato l’opportunità di staccare dalla nostra vita di tutti i giorni per gustare un mondo tutto nuovo, per riposarsi, per conoscere la realtà di Malta, per condividere momenti di preghiera, per creare nuovi legami e approfondire quelli già esistenti. Questa esperienza stupenda non solo sarà un ricordo, ma anche un segno indelebile che ha cambiato qualcosa in noi.

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IL VOLTO DEI SANTI

LA TESTIMONIANZA DI VITA E DI FEDE DI UN EDUCATORE CRISTIANO: GIUSEPPE LAZZATI

Il termine ‘cittadinanza’ indica la cordiale appartenenza al mondo, alla storia, senza ombra di disprezzo perché quanto è uscito dal gesto creatore “ è molto buono”. (Ad Diognetum 5) Per Giuseppe Lazzati, nato a Milano nel 1909, le metropoli furono i luoghi dove trascorse la maggior parte della sua vita, ha dimorato nella terra, ma ebbe sempre la sua cittadinanza nel cielo, infatti sua fu la convinzione che il futuro del cristianesimo era racchiuso nella capacità dei credenti di incarnarsi, in ogni tempo, situazione e città, sull’esempio di Cristo incarnatosi nell’umanità. “Dio ci ha fatto conoscere il mistero del suo volere, il disegno di rica-

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Alzo gli occhi verso il cielo di Rosalba Beatrice

pitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” (Ef 1,10)

a dire coi fatti, cioè con l’attività di tutta la vita: per mostrarti che ti amo, ti voglio far amare.”

Raccontare la vita di Lazzati rende viva la sua identità di “laico consacrato” che desiderava “santificarsi per santificare” nell’esercizio della pura carità, donando tutto sé stesso per il bene degli altri. Egli infatti scriveva in una lettera ai laici consacrati: “La nostra vocazione ci chiama a fare un passo innanzi e

Il paradosso cristiano, essere nel mondo ma non essere del mondo, veniva da Lazzati spiegato scrivendo: “I cristiani sono tenuti a impegnarsi nei loro doveri di cittadini, se pure con il distacco di chi sa che essi non costituiscono l’ assoluto, ma da essi sono giudicati” sono cioè parte del mondo mantenendo la loro

PRENDI IL LARGO


cittadinanza spirituale. Il giovane Giuseppe si laureò all’Università Cattolica ambrosiana nel 1945, ma a seguito delle tragiche vicende della seconda guerra mondiale, fu deportato nei campi di internamento nazisti e proprio in “quelle baracche fredde e umide”, dove rimase rinchiuso per quasi due anni in Germania e con il suo sentire improntato alla Fede e alla comunione, maturò il suo aprirsi all’impegno politico. Durante la prigionia l’impegno del tenente Lazzati si articolò su diversi fronti: la preghiera, la promozione e la guida di Gruppi del Vangelo. Il fondamento era sempre lo stesso: animare, sostenere in vista della conquista della libertà, anche in senso fisico e non solo spirituale, di cui già godevamo pur essendo dentro i reticolati. “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri [...] o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni” (Evangelii nuntiandi 41). Una espressione carissima a Lazzati riguardava il dovere che fedeli laici hanno di impegnarsi a costruire la “ città dell’uomo a misura d’uomo” insieme con tutti gli uomini di buona volontà. “È immaturità - diceva - vivere divisi in se stessi. Non ha senso che un cristiano viva il proprio lavoro, la propria professione, senza infondervi un’anima; oppure che viva la propria fede nel chiuso del tempio, senza testimoniarla per le vie del mondo”. La spiritualità del laico cristiano, secondo Lazzati, è quella dell’Incarnazione: la «spiritualità della strada», sintesi tra contemplazione e azione, tra «preghiera diffusa» nella vita quotidiana (non solo la «preghiera pregata» dei momenti forti) e attività lavorativa. Nel 1946 i maggiori impegni di Lazzati si concentrarono a Roma nell’Assemblea Costituente e la successiva confer-

ma al primo Parlamento repubblicano, nel 1953 ottenne la cattedra di letteratura cristiana all’Università Cattolica di cui fu successivamente anche Rettore. Ascoltare e parlare, imparare e insegnare furono i ritmi della sua vita e fu per molti un insostituibile maestro, in questo ruolo di educatore che Lazzati ritenne di identificarsi maggiormente. Soltanto chi si dispone alla sequela diventa uditore delle Sue parole: “Cosa cercate?”; e chi ha un cuore disponibile a lasciarsi interpellare dagli autentici testimoni di Dio può a sua volta, ripetere le parole dei discepoli “Rabbì, dove abiti?”. In questo senso Lazzati che fu un maestro di generazioni di giovani e non solo studenti, soprattutto all’Eremo San Salvatore di Erba, si sentì sempre “discepolo”. Il nostro atteggiamento più giusto, come la nostra preghiera e devozione più vera, si verificano quando perseveriamo a pregare fino a che diventiamo noi coloro che ascoltano Dio. In misura che l’ascolto della Parola occuperà il primo posto nelle nostre realtà, nelle nostre comunità, come in ognuno di noi, più efficacemente lavoreremo per la salvezza delle anime, perché nella Chiesa ogni credente è, per la sua parte, responsabile della Parola di Dio, ognuno riceve lo Spirito Santo per annunciarLa fino all’estremità della terra. Una vocazione inedita suscitata dallo Spirito quella del laicato, perché si senta responsabile ad intercettare i segni dei tempi caratterizzati da una graduale secolarizzazione di massa: tutto sommato una nuova coscienza di essere Chiesa. Non si potrebbe, ovviamente, capire Lazzati prescindendo dalla vita interiore alimentata da una intensa preghiera nella quale, com’ era solito dire, “si esprime in modo singolarissimo la nostra consacrazione.” PRENDI IL LARGO

“Ama, e fai ció che vuoi”. La libertà interiore consiste nel fare del libero arbitrio lo strumento per scegliere sempre la volontà del Padre. “La preghiera appare non già quale legge imposta dall’esterno, ma quale bisogno dialogico insopprimibile di vita: respiro, battito del cuore di una vita che è essenzialmente comunione con la Trinità dalla Quale trae origine ed alla Quale è destinata a tornare come a termine in cui raggiunge la propria pienezza...”. Lazzati morì nel 1986 a causa di un tumore al fegato. Il laico consacrato deve cogliere il senso profondo della sua specifica vocazione, Icona ideale è la “cosiddetta” vita nascosta di Nazareth. “Proprio perché ordinata alla santità, cioè a pienezza di carità, la secolarità può aprirsi a forma particolare di “consacrazione a Dio e agli uomini”, consacrazione che, intesa quale sviluppo di quella battesimale, mira a portare appunto a pienezza di carità la vocazione propria dei fedeli laici senza che essi rifiutino la loro indole secolare.” «Amate Gesù Cristo, il Sovrano cui abbiamo consacrato la vita, che per primo ci ha amati e si è dato a noi; amatelo appassionatamente, a fatti non a parole, fatti suoi seguaci in vera povertà, in amabile castità, in feconda obbedienza; dandovi per lui, che è dire per la diffusione del suo Regno, senza misura che non sia quella suggerita dalla soprannaturale virtù della prudenza, e nei modi che il vostro amore per lui vi suggerirà, fino alle estreme conseguenze, per usare le parole di papa Paolo VI. Bibliografia: Testi di Giuseppe Lazzati : Testamento spirituale - La preghiera nella vita del Laico La vita come vocazione. Giuseppe Lazzati: educare nella città Articoli vari

