EDV 170 - Sporcarsi i piedi

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EDV Periodico della Comunità il Piccolo Gruppo di Cristo | n°. 170 - anno XXXVIII | Dicembre 2016

esperienze di vita

sporcarsi i piedi

Umiltà, disinteresse, beatitudine: gli ingredienti per affrontare le dinamiche della vita.

Anno sabbatico e anno sessantesimo di fondazione del pgc

L’educazione in famiglia: palestra di vita per tutti

Monaci nello spirito, apostoli nell’umanità


Pensiero SpirItuale

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Dai «Discorsi» di Papa Paolo VI (Discorso tenuto a Nazareth, 5 gennaio 1964) «L’esempio di Nazareth» La casa di Nazareth è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo. Qui si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato così profondo e così misterioso di questa manifestazione del Figlio di Dio tanto semplice, umile e bella. Forse anche impariamo, quasi senza accorgercene, ad imitare. Qui impariamo il metodo che ci permetterà di conoscere chi è il Cristo. Qui scopriamo il bisogno di osservare il quadro del suo soggiorno in mezzo a noi: cioè i luoghi, i tempi, i costumi, il linguaggio, i sacri riti, tutto insomma ciò di cui Gesù si servì per manifestarsi al mondo.

inrete Educazione digitale, nuovo portale online Per promuovere una cittadinanza digitale sono necessarie conoscenze, abilità, competenze, costanza, in due parole serve promuovere un’educazione digitale capace di sensibilizzare, formare, interessare e coinvolgere bambini, adolescenti, giovani e adulti, siano essi educatori, genitori, animatori.

“Il Giubileo della Misericordia continui a portare frutti nei cuori e nelle opere dei credenti ”

In vista di questo obiettivo, da qualche settimana è online una proposta educativa che mette insieme le idee e gli sforzi di CREMIT, Weca, dell’Editrice La Scuola e di questo Ufficio della Cei. Ci riferiamo al portale www.educazionedigitale.net, nuovo contenitore di iniziative educative e formative importanti per chi si confronta con bambini, adolescenti e preadolescenti nel campo dell’educazione. Il portale è organizzato in sezioni tematiche: gli approfondimenti, le proposte e i percorsi, il corner ED RISPONDE. Si tratta di sezioni fisse, ma in divenire, considerando l’intento di implementazione dei materiali. Fonte: chiesacattolica.it

Piccolo Gruppo di Cristo

22-25 aprile 2017 PELLEGRINAGGIO A GOZO

redazione EDV

info PGC

Giancarlo Bassanini Rosalba Beatrice Paolo Cattaneo Giorgia Evangelisti Letizia Pasqualotto Vilma Cazzulani Donatella Zurlo Giacomo Galli Andrea Giustiniani

Il Piccolo Gruppo di Cristo

PROGETTO GRAFICO Paolo Cattaneo

Via San Pietro, 20 20832 Desio, MB www.piccologruppo.it

SEGRETERIA segreteria@piccologruppo.it segreteria.pgc (+39) 0362 621651


Sommario EdV • Dicembre 2016

In questo numero di EdV, partendo dall’Assemblea Sinodale comunitaria del 17-18 settembre, proviamo a rileggere i diversi ambiti nei quali siamo chiamati a portare la nostra testimonianza di cristiani e consacrati per individuare gli ingredienti necessari per essere “sale della terra”.

EDITORIALE

Perdonare costituisce lo scandalo della conversione Giancarlo Bassanini

pag.4 ATTUALITà

Famiglia: palestra di vita Alessandra De Rosa e Giovanni Parmigiani

pag.6

La “buona notizia” Marco Appolloni

pag.8

La perla preziosa Paolo Rossi

pag.10 CHIESA NEL MONDO

Monaci dello spirito, apostoli nell’umanità Alberto Cattaneo

IN COMUNITà

Ti vedrò Rosanna e Michele Nadia Quattrucci Eugenio Bardini Marco Appolloni

pag.18

Icone Sacre contributo

pag.23

Ritrovarsi in comunione Andrea Fazio

pag.24

Un’esperienza autentica Angela Salvioni e Cristian Fardello, Andrea Cipriani

pag.26

L’obolo della vedova contributo

pag.28

pag.12

“Come ho fatto io, fate anche voi”

Bzzz, il diavoletto che non fa pregare

Mauro Panzeri

contributo

pag.13 IL VOLTO DEI SANTI

Tutto a tutti Rosalba Beatrice

pag.14

pag.29 L’ANGOLO DEI LIBRI

Una lettura per tutti i gusti Vilma Cazzulani, Donatella Zurlo e Giacomo Galli

pag.30 GOZO 2017

LA BUSSOLA

L’esperienza della gratuità

Basilica Santuario dei Santi Vittore e Corona

Mons. Mario Grech

Andrea Giustiniani

pag.16

pag.32


EDITORIALE

Anno sabbatico e anno sessantesimo di fondazione della comunità del pgc

Perdonare costituisce lo scandalo della conversione di Giancarlo Bassanini [responsabile generale]

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SPORCARSI I PIEDI

Care sorelle e cari fratelli, con la festa dei cinque Eremi, celebrati nelle cinque domeniche dello scorso mese di ottobre, é iniziato l’anno sabbatico e l’anno sessantesimo di fondazione del piccolo gruppo di Cristo. Ognuno di noi si senta impegnato nella restituzione del grande dono che il Signore ci ha fatto attraverso la nascita della nostra famiglia spirituale, avvenuta il 10 febbraio 1957. Venerdì 10 febbraio 2017, nella ricorrenza del sessantesimo di fondazione, nella nostra casa di Desio celebreremo una solenne santa Messa di ringraziamento presieduta da Don Luciano De Nadal, uno tra i primi aderenti al piccolo gruppo. Dal 22 al 25 aprile dello stesso anno saremo in pellegrinaggio al santuario di Nostra Signora di Tà Pinu, nell’isola di Gozo, per ringraziare la Vergine Santissima per il dono di aver potuto accogliere nella fraternità del piccolo gruppo, dopo


Don Tonio Galea un secondo gozitano, il nostro fratello Francesco Pio Attard e di aver potuto aprire un percorso di aspirantato a Malta, del quale fanno parte: Corinne, Alberto e Donata e una piccola cerchia cenacolare che vede coinvolto Karl, fidanzato di Donata. Ognuna delle nostre cinque comunità locali organizzerà nel corso dell’anno, una giornata particolare per aiutarci nel cammino di conversione richiamatoci dall’anno sabbatico. Chiedo al Signore che così tanto ci ama e che sempre ci ha accompagnato in questi primi sessant’anni, di farci la grazia di saper perdonare noi stessi e di saperci perdonare a vicenda, perché perdonare é lo scandalo che la conversione ci richiede ed é ciò di cui abbiamo bisogno in questo momento della nostra storia, per aprirci al futuro e per volgere il nostro sguardo in avanti. Perdonare, dal latino “condonare”. Il perdono non é semplice dimenticanza, ma un rimettere in libertà, attraverso un processo che sprigiona energie di rinnovamento. Un processo, perché si compone di vari passi e domanda un tempo adeguato per giungere all’ideale del perdono di cuore (Mt 18,35). La parola greca dei vangeli che si riferisce al perdono contiene l’idea stessa di libertà e deriva da un verbo di moto: lasciare un luogo per raggiungerne un altro, aprire porte e legami e ceppi e rimettere qualcuno nel vento e nel sole. È il verbo della nave che salpa, della carovana che parte al levar del sole, dell’uccellino che spicca il volo, del prigioniero che esce dal carcere. Tutti noi, dopo sessant’anni di fraternità, forse ci siamo graffiati a vicenda senza volerlo, per questo abbiamo bisogno del perdono di cuore. Noi perdoniamo, ma in qualche angolo della nostra memoria custodiamo

le offese ricevute come munizioni pronte per la prossima battaglia. Perdoniamo ma in qualche angolo recondito di noi stessi conserviamo rancore e diffidenza, e non ci fidiamo più di chi ci ha offeso. Ci é difficile perdonare di cuore. Non abbiamo più il coraggio di scommettere sulla persona che ci ha offeso. Il perdono non é un sentimento, ma una decisione e un percorso. Facciamolo in questo anno sabbatico. Un percorso che non nasce dalla conversione di colui che ci ha offeso, magari senza rendersene conto, ma da colui che ha ricevuto l’offesa che gli brucia nella propria carne. È la vittima che secondo il Vangelo deve convertirsi e questa é la portata scandalosa del perdono che va contro tutti i nostri istinti, eppure costituisce una bella possibilità. Il perdono libera l’anima, rimuove la paura, cancella la diffidenza. È per questo che é un’arma potente. Il perdono innesca un meccanismo virtuoso che può portare alla vera riconciliazione nel segno del dialogo e della pace. Il perdono non va confuso con il subire in silenzio angherie, con l’accettazione dell’ingiustizia. Il bisogno di perdono é il bisogno di non trascinarci dietro il peso degli sbagli, delle ferite,dei fallimenti, di non rinchiudere nessuno, né noi, né gli altri, dentro ergastoli interiori, ma di liberare il futuro. “Quante volte Signore dovrò perdonare? fino a sette volte?”. Il limite tradizionale in Israele era di perdonare tre volte, per i migliori saliva a sette. Pietro si colloca fra i migliori, ma Gesù lo spiazza: “Non dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette!”. Lo sappiamo, la misura del perdono é perdonare senza misura. E farlo non come uno smemorato, ma come un liberatore. Non sarà passato invano questo anno se ci perdoneremo di cuore. SPORCARSI I PIEDI

Nel cuore della città, un luogo per pregare La casa del Piccolo Gruppo di Cristo, in via San Pietro 20 a Desio (MB) si apre per accogliere gruppi parrocchiali, associazioni, famiglie e gruppi di giovani che desiderano un luogo per pregare e uno spazio di silenzio. Ideale per ritiri, soprattutto in autogestione o semiautogestione, la casa del PGC è immersa in un ampio giardino mette a disposizione una cappella, un salone per conferenze, sale riunioni, sala break, cucina con un ampio refettorio e camere da letto. Per informazioni contattare la segreteria telefonando a 0362 621651 o inviando una email a info@piccologruppo.it

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ATTUALITà

GENITORI E FIGLI. STRUMENTI PER una fedeltà creativa nel CAMPO DELL’educaZIONE Educare i figli è una “grazia” che viene concessa a chi ha il privilegio di diventare genitore, perchè, anche attraverso il loro cammino di crescita si può progredire nella via di santità. Ogni figlio ha il suo percorso, per cui non esiste una formula magica o ricetta che vada bene per tutti, per cui alle volte occorre ingegnarsi per trovare un percorso educativo/ formativo in cui collocare direttive comuni. Possono inoltre cambiare i contesti, le modalità, soprattutto se i figli nascono a distanza di tempo e diverse sono anche le energie che hanno un padre e una madre.

Famiglia: palestra di vita di Alessandra De Rosa e Giovanni Parmigiani

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SPORCARSI I PIEDI

Nel nostro caso avendo i figli vicino di età, l’evoluzione è stata abbastanza simile, pur riconoscendo atteggiamenti diversi tra Francesco e le ragazze. Cerchiamo per quanto possibile, di non essere troppo “invasivi” nei loro percorsi personali, anche se le intersezioni ci sono. Gli attriti maggiori si hanno sulla gestione dei tempi, sugli orari di rientro, sull’uso del cellulare. Il più delle volte si affronta il discorso in un’ottica di dialogo, sollecitando una risposta personale, ma indicando anche alcuni criteri di rispetto delle dinamiche famigliari, dei loro doveri, dei tempi necessari di svago e di riposo. Riteniamo che fissare dei paletti li abitui in generale al rispetto delle regole, li educhi all’obbedienza e li aiuti ad avere maggior attenzione verso se stessi, anche quando tali osservazioni non vengono comprese. La tavola è il luogo dove avviene la maggior parte delle condivisioni e questo ci dà modo di capire come procede il loro cammino. Il racconto di quanto vissuto a scuola, piuttosto che nell’ambito dei loro impe-


gni o attività extra scolastiche ci dà un panorama più ampio di quanto affrontano. La loro sfera più intima difficilmente viene toccata, tuttavia riusciamo abbastanza a percepire se il loro vissuto è sereno. Non mancano infatti le “chiacchierate” personali con ognuno dei figli. Da un lato è un po’ inevitabile che si perda la confidenza sulle cose più personali, ma l’averli indirizzati verso l’esperienza oratoriana ha fatto sì che trovassero stimoli e riferimenti validi anche per la loro crescita umana e spirituale. La nostra formazione cristiana ha favorito il loro percorso di fede, assimilando alcuni atteggiamenti. Sicuramente importante è stato l’averli seguiti fin da piccoli nei loro passi fondamentali, come l’insegnare loro le preghiere e nel recitarle assieme, per quanto possibile, ogni sera, accostarli ai Sacramenti e condividendo la partecipazione alla Santa Messa. Ora sono più autonomi nelle loro scelte, ma sanno che possono confrontarsi con noi anche se privilegiano i loro momenti di catechesi.

dentemente da scelte future. Altrettanto necessario è trovare occasioni formative per i genitori, condividendo le esperienze “a cascata” da parte di chi ha figli più grandi verso chi ha figli più piccoli, utilizzando sussidi o saltuariamente invitando esperti. Occorre però maturare la consapevolezza che “i nostri figli non sono i figli nostri” (Gibran) e che tutti siamo figli di Dio. L’affidamento continuo e quotidiano al Padre celeste ci dà la certezza che in Lui nulla va perduto e che l’impegno educativo, se vissuto con amore e nella fede, porta sempre frutto, secondo quello che il Signore ha pensato per ciascuno di noi. Questo diventa motivo di consolazione e incoraggiamento, anche quando sperimentiamo i nostri limiti o gli insuccessi del nostro crescere giorno per giorno come padre e madre. Maria, Madre nostra, ci aiuti a comprendere questo mistero di dono reciproco, ricevuto e dato.

