Uova Bruzzese - Una storia di ordinaria sofferenza

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UOVA “BRUZZESE” Una storia di ordinaria sofferenza

foto Nemesi Animale

Un’investigazione di NEMESI ANIMALE nell’allevamento BRUZZESE di Olgiate Olona (VA) La ditta Bruzzese di Olgiate Olona è una delle principali produttrici di uova della regione Lombardia, con 200.000 galline detenute nell’allevamento, attivo da più di quarant’anni. La famiglia Bruzzese ha in progetto la costruzione di un ulteriore stabilimento nel quale saranno rinchiuse altre 328.000 galline. Il sito prescelto per questo progetto è a Busto Garolfo (MI), all’interno del Parco del Roccolo. Il Parco del Roccolo è un parco ricco di flora e fauna, a cui gli abitanti delle zone sono molto legati. Per questo motivo fin dalla presentazione del progetto si è creata una forte mobilitazione locale che cerca di opporsi ed evitare che un’altra porzione di verde e di alberi sia coperta dal cemento. Partendo proprio da questa importante battaglia abbiamo sentito l’urgenza di dare voce anche a coloro che subiranno i principali effetti negativi se questo progetto verrà approvato: gli animali. Gli allevamenti di galline in batteria per la produzione di uova sono dei luoghi infernali, dove questi animali vengono privati di tutti quei bisogni e piaceri che per ogni essere vivente (non solo gli umani) sono irrinunciabili. Negli allevamenti le galline vengono costrette a produrre uova come macchine, fino allo sfinimento.

100% Prodotto con crudeltà

Per mostrare a tutti che orrore si nasconderà dentro i capannoni che la famiglia Bruzzese vuole costruire a Busto Garolfo, e far conoscere cosa si cela dietro all’industria delle uova, alcuni attivisti di Nemesi Animale hanno deciso di documentare le condizioni delle 200.000 galline prigioniere dei capannoni già attivi di questa azienda. Quello che emerge è un mondo terribile che tutti dovrebbero vedere in prima persona: file di gabbie di sette piani una sopra l’altra, con decine di migliaia di galline che urlano, si lamentano, cercano inutilmente di aprire le ali, si beccano a vicenda per lo stress, molte sono ferite, prive di piume e penne, muoiono tra le loro compagne o vengono lasciate agonizzanti nei corridoi e finiscono mangiate dai topi. Si tratta di un luogo che rimane impresso per la sua inquietante architettura, in cui gli animali implorano pietà e vorrebbero poter uscire per vedere il sole, respirare aria fresca e toccare il prato con le zampe. Tutta questa sofferenza è lì, dietro una porta, presente ogni giorno, soltanto per produrre delle uova.

Quella di Bruzzese è una realtà che riteniamo urgente far conoscere. Purtroppo è solo una delle tante ordinarie storie di sofferenza che si consumano dentro a qualsiasi allevamento, sia esso in batteria, a terra, di galline o di qualsiasi altro animale sfruttato e tenuto in prigionia.


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UN PROGETTO DA FERMARE! In data 12 gennaio 2010 la Società Agricola Bruzzese, già proprietaria di un enorme allevamento ad Olgiate Olona (VA), depositava presso il comune di Busto Garolfo il proprio progetto di costruzione di un nuovo allevamento di galline ovaiole (214.032 uccelli) e pollastre (114.576 uccelli). L’area acquistata da Bruzzese su cui dovrebbe sorgere ha un’estensione di 103.946 mq, è situata all’interno del Parco del Roccolo ed è classificata come “Zona protetta di salvaguardia ambientale di interesse sovracomunale”. Il progetto prevede la costruzione di tre capannoni, ognuno con 7 corridoi di gabbie impilate, 7 piani uno sopra l’altro. Sono previsti anche un centro di raccolta delle uova, uno di smistamento e un impianto per l’essicazione della pollina. Se la ditta Bruzzese avrà la meglio un triste scenario ci aspetta: le ruspe invaderanno il bosco e abbatteranno gli alberi, gli animali che qui abitano saranno costretti a scappare o moriranno schiacciati dai mezzi pesanti, colate di cemento soffocheranno i prati e infine verrà eretto un obbrobrio architettonico capace di ingabbiare fino a 320.000 galline. Questo impianto è mostruoso sotto ogni punto di vista. Ogni giorno i boschi sono attaccati dalla follia distruttrice, i luoghi naturali perdono progressivamente terreno e i responsabili dell’avanzata del cemento continuano a volerci imporre la loro smania di fare soldi. Ma c’è chi non ci sta. In tutta Italia si stanno combattendo lotte per difendere i territori e gli spazi naturali. Ora tocca a chi ama il Parco del Roccolo e vuole continuare a poterne ammirare la bellezza. I boschi significano vita, sia per gli animali che per le persone. La totalità delle forze politiche di Busto Garolfo, i cittadini dei comuni di Busto Garolfo e Canegrate e gli amministratori del Parco del Roccolo si sono dichiarati contrari al progetto, esprimendo preoccupazione per l’impatto ambientale e sanitario che la struttura potrebbe provocare sul territorio. In data 12 marzo 2011 e 7 ottobre 2011 il Consiglio Comunale di Busto Garolfo ha espresso parere fortemente contrario a tale insediamento. Il Comitato di Coordinamento del Parco del Roccolo ha deliberato l’insostenibilità ambientale e paesaggistica dell’impianto proposto. L’allevamento proposto è infatti collocato nell’ambito della Rete Ecologica Provinciale in un “Ganglio Primario”. Il 30 settembre 2011 il WWF Italia, sezione Regionale Lombardia,

