NINA 6 e il Potere dell'Absinthium

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Moony Witcher A Коля Ляпаненко che sa sorridere alla vita

ATTENZIONE COLOPHON

Illustrazioni: Matteo Vattani Progetto grafico: Simonetta Zuddas www.giunti.it © 2014 Giunti Editore S.p.A. Via Bolognese, 165 - 50139 Firenze, Italia Via Borgogna, 5 - 20122 Milano, Italia Prima edizione: giugno 2014 Ristampa

Anno

2015 2014 2013 2012

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Stampato presso Giunti Industrie Grafiche S.p.A. Stabilimento di Prato, azienda certificata PEFC™


Noi abbiamo una sola vita: se anche avessi fortuna, se anche raggiungessi la gloria, di certo sentirei di aver perduto la mia, se per un solo giorno smettessi di contemplare l’universo.

Marguerite Yourcenar


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Capitolo Primo

Movianta Suspina

La luce azzurrina dell’Acqueo Profundis entrò come una lama gelida negli occhi di Roxy. La ragazzina respirava a malapena. Con fatica sollevò un po’ di più le palpebre per guardare meglio i volti dei suoi amici che le stavano accanto. Li udì parlottare, senza però comprendere con nitidezza i loro discorsi. Era debole e confusa. Deglutì con difficoltà assaporando ancora il gusto dell’Ansio Offuto che Filo Morgante le aveva fatto bere usando il Boccaglio Tremulo. Mosse lentamente spalle e braccia: i dolori alla schiena sembravano scomparsi. Non riusciva a muovere solo le gambe: aveva tentato più volte di agitare i piedi senza ottenere alcun risultato. Si strinse il Taldom Lux al petto: lo scettro magico della Sesta Luna era l’unico strumento alchemico che non avrebbe mai abbandonato. Aveva paura. Paura di morire. Puntò lo sguardo verso il gruppetto che improvvisamente aveva smesso di parlare. Roxy sapeva che i suoi amici avrebbero provato in tutti i modi a salvarle la vita e, in preda all’ansia, cercò di capire cosa stessero facendo. Si passavano di mano in mano, con gesti timidi e lenti, un piatto di pietra ruvida, color amaranto: lo Speranthio. Era un oggetto così prezioso e fragile, da trasformare in intensissima concentrazione la paura dei ragazzi di farlo ­ca­dere


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e frantumarsi sul pavimento del laboratorio nascosto nei fondali della laguna di Venezia. Sul bordo del piatto si leggevano molto bene alcune parole incise tanti secoli prima, grazie alla lucentezza della graffite nera con la quale erano state scritte. Si trattava di una supplica che, letta ad alta voce, dava potenza a un unico grande desiderio: ridare la vita a chi la stava perdendo. I ragazzi, a turno, scandirono quell’antica preghiera impressa sul magico piatto:

A cominciare fu Jolia, la centenaria tartaruga fantasma che non riuscì a trattenere la commozione. In perfetta lingua xoraxiana lesse parola dopo parola, spezzando il silenzio che aleggiava nel laboratorio segreto. «Hespedita nun quato, memerita silonie. Vatia in corante lirata suplimia» scandì con solenne afflato. E subito dopo, scuotendo la testa, si lamentò: «Oima Kabà… Oima Kabà… più di questo non posso fare. Ora continuate voi. Su questo antichissimo piatto dell’Isola di Pasqua sono impressi significati sacri. Mi raccomando, ripetete senza sbagliare. Tu, mia cara, stai ad ascoltare» precisò Jolia tendendo il lungo collo rugoso verso il tavolo su cui giaceva Roxy.

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In quel momento la tartaruga era così preoccupata per la giovane amica di Nina che addolcì il suo carattere e i suoi modi di solito molto spigolosi: «Rilassati. Pensa che presto guarirai». «Sì…» rispose la ragazzina dai riccioli biondi, con una voce flebile e angosciata, esile come un lievissimo soffio di vento. Jolia, con le zampe anteriori, passò il piatto amaranto a Dodo. «Gra..grazie ma coco..cosa vogliono di..dire queste frasi? Coco..nosco bene l’alfabeto della Sese..sta Luna però non caca..pisco» disse balbettando come al solito. La tartaruga schiarì la voce, pazientemente rilesse e fece la traduzione: «“Hespedita nun quato, memerita silonie. Vatia in corante lirata suplimia” significa “Non andartene ora, nel ricordo silente. Vai nel cuore lirico della supplica”». Dodo strinse lo Speranthio, capì il valore vitale delle frasi e ripeté, senza fare errori. Poi fu il turno di Fiore: avrebbe dato la sua vita per quella dell’amica che l’aveva salvata tante volte nelle pericolose lotte contro il Conte Karkon Ca’ D’Oro. La giovane alchimista dai capelli scuri e dagli occhi romantici lesse con enfasi e subito dopo passò il piatto al barbuto fantasma, Filo Morgante. Il vecchio si tolse il cappello rosso e, assunta un’espressione seria, scandì le parole in tono austero e solenne. Infine toccò al fidato robot Max 10-p1 che, con la sua voce metallica, rilesse mesto la preghiera. Tutti e cinque rimasero in attesa che accadesse qualcosa. Che Roxy si alzasse da quel tavolo dove era distesa. L’eco delle parole magiche svanì, scivolando nell’aria dell’Acqueo Profundis. Un sottilissimo filo di fumo nero partì dal centro del piatto amaranto e salì sino al soffitto

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t­ rasparente. Si bloccò irrequieto, come se cercasse di trapassare le pareti di vetro e disperdersi nell’acqua della laguna veneziana. All’improvviso un boato fece scuotere il laboratorio: un denso fumo, volando come una nube impazzita, si sparse ovunque, accompagnato da un forte odore di muffa. Tutti alzarono lo sguardo allibiti e nauseati dalla puzza! Max, che teneva ancora il piatto in mano, sentì uno scricchiolio. Sul piatto si formarono crepe finissime che, come una ragnatela, raggiunsero il bordo dello Speranthio, mentre dal centro il fumo continuava a uscire in un flusso senza limite. Una parola, una soltanto si formò nell’aria. Una parola terribile scritta dal fumo nero!