L’esperienza all’interno del Piccolo Gruppo consolida questi elementi. Se nei primi anni di vita i momenti vissuti col Gruppo risultavano “anomali”, oggi li colgono in noi come parte fondante del nostro cammino spirituale e, a latere, partecipano ad alcune delle proposte nel calendario annuale. La settimana comunitaria, vissuta con continuità negli ultimi anni durante il periodo estivo, ha fatto sperimentare in loro la bellezza del condividere in modo fraterno, con semplicità, il vivere umano e cristiano. Da questo punto di vista è auspicabile che si trovino momenti ulteriori nell’arco dell’anno, differenziati per età, in cui ritornare sull’esperienza vissuta, per fissare questi aspetti che possono arricchire la loro vita, indipen-

Preghiera di Papa Francesco alla Santa Famiglia Gesù, Maria e Giuseppe a voi, Santa Famiglia di Nazareth, oggi, volgiamo lo sguardo con ammirazione e confidenza; in voi contempliamo la bellezza della comunione nell’amore vero; a voi raccomandiamo tutte le nostre famiglie, perché si rinnovino in esse le meraviglie della grazia. Santa Famiglia di Nazareth, scuola attraente del santo Vangelo: insegnaci a imitare le tue virtù con una saggia disciplina spirituale, donaci lo sguardo limpido che sa riconoscere l’opera della Provvidenza nelle realtà quotidiane della vita. Santa Famiglia di Nazareth, custode fedele del mistero della salvezza: fa’ rinascere in noi la stima del silenzio, rendi le nostre famiglie cenacoli di preghiera e trasformale in piccole Chiese domestiche, rinnova il desiderio della santità, sostieni la nobile fatica del lavoro, dell’educazione, dell’ascolto, della reciproca comprensione e del perdono. Santa Famiglia di Nazareth, ridesta nella nostra società la consapevolezza del carattere sacro e inviolabile della famiglia, bene inestimabile e insostituibile. Ogni famiglia sia dimora accogliente di bontà e di pace per i bambini e per gli anziani, per chi è malato e solo, per chi è povero e bisognoso. Gesù, Maria e Giuseppe voi con fiducia preghiamo, a voi con gioia ci affidiamo.

SPORCARSI I PIEDI

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ATTUALITà

in parrocchia perchè LE PERSONE non VEDONO più CRISTO NELLE COSE CHE PROPONIAMO?

La “buona notizia” di Marco Appolloni

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SPORCARSI I PIEDI


per capire i problemi e le possibilità. La mia-vostra parrocchia sa andare per le “strade” del suo territorio?

Una premessa per iniziare. La Comunità parrocchiale romana che vivo (praticamente da quando ho sei anni) ed in cui faccio servizio per i più giovani (nei gruppi parrocchiali di Azione Cattolica), è la parrocchia del Santissimo Nome di Maria tenuta e fondata dai religiosi Marianisti nel quartiere Appio-Latino di Roma. Ora cercherò di rispondere, in base alla mia esperienza “sul campo”, alla domanda iniziale. Le persone non vedono più Cristo nelle cose che proponiamo perché probabilmente proponiamo noi stessi, le nostre idee su Gesù, invece di proporre Lui ed il suo Vangelo. Perché cadiamo nella tentazione, come più volte ci ricorda papa Francesco, di chiuderci nelle nostre belle “strutture” parrocchiali, nei nostri “programmi” pastorali invece di aprirci al vero ed esigente annuncio Evangelico ed ai veri bisogni di vita delle persone che incontriamo. Insomma, forse perché nelle nostre comunità parrocchiali non viviamo più un vero “stile missionario”. Penso che l’obbiettivo prioritario di una parrocchia sia quello di portare la “buona notizia” del Vangelo nella vita quotidiana della gente, rendendo disponibile a tutti l’incontro salvifico con Gesù. Ci vorrebbe, probabilmente, un cambio di mentalità perché la questione non riguarda, in primis, le strutture o le attività che si fanno nella mia parrocchia o nelle nostre parrocchie; non è qualcosa in più da aggiungere a ciò che si fa. Questo, anzi, può essere un rischio e una tentazione: il confidare più sui mezzi che sul Signore. La questione riguarda l’approccio che si ha verso le persone. Il vero missionario sa che lo Spirito lo precede e abita già le persone che incontrerà. Questo conduce ad uno sguardo positivo sulla realtà, non di condan-

na, non di critica o di malumore ed insoddisfazione. Molto spesso, con il nostro comportamento, diamo l’impressione di non confidare né in Gesù, né nel prossimo. Pensiamo di dover risolvere tutto con le nostre forze, senza cogliere le potenzialità degli altri e, così, ci arrendiamo alla complessità della situazione e dei problemi. Fare missione in parrocchia, invece, è collaborare per creare un clima disteso, accogliente, di reciproca fiducia e stima. Gesù è il vero missionario ed il nostro esempio. Lui è attento alle persone, capisce i loro talenti e li valorizza, ma così facendo costruisce anche la Comunità nella condivisione delle responsabilità e nel riconoscimento delle singole identità. Ci vorrebbe, sempre a mio parere, un cambio di orizzonte, perché la parrocchia deve diventare vero strumento di annuncio e di venuta del Regno di Dio nel mondo. Una Comunità parrocchiale è realmente tale se non è chiusa in se stessa, autoreferenziale, ma se è attenta alle necessità del quartiere in cui è collocata e della sua città. Mi chiedo e vi chiedo: oggi la mia-vostra parrocchia è attrezzata ad ascoltare le attese ed i bisogni della gente del suo territorio? Adesso è la parrocchia stessa che deve andare nei diversi “territori” di vita della gente SPORCARSI I PIEDI

Una Comunità parrocchiale è realmente tale se sa instaurare relazioni autentiche e prendere in considerazione le persone per ciò che sono e non per ciò che possono dare. Noi, consacrati del Piccolo Gruppo di Cristo, che ruolo possiamo svolgere nelle nostre parrocchie, che stile possiamo adottare per far “vedere” Gesù? Il Cardinal Martini ce lo ha suggerito: “La Chiesa degli Apostoli è la Chiesa che si diffonde per contagio, come quella primitiva; che è attraente; nella quale ciascuno vive il cristianesimo rendendolo amabile”. Penso che siamo chiamati a far vedere, incarnare, l’Amore. L’evangelizzazione, la missio ad gentes che ci è propria, passa attraverso la nostra umanità: l’amicizia, l’affetto, la vicinanza, l’aiuto concreto, la disponibilità all’ascolto e al consiglio, la paternità e maternità spirituali, la condivisione di esperienze. Cari sorelle e fratelli, siamo chiamati a servire in umiltà la nostra parrocchia formando coscienze cristiane, grazie alla nostra familiarità con le Sacre Scritture ed i documenti della Chiesa. Siamo chiamati prima ad essere, poi a formare, veri educatori e testimoni cristiani che si possano spendere gratuitamente per il prossimo. Siamo chiamati a servire, in umiltà, la nostra parrocchia pregando e facendo pregare, rimanendo noi stessi, fedeli al nostro carisma iniziale e pronti a riattualizzarlo per l’oggi, in modo tale da saperci così rapportare ed avere buoni rapporti con tutti, dentro e fuori la parrocchia, fino magari ad aiutare le stesse persone con cui collaboriamo abitualmente a trovare il loro posto in parrocchia e vivere in pienezza la loro vocazione di servizio.

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ATTUALITà

il piccolo gruppo: un tesoro che dobbiamo rendere sempre più riconoscibile Nel discorso introduttivo all’Assemblea Sinodale del settembre scorso, p.Gaetano Piccolo giudicava così il nostro carisma spirituale: “Avete un grandissimo tesoro che può essere per tanti una strada di salvezza. […] Non è sufficiente portare il nostro tesoro, praticarlo, dobbiamo renderlo riconoscibile. Occorre accettare la sfida che viene dalle domande degli uomini e delle donne di oggi”. Ho colto in queste parole, ma anche in molti interventi nei gruppi e in assemblea, il forte invito a ogni membro del PGC a verificare la visibilità del dono ricevuto dal Signore attraverso la nostra vocazione. Spinto dagli stimoli dell’anno sabbatico ho cercato di rileggere quanto vissuto personalmente in questi ultimi anni, ho provato a riconoscere quali atteggiamenti hanno permesso alle persone, che ho incontrato e ancora incontro, di godere del tesoro spirituale ricevuto in comunità.

Coltivare la fiducia e la pace gioiosa che sgorgano dal sentirsi gratuitamente amato dal Signore.

Da due anni partecipo a un percorso con un gruppetto di giovani ventenni della provincia di Modena. L’esperienza è partita dall’invito del loro educatore a fare una testimonianza sulla scoperta della mia vocazione. Mi dissero che li colpì la passione con cui raccontai l’incontro con l’amore del Signore e il fatto che la spinta a seguirlo non nascesse da un’opera da fare o dal dover rispettare una regola morale. L’esperienza del cenacolo evangelico di Sermide, di cui faccio parte,

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La perla preziosa di Paolo Rossi

SPORCARSI I PIEDI


mi ha insegnato il valore della gioia semplice di camminare col Signore, ma anche quello della perseveranza, perché gli altri membri del cenacolo vedono in me un fratello maggiore sulla cui fedeltà poter contare. Anche nelle relazioni familiari la pace gioiosa che viene dal Signore illumina la vita. Qualche mese fa mia sorella Elena mi raccontò che suo figlio ventenne, spesso polemico con la sua scelta di fede, le disse che, tra genitori e zii, notava essere veramente felici Elena ed io.

Coltivare relazioni di condivisione: nell’ascolto della singola persona,nel rispetto della storia di ciascuno e nell’accompagnamento di momenti di vita.

I giovani modenesi che sto accompagnando all’inizio non li conoscevo, perché abitano in un paese a 40 km da dove vivo io. Per comprendere il loro contesto di vita, e conoscerli, ho scoperto l’importanza di vivere esperienze di fraternità, come una pizza insieme, il viaggio per il pellegrinaggio alla sindone, oltre a momenti di vicinanza più personale (telefonate, sms). Un po’ alla volta ho capito le esperienze di vita che hanno in comune, come il terremoto del 2012 e la predicazione fortemente moralistica del loro parroco, ma anche i desideri che coltivano personalmente. In occasione del pellegrinaggio a Roma ha lasciato il segno l’incontro di condivisione con alcuni giovani romani, sul tema dell’affettività, organizzato da Manuela ed Elisabetta, e in particolare l’esperienza di Clara Crimella, quasi loro coetanea, circa la scelta del matrimonio e di avere subito un figlio. Negli incontri successivi è emersa

da parte dei giovani l’esigenza prioritaria di ascoltare testimonianze di vita cristiana, più che incontri di scambio centrati sul vangelo. Questo è motivato anche dal fatto che dopo la cresima nessuno di loro ha seguito un cammino, ma alcuni hanno solo collaborato come aiuto catechisti. Insieme al loro educatore abbiamo quindi impostato un percorso diverso dallo scorso anno riconoscendo che rispetto all’impressione iniziale, e forse anche alla mia aspettativa, si prospetta un cammino con tempi più lunghi. I frutti comunque si vedono: chi cresce nella preghiera, chi matura affettivamente, chi nella libertà interiore. Come dice papa Francesco “Il tempo è superiore allo spazio”, e poi la prima caratteristica dell’Amore/Carità è proprio la pazienza. La genesi del cenacolo evangelico di Sermide ha avuto un percorso simile. Partito nel 2000 come semplice gruppo di giovani trentenni provenienti da percorsi di fede parrocchiali, era caratterizzato da uno stile che ricordava un po’ le catechesi delle istruzioni dell’aspirantato, con frequenza mensile. Dopo qualche anno, in cui si è ridefinita anche la composizione, lo stile si è evoluto ascoltando le esigenze delle persone presenti e proponendo il programma spirituale del cenacolo. Così lo stile degli incontri è diventato più semplice, centrato sulla Parola, ma con una comunicazione delle esperienze più concreta e meno catechetica.

Lenire quel dolore e quella sofferenza generata dalla paura e dall’angoscia, che sono conseguenze del dubbio, dell’esperienza di Dio come giudice, dello scandalo ricevuto dai cristiani, o della solitudine.

