Pantheon 111, Sboarina: «Rinasceremo, insieme»

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PREZZO €3,50 COPIA GRATUITA

EDIZIONE GIUGNO 2020

ANNO 12 - NUMERO 5

NUMERO CENTOUNDICI

PANTHEON

IL NOSTRO REPORTAGE

della Fase 2

TRA FOCOLAI DI SOLITUDINE E SPERANZA

L’ERA DELLA MOBILITÀ DOLCE

Viaggio dentro le RSA

Dal bonus bici in poi

FEDERICO SBOARINA

«RINASCEREMO, INSIEME» Mesi duri dove la fascia tricolore «pesava come fosse di ghisa». Il sindaco di Verona racconta in esclusiva la guerra che è stata e la ripartenza di cui ha bisogno la città 1


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GIUGNO 2020

DI MATTEO

SCOLARI

EDITORIALE

Mentre sto per scrivere le prime righe di questo nuovo editoriale, mi imbatto in una dichiarazione del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, il quale, in occasione della lettura della relazione annuale 2019, ha parlato senza mezzi termini di «crisi epocale, senza precedenti nella storia recente» con un PIL italiano che nello scenario più pessimistico può crollare nel 2020 del 13%, percentuale condizionata fortemente dalla crisi del comparto turistico, che da solo incide per il 5% del Prodotto interno lordo.

il colpo di grazia al Sistema Italia. «Le ingiustizie e i profondi effetti distorsivi che derivano da evasione e sommerso si riverberano sulla capacità di crescere e di innovare delle imprese e pesano sulla testa di quanti, invece, in modo ormai insostenibile, rispettano le regole». Serve, quindi, - e sono pienamente d’accordo con il governatore - «un profondo ripensamento della struttura della tassazione, che tenga conto del rinnovamento di sistema di protezione sociale che deve porsi l’obiettivo di ricomporre il carico fiscale a beneficio dei fattori produttivi».

Sono numeri, percentuali appunto, già segnalati da altri osservatori istituzionali e oggi confermati dall’autorevole scranna di Bankitalia. Nulla di nuovo, dunque. Solo consapevolezza che si stanno affacciando all’orizzonte (e in alcuni casi c’è già stata contaminazione) tempi bui.

È quello che chiedono a gran voce, in alcuni casi con disperazione, le decine di imprenditori che nelle scorse settimane e negli scorsi mesi, anche durante il lockdown, abbiamo intervistato e che si trovano in difficoltà; lo chiedono i commercianti, gli esercenti, gli artigiani, in generale gli operatori economici in ginocchio a causa della pandemia; lo chiedono gli amministratori locali, impegnati a coprire un letto con una coperta sempre più corta, in alcuni casi più che dimezzata.

Visco, che non mette in discussione la sostenibilità del debito pubblico nazionale, sottolinea la manovra senza precedenti, «forte e immediata», della Banca Centrale Europea per far fronte all’emergenza e promuove l’azione del governo italiano, definendola «appropriata perché allineata alle medesime priorità che hanno guidato gli interventi a livello internazionale».

L’economia nazionale, guidata da scelte politiche audaci, forti, coraggiose, deve trovare la forza di rompere le inerzie e le abitudini del passato e recuperare una capacità di crescita e di innovazione che ora è vitale, non necessaria, e che si è da troppo tempo annacquata.

Ciò che colpisce di più, proprio perché pronunciato dal presidente della banca centrale della Repubblica Italiana, è l’invito, oggi più che mai, di un «nuovo rapporto» tra Governo, imprese dell’economia reale e della finanza, istituzioni, società civile dando vita a «un confronto ordinato e a un dialogo costruttivo». Un appello non certo sterile o di circostanza perché fa riferimento a un chiaro ripensamento del sistema di tassazione, in generale del fisco e della burocrazia che, se in tempi di “normalità”, conviveva a fatica con il sommerso, oggi rischia di dare

«CON LA RIPRESA MORALE E CIVILE COINCIDE ANCHE QUELLA ECONOMICA DI CUI C'È BISOGNO»

matteo.scolari@veronanetwork.it @ScolariMatteo

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REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI VERONA N.1792 DEL 5/4/2008 - NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 29/5/2020

Indice 6 10

IN COPERTINA

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LA BELLA VERONA SECONDO

VERONA CHI SEI STATA?

61

IL FIORE

IL TEMPO RECUPERATO

62

PILLOLE

DENTRO LE RSA

63

STORIE DI STORIA

L’EREDITÀ PSICOLOGICA DEL LOCKDOWN

64

LA FASE 2 SECONDO

70

LE SCUOLE GUIDA

72

LE ADOZIONI INTERNAZIONALI

74

SBOARINA, I MESI DEL BUIO E ORA LA LUCE IL NOSTRO REPORTAGE FOTOGRAFICO DI QUESTI MESI

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DUE SCRITTORI SCALIGERI RACCONTANO LA LORO QUARANTENA

20

COSA HA VOLUTO DIRE LA PANDEMIA PER GLI ANZIANI

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SALMON MAGAZINE

TRA DISTURBI DEL SONNO E ZOOM FATIGUE

UNA BAMBINA, UNA NEOMAMMA, UN NONNO E UN PAPÀ

E LA RIPARTENZA IN SALITA

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E LO STOP FORZATO A SPOSTAMENTI E SENTIMENTI

48

CHI SONO I VINCITORI 2020

PREMIO VERONA NETWORK

75

56

L’ERA DELLA MOBILITÀ DOLCE

80

DAL BONUS BICI IN POI

REDAZIONE E COLLABORATORI

speciale

ERRORI O SEGNALAZIONI: WHATSAPP 320 9346052 - REDAZIONE@VERONANETWORK.IT

DELL'ARTE

DI MAMMA

ALTRO CHE

TERZA ETÀ CHE ARIA TIRA

NEL FUTURO

RUBRICA PET

BELLEZZA

AL NATURALE IN CUCINA

CON NICOLE

L'OROSCOPO

ALLA NOSTRA MANIERA

PANTHEON SPETTACOLI & EVENTI

DIRETTORE RESPONSABILE MATTEO SCOLARI DIREZIONE EDITORIALE MIRYAM SCANDOLA REDAZIONE MATTEO SCOLARI, MIRYAM SCANDOLA, GIORGIA PRETI, ALESSANDRO BONFANTE, SAMANTHA DE BORTOLI, CAMILLA FACCINI HANNO COLLABORATO AL NUMERO DI GIUGNO 2020 SARA AVESANI, CARLO BATTISTELLA, MATTEO BELLAMOLI, MARTA BICEGO, CHIARA BONI, CLAUDIA BUCCOLA, DANIELA CAVALLO, EMILIANO GALATI, IMPACTSCOOL, MATTEO LERCO, SALMON MAGAZINE, MARCO MENINI, LORIS MIRANDOLA, ANDREA NALE, DAVIDE PERETTI, ERIKA PRANDI, NICOLE SCEVAROLI, ALESSANDRA SCOLARI, INGRID SOMMACAMPAGNA, TOMMASO STANIZZI, GIOVANNA TONDINI, GIULIA ZAMPIERI, SIMONE ZAMPIERI, MARCO ZANONI. PROGETTO GRAFICO ED EDITORIALE SPECIALE SPETTACOLI EMILY BUBBIO, SAMANTHA DE BORTOLI FOTO DI COPERTINA ANGELO SARTORI ILLUSTRAZIONI PAOLA SPOLON SOCIETÀ EDITRICE INFOVAL S.R.L. REDAZIONE VIA TORRICELLI, 37 (ZAI-VERONA) - P.IVA: 03755460239 - TEL. 045.8650746 - FAX. 045.8762601 MAIL: REDAZIONE@VERONANETWORK.IT - WEB: WWW.VERONANETWORK.IT FACEBOOK: /PANTHEONVERONANETWORK - TWITTER: @PANTHEONVERONA - INSTAGRAM: PANTHEONMAGAZINE UFFICIO COMMERCIALE: 045 8650746

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IN COPERTINA FEDERICO SBOARINA

«LA CITTÀ NON HA BISOGNO DI SOLISTI O STRUMENTALIZZATORI» Il primo cittadino di Verona, alla pari di molti altri colleghi sindaci in Italia, richiama all’unitarietà di intenti, alla condivisione delle conoscenze e delle esperienze per far ripartire le città dopo una vera e propria guerra sanitaria che sta avendo e avrà forti ripercussioni anche dal punto di vista economico.

«Q

uando il mare è calmo – diceva Publilio Siro - ognuno può far da timoniere». Ora che gli oceani di tutto il mondo sono agitatissimi in seguito alla pandemia da Coronavirus, anche gli amministratori locali fanno appello ad una unitarietà di intenti per traghettare le proprie navi fuori dalla tempesta. È così anche per il sindaco del Comune di Verona, Federico Sboarina che, come molti suoi colleghi, si è trovato a gestire una situazione imprevista, imprevedibile, dolorosa e del tutto eccezionale. Abbiamo raccolto le sue sensazioni, provando ad immedesimarci in un ruolo di responsabilità accentuato esponenzialmente dall’emergenza. Sindaco, partiamo innanzitutto dall’aspetto più importante, quello sanitario. Come sta la nostra città? Verona, dal punto di vista sanitario, sta sicuramente molto meglio rispetto a due mesi fa.

Ricordo che eravamo partiti all’inizio molto lentamente. I primi due contagi sono stati nei primi giorni di marzo ed eravamo la città della provincia meno contagiata di tutto il Veneto. Poi, dopo il weekend del 7 e dell’8 marzo, sono esplosi i contagi e, ahimè, abbiamo scalato la classifica e siamo andati davanti a tutti per numero di contagi, di decessi e di terapie intensive. Qual è stata la fase più critica? Quel mese fra la metà di marzo e la metà di aprile in cui la parola d'ordine era “restare in casa per lasciare fuori il virus”. Oggi la parola d'ordine, fortunatamente, è “ritorniamo a fare tutto” però con responsabilità e con buon senso, cercando di mantenere le distanze, evitando gli assembramenti, usando la mascherina e tutte quelle precauzioni che in una fase come questa, dove l’attenzione deve rimanere alta, ci preservano da eventuali ricadute e 6

Il sindaco di Verona lo scorso 21 Maggio

DI MATTEO SCOLARI


scongiurano un aumento ulteriore della linea di contagio. Immaginiamo che tutto avrebbe pensato alla vigilia della sua candidatura a sindaco, ma non certo a una situazione del genere. Devo ammettere che mai avrei pensato – perché nessuno mai lo avrebbe pensato –, dalla sera alla mattina, di entrare in guerra. Perché è chiaro che questa è una guerra, subdola, che sta continuando. Adesso è ancora più dura perché si rischia anche di dimenticare tutto quello che abbiamo passato in poche settimane. La guerra che conosciamo lascia le macerie, che sono un monito, il virus non lo vedi, e ti illude in fretta che tutto sia finito e che tutto sia tornato come prima. Invece abbiamo problemi sociali ed economici, l'amministrazione è in grave difficoltà come tutti i comuni d'Italia, le categorie economiche sono in difficoltà – i bar, i ristoranti, gli alberghi, il turismo, Fondazione Arena, la Fiera... Dal punto di vista personale, quali sono stati i momenti più difficili? Il 31 marzo, quando in una Bra deserta risuonava struggente il Silenzio per le vittime del Coronavirus, e l’arrivo delle salme da Bergamo. Questa triste vicenda si è unita anche a una situazione personale: ai primi di marzo ho portato la famiglia, mia moglie Alessandra e i nostri bimbi, dai nonni assieme a una zia perché così potevo dedicarmi in toto all’emergenza. Li ho rivisti dopo due mesi: tenete conto che proprio il 31 marzo era il compleanno di Jacopo (il primo figlio del sindaco, ndr) io quel giorno ero già triste perché non riuscivo a festeggiare il compleanno di mio figlio e poi c’è stato anche quel momento che è stato uno dei tanti pugni nello stomaco che mi sono arrivati, dal punto di vista emotivo, in queste settimane. Bergamo? È stato molto pesante. Quando ti ritrovi a vedere una colonna di militari che trasporta delle bare che provengono da un'altra città perché non c'è spazio per loro per essere sepolti o per essere cremati, quando ti arriva nello stesso giorno la comunicazione di un familiare che ti chiede se la bara numero 52 era arrivata a Verona perché non sapeva neanche dove il suo caro era stato portato, quando vivi in prima persona una situazione di questo tipo, vi assicuro che l'emotività e la difficoltà diventano veramente quasi insostenibili. E c’era anche da amministrare una città… Sì, e ho dovuto prendere provvedimenti urgenti e restrittivi che a mio avviso sono stati fondamentali in quella fase peggiore di marzo. Cosa pensava in quei momenti? Agli enormi sacrifici a cui erano sottoposti 257 mila veronesi. Persone che erano costrette in

casa, con tutte le loro difficoltà, gli anziani da soli, le famiglie coi bambini, i ragazzi che sono stati bravissimi e che non potevano fare quello che normalmente fanno, gente che perdeva il posto di lavoro. In quei momenti pensi a queste storie e ancora adesso mi arrivano, telefonate, messaggi sui social e in posta privata, commenti, email e quant'altro. Pensi e senti la responsabilità di dover dare una risposta a tutti, devi trovare una soluzione per ogni cosa. Ed è riuscito ad affrontare queste responsabilità? Devo dire che più mi addentravo in queste difficoltà e più la mia determinazione cresceva: proprio in situazioni come queste, in cui è giusto essere emotivamente colpito, perché significa che sei umano, devi andare avanti e devi prendere anche delle decisioni difficili, che magari i cittadini fanno fatica ad accettare, ma sei conscio che lo stai facendo per il bene della tua comunità, e quindi vai avanti a velocità doppia. A tal proposito, hanno fatto scalpore le immagini di Piazza Erbe affollata di gente e lasciata in disordine. Il provvedimento che ha preso, di vietare il consumo di alcolici in piedi fino al 2 giugno ha sollevato molte polemiche perché colpisce tutti i locali indistintamente. È convinto di questa sua decisione? In tutta Italia, non solo a Verona, si sono create queste situazioni e i sindaci, che sono chiamati a tutelare la salute di tutti, hanno preso dei provvedimenti restrittivi. Addirittura, in alcune città è stata imposta la chiusura dei locali, o la chiusura ad un orario anticipato. Avrei potuto allinearmi ai colleghi e non l’ho fatto per non gravare ulteriormente sulle attività, già duramente colpite. 7

Il sindaco accoglie i convogli militari con le bare da Bergamo


rico-sinfoniche, che oggi più che mai, in seguito alla pandemia, diventa veramente complicato da garantire. Come dicevo, i nostri parlamentari si sono già attivati per darci una mano, perché Fondazione Arena è uno degli asset principali della città, pilastro della nostra economia, dà da lavorare a centinaia di persone creando un indotto che abbiamo quantificato in circa 600 milioni di euro. Dobbiamo trovare una soluzione, quest’anno abbiamo già perso Vinitaly, un altro asset principale. È chiaro che la città è in ginocchio e non sappiamo se a settembre le Fiere potranno ripartire.

Il sindaco insieme ai parlamentari veronesi

Ricordo piuttosto che stiamo andando incontro agli esercizi commerciali allargando – come mai è stato fatto – i plateatici, proprio per dare la possibilità di consumare stando seduti, mantenendo le distanze e senza avere problemi di nessun tipo. L'allargamento dei plateatici e il provvedimento restrittivo che ho adottato dopo quella notte in Piazza Erbe vanno in quella direzione: non si impedisce agli esercenti di lavorare né ai ragazzi di divertirsi, si chiede soltanto di sparpagliarsi in centro, di far lavorare tutti gli esercizi commerciali e di sedersi nei plateatici che oggi ci sono non solo in centro, ma anche nei quartieri. Su quello non c'è non c'è nessun divieto. Parlavamo prima di ricostruzione e di ripartenza. Tocchiamo alcuni punti nevralgici dell’economia scaligera e partiamo dalla stagione areniana rimandata e dalla recente manifestazione con i parlamentari veronesi per chiedere la deroga per i posti all’interno dell’anfiteatro… I 18 parlamentari veronesi, che ringrazio, hanno chiesto assieme a noi che Fondazione Arena non venga lasciata sola. I tremila spettatori richiesti, rispetto ai mille consentiti dal DCPM, sono imprescindibili per una tenuta economica della proposta alternativa di agosto con palco centrale, “Nel cuore della musica”. Ricordo che, in tempi normali, il nostro modello di business è tarato sulle 13500 persone, che è la capienza dell’Arena. Una richiesta anche per il futuro? Vorremmo che Fondazione Arena fosse trattata in modo diverso perché è diversa da tutte le altre fondazioni lirico-sinfoniche. È un patrimonio nazionale, ha ricavi dalla vendita biglietti a bilancio per 27 milioni e anche questo costituisce un unicum. Nessun'altra fondazione ha un impatto così importante sul bilancio complessivo, siamo il più grande teatro all'aperto al mondo e meriteremmo più attenzione dalle istituzioni centrali. Sulla Fondazione sembra piovere sul bagnato… In Italia si va in deroga praticamente su tutto, l’unica cosa che sembra non poter andare in deroga è il pareggio di bilancio delle fondazioni li8

Agsm, il 20 maggio arriva un comunicato congiunto con AIM con una richiesta di “partecipazione” ad altri operatori per una sorta di indagine di mercato. Questa nota ha spiazzato molte persone, perché sappiamo che da una parte c’è la richiesta di gara pubblica, dall’altra sembrerebbe esserci la volontà dell’amministrazione di portare avanti un progetto consolidato tra le due municipalizzate venete e AIM… Non è così. Per mesi tante persone hanno parlato senza avere letto le carte e senza conoscere i fatti. AGSM è rimasta spesso in silenzio perché, trattandosi di accordi riservati e di strategie industriali ai massimi livelli, c’erano dei dettagli secretati. Il percorso, come ha ribadito il presidente Finocchiaro nei giorni scorsi, non è del 20 maggio, era già stato delineato nel term sheet firmato a dicembre, cioè che si partisse con la predisposizione di un progetto preliminare con A2A perché gli advisor avevano rilevato che tra le cinque principali aziende a livello nazionale avesse le caratteristiche di cui Agsm e AIM avevano bisogno, ma già nel term sheet di dicembre si era stabilito che il criterio dell’infungibilità dovesse essere verificato. È partita un’indagine comparativa sia con chi aveva già manifestato il proprio interesse, Hera, Alperia e Dolomiti Energia, e sia con chi quell’interesse non lo aveva dimostrato, Iren. Cosa succederà secondo lei? Non so se il partner industriale sarà A2A o se arriveranno delle proposte migliori o migliorative da altri operatori, dico solo che l'aggregazione – e faccio mie le parole dei lavoratori – non è più un'opzione, ma una necessità. La seconda cosa che dico è che il mandato che è stato dato al presidente Finocchiaro prevede, dal mio punto di vista, tre obiettivi: la garanzia dei posti di lavoro, il mantenimento dell'identità territoriale e il radicamento sul territorio Il rafforzamento dell’azienda non è più rimandabile. Ci si deve confrontare un mercato che è sempre più aggressivo. E chi sostiene che ci doveva essere un dibattito pubblico sull’aggregazione? Il dibattito pubblico è iniziato quando poteva ini-


ziare, io ho visto le carte ai primi di maggio e dal giorno successivo sono partiti tutti gli incontri con le stesse carte che ho visto io, con consiglieri di maggioranza, consiglieri di minoranza, categorie economiche, parlamentari, consiglieri regionali. Ora l’obiettivo è condividere e studiare i documenti, evitando chiacchiere o fake news come quella del rischio di perdita di 300 posti di lavoro circolata a dicembre, sapendo il peso specifico che ha per noi Agsm, e poi il consiglio comunale si esprimerà in merito. Il 13 marzo scorso è stato chiuso anche l’aeroporto Catullo, che rimane tuttora chiuso. Sembra che non sia arrivata al Ministero la richiesta di riapertura e le principali accuse sono ricadute su Save. Non c’erano le condizioni per riaprire, come è successo in altre città? Attorno al 13 maggio, quando è stato riaperto l’aeroporto di Milano, è uscito un comunicato stampa in cui si far riferimento a un’apertura imposta dal ministero su Orio al Serio, a Bergamo, quando la società che gestisce lo scalo avrebbe tenuto volentieri chiuso. Un aeroporto ha costi esorbitanti, il problema non è riaprire o non riaprire, è se le compagnie volano meno. Ora, ci sono aeroporti che hanno riaperto e hanno avuto dei costi importanti, con un volo al giorno. Significa che hanno iniziato ad avere perdite pazzesche. Fino al 3 giugno, con l’eventuale riapertura delle frontiere, non avrebbe senso riaprire il Catullo. Alla luce anche delle difficoltà che i Comuni stanno registrando, sono a rischio alcune opere strategiche annunciate dalla vostra amministrazione? Parliamo di Central Park, di riqualificazione del casello di Verona Sud… Il casello di Verona Sud lo deve fare l’A4 e lo farà l’A4. Central Park è una questione di cui stiamo parlando con le Ferrovie e stiamo cercando comunque di trovare delle soluzioni per andare avanti nonostante i rallentamenti dovuti all’emergenza. Quello che veramente viene messo a rischio dalla crisi post Coronavirus sono i servizi essenziali. Con alcuni sindaci stiamo discutendo se in alcuni casi è auspicabile rinunciare all’illuminazione pubblica, siamo in queste condizioni qua. Quelli che sono a rischio sono i servizi per i più deboli, sono i servizi essenziali per tutti, quello dell’illuminazione pubblica è emblematico e lo portiamo come esempio eclatante. Se non avremo più risorse, saremo costretti a spegnere i lampioni, di questo stiamo parlando. Esiste il famoso tesoretto di 35 milioni derivante dall’avanzo di amministrazione del 2019? In questo momento, a causa dell’emergenza Covid-19, il Comune risente di una perdita di 50 milioni. È vero che c'è ma partendo da meno 50 chiaro che dobbiamo ragionare di fare dei tagli per 15 milioni e non per 50, grazie a que-

sto avanzo, per l’equilibrio di bilancio. Se il Governo non ci permette di fare debito, la strada è questa. Immaginiamo cosa significherebbe tagliare servizi per 50 milioni… Lei ha già superato il giro di boa, i due anni e mezzo di amministrazione. L’intensa esperienza di questi mesi le ha dato più forza, le ha dato qualche pensiero in più? Al termine del mandato che tipo di riflessioni farà? Le riflessioni le farò al termine del mandato. Oggi, oltre che rispettare le regole, c'è una città da ricostruire, dal punto di vista sociale e amministrativo. È molto più difficile questa seconda fase che non quella che abbiamo passato nelle settimane scorse. Io mi sono chiuso qua a Palazzo Barbieri per due mesi, avevo le camicie in ufficio, sono fatto così, sono testardo, fino a che non risolvo un problema non mi muovo. Più arrivano i problemi e più aumenta la mia determinazione. Quanto sente la responsabilità di essere sindaco? La responsabilità di essere sindaco, a maggior ragione in un contesto come questo, è tanta. Se ho sempre detto che la fascia tricolore ha un peso importante quando la porti perché ti senti responsabile di migliaia di persone, oggi quella fascia è come se fosse fatta di ghisa, è pesantissima, però la porto ancora con maggior orgoglio perché so che la città ha bisogno di risposte, ha bisogno di andare avanti, ha bisogno di ripartire e ha bisogno che il sindaco, l'amministrazione, la stampa, le categorie – ecco perché anche la recente iniziativa della Carta dei Valori è importante – siano vicini, compatti. La città oggi non ha bisogno né di solisti né di strumentalizzatori perché la gente ha bisogno di risposte, che si possono dare semplicemente insieme, ognuno con il proprio ruolo, andando tutti nella stessa direzione. C'è qualche ringraziamento che si sente di fare? Innanzitutto, ringrazio i veronesi perché, se abbiamo superato quei mesi di marzo di aprile, è anche perché c'è stato un comportamento veramente incredibile da parte loro. Poi gli infermieri, i medici, i farmacisti, gli operatori sanitari, i commessi e le commesse dei supermercati, la Protezione Civile, le migliaia di volontari che hanno donato nelle varie raccolte fondi per dare una mano agli ospedali e alla sanità. C'è veramente una marea di persone, sia come semplici cittadini e sia poi ognuno nel ruolo istituzionale che doveva ricoprire in quel momento, a cui dire semplicemente un grandissimo grazie perché abbiamo dimostrato, stando qua, guardando fuori quel silenzio di cui parlavo prima, qual è il senso profondo di essere comunità ■ 9


REPORTAGE DI QUELLO CHE CI È SUCCESSO

DAL SILENZIO ALLA (QUASI) LUCE Foto di LORIS MIRANDOLA | Testi di MIRYAM SCANDOLA Era fine febbraio, un attimo fa. Poi i primi casi a Verona sul principio di marzo e la prossimità del pericolo, vicino, adiacente ormai nuova metrica delle nostre vite. I parchi giochi chiusi, le panchine abbracciate dai divieti, le autocertificazioni sempre stravolte e i nostri giorni ritmati dall’attesa di una fine o, almeno, della promessa di un dopo. Archiviati i droni militari del weekend pasquale, siamo tornati, timidi (non tutti), a uscire, prima nei 200 metri, poi nelle vicinanze di casa e, infine, pure a recuperare boschi e distanze in Lessinia o sul Baldo. Dagli arcobaleni di Andrà tutto bene si è passati alle fiaccolate dei negozianti, tra le mani i cartelli che invertivano il refrain ottimista di cui ci siamo fidati. Non andrà tutto bene si legge sui cartelli delle botteghe chiuse, dei bar, dei ristoranti che si reinventano l’asporto. Per primi i librai, ad aprile. Una riapertura simbolica, serve ricordare a tutti la speranza. Poi le settimane di promesse, richieste, disperazioni e bonus per gli autonomi. C’è Cesare che non vede l’ora di mettere le mani sulle sue spazzole, di occuparsi della bellezza nel suo salone di acconciature.

