ShotsToTell 5

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a cura di MINO DI VITA

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Eugenio Alazio, Giovanna Berni, Enrico Chiappini, Michiko Chiyoda, Elena Fava Emerson, Pierrick Gaumé, Mauro Marletto, Marco Rossi, Valter Sambucini, Armando Tinnirello


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Flaneur Metropolitano EUGENIO ALAZIO

Air GIOVANNA BERNI

Geometrie in città ENRICO CHIAPPINI

Oshichi MICHIKO CHIYODA

The infinite beauty of water ELENA FAVA EMERSON


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Le Automorphoses, dall’Italia alla California PIERRICK GAUMÉ

I Segni del Tempo MAURO MARLETTO

La ragione dei passi MARCO ROSSI

Un mondo migliore è possibile VALTER SAMBUCINI

Shaman Series ARMANDO TINNIRELLO


Il sublime connubio


Questa particolare collana editoriale è il risultato di una scommessa che ho fatto con me stesso. Nonostante anni dedicati a organizzare mostre, pubblicare cataloghi e a inventarmi nuove modalità efficaci per offrire una meritata visibilità agli autori emergenti, ero consapevole che mancava ancora uno strumento per promuovere quei meravigliosi lavori che all’interno degli spazi espositivi non potevano essere mostrati nel pieno della loro potenzialità. A differenza dei progetti che vengono realizzati visualizzando l’idea partorita dall’artista, quelli raccolti all’interno di questo libro sono progetti che raccontano, attraverso le immagini, le esperienze vissute in prima persona dagli autori. Testimonianze di eventi realmente accaduti che hanno segnato nel bene o nel male l’esistenza di chi vi ha assistito, a tal punto che ha sentito l’esigenza di affidare alle parole quello che le immagini non potevano documentare nel migliore dei modi: le sue emozioni. Si realizza così quella che amo definire il “sublime connubio” in grado di raccontare un evento coprendo i due livelli principali, la parte esterna, l’evento, ovvero la causa, e la parte interiore, l’emozione, cioè l’effetto. Il risultato è sorprendente in quanto l’esperienza dell’autore viene trasferita al pubblico offrendo due chiavi di lettura complementari una all’altra che ne amplificano l’efficacia. In questo modo chi si sofferma ad ammirare le immagini e intraprende la lettura del testo che le accompagna, condivide con l’autore le emozioni provate al momento dello scatto ed elimina definitivamente la possibilità di interpretare erroneamente quanto sta guardando. Un risultato che mi auguro, vivamente, si diffonda a tal punto da modificare in meglio il rapporto tra artista e pubblico e, di conseguenza, ampliare la platea di chi apprezza le opere fotografiche.

Mino Di Vita


Flaneur Metropolitano Tra i miei divertimenti, passeggiare per la città è quello che preferisco, a differenza di quelle persone che invece rimangono comodamente sedute sul divano delle proprie case a guardare il mondo attraverso la televisione. Camminando alla maniera del flaneur metropolitano, si favorisce il pensiero creativo, l’immaginazione, la fantasia e si sviluppano nuove idee, opinione espressa molti anni fa anche dal filosofo Nietzsche “Tutti i più grandi pensieri sono concepiti mentre si cammina”. Seguendo il mio curioso spirito di osservazione, capita spesso di perdermi nei vicoli di una città e scoprire così angoli nascosti. Queste esperienze mi piace raccontarle al maggior numero di persone. Sapere che altri

attraverso le mie immagini possano provare le stesse emozioni che ho provato durante le riprese è per me fonte di grande soddisfazione. Per raggiungere il mio obiettivo ricorro alla fotografia di strada, un genere che amo per l’immediatezza nel cogliere l’istante in cui gli elementi che compongono l’immagine convergono in un pensiero. I soggetti sono colti durante lo svolgimento della loro quotidianità mentre vagano per le vie e per le piazze, catturandone l’essenza e la spontaneità. L’immagine che rimane è l’oggetto della ricerca e non il risultato del caso, assumendo un valore proprio e trascendendo quello della scena originale.

Eugenio Alazio

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Untitled #1, 2014 © Eugenio Alazio

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Untitled #2, 2014 © Eugenio Alazio

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Untitled #3, 2014 © Eugenio Alazio

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Untitled #4, 2014 © Eugenio Alazio

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Untitled #5, 2014 © Eugenio Alazio

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Untitled #6, 2014 © Eugenio Alazio

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Untitled #7, 2014 © Eugenio Alazio

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Untitled #8, 2014 © Eugenio Alazio

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Untitled #9, 2014 © Eugenio Alazio