Jolia spalancò la bocca e sbarrò gli occhi: «Oima Kabà… Oima Kabà… non è possibile!». Max iniziò a tremare: «Morte? Guardate! C’è proprio xcritto Morte! Adexxo coxa devo fare? Il piatto xi xta xgretolando!». La tartaruga zampettò rumorosamente piantando le grosse unghie sul pavimento lucido: «Stai fermo… lo prendo io». Ma la vecchia testuggine non fece in tempo: lo Speranthio si dissolse come polvere tra le mani metalliche di Max. Fiore urlò: «È finita! La magia delle parole non funziona! Roxy… Roxy… non si salverà!». Jolia appoggiò il muso sul pavimento annusando il cumulo di polvere amaranto: «Solo granelli… stupidi granelli! Cosa mai è successo? Perché il piatto si è rotto in questo modo? Perché il fumo nero? E quella parola orribile: morte!». Filo Morgante si chinò accarezzando la corazza dell’amica

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fantasma, mentre la tenebrosa nuvola di fumo vagava come uno spettro maligno portandosi via la tetra parola: «Forse lo Speranthio aveva perso il suo potere. Forse quelle scritte sul bordo non dovevano essere pronunciate qui dentro ma all’aria aperta». «Ho sbagliato! Dovevo usare un altro oggetto, un’altra formula… mi dispiace… mi dispiace. Pensavo di poter salvare la ragazzina» lo interruppe sconsolata la tartaruga. «Abbiamo fatto il possibile. Non devi colpevolizzarti. Ma non dobbiamo neppure arrenderci» aggiunse il fantasma girandosi verso la povera Roxy, che aveva sentito tutto, ma non aveva più le forze per dire nulla. «L’Ansio Offuto che ho usato le ha soltanto alleviato i dolori. D’altra parte non so come aiutarla a guarire» continuò rigirando tra le mani il Boccaglio Tremulo, lo strano imbuto usato poco prima per somministrare alla bionda ragazzina il liquido da lui stesso inventato. Poi riguardò Jolia che, dalla rabbia per la rottura del piatto e della sua mancata magia, muoveva la coda come una frusta. Roxy chiuse gli occhi, cercando di sentire se il suo corpo riprendeva a muoversi. Tutto era inutile. Con le braccia protese in avanti e il Taldom Lux stretto tra le mani si rivolse ai suoi amici: «Non camminerò più. Mai più!» mormorò piangente. Le lacrime scesero sul suo viso come fiumi tumultuosi. Dallo scettro d’oro di Xorax non sopraggiunse nessuna magia, nessuna risposta. Fiore le accarezzò i capelli arruffati: «Calmati. Filo Morgante con l’Ansio Offuto ti ha alleviato i dolori alla schiena. E noi abbiamo recitato la preghiera del piatto Speranthio… Anche se non ha funzionato devi avere fiducia Troveremo un’altra formula, inventeremo una nuova pozione e tornerai forte e sana come prima».

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«Odio Karkon, odio la sua maledetta Alchimia del Buio! Non ho saputo difendermi da Gustav Gothembauer, quel guerriero di pietra era troppo forte! Dovevo colpirlo ma lui mi ha arpionato alla schiena!» continuò Roxy, che si stava arrendendo. «Già gli arpioni! Il guerriero di Karkon sapeva come difendere il secondo 1 del Numero Aureo. Il Castello nell’Acqua era una vera trappola, ma alla fine Nina, con il mio aiuto, ce lo ha sconfitto» aggiunse Jolia, che portava ancora la ferita sul dorso provocata dalle fruste uncinate di Gustav Gothembauer. «Lo so… lo so… morirò… morirò senza più poter abbracciare i miei genitori». Roxy era esausta, priva di ogni volontà di reagire. Il coraggio che aveva sempre avuto sembrava svanito come vapore. Appoggiò il Taldom sul petto e accarezzandolo gridò con tutta la voce che le era rimasta: «Nina! Dove sei? Aiutami tu!». Le luci azzurre del laboratorio si spensero e si riaccesero in modo intermittente. Max andò subito a controllare che il computer che permetteva il collegamento con la Sesta Luna funzionasse. Poggiò le dita sulla tastiera e tranquillizzò gli amici: «È xolo un calo di tenxione. Per fortuna è tutto ok». Appena il robot ebbe terminato la frase, la pesante porta dell’Acqueo Profundis si aprì. Per prima entrò Andora. Chinò la testa calva e rimase con le braccia a penzoloni: temeva una dura reazione, soprattutto di Max 10-p1. Era fuggita senza dirgli nulla e ora sperava che lui la perdonasse. Dietro di lei seguì Nina, che sorreggeva Cesco visibilmente sofferente. Fiore si girò di scatto: «Siete qui!». Jolia e Filo rimasero impettiti, Dodo invece ebbe uno scatto fulmineo. Corse gettandosi su Cesco: «Amico mio! Che coco..coco..sa ti hanno fa..fatto?».

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Max roteò lentamente le orecchie a campana, spalancò gli occhi puntandoli verso Andora e senza freni gridò: «Xei una traditrice!». L’androide, clone della vera zia di Nina, fece qualche passo avanti senza rialzare la testa: «Perdonami… perdonami. Sono scappata senza dire nulla, ma l’ho fatto per aiutare Nina». Fiore le si avvicinò: «Stai bene? Ti hanno ferita?». «Sì, sto bene. È Cesco che ha bisogno di cure. Siamo salvi grazie alle bolle giganti dello Sbacchio. Senza di loro non avremmo mai potuto scappare da Palazzo Ca’ D’Oro» rispose Andora che non aveva ancora il coraggio di guardare Max. Filo Morgante si risistemò il cappello rosso, allargò il mantello e prese Cesco per le spalle: «Vieni, siediti qui e fammi vedere cosa posso fare». Il ragazzo si accasciò sulla sedia, accanto al tavolo su cui era stesa Roxy. I due ragazzi si scambiarono un’occhiata eloquente. «Karkon è proprio un verme!» esordì Jolia, mentre il suo collare alchemico pulsava di luci arcobalenanti. «L’abbiamo sistemato! Chissà se anche questa volta Visciolo e i gemelli sapranno guarirlo!» rispose Nina, che si avvicinò a Roxy guardandola con tenerezza. «Sei stata brava a riportare Cesco. Ma cosa gli hanno fatto?» l’amica, già sofferente per le sue disperate condizioni, non poteva tollerare che anche il compagno di tante avventure fosse finito sotto le grinfie di Karkon. «Torturato e appeso come un pendolo nella Stanza dei Pianeti. Aveva cerchi di fuoco che giravano attorno alle braccia» le spiegò la bambina della Sesta Luna. «Già, questa volta credevo proprio di non farcela» aggiunse Cesco, mentre Filo gli controllava le mani e il volto. «La Porta del Kaos è davvero impressionante».

