Il Giornale dei Biologi - N. 4 - Aprile 2020

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Edizione mensile di AgONB, Agenzia di stampa dell’Ordine Nazionale dei Biologi. Registrazione n. 52/2016 al Tribunale di Roma. Direttore responsabile: Claudia Tancioni. ISSN 2704-9132

Aprile 2020 | Anno III - N. 4 | www.onb.it

Il Giornale dei

CORONAVIRUS VERSO LA FASE 2

Riaperture prudenti e contingentate monitorando i nuovi contagiati regione per regione


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Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020


Sommario EDITORIALE 3

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I care di Vincenzo D’Anna

SALUTE

PRIMO PIANO

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Studiate le prime fasi di sviluppo del linfoma di Chiara Di Martino

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Covid-19. Dal 4 maggio lockdown allentato di Daniele Ruscitti

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Covid-19, evitare le terapie “fai-da-te” di Daniele Ruscitti

Il progetto Pan Cancer per conoscere le sfumature e i lati oscuri dei tumori di Sara Lorusso

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L’impronta dell’Escherichia coli nel cancro al colon di Sara Lorusso

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La proteina che uccide le cellule tumorali di Domenico Esposito

27

Disturbi della deambulazione infantile di Carmen Paradiso

28

Autismo, Telethon investe 4 milioni di euro per 17 progetti di ricerca di Domenico Esposito

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Autismo e schizofrenia. Possibile nuova strategia terapeutica di Marco Modugno

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Lipodistrofie, ora l’ormone è per tutti di Elisabetta Gramolini

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Frutta, speranza per la sclerosi multipla di Chiara Di Martino

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Indagine sullo stafilococco di Chiara Di Martino

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Un potente antibiotico nato da un algoritmo di Sara Lorusso

38

L’espressione dei roditori ci svela i segreti delle loro emozioni di Giacomo Talignani

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Telemedicina per combattere il coronavirus di Daniele Ruscitti

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Per un vera fase 2 dei biologi di Stefania Papa

78 BIOLOGIA DEL PALAZZO 12

Supermercati nella trincea Covid-19. La sicurezza dei dipendenti di Riccardo Mazzoni

13

Ripartenza Italia: lo sprint di Fca e Ferrari di Riccardo Mazzoni

INTERVISTE 16

Dall’Italia una terapia contro le leucemie linfoblastiche di Carmine Gazzanni

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Un nuovo composto per la glicogenosi di Pasquale Santilio

18

Nuova luce sull’evoluzione di Carmine Gazzanni

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Distrofia, segni di invecchiamento nel Dna di Pasquale Santilio Attualità

Scienze

Contatti


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Ecco come “parlano” gli astrociti di Pasquale Santilio “Brucia grassi” o “brucia carboidrati”? di Carmen Paradiso

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Allergico al lattosio o intollerante al latte? di Maria Sole Facioni

47

L’epilessia nella dinastia Giulio-Claudia di Barbara Ciardullo

48

Perdita dei capelli in oncologia. Il ruolo dei cosmetici biologici di Biancamaria Mancini

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Pelle giovane? Chiediamolo alle proteine di Carla Cimmino

AMBIENTE 52

La ricetta per salvare gli oceani di Giacomo Talignani

54

Ma che caldo fa. Inverno “bollente” in Antartide di Giacomo Talignani

56

Ripartiamo riciclando con l’economia circolare di Gianpaolo Palazzo

58

I licheni, vere spie per le polveri sottili di Gianpaolo Palazzo

60

La scuola si fa green con “Salva il kilowattora” di Gianpaolo Palazzo

61

Ricercatori: «Salvare biodiversità delle specie» di Domenico Esposito

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Rapporto sulle specie aliene in Italia di Felicia Frisi

INNOVAZIONE 64

“Carta” eco-compatibile a base di polline di Chiara Di Martino

66

Un test del sangue scopre 50 diversi tumori di Pasquale Santilio

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Ospedali chiavi in mano per la Nato di Felicia Frisi

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Il nuovo polo delle scienze della vita di Marco Modugno

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Homo Antecessor, un nostro antenato di Pasquale Santilio

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Coronavirus e mutamenti sociali di Felicia Frisi

71

Prezzi alimentari in calo a marzo nel mondo di Felicia Frisi

BENI CULTURALI 72

Il Maggio dei Libri, un viaggio nella cultura di Pietro Sapia

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Uffizi virtual tour di Matteo Piccirilli

SPORT 74

L’Italia scalda i muscoli per la ripresa di Antonino Palumbo

76

Vialli e la sfida al cancro al pancreas di Antonino Palumbo Il contagio tra i professionisti di Antonino Palumbo

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BREVI LAVORO

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Concorsi pubblici per Biologi

SCIENZE 82

Una mangrovia sintetica per pulire l’acqua in ambito urbano di Sara Lorusso

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Relazione dose-risposta tra sodio e pressione di Sara Lorusso

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Malaria: svelato il meccanismo con cui P. falciparum sfugge alle terapie di Giada Fedri

ECM 94

Antiossidanti e Sport. La Dieta Mediterranea come migliore supplemento

di Giuseppe Cerullo et al.

102 Gestione delle infezioni delle vie urinarie di Lorenza Murgia et al. Attualità

Scienze

Contatti


COMUNICAZIONE

I care di Vincenzo D’Anna Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi

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on capita spesso che un lavoro tre che della partecipazione degli iscritcostato impegno e sacrifici, corra ti alla vita delle nascenti organizzazioni il rischio di essere compromesso locali. Una generale battuta d’arresto da eventi imprevisti ed impreve- che si somma alla paralisi generale della dibili, sia di natura umana che sopran- Nazione, costretta alla forzata quarantenaturale. L’opera che corre il rischio di na, al dramma di migliaia di morti, all’einterrompersi è quella faticosamente mergenza socio-sanitaria, all’interruzioportata avanti in poco più di due anni, ne delle attività libero professionali che dalla Presidenza e dal Consiglio dell’Or- avranno ricadute tragiche anche su moldine per ammodernare ed implementa- tissimi nostri iscritti. re servizi ed opportunità per gli iscritti, Avevamo titolato un precedente ediformazione ed eventi gratoriale “Indietro non si tuiti (a cadenza quasi mentorna” per dire che la sile), oltre che per avviare stagione del rinnovamenC’è stata una generale una serie di attività di forto gestionale ed amminimazione sul campo ed espestrativo, dell’informazioparalisi della nostra rienze pratiche per indirizne sempre più capillare e Nazione, costretta a zare i colleghi verso forme continua, delle opportudi inserimento professionanità di nuove strada da inuna forzata quarantena le nuove e diversificate. traprendere in un rinnodovuta all’emergenza Nulla che ripeta le solite, vato clima di fiducia, non pletoriche, scelte cosiddetsarebbe andata persa. sanitaria che non si te “rifugio”, prima fra tutte Insomma, parlavamo quella della Scienza dell’Ae ci rivolgevamo ad una è ancora conclusa limentazione. Il rischio è categoria finalmente conquello di spezzare un ciclo sapevole delle proprie povirtuoso ormai cadenzato ed organizzato tenzialità, sempre più convinta di poter per tutto l’anno 2020 con manifestazio- essere protagonista nei molti nuovi settoni e convegni, master, corsi e seminari, ri di attività che la Biologia offre a getto summer school, borse di studio. Ma con- continuo. Siamo purtroppo qui a dover tro l’epidemia di coronavirus che tutto ammettere che, almeno per ora, non poha fermato in Italia, c’è ben poco da op- tremo andare avanti secondo i programporre sotto questo punto di vista. mi già cadenzati. E che niente, per diAd essere stata interrotta è anche l’al- versi mesi, sarà più come prima in tanti tra fase dell’apertura e del funzionamen- ambiti sociali economici e professionali. to delle sedi regionali e dell’avvio dei Un vero peccato! Tuttavia fin da giorelativi gruppi di studio territoriali ol- vane ho imparato che il pessimismo della Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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ragione può essere mitigato dall’ottimi- partecipe alla vita dell’Ordine sono già smo della volontà e che, in questo mo- state fatte in poco più di un biennio, anmento, si devono mettere in campo tutti che non sono ancora percepite da una i talenti di cui si è in possesso. A Vicchio, parte degli iscritti che poco consulta il piccolo Comune della provincia di Firen- sito, poco incline ad informarsi, a seguize, don Lorenzo Milani scrisse sulla por- re gli eventi e le proposte che l’Ordine si ta della scuola in cui istruiva i figli della sforza di proporre costantemente. povera gente: “I care”, un termine che in Restano aperte due grandi questioni, inglese ha diversi significati: “io parteci- quella della iscrizione all’Albo di tutti po, io mi interesso, io sono coinvolto”. coloro che, a vario titolo svolgono attiEbbene, se potessi scrivere quella stessa vità professionale e quella della modifica frase sulla porta del palazzo di via Ici- dell’esame di Stato e della revisione del lio 7 e su quella di tutte le sedi regionali corso di laurea. Sono due lati della stessa dell’Ordine dei Biologi per il dopo crisi strada, uno che porterà verso un crescita epidemica, la vergherei a caratteri cubi- della Categoria in termini di rappresentali. “I care”, sì. Perché solo consideran- tanza ed un altro che darà modo a ciadosi parte di una vasta famiglia, solidali scun Biologo di potersi scegliere diversi tra noi, interessati alle vicende ed alle indirizzi di studio per collocarsi succesdifficoltà degli altri, potremo uscire vivi sivamente in aree di specializzazione e e temprati da questa terribile esperien- formazione sul campo già individuate. za. Abbiamo bisogno di una politica orLe resistenze e le incomprensioni dinistica che faccia leva sulla concordia sono ancora tante per vari motivi, spese sullo spirito di categoria, so fatti di disinformazione anche di quel brandello fie di luoghi comuni. Non duciario che finora siamo sono pochi quelli che pur Solo considerandoci riusciti a recuperare. Nesfregiandosi del titolo di suno sarà lasciato indietro. Biologo, riuniti in gruppi parte di una vasta Questo possiamo garantirchiusi oppure associazioni famiglia, solidali tra noi, lo anche in questa dramsi sentono distinti e distanmatica fase della nostra ti dall’Ordine. Accampano interessati alle vicende storia. Non posso prevescuse e danno motivazioni ed alle difficoltà degli dere cosa e quanto faremo, al loro modo di fare spesso ma lo faremo, siatene certi, impalpabili, inesatte e soaltri, usciremo temprati con quegli stessi presuppopratutto illegittime. La resti morali e professionali cente Sentenza della Corda questa esperienza che hanno fin qui animato te Costituzionale del 16 la nostra condotta. Aprile ha ribadito, ancora Abbiamo bisogno di un’ulteriore siner- una volta, che si è passibili penalmente gia con la Cassa di Previdenza che ha com- del reato di abuso di esercizio della propiti di tutela economica dei nostri iscritti. fessione ogni qualvolta si svolgono attiAbbiamo dato e daremo una mano a che vità retribuite proprie della Categoria, la politica ascolti le richieste per i liberi ovvero si opera in ambiti di intervento professionisti iscritti agli Albi. Qualcosa professionale che discenda dalle attività si è sbloccato dal punto di vista economi- assentite al Biologo ed alla professione co, ma bisognerebbe garantire ai biologi Sanitaria. ausili economici adeguati al loro status Ininfluente il tipo di rapporto di lavolavorativo. Inoltre, non dimentichiamo i ro e la natura dell’Ente per il quale si lapensionati che dovrebbero poter accede- vora. Infine bisognerà superare la batture ai sussidi, anche se percepiscono asse- ta d’arresto dell’apertura delle residuali gni previdenziali, in determinati casi assai sedi regionali dell’ONB che rappresenbassi, con cui non possono affrontare le tano un avvio al decentramento al quadifficoltà del momento. le siano obbligati dalla Legge 3/2018 e Insomma: il futuro lo si prepara, non quindi ad incamminarci, dopo la battuta lo si aspetta. In questo clima di straordi- di arresto, verso il processo di autononarietà di eventi, la verità può essere una mia degli Ordini Regionali. Anche queforza ancorché tagliente nei confronti sta potrebbe essere la chiave di volta per del prossimo. Molte cose urgenti e ne- attrarre i non iscritti colmando in loco cessarie per ricostruire un fronte di Ca- lacune che non è dato poter fare all’Ortegoria più consapevole e maggiormente dine Nazionale. 4

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PRIMO PIANO

di Daniele Ruscitti

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al 4 maggio il lockdown in Italia sarà parzialmente allentato e, dopo quasi due mesi, il Paese tornerà a respirare confortato anche da alcuni dati che negli ultimi giorni si sono consolidati. Prosegue costantemente il trend in calo dei ricoveri in terapia intensiva, rallenta il numero dei contagiati che ha superato le 200mila unità e segnali positivi arrivano anche dal numero di malati ricoverati con sintomi e da quelli in isolamento domiciliare che cominciano a diminuire con una decisa costanza. Dal 4 maggio si avrà anche una nuova e più realistica radiografia dell’Italia colpita dal Covid-19. Sarà l’azienda americana Abbott a fornire dall’inizio della fase 2 i test sierologici per stimare la percentuale di italiani colpiti dal virus, molti dei quali potrebbero - ma non è scientificamente certo - anche aver sviluppato anticorpi. Partiranno a livello nazionale, su un primo campione di 150mila persone, le analisi sul sangue per definire se una persona è stata contagiata, anche inconsapevolmente. Governo ed esperti aggiungeranno così un tassello importante nella strategia post lockdown, che permetterà di capire il livello di diffusione del coronavirus nel paese e pianificare le tempistiche sul ritorno graduale alle attività. Ad offrire gratuitamente i kit sarà il colosso farmaceutico statunitense “Abbott”, selezionato tra i 72 partecipanti alla gara indetta dal governo. Si tratta dunque della “migliore soluzione oggi esistente sul mercato”, spiega il Commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri. La sperimentazione partirà nei laboratori delle varie regioni e riguarderà campioni specifici di popolazione in base alle categorie Istat e Inail, tenendo in considerazione profilo lavorativo, genere e sei fasce di età. I primi riscontri si avranno già dalla prima settimana e in quelle successive è prevista una pos-

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COVID-19 DAL 4 MAGGIO LOCKDOWN ALLENTATO Il Governo ha definito la gara per l’acquisto dei kit per i test sierologici

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sibile estensione della fornitura di kit, rea- nea con l’Oms, secondo cui “servirà ancora genti e consumabili dello stesso tipo, con tempo». altri 150mila test per un totale di 300mila. L’Organizzazione mondiale della sa«Non ne esiste al mondo uno che dà nità ha ricordato che non ci sono ancora il 100% del responso - chiarisce Arcuri - prove scientifiche che le persone guarite noi avevamo messo alla base della gara un dal Covid-19 abbiano anticorpi che prorisultato che fosse pari al 95%, per chi se teggono da una seconda infezione, spielo è aggiudicato è gando in un docusuperiore al 95% e mento che “a questo Rallentano i contagi confidiamo che sia un punto della pandetest assai importane prosegue costantemente mia non ci sono abte”. Percentuali che bastanza evidenze il trend in calo dei ricoveri sull’efficacia dell’imhanno avuto un ruolo determinante nella munità data dagli anin terapia intensiva scelta dell’azienda seticorpi per garantire lezionata per la speril’accuratezza di un mentazione, che sulla tipologia di test ha passaporto di immunità o un certificato di rispettato i criteri richiesti - tutti vicini al libertà dal rischio”. 100% - di specificità, ovvero idoneità, senL’Iss ha intanto pubblicato i dati di uno sibilità, applicabilità su larga scala e rapi- studio che rivela che l’esito dell’infezione dità di risposta. Test su scala nazionale che da Covid-19 si potrebbe definire già nei non puntano a fornire patenti di immuni- primi 10-15 giorni dal contagio e questo tà. Su questo buona parte della comunità può dipendere dall’esposizione virale, dalscientifica sembra essere d’accordo e in li- la debolezza immunitaria o da uno sforzo


SALUTEPIANO PRIMO

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Un alert dalle acque reflue?

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fisico intenso nei giorni dell’incubazione. A va e nelle secrezioni delle mucose delle vie parlarne è un modello scientifico elaborato aeree superiori. Il virus può superare questo primo da tre ricercatori italiani e descritto nella pubblicazione “The first, comprehensive round se: l’immunità innata è debole, queimmunological model of Covid-19: im- sta condizione si realizza in molti anziani plications for prevention, diagnosis, and e nei soggetti privi di anticorpi per difetti public health measures” a cura di Paolo genetici; l’esposizione cumulativa al virus è Maria Matricardi enorme, questa situa(Univeristà di Berlizione si realizza per no), Roberto Walter Partiranno a livello nazionale, esempio tra medici e Dal Negro (National operatori sanitari che su un primo campione hanno curato molti Centre of Pharmacoeconomics and Phar- di 150mila persone, le analisi pazienti gravi senza le opportune protezioni; macoepidemiology sul sangue si compie un esercizio di Verona) e Roberto fisico intenso e proNisini (Reparto Imlungato, con elevatissimi flussi e volumi remunologia, Istituto superiore di sanità). Secondo il modello, l’esito dell’infe- spiratori, proprio nei giorni di incubazione zione si decide nelle prime 2 settimane dal immediatamente precedenti l’esordio della contagio e dipende dal bilancio tra la dose malattia, facilitando così la penetrazione cumulativa di esposizione virale e l’effica- diretta del virus nelle vie aeree inferiori e cia della risposta immunitaria innata loca- negli alveoli, riducendo fortemente l’impatle. Le componenti attive sono gli anticorpi to sulle mucose delle vie aeree, coperte da IgA e IgM naturali che si trovano nella sali- anticorpi neutralizzanti.

l materiale genetico del virus Covid-19 può essere trovato nelle acque di scarico, permettendo quindi di usare questo tipo di campionamenti come “spia” della presenza di un focolaio epidemico. Lo suggerisce uno studio condotto a Roma e Milano dal gruppo guidato da Giuseppina La Rosa del Reparto di Qualità dell’Acqua e Salute dell’Iss. «Abbiamo selezionato e analizzato per la ricerca del virus, un gruppo di 8 campioni di acque di scarico raccolti dal 3 al 28 febbraio a Milano e dal 31 marzo al 2 aprile a Roma - spiega La Rosa -. In 2 campioni raccolti nella rete fognaria della zona Occidentale e Centro-orientale di Milano è stata confermata la presenza di Rna del nuovo coronavirus. Nel caso di Roma, lo stesso risultato positivo è stato riscontrato in tutti i campioni prelevati nell’area orientale della città. Il ritrovamento - sottolinea Luca Lucentini, direttore del Reparto di Qualità dell’Acqua e Salute dell’Iss - non ha nessun rischio. Il risultato rafforza le prospettive di usare il controllo delle acque in fognatura dei centri urbani come strumento non invasivo per rilevare precocemente la presenza di infezioni nella popolazione».

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PRIMO PIANO

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Covid-19, evitare le terapie “fai-da-te” Iss: grande attenzione al web e alle fake news

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isogna fare grande attenzione all’acquisto di farmaci - evidenzia il rapporto - si può essere certi della qualità del online e bisogna evitare terapie farmacologiche fai da prodotto, dal momento che ogni passaggio della catena di apte. Sul web “proliferano farmacie illegali che, frauprovvigionamento è debitamente controllato. La normativa dolentemente, ad opera per lo più di gruppi della italiana, inoltre, non prevede la vendita online di farmaci che criminalità organizzata, propongono ad ignari e malinformati richiedono ricetta medica per l’acquisto. cittadini rimedi per la prevenzione e la cura” di Covid-19. L’acquisto di farmaci da siti web esteri pone il cittadino “Un attivo mercato illegale che sta sfruttando l’emergenza di fronte alla difficoltà di riconoscere se il sito sia legale o sanitaria”. È la denuncia che arriva dall’Istituto superiore di illegale e al conseguente rischio di acquistare farmaci falsi e sanità che, in un report pubblicato riferisce i risultati di un quindi pericolosi per la salute. Oltre al rischio di assumere monitoraggio effettuato sui siti web che propongono la venfarmaci falsi o farmaci non autorizzati, che quasi certamente dita online di medicinali per il trattamento dell’infezione da non hanno istruzioni di dosaggio in italiano, gli acquirenti nuovo coronavirus. Il documento passa anche in rassegna le corrono anche un rischio economico. Infatti, le carte di creprincipali fake news circolate sui social riguardo alla prevendito utilizzate per comprare farmaci da farmacie online non zione e terapia dell’infezione. I ricercatoautorizzate vengono spesso clonate e utiri dell’Iss, con la premessa che “nessuno lizzate per altri acquisti. L’Istituto superiore di sanità spazio deve essere dato a terapie fai-da-te L’Iss nel suo rapporto informa sul mobasate sull’autoprescrizione di antivirali o nitoraggio effettuato sui social media al denuncia un mercato antibiotici o di altri farmaci per i quali è fine di rilevare le notizie, gli audio e i video illegale che sta sfruttando obbligatoria la prescrizione medica” e che ingannevoli su terapie che vengono propa“quelli pubblicizzati online potrebbero esgandate attraverso la rete. l’emergenza sanitaria sere falsificati e, perciò, inefficaci o pericoNella confusione di informazioni pseulosi per la salute”, hanno stilato un elenco do-scientifiche e falsi riferimenti a Istitudei prodotti più richiesti online. zioni e Enti di Ricerca - sottolinea il documento - al cittadino Il documento dell’Iss sottolinea che, secondo la normativa spesso mancano gli strumenti per distinguere ciò che è vero italiana, è possibile acquistare legalmente solo farmaci venda ciò che è falso e quindi è molto importante che la popoladibili senza ricetta. L’acquisto può avvenire esclusivamente zione cerchi le informazioni sanitarie solo sui siti istituzionali da siti internet di farmacie e parafarmacie italiane che hanno e non dia credito alle numerose informazioni ingannevoli che ottenuto un’apposita autorizzazione dalle Autorità territorialvengono diffuse attraverso il web e i social network, sopratmente competenti e registrati nell’elenco dei soggetti autoriztutto quelle concernenti “cure miracolose”. L’Iss allerta poi zati alla vendita di medicinali online pubblicato sul portale del su registrazioni audio e video sui social e sul web in generale Ministero della Salute. di sedicenti esperti che neanche dicono il loro nome o la loro Solo se si acquistano medicinali online da una farmacia qualifica professionale ma che parlano di coronavirus e distrio da un esercizio commerciale che espone il “logo comune” buiscono consigli e raccomandazioni. (D. R.)

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PRIMO PIANO

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Telemedicina per combattere il coronavirus Pronto il rapporto dell’Iss: garanzie per pazienti e professionisti

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a piena e funzionale applicazione della telemedicina situazioni di fruizione, le quali, a loro volta, dipendono dalla può rappresentare un importante supporto alla retipologia di persone destinatarie del servizio domiciliare e sotalizzazione di soluzioni concrete, rapide da attuare, tolinea che la telemedicina non deve essere utilizzata per ceraderenti alle norme vigenti e tali da offrire le migliori care di eseguire trattamenti medici a domicilio su persone con garanzie di sicurezza sanitaria sia per i pazienti, sia per i profesquadri gravi di malattia che richiedano invece cure ospedaliere sionisti impegnati a fronteggiare l’emergenza Covid-19. di tipo intensivo. L’Istituto superiore di sanità ha pubblicato il dodicesimo Tra i principi di riferimento sui quali è consigliabile che i rapporto del 2020 dedicato all’emergenza Covid-19, curato da sanitari si soffermino, il documento indica i seguenti: condiFrancesco Gabbrielli, Luigi Bertinato, Giuseppe De Filippis, zioni preliminari per rendere possibili servizi in telemedicina, Mauro Bonomini, Maurizio Cipolla. Il rapporto, dal titolo “Inresponsabilità sanitaria durante attività in telemedicina, schedicazioni ad interim per servizi assistenziali di telemedicina duma degli elementi necessari per realizzare i servizi a domicilio, rante l’emergenza sanitaria Covid-19”, affronta il tema dei serfunzionamento della videochiamata sanitaria, assaggi iniziali di vizi assistenziali di telemedicina durante l’emergenza sanitaria attivazione del servizio. offrendo indicazioni, individuando proble«Questo lavoro, si legge nell’introduziomatiche operative e proponendo soluzioni ne del report, è stato pensato per la situaÈ necessario prima di tutto zione di emergenza sanitaria in relazione utili sostenute dalle evidenze scientifiche, ma anche impiegabili in modo semplice realizzare e rendere disponibili alla diffusione di Covid-19 e di conseguenza nella pratica. non viene studiata la possibilità di estendequelle soluzioni che siano Sull’utilizzo della telemedicina in quere i servizi di telemedicina attivati durante sta fase emergenziale il rapporto sottolinea l’emergenza sanitaria oltre la durata della attivabili rapidamente che «è necessario prima di tutto realizzare e stessa. La motivazione di ciò risiede nel fatto rendere disponibili quelle soluzioni che siache attualmente, rispetto al sistema sanitario no attivabili rapidamente, in pochi giorni, che siano utilizzabili italiano pubblico, che presenta caratteristiche pressoché uniche, dalle persone a domicilio con le dotazioni tecnologiche a loro occorre un ulteriore approfondimento circa la metodologia di vadisponibili nell’immediato e che siano attivabili per periodi di lutazione delle soluzioni dal punto di vista sanitario e gestionale tempo congrui alle necessità poste dalla situazione di emergenper realizzare servizi in telemedicina coerenti tra loro su tutto il za. In base all’esperienza cinese di evoluzione dell’epidemia, in territorio nazionale, ma anche adattabili alle realtà locali, al fine prima approssimazione, tali servizi devono garantire l’attività per di ottenere la loro stabilizzazione duratura nella pratica». non meno di 90 giorni ed è fortemente consigliabile prevederne Un modello pensato per offrire servizi sanitari alle persomodalità di proroga in caso di ulteriori necessità correlate all’ene a domicilio «allo scopo di sorvegliare proattivamente le loro ventuale permanere della situazione di emergenza sanitaria». condizioni di salute, sia dopo la dimissione da reparto ospedaIl rapporto evidenzia anche che è fondamentale strutturaliero, sia in corso di quarantena o di isolamento, sia in caso di re il servizio a distanza in base alle differenze nelle possibili isolamento domiciliare». (D. R.) Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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PRIMO PIANO

di Stefania Papa*

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Italia si avvia, a passi accelerati, verso la cosiddetta “Fase 2”, quella che dovrà portare il Paese fuori dal lockdown in cui l’emergenza coronavirus lo ha precipitato. A poco a poco, in maniera graduale e sempre con il “consenso” degli scienziati, tutti quanti noi saremo chiamati ad una progressiva e responsabile ripartenza. Una fase in cui sarà bene tenere presente che il virus non è stato sconfitto e che occorrerà rispettare talune fondamentali misure di sicurezza, come il mantenimento delle distanze sociali e l’utilizzo dei dispositivi di protezione (guanti e mascherine), per non incappare nel rischio di precipitare nuovamente nella spirale del contagio. Insomma: una lenta risalita verso l’agognata conquista di una normalità che, allo stato, appare purtroppo ancora distante. E’ in questa stessa contingenza, tuttavia, che ci corre l’obbligo di parlare di un altro “step” legato al pieno e definitivo rilancio di una professione, quella del Biologo, che mai come in questa delicata emergenza sanitaria, si è rivelata cruciale per non dire fondamentale, nella battaglia contro il Sars-Cov2. E’ vero. Nei tg e negli speciali che tutte le principali emittenti televisive hanno dedicato, in questi giorni, all’argomento coronavirus, si è discusso tantissimo del personale sanitario impegnato nelle trincee degli ospedali, nella difficile e spesso mortale lotta contro il temibile morbo. Medici ed infermieri sono diventati i “nuovi eroi” di questa straordinaria battaglia. Si è parlato spesso del coraggio dei “camici bianchi”, dei loro sforzi in corsia ed al capezzale dei malati. Si è parlato anche dei farmacisti, ed in particolare i convenzionati del territorio, che pure stoicamente hanno continuato a lavorare. Ma poche parole sono state utilizzate a favore di chi, come i Biologi, hanno Consigliere dell’Onb, delegato nazionale per le regioni Toscana e Umbria.

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PER UNA VERA FASE 2 DEI BIOLOGI

Formazione, Specializzazione e Territorio: sta qui la vera ripartenza dopo il lockdown lavorato per arrivare al primo ed ai successivi di conoscenze maturate in quel particolare isolamenti in laboratorio del virus, hanno ri- campo di applicazione della genetica che si organizzato i laboratori di virologia in tutto il ascrive alla “mappatura” degli acidi nucleici, Paese, si sono fatti carico di turni massacranti che li rende capaci di operare sempre più a e critici, ed ancora adesso lavorano quotidia- 360 gradi ed in ambiti, come quello della genamente, comunque in condizioni di rischio, netica e della biologia molecolare appunto, di rendendo disponibili centinaia di migliaia di più ampio respiro. test virologici ed oggi anche immunologici, nel Abbiamo sentito parlare delle attività che tentativo di dare adeguate risposte ai quesiti per lo più i biologi hanno reso possibili con clinici ed epidemiologici, e consentire, alle au- i diversi isolamenti virali ottenuti in numerosi torità sanitarie, di definire strategie e politiche laboratori del nostro Paese. E’ successo, apdi contenimento e di cura. punto, allo Spallanzani di Roma, al Sacco di Sissignore, in tutMilano, alle Torrette ti gli ospedali italiani, di Ancona, all’Aou di A poco a poco, in maniera Siena ed in tante altre nel chiuso dei laboratori di microbiologia graduale e con il “consenso” parti del mondo ane virologia, nonché di cora. Ebbene, sono patologia clinica, cen- degli scienziati, saremo tutti questi i campi di battinaia di nostri colleghi taglia, dove le attività chiamati alla ripartenza sono impegnati (e lo condotte dai biologi, sono tuttora) 24 ore al hanno reso disponibili giorno, speriamo adeguatamente protetti, ad i risultati ottenuti ed a cui la comunità scientieseguire test di biologia molecolare nello sfor- fica deve oggi la possibilità di poter osservare zo di “rivelare” il virus, di ricercare gli anti- e valutare, da vicino, la virulenza del Sars-Cov corpi prodotti, di scoprire i punti deboli del 2 testandone, di conseguenza, anche i possibili Covid-19 da mettere, poi, a disposizione di trattamenti terapeutici. epidemiologi e scienziati. Ciò si deve ai tanti team di valenti e straorLa situazione straordinaria determina- dinari colleghi che in questi stessi luoghi hanta dalla pandemia da Sars - CoV-2 ha messo no lavorato, duramente, giorno dopo giorno, in luce le straordinarie competenze di molti lontano dalle luci della ribalta (e magari con biologi, a partire dall’INMI L. Spallanzani di striminziti contratti a tempo determinato), per Roma, nell’allestimento di complesse ed inno- studiare il nuovo coronavirus. E ancora: alzi vative indagini molecolari, forti di un bagaglio la mano chi non ha mai sentito echeggiare, in


PRIMO PIANO

del SSN ), ad esempio, e i DPR 483 e 484/97? Perché non riconoscere anche ai Biologi di poter sviluppare ed acquisire percorsi formativi specialistici in settori ed aree dove i percorsi attuali non danno opportunità né ai biologi né ad altre professioni sanitarie? Perché tante di queste “Scuole”, dopo alcuni tentativi di definizione degli ordinamenti didattici possibili sono ferme al palo, negli atenei, in attesa di definire un percorso normativo di approvazione? Certamente sulle previsioni e caratteristiqueste settimane, termini come attività antivi- che di questi ordinamenti didattici si rende rale, efficacia di nuovi farmaci, vaccini speri- necessario reintervenire in un rapporto simentali, anticorpi protettivi, test sierologici, nergico con le Università per arrivare a valutest diagnostici, reagenti e tamponi. Ebbene: tare la adeguata previsione di contenuti che chi c’è dietro tutto questo se non la mano prevedano conoscenze tecniche scientifiche esperta di tanti biologi? Insomma: è giunta e professionali ad esempio nei campi della l’ora che sulla cosiddetta “fase del rilancio”, si tutela dell’ambiente, dell’igiene e sicurezza inizi a dare a Cesare quel che è di Cesare, non alimentare, igiene e sicurezza del lavoro, nel solo tributando il giusto riconoscimento a chi, campo sia ambientale che industriale. Docome i nostri coraggiosi biologi, ha affilato, in vranno essere evidentemente scuole con acsilenzio ed umiltà, le armi della ricerca scien- cesso consentito a più professionisti, ed una tifica, ma anche e soprattutto riconsiderando volta approvato il percorso di formazione biil ruolo che essi stessi sognerà, come per gli sono chiamati a svolgealtri ambiti, pervenire La situazione straordinaria non solo all’approvare nel vasto e variegato pianeta chiamato “sa- determinata dalla pandemia zione dell’ordinamennità”. Un ruolo, si badi to con decreto del miha messo in luce le bene, che non deve esnistro dell’Università, sere più subalterno, ma ma anche al riconoscicompetenze dei biologi principale e, perché no, mento di una nuova anche di guida, traino disciplina da aggiuned esempio. In un’unica parola: modello di gere a quelle previste nel 1992 per l’accesso riferimento. Prima di questa emergenza si è alla dirigenza sanitaria del SSN. parlato di nuovi percorsi di Specializzazione All’interno di questi contenuti è presente destinabili (anche) alla categoria dei biologi lo sviluppo formativo negli ambiti del rischio così da riconoscere loro un ruolo fondamen- biologico che rappresenta un settore peculiare tale anche in materia di tutela ambientale, di per i biologi, necessario anche nella rimodularischio biologico e chimico, di sicurezza ali- zione delle misure di contenimento del conmentare, del lavoro, delle attività sociali. tagio nei luoghi di lavoro e funzionale nelle Perché, è la nostra domanda, questo ruo- strategie di prevenzione per affrontare scienlo non viene ancora riconosciuto alla nostra temente la “fase 2”. Va ribadito con forza, categoria, dopo così tante battaglie vinte e al di là ed al di fuori di qualsivoglia logica di portate a casa, con il DLgs.502/93 (riforma tipo corporativo, che l’insieme di queste com-

petenze ed il relativo sviluppo, costituisce un ambito inequivocabilmente pluridisciplinare ed interdisciplinare dove biologi, chimici, fisici, medici, veterinari, ingegneri, etc., debbono operare in armonia in un contesto sinergico di operatività. Specializzazione, dunque. Riconoscimento del giusto ruolo. Che fa il paio con Formazione, intesa in maniera sempre più performante, qualificante, sempre più - sembra una ripetizione ma non lo è - “specializzante”. Soprattutto alla luce di quanto la ricerca scientifica (anche grazie, non vorrei rimarcarlo nuovamente, al contributo di noi Biologi) ci ha consegnato in queste settimane sul nuovo coronavirus e sull’impatto che il morbo stesso ha avuto sulle nostre vite Pensiamo solo per un istante ai risvolti ed alle ricadute ambientali della malattia. Fortunatamente (no, non storcete il muso, non siate increduli)...positivi! Pensiamo, in maniera più ampia, alla tutela dell’ecosistema, pensiamo ai mari, all’aria ed ai fiumi che, come per incanto, si sono ripuliti, tornando nitidi e limpidi come un tempo, a causa dell’inattività forzata dell’uomo, costretto a rinchiudersi in casa (ed a stoppare l’attività di fabbriche e stabilimenti) per il timore del contagio. Un’occasione in più per gli esperti in ecotossicologia ed eco-genotossicità, di poter dare un’occhiata al mondo così come non lo si era mai visto prima d’ora. Una straordinaria palestra di formazione per gli specialisti dell’ambiente. Che ora potrebbero dare un’occhiata e dunque apprendere, studiare meglio. Migliorare il proprio background. E infine trasferire ciò che si è appreso alle nuove leve della ricerca. In una sola parola: formare veramente i Biologi del Terzo Millennio proiettandoli sempre più in un futuro in cui (è questo l’auspicio della nostra “fase 2”) saranno chiamati a svolgere un ruolo da protagonisti, che è quello che meritano. D’altra parte la competenza rende forte un paese che investe in formazione e ricerca perché lo sviluppo dei territori sia sostenibile e produttivo. Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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BIOLOGIA DEL PALAZZO

SUPERMERCATI NELLA TRINCEA COVID-19 LA SICUREZZA DEI DIPENDENTI

Nella “fase 2”, vanno minimizzati i rischi. Spesa razionalizzata e tracciamento degli spostamenti per scongiurare nuovi focolai epidemici

di Riccardo Mazzoni

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a guerra al Coronavirus si combatte anche nei supermercati, nei punti vendita della grande distribuzione organizzata, che garantiscono l’approvvigionamento alimentare e degli altri beni di prima necessità: se possiamo fare la spesa in tempo di quarantena è grazie a questi lavoratori esposti in prima linea, che corrono meno rischi di medici e infermieri, ma che stando a contatto col pubblico per un intero turno di lavoro chiedono giustamente garanzie di sicurezza che troppo spesso non hanno. Per questo i sindacati hanno chiesto al governo, all’inizio dell’emergenza sanitaria, di fornire indicazioni omogenee valide su tutto il territorio nazionale, a partire dalla fornitura per tutti degli adeguati dispositivi di protezione individuale. Anche ora che il picco della pandemia sembra superato, bisogna ugualmente rafforzare la tutela di questi lavoratori, adottando prima di tutto misure più rigide per limitare gli accessi. I suggerimenti ar-

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rivano direttamente da chi ha maturato in persona. Anche l’utilizzo dei principali queste settimane un’esperienza sul campo DPI (guanti-mascherine) verrebbe notee ha così potuto individuare le maggiori volmente ridotto scaglionando le uscite di casa ogni 4-5 giorni. Chi esce almeno una criticità. Prima di tutto, andrebbe contingenta- volta al giorno per scopi non autorizzati to il numero degli accessi settimanali per spreca infatti 3-.4 mascherine in più di ogni cittadino, perché la semplice limita- quelle che dovrebbe utilizzare. Le grandi catene stanno investendo zione numerica di accesso nelle strutture permette comunque di usufruire dei ser- risorse e personale per limitare queste irvizi anche tutti i giorni, o addirittura più regolarità, tutelando i dipendenti che lavorano alle casse con volte al giorno, nonobarriere in plexiglas, stante non ci sia una ma per porre fine necessità oggettiva. Dopo aver superato a questa pericolosa Non è accettabiil picco della pandemia, babele, una propole, mentre è ancora sta plausibile sarebin corso il lockdown, bisognerà rafforzare be quella, per ogni vedere anziani che la tutela dei lavoratori cliente, di un accesso escono dal superogni 4-5 giorni con la mercato solo con la presentazione di un spesa giornaliera o, peggio, con appena un pacco di mandari- documento di identità, che andrebbe reni. Oppure clienti che arrivano in coppia gistrato per poter poi incrociare i dati con aggirando la normativa di una persona a gli analoghi servizi: ad esempio, i supercarrello, presentandosi con più carrelli mercati dello stesso Comune potrebbero (spesso vuoti) per poter simulare un’usci- caricare i dati su un’unica piattaforma ta “autorizzata”. Non esiste motivazione per individuare eventuali infrazioni. Lo accettabile per uscire di casa in più di una stesso dovrebbe valere per le farmacie.


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Il “processo da remoto” ai tempi del Coronavirus

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Fantascienza? No, perché il commissario straordinario per l’emergenza, Domenico Arcuri, ha firmato l’ordinanza con cui anche l’Italia si affida a un’App, denominata “Immuni”, per gestire la cosiddetta “fase due” attraverso il tracciamento dei movimenti personali. Sono misure, peraltro, che alcuni Paesi stanno già adottando: Israele utilizza i dati di localizzazione dei cellulari per rintracciare le persone che sono state in contatto con i portatori noti del virus, Singapore effettua una ricerca esaustiva dei contatti e pubblica dati dettagliati su ogni caso conosciuto, tutti tranne l’identificazione delle persone. Misure che incidono pesantemente sul diritto alla privacy, ma che - a Singapore come in Corea del Sud hanno consentito di limitare drasticamente l’espansione del contagio. Ora che l’Italia sta per ripartire, tracciamento e test seriologici – oltre al distanziamento sociale - sono gli strumenti indispensabili per scongiurare nuovi focolai epidemici, e questo deve valere anche per i supermercati e per tutelare chi ci lavora.

l “processo da remoto” è l’ultima frontiera della giustizia ai tempi del Coronavirus: le aule dei tribunali sono vuote da settimane, e si svolgono solo quelle che riguardano imputati in stato di detenzione. Ma se l’emergenza dovesse protrarsi, si pensa a istituzionalizzare il processo a distanza, appunto, una soluzione che però sta suscitando una protesta durissima da parte delle Camere penali, per le quali così si stravolgerebbe il modello processuale accusatorio previsto dalla riforma Vassalli. In effetti i dubbi appaiono fondati: l’esperimento del processo da remoto potrebbe infatti minare dalle fondamenta il principio del contraddittorio previsto dall’articolo 111 della Costituzione secondo cui nessuno può essere soggetto a una sentenza senza aver avuto la possibilità di un’effettiva partecipazione alla formazione del provvedimento giurisdizionale. Non solo: la giurisdizione si attua “secondo il giusto processo regolato dalla legge”, mentre il governo demanda a un provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi del ministero della Giustizia il compito di disciplinare le modalità tecniche del processo a distanza. Un processo “tecnologico” di dubbia costituzionalità, dunque, le cui complesse regole di gestione dovrebbero essere definite dalla legge, e non da un atto amministrativo del ministero della Giustizia. Il contraddittorio tra le parti, inoltre, dovrebbe svolgersi davanti a un giudice terzo e imparziale, e non può essere assicurato da un monitor, da un software più o meno sofisticato o da una videoconferenza: un contraddittorio virtuale non può avere, infatti, l’immediatezza necessaria per la formazione della prova, e infliggerebbe un indubitabile vulnus ai diritti della difesa. Un parlamentare di opposizione ha sintetizzato con un siparietto abbastanza grottesco quello che potrebbe accadere se il processo da remoto fosse davvero istituzionalizzato. “Tutti a casa propria. Il giudice sul divano del salotto, il pubblico ministero dal tavolo della cucina, l’imputato e l’avvocato sul terrazzo. Due domande al consulente, che per l’occasione ha fermato la sua auto in un’area di servizio, ed ecco il dibattimento da remoto. La nuova aula di Tribunale è nell’etere, il Palazzo di Giustizia si svuota. La camera da letto è la nuova camera di consiglio, la toga sulla vestaglia ed ecco la sentenza fatta in casa”. (R. M.).

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Ripartenza Italia: lo sprint di Fca e Ferrari Gli obiettivi: continuità produttiva e massima sicurezza per i lavoratori

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Italia sta per ripartire: dalla meccanica alle piastrelper i microrganismi e kit per pulire le superfici. Ad ogni lale, dall’elettronica ai mobili, le imprese chiedono di voratore viene inoltre consegnato un kit personale con due riavviare il motore produttivo almeno dove è posmascherine chirurgiche e un paio di guanti per ogni giornata sibile garantire la massima sicurezza ai lavoratori. lavorativa e un paio di occhiali al mese che dovranno essere L’immobilità forzata degli impianti è già costata tantissimo, e sempre utilizzati nelle operazioni di pulizia del proprio posto proseguire il blocco totale produrrebbe danni incalcolabili a di lavoro. Non solo: i controlli agli ingressi saranno rigidissimi un’economia già in ginocchio. Il comitato presieduto da Coe a chi entra verrà misurata la temperatura corporea utilizzanlao ha già indicato i settori, dall’auto alla moda, che possono do telecamere termiche e termometri manuali a distanza. riaprire per primi. C’è da recuperare il gap col resto d’Europa L’organizzazione del lavoro sarà rimodulata coniugando che non ha mai chiuso le grandi imprese, e c’è stato il paraesigenze sanitarie e produttive: in alcuni reparti si procederà dosso di un’azienda italiana che poteva produrre acciaio in con il “remote working”, e negli altri verrà ridotta la mobilità Germania e non in Italia, e non è possibile perdere altre quote del personale tra le diverse unità operative anche con l’utilizzo di mercato. di barriere protettive tra i posti di lavoro contigui. Infine, gli L’obiettivo dunque deve essere duorari delle mense saranno differenziati. Miplice: sostenere la continuità produttiva sure drastiche e innovative, dunque, per ase garantire la salute dei lavoratori, nella Il lavoro in sicurezza prevederà sicurare la massima sicurezza ai lavoratori. consapevolezza che alla ripresa nulla sarà Anche la Ferrari ha già presentato il un vademecum rigoroso tra come prima, e vanno dunque definite nuosuo piano di ripartenza, chiamato “Back sanificazione, distanziamento on Track”, ossia “Torna in Pista” e preveve modalità organizzative e di sicurezza: cambiare non solo il modo di lavorare, ma de tre fasi successive: la prima riguarda la e mensa differenziata anche quello di andare al lavoro, tutto in riapertura delle sedi di Modena e di Marafunzione della tutela della salute e di un nello, ovviamente seguendo le tempistiche nuovo modello sociale e di sviluppo. definite dal governo. La seconda fase invece prevede un accuIl modello per ripartire potrebbe venire dal protocollo ratissimo screening su base volontaria, con esami del sangue d’intesa siglato tra Fca e sindacati. L’accordo prevede che prifatti al maggior numero possibile di dipendenti. ma del riavvio delle attività produttive venga inviato a ogni Infine, ogni collaboratore potrà usare un’applicazione con lavoratore un vademecum con le misure da adottare in ogni retracciamento dei contatti, per usufruire di un supporto mediparto aziendale: distanziamento, lavaggio delle mani, modalità co-sanitario nel monitoraggio dei sintomi del virus. Il progetto di approvvigionamento dai distributori d’acqua con bicchieri è stato elaborato in collaborazione con un pool di virologi ed e borracce, misure rigorose da rispettare nelle mense, corretto esperti. Il settore dell’auto, insomma, ha pianificato in anticiutilizzo degli ascensori e precise modalità di organizzazione po le basi della ripartenza dimostrando che è possibile riavdelle riunioni. Tutte le aree, inoltre, verranno sistematicamenviare gradualmente il motore del Paese tutelando la salute dei te sanificate e attrezzate con gel igienizzanti, saponi specifici lavoratori. (R.M.)