Non è arrabbiato, sono i giorni dopo il 4 maggio: tutti i parrucchieri e gli estetisti si sono visti rimandare a giugno, ma lui non si lascia prendere dall’epidemia della polemica «sarà una nuova sfida» dice con il sorriso. «Praticamente 30 anni di storia della mia osteria sono stati buttati nel cestino, devo aprire un locale nuovo» fa eco Marco, invece, sfinito, nell’incertezza dei protocolli di sicurezza quando si teme ancora lo spettro dei tavoli distanziati di quattro metri. E poi Valentina, riassunto di tutte le mamme freelance divise tra la didattica online dei figli e il lavoro che dovrebbero svolgere. Rimane l’incognita della scuola, del turismo, degli spettacoli. Oggi, in questa fine maggio un po’ riconsegnata a se stessa, le mascherine spesso coprono male il naso, gli aperitivi sono molti e non sempre sparpagliati, si perpetuano le gogne sui social ma anche le conversazioni dolci per le strade, non più gridate dai balconi. Rimane il dolore intero di chi ha perso qualcuno e, in questa prima luce, perdura sempre il silenzio dei più dimenticati, quelli che il Covid l’hanno avuto e ora devono affrettarsi a ricominciare. ■

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LE PAROLE DELLA RINASCITA

DUE SCRITTORI E LE LORO CRONACHE La letteratura è una difesa dalle offese della vita. Abbiamo chiesto a due scrittori veronesi di scrivere per noi, di tratteggiarci le solitudini forzate vissute. Quello che il silenzio ha loro tolto e insegnato.

CI SI SALVA DA SOLI (DI NUOVO),

DI ALBERTO FEZZI, SCRITTORE Ci si salva da soli. L’ho sempre pensato, in tante situazioni della vita: nel lavoro, in amore, durante i periodi complicati in generale. Quando si soffre, bisogna arrangiarsi. Si salva solo chi sa ritirarsi dentro di sé, senza trovarsi di fronte a una voragine. Nessun altro ti può dare quella forza, neanche le persone più vicine, ci sei tu e tu. È così, per tutta la vita. Ebbene, durante questa pandemia, ne ho avuto la conferma. Quando ci siamo accorti che Roberto Burioni non sarebbe arrivato nel nostro salotto di casa ad auscultarci con uno stetoscopio e a prescriverci una ricetta miracolosa; quando ci siamo accorti che la classe politica avrebbe tendenzialmente scaricato su di noi la responsabilità di uscirne (NON ABBASSARE LA GUARDIA!); quando ci siamo accorti che la Protezione Civile, alla conferenza stampa delle 18, avrebbe estratto i numeri del Lotto; quando ci siamo accorti che alcuni giornalisti, a prescindere da qualsiasi forma di analisi lucida e ragionata, avrebbero goduto nel terrorizzarci; quando ci siamo accorti che

il grande amore non sarebbe arrivato né ritornato durante la quarantena (e sappiate che io non ci credo a quei due che si sono innamorati dai balconi e al loro rapporto fondato sulle tabelle millesimali e l’astinenza); quando ci siamo accorti che dalla Cina ci avrebbero rifilato una sòla che definire mondiale non è un’iperbole, maledetti zozzoni che si mangiano gli armadilli crudi; quando ci siamo accorti che pure il lievito per fare il pane in casa sarebbe finito; e insomma, quando ci siamo accorti che sarebbe stata lunga, incerta e faticosa, siamo rimasti da soli con noi stessi e solo quelli che già lo sapevano fare hanno retto bene. Gli inquieti, invece, sono stati quelli che hanno più violato la quarantena, persi, nelle città deserte, alla ricerca di qualcosa che non avrebbero mai trovato fuori da sé stessi, figuriamoci durante una pandemia. P.s. Io comunque, a dispetto di tutto quello che ho appena scritto, il grande amore l’ho trovato: si chiama Netflix.

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PRIMA DEL BUIO

DI CORRADO PASSI, SCRITTORE VERONESE TRAPIANTATO IN SUDAFRICA Scoprire il silenzio, senza preavviso, è innaturale. Oggi, ascolti il silenzio come faresti con le parole, sapendo che ti sta dicendo qualcosa di nuovo, inatteso. Cape Town giace sotto il cielo ardente di un tramonto autunnale e tu l'ascolti, e ti chiedi se davvero è cambiata, la città, e con essa la sua gente, i suoi sorrisi; se un'epidemia possa trasfigurare il volto di chi abita la Mother City, allontanando l'abbraccio di una Montagna che accoglie tutti i viandanti del mondo. Non puoi vedere, ora, i sorrisi delle persone, nè la potenza dell'oceano che assalta la strada costiera, la sera, mentre la foschia fa tremare la luce sulla baia. Sono stati, i primi cinquantasette giorni di isolamento, un infinito piano-sequenza. Questa distanza dalla gente diviene, a poco a poco, una cifra incalcolabile, una misura paradossale: siamo, ora, così lontani e così vicini gli uni agli altri, e tutti in perenne ascolto. Un Sudafrica unito, compatto. Qui, di fronte all'Antartide, il silenzio ti ha sempre accompagnato annullando il resto. È silenzio di vento e di nuvole a rincorrersi, di roccia e di deserto; della Natura che domina downtown e le autostrade. Lo ascolti, e non è mai immobile, mai inerte. «Mi intristisce, pensare alle strade vuote», mi sussurra Daisy. «Vuote di persone, intendo dire», e la sua postilla finale sembra un respiro. Guardano il cielo, lei e i suoi occhi profondi, e provo anch'io a immaginare la città di Bouganvillea e Jacaranda in fiore che, pochi mesi fa, accompagnavano la nostra discesa in automobile lungo Kloof Nek. Ci azzeravano, quei colori, e noi si scompariva, per un attimo, così come accade oggi per questa malattia arrivata all'improvviso fin qui, dove la terra australe disegna la sua fine. Da queste parti, non esisti davvero, nè vali più di questi refoli di vento che ti parlano in silenzio. Non si è mai come prima, qui a Cape Town. Si rinasce, ogni giorno, mentre il cielo, venato di rosa, si appoggia sulla terra scura.

Foto di Loris Mirandola 17


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RIGENERARE I DISCHI VERTEBRALI, MITO O REALTÀ?

Dott. S. Rigotti Specialista in Ortopedia e Traumatologia La degenerazione del tessuto cartilagineo discale è una delle principali cause di lombalgia, che colpisce sempre più di frequente la popolazione; ma la così detta “lombalgia” al giorno d’oggi è una diagnosi piuttosto vaga ed approssimativa. Infatti le strutture anatomiche che posso essere causa di dolore sono molteplici: dalla ben nota ernia discale alle meno note sindromi delle faccette articolari, oppure alle più recenti discopatie. Per poter eseguire delle diagnosi sempre più specifiche e mirate esistono delle metodiche radiologiche sempre più precise. Con gli esami di risonanza magnetica è possibile valutare il grado di degenerazione del tessuto cartilagineo discale, che a causa di sforzi continui e ripetuti nel tempo va via via riassorbendosi, cioè perde progressivamente la sua componente liquida che gli conferisce la tipica caratteristica di elasticità, necessaria per la sua funzione di ammortizzatore.

Per anni la discopatia di grado iniziale è stata trattata con ginnastica posturale in palestra e terapie fisiche, tutte metodiche più che valide e collaudate, ma che non sempre permettono la risoluzione totale della sintomatologia e la guarigione della cartilagine rovinata; con l’andare del tempo la discopatia progredisce fino a dover diventare di pertinenza chirurgica, con soluzioni più o meno invasive che mirano alla fusione del disco intervertebrale. Negli ultimi anni il mondo ortopedico ha eseguita una forte “virata” verso la biologia cellulare, soprattutto in campo cartilagineo; in quest’ ottica anche nel campo della chirurgia vertebrale si sta aprendo un nuovo mondo.

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Le persone affette da discopatia iniziale possono “ricaricare con le proprie cellule” i dischi vertebrali, prima appunto che la situazione progredisca in modo irreparabile. Il procedimento prevede il prelievo di una modica quantità di midollo osseo dalla cresta iliaca, questo viene poi trattato per ottenere un concentrato di cellule mono-nucleate proprie che vengono poi iniettate nello spazio discale degenerato. Il tutto si esegue in sala operatoria in un unico tempo chirurgico della durata di 15 minuti circa, durante il quale il paziente riceve soltanto l’anestesia locale con una lieve sedazione; l’intervento è percutaneo e ben tollerato, la degenza prevista è solo di poche ore e la ripresa delle comuni attività è rapida.


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L’ARTROSI DEL GINOCCHIO E LE POSSIBILI TERAPIE. L’artrosi è una patologia degenerativa della cartilagine articolare, struttura che ricopre l’osso a livello delle articolazioni e che consente il movimento in assenza di dolore, diminuendo l’attrito tra le varie strutture interessate. Tale processo è lento e dura molti anni prima che il paziente avverta qualche sintomo. I sintomi variano molto a seconda del grado di compromissione della cartilagine articolare: si può andare da qualche dolore saltuario dopo attività fisica un po’ più intensa di quella normalmente svolta, per arrivare a dolori giornalieri che limitano le normali attività quotidiane, deformazione del ginocchio (varo o valgo), scrosci articolari, limitazione della flessione e/o estensione. La diagnosi viene eseguita mediante una accurata visita ortopedica e ci si avvale sempre di radiografie del ginocchio in due pose

sotto carico, in alcuni casi per approfondimento diagnostico può essere necessaria una risonanza magnetica (RMN). Essendo una patologia progressivamente degenerativa esistono vari trattamenti che devono essere eseguiti in base alla gravità della patologia. Nelle fasi precoci l’assunzione di farmaci antidolorifici può essere sufficiente per limitare il dolore e può essere associata anche a cicli di infiltrazioni con acido ialuronico (farmaco che ha la capacità di “lubrificare” il ginocchio e rendere più fluido il movimento) o all’assunzione di condroprotettori. Qualora però si rientri in una fase avanzata della patologia tali trattamenti non sono più sufficienti e si deve essere sottoposti a trattamento chirurgico di protesi parziale o totale del ginocchio.

Tale intervento necessita di un successivo periodo durante il quale il paziente dovrà riacquisire un’autonomia (almeno 30 giorni) coadiuvato da un iter di riabilitazione di durata variabile necessario a prendere nuovamente consapevolezza del funzionamento dell’articolazione ricostruita.

Dott. Francesco Perusi Specialista in Ortopedia e Traumatologia

poliambulatorio specialistico Direttore Sanitario Dott. Andrea Cazzola

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RSA, DA DOVE RIPARTIRE

NELLE CASE DI RIPOSO TRA I FOCOLAI DI SOLITUDINE E DI SPERANZA La solitudine è quella provata dagli ospiti delle strutture, che sono state forzatamente isolate per preservarle dal contagio. La speranza per il prof. Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione italiana di Psicogeriatria, è che da quanto accaduto con la pandemia nasca un modo nuovo di prendersi cura della terza età.

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DI MARTA BICEGO

alle dolorose ferite provocate dalla pandemia, deve nascere un profondo ripensamento. Innanzitutto nel trovare modi nuovi nel mettere in pratica quel termine di «cura» declinato nei confronti delle persone anziane. Si è parlato tanto, nelle settimane del contagio, delle case di riposo. Parole spese prevalentemente in termini di sconfitte, suggellate dal propagarsi del virus (e della morte col suo essere inesorabile), che è andato a colpire anime già fragili, talora cancellandone le esistenze. In questi luoghi i focolai non sono stati solo quelli del Coronavirus, ma della solitudine: per mancanza di relazioni, abitudini modificate, assenza di contatti con l’ambiente esterno. Se stravolto è stato il nostro vivere fuori, è accaduto anche all’interno delle case di riposo: «Il concentrato della crisi». Usa questa definizione il prof. Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione italiana di Psicogeriatria, per descrivere i sentimenti che hanno scandito e protratto la quarantena. «Alcuni anziani in queste residenze hanno affrontato la separazione dalla famiglia, vivendola malissimo. Ne hanno ri20

sentito pesantemente: dimagrendo, rifiutando di alzarsi dal letto e di prendere le medicine, manifestando tristezza e depressione», sottolinea. Particolari di cui si dovrà tenere conto con la riapertura delle porte delle strutture, adottando le difese opportune per accompagnare gli incontri, coi parametri della sicurezza e delle emozioni da gestire. Ci sono lacerazioni da rimarginare. «Il rapporto con il personale si è profondamente modificato, mediato da scafandri e mascherine di protezione. Gli anziani, sia integri cognitivamente ma ancor più quelli con problemi di demenza, si sono trovati impossibilitati a sviluppare quella vicinanza a cui erano abituati», prosegue. Sanitari e operatori sono stati spesso costretti a turnare in maniera drammatica, lavorando il doppio per sostituire chi era stato contagiato. «Il comportamento medio dei dipendenti delle case di riposo è stato comunque eccezionale per cultura, intelligenza, disponibilità, generosità», sottolinea. Hanno reagito, con chi ha la responsabilità di dirigere queste realtà, al totale abbandono che talora si è verificato. «Ci sono stati dub-


«ALCUNI ANZIANI IN QUESTE RESIDENZE HANNO AFFRONTATO LA SEPARAZIONE DALLA FAMIGLIA, VIVENDOLA MALISSIMO. NE HANNO RISENTITO PESANTEMENTE: DIMAGRENDO, RIFIUTANDO DI ALZARSI DAL LETTO E DI PRENDERE LE MEDICINE, MANIFESTANDO TRISTEZZA E DEPRESSIONE» bi sui tamponi, cambiamenti di decisioni: è mancato, in maniera realmente indegna, qualsiasi tipo di supporto alla gestione delle case di riposo da parte delle autorità sanitarie. Bisogna avere il coraggio di dirlo». SERVIVA, INSOMMA, MAGGIORE «CURA» Per fortunata, prosegue, «in molte strutture il sistema ha funzionato: sono diventare castelli chiusi, in cui le cose andavano avanti per le capacità e l’altruismo degli operatori. Tutti si sono messi a servizio degli anziani». Preservandoli, in alcuni casi, dall’angoscia di quanto accadeva fuori da quelle mura deputate a proteggerli: «C’è chi ha avuto l’accortezza di non esporre gli ospiti alle notizie più terribili, come il trasporto notturno delle bare. Li han21

no tenuti separati da queste immagini che potevano suscitare in loro fantasmi, com’è accaduto invece alle persone anziane isolate, nelle proprie abitazioni, che non avevano contatti con nessuno e cercavano di non essere ricoverate in ospedale perché avevano saputo che là si moriva...». Se c’è un’eredità, dopo quanto accaduto, trova ancora risposta nella «cura» che nella gestione delle problematiche della terza età non dev’essere aspetto marginale, ma primario. «Servono schemi diversi di assistenza e bisogna avere il coraggio di riesaminare il settore. Se non cambiamo adesso, sotto la pressione del Covid-19, non lo faremo più – conclude –. Dobbiamo essere attenti a muoverci correttamente, con urgenza e intelligenza». ■


DAL SONNO COMPROMESSO ALLA ZOOM FATIGUE

STRESS DA QUARANTENA Disturbi del sonno, sfasamenti temporali, stress. Sono tanti i problemi che la pandemia ha portato con sé e che sono ricaduti sulle persone durante questi quasi tre mesi di clausura forzata. Alcuni disturbi già presenti si sono accentuati, altri sono nati proprio in seno a questo particolare periodo storico. A spiegarci il perché è stato lo psicoterapeuta Filippo Mantelli.

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hiamiamolo come vogliamo: lockdown, quarantena, isolamento. Questi tre mesi contrassegnati dalla presenza del Coronavirus nel nostro Paese, con tutti gli annessi e connessi del caso, non sono stati semplici. C'è chi ne ha giovato, ritrovando la tranquillità che si era perduta in mezzo alla frenesia della quotidianità. C'è chi non si sbilancia e sostiene di aver riscontrato sia lati positivi che negativi in questo lockdown. E, infine, c'è chi questa quarantena l'ha vissuta come una guerra: a volte contro se stesso, a volte contro i propri conviventi o, ancora, contro il famigerato smart-working (che spesso non è stato proprio "smart"). Eppure, ora che l'attesa Fase 2 sembra aver fagocitato le paure dei più, dando vita così a una sorta di "rinascimento" post-Covid, qualcuno i segni di quella guerra li porta ancora dentro di sé. L’Università di Padova, in collaborazione con l’Università della Campania, ha analizzato la qualità del sonno in un campione di 1310 persone prima e durante il lockdown. Ne è emerso che quasi la metà, se non di più, dei partecipanti ha sviluppato disturbi del sonno, ansia, paura e difficoltà a tenere traccia del tempo. Per capirne di più ne abbiamo parlato con lo psicoterapeuta veronese Filippo Mantelli.

DI GIORGIA PRETI

Dottor Mantelli, in questa quarantena c’è chi si è trovato bene e chi male. Da cosa deriva questa differenza nella risposta all’isolamento dal resto del mondo? In parte deriva dalla situazione precedente al 22

lockdown. Chi aveva già delle sofferenze sul profilo psicologico prima, sicuramente ha vissuto questo periodo come un aggravamento ulteriore dello stato psicologico e ora si è trovato con un carico emotivo ancora più pesante. Ma ne hanno sofferto anche persone che prima non avevano gravi problematiche psicologiche e che però si sono trovate a fare i conti con la solitudine o con la convivenza forzata insieme a parenti e compagni senza poter uscire. In generale chi tende ad essere un soggetto ansioso o depresso ha vissuto male la quarantena perché non ha potuto attuare quelle strategie che usiamo per alleggerire il carico emotivo: uscire o stare con persone che ci fanno stare bene. Quindi si può parlare di vero e proprio “stress da quarantena”? Assolutamente sì: è stato uno stress per tanti motivi e su tanti fronti e i danni li vediamo: molte persone hanno manifestato il proprio malessere in diversi modi magari più evidenti. In modo più implicito, per noi psicologi c’è stato un incremento sensibile di richieste di aiuto. Anche per la tipologia di stress che abbiamo sopportato: la chiusura in uno spazio ristretto, magari senza poter uscire al sole, con le luci artificiali. Questo dal punto di vista ormonale e endocrinologico crea uno sballamento dei ritmi circadiani. In particolare l’esposizione prolungata ed eccessiva agli schermi crea interferenze con la melatonina, che è l’ormone del riposo, e il cortisolo che è l’ormone dello stress.


siamo abituati. Per di più chi non era abituato a usare le tecnologie ha sviluppato stress perché ha dovuto imparare, ma anche chi era abituato si è trovato spesso a usare degli strumenti che potevano avere dei problemi, come la connettività.

Filippo Mantelli

Correlato a questo problema c’è un nuovo disturbo che ha afflitto chi ha “abusato” delle videoconferenze in smart-working durante il lockdown, la cosiddetta “Zoom fatigue”… Su questo discorso ci sono sempre più studi che confermano che gli schermi emanano delle luci che vengono recepite dall’occhio creando così interferenze con il circuito ormonale della melatonina. Molte persone stando davanti a schermi per tanto tempo hanno riscontrato dei disturbi del sonno che poi hanno avuto ricadute sull’attenzione, concentrazione e sulle prestazioni cognitive. Inoltre la videoconferenza è una modalità che siamo abituati a tollerare nella nostra vita normale per eventi occasionali, ma ci siamo trovati a usarla in modo intensivo. Ci priva della relazione diretta e del contatto umano visivo e fisico: è un tipo di relazione a cui non

Esistono metodi per tenere alla larga lo stress e i disturbi ad esso legati? Sulla mia pagina Facebook avevo fatto una diretta per gli utenti in cui segnalavo i disturbi che potevano manifestarsi durante il lockdown e uno dei consigli che davo spesso era di non considerare tutti i giorni uguali, ma cercare di mantenere anche nella quarantena delle routine che ci ricordassero la nostra quotidianità, il pranzo della domenica, l’attività fisica del lunedì sera o del mercoledì pomeriggio. L’altro consiglio è quello di non sfasare il ritmo sonno-veglia perché il nostro sistema fisiologico risponde a delle abitudini precise. Alcune persone terminata la quarantena hanno avuto reazioni particolari: c’è stato chi non voleva più uscire di casa. Come mai? Per quanto sia stato faticoso abituarsi a quel nuovo stile di vita, in qualche modo ci siamo costruiti delle certezze in questi due mesi e mezzo. Per cui ci siamo creati la nostra nicchia psicologica di sicurezza all’interno del nostro “bunker” di casa e uscire di nuovo ha comportato l’affrontare di nuovo le paure e le incertezze. Per qualcuno sta diventando un problema. ■

SPAZIO PUBBLICITARIO

TESTAMENTO AI TEMPI DEL COVID 19 La legge prevede particolari norme per i testamenti in caso di epidemie, di malattie contagiose e di alcune situazioni particolari. Si tratta di testamenti “speciali” previsti allo scopo di facilitare la manifestazione di volontà del testatore in circostanze nelle quali non è consentito o non è agevole ricorrere al notaio. L’articolo 609 c.c. stabilisce che «quando il testatore non può valersi delle forme ordinarie, perché si trova in luogo dove domina una malattia reputata contagiosa, o per causa di pubblica calamità o di infortunio, il testamento è valido se ricevuto da un notaio, dal giudice di pace del luogo, dal sindaco o da chi ne fa le veci, o da un ministro di culto, in presenza di due testimoni di età non inferiore a 16 anni». Di tale testamento ci si può pertanto avvalere soltanto quando in seguito a circostanze straordinarie quali epidemie, malattie contagiose; il documento è redatto e sottoscritto da chi lo riceve; è sottoscritto anche dal testatore e dai testimoni.

Questo testamento speciale ha una efficacia limitata e temporanea. Infatti decorsi tre mesi dalla cessazione della causa che ha impedito al testatore di avvalersi delle forme ordinarie, il testamento perde efficacia e se il testatore è ancora in vita, il testamento dovrà eventualmente rinnovarlo oppure potrà disporre dei suoi beni con gli strumenti giuridici che riterrà più opportuni. Il formalismo particolarmente rigido previsto per il testamento pubblico ricevuto dal notaio, viene ridotto, quindi, in presenza di particolari situazioni quali possono essere le malattie contagiose e le pubbliche calamità. Nel caso di Covid 19 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha affermato e riconosciuto il carattere di pandemia.

rialmente e non limitato ad un piccolo ambito di territorio, perché in tal caso il cittadino può recarsi dal notaio di un luogo vicino per fare testamento nella forma ordinaria.

Altra situazione che giustifica il ricorso al testamento speciale è la “pubblica calamità e di infortunio”. Devono essere comunque tutte circostanze durevoli e non temporanee. Infatti le situazioni di malattia contagiosa, di pubblica calamità e di infortunio devono “dominare” in un luogo. Deve inoltre riguardare un determinato “luogo” esteso territo-

È da precisare che “l’abbandono della sede da parte del notaio in occasione di malattie epidemiche o contagiose è una delle cause di destituzione (art 142 legge notarile) della professione”. Il notaio quindi è obbligato a ricevere il testamento anche se ha la sede in un luogo nel quale persiste la malattia contagiosa.

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LE VOSTRE STORIE DELLA FASE DUE

IL DIARIO VERONESE Quattro storie che rappresentano tutte le altre. In questi mesi abbiamo raccolto un diario narrativo delle vite trasformate dei lettori. L’abbiamo chiamato A casa degli altri e l’abbiamo riempito delle parole di tutti. Perché nulla di quello che abbiamo vissuto vada perso.