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IN COMUNITÀ

CHIAMATI A TESTIMONIARE LA LOGICA EVANGELICA CHE DIVENTA L’ESPERIENZA DI OGGI

Gesù per me è il GPS di S.E. Renato Corti

Riflettiamo sulla logica dell’esperienza evangelica assumendo dei brevissimi testi che vengono lasciati scendere fin là dove sta il cardine del nostro essere e che proprio per questo diventano l’ispirazione, l’orizzonte di ogni giornata e di tutto quello che di prevedibile si dirà, si farà, si incontrerà. Faccio degli esempi per spiegare che cosa intendo. Primo esempio: Mt. 20, 27 “Chi vuol essere il primo, sia l’ultimo e il servitore di tutti”. Una sera, a cena, un giovane prete che era stato coadiutore nella parrocchia dove ero stato anch’io tanti anni fa, dice: “Tra qualche giorno andiamo nella zona di Mantova e dintorni dove c’è stato un po’ di terremoto due anni fa; siamo una quindicina di scout e abbiamo in-

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dividuato anche una parola evangelica che ci può guidare. La parola evangelica è questa: Chi vuol essere il primo, sia l’ultimo e il servitore di tutti.” Questa sarebbe stata la guida. Io gli ho detto: “Sei bravo! Bravo. Se questi adolescenti assimilano questo versetto del Vangelo, lo fanno proprio e diventa la logica concreta delle loro giornate, la loro vita cambia. E giorno per giorno comprenderanno come tradurla perché lo Spirito Santo glielo insegnerà.” Questa sarebbe l’esperienza della logica evangelica: un versetPRENDI IL LARGO

to, come questo. Allora, io domani vorrei essere il primo: il Vangelo mi dice: “Bene, allora sii l’ultimo e il servitore di tutti.” E lasciarsi guidare. Cambia la vita, eh! Aggiungo che una proposta di questo genere mi sembra che sia praticabile e proponibile anzitutto, non soltanto agli adulti, ma agli adolescenti e ai giovani. Io l’ho fatta ancora ieri, non ricordo più esattamente che incontro c’era ma mi hanno detto: “Guardi, parli con questo educatore perché è


in difficoltà con i ragazzi...” Io gli ho detto questa cosa e gli ho citato questo versetto. Faccio un secondo esempio. Lo trovo in un salmo, il 22: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla.” Forse qualcuno di voi mi potrebbe dire: “Beh, sono cose che sappiamo...”. Io dubiterei un po’. E mi ha aiutato a dubitare e a comprendere un prete albanese che il 19 novembre è diventato cardinale ed era proprio di fianco a me. 28 anni di carcere, carcere e lavori forzati per 28 anni. Ma come faceva? Lui dice: “Mi ha aiutato in maniera decisiva la preghiera del mattino che era questa: Il Signore è il mio pastore, non manco di NULLA”.Questo puliva le fogne, era condannato a morte, altri suoi amici, 40 mi sembra, sono stati fucilati... E che dice? “Io ho vissuto quegli anni con la gioia nel cuore, nonostante tutto.” Perché? Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Mi ha condotto anche a preparare un corso di esercizi che comincerò domenica sera con i preti a Rho e sarà su questo versetto, cinque giorni. Pensate, ho scritto queste meditazioni in ospedale: non avevo altro da fare e, con tutte le flebo, dovevo star tranquillo e scrivevo, meditando Ez. 34 e Agostino che l’ha commentato. Questo versetto: io ho scoperto la profondità e la forza di questa semplice indicazione; guardavo questo prete albanese e volevo baciargli i piedi: mi ha molto impressionato. E ho capito che pensavo di aver capito ma non avevo capito molto. Lui mi ha fatto comprendere che quella cosa lì è capace di reggere la vita. Questa è la logica evangelica che diventa l’esperienza di oggi. Porto un terzo esempio: siamo a Colonia, nel 2005, Giornata Mondiale della Gioventù. Io ho parte-

cipato a cinque Giornate Mondiali della Gioventù, facendo quasi sempre le catechesi ai giovani italiani. L’ho fatta anche a Colonia, a Düsseldorf e in altri luoghi. In apertura siamo stati invitati nello stadio, non tutti perché non ci stavano tutti, anche se era grande era pieno, e c’è stata una celebrazione. Il tema del 2005 era quello dei Magi che vanno ad adorare Gesù e gli portano l’oro, l’incenso e la mirra, dice il Vangelo di Matteo; nel testo di papa Giovanni Paolo II (che peraltro non è venuto a Colonia, perché era morto nel frattempo e c’era Benedetto XVI, ma ha scritto il testo), nel messaggio che è risuonato nello stadio ho sentito questa frase, che non ho più dimenticato: “Ragazzi, - lo dico un po’ con mie parole, non testuale – sapete cos’è il dono dell’oro dei Magi a Gesù? E’ la vostra esistenza! E’ la vostra esistenza. Non avete niente di più. E’ la cosa più grande che possiate dare! Dategliela! Domani, gliela date. Dopodomani ancora.” Ti cambia la vita, eh! Porto un ultimo esempio: prologo del Vangelo di Giovanni, che abbiamo letto nel tempo di Natale fino all’Epifania, più di una volta. “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.” La parolachiave è luce. Notate che il termine ‘luce’ nella Bibbia è nel cap. 1 della Genesi al versetto 3. Luce. E l’orazione del lunedì dopo l’Epifania alle lodi ci faceva dire: “Dio onnipotente, che ci hai avvolto di una nuova luce”: ma come? “Con l’incarnazione del tuo Verbo”. E’ l’incarnazione che porta la luce, il sole, Cristo. “Fa’ che lo splendore della fede che ci ha rischiarato la mente rifulga anche nella nostra vita.” Aggiungo che, di fatto, onestamente bisogna dire che l’uomo circa il suo destino non sa nulla, non sa nulla. Deve rimanere un ricercatore della verità.

noi perché è la luce del mondo a riguardo del destino dell’uomo. Noi siamo nella notte a proposito di noi stessi. Egli è la luce. Il papa Benedetto nella sua intervista che è diventata un volume, quando gli è stato chiesto dal giornalista tedesco: “Ma Lei pensa di essere un illuminato?” ha risposto: “Non mi piace molto questa parola perché sembra dire qualcosa di straordinario. Io sono un cristiano normale.” Ma poi dice: “Sì, però io sono un illuminato.” E ricordava che il battesimo è detto in greco ‘photismos’ che vuol dire illuminazione. Venire alla luce, acquisire la vista, l’aprirsi degli occhi, vedere una dimensione diversa, particolarmente profonda di noi stessi e di Dio, perché anche su Dio – dice un padre dei primissimi secoli – noi non sappiamo nulla. E Gesù è la luce, anche in Dio. Dunque veramente si può dire che “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.” Nel dire queste parole pensate al nostro destino e a chi è Dio. Gesù è la luce ed illumina tuttoquesto. Ecco la mia proposta è di fare questa esperienza che consiste nel far diventare la logica effettiva del modo di affrontare la singola giornata la Parola del Signore. Ma state su un versetto, anche metà. Questa sera venendo qui abbiamo adoperato il navigatore e mi hanno detto poi un nome che non sapevo cosa volesse dire esattamente (ma poi mi è stato spiegato): il GPS, che vuol dire quello che dà le coordinate di tutto il viaggio, insomma. C’è un ragazzo che si chiama Carlo, morto a 15 anni, e che sembra sia condotto alla causa di beatificazione, che ha detto: “Gesù, per me, è il GPS.” Sarebbe bello che lo fosse anche per noi. Auguri per il 60°!