ha presentato osservazioni che evidenziano l’assoluta incompatibilità del progetto in esame con la poca distanza dall’oasi ecologica di Vanzago e la richiesta dello studio di valutazione di incidenza. Sono state inoltre  e v i d e n z i a t e Il progetto dell’allevamento a Busto Garolfo molteplici criticità da vari Enti, come ASL, ARPA, Provincia di Milano. La Direzione del Parco del Roccolo ha rilevato molteplici criticità in ordine alle esigenze aziendali connesse a tale allevamento, in particolare in merito all’aumento della circolazione motorizzata, alla regimentazione dei reflui dell’allevamento, all’impatto paesaggistico, all’utilizzo della risorsa idrica, all’inquinamento luminoso e all’esigenza di nuove infrastrutture connesse all’impianto. I cittadini hanno costituito a marzo 2011 un comitato per la salvaguardia del Parco del Roccolo, che si è mosso con diverse iniziative di informazione e sensibilizzazione. A tutto questo interesse e a questa mobilitazione abbiamo ritenuto necessario e doveroso dare il nostro contributo. Il progetto di Bruzzese va fermato per diversi motivi, e sappiamo che sicuramente quelli di carattere ambientale saranno determinanti nei palazzi della politica. Ma nelle teste delle persone vorremmo che potesse entrare l’idea che costruire corridoi di gabbie in cui imprigionare esseri viventi non è qualcosa di accettabile e che se a Busto Garolfo venisse costruito questo allevamento, chi ci rimetterebbe direttamente con la propria vita senza possibilità di scampo saranno le galline prigioniere, sfruttate fino alla morte e uccise quando non più produttive. Non vogliamo venga costruito un inferno come quello già presente ad Olgiate Olona.

L’IMPORTANZA ECOLOGICA DEL PARCO DEL ROCCOLO Il territorio del Parco del Roccolo si estende su una superficie di circa 15 chilometri quadrati e comprende i comuni di Parabiago, Arluno, Busto Garolfo, Canegrate, Casorezzo e Nerviano. Il parco del Roccolo è un Parco Locale di Interesse Sovracomunale. I PLIS hanno un ruolo strategico nel collegare tra loro le aree protette più significative costituendo dei corridoi ecologici per mettere in comunicazione le aree protette della Regione Lombardia (limitando l’espansione antropica) e favorendo così i movimenti faunistici da una zona all’altra e la salvaguardia della vegetazione. La forte urbanizzazione ha danneggiato in modo incalcolabile i boschi e gli animali autoctoni. Ora che non rimane che una piccola porzione di territorio non edificato il Parco è il solo che può limitare e contenere l’espansione urbana. Nel Parco sono presenti soprattutto il prugnolo tardivo e la robinia, ma anche alberi come la farnia e il rovere. In primavera si può osservare la fioritura del mughetto, della pervinca e del sigillo di Salomone, oltre che quella di piante erbacee tipiche degli originari boschi della Pianura Padana. Qui sono state censite 261 specie vegetali, delle quali 9 Dossier Bruzzese e industria delle uova - pagina 2