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Air Il progetto Air é nato nel 2021, con una ricerca sulle basi fotografiche poi elaborate nel 2022. Una intensa ricerca di materiali, scelgo, plastica, sassi, mare, sabbia, foglie e decido di inondarli di colore. Primi nella serie sono i materiali naturali, l’esordio a cui ritorno per meditare, tra l’oggi e l’antico, per un bisogno di radicarsi. Poi scelgo anche la plastica per desiderio di dialogare con quanto l’uomo ha realizzato del suo futuro. Metto tutto in successione creando un suono che solca la storia e ci parla da un antichità incommensurabile di storia e grandezza ad un futuro che gioca con il colore, ma che comunque, attraverso il colore rimane intenso e sceglie primariamente la qualità della leggerezza per esprimersi. Il suono di una storia grande che continua nel futuro, con la gioia del colore. I materiali scelti sembrano sempre agli antipodi, con la plastica e i sassi, un artificiale lucido ed un antico intramontabile, poroso, solido. Della plastica posso poi dire che c’è la voglia di salutare questo materiale come parte degli altri che ci ha permesso tanto, soprattutto mi lascia l’idea di poter galleggiare nella vita e la speranza che non venga cancellato, ma venga utilizzato a segnare un’esperienza nella storia dell’uomo. C’é qui, un fondamento delle mie ricerche e domande spirituali. Come creare un

futuro, il nuovo, che sia in continuità con la storia antica dell’umanità e ne crei lo stesso valore? Bagno di colore è una delle prime risposte. La gioia del colore e la sua intensa indicazione. E generando la natura dell’unicità nel multiforme. Quando la materia, antica nel suo concetto di definizione, si colora di uno dei tanti aspetti della vita, allora si vola. Air, nel cielo. C’è qui dunque tutta la mia visione di cosa l’uomo vive oggi. Un cuore che gioiosamente si colora di vita, per realizzare una traccia solco nella storia in continuità con l’antico e farlo anche con la leggerezza spirituale del cielo. Questa la possibilità che l’uomo ha oggi di realizzare. Nella serie il suono creativo si muove partendo da una consistenza impalpabile, leggera, rarefatta, poi si assesta in forma lineare, infatti i sassi si allineano con leggere mani di colore, poi acquista potenza materica rafforzando il colore. Di nuovo liquido e rarefatto. Di nuovo il colore si dissolve mantenendo la modalità di distribuirsi in fasce lineari e si distribuisce su un pezzo di plastica appoggiato sull’ erba, serie rossi dove il rosso si diffonde sulla figura di plastica. Il finale è una pausa di ritorno, con una nascita ma radicata nell’antico. La serie: Un suono creativo per creare il futuro in continuità con l’antico. Air. Con una mano leggera sulla materia.

Giovanna Berni

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Rosso e turchese nello spazio, 2022 © Giovanna Berni

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La tribu dei sassi 1, 2022 © Giovanna Berni

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La tribu dei sassi 2, 2022 © Giovanna Berni

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La tribu dei sassi 3, 2022 © Giovanna Berni

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Forfora di mare liquida, 2022 © Giovanna Berni

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Rosso 1, 2022 © Giovanna Berni

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Rosso 2, 2022 © Giovanna Berni

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Oceano, 2022 © Giovanna Berni

Rosso 3,2022 © Giovanna Berni

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Geometrie in città Per me, quale appassionato di architettura e di fotografia, la città è la fonte principale dove posso cogliere interessanti spunti. Così, nel girovagare attraverso i centri urbani ma anche nelle periferie in via di riqualificazione, sovente mi imbatto in edifici destinati ad attività commerciali, amministrative ed abitative che destano la mia attenzione e che diventano quindi il soggetto privilegiato per la mia attività di fotografo. L’edificio è indubbiamente un oggetto tridimensionale caratterizzato da forme più o meno articolate, con sporgenze e rientranze, con alternanza fra pieni e vuoti; sovente anche con l’intervento del colore per migliorarne il valore estetico. A ben osservare, l’edificio è determinato nel suo complesso da un insieme di parti strutturali e di pareti esterne di facciata, arricchite talvolta anche da componenti a scopo puramente decorativo. Ad un osservatore esterno, e quindi anche al fotografo, questo insieme di elementi costruttivi appare come un oggetto tridimensionale composto da superfici e linee sviluppate nello spazio in modo ordinato, così da definire compiutamente aspetto, forma e dimensione. In definitiva, l’edificio appare come l’unione di enti geometrici.

Un tale soggetto, fotografato con un tradizionale processo analogico o digitale, modifica il suo contenuto da tridimensionale a bidimensionale: l’immagine fotografica trasforma il tutto in un insieme di superfici piane delimitate da linee rettilinee o curve e quindi, ancora, un insieme di enti geometrici, ma questa volta giacenti esclusivamente nel piano. Traccia dello sviluppo spaziale è conservata dagli effetti prospettici creati dalla convergenza delle linee verso punti focali e dalla presenza di ombre più o meno marcate. Poiché ogni superficie è individuata dalle linee che ne delimitano l’estensione ed il contorno, mi sembra di poter affermare che la fotografia architettonica - perlomeno la mia - può ricondursi semplicemente alla rappresentazione di linee nel piano, curve o diritte che siano. Nel progetto “Geometrie in città” ho cercato soprattutto di evidenziare queste particolarità della rappresentazione fotografica. In fase di scatto, quindi, ho cercato di semplificare al massimo l’inquadratura e, in fase di postproduzione, di utilizzare il bianco e nero per aumentare il significato grafico dell’immagine. Risultano così enfatizzati i reticoli geometrici generati dalle intersezioni di linee diritte e curve, da sole o fra loro miscelate.

