“Venite a me, voi tutti, Q
uando ogni anno folle provenienti da tutto il mondo arrivano al santuario di Lourdes, come non ricordare ciò che ci riporta il Vangelo: “vedendo le folle ne sentì compassione poiché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore” (Mt 9,36). E quell’appello di Gesù: «venite a me, voi tutti che siete affaticati ed oppressi e Io vi ristorerò. Prendete su voi il mio giogo e imparate da me che sono dolce e umile di cuore e troverete il riposo dei vostri cuori» (Mt 11,28-29). Le folle di Lourdes sono ben lontane dall’essere omogenee. Ci sono i pellegrini, ma ci sono anche i turisti, i curiosi e tanti altri. Gesù vuole rivolgersi a tutti e per raggiungere ciascuno nella sua realtà, sceglie la via che ci è più familiare: il cammino della sofferenza. Poiché è un fatto universale: ogni uomo soffre, ricco o povero, malato o sano, famoso o sconosciuto. Nessuno può mai dire: «non ho sofferto, non soffrirò». Ecco perché il suo appello: «venite, a me, voi tutti che soffrite» raggiunge ogni uomo nelle profondità e negli abissi del suo cuore. A tale riguardo Lourdes è uno di quei luoghi dove il suo appello è più percettibile che altrove. C’è infatti, qui, la presenza sconvolgente dei malati, ma c’è soprattutto la presenza più nascosta e più misteriosa di tutti quelli che soffrono e che tribolano sotto il peso di differenti fardelli. Quale fardello? Il fardello della vita che, in certi momenti, si fa pesante da portare quando non diventa addirittura insopportabile. Il fardello delle prove di qualsiasi genere, tanto sul piano personale o professionale che sul piano familiare o emozionale. Il fardello delle nostre fragilità psicologiche, delle nostre debolezze morali; il fardello dei nostri peccati. «Prendete su di voi il mio giogo». Tutti sappiamo che un giogo ci unisce fortemente a qualcosa o a qualcuno. Con questa parola, il Cristo ci propone di rompere la nostra solitudine se accettiamo la sua Presenza
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