sono protette in Lombardia:Anemone di bosco, Fragola di bosco, Mughetto, Campanula bienne, Campanula selvatica, Pungitopo, Narciso, Iris giallo e Mazzasorda. Sono molti gli animali che abitano nel Parco. Sono state censite 4 specie di anfibi (Rospo comune, Rospo smeraldino, Ragannella, Rane verdi), 7 di rettili (Ramarro, Lucertola dei muri, Biacco, Natrice dal collare, Natrice tassellata, Saettone, Orbettino), 25 di mammiferi e 101 di uccelli. Tra i mammiferi: Tasso, Puzzola, Volpe, Riccio, Toporagno, Pipistrello, Coniglio selvatico, Lepre, Scoiattolo, Ghiro, Moscardino, Quercino. Tra gli uccelli nidificanti: Tortora, Cuculo, Rondone, Picchio rosso maggiore, Rondine, Pettirosso, Usignolo, Capinera, Cinciarella, Cinciallegra, Gazza, Passera d’Italia, Fringuello, Picchio verde, Sparviere, Averla piccola, Gufo comune, Picchio muratore e Torcicollo. Tra gli uccelli svernanti: Poiana, Cormorano, Airone cenerino, Germano reale, Sparviere, Gallinella d’acqua, Pavoncella, Beccaccia, Tortora dal collare, Civetta, Gufo comune, Martin pescatore, Picchio rosso maggiore, Allodola, Ballerina gialla e bianca, Scricciolo, Passera scopaiola, Pettirosso, Merlo, Luì piccolo, Gazza, Taccola, Corvo, Storno, Passera europea, Fringuello, Cardellino.


DIETRO LE PORTE DELL’ALLEVAMENTO BRUZZESE L’allevamento si presenta, dall’esterno, come un insieme di anonimi capannoni che hanno preso il posto di un bosco ora ridotto ad una striscia di alberi. E’ diviso in due parti, a due lati opposti della stessa strada. Abbiamo concentrato la nostra attenzione su uno dei capannoni, quello per le galline più vecchie, dette a “fine carriera”, diviso all’interno in due parti, ognuna capace di contenere 50.000 animali. Le porte di accesso alla struttura sono sempre aperte. Varcandole ci si imbatte in un girone infernale: sei enormi strutture, ognuna delle quali formata da due file di gabbie disposte su 7 piani, occupano per il lungo le due sezioni in cui è diviso il capanno, lunghe ciascuna 75 metri e larghe circa 20, formando in questo modo 7 corridoi. Ogni corridoio è percorso da una fila di luci equidistanti disposte sue due livelli, in modo da fornire luce sufficiente al forzato ritmo sonno-veglia a tutti i piani di gabbie. Quando si apre la porta un rumore angosciante si solleva piano piano in tutto il capanno, sembrano le anime dei dannati dell’inferno. Le galline iniziano ad urlare angosciate e a beccarsi a vicenda e il suono delle loro grida cresce a livelli inimmaginabili. La sporcizia è ovunque: cumuli di un composto misto di piume, penne, polvere, ragnatele ed escrementi si depositano dappertutto e vengono periodicamente ammassati alla fine di ogni corridoio. L’azione costante di enormi ventole libera all’esterno immense quantità di aria irrespirabile. Sotto alle gabbie si accumulano le feci e la pollina, che poi un nastro dovrebbe portare via. Abbiamo notato come in molte gabbie le feci ricoprissero completamente parti del soffitto formando uno strato spesso alcuni centimetri sul quale le galline battevano continuamente la testa.

foto Nemesi Animale

Le galline in allevamento producono molte più uova di quante non ne deporebbero in natura. Se le luci vengono lasciate accese le galline mangiano e covano 24 ore su 24, confuse dalla continua sparizione delle loro uova. Essendo sottoposte a ritmi di deposizione delle uova intensi e innaturali, le galline patiscono gravi infezioni dell’ovidotto, il canale genitale attraverso cui le uova vengono deposte.

foto Nemesi Animale

Le galline allevate in batteria sono spesso soggette a malattie causate dal sovraffollamento e dallo stress dovuto alla condizione di prigionia. Le loro piume sono consumate fino a rimanere senza più ali ma con solo i rachidi completamente in vista, lo stesso accade ai loro colli. Tantissime le galline completamente nude tra quelle a “fine carriera” dell’allevamento Bruzzese.