In passato, per alcuni mesi, hanno partecipato agli incontri del cenacolo persone che stavano vivendo un periodo psicologicamente difficile e in quel momento venire al cenacolo è stato, a loro dire, un aiuto efficace. Tutti han fatto un passo avanti nel loro cammino di vita: chi riprendendo il suo cammino spirituale, chi migliorando il suo stato psicologico. Qualcuno ha poi coltivato con me un’amicizia spirituale. Siamo stati un po’ una “nave traghetto”, ma questa accoglienza è stata possibile ed efficace, perché c’era una comunità, che seppur piccola, aveva una sua identità. Anche tra i colleghi di lavoro e parte dei miei familiari riconosco spesso atteggiamenti che sono conseguenza della paura o della solitudine. La cura passa soprattutto dalla condivisione serena delle stesse situazioni umane, senza “prediche” difensive o giudizi morali sulla persona, ma cercando di valorizzare sempre il buono che c’è in ciascuno e attorno a noi, perché è già lì il regno di Dio. Tante volte ci sono solo domande da accogliere, per poi rivolgerle al Signore nel silenzio della preghiera.

Così è anche per la festa annuale di adesione, per la giornata di ritiro annuale e per gli incontri di preghiera. Le persone scoprendo il loro posto nella chiesa hanno provato gioia e camminano sulla via della fede, chi arrivando ad accettare una grave malattia come via di salvezza, chi semplicemente crescendo nella preghiera o nella carità. SPORCARSI I PIEDI

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CHIESA NEL MONDO

SUEGGESTIONI DALL’Assemblea Sinodale TENUTA A DESIO IL 17-18 SETTEMBRE SCORSO

Monaci nello spirito, apostoli nell’umanità di Alberto Cattaneo

Sono diverse le suggestioni che ciascuno di noi penso si sia portato a casa dall’Assemblea Sinodale del Piccolo Gruppo di Cristo dello scorso settembre. Volti che si incontrano, sguardi di sorelle e fratelli che si intrecciano, pensieri che si fanno parola, esperienze umane e di fede che si comunicano, narrazione di sconfitte e di desideri di bene, sono una sintesi di due giorni intensi che la nostra comunità ha vissuto insieme. Due giorni impegnativi, ma trascorsi con la gioia nel cuore, sobri ma intensi, dopo mesi di preparazione personale e nei nuclei. Tante sorelle e fratelli hanno preso la parola per proporre riflessioni sulla vita della comunità, sull’essere oggi consacrati in un mondo in profondo cambiamento, su ciò che il Signore vuole da ciascuno di noi e da questo “suo” Piccolo Gruppo. Il dono L’ascolto di ciò che la Parola ha da suggerire alla nostra vita di cristiani comuni, ancorchè consacrati, il dialogo franco e umile, la diversità del-

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le storie personali che si fa ricchezza dentro la comunità, questi, penso, siano stati doni che il Signore ci ha regalato in quelle due giornate e che ci portiamo nel cuore e nella mente. C’era forse qualche scetticismo prima dell’Assemblea, ma ora, a fatti avvenuti, credo si debba ringraziare il Signore perché – come sempre quando lo si cerca con retta intenzione – Lui si fa trovare e scalda i nostri cuori. Facciamo rotta verso … Ogni giorno ciascuno di noi, navigando nel mare della vita, affrontando situazioni diverse e anche difficili, si scopre debole e talvolta solo. Soprattutto in un contesto in cui le “vecchie” rotte non paiono più adeguate ed efficaci serve scoprirne di nuove, anche con tutti i rischi del caso… La Chiesa stessa ci appare talvolta inquieta nel suo esplorare nuove rotte, sulla scia di un papato che continuamente richiama i cristiani ad essere “comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che SPORCARSI I PIEDI

accompagnano, che fruttificano e festeggiano” (Evangelii Gaudium). E il Piccolo Gruppo di Cristo? L’Assemblea Sinodale, fin dalla stimolante relazione introduttiva di Padre Gaetano e per tutto il suo svolgimento, ha parlato il linguaggio della ricerca di un impegno personale e comunitario che accolga le sfide attuali, nella fedeltà alle radici più vere e profonde della nostra spiritualità. “Monaci nello spirito, apostoli nell’umanità” recitava il motto assembleare. Ora occorre tradurre questa esperienza ed i suoi contenuti in un percorso che si snoderà nei prossimi mesi e poi oltre, verso il Congresso Generale, sul piano della riflessione personale e dell’intero Piccolo Gruppo, nelle Comunità Locali e nei nuclei, per ricercare “rotte” forse inedite, ma soprattutto per testimoniare ogni giorno che siamo felici di riconoscere e abbracciare l’unico vero timoniere della nostra vita, Gesù.


“Come ho fatto io, fate anche voi” di Mauro Panzeri

Nelle due giornate dell’assemblea non ero proprio in forma. Avevo preparato un contributo, letto poi per stralci e con fatica, anche se questa poi non appariva. Ho cercato di ascoltare e mettere nel cuore le parecchie voci, e le diverse cose e poi piano ho rimuginato il tutto ed ora, prendendo il deposito di alcune tracce, mi viene la necessità di non disperdere dei pensieri e, quindi, cercare di comunicarli. Aldilà delle parole vedo il rappresentarsi di una fisionomia del Gruppo, una sua specificità che nella spontaneità e semplicità ha riconiuga nell’oggi, valorizzandole, le cose “antiche” e fondanti della nostra comunità. Da qui la necessità di un cammino per comprendere ed interiorizzare quanto insieme abbiamo realizzato. Non è cosa facile perché, come sempre capita nel prendere per mano le cose dello Spirito e nell’assemblea sono risuonate e accadute, occorre cercare con pazienza, sentire la sollecitazione a riflettere, ad ascoltare. Soprattutto ascoltare… ascoltare.. ed ancora ascoltare per udire il sussurro che sta dentro e dietro ognivoce, dietro le parole. Quel sussurro che cercavo è venuto fuori , ha preso voce e concretezza nella lettura del Vangelo di Giovanni. È il dire imperativo di Gesù che dopo averci dato l’esempio ci chiede di seguirlo facendo come Lui ha fatto (Gv 13,15). Nell’assemblea ero ed eravamo alla ricerca del come stare tra noi, come immaginare le nostre relazioni in gruppo

e del come far vivere il desiderio di trovare il dialogo e la presenza con l’uomo d’oggi, così immerso nelle sue affannose e nebbiose ricerche, nelle sue difficoltà, nei suoi problemi. Nell’assemblea, il nostro cuore, il cuore di persone che hanno reso esplicita e manifesta la ragione della propria vita consacrandola a Cristo, si è lasciato interrogare. Come fare per essere santi nelle difficoltà del quotidiano? Come essere annunciatori e testimoni ? Mi son detto che spesso complico e complichiamo le cose proprio perché abbiamo paura di cingerci l’asciugatoio e guardare all’altro per conoscerlo, accoglierlo e servirlo. Abbiamo paura perché dobbiamo abbandonare le nostre attese, i nostri bisogni, la necessità di collocarci e stare dentro una situazione o un quadro che ci rassicura nelle nostre idee. Questo non ci consente di abbassarci, inginocchiarci di fronte all’altro per lavargli i piedi, per offrirgli il nostro servizio, il nostro amore. “Come il Cristo è stato mandato dal Padre per manifestarlo agli uomini, così ognuno di noi non ha altra missione che questa: essere testimone “fedele e verace” del Cristo; svolgendo il proprio compito e il proprio lavoro , nel Gruppo, nella Chiesa, nel mondo, con lo spirito stesso del Cristo, vivendolo col suo medesimo amore”, questa è la sostanza della meditazione sul Vangelo di Giovanni che ho tra le mani, “solo nella misura in cui realizzeremo l’essere una cosa sola fra SPORCARSI I PIEDI

noi potremo anche vivere la missione del Cristo. È proprio la vita comunitaria che deve dare testimonianza dell’amore di Dio operante nel mondo e perciò non sarà mai abbastanza ciò che verrà fatto per favorirla”. Quale ricerca, quale struttura, quale organizzazione può competere con l’amore? La carità, il lavare i piedi del fratello, il servirlo è prima di ogni altra cosa. A conclusione del cammino assembleare mi rimane dunque il richiamo di Cristo a fare come ha fatto Lui. Devo abbassarmi, devo essere paziente e benevolo verso tutti, preferire gli altri a me stesso e ritenermi il servo di tutti. Nulla è preferibile alla carità, essa costruisce, rende stabile l’amarsi, lo stimarsi e niente è peggiore della discordia, per non dire della inimicizia. Voglio dire questo come impegno personale ma so che è per tutti noi. L’esserci trovati insieme, l’esserci chiesti quale è il nostro cammino, come vediamo il Piccolo Gruppo di Cristo, necessita si di alcune pratiche risposte ma avanti tutto deve riconsegnarci l’impegno a vivere con profondità e forza la carità tra noi per essere poi testimoni dell’ amore inginocchiandoci all’uomo, alla società di oggi per servirla. L’assemblea ci ha anche introdotto ad un anno sabbatico, tempo di spoliazione e di ricostruzione. Non chiediamoci inutilmente a cosa dobbiamo rinunciare, quale cosa dobbiamo perdere per strada, proprio il compiersi dei desiderata dell’assemblea è affidato ad un vero cammino sabbatico dove passo dopo passo perdiamo, lasciamo noi stessi, il nostro io, ci liberiamo per essere nel’umiltà e nella piccolezza costruttori di un Gruppo del Signore, piccolo e umile che sa portare amore.

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IL VOLTO DEI SANTI

preghiera e ascolto. la testimonianza del Beato Giovanni Battista Scalabrini

Tutto a tutti di Rosalba Beatrice

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“Maestro, non t’importa che siamo perduti?” ( Mc 4, 38 ) disssero gli apostoli a Gesù sulla barca che rischiava di rovesciarsi a causa della tempesta di vento e le onde. “Perché avete paura? Non avete ancora Fede?” rispose loro. Quando non ti arrendi e continui a remare e a lottare e fai tutto quello che devi fare, allora lo incontri nella tempesta. Certo che Dio è sulla mia barca. Alla fine dell’Ottocento l’Italia migrante, su vecchi e lenti velieri detti “navi di Lazzaro”, in pessime condizioni igieniche, niente aria, cattivo vitto, si adattava senza indugi a quelle condizioni miserevoli perché attratta dalla promessa di facili guadagni in America. Accampati per giorni vicino al molo a migliaia, in attesa dell’imbarco, tra abusi e truffe, raggiri per rubare gli ultimi spiccioli da tasche ormai svuotate per compiere il viaggio della speranza. L’emigrazione di massa è uno dei contrassegni dell’epoca moderna, è un dramma sociale, e “dove c’è un popolo che soffre, ivi è la Chiesa” con queste parole parlava degli emigranti il Beato Giovanni Battista Scalabrini, come “i figli della miseria e del lavoro”. Il Vangelo da’ un senso a tutto e illumina i nostri giorni. “i poveri li avrete sempre tra voi” (Gv 12) e “Ero straniero e mi avete ospitato” (Mt 25,35). Ogni epoca ha i suoi poveri che vanno ad aggiungersi agli orfani, gli ammalati, gli anziani, gli handicappati ecc., il XIX secolo introdusse gli emigrati. Per prendersi cura degli emigrati Dio ha suscitato un apostolo, il vescovo Giovanni Battista Scalabrini, il quale sollecitò la società civile e diede il via nella Chiesa ad un movimento di assistenza specializzata a favore di coloro che, per qualsiasi ragione , erano costretti ad abbandonare il paese d’origine.

Lui stesso fondò due Congregazioni di Missionari e Missionarie di S. Carlo (Scalabriniani). Un giorno, passando dalla Stazione Centrale di Milano, fu colpito dalla scena di centinaia di emigranti che affollavano le sale e le banchine in attesa del treno per Genova. I suoi occhi si fermarono sui loro volti con i segni di privazioni e sofferenze e provò un tale sentimento di compassione che esclamò: mi sento umiliato nella mia qualità di sacerdote e di italiano”, da quel momento decise di passare all’azione. E proprio la compassione e la vergogna che egli lascerà in eredità a tutti i suoi Missionari che ancora oggi continuano nel mondo la sua opera. Oltre all’assistenza religiosa durante la navigazione, promosse l’assistenza medica e farmaceutica durante il viaggio; l’apertura di scuole per il mantenimento della cultura italiana; l’assistenza legale, informazioni sui posti di lavoro e in generale un aiuto per le difficoltà del primo insediamento. Scalabrini si fece missionario egli stesso andando a visitare le collettività di italiani delle Americhe, da New York prese il via il suo pellegrinare da una città all’altra e tutti lo accoglievano commossi perché erano disprezzati e abbandonati. Riferì a Papa Pio X le sue esperienze del viaggio e le condizione degli emigrati italiani negli Stati Uniti e s’accordò di incontrarsi, ogni mattino alle 7, nella preghiera. Profondamente innamorato di Dio e straordinario devoto dell’Eucarestia , egli seppe tradurre la contemplazione di Dio in una intensa azione apostolica e missionaria, facendosi tutto a tutti per annunciare il Vangelo. Scalabrini diceva: «senza il soffio animatore dello Spirito di Dio, che può venire a noi solo dall’orazione, non saremo capaci di fare niente di veramente grande, nobile e duraturo. L’orazione trasfigura, sublima e divinizza la persona. Di fronte alla preghieSPORCARSI I PIEDI

ra Dio non può resistere per molto tempo». Gesù Cristo era il centro della vita di Scalabrini e questa progressiva configurazione a Lui è diventato uno stile di spiritualità interiore. Egli stesso affermava: «Si realizza esteriormente davvero solo quanto si vive interiormente». L’ideale della spiritualità di Scalabrini é quella di offrire la propria persona a Cristo, perché Egli prolunghi, per mezzo di essa, la sua Incarnazione. Scalabrini vedeva nel fenomeno migratorio una fonte privilegiata di umanità e di cristianesimo. «Quasi sempre, l’emigrazione non lascia di essere un bene per l’umanità: apre vie nuove al commercio, facilita la diffusione delle scoperte, fonde e perfeziona le civiltà, allarga il concetto di patria oltre i confini materiali, dando all’uomo, come patria il mondo». «Tutte le famiglie formeranno un’unica famiglia, tutti i popoli un solo popolo, tutta l’umanità un solo gregge sotto la guida di un solo Pastore... Tocca a noi anticipare questo giorno». È possibile realizzare tutto questo solo in un costante discernimento nella preghiera, nel confronto spirituale, nel dialogo, nell’ascolto delle persone e delle situazioni. La Sacra Scrittura intrisa, di Spirito Santo, è fonte per noi, ci insegna a scegliere ciò che accade come luogo di salvezza. Bibliografia Tutto a tutti G. Battista Scalabrini