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«L’avete vista?» chiesero stupiti Jolia e Filo. «Certo, l’energia vortica al suo interno come una girandola: sembra un magma scintillante. È un vero disastro se non riusciamo a trovare il 6 e l’8 del Numero Aureo. Il Buio ingoierà la Terra e tutte le stelle!» spiegò Nina abbracciando Roxy. «E Livio Borio Ca’ D’Oro? C’era anche lui?» chiese preoccupata l’amica, che fremeva per potersi rialzare. «Sì, sì… Livio… ci ha aggredito. Voleva uccidere Cesco…» la bambina della Sesta Luna si fece seria. Jolia era impaziente e l’interruppe: «Ora calmatevi e raccontateci per filo e per segno come sono andate le cose». Nina spiegò nei dettagli cos’era accaduto a Palazzo Ca’ D’Oro, e solo allora Max iniziò a dondolare facendo cigolare il suo corpo metallico. Roteò vorticosamente le orecchie a campana e, tremante, prese per mano la sua adorata Andora: «Deve exxere xtato terribile. Ti perdono. Xei xtata coraggioxa. Ma non laxciarmi mai più! Penxavo di averti perxa per xempre». L’androide alzò la testa pelata e lo abbracciò con amore: «Lo prometto. Non potrei vivere senza di te». Jolia, che non tollerava smancerie, tossì nervosamente mostrando una smorfia irritata: «Non c’è tempo da perdere. Roxy dev’essere curata e Cesco ha bisogno di riposo. Karkon tornerà forte e si farà presto sentire. D’accordo, l’avete ferito! Siete stati bravi! Però sapete bene che ha mille risorse. E poi c’è Livio. Quel giovane deve avere il veleno al posto del sangue e cercherà presto vendetta per la morte del padre». Nina arrossì. Cesco se ne accorse e anche Fiore la guardò sospettosa: «Lo ucciderai come hai fatto con suo padre, vero?» le domandò a bruciapelo. «Be’… spero si arrenda. Jacopo Borio Ca’ D’Oro è stato divorato dal fuoco delle Divampe che avevamo messo nel parco di Villa Espasia. Era un fantasma perfido e le fiamme

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alchemiche annientano proprio gli spettri senz’anima. Jacopo era maligno come Karkon. Il suo sangue e quello di suo figlio non mentono: è veleno, ha ragione Jolia. Sono fantasmi venuti dal Buio. E ci torneranno, maledetti da me e da tutti voi. Noi siamo più forti» rispose Nina, senza però riuscire a guardare negli occhi l’amica. «Le Di..vampe ora sa..sa..saranno svanite. Vero?» chiese pauroso Dodo. «Sì, stanno finendo l’effetto. Quando poco fa, io, Cesco e Andora volavamo sopra le bolle abbiamo visto solo piccoli fuochi ardere vicino al cancello di Villa Espasia. Tutto tornerà come prima. Non preoccupatevi» lo rassicurò la bambina della Sesta Luna che, rialzando lo sguardo, si rivolse a Jolia. «Dimmi cara, c’è dell’altro che vuoi raccontare?» domandò la tartaruga. «Se le Divampe non sono più un pericolo neppure per te e Filo Morgante, dobbiamo risolvere un altro problema…» disse seriosa. «Quale problema?» intervenne Fiore. «Ludovico Sestieri! È ancora addormentato nella Sala del Doge!» rispose Nina, preoccupata. «È vero! Il sindaco di Venezia è ancora rimbambito dalla mia ipnosi!» esclamò Jolia. Filo Morgante borbottò: «Calmatevi, pensiamo a Cesco e a Roxy. Poi prenderemo la decisione più giusta per affrontare Karkon e i suoi seguaci. Del sindaco ne parleremo più tardi». Con destrezza, estrasse dalla fodera del suo largo mantello una fialetta contenente un liquido bluastro. La porse a Cesco: «Bevi tutto d’un fiato. Vedrai che ti farà bene». «Che cos’è?» chiese il giovane ancora stordito. «Cocumenta Tenebrosa, una bibita energetica di mia invenzione. Contiene Cocco Zuccato e Peperoncino Ombroso.

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È perfetta per casi come il tuo» gli spiegò prontamente il barbuto fantasma. Cesco diede uno sguardo a Roxy: «E a lei non può far bene?». «No… purtroppo a lei non basta un energetico…» affermò tristemente il buon fantasma. A quel punto, seppur con rammarico per l’amica, il giovane alchimista eseguì, ingurgitando la pozione. Pochi secondi dopo il pallore lasciò il posto a un colorito roseo: il volto del ragazzo splendeva di salute. «Ora pensiamo a te! Non vorrai lasciarci in balia del Conte? Vero?» Cesco si rivolse a Roxy per sollevarle il morale, accarezzandole la fronte. Ma la ragazzina chiuse gli occhi sconsolata. «Niente piagnistei! Vinceremo! Insieme. Come sempre. Tu adesso devi guarire. Abbiamo bisogno di te. Dovrai alzarti da questo tavolo!» la esortò Nina, ritrovando la forza alchemica che scorreva nelle sue vene. «Amica mia, non so se io…» sussurrò Roxy, ormai sul punto di lasciarsi andare. Nina le mostrò il palmo della mano destra: la stella era nera! Ancora nera! «Vedi, non possiamo arrenderci! Karkon si farà vivo molto presto» aggiunse rabbiosa sfiorando la stella, simbolo della sua appartenenza alchemica. Roxy serrò le labbra per trattenere il pianto. Gli altri rimasero silenziosi finché, d’improvviso, lo schermo del computer s’illuminò di una luce folgorante e apparve inaspettata l’immagine soave di Eterea. La sua voce telepatica fu come musica. Jolia spalancò gli occhi, Filo rimase sull’attenti così come gli altri giovani alchimisti. Roxy accennò un sorriso, quasi felice al suono di quella voce telepatica.

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Max abbracciò Andora, insieme rivolti allo schermo. Nina strinse il suo Taldom Lux al petto: «Madre… Madre Alchimista». Il volto di Eterea fluttuava sullo schermo, ma i suoi occhi, bellissimi, erano oscurati da un velo di tristezza.