Enrico Chiappini

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Semplicità, 2011 © Enrico Chiappini

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I diamanti, 2016 © Enrico Chiappini

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La casa in gabbia, 2014 © Enrico Chiappini

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Le tre sorelle, 2017 © Enrico Chiappini

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La casa degli spigoli, 2017 © Enrico Chiappini

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Una nave in città, 2017 © Enrico Chiappini

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Espansione, 2015 © Enrico Chiappini

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Geometrie urbane, 2017 © Enrico Chiappini

Nastri d’acciaio, 2018 © Enrico Chiappini

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Oshichi Un giorno ho trovato una bambola e ne sono rimasta affascinata. Raffigurava Yaoya Oshichi, la protagonista di un racconto popolare avvenuto trecento anni fa, durante il periodo Edo. Una ragazza di sedici anni, incontrò un ragazzo nel tempio dove lei e la sua famiglia si rifugiarono dopo aver perso la loro casa durante un incendio. Fu subito amore e dopo aver lasciato il tempio per trasferirsi nella nuova casa il ragazzo le mancava così tanto che pensò di poterlo rivedere nuovamente se si fosse verificato un altro incendio. Così diede fuoco alla nuova casa, sperando di vederlo, ma, invece, fu arrestata dalla polizia e condannata al rogo. Per l’immenso dolore, il suo amante intraprese un pellegrinaggio che durò il resto della sua vita. Mentre guardavo la bambola, ho notato quanto fosse dispiaciuta per il suo destino. Pensando al folle amore di Oshichi per il suo amato ho deciso di seguirne le orme. Durante il viaggio, ho recitato preghiere in santuari e templi e ho custodito oggetti come fossero i ricordi di Oshichi. Ho sentito anche il suo dolore che lentamente mi pervadeva dentro. Spesso durante la nostra vita perdiamo affetti preziosi. A volte vediamo altri soffrire per

lo stesso motivo. Non importa per quale motivo li abbiamo persi, non possiamo riavere indietro il nostro tempo con loro. Anche se speriamo di vivere per sempre, l’ultimo giorno della nostra vita verrà per tutti noi. Non c’è eccezione e questa certezza non cambia mai. Dobbiamo sempre tenerlo a mente e continuare a vivere con il dolore causato dalla perdita delle persone care. Il dolore, d’altra parte, è inseparabilmente legato all’amore per gli altri. Ha il potere di avvicinarti alle persone costruendo un reciproco rapporto intenso. Condividendo il nostro dolore con gli altri, credo si possa abbandonare il passato per essere liberi di dedicarsi al futuro. Affrontare la tristezza ci fa crescere e ci dà la forza di vivere. Mentre ero in viaggio, ho percepito la purezza di questi paesaggi straordinari, tanto da commuovermi. Ho sentito madre natura che mi circondava. Attraverso questo viaggio, ho capito che sulla terra affrontiamo tutti lo stesso destino. Come per Oshichi, anche per me l’ultimo giorno arriverà prima o poi, ma nel frattempo avrò istaurato un forte legame con questo mondo. Voglio valorizzare questo legame continuando a vivere giorno per giorno.

Michiko Chiyoda

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The doll named Oshichi, 2014 © Michiko Chiyoda

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Sacred fire, 2014 © Michiko Chiyoda

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Tracing her lover’s pilgrimage, 2014 © Michiko Chiyoda

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The enshrined natural rock, 2015 © Michiko Chiyoda

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Silence universe, 2015 © Michiko Chiyoda

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Sign of presence, 2015 © Michiko Chiyoda

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Nostalgia, 2016 © Michiko Chiyoda

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Scenery of his footprint, 2016 © Michiko Chiyoda

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Energy, 2016 © Michiko Chiyoda

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The infinite beauty of water Il mio lavoro di fotoreporter professionista consiste nel catturare immagini di eventi e persone per creare una storia. La gente e’ il soggetto principale delle mie foto-storie per la maggior parte delle situazioni, ma la mia prospettiva sulla realta’ spazia dalle immagini della gente alle inquadrature dello spazio naturale. Il paesaggio puo’ essere un soggetto meraviglioso da fotografare specialmente se collegato a problemi ambientalistici. L impatto visivo di un paesaggio significativo mi attrae,la bellezza della natura e’ affascinante. Piuttosto che fotografare luminosi e solari paesaggi diurni preferisco immagini tenebrose, nuvolose, indefinite di spazi misteriosi. Cio’ mi permette, mentre li guardo, di percepire la natura secondo i miei sentimenti e sensazioni. Direi che preferisco i paesaggi che evocano emozioni e sentimenti dove posso vedere oltre l’immagine. Cosi’ ho incominciato il mio viaggio per fotografare l’ acqua e creare una storia sull’ acqua in tutte le sue forme. L acqua in tutti i suoi aspetti e’ un dono della natura, e’ forza. E’ una preziosa bellezza.

L acqua acquista la sua forma lungo il suo percorso e l’ambiente che la circonda, mostrando a volte la sua forza , a volte il suo dolce cullare delle onde che risuona come una ninna nanna. I ghiacciai, parti di un paesaggio spettacolare, sono canali di ghiaccio che scivolano molto lentamente a valle formando profondi crepacci e perfino grotte e alla fine del percorso si sciolgono nella laguna creando un immaginario scenario lunare. Questa e’ la bellezza visiva dei ghiacciai che si sciolgono. In realta’ mostrano il pericolo del cambiamento climatico e il suo impatto sulla natura e sugli uomini. Quando ho visto per la prima volta un ghiacciaio sciogliersi nell’ oceano avevo la sensazione di vivere in un sogno. Tutto intorno a me solo acqua, la laguna e immensi diamanti di ghiaccio galleggianti, avevano l’apparenza di un fantastico e mistico ambiente circondato da un assoluto profondo silenzio. La giornata nuvolosa aiutava a creare un senso di infinito… Nasceva in me un senso di essere in nessun luogo preciso..e allo stesso istante sentivo l importanza di essere parte della natura, una natura sconfinata che spazia ben oltre i limiti del ghiaccio.