ALLEGRA, UNA BAMBINA UNA FIABA M'ama non m'ama, mam(m)a non mam(m) a, mamma papà, mamma papà! Papà! Hai vinto tu! Che bello stare tutta stesa su questo verde intenso di primavera. Guardare il cielo blu e sapere di essere al sicuro, sapere di poter giocare con i miei genitori, sapere che sapore hanno i fiori di maggio. È il gusto di casa, e il gusto della mia casa. Pensano tutti che dobbiamo sempre andare di qua e di là, fare questo e quello ma non hanno ancora capito che a noi bambini piace stare a casa? Sì è vero, mi piacerebbe avere qualche amica qui con me. Invece ora ho solo papà e mamma. Cioè prima avevo solo le amiche, mentre i miei genitori erano sempre impegnati. Oppure avevo solo i miei genitori quando si andava in vacanza ma senza amiche. Ora ho i genitori a casa e non le mie amiche. Capito tutto no? Ma non è che possono mettersi d'accordo e farmi avere amiche e genitori a casa, tutti insieme, tutto in una volta, e soprattutto che non sia di sabato o domenica? Vabbè qui la situazione è un po' strana. Un giorno mi hanno detto che dal giorno dopo non si andava più a scuola. Ero triste, molto triste. Per una bambina di 9 anni la scuola è l'occasione di gioco e chiacchiere, sì anche di studio dai. Adesso con la didattica a distanza tutto si è ridotto a uno schermo a schermo con le maestre, e a qualche scambio di parola sulla chat con i compagni (le maestre non se ne accorgono neanche!). Ho imparato super veloce, perché ho un papà super tecnologico e io sono un po' super come lui, no dai solo super, no cioè solo come lui! Oggi è sabato quindi mi riposo. Mi sono alzata con calma, ho fatto colazione con calma, ho guardato un po' di tv e mi sono riposata ancora, sempre con calma. È dura la vita da bambini, lo so! Adesso papà sta preparando una delle sue delizie per pranzo, mentre la mamma è al telefono (tanto per cambiare). Non capisco bene se oggi il mondo si può salvare attraverso un telefono. Sarebbe bello, consi-

derando che sono un po' pigra. A volte però glielo dobbiamo sequestrare, il telefono, per avercela tutta per noi. E quando è con noi, presente presente, è proprio bello. Per me giocare con i genitori è il vero senso di sentirmi libera. Puoi essere tutto e fare tutto, sotto il loro sguardo che mi dà sicurezza. Loro sono fonte di ispirazione per il mio futuro. Sarà che mi scateno ballando con la mamma e quasi penso che voglio fare la ballerina da grande? Mmmh, forse è più per la serie tv che guardo tutte le sere. Ma ti voglio bene lo stesso mamma! Ho deciso che voglio fare danza classica. È elegante, come piace essere a me, che sono anche una precisina. Se sapeste che vestito ho indossato per il mio compleanno! Dovevamo essere a Valencia ma come è ovvio siamo stati a casa. Mamma e papà però hanno curato tutto in ogni dettaglio. Pranzo e cena come da ristorante. Giochi tutto il giorno. Poi ho ricevuto il regalo dalla mia amica vicina di casa. Ci siamo messe io da una parte e lei dall'altra del cancello. E come è successo qualche altra volta abbiamo giocato. Ci inventiamo un sacco di storie con le barbie o le Lol. Tipo la barbie al centro commerciale con la mascherina! Che ridere! Vaghiamo con la fantasia, almeno con quella siamo liberi di andare dove vogliamo. Questo è il vero vizio o capriccio consentito. Poi per capire quello che stiamo vivendo mi aiuta pensare a quando le persone hanno vissuto la guerra, quando non erano libere di agire, e non si avevano tutti i diritti che abbiamo oggi. Ecco da grande mentre danzerò farò la storica e mi batterò per un mondo più giusto! Intanto studiamo! Ally è pronto a tavola! Wow che bello, adoro mangiare! Dopo il covid mi metterò in forma di nuovo, ma intanto...Intanto vado qualche volta sulla super cyclette del papà, ma questa volta io super non sono proprio! E non sono nemmeno super con la pazienza di aspettare ancora tanto per rivedere i miei amici. Non mi dà così fastidio uscire con mascherina. Nessun problema, dateci la regola e noi la seguiamo senza troppe polemiche. E quando li rivedrò, i miei amici, andrà sen24

DI GIOVANNA TONDINI


z'altro bene. Quando non vedi le persone per tanto tempo poi sei più gentile e ti diverti di più. Dai più valore alle cose. Sarà così anche per gli adulti? Anche ora che tutto sta riprendendo? Chissà se capiranno o meno, di essere gentili e meno scontrosi, di usare le parole meglio di prima. Forse dovrei ricordargli di leggere di più le fiabe! A scuola mi hanno insegnato che le storie sono il luogo dove si abita la parola giusta. Allora vi con-

siglio Il brutto Anatroccolo che ci insegna la bellezza di essere diversi, o i Tre porcellini...Vi fa ridere? Beh non sarebbe male se fossimo tutti un po' come il terzo porcellino, che con fatica e impegno affronta il lupo costruendo una bella casa di mattoni! Allora cosa aspettiamo, se fossimo noi i protagonisti di una fiaba, della nostra fiaba? Mi domando se sto dicendo cose che sembrano difficili. Già, forse perché sono proprio le più semplici.

GIANNI LA VITA OLTRE LA SIEPE

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L'aria stasera mi fa vibrare la pelle. Osservo i colori della campagna che lentamente si spengono davanti a me, a noi, mentre poggiamo la testa sullo schienale della poltrona e cerchiamo di catturare il rumore un tempo impercettibile del pipistrello, il suo sbattere d'ali che segna nuovi ritmi. Come lui oggi ho visto volare le rondini. Non se ne vedevano da tempo. E forse noi non avremmo comunque avuto il tempo di vederle. Quanto ci siamo persi, gli uni con gli altri. In questa dimensione ritrovata di vicinato ci sono anche le lunghe chiacchierate con chi prima c’erano solo due parole veloci. Estranei che diventano piacevoli conoscenti, solo perché ora li sai vedere. Allungo le gambe sul tavolino, vorrei riposarle dopo la camminata di oggi. La faccio tutti i giorni, mi sono creato un percorso di qualche km nel mio boschetto vicino casa. Non ho mai perso l'occasione di camminare, neanche quando andavo in ufficio. Mi piace molto, ma almeno ora anziché nella grigia zona industriale mi immergo nella natura, simbolo di ciò che è incontaminato. Perché non la rispettiamo? Perché, mi chiedo, dobbiamo farci del male? Non credo che la quarantena abbia cambiato qualcosa. All'inizio ero fiducioso, pensavo che ci avrebbe resi migliori, più responsabili e attenti. E soprattutto speravo che capissimo che non siamo immortali, che basta poco, pochissimo, per metterci in ginocchio. Ma non ho fatto i conti con la stessa rapidità che abbiamo nel dimenticare quel poco di buono imparato. Tornerà tutto come prima, e forse peggio. Dal canto mio, però, farò in modo di gestire ancora gli spazi che ho riscoperto. Tutti facciamo errori nella vita, ma c'è sempre tempo per recuperare. Allora darò più peso alle cose importanti, rallentando, mentre la vita proverà ancora a trascinarmi. Penso alla parabola che ho vissuto, e che si è tracciata dagli anni Cinquanta ad oggi, dal progressivo benessere, toccando l'apice di un meccanismo infernale, fino a ridiscendere all'improvvisa calma 25

del lockdown, che in qualche modo mi fa tornare all'infanzia. Ci sono tornato spesso in questi anni, da quando ho iniziato a scrivere libri. Mai in modo nostalgico, ma sempre per recuperare i valori di un tempo, legati alla terra, a una vita semplice e lenta, a quel mondo contadino che ci ammonisce sempre. Quel mondo dove il contadino coltiva il sacro, la terra donata, e restituisce al sacro i suoi frutti. Non c'è bellezza più bella, di un frutto che illumina il nostro quotidiano. Proprio in questi mesi ho cominciato a scrivere un nuovo libro sulla mia famiglia tra Otto e Novecento, per non dimenticare tutto questo. E per domandarmi e domandarci ancora: oggi qual è il nostro frutto? Cosa stiamo coltivando? Mentre penso, il vento inatteso viene a farci visita, sembra sia preludio di tempesta. Dai, Nicoletta, ritiriamo di fretta le lenzuola. Tu porta in casa la tovaglia, io chiudo l'ombrellone. Accidenti però, che forza il nostro ospite di stasera! Farà sorridere la coincidenza, ma dopotutto questo tempo strano l'ho vissuto all'età di 6 anni. C'era l'asiatica, allora, che aveva messo in ginocchio il mondo, come oggi, ed io e mio padre l'avevamo presa. Ho ancora ben chiara l'immagine di me alla finestra di casa mentre fuori una bufera di neve imbiancava la terra. E il terrore di quando mia zia Norma arrivava a casa per la puntura, con quell'ago spesso che oggi farebbe rabbrividire chiunque. Eravamo in casa, mentre fuori le voci giravano, ma sottovoce. Ah quello ha l'asiatica, si sussurrava, quasi si tradisse altrimenti un patto di comunità. E finiva lì. Oggi il delirio dei social rende tutto diverso, "hanno sdoganato il cretino medio", diceva Umberto Eco. Anche la tv fa la sua parte, mentre al tempo non c'era neanche questa, non c'era nulla, se non la pazienza e l'umiltà dell'attesa. Ora mi piace attendere il mio turno fuori dal negozietto


del paese. Tutti in fila, tranquilli, a scambiare due parole con quello davanti a te che non conosci. Dimensione umana, in un angolo dietro casa. Chissà perché andiamo sempre a cercarci cose lontane e magari più sterili. Sicuramente più caotiche e affollate. Sono le piccole realtà ad averci salvato in questo periodo, e dovremmo continuare a sostenerle. Non sarà facile la ripresa, per nessuno. Noi con la nostra ditta abbiamo lavorato al

40% del "normale", con qualche manutenzione. Non sappiamo cosa ci aspetterà. Lo vedremo solo tra qualche mese. Guarda Nicoletta, guarda laggiù! Le nubi si stanno organizzando all'orizzonte, là oltre la siepe. Il nero si fa ancora più scuro, mentre la luna tenta di farsi largo, aiutata dal vento che lentamente se ne va di casa. Arriverà il temporale? Chissà. Intanto ci viviamo il silenzio e la quiete. Domani si vedrà.

MICHELE, LA FORZA DELLA FRAGILITÀ DI UN NEOPAPÀ Me lo hanno consegnato tra le braccia, lui così piccolo, tutto rosso in viso e nel corpicino nudo, io con la mascherina, tutto bianco bardato da astronauta. Per fortuna che, preso dal suo pianto di vita, non mi ha guardato. Oltre la mascherina avrebbe intravisto i miei occhi frastornati, miscela opportuna di gioia e stanchezza. 15 ore passate in sala parto. Marta completamente priva di tutte le forze, che da sole, le sue, hanno fatto quelle di dieci uomini insieme. Forza fisica e forza mentale, quella della donna. In grado di non appesantirsi di problemi che in quel momento non sono funzionali alla preservazione di sé e di chi porta in grembo. Ed io, invece, a districarmi tra le preoccupazioni del periodo e il mantenimento di una certa pacatezza. Appena sancito il lockdown mi sono immerso nella letteratura più attenta al mondo del neonato. Tutti dichiaravano il rischio zero, chissà se era verità o bugia, solo per tranquillizzare. Inevitabilmente i pensieri si sommavano: se durante il parto fosse venuto un medico da un altro reparto a rischio? Se l'anestesista fosse arrivata dalla terapia intensiva? Il rischio avrebbe potuto crescere. E allora che cosa fare? Non volevo, però, agitare Marta. Tergiversavo per conto mio, come nel viaggio in macchina verso l'ospedale dopo le prime avvisaglie, quando Marta parlava, e il getto delle sue parole rimbalzava via dalla mia mente, affollata di pensieri, per disperdersi tra i sedili. Primo figlio, prima volta padre. Un senso di impotenza mai provato. Fragilità messa a nudo da ciò che la natura decide. La forza della natura. Quando siamo entrati in ospedale alle due di notte abbiamo sperimentato tutte le nuove disposizioni per la sicurezza. Quindi prima tampone a Marta e poi cinque ore di attesa per l'esito. Vuole tornare a casa? mi hanno chiesto. No di certo, farmi 26

Legnago-Verona avanti e indietro, no grazie. Allora me ne sono stato in macchina a riposare un po', nella speranza di recuperare lucidità. Macché lucidità! Richiamato all'ordine, insieme a Marta sono salito al reparto natalità. Un viaggio in ascensore che per un attimo mi ha fatto sentire Dante nei gironi dell'inferno. Piano 1, terapia intensiva, piano 2, day hospital, piano 3, oncologia pediatrica. Filavano senza pietà, piccoli contraccolpi funesti, che quando abbiamo raggiunto la meta l'alchimia di sensazioni aveva reso il mio cervello ubriaco. Niente da fare, nessuna possibilità di sanare la mente nelle ore successive, finché finalmente, alle quattro di notte, Massimo ha deciso che era giunta l'ora di concedersi al mondo. Un mondo strano, come si è finalmente rivelato in questo tempo, in tutte le sue fragilità e incongruenze, potenzialità e contraddizioni. Quando sono tornato a casa, mi sono guardato allo specchio. Ci ho visto un estraneo, sconvolto nell'aspetto, e rigenerato nel cuore. Qualcosa era cambiato. Nel pomeriggio sono tornato da Marta per portarle qualcosa da mangiare. Tutto era chiuso, e certe comodità sono venute inevitabilmente a mancare. Due giorni di ospedale sono passati comunque in fretta e dopo le dimissioni ci siamo ritrovati a casa tutti e tre. Con la scusa del lockdown ci siamo coccolati da soli per le prime due settimane. Nessuna visita di parenti e amici, e lavoro ridotto, che mi ha permesso di passare più ore a casa.Ore di tranquillità trascorse tra cucina, che è sempre stata "roba mia", e campagna intorno a casa. Vorrei che Massimo respirasse fin da subito questa dimensione rurale che mi appartiene. Una dimensione lenta, a contatto con la genuinità delle cose, e con la natura pura e cruda. Forse è il segreto per non farsi piegare da ciò che accade e che accadrà nel nostro futuro incerto: riconoscere e rispettare, senza arroganza. Impara da qui la vera forza, fin da ora, piccolo mio.


ELISA, LA NEOMAMMA MULTITASKING Allora vediamo un po', vediamo... eccolo! Questo è quello che mi hanno consigliato. Carlo vieni qui! Dunque mi servono le forbici, un asciugamano, il telefono lo appoggio qui così vedo bene il tutorial. Ok, siamo pronti. E zac zac zac...fatto! Ma che carino! Sembri il portiere dell'Hellas, sarai contento! E tu Corrado che taglio vuoi? No, ok, ho capito, meglio smorzare un po' il mio entusiasmo da parrucchiera improvvisata. Però almeno su di me lasciatemi fare quello che voglio. Sì, sì, fai pure! Checché se ne dica sono orgogliosa del mio fai da te. E devo dire che in questo periodo non c'è immagine migliore della donna multitasking. Se c'è una cosa che distingue le donne è il loro sapersi adattare. Carlo, ora prendi il libro che lo leggiamo insieme. Così lui si mette alla mia destra, mentre io alla sinistra allatto Alberto. Farò lo stesso quando riprenderò a lavorare come insegnante. Non manca molto al mio rientro in servizio, e già mi prefiguro il quadro di me in videoconferenza mentre ho Alberto tra le braccia e Carlo al mio fianco. In questo devo dire che la didattica a distanza mi sarà di aiuto. Possibile, però, che oggi il sistema costringa ancora le donne a questo? Se vuoi una famiglia dovresti rinunciare al lavoro. Se vuoi famiglia e lavoro devi comunque trovarti le risorse dentro la tua rete famigliare. Allora vai di nonni. Ma sappiamo bene in quale nodo controverso ci infiliamo. Nonni che dovrebbero rimanere lontani dai nipoti, bambini che dovrebbero stare a casa con la mamma o papà che a questo punto non possono lavorare. Poi i nonni hanno le loro abitudini, e a me su di loro non piace pesare troppo.In tutto questo, gli uomini, quando mariti o compagni, fanno del loro meglio per venirci dietro ma...No, Corrado, il sale è lì ti ho detto, no Corrado gli asciugami sono nell'armadio in camera da letto, no Corrado... Non c'è niente da fare, la donna è la depositaria del sapere di casa. Siamo l'onniscienza del sapere dove è questo e dove è quello. C'è da dire però che gli viene senz'altro bene quello che definirei l'atto più virile di uomo di casa: fare la griglia. Abbiamo grigliato tutto il grigliabile ormai. Secondo me gli dispiace non poter grigliare anche la scuola. Assumerebbe quel profumo arrostito che gli renderebbe il lavoro più pia27

cevole. È bello vedere Corrado la mattina seduto al fianco di Carlo. Bello per modo di dire! Carlo che cerca di fare i compiti, Corrado che cerca di lavorare. Uno che continua a fare domande a singhiozzo, l'altro che singhiozza sul computer. Altroché smart-working, di smart ha gran poco. Lo definirei piuttosto dumb-working, cioé lavoro scemo. È stato comunque un bel salto per Corrado, considerando che i primi giorni si chiudeva in una stanza, e se i bimbi facevano rumore se ne usciva urlando di smetterla. Ma chi era nel posto sbagliato? Lui o noi? Poi la soluzione per le call importanti è stato quello di mettersi in terrazzo! A proposito di aria aperta...Carlo mettiti le scarpe che andiamo un po' sull'argine! Facile uscire eh! Altroché solo certificazioni, mascherine, guanti o amuchina. Qui devi pensare pure al neonato. Pannolini, salviette...per fortuna il latte ce l'ho on-demand! Ma perderei anche 10 ore di preparativi pur di uscire. Ho fatto una gravidanza difficile e non vedevo l'ora di essere leggera e di uscire per le passeggiate. Invece tutti i programmi sono saltati. Per fortuna Alberto ha deciso di nascere con 20 giorni di anticipo, anziché il 24 febbraio. E abbiamo avuto giusto il tempo per sistemarci con la nuova vita in 4. Poi con il secondo sei molto più easy. Dall'impatto un po' traumatico del primo figlio che ti cambia totalmente la vita, passi alla gioia spensierata del secondo che può solo arricchirti. Sei più predisposto a farti travolgere, e la rinuncia non è più un peso. Carlo, poi, è andato contro ogni pronostico di chi diceva: eh ma hanno 7 anni di differenza non si guarderanno neanche! Ma per fortuna invece che c'era Alberto a fargli compagnia! Altroché distanze di età, qui di distanza c'è solo quella da mantenere con le persone, anche se già ne vedo di ogni in giro! Per non dire quello che vedevo nelle mie passeggiate di 200 metri con Alberto la sera, avanti e indietro sotto le mura. Scene appassionate da film! Evviva l'amour! Alberto non piangere dai, ora andiamo! Comincia ad abituarsi all'idea che fuori ci sia un altro mondo che non sia solo una casa, un cortile e le nostre tre facce. Non vi dico l' espressione spaesata di quando siamo andati in ospedale per il vaccino! Spero solo che ora anche il mondo che lo accoglierà sia un po' diverso. Elisaaa, dove sono i bicchieri? Ok baby, meglio berci sopra...


TRA LE INCERTEZZE E I PRIMI ESAMI A GIUGNO

PER LE AUTOSCUOLE È UNA RIPARTENZA IN SALITA In maggio sono ripartite le lezioni delle autoscuole, con giugno ricominciano gli esami. Gli operatori del settore lamentano però ritardi da parte delle istituzioni nel gestire la situazione delle scuole guida, realtà fondamentali per il tema della sicurezza stradale.

D DI ALESSANDRO BONFANTE

urante lo stop dovuto all’emergenza sanitaria, abbiamo visto le strade svuotarsi. Il solito traffico è stato sostituito dalle corse solitarie delle ambulanze e dall’onnipresenza delle forze dell’ordine, con un dato positivo: il drastico calo degli incidenti. Insieme al dibattito sulla mobilità, con la fase 2 è però ricominciato anche il conto delle vittime sulle strade. Il primo presidio per l’idoneità e la sicurezza alla guida sono le autoscuole, che dal 20 maggio hanno avuto il via libera alle attività di formazione. Con giugno, inoltre, ricominciano gli esami. Una ripartenza auspicata dagli operatori del set28

tore che però è stata una “partenza in salita”. «La nostra attività è rimasta bloccata fino al 19 maggio, stop totale dai ciclomotori ai cqc» dice Fabio Farina, titolare dell’autoscuola di Arbizzano e vicepresidente del consorzio Cita. «Dobbiamo recuperare due mesi di esami e arretrati con la Motorizzazione, ma al momento della riapertura non c’era ancora chiarezza. Per quanto riguarda le lezioni, dove prima potevo tenere 20 studenti, ora sono 10. Significa organizzare più turni, e quindi più lavoro con lo stesso guadagno». Le principali entrate per le autoscuole sono le guide. «La gran parte degli studenti vuole attendere la data dell’e-


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same per esercitarsi, trattandosi di una spesa importante». A questo proposito, i termini di scadenza del foglio rosa sono stati prorogati. «Per ripartire davvero dobbiamo conoscere le date degli esami» conferma Davide Dal Bosco dell’autoscuola Valdalpone, con 15 sedi in provincia e 20 dipendenti in cassa integrazione. «Un’ordinanza regionale aveva aperto alle guide, mentre continuava il dibattito fra ministero, motorizzazioni e le associazioni di categoria Confarca e Unasca» spiega. Accantonate le idee di organizzare esami teorici in autoscuola e lasciare l’esaminando solo in auto per la prima fase della pratica, si riparte da distanziamenti in aula ed esami di guida con finestrini abbassati, della durata massima di 15 minuti. Obbligatoria una pausa per pulire e arieggiare la vettura fra una sessione e l’altra. Altre spese per l’autoscuola: «Ho acquistato salviette igienizzanti per i punti di contatto: volante, maniglie, cambio» afferma Farina. TRA SICUREZZA E TEMPI LUNGHI Dal Bosco lamenta il ritardo delle istituzioni nel prendere in considerazione le scuole guida, con norme arrivate solo al momento della riapertura. «Non voglio fare polemica, ma bisogna comprendere la responsabilità delle scuole e degli istruttori, come degli esaminatori. La nostra è una professione importante perché mettiamo le persone sulle strade» puntualizza. «Baristi e ristoratori hanno avuto molta più visibilità. Sono in tanti e si fanno forza. Facendo autocritica sulla nostra categoria – aggiunge Dal Bosco – forse molti colleghi si sentono ancora dei “bottegai”, senza nulla togliere ad altri mestieri. La nostra attività però riguarda la patente, che spesso viene definita una “licenza di uccidere”». Nel giudicare la situazione è caustico il titolare dell’autoscuola Clacson di Grezzana Dario Pigarelli: «Un mercato delle vacche calato dall’alto, e non si capisce dove abbiano trovato i mandriani. Prima sono state calate dall’alto cose impossibili. Poi, in seguito alle riunioni con i

Sulle strade italiane (dati Asaps) - Incidenti ad aprile 2020: 80,4% in meno rispetto ad aprile 2019 - Feriti: 3 al giorno ad aprile 2020, 37 al giorno ad aprile 2019 - Pedoni investiti e deceduti: 6 in tre giorni (dal 20 al 22 maggio), 5 in tutto il mese di aprile Scadenze e proroghe - Patente: per scadenza fra 31 gennaio e 31 agosto 2020, proroga al 31 agosto. Stessi termini per il patentino ciclomotore (Cig)

sindacati, sono arrivate indicazioni altrettanto impossibili da seguire. Ci sono state delle proteste a Roma e Napoli e sono arrivati nuovi cambiamenti. Per non parlare dei ritardi nell’approvazione delle pratiche da parte della motorizzazione. È il mercato delle vacche». ■ - Revisione: per i veicoli con scadenza entro il 31 luglio 2020, circolazione consentita fino al 31 ottobre - Assicurazione: per scadenza fino al 31 luglio 2020, estensione di 30 giorni della validità - Autotreno e simili: scadenze di certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi fra 31 gennaio e 31 luglio 2020 prorogate al 29 ottobre - Cqc e Cpp: per scadenza fra 23 febbraio e 29 giugno 2020, proroga al 30 giugno

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LE ADOZIONI INTERNAZIONALI DURANTE IL COVID

QUEI BAMBINI NON RESTERANNO ALTROVE L’effetto pandemia ha avuto ripercussioni anche sulle adozioni internazionali. Viaggi interrotti per molte famiglie che hanno scelto di affrontare il complesso iter per allacciare legami in altri Paesi del mondo. Uno stop forzato a spostamenti e sentimenti. In attesa della ripartenza, con fiducia.

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DI MARTA BICEGO

ra inevitabile. La pandemia ha avuto ripercussioni pure sulle adozioni internazionali. Viaggi interrotti per le famiglie che avevano avviato il complesso iter per adottare un bambino proveniente da un Paese lontano. Con voli aerei sospesi, frontiere chiuse, spostamenti all’estero ancora limitati per il timore del contagio e di nuovi focolai. Temporaneamente. Perché, pur nel clima di grande incertezza, la speranza è ancora una delle coordinate che rimane impostata nella vita degli aspiranti genitori. E tra gli operatori che lavorano nel settore. «Non potendo viaggiare, le pratiche in corso stanno subendo com’era prevedibile dei ritardi. Di conseguenza provocano ansie, preoccupazioni, pensieri poco positivi nelle coppie che già affrontano la lunga pro32

cedura dell’adozione internazionale. Quello causato dal Coronavirus è un ulteriore intoppo a cui devono far fronte...», esordisce Luciano Vanti, presidente di Nadia Onlus, fondata nel 1996 da un gruppo di famiglie adottive desiderose di condividere l’esperienza vissuta. Inserita dal 2000 nell’albo degli enti autorizzati per lo svolgimento delle pratiche di adozione internazionale, lo scorso anno l’associazione di volontariato con sede in via Bernini Buri ha portato a buon fine 67 adozioni in prevalenza da Federazione Russa (40) e Colombia (10) oltre che da Lituania, India, Moldavia, Polonia, Bulgaria e Thailandia. Dietro a questi numeri e luoghi c’è la determinazione di coppie che hanno saputo superare i confini, sia geografici che burocratici.


«DOBBIAMO PROSEGUIRE IL NOSTRO LAVORO CON SPERANZA. QUELLA DELL’ADOZIONE, DELL’ACCOGLIERE UN FIGLIO NON NATO IN FAMIGLIA CON TUTTO CIÒ CHE NE CONSEGUE, È UN’AVVENTURA CHE NON HA EGUALI»

I NEO-GENITORI AL MOMENTO DEL LOCKDOWN La collaborazione con la Farnesina, la Commissione italiana adozioni internazionali, i consolati e i referenti sul posto ha permesso di gestire al meglio le situazioni all’estero, per esempio per quei neo-genitori che al momento del lockdown si trovavano fuori Italia. In generale, aggiunge, «abbiamo cercato di sostenere le famiglie attraverso colloqui continui. Per mantenere aperto, seppur nella modalità della videoconferenza oppure via telefono, un canale di dialogo e per offrire il supporto psicologico necessario. L’obiettivo è talmente importante che abbiamo fatto il possibile per adeguarci alle circostanze». Nel caso di adozioni concluse da poco, la vicinanza è altrettanto essenziale: «Non dimentichiamo il disagio di un bambino, magari con abitudini diverse, che si è ritrovato in un ambiente per lui nuovo, senza la possibilità di uscire da casa durante la quarantena». Allargando lo sguardo al futuro, è difficile fare previsioni sul sistema delle adozioni dopo lo tsunami causato in precedenza dalla crisi economica, ora dall’emergenza Covid-19. E dopo un anno, il 2019, in cui la numerosità delle coppie è scesa per la prima volta sotto la soglia delle mille unità, come emerge nell’ultimo report della Commissione per le adozioni internazionali. «A fine 2020 avremo delle statistiche più basse, ma guardiamo con moderata fiducia alla riapertura che le compagnie aeree stanno dichiarando. Sono segnali di ripartenza che, in un momento in cui viviamo molto di percezioni, riscaldano il cuore e danno la forza di attendere», ci tiene a precisare Vanti. La cosa drammatica, conclude, «è che i bambini che aspettano una famiglia probabilmente saranno destinati ad aumentare. Per questo dobbiamo proseguire il nostro lavoro con speranza. Quella dell’adozione, dell’accogliere un figlio non nato in famiglia con tutto ciò che ne consegue, è un’avventura che non ha eguali». Finalità dell’adozione internazionale è fare in modo che venga rispettato il diritto di ogni bimbo ad avere una casa in cui crescere serenamente. Perché quei figli senza una mamma e un papà non restino in un altrove privo di legami di affetto. ■ 33


TRE STUDENTESSE RACCONTANO LA LORO ESPERIENZA

IL NOSTRO ERASMUS INTERROTTO Quanto e come il Coronavirus ha influenzato la mobilità degli studenti italiani? Abbiamo parlato con tre studentesse dell’Università di Verona che si trovavano all’estero per un periodo di studio quando l’emergenza Covid ha sconvolto il mondo. giovani europei che negli ultimi trent’anni hanno preso parte al programma, e più di 800.000 sono quelli partiti nell’ultimo anno.