Adorati giovani alchimisti, abbiate cura del mio Rosso Cuore, contiene la speranza. L’avete lasciato nella Secretusia e so che me lo riporterete ma ora non preoccupatevi, ho ancora molta energia vitale. La forza è nell’armonia universale e continuerà perché avete trovato i due 1 del Numero Aureo. La Porta del Kaos è meno forte di prima però la strada per la vittoria contro il Male è lunga e tortuosa. Unite i vostri poteri. L’alchimia della Luce ha bisogno di voi. Il destino porta il nome di Nina. Tu, bambina della Sesta Luna, hai il compito più arduo. Xorax è nelle tue mani. Hai già salvato questo nostro magico pianeta trovando i quattro arcani. Ma Karkon Ca’ D’Oro rappresenta la distruzione. Fermalo!

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Nina fece un passo avanti, impugnando il Taldom. Guardò l’immagine lucente che si muoveva nello schermo e si mise in comunicazione telepatica. «Eterea, sono Nina 5523312, non ti deluderò. E nemmeno i miei amici lo faranno. Ma per continuare la ricerca del Numero Aureo dobbiamo prima curare Roxy. Non cammina, non riesce ad alzarsi. Neppure Jolia e Filo Morgante con le loro magie sono riusciti a guarirla. Aiutaci, ti prego!» La luce dello schermo s’irradiò attraverso le pareti di vetro dell’Acqueo Profundis. La laguna circostante s’illuminò creando strisce d’acqua fluorescenti. Il laboratorio fu invaso da colori sgargianti. La voce della Madre Alchimista si udì chiara nella mente.

Ogni azione per trovare buon fine deve essere meditata. Servono amicizia e abilità per salvare la giovane Roxy 9009114. La Movianta Suspina è l’unica pozione alchemica che potrà salvarla e farla camminare di nuovo. Creare la formula non sarà semplice. Siete alchimisti e dovete impegnarvi.

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«Movianta Suspina?» ripeterono tutti in coro. Nina si girò verso Jolia e Filo Morgante: «Voi sapete come si fa?». I due buoni fantasmi rimasero con il fiato sospeso, e alla fine Jolia rispose: «Sì, la formula è ben descritta nell’Alma Magna che, come sapete, conserviamo nel Mirabilis Fantasio. Voi non avete accesso. Però…». «Però?» ripeterono i ragazzini. «Le sostanze per crearla si trovano in un luogo particolare e non sappiamo se possiamo svelarlo. Inoltre la formula originaria si trova in un altro libro e non solo nell’Alma Magna». Nina si rigirò verso lo schermo. Solo Eterea poteva dirlo: «Madre, dove dobbiamo andare? Quali sono le sostanze? Esiste veramente un altro libro dove leggere la formula?». Eterea rispose abbassando leggermente le palpebre:

Tutto saprai chiedendo al Systema Magicum Universi. Ricordati di Karkon. Lui non aspetta. Agirà presto. La bambina della Sesta Luna sentì battere forte il cuore: «E mio nonno… non puoi aiutarci?». Il volto di Eterea ondeggiò da destra a sinistra come se galleggiasse in un mare di luce:

Il professor Michajl Mesinskj è nel Mirabilis Fantasio con gli altri alchimisti xoraxiani. Sono impegnati nel trovare soluzioni per contrastare la rottura del Numero Aureo.

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L’Armonia e la Bellezza dell’Universo sono in grave pericolo. Ma sai bene che tuo nonno saprà aiutarti lo stesso. Ora indietreggia e calmati. Chiedo che avanzino Jolia 0000006 e Filo Morgante 4546733. Nina chinò la testa facendosi da parte, mentre Jolia zampettava verso il computer e Filo, sistemati mantello e cappello, avanzò austero. «Siamo qui, Madre Alchimista. Cosa devi dirci?» chiesero usando la telepatia. La luce dello schermo divenne grigia e il volto di Eterea apparve bianco come la neve.

Esimi alchimisti fantasmi, l’effetto della Giroluma sta finendo. Dovete rientrare a Xorax. Subito! C’è bisogno di voi nel Mirabilis Fantasio. La tartaruga s’intristì e Filo rimase impettito. Proprio non se lo aspettavano! «Subito? Ora? Ma Nina e i ragazzi hanno bisogno di noi… dovevamo rimanere ancora…» si permisero di dire contraddicendo Eterea. Ma la Madre Alchimista intervenne senza lasciar tregua:

È un ordine!

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Lo schermo diventò totalmente grigio e la luce si fece opaca: l’immagine di Eterea stava per svanire. Tutti rimasero a fissarla. La sua voce tornò nelle loro ­menti.

Non spaventatevi, il Nulla non vincerà. Ricordatevelo ogni istante: NOI SIAMO IL SEMPRE. SIAMO PASSATO E FUTURO. SIAMO LA FONTE DELLA GIOIA. LA SESTA LUNA È BELLEZZA E AMORE. Fate ciò che ho detto. Create la Movianta Suspina per Roxy. Trovate il 6 del Numero Aureo. Sconfiggete Karkon Ca’ D’Oro. Ho fiducia in voi. Vi annuncio che presto avrete altra compagnia. Se Jolia e Filo Morgante tornano su Xorax, altri due nuovi fantasmi arriveranno in serata. Null’altro posso dirvi. Il vostro sole è sorto. Un nuovo giorno vi aspetta. Siate prudenti e ascoltate il Systema Magicum Universi. Lo schermo si annerì e si spense. La voce musicale di Eterea rimase a echeggiare nelle menti dei ragazzi. Cesco prese per un braccio Filo: «Tu e Jolia ve ne andate! Non è possibile! Non voglio!». «Nene..neneppure io lo vovo..vo…glio» ripeté stralunato Dodo.