Bruzzese: quarant’anni di sfruttamento Ad avviare l’a�ività nelle campagne di Olgiate Olona (VA) nel 1968 sono stati Bruzzese Eugenio e Lualdi Enrico; con il tempo sono entrati a farne parte le rispe�ive mogli e i figli del primo: Andrea e Elena Bruzzese. Inizialmente l’azienda era costituita da qua�ro capannoni, di cui adibito per metà alla selezione e raccolta delle uova. Accanto ad esso c’era il mulino per la produzione dei mangimi. Nel 1993 viene costruito un quinto enorme capannone suddiviso in due parti, entrambe contenenti galline in ba�eria ma di età diverse, capace di imprigionarne fino a 100.000. A causa del mercato in crescita, nell’anno 2000 è nato un nuovo capannone destinato alla selezione e raccolta delle uova, oltre che alla vendita al de�aglio e agli uffici commerciali ed amministrativi. Da questo nuovo capannone partono anche i mezzi di trasporto di proprietà dell’azienda ma anche di altri che quotidianamente si occupano della distribuzione. L’azienda Bruzzese oggi dispone della vita di 200mila galline ovaiole allevate in ba�eria, un mangimificio e una pulcinaia dove vengono fa�i nascere i pulcini che diverranno galline ovaiole. Ogni giorno 150 mila uova vengono confezionate e spedite. Classificata come prima azienda agricola in provincia di Varese, la società Bruzzese distribuisce da anni i suoi “prodo�i” a decine di supermercati e negozi.

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Lo sbeccamento porta spesso a malformazioni dei becchi delle galline, con conseguenti problemi nell’alimentazione. foto Nemesi Animale

All’interno delle gabbie abbiamo trovato molti cadaveri, alcuni in decomposizione, altri oggetto di cannibalismo da parte delle altre galline. foto Nemesi Animale

Molte galline cascano fuori dalle gabbie e si trovano spaesate nei corridoi, senza cibo né acqua. foto Nemesi Animale

Le grate di cui è costituita la pavimentazione delle gabbie provocano dolorose malformazioni alle zampe delle galline e una crescita continua ed eccessiva delle unghie data dall’impossibilità di poterle consumare sul terreno. Dossier Bruzzese e industria delle uova - pagina 4

Ogni piano è fortemente inclinato verso l’esterno, in modo che le uova deposte rotolino fino a fermarsi sopra un nastro a ridosso della gabbia, che le trasporta alla fine del corridoio, verso la macchina per l’imballaggio delle uova. Pochi centimetri sopra il nastro trasportatore c’è un filo di acciaio in cui scorre corrente a basso voltaggio, l’etichetta apposta sulle scatole metalliche da cui parte spiega che la sua funzione è tenere lontani i topi, abbondanti nella struttura. Sul nastro in cui sono trasportate le uova, così come nel resto delle gabbie, abbondano ragnatele e sporcizia. Ossa sottili ormai prive di piume e penne sono quello che rimane delle ali delle galline. Vivono la loro intera vita prigioniere di queste gabbie anguste, in gruppi che arrivano a contare anche 11 individui (nonostante la legge preveda un numero massimo di 5 animali). Sono costrette tutta la vita a poggiare le zampe su un fondo di rete che, come abbiamo detto, è perfino inclinato, non potendo quindi mai avere una posizione naturale o confortevole. Mai un attimo di calma: in ogni momento c’è un animale che si muove, che calpesta gli altri, li urta, li fa alzare, crea confusione. Mai un attimo di solitudine. Mai lo spazio per aprire le proprie ali. Quasi un quarto degli uccelli allevati a scopo commerciale sono storpi e provano dolori cronici e lancinanti. Quando sono costretti a camminare e riposare su lettiere marce, sporche, sature di ammoniaca, soffrono di ulcere alle dita, vesciche al petto, ustioni alle zampe. In qualsiasi allevamento, sia a terra che in batteria, è facile osservare come le galline presentino forti carenze di determinati fattori (vitamine A, B, C, D, PP), che risultano di essenziale importanza nel regolare il normale funzionamento organico. Le conseguenze, ben visibili ed evidenti, sono anemia delle parti carnose della testa (la cresta diventa moscia e biancastra, mentre dovrebbe essere rigida e rossa), apatia e debolezza generale, irritazione delle palpebre e comparsa di pustole. Essendo sottoposte a ritmi di deposizione delle uova intensi e innaturali, le galline patiscono gravi infezioni dell’ovidotto, il canale genitale attraverso cui le uova vengono deposte. Le penne si staccano in parte per lo strofinio contro la rete metallica, in parte per le continue beccate causate dagli elevatissimi livelli di stress (per i quali arrivano persino a uccidersi e divorarsi a vicenda). Come tutti gli animali, questi uccelli sono interessati alla pulizia e al benessere del proprio corpo. Le galline sono solite farsi dei “bagni di terra” per pulirsi le penne, eliminando i parassiti e provando un evidente piacere. Acausa del loro forte istinto di pulizia, continuano a mimare istintivamente questo gesto anche sul pavimento di ferro, strappandosi le piume sfregate. Le loro unghie, inoltre, non sono ovviamente adatte a poggiare sulla griglia di ferro e, senza un terreno solido che le consumi, crescono in modo esagerato e possono “Un luogo così orrendo e rimanere permanentemente angosciante non l’avevo impigliate nella gabbia. Non è raro che rimangano letteralmente mai visto: erano così tante attaccate alla griglia: le zampe che sembravano infinite, impossibile riuscire a vederle si incastrano nella rete e, se non riescono a liberarsi, la tutte, e prima di loro ne carne delle dita cresce col sono già passate infinite tempo intorno al fil di ferro. altre, e altrettante ancora le Le galline detenute in questo modo, seguiranno. se lasciate libere di camminare, Urla incessanti di dolore e presentano problemi nei movimenti disperazione. Era impossibile e spesso zoppicano a causa dei trattenere le lacrime.” dolori muscolari e articolari, delle


