Nina e l'Arca della Luce

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Questo libro è di


Moony Witcher

A Lorella Gualco e a suor Chiara Basoli Lo scorrere della vita non dimentica i legami

Published by arrangement with Marco Vigevani Agenzia Letteraria Illustrazioni: Francesca Resta Illustrazione pag. 316: Matteo Vattani Illustrazione pag. 318: Ilaria Matteini Redazione: Rossella Carrus Progetto grafico: Simonetta Zuddas www.giunti.it Š 2017 Giunti Editore S.p.A. Via Bolognese, 165 - 50139 Firenze, Italia Piazza Virgilio, 4 - 20123 Milano, Italia Prima edizione: febbraio 2017

Stampato presso Nuovo Istituto d’Arti Grafiche - Bergamo


ÂŤProvate ad essere come bambini. Non fate le cose perchĂŠ sono assolutamente necessarie, ma liberamente e per amore. Tutte le regole diventano una specie di giocoÂť.

Thomas Merton


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Capitolo Primo

Il perfido ricatto

L’alba illuminò la fitta nebbia calata su Palazzo Ca’ D’Oro. La nube grigia ammantava solo quel luogo veneziano, lasciando ben visibile il resto della città, baciata da un cielo azzurro e limpido. Ma quella massa ovoidale di fumo umido ondeggiava minacciosa, coprendo misteriosamente i tetti e le mura della dimora di Karkon. L’ennesima diabolica magia del Conte, la Nebula Nigra, proteggeva il Palazzo da visitatori troppo curiosi.


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Che la grande casa del Conte fosse ancora imbrigliata da fili spinati e serpenti velenosi rimaneva dunque una realtà, ora celata da quello strano fenomeno. L’incantesimo del Triangolus Inquinatus compiuto da Nina era oramai terminato e il Palazzo non poteva più apparire pulito e intonso. Se Karkon non avesse creato la Nebula Nigra, tutti i veneziani avrebbero visto le vere e penose condizioni della nobile casa. Una realtà ben poco rassicurante per i cittadini, che ancora non sospettavano il ritorno in vita del Magister Magicum. La città lagunare era dunque nuovamente in balia di un oscuro e drammatico destino. I veneziani, ignari e fiduciosi, erano certi che l’Ordinanza emessa pochi giorni prima dal sindaco dicesse la verità: Palazzo Ca’ D’Oro non era in preda alla magia. Era stata Nina De Nobili a convincere Ludovico Sestieri a mentire, per mantenere la calma e non suscitare paure e timori. Ludovico, pienamente cosciente di quella fandonia, avrebbe fatto visita alla bambina della Sesta Luna al più presto, per chiarire le circostanze che da settimane minacciavano la quiete pubblica. Non ne aveva alcuna voglia, ma era sicuro che quella ragazzina nascondesse poteri alchemici inspiegabili e pericolosi. Segreti racchiusi sull’isola della Giudecca, a Villa Espasia: una casa che il sindaco riteneva stregata. Nina aveva forse più poteri magici del tanto temuto Karkon? La scoperta della solitaria nube grigia spuntata all’improvviso sopra Palazzo Ca’ D’Oro avrebbe dunque alimentato i dubbi e crucci del bonario sindaco di Venezia. In quella mattina del 30 settembre, un altro personaggio assai audace aveva deciso di scoprire la verità sull’effettivo ritorno in vita di Karkon, dato per morto e pietrificato.

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Piero Zulin, giornalista del “Gondoliere di Venezia”, era pronto a svelare cosa stava succedendo. Alle 8 in punto si trovava già davanti al Palazzo completamente nascosto dalla coltre vaporosa. Tentò di orientarsi cercando il portone d’ingresso, ma lo trovò chiuso. Nonostante avesse notato che i muri e lo stesso portone erano unti da una strana sostanza viscida, suonò e bussò più volte. Nessuno aprì. Attese pazientemente lasciandosi avvolgere dalla nebbia sempre più insidiosa. Per nulla al mondo avrebbe abbandonato il suo intento, ossia trovare la prova che il Conte e i suoi adepti erano tornati in vita. Quella sì che sarebbe stata una notizia! Il pavido giornalista non aveva torto: a Palazzo Ca’ D’Oro stava accadendo davvero qualcosa di terribile e le condizioni disastrose dei muri contraddicevano l’Ordinanza del sindaco. Al primo piano, la luce delle candele illuminava la camera da letto del Conte Karkon e, al suo interno, le scintille violacee che emetteva l’ago di diamante del nuovo Pandemon Mortalis. Mani rugose e unghie come artigli accarezzavano delicatamente la spada alchemica forgiata dai Guerrieri Dormienti: la tentazione di Karkon era di premere contemporaneamente le sette perle rosse incastonate nel manico d’argento. Brillavano come occhi di pipistrello. Il Conte sapeva che premere le pietre in modo simultaneo avrebbe significato scatenare energie devastanti. Per questo maneggiava l’arma in preda a un entusiasmo rabbioso, digrignando di tanto in tanto i denti. Seduto sulla poltrona, se ne stava in silenzio covando la più perfida delle vendette contro Nina De Nobili. Non poteva tollerare di aver perso anche il numero 6 e

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doveva assolutamente evitare che Nina trovasse anche l’8, l’ultimo della sequenza aurea. «1,618: il Numero Aureo era stato spezzato per annientare l’armonia che governa il mondo e l’intero universo. Ma quella piccola bastarda per ora mi ha vinto! È riuscita a scovare i due 1 e il 6 indebolendo la potenza della Porta del Kaos!» Il pensiero del Conte andò al francese Clovis Lamotì, il Guerriero di Pietra che custodiva l’8 Aureo. Senza la forza massima del magma non avrebbe potuto difendere il numero! L’ira per un’altra possibile sconfitta lo fece reagire violentemente: «No! Tutto andrà come voglio io! La morte di Nina è necessaria. Indispensabile! L’8 non sarà mai suo. Mai!» esclamò, con il volto raggiante di odio. Poggiò il Pandemon sul tavolo spostando putride ciotole di sangue marcio. Fissò il calendario appeso al muro: «30 settembre! In pochi giorni ho subito brucianti sconfitte, perso valorosi guerrieri e audaci fantasmi. Ora basta! È tempo di vittoria. La mia vittoria! La Nebula Nigra che ho fatto apparire mi proteggerà dai curiosi. Alla fine scatenerò tutto il Male che è in me. Fili spinati e serpenti riappariranno sui muri e i veneziani mi dovranno temere!». Aprì tre grandi libri dalle copertine di cuoio nero, li sfogliò con attenzione segnando con le unghie affilate alcune parole scritte con inchiostro d’argento. «Conosco a memoria queste antichissime formule segrete, molte le ho scritte io stesso. Le metterò in atto tutte. Il mio sapere è più vasto e profondo degli oceani» ghignò soddisfatto. Poi mise le mani sopra i fogli del nuovo trattato che doveva ancora concludere: “L’Era del Buio”. Un sorriso beffardo gli spuntò sul viso crepato di rughe e cicatrici. Si accarezzò il pizzetto e una risata isterica esplose come