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«No, no, vi prego. Non abbandonateci» anche Fiore li supplicò. «Ragazzi, niente storie. Ci dispiace lasciarvi. In fin dei conti non siete poi tanto noiosi» ribatté la coriacea tartaruga, cercando di nascondere la commozione. «Vedrete che gli altri due fantasmi che Eterea manderà sapranno aiutarvi» aggiunse Filo grattandosi la folta barba bianca. Nina si accucciò abbracciando Jolia: «E chi verrà al vostro posto? Tu lo sai già?». La tartaruga s’irrigidì, non amava le tenerezze: «Smettila, smettila… non fare così. Comunque non so chi manderà Eterea. Sicuramente saranno altri due validi fantasmi. Non temere, sono certa che sapranno che cosa fare» disse ritirando il collo dentro la corazza. Nina sorrise, sfiorò il collare alchemico e stampò un bacio sul naso di Jolia. La tartaruga starnutì e tutti trattennero la risata. Filo non riusciva a scherzare, e rimase nella sua mestizia. Avvolgendosi con il suo mantello, si preparò a sparire e tornare sulla Sesta Luna. «Aspetta!» esclamò Cesco. «Non trattenermi. Hai sentito l’ordine di Eterea» rispose il barbuto fantasma. «Ma cosa facciamo con il sindaco?» gli chiese il ragazzo. «Oima Kabà… è vero. L’ho ipnotizzato!» aggiunse preoccupata Jolia. Nina diventò seria: «Rimarrà addormentato per sempre?». «No, no. Spruzzategli in faccia un po’ di Acetonina Boriosa. Si sveglierà subito e pian piano gli tornerà la memoria. Dovrete avere pazienza e spiegargli ancora la situazione. Credo che vi darà una mano. È un uomo pauroso, ma non si metterà

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mai dalla parte di Karkon» disse la vecchia tartaruga frugando con le zampe dentro il suo grosso sacco colmo di oggetti alchemici. In pochi secondi estrasse un’ampolla minuscola con un tappo a pulsante e, posandola sul pavimento, continuò: «Ecco, contiene la dose giusta di Acetonina Boriosa». Nina la raccolse immediatamente: «Grazie, la userò come mi hai detto». «Ci mancherete. Tanto» disse Fiore. «Tata..tanto» ripeté Dodo, che aveva gli occhi lucidi. Prima di sparire in un vortice di scintille, i due fantasmi salutarono Roxy: «Fidati dei tuoi amici. Non ti abbandoneranno mai» la rincuorarono affettuosi. Poi Filo alzò il suo antico Taldom Lux e contemporaneamente Jolia accese tutte le gemme preziose incastonate nel suo collare alchemico. Un vortice brillante li ingoiò e li riportò là dove le stelle e le comete viaggiavano senza sosta. Max e Andora rimasero abbracciati. Si strinsero pregando che tutto andasse per il meglio. Nina mise in tasca l’ampolla di Acetonina Boriosa e intanto esortò i suoi amici, ancora increduli: «Forza, andiamo nel laboratorio della Villa. Devo interpellare il Systema Magicum Universi. È urgente che il Libro Parlante ci dica dove possiamo trovare le sostanze per creare la Movianta Suspina. Al sindaco e a Karkon ci penseremo dopo». Roxy alzò nuovamente le braccia tenendo in pugno il suo Taldom: «Mi salverete… vero?». Cesco e Dodo le andarono vicino: «Non dubitare. Adesso a tenerti compagnia restano Max e Andora». «Xì. Non xarai xola» ripeté il simpatico robot. «Tornate presto con la formula, e se potete portate del cibo a Roxy e un vaso di marmellata di fragole per Max» aggiunse Andora.

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«D’accordo. Faremo presto». Fiore mandò un bacio all’amica che agitò il suo Taldom in segno di risposta. Appena la porta dell’Acqueo Profundis si aprì, i quattro ragazzini salirono sul carrello posizionato sul binario. Nina tirò la leva e in un baleno attraversarono il tunnel e raggiunsero la scaletta sotterranea di Villa Espasia. Uno alla volta salirono i cento gradini con il solo pensiero di salvare Roxy. La botola del laboratorio con il simbolo della stella alchemica si sollevò e la prima a uscire fu Nina: «Salite in fretta» li sollecitò ansiosa. Il profumo di spezie e intrugli magici entrò nelle loro narici. Nel pentolone poggiato sul fuoco del caminetto bollivano, come al solito, zaffiro e oro. Dodo e Fiore si avvicinarono al tavolo degli esperimenti osservando il disegno del Numero Aureo appeso al muro. Una sola e pungente domanda li fece riflettere: ce l’avrebbero fatta a ricomporre la sequenza? Assorti nei loro pensieri, poggiarono i gomiti proprio accanto alla ciotola parlante Sallia Nana. «Eccovi finalmente, ero stufa di stare qui da sola!» esordì zampettando allegramente. «Ciotola, fai silenzio! Dobbiamo concentrarci» rispose bruscamente Cesco puntandole l’indice contro. Sallia si accucciò abbacchiata accanto a una candela spenta. Nina mise la mano destra, con la stella annerita, sulla copertina del Systema Magicum Universi e fece subito la prima domanda: «Libro, Eterea mi ha detto che per salvare Roxy serve la Movianta Suspina. Dove trovo le sostanze per crearla?».

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Il grosso volume si aprì lentamente, mostrando il foglio liquido da cui si sprigionava una luce verdastra.

Difficile e laboriosa è la formula misteriosa Segreta è la sua composizione non solo nell’Alma Magna c’è la soluzione Ti aiuterò lo stesso ma ascoltarmi dovrai adesso La verità la sa un mago che viveva vicino a un lago Quel mago già hai conosciuto per questo ti darò il mio aiuto «Un mago che conosco? Chi è?» chiese curiosa la bambina della Sesta Luna.

Tadino, così si chiama ed è nota la sua fama «TADINO DE GIORGIS! Ma è morto! Ora vive su Xorax!» esclamò sorpresa Nina.

Esatto, questo è il suo nome «Allora è lui uno dei due fantasmi che Eterea manderà qui!» domandò speranzosa.

No mia giovane alchimista la soluzione non è questa

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«Ma allora? Libro, spiegati meglio» incalzò Nina.

Della sua terrena dimora non c’è più traccia ora Ma nel suo laboratorio si deve entrare e la via non sarà facile trovare Dal 1600 c’è ancora chi lavora e attende perché i segreti di Tadino difende Bisogna parlare con l’acqua del lago e nulla sarà più vago Nina, perplessa, provò a incalzare il Libro: «Non capisco, quale lago? E se la casa di Tadino non esiste più, allora dov’è il laboratorio? E dopo così tanti secoli chi mai potrebbe lavorarci ancora?! E che cosa significa parlare con l’acqua?». Il Systema Magicum Universi tremò increspando il foglio liquido dove scorrevano le parole fosforescenti.