lesioni plantari e delle ferite.

“L’allevamento di galline ovaiole può essere definito sfruttamento sessuale. Infatti un atto estremamente intimo e personale come la deposizione di uova viene snaturato e diventa una dannazione per quegli uccelli da cui gli esseri umani hanno capito di poter ottenere di più”.

Le gabbie sono, in alcuni punti, decisamente fatiscenti, e presentano sporgenze metalliche che inevitabilmente feriscono gli animali. In certi casi, alcune galline armate di determinazione riescono a passare dalle fessure delle gabbie, ritrovandosi a vagare per i corridoi in un’illusione di libertà: non hanno mai camminato prima, né avuto lo spazio per spiegare le ali e per muoversi per più di qualche centimetro, le loro zampe non sono mai entrate in contatto con una superficie diversa dalla griglia metallica della gabbia, sono visibilmente impaurite e disorientate. Essendo uscite dalla macchina che le tiene “in vita” moriranno lentamente di fame e freddo, ma saranno comunque più fortunate delle loro compagne, costrette invece a passare ancora infiniti identici istanti di dolore senza senso, in attesa di una fine. La libertà conquistata non ha un lieto epilogo: le galline verranno ricatturate e rinchiuse di nuovo nelle gabbie oppure vagheranno sul cemento tra i capannoni, senza un luogo ospitale dove rifugiarsi e senza la compassione di qualcuno. Abbiamo trovato molti cadaveri all’interno dei corridoi dei capannoni, molti dei quali probabilmente mangiati dai numerosi topi presenti all’interno. Il sovraffollamento forzato e la non considerazione delle loro necessità etologiche le conduce irrimediabilmente a comportamenti fortemente aggressivi e autolesionisti. Per ovviare a questo problema viene praticato il taglio del becco in giovanissima età, rendendo loro molto difficile beccarsi a morte, ma non impedendo, comunque, di procurarsi dolorose ferite. Sono ancora ben visibili becchi malformati da questa crudele pratica che rende fastidioso anche cibarsi o bere. I piani delle gabbie sono altissimi e risulta ovvio che soprattutto quelle in alto vengono pulite e controllate molto di rado. Numerosi i cadaveri già odoranti di putrefazione che abbiamo trovato, prova questa che le gabbie non vengono controllate nemmeno quotidianamente. Le galline trovate morte o agonizzanti vengono semplicemente gettate in mezzo ai corridoi, in attesa di essere stoccate nel congelatore. Ne abbiamo trovate diverse, costrette a subire una lenta e dolorosa agonia in attesa di morire abbandonando ciò che è stata una vita vissuta come oggetti e non come esseri viventi. Ogni secondo, minuto, ora, giorno della loro vita è passato nel buio di quel capanno, all’interno di una gabbia, immobili, spaventate, ferite, annoiate. Una vita completamente snaturata. Sono tutte lì, animali nati nella forma “sbagliata”, solo e unicamente perchè gli esseri umani hanno deciso di farle nascere per mangiare le loro uova e poi ucciderle.

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Questa gallina è stata trovata in mezzo ad un corridoio. Stava morendo sul freddo pavimento in una lenta agonia, ha deposto un uovo davanti ai nostri occhi, completamente senza guscio.

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Una delle tante galline con forme di tumore non curate. foto Nemesi Animale

Decine di cadaveri in decomposizione sono ammassati nel congelatore dietro ai capannoni.