Elena Lucia in Belgio

DI CHIARA BONI

I

n un’Europa che comincia a sollevare quelle restrizioni che negli ultimi mesi hanno stravolto la vita comunitaria come la conoscevamo, i primi, timidi tentativi di estate sembrano però ancora lontani. Forse il mondo non c'è mai sembrato così distante come oggi: questa inaspettata pandemia globale ha determinato la resurrezione di quelle frontiere che, almeno per tutta la generazione venuta dopo la firma della Convenzione di Schengen, non sembravano più avere ragione di essere. Tanto che per qualcuno la libertà di movimento formato europeo, foraggiata da voli low cost e mezzi di trasporto sempre più veloci, è diventata un altro modo di costruirsi un futuro: si pensi al programma Erasmus, che dal 1987 permette a studenti e studentesse di studiare, formarsi o lavorare in un altro Paese. Sono più di 9 milioni i 34

IL BELGIO DI ELENA, L’ARGENTINA DI ILARIA Fa parte di loro anche Elena, studentessa all’ultimo anno di Giurisprudenza dell’Università di Verona, approdata a Bruxelles pochi mesi fa per un tirocinio e tornata in Italia alla fine di aprile. Le prime settimane di incertezza Elena le ha vissute con lo sguardo perennemente rivolto all’Italia, dove la situazione precipitava di giorno in giorno. «In Belgio le restrizioni sono arrivate più tardi rispetto all’Italia, e forse la situazione non era percepita come altrettanto drammatica: anche per questo ho deciso di restare ancora qualche settimana». La preoccupazione più grande restava quella del trasporto fino a casa, che rischiava di diventare un’odissea infinita per via delle necessarie, ma complesse, misure prese in seguito all’esplosione della pandemia in tutta Europa. Elena è riuscita ad arrivare in Italia qualche settimana fa, passando dalla Germania: «Tutto sommato mi considero fortunata, perché so che per tanti altri nella mia situazione le difficoltà sono state molte di più». Le fa eco Ilaria, che programmava il suo periodo di studi in Argentina da più di un anno. Quelli che avrebbero dovuto essere cinque intensi mesi di studio e scoperte, sono diventati per lei un garbuglio burocratico di divieti e incomprensioni. Partita dall’aeroporto di Venezia a fine febbraio, proprio a ore di distanza dal primo caso rilevato nel capoluogo veneto, la studentessa di Editoria e Giornalismo all’Università di Verona non si aspettava però che quel male invisibile l’avrebbe seguita fino all’altro lato dell’oceano. Ilaria ha avuto solo pochi giorni per esplorare il capoluogo argentino e acclimatarsi alla nuova università prima di essere forzata al lockdown con il resto del Paese, dove la situazione cominciava a complicarsi. Dopo un primo momento in cui la decisione migliore sembrava quella di restare, tutte le circostanze le hanno imposto il rientro - che è diventato però un altro incubo dentro l’incubo. La mancanza di voli di rientro organizzati dall’Ambasciata, i costi eccessivi imposti da Alitalia, le incomprensioni sulle regole da rispettare una volta rientrati: un rientro


turbolento, a dir poco, che si è concluso relativamente bene, con le due canoniche settimane di auto-isolamento. VALERIA E LA SUA SPAGNA Ma c’è anche chi per il momento ha preferito restare nel Paese scelto come meta Erasmus: per esempio Valeria, studentessa di Lingue all’Università di Verona, è partita il 23 febbraio alla volta di Saragozza, dove si trova ancora oggi. «Vedere quello che succedeva in Italia da lontano è stato molto difficile. Quando le cose hanno iniziato a prendere una brutta piega anche qui in Spagna molti studenti si sono af-

Ilaria in Argentina

frettati ad andarsene: io ho preso la decisione di restare, non volevo esporre la mia famiglia a rischi inutili». Il periodo di lockdown in Spagna non è stato tra i più facili, complice anche la convivenza forzata con altri studenti internazionali e l’incertezza di una situazione ancora in evoluzione. «Spero di poter tornare in Italia presto, quando le cose saranno più stabili». E allora, il Coronavirus ha cambiato per sempre la voglia di viaggiare dei più gio vani? Secondo i dati dell'Inapp, l’Istituto Nazionale per l'Analisi delle politiche pubbliche, sembrerebbe di no: le candidature per partecipare al programma Erasmus+ non solo non sono diminuite, ma sono aumentate rispetto del 28% allo scorso anno. Resta da capire come la mobilità internazionale verrà influenzata da questa pandemia. Ma almeno sappiamo che le generazioni più giovani sanno guardare avanti, oltre il Coronavirus. ■

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Valeria in Spagna

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CINEMA, ISTRUZIONI PER RICOMINCIARE

IL DRIVE IN RIMARRÀ UNA ROMANTICA SUGGESTIONE Riapriranno il 15 giugno le sale cinematografiche in Italia, con nuove regole da seguire e distanze da mantenere. In questi mesi di chiusura forzata la soluzione del drive in come risposta al bisogno di distanziamento sociale è rimbalzata sulle pagine di tutti i quotidiani e nell’immaginario collettivo sono subito riemerse immagini dell’America anni ’50, con le sue decapottabili, le giacche in pelle e la brillantina. I lavoratori del settore, però, ne sono certi: non è questa la soluzione che salverà il cinema.

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DI CAMILLA FACCINI

utti ricorderemo Grease, con John Travolta che fa le sue avances a Olivia Newton-John durante una serata al drive in, o il celebre Arnold’s, drive in che in Happy Days accoglieva Fonzie e i suoi amici. Un tipo di cinema – con gli spettatori seduti ciascuno nella propria auto – che sembra ben prestarsi alle necessità del nostro presente. Pochi quelli rimasti attivi in Italia, diverse le città, da Milano a Bologna, che stanno considerando antichi modelli per ripartire. Che sia davvero una seconda occasione per questo modo di fare cinema? È scetticismo il primo sostantivo che utilizza Roberto Bechis, presidente del Circolo del Cinema di Verona, quando gli poniamo questa domanda. «È positivo il fatto che si parli di cinema ma nel drive in vedo più limiti che opportunità. Innanzitutto andremmo in contro a problematiche di tipo ambientale – sostiene Roberto – incentivando l’utilizzo dell’auto che andrebbe addirittura tenuta sempre accesa per godere dell’aria condizionata o del riscaldamento. Forti criticità si presentano anche dal lato audio: vero che 38

le soluzioni tecniche sono molteplici e che i drive in moderni permettono l’ascolto tramite telefonino o Bluetooth ma si perderebbe tutto l’effetto sonoro della sala che è parte integrante della fruizione cinematografica. Infine pensiamo alla visione: anche se con il vetro lavato, si guarderebbe comunque un film attraverso il parabrezza». Ma a prediligere le proiezioni in sala, che il circolo ha sospeso quest’anno per la prima volta dalla sua fondazione nel 1947, è soprattutto l’aspetto di socialità che il cinema può veicolare. «Vedere un film in sala, anche se a distanza l’uno dall’altro, significa vivere sensazioni in contemporanea con altri e l’emozione del cinema è data anche da questo». IL CINEMA ALL’APERTO (CHE NON È DRIVE IN) «Parlare di drive in era indubbiamente la soluzione più immediata – sostiene Barbara Baldo che con Ippogrifo Produzioni oramai da 8 anni organizza rassegne e festival di cinema nel territorio di Verona e fuori provincia – ma


«VEDERE UN FILM IN SALA, ANCHE SE A DISTANZA L’UNO DALL’ALTRO, SIGNIFICA VIVERE SENSAZIONI IN CONTEMPORANEA CON ALTRI E L’EMOZIONE DEL CINEMA È DATA ANCHE DA QUESTO» nel nostro caso è in contraddizione con tutto ciò che riguarda il cinema all’aperto». Ippogrifo segue infatti delle precise linee guida nella realizzazione delle proprie rassegne, valorizzando luoghi abbandonati e contesti di bellezza, mettendo sempre al centro un profondo senso ecologico. Perché nel momento in cui si decide di rinunciare a determinate caratteristiche di qualità che solo la sala cinematografica può garantire lo si fa certamente per dei vantaggi. «Il cinema all’aperto offre la possibilità di vivere il cinema come rito collettivo – spiega Barbara – e farlo in piazze, parchi o ville magari poco sfruttate diventa una doppia possibilità. Ma nel momento in cui mi chiudo in macchina rinuncio due volte alla qualità: sono in una situazione open e vedo un film attraverso un vetro. Diventerebbe tutto ancora più isolante». Per questo Ippogrifo continua a lavorare e punta a realizzare nell’estate in arrivo più di una rassegna. Il drive in rimane una possibilità remota, alla quale si penserà solo se le condizioni esterne lo renderanno obbligatorio. «Se il Covid dovesse segnare dei cambiamenti radicali nel mondo dello spettacolo bisognerà trovare le soluzioni più intelli-

genti, non solo le più comode. Il drive in offre una soluzione comoda in fatto di isolamento, ma è l’unico vantaggio. Si perde soprattutto la socialità del condividere l’esperienza artistica – conclude Barbara –, la stessa che mi fa scegliere di andare in un museo invece di guardare un quadro online». ■

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DUE PAROLE CON ALBERTO FUMAGALLI

Foto di Vincio

CHE NE SARÀ DEI FESTIVAL MUSICALI? Tra i settori maggiormente colpiti dalla pandemia sicuramente il mondo dell’intrattenimento è quello che ha subito uno tra gli stop più duri. Ad oggi il vero problema di questo segmento è la mancanza di prospettiva e di aiuti per gli operatori del settore. Abbiamo raggiunto Alberto Fumagalli, “Ceo” di Nameless Music Festival. Uno dei principali festival Italiani ed europei. Abbiamo provato a capire come questo settore potrà reagire e che conseguenze si trascineranno nel lungo termine.

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ono passati solo pochi giorni dal vostro annuncio dell'annullamento dell'edizione 2020. Scelta immagino molto ponderata ma non facile da prendere? Sì, ci siamo presi del tempo prima di annullare perché speravamo in un miglioramento dei dati. Abbiamo sempre sperato che Nameless potesse essere una luce in fondo al tunnel, un segno di speranza e di festa alla fine di un periodo difficile per tutti. Alla fine ci siamo dovuti arrendere di fronte a questa pandemia che sta spazzando via la musica dall'estate 2020.

Siamo davanti a un cambiamento epocale del quotidiano di ogni persona. Come pensi che la musica possa, nonostante tutto e tutti, ancora una volta aiutarci in questo processo? La musica è emozione. Penso che oggi la musica sia uno dei pochi strumenti a nostra disposizione per evadere dalla monotonia in cui è piombata la nostra vita, quindi si può dire che la musica ci fa compagnia durante le nostre giornate. Certo che vivere la musica a un evento live, sentire le vibrazioni dei bassi che ti entrano dentro e ti riscaldano è tutta un'altra cosa, ed è forse la cosa che più mi manca adesso. 40

DI TOMMASO STANIZZI


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«ORA PIÙ CHE MAI SERVE UNA LEGGE PER LE IMPRESE CULTURALI E CREATIVE, E SERVE SUPERARE GLI STEREOTIPI CHE NEL NOSTRO PAESE PORTANO I PIÙ A CREDERE CHE LE ARTI E GLI EVENTI CONTEMPORANEI NON SIANO FENOMENI CULTURALI DA TUTELARE» Tutti i più grandi festival europei e non hanno rimandato al prossimo anno l'appuntamento con il proprio pubblico. Oltre alla crisi sanitaria ed economica quali saranno i problemi che eventi internazionali come i vostri dovranno superare? Prima di tutto dovremo ritrovare la fiducia della gente. È indubbio che per un certo periodo non tutti vorranno tuffarsi in mezzo a "un mare di persone" per ascoltare concerti e djset. Poi non dobbiamo dimenticare che in tempi di crisi le persone razionalizzano i consumi, e questo significa che dovremo essere competitivi nell'offerta, dovremo fare ancora più attenzione ai costi e dovremo riuscire a non farci bollare come superflui da un mondo che troppo spesso sottovaluta l'importanza sociale e culturale degli eventi. Pensando invece alla produzione, prevedo una serie di normative volte a ridurre il rischio contagio all'interno degli eventi: sicuramente dovremo installare dei termoscanner e moltiplicare esponenzialmente le colonnine con gel igienizzante, ma non vedo applicabile in nessun modo pratiche da "social distancing" la musica live vive di assembramenti. Infine mi preoccupano anche le limitazioni ai viaggi interna-

zionali ed al trasporto aereo in genere. Dietro ai grandi festival c'è sempre una complessa macchina logistica che si occupa di facilitare gli spostamenti dei clienti e di gestire in toto gli spostamenti frenetici degli artisti, il rischio è che tutto si trasformi in maggiori costi. Molti individuano questo momento come un nuovo anno zero dal quale ripartire e provare a sistemare i problemi che il music business ha da tempo irrisolti. Pensi davvero si possa iniziare questo cammino? Credo sia doveroso provarci. Soprattutto in Italia, dove c'è una grande frammentazione nella rappresentanza e dove ci sono troppi pregiudizi. Mi auguro che intorno all'emergenza possa nascere un dialogo tra le mille realtà che popolano il settore. È ora di nobilitare il music business, perché oltre ad essere una importante industria con decine di migliaia di addetti, è il più importante ed accessibile aggregatore sociale e culturale. Ora più che mai serve una legge per le imprese culturali e creative, e serve superare gli stereotipi che nel nostro paese portano i più a credere che le arti e gli eventi contemporanei non siano fenomeni culturali da tutelare. ■

Foto di Vincio

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PUGLIA: UN LUOGO DOVE PERDERE IL CUORE La bellezza attrae, il gusto seleziona, la Puglia innamora… Benvenuti in Puglia, nel tacco d’Italia, una terra dalle tradizioni antiche, viva e fervente, una regione dai mille volti: dalle campagne incantate che si snodano nei territori delle Murge, alle spiagge di sabbia finissima affacciate su mari cristallini del Salento.

gliamo di provare il percorso Speleonight, ovvero lo visita delle grotte al buio con la sola illuminazione ad acetilene utilizzata dalle guide. In questo modo potrete godere ancora di più dello splendore della Grotta Bianca, la cavità più splendente al mondo.

Il nord della Puglia, la zona del Gargano, attrae migliaia di turisti non solo per le splendide località di mare, ma anche per i numerosi antichi borghi in cui si respira ancora il profumo di secoli di storia.

Proseguendo verso l’estremità della regione, si arriva in Salento, in provincia di Lecce. Le spiagge della costa ionica sono una vera chicca del tacco d’Italia, a cominciare dalle cosiddette “Maldive del Salento”, lungo il tratto di costa tra Gallipoli e Leuca. Merita una visita la Grotta della Poesia in località di Melendugno, uno spettacolo che lascia di stucco: il blu intenso del mare che si infrange nelle rocce carsiche della cava. Si narra di una principessa dalla bellezza disarmante che andava a fare il bagno nelle acque blu della grotta. La sua bellezza portò molti poeti da tutto il mondo nella grotta a trovare ispirazione per i loro versi. Oggi la grotta è una delle dieci piscine naturali più belle al mondo e una delle mete più raggiunte del Salento.

Con i suoi 140 km di costa, il litorale garganico presenta numerose spiagge, baie, insenature e grotte in cui rinfrescarsi dalla calura estiva con un tuffo in mare o un giro in barca. Tra le spiagge più belle citiamo la spiaggia di Vignanotica o la Baia delle Zagare o ancora la Cala della Sanguinaria. Dalla costa garganica è possibile raggiungere con facilità le isole Tremiti che si trovano a circa 12 km al largo del Gargano. Le isole sono ideali per gli amanti del trekking, ma anche per chi vuole scoprire le sue coste con un giro in barca o esplorare i fondali con indimenticabili immersioni. Spostandosi a sud, ci si può fermare a fare un bagno nella suggestiva Polignano a Mare o nell’entroterra. Noi vi consigliamo di fare sosta a Castellana Grotte e visitare le sue cavità. Le Grotte di Castellana sono il complesso speleologico più famoso in Italia, composte da cinque grotte che si estendono per circa 3 km sotto la città e collegate da corridoi e gallerie sia naturali che artificiali. Se siete dei temerari, vi consi-

Immancabile una tappa alla Baia dei Turchi che si trova nella zona dei Laghi Alimini, la sorpresa di uno spettacolo incantevole si rivela a piccoli passi, lungo il cammino che conduce attraverso la fresca e profumata pineta. Il panorama toglie il fiato, con il mare cristallino e una distesa di sabbia bianca finissima. Da non dimenticare, poi, spiaggia Pesculose, Punta della Suina, Torre dell’Orso e molte altre… Vi aspettiamo in agenzia per organizzare insieme una vacanza indimenticabile nelle migliori strutture del territorio.

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FRANCESCA, LA BLOGGER VERONESE PROTAGONISTA DI UN LIBRO

COMPLETA, MAI DIMEZZATA Il 18 maggio è uscito in libreria I Dimezzati (CTRL Magazine), un reportage narrativo su uomini e donne che vivono una vita a metà. Tra i 14 protagonisti spicca anche una veronese: la blogger Francesca Moscardo. Alta poco meno di un metro, Francesca, nelle pagine a lei dedicate del capitolo La Nana Bianca, ha raccontato pillole di vita per arrivare alla conclusione che lei “dimezzata” non lo è mai stata.

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DI GIORGIA PRETI

o straordinario spesso sfugge al nostro sguardo. Una persona, un oggetto o un luogo: ogni cosa può celare e raccontare una storia sorprendente. Quella di Francesca Moscardo ne è un esempio: veronese, 33 anni, blogger, copywriter, studiosa di storia e di arte che dal suo metro d’altezza ha conquistato quell’emancipazione (fisica ed emotiva) che in tanti ancora cercano. Con il suo blog, aperto nel 2017, dal titolo Nanabianca ha scardinato, con autoironia, luoghi comuni e ha portato chi lo leggeva a guardare il mondo da una prospettiva diversa e “privilegiata”: la sua. «Volevo parlare di me, di tutto quello che incontro dal mio metro d'altezza e per una persona adulta questo è straordinario. Dalla mia prospettiva, infatti, vedo dettagli che magari gli altri non riescono a vedere» ci spiega Francesca. A raccontare la sua storia è stato Zeno Toppan, uno degli autori del libro-reportage I Dimezzati (CTRL Magazine) uscito in libreria lo scorso 18 maggio. All’interno del volume, secondo di una trilogia, sono presenti 14 reportage narrativi di donne e uomini “a metà” o dalla doppia vita, ma anche di luoghi inesplorati. E da pagina 106 a pagina 122 c’è anche lei: La 44

Nana Bianca. «Io e Zeno ci siamo incontrati il 26 novembre qui a Verona durante il festival Non c'è differenza, di cui ero una delle relatrici per una conferenza sulle persone nane nella storia e nell'arte. – racconta Francesca – Lui ha preso l'occasione per incontrarmi. Infatti il reportage inizia da lì, dalla fine, e fa un flashback. Ha avuto un compito, quello di condensare 33 anni di vita in 16 pagine, che io non so se riuscirei a portare a termine. È stato molto bravo». Eppure “dimezzata” non è un aggettivo che può essere affibbiato con leggerezza a Francesca, perché “a metà” non ci si è mai sentita: «Dal punto di vista sociale sento che dovrei ricoprire questo luogo comune di persona svantaggiata, ma assolutamente non mi ci sento. Io mi sento completa. Quello che racconto io sul mio blog e sui social è proprio questo: l'altezza non è l'unica cosa che ti caratterizza, c'è tanto altro in una persona» ci dice con decisione. L’INFANZIA, LA FRANCIA E LE PRIME CONSAPEVOLEZZE Tra le pagine del reportage dedicato a Francesca ci sono vere e proprie pillole di vita:


«DAL PUNTO DI VISTA SOCIALE SENTO CHE DOVREI RICOPRIRE QUESTO LUOGO COMUNE DI PERSONA SVANTAGGIATA, MA ASSOLUTAMENTE NON MI CI SENTO. IO MI SENTO COMPLETA».

dall’infanzia ad oggi. Stralci di quotidianità, ma anche sacrifici indispensabili, affrontati con innata determinazione: «Una delle questioni principali su cui ci siamo confrontati io e Zeno è stato il periodo che ho vissuto a Parigi. Quando avevo circa nove anni sono stata operata lì alla colonna vertebrale, quindi ho vissuto in Francia per circa quattro mesi per la trafila prima e dopo l’intervento. Prima dell’operazione, infatti, hanno dovuto preparare la mia colonna a ricevere un innesto osseo. E per allungare la colonna il più possibile prima dell'intervento sono stata per circa due mesi e mezzo in una sorta di trazione continua con un gesso al busto e un cerchio in alluminio sulla testa che veniva tirato con delle corde, una carrucola e dei pesi. Sembra una tortura medievale (ride, ndr), ma si fa anche adesso, magari con un sistema meno complesso. Dopo l’operazione ho tenuto il gesso per un anno. È stata una procedura lunga, ma era necessaria. – racconta Francesca – Prima di questo intervento, però, siccome io non avevo potuto fare gli allungamenti agli

arti inferiori, mi avevano anche proposto di mettere dei tutori e avevano chiamato una ragazza dalla Provenza che venisse a farmi vedere questi “trampoli”. Io ero inorridita: tutti pensavano che mi avrebbe cambiato la vita, ma io sapevo già che non volevo modificare il mio corpo per sembrare più alta». La forza d’animo e la risolutezza di Francesca, è evidente, sono i motori della sua vita: fatta di ostacoli, soddisfazioni, ma anche costellata di sogni nel cassetto. Tra questi un’autobiografia, perché confinare la Nana Bianca in sole 16 pagine non si può: «In tanti mi chiedono perché non abbia ancora scritto un’autobiografia e me l'ha chiesto proprio anche Zeno Toppan. Ci ho pensato ma non mi sento ancora pronta. Vedo che tanti scrivono libri (è diventato di moda) e io tendo sempre a svalutarmi. Però potrebbe essere interessante scrivere la mia biografia intramezzata da alcuni saggi sulle persone nane nella storia e nell’arte, tema delle conferenze che sto tenendo ultimamente. Mi piacerebbe, ma devo mettermici. Sarebbe un grande traguardo». ■ 45

Francesca durante il periodo a Parigi

La copertina del libro


LE COMPOSIZIONI DI PAOLA COLOMBO IN ARTE POLLAZ

ALTRO CHE CONGIUNTI, ECCO COME SI DISEGNA LA FAMIGLIA Due parole con Paola Colombo, artista e designer conosciuta come Pollaz che, con il suo lavoro apprezzato in Italia e all’estero, rappresenta la sintesi perfetta tra fantasia e realtà. Tutto ciò che la sua mente creativa immagina si traduce in creazioni di ogni genere.

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DI SARA AVESANI

a sua passione, e quindi la sua vita, è legata alla manualità, al valore del gesto, alla capacità di prendere ago e filo, come le hanno insegnato fin da piccola e, a far nascere. «amici immaginari e mondi immaginifici». Realizza delle vere e proprie scenografie in miniatura con i suoi quadri-ritratto: le classiche foto di famiglia in cornici d’argento diventano tridimensionali personaggi, costruiti con maestria e grandissima attenzione al particolare, tanto che le persone stesse si stupiscono della loro unicità quando si rispecchiano nell’opera. Numerose e importanti sono le sue collaborazioni che sono continuate anche durante la quarantena. La definiscono sempre originale ma senza esagerare, dedita al dettaglio, al passo coi tempi, innovativa e pratica (ha fatto del “fai da te” la sua bandiera) ma soprattutto divertente e mai banale. Se dovessimo accostare uno stile alla sua produzione, potremmo pensare ai film di Wes Anderson, i cui protagonisti sono stati trasformati in pregiati cuscini di design, i famosi “Pillow face” di Pollaz. Per il prossimo futuro ha già pensato di dar vita ad un progetto (iper)personalizzabile: un ritratto digitale da utilizzare come avatar per i propri 46

canali social, biografia del sito, biglietti da visita. Con la sua simpatia, ci spiega anche come questa immagine possa essere utilizzata «come adesivo per i tuoi pacchetti regalo o da mettere sulle banane così, il tuo coinquilino non le scambierà più per le sue. Si possono anche semplicemente stampare e appendere al muro. Se sei timido, potrebbero diventare una maschera per nascondere la tua vera faccia». Chi è Pollaz? Ci racconti un po’... Mi chiamo Paola ma molti anni fa, alcuni amici hanno iniziato a chiamarmi Pollaz: questo nome mi è piaciuto subito e così ho deciso di conservarlo anche per il mio brand. Mi sono laureata in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Verona dove vivo tuttora. Doveva essere una città di passaggio invece sono qui da ormai quindici anni. Vivo a Veronetta che, direi, è il quartiere che preferisco. Pollaz è una realtà che esiste da tanto tempo, nata negli anni dell’Accademia. All’inizio con un po’ di sacrifici e tanta costanza, per sostenermi. Ho fatto in parallelo anche noiosissimi lavori di ufficio ma, per fortuna, da ormai cinque anni è diventato il mio amatissimo lavoro.