Gesù è la massima fortuna per PRENDI IL LARGO

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IN COMUNITÀ

LA PROPOSTA DEL CENACOLO EVANGELICO NEL PGC: ACCOGLIERE E CRESCERE NELLA FEDE

Mai “spegnere il lumicino” di Cinzia Braccia

Penso che per capire l’importanza del Cenacolo all’interno della Comunità, sia utile riflettere sulle prime righe della prima versione del suo programma spirituale scritto da Ireos durante le due settimane di ritiro alla Somasca di Vercurago nell’Agosto 1996: “Chiamati da Dio ad essere suoi discepoli, desideriamo far crescere in noi il piano di salvezza ottenutoci da Cristo mediante la sua incarnazione, morte e resurrezione. Cerchiamo di corrispondere alla grazia che ci è stata donata con il Battesimo, per essere figli fedeli della Santissima Trinità e della Chiesa. Viviamo la presenza in mezzo a noi di Dio, con la fiducia dei cristiani radunati nel Cenacolo da Gesù per aiutarli a crescere nella fede, nella speranza e nella carità”. Risaltano tre verbi: “ CHIAMATI”, “CERCHIAMO” e “VIVIAMO”, che credo non debbano passare inosservati. “ Chiamati”: è il Signore che ci chiama, ma noi dobbiamo desiderare di curare e proteggere la nostra vocazione che è quella della santità, con passione e fedeltà. “Cerchiamo”: ci viene richiesto un impegno, è vero, uno sforzo, ma la grazia ci è stata donata gratuitamente dal Battesimo; non dimentichiamoci che è il Signore che con la sua

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grazia ci sostiene, ci illumina e ci guida nella nostra vocazione. “Viviamo”: il Signore è presente in mezzo a noi e viviamo questa presenza con fiducia per crescere nella fede, speranza e carità insieme, aiutandoci reciprocamente, secondo le proprie capacità, cercando di non criticarci ma di gareggiare nello stimarci a vicenda, perché è Gesù che ci aiuta nel cammino. In questi anni di servizio nel Cenacolo, mi rendo conto che fragilità e difficoltà non mancano, ma anche che, soprattutto, ciascuno si lascia guidare dal Signore con fiducia. Grazie alla presenza di Gesù, infatti, si cerca di portare la carità negli incontri vivendo un clima di serenità. Si ascolta la parola di Dio e si cerca di favorire lo scambio fraterno delle diverse esperienze di vita. Si cerca di far si che gli incontri siano allietati dalla condivisione, dalla comunione e dalla preghiera comune che aprono il cuore. L’esperienza mi sollecita a dire che si aderisce al Cenacolo con animo sereno e con la convinzione di voler essere fedeli. Il cardinal Martini ci raccomandava di essere cristiani nelle scelte anche piccole, di essere come lievito nella pasta e come il sale, senza pretese. Questo è per noi il Cenacolo: aiutare la gente a capire con semplicità che il Regno di Dio è qui. PRENDI IL LARGO

La caratteristica importante del Cenacolo è che accoglie persone che si aiutano a crescere nella fede, nel rispetto nei modi e nei tempi di ognuno e lo scopo è proprio quello di rinnovare la propria fede e mostrare agli altri che Gesù è nostro fratello sempre. La bellezza del Cenacolo, inoltre, è che vi possono partecipare anche coloro che desiderano condividere solo spiritualmente la proposta senza sentirsi impegnati a dare più di quanto possano. Ireos ha insegnato molte cose riguardo a questa realtà, ma queste non hanno nessun valore se non entrano nel nostro cuore. La proposta del Cenacolo è semplice, ma ricolma di amore, infatti Ireos, fin dai primi incontri, ha cominciato a pregare un’Ave Maria al giorno, perché potessimo essere una vera famiglia. Oggi abbiamo la gioia di avere più Cenacoli locali, anche molti diversi l’uno dall’altro, ma tutti costituiscono un unico Cenacolo Evangelico. Il Cenacolo locale deve essere il luogo spirituale dell’incontro tra i fratelli, dove avviene lo scambio di esperienza di vita nello spirito con il calore della mano amica. Certo, a volte il cammino può divenire anche faticoso a causa delle varie circostanze della vita. Allora sì che è ancora più utile aiutare e aiutarci, anche nel ritrovare l’entusiasmo di seguire Gesù che avevamo all’inizio del nostro cammino. Ricordiamoci che non è facile credere, infatti anche i discepoli, nel Cenacolo, hanno avuto bisogno di crescere nella fede. Nel medesimo spirito del Piccolo Gruppo, espresso dalla sua “icona biblica”, recuperiamo e facciamo recuperare alla gente i segni semplici della fede, i segni della presenza di Dio, diamoci da fare…mai “spegnere il lumicino”.


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SETE DI VERITÀ. SEGNO E TESTIMONIANZA DI UNA REALTÀ SPIRITUALE IN ITINERE

Coraggio e perseveranza di Nadia Quattrucci In questi ultimi anni in molte case di amici e conoscenti mi ritrovo ad apprezzare dei quadri di arte contemporanea (o fotografie) a più pannelli. Al primo sguardo generale si riesce a vedere e percepire il “tutto” dell’opera, a gustarne l’interezza dell’immagine, dei particolari, dei colori, dell’armonia dovuta anche alla posizione dei pannelli, della capacità di saper attrarre l’attenzione, a percepire la continuità del disegno e l’oltre (quello che non appare ancora). Poi ad uno sguardo più attento si incominciano a guardare i dettagli dei singoli pannelli, la loro unicità e particolarità; presi da soli avrebbero comunque un senso, riuscendo a dare a chi guarda comunque una loro completezza, ma quando il pannello è accanto agli altri pannelli questo senso di completezza raggiunge il top. In questo modo si capisce che sono parte di un tutto, di una storia, di un paesaggio, senza uno dei pannelli si percepisce che mancherebbe qualcosa, e si comprende inoltre che altri pannelli potrebbero aggiunger-

si così da completare in maniera più definita il disegno…sì, il quadro potrebbe continuare all’infinito con l’apporto di altri pannelli. Tutto questo mi ha fatto pensare alla nostra comunità del Pgc, alle singole comunità e all’ultima nascente ed in itinere di Gozo-Malta e alle future che si potranno aggiungere. La totalità della comunità del Pgc è resa bella grazie alla presenza delle singole comunità (uniche ma diverse come ciascuno di noi), anche da quella nascente maltese e da quelle future (che sono nel cuore di Dio), affinchè il disegno del Signore sul Pgc diventi sempre più nitido, chiaro ed attraente agli occhi della Chiesa e del mondo. Dal brano degli Atti degli Apostoli (2,42-48): “Erano assidui nell’ascoltare l’;insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere…Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e PRENDI IL LARGO

godendo la simpatia di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati” e anche dalle parole del Cardinale Henri J. M. Nouwen riguardo al brano dei discepoli di Emmaus: “Gesù accetta l’invito a entrare nella casa dei suoi compagni di viaggio e siede a tavola con loro. Gli offrono il posto d’onore. Egli è al centro. Loro gli stanno a fianco. Loro lo guardano. Lui li guarda. C’è intimità, amicizia, comunità”, ritrovo tante parole chiavi che ci hanno “aperto” il cammino e che ci hanno aiutato nella comunità in itinere maltese, segno e testimonianza di un qualcosa prima ricevuto e poi donato: ASCOLTO, FRATERNITA’, EUCARESTIA, PREGHIERA, FEDELTA’, COMUNIONE, GIOIA, CRISTO AL CENTRO, INTIMITA’, SEMPLICITA’, AMICIZIA . I ragazzi hanno una grande sete di verità, di senso, di semplicità, di amicizia e fraternità: a ciascuno di noi il compito di essere testimoni credibili, efficaci di un senso di vita trovato, assunto, vissuto quotidianamente nelle nostre famiglie, nella comunità e nella Chiesa-Mondo. Dice Jean Vanier: “La storia di una comunità è importante. Deve essere raccontata senza stancarsi, deve essere scritta e riscritta. Facciamo così in fretta a dimenticare quel che Dio ha fatto per noi. Dobbiamo ricordarci tutti i momenti che Dio è all’origine di tutto e che lui ha vigilato con amore sulla comunità. È così che noi ritroviamo la speranza e l’ardimento di cui abbiamo bisogno per affrontare nuovi rischi ed accettare difficoltà e sofferenze con coraggio e perseveranza”.