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t i . b n o . w w w o t i s l u s v T b n O i g o a l d o i r B a i u e G d e n i d r O ’ l e d p o su l’Ap

Ordine Nazionale dei Biologi

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INTERVISTE

di Carmine Gazzanni

U

n risultato incredibile, probabilmente impensabile fino a qualche anno fa: una terapia per le leucemie linfoblastiche acute con un profilo tossicologico compatibile per una potenziale applicazione sull’uomo. Certamente la strada da percorrere resta ancora lunga, ma la sensazione è che si stia camminando su quella giusta. E il merito è anche di Matteo Marchesini, giovane ricercatore dell’Università di Parma, che non a caso è stato premiato a fine 2019 al 61esimo Congresso dell’Ash, l’American Society of Hematology, in Florida. Da anni, insieme al professor Giovanni Roti, si occupa di una classe di proteine spesso alterate nei tumori e nelle leucemie. Finora è stato molto difficile riuscire a contrastarle con dei farmaci. Ma Marchesini e Roti sono riusciti a individuare una possibile terapia per le leucemie linfoblastiche di tipo T, una patologia molto comune fra i bambini e particolarmente aggressiva negli adulti. «Al congresso annuale dell’America Society of Hematology – racconta Marchesini – abbiamo presentato il nostro progetto, che mira ad individuare una strategia di inibizione del fattore di trascrizione NOTCH1, frequentemente mutato nelle Leucemia Linfoblastiche Acute (T-ALL). Questo studio nasce da una ricerca, pubblicata qualche anno fa sulla rivista scientifica Cancer Cell, dal dottor Giovanni Roti, mio attuale P.I. (principal investigator, ndr) e coordinatore dello studio». Cosa aveva dimostrato Roti? «Aveva dimostrato che inibendo una pompa ATPasica del calcio del reticolo endoplasmatico (SERCA) era possibile inibire specificatamente la proliferazione delle cellule leucemiche con mutazione di NOTCH1 in vitro ed in vivo. Purtroppo però, l’inibizione di questa pompa ATPa-

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DALL’ITALIA UNA TERAPIA CONTRO LE LEUCEMIE LINFOBLASTICHE Parla il biologo Marchesini: “Non è vero che la ricerca italiana non è al livello di quella internazionale”

sica attraverso inibitori molecolari, oltre che Acute, e i risultati sono stati più che all’effetto anti-leucemico provoca una positivi. A questo punto non restava che perturbazione sensibile del flusso del cal- valutare il profilo tossicologico della mocio alla base dei gravi meccanismi di tos- lecola. Abbiamo, quindi, condotto studi sicità (soprattutto a livello cardiaco) che di farmacocinetica e farmacodinamica ed hanno limitato lo sviluppo e la traslazione abbiamo osservato come il farmaco fosse clinica di questi farmaci». ben tollerato sia a livello cardiaco che gaE qui subentra il vostro lavoro... strointestinale. Infine, abbiamo valutato «Esattamente. Qui all’Università di l’effetto antileucemico in vivo ed abbiamo Parma abbiamo pensato di identificare osservato, negli animali trattati, una dinuovi modulatori di SERCA che avessero minuzione dei blasti leucemici in sangue quindi un effetto anti-leucemico, dovuto periferico e nella milza, che nei topi è un all’inibizione specifiorgano ematopoietica di NOTCH1, ma co». Questo studio nasce anche tollerabilità Quali potrebbecompatibile per una ro essere gli scenari da una ricerca, pubblicata potenziale traslazioche si potrebbero su Cancer Cell, dal dottor aprire per la lotta ne clinica». Com’è proseguicontro la leucemia? Giovanni Roti to il lavoro? «Prima di tutto «Siamo partiti da questo studio dimouno screening molecolare di circa 200.000 stra come sia possibile l’inibizione mirata composti ed attraverso un processo di ot- di un fattore oncogenico come NOTCH1, timizzazione chimica abbiamo ottenuto frequentemente mutato nelle leucemie la molecola CAD204520, un inibitore se- linfoblastiche acute, ma anche nel linfoma lettivo di SERCA. Attraverso studi di cri- mantellare nonché in alcuni tumori solistallografia abbiamo descritto, dal punto di. Nello specifico, grazie anche ai nostri di vista molecolare, il legame tra la nostra collaboratori dell’Università di Perugia, molecola e SERCA, scoprendo un possibi- di Oxford ed i chimici di CaDo Biotech le diverso profilo tossicologico. Abbiamo di Copenaghen, abbiamo presentato una quindi testato CAD204520 su due diversi molecola caratterizzata da un’ottima attigruppi di linee cellulari e campioni pri- vità antileucemica, ma anche una buona mari di passare alla Leucemia Linfoblasti- tollerabilità nei modelli in vivo testati.


INTERVISTE

Nell’immagine grande, laucemia linfoblastica acuta vista al microscopio. Nel riquadro a sinistra, Giovanni Roti, ricercatore italiano con cui collabora Marchesini.

concreto rappresentato dalla scoperta di un vaccino per questo nuovo ceppo virale, in uno sforzo ammirevole. Mi piace immaginare che questa attitudine possa essere estesa in futuro anche allo studio di patologie per le quali ad oggi non abbiamo terapie specifiche ed efficienti, i cosiddetti “orphan disease”, tra i quali ovviamente figurano diversi tipi di neoplasie». Crede si possa immaginare un futuro in cui la leucemia non sarà più una patologia mortale? Quindi, compatibilmente con gli standard «Nella dialettica comune siamo abidel metodo scientifico, la nostra ricerca tuati ad includere sotto il termine leucepotrebbe aprire nuovi scenari per lo svi- mia o tumore, una varietà di patologie luppo di terapie molecolari nel trattamen- che, anche grazie alla tecnologia di cui mi to di T-ALL e possibilmente delle neo- chiedeva prima, sono ormai ben caratteplasie caratterizzate dall’alterazione del rizzate e descritte nei loro diversi aspetti fattore di trascrizione NOTCH1». molecolari e clinici. Grazie all’attività dei I traguardi che negli anni la scienza, ricercatori, dei loro studi e di tutti gli enti anche grazie all’utilizzo delle nuove tec- che sostengono e promuovono la ricerca, nologie, sta raggiungendo sono importan- molte di esse sono attualmente curabili ti. Quali pensa potrebbero essere i prossi- o compatibili con una buona qualità di mi fronti di studio e ricerca in riferimento vita. La scienza ci ha dato delle riposte a patologie oggi graa quesiti che pensavi come la leucemia? vamo irresolubili in Il progetto è stato condotto passato. Credo che «La tecnologia sta e continuerà questo sia un procesall’Università di Parma a rivoluzionare la so naturale e che nel e sta dando risultati potenza degli stuprossimo futuro ci di di ricerca di base porterà soddisfazioincoraggianti e traslazionale. Nel ni enormi, per quemomento attuale è sto dobbiamo da un difficile fare dei pronostici su dove questa lato continuare a lavorare con dedizione preziosa risorsa verrà direzionata in futu- e passione e dall’altro comunicare e proro, anche alla luce dell’emergenza sanita- muovere la ricerca a tutti i livelli, anche ria che stiamo vivendo a causa dell’infezio- mediatici». ne da COVID-19. Immagino che questa Lei è un esempio di come la ricerca esperienza rivoluzionerà diversi aspetti italiana possa raggiungere traguardi imdella nostra società, e la ricerca non sarà portanti. Crede che la ricerca italiana non di certo un’eccezione. Da scienziato, però, sia al livello di quella internazionale? ho notato e vorrei sottolineare come labo«In realtà come me ci sono tanti ricerratori di ricerca di tutto il mondo stiano catori giovani italiani che stanno dando condividendo dati e ricerche in tempo re- contributi scientifici importanti. Purtropale guardando ad un obiettivo comune e po molti di loro, per diverse ragioni, lavo-

rano all’estero e non tutti perché all’estero si guadagna di più. Non penso assolutamente che la ricerca italiana non sia al livello della ricerca internazionale, lo dimostrano i numerosi esempi, contemporanei e del passato, nei diversi ambiti scientifici. Credo che la percezione che si ha della ricerca italiana rifletta problematiche che vanno oltre la scienza e che coinvolgono diversi aspetti anche strutturali del nostro Paese e su cui bisognerebbe lavorare».

Matteo Marchesini.

Chi è

M

atteo Marhesini è ricercatore al dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma. Dopo essersi laureato in Scienze Biologiche all’Università di Perugia, ha conseguito un dottorato in Oncologia. Ha conseguito due post-doc, entrambi all’Università del Texas, uno al dipartimento di Medicina Genomica e l’altro al dipartimento di Leucemia. Ha partecipato a diversi seminari e congressi ed è membro della Società Italiana di Ematologia Sperimentale (SIES), dell’European Association of Hematology (EAH) e dell’American Society of Hematolgy (ASH).

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INTERVISTE

NUOVA LUCE SULL’EVOLUZIONE Boschian: “I nostri antenati sarebbero vissuti insieme 2 milioni di anni fa in Sudafrica”

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ue milioni di anni fa in Sudafrica, nella cosiddetta Cradle of Humankind (culla dell’umanità), sono vissuti contemporaneamente i nostri antenati Australopithecus, Paranthropus robustus e Homo erectus. Non solo: il più diretto antenato dell’uomo, l’Homo erectus per l’appunto, è vissuto due milioni di anni fa ed è quindi 200mila anni più antico del previsto. Una scoperta sensazionale che «apre nuovi spiragli di luce ma soprattutto tantissime nuove domande e interrogativi», spiega Giovanni Boschian, docente del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, che ha partecipato agli scavi e allo studio internazionale pubblicato alcune settimane fa su Science con la collaborazione dell’università sudafricana di Johannesburg, dell’università australiana La Trobe e del dipartimento di antropologia dell’università di Firenze. «Ci sono alcuni aspetti importanti che, a mio avviso, emergono da questo studio – spiega ancora il professor Giovanni Boschian –. Il primo è che, poiché i fossili provengono dal medesimo strato, si dimostra che le due specie sono coesistite, non solo in Sudafrica ma anche nello stesso sito e molto probabilmente anche contemporaneamente». Quindi è possibile che ci siano stati contatti tra le due specie? «Questo non possiamo dirlo con certezza. Né possiamo dire che tipo di rapporti potrebbero aver avuto». Ci sono ipotesi a riguardo? «Possiamo supporre che due milioni di anni, almeno in quella zona, ci fosse un’elevata biodiversità di ominidi in un’area geografica limitata peraltro, con possibili conseguenze sulle interazioni tra queste: l’implicazione è che questa condizione potrebbe avere contribuito all’estinzione delle forme del genere Australopithecus, dato che questa è scomparsa e il genere Homo ha proseguito la sua evoluzione».

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E il secondo aspetto importante che emerge? «Riguarda la presenza di un cranio affine a Homo erectus che diviene così il più antico in Africa e indebolisce, senza però escluderla del tutto, l’ipotesi che Homo erectus abbia avuto origine o in altre zone dell’Africa, quella orientale, o addirittura al di fuori dell’Africa e cioè in Oriente». Una nuova luce sull’evoluzione umana, dunque? «Sarei più cauto. Finora lo studio sulle nostre origini hanno dovuto fare i conti con un interrogativo gigantesco: da dove salta fuori il genere homo? Il problema è che è difficile trovare un legame filogenetico tra l’Homo erectus e i suoi predecessori. Diciamo che ci sono nuovi spiragli che ampliano, però, le domande». In che senso? «Logica vorrebbe che ora si dicesse che politica. Finora nell’Africa centrale è stata la prima forma di Homo erectus non è com- ritrovata soltanto una mandibola in Malawi: parsa 1,85 milioni di anni fa in Africa orien- è un po’ pochino se si pensa a cosa, invetale ma 2 milioni di anni fa in Sudafrica. E ce, abbiamo trovato sia in Sudafrica che in possiamo anche dirlo se vogliamo offrire Tanzania». una lettura, però, semplicistica». In altre parole ci sono buchi di conoE allora qual è la verita? scenza? «Non abbiamo «Esattamente. una verità. PossiaBuchi che, se fossero La ricerca, che ha visto la mo fare soltanto una colmati, probabilcosa?». mente potrebbero partecipazione del docente Cioè? buttare giù teorie co«Continuare a dell’Università di Pisa, è stata struite da antropologi scavare. Le faccio un e studiosi nel corso pubblicata su Science esempio». del tempo. Ma d’alDica? tronde la scienza è «Noi abbiamo ritrovato resti in Africa proprio questo: formulare tesi e verificarle, meridionale e, ora, in Africa meridionale. finché non arriva una nuova tesi che la soChi ci dice cosa potremmo trovare se sca- stituisce, e così via». vassimo nel mezzo di queste aree e avessiDunque lei crede che la migliore solumo un po’ di fortuna che non guasta mai? zione sia sospendere il giudizio? Sarebbe molto interessante effettuare degli «Guardi, io sono per indole agnostico. scavi in Mozambico o in Zimbabwe. Il pro- In questa circostanza dico solo che le scoblema è che il primo è “farcito” di mine; il perte fatte oggi aprono nuovi fronti ma ansecondo vive un periodo di forte instabilità che nuovi interrogativi: bisogna raccogliere


INTERVISTE

Illustrazione di un uomo moderno e un uomo Homo erectus affiancato. Nel riquadro, fasi dell’evoluzione umana.

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il dato oggettivo, e cioè che abbiamo un quando si scava non è detto che si possa Homo erectus più antico di quello finora trovare qualcosa. Occorre sempre anche un ritrovato e in un’altra zona dell’Africa, e ca- briciolo di fortuna». Resta la domanda delle domande. pire ora dove e come indirizzare la ricerca». Idee a riguardo? Quando uno pensa alla ricerca, immagina «Se fosse possibile mi concentrerei in qualcosa che sia proiettato al futuro: perAfrica centrale. Ma, purtroppo, visto anche ché investire in qualcosa che inevitabilil periodo dell’emermente volge lo sguargenza sanitaria dovredo dello studioso al Fossili diversi sono stati mo pazientare ancora passato? un po’. A giugno sa«Perché soltanrinvenuti nello stasso strato to così possiamo rirei dovuto tornare in di terreno. Dunque, si spondere a domande Sudafrica ma ovviamente lo scavo è stato dimostrerebbe la coesistenza capitali per il genere umano come la caper ora bloccato. In nonica: da dove veagosto dovrei andare in Tanzania, ma anche lì è molto probabi- niamo? Soltanto capendo le nostre origini, le che si decida di rinviare tutto a data da possiamo realmente capire chi siamo. Senza dimenticare un altro aspetto». destinarsi». Quale? Insomma, bisogna andare avanti con «Più cose capiamo e conosciamo delle nuovi progetti e investimenti? «Assolutamente sì. Bisogna avere il nostre origini e del genere umano, e più elecoraggio di investire, pur sapendo che il ri- menti possiamo avere anche per i progressi schio di fallimento in questi casi è altissimo: in altri ambiti, a cominciare da quello mechi non scava non trova nulla, ma anche dico». (C. G.)

Giovanni Boschian.

Chi è

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iovanni Boschian è professore associato presso il dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa. L’argomento centrale del suo lavoro di ricerca è lo studio delle interazioni uomo-ambiente durante la preistoria e nel profondo passato, in termini di adattamenti comportamentali e culturali ai cambiamenti ambientali. Per anni Boschian si è occupato della reazione dell’ambiente mediterraneo e delle popolazioni alle fasi fredde e glaciali, in aree non direttamente influenzate dalla copertura del ghiaccio. Questo aspetto riguarda, in effetti, anche il passaggio dall’uomo di Neanderthal agli Ancient Modern Humans da cui noi discendiamo, che è ben documentato anche in alcuni siti italiani. Il professore, tra le altre cose, ha effettuato scavi in Georgia, Tanzania e Sudafrica.

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SALUTE

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n arrivo dalla Germania una speranza per il trattamento del linfoma: l’osservazione delle prime fasi di sviluppo dei vasi sanguigni nei tumori dei linfonodi apre infatti uno spiraglio per individuare trattamenti in grado di rallentarne la crescita. La ricerca alla base di questa “breccia”, pubblicata sulla rivista Cancer Research, viene dal Max Delbrueck Center for Molecular Medicine della Helmholtz Association, che dagli anni Novanta combina la ricerca di base in biologia molecolare con la ricerca clinica, con particolare attenzione alle malattie multiorgano. Lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni, un processo chiamato angiogenesi, si presenta diversa, per i tumori ai linfonodi, rispetto ai tumori in altre parti del corpo, come il colon o il polmone: è questo il risultato principale dello studio tedesco. Il linfoma è un tumore che interessa il sistema linfatico, che comprende i linfonodi, la milza e il midollo osseo. I pazienti che presentano indicatori di aumento dello sviluppo dei vasi sanguigni di solito hanno minori possibilità di sopravvivenza, oltra a non rispondere bene ai trattamenti che ne inibiscono lo sviluppo in altri tipi di cancro. «Abbiamo ipotizzato che i tumori nei linfonodi siano completamente diversi dai tumori solidi perché i linfonodi forniscono un microambiente piuttosto favorevole per le cellule tumorali trasmesse dal sangue» ha detto Uta Höpken, che dirige uno dei laboratori dell’MDC. Tuttavia, prosegue Armin Rehm, che dirige il Translational Tumorimmunology Lab, è stato «assolutamente sorprendente che nessuno dei “soliti sospetti” fosse coinvolto». Facendo un passo indietro: i vasi sanguigni nel linfoma precoce sono insolitamente densi e irregolari, con molte più ramificazioni di quelle osservate nei vasi sanguigni di linfonodi sani. Il modello di ramificazione non è stato osservato nei tumori solidi,

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STUDIATE LE PRIME FASI DI SVILUPPO DEL LINFOMA Dalla Germania possibili cure per rallentarlo o per il suo trattamento

nei linfonodi infetti o negli organi in via di Nella maggior parte dei tumori a massa sviluppo, che sono in genere altri siti di ne- solida, il VEGF-A è la proteina che meo-angiogenesi. dia il processo, insieme al suo recettore, Per scoprire i percorsi che guidano que- chiamato VEGFR-2. Nelle prime fasi del sto sviluppo, il team ha esaminato i modelli linfoma, il team ha scoperto che la prodi espressione genica per vedere quali geni e teina più attiva è VEGF-C: quando hanno proteine sono più attivi nelle fasi iniziali del- cercato di bloccare il recettore VEGFR-2 lo sviluppo del tumoper inibire l’attività re. I colpevoli di solito del VEGF-C, nulla è La ricerca è stata pubblicata cambiato. Ma quanimplicati nell’angiogenesi tumorale – quelli sulla rivista Cancer Research do hanno bloccato che Armin Rehm ha un diverso recettore, e ha esaminato le fasi iniziali VEGFR-3, la crescichiamato “soliti sopetti”: infiammazio- dello sviluppo della patologia ta dei vasi sanguigni ne, bassi livelli di osè significativamente sigeno e segnalazione rallentata. Hanno tra la base e la punta dei vasi sanguigni - non anche interrotto un recettore per una picsi sono manifestati nei risultati. cola proteina chiamata linfotossina, di soIl motore principale dello sviluppo lito necessaria per il normale sviluppo dei dei vasi sanguigni e dell’angiogenesi nei linfonodi, che ha contribuito a rallentare tumori è individuato in un gruppo di pro- l’angiogenesi. teine, chiamato fattore di crescita dell’enIl team ha utilizzato due farmaci già dotelio vascolare (in inglese vascular en- approvati per l’uso clinico nei disturbi audothelial growth factor, in sigla VEGF). toimmuni per inibire i percorsi, conferman-


SALUTE

© Motortion Films/www.shutterstock.com

Cos’è il linfoma

C © Kateryna Kon/www.shutterstock.com

do che il trattamento ha funzionato anche e con un carico tumorale molto basso», ha su cellule umane con la speranza che possa aggiunto Höpken. L’imaging di questi primi essere ripreso per studi clinici specifici per cambiamenti in alta risoluzione rappresenstudiarne l’efficacia. «Se alcune cellule tu- tava una sfida che richiede molta diligenza. morali sopravvivono alla chemioterapia, po- «Le cellule di linfoma sono cellule ampiatrebbe essere possibile prevenire le ricadute mente distribuite all’interno del linfonodo affrontando questi percorsi con l’immuno- altamente compartimentato - ha affermato terapia», ha spiegato Lutz Menzel, co-priRehm. mo autore e post doc Il team ha utilizzato Una caratteristica nel Translational Tuchiave di questo stumorimmunology Lab due farmaci già approvati -. Trovare il rimodeldio è stata la tempistiper l’uso clinico nei disturbi lamento dello stroma ca: i ricercatori hanno indotto dal linfoma, rintracciato l’angiogeautoimmuni quando altre aree del nesi nei primi dodici linfonodo rimanevagiorni dopo che le cellule tumorali avevano invaso i linfonodi. no inalterate, era come cercare l’ago in un Questo ha offerto loro un’opportunità unica pagliaio al microscopio». Prossimo passo per il team, continuare per osservare le prime “conversazioni” tra le cellule tumorali e il microambiente dei a studiare le relazioni tra le cellule tumoralinfonodi. Solo il 5-10% delle cellule dei lin- li e il microambiente dei linfonodi e vedere fonodi era canceroso e il linfonodo era già se il sequenziamento di singole cellule può in fase di ristrutturazione. «I cambiamenti rivelare ancora di più sul processo di angioche abbiamo visto avvengono molto presto genesi. (C. D. M.)

on il termine linfoma si intende un tumore che interessa sistema linfatico e, più precisamente, i linfociti, le cellule preposte alle difese nei confronti delle infezioni. Attraverso il sangue e i vasi linfatici la malattia può diffondersi ad altri linfonodi, alla milza, al midollo osseo oppure a organi extra-linfatici come polmoni, stomaco, sistema nervoso centrale, fegato e altri ancora. Sono classificati in due categorie: il linfoma di Hodgkin (neoplasia del sistema emo-linfopoietico che si caratterizza per la presenza di un incremento dimensionale dei linfonodi) e il linfoma non Hodgkin (tumore maligno che origina dai linfociti, cellule principali del sistema immunitario). In Italia, quest’ultimo colpisce ogni anno circa 6.900 uomini e 5.900 donne (dati Ail); i linfomi di Hodgkin rappresentano invece il 10-15% di tutti i linfomi diagnosticati ogni anno. Anche se l’incidenza si è costantemente ridotta nel corso degli ultimi 30 anni, in Italia si ammalano ogni anno di linfoma di Hodgkin circa 5-7 persone ogni 100.000 abitanti, con una lieve prevalenza nei soggetti di sesso maschile (soprattutto dopo i 25 anni di età).

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SALUTE

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o hanno soprannominato “l’atlante del cancro”. È il risultato di uno studio, il più ampio mai realizzato, sui genomi del cancro, portato a termine da un team multidisciplinare che ha coinvolto alcuni degli istituti di ricerca del settore più prestigiosi al mondo. L’impatto di una ricerca simile sarà fondamentale nella possibilità di comprensione dei meccanismi che sono dietro alla genesi e allo sviluppo dei tumori. L’enorme quantità di dati raccolta sosterrà lo sviluppo di una medicina di precisione, in grado sempre più di adattarsi al paziente e agire su uno specifico tipo di cancro. Lo studio si intitola “Pan-Cancer Analysis of Whole Genomes Project (PCAWG)”, diffuso come Pan-Cancer Project, e ha richiesto la collaborazione di oltre 1.300 scienziati e clinici di 37 Paesi, che hanno analizzato più di 2.600 genomi di 38 diversi tipi di tumore, creando un’enorme risorsa relativa ai genomi tumorali primari. Lo studio è andato avanti per circa dieci anni, attraverso una stretta collaborazione di 16 gruppi di lavoro del Consorzio Internazionale del Genoma del Cancro (ICGC) e del progetto statunitense The Cancer Genome Atlas (TCGA). Questa enorme banca dati ora permette lo studio di molteplici aspetti dello sviluppo, della causa, della progressione e della classificazione del cancro. Il progetto, inoltre, ha reso accessibili le informazioni raccolte, inclusi i dati di sequenziamento, e ha aperto il software per l’analisi del genoma del cancro. Sono inoltre stati realizzati diversi siti dedicati, in cui i ricercatori possono navigare tra le informazioni e ottenere risposte puntuali a specifiche interazioni. Fino a questo momento la mappatura si era fermata all’1% del genoma che codifica per le proteine. Volendo fare una proporzione, hanno spiegato i ricercatori coinvolti, era come essersi fermati alle coste di un con-

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IL PROGETTO PAN CANCER PER CONOSCERE LE SFUMATURE E I LATI OSCURI DEI TUMORI La ricerca è durata dieci anni e ha coinvolto 1.300 scienziati in 37 Paesi

tinente nel tentativo di analizzare e cono- rilevare in anticipo il tumore, progettare scere un territorio. Il progetto Pan-Cancer terapie più mirate e trattare i pazienti con ha esplorato in modo molto più dettagliato maggiori possibilità di successo». il restante 99% del genoma, comprese le Il progetto Pan-Cancer ha esteso e, soregioni chiave che controllano l’attivazio- stanzialmente, potenziato i metodi di analisi ne e lo spegnimento dei geni. Un po’ come del genoma basati su tecniche e tecnoloessere passati all’esplorazione delle aree in- gie che già facevano affidamento sul cloud terne di quello stesso computing e sugli territorio. algoritmi. Ma i risul«I risultati che ab- Una mappatura del genoma tati ottenuti hanno biamo condiviso oggi permesso di incidere, del cancro che servirà con il mondo sono già oggi, in modo denella definizione l’apice di un’impaterminante su alcune di terapie mirate reggiabile collaboraconoscenze pregresse. zione decennale che In vari articoli ha esplorato l’intero pubblicati sulle rivegenoma del cancro. Con la conoscenza che ste del gruppo Nature sono già stati diffuse abbiamo acquisito sulle origini e l’evoluzio- alcune evidenze interessanti. ne dei tumori – ha spiegato Lincoln Stein, Le prime riguardano proprio le possibimembro del comitato direttivo del progetto lità che si aprono nel futuro. Combinando e capo di Adaptive Oncology presso l’On- il sequenziamento dell’intero genoma del tario Institute for Cancer Research (OICR) cancro con una suite di strumenti di analisi, – possiamo sviluppare nuovi strumenti per è possibile caratterizzare ogni cambiamento


SALUTE

Aldo Scarpa.

Il team italiano

È © vhpicstock/www.shutterstock.com

Altro passo compiuto è collegato alla genetico riscontrato in un cancro, i processi che hanno generato quelle mutazioni e per- possibilità di ricostruire, indietro nel tempo, sino l’ordine degli eventi nella storia dello la storia del tumore. Attraverso un nuovo sviluppo del tumore. metodo di “datazione al carbonio” i ricercaInoltre, gli scienziati sono vicini a cata- tori del progetto Pan-Cancer hanno scoperlogare i percorsi biologici coinvolti nella for- to che è possibile identificare le mutazioni mazione del cancro. Almeno una mutazione che si sono verificate fino a decenni prima causale è stata trovata dell’insorgenza del tuin quasi tutti i tumomore. È facile intuire I ricercatori si dicono vicini le ricadute in termini ri analizzati. E non esistono mutazioni di potenzialità per la a catalogare i percorsi identiche, ciascuna ha diagnosi precoce. biologici coinvolti nella le sue caratteristiche, «Il progetto dai cambiamenti nelPan-Cancer ha geneformazione dei tumori le singole lettere del rato una comprenDNA alla riorganizsione maggiore della zazione di interi cromosomi. E se i vari tipi biologia del cancro e del come la “materia di tumore possono essere identificati con oscura” ignota e ancora non sfruttata nel precisione sulla scorta dei mutamenti osser- genoma umano ne sia alla base. Queste scovati nel genoma (almeno quattro o cinque perte – ha concluso Laszlo Radvanyi, prespecifici), significa poter ottenere maggior sidente e direttore scientifico dell’OICR – precisione nella diagnosi e nella definizione possono portare a un livello completamente nuovo di obiettivi terapeutici». (S. L.) di cure mirate.

l’Università di Verona a rappresentare l’Italia nel Consorzio Internazionale Genoma del Cancro, uno dei consorzi che hanno guidato il Pan-Cancer Project. Il gruppo multidisciplinare italiano, coordinato dal centro di ricerca Arc-Net, si è focalizzato in particolare sullo studio del tumore del pancreas. L’attività di ricerca del team italiano è stata finanziata dal MIUR, dal Ministero della Salute e dalla Fondazione AIRC. «Questo lavoro – ha spiegato il direttore del centro, Aldo Scarpa - aiuta a rispondere a uno dei più importanti e fino a oggi irrisolti quesiti della medicina: perché due pazienti affetti da quello che sembra uno stesso tipo di tumore possono avere decorsi della malattia molto diversi e rispondere in maniera diversa alla stessa terapia? I risultati del progetto mostrano che le ragioni sono anche scritte nel DNA. Il genoma del tumore di ogni paziente è unico, ma in questa unicità si possono riconoscere alcuni schemi ricorrenti. Queste nuove informazioni daranno vita a studi che permetteranno di identificare tutti questi schemi per ottimizzare la diagnosi e il trattamento».

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SALUTE

di Sara Lorusso

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er la prima volta i ricercatori hanno stabilito un legame diretto tra i microbi che abitano nei nostri corpi e le alterazioni genetiche che guidano lo sviluppo del cancro. Lo studio ha verificato, in particolare, che le mutazioni del cancro all’intestino potrebbero essere causate da ceppi di batteri molto comuni, come quello dell’Escherichia coli (E. coli). Un risultato che può spianare la strada alla prevenzione immaginando di poter agire sull’eradicazione dei batteri nocivi e intervenendo, così, nelle fasi primordiali della patogenesi del cancro. È questo il nodo centrale della ricerca condotta dagli scienziati dell’Hubrecht Institute e del Princess Máxima Center for Pediatric Oncology di Utrecht nei Paesi Bassi, resa pubblica sulla rivista “Nature”. Nel corpo umano ci sono almeno tanti batteri quante sono le cellule, e la maggior parte di essi contribuisce a una vita sana. Altri batteri, invece, possono causare malattie dalle conseguenze dannose, come quelle che generano alcuni ceppi dell’E. coli, chiamati “pks + E. coli”: sono “genotossici”, producono, cioè, una sostanza chimica, la colibattina, che può danneggiare il DNA delle cellule umane. Gli scienziati hanno scoperto che l’esposizione a questi batteri induce una precisa mutazione nel DNA delle cellule, la stessa individuata nei pazienti con tumore del colon. Di qui la determinazione che le mutazioni collegate allo sviluppo del cancro siano state indotte dai batteri “cattivi”. Nello specifico, la ricerca coordinata da Hans Clevers, professore di genetica molecolare all’Hubrecht Institute, e da Ruben van Boxtel, leader del gruppo di ricerca presso il Princess Máxima Center for Pediatric Oncology, ha esposto piccoli intestini umani coltivati in laboratorio al ceppo genotossico dell’E.coli.

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Cayetano Pleguezuelos-Manzano, Jens vari agenti cancerogeni, quali il tabacco o i Puschhof, Axel Rosendahl Huber, dot- raggi UV. E sono queste impronte a poterci torandi dei gruppi di ricerca coinvolti e raccontare la storia della malattia. autori dello studio, hanno usato per cin«Mentre eravamo nella fase finale del que mesi piccoli intestini umani coltivati, progetto, diversi team di ricerca hanno chiamati organoidi, un sistema precedente- identificato la struttura della colibattina e mente sviluppato dal il modo in cui interagruppo guidato da gisce con il DNA. – Hans Clevers. Han- Lo studio è stato realizzato da ha spiegato Cayetano no poi condotto il Pleguezuelos-Manzaistituti di ricerca olandesi sequenziamento del no - È stato come se ed è stato pubblicato genoma degli orgafosse un puzzle mesnoidi durante la speso a posto. I modelli sulla rivista Nature rimentazione, prima mutazionali che abe dopo l’iniezione di biamo visto nei nostri E. coli genotossico: hanno così identificato esperimenti potrebbero benissimo essere una firma mutazionale distinta. spiegati dalla struttura chimica della coliLa ricerca ha fatto leva su una consa- battina». pevolezza: ogni processo che può causaUna volta stabilita l’impronta di E. coli re danni al DNA lascia dietro di sé uno genotossico, i ricercatori hanno iniziato a specifico modello di mutazione, chiamato trovarne tracce nel DNA dei malati di canimpronta o firma mutazionale. Alcune di cro. La ricerca ha analizzato le mutazioni in queste firme sono già state identificate per oltre 5.000 tumori, per dozzine di diverse


SALUTE

L’IMPRONTA DELL’ESCHERICHIA COLI NELUnaCANCRO AL COLON ricerca ne individua la relazione,

con buone speranze sulla prevenzione

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Il consumo di probiotici

I © Kateryna Kon/www.shutterstock.com

tipologie di cancro. Per sviluppare l’analisi sici a lasciare il loro segno distintivo unico sono stati usati i dati e i campioni di due nel DNA». coorti di studio indipendenti, una legata a Gli autori, pur con la necessità di ulteriouna banca dati britannica, l’altra dei Paesi ri studi, concordano nell’affermare che esiste Bassi. una relazione tra il tumore al colon-retto e «Oltre il 5% dei casi di cancro del co- l’esposizione ai pks + E. coli. Le implicazioni lon-retto presentava più importanti si polivelli elevati della trebbero avere sopratLe mutazioni del cancro firma mutazionale tutto sul fronte della riscontrata, ma lo ab- all’intestino potrebbero essere prevenzione. biamo ritrovato solo «Attualmente sul causate da ceppi in meno dello 0,1% di mercato sono pretutti gli altri tumori», senti probiotici che di batteri molto comuni ha spiegato Jens Pucontengono ceppi schhof. genotossici di E. coli. «Queste firme possono avere un gran- Alcuni di questi probiotici sono anche de valore nel determinare le cause del can- usati negli studi clinici. Ecco perché quecro e possono persino dirigere le strategie sti ceppi di E. coli – ha concluso Clevers di trattamento. – ha aggiunto Van Boxtel – – dovrebbero essere rivalutati in in laboSiamo in grado di identificare tali impronte ratorio. Sebbene possano fornire sollievo mutazionali in diverse forme di cancro, an- per qualche disagio fisico a breve termine, che nel carcinoma pediatrico. Questa volta questi probiotici potrebbero anche attivare ci siamo chiesti se fossero i batteri genotos- il cancro decenni dopo il trattamento».

l mercato degli integratori a base di probiotici è in aumento. Secondo i dati pubblicati nell’ultimo report diffuso da Integratori Italia-AIIPA (dati New Line Ricerca di Mercato) e AVEDISCO (Associazione Vendite Dirette Servizio Consumatori) il mercato degli integratori vale 3 miliardi di euro ed è aumentato del 3,7% tra gennaio 2018 e gennaio 2019. Secondo i dati forniti da FederSalus, il valore generato dai probiotici venduti in farmacia è stato pari a 500 milioni di euro da giugno 2018 a maggio 2019, con un incremento del 5,7% rispetto all’anno precedente, in linea con il trend di crescita già rilevato nel 2018, pari a +6,3%. Si tratta di un mercato molto concentrato, nel quale il 50% del valore complessivo è generato dai primi 10 brand. Secondo la stessa ricerca il pediatra, il medico generico e il gastroenterologo sono i professionisti che maggiormente impiegano probiotici nell’ambito della propria pratica clinica, determinando rispettivamente il 45,5%, il 28,8% e il 10,6% dei consigli di utilizzo.

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SALUTE Proteina p53.

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La proteina che uccide le cellule tumorali Lo rivela uno studio dell’Università di Trento pubblicato su Cell Reports di Domenico Esposito

il secondo è invece quello che mostra la loro corsa verso la morte. Sia nell’uno che nell’altro caso, il destino delle cellule tumorali è affidato al guardiano del genoma, la proteina p53. a lotta contro i tumori non conosce sosta. Una battaglia La ricerca dell’Università di Trento ha messo in luce un nuovo che va avanti in ogni angolo del pianeta e che, soprattutfattore specifico, una proteina ribattezzata DHX30, che controlla il to in Italia, fa spesso segnare novità che aprono scenari modo in cui la proteina p53 può indirizzare le cellule tumorali verso impensabili fino a poco tempo fa. Un passo significativo un destino di morte. Erik Dassi, uno dei componenti del gruppo di è quello compiuto dall’Università di Trento, con uno studio che ricerca, spiega così la scoperta: «In presenza di un trattamento di un può diventare una pietra miliare nella battaglia quotidiana contro particolare farmaco, l’interruttore DHX30 riesce a convogliare le il cancro. L’équipe di ricercatori della facoltà trentina ha scopercellule tumorali verso la morte, piuttosto che indirizzarle all’arresto to una proteina che riesce a controllare, proprio come farebbe un del ciclo cellulare». Il collega Alberto Inga aggiunge: «Il farmaco propone la sua azione attivando la proteina p53, il cosiddetto guarinterruttore, l’attivazione del procedimento di morte delle cellule tumorali. Come succede? A parole sembra diano del genoma, deputato a controllare i demolto semplice. Si tratta di una procedura che stini delle cellule tumorali. Per anni abbiamo viene attivata da p53, la proteina che è conoche sarebbe stato possibile far capire La proteina p53, conosciuta pensato sciuta come guardiana del genoma. Un risulcome far scegliere alle cellule tumorali il procome guardiana del genoma, cesso di morte, andando a lavorare a monte tato senza precedenti, che lascia ben sperare in ottica futura e che è stato anche pubblicato della proteina p53». controlla l’attivazione della sulla rivista “Cell Reports”. Infine Dario Rizzotto, che è stato il primorte delle cellule tumorali mo autore dell’articolo, evidenzia come sia La scoperta si pone l’obiettivo di creare e sviluppare nuove terapie oncologiche, che siacambiato l’approccio: «Noi, invece, abbiamo no sicuramente più mirate e nello stesso temdeciso di agire a valle della proteina p53, che po più efficaci, donando nuova speranza a tutti i malati oncologici è il momento e il luogo in cui deve avvenire una parte importante che potranno accedervi. Secondo la ricerca effettuata dal pool di della decisione delle cellule tumorali. In parole più semplici, l’atesperti dell’Università di Trento, infatti, sono stati identificati alcuni tivazione della proteina p53 nelle cellule tumorali comporterebbe fattori che si sono rivelati capaci di influire sull’esito della battaglia sempre più risposte dalle cellule stesse; l’interruttore DHX30 che tra le cellule tumorali e la proteina p53, e di conseguenza sull’efficaabbiamo scoperto grazie a questo studio, invece, controlla la scelta cia di una terapia contro il cancro. che potrebbe essere più rilevante a livello terapeutico». Attraverso Prima della divulgazione dello studio non erano ben chiari quala scoperta effettuata dal team di ricerca dell’Università di Trento la lotta contro il cancro potrebbe diventare un po’ meno improba. li fossero gli elementi che erano in grado di delineare due scenari Sicuramente, un passaggio fondamentale per provare a capire quali diversi e alternativi, e che non erano desiderabili ugualmente al fine della terapia da praticare al paziente. Il primo scenario è quello che terapie somministrare, rendere più mirata la cura e meno invasiva vede le cellule tumorali terminare la loro crescita e moltiplicazione; per i pazienti che dovranno accedervi.

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Disturbi della deambulazione infantile Uno studio apre la strada al trattamento dei deficit motori pediatrici di Carmen Paradiso

la ricostruzione di quelli che sono i precursori della locomozione. Correggere il disturbo locomotorio nei primi due anni di vita è fondamentale perché tale disturbo può precludere lo sviluppo no studio della Fondazione Santa Lucia IRCCS con globale del bambino, sia individuale che di interazione con il rel’Università di Roma “Tor Vergata”, l’Ospedale Posto del mondo. liclinico Casilino di Roma, l’Istituto di Pediatria di Lo studio è stato realizzato grazie alle osservazioni delle atMosca e l’Università di Messina, pubblicato sulla ritività elettromiografiche dei neonati di appena due giorni fino ai vista Proceedings of the National Academy of Science (PNAS) bambini tra i quattro e quarantotto mesi di vita. apre la strada alla diagnosi precoce dello sviluppo neuromotoPer tale osservazioni sono state utilizzate metodiche molto rio permettendo cosi di pianificare un appropriato percorso di innovative messe a punto dalla dottoressa Francesca Sylos-LabiNeuroriabilitazione che possa prevenire e quindi correggere il ni, ricercatrice della Fondazione Santa Lucia IRCCS. Si tratta di metodi matematico-statistici che «Hanno consentito di scopriredisturbo locomotorio. Questo studio è di fondamentale importanza nei disturbi spiegano i medici della Fondazione e l’Università Tor Vergatadella deambulazione nei bambini, come la che i neonati hanno precursori distinti per i Paralisi Celebrale Infantile che rappresenta patterns temporali e per le sinergie muscola disabilità fisica permanente più comune La ricerca nasce da Irccs Santa lari. Patterns e sinergie si fondono progresdell’età infantile, causata da un danno del Lucia di Roma, Università Tor sivamente durante la maturazione motoria a cervello quando è ancora in via di sviluppartire da circa 6 mesi di età, raggiungendo po. Le cause possono essere pre, peri e post Vergata, Università di Messina la piena conformazione a circa 24 mesi» pernatali, prima che ci sia il completo sviluppo e Istituto di Pediatria di Mosca tanto,- hanno concluso- «grazie ai metodi del sistema nervoso centrale. Le Paralisi Ceinnovativi e alla ricca base di dati di questo lebrali sono un insieme di disturbi neurolostudio, è ora possibile individuare il rischio gici che presentano diverse variabili che vanno dalla severità del di disturbi della deambulazione molto prima che il bambino inizi disturbo, al coinvolgimento motorio e tutti i disturbi associati. a camminare e quindi che il disturbo diventi evidente, potendo Grazie allo studio condotto dal professor Francesco Lacquaquindi intervenire con la Neuroriabilitazione tempestivamente niti del Dipartimento di Medicina dei Sistemi dell’Università di già nei primi mesi di vita e all’interno della finestra temporale Roma Tor Vergata e responsabile di ricerca alla Fondazione Santa di 24 mesi individuata per l’apprendimento di pattern motori Lucia IRCCS, con il contributo del dottor Piermichele Paolillo corretti». Oggi, ai piccoli pazienti del centro di Riabilitazione responsabile della Neonatalogia dell’Ospedale Policlinico CasiNeuropediatrica del Santa Lucia di Roma vengono già applicati i metodi di analisi dello sviluppo locomotorio che lo studio lino di Roma e della dottoressa Irina Solopova dell’Accademia ha prodotto. Questo studio rappresenta una speranza per i tanti delle Scienze di Mosca, è stato possibile identificare nel bambino piccolo, si parla dei primi mesi di vita, quelli che sono i pattern bambini affetti da questi disturbi, consentendo di aumentare le motori che caratterizzano il normale sviluppo motorio attraverso possibilità di recupero del deficit motorio.

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SALUTE

di Domenico Esposito

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unione fa la forza. In ogni campo. E nella ricerca sull’autismo questa massima è quanto mai attuale per combattere un male che, quando incombe, riesce ad agire indisturbato nei primi anni di età di un bambino. Indagini, studi, analisi: c’è tanto ancora da fare e tanto ancora si può scoprire sull’autismo e sulle sue cause scatenanti. L’autismo consiste nella perdita del contatto con la realtà e una conseguente costruzione di una vita alternativa, interiore e propria, che viene a prendere il posto della realtà stessa. Una parabola discendente della mente umana, che non riesce a svilupparsi come dovrebbe, a causa soprattutto di una perdita di plasticità dei tessuti cerebrali. Si tratta di un disturbo che spesso si manifesta nei primi anni di vita; viene caratterizzato soprattutto dal mancato sviluppo di relazioni sociali e affettive, accompagnato da difficoltà nell’uso del linguaggio, da apatia, ripetitività nei giochi e una certa rigidità di movimento. Intervenire subito può essere fondamentale, attraverso una qualche forma di terapia comportamentale. Gli autistici hanno difficoltà nel cominciare una conversazione o a rispettarne i turni, oltre a difficoltà a rispondere alle domande e a partecipare alla vita o ai giochi di gruppo. Non è infrequente che bambini affetti da autismo vengano inizialmente sottoposti a controlli per verificare una sospetta sordità, dal momento che non mostrano apparenti reazioni (proprio come se avessero problemi uditivi) quando vengono chiamati per nome. Anche se per l’autismo non esistono cure definitive, ci sono invece dei trattamenti che possono rivelarsi d’aiuto nella gestione del bambino e della persona affetta da questo disturbo. E sono preziosi perché la diffusione dell’autismo è in aumento. Una ricerca ameri-

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AUTISMO, TELETHON INVESTE 4 MILIONI DI EURO PER 17 PROGETTI DI RICERCA Finanziati studi per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico

cana stima che un soggetto su 88 rischia stimento di oltre quattro milioni di euro, di esserne colpito, con i maschi che sono con un obiettivo finale scolpito nella piequattro-cinque volte più sensibili delle tra della ricerca: studiare i meccanismi che femmine. si trovano alla base dell’autismo al fine di In Europa il suggerire possibili dato varia da Paese terapie. La patologia porta perdita in Paese, con un miLo ha ricordato, nimo di uno su 160 in occasione della del contatto con la realtà in Danimarca, a un Giornata mondiale e una costruzione massimo di uno su per la consapevo86 in Gran Bretagna. lezza sull’autismo, di una vita alternativa In Italia il rapporto Enrico Cherubini, è di uno bambino su direttore scientifi77 (stima presa in un età tra 7 e 9 anni). co dell’Istituto europeo per la ricerca sul E, anche nel nostro Paese, a essere colpiti cervello (Ebri), fondato dal premio Nobel sono di più i maschi: 4,4 volte in più ri- Rita Levi Montalcini. L’autismo si manispetto alle femmine. In questo contesto, la festa con deficit di interazione sociale, Fondazione Telethon sta cercando di dare seguito da comportamenti ripetitivi e diun grosso contributo alla causa. Ha infatti sabilità intellettiva. Questo disturbo è una avviato 17 progetti di ricerca, con un inve- delle patologie del neurosviluppo più fre-


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quenti: si stima che esso colpisca l’1-2% Lo ha confermato uno studio internadella popolazione; e la componente gene- zionale, grazie all’analisi del Dna di oltre tica pesa per un 20% circa. 35mila persone. Una ricerca cui hanno Cherubini ha spiegato che «l’autismo preso parte anche alcuni gruppi di studio si manifesta già nei finanziati proprio da primissimi mesi di Telethon. «Grazie a Gli autistici hanno difficoltà Telethon – aggiunge vita di un bambino. I segnali più limpidi a rispondere alle domande Cherubini – abbiamo di questo disturbo si messo al centro dello e a partecipare alla vita palesano però intorstudio una particolano ai 2-3 anni d’età. re proteina, la neuo ai giochi di gruppo La ricerca ci dice roligina 3 (NLG3), che la componente che viene codificata genetica è molto importante. Ma anche da un gene. Se questo gene muta, possono altri aspetti influiscono molto: l’ambien- nascere forme di autismo. La NLG3, come te, ad esempio, sia interno che esterno le proteine appartenenti alla sua famiglia, all’organismo, si ritaglia un ruolo fonda- ha il compito di assicurare lo sviluppo e la mentale». I geni associati ai disturbi dello stabilità della sinapsi». spettro autistico sono stimati nel numero Ora la ricerca dovrà concentrarsi sul prossimo passo da compiere: capire se quedelle centinaia.

sta proteina può essere un bersaglio farmacologico che possa riattivare la plasticità sinaptica andata persa. Ancora oggi non c’è una terapia specifica ed efficace per i disturbi dello spettro autistico. E gli sforzi della ricerca devono andare anche verso un miglioramento della diagnosi, in modo da poter essere in grado di anticipare l’inizio dei trattamenti. «Il bumetanide offre prospettive interessanti – conclude Cherubini – in quanto si tratta di un diuretico che può riuscire a migliorare i sintomi. Riesce a farlo grazie alla capacità di abbassare i livelli di cloro all’interno delle cellule e a riequilibrare uno dei principali messaggeri delle cellule nervose che restano coinvolte. E, per una diagnosi precoce, l’ideale sarebbe poter intervenire sul disturbo entro i due anni: è quella l’età in cui il cervello umano è al massimo in termini di plasticità». Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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SALUTE

di Marco Modugno

È

possibile migliorare i difetti nelle interazioni sociali dei soggetti Autistici e Schizofrenici. Questo è quanto emerge da uno studio pubblicato sull’autorevole rivista internazionale “Cell” dal titolo “Aralar sequesters GABA into hyperactive mitochondria causing social behavior deficits”. Lo studio, condotto dal gruppo di ricerca con a capo la professoressa Claudia Bagni, ricercatrice del Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione dell’Università di Roma “Tor Vergata” e del Dipartimento di Neuroscienze Fondamentali dell’Università di Losanna, ha identificato un nuovo meccanismo molecolare alla base dei disturbi del comportamento sociale riscontrati nell’Autismo e nella Schizofrenia. Questa scoperta potrebbe costituire una possibile strategia terapeutica per aiutare a migliorare i difetti nelle interazioni sociali, aprendo nuove prospettive nella comprensione di questi disturbi e proponendo nuovi bersagli terapeutici. «La ricerca dimostra che una disfunzione mitocondriale influenza il comportamento sociale e porta all’identificazione di una via di segnalazione che coinvolge il trasportatore mitocondriale Aralar e il neurotrasmettitore GABA», è quanto afferma la Professoressa Claudia Bagni. «Molti processi neuronali dipendono dal corretto funzionamento di microscopiche strutture intracellulari, i mitocondri, che forniscono il carburante necessario all’attività cellulare dell’organismo. Il cervello utilizza il 20 per cento di questa energia prodotta dai mitocondri - prosegue la professore Bagni -. L’Autismo, è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da problemi nel comportamento di interazione sociale che colpisce l’1-2 per cento dei bambini, con frequenza maggiore nei maschi rispetto alle femmine, di cui il 5-8 per cento con mutazioni in geni implicati nella funzionalità dei mitocon-

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AUTISMO E SCHIZOFRENIA POSSIBILE NUOVA STRATEGIA TERAPEUTICA

Identificata una nuova disfunzione mitocondriale alla base dei disturbi del comportamento sociale

dri». Il team di ricercatori ha concentrato i mitocondri è causato da un’eccessiva attipropri studi appunto sui mitocondri, dimo- vità della molecola di Aralar. strando come essi siano in grado di “sequeContrastare l’azione di questa mostrare” il neurotrasmettitore, comunemen- lecola - continua la professoressa Bagni te chiamato “GABA”, responsabile della - potrebbe migliorare alcuni disturbi comcomunicazione tra neuroni e importante portamentali presenti nelle disabilità intelper il funzionamento lettive. Per il nostro del cervello. Alcune studio - raccontano la Lo studio è stato condotto Professoressa Claumutazione genetiche ostacolano la corretta dia Bagni insieme dall’Università di Roma segnalazione da parte al Dott. Alexandros “Tor Vergata” e di GABA causando K. Kanellopoulos, così alterazioni del primo autore della dall’Università di Losanna comportamento sopubblicazione – abciale. biamo utilizzato la Il team della dottoressa Bagni si è po- Drosophila melanogaster, universalmente tuto avvalere della preziosa collaborazione conosciuta come il moscerino della frutcon istituzioni internazionali, in primis l’U- ta, un piccolo insetto di 3 mm, oggetto di niversità di Losanna, coinvolgendo anche studio da più di cento anni in migliaia di gruppi di ricerca provenienti da più parti laboratori nel mondo, modello meravigliodel mondo, come Stati Uniti, Olanda, Ger- so per studiare i processi biologici fondamania, Francia e Belgio. «Il motivo dell’ac- mentali.Abbiamo utilizzato come modello cumulo del neurotrasmettitore GABA nei di studio la Drosophila con una mutazione


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in un gene (CYFIP1) che nell’uomo è as- t a m e n sociato alla schizofrenia e all’autismo. Può to, non sembrare sorprendente usare i moscerini diversi da per studiare anche le malattie umane - sot- quelli che ostolineano i ricercatori - ma si ritiene che serviamo negli esseri quasi il 75% dei geni che causano malattie umani, come il corteggiamento, la distanza umane abbia un omol’uno dall’altro (dilogo funzionale nel stanza sociale) o la Il neurotrasmettitore moscerino». Il mocompetizione per il scerino della frutta GABA è fondamentale per cibo». viene utilizzato anche Il team di rifunzionamento del cervello cercatori è stato in per studiare il sonno, l’apprendimento, la e comunicazione tra neuroni grado di dimostrare memoria, il cancro e come in seguito alla l’effetto delle radiamutazione nel gene zioni sulle cellule. CYFIP, il neurotrasmettitore GABA ven«La Drosophila con il gene mutato - ga intrappolato nei mitocondri di specifici prosegue la professoressa Claudia Bagni - neuroni chiamati “GABAergici”, causanmostrava difetti in diversi tipi di interazioni do problemi di connessione tra i neuroni. sociali che nell’uomo sono segni distintivi Esaminando centinaia di potenziali geni dell’autismo e di altri disturbi neurologici. candidati ne hanno testati 35, identificanA livello di interazioni sociali abbiamo uti- do nel trasportatore mitocondriale Aralar lizzato dei paradigmi consolidati di compor- la molecola responsabile del “sequestro”.