LA SUA PRODUZIONE? POTREMMO PENSARE AI FILM DI WES ANDERSON, I CUI PROTAGONISTI SONO STATI TRASFORMATI IN PREGIATI CUSCINI DI DESIGN, I FAMOSI “PILLOW FACE” DI POLLAZ Come designer cosa crei? Lavoro molto con il disegno, creando illustrazioni e pattern per i miei prodotti ma anche per altri marchi e clienti su commissione. Sono da sempre molto legata ai tessuti, all’ago e al filo, è proprio da lì che sono partita con le mie prime creazioni. Cucire rimane fondamentale per me. Da dove nasce la sua passione? Sicuramente il percorso scolastico e accademico hanno segnato la mia strada ma la voglia di “fare cose”, di inventare e tradurre in oggetti o disegni ciò che avevo in testa, è sempre stata in me. Da piccola, a scuola ma anche a casa, spinta dal principio del fai da te, o meglio dalla cultura DIY, ho sempre amato avere le mani in pasta. Tutto ciò che potevo immaginare, tutte le mie fantasticherie trovavano espressione con il disegno o la macchina da cucire. Tanti anni dopo, con moltissima dedizione e fatica, rendermi conto che è diventato il mio lavoro, mi rende davvero soddisfatta. Quali sono le sue creazioni? Come dicevo le mie creazioni sono molto varie, spaziano in tanti prodotti diversi e nel tempo si sono modificate ed evolute. Disegno illustrazioni e pattern destinati a diventare complementi d’arrendo come cuscini, tovagliette per la colazione o tazze, oppure accessori o abbigliamento come foulard, spille, portachiavi o t-shirt. Ma non solo. Se dovessi riassumere quello che faccio, e non mi è per nulla facile, direi che cerco di trasporre in illustrazioni e lavori tutta la mia immaginazione fatta di amici immaginari e mondi immaginifici. Forse il prodotto per cui sono maggiormente conosciuta sono dei ritratti di stoffa, chiamati Pillowed & Framed: piccoli volti realizzati principalmente in cotone, feltro e lana, “appoggiati” su un corpo realizzato con la tecnica del collage all’interno di una cornice. Ha avuto esperienze significative nel suo percorso? Tra le collaborazioni a cui ho lavorato con più grande piacere c’è sicuramente quella con Lazzari di qualche Natale fa, la collezione co-disegnata con la tatuatrice Vinil chiamata Ausflug e, sono stata molto felice di aver contribuito in questi giorni alle illustrazioni per la brand identity di uno shop online di riviste che amo, si chiama Frab’s. Come ha vissuto la quarantena? Il mio studio è in casa, quindi diciamo che la mia quotidianità non è cambiata molto.

Foto di Giuli & Giordi, 2019

Per me la casa è un posto speciale. Rappresenta un immaginario importantissimo per me, mi piace realizzare una serie di prodotti ad hoc per cercare di raccontarla in un modo molto personale. Ammetto di non aver vissuto la quarantena in modo particolarmente stressante perché non ha stravolto le mia abitudini e perché, la casa e il mio studio sono davvero le mie isole felici. Tuttavia mi ha colpita psicologicamente, essendo io un pochino ipocondriaca, (sorride, ndr). Penso a quello che stava e sta tuttora accadendo fuori dalle nostre porte e, soprattutto, all’impatto che ha avuto e e avrà sulla vita di molte persone. Progetti per il futuro? Sto lavorando a nuove illustrazioni e tanti nuovi prodotti. Proprio in questi giorni ho aggiunto nel mio shop la possibilità di acquistare un nuovo tipo di ritratto, questa volta digitale, da utilizzare come avatar per i propri canali social, biografia del sito, biglietti da visita. ■ 47


IL RICONOSCIMENTO DI VERONA NETWORK

I premiati dell'edizione 2019

TUTTO PRONTO PER LA 10ª EDIZIONE DEL PREMIO VERONA NETWORK Alle ore 21, giovedì 25 giugno, verrà assegnato il Premio Verona Network 2020, il prestigioso riconoscimento a persone, realtà e istituzioni che si sono distinte per il loro impegno, contribuendo a rendere grande la nostra città.

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DI REDAZIONE

n format del tutto nuovo quest’anno per la 10ª edizione del Premio Verona Network: una prima serata d’eccezione che andrà in onda giovedì 25 giugno alle ore 21 su Radio Adige TV, canale 640 del digitale terrestre. La diretta televisiva vedrà protagoniste le persone e le imprese che si sono distinte per l’impegno e l’importante contributo nel rendere grande la nostra città, Verona. Durante la premiazione, che nasce dalla volontà degli oltre 60 soci istituzionali dell’Associazione Verona Network, saranno consegnati otto riconoscimenti: Premio Economia, Premio Impresa, Premio Associazione, Premio Ente Pubblico, Premio Veronesi Protagonisti, Premio Sport, Premio Comunicazione e Premio Spettacoli ed Eventi. Una di queste otto categorie, inoltre, sarà insignita del prestigioso Premio Verona Network. Si sente sempre parlare, soprattutto in un periodo complesso come quello che stiamo vivendo, della necessità di fare squadra: obiettivo del riconoscimento è premiare chi la promuove e la sostanzia attraverso iniziative concrete. 48

NELLE EDIZIONI PRECEDENTI. Sono numerose le figure e le realtà che finora sono state premiate da Verona Network: i vincitori delle scorse edizioni sono Sergio Pellissier, Sandro Veronesi, Gianmarco Mazzi, Giuseppe Manni, Enrico Frizzera, Giordano Veronesi, Gigi Fresco, Beatrice Pezzini, Istituto Don Bosco, Flavio Pasini, Cristina Pozzi, Marco Ottocento e Valentina Boni. NOMINATION. Gli otto vincitori dei Premi di Categoria e del Premio Verona Network saranno selezionati attraverso la modalità della “nomination”: i soci di Verona Network segnaleranno all’Associazione i nominativi di persone e/o imprese meritevoli, distintesi per l’impegno e l’innovazione nei vari settori socioeconomici di Verona. Tra questi, verranno scelti da Verona Network gli otto vincitori dei premi di categoria e, inoltre, il candidato che si aggiudicherà anche il Premio speciale Verona Network: il vincitore sarà annunciato durante la diretta televisiva su Radio Adige TV giovedì 25 giugno, a partire dalle ore 21.


I premiati dell'edizione 2018

INTERVISTE. Tutte le persone e le realtà che riceveranno una “nomination”, ovvero che saranno segnalate all’Associazione Verona Network, avranno anche la possibilità di essere intervistate dalla redazione nell’ambito del format “Veronesi Protagonisti”: un’occasione per parlare della propria organizzazione e di come essa sta affrontando la Fase 2. L’intervista sarà trasmessa, in forma del tutto gratuita, su Radio Adige TV e pubblicata sui canali media e social di Verona Network. Ma non è tutto: l’organizzazione che sceglierà di realizzare l’intervista, avrà anche la possibilità di essere pubblicata sul magazine cartaceo Speciale Veronsei Protagonisti, che raccoglie le storie, le interviste e le iniziative delle imprese che contribuiscono con impe-

gno, creatività e innovazione allo sviluppo del nostro territorio. ■

L’ASSOCIAZIONE, IN BREVE Verona Network, il network territoriale veronese che riunisce diverse realtà tra enti, istituzioni e aziende, conferma anche per quest’anno l’impegno a farsi promotore di occasioni di confronto in una logica propositiva per la città. Ad oggi Verona Network raccoglie oltre 60 soci istituzionali e altri importanti soggetti scaligeri rappresentanti di 3000 operatori economici e di oltre 50.000 cittadini veronesi. I premiati dell'edizione 2017

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INSIEME PER VALORIZZARE VALPOLICELLA E LESSINIA

Manola Udali, Anna Vallicella, Federica Zanella, Sonia Viviani, Serena Menegotti, Martina Tommasi, Laura Panarotto

LE FANTASTICHE SETTE Un trifoglio: è questo il simbolo scelto dall’appassionato gruppo di ragazze che ha dato vita a Farfojo, la nuova iniziativa che con delicatezza si prende cura della Lessinia, delle sue antiche tradizioni e dei suoi luoghi vivi.

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DI GIULIA ZAMPIERI

er Martina, è il prato della casa del nonno, a Ceredo, e «quelle corse da piccola nella grande conca verde». Poco più in là, anche Laura, da bambina, trascorreva le giornate alla ricerca di ranocchi e salamandre, «nel ruscello nascosto da pietre e erba alta». Per Federica invece, c’è ancora il Santuario di Santa Maria Valverde e le passeggiate al tramonto in quel luogo «che rimarrà per me il più bello e suggestivo della Terra». C’è anche il bosco di Corrubio e il piccolo sentiero degli alberi, quegli alberi che «io e le amiche abbracciavamo», mi confida Sonia. Manola ricorda invece il grande prato vicino a Breonio da cui ammirare il Corno d’Aquilio, e Serena le passeggiate autunnali con le castagne raccolte a Verago. Anna il suo posto lo tiene per sè, perché è là, «in quel luogo dove terra e cielo dialogano», che torna sempre quando è alla ricerca di pace. Questa è la Lessinia che si scopre grazie a Farfojo, un vivace gruppo di lavoro animato dalla cura e dall’attenzione di queste sette appassionate ragazze, che non a caso hanno scelto la lingua madre di questi luoghi per riconoscersi. «Nel Farfojo (trifoglio in dialetto, ndr) – mi raccontano – ci sono tre petali, proprio come i paesi dove vorremmo lasciare un segno positivo: Sant’Anna d’Alfaedo, Fumane e Marano. E se diventa un quadrifoglio, c’è anche spazio 50

per un petalo, e un paese, in più». L’iniziativa, nata grazie al sostegno di Progetto Groove di Carta Giovani VR, con l’aiuto di Fondazione Cariverona, è attiva da pochi mesi e da allora mostra, tramite una curatissima pagina Facebook e un vivace profilo Instagram, quel tesoro di natura e storia che è la Lessinia. Ci sono le ricette della tradizione: come preparare lo sciroppo di Sambuco e la torta all’erba madre. E poi i detti in dialetto che tutti i nonni non si sono mai stancati di ripeterci. L’ANIMA DI UN TERRITORIO DA RACCONTARE Ma anche gli approfondimenti sulle marmotte che continuano a vivere tra quei monti e le erbe spontanee che spesso dimentichiamo perché non hanno bisogno del nostro aiuto per crescere. Dopo i primi mesi di attività, «con le difficoltà di dover organizzare tutto il lavoro virtualmente, non potendoci incontrare» le ragazze di Farfojo continuano a valorizzare e condividere la loro Lessinia, viva e autentica, augurandosi di poter presto organizzare anche «laboratori rivolti ai bambini e eventi dal vivo in cui poter riscoprire il nostro territorio, magari coinvolgendo produttori locali e Pro loco». In pochi mesi, la gratitudine è già tanta: prima di tutto, verso gli educatori territoriali Andrea Viviani,


Maddalena Mazzi e Nello Dalla Costa e verso i sindaci «che non hanno mai smesso di sostenerci: Giuseppe Zardini (Marano di Valpolicella), Daniele Zivelonghi (Fumane) e Raffaello Campostrini (Sant’ Anna d’Alfaedo). E poi verso le persone che, entusiaste e curiose, lasciano commenti, ci rispondono e condividono le torte fatte seguendo le nostre ricette». Chissà se saremo capaci di riconoscere più spazio, ogni giorno, a quel verde che

calma lo sguardo, alla sensibilità degli alberi e alla memoria delle rocce. Intanto, da un po’, c’è anche Farfojo, a ricordarci la meraviglia di quel sentiero tra gli alberi, del respiro di quel ruscello e del violetto delle orchidee di montagna. E che, se siamo ancora capaci di provare meraviglia, non possiamo che esercitare la cura: perché, anche senza meriti, questa nostra Lessinia è un po’ tua, e anche un po’ mia. ■ Le cascate di Molina

LA TUA MUSICA

IN TV sul 640 del digitale terrestre

Gruppo Verona Network 51

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LA BELLA VERONA DOVE SI FA DEL BENE

GIOVANI, ECCO L’ENERGIA CHE CERCATE Gli ultimi mesi di convivenze forzate hanno risvegliato in voi l’esigenza di emanciparvi? La cooperativa Energie Sociali può essere la chiave di volta. Tra housing sociale, progetti di inserimento lavorativo e servizi educativi pensati per i Neet, ce ne è per tutti i gusti. Ne parliamo con Ilaria Andreasi, responsabile della comunicazione per la realtà.

Come vi è venuta in mente la campagna e lo slogan Te Taio i viveri? La campagna è stata ideata assieme all’agenzia Quamproject per il progetto Net for Neet e voleva rivolgersi sia ai giovani, ma anche ai loro genitori che talvolta per primi sentono il problema dell’inattività dei figli. Te taio i viveri! È un modo di dire che non intimorisce, un falso imperativo che non è una minaccia ma un invito a riprendere le redini del proprio futuro, un monito per dire che le alternative ci sono, basta saperle cogliere. E solo il dialetto poteva essere così diretto! ■ www.energiesociali.it @energiesociali 52

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Ci puoi raccontare un paio dei tanti progetti che avete in corso? Un progetto che ci sta a cuore è Net for Neet. Affronta il tema del lavoro e dell’autonomia di quei giovani che non studiano e non lavorano o che hanno abbandonato precocemente gli studi. Nei primi due anni di progetto abbiamo concluso 60 percorsi lavorativi di giovani e l’80% di questi ha avuto esito positivo di inserimento lavorativo o ripresa degli studi e abbiamo accolto 43 giovani in co-housing! Abbiamo ancora un altro anno di attività e le candidature sono aperte! Un altro progetto, che sta ripartendo per l’estate 2020 è “Ci sto?

Affare Fatica!” che vede impegnati gruppi di adolescenti dai 14 ai 19 anni nella cura dei beni comuni: pulizia spazi pubblici, piccole manutenzioni, tinteggiatura di giostre, staccionate, spazi di scuole dell’infanzia, primarie e secondarie, cura del verde e tante altre attività! Saranno accompagnati da un giovane tutor e da un esperto senior e verranno ricompensati con un “buono fatica” di € 50,00 da spendere presso gli esercenti del territorio, che i ragazzi riceveranno per ogni settimana di attività. I progetti hanno entrambi il sostegno di Fondazione Cariverona e un ampio partenariato.

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E

nergie Sociali: il nome è promettente, ma spiegaci meglio di cosa vi occupate… Siamo una cooperativa sociale che opera sul territorio di Verona e provincia con l’obiettivo di occuparci in modo integrale della persona. Siamo strutturati in diversi settori, offrendo una filiera di servizi, con un’attenzione particolare a chi è più vulnerabile ed emarginato. In questo modo cerchiamo di far fronte a difficoltà di diverso genere: dall’educazione alla tutela minori, dal bisogno di socialità alla cittadinanza attiva, dall’inserimento lavorativo a quello abitativo.

DI SALMON LEBON


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GIOVANNI GALBIERI, VELOCISTA E MUSICISTA

L’ARTE DELLA CORSA La vita di uno sportivo è una scala. I gradini che hai percorso contano, ma se guardi in alto sei sempre l’ultimo della fila. Nonostante ciò, l’unica opzione è continuare a salire: non esistono vittorie eterne, si ricomincia sempre da capo. Giovanni Galbieri, velocista classe 1993 originario di San Vito Al Mantico nella sua carriera (anche musicale) non si è mai fermato.

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li infortuni hanno spesso provato a frenare la sua ascesa, ma lo sprinter veronese ha trovato nella passione per lo sport un prode alleato in grado di supportarlo nel superamento di ogni genere di avversità. Il trionfo agli Europei Under 23 di Tallin nel 2015 è stato finora il successo più impattante nel palmares dell’eclettico Giovanni che, dal 2018, ha inoltre deciso di cimentarsi nel campo musicale, indossando le vesti del cantautore. Se il mondo post Covid-19 dovrà essere incentrato sulla versatilità, la storia di Galbieri ha fin qui lasciato delle impronte che meritano di essere analizzate. Giovanni se chiudi gli occhi e pensi all’atletica post emergenza cosa vedi? Il nostro sport sta facendo di necessità virtù, esattamente come ogni altro settore. Il rinvio di due appuntamenti carichi di aspettative come Europei ed Olimpiade ha rappresentato indubbiamente un bello scossone per tutti, ma

Giovanni Galbieri

la stagione non è ancora finita e quindi personalmente ho rincominciato ad allenarmi qui a Torino, mia seconda casa. I miei trascorsi mi hanno insegnato a rialzarmi dopo ogni caduta: dobbiamo farci tutti forza a vicenda, consapevoli che ne possiamo uscire migliori. Sei favorevole o contrario alla posticipazione di Tokyo 2020? Personalmente sono d’accordo con la decisione. Molti atleti, soprattutto quelli più in là con l’età, hanno vissuto questo rinvio come un dramma, ma ritengo che alla fine ci sia un anno in più per allenarsi nel quale affinare il livello gara. L’atletica leggera in questo senso penso sia uno sport estremamente meritocratico: che tu ti prepari in Kenya oppure a Central Park, arrivi davanti se ne hai più degli altri. Non esistono scorciatoie per il successo. Verona e Torino sono i due poli attorno ai quali gravita la tua vita… come inquadri que54

DI MATTEO LERCO


ste due realtà? A Bussolengo ho mosso i primi passi come atleta, gareggiando con la società New Foods, nel capoluogo piemontese invece ho compiuto gran parte della mia crescita professionale, considerato che lì ho vissuto un quadriennio estremamente formativo che mi ha permesso di trionfare a Tallin nel 2015. L’estate successiva ho avuto il privilegio di entrare nell’Aereonautica militare, una straordinaria opportunità per ogni atleta: sono contento di essermi guadagnato una chiamata del genere, ma è indicativo il fatto che in Italia questo sia l’unico modo per aspirare a diventare un professionista. Servirebbe una riforma profonda del concetto di sport. Nel 2018 debutti nel palcoscenico musicale nostrano con il disco Pensa poetico. Con il cantautorato è stato amore a prima vista oppure il rapporto si è intensificato negli anni? Ho sempre pensato alla musica e allo sport come a due rette parallele, destinate per questo a non incontrarsi mai. La mia quotidianità è scandita dal tempo che dedico agli allenamenti e da quello che riservo alle mie canzoni. Se l’atletica mi ha insegnato a restare mentalmente dentro una corsia, nell’arte ho trovato un modo per uscire dagli schemi. Lo scorso gennaio è uscito il mio ultimo singolo intitolato La cura del sale: vi assicuro che non sarà l’ultimo. ■

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L’INCENTIVO PER LA MOBILITÀ DOLCE

MIGLIORI DI PRIMA? NO, MA ALMENO TUTTI IN BICI Si sarebbe potuto far di meglio, avrebbe incalzato la maestra a scuola, ma tutto questo tempo trascorso a guardare il cielo dalla finestra di casa, durante la quarantena, ci ha risvegliato dal torpore del pensiero stantio e ripetitivo. E come suggerimento per questo cambiamento in atto, il Governo ha messo sul piatto un bonus per l’acquisto di mezzi a inquinamento zero. astinenza” citato da Galimberti, ha lanciato fuori di casa anche i più restii al movimento fisico. Da quel momento sull’applicazione Strava, che monitora le uscite sportive attraverso il gps, calcolando anche i tempi di percorrenza dei segmenti, c’è stato un balzo straordinario di propensione all’attività fisica. Il tempo dedicato allo sport è di certo maggiore rispetto a prima, e di conseguenza anche le percorrenze, in termini di distanza e di dislivello.

Il percorso provato per voi da Montorio a Ponte Pietra

DI MARCO MENINI

C

osa ci ha insegnato la pandemia? La risposta è arrivata fulminea, e tutto sommato prevedibile, da Umberto Galimberti: «Niente». Perché «torneremo al precedente stile di vita con la foga di chi ha vissuto un periodo di astinenza». Ognuno di noi avrà modo di rispondere con sincerità, a se stesso, a questa provocazione del noto filosofo Galimberti. Ma cos’è stata la prima cosa che avete notato, di diverso, di nuovo, uscendo di casa il 4 maggio? Noi abbiamo appuntato un fatto che ha cominciato a verificarsi una settimana prima, il 27 aprile, in seguito all’ordinanza n.43 del presidente della Regione Veneto Luca Zaia. Alle ore 18 di quel giorno c’è stato il primo via libera all’attività motoria all’aperto. E la molla del “periodo di 56

STIAMO CAMBIANDO TUTTI? E qui vogliamo arrivare. Perché sembra che le piste ciclabili siano affollate anche nelle ore di punta, e questo significherebbe che molti (si potrebbe fare meglio) hanno scelto di andare in ufficio in bicicletta. Va detto: in questa prima fase di convivenza con il virus, chi era abituato a prendere il mezzo pubblico, ora sembra preferire il mezzo privato. Ma se tutti dovessimo fare così, allora sarebbe il caos, specie nelle arterie principali. Abbiamo voluto verificare di persona la differenza tra l’uso dell’auto e della bicicletta, per andare in centro. Da Montorio e fino a Ponte Pietra, in bici, ci si impiegano circa 18 minuti, indipendentemente dal traffico. Abbiamo confrontato questo risultato con lo spostamento in auto: considerando il tempo speso per trovare il parcheggio (uno gratuito, magari) e poi il tragitto a piedi per arrivare a lavoro. A queste variabili ne va aggiunta certamente un’altra, che è l’orario. Considerando un orario di punta, con partenza alle 7.30, ci vogliono


Il bonus bici, in breve

Al momento la piattaforma web del ministero dell’Ambiente non è ancora online, quindi per ottenere il bonus mobilità che copre fino al 60% dell’acquisto (tetto massimo di 500 euro), è necessario conservare la fattura (non lo scontrino) della

spesa effettuata e poi allegarlo all’istanza da presentare via web. Nella seconda fase (ovvero quando entrerà in funzione l’applicazione web) è invece previsto lo sconto diretto da parte del fornitore attraverso una sorta di buono spesa digitale generato sulla piattaforma.

GUARDA L’INTERVISTA A CORRADO MARASTONI, PRESIDENTE DI FIAB

almeno 25 minuti, se si ha la fortuna di non dover ricorrere ai posteggi a pagamento. E sì, ha ragione Heidegger, il filosofo che afferma che «abbiamo un’unica forma di pensiero ed è quello calcolante, che ci permette di fare solo conti economici». Senza entrare nel merito, è molto probabile che il “bonus mobilità”, inserito nel Decreto Rilancio n.34 del 19 maggio, faccia davvero presa sulle coscienze degli italiani. Che sia per sport, o per mero spostamento, un contributo del 60% (fino a un massimo di 500 euro) sulla spesa totale per l’acquisto di una bici, monopattini elettrici e segway, potrebbe concretizzare quelle che sono, in fondo, le speranze di tutti. ■ SPAZIO PUBBLICITARIO

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ACARI

FUMO

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STOP all’uso di bombolette pericolose per la Salute e l’Ambiente


IL MONDO DEI MOTORI CRONACHE, IDEE, SOLUZIONI

AUTO E SPOSTAMENTI COSA C’È DA SAPERE Il DPCM dello scorso 18 maggio ha precisato anche quali sono le modalità di spostamento in auto consigliate e concesse. Informazioni molto importanti per una mobilità che l’Italia ora comincia a riscoprire.

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l secondo step della Fase 2 è sicuramente uno dei più delicati, lo stiamo vedendo di giorno in giorno. La riconquistata libertà ha già generato episodi con strascichi polemici perché non è facile abituarsi ad una nuova quotidianità, molto diversa da quella a cui eravamo abituati. Tra questi nuovi comportamenti quelli che riguardano gli spostamenti in auto sono altrettanto importanti, cerchiamo di illustrare i principali. Fino al 3 di giugno sarà possibile spostarsi liberamente all’interno della propria regione di residenza per visitare i congiunti, gli amici o per recarsi a fare sport, senza autocertificazione. Chi non possiede un’auto può farsi accompagnare da familiari, parenti o amici. Nel primo caso si potrà sedere davanti, lato passeggero, mentre se alla guida sarà un parente o un amico è consigliato sedere dietro, sempre lato passeggero, con la mascherina indossata e preferibilmente con il finestrino abbassato. Si legge nel testo: «le auto possono essere utilizzate da più passeggeri solo se si rispetta la distanza minima di un metro. Non è possibile andare in due in moto, non essendo possibile la distanza minima di un metro. Entrambi questi limiti non

valgono se i mezzi sono utilizzati solo da persone conviventi». LA MASCHERINA IN AUTO? Sull’uso della mascherina in auto si sono aperti diversi dibattiti dato che il testo del DPCM non è chiaro sull’argomento. Si consiglia l’utilizzo nel caso vi siano a bordo persone non dello stesso nucleo famigliare, ma altre scuole di pensiero dicono che lo spazio ristretto di un’auto necessiterebbe dell’uso della mascherina, sempre fatto salvo che l’equipaggio sia composto da familiari conviventi. Il numero massimo di persone non conviventi a bordo sarebbe fissato a tre, con guidatore e due passeggeri, solo laddove l’auto sia abbastanza spaziosa per garantire la distanza sociale di almeno un metro tra gli occupanti. Altrimenti il limite scende a due (per le utilitarie ad esempio). Discorso diverso su taxi ed NCC dove ovviamente l’uso della mascherina è obbligatorio. La prudenza resta comunque la regola principale, anche in vista delle aperture previste per il 3 giugno quando teoricamente si potrà iniziare a spostarsi tra regioni oltre che ad uscire dai confini nazionali. ■ 58

DI MATTEO BELLAMOLI


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FORZA BELLEZZA RIFLESSIONI ARCHITETTONICHE

TI CONOSCO MASCHERINA

Foto di Loris Mirandola

Dalla Maschera di Verona alle mascherine di tutti. Le difficoltà di allora per scoprire come superare le nostre. Come tornare ad abitare la città che ci è mancata così tanto?