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IN COMUNITÀ

LA SANTITÀ È DESIDERABILE E PORTA LA PACE ANCHE QUANDO SEI SUDATO E SPOSSATO

Essere nel mondo, non del mondo di Raffaele Tavoloni Dire in poche parole l’esperienza e le emozioni della nascita della comunità di Roma è impossibile. Andrea Di Maio, in occasione del 25°, ha fatto un bell’articolo su “Esperienze di Vita” a cui rimando. Andiamo indietro nel tempo, nel settembre 1980 a Rieti, campo scuola dell’ACG diocesana (presidenza Rosy Bindi - assistente diocesano don Rino Fisichella). Siccome il luogo è deprimente decido di fare una passeggiata sulle alture intorno alla casa, ma siccome sono minorenne potrei uscire solo se accompagnato. Caso vuole che il prete di San Basilio, reduce da un intervento reazionario che ha spiazzato anche gli educatori, vuole fare a sua volta una passeggiata sui monti. A malincuore accetto la compagnia e mentre chiacchieriamo arriviamo davanti ad una vite inselvatichita che produce pochi acini di uva asprissima. Mi dice: “Questa vite è l’immagine

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della nostra vita di fede, che se non coltivata diventa selvatica e non produce frutto”; poi soggiunge: “ A Milano c’è una comunità di santi che vivono come i primi discepoli della Chiesa”. Io dico che è bello sapere questo, ma che non fa per me perché io non sono santo, ma peccatore. “Ah questa è bestemmia contro lo Spirito Santo!”… e mi invita ad andare a trovarlo a San Basilio la domenica pomeriggio. Sono dunque il primo chiamato. Inoltre, sempre per essere reazionario, mi invita la sera a recitare il Rosario con lui. La prima sera eravamo in cinque, la successiva in venti, l’ultima sera praticamente tutti i cento 14-18enni del campo scuola recitavano il rosario…dunque… non è “la preghiera delle vecchiette”! Si era fatto mandare da Milano le istruzioni del primo periodo e le aveva riadattate per un piccolo numero di ragazzi, tra i quali il sottoscritto e Andrea Di PRENDI IL LARGO

Maio. Erano cose antiche dette con un linguaggio nuovo, concetti imparati a memoria nel catechismo che prendevano vita. Le confessioni erano fatte su misura nel mio caso, facendo canottaggio agonistico, don Luciano mi esortava a gareggiare per diventare campione di santità. Mi è arrivata a casa una lunga lettera di un personaggio sconosciuto, Augusto, che mi tratta come una persona conosciuta, pur non avendola vista. Pur avendo partecipato solo a due o tre incontri, don Luciano mi ha convinto ad andare alla Settimana Aspiranti, tra l’altro in posti noti, le Dolomiti che avevo frequentato coi miei genitori. Una macchina di persone sconosciute, milanesi, mi viene a prendere nel mio paese al Nord e facciamo subito amicizia. Arrivato là vedo quello che avevo sognato senza conoscerlo. La risposta


del Signore che avevo pregato, nella giornata di deserto a Monte Livata con promesse e desiderio di averlo sempre vicino. Una strada che da solo non riuscivo a compiere. Ho trovato giovani e meno giovani, tra i quali uno che già aveva i capelli bianchi e altri tre romani. Si può descrivere la gioia? Il silenzio nella preghiera, subito dopo grida di allegria e il fragoroso “buon appetito!”, prima del gustoso pranzo preparato da Massimo Marchi, che ci vede ora dal Paradiso. Appena svegliati, la mattina presto vedo Sabatino ed altri celibi che la mattina presto fanno meditazione insieme in cortile. Chiara Molaschi, tredicenne che mi parla del padre scomparso da poco con molta serenità; Giovanni nei suoi ultimi momenti di vita ha visto Dio Padre e, mentre poco dopo esala l’ultimo respiro, una finestra si spalanca di botto (quando a Milano, in estate, non spira un alito di vento). Allora essere santi è possibile, la santità non è così lontana, musona, inarrivabile, ma è desiderabile, gioiosa e porta la pace anche quando sei sudato e spossato, il più piccolo, il più umile, il più debole, il più generoso. Insieme agli altri tre romani facciamo il primo incontro. Ci siamo confrontati sul tema: “Perché non ci permettono di pagare la Settimana?”- “Dove è la fregatura?”, perché nessuno ti da niente per niente. Guardando indietro è stato il primo incontro da soli, della Comunità romana; ne seguiranno altri, sempre durante le settimane aspiranti, in cui si programmavano le attività dall’anno venturo. La Comunità di Milano aveva, nel 1981, ventiquattro anni di vita. A Milano c’è, solo da un anno, un nuovo Arcivescovo. La prima lettera pastorale alla Milano, “che sta mai coi mano in man”, è intitolata: “La dimensione contemplativa della vita”.

Festeggia il primo onomastico da Fratel Ettore, tra i barboni, gli amici di Sabatino. Dobbiamo molto a Carlo Maria Martini che ci ha accompagnato e ci ha seguito approvando le nostre Costituzioni e portando la nostra esperienza, senza farne il nome, nel Sinodo sulla vita consacrata. La sorpresa arriva alla fine dell’estate1981; don Luciano viene trasferito, da un giorno all’altro, a Cologno Monzese. Immagino la seduta del Consiglio: “Ora che si fa?”. Al di più si era arrivati a Lecco, dove c’erano tre aspiranti (Mauro, Alberto e Letizia), a Ispra, dove c’erano altri tre aspiranti (Beppe, Augusta e Santina), ma Roma…? La Provvidenza fa sì che si decida di fare una scommessa, mandando Ireos e Fiorenzo per incontrare questi tre diciassettenni e il “vecchio” Francesco Cavaliere che aveva tre anni più di noi. Non bisogna dimenticare che i treni all’epoca impiegavano 8/10 ore. Siccome entrambi lavoravano partivano il venerdì sera e arrivavano sabato mattina, andavano a Messa a Santa Maria Maggiore a pregare la “Salus Poluli Romani” per noi e, successivamente, andavano dai Passionisti vicino al Colosseo. Lì si sono organizzati gli incontri, i colloqui il sabato e l’istruzione la domenica. Arrivavano a Milano verso mezzanotte della domenica. Alle 3 e ½ del mattino Ireos si alzava per andare al lavoro. Da un mese all’altro io mi ricordo che arrivavo “scarico”, ma il colloquio del sabato mi rigenerava, umanamente e spiritualmente ed andavo a casa felicissimo. Il mattino della Domenica ci incontravamo alle 8 di mattina! Roma è una città grande e nessuno di noi aveva mezzi di locomozione se non gli autobus, che la domenica passano di rado. Però queste difficoltà si superavano. Io mi ricordo che non stavo nella pelle, pregustando la gioPRENDI IL LARGO