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GOZO 2017

le parole dell’Omelia alla Festa dell’Eremo 2015, rivolte alla comunità romana

L’esperienza della gratuità di Mons. Mario Grech

Stamattina ci tocca per grazia di Dio il compito che nel libro dell’Apocalisse era stato assegnato all’Agnello: di aprire il sigillo, che provoca un violento terremoto (nel bene) (cf Ap 6,1). Quale sigillo? Leggendo il Vangelo di oggi, vedo che il sigillo è quello della gratuità. Gesù dice: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10:8). Quanto abbiamo bisogno, cari miei, di scoprire questo tesoro: che tutto è gratuito! Sia per chi riceve, sia per quelli che offrono! Infatti, “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” sono le due facce della stessa medaglia. Io ricevo gratuitamente e se sono conscio che ho ricevuto tutto gratuitamente non posso tenerlo. Penso che la causa, la radice dell’individualismo di oggi, dell’indifferenza di fronte ai bisogni del prossimo, sta proprio qui: nel fatto che noi pensiamo di essere i padroni di tutto, e perciò teniamo il pugno chiuso. Sto parlando non soltanto dei beni materiali, ma di tutti i beni che ha l’umanità, non escluso il bene della fede, il Vangelo. E questo che sto dicendo a ciascuno di noi lo applico anche alla Chiesa: la nostra Chiesa purtroppo deve riflettere sul fatto che tutto ci è stato dato gratuitamente e noi siamo qui per offrirlo gratuitamente. Quando diciamo che tutto ci è stato dato gratuitamente vuol dire che nessuno di noi lo merita, no? Eppure vogliamo bene a quelle persone perché quelle persone ci vogliono bene; condividiamo il Vangelo con quelle persone perché sono buone, sante, perfette… Ma da dove prendiamo le premesse per arrivare a queste conclusioni? Tutto ci è stato dato gratuitamente e

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il dono principale non sono le cose, ma Dio che ci ha dato sé stesso nella persona di Gesù Cristo. E ripeto, se noi abbiamo ricevuto questa fede, se noi abbiamo incontrato il Signore, non è perché siamo bravi, perché siamo santi, ma perché così è piaciuto a Lui. È questo il sigillo che noi dobbiamo rompere: poter scoprire questo dono, questa bontà enorme dell’amore di Dio verso l’umanità. Poi saremo in grado di dare, non cose, ma noi stessi. Questa è la consacrazione: se ci rendiamo conto che Dio si è dato a noi nella persona di Gesù gratuitamente, poi saremo anche in grado di donarci a Lui in una donazione totale. È una donazione gratuita: non lo facciamo per ottenere un premio, la corona, ma lo facciamo gratuitamente, perché il Suo amore non può essere non amato. E qui vedo allora non soltanto la nostra chiamata, ma anche la nostra missione. Noi che siamo chiamati a far questa esperienza del dono gratuito del Signore, che siamo chiamati anche a far la nostra offerta totale a Lui, siamo anche chiamati a far la nostra offerta agli altri. In questi giorni stiamo riflettendo sulla figura di Paolo, anche in preparazione al Pellegrinaggio a Malta che celebreremo tra due anni, no? Chi è Paolo? Paolo è quello che ha fatto questa esperienza della gratuità del dono di Dio. Afferrato dall’incontro gratuito con il Figlio di Dio sulla via di Damasco, e grazie proprio all’esperienza di questo amore gratuito e liberante di Dio, Paolo poteva dire: “Io non sono niente, anzi per me tutto è immondizia in confronto a Dio” (cf Fil 3,8). E non soltanto: Paolo aveva anche il coraggio di proclamare questa gratuità a tutti, particolarmente ai peccatori (cf 3 Rm 5,8). “Gesù Cristo è morto per noi” (1Ts 5,10), ha assunto la

nostra fragilità: fin qui arriva l’amore gratuito del Signore. E noi non dobbiamo aver paura di proclamare questo Vangelo dell’amore gratuito a tutti, a tutti. L’amore gratuito del Signore non soltanto può vincere l’uomo, ma ha la capacità di vincere ogni male, anche il peccato.

ha mandati a tale scopo a cercare le persone “degne” a cui annunciare il Vangelo. Questa parola “degno” mi mette in un certo imbarazzo, perché può essere equivoca. Chi sono le persone degne, quali sono le case degne? Il rischio è di intendere le persone già perfette, già brave…

Vi incoraggio a portare avanti questa esperienza di gratuità. Portate agli altri il Vangelo della gratuità. Nel Vangelo che abbiamo letto, Gesù ha dato ai discepoli (e in qualche modo anche a noi) il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire le infermità (cf Mt 10,1) e li

In realtà, le persone degne e le case degne sono proprio le persone e le famiglie “inferme”, in difficoltà, e per questo desiderose di guarigione interiore. È questo che vi raccomando, e questa è la Chiesa in uscita, che va per le strade per aiutare le persone e le famiglie fragili.

Alcune tappe del pellegrinaggio comunitario Sabato 22 aprile Visita alla grotta di San Paolo e S. Messa accanto alla grotta. Domenica 23 aprile Visita alla parrocchia e museo di S. Giorgio che è stata la parrocchia che ci ha accolto per la prima volto come gruppo. Lunedì 24 aprile S.Messa presieduta da S.Ecc. Mons. Mario Grech, Vescovo di Gozo, al Santuario di Ta’ Pinu per ringraziare il Signore e la Vergine Maria per il 60° anniversario del Piccolo Gruppo di Cristo. Martedì 25 aprile Visita e breve preghiera alla Chiesa degli Italiani di S. Caterina alla città di Valletta (Malta).

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IN COMUNITà

FESTA DELL’EREMNO 2016. sarai il più piccolo, il più debole, il più umile, il più generoso

Ti vedrò! di Rosanna e Michele Oggi è un giorno di festa! Festa per la comunità del Piccolo Gruppo di Cristo perchè di fronte al Signore desidera rispondere alla sua chiamata. In questa festa si aggiunge una festa che ci coinvolge e che riempie i nostri animi di gioia. E chi di noi due avrebbe immaginato a quale percorso saremmo approdati quando, pieni di inquietudine, ci siamo ritrovati davanti a Ireos che ci interrogava su cosa stessimo cercando. E come le nostre vite e la nostra unione sponsale avrebbe subìto una svolta. E quando l’angoscia e il dolore ci hanno attraversato, le preghiere fraterne ci hanno sostenuto e lo sguardo del Signore si è posato su di noi. Allora il primo ringraziamento è per questa comunità che ci ha accolti, aiutati a crescere nello spirito, a leggere la nostra vocazio-

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ne e che attraverso la comunione fraterna continua a sostenerci nel cammino spirituale quotidiano. Ma soprattutto ringraziamo il Signore che ci muove alla lode e che continuamente ci chiama alla conversione e instancabilmente ci usa misericordia per le nostre mancanze. E ancora ringraziamo il Signore che custodisce e alimenta il nostro amore di sposi. Signore prendici come siamo e facci come tu ci vuoi, monaci nello spirito e apostoli nell’umanità.

di Nadia Quattrucci Chi sono oggi questi “piccoli”, gli “ultimi”? - Per alcune testate giornalistiche sono gli “scarti della società”; - per la nostra Icona Biblica sono coloro che non avranno il tempo di SPORCARSI I PIEDI

guardare se stessi, ma solo di brillare nella gioia e nel pianto degli altri, che non si distinguono in nulla, che operano il bene senza pretendere nessuna ricompensa; - per Papa Francesco sono coloro che vivono nelle periferie fisiche ed esistenziali, gli invisibili, i senza voce; - per Gesù sono i poveri, gli afflitti, i miti, chi ha fame e sete di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati…in una parola sono: i “BEATI”! S. Paolo scriveva (1Cor 1): “Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti; Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti; Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato, e ciò che è nulla, per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa gloriarsi davanti a Dio”. I “piccoli” si fidano e si affidano al Signore e al Suo Amo-


re, come i bambini che si mettono tra le braccia del loro papà e della loro mamma o che danno loro la mano per camminare. Nella vita fisica più si cresce per essere adulti, più si è capaci di essere autonomi e autosufficienti. Nella vita spirituale invece è al contrario, più si va avanti con l’età e l’esperienza, più ci si dovrebbe rendere conto della propria piccolezza, insufficienza e necessità di doversi aggrappare e appoggiare solamente e totalmente a Dio. Nell’Icona Biblica il Signore ci ripete diverse volte questa piccolissima frase: TI VEDRO’! Dio quando diede vita al creato e all’uomo usò la parola e lo sguardo: “Egli disse e furono create” e quando vide la Sua creatura la guardò e disse che: “era cosa molto buona”. È bello avere un Dio-Padre che mentre ci parla e ci guarda ci crea, ci ricrea, costruisce con noi, cammina con noi. E Gesù durante il suo cammino terreno ha utilizzato la stessa modalità del Padre; con le sue parole di misericordia ed i suoi profondi sguardi di amore scambiati e rivolti a tutti, ha illuminato, cambiato, convertito, purificato e illuminato il volto, l’anima e la vita dell’altro. Gli apostoli e i discepoli li conquistò con uno sguardo e con una parola: Seguimi! Anche oggi il suo è uno sguardo fisso, continuo, (come dice ancora l’Icona Biblica) presente quotidianamente nella nostra vita di uomini e donne, di lavoratori, di universitari, di responsabili di adolescenti e catechisti parrocchiali, di animatori d’arte, di sportivi, di volontari, di figli, di fidanzati, di giovani in ricerca. Dovremmo imparare tutti a “guardare” con gli occhi amorevoli e misericordiosi della Trinità, sia se stessi che gli altri; in una società dove spesso “non ci si guarda più in volto”, si cammina a testa bassa, immersi nei propri pensieri e problemi, attaccati ai propri

smartphone, si ha paura di intervenire e di aiutare l’altro per non essere coinvolti, si è indifferenti … all’altro…e a Dio.

tenendo fisso il suo sguardo a delle “persone di riferimento”, assetato ed incantato di uno sguardo da ricevere.

Sono giorni che mi viene in mente una persona, un piccolo, un’invisibile, un senza voce, che mi ha mostrato in questi anni cosa vuol dire essere “visti” dal Signore e quale “sguardo” avere verso tutti. Si chiama Simone, ed è ormai un giovane di 25 anni della mia Parrocchia, con una speciale particolarità: è affetto da autismo. Questa sua “unicità”, che per il mondo è un handicap, una malattia, lo ha arricchito di alcune caratteristiche: - riesce in mezzo al “caos” ad ascoltare, a percepire anche i rumori più insignificanti ai nostri orecchi; - riesce a memorizzare tutte le battute dei personaggi e i testi delle canzoni dei cartoni animati; - riesce a riconoscere e a salutare le persone da molto lontano mentre cammina per strada; - riesce ad inviare continui sms con sorrisi e frasi dei cartoni a chi vuole bene o a chi ha in mente; - riesce a piangere per ore se gli vengono in mente ricordi dolorosi e chiede aiuto guardando il volto dell’altro che in quel momento è vicino a lui; - riesce a percorrere da solo la strada che da casa lo porta oggi al suo posto di lavoro in associazione (questo grazie ai suoi genitori e in particolare al padre che in questi anni lo seguivano da lontano per aiutarlo a raggiungere la sua autonomia e la sua crescita umana e spirituale). Simone un giovane: dall’udito e ascolto profondo, che non dimentica chi incontra e le loro parole, che manifesta con la “voce” e i gesti il suo voler bene, non ha timore di manifestare ciò che sente nel cuore agli altri, non ha timore del contatto (raro per chi è autistico), che cammina con uno sguardo attento,

Ecco Gesù tra le nostre “strade” quotidiane: Vi Vede…ora! Così come Simone! I vostri volti per Lui non sono “confusi”, sono unici, chiari e luminosi; quando parlate di lui i vostri occhi esprimono gioia vera, quando meditate le Sue Parole i vostri cuori si colmano di pace e serenità; tutto questo poi lo riuscite ad esprimere e a comunicare con i vostri sguardi e gesti, nelle vostre azioni quotidiane che rivolgete “all’altro” che avvicinate ed incontrate. Sì Francesco Pio, Donata, Corinne, Alberto, Karl: Lui Ti Vede!