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ra il 1531, a Verona un'inondazione del fiume Adige e le scorrerie dei lanzichenecchi avevano portato una grave carestia che aveva messo la popolazione in ginocchio, in particolare il prezzo della farina era diventato così proibitivo che i panettieri si rifiutavano di fare il pane facendo venire a mancare un bene di prima necessità così importante che vi fu una rivolta degli abitanti. Un comitato di nobili e notabili della città, capitanato da Tommaso Vico, si fece carico di risolvere la questione elargendo al popolo viveri, e in particolare facendo realizzare una gran quantità di gnocchi con farina e acqua che vennero distribuiti su una pietra, oggi ancora visibile, sul sagrato della chiesa di San Zeno, il quartiere dove la rivolta ebbe inizio. Così nacque l’abitudine, ogni ultimo Venerdì prima della Quaresima, di distribuire e di mangiare gli gnocchi a Verona, in memoria di quella carestia; così nacque la Maschera di Verona, quella di “Papà del gnocco”. DALLA MASCHERA ALLA MASCHERINA, DALLA CARESTIA ALLA PANDEMIA, IL PASSO È BREVE. Dopo una quarantena di 70 giorni che ha molto della carestia prima ricordata, in quel-

la ciclicità della storia dove i fatti spesso si ripetono simili, ma diversi. Così, oltre alle difficoltà per la ripresa, non solo economica della nostra città, ci troviamo a dover indossare ognuno una “mascherina” come forma di protezione contro questo virus aereo, come nuovo “carnevale”, e la città da deserta, senza persone rinchiuse in casa, si ripopola dei suoi abitanti coperti in volto, mascherati. Verona, come le altre città italiane, è apparsa nei giorni di lockdown un paradosso, svuotata dei suoi abitanti, di ciò che definisce una città, dicesi luogo abitato, forse a farci capire quanto gli stessi siano importati e indistinguibili dalla città stessa, soprattutto quando dovremo di nuovo affrontare politiche di governance o strategie turistiche, o capire quanto siano stati vitali in questa moderna “carestia” i negozi di prossimità, di quartiere, quanto le persone che abitano, lavorano in un luogo siano portatori di vita allo stesso, per ricordare che una città senza abitanti non è possibile. Così sulle mascherine protettive che oggi dobbiamo indossare potremmo stampare quelle immagini di una Verona vuota a causa della pandemia, per ricordare questo anno nei tempi a venire e sfilare al prossimo venerdì gnocolar.■ 60

DI DANIELA CAVALLO


IL FIORE DELL’ARTE OGNI MESE UN PETALO E UNO SCORCIO

LA RESILIENZA DIGITALE DEI MUSEI L’isolamento domiciliare forzato degli ultimi mesi ha portato molte imprese e aziende a chiudere, temporaneamente o, purtroppo, in modo permanente. I musei ma, in generale, i luoghi della cultura hanno fatto altrettanto. Ripartire non è semplice e, soprattutto, bisognerà cambiare il modo di comunicare e di gestire un museo.

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on tutti i musei hanno aperto le loro porte con l’inizio della fase due di questo periodo di emergenza epidemiologica. Ad esempio, i musei civici di Firenze e di Verona, il Palazzo Ducale di Venezia e il MANN di Napoli, mentre altri lo hanno fatto a giorni alterni e a orari ridotti come il Museo Egizio di Torino e i musei civici di Milano. Ci sono, però, anche esempi lodevoli come i musei di Mantova, gli Uffizi e il parco archeologico di Pompei. Tra le criticità maggiori che hanno frenato i vari direttori o dirigenti locali c’è da annoverare sicuramente il costo del personale. Far ripartire la macchina museale vuol dire garantire entrate adeguate per pagare i dipendenti a quelle aziende a cui sono stati affidati alcuni servizi quali biglietteria, guardiania, didattica, caffetteria. Ma senza visitatori, soprattutto stranieri, non è possibile. Quindi, o il museo rimane chiuso oppure si studiano soluzioni alternative per catturare l’interesse dei potenziali visitatori. DA #STORIEAPORTECHIUSE A NUOVI LINGUAGGI ESPRESSIVI Ad esempio, il Museo Leonardo Da Vinci di Mila-

no ha avviato uno storytelling chiamato #storieaportechiuse in cui racconta le collezioni e i laboratori con video e documenti inediti, senza tralasciare l’attualità spiegata da una professionista della comunicazione scientifica. Il Museo Etnografico dell’Istria, invece, ha messo on line il contenuto della sua mostra, così come ha fatto Gallerie d’Italia utilizzando, però, la tecnologia a 360 gradi: un modo per immergersi completamente nell’esposizione pur restando comodamente a casa, ma con il privilegio di poter ascoltarne anche la spiegazione. Ci sono altre realtà, poi, che stanno documentando la crisi in atto e il suo impatto sociale mediante esposizione di oggetti usati dalla comunità in questo periodo, come il Museo Etnografico Ambrosetti dell’Argentina, oppure con video testimonianze, come il Museo per i Diritti Umani del Canada, o fotografie (Museo Erding della Germania). Insomma, il museo deve saper cogliere quelle opportunità date dalla società per sperimentare linguaggi espressivi alternativi in grado di raggiungere un pubblico sempre più ampio. Risorse economiche permettendo. ■ 61

DI ERIKA PRANDI


PILLOLE DI MAMMA CON UN PO’ DI AMOREVOLE IRONIA

Che brutta bestia è l’invidia

La quarantena doveva renderci tutti migliori. Diciamo che per alcuni ha funzionato, per altri no. La solidarietà femminile non è aumentata e, nonostante proclami di vario genere e finti slogan, è sempre difficile da trovare, non impossibile ma molto rara. Quando si parla di "mamme" poi, lo è ancora di più. Molte donne sono competitive, invidiose e pronte a puntare il dito, sparando sentenze a destra e a manca.

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n un mondo, ahimè, fortemente legato alla prestazione, all'obiettivo di raggiungere il successo (qual è il vero successo qualcuno prima o poi me lo dovrà spiegare), una madre è spesso incline a considerare i propri figli come i migliori in tutto. Magari può fare finta, per una recondita forma di educazione, e non mostrarlo in pubblico ma pochi gesti e qualche espressione la tradiranno subito. Sappiate che anche se avete le mascherine, si vede tutto: gli occhi sono lo specchio dell'anima e, in questo periodo, lo abbiamo capito per bene. Insomma una mamma può arrivare a mostrare il lato peggiore di se stessa: non a caso qualche litigio finito male alla recita di Natale, sui giornali si scova sempre. Da donna e mamma di due bimbe femmine mi dispiace dire questo. Viviamo in una società dove c'è già tanta cattiveria: almeno nel nostro piccolo, penso dovremmo cercare di combatterla a suon di gentilezza, sorrisi e di sincerità (su questo i nostri figli ci possono dare qualche lezione) perché ne abbiamo un bisogno estremo. Essere mamma è un lavoro per tutte e nessuna è meglio dell'altra. Pochi giorni fa ho visto un film leggerissimo, con una quantità di parolacce incredibili (forse la sceneggiatrice era un genitore che si godeva la solitudine post Covid-19 e si è sbizzarrita), il titolo è Bad Moms, letteralmente "pessime madri". Ecco credo che noi tutte, per un momento o più di uno, ci siamo sentite delle pessime madri; tuttavia quelle che perdurano nel loro atteggiamento invidioso, credendo che le altre non se ne accorgano, mi danno proprio sui nervi e non posso fare a meno di elencarvene alcune. L'ordine è casuale: il livello di fastidio che provocano è uguale per ognuna di loro.

DI SARA AVESANI

- La silenziosa. La situazione tipica è quando stai raccontando qualcosa che hai fatto, un viaggio, un nuovo hobby, l'importante è che sia qualcosa di "figo" che è andato bene e l'altra mamma non chiede nulla, niente di niente. Finito di parlare, hai la netta sensazione di essere sempre stata da sola. È straniera, vi domanderete? No, solo invidiosa! - La finta buona. Ti chiede come stai, dei tuoi figli, ti parla e ti chiama come se fossi la sua migliore amica, ti trova sempre dimagrita (che carina!) e poi, alla prima occasione, esclude tua 62

figlia da un'attività di gruppo di cui poi tutte le bimbe parlano, facendola sentire a disagio. Incommentabile. - Le secchione, solitamente sono insegnanti ma ci sono professioniste di ogni campo, che usano il loro sapere "pedagogico" per tornaconti personali. Alle volte sono talmente capaci di girarti la frittata che il tuo buon senso non riesce nemmeno a reagire. Sono le classiche che ti fanno sentire una perfetta idiota. - Le bulle, quelle che hanno la sensibilità di un elefante, probabilmente erano così già dai tempi della scuola. Sono quelle che se sei vestita bene per andare all'asilo (per una volta nella vita perché avevi un colloquio di lavoro) si avvicinano, non per farti un complimento a denti stretti ma solo per dirti che hai una macchia di rigurgito di latte sulla spalla e ti guardano sprezzanti. - Le casalinghe perfette, dette anche "tradizionaliste per niente". Sono quelle che non accettano i cambiamenti. Tutte le temono perché di solito sono rappresentati o nel comitato dei genitori, delle spione pazzesche. Un esempio? Quando ci sono da fare le torte da vendere per raccogliere fondi per la scuola e qualcuno ha il coraggio di dire: "Proponiamo un'altra iniziativa? Ci sono mamme, che lo scorso anno pur di non sentirsi in difetto, sono andate a comprare la torta in pasticceria perché non hanno il tempo di farla o non sono capaci". Reazione: "Stai dicendo che non vuoi contribuire al bene della scuola?"...aiuto! - Le regine del cattivo gusto che si sentono Chiara Ferragni. Lo sapevate che Valentino ha definito "le fashion blogger di oggi un insulto al buon gusto"? Ecco, riflettete. L'eleganza non si insegna care mie, vi prego, fate un favore ai vostri figli e moderate i colori e le scritte sgargianti. ...mi fermo qui. Mi piacerebbe che tutte, compresa me naturalmente, ci ricordassimo che ogni mamma è diversa, è speciale a modo suo e tutto quello che fa è per i suoi figli che ama alla follia. Facciamoci un bel favore, smettiamola di giudicare e parliamoci onestamente. Senza tante falsità, staremmo tutte molto meglio. ■


STORIE DI STORIA LIBERAMENTE ROMANZATE

(TORNARE A) PASSEGGIARE SUL LISTON

Son salito sull'orlo dell'Anfiteatro che ha l'aspetto di cratere, nell'ora del tramonto e ho goduto la vista più deliziosa sopra tutta la città e i dintorni. Ciò perfettamente solo, mentre in basso sul largo marciapiede di piazza Brà una folla di uomini di tutte le condizioni e di donne di ceto medio andavano a diporto.

Foto di Loris Mirandola

Foto di Loris Mirandola

(Viaggio in Italia, Goethe)

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a frase che avete appena letto la scrisse J.W. Goethe nel suo Viaggio in Italia (scritto nel 1786) e se devo trovare una frase che illustri al meglio il “dopo quarantena” devo ammettere che il poeta tedesco mi ha dato una bella mano. A rileggerla, sembra stata scritta questa mattina. Tra le attività che più simboleggiano il ritorno alla normalità e alla speranza ci sono proprio le passeggiate sul Liston o le “vasche” in via Mazzini. Molti di voi però magari non sanno che prima del 1770 il Liston era un luogo disordinato dove campeggiavano i laboratori dei marmisti e le botteghe dei falegnami. Prima della posa della prima pietra e del rifacimento della facciate dei palazzi in quel luogo si potevano osserva-

re solo montagne di pietra, cumuli di scaglie e di cataste di legna. Anche piazza Bra in realtà, prima dell'inaugurazione avvenuta nel 1882 aveva un aspetto disordinato, con il terreno mal livellato e gli archivolti inferiori dell'Arena per metà sepolti. Il Palazzo della Gran Guardia era anch'esso ancora incompleto, mancava la grande scalinata sul davanti. La vivace descrizione che Goethe fa della “passeggiata sul Liston”, si sofferma anche sul modo di vestire delle donne e parla dello “zendale” e della “veste” di seta nera sopra le gonne ma se la damina ne porta sotto una elegante e candida, non le manca l'arte di sollevare con grazia un lembo della gonna nera. Poteva essere scritto nel 2020. Buona passeggiata a tutti. ■ 63

DI MARCO ZANONI


ALTRO CHE TERZA ETÀ STORIE E RITRATTI DI RIVOLUZIONI ARGENTATE

LA FELICITÀ PER AMELIA? LAVORARE E CANTARE Una vita vissuta nella cura della famiglia. Amelia amava cantare e ha saputo farsi voler bene da tutti, anche nei momenti più complicati. Compie 100 anni e i suoi occhi sorridono ancora, specie quando incontra i figli e le nipoti.

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to parlando di mia zia Amelia Schiavon. Nata il 17 giugno 1920, è decima degli undici figli di Angelina Tomasetti di Marcellise (1880-1960) e del trevigiano Marco Schiavon (1875-1959), dal quale ha ereditato parte del carattere: socievole, scherzoso e sorridente. Amelia ha sempre amato cantare: ha cantato al Tiberghien quando rammendava, nei campi mentre raccoglieva frutta e verdura e da Casati finché inseriva il colore nei barattoli. Gli organizzatori delle gite di Poiano la invitavano, perché sapeva tenere alto il livello del divertimento del gruppo e poi, in pullman, con i suoi canti, alleggeriva il percorso. Sì, Amelia ha lavorato molto, ha viaggiato tanto, specie subito dopo la pensione, raccontando con orgoglio le città visitate. Nel 1947 ha sposato Severino Bergamasco e, come si usava allora, finì nella famiglia patriarcale. Fu un periodo difficile, per uno spirito libero come quello di zia Amelia. Nacquero due figli e la famigliola decise di trovare la propria strada. Fu Pavia, in una grande fattoria. Dopo una decina di anni il ritorno a Verona e l’inizio di una nuova vita, fatta di tanti sacrifici, che peraltro non hanno tolto ad Amelia la voglia di cantare. I figli, la loro scuola, il lavoro, la quotidianità. Gli impegni verso la propria famiglia, inoltre, non le hanno impedito di pensare alle sorelle e ai fratelli, ai quali non ha mai fatto mancare le sue braccia, il suo aiuto concreto. I figli, una volta grandi, si sposarono e nacquero le nipoti: zia Amelia, come tutte le nonne, accorse e se ne occupò. Tutto è cambiato, ma lei non ha smesso di cantare e ha lavorato a maglia per figli e nipoti, mantenendo stretto il legame con amici e parenti. Già, ha saputo coltivare affetti e amicizie. Anche per zia Amelia, con l’avanzare dell’età sono cominciati gli acciacchi. Nel 2014 finì in ospedale. Nel dimetterla, nel 2015, i medici consigliarono, per il suo bene, una struttura: necessitava di assistenza medica e infermieristica. Il primo approccio, per uno spirito indipendente come quello di zia Amelia, non è stato facile. Ha smesso di cantare, anche se la sua salute è migliorata. Ancora oggi a Casa Serena, spesso si guarda intorno e ironicamente dice «Quanti veci!». Già, lei ha camuffato sempre la sua età. Il suo pensiero va al pronipote di 6 anni.

DI ALESSANDRA SCOLARI

Da tutti noi: Buon Compleanno Amelia! ■ 64

Amelia Schiavon


articolo pubbliredazionale

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UDITO E LOGOPEDIA: SENTIRE CON IL CERVELLO

L’udito è il senso preposto a captare i suoni che provengono dall’esterno del corpo e non tutti riconoscono quanto l’udito sia importante, addirittura fondamentale, per il mantenimento del “benessere fisico e mentale”. Chi fa fatica a sentire, combatte ogni giorno il disagio e lo sconforto, soprattutto nei momenti di socialità, che inevitabilmente sono destinati a sfociare in depressione se non vengono presi i giusti provvedimenti. La sordità, dunque, non può essere definita in modo riduttivo come una semplice perdita di udito, ma piuttosto come un processo più ampio, che può causare profondi cambiamenti di personalità, alterazioni caratteriali, perdita di fiducia in se stessi e negli altri e non ultimo, un inevitabile isolamento dato dal disinteresse verso il mondo che lo circonda. Ed è proprio qui che entra in gioco, con grande sorpresa, la figura del logopedista: pochi di voi avrebbero associato questa figura sanitaria all’udito, vero? Spesso la si collega alle difficoltà di linguaggio, riscontrabili soprattutto nei bambini, o addirittura alla ria-

bilitazione di patologie ben più gravi legate alla difficoltà di deglutizione, ma mai all’udito. Il logopedista è il professionista sanitario che si occupa, in senso più ampio, di comunicazione in ogni suo aspetto: e che cos’è l’udito, se non uno degli strumenti più preziosi per veicolare la comunicazione? Già da molti anni in paesi come Danimarca, Svezia, Norvegia, Inghilterra e Stati uniti, si sostiene che nel recupero del soggetto con difficoltà di udito è indispensabile associare ad una corretta protesizzazione con apparecchio acustico, la riabilitazione uditiva logopedica. Più banalmente possiamo dire che l’audioprotesista, attraverso la scelta e l’adattamento della protesi acustica, si occupa dell’orecchio, mentre il logopedista, con un counselling ed

allenamento uditivo personalizzato, si occupa del cervello. Avete capito bene, il cervello. Il corpo umano è una “macchina” estremamente affascinante nella sua perfetta complessità ed è per questo che, nel momento in cui l’orecchio non riceve più correttamente i suoni, il sistema cerebrale si riorganizza per prestarci via via meno attenzione, riducendo la memoria uditiva e sfociando, in alcuni casi, in una demenza senile. Ecco dunque che il logopedista, in squadra con l’otorino e l’audioprotesista, attraverso un’accurata valutazione, elabora un allenamento specifico per migliorare la discriminazione uditiva (soprattutto delle parole), perfeziona la taratura del proprio apparecchio acustico, favorisce la riorganizzazione cerebrale sfruttandone la plasticità, che ricordiamo esserci a qualsiasi età e ripristina finalmente l’efficienza e la piacevolezza della comunicazione. Per maggiori chiarimenti Logopedista Jessica Visentin 340-3220405 oppure Acustica Pisani 045-954266


DUE LIBRI & QUALCHE VERSO

Pagine per i grandi

Titolo: Marguerite Autrice: Sandra Petrignani Edizione: Neri Pozza

IL LIBRO. Colta nel disordine di una vita straripante, “leggendaria” come avrebbe preferito lei, la scrittrice Marguerite Duras è ritratta in questo libro con una verità commovente da Sandra Petrignani. Una biografia letteraria, non storica, anzi un romanzo appassionato sugli anni che hanno trasformato Nenè nella penna amata e sfinita di Francia. Innamorata pazza dell’amore per il serbatoio narrativo che concede, Duras è stata tutto perché ha visto tutto. L’orrore nelle splendide stanze del colonialismo, la Resistenza, i corpi perduti dei campi di concentramento, il comunismo come presunta salvezza e poi come estrema punizione, il cinema e lei, la cosa per cui vale la pena rischiare di mandare al macero amicizie trentennali: la scrittura. L'AUTRICE. Celebre per il recente La Corsara, dedicato alla vita di Natalia Ginzburg, Petrignani, giornalista e poi autrice, scrive di scrittori per aderire, sembra, prima di tutto allo stupore di lettrice, per sondarne le ragioni. In fondo, la gratitudine è

a cura di Miryam Scandola

una forma così pura di curiosità. Nel ricostruire le vicende di questa grandissima scrittrice, nel dire dell’amore sconsiderato per il fratello Pierre, di quello ricambiato male dalla madre e di tutti gli infiniti altri, Sandra Petrignani prova ad analizzare il terreno che permette alla scrittura di diventare la ragione di vita. Anche se sì, certo, «scrivere insegna solo a scrivere non certo a vivere». NOTE A MARGINE. Marguerite Duras ha scritto tanto, ma è famosa soprattutto per L’amante che l’ha consegnata a frotte di lettori fedelissimi pronti ad inviarle infinite lettere piene di grazie. Lei, devastata dall’alcol, dai drammi di famiglia e dai libri capiti poco e venduti ancora meno, è stata la regina del complesso, in anticipo su ogni terreno. Aveva una sensibilità al limite del comunicabile, come le dirà qualcuno. Troppo per tutti, anche per se stessa, sempre condannata a quella punizione suprema cui ti costringe un ardore vero, genuino, eterno. «Deve farsi perdonare che è come è, che le importa solo di scrivere».

Pagine per i più piccoli

Titolo: Un orso per amico Autrice: Tracey Corderoy Illustratrice: Sarah Massini Edizioni: Emme 2018 Età: dai 3 anni

IL LIBRO. L’album illustrato racconta di un bambino che desidera un “amico del cuore”, perché per giocare e divertirsi bisogna essere almeno in due. C’è anche un orso, tutto solo, che cerca compagnia. Una mattina il bambino mentre gioca sulle rive dello stagno, vicino a casa, trova una barchetta di carta con la scritta: «Buu!». Sorpresa. Di barchetta in barchetta, spunta l’Orso. Il bimbo rimane indeciso, poi scopre che l’Orso conosce il gioco del nascondino anche se gli altri giochi non li sa fare: «Pazienza!», sospira il bambino, troveremo qualcos’altro. L’Orso ha un’idea (è un costruttore). Insieme costruiscono la casetta sull’albero: comoda e accogliente. Vi alloggiano fino all’arrivo della neve, quando l’Orso sparisce. Ma poi arriva la primavera… L'AUTRICE. Tracey Corderoy, classe 1965, nata in Neath nel Regno Unito, è una premiata scrittrice britannica per bambini. Ha pubblicato oltre 45 tra albi illustrati e libri, tradotti in molte lingue. Dal 2010 collabora con gli editori per i libri scolastici

a cura di Alessandra Scolari

dei bambini Little Tiger Press, Nosy Crow. Ha insegnato per alcuni anni nella scuola primaria e questo le ha consentito di conoscere i sogni e le aspettative dei ragazzini. Nei suoi album, talvolta, riporta le storie della tradizione orale degli adulti, adattandole ai giovanissimi ascoltatori. Nelle sue (anche brevi storie) inserisce una parte legata alla realtà, una alla fantasia e significativi messaggi finali. CURIOSITÀ. Questo è un album in cui con semplicità si racconta ai bimbi (dai tre anni), che non si può avere tutto quello che si desidera. L'amico del cuore, quindi, può essere diverso da come te lo immagini, questo però non impedisce di giocare e stare bene insieme. Anzi, si può diventare amici per sempre. Bellissime le illustrazioni che accompagnano la storia, dallo stagno con fiori semplici, al bambino e all’Orso, le cui forme lo rendono subito simpatico. E le barchette di carta? Tutto proiettato alla serenità e al piacere degli occhi degli adulti che leggono e dei bimbi che ascoltano.

Se vi serve un po' di poesia È andata come dicevo io. Solo che non ne viene nulla. E questa è la mia veste bruciacchiata. Questo è il mio ciarpame di profeta. E questo è il mio viso stravolto. Un viso che non sapeva di poter essere bello.

(Monologo per Cassandra, Wislawa Szymborska)

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TRA TV, CINEMA E NETFLIX I NOSTRI CONSIGLI

COSA GUARDARE QUESTO MESE (SECONDO NOI) CINEMA: RADIOACTIVE Data di uscita: 4 giugno 2020 | Regia: Marjane Satrapi | Paese: Gran Bretagna

La vita, i successi e i dilemmi che hanno caratterizzato la vita di Maria Salomea Skłodowska sono la base di Radioactive, biografia cinematografica di Marie Curie. Firmato dalla regista Marjane Satrapi, il film ripercorre tutta la vita della famosa scienziata, dai suoi successi in campo accademico passando dalla lotta ai pregiudizi verso le ricercatrici donne in am-

bito fisico e chimico, ma anche il matrimonio con Pierre Curie, di cui assumerà il cognome con cui diventerà immortale, e l'impegno assunto in prima persona durante la Prima Guerra Mondiale al servizio della Francia, suo Paese d'adozione. A prestare il viso a Marie Curie è la talentuosa Rosamund Pike, mentre Sam Riley è il marito Pierre.

NETFLIX & CO: THE EDDY Creato da Jack Thorne | In streaming su Netflix | Paese: USA - Francia | 2020

The Eddy è ambientato a Parigi, ma non quella Parigi di romantici bistrot all’ombra della Torre Eiffel a cui siamo abituati: piuttosto, in una periferia scontrosa e poco ospitale. La storia è quella dell’acclamato musicista Elliot, in fuga da New York e da un grave lutto che non è mai riuscito a superare, che nella capitale francese ha deciso di aprire un jazz club con l’amico Farid. La serie è stata creata da Jack Thorne, famoso per film come The Last Panthers e His

Dark Materials, e il regista è Damien Chazelle, che ha vinto tre Oscar con il film Whiplash e altri cinque con La La Land. Ma se c’è una ragione per guardare The Eddy è sicuramente l’impeccabile colonna sonora originale, composta da Glen Ballard e Randy Kerber: il primo, vincitore sei Grammy Award, ha collaborato con Michael Jackson e Alanis Morissette, il secondo, che recita nella serie, ha suonato con Leonard Cohen e B.B. King. Potete ascoltarla su Spotify.

TELEVISIONE: STORIE MALEDETTE Dal 7 al 21 giugno 2020 | In onda su Rai1, ore 21.00

Franca Leosini torna con quattro nuove puntate di Storie Maledette, il programma noir di Rai 3 che ricostruisce alcuni discussi ed efferati delitti italiani grazie alle ormai celebri interviste della sua conduttrice. L’appuntamento con il programma, scritto e condotto dalla giornalista napoletana, è per domenica 7 giugno, alle ore

21.20, sul terzo canale Rai. Nella prima puntata, Franca Leosini racconterà la storia di Dina Dore, 37enne uccisa il 26 marzo 2008 davanti alla figlioletta di otto mesi e nascosta nel bagagliaio della sua auto a Gavoi, in Sardegna. A rispondere alle domande della conduttrice sarà Francesco Rocca, all’epoca marito della vittima.