Elena Fava Emerson

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Water glaciers, 2019 © Elena Fava Emerson

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Iceland, 2019 © Elena Fava Emerson

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Lagoon Iceland, 2019 © Elena Fava Emerson

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Iceland waterfall, 2019 © Elena Fava Emerson

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Iceland waterfall #2, 2019 © Elena Fava Emerson

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Glaciers lagoon Iceland, 2019 © Elena Fava Emerson

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Lagoon Iceland #2, 2019 © Elena Fava Emerson

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Waterfalls, 2019 © Elena Fava Emerson

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Delta rolling waves, 2019 © Elena Fava Emerson

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Le Automorphoses, dall’Italia alla California Nel 2006, mi trovavo a Parma con un amico al quale mostravo le bellezze della città; mentre percorrevamo il tragitto dal Duomo al Palazzo Ducale, ricordo di aver detto questa frase: “In questa via non c’è nulla da vedere”. Ma successe proprio il contrario: mi incantai per oltre una decina di minuti ad ammirare il riflesso di alcuni edifici sulla carrozzeria di una comune Fiat. Mi ero imbattuto in una nuova percezione artistica: il riflesso – frammentato e ricomposto dalle curve della superficie riflettente – aveva catturato la mia attenzione e mi ricordava alcuni miei collage di qualche anno prima, che rappresentavano città sognate o immaginate. Capii che, anziché dipingere città immaginarie, potevo ri-cercare qualcosa che sfuggiva all’osservazione più frettolosa della maggior parte delle persone: una realtà diversa e personale da rappresentare in un nuovo modo. A questo punto, il mio nuovo mezzo espressivo poteva essere la fotografia. Dopo le serie di scatti con riflessi anamorfici di Parma, Pisa, Milano e Parigi, ho voluto sperimentare la mia visione a San Francisco. Dal 2007 al 2011, in quella città topograficamente complessa e piena di edifici molto diversi, le superfici di automobili spesso grandi e pulite hanno forse liberato il potenziale della mia ricerca. In questo periodo, scelsi il nome Automorphoses per definire le mie fotografie di automobili, inquadrate in modo da non essere identificabili, che rivelavano una realtà diversa.

Le prime esposizioni delle mie Automorphoses a Tours, Francia ed a San Francisco, California furono dei buoni successi e nel 2013 ne presentai una mostra nella sede della Peugeot a Parigi con stampe più grandi delle precedenti. Le mie Automorfosi italiane, che scattai durante i miei frequenti soggiorni nel Bel Paese, sono spesso caratterizzate dal contrasto tra riflessi di cieli e riflessi di edifici colore ocra. È stato un onore proporle al pubblico con la mia esposizione Milano Shakerata nella Galleria Manifiesto Blanco e partecipare al PhotoFestival di Milano 2021. A volte, praticare le Automorphoses è stato come giocare a nascondino con la luce che può spostarsi da un istante all’altro, assieme ai riflessi ed alle macchine. Per questa ragione, la fotografia è il mezzo espressivo più adeguato a documentare il carattere effimero di queste illusioni ottiche. Nella loro realtà decostruita o remixata da oggetti-specchio deformanti, lo spazio urbano in trasformazione si disloca o si ristruttura in una visione che sembra surreale. Tuttavia, prive di qualsiasi genere di fotoritocco, le Automorphoses non derivano da una ricostruzione mentale o intellettualizzata della realtà. Sono reali quanto lo è la realtà. Negli anni a venire, non potranno più essere catturate Automorphoses come prima perché le automobili tendono ad essere bandite dalle vie di innumerevoli centri urbani. In conseguenza, la loro unicità e rarità è destinata a crescere con il passare del tempo.

Pierrick Gaumé

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Doppio Sguardo (Milano, Italia) - Fotografia digitale senza ritocco, 2019 © Pierrick Gaumé

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Green Diversity (Milano, Italia) - Fotografia digitale senza ritocco, 2019 © Pierrick Gaumé

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Castro Street Strollers (San Francisco, California) - Fotografia digitale senza ritocco, 2011 © Pierrick Gaumé

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La Bête des Vosges (Parigi, Francia) - Fotografia digitale senza ritocco, 2017 © Pierrick Gaumé

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Frammentazione Urus (Milano, Italia) - Fotografia digitale senza ritocco, 2019 © Pierrick Gaumé

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Attesa (Milano, Italia) - Fotografia digitale senza ritocco, 2019 © Pierrick Gaumé

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Acqua di Giò Ponti (Milano, Italia) - Fotografia digitale senza ritocco, 2021 © Pierrick Gaumé

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Bauhaus Morphos 1.4 (Tel-Aviv, Israele) - Fotografia digitale senza ritocco, 2020 © Pierrick Gaumé

