Insieme speciale urna

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Don Bosco incontra i giovani carcerati

“Entrò per rimanere con loro”

L’

evento della peregrinazione dell’urna di don Bosco in Sicilia ha suscitato tanto entusiasmo ed attrazione attorno a colui che ha speso l’intera esistenza a servizio e per la salvezza dei giovani poveri. “Don Bosco è qui” è lo slogan che ha accompagnato il passaggio di don Bosco nelle opere salesiane e soprattutto in alcuni ambienti specifici. Sappiamo come don Bosco cercava i ragazzi per le strade, le piazze e nei loro posti di lavoro offrendo la sua amicizia ai giovani operai; insieme a don Cafasso cominciò a visitare anche le carceri e inorridì di fronte al degrado nel quale vivevano giovani dai 12 ai 18 anni, tormentati dai parassiti e desiderosi di mangiare anche un misero tozzo di pane. Cinque tappe, infatti, hanno caratterizzato in modo particolare la peregrinazione dell’urna; ci riferiamo ad alcuni istituti penitenziari del territorio siciliano: Caltanissetta, San Cataldo, Piazza Armerina, Modica e Catania. Ebbene, “Don Bosco è qui”!; sì, è qui a cercare i suoi giovani figli siciliani “sani, robusti, d’ingegno sveglio…” ma che soffrono limitazioni di libertà perché coinvolti in situazioni delinquenziali; don Bosco, come nel lontano 1841, va a visitarli per dimostrare loro vicinanza e affetto di padre. Una delle giornate più intense e commoventi della peregrinazione dell’urna di don Bosco in Sicilia, infatti, è stata la prima tappa, quella del 2 novembre 2013, al carcere minorile di Catania. Certo, accedere in un istituto penitenziario è sempre un colpo al cuore: all’entrata la sbarra, poi la guardiola/portineria dove presentiamo i documenti d’identità e lasciamo in deposito borse e cellulari; poi porta di ferro che si apre a comando del custode, cortile, porta, androne, porta di ferro, sbarre alle finestre… tutto come si conviene ad un carcere. Però, “dentro” ci sono persone, giovani, adolescenti… e loro hanno fatto la differenza! Inaspettata è la percezione di “buona aria” che respiriamo mentre attraversiamo gli anditi mesti e prepariamo la sistemazione dell’urna e del materiale necessario per l’animazione; quando vediamo gli operatori del carcere, guardie, educatori, volontari è subito chiaro di quanta intelligenza, solidarietà, forse anche affetto, vengano espresse al di là della mansione lavorativa e in contrasto con l’idea difensiva e/o punitiva che ha sotteso la costruzione della struttura. Nel teatro dell’istituto si respirava un’atmosfera particolare, direi surreale. Man mano che arrivavano i ragazzi, grandi strette di mano e sorrisi… era questo che accomunava tutti prima di prendere posto, quasi non pensassero al peso della loro condanna. Tra un saluto e uno scambio di battute, il piccolo teatro si è riempito. I ragazzi hanno accolto il Santo piemontese con trepidazione; in un cartello, realizzato da loro stessi, vi era scritto: “Benvenuto don Bosco”. Siamo rimasti molto colpiti dalla loro attiva partecipazione alla formazione, alla preghiera comunitaria e personale; tra questi vi erano anche alcuni musulmani che, con rispetto e attenzione, hanno voluto partecipare a tutti i momenti proposti. L’intera mattinata è stata pensata e strutturata per facilitare la partecipazione di tutti, anche dei giovani che erano in stato di isolamento. Parole di affetto e di speranza per tutti i ragazzi sono state pronunciate da don Gianni Mazzali che ha seguito tutta la peregrinazione dell’urna e che ha presieduto il momento della preghiera comunitaria. Don Gianni, che aveva già incontrato i ragazzi durante una


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