ia dell’incontro, la “salita al monte”, perché la casa era situata in alto e per raggiungerla bisognava fare una salita ripida e una lunga scalinata finale. Quella pagina e mezzo ciclostilata che era l’istruzione veniva illustrata da Fiorenzo. Mi ricordo di aver riempito agende di appunti: quanto si diceva non era teoria, ma vita vissuta, in più Ireos ci metteva il carico illustrando esempi di virtù di persone della comunità( ignote ma mica tanto…). Quando tornavo a casa camminavo un metro sopra terra, felice di andare nel mondo sapendo che in altre parti di Roma c’erano dei giovani come me che condividevano questo grande dono e nel nascondimento portavano nella loro realtà gli occhi, le mani, le spalle, il cuore di Gesù. Io mi sentivo come un rivoluzionario, un trasgressore, ma in senso contrario. Cosa era “trasgredire” le regole? Fumare una sigaretta, uno spinello, farsi un tatuaggio, bere superalcolici? Ma se tutti i tuoi compagni fanno così, dov’è la trasgressione? Per me la Messa quotidiana, il rosario e le altre pratiche di preghiera erano il massimo della trasgressione. Per me questo era essere nel mondo ma non essere del mondo, operaio di un Regno che è già presente e da costruire, ordinando le realtà temporali secondo Dio. La Comunità ha sessanta anni, quella romana trentasette, è parte della Chiesa che cambia, fedele al Magistero di Papi santi e si rinnova nella tradizione del “filino” in più (come detto prima, più piccoli, più deboli, più umili – vi ricordate le litanie dell’umiltà?-, più poveri, più casti, più obbedienti, più pii, più generosi). Siamo chiamati a convertirci, ogni giorno, per essere sale e luce, insieme per salvarci e per salvare. Grazie Signore per il dono della Comunità.

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IN COMUNITÀ

OMELIA DELLA S.MESSA IN OCCASIONE DELLA CELEBRAZIONE PER IL SESSANTESIMO DEL PGC Sorelle e fratelli cari, stiamo celebrando con gioia il sessantesimo compleanno del Piccolo Gruppo di Cristo. Il 10 febbraio 1957 è stato per noi l’inizio convenzionale del dono. In questi sessant’anni, a ben vedere, non abbiamo fatto altro che riscoprire che il Piccolo Gruppo è un dono grande per noi. I doni che il Signore elargisce non sono mai un privilegio per qualcuno, ma sono dati per il bene comune. I doni che il signore ci fa, non sono mai qualcosa di statico, al contrario sono paragonabili ad una sorgente, che effonde acqua sempre nuova e in abbondanza e noi sappiamo che l’acqua nel linguaggio biblico allude sempre allo Spirito Santo, alla sua forza e alla sua creatività originale e sorprendente. Dobbiamo continuare ad approfondire il carattere specifico di questo dono e continuare a chiederci: cosa ho ricevuto nella mia umanità dal Signore attraverso questo specifico dono? Sicuramente il dono ci ha umanizzato e resi più donne e più uomini. Teniamo presente che il dono ricevuto contiene sempre in se stesso un invito alla conversione. Principalmente il dono non è qualcosa da vivere in modo solitario. Quando sei toccato da un dono del Signore, da una chiamata vocazionale, non puoi che guardarti intorno e chiederti: dove sono i miei fratelli con i quali desidero intraprendere o continuare il santo viaggio? E la meta e il fine del viaggio è sempre e solo Cristo Gesù. Nessuna vocazione autentica può essere vissuta in modo solitario, senza amici, senza fratelli. Di fronte al dono due sono le reazioni negative che in noi potrebbero

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Mi fido di Te di don Pierpaolo Felicolo

insorgere, una quella positiva. Le due reazioni negative: 1) La reazione presuntuosa. Il sentirsi all’altezza del dono. In questo caso il dono diventa dentro di noi fonte di tristezza e non di comunione. 2) La reazione della dismissione. Sentire che non ce la facciamo a vivere il dono e allora nasce dentro di noi la tentazione della dismissione del dono, con la conseguenza di non partire mai nel cammino, di fare come il giovane ricco del Vangelo, di andarcene tristi. È un grosso guaio se dismettiamo il dono, perché nella nostra vita si crea un gran disastro. La reazione positiva: la reazione delPRENDI IL LARGO

la conversione. La reazione positiva di fronte al dono è la conversione. Sì, perché la conversione è apertura del cuore, è stare davanti al Signore con verità, ascoltare la sua parola piena di misericordia che da un lato dice il suo amore per noi, dall’altro è una dichiarazione di fiducia verso di noi, mostrando le grandi potenzialità di bene al quale siamo abilitati. La conversione chiama in causa la nostra persona, la nostra libertà, la nostra capacità di scelta e di decisione, ma è una libertà che già deve respirare l’aria buona della Comunione del Signore. La comunione non è un’avventura solitaria, perché non è soltanto una convinzione, nemmeno soltanto uno sforzo di coerenza dettato dalla


buona volontà; la conversione è uno sguardo sulla vita, reso possibile dal camminare dietro a Gesù e dal suo grande amore per noi, per ciascuno di noi. Mi sembra che la figura di Pietro incarni bene il tracciato del tema: dal dono, alla conversione, alla sua restituzione prendendosi cura dei poveri. Farò riferimento soprattutto al capitolo 21 di Giovanni del vangelo di Giovanni e ai versetti da 15 a 23. Se facessimo una lettura disincantata dei Vangeli sul comportamento di Pietro al seguito di Gesù, dovremmo concludere che non è stato all’altezza del suo compito. È stato un pessimo responsabile nei momenti difficili: ha abbandonato gli altri, si è dato alla fuga dopo la cattura di Gesù nell’orto del Getzemani, lo ha anche pubblicamente rinnegato. Pietro, però, è anche un peccatore che ha pianto amaramente per il suo tradimento. Si è pentito per quanto ha fatto. Potremmo chiederci, merita ancora la fiducia di essere il primo degli Apostoli, la roccia su cui fondare la Chiesa? È facile dedurre quale potrebbe essere il nostro giudizio: perdonarlo magari si, ma per quanto riguarda il ruolo avremmo moltissimi dubbi. Invece il Signore restituisce la fiducia a Pietro. È una delle dimensioni importanti del dono di Gesù: restituire la fiducia. Il dono è sempre nel clima della misericordia. Gesù interroga Pietro, ponendogli una sola domanda. La ripete tre volte come a voler dire che quello è il punto essenziale e come a voler scavare nell’animo di Pietro, alla ricerca di ciò che in lui è meglio, alla ricerca della sua autenticità. Non lo interroga sui fatti, non chiede spiegazioni dei suoi comportamenti, ma lo interroga sull’amore. Gesù restituisce fiducia anche a noi, ci dice: mi fido di Te e ci interroga sull’a-