Velascasso (Milano, Italia) - Fotografia digitale senza ritocco, 2019 © Pierrick Gaumé

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I Segni del Tempo Questo lavoro, intitolato i Segni del tempo, è nato dopo la visita in un parco postindustriale della città di Torino, la mia città dove sono nato vivo e lavoro, e dove fino agli anni novanta sorgevano grandi stabilimenti produttivi. Mi è subito venuta in mente la similitudine con il film Metropolis di Fritz Lang, per la fisicità riguardante l’archeologia industriale. In un mondo che corre frenetico, trovo interessante la contrapposizione tra la voglia di fermarsi a ricordare ciò che era con ciò che sarà. Frammenti di una vita vissuta, conosciuta e codificata, e la sfida alla conoscenza di un mondo nuovo che stiamo scoprendo man mano. Mi colpisce anche il rapporto che le cose instaurano tra di loro e il loro divenire. È un viaggio dello sguardo tra

le geometrie e i materiali che formano gli oggetti e le architetture che ci circondano. Attraverso l’immagine fotografica, perdono il loro significato originale, e sono in attesa del trascorrere inesorabile del tempo che li modifica. Oggetti apparentemente inermi, sui quali però notiamo i segni di un cambiamento, che diventa chiaro e netto quando ci voltiamo indietro a guardare. È una sensazione che nelle persone si può dire abbastanza diffusa, ciò che definirei nostalgia del presente, l’impressione cioè che qualcosa stia già scomparendo nel momento stesso in cui si presenta, cioè di non riuscire a trattenere alcuna traccia di quel che sta accadendo, come se finisse prima che se ne prenda pieno possesso.

Mauro Marletto

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I segni del tempo 1, 2017 © Mauro Marletto

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I segni del tempo 3, 2017 © Mauro Marletto

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I segni del tempo 4, 2017 © Mauro Marletto

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I segni del tempo 5, 2017 © Mauro Marletto

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I segni del tempo 6, 2017 © Mauro Marletto

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I segni del tempo 8, 2017 © Mauro Marletto

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I segni del tempo 9, 2017 © Mauro Marletto

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I segni del tempo 10, 2017 © Mauro Marletto

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I segni del tempo 2, 2017 © Mauro Marletto

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La ragione dei passi Un giorno ho rivolto l’obiettivo verso il basso e ho scoperto come fosse facile perdere all’istante tutti i riferimenti. E più tenevo lo sguardo fisso nel mirino, più mi allontanavo dal luogo, dall’ora e dalla stagione, tutto diventava impenetrabile, desolato, senza alcuna identità. Improvvisamente due gambe hanno attraversato l’inquadratura, mi hanno riportato indietro, in quel luogo, a quell’ora e mi sono ritrovato in un nuovo ambiente, certamente ancora monotono, ma in grado di ricondurmi a qualche scopo. Così è nato il progetto “La ragione dei passi”. Ritraendo i passi delle persone attraverso il mondo, cerco di regalare all’osservatore l’esitazione del mistero e l’emozione della curiosità. Giacché il suolo è al contempo palcoscenico e sfondo dell’immagine, i soggetti risultano imprigionati in

una dimensione piana e soltanto l’osservatore può liberarli. Per questo è necessario sollecitare l’immaginazione, anche inserendo nella scena elementi di aiuto, così che l’osservatore possa travalicare lo spazio circoscritto dell’inquadratura per cogliere o rappresentare ciò che non si vede: il contesto geografico e meteorologico, la collocazione temporale, le caratteristiche fisiche dei soggetti e forse, con uno sforzo in più, le motivazioni che spingono i soggetti nel loro percorso. Anche le ombre, i riflessi, l’acqua o la pioggia diventano importanti ingredienti per la scoperta di una verità soggettiva che, proprio come accade nella vita reale, è concepita nella mente di colui che osserva, attraverso le proprie percezioni, la propria inventiva e, perché no, i propri desideri.

Marco Rossi

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Fra le ombre, 2019 © Marco Rossi

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Untitled, 2013 © Marco Rossi

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Transfer, 2015 © Marco Rossi

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Passando il limite, 2019 © Marco Rossi

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Impegni diversi, 2018 © Marco Rossi

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Untitled, 2021 © Marco Rossi

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Urban romantic, 2014 © Marco Rossi

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Passi nella pioggia, 2015 © Marco Rossi

Untitled, 2015 © Marco Rossi

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Un mondo migliore è possibile Ho da sempre subito il fascino delle superfici specchianti, mentre ho sempre pensato quanto in esse si manifesti la natura ambigua delle immagini. Nella storia infatti lo specchiarsi è sempre stato la metafora di un atto riflessivo della mente, quindi affine al pensiero, ma anche possibile vettore di un’alterità, un mondo altro dal quale possono affacciarsi creature pericolose ed al tempo stesso attraenti, seduttive, che veicolano messaggi visivi di straordinaria bellezza. Nella mutevolezza di questi riflessi cerco la “verità” dell’esistenza, nelle sue possibili trasformazioni e deformazioni, quindi una realtà, conscia od inconscia essa sia, dove i colori e le forme trovano nuovi equilibri estetici che esprimono l’inesprimibile a parole. Ma non si riflette mai abbastanza sul fatto che non vediamo mai il nostro volto e parzialmente il nostro corpo; vi entriamo in relazione veramente sempre osservando le reazioni che suscitiamo negli altri, poi soprattutto dalla sensibilità propriocettiva e dalle sensazioni di piacere o dolore. Così è la superficie specchiante, qualsiasi significato essa abbia, a darci un primo vero indizio di totalità ideale, ma sempre col mistero del dubbio e della frammentazione, e per me, cercare nuove forme compositive, è come trovare nuovi organismi di una vita possibile.