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un tuono. Subito dopo, socchiuse gli occhi e il sorriso scomparve in un attimo: nella mente riaffiorò il tradimento di Livio Borio Ca’ D’Oro, il suo giovane avo che da fantasma non era riuscito a incastrare Nina. Anzi, se n’era perdutamente innamorato! La sua tragica fine era stata inevitabile. E poi il pensiero corse a Barbessa, la fidata ragazzina bruciata viva proprio da Livio per aver scoperto l’inganno e il furto delle boccette dell’Elisir di Vita. Non che a Karkon gliene importasse più di tanto della giovanissima androide con il cuore di gatto, gli dispiaceva soltanto aver perso un’aiutante. Ora al suo fianco rimanevano solo Alvise, gemello della ragazzina, e Visciolo, il fedele servo gobbo e guercio. Sputò per terra, intinse il pennino d’oro e ricominciò a scrivere la sua delirante teoria: era convinto che l’Alchimia del Buio avrebbe annientato Nina e tutti i suoi amici. «Sì, l’Era del Buio mi vedrà unico ed eterno alchimista. Governerò l’universo. Tutto sarà mio! Tutto sarà avvolto dalle tenebre! Da secoli e secoli vivo solo per questo! E non sarai tu, Nina De Nobili, a fermare il mio grande sogno. Te la farò pagare cara! Strega presuntuosa, questa volta nulla m’impedirà di annientarti. Riavrò l’intero Numero Aureo e lo spezzerò di nuovo!» Una saetta attraversò il suo sguardo, pensò alla Stanza dei Pianeti dove aleggiava la Porta del Kaos: «Sì, il Tutto sarà in balia del Nulla eterno! Nina, ti getterò dentro al magma incandescente dove resterai per sempre. E a farti compagnia ci sarà quell’idiota di Livio, che oramai vive nella morte, avvolto da fuoco infinito! Ignobile bimbetta, farai l’esatta sua fine!» sbraitò sputando saliva verde. Il pennino solcò i fogli e le parole s’incisero riga dopo riga, svelando le nuove trame dell’Era del Buio.

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30 settembre, ore 8,15 Palazzo Ca’ D’Oro – Camera da letto

L’ERA DEL BUIO – Il Giuramento È giunto il momento di attuare l’azione definitiva contro Nina De Nobili! Vincerò gloriosamente usando la potenza della mia alchimia. L’8 Aureo é composto dal Numeromago 8 che da ora simboleggia l’infinito ciclo della vita.

Tale numero magico crea le sfere, le quali mantengono il peso del meccanismo. L’8 Aureo é dunque sigillato dentro il contenitore incantato del Numeromago 8. La Meccageometria e la Numeromagia sono le due grandi invenzioni che mi hanno permesso di imprigionare i Quattro Arcani. Nina, con mia grande sofferenza, é riuscita a distruggere le macchine che contenevano gli Arcani. Ma questa volta non potrà prendere l’8 Aureo! Non riuscirà a trovarlo. È nascosto molto bene! Se tenterà di rubarlo si troverà a combattere con il Guerriero Dormiente che vigila ed é pronto a uccidere chiunque si avvicini. È il Guerriero più vecchio e saggio: il francese Clovis Lamotì. Nina sarà uccisa! Sì, lo giuro! Invocherò i fantasmi più crudeli. Resusciterò il Male che sibila come vento rabbioso. Sì, lo giuro! Con la morte di Nina De Nobili svanirà l’Alchimia della Luce e Io, solo Io, avrò il potere su tutto e su tutti. Il Buio sovrasterà e coprirà cieli e mari. Non più stelle, non più sole splenderanno per amore della Luce. Il nero imprigionerà l’aria, sigillerà i pensieri, incatenerà la libertà! Sì, lo giuro!

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Karkon afferrò il tagliacarte infilzato nella pancia di un topo in putrefazione, la povera bestiola giaceva cadavere accanto a una candela consunta. Lo estrasse ridendo e senza tentennamenti conficcò la punta del tagliacarte sul suo polso destro. Un fiotto di sangue uscì schizzando sulla scrivania polverosa. Tre gocce caddero sul foglio appena scritto. «Ecco, siglo con il sangue questo mio giuramento!» proclamò tamponando la lieve ferita che si era inferto. Poi, posò l’indice destro sulle gocce e disegnò una K. La voce roca si udì anche fuori dalla camera e raggiunse l’umido corridoio dove si trovavano Visciolo e Alvise. I due stavano pulendo i pavimenti lerci e maleodoranti. Quando udirono la voce di Karkon si fermarono. Erano molto preoccupati e speravano in un’azione risolutiva che annientasse Nina. La morte di Barbessa li aveva scossi e la vendetta era l’unica medicina in grado di farli felici. Il più depresso era Alvise: aver perso la sorella gemella lo rendeva triste e rancoroso. Visciolo appoggiò la scopa accanto alla porta della camera smettendo di fare le pulizie. Sfiorò la benda che gli copriva l’occhio mancante e si grattò la gobba. Alvise non fiatò, facendo sgocciolare dentro il secchio lo straccio bisunto che teneva in mano. «Hai sentito? Il padrone sta parlando da solo… chissà cos’ha in mente!» sussurrò il Gobbo. «Già. La Nebula Nigra che ha creato attorno al Palazzo rivela che tra poco agirà. Qui siamo protetti. Ma Nina… quella non mollerà!» Alvise temeva il peggio. «Servo! Servo della malora! Veni subito qui!» gridò Karkon spalancando la porta. Visciolo tremò vedendolo apparire improvvisamente.

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«Eccomi, Signore. Stavo pulendo i pavimenti con Alvise» si giustificò abbassando la testa. «C’è ben altro da fare in questo momento. Portate due botti d’Acqua Fanghisa fuori dal portone. Alimenteranno ancor di più la nebbia. E per un paio d’ore non voglio essere disturbato!» Il Conte sbatté la porta e lo sconquasso fece uscire dalle crepe delle pareti una ventina di grossi ragni neri. Alvise si avvicinò a Visciolo: «Sbrighiamoci, la mattina è iniziata proprio male! Le botti sono in Infermeria?». «Sì, non sarà facile trasportarle fuori dal Palazzo. Sono pesantissime». A passo svelto scesero le scale e, attraversando il cortile interno, furono investiti dalla nebbia insidiosa. Solo allora si accorsero che qualcuno bussava insistentemente. «Che facciamo? Nessuno può sapere che siamo vivi, che siamo tornati qui». Alvise s’intimorì. «Sì, è pericoloso aprire. Meglio sapere chi è». Visciolo aprì lentamente lo spioncino e, malgrado la nebbia, riconobbe il volto dello stralunato giornalista. Il cigolio dello spioncino sorprese Piero Zulin che, impacciato, si avvicinò alla fessura per guardare. Fece un balzo quando scorse un unico occhio che lo fissava! Visciolo richiuse velocemente lo spioncino: «È quell’impiccione di giornalista! Che facciamo?». Alvise alzò le spalle: «Non so. Ma se resta accanto al portone non potremo portare fuori le botti di Acqua Fanghisa». «Già, allora lasciamo che entri. Lo acciuffiamo e poi ci penserà il Conte» disse il Gobbo sfregandosi le mani. La trappola funzionò a meraviglia. Piero Zulin entrò, quasi incredulo che qualcuno gli avesse aperto. Con il cuore in gola fece qualche passo, la nebbia offuscava la vista e il cortile del Palazzo lo accolse in un silenzio tombale.