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Ti vede: - quando fatichi e quando riposi, - quando sei debole e quando sei forte - quando lavori/studi e quando preghi, - quando sei triste/inquieto e quando sei gioioso/sereno, - quando tutto ti sembra “nebbioso” e quando tutto ti è “chiaro”, - quando i tuoi sogni si infrangono e quando il tuo cuore è colmo di desideri e speranze, - quando sei con gli amici, i colleghi, i familiari, nel gruppo e quando ti senti solo, - quando ti senti giù e quando sei al Top, - quando il tuo cammino sembra in salita e quando la tua vita sembra aver preso la “direzione” giusta, - quando alcuni obbiettivi che ti sei prefissato sono falliti o sono ancora molto lontani dall’essere realizzati e quando li hai raggiunti con più o meno difficoltà, - quando sei in ricerca di un amore e quando l’hai trovato e cerchi di formare una famiglia, - quando aiuti e accogli gli altri e quando sei tu che hai bisogno di

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aiuto ed accoglienza, - quando nel tuo cuore non senti la presenza del Signore e quando riesci a percepirla. Sì, Lui è presente in tutti questi momenti e di più e oltre… Ti Vede e Ti Vedrà! Sempre! È un Dio che si è fatto carne….è un Dio con noi! È Lui che ci cerca, ci chiama e vuole camminare con noi in questa vita e fino all’eternità. Gesù non è come “Il Grande Fratello” della TV che osserva per curiosità e superficialmente una persona, ma guarda la profondità della sua anima e del suo cuore, con amore e misericordia. Nel brano del Vangelo di Giovanni (cap.1) c’è Filippo che incontra Natanaele/Bartolomeo che gli dice: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret». Natanaele esclamò: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaele gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico». Gli replicò Natanaele: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!». Mentre Natanaele giudica Gesù pur non avendolo ancora né incontrato e né visto, lo giudica solo dal luogo della sua provenienza: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?», Gesù invece elogia Natanaele e dice di lui che è “senza falsità”, perché sa chi è, lo ha guardato profondamente, lo conosce intimamente, ha visto le sue potenzialità e le sue qualità.

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Probabilmente Natanaele sotto l’albero di fico studiava e meditava le scritture, era un cercatore della Verità, del Messia promesso e che attendeva, come dicevano le scritture del tempo e che Filippo gli presenta in quel momento come: “Gesù figlio di Giuseppe da Nazaret”! Tutto cambia quando incontra lo sguardo di Gesù e sente le sue parole che illuminano la sua mente ed il suo cuore di “cercatore”, si sente compreso fino in fondo e capisce che è un uomo diverso da tutti quelli finora incontrati, tanto che entra a far parte del gruppo dei dodici, degli amici, della comunità degli apostoli che seguono Gesù fino al martirio. Tutto inizia con uno Sguardo d’Amore! Questo è successo anche a noi. Il Signore ci ha guardato, ci ha “toccato” il cuore e ci ha detto “seguimi”. È questo “sguardo attento”, questo “volto”, che dobbiamo cercare ed imitare: “Di te ha detto il mio cuore: «Cercate il suo volto»; il tuo volto, Signore, io cerco” (salmo 26). Oggi auguriamo a te Francesco Pio di “coltivare”, “curare” ed “imitare” ogni giorno questo sguardo, e con questo sguardo ricevuto e donato di vivere questa vocazione nella Fraternità del Piccolo Gruppo di Cristo con tanta gioia. Dice l’Icona Biblica che mentre “vivi”, mentre cammini per diventare “piccolo”, mentre “lavori e preghi”, il Signore è pronto a sollevarti, a lavarti, a vestirti, a curarti, ad abbracciarti, a consolarti …e ”con la Sua grazia, stai costruendo la Città sul Monte, città che illumina le genti, luogo per i cristiani comuni consacrati; città spirituale, ma vera, presente nella Chiesa; città piccola e umile, povera, casta, ubbidiente; città serena e piena di pace del Paradiso.”

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di Eugenio Bardini “Gioiamo perché siamo creati dall’amore del Padre, rigenerati dal sacrificio del Figlio, santificati dalla presenza dello Spirito Santo: cristiani comuni ancorché consacrati nel seno materno della chiesa”. La prima immagine è la gioia, una gioia semplice, profonda, contagiosa, permanente perché viene dal Signore non è fondata su di noi, sulle nostre scelte, sulle nostre conquiste piccole o grandi che siano. Il primo invito che ci viene da questa nostra festa è la Gioia. È la gioia che viene dal far memoria della storia che il Signore ha scritto con noi. Il Signore ci ha accolti, ci ha conquistati e ci ha condotti ancora una volta quassù per stare in disparte con lui per rinnovare il nostro Eccomi. Venire all’eremo è memoria ricca di dettagli di come il Signore ha operato dentro alle nostre vite. Ho ricordato la gioia, ma se penso a come è nato e cresciuto in me e Manuela il desiderio di crescere nella relazione con il Signore, per accogliere quello che ci stava accadendo, lungi dalla pretesa di capirlo, è stato un cammino verso il calvario che ha trovato terreno fertile dentro alla comunità del Piccolo Gruppo di Cristo. Eppure mentre ripenso e rivivo il cammino fatto con Manuela e con il Signore dentro alla nostra comunità, una gioia ed una pace profonda riempiono il mio cuore ed un sentimento di gratitudine verso il Signore e verso i fratelli per la grazia passata dentro alle nostre vite. Debbo dire che le parole di uno dei nostri pastori amici della comunità don Stefano Stimamiglio spiegano bene il dono di grazia che passa nell’accompagnare un nostro caro alla nascita al cielo. “La vita oltre la morte non è un esperienza che verrà solo nel momento finale della nostra esistenza terrena. No, questa sarà solo l’epilogo umano di tante esperienze che


ci avranno preparato a questo evento conclusivo. La morte è salvifica perché abitata da Cristo Signore, la morte è vita ... è il modo di vivere di Cristo.” Gioiamo quindi nel Signore per tutti i suoi doni, soprattutto per quelli che ci chiedono un di più di obbedienza e accoglienza! Per me questo eremo segna l’inizio del decimo anno nella comunità. È l’anno della consegna definitiva. Arriva in un tempo ordinario, di vita ordinaria, con una nuova famiglia. L’invito che sento venire forte dal Signore è per una nuova conversione, per questo secondo viaggio, che mi porta più al largo, in mare aperto, con qualche anno in più e qualche energia in meno. Il Signore chiede in modo sempre più insistente a me di togliermi dal centro della mia vita per far spazio a Lui e cedergli il posto che gli spetta, quello giusto quello che può rendere la mia vita più bella e gioiosa. È l’arrendersi è il lasciar fare a Lui noi dobbiamo solo dire sì. Come riuscire in questa lotta con il nostro io così orgoglioso? Ci vengono incontro le parole di papa Francesco al convegno di Firenze. Umiltà, disinteresse, beatitudine (la felicità la gioia della nostra icona teologica). Umiltà da vivere attraverso l’umiliazione perché solo così possiamo diventare umili, passando per quel terzo livello dell’umiltà ricordatoci dal nostro amato padre Gaetano che è l’umiliazione quando siamo nel giusto quando non la meritiamo proprio. Disinteresse soprattutto da noi stessi. Beatitudine felicità che viene dal sentirci uomini dal pensiero incompleto perché completati dal Signore. In questo anno della Misericordia abbiamo conosciuto un po’ di più il nostro Padre Misericordioso e il volto di suo figlio e nostro fratello ed amico Gesù. Abbiamo capito e

fatto esperienza del suo modo di amare che è il di più è lo “spreco”. Il Signore ci aiuti ad uscire dalle nostre logiche di tornaconto, di guadagno di assicurazione per imparare ad amare come Lui. In tutto... non siamo soli. Il Signore si dona a noi con la sua grazia. Non temere Piccolo Gruppo non temere piccolo uomo: a te dono le mie infinite forze e io ti sosterrò e sarò con te fino alla fine dei secoli. Allora per dirla con le parole di Don Pierpaolo e con il canto “È bello per noi Signore stare qui con te, è bello ascoltare la tua voce” ... è bello dirti con tutto il cuore il nostro: eccomi Signore.

di Marco Appolloni Oggi, in questo giorno tanto atteso dal Signore per la mia vita. In questo “per sempre mio”, che Lui mi sussurra dall’eternità. In queste Sue infinite attenzioni per me, in queste Sue attese pazienti ed in questa fiducia incrollabile per la sua creatura. Oggi, che grazie alla Sua Forza ed alla sua Misericordia, proprio io “incredibilmente”, gli rispondo “SI! lo voglio, con il Tuo aiuto”, voglio vivere per sempre con Te, per Te ed in Te. Ecco! Davanti a questo immenso mistero di Amore che mi sovrasta e seduce totalmente, le uniche parole che riesco a balbettare sono: gratitudine e gratuità. Gratitudine, perché non posso non ringraziare Dio per i tanti doni che ho ricevuto: la fede, il conoscere ed il camminare nella Comunità del Piccolo Gruppo di Cristo, la famiglia, gli amici, la salute, lo studio ed il lavoro … . Tanti doni che anche molti altri hanno, ma che forse io ho avuto la fortuna di riconoscerli come tali e di vedere in essi il Donatore. Tutto questo mi fa nascere nel cuore un grazie così grande e così pieno SPORCARSI I PIEDI

di gioia che non saprei come esprimerlo se non donandoGli tutta la mia vita, tutto quello che Lui mi ha chiesto di custodire e far fruttare, ma sicuramente, dovendo/volendo restituire quanto posso a chi magari è stato meno fortunato di me ed ha perso la fiducia nella vita. Gratuità, perché l’Amore oblativo del nostro Dio, l’Amore che si dona totalmente per l’altro mi ha sempre conquistato. L’Amore che non ti chiede nulla in cambio e che ti lascia libero di contraccambiare, mi ha sempre commosso profondamente. Quindi, gratuità dell’Amore di Dio per la sua creatura, ma anche gratuità che ho trovato e vissuto nella Comunità del Piccolo Gruppo di Cristo, nella mia parrocchia, in famiglia e sul lavoro … e sono convinto che non sarei arrivato a questa scelta di consacrazione perpetua senza tutti questi esempi e testimoni di vera gratuità. La gratuità è figlia della Carità, perché se vissuta veramente, ti fa scoprire i tuoi veri talenti, il buono che c’è in te da poter donare agli altri e ti fa gustare la gioia di condividerla. Queste due parole, in realtà stili di vita, si fondano però su un forte senso di fiducia che ho ricevuto dai miei genitori e dalle persone che mi hanno accompagnato. Qualcuno che ti dice: conto su di te! Mi fido! È una grazia che può guarire veramente tutte le ferite del cuore e farti aprire al mondo! E il primo a dirmelo è stato Dio stesso: Tu sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima e io ti amo. Non temere, perché io sono con te. (Is. 43) Allora, con la forza del suo Spirito ed il sostegno dei fratelli, posso veramente provare ad amare come ama Lui perché è Lui che trasforma il mio cuore, lo dilata e lo colma di gioia. Di fronte al “per sempre”, ho tanto sano timore, ma anche molta gioia per il dono e l’impegno di vivere in

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modo totale l’amore, che mi viene chiesto, come laico consacrato in condizione aperta. Il mio unico desidero è di essere un uomo “felice”, pieno di gioia al servizio del Signore! Il dono più bello che ho ricevuto in questi miei ultimi 10 anni di vita consacrata? Il Signore indiscutibilmente, ma anche la possibilità di conoscermi meglio e di mettermi in gioco con i miei limiti e le mie capacità, grazie anche ad una persona che mi ha aiutata a fare verità dentro di me per arrivare a questa scelta definitiva con più consapevolezza e fiducia (il mio responsabile). Termino con un augurio per chi si prepara a fare scelte definitive, o le ha già fatte: coraggio, quando vi sembrerà che le acque vi travolgono, non temete, perché il Signore è con noi, è il nostro Salvatore e non ci abbandona mai! Vivete nella gioia del Signore Risorto!Sempre! Gesù Cristo che reggi l’universo: Il nostro Signore sei tu!

In copertina a pag.18: Festa dell’Eremo di Gozo. In questa pagina (in ordine dall’alto): Festa dell’Eremo di Treviso, Festa dell’Eremo di S.Pio V e S.Carlo, Festa dell’Eremo di S.Ambrogio, Festa dell’Eremo di Roma.