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DI CHIARA BONI


HOLIVA, IL PROGETTO DI DUE COMMERCIALISTI “DIVULGATIVI”

OGGI ANCHE NOÈ AVREBBE LA PARTITA IVA Mai come in questi tempi sentiamo parlare di partita iva, spesso definita come una sorta di mostro dell'ultimo schermo di un videogioco... ma è proprio cosi? Forse non la conosciamo davvero ed è per questo che abbiamo incontrato "virtualmente" Francesco Baldiotti che, con Chiara Masotto, ha dato vita al progetto HOLIVA, ossia "Ho l'iva".

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ntrambi sono commercialisti e revisori legali, innamorati del loro lavoro. HOLIVA è una realtà che nasce per un’esigenza, quasi fisica, di parlare bene di quello che è il mondo degli autonomi e quindi di conseguenza del mondo impresa. In questi ultimi anni troppo spesso i media, nel momento in cui parlano di iva e di fiscalità, usano termini e immagini che posso intimorire o scoraggiare chi si sta avvicinando alla partita iva. HOLIVA vuole andare in controtendenza con entusiasmo. Francesco Baldiotti ci spiega che il concetto di fondo è abbastanza semplice: «Se ogni volta che andassi al bar per bere un caffè o gustarmi un aperitivo, il barista mi dicesse “guarda che troppi caffè ti fanno male” o “guarda che l’alcol fa ingrassare, ti rovini il fegato”, alla lunga forse mi scoraggerebbe a bere quello che ordino o mi lascerebbe il dubbio che sto facendo qualcosa che lede la mia salute». Vale lo stesso per un commercialista «che deve essere il primo a trasmettere positività ai clienti presenti e futuri, per non scoraggiare chi sta aprendo partita iva o una società per far partire un progetto in cui crede».

DI SARA AVESANI

Quando e come è nato questo progetto? HOLIVA nasce tra ottobre e novembre 2019 grazie al contributo di Nicola Rocca e Webmotion Srl - Artigiani Digitali. Alla nostra richiesta di curare l’immagine del nostro stu68

dio di commercialisti e revisori legali hanno risposto con un sito web (www.associatibm. it) e, all’ulteriore richiesta di comunicare un messaggio positivo verso il mondo iva, ci hanno suggerito di creare dei podcast, delle pillole, fiscali semplici e facilmente comprensibili (www.holiva.it). In realtà all’inizio il consiglio era di comunicare attraverso dei video, ma non ce la sentivamo di comparire su youtube o altri canali. Quindi in modo illuminante ci hanno portato sui podcast. A dicembre è partito il primo podcast zero perché holiva con il suo concetto «la partita iva è una cosa bella […] e fare impresa lo è ancora di più». E poi se ne sono aggiunti altri. Una nuova realtà che ha da subito dovuto affrontare il problema del COVID-19… Una sera sul finire di febbraio, quando si paventava la chiusura delle attività, ero fuori casa con il cane ed è iniziato un diluvio universale. L’immagine di una sorta di apocalisse per le imprese e del diluvio in atto mi ha fatto pensare a Noè. Lui oggi sarebbe un imprenditore, un titolare di partita iva. Da questa immagine abbiamo creato “l’iva di Noè”, un podcast e delle interviste a imprenditori e persone che in questo momento affrontano con entusiasmo e proattività il cataclisma economico. In questo contesto c’è bisogno di messaggi positivi, si badi bene, non di speranza. Bisogna essere convinti che il tessuto


ASCOLTA I PODCAST

Chiara Masotto

Francesco Baldiotti

imprenditoriale sarà la forza trainante per uscire dal crollo dell’economia.

gli effetti o benefici che tale decisione può comportare sull’ambiente di lavoro. Ridurre le pause pranzo e anticipare gli orari di chiusura, per le attività meno volte al commerciale, può essere l’occasione per mettere a regime un nuovo concetto di “settimana lavorativa”, stampo “Nord Europa”. Date speranza in un momento davvero complicato… Non mi piace dire speranza perché la vedo come una forma di attesa. Diamo entusiasmo e positività come una forma di “contagio” che creano nuove idee. È stato proprio mentre eravamo al telefono con un cliente del settore del turismo, tra i più colpiti dalla situazione, che è uscita l’idea di utilizzare le dirette Instagram, letteralmente “esplose” in questi mesi.

Come affrontare il cambiamento? L’altro concetto in cui crediamo è che chi ha strutture “leggere”, “agili”, in questo momento ha più possibilità di adeguarsi ai cambiamenti imposti da questa pandemia. Sono i soggetti che prima di altri riusciranno a fare “rete”. È la rinascita del sottobosco delle partite iva che erano all’ombra di alcuni colossi. Alcune realtà che “rispolverano” ciò che avevano dimenticato per essere volano della ripresa. I vostri clienti vi hanno dato fiducia? Il 9 marzo 2020 abbiamo inviato una lettera a tutti i nostri clienti. È appesa sulla bacheca del nostro studio. Proprio ora mentre la cito e ogni volta che la leggo sono orgoglioso di quanto pensavamo allora e pensiamo tuttora. Perché? Cosa contiene? Abbiamo sottolineato alcuno punti in cui crediamo, una sorta di manifesto. Fare rete con imprese e professionisti locali La capacità finanziaria per molti sarà limitata quindi è il momento di mettere in atto un “cordone di collaborazioni” basato sulla fiducia prima che sul mero guadagno. Ciò che semineremo oggi, senza avidità, forse lo raccoglieremo con più soddisfazioni nel momento della ricrescita. Idee nuove Nei momenti di criticità le nuove idee sono un volano di positività. Soluzioni digitali - km zero - domicilio Il momento è perfetto per pensare a soluzioni digitali che possono ridurre i costi fissi o per privilegiare le produzioni e servizi a km zero o a domicilio. Orari di lavoro L’eventualità di ridurre gli orari di lavoro può essere l’occasione per verificare/testare

Che contenuti create? Grazie alla collaborazione con Elena Caricasole di Mezzopieno Studio, abbiamo deciso di fare una rassegna quotidiana degli articoli per noi più rilevanti de Il Sole 24ore tramite dirette Instagram con un format intitolato C’è un sole pazzesco. E così per un mese tutti i giorni abbiamo cercato di leggere con una ragionevole dose di positività un giornale che a molti può sembrare troppo tecnico ma che per noi è “pazzesco”. Ora che l’attività di studio sta tornando a pieno regime, la lettura è diventata una rassegna settimanale tutti i venerdì alle 11.00. Come vi vedete nel prossimo futuro? Sono stati due mesi veramente pieni per noi. Sono stati altalenanti e si altalenano tuttora varie cose: dare supporto ai clienti preoccupati per le loro attività, vedere il drastico calo degli incassi, interfacciarsi il più possibile con gli istituti bancari per trovare liquidità per le imprese alla luce del decreto liquidità, stimolare soluzioni alternative. HOLIVA, in futuro, lo vedo come un contenitore per coloro che vogliono trasmettere il meglio che si può trarre dall’essere titolari di partita iva. ■ 69


CHE ARIA TIRA (NEL FUTURO) TRA INNOVAZIONI, STARTUP E TENDENZE

E SE FOSSE IL MOMENTO DELLA BLOCKCHAIN? La necessità di una conversione forte al digitale è emersa in modo chiaro durante questi mesi di emergenza. Una soluzione tecnologica è già a nostra disposizione.

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lzi la mano chi non ha mai sentito parlare di Bitcoin! La più famosa delle nuove monete digitali, le cosiddette criptovalute, è ormai sulla bocca di tutti e trova spazio su giornali e siti di informazione di tutto il mondo. Molto meno conosciuta, invece, è la tecnologia che ne permette il funzionamento, la Blockchain: uno strumento che, se usato in modo corretto, potrebbe permetterci di digitalizzare in completa sicurezza moltissimi servizi, eliminare gli intermediari e sburocratizzare una serie di pratiche. Cambiamenti che l’emergenza portata dal nuovo Coronavirus ha reso ancora più urgenti e necessari.

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COME FUNZIONA? Si tratta di un archivio elettronico dove vengono registrate informazioni di varia natura. Questo registro non si trova fisicamente da nessuna parte o, meglio, si trova dappertutto perché è condiviso tra diversi nodi della rete, i blocchi della catena (da cui deriva il nome block-chain) e per questo motivo viene detto decentralizzato. Proprio per la sua struttura il registro è immutabile: non può essere modificato senza il consen70

so della maggioranza della rete ed è quindi sicuro e affidabile. IMPATTI PRESENTI E FUTURI Grazie a queste caratteristiche sono tanti i settori che potrebbero beneficiare di questa innovazione, che permette tracciabilità, trasparenza e validazione dei dati, sempre nel rispetto della privacy. Ci sono già applicazioni concrete in ambito sanitario, nella distribuzione e nella gestione delle pratiche amministrative. I cosiddetti smart-contract, per esempio, potrebbero portare una vera e propria rivoluzione alleggerendo la tanto criticata burocrazia. Oltre ai limiti tecnologici legati alla giovane età della Blockchain (visto che è nata, insieme ai Bitcoin, appena nel 2008), a frenarne la diffusione fino ad oggi c’è stato anche e soprattutto un problema di tipo culturale: in pochi la conoscono e ancora meno sono coloro che ne hanno compreso il funzionamento e, quindi, le grandi potenzialità. Quando inizierà la rivoluzione della Blockchain? Ovviamente non abbiamo una risposta precisa a questa domanda, ma è certo è che questa tecnologia potrebbe farci davvero comodo. ■


IL GLOSSARIO DEL LAVORO UNA PAROLA PER VOLTA

Foto di imagoeconomica2020

IL DECRETO RILANCIO SPIEGATO Dopo l’emergenza sanitaria, che sembra mostrare segnali di progressivo ridimensionamento, è esplosa l’emergenza economica che in tanti casi diventa emergenza sociale anche nella nostra provincia. Non bastano i bonus, serve una politica intera di rilancio.

È

il caso della categoria dei nuovi poveri cioè quella fascia lavoratori dipendenti e autonomi abituata a vivere con entrate fisse per 1200/1300 euro al mese e che, all’improvviso, si è vista privata del necessario per vivere. La diffusa chiusura ha privato gli autonomi degli ordinari incassi e i dipendenti dello stipendio di marzo e aprile. È urgente e indispensabile intervenire per sostenere con somme a fondo perduto le aziende, che in questi mesi hanno accumulato molti debiti per costi fissi non pagati a causa delle chiusure. Le risposte non possono essere solo bonus. Dobbiamo lavorare per avere in futuro più occupati meno sussidiati attraverso percorsi di transizioni professionali grazie alle politiche attive del lavoro. Dopo questo decreto se si vuole evitare la desertificazione del tessuto produttivo scaligero, è necessario che arrivino dall'Unione Europea contributi e liquidità immediata. Di seguito alcune delle misure destinate ai lavoratori: IL BONUS 600 EURO Il Decreto prevede bonus 600 euro per mese di aprile e 1.000 euro per maggio. Scatta un meccanismo automatico per chi ha già fatto richiesta per il precedente bonus. Per bonus di maggio per le partite iva viene introdotto un meccanismo selettivo legato alla soglia di reddito necessario autocertificato calo del

33% fatturato marzo-aprile 2020 rispetto allo stesso bimestre del 2019: 1. ai liberi professionisti e ai collaboratori coordinati continuativi (co.co.co) già beneficiari per il mese di marzo dell’indennità pari a 600 euro, viene automaticamente erogata un’indennità di pari importo anche per il mese di aprile 2020; 2. ai liberi professionisti iscritti alla gestione separata INPS, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, che abbiano subito comprovate perdite (riduzione di almeno il 33% del reddito del secondo bimestre 2020 rispetto a quello del secondo bimestre 2019), è riconosciuta una indennità per il mese di maggio 2020 pari a 1.000 euro; 3. ai lavoratori titolari di rapporti di co.co.co. iscritti alla gestione separata INPS non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, aventi specifici requisiti, è riconosciuta un’indennità per il mese di maggio 2020 pari a 1.000 euro. COLLABORAZIONI SPORTIVE Bonus 600 euro per aprile e maggio per titolari di rapporti di collaborazione sportiva già in essere alla data del 23.02.20. Scatta un meccanismo automatico per chi ha già fatto richiesta per il precedente bonus. ■ 71

DI EMILIANO GALATI SEGRETARIO FELSA CISL VENETO


ANGOLO PET CANI, MICI&CO

HO AVUTO IL COVID I MIEI CINQUE CANI MI HANNO SALVATO

Maria Teresa, il marito Giordano e alcuni dei loro animali

L’isolamento, il ricovero in ospedale, la malattia hanno lasciato conseguenze psicologiche. Per Maria i suoi animali sono stati un aiuto fondamentale per riabilitarsi alla vita.

I

n un periodo cupo e pieno di incertezze chi ha combattuto con il Covid-19 ha messo in discussione tutto quello che fino a poco tempo prima dava per scontato. Come Maria Teresa, 55 anni, di Illasi, che ha condiviso pubblicamente sui social l'esperienza vissuta in prima persona con questo invisibile nemico. Nonostante già dal 25 febbraio cercasse di uscire il meno possibile, sentiva che il mondo stava sottovalutando qualcosa di più grande e il 17 marzo, rispettando tutte le regole, ha cominciato a non sentirsi bene, con tosse, stanchezza e sonno. Dopo pochi giorni e alcune cure antibiotiche inutili, è arrivata la febbre e la sensazione di soffocare. Maria Teresa viene trasferita a Borgo Roma con la diagnosi di Covid-19 e tampone positivo, dove rimane in isolamento per otto giorni, seguendo una forte terapia accompagnata da sensazione di vomito, nausea, dolori addominali, inappetenza, tosse e febbre. Giorni difficili con il pensiero rivolto al marito Giordano, ai figli Alessio, Elena e al nipotino Thomas, ma anche ai suoi cinque «nasoni», tre levrieri e due meticci, tutti salvati da un destino di mor-

te. «Lora, Tucker e Ghost arrivano da gravi situazioni di maltrattamento e la sensibilità che li contraddistingue ha giocato un ruolo fondamentale in quello che mi è successo, perché loro avevano capito tutto ancora ai primi colpi di tosse; nonostante siano dei “levrieri pantaloni”, amano fare tante passeggiate durante la giornata, ma in quel periodo, vedendomi con poco fiato e stanca, appena volevo tornare indietro lo accettavano; nella normalità, invece, non lo avrebbero mai fatto. Hanno affrontato una “sessantena” in casa senza mai lamentarsi, uscendo sullo scivolo e in giardino per i bisogni, cosa che Tucker, soprannominato “Carletto” e “Caghetto”, di 10 anni, per esempio, mai avrebbe fatto prima perché abituato a ciuffi d'erba prescelti nel primo angolo fuori casa», racconta Maria Teresa. I GIORNI DELLA MALATTIA Domenica 22 marzo, quando sopraggiunse DI INGRID l'ambulanza, Ghost, levriero greyhound di 8 SOMMACAMPAGNA anni, pianse come un matto e per tutta la notte i cinque nasoni non dormirono, cercandola in tutte le stanze della casa, soprattutto Ghost 72


«QUANDO SONO TORNATA DALL'OSPEDALE, ACCOMPAGNATA DAGLI OPERATORI VESTITI DI BIANCO, HO SUONATO IL CAMPANELLO E NONOSTANTE FOSSI BARDATA, CON IL PIGIAMA DI CARTA, UN CAMICIONE VERDE DA SALA OPERATORIA E UNA SORTA DI CAPPUCCIO, I CANI HANNO CAPITO CHI ERO, MA SI SONO FERMATI TUTTI A GUARDARE, NON MI HANNO ASSALTATA, LASCIANDOMI ANDARE AL PIANO SUPERIORE» che è proprio il fantasma e avatar di Maria Teresa. «I levrieri, a differenza di altre razze, hanno una marcia in più, perché dotati di una grande sensibilità dovuta alla sofferenza passata; i senior di casa, Merlino di 17 anni (con diminutivo Obesity vista la stazza) e Chicca di 19, erano, invece, più composti. Quando sono tornata dall'ospedale, accompagnata dagli operatori vestiti di bianco, ho suonato il campanello e nonostante fossi bardata, con il pigiama di carta, un camicione verde da sala operatoria e una sorta di cappuccio, i cani hanno capito chi ero, ma si sono fermati tutti a guardare, non mi hanno assaltata, lasciandomi andare al piano superiore», spiega. I levrieri resque hanno un carattere dolcissimo ma pur sempre imprevedibile per situazioni che risvegliano il loro istinto predatorio, diventando un fiume in piena, «soprattutto se aizzati da Lora, galga spagnola coccolona di 5 anni, destinata a morire a sei mesi di vita in una Perrera. Ha subito tre costose operazioni

alla zampa anteriore destra a causa di una malformazione congenita e di una precedente frattura. Se non li avessi, non so cosa farei, perché nel corso della vita mi hanno tirato su dalle depressioni e, nonostante la ferocia umana li abbia distrutti nel corpo e nell'anima, hanno voluto credere ancora nell'amore, assaporando con noi il significato della parola “famiglia”. Con Lora non è stato facile; per due anni non voleva saperne di rapportarsi a mio marito perché maschio, ma grazie ad un'educatrice dal terrore è passata ad amarlo alla follia», spiega Maria Teresa. Inoltre, nonostante viva separata in casa dal marito, perché positivo da settanta giorni, ringrazia questo maledetto virus: «Mi ha cambiata dentro portandomi a fare una selezione delle persone che voglio avere intorno. Cosa cambia sapere chi mi ha passato il virus? Nulla, perché non avrei potuto fare niente di diverso. Il più bel regalo è la vita, anzi la vita è vita, e le batoste ci insegnano a ricominciare» conclude. ■

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BELLEZZA AL NATURALE SÌ, QUESTA RUBRICA NON CONTIENE PARABENI

(NATURALMENTE) PROTETTI DALLE ZANZARE Con l'arrivo delle prime giornate calde è iniziata anche la battaglia contro le zanzare: sia in casa che all'aperto siamo sempre alla ricerca di metodi per tenerle lontane. Anche in questo caso la natura offre diverse soluzioni efficaci, che è possibile sfruttare sia per preparare un repellente da applicare sulla pelle, sia per creare sui nostri balconi e nei nostri giardini un ambiente ricco di piante “nemiche” delle zanzare. Fra le più note possiamo menzionare la citronella, la lavanda e la calendula: tutte e tre emanano un odore davvero inteso, che è il principale responsabile della loro azione repellente. Una funzione simile è svolta anche dalla pianta dell'incenso e da aromatiche come basilico, rosmarino, melissa e menta. Via libera, dunque, a barriere verdi contro le zanzare in giardino o sul balcone: disponendo infatti le piante in modo strategico la casa sarà protetta.

Repellente anti zanzare spray e fai da te: • Creare un repellente fai da te è molto semplice: la base deve essere un olio vegetale, può trattarsi anche di quello d'oliva – che tutti abbiamo nella dispensa – ma il consiglio è quello di utilizzare l'olio di cocco. L'olio di cocco, infatti, ha un delizioso profumo esotico. • A questo vanno aggiunte delle gocce di un olio essenziale: i più efficaci sono quelli di menta piperita, eucalipto limone, neem e tea tree. Tutti questi oli essenziali sono facilmente reperibili in qualsiasi erboristeria. • Se abbiamo a disposizione una boccetta spray vuota e pulita da 30-40 millilitri, sarà sufficiente riempierla di olio di cocco – che con le temperature estive si presenta allo stato liquido – e aggiungere 10 gocce dell'olio essenziale scelto. Dopo aver agitato la boccetta basterà applicare lo spray prima di uscire. 74

DI CLAUDIA BUCCOLA


In cucina con Nicole Qualche idea sana (e golosa) per le vostre giornate

di Nicole Scevaroli

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COUS COUS DI FARRO CON GAMBERETTI E ZUCCHINE Un primo piatto veloce ma succulento Ingredienti (per 2 persone) • 100g cous cous di farro • 100ml di acqua calda • un pizzico di sale grosso • brodo vegetale • 5 pomodorini • uno spicchio d’aglio • 1 zucchina media • 300g gamberetti surgelati

Consiglio nutrizionale

Ho voluto realizzare entrambe le ricette con la farina di farro per darvi un’alternativa. Si tratta di un cereale ricco di fibre, dal sapore rustico e con poco glutine. Nella crostata, al posto delle ciliegie, potrete usare fragole, lamponi, more, albicocche oppure una marmellata in barattolo.

Cuociamo i gamberetti con olio, aglio e i pomodorini. Aggiungiamo un mestolo di brodo. A parte cuociamo le zucchine a cubetti con olio, sale e pepe. Copriamo il cous cous con l’acqua calda e un pizzico di sale grosso. Facciamo rinvenire per 10 minuti. Sgraniamo con una forchetta. Condiamo con i gamberetti e le zucchine.

CROSTATA DI FARRO, CON RICOTTA E CILIEGIE Un dolce semplice e versatile, ma che piace sempre a tutti! Ingredienti (per 4-5 crostatine) • 2 uova • 80g zucchero • 80g olio di girasole • 1 cucchiaino di lievito vanigliato • 350g farina di farro • 250g ricotta • buccia grattugiata di mezzo limone • 150g ciliegie denocciolate • 50g zucchero Cuociamo le ciliegie con lo zucchero per 30 minuti. Impastiamo la frolla mescolando uova, zucchero, olio, farina e lievito. Stendiamo metà impasto e lo adagiamo in una teglia. Mescoliamo la ricotta con la buccia di limone e la distribuiamo sulla frolla. Aggiungiamo le ciliegie. Copriamo con l’altro strato di pasta frolla. Cuociamo in forno statico, a 170 gradi, per 45 minuti. Spolveriamo con lo zucchero a velo.

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I vantaggi di essere soci

I

l sistema di incentivi statali ai quali accederà la Lucense 1923 prevede che tutta l’energia prodotta sia ritirata dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici) e utilizzata per la collettività. Questo modello di contributi consente di produrre energia elettrica a favore del territorio, ma al tempo stesso permette a chi partecipa al progetto di ricevere un incentivo economi co che va a ripagare il suo investimento .

La centrale mini-idroelettrica sfrutta l’energia dell’acqua che cade dal ramo più alto a quello più basso del fiume Fibbio che, nel tratto in cui si trova la Lucense 1923, si dirama in 2 tronchi. A monte della centrale si trova una iniziale vasca di carico, dove l’acqua del fiume si raccoglie accumulando energia prima di entrare nelle camere delle turbine. Nel momento in

1. potenza Potenza nominale nominale di di

112 kW

cui entra nelle camere, muovendosi velocemente verso il basso grazie al salto presente, l’acqua passa attraverso le giranti delle 2 tur bine Kaplan installate, prima di fuoriuscire nuovamente nei 2 diversi corsi del fiume Fibbio da cui proviene. Il movimento rotatorio delle giranti delle turbine attiva in questo modo 2 generatori a magneti permanenti che trasformano l’energia di moto prodotta dal flusso dell’acqua in energia elettrica. Con l’inserimento delle due nuove ed efficienti mini turbine, si ottiene una potenza di circa 112 kW e una produzione media annua di 475.000 chilowattora di energia pulita , originando ricavi per 95.000 € all'anno.

2.

3.

Abbattimento bbattimento di anidride carbonica

La La produzione produzioneannua annua

di anidride carbonica

475.000 475.000 kWh kWh

20 anni

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La centrale gode di incentivi statali per 20 anni dalla data di allaccio alla rete. La centrale ha una potenza

Lanominale centralediha unaedpotenza 112 kW è alinominale kW ed è alimentata di da 112 2 turbine Kaplan monoregolanti in camera limentata da 2 turbine Kaplan bera di potenzain pari a 56 kWlimonoregolanti camera ciascuna, con accoppiamento bera di potenza pari a 56 kW diretto all’albero generatore. ciascuna, con accoppiamento diretto all’albero generatore.

4.

La centrale gode di incentivi statali per 20 anni dalla data di allaccio alla rete.

La produzione annua

La produzione annua di energia prevista è didi energia prevista circa 475.000 kWh è al fabbisodi(equivalente circa 475.000 kWh gno di 200 famiglie). (equivalente al fabbisogno di 200 famiglie).

350 350 tonnellate tonnellate di CO2 CO2 di all’anno. all’anno.

L’impianto porterà ad un abbattimento di anidride carbonica in atmosfera pari a circa L’impianto porterà ad 350 un tonnellate di CO2 abbattimento di all’anno. anidride carbonica in

atmosfera pari a circa 350 tonnellate di CO2 all’anno.

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CONSIGLI E RIFLESSIONI TARGATI ADICONSUM

VIAGGIARE TRA VOUCHER E RIMBORSI Un italiano su due rinuncerà a partire a causa del Coronavirus. Ed è battaglia tra vacanzieri e operatori turistici sul rimborso dei titoli di viaggio non utilizzati. Anche la Commissione europea ha dato la sua opinione.