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Lo sbattere del portone alle sue spalle lo fece tremare. Si girò e in un baleno fu avvolto da un pesante e vecchio telo. Visciolo e Alvise gli si avventarono contro, strattonandolo fino a farlo cadere. Il ragazzino prese una grossa corda e la girò e rigirò attorno al corpo dello sfortunato giornalista, ormai intrappolato nel telo. Zulin tentava di divincolarsi e gridare, ma nessuno poteva aiutarlo. «Tira forte» ordinò il Gobbo ad Alvise, che rideva guardando la scena. Il ragazzino afferrò il capo della corda e, a fatica, riuscì a trascinare il corpo fino alla Sala delle Torture. Zulin mugolava, ma più si dibatteva e meno riusciva a urlare: il telone gli copriva il volto impedendogli quasi di respirare. I due servitori di Karkon, soddisfatti del loro operato, lasciarono al freddo il giornalista, steso sul lercio pavimento della stanza zeppa di scheletri e carogne di piccoli animali. «Bene, Alvise, ora portiamo le botti fuori dal portone. Vedrai che il padrone si congratulerà con noi». Visciolo si grattò nuovamente la gobba, visibilmente contento. Intanto, chiuso nella sua camera, Karkon prese una boccetta di Elisir di Vita e ne ingurgitò una dose. Con le labbra ancora umide pronunciò il nome del suo giovane avo oramai spacciato: «Livio! Se non avessi rubato e bevuto il mio magico intruglio saresti ancora vivo! Saresti al mio fianco!». In quel preciso momento lo schermo del computer s’illuminò. Strisce grigie e nere ondularono emettendo un fastidioso ronzio. Il Conte non attendeva alcun messaggio, per cui si avvicinò sospettoso, temendo che fosse in atto un corto circuito collegato al secondo computer, nel suo laboratorio sotterraneo.

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Appena poggiò le unghie sulla tastiera apparve sul display un’immagine sfocata. In un paio di secondi, ecco nitido il volto di un giovane. Karkon strabuzzò gli occhi riconoscendolo immediatamente: «Tu?». «Mio Signore, finalmente posso rimettermi in contatto. Sono trascorsi diversi mesi ma non ho mai perso la speranza di poter essere ancora al tuo servizio» esordì il giovane. «Mio caro Loui Meci Kian 0663, che sorpresa! Sei sempre stato il più forte tra i miei androidi. Potente e cinico! Ti avevo dato per morto. Disperso nel cielo sopra la muraglia cinese!» «È vero. Ho usato il guanto Subdoleo, ma le scariche elettriche immobilizzanti non sono state sufficienti a bloccare i nemici. Mi hanno colpito e credevo che sarei morto. Sono volato via con l’Eliconda. Quella stupida di Nina De Nobili pensava di avermi sconfitto. Dopo aver vagato per mesi tra tempeste e fulmini ho ripreso conoscenza. Sono terribilmente affranto di non aver ucciso la piccola strega! So che è riuscita a prendere la Shandà, il Quarto Arcano ma…» L’androide cinese chinò la testa, passandosi le mani tra i capelli corti e castani. «Sono successe ben altre tragedie. Purtroppo abbiamo perso i Quattro Arcani. Ora Nina sta tentando di riunire anche il Numero Aureo!» Karkon digrignò i denti. «Il Numero Aureo? Impossibile!» esordì Loui Meci Kian. «Ha sconfitto ben tre Guerrieri di Pietra, conquistando i due 1 e il 6» spiegò con voce roca il Magister Magicum. «Quindi bisogna difendere l’8!» affermò l’androide. «Ci penserà Clovis Lamotì, il più vecchio tra i guerrieri. La sua abilità non ha eguali. Saprà come agire, spero che la diminuzione dell’energia della Porta del Kaos non lo indebolisca» aggiunse Karkon.

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L’androide alzò fieramente la testa: «Se posso, mio Signore, suggerirei il richiamo di un fantasma che può aiutare Clovis». «Ho già richiamato due spettri. Arriveranno tra poco. Ma tu a chi pensavi?» Al Conte non dispiacque il consiglio di Loui Meci Kian. «Ricordo un nostro fedelissimo alchimista rumeno davvero brutale» disse lasciando che Karkon rimembrasse il nome. «Dolino! Dolino Pokrit! Cacciava Draghi Maculati! Il Convertito! Era un alchimista della Luce, passato dalla nostra parte grazie alla Voce della Persuasione. Sono trascorsi secoli dalla sua morte. Conosceva bene i segreti dei nemici… Richiamerò anche lui dall’Oltretomba!» L’idea lo fece sorridere. «Dolino sarà di valido aiuto per Clovis. Anche se la Porta del Kaos ha perso potenza, insieme non cederanno a Nina! Di Pokrit ci si può veramente fidare, è il Convertito che ha accettato in pieno la nostra alchimia!» L’androide era soddisfatto di aver dato il giusto consiglio. «Già. Hai ragione. Manderò Dolino in Francia, dove Clovis nasconde l’8. Però tu, ora, eseguirai i miei ordini! Vero?» Gli occhi del Conte s’illuminarono come il fuoco. «Farò ciò che mi è richiesto» fu la risposta. I due parlarono lungamente e il Conte raccontò le lotte combattute contro la nipote dell’odiato professor Misha, il tradimento di Livio Borio Ca’ D’Oro e la Porta del Kaos. Loui Meci Kian ascoltò incredulo, con la rabbia che gli montava: «Non possiamo perdere tempo. Dimmi cosa devo fare!» sbottò. Karkon afferrò il giuramento dell’Era del Buio e lo mise davanti allo schermo: «Guarda! Queste parole sono la mia ultima sfida a Nina. Deve morire! Capisci?».

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Un solo cenno della testa dell’androide e una sottile risata furono una risposta sufficiente per il Magister Magicum. «Dimmi dove ti trovi» chiese Karkon. «Le correnti dei venti mi hanno trasportato nell’isola di Antigua, ai Caraibi» rispose Loui Meci Kian. Appena il Conte udì “Caraibi” sollevò il Pandemon in segno di vittoria: «Perfetto! Già sul posto!». L’androide rimase perplesso. «Devi individuare una nave che si trova proprio nel Mar dei Caraibi. Ho saputo che i genitori di Nina sono in crociera. Quale bel regalo possiamo fare a Vera e a Giacomo De Nobili?» aggiunse Karkon con evidente sarcasmo. «Farli annegare!» disse prontamente il cinico cinese. «Be’… diciamo che l’idea non è da scartare. Ma è più opportuno che per ora ti limiti a farli prigionieri. Sarà divertente vedere la reazione di Nina. Ti pare?» Il Conte già pregustava il pianto della bambina della Sesta Luna. «Sei proprio un grande maestro. Mi metto subito al lavoro». Loui alzò la mano sinistra mostrando il Subdoleo. «Bravo! Il guanto sarà utile. Appena li avrai acciuffati, portali da me. Ho altre idee che voglio mettere in pratica. Stifo Hitlameng e Dadoa Pungikabad arriveranno tra poco» Karkon sogghignò. «Sono loro i due fantasmi che hai già richiamato?» Loui si eccitò al solo pensiero di incontrare due famosi alchimisti del Buio, morti oramai da secoli. «Ci aiuteranno, i loro servigi magici saranno preziosi per la nostra causa. E poi, con l’intervento di Dolino Pokrit tutto andrà come ho deciso. Ora vai, ci attendono lunghi giorni di lotta e di vittoria» Karkon terminò così la conversazione. Lo schermo si spense. Il perfido ricatto contro Nina stava dunque per realizzarsi:

