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CAFE’ BIKES LA LEGGENDA - JOHN BRITTEN IL GENIO: OMAGGIO AL MITO

PROGETTISTA ECLETTICO, REALIZZO’ IL SUO SOGNO COSTRUENDO UNA MOTO ALL’AVANGUARDIA

Qel giorno a Monza ebbi una visione. Vidi una moto completamente fuori dagli schemi, con telaio in fibra di carbonio e propulsore portante, che utilizzava pezzi di un motore di F.1. Dulcis in fundo, la moto era verniciata in fucsia e blu metallizzato. Vidi un mezzo eccezionale che però quella volta non corse, a causa della centralina smagnetizzatasi durante il trasporto aereo. Però poi tornò di nuovo, questa volta con un’altra livrea più sobria, gialla e nera, e ci fece sognare. Quella era la moto costruita nel proprio box da John Britten, la V1000, che ha appassionato i puristi delle due ruote di tutto il mondo. Ora che quel genio poliedrico di John Britten non è più tra noi, celebriamo la sua leggenda. Nato a Christchurch - Nuova Zelanda - il primo agosto 1950, nel segno del leone; morto di cancro il 5 settembre 1995, lasciando la moglie e tre figli. Tim Hanna ha scritto un magnifico libro “enciclopedia” di ben 500 pagine sulla sua sfida. Laureatosi ingegnere meccanico seguendo un corso serale, Britten dopo aver lavorato in Inghilterra, decide di tornare in Nuova Zelanda e avvia alcune iniziative imprenditoriali di successo, anche nel settore immobiliare, dove si “inventa” architetto. Nel frattempo dà corpo al sogno della sua vita, una moto rivoluzionaria, con soluzioni avveniristiche come l’uso della fibra di carbonio per il telaio, una scelta che già la Heron Suzuki 500 ha fatto nel Mondiale GP a partire dal 1985. Nel 1992 Britten fonda l’omonima casa motociclistica, che inizialmente ha sede nel suo garage. Il futuro vedrà la realizzazione di dieci moto da corsa, cinque delle quali vendute in USA, tre in Nuova Zelanda, una in Italia e una in Olanda; moto che farebbero furore anche come meri oggetti di design da esporre in salotto. La Britten ufficiale ha preso parte alla Battle of the Twins di Daytona, alla BEARS World Series, dedicata appunto alle bicilindriche a otto valvole, al Campionato Neozelandese F1, categoria che consentiva maggior libertà di elaborazione rispetto alla Superbike e che per anni ha furoreggiato al Senior TT nell’Isola di Man. In queste categorie la Britten V1000 ha vinto diversi titoli o si è piazzata comunque al secondo posto. Dal 1993 la storia della Britten si incrocia con quella di Roberto Crepaldi e del team CR&S, che acquista il telaio n. 003 (quello venduto in Italia, il primo destinato alla produzione) e inizia a fornire supporto tecnico e logistico alla squadra neozelandese per le partecipazioni alle gare europee. Verra’ acquistato un motorhome completamente nero con bandiera a scacchi, soprannominato “Black beauty”, poi purtroppo venduto ad altro team negli anni seguenti: chissà che fine ha fatto. Il primo prototipo della Britten ha debuttato a livello internazionale a Daytona e alla sua guida si sono alternati piloti come Chris Haldane e Paul Lewis, già presenti nei campionati mondiali Superbike e 500 (Lewis proprio sulla Heron Suzuki). Poi si sono succeduti Jason McEwen, Andrew Stroud, Lauren Poole, e sulla giallo-nera del CR&S Nangi Dones, Mark Famer (che muore in

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prova al TT uscendo di strada), ancora Andrew Stroud, Dario Marchetti (2° a Monza nel ‘95), Shaun Harris, Stephen Briggs. La Britten non ha un telaio. Il motore funge da struttura portante e con l’ausilio di due telaietti realizzati in fibra di carbonio, sostiene il serbatoio e la sella. Direttamente collegate al motore sono anche le forcelle anteriori e posteriori di forma trapezoidale, ugualmente costruite in fibra di carbonio così come i cerchioni. La moto ha un solo ammortizzatore posto frontalmente davanti al motore. Quest’ultimo è un bicilindrico a V da 1000cc. quattro tempi, in grado di erogare una potenza di 155cv. a 11.500 giri, poi arrivati anche ad essere quasi 170, per un peso di 141 kg. Utilizza due pistoni del propulsore Judd V10 usato dalle monoposto di F.1, e più precisamente dalla Scuderia Italia nel 1991 e da Andrea Moda e Brabham l’anno seguente. Infine, in una versione profondamente modificata e con il marchio Yamaha, è stato poi adottato dalla Tyrrell. La Britten è munita di un sofisticato sistema elettronico che comanda l’accensione e l’iniezione. In verità l’idea di adoperare parti di un motore di F.1 per realizzare una potente bicilindrica non era nuova. Nel 1987 infatti venne costruita l’inglese Quantel che sfruttava parti del motore Ford Cosworth 3.000cc.. Alla realizzazione della moto contribuì anche John Surtees, e fu guidata sempre da Paul Lewis e John Marshall con buoni esiti. Con Britten, però si giunse all’apoteosi che oggi marchi come Confederate o Vyrus ci fanno in parte ricordare. (a. citt.)

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