Calma devi stare troppe domande sai fare «Scusami, hai ragione. Allora parlami del lago» disse con voce sottile.

Lo Strade Mundi la strada indicherà ma solo due di voi accetterà «Due? Vuoi dire che non partiamo tutti e quattro?»

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Queste sono le cose da fare se Roxy volete salvare In viaggio solo Fiore e Dodo di certo non c’è altro modo La formula dell’8 dovranno bere ecco cosa c’è da sapere! Nina si girò verso gli amici: «Avete sentito. Solo voi due berrete l’8 per volare con il libro Strade Mundi e raggiungere il laboratorio di Tadino». «Bere l’8 significa tornare nel passato. È il numero che simboleggia la perfezione, rappresenta il perpetuo e regolare corso dell’universo» commentò Fiore, lo sguardo sognante. «È ve..vero. Fofo..forse è per questo che an..an..anche il Numero Aureo co..co..coco..contiene l’8» osservò Dodo. «Già, è proprio così, Dodo. Il Numero Aureo 1,618 è davvero prezioso. E non è un caso che contenga anche l’8. Comunque ora pensiamo alla pozione. L’avete già bevuta altre volte. Ricordate?» aggiunse Nina. «Come dimenticare il viaggio in Egitto e in Messico!» sottolineò Fiore che, per l’entusiasmo, parlava a raffica: «È proprio buffo. Noi berremo l’8 e useremo lo Jambir, andremo nel laboratorio di Tadino per creare la Movianta Suspina. Poi, una volta salvata Roxy, bisognerà affrontare un altro viaggio, senza usare lo Jambir, per trovare il 6 del Numero Aureo! Una bella sfida… fatta di numeri». Fiore era elettrizzata al pensiero di altri viaggi e altre conquiste. «Sì, l’alchimia va di pari passo con la matematica. Non è poi così strano. Tutto l’universo è fatto di forme geometriche e numeri, di liquidi e metalli, di anima e cuore» Nina posò gli occhi sulla stella nera impressa sul palmo

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della mano destra e sospirò, ricordando gli insegnamenti di nonno Misha. Cesco mise le mani sulle spalle di Dodo e provò a rassicurarlo: «Anche se andrete nel passato sappiate che io e Nina vi saremo sempre accanto» «Bene, allora, ricapitolando: per volare con lo Strade Mundi serve che beviate l’8. Bisogna prendere il Cinabro, il liquido viola e anche i fiori di Misyl. La formula è complessa ma la ricordo bene. Infine userete lo Jambir» e, mentre parlava, Nina estrasse da una tasca della salopette il medaglione della Sesta Luna, che profumava d’incenso. «Lo Jambir di Xorax è bellissimo!» esclamò Fiore, che lo prese quasi tremando. «Mi raccomando, non perderlo!» si raccomandò Nina con una certa apprensione, mentre glielo consegnava. «Stanne certa. Lo terrò con molta cura. Conosco bene il valore storico e magico di questo medaglione» rispose l’amica. «Andrete in un lago dove c’è il laboratorio di Tadino de Giorgis. Chissà come sarà ridotto! Non so chi troverete nel suo laboratorio, il Libro Parlante dice che ci sono delle persone che lavorano» la bambina della Sesta Luna socchiuse gli occhi immaginando quel luogo misterioso. Dodo sfiorò lo Jambir che Fiore teneva in mano: «Io e te… in viaggio da soli? Ho papa..papaura». La ragazzina deglutì: «Ci faremo coraggio». Anche Nina non era affatto tranquilla e riprese a far domande al Libro Parlante sperando in risposte più esaustive: «Dimmi: quali sono le sostanze per creare la Movianta Suspina. Dodo e Fiore lo devono sapere!».

La formula originaria ed esatta

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nel Libro di Betulla è ritratta Dodo e Fiore il volume troveranno e leggerlo attentamente dovranno Nel laboratorio di Tadino si accede saltando un gradino Ad accoglierli ci saranno due servitori seduti sullo scranno «Due servitori? Sono quelli che da secoli lavorano nel laboratorio… ma, mio caro Libro, sei troppo enigmatico, come sempre mi fai impazzire. Dodo e Fiore non hanno molte informazioni per riuscire nell’impresa. Ci saranno pericoli? Dovranno portare qualcosa per difendersi oltre ai loro Taldom Lux? E il Libro di Betulla contiene la formula della Movianta Suspina e cos’altro? Ti prego, dimmi ancora qualcosa di utile» supplicò Nina, davvero preoccupata e impaziente.

Porteranno anche Sallia Nana la ciotola serve per l’azione sana Poi tutto capiranno se l’amicizia nel cuore sentiranno Il Libro di Betulla è un’opera di Tadino al suo interno si nasconde il vostro destino Fiore si avvicinò a Nina stringendo il Rubino dell’Amicizia Duratura. Le due ragazzine si scambiarono uno sguardo di complicità: sapevano che quel rubino segnava un legame profondo e indissolubile. Con fierezza Fiore si rivolse al Libro: «Noi ce la metteremo tutta. La vita di Roxy vale più di ogni altra cosa. Vedrai,

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troveremo il lago, il laboratorio di Tadino e leggeremo il Libro di Betulla». Il Systema Magicum Universi emise un sospiro provocando una piccola nuvola di vapore profumato. Di colpo il foglio liquido ridiventò piatto e la voce del Libro si fece cupa:

Ora un compito devo assegnare a chi in Villa deve restare «Io e Cesco resteremo in Villa. Cosa dobbiamo fare?» domandò Nina.