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il richiamo dall’Oltretomba del cosiddetto Convertito Dolino Pokrit era per Karkon una sicurezza in più! Nina, ignara della strategia diabolica, stava già lavorando nel laboratorio di Villa Espasia. Non aveva dormito molto. Turbata dagli incubi e dalle rose rosse di Livio trovate in ogni angolo della casa, cercava una soluzione drastica: eliminare definitivamente dalla sua vita quel fantasma che inspiegabilmente entrava nei suoi sogni, come già aveva fatto la Voce della Persuasione. Nonostante fosse certa di amare Cesco, Nina provava sentimenti contrastanti nei confronti di Livio, così inspiegabilmente affascinante. Ma non voleva cedere alle lusinghe di quell’inesistente ragazzo ormai dentro la Porta del Kaos! Il vapore del pentolone saliva sbuffando e il laboratorio di Villa Espasia era immerso nel fumo. Con in mano il Bastone Chiodato, raro strumento alchemico ereditato da nonno Misha, girava imperterrita inzuppandolo nella poltiglia che bolliva. «Ma cosa stai combinando?» chiese tossendo Sallia Nana. «Voglio vedere se riesco a creare una pozione contro gli incubi notturni» rispose, mentre gocce di sudore le colavano sulla fronte. La ciotola parlante zampettò fino ad arrivare sull’orlo del tavolo degli esperimenti: «Troppo vapore. Troppa puzza! Qui non si respira più!». Nina sollevò il Bastone Chiodato e la miscela incandescente smise di bollire. Il vapore acre svanì in un secondo e la poltiglia nauseabonda scomparve in un attimo lasciando sul fondo del pentolone una miscela di zaffiro e oro. «Forse ho messo troppo Camomilloso, bastavano poche gocce» ammise la bambina della Sesta Luna sedendosi sullo sgabello. Delusa per l’errore strinse i pugni cercando di non farsi prendere dall’ansia.

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Sallia Nana si avvicinò di più, dondolandosi: «Sei nervosa perché devi trovare l’8. È comprensibile, però non capisco a cosa ti serva la pozione contro gli incubi». Nina sospirò. Nemmeno con la solerte ciotola riuscì a sfogarsi. Livio la perseguitava! Con gli occhi segnati e il volto stanco accarezzò la ciotola: «Non riesco a dormire. Devo farmi forza. Ho bisogno di tranquillità ed energia!». Girò lo sguardo scrutando le varie ampolle posizionate sulle mensole. Ne prese una piccola di vetro opaco. Conteneva Succo Radioso, un potente energetico alchemico. «Quattro cucchiaini e mi sentirò un leone» si disse convinta. Mentre gustava il succo, il tavolo degli esperimenti tremò, facendo traballare Sallia Nana, che urlò per lo spavento. Un fascio di luce rossa uscì dal Systema Magicum Universi. Il Libro Parlante si aprì mostrando il foglio liquido increspato. Nina appoggiò subito l’ampolla di Succo Radioso e il cucchiaino sulla prima mensola. Incredula, rimase con gli occhi fissi sul libro. Parole di fuoco galleggiarono sul foglio d’acqua e la voce roboante arrivò d’improvviso:

Il pericolo più insidioso si avvicina silenzioso. Da lontano arriva la malasorte un vento caldo che sa di morte. Preparati a ciò che non aspetti perché il Male ha mille trabocchetti. Nessun pianto attenuerà la disperazione la tua forza sconfiggerà la mala azione.

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Esterrefatta e preoccupata, si avvicinò al Systema Magicum Universi: «Libro, quale pericolo? Già non riesco a dormire bene e adesso tu mi spaventi parlando di morte!».

Per gli incubi non chiedere a me solo tu sai il perché. Parlar di morte fa paura ma questa è una possibilità futura. Devo restare muto a Eterea chiedi aiuto. Nulla adesso posso fare e non ti resta che aspettare. Il libro si chiuse di colpo facendo nuovamente sussultare il tavolo, tanto che Sallia si aggrappò a un chiodo che spuntava dal muro. La bambina della Sesta Luna rimase a fissare la copertina dorata del magico libro: «Che cosa sta succedendo? Quale diavoleria ha in mente Karkon? So che vuole uccidermi, ma mi terrorizza di più che possa prendersela con qualcuno dei miei amici». Un fiume di pensieri le invase la mente: non sapeva se il Conte stesse organizzando una trappola per l’8 o se si trattasse dell’ennesimo inganno di Livio. D’un tratto sentì pungere il palmo della mano destra: la voglia di fragola a forma di stella stava sanguinando. Le gocce caddero come pioggia sul pavimento macchiando di rosso il coperchio della botola. «Sangue! La mia stella è nera e sanguina! Succederà davvero qualcosa di tremendo!» Inorridita pose la mano con il marchio alchemico sul coperchio e pronunciò la frase magica: Quos Bi Los per aprire la botola.

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Scese l’angusta scaletta come un fulmine e raggiunto il tunnel sotterraneo della Villa saltò sul carrello arrivando spedita davanti al maestoso portone dell’Acqueo Profundis. Estrasse l’Anello di Fumo: «Animo Anelli, apri la strada della verde rugiada. Animo Anelli, scocca la freccia che spezza la roccia. Animo Anelli, metti l’armonia che mi fa volare via». Il pesante ingresso di pietra si aprì e finalmente Nina entrò nel laboratorio sotto la laguna. Max 10-p1 e Andora stavano pulendo le grandi vetrate dalle quali si vedeva il fondo marino. L’irruenza di Nina li sorprese. «Cosa ti è successo? Sei stravolta!» Andora la osservò con apprensione. «Xì, hai proprio una brutta exprexxione» aggiunse Max. «Forza, forza, accendi il computer, devo assolutamente parlare con Eterea». Nina restò davanti al grande schermo, attendendo impaziente che l’amico androide si mettesse al lavoro. Max raggiunse la tastiera e avviò il contatto. Un ronzio insopportabile gli fece girare le orecchie a campana e sullo schermo apparvero solo scintille bluastre. Nina s’innervosì: «Perché non funziona? Max, fai qualcosa! Ti prego!». Andora afferrò delicatamente il braccio destro della ragazzina e guardandole la mano inorridì: «Sanguini!». «Sì, sta per accadere un disastro. Per questo devo parlare con la Madre Alchimista!» e ritrasse la mano. Max riprovò a mettersi in contatto con Xorax e finalmente sullo schermo comparve il volto dolcissimo di Eterea. I suoi grandi occhi azzurri erano meno splendenti del solito e il volto non era radioso.

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«Sono Nina 5523312, ho bisogno del tuo aiuto». Il messaggio telepatico di Nina raggiunse Eterea, che si mostrò in un’aurea di tristezza e desolazione. Il bagliore che da sempre la contornava era pallido come il raggio di un sole malato. Il pensiero della Madre Alchimista arrivò lento e la sua voce telepatica risuonò nella mente di Nina come una musica debole.

Triste e pesante è il momento e senza il Rosso Cuore l’energia mi sta lasciando. La mia grande forza arranca devi trovare in fretta il numero mancante. Salva l’Armonia e l’Universo altrimenti mi dissolverò e il Tutto andrà per sempre perso. Xorax, la nostra amata Sesta Luna, non esisterà più. Bellezza e Amore svaniranno lasciando imperare il Nulla che divora la Luce. Nina, per la prima volta, sentì l’angoscia devastante di Eterea. Mai e poi mai avrebbe immaginato che la Madre Alchimista potesse essere in difficoltà a causa sua. Si sentì in colpa, sapeva di avere la grande responsabilità di ricomporre il Numero Aureo. Il Rosso Cuore era nella Secretusia e trasformato in Demiurgica, la sfera magica della sequenza aurea. Se non trovava l’8 tutto sarebbe andato in frantumi: la Terra, l’Universo e con esso anche la Galassia di Alchimidia. La Sesta Luna non avrebbe avuto nessuna speranza.