Puoi vedere molte altre immagini e il video dell’investigazione sul nostro sito: www.nemesianimale.net

I CLIENTI DI BRUZZESE Classificata come prima azienda agricola in provincia di Varese, la società agricola Bruzzese produce 150.000 uova al giorno, che vengono distribuite da anni a supermercati, negozi di generi alimentari, macellerie, fru�ivendoli, panifici, mense, asili di tu�a la provincia. Ma non solo. Tra i clienti figurano noti marchi della grande distribuzione come discount Lidl e Penny Market Italia, ipermercati come Tigros, Gigante, Pellicano, Iper, Gruppo Iges di Fiano Romano e Centrale del La�e di Varese. Dossier Bruzzese e industria delle uova - pagina 5


PRODUZIONE DI UOVA: SFRUTTAMENTO E PRIGIONIA Solo in Italia le galline allevate unicamente per la produzione di uova sono più di 40 milioni: milioni di individui ridotti a sopportare una breve vita fatta di continue sofferenze e privazioni solo per produrre il maggior numero possibile di uova per l’industria alimentare.

foto Nemesi Animale

Il ciclo di produzione ha inizio, alla nascita dei pulcini, con il sessaggio, che consiste nel distinguere e separare i maschi dalle femmine. I primi, inutili alla produzione di uova e inadatti a quella di carne di “pollo”, vengono considerati scarti e quindi gettati vivi nei tritacarne, per farne mangime per altri animali. Ai pulcini femmina spetta lo stesso destino delle loro madri, una vita in prigionia, costrette a produrre uova come macchine fino allo sfinimento. Per prima cosa vengono sottoposte allo sbeccamento, che consiste nel tranciare senza alcuna anestesia una parte del becco con un macchinario munito di una lama rovente. Il becco è costituito da fasci nervosi molto sensibili, ciò significa che questa operazione causa, oltre al trauma, un dolore acuto che non cesserà per tutta la vita della gallina. Lo sbeccamento viene praticato per prevenire fenomeni di cannibalismo e mutilazione, provocati dalle condizioni di prigionia in cui sono detenute. Le galline infatti sviluppano un’aggressività provocata dalla frustrazione, dalla noia e dalla stretta e continua vicinanza con le altre galline che le porta ad avere atteggiamenti violenti innaturali per la loro specie. Dopo lo sbeccamento i pulcini vengono trasferiti in un enorme capanno (pulcinaia), dove vengono costretti a subire dei cicli di luce artificiale per essere svezzati nel minor tempo possibile. L’unico “conforto” che avranno in questo periodo di tempo sarà una lampada che emette una fonte di luce calda che gli allevatori chiamano “madre artificiale”. In seguito, all’età di circa 17/18 settimane, ormai diventate galline o “pollastrelle”, verranno trasferite nei capanni in batteria per iniziare la produzione delle uova. Infinite file di gabbie grandi quanto un foglio di giornale, accatastate una sull’altra su diversi piani, costituiscono questi capannoni. Anche qui sono costrette a sopportare continui cicli di luce artificiale che durano da 16 fino anche a 20 ore di luce al giorno per incrementare la produzione di uova, arrivando a produrre il doppio o anche il triplo di quante ne deporrebbero in natura con i propri normali cicli. La vita di una gallina ovaiola non sarà più lunga di un anno e mezzo, perché a quest’età la produzione di uova diminuisce, come anche la qualità delle uova stesse, dopodiché verrà spedita al macello per diventare carne di seconda scelta. Ognuna di queste 40 milioni di galline è un essere vivente che prova sensazioni di gioia, paura, dolore simili a quelli che proviamo noi, l’unica loro sfortuna è quella di essere nate nelle mani di qualcuno che ha potuto disporre della loro vita trasformandola in una non vita allo scopo di fare profitto.

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Una gallina morta accanto alle uova deposte nella sua gabbia. Queste uova sono state prodotte letteralmente al costo della vita di un animale.