more, in questo anno sessantesimo di fondazione del Piccolo Gruppo. Ci chiede: nutri ancora per me l’amore di un tempo? Se Gesù avesse interrogato Pietro sulla coerenza, il dominio di sé, sulle virtù morali, Pietro non avrebbe potuto che rispondere di non essere più degno di fiducia e probabilmente avrebbe perso la fiducia in se stesso. Ma viene interrogato sull’Amore. Gesù gli fa una sola domanda. “Sai amare?”. È la domanda vera, rivolta ad ogni uomo, ad ogni vocazione. È la domanda che accompagna ogni dono e che definisce il carattere della restituzione del dono: Tu hai ricevuto un dono, devi restituirlo amando. Se Gesù avesse rivolto a Pietro tre domande diverse, una sull’amore, una sulla capacità organizzativa, una sulla coerenza, avrebbe tracciato un quadro. Invece lo interroga solo sull’Amore. Il quadro spetta alla nostra libertà, al nostro vivere nel tempo, in questo tempo. La sua qualità è determinata dall’Amore. Pietro è interrogato sull’Amore a Gesù nei termini di una professione di fede che lo porta a dovere riconoscere anzitutto di essere amato moltissimo da Gesù e a rimettere a Lui il valore e il senso della risposta : “Tu lo sai. Tu sai tutto di me”. Anche noi siamo interrogati sull’Amore e prima di qualsiasi risposta bisogna che ci esaminiamo bene per riconoscere anzitutto quanto siamo amati da Gesù. È a partire dalla consapevolezza di questo amore ricevuto che possiamo rispondere, ma con l’attenzione a mettere il nostro amore nel Suo, perché così prende forza e vigore. E Gesù restituisce a noi questa capacità di amare, ci fa prendere fiducia in noi stessi, e ci affida la missione di prenderci cura della vita di coloro che Egli considera i “suoi”, i “suoi poveri”. Infatti a Pietro Gesù risponde dicendogli: “Pasci i miei agnelli”. Egli, cioè riPRENDI IL LARGO

ceve la missione di prendersi cura di coloro che sono amati dal Signore. Accade quindi che Gesù affida a Pietro il suo amore per gli uomini. Non gli dà un compito generico, come una conseguenza morale, come una legge affinchè il loro rapporto di amore potesse continuare: gli affida il suo amore, coloro per i quali ha patito ed è morto in croce. Anche a noi, dentro al dono dell’amore di Gesù per noi, Egli affida qualcuno dei “suoi”. Quando guardiamo i fratelli, anzitutto dovremmo vedere sempre in loro l’amore di Gesù, ripeterci che essi sono di Gesù. Ecco allora il senso della restituzione del dono, dell’invito alla conversione, del prenderci cura dei poveri: siamo convertiti all’amore di Gesù; restituiamo un amore che ci è stato affidato; ci prendiamo cura dei “suoi”. Diceva il grande Cardinale Carlo Maria Martini: ”Chi non ama ciò che fa, lo fa come uno schiavo, e una massa di schiavi interessa soltanto a chi ha un concetto schiavistico della storia, della produzione, della vita. A noi interessa che l’umanità cresca nell’amore... La vocazione è risposta alla domanda: “Mi ami tu?”. Ami il Signore fino in fondo e sei pronto, in virtù di questo amore, ad assumerti la responsabilità di altri, nel modo che tu, con l’aiuto di Dio scoprirai? (C. M. Martini, “È il Signore”pag.75). Sorelle e fratelli, lasciamoci amare da Gesù. Lasciamo che Gesù muoia per noi e facciamo altrettanto per i “suoi”, mettendo il nostro amore nel suo amore. I poveri del nostro tempo sono coloro che hanno bisogno di vita. Tutti siamo poveri. Impariamo a leggere il bisogno di vita dei “suoi”. In quest’ottica il P.G.C. è un segno profetico del Signore e la restituzione del dono è la nostra missione.

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IN COMUNITÀ

ANDARE IN PROFONDITÀ E SCOPRIRE LA BELLEZZA DELLA RELAZIONE CON IL SIGNORE

Piccolo Gruppo grande fantasia di Dio di don Luciano De Nadal

C’era una volta un pozzo ed era profondo, aveva acqua fresca e abbondante. Un giovane aveva una lunga corda e un robusto secchio, si dissetava con abbondanza e freschezza sempre pronto a condividere la buona e generosa acqua con chi aveva sete. Che bello!?! Quel giovane intelligente e generoso, un giorno prese la cesoia e tagliò una parte di corda, fino a quando un po’ dopo ne tagliò ancora e l’acqua fu sempre meno, anzi scarsa per se e per gli altri. Quando si accorse di ciò, andò a confessarsi nella basilica di San Fedele a Milano da un sacerdote poco esigente per tranquillizzare il suo povero desiderio di non pienezza, fino a quando I’ acqua non lo sfiorava. Acconto a questo giovane, c’era un altro più giovane, il quale si senti dire “dal vecchio

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giovane” tu sei più esigente, vai a confessarti da quel sacerdote là, che è più esigente perché tu devi andare sempre più in profondità e non rimanere mai senza acqua per te e per gli altri, che attendono tanta e tanta acqua buona e fresca. Quel giovane vecchio è morto dì un tumore in fase di Santità. L’altro ramingo per il mondo, rinnova ogni giorno l’offerta della sua giornata con la rete mondiale di preghiera del Papa al cuore Divino di Gesù donando la sua vita ogni giorno così: Cuore Divino di Gesù, io ti offro per mezzo del cuore dell’immacolato di Maria, Madre della Chiesa in unione al sacrificio Eucaristico, le preghiere e le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno in riparazione dei peccati per la salvezza di tutti gli uomini, nella Grazia dello Spirito Santo a Gloria del divin Padre. PRENDI IL LARGO

Il pozzo è molto profondo, l’acqua è sempre più buona, la corda si irrobustisce perché la comunità educante ci aiuta portando i pesi gli uni per gli altri assaporando la gioia della missione che non si può contenere nel ghetto di un cuore che non si lascia amare per amare sempre di più, come nel motto della “medaglia dell’amore” nei tempi antichi dove il motto era “mi lascio amare più di ieri e meno di domani”. Perché la Santità ha solo una meta che è quella che non posso non irraggiare la luce viva del Cristo risorto. Anche oltre i confini nazionali per fare tappa anche Gozo. Gesù Cristo che reggi l’universo il nostro Re sei Tu.


IN COMUNITÀ

PAPA FRANCESCO A MILANO. LA TESTIMONIANZA DI UN FRATELLO DELLA COMUNITÀ

Abbiamo bisogno di essere restaurati di Renato Rossi

Quando ho saputo che Papa Francesco nella sua attesissima visita a Milano avrebbe fatto sosta proprio nel mio quartiere dove abito da un cinquantina di anni, stentavo a crederci. La parrocchia di San Galdino – ormai definita... delle ‘Case Bianche’ - oltre ad essere molto cara a me lo è anche al Piccolo Gruppo poiché ci ospita per gli incontri estivi e soprattutto per le Adorazioni Eucaristiche. La data però della visita del Santo Padre è venuta a coincidere con quella degli Esercizi Spirituali della nostra comunità che quest’anno sono stati anticipati per via dell’ormai imminente pellegrinaggio all’isola di Gozo e di Malta in occasione del 60° del PGC. Augusto aveva ricevuto l’incarico di accompagnare Ireos, il nostro fondatore, che il suo parroco aveva designato per incontrare il Santo Padre come la più longeva persona attiva nell’ambito parrocchiale (penso che risieda da una sessantina di anni nel quartiere e … nella Parrocchia. Abbiamo pertanto ‘chiesto’ qualche ora di

permesso (come si fa in ufficio) per vivere con gioia quelle ore prima di attesa (dalle 6 del mattino in mezzo ad una nebbia fittissima) e poi di emozione soprattutto quando Ireos è stato personalmente ‘visitato’ da Papa Francesco, sono certo che in quella calda stretta di mano il nostro fondatore vi abbia messo tutti i fratelli e sorelle del Piccolo Gruppo. Alle straordinarie modalità di un Papa eccezionale ci siamo un po’ abituati ma la cosa che mi ha colpito più di tutte è stato l’incontro con don Sandro che è stato parroco di S.Galdino per una decina di anni ed ora da qualche anno è cosiddetto ‘residente’ ed è malato di Parkinson. Don Sandro si è presentato dicendo al Papa che era il precedente parroco ed il Santo Padre con la giovialità che lo contraddistingue gli ha chiesto se l’attuale parroco lo trattasse bene e don Sandro, altrettanto prontamente gli ha risposto: come Lei con papa Benedetto XVI° ! A questo punto il Papa prima ha benedetto sulla fronte don Sandro e poi gli ha chiesto che a sua volta fosse PRENDI IL LARGO