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«Amatissima Eterea, farò di tutto per riportarti il Rosso Cuore. Non permetterò che il Male ti porti via e cancelli Xorax e la vita stessa che sboccia ogni istante. No, l’universo deve continuare a espandersi e creare altri mondi, altri colori, altra felicità. So di dover affrontare il Conte e ritrovare l’8 Aureo ma il Libro Parlante mi ha messa in guardia contro un pericolo imminente. Ha parlato di morte e la mia stella sanguina. Cosa devo fare? Cosa sta per accadere?» Il volto opaco della Madre Alchimista diventò quasi grigio e la voce telepatica si fece ancora più flebile.

Nina De Nobili, il Libro ha ragione. Un grave evento sta per compiersi. Le gocce di sangue della tua stella sono lacrime di dolore. Devi essere forte. Coraggiosa. Saggia. Più malvagio del solito sarà il Conte Karkon e in soccorso posso mandarti al più presto chi ti affiancherà in questa atroce lotta contro il Male. Preparati a ricevere due egregi fantasmi. Sarà il mio ultimo aiuto. Il destino del Tutto è nelle tue mani, non sprecare il sapere alchemico che hai. Usa l’intelligenza, fidati degli amici e preserva la bontà che sconfigge l’odio.

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Brividi scossero il corpo esile della bambina della Sesta Luna. Con timore rivolse un’altra domanda: «Chi verrà da me? Quali alchimisti hai scelto?». Eterea fluttuò all’interno di una nube cristallina, un sottile sorriso apparve sul suo volto sofferente.

Poche ore mancano alla rivelazione. Quando li vedrai sarai colma di gioia. So che la Giroluma non manca e che l’accoglienza sarà adeguata. Ma un’altra cosa servirà a loro. Nina guardò lo schermo e sentì il pensiero telepatico di Eterea diventare sempre più fragile. Angosciata chiese: «Cosa devo preparare? Un’altra pozione?».

No. Nella Sala del Doge troverai ciò che serve. Ti spaventerai e molte domande ti farai ma questa volta il Systema Magicum Universi svelerà quello che ancora non sai. Segui i miei ordini senza mai scoraggiarti. Hai lottato e vinto. Hai salvato Xorax recuperando gli Arcani. Ora serve il Numero Aureo altrimenti l’Alchimia della Luce non esisterà più. Le lacrime sgorgarono dagli occhi azzurri di Nina e la vista le si annebbiò. La figura filiforme di Eterea sembrava ormai una striscia di vapore incolore.

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«Non abbandonarmi. Non puoi. Dimmi che resisterai. Tu sei Tutto. Come posso continuare sapendo che ti stai spegnendo?» La Madre Alchimista premette le piccole labbra rosa e soffiò tre volte. Una massa brillante e trasparente galleggiò davanti al suo volto.

Solleva le mani e afferra questa bolla di luce. Giungerà a te con tutto l’amore che ho. Lo schermo s’infuocò di fiamme bianche e la massa lucente schizzò dentro l’Acqueo Profundis. Rimase a mezz’aria scintillando. Eterea scomparve e il computer si spense. Nina osservò il grumo luminoso che aleggiava sopra la sua testa. Il luccichio si trasformò in un groviglio di scintille colorate. Alzò le braccia sotto lo sguardo incredulo di Max e Andora. Tremava come un fuscello sferzato dalla bora. Le mani della bambina della Sesta Luna afferrarono la massa alchemica creata da Eterea. Max indietreggiò e Andora si coprì gli occhi per la paura. «Xtai attenta, forxe xcotta» disse mettendola in guardia. La ragazzina non gli diede retta. Attratta come il metallo da una calamita, l’afferrò senza timore. La mano insanguinata continuava a gocciolare, ma l’euforia di Nina era talmente grande che non sentiva alcun dolore. Appena le dita sfiorarono l’oggetto misterioso, le scintille aumentarono rimbalzando sulle pareti di vetro. Max si nascose sotto il tavolo, Andora gridò spaventata. Nina rimase con le braccia alzate: la massa si stava trasformando in un gomitolo di grossi fili rossi e blu. Lo strano

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grumo continuò a galleggiare nell’aria finché non cominciò a scendere all’altezza del suo naso, e lì si fermò. Max fece capolino da sotto il tavolo: «Cox’è?». «Non so. Però non pare pericoloso» ripose Nina. Con prudenza riprovò ad afferrare il gomitolo che improvvisamente cadde sul pavimento, rotolando verso Andora. L’androide non mosse un piede. Nina lo raccolse: «È un groviglio di fili». «Fili? A che serviranno?» Andora si avvicinò curiosa. «Proprio non lo so». La ragazzina tenne stretto l’oggetto alchemico che si disfece al solo contatto con il sangue della stella. I grossi filamenti si posarono uno a uno sul pavimento. Erano molti, spessi e parecchio annodati. «Che xtrana magia. Xe l’ha fatta Eterea penxo xia xpeciale. Però xono addolorato per la Madre Alchimixta, la xituazione è brutta! Chixxà coxa xta per xuccedere di coxì grave! In ogni caxo, qui, nell’Acqueo Profundix, non accadrà niente. Ne xono certo» disse Max girando le orecchie a campana. «Noi ti staremo sempre vicino. Vedrai che tutto finirà bene». Andora appoggiò la testa lucida sulla spalla della ragazzina. «Certo, voi siete importanti per me. E avrò bisogno di Cesco, Fiore, Dodo e Roxy. Non devo farmi prendere dal panico. Vero?» «Xì, xtanne xicura. E poi xono curioxo di vedere quali fantaxmi arriveranno. Xpero non xiano troppo exigenti». Max si guardò intorno, controllando che tutto fosse in ordine per ricevere i nuovi visitatori. Nina raccolse il grumo di fili e salutò mesta i suoi amici. Quando fu uscita dall’Acqueo Profundis, i due androidi innamorati si guardarono negli occhi. Max prese le mani di

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Andora tra le sue: «Il Xyxtema Magicum Univerxi ha parlato di morte. E xe lo ha fatto vuol dire che qualcuno di noi rixchia la vita. Prego che non xia Nina e nexxuno dei giovani amici». Andora abbassò la testa: «Se persino la Madre Alchimista non ha più la forza alchemica temo il peggio. L’unica speranza è nei fantasmi in arrivo, Nina ne ha bisogno. Tutti noi siamo in pericolo». Le mani metalliche di Max accarezzarono la testa pelata di Andora. I due fedeli androidi si abbracciarono affettuosamente. Rimasero così, immobili, accanto alle grandi vetrate. Fissarono il fondo sabbioso della laguna sperando in un futuro migliore. Appena Nina fu tornata nel laboratorio della Villa, appoggiò sul tavolo degli esperimenti il grumo di fili e mise un po’ di Pomata Blu sulla stella sanguinante. Ma a nulla valse il prezioso medicamento inventato da suo nonno Misha. «Ti conviene fasciare la mano» consigliò Sallia Nana prendendo con le zampette anteriori un rotolo di Garza Crisalia. «Grazie, Ciotola, hai ragione. La Garza Crisalia bloccherà il sangue» rispose la ragazzina, che non aveva assolutamente intenzione di arrendersi a un infausto destino. Afferrò con difficoltà il telefonino e chiamò Cesco. «Vieni qui, subito» disse, parlando in fretta. Il ragazzo, ancora assonnato, rispose con uno sbadiglio: «Che c’è di così urgente? Oggi volevo riposare…». Nina s’inalberò: «Se ti dico di venire subito significa che sta accadendo una catastrofe! Ho bisogno di te… avvisa anche gli altri». «Karkon è in agguato?» domandò Cesco. «Sì… sì… è ovvio che si tratta del Conte. Ma non solo. Fai in fretta» e chiuse la conversazione.