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IN COMUNITà

riflessioni dal Corso di iconografia nella casa di desio del Piccolo Gruppo La casa di preghiera del Piccolo Gruppo di Cristo a Desio è molto bella perché ha degli spazi utilizzabili per le varie attività. Io ci sono venuta per partecipare a dei corsi di Iconografia tenuti da Mara Zanette che, oltre a essere un’iconografa, è un membro del Piccolo Gruppo. Ho sfruttato l’occasione dei corsi per fare delle vacanze e ho quindi approfittato della possibilità di soggiornare presso la casa: le stanze sono spaziose e confortevoli, tutti gli spazi sono puliti e curati e si può utilizzare l’ampia cucina dotata di tutto ciò che occorre… anche se mi sento in dovere di segnalare una grave mancanza: non c’è la teglia per fare le torte. Nella casa è presente anche una cappella per cui è possibile raccogliersi in preghiera in qualsiasi momento della giornata. Anche il giardino ben curato aiuta il riposo dello spirito. Da come è ben tenuta, si comprende che le persone del Piccolo Gruppo che gestiscono e utilizzano la casa ci tengono molto. Dalla casa è possibile raggiungere a piedi la Basilica dei Santi Siro e Materno oltre ai vari negozi per cui si possono fare delle passeggiate. Le persone si avvicinano ai corsi d’iconografia per diversi motivi perciò ognuno segue il proprio percorso personale. Se si è fortunati si incontrano maestri bravi, come Mara, che aiutano gli allievi a comprendere il significato delle icone: per dipingere le icone occorre sia una preparazione artistica che una preparazione teorica. Già dai primi corsi ogni allievo capisce come

za dedicata ai corsi dove si sta per quasi tutta la giornata. Si intervalla il lavoro con le pause caffè e con il pranzo che sono i momenti in cui si condivide non solo il cibo, ma anche le esperienze personali di cui ognuno desidera parlare. Alla fine della giornata di laboratorio è possibile partecipare alla Santa Messa in Basilica. Dopo cena si può fare una passeggiata, rimanere nella casa per chiacchierare o per guardare insieme la televisione oppure per pregare insieme.

Icone Sacre crescere e migliorare le sue abilità e le sue conoscenze. Ci si prepara all’esecuzione delle icone anche con la preghiera comune e personale poiché le icone aiutano a pregare sia chi le guarda che chi le dipinge. È anche necessario poter riposare e avere dei momenti di condivisione. Personalmente penso che sia un privilegio poter imparare a dipingere le icone: è un modo per iniziare a contemplare il santo Volto prima di poterlo vedere per davvero. Per chi partecipa ai corsi presso la casa, la giornata inizia con la colazione nella sala adiacente alla cucina, si prosegue con le lodi in cappella dopo le quali ci si ritrova nella stanSPORCARSI I PIEDI

Trovo che sia importante la presenza della cucina e che tutti la possano utilizzare (ci sono vari cartelli ed etichette che aiutano a trovare le cose e a sapere dove risistemarle) perché cucinare è un modo per prendersi cura degli altri: lo si fa pensando cosa può piacere, preparandolo con attenzione e servendolo in maniera piacevole. Ricordo che durante il corso dell’anno scorso c’è stato un momento dopo cena in cui eravamo tutti in cucina: c’era chi stava sparecchiando i tavoli, chi lavava le stoviglie, chi le asciugava, chi le riponeva e chi stava già preparando il cibo per il giorno seguente. In quel momento ognuno si stava prendendo cura degli altri e quindi il bene di ognuno era nei pensieri di tutti gli altri. Spero di poter partecipare anche l’anno prossimo a un corso presso la casa del Piccolo Gruppo e il fatto che non ci sia la teglia per fare le torte non è poi così grave: le torte le ho fatte lo stesso perché io viaggio con la mia teglia personale. Una parteciapnte del corso

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IN COMUNITà

GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTù a cracovia. le parole di un giovane del pgc Mi è stato chiesto di scrivere qualcosa riguardo la mia esperienza alla GMG di Cracovia come volontario. Non so quanti di voi sanno che mi sono trovato lì come volontario grazie ad una amica polacca conosciuta a Malta, che ho potuto condividere l’esperienza con il mio amico di Abbiategrasso Lorenzo e che sono riuscito a rivedere e incontrare tanti amici del gruppo, della parrocchia, di Roma, di Malta, di tutta Italia e di tutto il mondo. Solo ha reso quella della GMG una esperienza per me straordinaria. È passato ormai un po’ di tempo, e non credo di riuscire a raccontare le cose con lo stesso fervore e lo stesso entusiasmo che mi hanno travolto durante quei giorni. Tuttavia, alcune sensazioni provate durante questa esperienza penso che per fortuna mi accompagneranno sempre. La cosa che più mi ha colpito della GMG è stata la comunione. Organizzare un evento così grande, in un mondo che sembra sempre più dividersi non era una cosa semplice. Essere un volontario significava anche un po’ essere responsabile dell’evento in sé. Durante la GMG i pellegrini chiedevano a noi cosa fare, dove andare, come arrivare ai diversi luoghi; insomma contribuivo un po’ a questa complessa organizzazione. Per questo, oltre alla bellezza dei sorrisi della gente, alla gioia dei latino-americani, agli intensi momenti di preghiera, si aggiungeva la fatica di cercare di fare in modo che tutto andasse per il verso giusto, che i partecipanti potessero pregare e condividere la

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Ritrovarsi in comunione di Andrea Fazio

gioia con serenità. Questo lavoro richiedeva una grande collaborazione e date le varie differenze di lingua, nazione e cultura presenti tra tutti noi volontari, riuscire a lavorare in armonia mi sembrava, forse, la sfida più grande. Come spesso accade questa sfida si è rivelata una sorpresa. Vivevo in una palestra con altre 300 persone circa, si faceva fatica a dormire, e la mattina, come una volta ha detto il mio amico Joseph: “no one walks gently, man!” (fanno tutti chiasso quando camminano!) e per questo mi svegliavo al massimo alle 6. Alla mia destra, subito accanto a Lorenzo dormiva un nigeriano (Joseph, appunto!) alla mia sinistra SPORCARSI I PIEDI

avevo il mio amico Matt di Hong Kong. Sparse per la palestra c’erano persone da tutto il mondo, dal Canada a Singapore. Potete immaginare in un ambiente di questo tipo, con 300 persone che convivono nello stesso spazio ed hanno a disposizione 12 bagni, come possano saltare fuori le profonde differenze tra culture e modi di pensare e di fare. Si poteva discutere su tutto, dal “non bisogna mettere la sveglia perché c’è chi fa il turno di notte” al “se rientri tardi devi avvisare” ed infatti un po’ si discuteva. Era bello notare anche come eravamo diversi, non solo nel


parlare o nel vestire, ma anche nel modo di pregare, nella maniera con cui ci approcciavamo agli eventi, alle persone. Eravamo davvero un gruppo di volontari profondamente diversi. Temevo che a causa di questa diversità avremmo corso il rischio di dividerci, anche perché è quello che sta accadendo oggi nel mondo. Tuttavia, nonostante le forti differenze e l’ambiente poco confortevole, percepivo nei confronti delle altre persone un forte senso di comunione. Sì, non mi piaceva tutto quello che vedevo, ma percepivo che tutte quelle persone erano miei amici, forse perché avevamo un Amico comune che è più grande delle nostre differenze. Ho riscoperto nelle persone che ho conosciuto il valore della comunione nella differenza; una cosa straordinaria, perché spesso invece mi sembra che si rischi di provare a vivere la comunione nell’indifferenza. Alcune storie, alcuni modi di vivere, io non pensavo nemmeno potessero esistere, ed invece mi si palesavano davanti nelle persone con cui condividevo le giornate: i miei amici. Insomma, è l’amicizia nel Signore, i volti che ho incontrato, le persone che ho conosciuto che hanno reso quella di Cracovia un’esperienza per me davvero bella ed importante. Perché mi hanno insegnato che davvero la comunione è una cosa concreta, a volte faticosa, ma che si manifesta se cercata. Oltre a raccontarvi qualcosa sulla mia esperienza, però, pensavo di farvi fare esperienza di ciò che ho vissuto. Tra le tante persone che ho conosciuto, una mia amica ha scritto durante l’estate un articolo sulla sua esperienza da volontario a Cra-

covia per il giornale della sua Diocesi. Me lo ha fatto leggere subito e mi è molto piaciuto. Le ho chiesto se potevo farlo pubblicare anche su Esperienze di Vita e lei ha accettato con piacere. Quindi, aggiungo alle mie, le parole di Maria. Libera sull’esperienza di volontariato, parole in cui mi sono pienamente ritrovato. Perché alla fine il bello del vivere in comunione è questo: ritrovarsi. Ritrovarsi nelle persone, nelle situazioni, nella preghiera e soprattutto nel Signore. Volontario alla GMG Vivere la Giornata Mondiale della Gioventù da volontario è stata un’esperienza del tutto nuova. Con ancora nel cuore la GMG di Madrid del 2011, sentivo di dover rifare questa esperienza e che partire da pellegrino non bastava, in me si muoveva il forte desiderio di servire il Signore: quale modo migliore di servirlo se non servire gli altri? Da qui la mia decisione, così il 18 luglio sono partita per Cracovia, da sola. Una volta lì, tutto è stato surreale: eravamo tante persone con gli stessi ideali e valori, tutti lì per la stessa Ragione; nonostante parlassimo lingue diverse, l’unica lingua che contava era quella dell’Amore; la presenza del Signore era tangibile e si gioiva, ci si stupiva ed emozionava anche solo per una piccola cosa come un abbraccio o un sorriso gentile. Le parole che riassumono la mia esperienza sono tre: preghiera, servizio, stanchezza. La preghiera è stata fondamentale nelle due settimane, come la corrente per la batteria di uno smartphone; ho scoperto una nuova e bella relazione col Signore che fino a quel momento non avevo mai avuto perché avanzavo SPORCARSI I PIEDI

come principale scusa la mancanza di tempo, questa relazione mi ha dato la giusta carica e motivazione. Il servizio agli altri era il principale motivo per cui ero lì; mi ha permesso di intessere relazioni con tantissime persone, ognuno con una storia diversa di cui fare tesoro e cheporterò per sempre nel cuore. La stanchezza era la principale conseguenza del mio lavoro; per quanto potesse essere stata stancante una giornata, quella dopo lo era ancora di più e quella dopo peggio ancora, si dormiva poco e si camminava e lavorava davvero tanto, per questo, senza la preghiera non si avevano i giusti mezzi per operare. Infine un’altra parola la vorrei aggiungere: gratitudine. Alla fine della giornata, tra il corpo dolorante del giorno appena concluso e la consapevolezza della giornataccia del giorno dopo, il cuore era pieno. Ero grata al Signore per quella stanchezza, che veniva dalla gioia di servire Dio insieme ad altri giovani come me. Alla fine ero convinta di essere partita da sola ma in realtà non lo ero mai stata e adesso so che non lo sarò mai. Non potrò mai dimenticare un ragazzo, un mio amico, che durante una passeggiata rubata tra un impegno e l’altro, alla fine di una giornata in cui i piedi ed ogni parte del corpo chiedeva pietà, esclama all’improvviso: “Ma quant’è bella la vita?” Io l’ho guardato sorpresa e ho sorriso senza rispondere, mi sono resa conto che aveva ragione; di questo sono grata, e ogni sera, come a Cracovia, me ne vado a letto riflettendo sulla mia giornata, guardando alle cose che sono andate storte e mi dico che la vita è bella anche per queste storture, e ringrazio. Maria Libera Zarigno

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IN COMUNITà

settimana estiva comunitaria in val di fassa. la gioia di stare insieme

Un’esperienza autentica

di Angela Salvioni e Cristian Fardello È una domenica d’autunno inoltrato. Ci troviamo tutti e cinque in macchina per un breve viaggio. Percorriamo l’A4 nel tratto Milano Bergamo, i bambini già iniziano a lamentarsi, occorre trovare un diversivo… “Ragazzi, vi ricordate? Questa è la strada che facciamo per andare in Trentino!”. Per i nostri bimbi Trentino è Villabassa e Campestrin. Ognuno di loro ha un ricordo, una gita, una persona da citare. Ma quanti giorni siamo stati, mamma, a Campestrin? Eh sì, sono talmente tanti i ricordi che sembra sia stata una lunga vacanza. I ragazzi ci stanno confermando che tutti abbiamo ricevuto molto dalla settimana comunitaria. Innanzitutto la possibilità di vivere un tempo senza l’affanno quotidiano delle cose da fare, un tempo di vacanza da poter riempire e in cui farci riempire di belle, intense, delicate e fraterne relazioni umane. Finalmente la possibilità di fissare un colloquio con il proprio responsabile senza l’ansia del tempo e degli impegni, ma anche il confronto e la chiacchierata che nascono spontanei il sentiero, camminando con calma verso la meta, o durante gli incontri delle mattinate. Un tempo in cui vivere la messa quotidiana senza risicare i minuti per gustare la presenza del Signore. Un tempo in cui vivere gli incontri grati di quanto abbiamo ricevuto. Siamo stati molto colpiti dalla testimonianza di Gemma Calabresi, proposta in un filmato, per la forza che il Signore le ha donato nel momento della prova, per il suo richiamo a dare a Dio il compito di perdonare dando a noi il tempo del Cammino