Inoltre Aralar ha anche un effetto sul neurotrasmettitore GABA a livello mitocondriale. I ricercatori sono stati in grado di modulare farmacologicamente l’attività di Aralar, ed i risultati hanno evidenziato che i moscerini con la mutazione nel gene CYFIP trattati farmacologicamente riacquisivano la competenza sociale, migliorando questo disturbo comportamentale. «Abbiamo scoperto che questo meccanismo riscontrato in Drosophila si conserva nei mammiferi (osservazioni in corso di pubblicazione); mutazioni nel gene umano Aralar1 (AGC1/SLC25A12) sono associate all’AUTISMO e l’espressione di Aralar è aumentata nella corteccia prefrontale di pazienti affetti da disturbi dello spettro autistico – conclude la professoressa Bagni -. La scoperta di questo meccanismo apre pertanto prospettive future per migliorare il deficit di interazione sociale nell’uomo». Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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SALUTE

di Elisabetta Gramolini

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are fra le rare. Le lipodistrofie interessano nel mondo quattro persone su un milione. Una percentuale bassissima se si considera che la soglia di riferimento delle malattie rare in Europa è fissata allo 0,05 per cento della popolazione, ossia 5 casi su 10mila persone. Dietro ai numeri però ci sono individui alle prese con patologie che colpiscono vari organi e presentano complicazioni serie per la qualità della vita. Le diverse tipologie di lipodistrofia, in generale suddivise in congenite, di natura genetica, e acquisite, sono accomunate da una perdita di tessuto adiposo sottocutaneo la cui mancanza comporta un dannoso accumulo di grassi in altri organi, principalmente nel fegato. «Il risultato è lo sviluppo di disfunzioni epatiche, disturbi del metabolismo (diabete e dislipidemie) e problemi cardiaci (cardiomiopatia ipertrofica)», spiega il professor Ferruccio Santini, responsabile del Centro Obesità e Lipodistrofie dell’Università di Pisa. L’Italia conta 250 casi. Per loro da pochi giorni l’Agenzia italiana per il farmaco (Aifa) ha autorizzato l’immissione in commercio e il rimborso del metreleptyn, un ormone sintetizzato in laboratorio, per i pazienti che potranno avere così accesso alla terapia su tutto il territorio nazionale. «Quella con il metreleptyn – commenta il professor Santini – è una terapia sostitutiva. Per alcuni anni, i produttori lo hanno fornito a uso compassionevole». In seguito, la somministrazione è stata possibile grazie alla costituzione del Fondo nazionale presso l’Aifa, istituito dalla legge numero 326 del 2003, per l’impiego di farmaci orfani per il trattamento di malattie rare e di farmaci che rappresentano una speranza di terapia, in attesa della commercializzazione. «Ora – osserva Santini - finalmente l’Aifa ha stabilito le condizioni particolari per la somministrazione alle persone affette, munite di un piano terapeutico. Abbiamo raggiunto un traguardo importante – continua – che cambierà in meglio la vita dei pazienti

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LIPODISTROFIE, ORA L’ORMONE È PER TUTTI

Autorizzato dall’Aifa il rimborso del metreleptyn: i pazienti avranno accesso alla terapia su tutto il territorio nazionale

che fino ad oggi erano costretti a viaggi anche del grasso nel fegato. Cosa non da poco, ne lunghi e complessi per raggiungere i centri giova anche la qualità della vita dei pazienti». specializzati per la terapia. Adesso finalmenNei pazienti affetti da lipodistrofie l’apte avremo una migliore accessibilità alle cure petito è maggiore rispetto alle persone sane. nel nostro Paese e questo sarà determinante La causa è sempre l’assenza dell’ormone nel per la gestione della malattia e del futuro dei tessuto adiposo che in condizioni normali trapazienti». smette al cervello l’inC’è da evidenziare formazione sulla evenIl metreleptyn è un ormone tuale scarsità. «Non che l’ormone creato in laboratorio però non sintetizzato in laboratorio, essendoci l’ormone, fa tornare il tessuto il cervello induce l’inadiposo nelle sedi fi- messo in commercio dall’Aifa dividuo a mangiare siologiche: «Non si di più. Nelle persone e rimborsato dal Ssn devono alimentare sane, le scorte vengono false illusioni – precisa ripristinate ma nel caso Santini -. L’ormone serve a regolare il meta- della malattia l’accumulo di grasso in altre sedi bolismo e a controllare l’appetito. Nonostan- va ad aggravare le condizioni dell’organismo». te non rappresenti la cura delle lipodistrofie, Quando non c’è una diagnosi, spesso i pazienl’ormone consente di gestire le manifestazio- ti vengono scambiati per anoressici o molto ni più gravi perché migliora il controllo del magri. «Soprattutto nei bambini il rischio è di diabete, dei grassi nel sangue e dell’accumulo farli mangiare di più mentre il presidio fonda-


SALUTE

Lipodistrofie: una sfida rara

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mentale per trattare la malattia è la dieta che a forme di obesità centrale per via dell’accuriduce la quantità di cibo. Con l’ormone sin- mulo di grasso a livello addominale, associate tetico, specie i bambini riescono a controllare al diabete mellito, all’ipertensione e all’ipermeglio l’appetito». glicemia. A parte le forme genetiche ben deL’ormone è importante anche per la finite, c’è uno spettro di forme derivanti da crescita e lo sviluppo puberale, «L’assenza diverse cause che abbracciano l’obesità. Non – continua il professoesiste quindi un confire - può avere delle rine preciso ed è diffiLa mancanza di tessuto percussioni e la terapia cile stabilire i numeri somministrata in età adiposo sottocutaneo porta delle diagnosi in modo adolescenziale dopo esatto». Il centro di l’accumulo di grassi in altri Pisa del professor una diagnosi attenta risulta fondamentale Santini non è l’unico organi, come il fegato per una crescita corad essere interessato retta. La fertilità non al trattamento delle è necessariamente compromessa, spesso la lipodistrofie in Italia. «Nel resto del Paese donna riesce a mantenere la ciclicità regola- ci sono poli importanti a Bologna e a Roma. re». La malattia si manifesta anche in forma Inoltre siamo in contatto con altri specialisti parziale. Questi casi «Sono più frequenti sul che riferiscono se hanno casi particolari. Esitotale ma a volte la diagnosi arriva più tar- ste un notevole scambio, stiamo creando una divamente perché possono essere assimilati rete per inquadrare al meglio i pazienti».

lle lipodistrofie è dedicata il 31 marzo la una Giornata Mondiale. In questa occasione, le Associazioni di pazienti di sette Paesi europei, tra cui l’Associazione Italiana Lipodistrofie (AILIP), hanno messo a punto il Rapporto 2019 “Lipodistrofia: una sfida rara”, con l’obiettivo di promuovere azioni congiunte. Secondo i dati emersi, per una diagnosi di lipodistrofia parziale si può attendere anche molti anni. «La Giornata Mondiale della Lipodistrofia – commenta Guido Loro, presidente dell’Associazione Italiana Lipodistrofie, AILIP - è un momento necessario per fare il punto sui progressi compiuti fino ad oggi dalla scienza riguardo queste patologie e riflettere su ciò che deve ancora essere fatto per migliorare la vita dei pazienti. Una diagnosi precoce della malattia consente di ridurre i tempi per arrivare ad una diagnosi corretta e di garantire, quindi, tempestivamente le cure adeguate di cui necessita chi è affetto da lipodistrofie».

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Cellule adipose.

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SALUTE

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Frutta, speranza per la sclerosi multipla L’acido ursolico contenuto nelle bucce potrebbe arginare la patologia

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el mondo sono circa 2,2 milioni le persone affette da I ricercatori hanno utilizzato una forma di acido ursolico sclerosi multipla: 750mila in Europa, oltre 122mila purificata in laboratorio in topi che avevano contratto la main Italia, dove la malattia colpisce 1 persona ogni lattia. 500. Tra i trattamenti oggi usati, la gran parte diffi«Molti esperimenti hanno esaminato i topi nella fase acucilmente può invertire il danno che si è già verificato nelle celta, quando la malattia è appena iniziata o al culmine – spiega lule cerebrali. Una speranza potrebbe arrivare in futuro dalla… Zhang -. Stavolta abbiamo invece testato se questo composto frutta, o meglio, dalla sua “scorza”. fosse efficace nelle malattie croniche, quando cioè si erano già Una ricerca della Thomas Jefferson University (Pennsylvapresentati danni cronici ai tessuti del sistema nervoso centrale». nia), apparsa su Proceedings of the National Academy of ScienIl modello murino sviluppa la malattia lentamente, imitando il ces, suggerisce che la buccia di mele e prugne e alcune erbe può decorso nell’uomo. Intorno al dodicesimo giorno, nel topo iniridurre danni ai neuroni e anche aiutare a ricostruire le guaine zia la fase acuta della malattia, ed è il momento in cui i farmaci protettive che coprono i neuroni, invertendo il danno. Per la attualmente disponibili sono più efficaci. precisione, il promettente composto è a base di acido ursoliI ricercatori, tuttavia, hanno iniziato a trattare i topi al sesco, composto chimico presente in bucce di santesimo giorno, in uno stadio molto più frutta e in erbe come rosmarino e timo. avanzato della malattia, quando si è formato La ricerca è della Thomas un danno cronico al tessuto nel cervello e La sclerosi multipla - più di 3.400 diagnosi ogni anno nel nostro Paese - è una nel midollo spinale, che deve essere riparaJefferson University malattia cronica, spesso invalidante, che to e rigenerato. Da quel momento in poi, gli ed è stata pubblicata colpisce il sistema nervoso centrale (cervelscienziati hanno curato i topi per i succeslo, midollo spinale e nervi ottici). sivi due mesi, iniziando a vedere migliorasulla rivista Pnas «Sebbene l’evidenza sia ancora prelimimenti al 20esimo giorno di trattamento. I nare, dal momento che i nostri dati proventopi che erano rimasti paralizzati all’inizio gono da modelli animali, è comunque incoraggiante vedere un dell’esperimento hanno riacquistato la capacità di camminare, composto che ferma e ripara i danni in laboratorio», afferma sebbene fossero ancora deboli. Guang-Xian Zhang, uno degli autori della ricerca, professore «Non è una cura, ma se vedessimo una risposta simile nelle di neuroscienze al Sidney Kimmel Medical College dell’Ateneo persone, rappresenterebbe un cambiamento significativo nella statunitense. «È necessario un ulteriore lavoro per testare la siqualità della vita» prosegue Zhang. I ricercatori hanno anche curezza di questo composto», gli fa eco il co-autore A.M. Rostastudiato il modo in cui l’acido ursolico agisce sulle cellule, osmi, presidente del dipartimento di Neurologia pressoil Vickie servando che aveva soppresso le cellule Th17 - un tipo di cellula and Jack Farber Institute for Neuroscience - Jefferson Health. immunitaria tra i principali driver della risposta autoimmune Un passo necessario prima di arrivare, eventualmente, agli studi patologica della sclerosi. Il composto sembrerebbe far maturaclinici: sebbene infatti l’acido ursolico sia usato come integratore le cellule precursori in cellule necessarie alla produzione di re alimentare, in dosi elevate potrebbe essere tossico. guaina mielinica, gli oligodendrociti. (C. D. M.)

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SALUTE

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Colonia di Staphylococcus aureus.

Indagine sullo stafilococco Decifrato uno dei meccanismi della sua resistenza agli antibiotici

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o Staphylococcus aureus è un batterio che causa inIl team internazionale, che nel 2016 era stato il primo a fezioni della pelle. In molti casi, si limita a disturbi descrivere la struttura completa del ribosoma dello Staphylolievi; in altri, invece, può infettare anche altre parti coccus aureus e a confrontarla con altri organismi, oggi porta del corpo come valvole cardiache, polmoni e ossa, e a compimento un nuovo importante passo. le conseguenze possono essere più serie, come quelle causate «Uno dei problemi riguardava l’elevata tossicità della prodai ceppi resistenti agli antibiotici. teina RsfS per le cellule dei batteri E. coli, l’organismo utilizUno studio congiunto russo-franco-tedesco – Università di zato per produrre proteine in laboratorio – precisa Konstantin Strasburgo, Istituto di genetica e biologia molecolare e cellulaUsachev, a capo del laboratorio di Biologia strutturale della re dell’Institut national de la santé et de la recherche médicale, Kazan Federal University - . La proteina RsfS è poi in grado Dipartimento di sociologia molecolare del Max Planck Instidi fermare questo processo anche in altri batteri; il campione, tute of Biophysics, Institute of Fundamental Medicine and inoltre, era estremamente instabile e aggregato. Poi, però, ci Biology della Kazan Federal University e Institute of Proteins è venuta l’idea di isolarla insieme al suo target nella struttura della Russian Academy of Sciences – ha decifrato proprio uno del ribosoma – la proteina L14, che fa parte della subunità di quei meccanismi di resistenza, aprendo grande. Siamo riusciti a ottenere cristalli di la strada alla individuazione di antibiotici questi proteine e risolvere la struttura meLo studio è stato pubblicato diante analisi della diffrazione dei raggi X, efficaci. «Il ribosoma è il più grande complesprima con una media risoluzione usando il su Nature Communication so ribonucleico nella cellula ed è costituito nuovo diffrattometro per cristallo singolo da due subunità: grande e piccola – spie- da un team di ricercatori russi, disponibile nel nostro laboratorio, e poi gano gli scienziati nello studio pubblicato con alta risoluzione usando il sincrotrone francesi e tedeschi sulla rivista Nature Communications -. La ESRF a Grenoble». piccola subunità è responsabile della letSuccessivamente, gli scienziati hanno tura del codice genetico e la funzione della grande subunità è studiato i dettagli dell’interazione della proteina RsfS con il quella di assicurare la formazione del legame peptidico nella ribosoma dello Staphylococcus, ottenibile solo con la microcatena proteica. Nello studio, utilizzando la microscopia crioscopia crioelettronica, messa a disposizione da alcune grandi elettronica e i metodi di diffrazione dei raggi X, siamo stati in aziende. «Abbiamo così potuto combinare i dati e mostrare in grado di mostrare il meccanismo di legame ribosomiale della dettaglio il meccanismo molecolare dell’azione della proteina proteina RsfS (fattore S di silenziamento del ribosoma), che RsfS sul ribosoma dello Staphylococcus aureus», ha concluso protegge lo Staphylococcus aureus da “stress” come antibiotiUsachev. ci, febbre o immunità dell’ospite. Sotto stress, questa proteina Ora, i laboratori dell’università russa sono al lavoro per si lega alla grande subunità del ribosoma e impedisce alla picindividuare la struttura di potenziali antibiotici che interromcola subunità di unirsi, impedendo la formazione di ribosomi pano il funzionamento della proteina RsfS e quindi eliminino funzionali». efficacemente lo stafilococco. (C. D. M.) Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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SALUTE

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l MIT (Massachusetts Institute of Technology) sono riusciti a identificare un composto antibiotico capace di contrastare alcuni batteri che, fino a questo momento, si erano mostrati parecchio resistenti a varie terapie. Il risultato è, però, doppiamente interessante, perché oltre alla prospettiva sanitaria, propone un percorso originale di sviluppo per il prosieguo della ricerca: il composto è stato infatti identificato tramite machine learning. Già nelle prime sperimentazioni i risultati sono apparsi positivi: nei test di laboratorio il composto antibiotico individuato ha annientato alcuni tra i batteri più ostici, oltre che alcuni ceppi resistenti a tutti gli antibiotici noti, quali Acinetobacter baumannii e Enterobacteriaceae, due dei patogeni che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato come critici e ha inserito tra le priorità per cui trovare risposte. Proprio il modo in cui l’antibiotico è stato individuato ha richiamato l’attenzione della scienza internazionale. L’algoritmo di apprendimento automatico sviluppato ha indagato vaste librerie digitali di composti farmaceutici. Il modello computerizzato messo a punto arriva a selezionare più di cento milioni di composti chimici in pochi giorni ed è progettato per individuare potenziali antibiotici che uccidono i batteri utilizzando meccanismi diversi rispetto a quelli dei farmaci esistenti. «Volevamo sviluppare una piattaforma che ci consentisse di sfruttare il potere dell’intelligenza artificiale per inaugurare una nuova era di scoperta di farmaci antibiotici – ha affermato James Collins, professore di ingegneria medica e scienze presso l’Istituto di Ingegneria Medica e Scienza del MIT e presso il Dipartimento di Bioingegneria del MIT – Ad oggi il nostro approccio ha rivelato questa straordinaria molecola che è probabilmente

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UN POTENTE ANTIBIOTICO NATO DA UN ALGORITMO Lo sviluppo della ricerca al MIT tramite intelligenza artificiale: così si possono abbattere i costi della sperimentazione tradizionale uno degli antibiotici più potenti finora matica e Intelligenza Artificiale (CSAIL) del scoperti». MIT. La ricerca, pubblicata sulla rivista Il modello progettato al MIT è stato “Cell”, ha permesso di individuare anche testato in una prima fase di ricerca usando altri componenti interessanti, che potrebbe- l’Escherichia coli come target: l’obiettivo ro rivelarsi in futuro potenti antibiotici. Lo era cercare le caratteristiche chimiche che studio andrà avanti, con ulteriori test. Ma rendessero le molecole efficaci contro il questi primi risultati batterio. I ricercatori hanno permesso agli hanno “addestrato” Il modello computerizzato il modello su circa scienziati di affermare che l’algoritmo po2.500 molecole, tra arriva a selezionare più trebbe essere utilizzacui 1.700 farmaci apdi cento milioni di composti provati dall’agenzia to per progettare nuovi farmaci, sulla base nazionale del farmachimici in pochi giorni di ciò che apprende a co negli Stati Uniti, proposito delle strutla Food and Drug ture chimiche già utilizzate nei composti Administration, e 800 prodotti naturali noti per attaccare i batteri. con diverse strutture e una vasta gamma di «Il modello di apprendimento automa- bioattività. Successivamente è stato testato tico può esplorare, in forma digitale, spazi sull’Hub Repurposing Hub del Broad Instidelle chimica per cui, con un approccio spe- tute, una libreria con circa 6.000 composti. rimentale tradizionale, servirebbero proce- Il modello ha così individuato una molecola dure troppo costose», ha affermato Regina - battezzata “halicin”, in omaggio al sisteBarzilay, referente del Laboratorio di Infor- ma di intelligenza artificiale del film “2001:


SALUTE

La sede dell’Oms a Ginevra.

L’allarme dell’OMS © Gorodenkoff/www.shutterstock.com

Uno dei maggiori limiti alla produzione Odissea nello spazio” - che aveva una forte attività antibatterica e una struttura chimica di nuovi antibiotici è proprio l’elevato costo della sperimentazione: nel corso degli ultidiversa da qualsiasi antibiotico esistente. Con un differente modello di apprendi- mi decenni, hanno ricordato gli scienziati mento, contemporaneamente, i ricercatori del MIT, sono stati sviluppati pochi nuovi hanno dimostrato che la molecola indivi- antibiotici, e nella maggior parte dei casi duata rivela una bassa tossicità per le cellule si tratta di piccole variazioni a farmaci già umane. L’obiettivo è noti. Il modello comora utilizzare il moputazionale sviluppaLo studio è stato pubblicato to in Massachusetts dello per progettare nuovi antibiotici. potrebbe incoraggiasulla rivista Cell re la sperimentazione I ricercatori hane potrebbe portare alla grazie alla capacità di no successivamente testato la molecola realizzazione di nuovi farmaci agire sulla ricerca virtuale dei componenti. su dozzine di ceppi Non è la prima batterici isolati da pazienti e coltivati in laboratorio e hanno volta in assoluto che, in medicina, si sfrutta scoperto che era in grado di ucciderne molti un algoritmo predittivo per indagare datatipi resistenti ai trattamenti in uso, quali il base conosciuti; ma fino a questo momento Clostridium difficile, Acinetobacter bau- i modelli non erano mai stato tanto accurati mannii e Mycobacterium tuberculosis. Non da poter trasformare i componenti in una si è rivelata efficace, invece, contro il Pseu- proposta di farmaco né di realizzare uno domonas aeruginosa, un patogeno polmo- screening costante e in continuo aggiornamento. (S. L.) nare notoriamente difficile da trattare.

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Organizzazione Mondiale della Sanità da tempo lancia l’allarme circa la scarsa produzione di nuovi ed efficaci antibiotici, a dispetto della problematica e crescente resistenza degli agenti patogeni sviluppata a quelli esistenti. Il report sullo sviluppo clinico della ricerca su agenti antibatterici diffuso nel 2019 spiegava come dal 1° luglio 2017 fossero stati approvati solo otto nuovi agenti antibatterici, di cui molti con benefici clinici limitati. E tra i 50 antibiotici “in cantiere”, l’OMS aveva certificato il tentativo di attività di contrasto a 32 dei patogeni target indicati tra le priorità da seguire. Sempre l’OMS nel 2017 aveva aggiornato la “WHO Essential Medicines List” portando a 433 la lista di medicine considerate essenziali per la salute pubblica. La revisione della lista ha riguardato anche la suddivisione degli antibiotici usati nel trattamento di 21 tra le infezioni generali più comuni.

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SALUTE

L’ESPRESSIONE DEI RODITORI CI SVELA I SEGRETI DELLE LORO EMOZIONI Gli scienziati indagano sull’esistenza dei neuroni che riflettono le sensazioni della corteccia cerebrale

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inora era un privilegio conces- i nostri amici a quattro zampe - spesso so soltanto dai cartoni animati. crediamo di poter leggere e conoscere Da Ratatouille a Topolino, da i loro sentimenti, ma non è affatto così Bianca e Bernie sino a Fievel, semplice. abbiamo osservato e letto le emozioni Il gruppo di scienziati di Max Plansui volti dei topi soltanto grazie alla ma- ck composto da Nejc Dolensek, Daniel tita degli artisti e all’immaginazione. Ma A. Gehrlach, Alexandra S. Klein e Nacosa accadrebbe se dine Gogolla, ha riuscissimo realmenutilizzato la visione Grazie a degli algoritmi del artificiale per distinte ad osservare le espressioni facciaguere fino a cinque computer, sono stati presi li dei topi collegastati emotivi diversi in esame piacere, disgusto, e collegati ad altrette alle loro diverse emozioni? Probabiltante diverse espresdolore, nausea e paura mente riusciremmo sioni facciali dei ad addentrarci nei topi. Sono stati presi meccanismi del loro cervello e scoprire in esame piacere, disgusto, dolore, nauinformazioni anche per curare ansia e de- sea e paura. Emozioni intercettate, osserpressione negli umani. vando gli animali, grazie ad algoritmi del Ne sono convinti i ricercatori del computer che hanno misurato l’intensità Max Planck Institute of Neurobiology in termini di livello e forza. Attraverso che sono fra i primi, in una pubblicazio- la microscopia a due fotoni gli scienziati ne su Science, ad aver descritto le diverse hanno poi analizzato la attività neurale espressioni facciali coinvolta nelle diemotive dei roditoverse regioni del cerI ricercatori del Max Planck vello e nella cortecri. Hanno osservato il piacere, la paura, cia insulare dei topi Institute of Neurobiology il disgusto, cercancollegate alle diverse per primi hanno descritto le espressioni facciali e do di comprendere in questo modo i espressioni emotive dei topi quindi alle diverse meccanismi di base emozioni. Per prodi come le emozioni cesso inverso, sono vengono generate ed elaborate nel cer- anche riusciti ad innescare determinate vello. espressioni facciali ed emozioni attivanNegli essere umani le emozioni si leg- do determinate aree del cervello dei rogono facilmente in volto, per noi parlano ditori. occhi, bocca, sopracciglia, labbra e via di«Noi umani possiamo notare un sotcendo, mentre negli animali - soprattutto tile cambiamento facciale nei topi, ma

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non possiamo quasi mai determinare la intensità di una emozione» ha detto Nejc Dolensek, prima firma della ricerca. «Con il nostro sistema di riconoscimento facciale automatizzato, ora possiamo misurare l’intensità e la natura di un’emozione su una scala temporale di millisecondi e confrontarla con l’attività neuronale nelle aree cerebrali rilevanti». I dettagli rilevati attraverso una visione artificiale ci raccontano infatti molto delle espressioni e delle emozioni. «I topi che hanno leccato una soluzione di zucchero quando avevano sete hanno mostrato un’espressione facciale molto più gioiosa rispetto ai topi saziati - spiega Nadine Gogolla - allo stesso tempo i topi che hanno assaggiato una soluzione leggermente salata hanno mostrato un’espressione “soddisfatta”, mentre una soluzione molto salata ha portato a una faccia “disgustata”» Stimoli ed espressioni che sono state raccolte grazie all’uso della tecnologia e indagate tenendo presente che l’emozioni non sono semplicemente una reazione a uno stimolo esterno, ma sorgono


SALUTE

attraverso specifici meccanismi che coinvolgono il cervello. Il passo successivo è stato infatti studiare il modo in cui l’attività neuronale nelle diverse regioni del cervello influisce sulle espressioni facciali. Misurando l’attività dei singoli neuroni usando la microscopia a due fotoni e contemporaneamente registrato le espressioni facciali emotive del topo, gli scienziati sono riusciti a scoprire, con una comparazione, come i singoli neuroni della corteccia insulare hanno reagito con la stessa forza e allo stesso tempo dell’espressione facciale del topo.

Un’osservazione che li porta a pensare all’esistenza di neuroni “delle emozioni”, che riflettono specifiche sensazioni nella corteccia insulare. «Registrando le espressioni facciali, ora possiamo studiare i meccanismi neuronali fondamentali alla base delle emozioni nel modello animale del topo» ha sottolineato Nadine Gogolla precisando che «questo è un prerequisito importante per lo studio delle emozioni e dei possibili disturbi nella loro elaborazione, come nei disturbi d’ansia o nella depressione». Questo lavoro, durato tre anni, potrebbe avere implicazioni importanti per individuare i neuroni nel cervello umano che codificano espressioni particolari.

Anche il neuroscienziato David Anderson del California Institute of Technology di Pasadena ha definito lo studio come “un primo passo importante” per comprendere alcuni degli aspetti misteriosi delle emozioni e come si manifestano nel cervello. Nadine Gogolla spiega di essere sempre stata «affascinata dal fatto che noi umani abbiamo stati emotivi che proviamo come sentimenti e volevo vedere se fossimo riusciti a scoprire come questi stati emergono nel cervello dagli studi sugli animali». Un suggerimento che arriva dal passato, quando circa 150 anni fa Charles Darwin propose che le espressioni facciali negli animali potessero fornire proprio una finestra sulle loro emozioni, come negli umani. Soltanto di recente però, grazie alla tecnologia e alle nuove conoscenze scientifiche, è stato possibile analizzare per la prima volta quanto Darwin aveva ipotizzato. (G. T.). Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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Un nuovo composto per la glicogenosi In arrivo una innovativa terapia genica basata sul Dna sintetico di Pasquale Santilio

basso costo per curare una malattia genetica molto rara come la glicogenosi di tipo 3. Il progetto, denominato “STEG 3”, è incentrato sullo sviluppo di una strategia molecolare brevettata dall’Enea insiea glicogenosi di tipo III è un disordine del metabolismo dome all’Associazione Italiana Glicogenosi (AIG) e, per la sua valenza, vuto alla mancanza o grave deficit di un enzima coinvolto è stato inserito nella graduatoria delle iniziative finanziate attraverso nel metabolismo del glicogeno, una molecola che rapprelo speciale fondo interno di “Proof of Concept” creato da Enea con senta una forma di deposito di zuccheri in molti tessuti. l’obiettivo di avvicinare al mercato tecnologie innovative in partnerIn particolare, si tratta dell’enzima che deramifica la catena del gliship con imprese interessate. In questo caso il finanziamento sarà di cogeno (enzima deramificante). Di conseguenza, in alcuni organi si circa 96.300 euro di cui 43.500 sostenuti dall’Agenzia. accumula glicogeno anormale, con catene più corte: questo accade Nello specifico, il progetto mira a realizzare un composto con soprattutto nel fegato e nel muscolo. Nella maggior parte dei malati DNA sintetico, in grado di “sostituire” la proteina mancante nelle persone colpite dalla glicogenosi di tipo 3. Tra i vantaggi di questa insono colpiti entrambi (tipo IIIa) ma può essere coinvolto solo il fegato (tipo IIIb). La malattia si manifesta a povenzione, si può annoverare la possibilità di inchi mesi dalla nascita o durante l’infanzia con serire nei tessuti “bersaglio” geni molto grandi, l’ingrossamento del fegato (spesso anche della La patologia sorge nell’infanzia con trattamenti che possono essere ripetibili. milza), ipoglicemia e ritardo nella crescita. I Inoltre, questa terapia può indurre una minore muscoli si indeboliscono generalmente solo a e si manifesta con ingrossamento reazione immunitaria ed essere applicabile ad partire dalla seconda- terza decade di vita e alaltre malattie genetiche, rare e non, che deterdel fegato, ipoglicemia cuni malati possono sviluppare nel tempo una minano la compromissione dei muscoli schee ritardo della crescita cardiopatia. I sintomi si presentano con una letrici. Rossella Franconi, ricercatrice del Lagravità molto variabile. La diagnosi si svilupboratorio Tecnologie Biomediche dell’Enea ha pa in due fasi. Si misura inizialmente l’attività spiegato che «la malattia, causata da mutazioni dell’enzima con un opportuno dosaggio biochimico su globuli rosdel gene (AGL), è caratterizzata dall’accumulo progressivo di glicosi e, se l’attività è scarsa o nulla, si procede all’analisi genetica per geno anomalo che causa un’alterazione del metabolismo epatico e individuare la mutazione che determina la produzione dell’enzima della funzionalità muscolare. Il metodo che abbiamo brevettato è in difettoso. E’ possibile effettuare l’indagine genetica prenatale ricergrado di produrre elevati livelli della proteina GDE mancante e si cando le mutazioni nel gene AGL. Attualmente è disponibile solo basa sull’inserimento nelle cellule di un gene sintetico, attraverso un una terapia sintomatica atta a controllare le crisi ipoglicemiche nei approccio di terapia genica che non prevede l’impiego di agenti virapazienti infantili. In seguito, ai malati viene consigliata una dieta ricli e per questo ha maggiore capacità di veicolare sequenze lunghe di DNA. Con questo metodo si può pensare di intervenire localmente ca di proteine, con pasti frequenti e ricchi di maizena allo scopo di dove il disturbo si presenta, in particolare, nel trattamento dei tessuti mantenere stabile la glicemia. L’Enea sta sviluppando insieme a Igea, azienda modenese leader e degli organi più colpiti come il muscolo scheletrico, riattivandone nel campo della biofisica clinica, una nuova terapia genica sicura e a le loro funzionalità».

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Distrofia, segni di invecchiamento nel Dna Le cellule staminali muscolari al centro di un importante studio

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e distrofie muscolari sono delle malattie genetiche, molto diversità di lettura delle informazioni è determinata sia dalla forma spesso anche ereditarie, che indeboliscono i muscoli e ritridimensionale del Dna che dal suo orientamento nel nucleo, che ducono le capacità motorie delle persone affette. Si tratta dipendono a loro volta da fattori chiamati regolatori epigenetici». di patologie progressive e invalidanti, che tendono quinDurante il differenziamento delle cellule staminali, vale a di a peggiorare con il passare del tempo, fino a creare difficoltà dire quando queste acquisiscono le loro caratteristiche distintive persistenti nello svolgimento delle attività quotidiane, anche le più trasformandosi in cellule specializzate, il Dna cambia progressisemplici. Le distrofie muscolari sono determinate da una o più muvamente forma per permettere la lettura di alcuni suoi specifici tazioni genetiche; il numero dei geni potenzialmente responsabili segmenti. Gli studiosi del gruppo della ricercatrice italiana, affeè elevato, superiore, secondo diversi studi scientifici, al centinaio. rente alla linea di ricerca di neuroscienze sperimentali dell’IRCCS Quelle a carattere ereditario possono appartenere al gruppo delle Santa Lucia, hanno dimostrato che, durante la distrofia, le cellule malattie autosomiche recessive, delle malattie autosomiche domistaminali muscolari anche se correttamente attivate, non riesconanti o delle malattie legate al cromosoma sessuale X. no a generare un muscolo integro. «Questo è dovuto a una forIn alcuni tipi di distrofia, i muscoli sono soggetti ad un invecma tridimensionale del Dna alterata, puntualizza Lanzuolo, che chiamento prematuro e patologico a causa di porta a una lettura di segmenti sbagliati ed una alterazione della forma tridimensionale a una deviazione dal programma muscolare Lo studio, guidato da del Dna. Lo hanno rivelato i ricercatori del per andare incontro a destini errati e verso gruppo Chromatin and Nuclear Architecture, un invecchiamento prematuro. Questi difetti Chiara Lanzuolo, è stato guidato dalla biologa Chiara Lanzuolo (Fondeterminano un impoverimento della stamipubblicato su The Journal of nalità e, quindi, della capacità rigenerativa del dazione Santa Lucia IRCCS di Roma e Istituto di tecnologie biomediche del Cnr), in uno muscolo. Una caratteristica descritta anche Clinical Investigation studio appena pubblicato su The Journal of nell’invecchiamento fisiologico». Clinical Investigation. La ricerca è stata reaIl lavoro dei ricercatori chiarisce i meclizzata con il sostegno del Ministero della Salute, la Fondazione canismi molecolari che sono all’origine della malattia, ma fornisce Cariplo e AFM- France. anche importanti informazioni per la comprensione del normale Attraverso lo studio delle cellule staminali muscolari, gli scieninvecchiamento muscolare (sarcopenia) che spesso è associato alla ziati del team di lavoro hanno rilevato che nella distrofia l’accelefragilità senile. Negli ultimi anni, gli scienziati hanno sviluppato un razione dell’invecchiamento muscolare è dovuto ad un “cambio interesse per lo studio della forma del Dna per le potenzialità di tedi identità” delle stesse cellule che, normalmente, provvedono rapie che possono cambiare la funzione del Dna senza modificarne al ricambio delle fibre danneggiate. Chiara Lanzuolo chiarisce il la sequenza. Lo studio eseguito dall’equipe guidata da Chiara Lanruolo della struttura tridimensionale del Dna: «Sappiamo che pur zuolo potrebbe aprire il campo a possibili terapie che preservino la avendo il medesimo Dna, le cellule di uno stesso organismo prefibra muscolare mediante la protezione delle cellule staminali negli sentano aspetto e funzioni diverse. Ciò avviene perché in una deindividui affetti da distrofia muscolare o invecchiamento muscolaterminata cellula solo una piccola parte del Dna viene “letta”. La re patologico. (P. S.). Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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Cellule glia del cervello.

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Ecco come “parlano” gli astrociti Le cellule gliali a stella importanti per memoria e apprendimento

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li astrociti sono delle cellule che costituiscono la cellula invece, le metodologie utilizzate consentivano di ottenere e crescere della glia, detta anche nevroglia, che ha la funzione di solo cellule con una morfologia molto diversa da quella articolata a nutrire le cellule neurali del cervello. La nevroglia isola stella degli astrociti, necessaria perché gli stessi possano funzionare il sistema nervoso e lo protegge dai corpi estranei che correttamente. Pertanto, molte informazioni fondamentali speripossono provocare danni ai tessuti. Il nome astrocita rimanda alla mentali non erano disponibili a chi studia gli astrociti in vitro. Inolloro forma vagamente a stella. Gli astrociti della nevroglia sono di tre, essendo i segnali degli astrociti così piccoli e lenti, era necessario due tipi: ingegnerizzare e sviluppare elettrodi di forma e dimensione adatta • gli astrociti fibrosi, costituiti da lunghi e radi prolungamene sistemi di registrazione sviluppati ad- hoc». Annalisa Convertino, ti e inseriti nella parte bianca; Cnr- Imm, precisa che «Le proprietà di queste nanostrutture con• gli astrociti protoplasmatici, che presentano corti ma nusentono di differenziare gli astrociti e avere un accoppiamento eletmerosi prolungamenti e sono inseriti nella parte grigia. trodo- cellula molto efficiente». I prolungamenti, detti pedicelli, svolgono la funzione di collega«La combinazione di queste proprietà, prosegue Luca Maiolo, mento ai vasi sanguigni. Cnr- Imm, rende la nostra matrice di microelettrodi un sistema di Gli studi degli ultimi 40 anni stanno conregistrazione ideale. Gli astrociti cresciuti sui fermando il ruolo centrale degli astrociti nella nanofili di silicio esprimono una morfologia e La cellula glia, detta anche struttura del cervello e in funzioni come meproprietà molecolari e funzionali più simili a moria ed apprendimento. quelle espresse in vivo». nevrologia, ha la funzione Una ricerca del Cnr- Isof (Istituto per la Lo studio dei segnali extracellulari nel di nutrire le cellule neurali sintesi organica e fotoreattività) con il Cnrcervello è importante per comprendere il rapImm (Istituto per la microelettronica e microporto tra struttura e funzione. «Applicando del cervello sistemi) ha dimostrato che, sebbene “non ecciprotocolli che mimano condizioni di patologie tabili”, gli astrociti hanno una propria attività come l’epilessia, per esempio, precisa Valenbioelettrica di eccitazione e comunicazione che però non è il “classitina Benfenati, l’intensità di queste onde lente astrogliali aumenta co” impulso nervoso, bensì delle piccole e lente variazioni di segnale solo a determinate frequenze. Un’informazione potenzialmente utile locale, dell’ordine di milionesimi di Volt o milionesimi di Ampere dal punto di vista applicativo in patologie come l’epilessia e ictus, e delle centinaia di millesecondi. Lo studio, pubblicato sulla rivista dove è noto che l’alterazione dell’attività elettrica degli astrociti è Advanced Biosystems, presenta possibili applicazioni nanotecnolocoinvolta ma i meccanismi alla base di questa disfunzione non sono giche per la cura di patologie come l’epilessia e ictus. Valentina Benaffatto chiari. Il lavoro apre una nuova visione, cioè che gli astrociti fenati, Cnr-Isof, ha spiegato che «In laboratorio (in vitro) abbiamo contribuiscano attivamente all’attività bioelettrica celebrale globale. scoperto che nel cervello umano gli astrociti comunicano tra loro Stiamo cercando di validare i risultati in vivo, per verificare se quetramite onde di potenziale lente, sinora attribuite esclusivamente ai sta onda lenta di comunicazione bioelettrica degli astrociti abbia un neuroni. In realtà, non era stato possibile registrarle a causa dei limiti ruolo anche in processi di comunicazione celebrale legati alla formadelle neurotecnologie attualmente disponibili. Nei precedenti studi, zione della memoria o all’apprendimento». (P. S.).

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“Brucia grassi” o “brucia carboidrati”? Il nostro profilo metabolico stabilisce il mantenimento del peso corporeo

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onostante introduciamo poco cibo nel nostro organipopolazione. Ci sono soggetti-ha specificato-più propensi a ossismo vediamo il peso aumentare. Essere perennemente dare cioè a ‘bruciare’ i grassi e altri più inclini a ‘bruciare’ i carboia dieta senza risultati. A chi non è mai successa una drati della dieta. Questi ultimi, come abbiamo scoperto, tendono cosa simile. Dietro quella che per molti sembra una a guadagnare più peso nel tempo dato che non consumano tutti i sfortuna c’è una spiegazione scientifica. A spiegare questo annograssi ingeriti con la dieta (anche se seguono una dieta normocaloso dilemma è stato un nuovo studio dell’Università di Pisa e del rica) ma li immagazzinano nel corpo come tessuto adiposo, il quaNational Institutes of Health statunitense pubblicato sulla rivista le nel tempo si espande e provoca un aumento di peso corporeo». scientifica “Diabetes” inserito tra gli highlights. Il rappresentante Sono state 79 le persone coinvolte nello studio condotto nella per l’Università di Pisa che ha partecipato allo studio è stato Paolo clinica del National Institute of Diabetes and Digestive and KiPiaggi, bioingegnere, ritornato in Italia grazie al programma “Rita dney Diseases (Niddk) a Phoenix (Arizona, Usa), tutte con una Levi Montalcini” e attualmente ricercatore del Dipartimento di condizione fisiologica sana. Ad ogni persona sono state prescritte Ingegneria dell’Informazione. due tipologie di diete: una ricca di carboidrati e una di grassi. Piaggi è stato, inoltre, responsabile del Nell’arco delle 24 ore è stata cosi misurata la progetto di ricerca per l’utilizzo della carisposta metabolica cosi da comprendere al mera metabolica presso l’Azienda ospedameglio i processi metabolici che impediscono Lo studio è stato condotto liera universitaria pisana, Unita Operativa la perdita di peso. a Phoenix, in Arizona, e Endocrinologia I diretta dal professore Ed è proprio l’individuazione e l’analisi Ferruccio Santini del Dipartimento di Me- ha coinvolto 79 persone, tutte dei fenotipi metabolici il punto fondamentadicina Clinica e Sperimentale. Ed è stato le della ricerca. «Il nostro profilo metabolico lui a scoprire il gene THNSL2, presente con condizione fisiologica sana – ha concluso Piaggi - dipende da genetica, nei muscoli, che causa il rallentamento del fattori ormonali, dieta e stili di vita. Sapere se sovrappeso causando quindi un aumento rientriamo più nella tipologia “brucia grassi” di peso, se molto attivo. o “brucia carboidrati” può aiutarci a identificare i soggetti magSecondo gli scienziati a determinare la perdita o l’aumento di giormente a rischio di guadagnare peso e mettere a punto nuovi peso non è la quantità di cibo che mangiamo ma il nostro profiterapie personalizzate per combattere sovrappeso e obesità». lo metabolico che può essere “Brucia Grassi” o Brucia Calorie”. Questo studio sarà quindi fondamentale per ridurre tutte le Ogni organismo ha bisogno di nutrienti differenti che a seconda patologie strettamente connesse all’obesità: dal diabete mellito del metabolismo possono farlo funzionare correttamente, rallendi tipo 2, alle malattie cardiovascolari fino ai tumori. Secondo il tarlo o mandarlo in tilt. Secondo lo studio le persone obese che Ministero della Salute infatti, sovrappeso e obesità rappresentano hanno una tendenza ad ingrassare sono quelle che hanno un metauna dei maggiori fattori di rischio per mortalità globale. Il dato bolismo che tende a bruciare meno i grassi. Il bioingegnere dell’Apiù preoccupante riguarda i bambini: oltre il 20 per cento dei teneo di Pisa, Paolo Piaggi, autore senior dello studio, ha spiegato bambini tra gli 8 e 9 anni presentano problemi di sovrappeso con che «Esistono differenti profili metabolici tra gli individui di una una percentuale dell’11 cento di obesità. (C. P.). Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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ALLERGICO AL LATTOSIO O INTOLLERANTE AL LATTE?

Distinzione tra due condizioni diverse che continuano a generare confusione tra i consumatori di Maria Sole Facioni*

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intolleranza al lattosio, attualmente riconosciuta come unica intolleranza alimentare dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è l’intolleranza enzimatica più comune e si distingue dalla allergia alle proteine del latte1. Nonostante la netta differenza tra queste due condizioni, oggi si continua a far confusione tra queste due condizioni. Bastano pochi minuti per navigare sui social o sul web ed intuire quanto la confusione in materia di allergie e intolleranze alimentari regni sovrana, molto spesso il paziente preferisce Dr. Facebook o Dr. Google al consulto di uno specialista esperto, per poi far dilagare a macchia d’olio i cosiddetti “falsi miti della salute”. A supporto di questa mancanza di informazione a più livelli, è il continuo utilizzo di test alternativi per intolleranze alimentari, non riconosciuti dalla comunità scientifica e PhD, Presidente AILI (Associazione Italiana Latto-Intolleranti Onlus).