È

forse il tema più caldo da quando è esplosa l’emergenza sanitaria. Ed ora, complice l’estate, la questione scotta ancora di più. Infatti gli italiani, ormai abituati a viaggiare e a prenotare le vacanze con largo anticipo, si trovano a fare i conti con un settore in grave crisi che non pare in grado di mettere sul piatto la liquidità necessaria a restituire a tutti gli anticipi versati. Innanzitutto i dati statistici svelano che a pesare sulla rinuncia a partire degli italiani sono, in primo luogo, le conseguenze economiche provocate dal lockdown (fattore che incide nel 51,3% dei casi nelle famiglie composte da tre persone). Subito dopo, nella classifica, a dissuadere i viaggiatori sono le norme anti-contagio imposte dai DPCM (42,4%). E c’è anche una discreta percentuale di persone (1,5 milioni di italiani) che si è giocata tutte le giornate di ferie durante la chiusura forzata. Ma al di là delle motivazioni personali la realtà dei fatti impone necessariamente alcune considerazioni sulla questione “rimborso vs voucher”. LE IPOTESI IN CAMPO Va subito detto che, con la conversione del D.L. 9/2020 attuata dalla Legge 27/2020, l’emissione di un buono in luogo del rimborso in denaro risulta essere pienamente legittima. Tuttavia questa previsione normativa non è

risultata gradita a tutti e, oltre alle Associazioni Consumatori, anche la Commissione UE è intervenuta con alcune raccomandazioni nei confronti di 20 stati membri. Primariamente la Commissione ha richiesto di approntare a livello nazionale delle coperture idonee a garantire i voucher da eventuali insolvenze (ad es. fallimento della compagnia aerea). L’altra raccomandazione della Commissione si riferisce alla flessibilità dei buoni. Dovrebbero potersi agevolmente trasferire ad altri viaggiatori senza costi aggiuntivi e comunque essere svincolati dalla meta o dalla compagnia aerea per le quali originariamente il viaggio era stato acquistato. Un ultimo suggerimento guarda al valore del voucher, auspicando che vengano emessi per un ammontare superiore al prezzo originariamente pagato rendendoli di fatto l’opzione più appetibile per i viaggiatori. Difficile dire se gli stati membri interessati daranno seguito a queste linee guida. Certo è, invece, che in qualche modo dovranno adeguarsi gli operatori turistici se vogliono evitare di entrare eccessivamente in conflitto con i consumatori e così rischiare di affondare un settore già duramente provato. Per aggiornamenti visita www.adiconsumverona.it 78

DI CARLO BATTISTELLA DI ADICONSUM VERONA


Incentivo STRAORDINARIO per gli inserzionisti che investono su giornali, radio e Tv nel 2020

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L’oroscopo alla nostra maniera

di Andrea Nale

21 MARZO - 20 APRILE

21 APRILE - 20 MAGGIO

21 MAGGIO - 21 GIUGNO

22 GIUGNO - 22 LUGLIO

Ariete

Toro

Gemelli

Cancro

Spesso proiettiamo verso un evento futuro così tante aspettative da rimanere puntualmente delusi quando quest'evento si concretizza. Perché non è come avevamo pensato, perché non ha risolto tutti i nostri problemi. Provate a scovare dentro di voi le armi per cogliere in ogni istante il meglio assoluto di ciò che state vivendo: smettendo di provare ad agguantare tutto e provando ad ascoltare, molto più semplicemente, il presente.

In quarantena ho fatto spesso chiamate via web con amici dall'altra parte del mondo. «Perché», ci chiedevamo, «non ci siamo mai chiamati prima?». Eravamo lontani, era comunque l'unico modo di vedersi. Ma poi abbiamo capito, abbiamo realizzato che questo terribile periodo ha fatto recuperare a tutti i valori dell'amicizia, della comunità attorno a noi da difendere e coltivare, e da questo possiamo trarne un beneficio duraturo.

Avete anche voi la sensazione che la ripartenza sia un pullulare di eventi ed emozioni da riacquistare? Una costellazione di esperienze e vite che torneranno a farsi sentire come un bosco che riprende vita dopo il gelo dell'inverno. Tutto sta a voi ora, tutto sta nel farsi trovare pronti per esser parte di questa nuova esplosione di vita, e alle sue mille possibilità. Questo è il momento in cui dare il meglio di voi.

Ci sono momenti in cui vi siete sentiti più felici di ora? Ho l'impressione che consideriate i periodi passati come felici, mentre non sappiate godervi le gioie del presente perché troppo presi dai pensieri. Vi chiedo di immaginarvi nel futuro e ripensare all'oggi, quanti elementi positivi trovereste? Quante meraviglie e gioie nascoste? Avete un sacco di elementi per sorridere e adagiarvi nel vostro presente, sì, anche ora.

23 LUGLIO - 23 AGOSTO

24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE

23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE

23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE

Leone

Vergine

Bilancia

Scorpione

Ai colloqui di lavoro vi chiedono come vi vedete tra cinque anni, e vi assicuro che è una domanda che spesso è spiazzante. Io vi chiedo, Leone, di scavare sotto la superficie e trovare quei pilastri sotto di voi che da qui a cinque, dieci, vent'anni potranno continuare a sorreggere le vostre intenzioni e la vostra legge interiore. Quali sono i pilastri immutabili che caratterizzano la vostra vera essenza?

Quand'è stata l'ultima volta che vi siete arrabbiati? Che avete perso le staffe immersi in un vulcano di rabbia e frustrazione? Io ho sempre avuto paura, a farlo, perché ho sempre pensato che avrei generato qualcosa di irreparabile. La vita mi ha mostrato però che ogni volta che sono andato su tutte le furie qualcosa poi, presto o tardi, si è risolto. Siate coraggiosi e create una crisi, risolleverete voi e chi vi sta intorno.

Quale momento migliore per iniziare ad imporre la vostra legge e le vostre regole al mondo? Ora che tutte le leggi e le colonne portanti della società si sono sgretolate a causa del virus, ora che sembra tutto da ricostruire, che tutto è da far ripartire con un'idea nuova di mondo, nuove abitudini, nuove relazioni, nuove certezze e nuove prospettive. Ora, che accade tutto questo, potete far rinascere la vita a vostra immagine.

Nell'immagine che abbiamo di noi molte cose non ci piacciono: a voi, cari miei, turbano più delle caratteristiche del vostro corpo o della vostra mente, del vostro modo di essere? Su quali avete margine d'azione per migliorarli e rasserenarvi? Dovete fare quest'esercizio da ingegneri gestionali: prendete i problemi, scomponeteli in problemi più piccoli e iniziate a demolirli uno dopo l'altro. È il momento di entrare in guerra.

23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE

22 DICEMBRE - 20 GENNAIO

21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO

20 FEBBRAIO - 20 MARZO

Sagittario

Capricorno

Acquario

Pesci

So che vorreste sentirvi migliori, più forti, più belli, con meno difetti e meno paure. Penso sia una cosa comune a tutti, no? Ho visto dentro di voi, cari Sagittario, però un’audacia più forte di tutto ciò che pensate porti il brutto tempo nella vostra anima: l'entusiasmo. Arriva l'estate, riparte il mondo dopo la quarantena, è il momento di gridare il vostro motto all'universo: l'entusiasmo è la migliore cosmesi. Sono tranquillo per voi.

Quando si è felici il futuro appare come un ordinato susseguirsi di eventi che regolarmente si avvicinano a noi in modo e trasparente. Quando si soffre, invece, il futuro spaventa facendo accrescere il nostro dolore: sembra un torbido groviglio di macigni disordinati pronti a crollarvi addosso uno dopo l'altro. Utilizzate questa bilancia temporale per capire come state, siete felici del domani? Governate il tempo o ne siete travolti?

C'è chi dice che tornare nei luoghi dove si è stati bene sia doloroso, per il rischio di non ritrovare quella gioia passata. Altri sostengono che faccia bene all'anima, recuperare serenità e ricordi perduti. Io credo vivamente che in questo periodo vi serva moltissimo, Acquario, provare e non solo con il pensiero a fare una gita che faccia rifiorire in voi qualcosa di dimenticato, magari con una persona importante per voi.

Avete mai abbandonato un progetto solo perché non si è mai realizzato come avreste sperato? Avete mai rimesso nel cassetto qualcosa, demoralizzati, aspettando di dimenticarvene? Vi assicuro, Pesci, che i progetti che vi fanno vibrare il cuore non vi lasceranno mai e vi invito ad aizzare le orecchie interiori per cogliere quell'istante, inaspettato, in cui il vostro sogno tornerà prepotente a chiedervi di essere completato.


PANTHEON SPETTACOLI & EVENTI Giugno 2020

UN’ESTATE CON LA LIRICA AL CENTRO - Cecilia Gasdia

CONCERTI IN ARENA - Gianmarco Mazzi

ESTATE TEATRALE VERONESE - Carlo Mangolini

LA NUOVA FORMA DELLA BELLEZZA - Alessandra Zecchini

Verona riparTI

AMO


10a

E

VERONA NETWORK

25 GIUGNO

LE PERSONE E LE AZIENDE CHE FANNO GRANDE VERONA

ORE 21 SU RADIOADIGE TV 640

Sergio Pellissier, Sandro Veronesi, Gianmarco Mazzi, Giuseppe Manni, Enrico Frizzera, Giordano Veronesi, Gigi Fresco, Beatrice Pezzini, Istututo Don Bosco, Flavio Pasini, Cristina Pozzi, Marco Ottocento e Valentina Boni.

Imprenditori, start-up, campioni dello sport e del volontariato.

10°

2020 PREMIO ECONOMIA PREMIO SPORT PREMIO COMUNICAZIONE PREMIO SPETTACOLI ED EVENTI


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SPETTACOLI & EVENTI

Giugno 2020

EDITORIALE DI MATTEO SCOLARI

Parlare e scrivere di spettacoli e di eventi in modo strutturato, con una doppia copertina (ed è la prima volta in dodici anni di Pantheon) quando di spettacoli e di eventi – a causa dell’emergenza coronavirus – non c’è traccia. La scelta editoriale che proponiamo da oggi in poi sulle pagine del nostro mensile va nella direzione che noi tutti auspichiamo, ovvero quella della ripartenza. Ripar-TIAMO, un desiderio, quello di tornare alle grandi serate di festa, di arte teatrale, di musica internazionale, che al contempo diventa una dichiarazione d’amore per un’intera città, Verona. Colpita al cuore da questa pandemia, messa in ginocchio nei suoi assets più importanti e invidiati a livello mondiale: l’opera, i grandi concerti, gli spettacoli a cielo aperto. Nonostante ciò, come vedremo, ci sono persone – e sono tante – che non si piegano di fronte a questa situazione e sono pronte, con coraggio, tenacia, preparazione, a ripartire.

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SPETTACOLI & EVENTI

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SPETTACOLI & EVENTI

UN’ESTATE CON LA LIRICA AL CENTRO Sarà il cartellone “Nel cuore della musica” a portare avanti, per quest’anno, il simposio tra l’opera lirica e l’Arena di Verona. Una serie di serate-evento che vedrà artisti e spettatori immersi in una configurazione della scena del tutto nuova. Un’estate con la lirica al centro, nel vero senso della parola: si chiama “Nel cuore della musica” il progetto inedito, organizzato da Fondazione Arena, per fare in modo che, nonostante le difficoltà conseguenti all’emergenza sanitaria, l’anfiteatro simbolo della città nel mondo continui a coinvolgere e affascinare gli spettatori con la bellezza del Festival lirico, slittato al 2021.

Al centro del calendario, fissato per il mese di agosto, un prestigioso cast di artisti, da Marcelo Álvarez, Marco Armiliato, Roberto Aronica, Daniela Barcellona e Plácido Domingo a Yusif Eyvazov, Vittorio Grigolo, Francesco Meli, Anna Netrebko, Leo Nucci, Daniel Oren, Lisette Oropesa e molti altri ancora; ma al centro anche il palco, in una nuova configurazione predisposta appositamente per coniugare le esigenze artistiche con quelle del distanziamento sociale.


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SPETTACOLI & EVENTI

«Siamo italiani, abbiamo una solida reputazione di creatività e serietà - aveva sottolineato la Sovrintendente Cecilia Gasdia in occasione della conferenza stampa di lancio - che non possiamo smentire agli occhi del mondo, che ci guarda con rinnovata attenzione sin dall’inizio della pandemia. Dobbiamo quindi preparare il futuro con grande lucidità, attenzione ma senza farci bloccare dalla paura. Nel nostro lavoro ci ha sostenuti innanzitutto l’orgoglio per il nostro paese che, patria del belcanto e della musica, deve presto diventare un luogo chiave nel mondo per la ripartenza della cultura musicale».

Riccardo Muti inaugura il

Festival Lirico 2021

Cecilia Gasdia - Sovrintendente Fondazione Arena di Verona


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SPETTACOLI & EVENTI

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CONCERTI IN ARENA, Quando torneranno i nostri artisti del cuore?

Gianmarco Mazzi -

Responsabile degli spettacoli pop e rock in Arena

Kiss, Simple Minds, Mika, Il Volo, Emma, Modà, Zucchero…una lista lunghissima, quella degli artisti che quest’anno erano pronti a far vibrare l’aria dell’anfiteatro areniano con le note e le parole intonate all’unisono con i cuori e le voci degli spettatori. Poi l’emergenza sanitaria, il distanziamento sociale e l’inevitabile stop dei concerti.

Tutti ci chiediamo quando potremo tornare ad ascoltare, dal vivo, la musica dei nostri artisti preferiti, che il lockdown ci ha consentito di sentire attraverso le cuffie, ovattati, restando chiusi come in una campana di vetro. Così lo abbiamo domandato a Gianmarco Mazzi, Manager artistico e Responsabile degli spettacoli pop e rock in Arena. «L’emergenza ha implicato la riprogrammazione dei concerti, che, tradizionalmente intesi, con migliaia di spettatori, slitteranno per forza al 2021. Il mese di agosto, come annunciato, sarà dedicato all’opera, con il calendario di serate “La musica nel cuore”. Per quanto riguarda, invece gli eventi di cui mi occupo, l’emisfero dei live e della TV, per ora ne abbiamo in programma tre a settembre, molto importanti: uno di questi sarà senza la presenza di pubblico e con un’Arena illuminata da 800 fari motorizzati, uno spettacolo mai visto prima, mentre gli altri due avranno i posti limitati che ci verranno imposti 88 dalle disposizioni del Governo».

«Le riflessioni ora si concentrano sui concerti dal vivo: stiamo pensando di realizzare un raduno musicale, ci piacerebbe molto, così come credo sarebbe molto bello riuscire a concordare delle serate unplugged con alcuni artisti della nuova scena nazionale, penso a Diodato, protagonista in Arena di una splendida performance per Eurovision, ma anche a stelle come Zucchero e ad altri. E penso anche ad appuntamenti culturali perché nei momenti difficili bisogna aggrapparsi a quegli uomini di pensiero che ci possono aiutare con idee nuove. Per quanto concerne la riprogrammazione degli artisti internazionali, con alcuni sarà più difficile, perché non si tratta solo di stabilire una nuova data; bisogna tenere in considerazione anche altre variabili che possono subentrare nel frattempo, timori, impegni o nuove esigenze, come nel caso di Lana Del Rey che ha deciso di spostare in avanti il tour mondiale. Con Kiss, Simple Minds, Mika e altri siamo già a buon punto e sono molto fiducioso.”


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ESTATE EATRALE VERONESE:

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SPETTACOLI & EVENTI

I piani all’orizzonte

«Siamo ancora in una fase di verifica spiega il Direttore - perché quello che è successo negli ultimi mesi ha scombinato tutti i nostri piani. Prima di pianificare qualunque cosa, quindi, abbiamo aspettato che ci fosse un orizzonte temporale su cui basarci: orizzonte che ora è arrivato, nella data del 15 giugno. Siamo contenti, quindi, di avere una data che ci dia l’input per pensare alla nostra programmazione, ma il tempo che richiede la preparazione di un calendario di spettacoli, degli attori, dell’allestimento è tanto, per cui la sospensione che abbiamo vissuto in questi mesi ha comportato ovviamente dei ritardi. Di conseguenza gli appuntamenti musicali che sarebbero dovuti partire a giugno, con il Rumors e il Jazz, sono inevitabilmente slittati». «In termini di fattibilità – continua Mangolini - l’ipotesi per l’inizio degli spettacoli è dalla seconda metà di agosto in avanti, però le verifiche tecniche, di budget e la ridefinizione del programma sono ancora in corso. Le disposizioni di distanziamento sociale del pubblico riguardano, naturalmente, anche gli artisti sulla scena: pertanto dobbiamo fare delle scelte diverse, perché non è detto che le rappresentazioni che prevedono molti interpreti sul palco possano essere ripensate in quest’ottica. Una strada può essere quella di ragionare su spettacoli con meno artisti oppure con attori solisti. Tutte queste riflessioni, per il momento, sono solo ipotesi; siamo ancora in attesa delle decisioni definitive dell’amministrazione».

Carlo Mangolini, Direttore artistico del settore spettacoli del Comune di Verona, ci aggiorna sulle ultime disposizioni e sui piani che, insieme all’amministrazione, si prospettano per il tradizionale calendario dedicato a Shakespeare. Un orizzonte che, per ora, sembra delinearsi a fine agosto. GUARDA IL VIDEO

89 Carlo Mangolini - Direttore artistico del settore spettacoli del Comune di Verona


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LA NUOVA FORMA DELLA

Beezza

«Nella nostra vita c’è sempre bisogno di bellezza, ancora di più in questo periodo. Il senso del Festival è raccontare la bellezza come espressione del pensiero e dell’opera di grandi artisti in connessione con la storia dei luoghi in cui si svolge; cuore del Festival è il Teatro Romano di Verona, la cui atmosfera suggestiva è ideale per l’ascolto di riflessioni di filosofia dell’arte. Negli anni abbiamo avuto tra gli ospiti Catherine Deneuve, Francesco De Gregori, Paolo Sorrentino, e si è stabilito un rapporto di amicizia con molti tra i maggiori intellettuali italiani tra cui Alessandro Baricco, Umberto Galimberti, Philippe Daverio, Massimo Cacciari, Vittorio Sgarbi, Massimo Recalcati».

Alessandra Zecchini, Coordinatrice generale del Festival della Bellezza, ci ha spiegato quali sono i piani su cui l'organizzazione sta lavorando per lo svolgimento dell'evento, che si terrà presumibilmente a fine estate, rivelando in anteprima il tema che darà forma alla settima edizione.

«Quest’anno, a causa dell’emergenza, posticipiamo il Festival tra fine agosto e settembre. Stiamo collaborando con l’amministrazione comunale e con i nostri partner (in primis Cattolica Assicurazioni) per dare maggiore visibilità e offrire una più vasta partecipazione a questa settima edizione: gli appuntamenti dal vivo andranno in onda sulla nuova web tv del Festival, affiancati da trasmissioni con interviste, backstage e approfondimenti. Ci ha fatto molto piacere ricevere pronta adesione da parte di tutti gli ospiti, felici di partecipare all’edizione speciale che probabilmente quest’estate sarà una delle poche manifestazioni di rilievo nazionale». «Oltre al Teatro Romano c’è l’ipotesi di realizzare appuntamenti particolari anche in Arena, speriamo possano essere confermati a breve. Il tema che accompagnerà la narrazione sulla bellezza sarà l’Eros, inteso come passione e forma di conoscenza». 90 Alessandra Zecchini - Coordinatrice generale del Festival della Bellezza


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CINEMA,

«In questo periodo di lockdown non ci siamo fermati e ci siamo riproposti con il format “Domenica in Believe”, un vero e proprio programma televisivo che ha portato avanti i capisaldi di Believe Aps: aiutare i giovani a crescere, trasmettere un messaggio, fare cultura affiancando professionisti e ragazzi. Tra i nostri ospiti anche due figure molto importanti: Ismaele La Vardera de Le Iene, in collegamento Cosa è stato fatto e cosa si farà: dalla Domenica in Believe al da Palermo, ed Etienne Jean Marie, un’artista di Believe Film Festival. Francesco Da Re ci racconta come sarà hip hop noto in tutto il mondo. E poi, naturall’estate dell’associazione. mente, i giovani e i loro talenti: dal canto fino alla magia e alla capacità di raccontare storie. Il nostro obiettivo era quello di riuscire a portare un po’ di serenità e freschezza in questo periodo di lockdown. Per noi è stata un grande soddisfazione».

si riparte!

L’ESTATE CON BELIEVE APS

«Per i mesi estivi abbiamo in serbo tanti progetti, a partire dalla rassegna cinematografica all’aperto “Alcione sotto le stelle”, in programma al cinema in zona Borgo Venezia – Santa Croce, dalla fine di giugno alla fine di agosto, due sere alla settimana. Ma abbiamo in mente anche un’altra idea: a seguito dell’esperienza “Domenica in Believe”, vogliamo provare con i ragazzi a fondare una nostra web radio, “Radio Believe”. Ciascuno di loro curerà un podcast in cui potrà raccontare la propria passione, occupandosi anche della dimensione musicale. Potranno collaborare non soltanto i nostri soci, ma tutti coloro che vorranno farne parte».

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Tutte le informazioni sugli eventi di Believe sono disponibili sul sito dell’associazione www.believegroup.it e su www.believefilmfestival.it

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SMART ACTING:

essere un’attrice durante il lockdown Alice Zanini, giovane attrice veronese che da qualche anno vive a Roma per continuare la sua formazione e carriera, ci ha raccontato come ha trascorso questo periodo di lockdown e quali sono i suoi piani per il futuro. «Con il lockdown e la chiusura dei sei sono dovuta tornare a Verona. Nonostante la chiusura, però, siamo riusciti a portare avanti qualche progetto telematicamente, tra cui uno molto importante: “Io sono Amleto”, un cortometraggio in collaborazione con Silvio Muccino, che ammiro moltissimo sia dal punto di vista professionale che personale, e scritto da Carla Vangelista; il corto racconta proprio le vicende di un’attrice chiusa in casa che si domanda “e ora io che faccio?”. Ho partecipato ai casting inviando un self tape, ovvero un’auto-registrazione, è una modalità che si usa frequentemente nel mondo del cinema; e Muccino mi ha scelta per il ruolo di protagonista. È stata una grande soddisfazione»

«Una volta deciso il cast completo, abbiamo cominciato a provare con lui via Skype. Ogni attore ha filmato le proprie scene sfruttando i mezzi “domestici” di cui disponeva: il proprio cellulare, la luce naturale del giorno, anziché quella del set. Il cortometraggio è uscito il 27 aprile e ha riscosso un buon successo fra il pubblico del web». «Dal 5 giugno, quando riapriranno i set, tornerò a Roma per continuare a lavorare alla realizzazione di un programma che andrà in onda prossimamente su Rai 5: “Personaggi in cerca di attore”, con la regia di Gualtiero Peirce». 92 Alice Zanini - Attrice

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CHIESA ONLINE:

L’ESPERIENZA DELLA COMUNITA’ PASTORALE DI SALIZZOLE

Catechesi e spiritualità in diretta sui social: per essere vicini a tutti i cittadini e ai fedeli anche durante il lockdown, la Comunità Pastorale di Salizzole Bionde Engazzà ha costruito un vero e proprio palinsesto online. Don Massimiliano Lucchi ci ha raccontato questa esperienza e le idee per il mese di giugno. «Il nostro obiettivo era stare vicino alla gente in tutti i modi possibili, nonostante la Parrocchia fosse chiusa. Così abbiamo pensato di creare un palinsesto di attività da mandare in diretta su Facebook, Youtube e Instagram, di vario genere: di catechesi, di formazione, di preghiera ma anche di gioco». «Nel caso in cui anche a giugno non fosse possibile riprendere le attività dal vivo, l’idea è quella di continuare a proporre i corsi di formazione online e di inventare un “virtual grest”, magari proponendo dei tutorial e coinvolgendo altre persone del paese». Don Massimiliano Lucchi - Comunità Pastorale Salizzole Bionde Engazzà

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ENERGIA rock Conosciamo insieme gli Sky n’ Streets

Francesco, Alessandro, Luca, Marco e Davide: da soli, cinque ragazzi che amano la musica; insieme, gli Sky n’ Streets. La band nasce nel 2010 con un obiettivo ben preciso: mettere in musica i testi del frontman, Francesco Costa, e portare sul palco un’energia nuova, intinta di sonorità Brit Pop e Blues Rock ma con un segno del tutto personale. Una lunga strada, fatta di gavetta e sala prove, finché quattro anni fa, nel 2016, esce il primo singolo “Hey Yeah”, che coniuga suoni freschi e moderni con ritmi rock n' roll. La canzone rappresenta un trampolino di lancio per il gruppo, che in seguito pubblica altri svariati singoli originali e, l’anno scorso, il primo album: Sky n’ Streets.

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SPETTACOLI & EVENTI

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EVENTI Flash I Musei Civici di Verona hanno reso disponibili sui portali web e sui social una serie di video nell’ambito dell’iniziativa “Visti da vicino…visti sul web”: un progetto per far scoprire e conoscere anche in tempi di Coronavirus, grazie alle spiegazioni di esperti, la bellezza del patrimonio scaligero. Un modo per ripercorrere la storia della città e ammirare le collezioni e i depositi custoditi nei musei.

Anche il Parco Natura Viva di Bussolengo ha riaperto i propri cancelli al pubblico: i visitatori potranno tornare a immergersi nella biodiversità dei cinque continenti e ammirare gli oltre 1200 animali ospitati, con l’obbligo della prenotazione online e in anticipo della propria visita. Tra i nuovi arrivati del regno animale, c’è anche Botsman, una splendida tigre siberiana proveniente dall’Estonia, diventata simbolo, in questo periodo difficile, della volontà di rialzarsi.

Il Giardino Giusti ha riaperto le proprie porte per consentire a cittadini e curiosi di visitare sia le bellezze del giardino sia l’Appartamento 900, nel rispetto delle norme di sicurezza. Obbligatorio quindi indossare la mascherina, igienizzare le mani ed evitare assembramenti, ma via libera alle visite nelle stanze dello storico palazzo. Prezzi agevolati per i residenti nel Comune di Verona e ingresso gratuito per i bambini fino ai 10 anni.

Continuano le proposte di teatro in streaming: oltre alla già consolidata Fucinaflix, un format online per vedere le produzioni originali di Fucina Machiavelli in streaming sul loro sito, anche il Teatro Clandestino di Fucina cambia forma: il 5 giugno, alle 21, gli utenti potranno acquistare un biglietto per assistere a un 95 originale spettacolo immersivo e interattivo su Zoom.


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