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verso il perdono; perché non si può perdonare con la mente o le parole ma con il cuore. E ancora, che il Signore ci regala dei momenti in cui ci fa sentire forte la sua presenza, perché anche nei momenti bui che ciascuno di noi può passare si possa tornare ad attingere a quegli istanti. Vogliamo fare tesoro delle sue esortazioni e degli scambi avvenuti in gruppo, sull’educazione dei figli, il pregare insieme, curare il tempo della tavola, trasmettere ai figli lo scandalo per la violenza, ma anche la gioia per le scoperte, per le persone buone, per chi si dedica agli altri; scommettere tutto sull’amore per la vita. Così come è stato davvero bello vivere il momento unitario tra tutti i fratelli del Gruppo e respirare a pieni polmoni un clima di Chiesa in cui ricercare soprattutto ciò che unisce, riconoscendo la ricchezza delle diverse condizioni di vita, senza dare nulla per scontato. Siamo grati di aver potuto far vivere ai nostri figli una vacanza ricca e speciale. Fin da subito si sono sentiti in un ambiente accogliente, la stanza è stata da loro definita “la nostra casa del Trentino”. Si sono sentiti accolti da tutti, hanno riconosciuto volti noti e hanno imparato a conoscere i volti nuovi. Spesso sentiamo la necessità di confermarli nelle scelte facendoli sentire meno soli. Il partecipare alla settimana ci aiuta a dire loro: non siamo “strani”, non siamo soli, stiamo camminando insieme ad altri e partecipare alla messa, recitare il rosario, crescere nella fede, ci dà tanta forza e tanta gioia perché sentiamo che -il Signore è presenza reale nella nostra vita. Siamo arrivati alla meta del nostro breve viaggio. È proprio vero, l’essere tornati col ricordo a quei brevi giorni ci ha dato una nuova carica e rinfrancato il cuore. appuntamento sul monte, a Campestrin!

di Andrea Cipriani Ho fatto l’esperienza di trascorrere la settimana comunitaria 7 volte: a Madonna delle Nevi, a Boscolungo, le quattro di Villabassa e poi quella di quest’ estate in Val di Fassa. La prima volta ero alquanto piccolo e mi ricordo le numerose e immense camminate che facevo insieme agli altri bambini e, vedere come tutti fossero contenti di andare, mi faceva sentire inadeguato, tanto che decisi che non sarei più voluto ritornare. Negli anni a venire vidi che mamma era molto contenta di partire, ma non lo ero io. Crescendo poi cambiai idea, perché volevo capire come mai mamma e papà fossero così sempre uniti e affiatati al gruppo. Nella prima settimana a Villabassa cominciai a comprendere ciò che legava i fratelli e sorelle della Comunità con i miei genitori e questo mi colpì moltissimo, così decisi di ritornarci l’anno successivo anche se da solo. Nel secondo anno, sempre a Villabassa, iniziai a partecipare agli incontri degli aspiranti per conoscerli e ascoltare le istruzioni e vidi che quei legami che avevo scorto gli anni precedenti erano forti anche da un altro punto di vista: l’unione con il Signore. Mi sono sempre commosso di come tutti i fratelli e sorelle confidano e credono nel Signore e cominciai a desiderare di poter anch’ io avere quella vitalità che il PGC ha quando si parla di Dio! Negli anni a seguire questo mio desiderio divenne sempre più forte fino alla settimana di quest’anno quando ho preso la decisione di cominciare l’aspirantato e prego il Signore che questo sia veramente il mio cammino. Nella medesima settimana ho avuto anche la fortuna di condividere alcune mie esperienze, soprattutto quelle spirituali, con altri giovani della mia età, e sono stato molto contento perché, non avendo un prospero ambiente SPORCARSI I PIEDI

parrocchiale, non sempre per me è facile trovare ragazzi che abbiano i miei stessi valori in ambito di fede. Anche gli adulti che ci hanno accompagnato nei vari incontri e attività mi hanno molto colpito e aiutato e desidero sempre di più instaurare con loro un rapporto proprio fraterno. Un’altra cosa particolarmente bella per me è stato aver sentito mio fratello Pietro cantare la canzone che lui stesso ha composto per mamma. Che emozione !! E poi vederlo prendere la funivia e salire … metri per vedere l’alba alzandosi in piena notte proprio lui che soffre di vertigini e che è un gran dormiglione, ha sconfinato ogni mia immaginazione. Tutte le settimane comunitarie hanno sempre avuto in me l’ “effetto benzina”, cioè mi hanno sempre permesso di ritornare nella valle operosa più energico che mai, ma nella vita quotidiana poi mi ritrovo a camminare proprio contro corrente e questo è stato un altro motivo per cui sono voluto entrare, cioè essere aiutato a vivere una vita “intessuta di preghiera”. È stato molto bello vedere anche come mio fratello Davide abbia scoperto l’amore per la montagna proprio grazie a chi ci ha guidato e la gioia che lui ha avuto nel condividere la settimana con gli altri giovani. C’è una frase di un personaggio di un cartone animato che vedevo da bambino, Winnie The Pooh, che mi ha sempre colpito e che considero tanto vera quando mi trovo con tutti i fratelli e sorelle della Comunità: “Quanto sono fortunato ad avere qualcuno a cui è difficile dire addio”. Infatti alla fine di ogni settimana, anche se non è un addio, mi commuovo sempre perché mi dispiace allontanarmi dalla Comunità intera , ma poi mi consolo pensando che comunque continuo ad avere rapporti con la comunità romana e che sono sempre unito a tutti “con” e “nel” Signore nostro Padre.

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IN COMUNITà

MEDITAZIONE SULLA POVERTà ALLA LUCE DELLA RIFLESSIONE DI Don Divo Barsotti Su Esperienze di vita di solito raccontiamo ed evidenziamo fatti che toccano il nostro cammino, diamo consigli su delle buone letture, diamo sollecitazioni spirituali. Ne proponiamo una, non tanto come riflessione in sé, ma come fatto di vita. Si come fatto di vita perché quando incontri una pagina così ti si scombussola il cuore e corri col pensiero alla tua consacrazione, alle tue promesse. Non è solo un richiamo ad esaminare la tua coscienza, ti entra dentro come verità, come chiamata alla vita ed il Vangelo, Gesù, ti si mette davanti. Voglio condividere con voi il disagio che mi ha investito e lasciarmi con voi interrogare. Per questo trascriviamo il testo a cui ci riferiamo: è una pagina tratta da «SEGUIMI» raccolta di meditazioni di Don Divo Barsotti curate da Mariadele Orioli Soffiatti – Edizioni Parva. Diceva loro mentre insegnava: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi posti nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave». E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoroìpiù di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». ( Mc 12,41-44) Vedova e povera, la donna non ha nome. Nessuno si accorge di lei. Ma Gesù ha posato su di lei il suo sguardo. La piccola pericope è una

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L’obolo della vedova delle esaltazioni più belle della povertà. Si, il Signore vuole il distacco del cuore; ma non illudiamoci, la povertà non è soltanto interiore. Soprattutto dobbiamo finalmente capire che la povertà è un gran privilegio. È quasi impossibile che uno che non è povero possa diventarlo. Anche se da tutto quello che ha, il ricco non diviene povero per questo. Ha coscienza di quello che ha dato. La vedova ha dato tutto, ma non ha coscienza d’aver dato qualcosa. Non conta quello che si dà, conta l’amore. I ricchi hanno dato molto, ma non si sono privati di nulla; quello che hanno dato non ha inciso minimamente su quanto possedevano. La vedova ha dato tutto quello che SPORCARSI I PIEDI

possedeva, e i due spiccioli erano di fatto la testimonianza di un amore totale, perché ella non aveva donato molto, ma tutto. E tuttavia non ne aveva coscienza: si sentiva mortificata di non poter dare di più. Signore, purifica il mio cuore, e fa che non cerchi più la riconoscenza degli uomini, il loro apprezzamento, il loro ringraziamento. Rendimi povero, profondamente e veramente povero, per aver coscienza di dipendere solo da Te. Voglio che mi basti solo Tu: voglio che mi basti l’essere visto soltanto da Te, l’essere conosciuto soltanto da Te, l’essere amato soltanto da Te. Voglio che il mio amore per Te sia totale, per donarti tutto me stesso, senza trattenere nulla per me.


IN COMUNITà

dal quotidiano avvenire: una leggenda per riflettere in un giorno come gli altri

Bzzz, il diavoletto che non fa pregare Mi hanno raccontato una leggenda. Me l’ha raccontata un prete, non so chi la abbia raccontata a lui. Dunque, ai tempi in cui San Bernardo viaggiava a cavallo per tutta l’Europa per fondare nuovi monasteri, una sera d’inverno arrivò stanco in una locanda di una piccola città. Condusse il cavallo, sfinito e sudato per il lungo galoppo, nella stalla, e lo affidò allo stalliere. L’uomo, un vecchietto ingobbito, cominciò a abbeverare la bestia, poi, mentre le toglieva la sella e le briglie, attaccò discorso con lo sconosciuto monaco. «Freddo stasera, eh, fratello? Si gela, qui... Ah, che bella vita fate voi monaci: tutto il giorno tranquilli a pregare, furbi che siete, l’avessi fatto io... E invece, l’intera giornata in stalla, tra lo sterco, al freddo, a sgobbare...». Bernardo sorrise, e rispose al vecchio: «Davvero tu credi che pregare sia tanto facile? Allora guarda, ti propongo una sfida: se riesci a recitare a voce alta un Padre Nostro senza distrarti un momento, io ti regalo il mio cavallo».

Lo stalliere spalancò gli occhi: era un gran bel cavallo quello, e giovane. «E me lo regali solamente per un Padre Nostro»? domandò incredulo. «Purché tu lo reciti senza distrarti un istante», ripeté Bernardo, sempre con quel leggero sorriso. Il vecchio, eccitato e sbalordito, cominciò a pregare: «Padre Nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in Terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e... Ma senti, fratello, il cavallo, me lo regali con la sella o senza?». E fu così che Bernardo si tenne il suo cavallo. La piccola leggenda mi è rimasta in mente. Perché quante volte, quando uno decide di pregare, subito gli vengono in mente cento altre cose. «Padre Nostro, che sei nei cieli...’ Ma, avrò chiuso a chiave la porta di casa? Mi sono scordato di passare in tintoria. Cosa faccio da mangiare per stasera? Non cattivi pensieri, ma piccole questioni di poca importanza. Fastidiose, però. Cose da niente, come SPORCARSI I PIEDI

quei bzzzz, quei brusii che si sentono nella radio quando un canale non è perfettamente sintonizzato. Come se qualcuno disturbasse la frequenza su cui viaggia il nostro Padre Nostro. Che ci sia forse un piccolo diavolo, incaricato di mettersi di traverso quando si inizia a cercare Dio? Me lo immagino come un diavolo striminzito, basso, una mezza cartuccia di diavolo, capace solo di fare quello: distrarre gli uomini che vorrebbero pregare. Tanti altri diavoli fanno cose ben più grandi e cattive, e forse il diavolo che si intromette sulle frequenza delle preghiere si sente uno da poco: lui sa fare, semplicemente, quel ‘bzzzz’. Però, quante preghiere interrotte, sprecate, abbandonate. Quanto bene perduto. «Ma senti, fratello, il cavallo, me lo regali con la sella o senza?» Bzzzz. E il piccolo diavolo sarà scoppiato a ridere: questi uomini, quanto sono irrimediabilmente distratti.

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L’ANGOLO DEI LIBRI

consigli di lettura per tutti i gusti. ALCUNE RECENSIONI DA NON PERDERE di Vilma Cazzulani, Donatella Zurlo e Giacomo Galli Interessante il testo di Bonetti che approfondisce il tema della fede nel suo significato per la vita degli sposi cristiani e della famiglia mostrando quanto sia profondo il legame tra fede e matrimonio. L’autore fa chiaramente vedere che esiste un modo proprio degli sposi cristiani di essere e di vivere, che è appunto quello della fede, e che dice il loro riflesso della Trinità. Il punto non è solamente essere una buona coppia, ma una coppia che vive il suo collegamento alla sorgente dell’amore. La fede fa la differenza: nell’affrontare le difficoltà della vita di coppia, quelle dovute ai figli o a condizioni esterne. Fa la differenza anche nello scopo ultimo di far famiglia: sarà infatti la bellezza che riconvertirà le giovani generazioni alla vita di coppia e familiare. “Per un mondo non credente non serviranno più preti, serviranno più sposi. Non serviranno più predicatori, servirà più “carne” di uomodonna che senza aprir bocca diranno la bellezza del progetto. E finché non porteremo le nuove generazioni allo stupore per la bellezza di uomodonna, è difficile che si stupiscano di Dio Amore”. In famiglia la fede fa la differenza / Renzo Bonetti / 2016 / Effatà Editrice / € 10 Questo libro è nato dall’esigenza di fornire a genitori ed insegnanti un aiuto concreto per affrontare problemi critici come il terrorismo, le stragi, il fanatismo religioso, il Califfato… dando loro la possibilità di mostrarsi adulti com-

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Un cuore per amare e mani per servire. In queste pagine tocchiamo con mano cosa significa “tradurre l’amore in azione”, calare gli insegnamenti nella concretezza della quotidianità, nell’umiltà delle piccole cose. Madre Teresa, identificandosi con coloro che serviva, nei quali vedeva il volto di Gesù sofferente, è l’icona della tenerezza e dell’amore del Padre. I suoi insegnamenti ci aiutano, come vuole il Santo Padre, a “risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà”. Il miracolo delle piccole cose / Teresa di Calcutta / 2016 / Rizzoli / € 19 petenti sia dal punto di vista psicoaffettivo ed emotivo-empatico che dal punto di vista culturale-cognitivo. Un aiuto per sapere come dire le cose e per avere dei punti fermi dal punto di vista concettuale. Parlare di Isis ai bambini / Dario Ianes, A.Pellai, E. Morin, R.Mazzeo, M.Montanari / 2016 / Erickson / € 14,50 SPORCARSI I PIEDI