lui a benedire il Santo Padre e si è inchinato umilmente per ricevere la benedizione di un semplice ( in tutti i sensi ) sacerdote ! Non oso immaginare lo stato d’animo di don Sandro ma quando lo ha raccontato a me e mia moglie era raggiante!!!! Ho più volte risentito e riletto il breve discorso che ha fatto quella mattina alle ‘case bianche’ poiché anche un po’ per l’emozione, qualche passaggio me lo ero un po’ perso. Partendo dal fatto che per l’occasione era stata restaurata una vecchia statua della Madonnina da molti anni presente nel quartiere il Papa ci ha detto che abbiamo un po’ tutti bisogno di restaurarci….anche la Chiesa, anche ciascuno di noi… precisando che è la statua della Madonna che aveva bisogno di essere restaurata, non la Madonna !!! E’ lei l’unica che non ha bisogno tutti gli altri sì !!! Ed ha concluso con: “una buona confessione potrebbe essere un buon inizio della restaurazione…” . Grazie di cuore Papa Francesco !!!

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IN COMUNITÀ

L’INCONTRO CON IL SANTO PADRE A MILANO: CRONACA DI UNA GIORNATA UNICA E PREZIOSA

Una presenza autentica di Franco Pedrini

​ ià all’Eremo nell’ottobre scorso G avevo realizzato che la giornata di sabato 25 marzo sarebbe stata completamente dedicata. P ​ urtroppo la prima proposta degli esercizi spirituali di Milano sarebbe coincisa con la visita del Santo Padre, Papa Francesco, a Milano ed io sarei stato sicuramente impegnato professionalmente in quella giornata. ​ opo un po’ di tempo, l’ulteriore D sorpresa: si sapeva che Francesco avrebbe visitato un quartiere della periferia milanese, ma quando, dopo una serie di voci non confermate ed ufficiose, si è saputo che il Papa sicuramente sarebbe arrivato, all’inizio della sua giornata milanese, nel quartiere delle case bianche di via Salomone, la certezza che quella giornata sarebbe stata speciale, ha colmato il mio cuore e la mia mente. M ​ i sono subito messo a disposizione del Comando della Polizia Locale per la parte della giornata che riguardava appunto via Salomone: mi avrebbero fatto

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sapere... ​Intanto dalla Parrocchia (e non solo!!!) ciascuno aveva “fame” di notizie sulle modalità della visita del Papa, ma per motivi di sicurezza arrivavano con il contagocce. ​Don Giuseppe, il parroco della mia parrocchia, mi chiede la disponibilità per quel momento: è riuscito a far avere ad Ireos ed Augusto un posto vicino al palco e mi chiede se possiamo essere Nadia ed io ad accompagnarli. E ​ d ecco l’ultima sorpresa: il Comando mi comunica di essere a posto per tutti i dispositivi predisposti nella giornata e di mettermi a disposizione dove desidero... Dopo una preghiera e con il desiderio semplice ma profondo di voler aderire alla Sua volontà, ho chiesto di essere esonerato da ogni impegno professionale in quel giorno... e sono stato accontentato! P ​ er comprendere l’eccezionalità di questo evento, basta tenere presente che quasi metà della forza della Polizia Locale di Milano è stata impegnata il 25 marzo, per tutelare al massimo ogni passaggio in città del Papa. ​M i PRENDI IL LARGO

sono dunque messo a disposizione della Parrocchia... ed ecco ciò che è accaduto. S​ abato 25 marzo ​Il Papa è atteso alle ore 8,30 alle case bianche; nel parcheggio posto di fianco sono state ricavati sette settori e sono stati distribuiti qualche migliaio di accessi riservati, che però valgono solo sino alle ore 7,30: poi gli accessi sono aperti a chiunque desideri partecipare all’incontro. A ​ lle ore 5,30 appuntamento davanti all’ingresso del cortile di Ireos con Augusto, Wilma e Sandro. Dopo pochi minuti siamo arrivati davanti all’ingresso della chiesa di san Galdino: da qui Ireos e gli altri hanno raggiunto il loro posto. Nadia ed io, dopo aver parcheggiato la macchina, abbiamo raggiunto l’ingresso del nostro settore e pazientemente, insieme ad un sacco di altri amici, fedeli, ed anche “curiosi” abbiamo atteso l’apertura dei settori; e poi, una volta entrati, ancora attesa... ...attesa del’arrivo del


Papa. ​ Finalmente, puntualissimo, Papa Francesco è atterrato all’aeroporto di Linate e dopo un quarto d’ora è arrivato da noi accolto da un applauso scrosciante e da un meraviglioso raggio di sole che ha cominciato a squarciare le nuvole che riempivano il cielo. ​ ederlo qui, nei luoghi della nostra V quotidianità, solo questo è stato un regalo immenso... e le sue parole... ...che iniziano sempre con un caldo saluto: “Cari fratelli e sorelle... buongiorno! Vi ringrazio della vostra accoglienza tanto calorosa! Grazie, grazie tante! Siete voi che mi accogliete all’ingresso di Milano, e questo è un grande dono per me: entrare nella città incontrando dei volti, delle famiglie, una comunità.”​ Qui la sua parola è stata semplice e penso non preparata, come negli altri luoghi, perché sono parole che nascono dai doni che gli sono stati regalati pochi istanti prima: una stola tessuta artigianalmente ed un’immagina della Madonnina che si trova nel quartiere e che è stata restaurata. Ha ricordato che il sacerdozio (stola) è dono di Dio ed è “tessuto” dalla gente, dalla fede schietta, dalle fatiche e dalle preghiere di tutti; e la Madonna che ci viene incontro per accompagnarci nel cammino della vita. ​Di questo momento mi porto nel cuore un volto: quello di un giovane papà su una carrozzina che nell’incontro con Papa Francesco ha riversato tutto il suo desiderio di sconfiggere la malattia che lo ha afflitto e di stare accanto ai suoi due bambini ed a sua moglie... Ora vive la pienezza della vita: e noi possiamo stare vicini ai suoi bimbi meglio che possiamo...

​ ato che con Nadia abbiamo seguiD to quest’anno come catechisti i ragazzi di prima media che poi hanno ricevuto il dono dello Spirito Santo, con don Giuseppe abbiamo deciso di non andare alla liturgia eucaristica a Monza, ma di accompagnare i ragazzi all’incontro con il Papa allo stadio di San Siro. ​Partenza alle ore 12,00 da viale Ungheria: a causa dei vari spostamenti del Papa nella città, siamo riusciti ad arrivare sul piazzale dello stadio poco dopo le 15,00; tanto il Papa era atteso per le ore 17,30... ​ ’attesa è stata effettivamente lunga L (anche perché la levataccia mattutina si è fatta sentire...) ma nel momento in cui Papa Francesco è entrato nello stadio... ne parlo dopo!!!​ Qui, come negli altri incontri, le domande erano preparate e fatte avere a lui prima: eppure le sue risposte respiravano di vita vissuta e di spontaneità! ​ A lla domanda di Davide, un cresimando, su cosa ha aiutato il Papa a far crescere la sua amicizia con Gesù, Francesco ha invitato tutti i ragazzi presenti a dialogare con lui, ponendo loro continue semplici domande e rispondendo con tre risposte: lo hanno aiutato i suoi nonni, il giocare con gli amici e l’andare in oratorio, unite da filo della preghiera. Come nonnibis ci siamo sentiti “ricchi” di una "nuova responsabilità... ed i ragazzi mi hanno detto: ma allora non è così difficile far crescere l’amicizia con Gesù... A ​ i due genitori ha ricordato loro che i bambini ci guardano, sempre. E tengono ogni cosa nel loro cuore. Alla catechista il Papa ha ricordato che aiutare i ragazzi, educandoli così, ad armonizzare il loro pensare, sentire e fare... armonizzare la mente, il cuore e le PRENDI IL LARGO