L’INDUSTRIA DELLE UOVA: QUALCHE DATO Produzione annua, in Italia, di uova di categoria A (destinate al commercio dire�o): 14.508.900 (812.500 tonnellate) Circa 40 milioni di galline sono, in questo momento, prigioniere degli allevamenti di tu�a Italia La produzione di uova in Lombardia è il 17% del totale, è la regione che produce di più in assoluto, seguita di poco dall’Emilia Romagna col 16,8% Ogni Italiano, nel 2010, ha consumato 285 uova (tra consumo dire�o e prodo�i trasformati). Produrre un uovo costa, mediamente, 7 centesimi Nel 2010 l’industria avicola ha fa�urato, sulla prigionia e il massacro delle galline, 5.300 milioni di euro Secondo uno studio volto a determinare la differenza di produ�ività fra galline identiche so�oposte a regimi di produzione diversi è risultato che, in 5 mesi: *le galline in ba�eria, alimentate con una miscela da allevamento industriale, so�oposte a ritmi sonnoveglia forzati, hanno prodo�o 120 uova cisacuna * le stesse galline, allevate all’aperto con granaglie naturali, hanno prodo�o 36 uova ciascuna. Secondo la nuova normativa dal 2012 ogni gallina dovrebbe disporre di uno spazio irrisorio di 750 cm2 dentro alle gabbie, poco più di questa singola pagina.


QUALI SOLUZIONI DUNQUE?

Alcune false soluzioni:

Allevamento a terra

La maggior parte delle persone che acquistano uova non sanno nemmeno dell’esistenza di allevamenti in batteria. Ovviamente immagini come quelle su queste pagine non vengono mostrate ai clienti e non sono buona pubblicità. Eppure quasi il 90% delle uova in Italia proviene da allevamenti come questo.

foto EssereAnimali

Per chi invece ne viene a conoscenza e ne rimane colpito, per chi crede sia crudele rinchiudere in una gabbia una gallina per tutta la sua vita senza la possibilità di aprire le ali e razzolare, il mercato offre subito una soluzione definita come “etica”: le uova da galline allevate a terra. Ma queste sono davvero una soluzione al problema della sofferenza degli animali? Gli allevamenti a terra possono far pensare ad idilliaci prati su cui le galline possono camminare e prendere il sole, giocare e stendersi, fare i bagni di sabbia e avere una vita libera. Ma non è così. Si tratta di capannoni chiusi, con al posto del pavimento un fondo a griglia da cui far cascare le deiezioni, con illuminazione artificiale, dove sono ammassate decine di migliaia di galline. Si calcola che in media ci sia una densità di circa 10 animali per m2 nei capannoni. Alcuni di questi, denominati “aviari”, prevedono invece delle estensioni in altezza di piani aperti sovrapposti. La densità in questo caso può raggiungere i 20 animali per m2, che è la stessa identica che le galline hanno all’interno delle gabbie in batteria tradizionali. Per le galline allevate a terra, ma anche per quelle allevate all’aperto o in modo “biologico”, la selezione è la stessa. Si parte dalla triturazione dei pulcini maschi e si passa per lo sbeccamento, così come si finisce il ciclo delle loro brevi vite appendendo questi poveri animali ai ganci di un macello. La sofferenza rimane perché non è cambiata assolutamente la concezione di questi esseri senzienti. Un allevamento alternativo non significa che si è capito cosa vogliano questi animali, cosa desiderino fare della loro vita. I sistemi di allevamento alternativo e le piccole migliorie nelle gabbie sono solamente un modo per ingannare tutti quei consumatori che vorrebbero prodotti meno crudeli. Dietro ad ogni uovo c’è una gallina che avrebbe voluto vivere una vita in libertà e non essere considerata alla stregua di una macchina produttrice da macellare a fine carriera. Dietro ad ogni uovo e ad ogni prodotto che contiene uova c’è un mondo di sofferenza che pochi conoscono.

Migliaia e migliaia di animali stipati in capannoni. Questi sono gli allevamenti a terra di galli e galline. Scegliere uova che provengano da allevamenti “non in gabbia” o “a terra” significa accettare luoghi di prigionia come questo e anche tutto il ciclo di produzione dei pulcini, lo sbeccamento e la macellazione.

Gabbie arricchite

Così appaiono le nuove gabbie imposte dalla Unione Europea con la normativa in vigore dal 1 gennaio 2012. Non bastano un arricchimento ambientale, un trespolo per poggiare le zampe o un po’ di sabbia a cambiare la vita di questi animali. Gli spazi previsti rimangono comunque irrisori e per le galline si tratta pur sempre di gabbie in cui restano prigioniere tutta la vita. Queste nuove “gabbie arricchite” non possono risolvere i problemi psicologici e nemmeno ovviare ai bisogni etologici di questi animali.

UNICA SOLUZIONE: LA SCELTA VEGAN foto VitaDaCani

Un numero crescente di persone in tutto il mondo sta scegliendo di non essere partecipe di sofferenza e sfruttamento degli animali e di conseguenza diventa vegan. La scelta vegan parte dal concetto che gli animali non sono nati per servire ai nostri scopi e che non sono oggetti di cui disporre come vogliamo, da cui trarre profitto, da far riprodurre e tenere chiusi in gabbia o in capannoni per una vita intera. Non possiamo continuare a considerarci padroni del mondo in cui viviamo: ritornare ad esserne umili abitanti è la soluzione a molti dei mali che affliggono questo pianeta.