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con nessuna attendibilità e valenza diagnosti- popolazione sia intollerante al lattosio, ma ca dimostrata che ne giustifichino l’utilizzo solo 1 su 4 sa di esserlo. Dato che lascia pernella pratica clinica2. Un uso non razionale plessi, soprattutto se si pensa a una condizione dei test alternativi può avere serie ripercus- così diffusa anche a livello mondiale. In Cina, sioni sulla salute dei pazienti, determinando in Giappone e in Sud Africa l’intolleranza al l’esclusione di alimenti essenziali per una lattosio si aggira tra l’80 e il 100% della popocorretta alimentazione (senza una reale indi- lazione. In Europa la situazione è abbastanza cazione clinica), con un possibile ritardo di variegata: nell’Europa meridionale i soggetti crescita e malnutrizione nei bambini3, oltre che presentano tale difetto sono circa il 70%, che un dispendio economico inutile. Servo- nell’Europa centrale la percentuale si aggira no competenza, serietà, basi scientifiche e attorno al 30% mentre l’incidenza percenidee chiare per evitare tuale è decisamente che il tema venga baminore nell’Europa nalizzato o sfruttato settentrionale, si atteAd oggi, quella al per realizzare profitti sta infatti attorno al a scapito della salute lattosio è la sola intolleranza 5%4,5. dei pazienti. La strada L’intolleranza al alimentare riconosciuta da percorrere è ancora lattosio (definita anche dall’Oms lunga, ma la tensione ipolattasia) si verifica positiva che oggi sta in caso di mancanza attraversando il fenoparziale o totale della meno delle allergie e delle intolleranze non lattasi, ovvero l’enzima in grado di scindedeve diminuire. re il lattosio nei suoi due zuccheri semplici, glucosio e galattosio. Il lattosio è il principale L’intolleranza al lattosio è un disturbo molto zucchero del latte (tra cui latte di mucca, di dibattuto, tra verità e miti da sfatare. Capia- capra, di asina oltre che latte materno), rapmo allora di cosa si tratta presenta infatti il 98% degli zuccheri presente In Italia si ritiene che circa il 50% della nel latte, oltre ad essere presente anche in al-


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tri prodotti lattiero-caseari derivati.Il lattosio, dopo essere stato assunto con la dieta, viene digerito a livello del duodeno dalla lattasi presente sulla superficie delle cellule della mucosa intestinale. In caso di deficit di questo enzima, il lattosio non viene digerito e rimane nel lume intestinale dove viene fermentato dalla flora batterica con conseguente richiamo di acqua e produzione di gas, tra cui idrogeno (H2), metano (CH4), anidride carbonica (CO2) e SCFA (short chain fatty acids)6.

La sintomatologia è differente da persona a persona, con manifestazioni di diversa entità ed importanza. La gravità dipende sia dalla quantità di lattosio ingerita sia dalla soglia di tolleranza individuale. Un ruolo importante è dato anche dal cibo associato agli alimenti contenenti lattosio, in quanto è legata alla velocità di svuotamento gastrico. Quindi se il lattosio viene ingerito insieme a carboidrati (specie quelli semplici), che aumentano la velocità di svuotamento gastrico, i sintomi sono più probabili o più intensi, mentre se viene ingerito insieme a grassi, che riducono la velocità di svuotamento gastrico, i sintomi possono essere molto ridotti o addirittura assenti. Tuttavia tali sintomi non sono specifici e spesso si sovrappongono ai sintomi di altre intolleranze o patologie del tratto intestinale, comportando un ritardo nella diagnosi.

Tre diverse forme di intolleranza al lattosio I termini utilizzati per definire la condizione di intolleranza al lattosio spesso vengono utilizzati con poca chiarezza, contribuendo a creare confusione. L’intolleranza al lattosio si verifica quando sintomi, principalmente gastro-intestinali, si presentano Quali sono i sintomi pazienti che dopo più comuni? In Italia si ritiene che circa in l’ingestione di lattosio Il quadro clinico il 50% della popolazione non riescono ad assorche ne deriva è caquesto zucchero6. ratterizzato da dolori sia intollerante al lattosio, bire Comunemente si è addominali di tipo ma solo 1 su 4 sa di esserlo soliti definire l’intolcrampiforme, meteleranza al lattosio in orismo, pesantezza tre differenti forme: di stomaco, senso di gonfiore gastrico, diarrea o stitichezza che congenita, primaria e secondaria. La forma insorgono da 1-2 ore a qualche giorno dopo congenita, meglio definita “Congenital lactal’ingestione di alimenti che contengono lat- se deficiency (CLD)” è una condizione molto tosio. Oltre a questi, si manifestano anche rara, di origine genetica a insorgenza precoce, sintomi più generici come mal di testa, stan- si manifesta sin dalla nascita nei primi giorni chezza, nausea, eruzioni cutanee e, in rari di vita del neonato8. Il neonato sviluppa diarrea non appena nutrito con latte materno o casi, perdita di peso7.

f o rmulato, quindi una totale assenza di lattasi che persiste per tutta la vita dovuta ad una mutazione autosomica recessiva nella regione del gene codificante per la proteina lattasi-florina idrolasi (LPH). La forma primaria è causata da una diminuzione progressiva della lattasi a partire già dallo svezzamento che comporta il malassorbimento di lattosio e i relativi sintomi. Questa forma si può manifestare nel bambino oppure tardivamente nell’adulto a causa di una riduzione eccessiva della produzione di lattasi. La causa dell’intolleranza al lattosio primaria è di origine genetica, dovuta ad una variazione del DNA, che nella popolazione caucasica è stata identificata come polimorfismo C/T nella posizione -13910 nel gene MCM6 a monte del gene della lattasi (LCT) completamente associato alla non persistenza di lattasi (LNP) in età adulta9. La forma acquisita si riferisce allo sviluppo di malassorbimento di lattosio in individui che potenzialmente sono in grado di digerire questo zucchero. Questa forma è definita anche secondaria proprio perché le cause sono da ricercare in altre patologie acute (come infiammazioni e infezioni dell’intestino) o croniche (tra cui celiachia, morbo di Crohn, sindrome dell’intestino irritabile) oppure in conseguenza a disordini nutrizionali e molto spesso è transitoria, risolvendosi infatti alla guarigione della malattia responsabile. Altre cause possono essere terapie antibiotiche, chemioterapiche o con radiazioni ionizzanti che, in conseguenza della loro tossicità o di un’azione di inibizione diretta dell’attività lattasica, determinano ipolattasia. Come diagnosticare l’intolleranza al lattosio? Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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La diagnosi si basa su due principali metodiche: Breath Test e Test genetico. Fare la diagnosi è importante per escludere dalla dieta in modo totale o parziale, a seconda della gravità, le fonti di lattosio. Il test finora più diffuso è il Breath Test, che valuta la presenza di idrogeno nell’espirato prima e dopo la somministrazione di 20-25gr di lattosio, prelevando almeno 6 campioni di aria ottenuti facendo soffiare il paziente in una sacca a intervalli regolari (ogni 30 minuti), per un tempo di 3-4 ore. Il respiro raccolto viene esaminato con lo scopo di individuare la presenza di idrogeno (H2) e, in alcuni casi, anche di metano (CH4) provenienti dalla fermentazione del lattoso non digerito. Per eseguire questo test, il paziente deve seguire una dieta apposita nel giorno precedente l’esame ed altre linee guida molto importanti per la corretta riuscita dell’esame. Un test positivo accerta la presenza di malassorbimento del lattosio, ma non discrimina se si tratta di una forma primaria dovuta a un deficit genetico di lattasi, o secondaria dovuta ad un’alterazione dell’integrità della parete intestinale conseguente a stati patologici. Per capire se si se si tratta di una forma primaria o secondaria di intolleranza al lattosio occorre eseguire il Test Genetico, ovvero un tampone buccale per il prelievo della mucosa orale, dal quale è possibile analizzare il proprio DNA. Il Test Genetico per la ricerca dello SNP C/T -13910 permette quindi di discriminare chi ha entrambe le copie sane del gene (T/T), chi ne ha solo una sana (T/C) e chi le ha entrambe mutate (C/C) e quindi associata a LNP. Essendo un test semplice, rapido e non invasivo, è di facile esecuzione anche nel bambino, in cui il Breath test può risultare difficile effettuarlo in un primo momento. È corretto definire i due test sopracitati complementari e non alternativi, poiché insieme forniscono una visione completa della condizione di intolleranza al lattosio, salvo casi particolari. È stato scientificamente dimostrato che in età adulta l’esito del breath test e del test genetico coincide, quindi si può considerare il test genetico diagnostico quando effettuato in persone con sintomi evidenti riconducibili a intolleranza al lattosio10. In assenza di sintomi, il test genetico definisce una predisposizione all’intolleranza al lattosio, individuando quindi i soggetti che potrebbero manifestare questa intolleranza. Ciò consente di definire un comportamento alimentare e uno stile di vita adeguato e personalizzato nell’ottica di una

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medicina curativa e preventiva. Dove si trova il lattosio? Il lattosio si trova principalmente in latte e prodotti lattiero-caseari. Questo zucchero è presente in elevate quantità nei formaggi freschi, mentre nei formaggi stagionati a pasta dura è presente in ridotte quantità, se non quasi assente. Ma non solo nel latte vaccino, attenzione! Latte di bufala, di pecora, di capra e di asina contengono lattosio al pari del latte vaccino. Il lattosio viene spesso utilizzato anche in polvere come additivo, in quanto migliora la texture e il sapore di molti alimenti processati. Basti pensare che è possibile trovare lattosio nel dado, nel prosciutto cotto e altri insaccati come la salsiccia, e nella maggior parte dei prodotti da forno oltre in sughi e salse e in alcune margarine. Solo negli alimenti? No! Il lattosio, oltre ad essere presente negli alimenti e negli integratori alimentari, è presente come eccipiente in molti farmaci. Quale terapia seguire dopo la diagnosi? La principale terapia consiste nella dieta che prevede l’esclusione del lattosio, totale o parziale a seconda della forma di latto-intolleranza, tale da migliorarne e ridurre i sintomi qualora la suddetta condizione sia scientificamente accertata. È sicuramente utile ricordare che nel management dell’intolleranza al lattosio trovano spazio e importante utilizzo sia i probiotici che gli integratori di lattasi. Rimane comunque fondamentale leggere attentamente l’etichetta (nella sua interezza, fronte e retro!) dei cibi acquistati per evitare di introdurre nella dieta quote “nascoste” di lattosio e affidarsi a prodotti certificati che possano garantirne la qualità e la sicurezza del “senza lattosio”. L’esclusione di lattosio può comportare carenze nutrizionali o altre tipi di alterazioni? Le diete “fai da te” basate sul passa-parola o su fantomatici professionisti che si trovano in rete non sono indicate in nessuna condizione, tantomeno per l’intolleranza al lattosio. Iniziare ad escludere gruppi di alimenti senza alcun valido motivo può comportare limitazioni di tipo psicologico e nella vita sociale. La completa esclusione di latte e alimenti contenenti lattosio dalla dieta potrebbe portare ad una carenza nutrizionale che, oltre a comprendere il calcio, andrà ad intaccare anche i livelli di vitamina D. I formaggi a pasta dura ed extra-dura, che hanno perso lattosio durane la stagionatura, assicu-

rano un apporto adeguato di calcio. Spinaci, radicchio, invidia, cavoli, broccoli, carciofi, fagioli, mandorle, nocciole, semi di sesamo, latte di soia fortificato e succhi di frutta al 100 per cento integrati con calcio sono buone fonti di calcio. Fare questi test comportano un ritardo diagnostico e la possibilità di scambiare patologie gravi come presunte intolleranze Seguire regimi alimentari che prevedono l’esclusione di gruppi di alimenti senza alcun motivo valido e senza fondamento scientifico comporta limitazioni di tipo psicologico e nella vita sociale. Non meno importante e da non sottovalutare il grave rischio di malnutrizione quando questi test inaffidabili sono eseguiti in età pediatrica ed evolutiva.

Bibliografia 1- Istituto Superiore di Sanità https://www.epicentro.iss.it/intolleranze/ 2- Decalogo elaborato dall’Associazione di Dietetica e nutrizione clinica (ADI), validato dal Ministero della Salute, consultabile sul portale di FNOMCeO, www.dottoremaeveroche.it 3- Società italiana di Pediatria https://www.sip. it/2018/05/07/allergie-alimentari-vero-falso/ 4- Scientific Opinion on lactose thresholds in lactose intolerance and galactosaemia. EFSA Journal 2010;8(9):1777. 5- CL Storhaug, SK Fosse, LT Fadnes. Country, Regional, and Global Estimates for Lactose Malabsorption in Adults: A Systematic Review and Meta-Analysis. Lancet Gastroenterol Hepatol 2017. 6- B Misselwitz, M Butter, K Verbeke, MR Fox. Update on Lactose Malabsorption and Intolerance: Pathogenesis, Diagnosis and Clinical Management. Gut 2019. 7- F Fassio, MS Facioni, F Guagnini. Lactose Maldigestion, Malabsorption, and Intolerance: A Comprehensive Review with a Focus on Current Management and Future Perspectives. Nutrients 2018. 8- D Wanes, DM Husein, HY Naim. Congenital Lactase Deficiency: Mutations, Functional and Biochemical Implications, and Future Perspectives. Nutrients 2019. 9- NS Enattah, T Sahi, E Savilahti, JD Terwilliger, L Peltonen, I Järvelä. Identification of a Variant Associated with Adult-Type Hypolactasia. Nature Genetics 2002. 10- E Coluccia, P Iardino, D Pappalardo, AL Brigida, V Formicola, B De Felice et al. Congruency of Genetic Predisposition to Lactase Persistence and Lactose Breath Test. Nutrients 2019.


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L’epilessia nella dinastia Giulio-Claudia Discussione sulla presenza del Morbus sacer nella famiglia romana di Barbara Ciardullo

governatori, dittatori ed ecc. Il problema della trasmissione ereditaria dell’epilessia nella dinastia Giulio-Claudia è stato trattato anche da A. Esser, autorevole cultore di scienze, il quale nella parte epilessia, per i latini “morbus sacer”, si è evidenziata con finale della sua opera concernente i dati biologici degli imperatori ogni probabilità nella dinastia Giulio-Claudia in Giulio romani, illustra uno schema in cui spiega i legami familiari suscetCesare, in Britannico, figlio di Claudio e Messalina, e tibili di avere trasmesso questa dolorosa patologia a Britannico e in Caligola, figlio di Germanico e Agrippina Maggiore. Caligola, discendenti di Antonia Minore da parte di Germanico Siccome Claudio e Germanico erano fratelli, Britannico e Caligola (per Caligola) e da parte di Claudio (per Britannico). erano cugini di primo grado, per cui possiamo congetturare l’inseTre sono le ipotesi: 1 - attraverso lo studio biologico svolto diamento e la trasmissione dell’epilessia solo all’interno di questa sulla famiglia Giulio-Claudia è indiscutibile che l’epilessia abbia dinastia, dato che degli altri Cesari non abbiamo notizie di sintomi avuto una trasmissione ereditaria; 2 - Giulio Cesare non è stato il primo della sua famiglia ad essere colpito dall’epilessia e, poiepilettici. L’epilessia era una malattia ben nota nel mondo antico e di essa c’è traccia nel codice del re babilonese Hammurabi cioè nel ché non ha avuto discendenti diretti, essa passò non attraverso lui XIX secolo a. C. Oggi, siamo in grado di afma attraverso la sorella Giulia. Anche se non fermare concretamente che l’epilessia sia stata sono mancate ricerche a questo proposito, Lo studio biologico svolto presente in Giulio Cesare. non siamo oggi in grado di affermare a quale Secondo il critico studioso A. Donnagenerazione l’epilessia si sarebbe evidenziata sulla famiglia stabilisce che dieu, il ritratto psicologico di Cesare non corper la prima volta; 3 - questa epilessia eredital’epilessia abbia avuto una risponde affatto all’immagine dell’epilettico e ria presenta una trasmissione stagnante, le cui la descrizione non esauriente dei malesseri o trasmissione di tipo ereditario manifestazioni scompaiono. disturbi sopraggiunti nelle località di CordoSicuramente l’epilessia si è manifestata va e Tapso, dove si trovava in guerra contro le in altri componenti della stirpe Giulio-Clautruppe pompeiane, non permette però di collegarli necessariamendia ma, nonostante studi approfonditi, la scienza non è riuscita te con l’epilessia. La tesi di Donnadieu, che specialisti di scienze ancora a determinare chi ne sia stato colpito. Augusto fu colpito biologiche non hanno avvalorato, è che Giulio Cesare avrebbe cresa epilessia?. La madre Azia era figlia di Giulia, sorella di Giulio duto di essere colpito dal “morbus sacer”, come conferma ancora Cesare, attraverso cui la malattia si sarebbe dovuta obbligatoriauna volta del proprio rapporto con la divinità. E’, invece, impossimente trasmettere, ma gli scienziati ancora non hanno offerto bile sapere se Cesare sia stato colpito dall’epilessia due mesi prima dati precisi. Solo l’illustre storico romano Svetonio nella biogradella sua morte quando non si alzò, non perché mosso da alterigia fia su Augusto, compresa nella sua opera “De vita Caesarum”, distribuita in 8 libri parla di improvvisi cambiamenti di umore o disprezzo ma perché impedito nel movimento corporeo. e di movimenti inconsulti o perdite di coscienza, che alcuni rapDinanzi ai senatori, che erano considerati per volontà popolare i gestori della cosa pubblica e gli affidatari delle nomine gestionali, presentanti della biologia medica dicono avvicinarsi decisamente temporizzate e talora prorogate, come quelle dei consoli, pretori, alla sintomatologia epilettica.

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PERDITA DEI CAPELLI L’ IN ONCOLOGIA IL RUOLO DEI COSMETICI BIOLOGICI Come i prodotti di orgine naturale possono diventare alleati della tricologia di Biancamaria Mancini 48 Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

alopecia da chemioterapia (CIA), porta allo sconforto molti pazienti, creando un malessere che appesantisce la grave patologia in corso. Studi confermano che la capigliatura è percepita come una parte importante della propria identità, infatti i capelli giocano un importante ruolo nella comunicazione sociale e sessuale. I capelli cadono perché i farmaci antineoplastici provocano la distruzione di tutte le cellule in veloce replicazione, come quelle tumorali, ma insieme a queste vengono distrutte anche quelle sane di peli e capelli. Tutto ciò avviene perché, durante la fase di Anagen, i cheratinociti della matrice epiteliale del bulbo follicolare sono in rapida proliferazione, di conseguenza queste cellule vanno incontro ad apoptosi indotta dal farmaco citotossico. A questo punto i fusti cadono e si interrompe la una nuova ricrescita, causando calvizie parziale o totale dei capelli e dei peli. La gravità della perdita dei capelli e la tempistica in cui questo avviene, dipendono da molte variabili, tra cui il chemioterapico utilizzato, la sua emivita, la dose, la frequenza di somministrazione e se questo viene somministrato da solo o con altri

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Curiosità

Il cosmetico utilizzato per il paziente oncologico non deve contenere i conservanti tradizionali, coloranti di sintesi, profumi, siliconi, alcool, vaseline e paraffine chemioterapici. Alla sospensione dei farmaci, i capelli ricrescono perché le cellule staminali del bulge vengono risparmiate dagli effetti della chemioterapia, presumibilmente perché hanno una bassa frequenza di crescita. Le cellule del bulge rimaste vitali quindi, migrano verso la papilla dermica e qui ricominceranno le molteplici divisioni mitotiche riattivando il ciclo vitale di peli e capelli. La CIA, anche se spesso reversibile, viene vissuta molto male a livello psicologico, soprattutto dalle donne. La perdita dei capelli viene associata alla minore bellezza, minore femminilità e sensualità. In una recente indagine effettuata su donne operate di cancro, la CIA è stata giudicata al secondo posto come problema dopo gli effetti sulla famiglia e sul partner. Le implicazioni psicosociali sono talmente forti che possono talvolta portare al rifiuto del trattamento. L’evidenza del forte impatto della CIA sulla qualità di vita dei pazienti ha stimolato la nascita di strategie che potessero diminuire la caduta dei capelli durante la terapia oncologica. Sono state studiate misure meccaniche, ovvero la compressione del cranio mediante bendaggio per diminuire momentaneamente l’afflusso di sangue periferico al cuoio capelluto, ma la conservazione dei capelli è stata moderata. Tale strategia è stata rapidamente sostituita dalla tecnica ipotermica: l’utilizzo di termo cuffie che raffreddano il cuoio capelluto durante il trattamento chemioterapico, determinano una vasocostrizione e la riduzione del flusso sanguigno ai follicoli, riducendo l’assorbimento del farmaco a livello cellulare. Sull’argomento ci sono ancora pochi studi, ma tutti riportano una buona percentuale di successo. L’attenzione sul malessere estetico del paziente oncologico ha comunque spostato l’attenzione sulla persona. A questo fine sono nate molte attività correlate al benessere, anche estetico, nei reparti ospedalieri che accompagnano tutto il percorso terapeutico e di post terapia. Una delle attenzioni è quel-

la sull’igiene e cosmesi della pelle e del cuoio capelluto. Durante i trattamenti di terapia oncologica la cute si secca e diventa più fragile, sensibile, reattiva, associata a prurito. Questo avviene per la riduzione della barriera cutanea, l’alterazione della cheratinizzazione, l’assottigliamento dello strato corneo compatto e la riduzione dei lipidi. Le esigenze della pelle in tale frangente sono peculiari, occorre ripristinare la barriera cutanea, ridurre la perdita di acqua attraverso la pelle e idratare, nutrire, detergere e proteggere lavorando sul microcircolo cutaneo e poi controllare il prurito. Il cosmetico utilizzato per il paziente oncologico non deve contenere i conservanti tradizionali (parabeni, diazolidinyl urea, oxybenzone), coloranti di sintesi, profumi, siliconi, alcool, vaseline e paraffine. Questi ultimi potrebbero promuovere infiammazioni locali e “cuocere” letteralmente la cute ormai molto delicata. È indicato quindi ricorrere a prodotti di origine naturale, che possono favorire la fisiologica ricrescita del capello. Esistono cosmetici biologici che utilizzano unicamente fito estratti, acque floreali, ma soprattutto oli vegetali ed essenziali. Nei casi di tossicità acuta post chemio e chiara intolleranza ai prodotti invece, occorre sospendere del tutto l’uso di qualunque cosmetico ed effettuare solo una blanda detersione con acqua termale e con impacchi di camomilla e malva ad azione lenitiva. Gli estratti naturali più adatti per cute e capelli durante e post chemioterapia sono: il rosmarino che è un riequilibrante del cuoio capelluto e rimuove la forfora; l’equiseto che aumenta la velocità di allungamento del fusto e previene la desquamazione; il ginkgo biloba che attiva i follicoli piliferi e stimola la circolazione sanguigna cutanea; l’olio di betulla che riequilibra lo strato idrolipidico cutaneo, contrasta la forfora, il prurito, le infezioni al cuoio capelluto e la caduta; il cumino che è un tonico naturale, la cannella che contrasta le infezioni del cuoio capelluto e riduce forfora e il gonfiore.

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di febbraio 2020 la notizia che l’ospedale di Faenza ha investito 35 mila euro per il PAXMAN SCALP COOLER, un macchinario refrigerante capace di non far cadere i capelli al 60% delle donne che si sottopongono a chemioterapia. Il responsabile di oncologia dell’ospedale ha definito la salvaguardia dei capelli un argomento importantissimo da non sottovalutare, un’attenzione alla dignità della persona che affronta il cancro. Lo stesso macchinario era stato donato all’Umberto 1 di Ravenna nel 2018, e a distanza di tempo il bilancio dell’attenzione ai capelli è positivo. Ci sono testimonianze di grossa soddisfazione fra le persone che ne hanno potuto usufruire, soprattutto da parte delle ragazze più giovani, che sono riuscite nel 56% dei casi, a salvare i capelli e mantenere un’attività sociale del tutto simile a quella pre-diagnosi. Anche le persone che non hanno potuto frenare la CIA, nonostante l’utilizzo del macchinario, si dimostrano grate per averci provato e dichiarano di aver avuto una motivazione in più per affrontare il trattamento nella maniera più serena possibile.

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PELLE GIOVANE? CHIEDIAMOLO ALLE PROTEINE Il ruolo di COL17A1 nel processo di invecchiamento dell’epidermide 50 Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

di Carla Cimmino

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OL17A1 è una proteina, che agisce creando una competizione tra cellule, innescando un processo fondamentale, che permette di mantenere la forma dei tessuti, favorendo la replicazione nella nostra pelle di cellule staminali intatte e l’eliminazione invece delle cellule danneggiate o stressate. I raggi UV, età, smog, responsabili dello stress ossidativo, riducono la quantità di questa proteina, facendo in modo che la pelle mostri segni di invecchiamento tra cui: lassità cutanea, rughe ecc. La genetica controlla la longevità dei tessuti, avendo sotto controllo i mecca-

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SALUTE

Raggi UV, età e smog sono tra i responsabili del cosiddetto stress ossidativo, facendo sì che la pelle mostri segni di invecchiamento

nismi di sopravvivenza del corpo; supponendo di annullare tutti i processi di manutenzione e riparazione, si può pensare di ridurre i difetti molecolari e cellulari. Quindi il controllo genetico spiega perché l’ereditarietà della longevità umana può essere controllata, aumentando l’aspettativa di vita. Se infatti è possibile rallentare i danni o aumentare la possibilità di riparazione di questi, si può sperare di vivere più a lungo senza alterare però il nostro codice genetico. Sono stati condotti alcuni studi sui topi, che hanno dimostrato: 1) quelli più anziani hanno un’epidermide più spessa rispetto a quelli più giovani, rivelando, che anche la distribuzione di COL17A1 nell’epidermide, cambia radicalmente con l’età nei topi così come accade nell’ uomo; 2)

l’introduzione di COL17A1 nell’epidermide ha aiutato il tessuto a mantenere uno stato più giovane anche nei topi più vecchi. Questi risultati permettono di capire qual è la modalità che regola la divisione cellulare dell’epidermide, nelle diverse fasi della vita dell’uomo. Tuttavia, però risulta ancora necessario approfondire gli studi, per capire la modalità con cui viene controllata la produzione di questa proteina nell’epidermide. I ricercatori, dopo aver confermato l’importanza di COL17A1, hanno cominciato a studiare se era possibile indurre la sua produzione di questa proteina nell’organismo anche in sua totale assenza. Così hanno isolato e testato due composti chimici - Y-27632 e apocinina – coinvolti nel processo anti-invecchiamento della pelle ed i risultati ottenuti sono stati sorprendenti. È possibile affermare, che l’invecchiamento organico è definito come danno tissutale derivante dall’accumulo di numerosi fattori intrinseci ed estrinseci, che inducono il danno cellulare in ordine cronologico. La relazione tra invecchiamento organico e cellule staminali è un legame inscindibile, la diversità delle cellule staminali negli organi può essere ridotta con l’invecchiamento della pelle dell’uomo, che si presenta con alterazioni del derma e degli annessi cutanei (assottigliamento del derma, secchezza, rughe,

I ricercatori studiano se la proteina possa tutelare le cellule epiteliali di reni, polmoni e fegato

caduta dei capelli) (Rittié e Fisher, 2015). Non dimentichiamo però, che numerosi processi di invecchiamento sono innescati o incrementati all’interno delle cellule da molecole e organelli danneggiati, e che il loro turnover è controllato in parte dall’autofagia. Oltre al mantenimento della proteostasi e degli organelli, ci sono altri fattori distintivi dell’invecchiamento (LópezOtín et al., 2013): 1) il rilevamento dei nutrienti; 2) l’instabilità genomica, che o risultano essere sotto il controllo o suscitano l’attivazione dell’autofagia (essendo essa un processo di auto-digestione cellulare), forniscono così materiale citoplasmatico al lisosoma per la rottura. Così l’autofagia diviene un processo regolatorio di fondamentale importanza, che supporta l’omeostasi cutanea e l’invecchiamento sano. La ricerca “fornisce prove del fatto che le cellule sane dei mammiferi possono anche ripopolare efficacemente i tessuti adulti, sostituendo le cellule non idonee o danneggiate”. “Sono necessari studi futuri per determinare i meccanismi della competizione cellulare in altri tessuti e per identificare i composti in grado di invertire l’invecchiamento in altri organi”, secondo i professori Ganna Bilousova e James DeGregori. Le nuove scoperte mettono in risalto soprattutto che COL17A1 è una componente, la quale potrebbe essere utilizzata nel lancio sul mercato di prodotti anti-invecchiamento (creme e compresse), di cui l’industria cosmetica è alla continua ricerca. Sono in atto però ulteriori ricerche, per capire se lo stesso processo potrebbe interessare altre parti del corpo che hanno cellule epiteliali come la pelle: reni, polmoni e fegato. Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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LA RICETTA PER SALVARE GLI OCEANI È ancora possibile salvare gli ecosistemi marini, ma il tempo stringe. Abbiamo appena 30 anni

di Giacomo Talignani

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ll’improvviso eccola, la meravigliosa creatura lunga 45 metri. Un sifonoforo, probabilmente l’animale più lungo del mondo, scoperto e filmato di recente in un canyon oceanico al largo dell’Australia occidentale. Da sola, l’esistenza di una creatura così, un invertebrato marino che sembra una lunga corda bianca infinita e che disegna enormi cerchi nell’azzurro del mare, dovrebbe rubarci un attimo prima per sospirare di stupore e poi per riflettere. Per quanto tempo ancora potremo convivere con creature così meravigliose? La sua bellezza, la sua semplicità o complessità, per come la si vuole vedere, sono caratteristiche che ritroviamo in migliaia di altre creature marine, oggi drammaticamente condannate verso la fine, l’estinzione. Gli oceani sono infatti in grave pericolo: possiamo ancora salvarli, solo che abbiamo appena 30 anni di tempo per farlo. È quanto ci raccontano oggi diversi scienziati che sulla rivista Nature hanno pubblicato lo studio “Rebuilding marine life”, una analisi dettagliata su cosa dobbiamo e dovremmo fare al più presto per salvare gli ecosistemi marini. Una sorta di ricetta basata su politiche applicate nelle riserve marine fin ora. Oggi siamo davanti a uno scenario tragico: la Grande barriera corallina e le altre nel mondo stanno soffrendo sempre di più per lo sbiancamento; l’acidificazione delle acque e l’innalzamen-

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to delle temperature stanno sconvolgendo habitat ed ecosistemi; la sovrapesca e il traffico marittimo stanno contribuendo a prosciugare le risorse dei mari. Gli oceani sono l’attacco della crisi climatica e delle azioni dell’uomo, ma le politiche di protezione e di conservazione, come quelle applicate nelle aree marine protette in tutto il globo, ci insegnano che possiamo ancora salvarli. Lo sostiene per esempio Carlos Duarte, professore di scienze marine del King Abdullah University of Science and Technology dell’ Arabia Saudita, che insieme a un team di diversi scienziati ha raccontato nel suo studio la necessità di investire miliardi nella “ricostruzione” degli oceani. Spiega che i mari hanno una estrema resilienza, combattono per continuare a sopravvivere e oggi, dal caso delle balenottere dell’Antartide sino a diverse altre specie, abbiamo piccoli segnali di ripresa. Segnali incoraggianti che ci raccontano come l’inversione di rotta sia possibile e la stessa IUCN, unione per la conservazione della natura, sostiene che negli ultimi vent’anni la percentuale delle specie ma-

Questo emerge da uno studio pubblicato su Nature, intitolato “Rebuilding marine life”


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La IUCN, unione per la conservazione della natura, sostiene che negli ultimi vent’anni la percentuale delle specie marine valutate a rischio estinzione a livello globale sia scesa dal 18% del 2000 all’11,4% del 2019

rine valutate come a rischio estinzione a livello globale sia scesa dal 18% del 2000 all’11,4% nel 2019. Ma allora come potremmo fare per contribuire concretamente a salvare gli oceani e la biodiversità? «Servono investimenti mirati dai 10 ai 20 miliardi di dollari all’anno, con un possibile ritorno economico che sarebbe 10 volte tanto» raccontano i ricercatori nella loro ricetta. In questo modo «la vita marina impoverita negli oceani del mondo potrebbe tornare a livelli sani entro il 2050. Il nostro studio documenta il recupero di popolazioni marine, habitat ed ecosistemi a seguito di interventi di conservazione fatti in aree marine protette in passato. Fornisce raccomandazioni specifiche e basate sull’evidenza per trovare soluzioni comprovate a livello globale» ha affermato Carlos Duarte. «Sappiamo cosa dovremmo fare per ricostruire la vita marina e abbiamo prove che questo obiettivo può essere raggiunto entro tre decenni». Da qui al 2050 la massima attenzione dovrà confluire in zone come ad esempio il Mediterraneo, un mare che sta diventando un “cestino”, oppure in vaste zone

Da qui al 2050 la massima attenzione dovrà confluire in zone come il mare Mediterraneo

del sud-est asiatico, o ancora in India o nel golfo del Messico. Qui, come altrove, servono modelli di pesca sostenibili e recupero degli stock ittici, interventi di mitigazione dei cambiamenti climatici, misure per limitare l’inquinamento marino. Gli esperti individuano nove macro settori su cui concentrare sforzi e risorse, aree che sono state indicate dopo l’esame di come le zone marine protette siano riuscite con politiche efficaci a preservare la salute del mare. Fra questi gli esperti indicano la necessità di protezione e conservazione di alghe marine, mangrovie, paludi salmastre, barriere coralline, praterie di piante come la poseidonia, megafauna, studio dell’oceano profondo, pesca e altri settori, puntando per esempio alla ricostruzione e il restauro di habitat. Secondo quanto riportato nel loro studio, con investimenti economici annuali in questi campi e ponendo al centro della sfida la lotta agli effetti della crisi climatica come l’acidificazione, la riduzione della pressione sugli stock ittici e la battaglia all’inquinamento da plastica, gli oceani potrebbero tornare a “respirare”. Senza però destinare fondi alla ricerca e alla conservazione secondo gli scienziati condanneremmo le future generazione a un mondo con un oceano malato. Per Duerte, «non riuscire a cogliere questa sfida significa condannare i nostri nipoti ad avere un oceano danneggiato e incapace di sostenere mezzi di sostentamento di alta qualità. E questa non è una opzione che possiamo prendere in considerazione». Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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MA CHE CALDO FA INVERNO “BOLLENTE” IN ANTARTIDE

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Ecco come il nostro Pianeta ci invia segnali preoccupanti legati ai cambiamenti climatici

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AMBIENTE e decisamente sopra la media. Un team di ricercatori australiani in uno studio pubblicato su Global Change Biology ha spiegato che tra i volani di questo vortice di calore potrebbe esserci anche il buco dell’ozono che richiudendosi disattiva lo scudo contro le correnti calde. A preoccupare ci sono poi ghiacciai antartici di Pine Island e Thwaites, sempre più fragili e sciolti, talmente tanto che potrebbero contribuire a innalzare i livelli dei mari. Inoltre, questione che riguarda sia i territori artici che antartici, è forte il problema dell’albedo (quantità di luce assorbita o riflessa) che sta applicate con lentezza dai governi mondia- diventando sempre più preoccupante, dato li, ma ora inaspettatamente la pandemia da che le superfici sciolte, prive di neve o riccoronavirus ci ha offerto un assist per mo- che di rocce emerse, assorbono sempre più strarci cosa vorrebbe e potrebbe dire trat- calore. Tutti allarmi, sostengono gli scienziati tare il surriscaldamento globale come una australiani, che non possiamo ignorare e che vera emergenza. Con la mobilità e i processi industriali mettono a rischio il futuro prossimo degli fermi o rallentati, con i lockdown e un dif- ecosistemi e la sopravvivenza di diverse speferente sfruttamento dell’energia elettrica, cie marine dell’area. «La maggior parte della vita esiste in con gli aerei a terra e un diverso uso generale dei combustibili fossili, le emissioni europee piccole oasi prive di ghiaccio in Antartide di CO2 stanno per esempio calando dopo e dipende in gran parte dallo scioglimento una costante crescita e a fine 2020 potrem- della neve e del ghiaccio per il loro approvvigionamento idrico» scrivono gli studiosi . mo registrare un 5% in meno. «Le inondazioni da scioglimento possono Quelle di NO2 oggi riversare acqua in maggiore sembrano essersi quantità in questi ecosistedimezzate. Le immi, causando una cremagini satellitari ci scita e riproduzione mostrano poi “ciemaggiori di muschi, li” finalmente pulicheni, microbi e liti, con la Pianura invertebrati. EsonPadana mai così dazioni eccessive limpida. Una chanpossono sopprice, seppur momenmere le piante e tanea, per farci caalterare la compopire che con scelte sizione delle comucondivise e globali nità di invertebrati e potremmo ancora dei tappeti microbici». arginare l’avanzata Gli stessi scienziadel surriscaldati concludono indicando la mento che connecessità di ulteriori studi per tinua a lanciarci comprendere il pieno impatto segnali preoccudell’ondata di calore, sottolinepanti. ando inoltre che il clima più calUno di quedo possa essere legato anche a un sti, fra gli ultimi, restringimento del buco dell’ozoarriva per esempio no alla fine del 2019 che ha indebodall’Antartide. A lito i venti occidentali permettendo febbraio (estate antar© Rudvi/www.shutterstock.com ad aria più calda di raggiungere regioni tica) si sono superati i 18 prima più riparate. Infine, ribadiscono un gradi centigradi registrati nella stazione argentina di Esperanza, nel nord concetto: l’avanzata della crisi climatica sta della penisola antartica. Nella base di Ma- alterando la fragilità degli ecosistemi e il rambio invece, sull’isola di Seymour, i gradi tempo a disposizione per invertire la rotta, registrati erano 20,7. Temperature altissime sta purtroppo finendo. (G. T.).

Il Copernicus Climate Change Service, nato su iniziativa dell’Esa e della Commissione Ue, dice che l’inverno appena concluso è stato il più caldo di sempre in Europa

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hissà se saremo in grado di trasformare la pandemia in una chance. L’epidemia in corso è un’emergenza sanitaria globale che sta colpendo soprattutto gli esseri umani, mentre un’altra emergenza planetaria, la crisi climatica, sebbene stia mutando forse per sempre il volto dell’intero Pianeta continua a non essere affrontata come tale. I dati però ci dicono che qualcosa è già cambiato, e cambierà sempre più velocemente. Siamo i primi, a inverno concluso, ad esserci accorti per esempio di quanto sia stato caldo, di quei germogli arrivati in anticipo e in molti casi dei guanti di lana rimasti nel cassetto. Lo ha confermato anche il Copernicus Climate Change Service (C3S), progetto nato su iniziativa dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) e della Commissione Ue, che ci dice come l’inverno appena concluso è stato il più caldo di sempre in Europa. Circa 3,4 gradi in più rispetto alla media del periodo di riferimento, ovvero il trentennio 1980-2010. La temperatura media dell’inverno appena trascorso è stata di quasi 1,4 gradi più alta rispetto al precedente inverno più caldo, ovvero quello del 20152016. Il mese più caldo è stato febbraio, che ha registrato una anomalia termica di +3,9 gradi sopra la media. Soltanto nelle ultime due settimane di marzo in Europa si è registrato un vero assaggio di inverno, troppo poco per le fragili dinamiche della Pianeta. Inverni caldi che oggi, per esempio in Italia, portano un conto salato da pagare in termini di siccità, con le coltivazioni a rischio sia per la mancanza di acqua sia per quelle di “braccianti” dovuta ai blocchi legati all’isolamento. Gli scienziati di tutto il mondo ribadiscono a più riprese che inverni così caldi, come quello appena registrato nel Vecchio Continente, sono effetti del surriscaldamento globale. Le ricette per affrontare la crisi climatica continuano ad essere rimandate o

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RIPARTIAMO RICICLANDO CON L’ECONOMIA CIRCOLARE L’Italia tra i leader europei nel riutilizzo di materiali e oggetti d’uso quotidiano

Network (CEN), la rete promossa dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, da quattordici aziende e associazioni d’impresa enza speranza non si va nem- e da Enea. Sugli altri gradini del podio, ben dimeno al pozzo». Noi Italiani ne siamo da sempre consape- stanziate, abbiamo Germania e Francia, voli e abbiamo in casa le op- con undici e dodici punti in meno. Perportunità per affrontare la ripartenza dopo diamo, però, posizioni, perché Francia e la crisi dovuta al Covid-19. Come? Con Polonia crescono velocemente, rispettival’economia circolare grazie a cui materiali mente, più sette e più due punti di tasso di e oggetti possono essere riciclati e riutiliz- circolarità nell’ultimo anno. «Nell’econozati molte volte. Lì il mia circolare, l’Italia nostro Paese ha una è partita con il piede posizione forte da - commenta I dati sono del “Rapporto giusto capitalizzare ulteriorEdo Ronchi, presinazionale sull’economia mente. Siamo, infatti, dente del Circular primi, tra le cinque Economy Network circolare in Italia 2020”, e ancora oggi si coneconomie principarealizzato dal CEN ferma tra i Paesi con li dell’Europa, nella maggiore valore ecoclassifica per indice nomico generato per di circolarità, valore assegnato secondo il grado di uso proficuo unità di consumo di materia». Guardando agli occupati, siamo secondelle risorse in cinque categorie: produzione, consumo, gestione rifiuti, mercato delle di solo alla Germania, con 517.000 contro materie prime seconde, investimenti e occu- 659.000. Gli Italiani impiegati nei settori pazione. I dati provengono dal “Rapporto “circolari” sono in percentuale il 2,06% nazionale sull’economia circolare in Italia del totale, valore superiore alla media UE 2020”, realizzato dal Circular Economy 28 che è dell’1,7%. «Ma oggi - prosegue

di Gianpaolo Palazzo

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Ronchi - registriamo segnali di un rallentamento, precedente anche alla crisi del coronavirus, mentre altri Paesi si sono messi a correre: in Italia gli occupati nell’economia circolare tra il 2008 e il 2017 sono diminuiti dell’1%. È un paradosso che, proprio ora che le istituzioni europee hanno varato un pacchetto di misure per lo sviluppo dell’economia circolare, il nostro Paese non riesca a far crescere questi numeri». In Europa sono stati fatturati 2.300 miliardi di euro con diciotto milioni di occupati nel 2015 grazie alla bioeconomia. In Italia l’insieme delle attività ad essa connesse registra un fatturato di oltre 312 miliardi di euro e circa 1,9 milioni di persone impiegate (177 volte i dipendenti dell’Ilva). L’industria alimentare, delle bevande e del tabacco e la produzione primaria (agricoltura, silvicoltura e pesca) sono tra i comparti che concorrono in maggior misura al valore economico (63%) e occupazionale (73%). Far diventare quei settori sostenibili potrà salvaguardare le risorse naturali. L’intervento umano, difatti, ha trasformato in modo significativo, negli ultimi cinquant’anni, il 75% della superficie delle terre emerse, mentre è degradato il 33% dei suoli mondiali. In Europa ogni


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all’avanzamento tecnologico e ha un indice di efficienza buono (per ogni chilo di risorsa consumata si generano © Photographee.eu/www.shutterstock.com 3,5 euro di Pil, contro una media europea di 2,24). Siamo sfavoriti dalla scarsità degli anno mediamente un’area di 348 chilometri investimenti, che porta con sé una carenza quadrati, maggiore della superficie di Malta, di ecoinnovazione (ultimo posto per brevetti) e da alcune mancanze normative: non ci viene impermeabilizzata e cementificata. Tutelare il suolo, elemento base della sono ancora la Strategia nazionale e il Piano bioeconomia, diventa, quindi, uno degli di azione per l’economia circolare. «Stiamo obiettivi vincenti. Da solo accoglie oltre due- pericolosamente rallentando e se continumila miliardi di tonnellate di carbonio orga- iamo così - sottolinea Roberto Morabito, nico: è il secondo pozzo di assorbimento dei Direttore del Dipartimento sostenibilità gas serra dopo gli oceani. L’uomo, però, si dei sistemi produttivi e territoriali di Enea dimentica di coltivare il proprio tesoro: se- corriamo il rischio di essere presto superati condo l’Ipcc, il Gruppo intergovernativo dagli altri Paesi, che, nel frattempo, stanno accelerando. sul cambiamento cliServe un intermatico, in media nel vento sistemico con la decennio 2007 - 2016 In Europa sono stati fatturati realizzazione di infrala attività legate ad 2.300 miliardi di euro con strutture e impianti, agricoltura, silvicoltumaggiori invera e altri usi del suolo 18 milioni di occupati nel con stimenti nell’innovasono state responsabili ogni anno dell’emis- 2015 grazie alla bioeconomia zione e, soprattutto, con strumenti di sione di circa dodici governance efficaci, miliardi di tonnellate di CO2, approssimativamente un quarto dei quali l’Agenzia Nazionale per l’Economia gas serra globali. Se aggiungessimo quanto Circolare». Siamo chiamati, dunque, a congenerato dal settore dell’industria e del tra- fermare i risultati positivi e a scommettere sporto alimentare, le emissioni calcolate per sul futuro, ma con buone probabilità di vitil settore cibo salirebbero al 37% del totale. toria visti i risultati raggiunti, utili per trarre L’Italia, pur tra luci e ombre, utilizza al il meglio dalle opportunità che abbiamo di meglio possibile le scarse risorse riservate cambiare le cose.

I dati italiani

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all’analisi delle performance sulla gestione dei rifiuti veniamo a sapere che l’Italia e la Polonia sono stabili al primo e secondo posto. Guadagniamo un punto rispetto all’indice del 2019. La produzione italiana pro capite di rifiuti urbani nel 2018 è stata di 499 kg/abitante, in sostanza stabile rispetto al 2016, contro una produzione media europea di 488 kg/ab. Il riciclo dei rifiuti urbani è in crescita. Nel 2018, secondo i dati Eurostat, è stato pari al 50%, in linea con la media europea: siamo al secondo posto, dopo la Germania. La percentuale di riciclo di tutti i rifiuti è, al contrario, al 68%, nettamente superiore alla media europea (57%) e meritiamo di essere primi tra le principali economie del Vecchio Continente. Lo smaltimento in discarica è sceso al 22% (con una riduzione rilevante dal 48% del 2009). Siamo in linea con la media dell’Europa, ma con valori ancora alti rispetto alla Germania e alla Francia. Fra i punti di debolezza spiccano i ritardi di alcuni territori nella gestione dei rifiuti urbani e una distribuzione geografica disarmonica degli impianti di trattamento.