Quindi adesso, tra le possibili definizioni delle superfici specchianti che ho intrapreso nelle mie precedentemente ricerche fotografiche, ho privilegiato questa: essere la superficie specchiante come un possibile passaggio verso un universo alternativo, l’accesso quindi ad un potere divinatorio, specialmente quando tale superficie sia costituita da acqua ferma, profonda, scura, acquisendo così la capacità di materializzare visivamente eventi passati e futuri. Un mondo misterioso cerca di entrare in contatto con noi, poiché il mondo reale è diventato invivibile, mostrandoci che le fluttuazioni, i galleggiamenti e le increspature dell’acqua possono essere anche un rifugio meditativo, un vero sollievo per la mente. Dalla superficie immobile di putridi laghetti artificiali fino all’acqua in ebollizione del porto oppure nelle pozzanghere provvisorie, create da allagamenti inaspettati in un clima in continua trasformazione, mi sembra possa riemergere il senso della nostra spiritualità, insieme allo smarrimento per aver utilizzato la scienza e la tecnologia con l’unico scopo di dominare la Natura, privandola del suo carattere di sacralità, favorendo il dilagare di un’economia perversa basata sull’illusione della crescita illimitata e sulla caotica, sconsiderata distruzione della vita sulla Terra.

Valter Sambucini

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Variazione nel blu, 2021 © Valter Sambucini

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Città sommersa, 2021 © Valter Sambucini

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Visione transitiva, 2021 © Valter Sambucini

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Visite di cortesia, 2021 © Valter Sambucini

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Il ritorno, 2021 © Valter Sambucini

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Una marea possibile, 2021 © Valter Sambucini

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Appena percettibile sullo sfondo, 2019 © Valter Sambucini

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L’acqua che scorre sotto, 2021 © Valter Sambucini

Trasmigrazioni tra anima e corpo, 2021 © Valter Sambucini

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Shaman Series L’artista nella società contemporanea vuole ritrovare il senso del sacro, perché abita in un pianeta mutato, stravolto dalle sue stesse azioni. La natura, oggi, è stata svelata e spesso violentata. Dove c’era il sacro, c’è invece lo svelamento assoluto, la perdita di senso profondo, l’annullamento di quanto c’è di misterioso. Il ‘velo di Iside’ è caduto, guardiamo il mistero della natura dritto in faccia, non temiamo le conseguenze di questo e costringiamo l’intero pianeta ad adattarsi alle nostre esigenze. Con le mie maschere torno alle radici dell’arte contemporanea, guardo a Picasso e Matisse e come loro scavo alla ricerca di un orizzonte di senso profondamente radicato nel cosmo. Così mi avvicino al primitivismo come sguardo incorrotto, come visione che oltrepassa la realtà perché vive nella dimensione del pensiero, ecco che la maschera è l’essere tutto intero. La maschera nasconde tanto quanto rivela, celando svela quindi l’umano e le misteriose forze della natura che lo influenzano, perché siamo anche mistero. I miei ritratti sciamanici come per Matisse e Picasso sono la terza dimensione dell’essere uomo alla ricerca dell’originario. La scelta dei colori audaci è

vicina a Picasso e Matisse ancora una volta, il realismo allontanerebbe la forza sacrale delle immagini che si vestono, invece, di pensiero e immaginazione. Il colore ricopre le mie opere di un’aura sacrale che, celando, allo stesso tempo svela la realtà. Come lo sciamano preserva i segreti della natura così io con la mia arte proteggo la bellezza, la rendo portatrice di senso, la curo, la amo profondamente. I miei ritratti sono carichi di magia, sono un’onda che invade lo spettatore e lo rende partecipe del mistero della bellezza. La tecnica del foto-collage nasce con l’intento di svelare mascherando, poi il colore mescola le forme. L’impatto è quello di un’opera ibrida, grazie a questa natura multiforme, che è essenza di ciò che è stato e di ciò che sarà. In mezzo si nota il divenire che è reso visibile dalla sovrapposizione delle tecniche che uso. Oggi il nostro compito è quello di ritrovare il sacro, solo così salveremo anche l’uomo. La mia è un’arte di denuncia contro un modello di sviluppo insostenibile che sta distruggendo la natura e l’uomo. Quello che stiamo annientando prima di tutto è il nostro pensiero e per pensare bisogna imparare a sentire e poi ad immaginare.