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La ciotola picchiettò le zampette sul tavolo degli esperimenti: «Come sei autoritaria! Non ami il tuo Cesco?». La bambina della Sesta Luna guardò la mano sinistra: l’anello brillava come una stella. Era il dono d’amore di Cesco. Fece un mezzo sorriso: «Certo che lo amo. Ma sono davvero preoccupata. Hai sentito anche tu il Libro Parlante. Eterea mi ha confermato che siamo in una situazione pericolosa. Molto pericolosa. Capisci?». La ciotola dondolò: «Sì, sì… in pericolo. Come sempre!». Nina le fece il solletico: «Ma ce la faremo. Spero!». Mentre parlava con Sallia si accorse che i fili che aveva appoggiato sul tavolo si stavano muovendo come fossero serpenti. La ciotola indietreggiò: «Cosa sono?». «Me li ha dati Eterea. Non so a cosa servono. Sembrano… vivi». In quell’attimo il Systema Magicum Universi sobbalzò sollevando una nuvola di polvere. La copertina si aprì e parole bianche come la neve s’incisero sul foglio liquido.

Sono i Cordessi Ubbidienti e in tutto sono venti. Ai tuoi comandi saranno ma non adesso serviranno. Tienili in tasca annodati saranno difensori fidati. In aria li lancerai. Quando? Da sola capirai. Nina guardò di nuovo il tavolo degli esperimenti: «Cordessi Ubbidienti? Non ne ho mai sentito parlare. Continuano a strisciare e a curvarsi».

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Sbrigati ad andare, Eterea ti ha detto cosa fare. Proverai paura, ma la sfida richiede tempra dura. Vai dove già sai e affidati all’intuito che non sbaglia mai. «Già, devo andare nella Sala del Doge. Sicuramente ci sarà qualche documento utile per i fantasmi in arrivo. Un documento che spaventa o un oggetto pericoloso?» si domandò mentre il libro chiudeva la grossa copertina. Ansiosa, annodò per bene i fili e di malavoglia li infilò nella tasca centrale della salopette, assieme al Taldom Lux. Controllò di avere la Sfera di Cristallo in tasca e uscì dal laboratorio sbucando nella Sala del Doge. La lampada verde, sempre accesa, illuminava tenuemente le pareti tappezzate di libri fino al soffitto. Spesso, in quella stanza, erano avvenute straordinarie magie che l’avevano aiutata ad affrontare mille e più inganni. E anche questa volta sperò accadesse il prodigio. In un primo momento non notò nulla di strano, alzò gli occhi scrutando con attenzione gli ultimi ripiani della libreria. Non era quella la direzione verso cui guardare. Il parquet scricchiolò sotto i suoi piedi. Nina fece un balzo all’indietro e sul pavimento di legno si formò una crepa dalla quale scaturì un odore acido e stantio. Un improvviso rullo di tamburi risuonò come un cattivo presagio. Nina portò la mano fasciata all’altezza del cuore senza distogliere lo sguardo dalla crepa che diventava sempre più larga.

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Il rombo indiavolato dei tamburi si fece assordante e dal pavimento sbucarono due teschi neri. La bambina della Sesta Luna trattenne il respiro e fu pronta a impugnare il Taldom Lux. Temeva fosse una magia di Karkon! I teschi si levarono nell’aria vorticando sopra la sua testa mentre i tamburi smisero di suonare. Le orbite vuote si riempirono di fuoco e le mascelle ossute iniziarono a muoversi insieme. I teschi parlarono!

Siamo cio che diventeremo Se non lo vuoi consegnaci a chi tu sai MORTE VICINA. MORTE ANNULLATA SOLO L AMORE SALVA LA VITA Nina sentì la paura nelle vene. Tremante rispose: «Sì. Vi consegnerò a uno dei due fantasmi che Eterea sta mandando qui». La voce stridula dei teschi risuonò nuovamente:

Noi attendiamo e nella morte restiamo «Rimanete qui? A vagare nell’aria di questa stanza? Non siete pericolosi… vero?» domandò avvicinandosi alla porta.

Il pericolo da lontano verra La Nebula Nigra e il primo segno Presto vedrai il Male che ti sfida

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La lugubre risposta gelò la bambina della Sesta Luna: «Nebula Nigra? Cos’è?».

Nebbia oscura avvolge la dimora del nemico Nei pensieri malvagi si nasconde il perfido ricatto Ma il Leone Alato risorgera per stare al tuo fianco Anche il sindaco affrontera la prova Senza di lui non avrai scampo L’affermazione dei teschi aumentò il terrore e Nina sentì che stavolta sarebbe stato ancora più difficile sconfiggere Karkon: «Spiegatemi, vi prego. Quale ricatto? E come è possibile che il Leone Alato torni in vita? Il suo ultimo sacrificio lo ha pietrificato definitivamente sulla sua colonna! E poi… il sindaco! Cosa deve fare Ludovico Sestieri? Vi prego… vi prego… spiegatemi!».

Solo i fantasmi sapranno consigliarti Noi attendiamo nella morte Un sibilo e il rumore di ossa accompagnarono le parole dei teschi neri che parlarono ancora una volta.

Ascolta e non fare domande Giardiniere e governante devono uscire ora dalla Villa Solo stasera potranno rientrare Il fuoco sparì dalle loro orbite e non emisero più alcun suono.

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Nina deglutì: le regole dell’Alchimia della Luce diventavano sempre più complesse. Non capiva perché Ljuba e Carlo Bernotti dovessero andarsene. La loro presenza non era mai stata un grosso problema. Si scervellò, tentando di comprendere il motivo di tanto mistero. Solo l’intelligenza e il suo particolare intuito alchemico avrebbero potuto aiutarla. Enigmi, consigli, obblighi e predizioni facevano parte del mistero di Xorax, la Sesta Luna così lontana ma anche così vicina. Era il mistero alchemico che aveva creato la vita dell’universo. Il mistero del Tutto che lottava da sempre contro il Nulla. «Il Leone Alato… il sindaco… il ricatto…» ripeté a bassa voce cercando di ricollegare tutto e comprendere cosa sarebbe potuto succedere. A passi felpati uscì dalla stanza. Quando chiuse la porta respirò profondamente, pensando che l’attendeva una vera disgrazia. Guardò l’atrio della Villa sperando nell’arrivo, quanto prima, dei due fantasmi. C’era un insolito silenzio, nessuna voce a rallegrare le sontuose stanze. Tazze sporche di cioccolata, vassoi semivuoti di pasticcini e pezzi di torta alla crema occupavano ancora la grande tavola della Sala dell’Angolo delle Rose. Cesco, Roxy, Dodo e Fiore avevano gustato i prelibati dolci dopo la cena preparata da Meringa la sera prima. Poi se n’erano tornati ognuno a casa propria. Erano stati lontani troppi giorni e la scusa di studiare a casa di Nina non poteva più reggere. I loro genitori si erano mostrati molto pazienti, soprattutto la mamma e il papà di Roxy. La vivace amica di Nina si era ripresa del tutto dopo essere stata gravemente ferita dal Guerriero di Pietra Gustav Gothembauer, e per fortuna suo padre e sua madre non avevano sospettato nulla.

