Pantheon 103 - Ronnie Quintarelli, il veronese idolo in Giappone

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(©Masakatsu Sato)

ziando a fare i conti anche con l’età? Non ci sto pensando. Il 9 agosto ho compiuto gli “anta”, e per me questo è un ulteriore stimolo per fare meglio. Grazie anche all’aiuto di un coach personale, ogni anno cerco di limare il più possibile e di curare sempre di più i dettagli con un costante lavoro quotidiano. Per me è una sfida, lo faccio con piacere. Lo sforzo alla guida della monoposto è faticoso? Le macchine del Super GT sono le gran turismo più veloci al mondo. A Okayama abbiamo registrato tempi con i quali nel 1995 saremmo arrivati a metà classifica nel GP di Formula 1. Portare la Nissan Nismo al limite non è facile, soprattutto controllare la velocità in curva: i tempi di reazione rappresentano il tallone d’Achille per molti piloti della mia età. Come si prepara? Tanto allenamento fisico, dal mattino presto alla sera ho un programma dettagliato da seguire. E devo fare attenzione a molte cose, dal peso corporeo allo stretching per la vista, che non deve mai mancare. Cosa significa per lei migliorare, oltre alle prestazioni fisiche? Innanzitutto vincere il quinto Titolo, sarebbe difficile eguagliare poi questo eventuale altro primato. Poi migliorare la classifica delle Pole, attualmente sono secondo, anche se distante dalla prima posizione, e sono quarto nella graduatoria dei successi personali, 14 contro i 20 del mio collega Matsuda, che si trova in testa. Che sia giocare a carte o una gara di super GT, cerco sempre la vittoria. Sappiamo che ha provato in pista la Ferrari di Nigel Mansell, anche se il suo mito è Senna. Sono nato con il mito di Ayrton, con la sua McLaren Honda bianca e arancione con lo sponsor Marlboro. La Ferrari, tra gli anni Ottanta e Novanta, era la macchina che faceva fatica, con Mansell, Prost, Berger. Tuttavia sono salito su una F1 che nel 1989, nel GP d’Ungheria, ha lottato con il mio mito. Già questo pensiero mi ha dato un’adrenalina incredibile.

Il 23 giugno 2016 Quintarelli ha ricevuto l'Onorificenza di Cavaliere Ufficiale della Stella d'Italia per il suo impegno nella raccolta fondi per i terremotati giapponesi. Nella foto Ronnie insieme ai figli Leo e Luna, la moglie Emi e l'Ambasciatore italiano a Tokyo di allora, Domenico Giorgi.

Com’era la “rossa” alla guida? Tanti cavalli, 12 cilindri, un urlo del motore da paura. Macchina di per sé rivoluzionaria perché aveva introdotto il cambio semiautomatico al volante. In molti l’avrebbero vista bene anche in F1 e c’era andato vicino. Ha qualche rimpianto? No. La Formula 1 è il campionato di riferimento in Europa. Ci sono 20 posti per piloti che vengono da tutto il mondo. Io sono partito da zero, grazie all’impegno e allo sforzo della mia famiglia, in primis dei miei genitori che ringrazio, cosi come le mie sorelle. Se avessi iniziato con una strategia e con qualcuno alle spalle, probabilmente, avrei potuto giocarmela, e, senza falsa modestia, competere per il Titolo. Ma sono contento del percorso che ho fatto qui in Giappone. Il kart? Grande palestra. Quelli che vanno forte con questo mezzo, vanno forte anche in macchina. Mi confronto tuttora in pista con ragazzi di 13 o 14 anni, mi serve per capire quanto gap fisico mi distanzia da loro. Cercare di spingere con il kart, che è massacrante, mi permette di migliorare. Lei ha due bimbi. La seguono nel suo lavoro? Luna e Leo vengono sempre alle gare assieme a mia moglie Emi. Sono molto severi ed esigenti con me. Mi sono di grande aiuto. A proposito di Emi, vi siete conosciuti in un talk show televisivo, giusto? Sì, era spettatrice tra il pubblico. È stata la mia vittoria più grande. ■ 10

A sinistra: gli esordi sul kart, qui nel 1991. Quintarelli nel 1999 è stato Campione europeo e nel 2002 Vicecampione del Mondo.


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