Armando Tinnirello

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Platanus Infructescences, 2018 © Armando Tinnirello

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The Yellow Mask, 2018 © Armando Tinnirello

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Spring, 2017 © Armando Tinnirello

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Meditation, 2017 © Armando Tinnirello

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Summer, 2017 © Armando Tinnirello

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Shaman in the Woods, 2019 © Armando Tinnirello

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Phytolacca decandra, 2018 © Armando Tinnirello

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Mask with Palm leaf, 2019 © Armando Tinnirello

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Transition Mask, 2019 © Armando Tinnirello

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Gli autori

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[ EUGENIO ALAZIO ] Sono nato a Napoli il 26/04/1964. Da lì a breve la mia famiglia decide il trasferimento in lombardia per ragioni di lavoro di mio padre. L’iter scolastico continua sino al conseguimento del diploma di maturità scientifica nel 1983. Proseguo con gli studi universitari di ingegneria e successivamente di economia che poi abbandono definitivamente. Ho iniziato a lavorare come operaio in una sociètà cooperativa ed oggi lavoro come impiegato in un’azienda del comasco. Mi sono interessato di Arte da autodidatta prima di pittura e successivamete di fotografia. www.eugenioalazio.it [ GIOVANNA BERNI ] Sono nata a Firenze nel’71. Dagli 8 anni ai 18 ho seguito studi pomeridiani ad un Atelier Ginette Martenot e lì mi sono formata in pittura, scultura, disegno. Ho proseguito con studi universitari in Architettura e mi sono specializzata in Bioarchitettura nell’ 98, poi Feng Shui. Ho accompagnato sempre con ricerche spirituali. Dal 2003 ho ripreso in mano gli strumenti dell’arte per accompagnare il mio dialogo sull’architettura. Qualche installazione e scultura. Anatomie e paesaggi come studi una tantum. Il mio lavoro artistico è l’espressione di quanto non riesco a dire con l’architettura e soprattutto espressione di domande spirituali sulla vita e sulla natura. Fb/ Ecoartpoints. www.giovannaatelier.wixsite.com/my-site [ ENRICO CHIAPPINI ] Sono nato a Genova nel 1942 dove mi sono laureato in Ingegneria Meccanica. Sono stato professore presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università dell’Aquila fino al 2010 e, attualmente, vivo a Giulianova (TE) insieme a mia moglie Elisabetta, mia compagna da oltre cinquanta anni. Oltre ad interessarmi di musica, cinema e teatro, pratico da tempo attività amatoriale nel campo fotografico con approccio da autodidatta. Già socio del fotoclub L’Aquila 99, sono da oltre 10 anni socio del fotoclub Aternum di Pescara; partecipo a concorsi fotografici nazionali ed internazionali ed ho realizzato alcune mostre personali e collettive. L’architettura contemporanea costituisce il soggetto principale della mia attività fotografica. [ MICHIKO CHIYODA ] Dopo la laurea in una scuola d’arte, ho iniziato a lavorare per un’agenzia pubblicitaria come grafico. Poi sono passato a un produttore di dispositivi ottici. Da allora, creo il mio lavoro sulla base di esperienze e scoperte che si verificano nella mia vita quotidiana personale, credo di essere in grado di raggiungere alcune comprensioni universali. Mi occupo principalmente di storie nel mio lavoro, e ricerco una bellezza impressionante nella stampa, uso vari tipi di carta, in particolare “Washi”, che è una carta tradizionale giapponese. Oltre a varie mostre personali e collettive a livello nazionale, di recente ho iniziato ad avvicinarmi ai mercati esteri per i fotografi con il mio lavoro, che mi ha portato a vincere premi e ad essere collezionato da un museo d’arte.

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[ ELENA FAVA EMERSON ] Sono nata a Milano. Laureata all’Università statale in Lettere Moderne con tesi in Storia delle Dottrine Politiche, mi sono appassionata alla fotografia in bianco e nero d’istinto e frequentando corsi. Mi sono orientata verso le immagini di moda fotografando presso uno studio fotografico a Milano. Mi sono trasferita negli Stati Uniti dove ho studiato alla San Francisco State University e ho continuato gli studi di fotografia e giornalismo a livello universitario scoprendo il foto giornalismo e lavorando per alcuni quotidiani. La mia tecnica fotografica predilige la fotografia analogica, con pellicole a colori, in bianco e nero e diapositive. Per lavoro uso la fotocamera digitale. Tra i miei premi l’Alexia Award. [ PIERRICK GAUMÉ ] Sono cresciuto in Francia e ho studiato design a Parigi. Nel 1994, prima della mia laurea, alcuni miei disegni furono accolti in collezioni private, facendo prevalere l’arte nella mia vita. Negli anni 2000 a Tel-Aviv, dipingevo su miei collage di fotografie e il mio lavoro di art-director contribuì a raffinare la mia tecnica fotografica. Cominciai a scattare le Automorphoses: questi riflessi anamorfici delle città, che coniugano la irrealtà dei miei collage ed il mio sguardo di designer, divennero il mio marchio di fabbrica. Successivamente, insegnando arte applicata, migliorai la mia metodologia. Ormai, le Automorphoses sono il corpus più vasto delle mie opere. Per saperne di più, visitate il sito www.prgaume.com [ MAURO MARLETTO ] Sono nato a Torino, dove vivo e lavoro. Sono un fotografo professionista nel settore Fineart. Il mio interesse per la fotografia nasce prima in Camera oscura, con la stampa e poi con la fotografia vera e propria. Tecnicamente mi sento vicino al modo di pensare dello scultore, il quale quando è davanti al blocco di materiale che deve modellare, sa precisamente cosa uscirà. Lo scalpello e il martello sono i suoi strumenti. Per me come fotografo, il blocco di materiale è rappresentato dallo scatto fotografico, la post produzione è lo strumento che mi permette di arrivare all’anima e all’essenza di ciò che voglio rappresentare. www.mauromarletto.com