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Nina aveva ancora bisogno di loro e sarebbe servita un’altra bugia da raccontare alle famiglie. Cesco, infatti, aveva avvisato Dodo, Fiore e Roxy che Nina era in allarme. Tutti e quattro erano pronti ad affiancare la loro grande amica. Quando la bambina della Sesta Luna entrò nella Sala dell’Angolo delle Rose trovò Ljuba intenta a pulire l’enorme tavolo. Carlo, il giardiniere, le dava una mano. «Signorina! Finalmente ti fai vedere!» l’apostrofò la tata russa. «Sì, e sento già la nostalgia dei miei amici. Torneranno presto. Non disturbano, vero?» chiese con un filo di voce. L’incontro con i due teschi l’aveva turbata non poco e voleva assolutamente raccontare l’episodio ai suoi fidati compagni d’avventura il prima possibile. Era essenziale trovare un motivo per far uscire dalla Villa la tata e il giardiniere. I teschi avevano parlato molto chiaro! Ljuba tolse la tovaglia, la piegò e se la mise sotto il braccio: «Ho già capito! Tornano i tuoi amici e io cucinerò ancora dolci!». «Grazie!!! Potreste aiutarmi, tu e Carlo, a trovare una scusa per i loro genitori? Stavolta potrebbero fare storie se i miei amici rimarranno fuori casa per un po’ di giorni, ma io mi sento così sola…» Nina attese speranzosa un consiglio. Il giardiniere tentennò e Ljuba scosse la testa brontolando: «Ancora bugie? Ma cosa dovete fare?». «Ti prego, sai che se te lo chiedo c’è una buona ragione». La bambina della Sesta Luna si avvicinò alla tata con fare mellifluo. Meringa la guardò dall’alto in basso e trattenne il respiro prima di sbottare: «Che cosa ti sei fatta alla mano?». «Niente, una piccola ferita. Non preoccuparti» rispose, e subito nascose la mano fasciata dietro la schiena.

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Anche il giardiniere si insospettì: «Hai usato un coltello?». A quel punto Nina rispose per le rime: «Niente domande. Vi ho detto che non è nulla». «Sì, sì. È la solita storia. I soliti segreti. Sei identica a tuo nonno! Ma se la ferita s’infetta poi…» Meringa fu subito zittita dalla ragazzina. «Basta! Non voglio parlare della fasciatura. È urgente inventare una scusa per i genitori dei miei amici. Ti prego… ti prego…» A quel punto Carlo Bernotti ebbe un’idea: «Puoi dire che mi devono aiutare a sistemare la legna per i caminetti che ho tagliato. È una bella quantità e servono molte braccia… potrebbe funzionare, no?». «Ottimo! Funzionerà certamente se andrete voi stessi! Se parlate direttamente voi con i genitori non si preoccuperanno. Andate adesso, prima lo fate e meglio è». Prima che potessero obiettare, l’euforia di Nina sfociò in un bacio sulla guancia del buon giardiniere, che diventò rosso come un pomodoro. «Andate alla Bottega della Bauta, dove lavorano i genitori di Dodo e Cesco. Potrete trascorrere una bella giornata tra maschere e costumi. D’accordo?» azzardò ancora Nina. Ljuba acconsentì, nonostante fosse contraria: «Sì, sì, va bene. Finisco le pulizie in cucina e poi…». Al suono squillante del campanello s’interruppe e corse al portone d’ingresso. Quando aprì, la tata si trovò davanti Ludovico Sestieri: «Signor sindaco!» esclamò sorpresa. Il pacioso primo cittadino di Venezia salutò garbatamente: «Buongiorno, è in casa Nina?». «Sì, entri pure». Meringa si fece da parte. «Sindaco! Proprio lei aspettavo!» esordì la ragazzina scostando i capelli dalla fronte.

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Ludovico tossì nervosamente: «Ah sì? Mi aspettavi? Be’, ecco… dobbiamo parlare». Ljuba aggrottò la fronte: «Problemi? Allora non vado alla Bottega della Bauta con Carlo!». Nina la fulminò con uno sguardo eloquente: «Per favore, lasciaci soli. Puoi tranquillamente uscire, grazie». Meringa s’irrigidì: «E va bene! Prima però porto caffè, cioccolata o te?». «Cioccolata calda va benissimo, al sindaco piace molto. Magari con qualche pasticcino alla crema». Nina fece accomodare Ludovico nell’elegante Sala degli Aranci. Seduti sui comodi divani, proprio di fronte al grande quadro che ritraeva la principessa Espasia, iniziarono a parlare. «L’Ordinanza che ho emesso non vale più niente. Stamattina Palazzo Ca’ D’Oro è avvolto da una nebbia oscura. Alcuni consiglieri mi hanno avvisato e non so proprio cosa fare. Mi ero fidato di te, dei tuoi amici! Ho sbagliato! Tu sei una bambina davvero pericolosa!» cominciò Ludovico passandosi il fazzoletto sulla fronte sudaticcia. «Nebbia? La Nebula Nigra!» esclamò di colpo, ricordando le parole dei teschi neri. «Cosa? Nebula Nigra?» Il sindaco strabuzzò gli occhi. «È una nube alchemica… lasci perdere, è troppo complesso spiegare queste cose» ribatté Nina. «Continui con la magia? Allora sei proprio pazza!» s’inalberò Ludovico. «Non sono pericolosa, mi creda. Lei non può rendersene conto, ma io, caro sindaco, la sto aiutando!» rispose con fermezza. «Attorno a me vedo solo guai. I cittadini saranno presto imbufaliti, penseranno che racconto fandonie. Quel Palaz-

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zo è stregato e tu mi hai fatto fare soltanto cose assurde. Avevi promesso che la dimora di Karkon sarebbe stata in ordine. Perfetta! E invece…» ribatté Ludovico sempre più agitato. «L’incantesimo del Triangolus Inquinatus si è esaurito e…» Nina non si accorse di parlare come se il sindaco capisse perfettamente i termini alchemici. «Triangolus Inquinatus? Che roba è?» Ludovico sentì che gli mancava l’aria e allentò il nodo della cravatta. L’ingresso di Meringa con le tazze di cioccolata e un vassoio di pasticcini quietò temporaneamente l’angoscia del sindaco. Nina, sfiorandosi la mano fasciata, si alzò dalla poltrona e si mise proprio sotto il grande quadro: «Vede, sindaco, questa era mia nonna, la principessa Espasia. Questa Villa deve la sua bellezza a lei. La grande passione per la giustizia e la libertà io la devo invece a mio nonno, il professor Michail Mesinskj. Morto non certo per un infarto! L’ha ucciso Karkon! Quindi capisce bene che non permetterò al Conte di fare altre vittime. Mi creda, anche per me è faticoso combattere contro il più feroce degli assassini!». Ludovico, masticando un pasticcino, farfugliò qualcosa di incomprensibile. Non fece in tempo a bere un altro sorso di cioccolata che il campanello suonò nuovamente. In pochi secondi si udì nell’atrio un rumoroso vociare. Nina sorrise, aveva riconosciuto gli schiamazzi dei suoi amici. Cesco entrò per primo nella Sala degli Aranci, seguito da Dodo, Fiore e Roxy. Ludovico scrollò le briciole dalla cravatta di seta gialla e cercò di darsi un contegno. «Sindaco!» esclamarono i quattro ragazzini.