mani. Non separare le tre cose, ma tutte e tre insieme... ​ i questo secondo incontro mi porD to nel cuore proprio l’ingresso del Papa nello stadio! Dopo una lunga attesa ogni ragazzo, ogni catechista, ogni genitore hanno liberato la loro gioia con un urlo... da stadio! Quasi tutti gli ottantamila posti dello stadio erano occupati: quando la papamobile è entrata nello stadio, tutti, ma proprio tutti hanno cominciato a sventolare la sciarpa dataci all’ingresso, ad urlare, a ridere ed a piangere, ad applaudire... ciascuno a voluto comunicare a Francesco: sono felice che tu sia qui; dicci parole che ci aiutino a vivere bene, a stare meglio... E Francesco non si è tirato indietro... Anzi!!! ​ uando il Papa è uscito dallo staQ dio, la tanto temuta pioggia ha cominciato a cadere... ma ogni volto che usciva dallo stadio aveva il sorriso stampato sul viso... ​Sto ancora oggi riprendendo le parole di Papa Francesco: come nonno, genitore ed educatore mi ritrovo spesso d’accordo, ma altrettanto spesso la “semplice normalità” di queste parole si scontra con la vita e la fatica. ​Davvero l’invito alla preghiera, rivolto a tutti gli ascoltatori presenti ad ogni intervento di Francesco a Milano può essere il “modo” il filo rosso come Augusto sempre ci richiama, con cui è possibile vivere in pienezza ogni istante della nostra vita, superando, offrendoli, fatiche ed ostacoli che sono presenti in noi.​ Ringrazio il Signore dell’opportunità che mi ha donato di “esserci” in questa giornata, così come è accaduta! Ci aiuti ad accogliere la Sua volontà, perché davvero ci faccia come Lui vuole.

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L’ANGOLO DEI LIBRI

CONSIGLI DI LETTURA PER TUTTI I GUSTI. ALCUNE RECENSIONI DA NON PERDERE di Vilma Cazzulani, Donatella Zurlo e Giacomo Galli Nell’anno sabbatico a sessant’anni dalla fondazione del Piccolo Gruppo di Cristo, accanto alle novità, segnaliamo i testi che sono stati, e sono tutt’ora, preziosi strumenti per la crescita spirituale della comunità e di coloro che desiderano camminare nella fede. Questo volume, pubblicato in occasione dell’anno della fede (2012-2013), è stato concepito per la meditazione personale e il confronto in piccoli gruppi e raccoglie brevi meditazioni sul senso della fede cristiana. E’ articolato in diverse sezioni tematiche, così da poter essere affrontato come percorso continuativo ma anche per singole tappe all’occorrenza. Ogni sezione è introdotta da citazioni che hanno lo scopo di aprire ad una più ampia prospettiva biblica ed ecclesiale. I brani proposti sono stati tratti da discorsi indirizzati negli anni al Piccolo Gruppo di Cristo da numerosi vescovi e cardinali, così come da scritti del fondatore del Gruppo, Ireos Della Savia.

Qualcuno l’ha letto tutto d’un fiato, ma suggeriamo di rileggerlo prendendo appunti per la missione. Infatti, se ognuno di noi è missionario nel proprio ambiente, l’esperienza di Malta e Gozo rappresenta una valida scuolaguida per la missione, cominciata coi primi cinque del Piccolo Gruppo di Cristo, inviati in queste isole di San Paolo. Tutto ha avuto inizio il 22 aprile del 2012 con don Tonio e Francesco Pio , con Nadia e Andrea Di Maio e Giancarlo…Una comunità giovane che abbiamo visitato nel pellegrinaggio dello scorso 22 aprile. L’isola si chiamava Malta / A cura di Francesco Pio Attard e Andrea Di Maio/ 2017

Vivere di Fede, contributo all’anno della fede / AAVV / Aprile 2013

Siria. Cronache di guerra e di speranza da Aleppo. Giorno per giorno padre Ibrahim, frate francescano e parroco di Aleppo ci racconta cinque anni di guerra nella sua città. E l’esperienza vissuta da 12 mila famiglie cristiane, strette fino a qualche

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mese fa tra l’esercito del dittatore al’ Assad e i gruppi armati di miliziani Jihadisti. Piovono bombe, anche sulla chiesa, ma la comunità parrocchiale aiuta le famiglie con viveri, acqua e medicinali, ripara le case danneggiate e grazie alla preghiera e alla solidarietà non perde la speranza. Un’istante prima dell’alba / Ibrahim Alsabagh / 2016/ Edizioni Terra Santa/ 15€ PRENDI IL LARGO

In occasione del sessantesimo anno di fondazione del Piccolo Gruppo di Cristo, abbiamo pensato di presentare in questa rubrica un testo assai conosciuto, cercando di suggerirne e stimolarne nuovi approfondimenti. La profondità spirituale delle preghiere contenute ha la capacità di esprimersi attraverso invocazioni semplici, immediate e concrete che si prestano quindi ad un utilizzo quotidiano da parte di chiunque desideri, nei vari momenti della giornata, rivolgersi al Signore in una vera e propria preghiera diffusa. Ogni preghiera è contestualizzata e approfondita da una nota propria e ciò rende ancor più facile, al fedele che vi si accosta, addentrarsi nel momento storico in cui è stata scritta e comprenderne i passaggi più profondi. Sarà facile trovarvi numerosi spunti in grado di aiutare ciascun cristiano e vivere la propria vita con una tensione del cuore rinnovata, a beneficio di ogni relazione personale che ci si trovi a vivere, grazie proprio alla pluralità di testi contenuti. Con Animo Sereno, Preghiere e Icone per una vita intessuta di preghiera / Ireos Della Savia / 2004


PGC: un sito rinnovato! E’ da qualche settimana online il nuovo sito della comunità www.piccologruppo.it dove poter approfondire alcuni aspetti del cammino spirituale proposto, i testi e le preghiere. Nelle prossime settimane ci saranno ulteriori novità!

Nel cuore della città, un luogo per pregare La casa del Piccolo Gruppo di Cristo, in via San Pietro 20 a Desio (MB), si apre per accogliere gruppi parrocchiali, associazioni, famiglie e gruppi di giovani che desiderano un luogo per pregare e uno spazio di silenzio. Ideale per ritiri, soprattutto in autogestione o semiautogestione, la casa del PGC è immersa in un ampio giardino mette a disposizione una cappella, un salone per conferenze, sale riunioni, sala break, cucina con un ampio refettorio e camere da letto.

ESPERIENZE DI VITA, LA RIVISTA È ON LINE È possibile leggere la rivista “Esperienze di Vita” direttamente in rete, cioé senza avere materialmente tra le mani la stessa rivista in formato cartaceo. La rivista in formato cartaceo che ognuno di noi riceve può diventare un dono a qualche familiare, amico o conoscente che possa avere un interesse per il discorso religioso e di vita evangelica, e che magari si intende avvicinare al “Gruppo”.

NEWSLETTER Per tutti c’è la possibilità di iscriversi al sito internet www.piccologruppo.it e ricevere aggiornamenti sulle proposte e il cammino della Comunità.


www.piccologruppo.it


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