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[ MARCO ROSSI ] Sono nato a Piacenza nel 1965, ma vivo a Genova da sempre. Ho cominciato da ragazzino a ritrarre i miei cari e la mia città con la Kodak Retinette IIB di mio padre, una macchina manuale con cui ho potuto apprendere la tecnica fotografica e sviluppare una passione che mi ha accompagnato lungo tutta la mia esistenza. Faccio altro per guadagnarmi da vivere, ma sempre più spesso rubo del tempo al mio lavoro per dedicarmi alla ricerca delle immagini. Durante la “caccia” all’immagine perfetta posso davvero astrarmi per ore, perdendomi nel tempo, ignorando completamente il freddo, il caldo, il dolore e il disagio, raggiungendo uno stato mentale paragonabile ad una vera e propria catarsi. www.marcorossimusic.it [ VALTER SAMBUCINI ] Sono nato e vivo a Roma. Da ragazzo ho lavorato su foto di cronaca per reportage giornalistici. Negli anni ‘70 mi sono occupato delle emergenti tecnologie multimediali, poi la laurea in ingegneria elettronica mi ha aperto la strada a numerose esperienze lavorative, anche applicate all’ambiente, come le metodologie di telerilevamento ed utilizzo di immagini satellitari ed aeree. In questi ultimi anni mi sto occupando prevalentemente di ricerche nel campo dell’arte, seguendo personali indagini su tematiche socio/ambientali e collaborando con scrittori e giornalisti. Il mio ultimo reportage fotografico è inserito nel libro Città reali, città immaginarie scritto da Carla Guidi (Robin 2019). www.valtersambucini.it [ ARMANDO TINNIRELLO ] Dal 1990 vivo a Milano, ho studiato arte all’Istituto statale d’Arte di Catania. Nel 1969 ottengo il diploma di Maestro D’Arte e nel 1973 quello di Arte Applicata, in questo biennio di formazione sperimentale approfondisco gli studi di pittura, fotografia e serigrafia. Inizia così il mio amore per l’arte sperimentando come Man Ray in camera oscura, affascinato dai suoi famosi “Rayogrammi” e dalla solarizazione. Mentre per realizzare la serigrafia uso Pellicole piane Kodak per arti grafiche. Dal 2017 partecipo al Milano PhotoFestival con la “Shaman Series”, ispirandomi alla natura e allo Sciamanesimo creando maschere tribali. Nel 2021 sono stato finalista per il “Mobile Photo of the Year”.

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ShotsToTell

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ShotsToTell è la collana di libri fotografici ideata per pubblicare parte dei progetti più interessanti realizzati in giro per il mondo. La filosofia che sta alla base dell’idea è quella di aggiungere alle immagini un testo per raccontare al pubblico l’esperienza dell’autore vissuta durante lo sviluppo del progetto. Sono straordinari strumenti promozionali per autori di talento che vogliono raccontare qualcosa di diverso in modo originale. Possono rappresentare la prima esperienza editoriale per chi aspira a realizzare, in futuro, il proprio libro fotografico. Oppure un momento di confronto per stabilire se un progetto può ottenere successo anche al di fuori di uno spazio espositivo, gratificando ulteriormente l’artista e aumentando l’autorevolezza dell’attività professionale. Un’eccellente occasione per testare un progetto e se necessario intervenire per apportare le adeguate modifiche. I libri fotografici di questa collana sono apprezzati non solo per l’intenso impegno curatoriale dedicato per realizzarli, ma soprattutto per l’elevato standard qualitativo di stampa che li rende prodotti editoriali di notevole prestigio. L’ideatore e curatore della collana ShotsToTell è il fotografo Mino Di Vita

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REALIZZATO DA:

info@photoprojectpro.com www.photoprojectpro.com Milano

EDITO DA:

REALIZZAZIONE GRAFICA:

Margherita Moretti © 2022 PHOTO PROJECT PRO. Tutti i diritti riservati. Per i testi © gli autori. Per le fotografie © gli autori. Gli autori sono i proprietari dei relativi diritti. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro mezzo senza il previo consenso scritto di Photo Project Pro. Finito di stampare, aprile 2022


Mino Di Vita ha studiato scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e successivamente si è laureato in Lettere e Filosofia all’università degli studi di Bologna. Dalla metà degli anni Ottanta ha fotografato la società nei suoi diversi aspetti fino a concentrare il suo interesse sulle connessioni tra l’uomo e i luoghi a cui è legato, indagando le atmosfere che ne derivano in conseguenza al trascorrere del tempo. Ha realizzato progetti di ricerca su Milano, New York, Tokyo, L’Avana e altre metropoli nel mondo, le sue opere sono esposte in gallerie, istituzioni e musei internazionali oltre a far parte di importanti collezioni private e pubbliche. È autore di libri fotografici e affianca alla sua personale ricerca artistica un percorso di sperimentazione curatoriale attraverso il progetto Photo Project Pro. Vive a Milano e lavora tra Milano e Tokyo.



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