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«Sì, sì… è venuto qui per parlare. Ci sono novità. Karkon ha creato la Nebula Nigra, una nuvola alchemica che non permette di vedere le mura del Palazzo. Come sapete, l’incantesimo del Triangolus Inquinatus è terminato. Quindi il Conte sta sicuramente escogitando qualcosa di tremendo contro di noi!» spiegò velocemente la bambina della Sesta Luna. «Nene… bula Nini… nini… gra? È la prima volta che sese… sento papa… paparlare di questa mama… gia» esordì Dodo con la solita ingenuità. Roxy, masticando chewingum, diede una spinta all’amico dai capelli rossi: «Dodo… sarà una magia karkoniana!». «Esatto! Bisogna sapere perché il Conte l’ha fatta apparire e soprattutto che cosa sta escogitando. Temo il peggio…» concluse Nina, e poi mostrò la fasciatura. Cesco si allarmò subito: «La stella? È nera?». «Già, e in più sanguina!» rispose la bambina della Sesta Luna sotto lo sguardo allibito del sindaco. Fiore, avvicinandosi a Nina, le accarezzò i capelli: «Ci aspetta un’altra lotta, vero? Non sarà facile trovare l’8!». Ludovico Sestieri si alzò a fatica dal divano rimanendo accanto al quadro della principessa Espasia: «Il numero otto? Ma che dite? Siete tutti strambi!». Le occhiate di complicità saldarono l’amicizia tra i cinque ragazzi, che non potevano certo svelare al sindaco nulla sull’importanza del Numero Aureo. Per fortuna l’arrivo maldestro di Adone e Platone provocò un gran trambusto. Il grosso alano saltò sulle gambe di Ludovico facendolo cadere sul grande tappeto persiano. Platone non ci mise molto a strofinare la coda proprio sul naso del malcapitato ospite. «Fermi… fermi» esclamò Nina calmando i due animali. Il sindaco si rialzò spettinato e in disordine: «Me ne vado!

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Con voi non risolverò nulla. Dite delle corbellerie, giocate a fare i grandi ma siete solo dei bimbetti con troppa fantasia». Roxy lo bloccò immediatamente: «Non ha ancora capito che solo noi possiamo trovare una soluzione per lei… per Venezia?». Nina si rese conto che doveva convincerlo, i teschi avevano detto che sarebbe servito il suo aiuto: «Senta, i nostri discorsi e i comportamenti le sembreranno strani, ma si deve fidare. Non creda che i pensieri dei bambini siano sempre e solo delle sciocche fantasie. I bambini del mondo sanno ciò che voi adulti spesso dimenticate». Seria e composta, la ragazzina guardò dritta negli occhi del sindaco che, imbarazzato, non seppe cosa rispondere. «Sì, creda in noi. E rimanga qui. In questa casa è al sicuro. A Karkon penseremo subito. Venezia non rimarrà in balia dell’oscura alchimia del Conte. E la Nebula Nigra non durerà a lungo». Cesco sistemò gli occhiali e infilando le mani in tasca strinse il suo Taldom Lux. La discussione fu interrotta dal giardiniere che, dopo aver salutato in modo ossequioso il sindaco, si rivolse ai ragazzi imbracciando una grossa accetta: «Allora d’accordo. Voi rimarrete qui per un po’… Parliamo io e Ljuba con i vostri genitori». Dodo reagì stupefatto: «Lele… legna? Abbi… amo altre coco… cose da fare!». Nina tentò una smorfia simpatica: «È la scusa per farvi rimare qui! Carlo e Ljuba convinceranno i vostri genitori… ora vanno alla Bottega della Bauta» disse facendo l’occhiolino. Roxy e Fiore scoppiarono a ridere, mentre Dodo rimase impettito davanti a Carlo Bernotti, fissando in modo preoccupante l’affilata accetta. Il giardiniere lo squadrò divertito: «Dodo, l’accetta la lascio

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in giardino… non la porto con me! Non ho nessuna intenzione di ammazzare qualcuno!». Ridendo uscì dalla Villa fischiettando assieme alla tata russa. Solo Adone e Platone rimasero stesi sul tappeto dell’atrio. «Che facciamo adesso?» Ludovico era visibilmente alterato. Nina, che doveva assolutamente parlare in privato con i suoi amici, versò dell’altra cioccolata nella tazza: «Beva e si calmi. Si riposi o legga, in quello scaffale ci sono molti libri sulle antiche civiltà. So che lei è anche professore di storia e magari apprezzerà le foto e le descrizioni. Sono libri che appartenevano a mio nonno. Ci aspetti fiducioso, torneremo con la soluzione». Il sindaco prese un paio di volumi e iniziò a sfogliarli senza però riuscire a quietare la sua rabbia. Nina fece segno ai ragazzi di uscire dalla Sala degli Aranci e, una volta giunti davanti alla porta della Sala del Doge, sottovoce raccontò di Eterea e del Libro Parlante. Spiegò che era previsto un ricatto e che presto sarebbero arrivati due fantasmi da Xorax. Affranta, condivise con gli amici la paura e la preoccupazione per le sofferenti condizioni della Madre Alchimista. «Il Rosso Cuore è nella Secretusia. Dobbiamo trovare l’8, altrimenti che ne sarà di Eterea?» aggiunse angosciata Roxy. «Sarà la fine. La fine del Tutto!» chiosò Nina. «E la Nebula Nigra? Come facciamo a togliere la magia di Karkon? Il sindaco non avrà più fiducia in noi se falliamo». Cesco si fece cupo. «Insieme siamo una forza invincibile!» disse fieramente Fiore. «Guardate, Eterea mi ha dato questi, però non so a cosa servano». Nina estrasse dalla tasca i Cordessi Ubbidienti. I fili rossi e blu, anche se annodati, si muovevano come serpi.

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Fiore e Roxy provarono ribrezzo: «Ma sono vivi!». «No… non so… quando li metto qui stanno fermi». Nina li ficcò in tasca come se nulla fosse, mentre gli altri la guardavano esterrefatti. In meno di un minuto aveva detto talmente tante cose, e tutte importanti, che i suoi amici apparvero non solo preoccupati ma anche assai perplessi. «Mi se… sento con… confuso». Dodo si appoggiò alla porta della Sala del Doge e incautamente l’aprì, trascinando dentro anche Nina. «Noooo…» gridò la ragazzina tendendo le braccia verso Cesco. I ragazzi non capirono perché Nina gridava, così, seguendo i due amici, entrarono a loro volta e si trovarono di fronte a un inatteso, inquietante spettacolo: due teschi neri vagavano nell’aria sfiorando le pareti rivestite di libri. Dodo, terrorizzato rimase immobile. Fiore e Roxy si abbracciarono e Cesco tentò di prendere per le spalle Nina cercando di proteggerla. La bambina della Sesta Luna gli sfuggì e con gesto fulmineo chiuse la porta per timore che il sindaco arrivasse inaspettatamente e si accorgesse delle lugubri presenze. Poi guardò in faccia i suoi amici: «State calmi. I teschi non sono pericolosi… almeno spero! Credo che ci aiuteranno. Sanno molte cose e aspettano l’arrivo dei due fantasmi… Mi hanno anche detto che il Leone Alato risorgerà!» spiegò con un filo di voce. I teschi, in silenzio, continuarono a girare sopra le teste dei ragazzini che a quel punto non azzardarono alcun movimento.

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