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I LICHENI, VERE SPIE PER LE POLVERI SOTTILI

Dal mondo botanico un valido strumento di misurazione della stato di salute delle nostre aree urbane

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uanto sono inquinate le nostre città? Ce lo facciamo raccontare dai licheni, delle vere e proprie “centraline” per registrare lo stato di salute delle aree urbane. Indicano, infatti, il bioaccumulo di metalli pesanti, si va dal ferro al cromo, dal rame all’antimonio, al quale siamo esposti quotidianamente, perché legati soprattutto alle azioni di frenatura di automobili e mezzi di trasporto. Lo studio sulla caratterizzazione del particolato fine atmosferico, pubblicato sulla rivista “Applied Sciences”, è stato portato avanti a Milano da parte dei ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), in collaborazione con i colleghi provenienti dall’Università di Siena e dall’Università Federico II di Napoli. Prima di parlare dei controllori, però, vediamo chi siano i controllati. Le polveri sottili sono costituite da sostanze microscopiche sospese in aria, presenti nell’atmosfera per cause naturali e antropiche. Solitamente, quando parliamo

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di polveri sottili ci riferiamo al cosid- opportune che aiutino a contrastarne la detto PM10, con particelle il cui diame- diffusione e l’accumulo: «Nello studio tro è uguale o inferiore a 10 µm, ovvero da noi pubblicato - spiega Aldo Winkler, 10 millesimi di millimetro. Negli ultimi Primo Tecnologo dell’INGV e coautore anni stanno ricevendo una particolare dell’articolo - sono state esaminate e comattenzione pure le polveri di dimensione parate le proprietà magnetiche, chimiche ancora minore, il PM 2,5 e PM indica il e morfologiche delle polveri sottili accuparticolato sottile (particulate matter). mulate dai licheni trapiantati ed esposti Più le particelle sono piccole, più si accu- per tre mesi in venticinque siti nella città mulano nel nostro organismo provocan- di Milano che, con i suoi 1,4 milioni di abitanti, è una delle do danni alla salute più densamente pocome le patologie polate d’Italia». acute e croniche a Le polveri sottili sono Il capoluogo carico dell’apparato sostanze microscopiche lombardo, trovanrespiratorio (asma, bronchiti, allergia, presenti nell’atmosfera per dosi nella Pianura soffre con tumori) e cardio-circause naturali e antropiche Padana, essa per l’inversione colatorio. termica, per la staÈ capibile, di gnazione di masse conseguenza, l’interesse della comunità scientifica e delle d’aria e clima continentale, con inverni persone per rendere sempre più precisi lunghi e rigidi e temperature elevate in i metodi d’indagine che possano aiutare estate. Tali caratteristiche la rendono una a monitorare il PM e a ridurne gli effetti. delle zone che più si deve scontrare con Si cerca d’indicare, inoltre, le strategie l’inquinamento da particolato fine atmo-


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sferico (il PM2.5 e PM10, a seconda del suo diametro aerodinamico) in Europa. «In questo contesto - prosegue il ricercatore - la suscettività magnetica dei licheni costituisce un parametro semplice e veloce da misurare, utile alla caratterizzazione dell’inquinamento atmosferico di origine antropica in tempi rapidi e con costi contenuti. La nostra ricerca ha, dunque, evidenziato, e statisticamente validato, come le proprietà magnetiche dei trapianti lichenici costituiscano un valido indicatore del bioaccumulo dei metalli pesanti presenti nel particolato atmosferico. Inoltre, la combinazione di analisi chimiche, magnetiche e morfoscopiche ci ha permesso di individuare nell’abrasione dei freni la principale sorgente delle polveri sottili magnetiche (ad alto contenuto in metalli pesanti) intercettate dai licheni esposti nella città di Milano». I licheni, come bioindicatori, stanno interessando anche la botanica forense per identificare gli inquinanti e i loro ef-

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fetti biologici. Winkler e il suo gruppo di lavoro sono convinti che da un punto di vista normativo sia importante procedere nella consapevolezza che il monitoraggio dell’inquinamento atmosferico debba sempre più acquisire dei connotati multidisciplinari, «ad esempio per favorire la cosiddetta “speciazione” delle polveri, volta al riconoscimento e alla distinzione

delle sorgenti emissive attraverso l’interpretazione analitica delle differenti caratteristiche compositive e granulometriche. Infine, soprattutto per quel che riguarda le foglie, sono in corso da diversi anni progettazioni degli arredi urbani che contemplino la diffusa presenza di alberi e siepi in qualità di accumulatori del particolato, intercettato al nostro posto». (G. P.).

La ricerca spiega come le proprietà magnetiche dei trapianti lichenici siano un indicatore del bioaccumulo dei metalli pesanti del particolato atmosferico Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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La scuola si fa green con “Salva il kilowattora” Dall’Enea la campagna dedicata alla sensibilizzazione sugli sprechi energetici

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gni kilowattora risparmiato è un kilowattora guail kilowattora” è una delle proposte previste nell’ambito del prodagnato», perché servono davvero piccoli camgetto “Italia in Classe A” promosso dal Ministero dello Sviluppo biamenti nei gesti di tutti i giorni, per usare meEconomico e realizzato dall’Enea. È partita a inizio febbraio con la glio l’energia e ridurre gli sprechi. Green Cross “Settimana del risparmio energetico” durante la quale oltre seimila Italia, organizzazione non governativa per la sicurezza ambientale studenti di sessantuno istituti scolastici di tutta Italia hanno lavorato globale, ed Enea hanno lavorato insieme per formare i cittadini di per stimolare altri loro coetanei, insegnanti e famiglie a comportarsi domani, proponendo anche un sondaggio ad un gruppo di oltre virtuosamente per diminuire i consumi energetici. quattrocento studenti dai nove ai tredici anni. Il questionario aveva Ora a causa del Covid-19, che ha portato alla sospensione delle venticinque domande presentate durante la campagna d’informazioattività didattiche in presenza, dallo scorso sette aprile una serie di ne e sensibilizzazione sull’efficienza “Salva il kilowattora”. I ragazzi videolezioni vengono offerte ogni martedì e giovedì in diretta “Facedi quattro primarie e quattro secondarie di primo grado, (due del book” sulla pagina ufficiale dell’Enea. Per i più piccoli è disponibile Nord, tre del Centro, due del Sud e una delle Isole), hanno compila piattaforma Kdzenergy (https://www.kdzenergy.eu/) messa a punlato le schede, con l’aiuto degli insegnanti, dopo aver partecipato ad to dal Dipartimento Unità Efficienza Energetica al fine di diffondere alcune lezioni sull’energia e il risparmio. conoscenze, consapevolezze e azioni utili per Risultati? L’80% degli intervistati sa che le affrontare le sfide future. Qualche esempio? I ragazzi di 4 primarie fonti fossili e il loro sfruttamento sono inquinanSpegnere sempre le luci quando si esce da ti, il 46% conosce che cosa voglia dire efficienza e 4 secondarie di primo grado una stanza e illuminarla solo se è necessario. energetica e il 60% dice di sapere che le scelte Di giorno occorre sfruttare al massimo la luce hanno partecipato ad alcune naturale che entra dalle finestre. Se una lamdi ognuno sono decisive per preservare la Terra. Quasi l’84% dei ragazzi è informato che un eletlezioni su energia e risparmio padina si rompesse, meglio riciclarla correttrodomestico lasciato in stand by consuma elettamente e sostituirla con una a led, molto più tricità, l’82,6% che è il led la lampadina amica efficiente. Non lasciare la porta del frigorifero del risparmio energetico e il 90% ha dimestichezza con la definizione aperta aspettando di decidere che cosa prendere da mangiare o bere. di etichetta energetica. Allora “Tutto va bene Madama la Marchesa”, Bastano otto secondi per disperdere tutta l’aria fredda dell’interno. canterebbe Nunzio Filogamo e invece no. Il 53% dei partecipanti amVolete migliorare il tono muscolare? Meglio salire e scendere le mette di restare sotto la doccia almeno dieci minuti, ne basterebbero scale a piedi piuttosto che prendere l’ascensore. Fa bene al sistema circa cinque, e oltre il 68% preferisce farsi accompagnare in automocardiocircolatorio, alle funzioni respiratorie e si bruciano calorie agbile a scuola, al cinema o a casa di un amico, anche se potrebbe benisgiuntive. Una volta a casa, accendiamo solo l’apparecchio che serve simo andarci a piedi o con i mezzi pubblici. e spegniamolo staccandolo dalla presa elettrica. Suggeriamo, infine, Gli studenti, però, hanno dimostrato di voler avere più delucil’acquisto di prodotti in classe energetica A o superiore con certidazioni su temi come l’energia, l’inquinamento e la tutela ambientale ficazioni “energystar” ed “ecolabel” e per gli spostamenti usiamo per poter diventare dei protagonisti nelle scelte individuali, soprati mezzi pubblici, la bicicletta o camminiamo. Del resto, c’insegna tutto aiutando e informando il contesto sociale e familiare. “Salva Bruce Chatwin, la vita è un viaggio da fare a piedi. (G. P.).

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Ricercatori: «Salvare biodiversità delle specie» Un piano di azione per aiutare il mondo animale e vegetale

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alvaguardare la biodiversità di tutte le specie del mondo. senza per questo lederne i principi di conservazione e sviluppo; Questo l’obiettivo che ha messo d’accordo i 20 ricercatori, la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, cui avrebbe tra cui Cristiano Vernesi della Fondazione Edmund Mach, fatto seguito la Convenzione sulla Desertificazione, finalizzata a che hanno sottoscritto un appello pubblicato sulla rivista contenere la produzione di gas per contrastare l’effetto serra; e “Science”. L’intervento dei ricercatori mira a promuovere un piala Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo, che stabiliva 27 no d’azione che abbia come fine ultimo quello di proteggere la principi, diritti e responsabilità delle nazioni nei riguardi dello svidiversità genetica di tutte le specie animali e vegetali esistenti sulla luppo sostenibile. Terra. Obiettivo certamente ambizioso, ma a dirla tutta basato su Ma tra i pilastri fondamentali di quella strategia globale vi un assunto di semplicità disarmante: soltanto in presenza di una fu soprattutto la Convenzione sulla Diversità Biologica, trattato diversità genetica sufficiente, sostengono i firmatari dell’appello, internazionale giuridicamente vincolante che individuava come le popolazioni naturali di qualsiasi specie possono pensare di afindirizzo generale quello di incoraggiare azioni finalizzate ad un frontare la sfida del cambiamento globale, e cioè del cambiamento futuro sostenibile. Esso si articolava su tre principali obiettivi: la del clima e dell’uso del suolo. conservazione della biodiversità, l’uso sostenibile della biodiverL’idea di firmare un appello di tale stamsità ed una giusta ed equa ripartizione dei po ha avuto origine nel corso di una recente benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse Tra i firmatari dell’appello Training School della Cost Action G-Bike genetiche. Fu proprio la sottoscrizione di presieduta proprio da Cristiano Vernesi delquella Convenzione, da parte di 193 Paesi, pubblicato su “Science” la Fem. Un’iniziativa che ha suscitato grande a portare alla definizione di biodiversità per anche Cristiano Vernesi, della come la conosciamo oggi. attenzione nell’ambito della comunità scientifica ma anche all’esterno, meritando degli In questo quadro la Conferenza delle ParFondazione Edmund Mach approfondimenti anche da parte dei media ti, organo di governo della Convenzione sulla internazionali tra cui la Bbc. Diversità Biologica, ha concordato e pubblicaCorreva l’anno 1992 quando a Rio de Janeiro, in Brasile, to una prima bozza sulla strategia post-2020 per diminuire l’attuale nell’ambito della Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente tasso di perdita della biodiversità. Nella bozza, però, la diversità gee Sviluppo Vertice della Terra, i leader mondiali dichiararono la netica sarebbe menzionata solo marginalmente ed in particolare rifenecessità di individuare un percorso universale per costruire uno rita esclusivamente alle specie domestiche e di interesse agricolo. Da sviluppo sostenibile. In quel summit, cui presero parte i rapprequi l’intervento di un gruppo di circa 20 ricercatori di tutto il mondo sentanti dei governi di 178 Paesi, più di cento capi di Stato e oltre che, in una lettera pubblicata su “Science”, hanno affermato che la mille ong, vennero sottoscritte due convenzioni e tre dichiarazioni diversità genetica, in ogni programma di gestione e conservazione di principi, tra cui: l’Agenda 21, che poneva lo sviluppo sostenidella biodiversità, dovrebbe essere una questione centrale per tutte bile come prospettiva da perseguire per tutti i popoli del mondo; le specie, che siano esse selvatiche o meno. Nuovi obiettivi saranno la Dichiarazione dei principi per la gestione sostenibile delle foconcordati alla prossima Convenzione sulla diversità biologica, in reste, che stabiliva il diritto degli Stati di usufruire delle foreste programma il prossimo ottobre. (D. E.). Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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Gambusia affinis.

Rapporto sulle specie aliene in Italia Tra i mammiferi, una su otto. Tra i pesci, una su due

L’

antropizzazione del Pianeta ha spesso portato all’introduintrodotti dall’uomo. E i numeri sarebbero decisamente superiori se zione nell’ambiente di specie aliene animali. Uno dei primi venissero prese in considerazione anche le specie aliene la cui presenza insegnamenti che vengono impartiti agli studenti di Bioloè sporadica e che non hanno ancora dato vita a popolazioni stabili in gia è che l’equilibrio degli ecosistemi può essere messo in natura (23 specie nel caso dei pesci). Ma con le misure anti Covid 19, crisi dall’introduzione di specie invasive. In Italia questo fenomeno è si sono arrestate le attività di controllo e limitazione della diffusione di da tempo nell’agenda della scienza. queste specie. Legambiente comunica che le nuove check-list nella Penisola dei La presenza in natura di mammiferi alieni è spesso dovuta alla mammiferi e dei pesci d’acqua dolce, recentemente pubblicate sulle fuga o al rilascio di individui tenuti in casa come animali da compariviste scientifiche Hystrix e Italian Journal of Freshwater Ichthyology, gnia. Tra loro troviamo ad esempio lo scoiattolo grigio americano confermano l’invasione delle specie aliene nel nostro Paese: tra le 123 Sciurus carolinensis, il tamia siberiano Eutamias sibiricus e il prociospecie di mammiferi presenti, una su 8 è aliena; tra i pesci d’acqua ne Procyon lotor, tutti ritenuti particolarmente pericolosi per la biodolce (127 specie) addirittura lo è una su due. diversità nativa e pertanto inseriti nella lista delle specie di rilevanza Non è certo una sorpresa, ma questi numeri evidenziano e conunionale (ai sensi del Regolamento UE 1143/14). Altri mammiferi fermano l’entità del danno al nostro patrimonio sono stati introdotti per motivi venatori, come di biodiversità e i rischi per la nostra salute e la il silvilago Sylvilagus floridanus o il cervo sika Legambiente comunica nostra economia. Proprio nell’anno in cui la ciCervus nippon, o perché un tempo sfruttati mice asiatica, secondo le stime di Coldiretti, ha commercialmente per la loro pelliccia, come le nuove check-list provocato oltre 300 milioni di euro di danni alla il visone americano Neovison vison e la nutria nella Penisola. Preoccupa frutticoltura in tutto il Nord Italia. Myocastor copypus. Molte specie arrivano con Alla prima lista ha lavorato un team di 21 la minaccia alla biodiversità le merci importate, o utilizzando semplicemente zoologi coordinati dall’Associazione Teriologica i nostri mezzi di trasporto. Italiana (ATIt), che ha catalogato 123 specie di Per quanto riguarda i pesci, gran parte delmammiferi, 114 terrestri e 9 marini, la più grande biodiversità in fatto le introduzioni è riconducibile all’attività di pesca sportiva, come nel di mammiferi del Mediterraneo e una delle più grandi di tutta Eurocaso forse più noto, quello del siluro europeo Silurus glanis, e addiritpa. La seconda è il frutto del lavoro di 16 ittiologi dell’Associazione tura introduzioni a scopo di lotta biologica (alle zanzare!), come nel Italiana Ittiologi Acque Dolci (AIIAD) che hanno descritto 127 specie caso delle gambusie Gambusia holbrooki e Gambusia affinis. di pesci d’acqua dolce, 123 pesci ossei e 4 ciclostomi (le lamprede). La situazione evidenziata dalle nuove check-list dei mammiferi e Entrambe le check-list ci mostrano un Paese caratterizzato da una dei pesci d’acqua dolce italiani, secondo la posizione di Lagambiente, biodiversità enorme, testimoniata dalla notevole ricchezza di specie ci dovrebbe rendere consapevoli dell’enorme ricchezza che caratteendemiche, che vivono cioè solo nei nostri confini. rizza la fauna del nostro Paese e spingerci ad agire per “alleggerire la A preoccupare sono però le minacce a questa biodiversità, prinostra impronta”, riducendo le minacce, prima fra tutti quella delle ma fra tutte quella delle specie aliene. Nel nostro paese sono almeno specie aliene invasive, che noi stessi stiamo portando ad una biodiver15 i mammiferi (12% delle specie) e 63 i pesci (50% delle specie) sità unica e irripetibile. (F. F.)

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Dal 25 maggio 2018 è in vigore il nuovo regolamento sulla protezione dei dati personali. Prendine visione sul sito internet dell’Ordine Nazionale dei Biologi

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“CARTA” ECO-COMPATIBILE A BASE DI POLLINE di Chiara Di Martino

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olline di girasole per creare una sorta di carta flessibile e facilmente adattabile a eventuali stimoli esterni: è un materiale suscettibile di una vasta gamma di applicazioni – dalla medicina alla robotica – quello creato da un team di scienziati della Nanyang Technological University di Singapore. La portata dello studio, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, sembra aprire nuovi possibili scenari, quando combinato con la stampa digitale, per la fabbricazione di robot, sensori, muscoli artificiali e generatori elettrici. Punto di partenza della ricerca, granuli di polline ammorbiditi; per la precisione, chicchi di polline (ultra resistenti) dei girasoli. Il gruppo, guidato da Subra Suresh (che è anche la presidente dell’Università), Cho Nam-Joon, professore di Ricerca scientifica e ingegneria dei materiali della Singapore Research Society, e Song Juha, docente della Scuola di ingegneria chimica e biomedica – con la collaborazione dei ricercatori Ze Zhao, Youngkyu Hwang e Tengfei Fan, nonché dell’associato Yun Yang, tutti afferenti alla NTU –, ha individuato le proprietà di questa specie di carta che si piega e si arriccia in risposta a mutevoli livelli di umidità ambientale. Un vero e proprio fiore che sboccia in presenza di vapore acqueo: il materiale, inoltre, presenta qualità fisiche regolabili, con una striscia di carta a base di polline che è in grado di “camminare”. Ma come ci si è arrivati? «Sono stati compiuti molti progressi nello sviluppo di sensori e attuatori bioispirati basati su materiali sintetici ingegnerizzati, che però presentano alcune limitazioni come, per esempio, problemi di sostenibilità ambientale e costi relativamente elevati – ha precisato Subra Suresh -. Permane al contempo il bisogno fondamentale di consi-

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Questo materiale si piega e si arriccia in risposta a mutevoli livelli di umidità ambientale derare materiali economici ed ecologici: proprio come le pigne aprono e chiudono le loro squame a seconda della quantità di umidità presente nell’aria, il nostro team di ricerca ha dimostrato che la “carta di polline” risponde come attuatore ai cambiamenti di umidità ambientale». I granelli di polline di girasole (particolarmente resistenti), ha sottolineato Cho Nam-Joon, possono così essere convertiti in particelle di microgel che alterano le loro proprietà in risposta agli stimoli esterni. «Questo processo rende i pollini, e anche i prodotti che ne facciamo derivare, anallergici», ha detto. Il processo che ha trasformato i chicchi in un materiale flessibile non è molto diverso da quello che sottende la produzione di sapone, che include la rimozione del “collante” pollinico a base di olio appiccicoso che ricopre la superficie del grano, prima di incubare per ore il polline in condizioni alcaline. Il materiale gelatinoso viene quindi fuso in uno stampo e lasciato asciugare, formando un prodotto simile alla carta. Usando la microscopia elettronica a scansione, gli scienziati hanno osservato che la questa carta comprende strati alternati di particelle di polline, con lo strato superiore significativamente più ruvido dello strato inferiore. Perché? È presto detto: la superficie superiore della carta pollinica, che ad occhio nudo appare smerigliata, mostra i resti delle spighe distinte

dei granelli di polline di girasole, contribuendo alla sua rugosità. Più liscia è invece la superficie inferiore, che assume invece una finitura a specchio. Questa differenza strutturale negli strati di particelle di polline fa sì che in presenza di vapore acqueo la carta inizi a piegarsi e, in condizioni asciutte, non si pieghi.


INNOVAZIONE

Da Singapore una nuova generazione di materiali per la biologia, la medicina e la robotica

«Durante l’assorbimento di acqua o vapore acqueo – ha spiegato Song Juha - le particelle di polline nella carta si gonfiano e si espandono. A causa della differenza strutturale negli strati di particelle di polline, la carta si gonfia in modo diverso in parti diverse. Questo induce stress interni att r a v e rso lo

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Con il ciclo umido-secco, la carta si distende e si contrae imitando l’azione meccanica di un bruco spessore della carta, che la costringe a piegarsi». Il team, poi, ha fatto un ulteriore passo: per dimostrare che è anche possibile personalizzare la reattività della carta pollinica al vapore acqueo, ha regolato i parametri di elaborazione, principalmente, cioè, il tempo di incubazione alcalino dei granuli di polline. Hanno unito due campioni di carta pollinica, ciascuno dei quali preparato in tempi di incubazione diversi (3 ore e 12 ore), per formare una striscia di carta pollinica bi-materiale con un bordo visibile. Quando questo materiale è stato esposto a un ciclo umido-secco, le diverse reazioni all’umidità hanno fatto sì che la carta “camminasse” come un bruco che si muove espandendo e contraendo alternativamente il suo corpo molle. Gli scienziati hanno anche dimostrato la potenziale applicazione della carta pollinica come robot attraverso un fiore che “sboccia” attraverso l’assorbimento graduale del vapore acqueo. «La carta di polline che abbiamo sviluppato – conclude Suresh – mostra un forte azionamento meccanico al variare dell’umidità. Questo materiale naturale mostra le potenzialità per lo sviluppo di un ampio spettro di sistemi di attuazione con proprietà personalizzate per le diverse esigenze funzionali».

Nanyang University

È

un’università pubblica, conta 33mila studenti tra percorsi universitari e post-laurea nelle facoltà di ingegneria, economia, scienze, scienze umane, arte e scienze sociali. Ha anche una scuola di medicina, la Lee Kong Chian School of Medicine, fondata in collaborazione con l’Imperial College di Londra. La NTU ospita anche istituti autonomi di fama mondiale - il National Institute of Education, la Scuola di studi internazionali “S Rajaratnam”, l’Osservatorio sulla Terra e il Centro di ingegneria per le scienze della vita ambientale - e vari centri di ricerca. Negli ultimi sei anni, si è classificata tra le migliori università del mondo (è undicesima nei QS World University Rankings). Sotto l’egida dell’NTU Smart Campus, l’Università sfrutta il potere della tecnologia digitale e delle soluzioni tecnologiche per supportare esperienze di apprendimento e di vita, la scoperta di nuove conoscenze e la sostenibilità delle risorse.

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Un test del sangue scopre 50 diversi tumori Avviata la fase sperimentale, i primi risultati sono molto promettenti

È

davvero straordinario il risultato dello studio pubblicaening. La diagnosi precoce di oltre il 50% dei tumori potrebbe to su Annals of Oncology da Michael Seiden dell’aziensalvare milioni di vite ogni anno nel mondo». Alberto Bardelli, da statunitense US Oncology e condotto da importanti Ordinario del Dipartimento di Oncologia all’Università di Torino centri negli Stati Uniti e nel Regno Unito quali il Dana e presidente della European Association for Cancer Research, tra Farber Cancer Institute di Boston e il Francis Crick Institute di i maggiori esperti di biopsia liquida nel tumore del colon, ha così Londra. Un test del sangue in grado di scovare oltre 50 tumori commentato i risultati di questa ricerca: «La forza di tale studio in fase precoce, ancor prima che compaiano i sintomi, e ben 12 risiede nel numero dei pazienti coinvolti e nell’utilizzo di un metodei più aggressivi e di difficile diagnosi precoce come il cancro do che lega le spie molecolari nel sangue con il tessuto di origine del pancreas. del tumore. Solo alcuni anni fa, la biopsia liquida era un campo di Il test si basa sullo studio del Dna tumorale circolante nel ricerca puramente accademico, finalizzato alla comprensione dei sangue attraverso un software che sfrutta l’intelligenza artificiale. meccanismi con i quali il cancro diventa resistente alle terapie. Il programma è stato sviluppato sulla base di campioni di sangue Oggi viene utilizzata nella pratica clinica al fine di monitoradi 1500 persone con tumore non trattati e altrettanti individui re l’evoluzione dei tumori già diagnosticati, la risposta ai farmaci sani. Successivamente, il software è stato tee il monitoraggio delle terapie. In particolastato analizzando 650 campioni di sangue di re, nei tumori del polmone e, in alcuni dei L’esame scova ben 12 delle nostri trial clinici nei pazienti con metastasi pazienti con tumore e 610 campioni di soggetti sani di controllo. Nei 12 tipi di cancro al colon, è usata anche per decidere quale neoplasie più aggressive e con il più elevato tasso di mortalità (pancreterapia scegliere». Questo metodo è molto di difficile diagnosi precoce, promettente perché non solo permette di asas, vescica, intestino, stomaco, ano, esofaringe, testa- collo, fegato e dotto biliare, ovaio, come il cancro del pancreas sociare la presenza di un tumore a un segnale linfoma e altri tumori dei globuli bianchi nel sangue, ma anche perché è in grado di come il mieloma multiplo), la percentuale di indicare in quale organo con maggiore procasi individuati è stata in media del 67,3% per gli stadi precoci babilità si trova la malattia. Anche questa, così come gli altri tipi (39% nello stadio I; 69% nello stadio II; 83% nello stadio III). di biopsie liquide, si basa sulla presenza di Dna tumorale libero Molto basso, invece, il tasso di falsi positivi, appena dello 0,7%, circolante, vale a dire molecole di Dna rilasciate dai tumori. Nella espressione di una diagnosi errata in assenza di cancro per meno maggior parte dei casi, però, si cercano delle mutazioni che non di una persona ogni cento. Molto alto, infine, il livello di accurasono cancro- specifiche. Il nuovo test, invece, conduce all’analisi tezza nell’identificazione del tessuto di origine del tumore: il test di un cambiamento chimico, detto metilazione, che non intervielo ha indicato nel 96% dei campioni di sangue e, nel 93% dei ne nella modifica della sequenza delle “lettere” del Dna, ma nella casi, era corretto. sua struttura. Il test utilizza un algoritmo di machine learning «Questo è uno studio decisivo, ha dichiarato il direttore delche, sulla base di uno dei più ampi database al mondo dei profili la rivista Fabrice Andrè dell’Institut Gustave Roussy in Francia, e di metilazione esistenti e grazie all’enorme capacità di calcolo, ha rappresenta un primo passo verso lo sviluppo di facili test di screimparato molto bene a riconoscere le anomalie. (P. S.).

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Ospedali chiavi in mano per la Nato Strutture hi-tech e sostenibili con tecnologia made in Italy di Felicia Frisi

rilevanti investimenti in programmi di ricerca e sviluppo di nuovi materiali, nuove tecnologie e soluzioni progettuali innovative ed eco-compatibili». a pandemia da coronavirus ha spinto governi e organizzaIl prototipo di ospedale hi-tech, è stato realizzato nell’ambito zioni internazionali a varare nuove forme di assistenza sadel progetto SOS (Studio di materiali avanzati e sviluppo di pannitaria. Nelle ultime settimane sono stati realizzate strutnellature leggere, multifunzionali, intelligenti, riconfigurabili e soture di cura in pochissimi giorni. Inizialmente in Cina, poi stenibili per applicazioni in Smart Operating Shelter), cofinanziato nel resto del mondo. Anche i n Italia è accaduto. dalla Regione Puglia attraverso il Bando Innonetwork che ha visto Anche sul versante della dotazione militare, a sostegno della come capofila la stessa R.I. oltre a: PROTOM GROUP S.p.A., società civile, si stanno facendo diversi progetti in questa direzioKINEMA S.r.l., MESPO di Sportelli Giuseppe, Memetaj Bledar ne. Uno è della Nato che ha indetto una gara per la realizzazione di S.n.c., ENA Consulting S.r.l. coadiuvate per la attività di ricerca e sviluppo da CETMA, Politecnico di Bari ed ENEA (con il coordiquattro ospedali da campo hi-tech. La fornitura è destinata all’Esercito italiano e, tenuto conto dell’emergenza COVID-19, verrà namento di Savino Arbore, responsabile scientifico). consegnata con tre mesi di anticipo rispetto «L’obiettivo del progetto è di sviluppare alle previsioni e comunque entro il 2020. Gli materiali avanzati ed ecosostenibili per pannelLa fornitura è destinata ospedali saranno dotati di impianti e sistemi li strutturali multifunzionali, intelligenti, destitecnologici all’avanguardia e organizzati in nati a strutture ospedaliere chirurgiche, pronte all’Esercito italiano “shelter” o pannelli interconnessi e tende, per all’uso in poche ore, senza necessità di pere la gara è stata vinta articolate in Triage, Pronto Soccorso, Labosonale specializzato per il montaggio e in grado ratorio Radiografico ed Ecografico, Sala predi fornire consulti via satellite anche attraverso da un’azienda pugliese paratoria Chirurgica, Sala Operatoria, Sala immagini TC intra-operatorie. Si tratta di soluOperatoria ausiliaria, Degenza, Farmacia e zioni in grado di rispondere a diverse esigenze Area di Gestione. come ad esempio garantire la continuità di funzionamento in caso La gara è stata vinta dall’azienda italiana, operative in Puglia. di emergenze come ad esempio quella che stiamo attraversando» Si tratta della R.I. (Ricerca e Innovazione) che ha messo a punto il ha spiegato la ricercatrice Vincenza Luprano del Centro ENEA di progetto con la collaborazione dell’Enea. Brindisi che dispone di competenze consolidate nello sviluppo di «Siamo molto orgogliosi per questa aggiudicazione – ha detto materiali innovativi per la sostenibilità del settore edilizio. Giovanni Violante, direttore generale di R.I. – che ci ha visto comI pannelli ecosostenibili sono stati realizzati con materiali vepetere con i principali player europei. Operiamo da oltre trent’angetali locali, come la canapa, o di provenienza animale (lana di pecora) e trattati con sostanze naturali per accrescere la resistenza a ni nel settore della progettazione e realizzazione di sistemi di comuffe e funghi; sono inoltre stati effettuati test per valutare processtruzioni modulari, shelter tecnologici, equipaggiamento logistico; il nostro core business è la costruzione di interi compound ad uso si di invecchiamento accelerato e di validazione termica oltre che il civile e militare con la formula “chiavi in mano” supportato da monitoraggio indoor per verificare salubrità e comfort.

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INNOVAZIONE

Il nuovo polo delle scienze della vita Nell’ex area dell’Expo, dieci piani dedicati alla biologia e all’innovazione

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o studio milanese di architettura Piuarch, si è aggiudicato re qualsiasi edificio. Al suo interno troveranno posto laboratori di il concorso per la costruzione del nuovo edificio di Hubiochimica e biologia molecolare, strumentazioni scientifiche d’aman Technopole, l’istituto italiano di ricerca per le scienvanguardia tra cui microscopi ottici, spazio per un ampliamento ze della vita. Un progetto che si svilupperà su dieci piani della facility di microscopia crio-elettronica e fino a 800 postaziodi altezza, più un piano interrato, oltre 16.500 metri quadri destini di lavoro per ricercatori. In aggiunta saranno disponibili ampi nati esclusivamente a laboratori per la ricerca scientifica e 3mila spazi comuni, sale riunioni e aule per eventi e corsi di formazione. metri quadri di terrazze e coperture verdi inclinate per un totale di I piani che andranno dal primo al nono saranno completamen35mila metri quadri a disposizione di scienziati e tecnologie. te dedicati ai laboratori e agli uffici amministrativi mentre all’ultiUn maxi progetto che unisce funzioni pubbliche e di ricermo piano troveranno spazio zone dedite al ristoro, aule ed uffici ca attraverso una sequenza spaziale continua fortemente iconica e che avranno diretto accesso alla copertura verde accessibile. Il prefunzionale, basata sui principi di trasparenza, interazione e benessidente Fondazione Human Technopole, Marco Simoni, ha però sere dell’uomo. Un parterre attrezzato, una piazza coperta ed un lanciato un appello: «È importante che il Governo rifletta sulla giardino pensile, il progetto di Piuarc girerà possibilità di aiutare Arexpo e le altre stazioni attorno a questi tre spazi, che formeranno appaltanti a fare presto, è prioritario tagliare una sequenza ininterrotta a partire dalla base burocrazie per costruire questo Palazzo Human Technopole offrirà leil prima dell’edificio fino alla sua sommità. Al piano possibile» ha detto sottolineando terra l’edificio sarà in completa relazione con un toale di 35mila metri quadri quanto sia importante la scienza per arrivare tutti gli altri edifici del Campus Human Tecpreparati a momenti come l’attuale emergenal mondo della scienza nopole già presenti: che comprende tra l’altro za che stiamo vivendo. e della tecnologia Palazzo Italia, edificio iconico di Expo Mila«Non so quale sia la soluzione più efficano 2015, il Padiglione Nord e il Padiglione ce, di certo Arexpo deve essere messa nelle Sud, ed avrà una superficie di oltre 11mila condizioni giuridiche di poter partire il prima metri quadrati. L’edificio come già accennato sorgerà appunto nel possibile. Non possiamo permetterci di usare le regole dei tempi cuore del distretto milanese dell’innovazione creato sulle ceneri di normali in un momento come questo» ha aggiunto. Anche il preExpo 2015. sidente di Arexpo, Giovanni Azzone, ha sottolineato che «ricerca Per la costruzione dell’opera sono stati stanziati 94,5 milioni e innovazione sono le fondamenta del nostro futuro e mai come di euro ed i progettisti si sono posti come limite massimo per la in questo periodo ne siamo consapevoli. Il grande Palazzo dei risua realizzazione 1.100 giorni consecutivi, pari a circa tre anni. Si cercatori di Human Technopole rappresenterà una eccellenza per tratterà di un edificio sostenibile e flessibile, requisito fortemente la ricerca italiana proprio nel cuore di Mind, l’ecosistema dell’inlegato alla funzione che svolgerà l’edificio stesso: per la velocità a novazione che si sta realizzando nell’area di Arexpo. Laboratori e cui si evolve la ricerca sulle scienze della vita, l’architettura deve tecnologie all’avanguardia si fondono con bellezza e funzionalità rispondere con grande intelligenza ed essere appunto flessibile; la per un luogo destinato a diventare un punto di riferimento anche a sostenibilità invece è ormai un requisito che dovrebbe riguardalivello internazionale». (M. M.).

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Homo Antecessor, un nostro antenato Le radici dell’uomo moderno sono più antiche del previsto

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embrerebbe che l’albero genealogico del genere umano afto che «Abbiamo contato le differenze e le distanze genetiche tra fondi le sue radici molto più lontano nel tempo di quanto le varie specie, scoprendo che le sequenze di proteine dell’Homo non si potesse pensare. Alla base del ramo evolutivo che Antecessor si differenziano molto poco dalle nostre, da quelle di porta alla nostra specie, c’è infatti l’Homo Antecessor, visNeanderthal Denisoviani. Tuttavia, non si può dire ancora se sia lui suto circa 850- 800 mila anni fa. Tuttavia, non è ancora chiaro se un nostro diretto antenato, ma i nostri risultati indicano che è alla possa trattarsi di un nostro antenato diretto oppure si trovi su un base del nostro ramo». La differenza tra le proteine di H. Antecesramo “laterale” anche se vicino al nostro. Lo indica l’analisi delle sor da quelle di Sapiens, Neanderthal e Denisoviani è limitata ad proteine contenute nello smalto di un dente di Homo Antecessor un solo aminoacido. trovato nel 1994 in Spagna, pubblicata sulla rivista Nature da un «Sono felice che lo studio delle proteine abbia fornito la prova gruppo dell’Università di Copenaghen, guidato dall’italiano Enche gli H. Antecessor possono essere strettamente correlati all’ultirico Cappellini. Nelle montagne di Atapuerca, nel nord della pemo antenato comune di Homo Sapiens, Neanderthal e Denisovianisola iberica, vennero alla luce i resti fossili di un gruppo arcaico ni», ha dichiarato il coautore della ricerca Josè Maria Bermudez de di esseri umani mai scoperto prima. Le ossa, ridotte in frammenti, Castro, co- direttore degli scavi in Atapuerca, che prosegue «Le casembravano cannibalizzate. I frammenti osratteristiche condivise dall’antenato di Homo sei, vecchi di almeno 800 mila anni, provenicon questi ominidi appaiono chiaramente A rivelarlo è l’analisi delle vano da almeno sei individui diversi e condimolto prima di quanto si pensasse». videvano alcune somiglianze con noi sapiens Il risultato dello studio è stato ottenuto proteine contenute nello moderni, oltre ad altri parenti umani estinti attraverso un metodo chiamato paleoproteosmalto di un dente trovato come Neanderthal e Denisoviani, ma abbamica, cioè “lo studio delle proteine antiche”. stanza diversi da non essere classificati come Usando la spettometria di massa, che evidennel 1994 in Spagna una specie nota. “Homo Anteccessor”: così i zia le masse di tutte le molecole in un campioricercatori hanno chiamato questa nuova spene, gli scienziati possono identificare le procie, che riporta al significato latino “predecessore”. teine specifiche in un dato fossile. «Le nostre cellule costruiscono Le ossa scoperte sono tra i più antichi fossili di Homo mai rinveproteine secondo le istruzioni presenti nel Dna, con tre nucleotidi, nuti in Europa; alcuni ricercatori hanno ipotizzato che l’Antecesin una serie di Dna che codifica per un amminoacido specifico. Le sor potesse essere stato l’antenato comune di Neanderthal, Denistringhe di aminoacidi formano una proteina. Pertanto, le catene soviani e essere umani moderni. Ora, un nuovo studio sul Dna di di aminoacidi che formano la sequenza proteica unica di ogni perH. Antecessor, il singolo campione più antico di materiale genetico sona rivelano i modelli di nucleotidi che formano il codice genetico umano mai analizzato, sostiene che forse così non è. I ricercatodi quella persona», ha spiegato Frido Welker, antropologo molecori, che hanno messo a punto una tecnica di analisi delle proteine lare dell’Università di Copenaghen. attraverso la spettometria di massa, hanno sequenziato sette proConclude Cappellini, «L’aggiunta di queste prove genetiche è teine di H. Antecessor e poi le hanno confrontate con quelle di un ulteriore tassello che mostra come questi tratti moderni sono in Sapiens, Neanderthal e Denisoviani. Enrico Cappellini ha spiegarealtà più antichi di quanto si credesse». (P. S.). Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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Coronavirus e mutamenti sociali Il Cnr fotografa la variazione degli abitudini degli italiani

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on sarà facile dimenticare il Covid-19, quando l’emercondizioni di disagio connesse all’assenza dell’interazione sociale, genza sarà passata, sia per la scia di letalità che si è l’aumento di stati depressivi, disturbi di tipo alimentare e legati all’alasciata alle spalle sia per i cambiamenti della socialità buso del digitale e dell’alcool. Sui minori di 12 anni, il distanziamendi popolazioni costrette all’isolamento per disinnescato sta producendo un disagio dovuto al distacco da amici e nonni re le infezioni. (rispettivamente 64,5% e 47,5%) e un rilevante abuso di internet a Per quanto riguarda l’Italia, esiste il progetto dell’osservatorio scopo di gioco e comunicazione (rispettivamente 33,5% e 19,2%). “Mutamenti sociali in atto-Covid19” (Msa-Covid19) dell’Istituto di Il distanziamento sociale sta producendo una parziale rimoduricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio naziolazione dell’uso del tempo libero. Tra le principali attività svolte in nale delle ricerche (Cnr-Irpps), realizzato in collaborazione con l’Istiquesti giorni spicca la lettura di libri e l’utilizzo di internet. tuto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e la Fondazione Gli atteggiamenti e i comportamenti sul web possono definirsi Movimento Bambino onlus. Mediante un sondaggio diffuso su scala virtuosi. Moltissimi prestano attenzione a ciò che leggono (80%), nazionale, esplora e analizza gli effetti psico-sociali della contrazione alle conseguenze di ciò che scrivono (94%) e controllano immagini dell’interazione, della prolungata convivenza e del distanziamento e testi prima di condividerli (88%). Pochissimi si dichiarano favoresociale dovuti all’emergenza Covid-19. voli ad azioni di odio sul web (3%), ma per il I primi risultati dello studio forniscono 30% è più facile esprimere sincerità in rete che Cambia l’utilizzo del tempo dal vivo. informazioni circa la condizione abitativa, relazionale e lavorativa, analizzando nello specifico Rispetto all’uso dei social media si assistenlibero. Aumenta il tempo le attività quotidiane, l’uso di internet e l’iperdo per almeno 4 soggetti su 10 a un raddoppio trascorso on-line, sui social del tempo di utilizzo (fino a 60 minuti, 21,5%; connessione, la violenza domestica, la fiducia sistemica e gli stati psicologici. network e nella lettura di libri da 1 a 3 ore, 42,1%; oltre 3 ore, 33,7%). Il 73,1% dei rispondenti ha in questo Il 57% dei soggetti convive in questo pemomento un partner, con cui convive per il riodo con un partner o ex partner: il 15% di56,7%, a fronte del 13% di persone che abitano sole. Circa la metà chiara che è possibile che si verifichi un atto di violenza psicologica degli intervistati vive con almeno 2 o 3 persone. Il 49,3% è impiecommessa dagli uomini sulle donne e il 9% delle donne sugli uomigato a tempo pieno e per il 24,9% dei soggetti l’attività lavorativa è ni. Il rischio di violenza fisica degli uomini sulle donne è percepito sospesa. Tra i rimanenti lavoratori, il 23,4% opera in smart working dal 13% e quella delle donne sugli uomini dal 3%. Il 5% di chi vive e il 10,8% si reca sul posto di lavoro. Circa 4 persone su 10 prevein coppia dichiara che il clima è poco collaborativo, pacifico e affetdono di andare incontro a gravi perdite economiche, più di una su tuoso, un dato in linea con le tendenze rilevate dall’ISTAT. 10 di perdere il lavoro o la propria attività, e due su 10 di andare in Tra le emozioni primarie, le maggiormente percepite in consecassa integrazione. guenza del distanziamento sociale sono tristezza, paura, ansia e rabSi evidenzia un’elevata quota di incertezza per il futuro, che ribia. Le emozioni mostrano un andamento inversamente proporzioguarda in particolare le donne (il 44,9% contro il 31,1% degli uonale all’età: gli over 70 hanno un’intensità emotiva più bassa rispetto mini) e chi possiede un titolo di studio medio-basso. Si evidenziano ai giovani fino a 29 anni. (F. F.)

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Prezzi alimentari in calo a marzo nel mondo Conseguenza dell’indebolimento di domanda e prezzo del petrolio

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a pandemia da Covid-19 ha mutato gli stili di vita e l’ealcune piccole limitazioni all’export imposte dalla Federazione conomia reale. C’è stata una contrazione della domanRussa. Per il 2020 la FAO prevede che la produzione mondiale da nei settori commerciali e c’è stato un calo dei prezzi di grano rimarrà invariata rispetto al mese precedente, al livello del petrolio. Di conseguenza, nel mese di marzo 2020, i quasi da record del 2019 che, insieme alle ampie scorte, aiuterà a prezzi alimentari mondiali hanno subito un forte ribasso, stando proteggere i mercati alimentari dall’instabilità durante la tempesta all’indice della FAO (l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’adi coronavirus. La previsione per il 2020 per la produzione monlimentazione e l’agricoltura) che misura le variazioni mensili dei diale di grano resta invariata rispetto al mese scorso (763 milioni prezzi internazionali delle materie prime alimentari comunemendi tonnellate). te commercializzate. Nel mese scorso si è registrato un valore di Per il mais, il principale cereale secondario, sono attesi raccol172,2 punti, con un -4,3% rispetto a febbraio. ti eccezionali in Brasile e Argentina, mentre la produzione di mais Il prezzo dello zucchero ha subito il calo maggiore (-19,1% riin Sudafrica dovrebbe risollevarsi notevolmente dopo la siccità spetto al mese precedente). Le cause includono la ridotta domandell’anno scorso. Altrove, le strategie di semina potrebbero essere da del consumo fuori casa, legata alle misure di lockdown imposte influenzate dal calo dei prezzi internazionali del mais. da molti paesi e la ridotta domanda da parte La FAO ha aumentato leggermente le dei produttori di etanolo in seguito al forte sue previsioni per il consumo mondiale di Per la Fao, lo zucchero calo dei prezzi del petrolio greggio. Gli oli cereali 2019/20 a 2.722 milioni di tonnellavegetali sono scesi del 12,0%, anche perché te, con un aumento annuo pari all’1,2%. Le ha subito il calo maggiore. i biocarburanti subiscono la concorrenza del scorte mondiali di cereali al termine delle staSeguono gli oli vegetali petrolio, mai così economico da dieci anni a gioni 2020 dovrebbero ridursi di 8 milioni di questa parte. tonnellate rispetto ai livelli di apertura, spine i prodotti lattiero-caseari L’indice dei prezzi dei prodotti lattiegendo il rapporto tra stock finali e consumo ro-caseari è sceso del 3,0%, trainato dal (stock-to-use ratio) delle scorte cerealicole calo delle quotazioni e della domanda mondiale di importazioni mondiali al 30,7%, che è ancora considerato un livello confortedi latte scremato e latte intero in polvere, dovuto in gran parte vole. Il commercio mondiale di cereali dovrebbe aumentare del alle interruzioni della filiera di approvvigionamento dei prodot2,3% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 420 milioni di ti lattiero-caseari a causa delle misure di contenimento per argitonnellate. nare la diffusione del Covid-19. Il prezzo dei cereali è diminuito Infine, l’indice dei prezzi della carne è sceso dello 0,6%, traidell’1,9% rispetto a febbraio e si è attestato quasi al livello di marnato dal calo delle quotazioni internazionali per la carne ovina e zo 2019. bovina, che ha elevate disponibilità per l’esportazione, ma la cui Anche i prezzi internazionali del grano sono diminuiti, in capacità commerciale è smorzata da ostacoli logistici. Le quotaquanto gli effetti delle grandi forniture globali e delle prospetzioni della carne suina sono però aumentate a causa dell’aumento tive di raccolto estremamente favorevoli hanno superato quelli della domanda globale e dal blocco degli impianti di lavorazione in dell’aumento della domanda d’importazioni dal Nord Africa e di seguito alle restrizioni alla circolazione dei lavoratori. (F. F.) Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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Il Maggio dei Libri, un viaggio nella cultura L’iniziativa annuale per avvicinare i cittadini al mondo della lettura di Pietro Sapia*

partecipanti potranno continuare a incontrarsi e a coltivare via web il piacere di “leggere per scoprire se stessi, leggere per scoprire gli altri e leggere per scoprire il mondo”, come suggeriscono i tre filoni tematici di quest’anno. iniziata lo scorso 23 aprile e terminerà il 31 ottobre pros«Il Maggio dei Libri è iniziato nella Giornata mondiale del libro simo la decima edizione de “Il Maggio dei Libri”, l’evento e del diritto d’autore - afferma Paola Passarelli, direttore generale biannuale dedicato alla promozione del valore sociale dei libri, blioteche e diritto d’autore - e mi fa piacere sottolineare proprio queorganizzato dal Ministero per i Beni e le attività culturali e sta seconda componente della festa: senza le opere dell’ingegno non del turismo insieme al Centro per il libro e la lettura (Cepell), l’istiavremmo libri da leggere, opere da ammirare, ascoltare, condividere. tuto autonomo del Mibact gestito dalla Direzione Generale BiblioChe vita sarebbe senza questo immenso patrimonio culturale? Questa teche e Istituti Culturali. Nata nel 2011 con lo scopo di incentivare campagna è anche un’occasione per tornare a riflettere sull’importanla crescita personale, culturale e civile dei cittadini attraverso i libri di za di tutelare e diffondere la creatività» conclude. Chiunque può adetesto, la campagna nazionale stimola l’organizzazione e la promozione di iniziative su tutto il territorio italiano utili a rire a Il Maggio dei Libri, proponendo iniziative far avvicinare al mondo della lettura anche coche coinvolgano il maggior numero di persone loro che abitualmente non ne fanno parte. Nel e che abbraccino i più differenti contesti, con La campagna è iniziata corso degli anni l’iniziativa ha coinvolto enti lol’obiettivo di portare i libri fuori dai tradizionali lo scorso 23 aprile e, in via cali, scuole, biblioteche, librerie, festival, editoluoghi di consumo, come biblioteche e scuole, per trasformarli in esperienze da condividere ri, associazioni culturali e i più diversi soggetti eccezionale, quest’anno negli ambiti più diversi. Le proposte dovranno pubblici e privati, italiani e non solo. Grazie alla terminerà il 31 ottobre essere inserite all’interno della banca dati della collaborazione del Ministero degli Affari Esteri campagna, sul sito ufficiale www.ilmaggiodeilie della Cooperazione Internazionale, le diverse bri.it. Ad oggi, il portale segnala già 2500 iniedizioni hanno visto appuntamenti con scuole ziative. Sempre sul sito ufficiale, saranno disponibili i materiali grafici italiane di Argentina, Belgio, Brasile, Canada, Croazia, Francia, Gerda scaricare e personalizzare per promuovere il proprio programma mania, Grecia, Perù, Romania, Spagna, Svizzera e Turchia. di appuntamenti. Una volta che le iniziative saranno convalidate e Il tema dell’edizione 2020 è “Se leggo scopro” ed è incentrato su approvate, sarà possibile condividerle sui social network, sui blog e attività che sono per lo più in forma digitale, per rispondere in modo sui siti web tramite un link diretto all’evento. Inoltre, in un periodo adeguato alle vigenti disposizioni di sicurezza in materia di Coronaparticolarmente difficile per il mondo dell’editoria, Il Maggio dei Livirus emanate dal Governo. Secondo un fitto calendario di eventi, i bri vuole sostenere tanto gli editori quanto gli autori. Per farlo, sarà attivata la rubrica “#inLibreria”, che prevedrà giornate dedicate alla * segnalazione e alla presentazione dei libri appena usciti o di prossima Consigliere tesoriere dell’Onb, delegato nazionale per le regioni pubblicazione tramite brevi video di introduzione da condividere sul Emilia Romagna e Marche. portale dell’iniziativa e sui propri canali social.