I migranti che sbarcano sulle coste italiane, ma anche i tanti stranieri che da tempo hanno messo radici nelle nostre città, sono spesso percepiti come una minaccia o come “un problema da risolvere”. Fanno discutere, suscitano emozioni e interrogativi. Ma soprattutto sono una presenza umana che ripropone la sfida dell’incontro con “l’altro”, portatore di culture, stili di vita e valori con cui misurarsi. Perché questo incontro sia fecondo è necessario andare alle radici di ciò che fonda la nostra esistenza personale e la società in cui viviamo, e insieme scoprire che prima della diversità c’è una comunanza, qualcosa che rende l’altro parte di noi. Dati, storie, interviste per affrontare in una prospettiva nuova e affascinante un fenomeno che sta cambiando la vita di milioni di persone. Uno sguardo imparziale e privo di interessi secondari, arricchito da autorevoli contributi e dati oggettivi. Migranti, la sfida dell’incontro / Giorgio Paolucci / 2016 / Itaca edizioni / € 14


Mostra Itinerante: Migranti, La sfida dell’incontro La questione dei migranti fa discutere, e divide, tra la paura dell’invasione e la disponibilità all’accoglienza, anche per via dei media che un po’ raccontano è un po’ strumentalizzano. La mostra lancia una provocazione: proviamo ad affrontare l’argomento non come un “problema”, ma guardando negli occhi gli uomini e le donne che emigrano. Proviamo a chiederci chi è quell’”altro” che bussa alle porte delle nostre società, da quali terre arriva, perché ha deciso di lasciarle per venire dalle nostre parti. Calendario della mostra itinerante su www.meetingmostre.com

Dopo una giovinezza vissuta lontano dalla Chiesa, Giampiero entra in seminario. Di lì a poco accusa un malore che rivela una malformazione cardiaca per la quale sarà operato. Il calvario postoperatorio ne metterà in luce lo spessore umano e spirituale. Per molti, la sua morte ha segnato il loro ritorno a Dio. Un giovane mite e discreto, che ha dato prova di incarnare il Vangelo nell’ordinarietà della vita quotidiana e il cui desiderio era quello di «diventare santo».

Gli anni di Nazareth, dal 1895 al 1900, sono quelli in cui fratel Charles approfondisce la sua vocazione, fa memoria della sua vita prima della conversione e imposta il futuro. Troviamo qui messo a nudo il suo animo, i suoi desideri più profondi a partire da ciò che è disposto a fare per imitare e seguire più da vicino Gesù. Un testo che propone alcuni sui scritti e che ci è d’aiuto per mettere a fuoco la nostra consacrazione.

Con lui Dio non si era sbagliato. Giampiero Morettini/ Roberta Vinerba / 2016 / Paoline Edizioni / € 14

Pagine da Nazaret. La mia vita nascosta in Terra Santa / Charles De Foucauld / 2016 / Ed. Terrasanta / € 14

Il testo raccoglie le meditazioni di Ermes Ronchi a papa Francesco e alla Curia Romana durante gli esercizi spirituali. Ronchi, frate Servita (stesso ordine di David Maria Turoldo, stessa origine friulana), propone di mettersi in ascolto di un Dio che ci fa delle

domande…le nude domande che troviamo espresse in brani scelti del vangelo di Giovanni, Marco e Luca. Beviamo alla sorgente della sua Parola per gustarne l’acqua e poter dissetare i fratelli: suggerisce San Bernardo, qui citato. Le nude domande del Vangelo / Ermes Ronchi / 2016 /San Paolo / € 15

SPORCARSI I PIEDI

Intervistato da Peter Seewald, Joseph Ratzinger racconta i momenti salienti della sua vita e di come è maturata la decisione di dimettersi dal soglio di Pietro. In questa lunga intervista, il Papa affronta per la prima volta i tormenti, la commozione e i duri momenti che hanno preceduto le sue dimissioni; ma risponde anche, con sorprendente sincerità, alle tante domande sulla sua vit pubblica e privata: la carriera di teologo di successo e l’amicizia con Giovanni Paolo II, i giorni del Concilio Vaticano e l’elezione al papato, gli scandali degli abusi sessuali del clero e i complotti di Vatileaks. Benedetto XVI si racconta con estremo coraggio e candore, alternando ricordi personali a parole profonde e cariche di speranza sul futuro della fede e della cristianità. Leggere oggi le sue ultime riflessioni è un’occasione privilegiata per rivivere e riascoltare i pensieri e gli insegnamenti di un uomo straordinario capace di amare e di stupire il mondo. Joseph Ratzinger. Ultime conversazioni / Peter Seewald /2016 / Garzanti / € 12,90 Sette meditazioni proposte nel 2010 alla Comunità Trevigiana, raccolte in un testo che è stato offerto a tutti nell’ Assemblea Sinodale. A chi sente il bisogno di imparare a pregare, di diventare persona preghiera, padre Gaetano mette a disposizione la sua esperienza, plasmata dalla spiritualità ignaziana. E’ un’occasione per desiderare e gustare quanto buono è il Signore. Il cantico dei cantici, come metafora di ogni vocazione / Gaetano Piccolo / 2016 / Ed. Fondazione Città sul Monte

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LA BUSSOLA

in VENETO, l’arte e la storia di una chiesa ci trasmettono angoli di fede

Anzù di Feltre, Basilica Santuario dei Santi Vittore e Corona di Andrea Giustiniani

Vi sono luoghi che richiamano istantaneamente epoche lontane, di colore vagamente medievale, ma ancor di più, per noi, quella Gerusalemme sull’alto monte di cui ci parlano le scritture. L’altura non è così elevata, qualche centinaio di metri, ma essendo il santuario edificato proprio sull’ultimo bastione di ripida roccia che chiude la valle

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del Piave prima che questa si apra per l’ampio slargo su cui sorge Feltre, quando si notano le sue mura bianche si è ormai proprio sotto al monumento, e bisogna sollevare il capo per valutarne i contorni. Pur edificato dal 1096 al 1101 con un valore anche militare e difensivo, offrendo una visuale completa su tutto il feltrino, al giorno d’ogSPORCARSI I PIEDI

gi l’edificio si eleva placidamente, come poggiato su di una gigantesca mensola di pietra. Si può cominciare a salire percorrendo una tortuosa salita, punteggiata di edicole votive ed alla fine si troverà una graziosa e scenografica scalinata fiancheggiata da muretti, edificata nell’Ottocento. Il santuario è molto antico, dedicato a Vittore, soldato, e Corona, gio-


vane sposa di un suo commilitone, impressionata dalla sua fede, martiri in Siria nell’anno 171. Entriamo virtualmente dalla porta di ingresso della Chiesa, che si apre sulla slanciata facciata, non da quella laterale sul chiostro, come si fa abitualmente. Ci troviamo subito in un ambiente con volta a crociera, con gli affreschi di padri della chiesa sulle quattro vele e con un simbolo della Trinità al centro e davanti a noi un’altra scalinata: sembra simbolico, per entrare nel santuario dobbiamo ancora salire, illuminati dalla sapienza dei padri in ascolto della Trinità. Arrivati nella navata centrale l’ambiente non si estende molto, né in lunghezza né in larghezza, e i robusti pilastri insieme allo spessore delle mura sembrano quasi sproporzionati ad un edificio così compatto. È una pianta antica, che ricorda il classico schema bizantino a cinque cupole: l’effetto è di solidità e sicurezza. La decorazione pittorica avvolge ogni spazio delle pareti con immagini dei santi, episodi del Vangelo, storie dei santi dedicatari del santuario: è quel tipo di decorazione fitta fitta, tipica di un lungo periodo che va dalla fine del Trecento a tutto il Quattrocento, con elementi grafici e decorativi continuamente ripetuti e che sembrano giocare più sul ripetersi rassicurante dei motivi che sulla loro varietà ed individualizzazione. Siamo all’opposto della ricerca di geni come Masaccio o Piero della Francesca, ma anche questo fu il Quattrocento. In un’epoca di crisi troviamo sicurezza e conforto nel vedere all’opera i santi, o nell’ammirarli davanti a noi ben saldi e ritti con le armi della fede. E infatti colpisce, forse complice la natura militare di uno dei protettori, come si notino dappertutto effigiate lance e soprattutto bianche, lunghe spade medievali. Come nel possente Arcangelo

Michele della controfacciata di destra, che conculca e trafigge il demonio, con la lancia in una mano e la spada e la bilancia nell’altra, mentre questi vorrebbe trascinarsi con sé una delle anime sui piatti: immagine semplice ed efficace a ricordarci che la salvezza non è garantita e che tutti saremo giudicati. E questo ha un’eco anche nel Giudizio Universale dipinto con drammatici toni giotteschi sulla parete sinistra del presbiterio. Ma per confortarci, basta girare il capo e si può notare una maestosa Madonna della Misericordia, pronta a metterci sotto il suo manto, insieme ai numerosi fedeli che già ospita. È sempre così: ogni elemento della decorazione sembra rispondere a un altro in un elaborato contrappunto. Un certo sapore marziale ce lo suggerisce anche il nuovo assetto del presbiterio, dove, smantellato l’altare verso cui si celebrava prima del Concilio Vaticano II, si erge perpendicolarmente verso di noi, su possenti colonnine, l’Arca del martire, come a celebrazione della sua eroica morte. Di quell’antico altare possiamo notare a destra il ciborio, in pietra d’Istria, elegante nella sua decorazione in gotico fiorito di chiara ascendenza veneziana, ma anche solenne e potente nei suoi volumi profondamente scolpiti con aggetto profondo. Anche l’Ecce Homo effigiato sopra al tabernacolo abbassa lo sguardo pensoso e severo, mostrandoci le grandi mani incrociate: non vuole commuoverci, semmai arruolarci, come Vittore e Corona sotto di Lui. Uscendo da qui sentiamo che la fede è anche lotta e responsabilità, ma che non siamo soli e che tutte le armi di cui si sono paolinamente rivestiti i santi, sono ancora all’opera per proteggerci nelle nostre vite. E proprio per confermarci in questa impressione, prima di uscire, soffermiamoci SPORCARSI I PIEDI

sull’opera più celebre del santuario, la grande Ultima Cena, della parete sinistra: le figure sono dipinte con una certa ingenuità, ma quello che colpisce e commuove è la tavola apparecchiata: una tavola dell’epoca, con le semplici brocche decorate, i pesci semplicemente tagliati in tre pezzi o, piccolini, disposti uno accanto all’altro nella zuppiera davanti al Cristo. E, dappertutto, i gamberi di fiume, del Piave che scorreva appena sotto, cibo semplice e comune. Così capiamo che, quell’Ultima Cena, Gesù è venuta ad imbandirla nelle loro case, nelle nostre case. Possiamo uscire nel chiostro confortati, e, se ne avessimo bisogno, a dimostrarci la potenza di questo bellissimo luogo, nelle lunette sono raffigurati, con gusto popolare e seicentesco, momenti della devozione al Santuario ma anche i miracoli del Santuario. Storie di salvezza miracolosa e di interventi dei santi, con sullo sfondo, come “logo” sempre ripetuto, la mensola di roccia ed il bianco Santuario che vi riposa sopra.

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22-25 aprile 2017 PELLEGRINAGGIO A GOZO


PICCOLO GRUPPO DI CRISTO Il responsabile generale Santo Natale 2016 Nuovo anno 2017 Il ritorno annuale delle solennità natalizie é sempre occasione propizia per rinnovare lo stupore per il nostro Dio che non ha avuto paura della fragilità della nostra natura umana, ma l’ha assunta interamente e così ci ha rivelato il mistero dell’amore del Padre. In questo Natale e lungo tutti i giorni dell’anno nuovo non smettiamo di meravigliarci per il dono di un Dio che si prende cura di tutti ed è tanto appassionato di ciascuno da non lasciarsi frenare neppure dall’abbandono e dal peccato. Il mio caldo augurio, che il Natale di Gesù, sia il nostro Natale e che nella gioia di questo nascere ritroviamo il coraggio per essere totalmente Suoi. Giancarlo

NOVITà, NUOVO SITO

ESPERIENZE DI VITA, LA RIVISTA è ON LINE

Nel prossimo numero di Esperienze di

senza avere materialmente tra le mani la stessa rivista in formato cartaceo.

Vita presenteremo il nuovo portale del-

La rivista in formato cartaceo che ognuno di noi riceve può diventare un

la Comunità che proprio nelle prossime

dono a qualche familiare, amico o conoscente che possa avere un interesse

settimane vedrà la luce e che è il primo

per il discorso religioso e di vita evangelica, e che magari si intende avvici-

di una serie di strumenti che il Piccolo

nare al “Gruppo”.

è possibile leggere la rivista “Esperienze di Vita” direttamente in rete, cioé

Gruppo di Cristo vuole mettere in campo sia per presentarsi all’esterno e sia come luogo di dialogo e informazione per tutti coloro che si vogliono accostare alla Comunità. Rimanete collegati!

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