Chi sceglie vegan non mangia e non acquista quindi prodotti derivanti dall’uccisione e dalla prigionia degli animali. Si tratta di una scelta etica che dal punto di vista alimentare elimina carne e pesce ma anche uova e latticini, per arricchire la propria dieta con cereali, legumi, frutta e verdura. Quella che a prima vista può apparire come una forma di rinuncia è in realtà un enorme arricchimento etico, che porta a vivere una vita non solo più sana ma anche più soddisfacente, perché consapevole del proprio ruolo e delle proprie scelte, consapevole di essere parte di un cambiamento verso un mondo migliore. Dossier Bruzzese e industria delle uova - pagina 7


LE GALLINE VOGLIONO LA LIBERTA’ Le gallline sono animali interessanti e curiosi, intelligenti quanto i mammiferi, come i cani, i gatti, i primati. Si tratta di animali molto socievoli, che amano passare il tempo insieme. L’istinto materno delle galline è così forte da far sì che la madre rischi addirittura la propria vita per proteggere la covata. È stato osservato come l’istinto di costruire un nido per proteggere i piccoli rimanga profondamente radicato nella mente della gallina e non scompaia mai. Galline che hanno passato lunghi mesi delle loro vite in gabbia, ridotte a terribili condizioni psicofisiche, nel giro di un giorno dalla libertà sono in grado di costruirsi un nido nonostante il becco mozzato, con cui riescono ugualmente a raccogliere piccoli pezzi di fieno e disporli in circolo per costruire un piccolo rifugio destinato alle uova. La gallina selvatica, come tutti gli uccelli, non depone uova in eccesso se non in primavera, quando è pronta ad allevare una covata di pulcini. Le galline in allevamento producono molte più uova di quante non ne deporebbero in natura, solo perchè la luce artificiale e costante stimola la ghiandola pituitaria alla base del cervello, provocando una maggiore produzione ormonale, che a sua volta stimola le ovaie. Se le luci vengono lasciate accese le galline mangiano e covano 24 ore su 24, confuse dalla continua sparizione delle loro uova. Galli e galline sono in grado di emettere suoni considerevolmente diversi a seconda del loro ascoltatore: il gallo fa un determinato verso quando trova del cibo prelibato e vuole avvertire la sua gallina preferita e uno completamente differente quando vuole avvertire di un pericolo incombente. Non si tratta di semplici vocalizzi casuali, ma di una vera e propria comunicazione di informazioni (scoperta di cibo, pericolo, paura, piacere, allarme, dominanza, e così via). Negli allevamenti le galline sono private di sole, aria fresca, erba e cielo. Vivono in un ambiente controllato dove non esistono sole, pioggia, vermi, germogli, o qualsiasi altro elemento naturale. Per stimolare il loro appettito il cibo è addizionato con prodotti chimici. Il loro comportamento naturale non è stato semplicemente modificato, ma completamente alterato, distorto in modo perverso, proponendo la caricatura di una vita normale. Quello che è stupefacente è vedere come galline avvilite, timorose e quasi senza penne, possano riacquistare in un tempo relativamente breve le piume e i propri comportamenti naturali. Le galline a cui viene restituita la libertà appena possono dispiegano le ali, fanno bagni di terra, si mettono a “raspare” per trovare il cibo e si appollaiano sugli alberi. Si tratta di animali che, se liberi in natura, sono in grado di ingannare i loro nemici, stringono forti legami, proteggono i loro piccoli e salutano l’alba dorata in un’esplosione canora. Ed è così che dovrebbero vivere.

NEMESI ANIMALE

è un proge�o per la liberazione animale, di ogni animale, umano e non umano. Nasce per creare un cambiamento culturale e sociale, per contrastare chi lucra sulla vita di altri animali e per salvarne dire�amente il più possibile dalle a�ività distru�ive così diffuse in questa società. La nostra lo�a vuole portare giustizia agli essere viventi e alla Terra violata che non possono resistere e comba�ere, facendo in modo che essi possano vivere liberi. Non si tra�a di a�endere che qualcun altro intervenga, ma generare noi stessi un cambiamento. SOSTIENICI con una donazione sul conto corrente numero 001002124376 intestato a “Liberazione Animale”.

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