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BENI CULTURALI

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Uffizi virtual tour La pittura del Cinquecento in un touch di Matteo Piccirilli

colare riferimento al Cinquecento) da guardare online. Basta solo collegarsi al sito web ufficiale (www.uffizi.it) e il visitatore potrà immergersi nei racconti suggestivi e immagini ad alta definizione di arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende 10 sale, inaugurate lo scorso anno, con ben 55 opere da ammirare. visibile ciò che non sempre lo è”. Così Paul Klee, Partendo dalla sala delle Dinastie, contenenti i celebri ritratti noto pittore tedesco, descrive la sua arte come del Bronzino dei membri delle famiglie i Medici e i della Rovere una delle sole forme capaci di riprodurre l’invisidi Urbino; così come quelli di Eleonora da Toledo, Lorenzo il Mabile, distaccandosi dalla percezione sensibile e primordiale. gnifico e il Duca Alessandro de’ Medici, dipinti da Giorgio Vasari. Oggi, a causa della pandemia di Covid-19 tanti luoghi di culPer poi proseguire nelle sale verdi, riguardanti la pittura veneta tura e di interesse non sono più visibili come qualche mese fa, per cinquecentesca, dove appare la leggendaria Venere di Urbino e questo in tale momento storico l’arte è più importante che mai, la Flora, entrambe dipinte da Tiziano; poi la Leda e il Cigno del Tintoretto, la “Fornarina” di Sebastiano del Piombo, il ritratto di poiché ci dà la possibilità di vedere qualcosa che ci rende orgogliosi del nostro passato e presente. Giuseppe da Porto con il figlio Adriano, e Venere e Mercurio del Purtroppo il settore dei musei ne sta riVeronese. sentendo e gli appassionati d’arte sentono Attraverso le IperVisioni, l’innovativo la mancanza delle loro amate pinacoteche. Basta collegarsi al sito internet sistema di tour virtuale, le sale della pinacoPerò, nonostante questo periodo di crisi, ar- www.uffizi.it per fare una visita teca sono riprodotte minuziosamente in ogni riva un’interessante opportunità per coloro dettaglio ed è possibile fermarsi davanti alle virtuale a uno dei musei più opere osservandole dall’alto oppure attraverso che seguono il mondo dell’arte: in molti luoghi culturali sarà disponibile un percorso di un’immersione diretta al loro interno. Inoltre, importanti del mondo visita online, che immergerà lo spettatore nel tramite le didascalie che le accompagnano sarà grande repertorio di tesori che costituiscono possibile scoprirne tutti i dettagli fondamentail capitale culturale italiano. li. All’interno del percorso c’è anche una sorpresa. Nella sala della Ciò per far sì che resti un’interconnessione tra le persone e Nuda di Licinio c’è la possibilità di affacciarsi alla finestra e ammirala cultura, per riscoprire l’immenso patrimonio artistico di musei, re la meravigliosa veduta di Firenze in una giornata irradiata dal sole. teatri, biblioteche e cineteche che, con grande sforzo, propongono L’immersione nelle sale è cosi realistica che si percepisce la viun intrattenimento di qualità, anche per evitare che si perda l’abividezza delle opere. Lo spettatore rimane di fronte a tale bellezza tudine alla contemplazione artistica. Per essere distanti, ma sempre attraverso un’esperienza unica nel suo genere. vicini. Come afferma lo slogan del Mibact, “#iorestoacasa ma la Come afferma il direttore degli Uffizi, Eike Dieter Schmidt, «Evitiamo ogni contagio, tranne quello della bellezza». Proprio cultura non si ferma”. quella bellezza che lo scrittore Fëdor Dostoevskij pensava che A tale iniziativa aderisce anche una delle pinacoteche più affascinanti del mondo, la galleria degli Uffizi di Firenze. Proprio il avrebbe salvato il mondo, ora è accessibile a tutti, attraverso un celebre museo toscano mostra le sue collezioni d’arte (con partisemplice click.

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di Antonino Palumbo

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hi gioca a tennis tra un terrazzo e l’altro, chi palleggia in giardino. E chi, per mancanza di spazi esterni, trasforma il soggiorno in una palestra di fortuna. Italiani popolo di sportivi? Si, a giudicare dal “grido di dolore” dei runner di fronte ai primi divieti per l’emergenza Covid-19, dalla voglia di adattarsi tra le mura domestiche e dall’attesa delle disposizioni per la Fase 2. No o non del tutto, invece, se si osservano i dati statistici degli ultimi anni relativi ai praticanti, incoraggianti in termini di crescita ma ancora lontani dai popoli più “virtuosi”. Nel 2000, secondo i dati Istat, praticava sport con continuità il 20,2 per cento degli italiani, pari a 11 milioni e 200 mila; sommando quanti si dedicavano allo sport solo saltuariamente, il totale degli sportivi italiani vent’anni fa era di 16 milioni e 700 mila, il 30 per cento netto della popolazione. Qualche lustro più tardi, siamo rimasti tra i più pigri d’Europa ma abbiamo iniziato a capire che fare attività fisica fa bene e fa sentire bene. E il numero degli italiani che “abbracciano” lo sport è cresciuto di 4 milioni in totale e del 5 per cento in percentuale, sul totale della popolazione nazionale. Tra il 2017 e il 2018, il numero dei praticanti è cresciuto dell’1,4 per cento, raggiungendo il 35,3 del totale. Superato di mezzo punto anche il dato di quattro anni fa, il migliore di sempre. In un anno, gli sportivi dichiarati sono aumentati di 758mila unità, raggiungendo quota 20 milioni e 738mila. Cresce anche la fetta di italiani che praticano “soltanto qualche attività fisica” (28,5 per cento) e al contempo calano i sedentari, il cui tasso è sceso nel 2018 al 35,9 per cento. Bisogna crescere, molto, sul fronte dei teenager: dalla fascia 11-14 anni a quella 15-17 la percentuale crolla dal 61,5 al 50,5, per poi precipitare sotto il 40 nei primi

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VOGLIA DI SPORT E NORMALITÀ: L’ITALIA SCALDA I MUSCOLI PER LA RIPRESA

Dal 4 maggio dovrebbe essere consentita l’attività individuale all’aria aperta Tempi più lunghi per palestre e piscine

due anni della maggiore età. Più incorag- due mesi di necessaria chiusura (sarebbero giante, invece, il trend tra gli Under 6. Lo oltre 100mila le associazioni dilettantistiche storico divario Nord-Sud trova terreno in forte crisi, private di 12 milioni di tessefertile anche in questo settore: in Trentino rati tra marzo e aprile), dall’altro dovrebbe Alto Adige fa sport il 51,7 per cento della permettere agli amanti dello sport di tornapopolazione, tra continuativi più saltuari, re, in parte, alle vecchie abitudini. Non è sopra il 40 volano anil caso degli sport di che Veneto, Emilia squadra, per i quali In italia pratica sport il 35 sarà necessario altro Romagna, Lombardia e Friuli Venezia per cento della popolazione. tempo: niente calcio, Giulia. Sul podio dei pallacanestro, palla“pigri” svetta, suo Il 5 per cento in più rispetto nuoto, arti marziali malgrado, la Came danza. E niente pia 20 anni fa pania con il 22,2 per scine, almeno per un cento, davanti alla po’, finché verranno Sicilia (24,5) e alla Calabria (25). A muo- ridefinite le modalità di accesso per evitare versi di più sono gli uomini, 41,3 per cento: assembramenti. Ciclisti e motociclisti donegli ultimi dieci anni è rimasta invariata la vranno rinunciare ad allenamenti e corse di forbice con le donne (29,3) che intanto in gruppo, centri fitness e palestre resteranno vuoti almeno fino all’arrivo dell’estate. Fino Olanda hanno messo la “freccia”. Intanto cresce l’attesa per la riapertura a quando, di fatto, tendono a svuotarsi. Il “via libera” riguarderà le discipline che, se da un lato potrebbe dare un po’ di respiro ad attività duramente provate da individuali, all’aria aperta, meglio ancora


SPORT

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Johan Cruijff Arena, stadio dell’Ajax.

Il calcio professionistico

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se in zone – montagna, mare o campagna in due in barca a vela o canoa. Stesso nu- dove il distanziamento ambientale e so- mero (due persone) consentito nei campi ciale è garantito. Dal 4 maggio dovrebbe di tennis all’aperto, con regole ferree per cadere l’obbligo di restare “nei pressi della spogliatoi e spazi comuni all’interno dei propria abitazione” per praticare running, circoli. jogging e fitwalking. Si potrà uscire in biPer quanto riguarda gli sport d’élite cicletta, per spostahanno concluso anzimenti brevi o fuori tempo la stagione, tra Il primo via libera città, con bici da stragli altri, i professionida, corsa o mountain tenderà, probabilmente, a sti del basket, quelli bike. L’importante del volley e quelli del sarà rimanere ad al- mantenere certi parametri di rugby. Dubbi e intermeno due metri dalrogativi restano sulla distanziamento sociale le altre persone. È ripresa della Serie A possibile che non sia di calcio, così come obbligatoria la mascherina, che andrà però della B e della C. La Lega Calcio confidava indossata ogni volta che si entra nei negozi, di far ripartire gli allenamenti il 4 maggio, nei locali pubblici o se si prende un mezzo ma il Ministro dello Sport, Vincenzo Spadi trasporto non privato. Gli amanti della dafora, ha preso tempo. Intanto la Figc ha montagna scalpitano per passeggiate e ar- annunciato una delibera che estenderà al rampicate, chi preferisce il mare potrà fare 2 agosto i termini per la conclusione delnuotate in solitaria e praticare windsurf, ol- la stagione sportiva 2019-2020, fino ad ora tre a concedersi uscite singole o al massimo previsti per il 30 giugno.

iocare o non giocare? Questo il dilemma. Il mondo del calcio si divide, ma intanto c’è chi decide che, per quest’anno, è meglio fermarsi. Maestri di calcio negli anni Settanta, gli olandesi hanno tracciato la via anche in questo caso, fuori dal campo: l’Eredivisie - massimo campionato dei Paesi Bassi - è stata sospesa e lo scudetto non sarà assegnato. I posti per le coppe europee saranno decisi dall’attuale classifica. Uno stop definitivo era stato ipotizzato anche in Belgio, ma sono stati i “cugini” a ufficializzare per primi la decisione. Anche la Federcalcio argentina (Afa), starebbe valutando la possibilità di chiudere definitivamente la stagione per l’emergenza Covid-19. In Polonia invece il governo sta studiando un piano per far riprendere l’Ekstrakalasa, la Serie A polacca, il 29 maggio a porte chiuse. In Germania la premier Angela Merkel si esprimerà il 30 aprile sulla ripresa della Bundesliga, ma intanto diverse frange del tifo minacciano assembramenti fuori dagli stadi: non vogliono che si riparta mentre la gente comune rinuncia a diritti e libertà.

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SPORT

Giancluca Vialli alza la Coppa dei Campioni con la maglia della Juventus nel 1996.

Vialli e la sfida al cancro al pancreas

Dopo la chemioterapia, gli esami non hanno rivelato segni di malattia

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i avversari ostici Gianluca Vialli ne ha affrontati tanstato possibile - dichiarò il pluricandidato al Pallone d’Oro - e ti in carriera, come calciatore e come allenatore. Il allora l’ho considerata semplicemente una fase della mia vita Barcellona e l’Ajax in finale di Coppa dei Campioni, che andava vissuta con coraggio e dalla quale imparare qualcocon alterne fortune. L’URSS e l’Argentina con la nasa. Sapevo che era duro e difficile doverlo dire agli altri, alla mia zionale. Il Real Madrid campione d’Europa nella Supercoppa famiglia. Non vorresti mai far soffrire le persone che ti vogliono UEFA 1998-1999. Squadre terribili, che sembrano però timide bene». outsider rispetto al nemico che Lucagol ha dovuto sfidare negli Raccontò dell’assurdo senso di vergogna che si prova a dare ultimi anni: il tumore al pancreas. Una lotta lunga e faticosa, la notizia ai propri cari, come se quello che è successo sia stauna di quelle “finali” che l’ex centravanti di Cremonese, Samta colpa sua. Di aver girato con un maglione sotto la camicia, pdoria, Juventus e Chelsea ha affrontato con la sua rinomata perché gli altri non si accorgessero di nulla. Per essere ancora il tempra. E che adesso sembra dare esiti confortanti per Vialli, Vialli che conoscevano. «È passato un anno e sono tornato ad come egli stesso ha rivelato in una recente intervista a La Reavere un fisico bestiale - spiegò al Corsera - ma non ho ancora pubblica. «A dicembre ho concluso 17 mesi di chemioterapia, la certezza di come finirà la partita. Spero che possa servire a un ciclo da otto e un altro da nove mesi. Un ispirare le persone che si trovano all’incropercorso durissimo dal punto di vista fisico cio determinante della vita». Il tumore al pancreas è tra i e mentale, anche per uno tosto come me». Intanto, per quanto possibile, GianluL’apprezzato commentatore sportivo ha ca non si è fermato. Lo scorso anno è stato più letali, con un tasso raccontato che gli ultimi esami «non hanno l’uomo di riferimento di una cordata, Caldi sopravvivenza a cinque evidenziato segni di malattia» e che adesso cioInvest LLC, che a più riprese si è fatta si sente «felice, anche se lo dico sottovoce». anni appena dell’8 per cento avanti per rilevare la Sampdoria da MassiUna felicità che si esprime in piccole cose, mo Ferrero. Nominato in primavera ambacome «vedersi di nuovo bene allo specchio sciatore italiano per il Campionato d’Euroe osservare i peli che ricrescono. Non devo più disegnarmi le pa di calcio, insieme a Francesco Totti, ha ricevuto lo scorso sopracciglia a matita», ha detto Vialli. Il tumore al pancreas è autunno l’incarico di capodelegazione della Nazionale italiana tra i più letali, con un tasso di sopravvivenza a cinque anni è apper lo stesso evento, slittato intanto al 2021 a causa dell’emerpena dell’8 per cento in Italia e circa il 6 per cento nel mondo. genza Covid-19. Difficile da diagnosticare in stadio iniziale (solo per 7 per cento Il 2020, Vialli, l’aveva inaugurato con una incoraggiante dei casi), nell’80-85 per cento delle forme tumorali risulta non foto su Instagram. Muscoli in evidenza, sguardo all’orizzonte, resecabile al momento della diagnosi. una citazione di Melodie Beattie e una chiosa da leader carismaUno stopper implacabile col quale Vialli ha iniziato a contico qual è sempre stato: «I miei obiettivi sono quelli di riguadafrontarsi circa due anni e mezzo fa. Nel novembre 2018, infatti, gnare sia la mia forza fisica che mentale. E ispirare le persone!». Gianluca rivelò di aver passato l’ultimo anno a combattere il Obiettivi che gli ultimi esami rendono tangibili. E rincuorano, nemico invisibile. «Ne avrei fatto volentieri a meno. Ma non è specie in tempi così grigi. (A. P.)

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SPORT

L’atleta lucano Donato Sabia (56 anni), due volte finalista alle Olimpiadi, è scomparso a causa del coronavirus.

Il contagio tra i professionisti

Il Covid-19 ha colpito grandi campioni. Alcuni se li è portati via

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al calcio al volley, passando per basket e ciclismo, tandel Milan e della Fiorentina, anch’egli passato indenne - almeno ti i big in lotta con il Covid-19. E il virus è stato fatale fisicamente - dal tunnel del Covid-19. Prima di lui, l’esperienza è per alcune leggende e grandi dirigenti del passato toccata a Mikel Arteta e Callum Hudson-Odoi, rispettivamente Atleti, tecnici e dirigenti di un calcio che ci ha primo allenatore (dell’Arsenal) e primo giocatore (del Chelsea) messo troppo a fermarsi. Pallavolisti, cestisti e ciclisti. Alcuni già della Premier League a dover combattere il coronavirus, con guariti, altri ancora in isolamento o quarantena. Tanti gli sportivi successo. Una battaglia affrontata anche da dieci giocatori del che hanno dovuto fare i conti con il Covid-19, in tutto il mondo. Valencia, il club spagnolo che aveva comunicato come il “35 per E si dividono tra il sollievo per il pericolo scampato, le preoccucento dei tesserati” fosse infetto. Dalla Spagna alla Cina, dov’è pazioni per una possibile ripresa e il plauso - per alcune discipliufficialmente guarito il belga Marouane Fellaini: è stato lo Shanne e categorie - per la definitiva sospensione. dong Luneng, il club dove milita, ad annunciarlo. In Italia, tra i primi e i più famosi contagiati dal coronaviNel campionato NBA di basket, sono tornati ad allenarsi rus ci sono stati i calciatori della Juventus Daniele Rugani, Blaise Rudy Gobert degli Utah Jazz e il compagno di squadra Donovan Matuidi e Paulo Dybala. Tutti e tre hanno superato il momento Mitchell, i primi due casi che il 12 marzo hanno suggerito la sodifficile e l’argentino è riuscito anche a orgaspensione dell’attività. Tra gli altri campioni nizzare, con successo, un torneo di calcio su infettati: Markus Smat, Kevin Durant, ChriPlayStation con tanti campioni dello sport, Dybala (Juventus) e Maldini stian Wood. Il contagio non ha risparmiato trasmesso in diretta sul canale sudamericano (ex Milan) si sono ristabiliti. neppure un’icona della pallavolo mondiaTyC Sports. Un happening che ha fruttato le come Earvin Ngapeth, famoso anche in 275mila dollari, circa 250 mila euro da de- Lorenzo Sanz, ex presidente Italia per i suoi “numeri” in campo e fuori: stinare alla Croce Rossa argentina. Sempre dopo due settimane di cure a Kazan, è tornadel Real, non ce l’ha fatta in Serie A, si è conclusa senza gravi conseto a casa in Francia. guenze la “disavventura” di Patrick Cutrone, Nel ciclismo il 25enne colombiano FerGerman Pezzella e Dusan Vlahovic. Manolo Gabbiadini è stato nando Gaviria si è ristabilito dopo tre settimane in ospedale. Soil primo a guarire tra i nove tesserati della Sampdoria a contrarre spiro di sollievo anche per l’argentino Maximilian Richeze e per il coronavirus. Nessuna complicazione anche per Paolo e Daniel Igor Boev e Dmitry Strakhov della Gazprom – Rusvelo: questi Maldini, l’uno leggenda l’altro attuale giocatore del Milan. ultimi due hanno lasciato Abu Dhabi a oltre un mese dall’interCalciatori, ma anche presidenti come Massimo Cellino del ruzione dell’UAE Tour. Brescia e Mauro Lovisa del Pordenone Calcio, terzo caso di conIntanto lo sport ha pianto anche grandi campioni del passato tagio ufficiale in Serie B. In precedenza era toccato a Salvatore come Donato Sabia, 56enne lucano, due volte finalista negli 800 Fiumanò, vicepresidente della Virtus Entella, e ad Antonio Jumetri alle Olimpiadi, e Angelo Rottoli, 61enne bergamasco, già re nior Vacca, centrocampista del Venezia. d’Europa nella box. Coronavirus fatale anche per l’ex presidente «La parola paura non basterebbe a spiegare quello che ho del Real Madrid, Lorenzo Sanz (77 anni), e Giancarlo Ceruti, provato» ha raccontato in un’intervista Fatih Terim, ex allenatore 67enne ex presidente della federciclismo. (A. P.) Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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BREVI

LA BIOLOGIA IN BREVE Novità e anticipazioni dal mondo scientifico a cura di Rino Dazzo

INNOVAZIONE Disturbi cutanei, sviluppato l’algoritmo le cure

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n algoritmo di intelligenza artificiale in grado di classificare i diversi tipi di disturbi della cute, di prevederne eventuali malignità e persino di suggerire opzioni di trattamento primario: lo hanno sviluppato i ricercatori sudcoreani del dipartimento di Dermatologia della Seoul National University, che hanno raccolto oltre 220mila immagini riconducibili a 174 diverse malattie della pelle, istruendo le reti neurali alla corretta interpretazione delle immagini stesse. In merito all’utilizzo sempre più massimo dell’AI in medicina uno degli autori dello studio, Jung-Im-Na, ha spiegato che per ottimizzare l’algoritmo occorre che le sue prestazioni siano testate in ambienti simili alla pratica reale. In particolare, l’intelligenza artificiale, piuttosto che sostituire l’uomo, può rappresentare un efficace strumento di «intelligenza aumentata», soprattutto per elaborare diagnosi più veloci e accurate.

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SALUTE Diabete, arriva il nuovo test salivare non invasivo

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er monitorare i livelli di diabete basterà effettuare un pratico test attraverso la saliva e che nella prove sperimentali ha riportato una precisione del 95,2%. Lo ha sviluppato un team internazionale composto da studiosi dell’Università di Uberlandia e Vale do Paraiba, in Brasile, e dell’Università di Saskatchewan, in Canada, sotto il coordinamento dell’Università di Strathclyde. La saliva, infatti, riflette varie funzioni fisiologiche del corpo e al suo interno sono presenti biomarcatori che rappresentano una valida alternativa al sangue. I vantaggi legati al nuovo test sono stati illustrati dal ricercatore a capo del progetto, Matthew Balker: «La costante necessità di perforare le dita più volte al giorno può portare allo sviluppo di calli e a difficoltà nell’ottenere campioni. Inoltre, non tutti vorrebbero dare il sangue e ci sono circostanze in cui questo potrebbe essere pericoloso».


BREVI

VIROLOGIA Covid-19, scoperta a Roma la molecola della speranza

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i chiama inositolo ma l’hanno ribattezzata «la molecola della speranza» perché tutti i quaranta pazienti trattati sono andati migliorando fino alla guarigione: per nessuno di loro si è resa necessaria la terapia intensiva. Sono molto incoraggianti i risultati ottenuti dal professor Mariano Bizzarri, docente di Patologia Clinica alla Sapienza di Roma, su malati di coronavirus che presentavano moderata insufficienza respiratoria. I trattamenti a base di inositolo associato ad altri farmaci, infatti, sono stati privi di effetti collaterali, tanto che la sperimentazione sarà estesa. Sviluppata dal professor Vittorio Unfer e già utilizzata in altre patologie respiratorie, la molecola di inositolo si è dimostrata in grado di ridurre direttamente i livelli di interleuchina-6, proteina che favorisce lo sviluppo del virus, inibendo la tempesta citochinica alla base della polmonite interstiziale caratteristica del Covid-19.

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INQUINAMENTO Chernobyl fa ancora paura dopo 34 anni

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rentaquattro anni dopo il disastro le conseguenze dell’esplosione nella centrale nucleare di Chernobyl su migliaia di abitanti in Ucraina, Bielorussia e Russia sono ancora «persistenti» e «gravi». Lo ha sottolineato l’Onu in occasione della Giornata internazionale in ricordo dell’incidente. Un ricordo tenuto vivo, sinistramente, anche dagli incendi sviluppatisi nella zona di esclusione intorno all’impianto, che hanno rilasciato nell’aria un gran numero di particelle tossiche. Nel 1986 lo scoppio del reattore provocò una nube radioattiva 500 volte più potente di quella di Hiroshima, ma oltre alle migliaia di tumori e decessi provocati dall’esplosione, catastrofiche furono pure le direttive impartite da Mosca, pubblicate l’anno scorso dai National Security Archives americani. Tra queste, i protocolli segreti del Politburo volti a rendere commestibili carne e latte contaminati.

AMBIENTE Con il global warming uragani più potenti e più lenti

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li uragani del presente e del futuro? Più potenti e più lenti a causa del surriscaldamento globale, sulla falsariga dell’uragano Dorian che nel settembre 2019 ha flagellato le Bahamas un giorno in più rispetto al previsto. Secondo gli studiosi della Princeton University lo scenario si ripeterà sempre più di frequente visto che l’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera potrebbe far alzare le temperature di 4 gradi entro la fine del secolo rallentando la velocità delle tempeste di circa 3,2 km all’ora nelle regioni alle latitudini medie. Il motivo? Le forti correnti di queste zone si spingeranno verso i poli e le perturbazioni saranno più deboli, rallentando il passo di uragani, tifoni e cicloni. Inoltre, con l’aumento delle temperature sarà più ampia l’energia immagazzinata negli oceani, con la possibilità di provocare tempeste più potenti anche nella regione del Mediterraneo.

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LAVORO

Concorsi pubblici per Biologi Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto per l’Endocrinologia e l’Oncologia “Gaetano Salvatore” di Napoli Scadenza, 4 maggio 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di n. 2 Assegni Professionalizzanti per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze Biomediche” da svolgersi presso l’Istituto per l’Endocrinologia e l’Oncologia Sperimentale “G. Salvatore” del CNR che effettua ricerca in Endocrinologia ed Oncologia Sperimentale nell’ambito del programma di ricerca SATIN – “Sviluppo di Approcci Terapeutici INnovativi per patologie neoplastiche resistenti ai trattamenti” per la seguente tematica: “Modelli sperimentali per lo studio ed il targeting degli effetti di ambiente e microambiente sullo sviluppo e la progressione tumorale”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri di Napoli Scadenza, 4 maggio 2020 È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di n. 1 borsa di studio per laureati, per ricerche inerenti l’Area scientifica “Scienze Biologiche” da usufruirsi presso la sede di Napoli dell’Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi terrestri (IRET) del CNR, nell’ambito del programma di ricerca “Accordo di collaborazione ISA-IRET CNR” per la seguente tematica: “Valorizzazione di residui vegetali in un’ottica di ecosostenibilità ambientale e di economia circolare e della identificazione di molecole bioattive da estratti vegetali per possibili applicazioni nel settore della nutrizione e la salute umana”. Per informazioni, www.cnr. it (concorsi).

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Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Ricerca Genetica e Biomedica di Milano Scadenza, 8 maggio 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di n. 1 assegno di ricerca tipologia A) Assegno Professionalizzante – per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Medicina e Biologia” da svolgersi presso l’Istituto di Ricerca Genetica e Biomedica del CNR sede secondaria di Milano, che effettua ricerca Biomedica nell’ambito del programma di ricerca PRIN 2017 Settore LS7 Linea A 20175XHBPN_002 “Advanced genetic engineering to study and treat monogenic diseases” per la seguente tematica: “Cellule pluripotenti indotte per lo studio di malattie monogeniche”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine di Ancona Scadenza, 11 maggio 2020 È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di n. 1 borsa di studio per laureati, per ricerche inerenti l’Area scientifica Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l’Ambiente da usufruirsi presso l’Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine del CNR di Ancona nell’ambito dei programmi di ricerca: “Accordo di collaborazione tra MIPAAF e CNR-IRBIM per lo svolgimento del monitoraggio periodico delle fosse di Pomo e attuazione di misure, che nel rispetto dei piani di gestione, comportino il mantenimento delle condizioni ambientali idonee alla vita e all’accrescimento dei molluschi bivalvi, ponendo in essere misure supplementari tese a proteggere le diverse fasi del ciclo biologico delle specie interessate” e progetto “Gestione sostenibile delle risorse marine e crescita blu”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi).

Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Fisica Applicata “Nello Carrara” di Firenze Scadenza, 11 maggio 2020 É indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di n. 2 “Assegni Grant” per lo svolgimento di attività di ricerca per il progetto dal titolo “Tecniche innovative di ablazione laser e plasma freddo per il restauro (PLAS@rt)” da svolgersi presso l’Istituto di Fisica Applicata - IFAC del CNR nell’ambito del Programma d’intervento di Alta Formazione denominato CNR4C in regime di cofinanziamento con la Regione Toscana. Per informazioni, www. cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Biomembrane, Bioenergetica e Biotecnologie Molecolari di Bari Scadenza, 13 maggio 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di N. 1 assegno Tipologia C) “Assegni Senior” per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze Biomediche” da svolgersi presso l’Istituto di Biomembrane, Bioenergetica e Biotecnologie Molecolari CNR di Bari sotto la responsabilità scientifica del Prof. Graziano Pesole, nell’ambito del Progetto ELIXIR IIB previsto nella Roadmap Esfri CUP B92F17000320005 per la seguente tematica: “Produzione e analisi di dati di trascrittomica differenziale mediante RNAseq in sistemi di espressione eterologa di proteine umane”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Ricerca sulle Acque di Verbania Scadenza, 14 maggio 2020 È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di n. 1 borsa di studio per laureati,


LAVORO per ricerche inerenti l’Area scientifica “Scienze dell’Ambiente” da usufruirsi presso l’Istituto di Ricerca Sulle Acque del CNR, sede secondaria di Verbania, nell’ambito dei progetti “IdroLIFE LIFE15 NAT/IT/000823”, “INTERREG SHARESALMO”, “Indagini sulle sostanze pericolose nell’ecosistema del Lago Maggiore”, “Indagini Limnologiche del Lago Maggiore”, “Indagini Ittiofauna Lago Maggiore” e “ITTIORTA”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Bioscienze e Biorisorse di Napoli Scadenza, 14 maggio 2020 È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di n. 1 borsa di studio per laureati, per ricerche inerenti l’Area scientifica “SCIENZE BIOLOGICHE E BIOCHIMICHE” da usufruirsi presso l’Istituto di Bioscienze e BioRisorse del CNR di Napoli, nell’ambito del Progetto di Ricerca DBA.AD006.033 “Molecular Aspect of DNA Repair and Genome Stability”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto sull’Inquinamento Atmosferico di Rende Scadenza, 14 maggio 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di n. 1 Assegno Professionalizzante per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Terra e Ambiente” da usufruirsi presso l’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del CNR c/o Dipartimento Interateneo di Fisica “M.Merlin” Università di Bari, afferente alla Sede secondaria IIA di Rende (CS), per lo svolgimento della seguente attività: “analisi di dati di osservazione della terra (EO) multi-sorgente per il monitoraggio di ecosistemi, inclusi quelli polari, con attenzione ai flussi di carbonio ed agli indicatori relativi correlati agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs)”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Chimica dei Composti Organometallici di Firenze Scadenza, 15 maggio 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di n.1“Assegno Grant” per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti la Roadmap..RM.3 Conservazione del patrimonio culturale sul progetto dal titolo aDESSO:” Da ESsenziali a SOlidi: immobilizzazione di terpeni in stato solido per il controllo e l’inibizione di infestanti su carta” per la seguente tematica: “Sviluppo di metodologie per l’immobilizzazione di terpeni e studio delle loro proprietà antibatteriche”, da svolgersi presso l’Istituto di Chimica dei Composti Organometallici

del CNR nell’ambito del Programma d’intervento di Alta Formazione in regime di cofinanziamento con la Regione Toscana. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Ricerca sulle Acque di Roma Scadenza, 15 maggio 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di n. 1 Assegno Professionalizzante per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Terra e Ambiente” da usufruirsi presso l’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del CNR, per lo svolgimento della seguente attività: “studio di metodologie per produzione e utilizzo di biocarburanti nei trasporti e scenari di impatto sulla qualità dell’aria”. Per informazioni, www. cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto sull’Inquinamento Atmosferico di Roma Scadenza, 15 maggio 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di n. 1 Assegno Professionalizzante per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Terra e Ambiente” da usufruirsi presso l’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del CNR, per lo svolgimento della seguente attività: “studio di metodologie per produzione e utilizzo di biocarburanti nei trasporti e scenari di impatto sulla qualità dell’aria”. Per informazioni, www. cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Fisiologia Clinica di Siena Scadenza, 18 maggio 2020 Selezione per titoli e colloquio ai sensi dell’art. 8 del “Disciplinare concernente le assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo determinato”, per l’assunzione, ai sensi dell’art. 83 del CCNL del Comparto “Istruzione e Ricerca” 2016-2018, sottoscritto in data 19 aprile 2018, di una unità di personale con profilo professionale di Ricercatore III livello, part-time 60%, presso l’Istituto di Fisiologia Clinica – Sede Secondaria di Siena. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Chimica Biomolecolare di Napoli Scadenza, 29 maggio 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di n. 1 (uno) assegno tipologia B) “Assegni Post Dottorali” per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Chimica e materiali per la salute e scienze della vita” da svolgersi presso

l’Istituto di Chimica Biomolecolare Sede di Pozzuoli (NA) del CNR che effettua ricerca scientifica nell’ambito del Progetto di Ricerca finanziato dal MIUR dal titolo “STUDIO DELLA CARATTERIZZAZIONE CEREBRALE DEL DASPARTATO, UN AGONISTA EMBRIONALE ENDOGENO NMDA E DEI RECETTORI mGLU5, NELLO SVILUPPO E NELLA MATURAZIONE DEI CIRCUITI CEREBRALI ASSOCIATI A FENOTIPI STRUTTURALI, FUNZIONALI E COMPORTAMENTALI RILEVANTI PER I DISTURBI PSICHIATRICI” per la seguente tematica “Effetti del D-aspartato sullo sviluppo del sistema nervoso in modelli murini”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Azienda Socio-Sanitaria Territoriale “Rhodense” di Garbagnate Milanese Scadenza, 7 maggio 2020 Procedura di stabilizzazione del personale della dirigenza medica e sanitaria, tecnica e professionale, per la copertura di un posto di dirigente biologo. Gazzetta Ufficiale n. 28 del 07-04-2020. Università di Bologna “Alma Mater Studiorum” Scadenza, 8 maggio 2020 Procedura di selezione per la copertura di un posto di ricercatore a tempo determinato della durata di trentasei mesi e pieno, settore concorsuale 05/E1 - Biochimica generale, per il Dipartimento di farmacia e biotecnologie. Gazzetta Ufficiale n. 27 del 03-04-2020. Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia “A. Mirri” Scadenza, 11 maggio 2020 Conferimento di una borsa di studio della durata di otto mesi, riservata a laureati triennali in scienze biologiche e/o titolo equipollente. Gazzetta Ufficiale n. 32 del 21-04-2020. Università di Milano Scadenza, 15 maggio 2020 Procedura di selezione, per titoli e discussione pubblica, per la copertura di un posto di ricercatore a tempo determinato della durata di tre anni, settore concorsuale 06/A3 - Microbiologia e microbiologia clinica, per il Dipartimento di oncologia ed emato-oncologia. Gazzetta Ufficiale n. 30 del 14-04-2020. Azienda Ospedaliera San Pio di Benevento Scadenza, 24 maggio 2020) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di due posti di dirigente biologo, disciplina di patologia clinica, a tempo indeterminato. Gazzetta Ufficiale n. 33 del 24-04-2020.

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SCIENZE

Una mangrovia sintetica per pulire l’acqua in ambito urbano La sperimentazione a Yale: la pianta è stata ricostruita in tutte le sue parti per testare la teoria della coesione-tensione

di Sara Lorusso

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ll’Università di Yale è stato replicato in laboratorio il sistema di traspirazione e dissalazione che permette alle mangrovie di sopravvivere immerse in acque salmastre. Questo dispositivo di mangrovia sintetica, potenziato e applicato in futuro ai sistemi idraulici artificiali, potrebbe avere importanti ricadute di carattere ingegneristico e ambientale, agendo senza impatto lì dove oggi i processi di depurazione dell’acqua richiedono l’impiego di strutture invasive, spesso destinate a modificare in maniera irreversibile habitat e paesaggio. Lo studio, pubblicato su Science Advances1 è stato condotto da Yunkun Wang, Jongho Lee, Jay R. Werber e Menachem Elimelech, in forza al dipartimento di Ingegneria Chimica e Ambientale dell’Università di Yale, negli Stati Uniti, con la collaborazione di altri centri presso cui gli autori svolgono ricerca, quali le Università della British Columbia in Canada e di Shandong in Cina. Le mangrovie sono da sempre considerate una specie particolarmente preziosa, a tratti sorprendente – per citare una definizione comparsa nella nota divulgativa sul progetto – proprio per la capacità che hanno di vivere in ambienti salmastri. L’evaporazione dell’umidità dalle foglie produce la pressione negativa nei loro tessuti delegati al trasporto, così da attirare l’acqua nelle radici e lungo i tronchi. Ma rispetto a

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quanto accade nelle altre e più comuni piante, le mangrovie sono costrette a esercitare una pressione negativa decisamente più grande per incanalare l’acqua, dovendo inoltre aggiungere un passaggio di “separazione” del sale già alle radici. Per costruire il sistema sintetico, il gruppo di lavoro è partito dal meccanismo naturale di funzionamento della pianta. Le mangrovie sono una specie unica al punto che il WWF le

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SCIENZE

Il dispositivo è costituito da una siringa di vetro (flusso d’acqua), serbatoio (soluzione di alimentazione), agitatore (miscelazione), membrana (radice), fritta (stelo) e membrana AAO (foglia). Tratto da: Y. Wang, J. Lee, J.R. Werber and M. Elimelech, Capillary-driven desalination in a synthetic mangrove, Science Advances 21 Feb 2020: Vol. 6, no. 8, eaax5253, DOI: 10.1126/sciadv.aax5253.

indica come un bioma, una delle quattordici maggiori tipologie di habitat in cui viene suddiviso il pianeta Terra (3). Diffuse nelle regioni costiere tropicali e subtropicali di tutto il mondo, per sopravvivere in ambienti salini o salmastri, le mangrovie controllano l’assorbimento di acqua e ioni alle radici, consentendo alla linfa che attraversa gli xilemi di essere quasi priva di sale (4-6). La capacità di separare il sale è in parte dovuta all’ostacolo offerto della via apoplastica, in cui acqua e ioni aggirano la membrana cellulare muovendosi attraverso le pareti cellulari delle cellule radicali7. Il merito è di una sostanza cerosa chiamata suberina che rende impermeabili le pareti cellulari. Eliminando la via apoplastica, si dà adito all’assorbimento principalmente attraverso la via simpoplastica, in cui l’acqua e gli ioni permeano la membrana cellulare e passano da cellula a cellula attraverso il citosol intracellulare, fino a entrare nello xilema. La membrana cellulare funge, dunque, da barriera discriminante. Applicando la dinamica della teoria di coesione-tensione i ricercatori hanno sviluppato una mangrovia sintetica, che replica le principali caratteristiche di quella naturale, nella struttura e nel funzionamento: il pompaggio capillare (nelle foglie), una capacità di conduzione stabile di acqua in stati metastabili del sistema (attraverso steli e tronco) e la desalinizzazione (attraverso la membrana).

Per replicare l’assetto delle foglie, in particolare, la ricerca ha testato due diverse opzioni. Spiegano i ricercatori che, usando delle membrane nanoporose al posto delle foglie, le massime pressioni osmotiche delle alimentazioni saline (da 10 a 30 bar) che consentono l’assorbimento di acqua pura corrispondono esattamente alle pressioni capillari attese, calcolate sfruttando l’equazione di Young-Laplace. Il ricorso alle foglie realizzate con idrogel, invece, consente sia un funzionamento stabile sia una desalinizzazione di soluzioni ipersaline con pressioni osmotiche vicine ai 400 bar, cinque volte superiori ai limiti tipici della pressione dell’osmosi inversa convenzionale. Questi risultati, ribadisce il gruppo di ricercatori, sostengono l’ambizione di poter sviluppare ulteriori studi per l’applicazione della teoria di coesione-tensione nelle mangrovie alla dissalazione dell’acqua e supportano la necessità di un approfondimento dell’idraulica nelle piante, per progettare processi di separazione attraverso membrane ingegnerizzate e il ricorso alla pressione controllata dei capillari. Un precedente studio sviluppato presso l’Università di Yale nel 2011, a firma di Elimelech e William Phillip, pubblicato su Science (2), ricordava come negli ultimi decenni fossero stati molti gli sforzi globali per la costruzione di impianti per il drenaggio e la purificazione dell’acqua marina. Numerosi Paesi, per fronteggiare la crisi idrica, hanno cercato una soluzione nel trattamento dell’acqua del mare, con un imponente dispendio di risorse economiche ed energetiche e un notevole impatto ambientale. La purificazione dell’acqua salata è ancora oggi ancora molto più dispendiosa della lavorazione dell’acqua dolce. Ecco, dunque, che la possibilità di ottenere artificialmente il modello di purificazione tipico delle mangrovie desta molto interesse e qualche speranza per applicazioni future. Lo studio di Wang e altri si basa, in premessa, sulle caratteristiche tipiche del sistema di “pulitura” dell’acqua in queste piante. La permeabilità della membrana cellulare è potenziata da canali capaci di separare i sali, chiamati acquaporine (8), in una percentuale pari persino al 99%. Permeando la membrana cellulare l’acqua abbassa il gradiente del potenziale chimico, che negli alberi di mangrovie è influenzato dalla salinità (pressione osmotica) e dalla pressione idraulica. Il trasporto selettivo di acqua attraverso le membrane cellulari delle radici della mangrovia è una forma di osmosi inversa (RO), la tecnologia principale utilizzata industrialmente per la desalinizzazione (9). Negli scorsi decenni grandi impianti di dissalazione ad osmosi inversa per acqua di mare (SWRO) sono stati costruiti in Spagna e in Israele. La ricerca di Elimelech del 2011 stimava che nel 2016 la produzione di acqua desalinizzata a livello globale avrebbe superato i 38 miliardi di metri cubi all’anno, il doppio della produzione ottenuta nel 2008. Anni dopo è stata l’Organizzazione Mondiale delle Nazioni Unite ad aggiornare il dato: un rapporto del dicembre 201810 rivela che la capacità di produzione di acqua, più o meno dolce, affidata agli impianti di desalinizzazione è pari a circa 95 milioni di metri cubi al giorno. Ma la contropartita sono le scorie prodotte: 142 milioni di metri cubi di salamoia al giorno. Se i primi impianti di desalinizzazione su larga scala si basavano sul processo di desalinizzazione termica, sulla possibilità, cioè, di riscaldare l’acqua di mare per farla evaporare e condensare il vapore per produrre acqua dolce, oggi la maggior parte degli impianti di desalinizzazione sono basati sulla tecnologia dell’osmosi inversa. In questi impianti l’acqua di mare viene pressurizzata verIl Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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Schema di funzionamento del dispositivo di mangrovia sintetic. Tratto da: Y. Wang, J. Lee, J.R. Werber and M. Elimelech, Capillary-driven desalination in a synthetic mangrove, Science Advances 21 Feb 2020: Vol. 6, no. 8, eaax5253, DOI: 10.1126/sciadv.aax5253.

so una membrana semipermeabile che consente all’acqua di passare, ma trattiene il sale. Come nel procedimento industriale di RO, spiega lo studio sulla mangrovia sintetica di Wang e altri, l’assorbimento di acqua alle radici delle mangrovie richiede una differenza di pressione idraulica maggiore della pressione osmotica dell’acqua salata nei pori del suolo (per esempio, l’acqua di mare con una pressione osmotica di ~ 25 bar). Poiché la pressione idraulica nel suolo è un massimo di ~ 1 bar (pressione ambiente), gli alberi di mangrovie devono esercitare una pressione negativa all’interno delle cellule radicali, osservata sperimentalmente nelle piante (11-13). Le piante utilizzano la pressione capillare come meccanismo per trasportare l’acqua su grandi distanze e altezze, con un dispendio minimo di energia chimica. Il principale apporto di energia è dato dall’assorbimento del calore passivo dall’ambiente nei siti di evaporazione. Ispirandosi a queste capacità, diverse ricerche e sperimentazioni hanno provato a tradurre in sistemi ingegneristici lo sfruttamento delle pressioni capillari. Uno dei problemi maggiori riscontrati è stato quello del rischio di cavitazione14, con la formazione di bolle (15) nel fluido durante la salita. Le piante, comprese le mangrovie, hanno sviluppato strutture estremamente complesse per ridurre al minimo la cavitazione e prevenire l’ostruzione dello xilema e l’interruzione del flusso. Inoltre, nonostante siano state sperimentate in laboratorio diverse tipologie di membrana ispirate alla mangrovia (16), la desalinizzazione guidata dalla pressione negativa delle acque salmastre e salate secondo la teoria della coesione-tensione, non era ancora mai stata riprodotta in un sistema sintetico così preciso. «Non siamo biologi – ha dichiarato in una nota ufficiale il coautore della ricerca, Jay Weber - ma ci stiamo arrivando da una

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prospettiva ingegneristica». Per quanto riguarda le misurazioni, la prima analisi ha riguardato le foglie realizzate con la membrana (17) nanoporosa di ossido di alluminio anodizzato (AAO), altamente idrofile. Queste membrane hanno consentito l’analisi meccanicistica della generazione di pressioni negative, poiché le dimensioni dei pori misurate sperimentalmente potevano essere incluse direttamente nella funzione usata per il calcolo. La seconda tipologia di foglie, invece, prevedeva una membrana macroporosa riempita di idrogel (composto da poliidrossietilmetacrilato). La foglia di idrogel ha consentito il funzionamento con maggiore stabilità. Il dispositivo era completato da un filtro poroso di silice (una fritta) in funzione dello stelo e una membrana polimerica per l’osmosi inversa (RO), che comprendeva uno strato selettivo di poliammide denso, in luogo della radice. Le fasi relative alle misurazioni sono state gestite collocando la mangrovia sintetica in una camera con controllo di temperatura, umidità e flusso d’aria. L’analisi si è concentrata sull’assorbimento di acqua pura per stabilire la capacità di evaporazione dalla mangrovia sintetica. La prima osservazione ha riguardato la foglia realizzata con una membrana di alluminio con pori di ~ 84 nm, per cui è stato controllato il tasso di evaporazione dell’acqua in relazione a umidità e temperatura. È stata osservata la capacità di escludere molecole piccole usando il colorante anionico Allura Red AC. Il flusso d’acqua attraverso la membrana della radice è stato calcolato in base alla velocità di evaporazione, l’analisi del fusto ha invece permesso di valutare l’eventuale separazione o il rifiuto del soluto. La spettroscopia ultravioletta/visibile (UV-vis) ha mostrato che la membrana radicale ha effettivamente escluso il colorante. Il flusso d’acqua con il colorante è emerso simile a quello con l’a-


SCIENZE limentazione di acqua pura: l’esclusione del colorante è risultata pari al 99,97 ± 0,02%. Dato critico si è rivelata, invece, la pressione all’interno del dispositivo che era solo leggermente negativa (−2 bar) a causa delle piccole pressioni osmotiche dell’acqua deionizzata e del colorante. Per avere maggiori pressioni negative, i ricercatori hanno successivamente utilizzato la mangrovia sintetica per dissalare soluzioni acquose con cloruro di sodio in concentrazioni crescenti. Anche sui pori della membrana nel ruolo di foglia sono state fatte diverse valutazioni e in un primo momento sono state utilizzate membrane i cui pori erano di 84 ± 1 o di 215 ± 43 nm. Successivamente, per consentire la desalinizzazione a pressioni negative ancora maggiori è stata sviluppata la membrana di idrogel. È stato composto un film di idrogel sottile, ma robusto e permeabile, riempiendo i pori di una membrana macroporosa di polivinilidenfluoruro (PVDF). I film risultanti, spiegano i ricercatori, avevano uno spessore di ~ 3 volte inferiore alla permeabilità della membrana usata come radice. Le analisi a scansione elettronica (SEM) e spettroscopiche hanno evidenziato come l’idrogel abbia riempito completamente e uniformemente la membrana in PVDF. Come per le foglie di membrana in alluminio anodizzato, l’assorbimento di acqua capillare e il rifiuto di NaCl sono stati valutati nella mangrovia sintetica con la foglia di idrogel a 30°C di temperatura ambientale e al 40% di umidità relativa. Le foglie di idrogel, concludono i ricercatori, hanno permesso un marcato aumento della stabilità rispetto alle foglie in alluminio, ma come per quest’ultime lo scarto di NaCl è diminuito con l’aumentare della pressione osmotica dell’alimentazione. Lo studio, dunque, ha replicato il processo di desalinizzazione selettiva guidata dai capillari di acqua salata a forti pressioni negative: di qui la convinzione di poter applicare direttamente la teoria della coesione-tensione alla dissalazione e al trasporto di acqua a lungo raggio tipico delle mangrovie. Gli autori della ricerca lanciano anche alcuni spunti per ulteriori approfondimenti. In particolare, dicono, la mangrovia sintetica potrebbe essere utilizzata per studiare ulteriormente la traspirazione e la desalinizzazione, valutando l’impatto di altre parti della pianta coinvolte nell’assorbimento e nel rilascio di acqua. Il risultato che giudicano più convincente è la capacità dimostrata dal dispositivo sintetico di avere un funzionamento stabile a pressioni negative senza precedenti (<−338 bar). Rispetto ad altri dispositivi artificiali, una simile stabilità potrebbe essere attribuita alla presenza di membrane selettive sia nella radice e sia nelle foglie, così da ostacolare l’ingresso di impurità causa di cavitazione. In generale, guardando ad applicazioni future, il processo di dissalazione è fondamentale per produrre acqua dolce da fonti non tradizionali. Ma se nelle mangrovie l’energia necessaria proviene principalmente dall’assorbimento di calore per indurre l’evaporazione, nei grandi sistemi industriali l’energia dovrebbe essere fornita, esattamente come già avviene negli impianti di dissalazione termica18. Per questo motivo, la desalinizzazione guidata dai capillari non è probabilmente un’alternativa fattibile per applicazioni di desalinizzazione su larga scala. Si potrebbero, tuttavia, prevedere impieghi in ambito urbano, integrando mangrovie sintetiche negli edifici per la gestione passiva delle acque piovane, seguendo il design delle teorizzate “città di spugna” (19). In questo scenario, gli edifici assorbirebbero le acque sotterranee in eccesso e l’acqua evaporerebbe da muri e tetti. Con un ulteriore vantaggio: l’evaporazione dell’acqua dalle pareti dell’edificio fornirebbe anche un raffreddamento passivo.