Il Male tornerà scuotendo la città Il sindaco dovete svegliare lui saprà cosa fare Vigili e attenti starete usate astuzia o vi pentirete Cesco si mise a fianco di Nina: «Questa volta Karkon se la vedrà brutta. Sono troppo arrabbiato. E anche Livio…». Nina si girò: «Livio? Vuoi… ucciderlo?». «Se sarà il caso sì! Tu no?» Cesco la fissò sospettoso. «Sì, certo… dobbiamo sconfiggere i seguaci del Conte. Altrimenti non riusciremo mai a trovare il 6 del Numero Aureo. Eterea ha detto questo… quindi faremo tutto il necessario» rispose turbata. Il Libro si chiuse scricchiolando e lasciò i quattro ragazzini con tanti dubbi e poche certezze. «Allora noi torniamo nell’Acqueo Profundis e ci affideremo

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allo Strade Mundi» Fiore aveva timore ma la voglia di salvare l’amica dai capelli biondi era più forte della paura. «Prima di farlo dovete creare il Cinabro, sostanza fondamentale per volare, perché non ce n’è più! Mentre abbiamo ancora sei bottiglie dell’8, il liquido viola e una manciata di fiori di Misyl, sono proprio vicino allo Strade Mundi» disse Nina. Dodo non perse tempo, ricordava bene la formula del Cinabro. Fiore passò le mani tra i capelli rossi dell’amico: «Dai, sono certa che saprai cavartela da solo». Il ragazzino prese Mercurio Metallico, un pizzico di Argento Vivo e un po’ di Zolfo. Gettò il tutto dentro il pentolone. «Ora dovrete aspettare che bolla per due ore, fino a quando si formerà una crema color ocra» Nina guardò dentro il pentolone dal quale salivano fumi densi e profumati. Sallia Nana si sgranchì le zampette: «Mi preparo per partire con voi?» domandò con la solita vocina. Fiore le fece il solletico: «Sì, ci sarai d’aiuto». Cesco sbadigliò vistosamente e Nina gli tappò la bocca: «Sei stanco. Vuoi dormire un po’ mentre loro aspettano che la miscela bolla?». Il ragazzo annuì sedendosi sullo sgabello. Anche Nina sentì la stanchezza, erano troppe ore che non riposava. Guardò l’orologio del laboratorio, i quattro quadranti segnavano l’ora esatta: ore 7, 41 minuti, 36 secondi, del 18 settembre. Pensò ai suoi genitori e alla loro crociera ai Caraibi. Provò nostalgia delle carezze della mamma e, per un momento, desiderò sentirne la voce. Di scatto alzò la testa: «Genitori!» esclamò a voce alta. «Ma che cosa dici?» domandarono gli altri. La bambina della Sesta Luna li guardò allarmata: «I genitori! non i miei, che sono in vacanza, ma i vostri! Dobbiamo in

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qualche modo tranquillizzarli. Non vi vedono da troppe ore, si chiederanno dove siete e cosa fate!». Dodo iniziò a tremare come un ramoscello, mentre Fiore si morse le labbra. Cesco fece un balzo: «È vero! Soprattutto dobbiamo trovare una valida giustificazione per Roxy, che nella lotta con il guerriero di pietra ha perso il suo cellulare! Insomma, possiamo chiamarli noi, lei proprio non è in grado di alzarsi e salire in Villa per rispondere al telefono!». Nina sentì il cervello friggere come una patatina nell’olio: «Per tutte le cioccolate del mondo! Inventiamoci una clamorosa bugia. È meglio che ai vostri genitori telefoni Ljuba. Lei non farà storie e spiegherà che Roxy sta studiando…». «Studiando?» ripeterono all’unisono. «Sì… è la cosa più semplice. D’altra parte lo sanno che ci occupiamo di alchimia e che seguiamo gli studi e le ricerche di mio nonno Misha. Ljuba ci aiuterà, ne sono sicura». Nina contava sulla parlantina della tata russa: a lei avrebbero certamente creduto. Dodo, che se ne stava davanti al pentolone fumante, iniziò a starnutire, Fiore poggiò le mani sul tavolo tamburellando con le dita e Cesco si sistemò gli occhiali nervosamente. «È una buona idea!» insisté Nina. Cesco curvò le spalle sbuffando: «D’accordo, d’accordo! Speriamo che ci credano!». Nina si avvicinò alla porta del laboratorio infilando la sfera nella conca per aprirla: «In effetti stiamo studiando la soluzione!». «Soluzione?» ripeterono gli altri sempre più confusi. «Già, i veneziani lo vedono con i loro occhi com’è ridotto Palazzo Ca’ D’Oro, no?! Fili spinati lo avvolgono in una morsa, serpenti del Male strisciano tra le pareti antiche ed è ovvio che tutti penseranno che Karkon sia tornato! Così come l’ab-

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biamo sconfitto trovando i quattro arcani, ora lo distruggeremo per sempre. Questa è la soluzione che stiamo studiando! E questo è ciò che sapranno i nostri genitori e i veneziani. Compreso il sindaco!» terminò la bambina della Sesta Luna. I suoi occhi azzurri brillarono come stelle, la sua determinazione esplose in un ampio sorriso. Cesco la fissò felice, Dodo e Fiore si convinsero che il piano era quello più giusto. «Sì. Faremo così. I veneziani ci aiuteranno. Ci crederanno. Ma…» Cesco sospese la frase. «Ma… cosa?» chiesero rimanendo sulle spine. «Non sveleremo certo i nostri segreti alchemici. Non parleremo del Numero Aureo! La salvezza del mondo e di Xorax dipende dalla nostra volontà e dal nostro patto!» aggiunse con fierezza. Nina lo prese per mano: «Insieme siamo imbattibili! E Roxy camminerà presto. Tornerà bella e coraggiosa come lo è sempre stata. Ora andiamo, svegliamo Ludovico Sestieri. Con Ljuba ci parlerò dopo» e così dicendo trascinò Cesco fuori dalla porta del laboratorio. Fiore e Dodo rimasero davanti al pentolone fumante, in attesa che la poltiglia per creare il Cinabro si condensasse. Adesso i loro cuori non battevano più dalla paura di volare nel passato senza Nina. Anche se preoccupati, adesso erano entusiasti di iniziare una nuova travolgente avventura. «Sono le 7,55 e 6 secondi. Ancora due ore e poi chissà dove finiremo! Cerchiamo di essere fiduciosi e trovare la formula per creare la Movianta Suspina. Bisogna salvare Roxy!» affermò Fiore, mescolando con un lungo bastone la sostanza che bolliva allegramente. Quando Nina e Cesco uscirono dal laboratorio trovarono il sindaco che ronfava ancora beatamente. Aveva la testa appoggiata sulla spalla destra e il corpo accoccolato sulla poltrona.

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La penombra che ammantava la Sala del Doge era perfetta per un buon riposo. «L’incantesimo ipnotico di Jolia funziona alla grande!» esclamò il ragazzo. «Già, ora dobbiamo prepararci al suo risveglio. Spero che non faccia tante storie. Dirgli la verità non sarà semplice. Dobbiamo avere fiducia che non ci tradisca come ha fatto il suo predecessore, il malefico marchese Loris Sibilo Loredan» Nina estrasse dalla tasca della salopette la piccola ampolla contenente Acetonina Boriosa che le aveva dato la tartaruga. Controllò il tappo a pulsante, poi, con un gesto deciso, lo premette. Lo spruzzo arrivò dritto in faccia al sindaco che si svegliò sobbalzando. «Dove sono? Che cosa è successo?» sbottò l’uomo, scattando in piedi. «Signor sindaco, stia calmo» rispose Nina, riponendo l’ampolla in tasca. «Sì, sì, stia tranquillo. Si trova ancora a Villa Espasia, precisamente nella Sala del Doge dove può ammirare migliaia di libri» continuò Cesco, indicando i molti volumi stipati fino al soffitto. Sestieri barcollò guardandosi attorno, poi, sentendosi bagnato portò le mani sul viso: «Ma cosa mi avete spruzzato?». «Nulla! È solo sudore… lei ha dormito molto. Era stanco. Vero?» Nina cercò di rabbonirlo. «Dormito? Ma che ore sono?» domandò sospettoso. «Le otto del mattino» rispose Cesco mostrando un sorriso compiacente. Cercando di darsi un contegno, il sindaco si sistemò la cravatta di seta rossa, borbottando: «Sono rimasto in questa stanza tutta la notte? Non ricordo nulla. Perché mai sono arrivato qui? Mi sento confuso».

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Nina aprì la porta e l’invitò a entrare: «Prego, venga nella Sala dell’Angolo delle Rose, sicuramente gradirà un’abbondante colazione». Ludovico uscì gongolando: goloso com’era, si sentì subito meglio al solo pensiero di mangiare ottimi dolci. Nell’atrio, sdraiati in mezzo al grande tappeto persiano Adone, il grosso alano nero, e il fulvo gatto Platone, appena videro Nina, si agitarono per farle le feste. «Buoni, buoni, fate piano. Non date fastidio al signor sindaco». Mentre la bambina della Sesta Luna teneva a bada cane e gatto, dalla cucina uscì Ljuba, ancora con i bigodini in testa e l’aria assonnata. «Cara Meringa, abbiamo un ospite importante» disse Nina facendole l’occhiolino. La tata russa si annodò immediatamente il grembiule e arrossendo come un pomodoro fece un inchino: «Illustrissimo sindaco! Che onore! Preparo subito la colazione». Poi diede un’occhiataccia a Nina e a mezza bocca sussurrò: «Che figura! Ma ti rendi conto che l’hai tenuto dentro la Sala del Doge per tutta la notte?». La ragazzina fece un sorriso di circostanza, mentre Cesco prese il sindaco sotto braccio e si avviò nella Sala dell’Angolo delle Rose. Nina poté finalmente parlare liberamente con Ljuba: «Per favore non chiedermi nulla». «Come al solito! Mi farai impazzire! Prima di tornare in cucina devo dirti una cosa: i genitori dei tuoi amici hanno telefonato! Vogliono notizie. Capisci? Roxy, Fiore, e Dodo non sono tornati a casa! Io ho detto che hanno dormito qui… ma…» Meringa era agitatissima, tanto che le tremavano le mani. «Se telefonano ancora devi dire che stiamo studiando» ribatté convinta.

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«Studiando? Ma… non ci crederanno mai!» rispose ­Meringa. «Tu sii convincente! Giuralo!» insisté Nina. «D’accordo… d’accordo. Sei proprio come tuo nonno!» si arrese Ljuba. La bambina della Sesta Luna le gettò le braccia al collo schioccandole un bacio sulla guancia: «Grazie, sei unica! Devi spiegare che stiamo studiando il sistema per riportare Palazzo Ca’ D’Oro bello e senza più fili spinati! Capito?». «Moja devocka, che dici? Palazzo Ca’ D’Oro?» sbottò la tata russa spalancando la bocca. «Sì. Tu devi dire così. Oramai in città avranno visto com’è ridotto quel palazzo. E tutti capiranno che il conte Karkon rappresenta ancora una minaccia» le spiegò Nina, prendendole le mani tra le sue. «Karkon! Ancora lui? Ma non l’avevate ridotto a una statua assieme ai suoi seguaci? Io le ho viste quelle statue in Piazza San Marco… non ho avuto le traveggole!» «Calmati, calmati. Il Conte è ancora vivo! Credimi, questa volta lo sconfiggeremo definitivamente! Anche grazie all’aiuto del sindaco. Capisci?» Nina non aveva mai parlato così a Meringa, ma in quella circostanza non poteva fare diversamente. Meringa si mise le mani sui bigodini dalla disperazione: «No, no… non è possibile! Vuoi dire che quel malefico personaggio ci minaccia ancora?». «Volevi un pezzettino della verità? Te l’ho detto! Ora capisci perché non posso mai dirti nulla? Ti spaventi, ti agiti!» Nina si stava arrabbiando. «Va bene, va bene… cercherò di stare calma. Però prometti di fare attenzione. Se ti succedesse qualcosa non me lo perdonerei mai» concluse la tata e le rivolse uno sguardo colmo di affetto, ricordando la fine terribile del professor Misha.

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Come se ne avesse compresi i pensieri, Nina la confortò subito: «Tranquilla, il nonno è sempre accanto a me. È nel mio cuore e nella mia mente. Credimi! Adesso vai in cucina e prepara dolci a volontà. Il sindaco ne va pazzo. Non pensare al peggio, tutto si risolverà». Detto ciò, prese in braccio Platone che miagolava. Ljuba la guardò preoccupata: «Sei pallida, stanca! Da quant’è che non dormi? Devi avere cura di te. Sei proprio cocciuta. Hai persino portato qui il sindaco. L’ho visto stralunato. Inoltre, quel signore con il cappello piatto e rosso e la barba che fine ha fatto? E la gigantesca tartaruga? Non vorrai dirmi che ho avuto delle allucinazioni! Io li visti sul serio!». Nina accarezzò il pelo rosso di Platone e con aria sorniona rispose: «Mia dolcissima Meringa, non angosciarti. So bene quello che faccio. Ti chiedo soltanto di aiutarmi, di non fare domande… e di sorridere». La bambina della Sesta Luna affrettò il passo lasciando la povera Meringa senza alcuna spiegazione.

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