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La relazione dose-risposta tra sodio nella dieta e pressione sanguigna Il più completo studio di revisione sistematica e meta-analisi prova a fare chiarezza mettendo ordine tra 133 ricerche precedenti

L

a riduzione di sodio è una delle possibili azioni di risposta studi che, nella scienza delle revisioni sistematiche, ha sostituito il all’ipertensione, a sua volta uno dei principali fattori di precedente QUOROM Statement. rischio per le malattie cardiovascolari, che nel solo 2017 Al termine del lavoro, hanno spiegato gli autori, è emerso che hanno causato almeno 17,8 milioni di decessi in tutto il un abbassamento della pressione sanguigna ottenuta con la ridumondo1. Ma a dispetto di numerosi studi che hanno analizzato zione del sodio indica l’esistenza di una relazione dose-risposta l’effetto di una dieta iposodica sulla pressione sanguigna, non esiste una valutazione univoca dell’impatto esercitato. Determinare in modo preciso la relazione tra le variazioni dell’assunzione di sodio nella dieta e la pressione sanguigna è la chiave necessaria per progettare efficaci politiche di intervento sulle abitudini degli individui. È in questo contesto che si inserisce lo studio sugli effetti esercitati sulla pressione del sangue dalla quantità e dalla durata di una riduzione di sodio, realizzato da un gruppo di ricercatori affiliati agli istituti e alle università di Sydney, Osaka, Londra, San Diego e Calgary. Lo studio2, coordinato tra gli altri da Feng J. He, professore della Queen Mary University di Londra, è un reporting di revisione sistematica e meta-analisi di ricerche precedenti, portato a termine attraverso il supporto del consorzio TRUE3 e gli standard del metodo PRISMA (Preferred Reporting Items for Systematic reviews and Meta © Angelus_Svetlana/www.shutterstock.com Analyses)4, un modello di aggiornamento degli

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maggiore nelle popolazioni più anziane, nelle popolazioni non caucasiche e in quelle con pressione sanguigna più alta. La ricerca – primo autore, Liping Huang, data scientist della Sydney School of Public Health dell’Università di Sydney – ha seguito la strategia già sviluppata per una precedente meta-analisi5, che utilizzava ricerche basate su alcune parole chiave (in inglese), quali “cloruro di sodio, dietetico”, “sodio, dietetico” o “dieta, limitata nel sodio” e “studio randomizzato controllato” “studio clinico controllato”. Nella meta-analisi sono state incluse anche le reference di ricerche originali sull’argomento e altri articoli di revisione, in modo da ottenere un pacchetto molto più esteso di studi da indagare. Ottenuti i record di ricerca, tre revisori ne hanno valutato l’idoneità in maniera indipendente: questo ruolo è stato svolto da Huang, da Kathy Trieu, del George Institute for Global Health di Sydney, e da Sohei Yoshimura, del National Cerebral and Cardiovascular Centre di Osaka. La prima fase del lavoro li ha visti impegnati nel selezionare nella maniera più coerente possibile le indagini e i dati da inglobare nella valutazione. Alcune analisi sono risultate poco efficaci nel fornire una risposta a causa del ricorso a campioni di urina frazionata per la valutazione dell’assunzione di sodio: una scelta che può produrre valutazioni eccessive o inferiori al dato reale6. Ecco perché gli autori hanno scelto di includere nel processo le ricerche basate sulla raccolta di urina solo se erano presenti anche

dati relativi alla pressione sistolica o alla misurazione della pressione diastolica. Sono stati così identificati 17.477 record di ricerca, di cui 462 pubblicazioni selezionate per la revisione del testo completo (di queste, 329 sono state escluse). Sono stati inoltre inclusi solo gli studi con l’allocazione casuale dei partecipanti tra i gruppi di riduzione del sodio e i gruppi di controllo con maggiore consumo. I trial con interventi concomitanti, farmacologici o meno, sono stati inclusi solo se gli stessi erano stati applicati allo stesso modo a tutti i gruppi. Sono stati, invece, esclusi gli studi condotti su bambini e adolescenti, su donne in gravidanza o su individui con patologie confondenti, quali malattie renali o insufficienza cardiaca. In definitiva, 133 studi hanno soddisfatto i criteri di inclusione stabiliti dal gruppo di Huang e sono entrati a far parte del processo di revisione. La patente di qualità di uno studio del pacchetto indagato è stata assegnata sulla scorta dei cinque principi indicati dalla versione 5.0.1 del Manuale Cochrane, uno strumento per la valutazione del rischio di parzialità in studi randomizzati7. Le indicazioni dello stesso manuale sono state utilizzate per estrarre gli errori standard dei risultati, calcolando gli intervalli di confidenza o i P-value. In generale, hanno spiegato gli autori, nonostante diversi fattori negativi per la valutazione (per esempio, solo il 41,9% degli studi era in doppio cieco) e la scarsità di indicatori per la qualità dei singoli studi, le valutazioni generali effettuate possono essere considerate di qualità elevata poiché sono stati inclusi solo studi randomizzati e solo una piccola parte di questi era mancante di dati significativi. Grande accuratezza è stata usata nell’estrazione dei dati, affinché fossero coerenti e precisi. I dati cercati riguardavano le caratteristiche dello studio esaminato, le caratteristiche demografiche dei partecipanti, il disegno dello studio (se, per esempio, a gruppi paralleli o studio clinico cross-over), la durata dell’intervento (calcolata dalla randomizzazione fino all’ultima misurazione di follow-up negli studi a gruppo paralleli e come durata di ciascun periodo di intervento, escluse le fasi di run-in e washout, negli studi crossover), il sodio urinario nelle 24 ore e la pressione sanguigna al basale. I ricercatori sono riusciti anche ad estrarre i dati riunendo gli studi in sottogruppi definiti per età, genere, etnia, escrezione di sodio media al basale nelle 24 ore, stato della pressione arteriosa (individuo normoteso, ipertensivo, misto), pressione arteriosa sistolica. In particolare, fattori quali l’età, il sesso, il gruppo etnico e l’assunzione di sodio al basale sono stati identificati come Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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© forma82/www.shutterstock.com

potenziali modificatori dell’effetto della riduzione del sodio sulla pressione sanguigna5. I dati relativi agli effetti dell’intervento sul sodio urinario, alla pressione arteriosa sistolica e alla pressione diastolica sono stati estratti direttamente dagli studi analizzati, se disponibili. Altrimenti sono stati calcolati dal gruppo di lavoro: negli studi cross-over sono stati calcolati come le differenze tra il dato alla fine del periodo di assunzione di minore sodio (intervento) e quello alla fine del periodo di assunzione di più sodio (controllo); negli studi a gruppi paralleli, come le differenze emerse nei gruppi tra la misurazione dal basale e l’ultima misurazione di follow-up. L’obiettivo dichiarato di Huang e colleghi era esaminare la relazione dose-risposta tra la riduzione del sodio nella dieta e la variazione della pressione sanguigna. Per valutare quanto fosse preziosa l’ambizione degli studi esistenti, per addivenire a una risposta chiara sulla relazione, basta partire dal contesto generale e dalla letteratura esistente. Comunemente una dieta ricca di sodio viene associata a un livello più elevato di pressione sanguigna8-10, eppure, attualmente, la maggior parte delle popolazioni consuma un livello molto più elevato del fabbisogno fisiologico, stabilito in un grammo al giorno11. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda un’assunzione giornaliera di sodio massima di 2 grammi (pari a 5 grammi di sale) per gli adulti12. Nella maggior parte dei Paesi, inoltre, la dose consigliata nella dieta per prevenire la pressione alta e le malattie cardiovascolari è inferiore a 2,4 g al giorno13-14. Ma anche questo dato non è soggetto a un parere unanime. Secondo alcuni scienziati il beneficio ricavato dalla riduzione del consumo di sodio è irrilevante15. Per altri, invece, esiste persino un correlato aumento del livello di lipidi nel sangue con conseguente rischio di mortalità. Secondo altre risoluzioni, ancora, un rischio più elevato di mortalità a bassi livelli di assunzione di sodio è un artefatto attribuibile a fattori come la causalità inversa e la stima distorta dell’assunzione di sodio16. Uno dei limiti riscontrati nelle indagini precedenti era legato all’impossibilità di determinare una relazione dose-risposta definitiva, soprattutto per i partecipanti con pressione sanguigna normale17. È stata poi riscontrata un’elevata possibilità di errore nelle stime dell’effetto del cambiamento di abitudine nell’assunzione di sodio qualora l’osservazione fosse stata fatta in un periodo limitato. Una valutazione a breve termine della relazione, hanno spiegato

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gli scienziati, tende a sottostimare l’effetto della riduzione del sodio sulla pressione sanguigna. Tra gli esempi di inadeguatezza della risposta alla domanda obiettivo, il gruppo di Huang e colleghi ha potuto mostrare come una precedente ricerca basata su quindici analisi, ciascuna con una cronologia di misurazioni differenti, non fosse riuscita a fornire un solo dato univoco sugli effetti della riduzione del sodio sulla pressione sanguigna durante un periodo specifico esaminato18. Per questo gli autori hanno poi applicato un metodo di inclusione dei criteri decisamente più ristretto delle analisi precedenti. L’analisi statistica è stata condotta con il metodo DerSimonian e Laird per ottenere stime aggregate dell’effetto dell’intervento sulla diuresi, sulla pressione sistolica e su quella diastolica. L’indice I2 è stato invece applicato per l’analisi dell’eterogeneità dei risultati della sperimentazione. I vari studi sono poi stati raggruppati in cinque categorie (durata inferiore o uguale ai sette giorni, compresa tra sette e quattordici giorni, tra quattordici e trenta, tra trenta giorni e sei mesi, oltre sei mesi). Uno dei nodi principali emersi è stata proprio l’impossibilità di avere una risposta chiara negli studi condotti su periodi brevi, poiché questi ultimi sono di solito basati su diete molto limitate e possono comportare improvvise e notevoli variazioni nell’assunzione di sodio, con effetti molto diversi da quelli generati da interventi a medio o lungo termine. La maggior parte degli studi esaminata aveva previsto una sola misurazione al completamento del follow-up. Tra i 133 studi inclusi, 77 erano di durata inferiore a 15 giorni e solo cinque prolungati oltre i sei mesi. Per quanto attiene i risultati, gli autori ammettono di aver notato un cambiamento medio di −130 mmol (intervallo di confidenza al 95%) nel sodio urinario nelle 24 ore, di −4,26 mm Hg nella pressione arteriosa sistolica e di −2,07 mm Hg nella pressione arteriosa diastolica2. Nella meta-analisi condotta sui gruppi diversificati, l’entità della variazione dell’escrezione urinaria di sodio nelle 24 ore è stata associata alla variazione della pressione sanguigna, tenendo conto di fattori quali età media, genere, percentuale di etnia e pressione arteriosa al basale. In queste analisi, ogni riduzione di 50 mmol del sodio urinario nelle 24 ore è stata associata a una riduzione della pressione arteriosa sistolica di 1,10 mm Hg e alla riduzione della pressione arteriosa diastolica di 0,33 mm Hg. La meta-analisi basata sulla durata dell’intervento non ha, invece, identificato alcuna associazione complessiva con l’entità della


SCIENZE riduzione della pressione arteriosa sistolica o della riduzione della pressione diastolica. Erano sei gli studi presenti nel pacchetto esaminato ad aver registrato misurazioni multiple in diversi momenti: non hanno mostrato alcuna differenza apparente nel modello di abbassamento della pressione sanguigna osservato nel tempo. Rispetto all’associazione in presenza di variegati fattori demografici, la relazione è emersa eterogenea per quanto attiene ai gruppi etnici, positiva rispetto all’età. In conclusione, il principale risultato ottenuto2 dallo studio è la dimostrazione che la riduzione del sodio porta a una significativa riduzione della pressione arteriosa sistolica negli adulti, sia di sesso femminile che maschile, qualunque sia il gruppo etnico di riferimento. Anche la pressione arteriosa diastolica è diminuita significativamente nella maggior parte dei sottogruppi. La relazione dose-risposta si è espressa con una maggiore riduzione della pressione sanguigna quando era stata messa in campo anche una più consistente riduzione dell’assunzione di sodio. Effetto ancora più rilevante se osservato nella popolazione di età avanzata e con una pressione sanguigna al basale più alta. Una delle variabili meno definitive è la durata dell’intervento di riduzione del sodio. Gli scienziati concordano nell’affermare che periodi troppi brevi, inferiori ai quindici giorni, possano portare a stime scorrette. Sono ancora troppo pochi, hanno fatto notare, gli studi a lungo termine disponibili e appaiono necessarie ulteriori ricerche per trarre una conclusione definitiva sul fatto che una riduzione prolungata del sodio influenzi l’entità dell’abbassamento della pressione sanguigna. Al termine del paper, Huang e colleghi suggeriscono un metodo per migliorare la valutazione dell’impatto della durata della riduzione del sodio: sarebbe opportuno raccogliere le misurazioni del cambiamento di sodio assunto e il cambiamento della pressione sanguigna in più momenti. La letteratura prodotta ha generato incertezza sull’argomento, incapace di fornire una risposta univoca e poco generalista. Nessuno studio aveva indagato in modo autonomo gli effetti della riduzione del sodio tra soggetti con diversi livelli di pressione arteriosa iniziale. Alcuni studi avevano suggerito conclusioni differenti circa la qualità dell’effetto nei soggetti ipertesi. Altri avevano osservato le risposte di vari gruppi etnici fornendo dati contrastanti. Questo lavoro di revisione e meta-analisi ha provato a fare ordine. La riduzione del sodio ha comportato una riduzione della pressione sanguigna in un gruppo molto ampio di popolazioni, hanno concluso gli autori, con una forte relazione dose-risposta tra l’entità della riduzione del sodio e l’entità dell’abbassamento della pressione sanguigna. Gli effetti della riduzione del sodio sono stati più evidenti in relazione a livelli maggiori di pressione sanguigna iniziale, ad un’età avanzata e tra le popolazioni non bianche. Tuttavia, quasi tutti i gruppi di popolazione esaminati hanno ottenuto una riduzione della pressione sanguigna. (S. L.).

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Malaria: svelato il meccanismo con cui P.falciparum sfugge alle terapie Avanza la resistenza ai farmaci anti-malarici nel Sud-est Asiatico, ma oggi abbiamo nuove armi per combatterla

di Giada Fedri

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a malaria è una malattia infettiva causata da cinque specie di protozoi del genere Plasmodium: P.vivax, P.ovale, P.malariae, P.knowlesi e P.falciparum; il parassita è trasmesso all’uomo tramite puntura di una femmina di zanzara del genere Anopheles. Nella prima fase di sviluppo della malattia, asintomatica, il parassita elude il sistema immunitario localizzandosi nel fegato dove invade gli epatociti e si amplifica. Nella fase attiva i plasmodi raggiungono il circolo sanguigno e parassitano il loro bersaglio finale, i globuli rossi, causando febbre accompagnata spesso da brividi, cefalea, anemia e da manifestazioni gastrointestinali come vomito, diarrea e dolori addominali. A questi sintomi, nei casi più gravi, si possono aggiungere alterazioni della coscienza sino al coma, convulsioni, ittero, insufficienza renale e respiratoria, emorragie. La malaria da © Christoph Burgstedt/www.shutterstock.com P. falciparum rappresenta la

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forma più grave in termini di morbosità e mortalità (0,6-3,8% dei casi, con tassi anche maggiori nelle età estreme e in gravidanza) rispetto agli altri plasmodi, raggiunge infatti parassitemie molto elevate e oltre a causare una forte anemia e se non trattata tempestivamente può arrivare a ostruire i capillari del cervello (malaria


SCIENZE cerebrale) o altri organi vitali come reni, milza e fegato. Oltre la metà della popolazione mondiale è a rischio di contrarre la malaria, l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che nel 2016 ci siano stati circa 220 milioni di nuovi casi e 445.000 decessi, il 61% dei quali in bambini di età inferiore ai 5 anni [1]. Per il trattamento della malattia vi sono molteplici soluzioni farmacologiche ma nessuna è completamente efficace; la scelta delle sostanze e dei principi attivi infatti deve tenere conto della specie di plasmodio, dell’area geografica del contagio e soprattutto della distribuzione delle resistenze ai farmaci, tuttora in continua evoluzione [2]. Durante la seconda metà del 20° secolo, il trattamento antimalarico per eccellenza era la clorochina: sicura, economica e altamente efficace. Purtroppo circa 40 anni fa si sono sviluppati ceppi di resistenza nel Sud-est asiatico e in Sud America, dove ormai la clorochina non è più idonea al trattamento della malaria trasmessa da P. falciparum. Il fallimento dei farmaci a base di clorochina ha avuto conseguenze devastanti in Africa, con aumenti sostanziali dei tassi di morbilità e mortalità [3], che purtroppo restano ancora molto elevati a causa della mancanza di farmaci alternativi altrettanto disponibili e a basso costo. Tra l’altro, in molti paesi del Sud Est asiatico, dell’Africa e del Sud America, alla resistenza alla clorochina in casi di malaria da P.falciparum, si aggiunge quella a farmaci come la meflochina, i sulfamidici, l’alofantrina ed il chinino, condizione particolarmente grave considerando che è uno dei ceppi più pericolosi e potenzialmente fatale. La clorochina è attualmente attiva per sopprimere i ceppi di P.vivax, ma in alcuni paesi sono state descritte resistenze anche da parte di questo plasmodio (Papua New Guinea, Indonesia, Thailandia e India) [4]. I parassiti della malaria trascorrono parte del loro ciclo vitale all’interno dei globuli rossi umani, dove usano un compartimento specializzato legato alla membrana, il vacuolo digestivo, per internalizzare e degradare l’emoglobina proteica, generando così catene amminoacidiche necessarie per la loro sopravvivenza e crescita [5]. La digestione dell’emoglobina produce anche un prodotto secondario, il gruppo eme, tossico per il parassita, che cercherà di eliminarlo formando nel citoplasma cristalli di emozoina, un composto innocuo per il plasmodio. Diversi farmaci antimalarici come la clorochina, puntano ad inibire la bio-cristallizzazione dell’emozoina, legandosi al rilascio emesso nel vacuolo digestivo e prevenendo la disintossicazione del composto da parte del parassita, avvelenandolo con i suoi stessi detriti metabolici [5]. Diversi studi hanno individuato come principale mediatore della resistenza alla clorochina la proteina transmembrana PfCRT (P.Falciparum Chloroquine Resistance Transporter), membro della superfamiglia dei trasportatori di farmaci e metaboliti ed espressa sulla superficie del vacuolo digestivo del parassita [6] [7]. Quando mutata, PfCRT permette sia una diminuzione dell’accumulo di clorochina [8], [9] sia un aumento della sua espulsione dal vacuolo digestivo, rimuovendo così il farmaco dal suo sito di azione [10]. In un recentissimo studio pubblicato su Nature, Kim et al.[11] sviscerano le proprietà molecolari di PfCRT e rivelano le conseguenze di mutazioni finemente sintonizzate dei residui amminoacidici che rivestono una cavità centrale della proteina

transmembrana. Questi residui mutati consentono ai parassiti resistenti di trasportare alcuni farmaci antimalarici lontano dal loro sito di azione, e l’effetto delle singole mutazioni è diverso per i diversi farmaci, anche se strettamente correlati. Uno studio precedente [12] ha analizzato linee in vitro di P. falciparum resistenti alla clorochina provenienti da Africa, Sud America e Sud-Est asiatico, identificando la sostituzione della treonina (T76) con la lisina (K76) nella posizione 76 (K76T) come la principale mutazione puntiforme responsabile nel conferire la resistenza. Hanno così dimostrato che nonostante gli episodi di resistenza siano emersi in modo indipendente in diverse località del mondo, questa sia sempre associata alla suddetta sostituzione amminoacidica nel trasportatore, che si combina con altre mutazioni geograficamente specifiche per mediare la resistenza e migliorare l’idoneità dei parassiti mutanti [6], [10], [13]. Infatti, tutti i parassiti che mostravano pfcrt K76T presentavano ulteriori mutazioni, probabilmente necessarie a mantenere la funzione nativa della proteina e contemporaneamente conferire la resistenza alla clorochina: l’acquisizione simultanea di diverse mutazioni nello stesso gene sarebbe un evento estremamente raro, si ipotizza quindi o la loro presenza pregressa o l’acquisizione area-specifica; il che spiegherebbe il diverso tasso di emergenza e il modello contiguo della diffusione geografica in Sud America e nel Sud-est asiatico [14] e le diverse serie di mutazioni di pfcrt presenti negli isolati [6]. La diffusione della resistenza alla clorochina ha reso necessario l’utilizzo di nuovi approcci terapeutici e a tale scopo sono stati proposti farmaci derivati dall’artemisinina che associata a un maggiore controllo del vettore di zanzare Anopheles, ha dato ottimi risultati tra il 2000 e il 2015, riducendo il carico globale di malaria di circa il 37% [15]. Basti pensare che la ricercatrice cinese Tu Youyou vinse il premio Nobel nel 2015 per aver identificato, estratto e purificato il principio attivo dall’Artemisina annua (l’artemisinina) e averne dimostrato l’efficacia contro i parassiti della malaria. Le artemisinine hanno un gruppo perossido che, interagendo con il ferro dell’eme, lo ossida a ferro ferrico con la formazione di un radicale carbonio che danneggia la membrana del plasmodio, uccidendolo. Già nel 2005, il rapporto dell’OMS sulla ridotta suscettibilità del P. falciparum ai farmaci antimalarici metteva in guardia contro la possibilità e il pericolo della resistenza anche a questa nuova terapia [16] e proprio per questo nell’anno seguente, raccomandò di eliminare del tutto la monoterapia con artemisinina. Sebbene alcuni paesi abbiano applicato il divieto, a causa dei deboli ostacoli normativi molte aziende farmaceutiche hanno continuato a produrre e distribuire questa varietà di terapie nei paesi colpiti. Come temuto, sono emerse alterate risposte parassitarie alla monoterapia con artemisinina che sono ormai ben consolidate nella regione di confine tra Cambogia e Thailandia, un epicentro storico per lo sviluppo e la diffusione della resistenza ai farmaci antimalarici [17], [18], dove si è verificato in breve tempo, una netta riduzione della loro efficacia e una maggiore biomassa di parassiti sopravvissuti ai derivati dell’artemisina [19]. Come farmaco alternativo viene quindi proposta la piperachina (PQP), un composto strutturalmente correlato alla clorochina che mantiene l’attività contro i parassiti resistenti a quest’ultima. La PQP in combinazione con la diidro-artemisinina (DHA) ha permesso un controllo rapido ed efficace della malaria in Cambogia [20] e in diverse aree del mondo ed è stata per Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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© MIA studio/www.shutterstock.com

quasi quindici anni la terapia di prima linea per P.falciparum, con ottimi risultati. La preoccupazione è nata quando la resistenza del plasmodio all’approccio combinato è rapidamente dilagata nella stessa Cambogia, in Vietnam ed in generale nella regione del Mekong, [21], [22] da far sì che già nel 2014, quello che un tempo era il mix di medicinali più efficace riusciva a curare solamente il 13% dei pazienti del Sud-est asiatico. Inutile dire che se lo stesso avvenisse anche in Africa, dove si registrano il 92% dei casi di malaria nel mondo e il 93% dei decessi [1] le prospettive sarebbero decisamente preoccupanti. Ad oggi, sappiamo che l’origine molecolare della resistenza di P.falciparum alla piperachina è la stessa che aveva mediato la resistenza al vecchio antimalarico di prima linea, la clorochina [11]. Kim et al.[11] hanno dimostrato come la proteina PfCRT possa mutare in centinaia di modi, ma solo le alterazioni che interessano la cavità centrale della proteina permettono al plasmodio di espellere i medicinali. Tutto questo è stato possibile grazie all’utilizzo di tecniche all’avanguardia come la microscopia crio-elettronica (cryo-EM), che hanno rivoluzionato la biologia strutturale consentendo l’imaging diretto di proteine integrate nella membrana [23] come PfCRT, che sono difficilmente analizzabili usando la cristallografia a raggi X. Hanno scoperto così che PfCRT ha dieci domini transmembrana e una cavità centrale caricata negativamente. La cavità è aperta a livello del vacuolo digestivo ed è profonda fino a circa la metà della membrana, rimanendo quindi chiusa all’esterno. Quest’ultima ha un’apertura di 25Å, abbastanza grande da contenere sia la clorochina che la piperachina, ed il residuo di lisina (K76) carico positivamente, nella faccia interna della cavità respinge sia la prima, che ha due cariche positive, che la seconda, che ne ha quattro. Questo impedisce il loro trasporto al di fuori dal vacuolo digestivo, dove i farmaci svolgono la loro azione contro il plasmodio, avvelenandolo dall’interno. La mutazione K76T però, altera la distribuzione delle cariche del rivestimento interno del vacuolo di PfCRT, conferendo quin-

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di la resistenza ai suddetti farmaci. Tale mutazione però ha effetti diversi: sia la clorochina che la piperachina si legano infatti alla cavità mutata, ma solo la clorochina viene trasportata all’interno, probabilmente per la carica positiva inferiore rispetto alla piperachina quindi, i parassiti con la mutazione K76T sono resistenti alla prima, ma non alla seconda [11]. Tutto questo spiega perché una singola sostituzione amminoacidica non sia sufficiente a far acquisire al plasmodio la resistenza alla piperachina che emerge unicamente quando oltre a K76T, vengono acquisite ulteriori mutazioni [13]. E’ proprio grazie alla modellistica molecolare e all’analisi elettrostatica di PfCRT che è ora possibile spiegare perché le mutazioni possono avere effetti opposti sulla sensibilità dei parassiti della malaria ai farmaci: quelle associate alla resistenza alla piperachina possono ridurre la carica negativa o alterare la conformazione della cavità centrale PfCRT, cosa che potrebbe impedire al farmaco di legarsi troppo strettamente alla cavità aumentandone il suo trasporto dal vacuolo digestivo. Gli autori propongono che la distribuzione delle cariche superficiali nella cavità possa essere perfezionata in modo tale che il legame iniziale di un farmaco con PfCRT, e il suo successivo rilascio possa essere diverso per i singoli principi attivi. E’ importante sottolineare che non è una condizione statica bensì in continua evoluzione, P. falciparum è tuttora impegnato in un atto di bilanciamento delle cariche, generando mutazioni che bloccano l’azione di diversi farmaci mantenendo al contempo il suo adattamento e la sua sopravvivenza. Comprendere o prevedere i meccanismi di resistenza che potrebbero sorgere in Africa, dove si verificano oltre il 90% dei casi di malaria causata da P. falciparum [1] è fondamentale, anche perché in quell’area geografica si verificano meno mutazioni del trasportatore rispetto ad altre zone del globo, dove la resistenza alla clorochina sta diminuendo e la combinazione di piperachina e di-idroartemisinina rimane ancora altamente efficace [24]. Ulteriori studi sul PfCRT, compresa la visualizzazione delle conformazioni strutturali acquisite dalla proteina quando è legata al farmaco, spiegheranno ulteriormente gli effetti delle mutazioni collegate alla resistenza, aiutando a identificare i farmaci che potrebbero aggirare i meccanismi di sopravvivenza del plasmodio. E’ importante anche specificare che le basi genetiche della resistenza alla PQP sono al centro di diversi studi che suggeriscono un tratto multigenico, per cui oltre alle diverse mutazioni specifiche di PfCRT [25] sono stati identificati diversi potenziali marcatori molecolari: l’amplificazione delle Plasmapsine 1 e 2, classe di enzimi chiave nella digestione dell’emoglobina da parte dei plasmodi; la mutazione dell’esonuleasi 1 [26], [27] e del gene pfmdr 1 (P.falciparum multidrug resistance 1) [28]–[30], già associata alla resistenza alla clorochina ed altri composti antimalarici strutturalmente diversi come il chinino, l’ alofantrina , la meflochina e l’ artemisinina in vitro [31].


SCIENZE Le mutazioni genetiche e le modifiche del P. falciparum continuano a causare gravi problemi di salute in molti paesi, scoprire i segreti di una farmaco-resistenza dal potenziale così devastante per la salute mondiale è di cruciale importanza, e sarà proprio tramite l’analisi e la mappatura del genoma dei plasmodio nelle varie regioni di mondo che sarà possibile prevedere quali saranno le prossime aree colpite dalla resistenza alla piperachina, e trovare le strategie per arruolare la proteina stessa per il ripristino dell’efficacia dei farmaci è l’approccio terapeutico del futuro. L’individuazione di una prevalenza decrescente delle mutazioni della pfcrt in queste aree fornirebbe una logica per considerare la reintroduzione della clorochina, idealmente in combinazione con altri farmaci antimalarici, in modo da prevenire il riemergere della resistenza. Sarà necessaria una migliore comprensione dei fattori ospiti specifici che contribuiscono all’eliminazione dei parassiti con mutazioni specifiche per migliorare la capacità dei marcatori molecolari di prevedere la resistenza in vivo nelle popolazioni semi-immuni.

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ECM Questo articolo dà la possibilità agli iscritti all’Ordine di acquisire 3 crediti ECM FAD attraverso l’area riservata del sito internet www.onb.it.

Antiossidanti e Sport La Dieta Mediterranea come migliore supplemento Cosa dice la letteratura riguardo alla supplementazione di antiossidanti per migliorare la performance e il miglior pattern dietetico, promuovere il recupero e contrastare lo stress ossidativo

di Giuseppe Cerullo*, Massimo Negro**, Luca Tondini*, Giuseppe D’Antona** e Giorgio Liguori*

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ncel Keys, fisiologo americano dell’Università del Minnesota, fu il primo ad utilizzare il termine dieta mediterranea (MD) per descrivere un regime povero di grassi saturi osservato in Grecia e nell’Italia meridionale negli anni ‘60 (Davis et al 2015). Gli studi di Keys (considerato successivamente il padre della DM) nello specifico, presero il via dall’osservazione che alcune popolazioni dell’area mediterranea presentavano livelli di colesterolo ematici più bassi e una minore insorgenza di problematiche cardiovascolari rispetto agli abitanti di altri contesti europei. Nel 1975 Ancel Keys pubblicò la prima edizione del volume: “Eat well, and stay well. The Mediterranean way”, con i risultati del Seven Countries Study, descrivendo in modo semplice e puntuale i principi e i tanti benefici della DM. Nel 2017, a 42 anni di distanza dalla pubblicazione della versione originale, è stata divulgata la traduzione in italiano del libro di Ancel e Margaret Keys: “La dieta mediterranea. Come mangiare bene e stare bene”. Vere e proprie evidenze scientifiche, a suffragio delle teorie

Dipartimento di Scienze Motorie e del Benessere, Università degli Studi di Napoli “Parthenope” ** CRIAMS-Medicina dello sport, Università di Pavia, Voghera (PV). *

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di Keys, sono state acquisite solo a distanza di tempo, ed in particolare negli ultimi 15 anni: 5.850 i “prodotti” che compaiono in Pub med inserendo in tale motore di ricerca il termine “Mediterranean Diet”. Ciò ha portato, nel 2010, l’UNESCO a riconoscere la DM come “bene protetto” e dunque patrimonio immateriale dell’umanità. Dal momento che si ricorre a pietanze tradizionali che rispettano anche la stagionalità dei prodotti e del territorio, oltre alla valenza nutrizionale, sociale e culturale, la DM è riconosciuta come uno dei modelli alimentari più sostenibili sia per l’ambiente che per effettivo “guadagno” di salute (Dernini et al 2016). La tipica DM è caratterizzata da un elevato apporto di alimenti di origine vegetale (frutta fresca, verdure, cereali e derivati, patate, legumi, noci e semi) fonti di carboidrati complessi, fibre e ricchi in micronutrienti. L’olio extravergine di oliva rappresenta la principale fonte di grassi, che complessivamente dovrebbero costituire circa il 30-40% delle calorie giornaliere, mentre latticini (principalmente formaggi leggeri e yogurt), pesce e pollame sono le principali fonti proteiche, ricche di aminoacidi essenziali, che insieme a quelle di origine vegetale dovrebbero costituire fino al 20% dell’introito energetico quotidiano. Un’ottima fonte di acidi grassi polinsaturi (PUFA) è il pesce, mentre la carne rossa deve essere consumata con moderazione. In termini quantitativi, quasi mai ci si riferisce ai macro-


ECM nutrienti della DM in valore assoluto in quanto il fattore caratterizzante, in termini strettamente nutrizionali, non è il singolo alimento o nutriente, bensì il rapporto tra questi. In particolare, il rapporto tra proteine e carboidrati, che di norma può variare tra 1:3 a 1:6, è l’elemento che rende la DM regime dietetico particolarmente flessibile e dunque plasmabile sulle caratteristiche del singolo. Oggi la DM è apprezzata soprattutto per i benefici effetti a lungo termine sulla salute dovuti probabilmente al consumo di alimenti ricchi in composti bioattivi di cui abbonda (polifenoli, fitosteroli e carotenoidi) presenti soprattutto in frutta, verdura, noci, cereali e legumi, alimenti spesso non presenti in altri approcci © Foxys Forest Manufacture/www.shutterstock.com dietetici. Una recentissima review, pubblicata su Nutrients da un gruppo di ricercatori dell’Università di Foggia, riferisce che una maggiore aderenza alla dieta mediterterraneo. Un vero e proprio modus vivendi che include anche ranea potrebbe rallentare i processi fisiologici dell’invecchiala pratica regolare di esercizio fisico, e più in generale, uno stile mento (Capurso et al 2019). di vita attivo. Come sostenuto da Keys, la DM va ben oltre il senso stretto di regime alimentare ma rappresenta una cultura, la combinaDieta mediterranea adattata all’esercizio zione di abitudini nutrizionali, stili di vita e tradizioni che accoQuando si fa riferimento alla nutrizione sportiva occorre munavano gli individui che popolavano i Paesi del mar Mediconsiderare diversi fattori, primi fra tutti la tipologia di sport praticato, il volume e l’intensità di allenamento, le caratteristiche del soggetto che lo pratica e gli obiettivi che intende raggiungere. Seguendo le ultime position stand dell’International Society of Sport Nutrition (ISSN) è possibile calibrare le esigenze nutrizionali di ciascun individuo adattando la DM ai parametri, precedentemente menzionati, che caratterizzano l’esercizio fisico (Kerksick et al 2018, Jager at al 2018). Una persona che si allena 2-3 volte a settimana per 30-40 minuti effettivi di esercizio (ad esempio, frequentatore di palestra senza fini prestazionali) non ha bisogno di stravolgere le proprie abitudini o di aumentare in modo significativo l’introito di nutrienti in quanto una dieta di 1.800-2.400 kcal soddisfa adeguatamente il fabbisogno energetico della maggior parte dei soggetti tra i 50 kg e gli 80 kg. Vale a dire che, chi si allena per sessioni di durata inferiore ai 60 min per 3-4 volte/settimana dovrebbe raggiungere un apporto di carboidrati di circa 3-5 grammi per kilogrammi di peso corporeo (g/kg/die), da modulare a seconda delle caratteristiche del soggetto. Atleti impegnati invece in sessioni di allenamento maggiori per volume, frequenza e intensità (fino a 2-3 ore al giorno per 5-6 volte a settimana ad un intensità pari a 65-80% VO2max), dovrebbero raggiungere un apporto di carboidrati almeno pari a 5-8 g/kg/die per poter ripristinare velocemente le scorte di glicogeno consumato in vista di imminenti gare o allenamenti di routine. Chi si allena più volte al giorno ad intensità elevate (65-85% VO2max, 3-6 h di allenamento intenso per 5-6 giorni a settimana) dovrebbe invece aumentare l’apporto di carboidrati, fino a 10 g/kg/die, o Figura 1. (da: D’Antona G, 2019). anche fino a 12 g/kg/die, a seconda del periodo di allenamento Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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ECM sione della potenziale performance di esercizio ad alta intensità (Purdom et al 2018, Constantin-Teodosiu et al 2019). Quest’ultima considerazione dovrebbe da sola eliminare ogni ragionevole dubbio circa l’adozione di regimi alimentari spinti in grassi e poveri di carboidrati che di fatto, in termini “prestativi”, non trovano ad oggi conferma di evidenze scientifiche in letteratura. Esercizio fisico e radicali liberi L’esercizio fisico, soprattutto praticato ad alte intensità, induce una serie di processi che aumentano la produzione di energia e comportano l’ossidazione di diversi substrati principalmente nei mitocondri. Con l’aumentare dei processi ossidativi mitocondriali, quasi tutto l’ossigeno consumato durante la respirazione viene ridotto generando acqua; la quota residua non completamente ridotta in acqua forma specie chimiche altamente reattive chiamate radicali liberi (Clarkson et al 2000, Radak et al 2013). La quota di ossigeno coinvolto nei processi mitocondriali che viene rilasciata come specie reattiva dell’ossigeno (ROS, Figura 2. la risposta adattativa in seguito a singola sessione di esercizio è limitata e spesso comporta danni ossidativi. Reactive Oxygen Species) di fatto è di circa l’1-5%. Le L’adattamento indotto dalla pratica regolare di esercizio fisico, dovuto all’alternanza di periodi di esercizio e riposo, si cellule sottoposte a “stress” devono così adottare alcutraduce in una migliore protezione e resistenza contro lo stress ossidativo attenuando il processo di invecchiamento ni meccanismi per sopravvivere all’equilibrio perturin generale. MDA, alondialdeide; RCD, derivati carbonilici reattivi; 8-OHdG, 8-idrossi-2’-deossiguanosina. bato e ripristinare l’omeostasi: “Ciò che non ti uccide o del tipo di gara da sostenere, come ad esempio nel caso di ti rende più forte” (F. Nietzsche). una competizione ciclistica a tappe. Alcune indicazioni di linee Lo stress ossidativo, che dunque, riflette uno squilibrio tra guida correnti sono riportate nelle Tabelle 1-3. la produzione di ROS e la difesa antiossidante, è stato associato Dal momento che le quantità di nutrienti, principalmente di a patologie neurodegenerative, metaboliche, cardiovascolari e carboidrati, in alcuni casi risultano elevate in maniera evidente, in generale all’invecchiamento (Carrier et al 2017, Dandekar et diventa fondamentale il ruolo delle fibre al fine di mantenere al 2015). una buona omeostasi glucidica e assicurare un rilascio continuo Anche gli atleti possono essere considerati soggetti espodi nutrienti nel torrente ematico. Per tale motivo, la maggior sti ad elevato stress ossidativo conseguente ai grandi volumi di parte dei carboidrati dovrebbe provenire da cereali integrali e esercizio praticato ad elevate intensità. da frutta e verdura. Per contro, pasti meno complessi - a base Perché dunque l’esercizio fisico, che induce un aumento dei soprattutto di carboidrati e poche fibre e proteine - vanno preradicali liberi, come ampiamente dimostrato, riduce l’incidenferiti quando l’obiettivo è recuperare glicogeno il più rapidaza delle malattie associate allo stress ossidativo? In effetti, una mente possibile e strategicamente si ricerca una maggiore velocità di digestione e di assorbimento (Figura 1). Mangiare carboidrati alcune ore prima dell’esercizio sembra promuoverne l’ossidazione, diminuire il senso della fatica e, in generale, migliorare la performance. D’altronde, da un punto di vista biochimico, la prestazione ad alta intensità viene definita carboidrato-dipendente proprio perché risulta inibita la lipolisi. Con l’aumentare dell’intensità, aumentano il flusso glicolitico e l’espressione della piruvato-deidrogenasi (PDC) permettendo l’incremento del tasso di ossidazione dei carboidrati; parallelamente si verifica down regulation della Carnitina Acil Transferasi e l’ossidazione dei grassi diminuisce. Il principale enzima quindi che riesce a “sostenere” l’elevata richiesta energetica è la PDC, complesso enzimatico responsabile dell’ossidazione del piruvato come substrato finale della via glicolitica. Studi recenti hanno accertato Figura 3. La produzione di ROS durante l’esercizio innesca diverse vie di segnalazione. una ridotta attività della PDC nel caso di diete ad Integratori con proprietà antiossidanti, rischiano di interferire con diversi sistemi innescati in acuto dai ROS nel muscolo alto contenuto in grassi, con inevitabile compromis- scheletrico durante l’esercizio riducendo gli adattamenti favorevoli nel tempo.

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ECM singola sessione di esercizio comporta nell’immediato danni alle cellule e riduzione del potenziale della membrana mitocondriale, mentre la pratica regolare di esercizio fisico migliora la resistenza contro lo stress ossidativo (Radak et al 2013) (Figura 2). L’aumento del livello di ROS è sempre stato considerato deleterio per le cellule ma le evidenze emerse negli ultimi due decenni hanno fornito uno scenario ben diverso. Di fatto, i ROS generati fisiologicamente durante l’esercizio fisico costituiscono importanti fattori coinvolti in diverse vie di segnalazione che regolano non solo la sovraregolazione degli enzimi antiossidanti endogeni, ma anche l’assorbimento del glucosio nel muscolo scheletrico, la biogenesi mitocondriale e lo sviluppo di forza e ipertrofia muscolare (Ji 2008, Peternelj et al 2011). L’esposizione cronica della cellula ad alti livelli di ROS invece è pericolosa perché può esaurire il sistema antiossidante non enzimatico e portare a compromessa funzionalità cellulare, danni alle macromolecole, Figura 4. I principi della dieta mediterranea. apoptosi e necrosi. roli (vitamina E), l’acido ascorbico (vitamina C), i carotenoidi Per combattere l’eccesso di ROS, disponiamo di sistemi di (b-carotene) e i composti polifenolici. difesa altamente efficaci che includono antiossidanti endogeni La produzione di ROS indotta dall’esercizio fisico è uno ed esogeni. Tra gli endogeni, i principali enzimi sono la supedegli stimoli naturali più potenti per migliorare il profilo anrossido dismutasi (SOD), la catalasi, il glutatione perossidasi tiossidante endogeno aumentando l’espressione degli enzimi (GPX) e il glutatione reduttasi mentre glutatione, acido urico, antiossidanti. I soggetti allenati mostrano infatti un numero più acido lipoico e coenzima Q10 sono esempi di antiossidanti non elevato di mitocondri che consente livelli inferiori di attività reenzimatici. spiratoria per lo stesso grado di generazione di ATP producenI principali antiossidanti presenti nel cibo sono i tocofedo livelli più bassi di ROS rispetto ai soggetti non allenati (Radak 2013). Gli atleti di solito si concentrano sulla quantità giornaliera di proteine per il recupero dal danno muscolare o di carboidrati per ripristinare il glicogeno; raramente sono interessati agli alimenti ricchi di antiossidanti che invece, come descritto, dovrebbero assumere ogni giorno per contrastare lo stress ossidativo.

Tabella 1. Linee guida sull’apporto di carboidrati in relazione al modello prestativo (da: D’Antona G, 2019).

Supplementare con antiossidanti per migliorare lo stato di salute o per aumentare la performance? Una persona attiva che pratica esercizio fisico 2-3 volte a settimana per un ora di esercizio fisico e segue una dieta bilanciata di 1.800-2.400 kcal, non ha bisogno di ricorrere a nessun tipo di integratore, come riportato anche nelle linee guida elaborate nel 2019 dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA) https://www.crea. gov.it/web/ alimenti-e-nutrizione/-/linee-guida-per-uIl Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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Tabella 2. Linee guida sull’apporto di carboidrati in relazione al tempo di allenamento settimanale (da: D’Antona G, 2019).

na-sana-alimentazione-2018). Nelle ultime decadi, la relazione tra stress ossidativo e malattie ed invecchiamento ha portato le multinazionali ad impegnarsi nella formulazione di diverse miscele antiossidanti, che fossero in grado di prospettare migliori prestazioni. Ciò ha reso l’uso di tali supplementi (nella maggioranza dei casi di Vitamina C, Vitamina E o di mix) una pratica diffusa sia tra gli atleti, professionisti e non, sia nella popolazione generale (Maughan 2007). Sebbene questi prodotti vengano regolarmente venduti, non di rado mancano di solide prove scientifiche circa la loro reale efficacia e la sicurezza nel tempo. Una revisione sistematica pubblicata su JAMA nel 2013 ha studiato la relazione tra consumo di antiossidanti e riduzione della mortalità, includendo i risultati di 78 studi clinici randomizzati condotti dal 1977 al 2012. Gli AA concludono sostenendo che gli integratori antiossidanti non sarebbero associati ad una ridotta mortalità per tutte le cause, confermando l’assenza di prove a supporto dell’utilizzo di tali integratori come mezzo di prevenzione primaria o secondaria; l’integrazione di beta carotene, di vitamina A e vitamina E, addirittura, potrebbe essere associata ad un aumento della mortalità per tutte le cause (Bjelakovic et al 2013). Un composto antiossidante potrebbe poi comportarsi da pro-ossidante in vivo come segnalato in uno studio del 2014. Sono pertanto assolutamente necessarie ulteriori ricerche che possano definire le condizioni in cui un antiossidante si converte in pro-ossidante e in che modo l’integrazione potrebbe avere effetti benefici sulla salute (Liu et al 2014). Inoltre, dal momento che nella contrazione muscolare il segnale redox è elemento chiave nel regolare diversi sistemi, l’assunzione di alte dosi di antiossidanti, e la conseguente soppressione nella produzione di ROS, esporrebbe al rischio di influire negativamente sugli adattamenti indotti dall’esercizio fisico e compromettere così le prestazioni (Merry 2016, Petenerlj et al 2011, Mankovsky et al 2015)(Figura 3). In un articolo pubblicato sul The American Journal of Clinical Nutrition, gli Autori descrivono come l’assunzione orale di 1 g/giorno di Vitamina C fosse in grado di ridurre gli aumenti del VO2max indotti dall’allenamento per via di una minore biogenesi mitocondriale muscolare (Gomez-Cabrera et al 2008).

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Analoghi risultati sono segnalati in uno studio condotto su atleti professionisti di diverse discipline nel quale la somministrazione orale di integratori antiossidanti avrebbe determinato una riduzione della capacità aerobica (Skaug et al 2014). Sebbene l’integrazione di multivitaminici a basse dosi possa risultare utile, in casi particolari e con il benestare del professionista, non esiste integratore alcuno che possa compensare una dieta di scarsa qualità e uno stile di vita non salutare (Biesalski e Tinz 2017). Dieta mediterranea, antiossidanti e sport Negli ultimi anni, diversi Autori si sono interessati ai meccanismi di segnalazione innescati dai ROS prodotti dall’esercizio fisico e delle interferenze dovute alla somministrazione di antiossidanti (Barnard et al 2019, Merry & Ristow 2016, Mankowski et al 2015, Pingitore et al 2015), concludendo univocamente che sebbene l’apporto giornaliero di antiossidanti sia essenziale per combattere lo stress ossidativo, assumerli tramite il cibo piuttosto che con capsule (o altre formulazioni), oltre ogni ragionevole dubbio, si rivela la scelta migliore. Gli alimenti contengono composti antiossidanti, in quantità e proporzioni che agiscono in sinergia senza interferire con la segnalazione fisiologica dei ROS. Per gli atleti, in particolare, diventa essenziale scegliere un modello dietetico che promuova il recupero energetico e plastico ma fornisca allo stesso tempo un apporto ottimale di antiossidanti. Secondo alcuni Autori, la DM potrebbe essere la scelta ideale perché include, come già riportato, cibi ricchi di composti bioattivi come tocoferoli, carotenoidi e polifenoli (Alonzo et al 2019, Bifulco et al 2019). Gruppi alimentari tipici per descriverne il modello sono appunto la frutta, le verdure, le noci, i legumi, il pesce, i cereali integrali e l’olio extra vergine di oliva (EVOO), tutti considerati oggi veri e propri “alimenti funzionali”. In particolare, l’EVOO offre una protezione notevole contro lo stress ossidativo sia in vitro che in vivo, poiché elimina efficacemente i radicali superossido. È inoltre noto come i cibi di origine vegetale rappresentino le più importanti fonti di composti fenolici (principalmente flavonoidi), e come il consumo regolare di noci e olio d’oliva, quale principale fonte di grassi, garantisca un elevato apporto di antiossidanti. Numerosi studi hanno dimostrato come l’adozione della


ECM DM potrebbe migliorare le difese antiossidanti e contrastare così lo stress ossidativo indotto da un intenso e prolungato esercizio fisico. I potenziali benefici sul sistema antiossidante migliorano grazie al consumo di alimenti con proprietà antiossidanti piuttosto che con all’assunzione di integratori (Dai et al 2008, Galli et al 2001, Schwingshackl et al 2019). I risultati di un recente studio clinico randomizzato confermerebbero che le diete arricchite con alimenti funzionali (AO), prive di integrazione, possono migliorare lo stato redox di triatleti senza comprometterne le prestazioni. Nello specifico, ciò avverrebbe per una dieta AO consistente in due volte l’apporto giornaliero racco- Tabella 3. Linee guida sull’apporto proteico nell’atleta (da: D’Antona G, 2019)mandato (RDA-Recommenluce delle attuali conoscenze, una dieta sana, ricca di alimenti ded Daily Allowance) per contenenti composti naturalmente bioattivi, oggi rappresenta di α-tocoferolo (30 mg) e vitamina A (1800 µg) e in cinque volte la certo la prima scelta per l’assunzione di antiossidanti. (Figura RDA per acido ascorbico (450 mg) (Schneider et al 2018). 4). Tuttavia, nonostante le premesse incoraggianti, sono necesUn recentissimo studio clinico randomizzato condotto in sari studi clinici di qualità per valutare l’efficacia della DM nella Norvegia tra atleti di èlite, ha confermato come una dieta ricca protezione dallo stress ossidativo e miglioramento delle prestanaturalmente in antiossidanti (frullati di frutta e bacche, frutta zioni in generale negli sportivi. a guscio, cioccolato fondente) risultasse ben tollerata tra coloro Recentemente, nell’ambito delle attività del Progetto “Prevenche la praticavano, non solo migliorando la capacità antiossizione del doping: elaborazione di uno strumento permanente di dante, ma comportando altresì la riduzione di alcuni biomareducazione coordinato dai dipartimenti di prevenzione del SSN” catori infiammatori sistemici indotti dall’altitudine come mipromosso e finanziato dal Ministero della salute (www.progettocro-CRP, IL13, IL6 (Koivisto et al 2019). doping.it), è stato realizzato un volume dal titolo “Le ricette dello sportivo: Come prevenire il doping con gusto e tradizionalità”, Conclusioni articolato sulla proposta di piatti tradizionali della dieta mediterMolte tra le diete che oggi incontrano il favore di non solo ranea, e indirizzato soprattutto alle persone che svolgono attività degli sportivi e si basano su nessuna o scarse evidenze sciensportive e motorie. Nel volume, elaborato dai Gruppi di Lavoro tifiche. Sarebbe pertanto necessario che anche le figure di ri“Alimenti” e “Scienze Motorie per la Salute” della Società Italiana ferimento per coloro che intendono praticare attività fisica o di Igiene (SItI), per ogni singola ricetta viene riportato il calcolo sport (ad esempio allenatori, istruttori e personal trainer) acquidella composizione bromatologica, in grado di soddisfare le esisiscano nozioni supportate da consolidate evidenze scientifiche, genze specifiche sia prima che dopo allenamenti o gare. (Alonzo eventualmente indirizzando poi verso il professionista compeE, Romano Spica V, 2018). Al volume hanno contribuito i SIAeN tente (medico o biologo nutrizionista). (Servizio di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione) dei DipartiUna dieta basata sull’assunzione di cibi di origine vegetale menti di Prevenzione afferenti alle AA.SS.LL di tutte le Regioni. sembra essere parte importante di una strategia intesa a ridurre lo stress ossidativo e l’infiammazione, a migliorare la difesa antiossidante e a facilitare il recupero dopo aver praticato esercizio fisico. In tal senso, la DM potrebbe rivelarsi la scelta miglioBibliografia re soprattutto perché include numerosi cibi ricchi di composti bioattivi come tocoferoli, carotenoidi e polifenoli. Inoltre, un - Alonzo E, Fardella M, Cannizzaro V, Faraoni F, La Carrubtale regime dietetico, in quanto perfettamente bilanciato, non ba R, Trillè SS, Leonardi F; WDPP, Working Group Doping necessiterebbe del ricorso a integratori di antiossidanti, la cui Prevention; GSMS-SItI, Working Group on Movement Scienutilità ed efficacia non di rado risultano prive di evidenze sciences for Health, Italian Society of Hygiene Preventive Medicine tifiche, sia che vi aderisca la popolazione generale sana (sedentari), sia se ad assumerli siano atleti e sportivi in genere. Alla Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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ECM Questo articolo dà la possibilità agli iscritti all’Ordine di acquisire 3 crediti ECM FAD attraverso l’area riservata del sito internet www.onb.it.

Gestione delle infezioni delle vie urinarie Problemi e soluzioni delle IVU negli adulti grazie all’utilizzo di test diagnostici rapidi utili a pianificare una terapia immediata

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e infezioni batteriche delle vie urinarie (IVU) negli adulti sono condizioni molto comuni che frequentemente determinano il ricorso ad esami diagnostici ed alla prescrizione di antibiotici. Nonostante i notevoli progressi nell’utilizzo di approcci molecolari in ambito diagnostico, le linee guida internazionali prevedono che la diagnosi di IVU venga eseguita con metodi di coltura tradizionali. Sebbene l’urinocoltura e l’antibiogramma siano considerati necessari per confermare la presenza di infezione, nonché per avere maggiori informazioni riguardo la sensibilità/resistenza agli antibiotici del microrganismo infettante, i lunghi tempi necessari per ottenere risultati non permettono un intervento rapido ed efficace. Per tali motivi, il trattamento iniziale delle IVU clinicamente sospette avviene generalmente tramite una terapia antibiotica empirica, somministrata molto prima che i risultati di laboratorio siano disponibili. Appare quindi evidente la necessità di

Dipartimento di Scienze, Università degli Studi Roma Tre, Roma, Italia. ** Consorzio Interuniversitario “Istituto Nazionale Biostrutture e Biosistemi”, Roma, Italia. *** Medicina di Urgenza, Dipartimento di Scienze Medico Chirurgiche e Medicina Traslazionale, Università “La Sapienza” Roma, Ospedale Sant’Andrea, Roma, Italia. *

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poter disporre di test diagnostici rapidi ed accurati che permettano al medico di pianificare una terapia mirata ed efficace. Tale approccio potrebbe potenzialmente ridurre l’utilizzo inappropriato o non necessario di farmaci antibatterici e ridurre la diffusione dell’antibiotico-resistenza. Negli ultimi anni la ricerca si è concentrata sullo sviluppo di Test al Point-Of-Care (POCT) che potessero semplificare e velocizzare i percorsi diagnostici e fornire risultati rapidi e affidabili. Le infezioni delle vie urinarie Le infezioni delle vie urinarie (IVU) sono fra le più frequenti infezioni umane ed insieme a quelle dell’apparato respiratorio, costituiscono una delle affezioni di più comune riscontro nella pratica medica e fra le infezioni nosocomiali. L’interesse per tali infezioni è costituito dalla loro morbilità e soprattutto dall’enorme impatto economico-sanitario ad esse relativo. Le infezioni delle vie urinarie sono definite come una serie di quadri clinici e patologici conseguenti alla risposta infiammatoria dell’urotelio dovuta all’invasione e la successiva moltiplicazione di microrganismi nel tratto urinario. Le IVU generalmente si accompagnano a batteriuria significativa (presenza di una carica batterica ≥105 cfu/ml nelle urine), e piuria (presenza di leucociti). In genere si tratta di condizioni benigne che vanno dalla presenza asintomatiche di microrganismi, solitamente batteri, nelle urine, definita batteriuria asintomatica, all’infezione della vescica (cistite), destinate a risolversi dopo un’adeguata


ECM terapia, nell’arco di pochi giorni. A volte, tuttavia, le IVU possono dar luogo a complicanze serie come gravi infezioni dei reni (pielonefriti), che possono portare ad insufficienza renale o a setticemia (urosepsi), per il passaggio dei germi nella circolazione sistemica [1]. I batteri patogeni presenti nelle IVU possono raggiungere le vie urinarie per via ematogena, linfatica o per via ascendente, ma le evidenze cliniche e sperimentali indicano in quest’ultima, cioè nell’ascesa dei microrganismi dall’uretra, la via più comune attraverso la quale si stabilisce una IVU, soprattutto per quanto riguarda i microrganismi di origine enterica. Questa modalità di progressione è in grado di spiegare il motivo per cui le IVU sono più frequenti nel sesso femminile (la brevità dell’uretra favorisce il raggiungimento della vescica) e il perché la cateterizzazione e le manovre strumentali favoriscono la loro comparsa. Escherichia coli (E.coli) è senza dubbio il microrganismo più frequentemente isolato nelle infezioni urinarie in percentuali pari al 75-90%, con talune differenze in funzione dei diversi studi e delle diverse realtà geografiche. Seguono poi altre specie batteriche quali Proteus spp., Klebsiella spp., Enterobacter spp., Staphylococcus spp., ed Enterococcus spp. Una piccola percentuale di IVU può avere origine ematogena dovuta ad agenti eziologici relativamente rari (ad es. Staphylococcus aureus, Salmonella spp. e Mycobacterium tuberculosis), che causano infezioni primarie in sedi diverse per poi raggiungere il tratto urinario [2]. L’incidenza delle IVU acquisite in comunità è più alta nelle giovani donne e, in maniera approssimativa, circa la metà della popolazione femminile sperimenterà un episodio di IVU nell’arco della vita: 1 donna su 3 avrà avuto almeno un episodio entro i 24 anni. L’incidenza aumenta con l’età per entrambi i sessi: si stima che il 10% degli uomini e il 20% delle donne di età superiore ai 65 anni presentano batteriuria asintomatica [1]. Le IVU acquisite in ambito nosocomiale sono, invece, le patologie di più frequente osservazione, con un’incidenza pari al 40% rispetto a tutte le infezioni nosocomiali. e la maggior parte di esse si verificano dopo il cateterismo, che viene considerato uno dei principali fattori di rischio associati all’insorgenza di IVU in ambiente ospedaliero [4]. A fronte di tali cifre, circa il 15% di tutti gli antibiotici prescritti dai medici di famiglia è riservata proprio al trattamento in ambito comunitario delle IVU non complicate, per una spesa annuale media valutata in oltre 1 miliardo di dollari [3]. Metodi di riferimento per la diagnosi delle IVU e per il test di sensibilità agli antibiotici La diagnosi di IVU è basata su una serie di criteri che includono sintomi clinici ed evidenze di laboratorio che dovrebbero dimostrare la presenza di microrganismi e quindi di infezione attraverso l’urinocoltura o altri test specifici [2]. Tuttavia, la diagnosi di IVU viene spesso eseguita solo in base di sintomi clinici. Analisi di laboratorio che permettono di suggerire o dimostrare la presenza di batteriuria o di leucociti all’interno delle urine possono fornire evidenze aggiuntive ma raramente hanno implicazioni significative nel processo diagnostico in quanto i metodi di riferimento necessitano di tempistiche molto lunghe per ottenere risultati [5]. Il gold standard per la diagnosi di batteriuria è rappresentato dall’esame colturale dell’urina che ha lo scopo di rilevare

Figura 1. Urinocoltura su Columbia CNA. L’agar Columbia fornisce un terreno di base altamente nutritivo. L’aggiunta di agenti antimicrobici, colistina e acido nalidixico rende il terreno selettivo per i microorganismi Gram positivi. (https://www.cibo360.it/).

l’agente eziologico e di misurarne la concentrazione e successivamente consente di eseguire sul ceppo isolato un test di sensibilità agli antibiotici [6-7]. Il campionamento per agoaspirazione minimizza il rischio di contaminazione, mentre i campioni da catetere e del mitto intermedio mostrano un maggior rischio di contaminazione e di risultati falsi positivi [5]; tuttavia, data l’invasività della prima tipologia di prelievo, il sistema clean-catch del mitto intermedio è il sistema di elezione nella pratica clinica [8]. Lo standard per l’analisi colturale delle urine prevede la semina per spatolamento di circa 10 µl di urina in piastre Petri contenenti terreni agarizzati selettivi o differenziali (MacConkey Agar, mEnterococcus Agar, Columbia CNA Agar, Cetrimide Agar, CHROMagar™), la lettura dei risultati viene eseguita dopo 24-48ore di incubazione (Figura 1). Se si necessita di risultati più accurati si esegue la semina di 100 µl di urina e di successive diluizioni decimali seriali [9]. L’accertamento microbiologico fornisce un risultato qualitativo e quantitativo in quanto è in grado di rilevare il microrganismo infettante e determinare il numero di batteri presenti; indicatori indiretti della presenza di microrganismi (ad esempio i nitriti) hanno un valore diagnostico nettamente minore [5]. La concentrazione di microrganismi presenti nelle urine è diventata significativa a livello diagnostico dagli anni Sessanta, anni in cui Kass elaborò il concetto di batteriuria significativa (concentrazione di microrganismi > 105 ufc/ml). Questo criterio è ancora generalmente applicato ma, ad oggi, appare evidente che nessun criterio standard può essere applicato a tutte le tipologie di IVU e in tutte le circostanze: anche concentrazioni molto basse possono essere significative in base al quadro clinico, alla modalità di prelievo e all’età del paziente [2]. Parallelamente all’identificazione dell’agente patogeno un altro elemento cruciale per la gestione delle IVU è rappresenIl Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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ECM

Figura 2. Test Kirby-Bauer su Mueller Hinton agar: colture pure di microrganismi isolati dall’urinocoltura vengono seminate su piastre di Mueller Hinton agar su cui vengono posizionati discetti contenenti quantità standard di antibiotici di interesse; gli aloni di inibizione indicano la mancata crescita dei microrganismi in presenza dell’antibiotico e quindi la sensibilità del microrganismo allo stesso (Immagine da Wikipedia).

tato dalla valutazione della sensibilità agli antibiotici dei microrganismi infettanti [10]. L’antibiogramma è un metodo che permette da una parte di confermare la diagnosi e, dall’altra di valutare la sensibilità in vitro che ha un antibiotico nei confronti di un germe patogeno; è valido per microrganismi aerobi a crescita rapida. Anche se attualmente esistono metodi automatizzati per la effettuazione del test di sensibilità agli antibiotici, il metodo di riferimento e gold standard per studiare l’attività antimicrobica di un composto è il metodo della diffusione in agar, o test di Kirby-Bauer (Figura 2). In base alle linee guida del Clinical and Laboratory Standards Institute (CLSI) dai microrganismi isolati dalle urine si ottengono colture pure che vengono seminate su piastre Petri contenenti terreni agarizzati ricchi (solitamente Mueller Hinton agar) su cui vengono posizionati discetti contenenti quantità standard di antibiotici di interesse; la lettura dei risultati viene eseguita misurando il diametro degli aloni di inibizione eventualmente presenti attorno ai dischetti e l’interpretazione dei risultati viene eseguita in base a tabelle di riferimento [11]. Come per molte altre infezioni di origine batterica, la diagnosi delle IVU dipende da metodi colturali e i risultati sono ottenuti con un tempo minimo di 2/3 giorni dall’acquisizione del campione. Tali tempistiche sono essenzialmente dovute al trasporto del campione al laboratorio e ai tempi necessari per visualizzare la crescita dei microrganismi sui terreni colturali [10]. La problematica maggiore dei metodi di riferimento per la diagnosi e la gestione delle IVU è quindi rappresentata dai lunghi tempi necessari per ottenere risultati. Poiché il trattamento dei pazienti non può essere ritardato fino all’ottenimento della diagnosi definitiva, nel caso si abbiano evidenze cliniche di sospetta IVU, ha inizio una terapia antibiotica su base empirica utilizzando un farmaco antibiotico ad ampio spettro, che sia

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cioè attivo su una vasta gamma di batteri tra quelli noti per essere i principali responsabili di IVU. Questa pratica comune può tuttavia avere conseguenze indesiderate sia a breve che a lungo termine che vanno dal fallimento della terapia antibiotica con conseguente aggravamento o cronicizzazione dell’infezione, all’aumento dei costi terapeutici fino ad arrivare alla diffusione dell’antibiotico resistenza. In questo contesto appare chiaro che un metodo alternativo rapido ed accurato per la diagnosi e la gestione delle IVU possa offrire un beneficio significativo in termini di salute del paziente e di costi di gestione di tali patologie [12]. L’introduzione di sistemi completamente o parzialmente automatizzati nella clinica diagnostica a partire dagli anni 2000 ha permesso la gestione di un volume elevato di analisi e un’ottimizzazione dei processi operativi, garantendo allo stesso tempo risultati affidabili sia per l’identificazione dei patogeni che per la valutazione della sensibilità agli antibiotici [10, 13]. I sistemi a larga-scala sono tuttavia molto costosi e richiedono spazi, personale e attrezzature dedicate, rendendoli applicabili solo in realtà ospedaliere molto grandi mentre risultano totalmente inaccessibili in piccole strutture o in realtà economiche con risorse limitate come i paesi in via di sviluppo. Tali metodiche ad alta produttività rimangono inoltre ancora troppo lente e non possono essere utilizzate come test al point-of-care [10]. L’ introduzione della tecnologia di spettrometria di massa del desorbimento/ionizzazione laser assistito da matrice (MALDI-TOF), in microbiologia, ha permesso una rapida ed affidabile identificazione dei microrganismi patogeni, caratterizzata da alta sensibilità e selettività [14,15]. La tecnica MALDI-TOF è utilizzata nella diagnosi delle IVU ma necessita una fase colturale precedente per ottenere colture pure dei ceppi di interesse. Database con i profili proteici dei patogeni maggiormente responsabili di infezioni sono stati resi disponibili negli ultimi anni per consentire un’applicazione diretta ai campioni di urina. I risultati sono promettenti soprattutto se le analisi sono accoppiate con metodi di screening quali l’analisi microscopica automatizzata del sedimento [16-17]. È tuttavia da tenere in considerazione che tale tecnologia presenta elevati costi di installazione e di gestione e richiede spazi dedicati; per questo il suo utilizzo è limitato alle grandi strutture laboratoriali. Inoltre tale tecnologia non è ancora in grado di identificare due ceppi batterici diversi nello stesso campione e non è in grado di determinare la sensibilità agli antibiotici rendendo necessari i metodi culturali classici [18]. Inoltre la presenza di infezioni polimicrobiche non è da sottovalutare. Questa tipologia di infezioni è maggiormente associata a pazienti anziani e/o cateterizzati, raggiungendo un tasso di incidenza del 10% in comunità e del 30% in ambito ospedaliero per questa categoria di pazienti. I ceppi batterici isolati in caso di infezioni polimicrobiche presentano caratteristiche metaboliche, di virulenza e di antibiotico resistenza alterate. I meccanismi che si verificano in caso di co-infezione non sono ancora completamente compresi [20] ma diversi studi si stanno recentemente occupando di investigare su tali dinamiche [21, 22]. Poiché nella pratica clinica è comunemente indicato un solo microrganismo o il microrganismo predominante e le infezioni polimicrobiche sono spesso non riportate, se non quando entrambi i ceppi infettanti sono presenti in concentrazioni significative, una gran parte delle IVU è mal diagnostica e trattata [19, 23-25]. Anche in quest’ottica un mi-


ECM glioramento dei processi diagnostici e dei pathway clinici risulta necessaria per ottimizzare la ricerca dei patogeni e lo screening dell’intera microflora per determinare la sensibilità agli antibiotici di tutti i microrganismi presenti. Quando è necessario eseguire urinocoltura e antibiogramma? Come già accennato, nelle IVU gli agenti eziologici più comuni sono membri delle Enterobacteriaceae (tipicamente E. coli). Tuttavia, sono stati riscontrati anche Chlamidia trachomatis e Neisseria Gonorrea. Per queste ultime due specie, una corretta diagnosi e la pianificazione dell’opportuno trattamento necessitano analisi colturale delle urine insieme ad analisi di tipo molecolare (tecniche di amplificazione degli acidi nucleici, NAAT) e/o colorazione di Gram [6, 26]. L’urinocoltura è raccomandata per determinare la presenza o assenza di batteriuria significativa in pazienti che devono essere sottoposti ad interventi urologici (chirurgia) e la presenza di batteriuria è controllata attraverso un trattamento pre-operatorio dei patogeni rilevati [2, 6]. L’urinocoltura è considerato uno strumento valido anche durante il follow-up dei pazienti: in donne in cui i sintomi non vengono risolti o si ripresentano entro 2-4 settimane dal completamento del trattamento, l’urinocoltura e i test di sensibilità antibiotica devono essere eseguiti per considerare un nuovo regime di trattamento o per valutare l’efficacia del trattamento già eseguito. L’urinocoltura è raccomandata anche in donne che presentano sintomi atipici, donne in gravidanza e uomini con IVU sospetta [2]. In caso di IVU complicate può essere coinvolto uno spettro più ampio di batteri (spesso membri della famiglia delle Enterobacteriaceae) che esibiscono più comunemente antibiotico-resistenza. Inoltre, i pazienti affetti da IVU complicate sono più inclini a manifestare infezioni ricorrenti (più di 3 episodi l’anno) [2, 8, 27, 28]. In questi casi la scelta della terapia antibiotica deve necessariamente essere supportata da urinocoltura e test di sensibilità antibiotica in modo da evitare un inefficace trattamento antibiotico. L’urinocoltura è necessaria anche in ambito pediatrico, dove le IVU sono tra le infezioni più comuni in bambini e neonati, insieme a quelle del tratto respiratorio e del tratto gastrointestinale, con un tasso di ricorrenza del 30% entro l’anno [2, 29]. La diagnosi di IVU in età pediatrica può essere molto difficile, per problemi di comunicazione riguardo alla descrizione dei sintomi e la difficile interpretazione dei segnali nei più piccoli; In questo caso un’urinocoltura positiva rappresenta l’evidenza principale per la diagnosi. In pazienti con febbre e risultati negativi da stick e analisi microscopica delle urine, l’urinocoltura non risulta necessaria se è evidente una causa probabile alternativa per i sintomi. Se tuttavia i risultati degli stick e/o dell’analisi microscopica delle urine sono positivi l’urinocoltura è obbligatoria [29]. In bambini con febbre e segni di IVU (evidenze cliniche, stick e/o esame microscopico positivi) il trattamento antibiotico deve essere iniziato il prima possibile per eradicare l’infezione, prevenire una batteriemia, migliorare gli esiti dei trattamenti, diminuire la possibilità di implicazioni a livello renale durante la fase acuta e ridurre il rischio di complicazioni a breve e lungo termine [29, 30].

Trattamento empirico delle IVU Il gold standard per la diagnosi di IVU e per un corretto trattamento è rappresentato dall’identificazione e la quantificazione dell’agente eziologico seguito da un test di sensibilità agli antibiotici per pianificare una terapia mirata [31]. L’utilizzo di tecniche microbiologiche colturali èampiamente utilizzato nella diagnosi delle malattie infettive [32]; tuttavia, tali metodiche sono complesse e richiedono tempi lunghi con il conseguente ritardo nell’ottenimento degli esiti di laboratorio, soprattutto per i pazienti del Pronto Soccorso [32, 33]. Per questo motivo, al fine di evitare complcazioni gravi dovute ad un ritardo nella somministrazione del trattamento e per fornire sollievo immediato al paziente, le linee guida internazionali raccomandano di iniziare preventivamente una terapia antibiotica empirica [32]. Questa pratica contribuisce all’uso inappropriato degli antibiotici [10] derivante dall’utilizzo di un antibiotico non efficace o non necessario, contribuendo a diffondere antibiotico-resistenza. Sebbene l’obiettivo sia quello di alleviare i sintomi dei pazienti, un trattamento inefficace potrebbe condurre ad un alterazione della flora del tratto urinario, aumentando il rischio di eventi clinici avversi, come infezioni da ceppi multi-resistenti e lo sviluppo di IVU antibiotico-resistenti [1]. Le infezioni causate da ceppi multi-resistenti, come batteri Gram-negativi produttori di beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL) o carbapenemasi, Staphylococcus aureus meticillina-resistenti, e batteri resistenti ad un ampio spettro di antibiotici, come fluorochinoloni e cefalosporine, sono in significativo aumento tra le IVU e rappresentano un problema sanitario di grande rilevanza [2, 10, 34]. La diffusione dell’antibiotico-resistenza è una minaccia reale per pazienti che devono sottoporsi a chirurgia e le infezioni da batteria multiresistenti possono limitare la disponibilità di trattamenti antibiotici efficaci, specialmente in paesi a basso reddito, rendendo molto difficile il trattamento di alcune IVU e aumntandone i costi di gestione [30]. Questa situazione è generalmente promossa da una serie di fattori, tra cui l’uso inappropriato di antimicrobici in medicina umana e veterinaria e, indirettamente, in ambito agricolo. Misure di prevenzione e di controllo dell’antibiotico-resistenza e della disseminazione dei geni di antibiotico-resistenza sono cruciali [35]. Prescrizioni scrupolose e uso razionale degli antibiotici sono componenti chiave per ridurre questo fenomeo [1, 2, 35, 36]. Programmi di gestione degli antimicrobici sono divenuti prioritari per prevenire e trattare efficacemente le infezioni limitando l’uso inappropriato degli agenti antibiotici [6], anche attraverso approcci di verifiche sistematiche [37, 38]. In aggiunta, strategie non-antibiotiche sono in fase di ricerca [6]. Attualmente molte misure non-antibiotiche sono raccomandate, specialmente per le IVU ricorrenti [2, 28, 39, 40], ma attualmente sono disponibili poche evidenze scientifice riguardanti la loro efficacia [2, 41]. In generale la scelta degli antibiotici dovrebbe essere eseguita in base al ceppo infettante e al profilo di sensibilità/resistenza agli antibiotici e tenendo in considerazione gli effetti collaterali sull’ecologia, inclusa la selezione di ceppi resistenti [2]. La sensibilità in vitro dei microrganismi isolati in caso di IVU acuisite in comunità varia a seconda dell’età e dellaregione geografica del paziente e, a seguito di un accresciuta diffusione di antibiotico-resistenza, cresce la necessità di programmi di sorveglianza a larga scala al fine di creare un database aggiornato che correli dati epidemiologici, clinici e Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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ECM di laboratorio [42]. In questo contesto lo sviluppo e l’implementazione routinaria di nuovi strumenti clinici potrebbe portare ad un ottimizzazione dei trattamenti e un uso più prudente e razionale di antibiotici. Uno screening rapido potrebbe rappresentare un approccio pratico ed efficace per pazienti medici e per la pratica di laboratorio [43]. L’introduzione di metodiche innovative, alternative a quelle di riferimento, potrebbe migliorare la pratica clinica in particolare per pazienti immunocompromessi (diabetici, affetti da sindromi renali croniche, o trapiantati). La diagnosi clinica per questa tipologia di pazienti è infatti molto complessa, in quanto gli agenti eziologici potrebbero essere diversi da quelli comunemente riscontrati a livello di popolazione generale; una diagnosi precoce è imperativa in queste categorie di pazienti e il trattamento dovrebbe essere personalizzato in base alle caratteristiche e le condizioni specifiche dei pazienti [44]. Metodi alternativi non colturali per la rilevazione delle IVU Data l’importanza clinica di una diagnosi precoce di IVU, sono stati sviluppati, più o meno recentemente, metodi alternativi rapidi e eseguibili in prossimità del paziente come le strisce reattive per le analisi delle urine (stick urine) (Figura 3); tali test sono ampiamente usati [31] nonostante la loro scarsa accuratezza diagnostica. Gli stick vengono utilizzati come metodo di screening per una diagnosi presuntiva di IVU in quanto sono in

Figura 3 Dipstick analisi delle urine: gli stick sono costituiti da strisce su cui sono fissate diverse zone reattive che permettono di effettuare i test per la determinazione semi-quantitativa di peso specifico, pH, proteine, glucosio, chetoni, bilirubina, sangue, nitriti, urobilinogeno e leucociti nelle urine. I risultati dei singoli test possono fornire informazioni riguardo lo stato del metabolismo dei carboidrati, la funzionalità renale, epatica, l’equilibrio acido-base e la batteriuria.

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grado di rilevare la presenza nelle urine di marcatori biochimici che possono essere correlati a tale patologia [2]. Sebbene molti marker sono stati presi in considerazione negli ultimi anni [45], quelli che sembrano dimostrare un’accuratezza diagnostica più elevata sono i nitriti e i leucociti [6]. A parte l’economicità [46], tali stick non rappresentano un vantaggio significativo a livello clinico in quanto sono dotati di bassa sensibilità [6] dovuta anche al fatto che molte specie batteriche non sono rilevabili (ad esempio non riducono i nitrati) [47, 48]. Questi test inoltre non sono in grado di rilevare direttamente la carica batterica, elemento essenziale per una corretta diagnosi e ovviamente non fornisce nessuna informazione riguardo al profilo di sensibilità agli antibiotici dei batteri eventualmente presenti. Gli stick urinari sono, tuttavia, economici, facili da usare, possono essere eseguiti in prossimità del paziente, in farmacia o persino a casa (anche se gli stick non sono attualmente concepiti come strumento di auto-diagnosi [49]), sono facilmente reperibili senza ricetta medica e forniscono risultati pressoché immediati. Una modifica della tecnologia a stick è rappresentata dalla tecnologia Testpoint che utilizza un metodo colorimetrico rapido previa filtrazione dell’urina per rilevare la batteriuria ottenendo risultati molto più affidabili della tecnologia classica [52]. Tra i test laboratoriali usati per le analisi delle urine l’analisi microscopica del sedimento è largamente utilizzata e sistemi automatizzati stanno iniziando ad essere disponibili in tal senso. Anche se la sensibilità è alta, la specificità è troppo bassa per l’uso esclusivo in ambienti ospedaliero. In aggiunta tale tecnica richiede una centrifugazione del campione e la lettura dei risultati deve necessariamente essere eseguita da personale qualificato per evitare errori di interpretazione [6]. La citometria di flusso ha trovato applicazione in molti ambiti, incluso quello medico [51]. Laboratori centralizzati hanno implementato piattaforme automatizzate per l’analisi citofluorimentrica delle urine [10]. La citometria di flusso permette una rapida rilevazione dei microrganismi, di leucociti, cristalli, lieviti e spermatozoi, standardizzando l’analisi del sedimento urinario e riducendo l’errore associato all’interpretazione soggettiva dei risultati [52]. Una meta-analisi su diversi studi ha tuttavia dimostrato la scarsa affidabilità degli studi condotti, una bassa accuratezza e sensibilità del metodo che quindi non può essere utilizzato per una diagnosi certa di IVU [52]. La tecnologia dipslide è stata recentemente proposta come strumento per semplificare i tradizionali metodi colturali: il test è costituito da una provetta chiusa, al cui tappo è applicato un supporto a due facce, ognuna delle quali è rivestita di 1 o 2 terreni di coltura selettivi e differenziali (CLED e Mac Conkey agar) che viene immersa nel campione; i risultati vengono letti dopo 24 ore di incubazione. Il test è abbastanza economico ma può essere considerata solo un’analisi preliminare: presenta scarsa accuratezza rispetto ai metodi di coltura tradizionali [6] ed è inaffidabile per concentrazioni <104 UFC/g [7]. Per questi motivi il test non è attualmente utilizzato in clinica e ulteriori studi saranno necessari per determinare la combinazione migliore dei mezzi di coltura utilizzati [6]. Tecniche molecolari come real-time PCR potrebbero essere utilizzate in aggiunta alle metodiche tradizionali per l’identificazione dei patogeni specialmente per i tempi di analisi brevi che velocizzerebbero la scelta del regime terapeutico [32]. L’utilizzo di tale metodo è tuttavia limitata dall’ampio spettro


ECM di patogeni interessati nelle IVU e sia la sensibilità che la selettività risultano basse rispetto alle metodiche standard. Inoltre le tecniche molecolari richiedono un trattamento preliminare del campione e non permettono una conta batterica vitale. La necessità di quantificazione della carica batterica presente per la diagnosi di IVU potrebbe spingere la ricerca ad ottimizzare la tecnica di real-time PCR per ottenere l’identificazione e la quantificazione dei patogeni [32]. In aggiunta alle metodiche sopra citate la ricerca sta attualmente esplorando nuove strade per migliorare la ricerca rapida degli uropatoFigura 4. MBS “UTI-CHECK”. Il POCT MBS “UTI-CHECK” è un sistema colorimetrico automatizzato per la diagnosi rapida di IVU e una valutazione geni: la gas cromatografia per della sensibilità agli antibiotici degli uropatogeni. È composto da fiale di reazione monouso pronte all’uso (destra) in cui 1 ml del campione di urina la ricerca di composti volatili può essere inoculato direttamente senza alcun trattamento preliminare. Il dispositivo ottico termostatato (sinistra) può consentire fino a 8 analisi organici nelle urine e la spetcontemporaneamente ed è in grado di rilevare automaticamente il cambiamento di colore delle fiale di reazione indotto dalla moltiplicazione dei batteri trometria di massa [53] sono eventualmente presenti nelle urine e restituire un risultato quantitativo della concentrazione batterica in base al tempo di viraggio della fiala in cui tra i più gettonati; l’utilizzo è stato inoculato il campione. Fiale contenenti il reattivo addizionate con gli antibiotici prescelti permettono di valutare la sensibilità/resistenza degli della spettroscopia Raman o uropatogeni presenti nelle urine: la persistenza del colore iniziale indica una mancata crescita batterica e quindi una sensibilità all’antibiotico in esame, un spettroscopia di scattering cambiamento di colore indica invece un’avvenuta crescita, ovvero la resistenza all’antibiotico in esame. Raman, in grado di permettere la rilevazione e la quantificazione delle popolazioni batteriche e possibilmente anche un attrezzato [56]. I test al point-of-care (POCT) possono ridurre profilo della loro sensibilità agli antibiotici è in fase di esplorai costi sanitari di gestione riducendo il numero di pazienti in zione sebbene i risultati siano ancora preliminari [12]; anche la accettazione negli ospedali e migliorare la qualità di vita dei spettroscopia di impedenza potrebbe rilevarsi uno strumento pazienti riducendo il numero di visite alle strutture sanitarie utile per rilevare concentrazioni batteriche anche molto basse e [56]. Una diagnosi precoce può velocizzare le scelte terapeutiquantificare la carica batterica nelle urine [54]. che indirizzando velocemente i medici verso il trattamento anSebbene molte di queste tecniche siano più rapide delle metibiotico più appropriato aumentando le possibilità di successo todiche tradizionali, non sono in grado di fornire una diagnosi del trattamento stesso. L’innovazione determinata dall’utilizzo certa e/o di fornire informazioni sulla sensibilità agli antibiotici di POCT potrebbe inoltre aiutare a gestire i dati efficientemendei batteri, elementi chiave per la gestione delle IVU, specialte e velocemente semplificando il lavoro dei terapeuti e ridumente di quelle complicate [10] ed è per questo motivo che i cendo i costi medici [56]. I POCT potrebbero permettere uno metodi colturali rimangono ancora ad oggi il gold standard per screening e un follow-up dei pazienti rapido e accurato non solo la diagnosi delle IVU [6]. nelle strutture ospedaliere ma anche nelle farmacie o dai medici di famiglia, decentralizzando i processi diagnostici e riducendo L’importava dei test al point-of-care (POCT) per la diagnosi il carico di lavoro dei laboratori di analisi, con un conseguente di IVU abbassamento dei costi di gestione delle IVU e una riduzione Diversi metodo sono stati sviluppati al fine di fornire indell’errore umano [56]. Le caratteristiche dei principali POCT formazioni diagnostiche rapide ed accurate per indirizzare le per le IVU, sono riassunti in Tabella 1. decisioni terapeutiche in prossimità del luogo di cura del paNegli anni sono stati sviluppati e commercializzati vari ziente, incontrando il parere positivo di molti medici [55]. La POCT per le IVU che possono essere distinti in: (i) colturadisponibilità di tali metodi impatterebbe significativamente e li, (11) semi-automatizzati e (iii) enzimatici [57]. Tutti i POCT positivamente sulla gestione delle IVU [10] velocizzando le colturali permettono una rilevazione semi-quantitativa dei midecisioni cliniche come lo smistamento, il rinvio il trattamento crorganismi e l’identificazione delle specie batteriche infettanti; e la dimissione dei pazienti. Gli operatori sanitari potrebbero tali metodi richiedono un tempo di analisi di circa 16-24 ore. eseguire interventi terapeutici appropriati e tempestivi evitanI POCT semi-automatizzati seguono lo stesso principio degli do un trattamento antibiotico empirico impreciso [10, 56]. Tale stick delle urine e la diagnosi di IVU è basata sulla ricerca di strumento risulterebbe estremamente utile in zone problemabiomarker come nitriti e leucociti; sebbene l’errore di interpretiche, a basso reddito, o dove non è presente un laboratorio tazione dei risultati viene eliminato e i risultati possono essere Il Giornale dei Biologi | Aprile 2020

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Tabella 1: Caratteristiche dei principali POCT presenti sul mercato.

ottenuti in 1-2 minuti, questi test presentano gli stessi svantaggi degli stick urinari ovvero bassa sensibilità e basso valore predittivo positivo. Gli stessi problemi sono stati riscontrati per i saggi di tipo enzimatico [58-62]. I biosensori risultano invece promettenti POCT [10]. I biosensori sono sistemi composti da un sistema di riconoscimento ed uno di trasduzione del segnale; l’intensità del segnale prodotto è proporzionale alla quantità dell’analita riconosciuto (enzima o anticorpo) [10]. Sebbene i biosensori siano attualmente applicati con successo in clinica diagnostica (test di gravidanza, glicemia etc.) non è ad oggi noto nessun biosensore applicato alla diagnosi di IVU [56]; le caratteristiche chiave di queste tecnologie come la portabilità, l’economicità, la rapidità potrebbero fittare perfettamente un POCT per l’identificazione degli uropatogeni e la valutazione della loro sensibilità agli antibiotici. Ad ogni modo, considerando la complessità della matrice urina e la possibile presenza di inibitori o interferenti, l’analisi richiederebbe numerosi step di preparazione del campione (amplificazione/arricchimento) per ottimizzare la rilevazione dei target analitici. Inoltre, tali test dovrebbero disporre di un approccio multiplo per assicurare l’identificazione di un vasto panel di patogeni e per determinare la sensibilità agli antibiotici dei batteri presenti, obiettivo alquanto difficile con un test molecolare non colturale dati i tassi evolutivi rapidi dei batteri. I POCT biosensori potrebbero comunque essere implementati

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nella routine clinica in affiancamento ai metodi di riferimento riducendo i costi, i tempi di analisi e carico di lavoro [10]. Il Micro Biological Survey (MBS) POCT “UTI CHECK” risulta essere un promettente strumento per una diagnosi precoce e per ottenere un profilo della sensibilità agli antibiotici degli uropatogeni. Il metodo MBS permettere una quantificazione microbica rapida ed accurata attraverso un saggio colorimetrico colturale automatizzato; i campioni di urina possono essere direttamente inoculati nelle fiale di reazione pronte all’uso e, dopo opportuna incubazione in un lettore ottico dedicato, un cambiamento di colore, indotto da una variazione dello stato ossidoriduttivo del mezzo, segnalerà la presenza di microrganismi all’interno del campione (Figura 4). Non richiedendo l’uso di un laboratorio, tale dispositivo può essere posizionato in prossimità del paziente, risultando particolarmente idoneo come POCT. Studi preliminari in vitro [63] e studi clinici preliminari [64] hanno comparato l’efficacia di questo POCT rispetto alle metodiche tradizionali e altri metodi come gli stick urinari [31]: il POCT MBS è risultato accurato, sensibile e selettivo con performance comparabili a quelle delle metodiche di riferimento e superiori a quelle degli stick urinari [31]. Successivi studi clinici condotti su 349 pazienti hanno mostrato una elevata accuratezza del metodo (97% accuratezza, 92% sensibilità, 100% specificità, 99% Positive Predictive Value, and 96% Negative Predictive Value), in un tempo analitico inferiore alle 5 ore [65]. Sebbene il test non fornisca un’identificazione del microrganismo infettante, questa può essere condotta in modo indipendente al termine del test. Inoltre risultati preliminari mostrano come il POCT MBS “UTI-CHECK” può fornire una valutazione della sensibilità degli uropatogeni ad un panel di antibiotici [64]. Tale test di sensibilità agli antibiotici può essere condotto in parallelo alla rilevazione dei microrganismi nelle urine e richiede meno di 10 ore dal prelievo delle urine, tempo nettamente inferiore rispetto ai metodi colturali standard, elemento che permetterebbe di guidare e velocizzare le decisioni terapeutiche in tempi ottimali. Conclusioni


ECM Ad oggi i metodi culturali classici rimangono lo standard di riferimento per la diagnosi e la gestione delle IVU; questi approcci richiedono un carico di lavoro elevato e forniscono risultati in non meno di 2/3 giorni. Il ritardo nell’ottenimento dei risultati determina il ricorso a terapie antibiotiche empiriche aumentando l’uso inappropriato dei farmaci e diffondendo il fenomeno dell’antibiotico resistenza [31]. Tale problematica potrebbe essere minimizzata in due modi: da una parte stabilendo programmi di gestione della somministrazione degli antibiotici con il coinvolgimento del personale sanitario e la programmazione di corsi di addestramento e aggiornamento continui sul corretto utilizzo degli antibiotici in base alle direttive internazionali [6]; dall’altra migliorando i processi diagnostici implementando l’utilizzo di POCT in grado di permettere una identificazione e quantificazione batterica in parallelo alla valutazione della sensibilità agli antibiotici dei microrganismi infettanti, sufficientemente flessibile per essere adatto a diversi patogeni e quadri clinici [10]. L’avvento di POCT rapidi ed accurati è quindi cruciale per permettere uno screening più razionale dei pazienti prima del trattamento o dell’ammissione nelle strutture ospedaliere, migliorarne il follow-up, valutare l’efficacia dei trattamenti o monitorare le performance delle prescrizioni antibiotiche e valutare i profili di resistenza locali agli antibiotici degli uropatogeni. Questo approccio potrebbe infine portare ad una personalizzazione dei trattamenti terapeutici in base alle caratteristiche e al quadro clinico del paziente, migliorandone il benessere e riducendo i costi sanitari [44]. Ringraziamenti Ringraziamo il Prof. Vincenzo Ziparo (Istituto Dermopatico dell’Immacolata – IRCCS, Roma, Italia) per il confronto costruttivo. Pubblicazione effettuata nell’ambito dell’iniziativa MIUR-Dipartimenti di Eccellenza, Articolo 1, Commi 314–337 Legge 232/2016, per il Dipartimento di Scienze, Università Roma Tre.

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Anno III - N. 4 aprile 2020 Edizione mensile di AgONB (Agenzia di stampa dell’Ordine Nazionale dei Biologi) Testata registrata al n. 52/2016 del Tribunale di Roma Diffusione: www.onb.it

Direttore responsabile: Claudia Tancioni Redazione: Ufficio stampa dell’Onb Aprile 2020 | Anno III - N. 4 | www.onb.it

Edizione mensile di AgONB, Agenzia di stampa dell’Ordine Nazionale dei Biologi. Registrazione n. 52/2016 al Tribunale di Roma. Direttore responsabile: Claudia Tancioni. ISSN 2704-9132

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CORONAVIRUS VERSO LA FASE 2 Riaperture prudenti e contingentate monitorando i nuovi contagiati regione per regione

Hanno collaborato: Giovanni Antonini, Alyexandra Arienzo, Valentina Cellitti, Giuseppe Cerullo, Barbara Ciardullo, Carla Cimmino, Giuseppe D’Antona, Chiara Di Martino, Salvatore Di Somma, Domenico Esposito, Maria Sole Facioni, Giada Fedri, Valeria Ferrante, Felicia Frisi, Carmine Gazzanni, Elisabetta Gramolini, Giorgio Liguori, Sara Lorusso, Biancamaria Mancini, Riccardo Mazzoni, Marco Modugno, Lorenzo Murgia, Massimo Negro, Gianpaolo Palazzo, Antonino Palumbo, Stefania Papa, Carmen Paradiso, Matteo Piccirilli, Daniele Ruscitti, Pasquale Santilio, Pietro Sapia, Ottavia Stalio, Giacomo Talignani, Luca Tondini, Paolo Visca. Progetto grafico e impaginazione: Ufficio stampa dell’ONB. Questo magazine digitale è scaricabile on-line dal sito internet www.onb.it edito dall’Ordine Nazionale dei Biologi. Questo numero de “Il Giornale dei Biologi” è stato chiuso in redazione giovedì 30 aprile 2020. Contatti: +39 0657090205, +39 0657090225, ufficiostampa@onb.it. Per la pubblicità, scrivere all’indirizzo protocollo@peconb.it. Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano l’Ordine né la redazione. Immagine di copertina: © Pearl PhotoPix/www.shutterstock.com

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