MilanoNera N°3

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Settembre 2008 INTERVISTE

Luciano Garofano comandante del Reparto Investigazioni Scientifiche di Parma

“Con il RIS rileggo la storia” Nel suo ultimo libro indaga su sei famosi “cold case”

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er coloro che hanno una certa dimestichezza con il mondo del crimine (solo come appassionati lettori di gialli e noir, speriamo) il colonnello Luciano Garofano è un nome che non ha certo bisogno di presentazioni. Garofano è infatti Comandante del RIS di Parma, il Reparto Investigazioni Scientifiche giustamente celebrato per aver dato un contributo determinante alla risoluzione di molti tra i casi di omicidio di più difficile risoluzione degli ultimi anni. Formato da una squadra di tecnici ed esperti in scienze forensi, il RIS si avvale degli strumenti tecnologici più all’avanguardia per l’analisi della scena del crimine: è questo il tipo di indagine investigativa cui si ispira maggiormente la fantasia hollywoodiana in stile “Fox Crime”. Dopo la pubblicazione, nel 2005, di Delitti Imperfetti (Marco Tropea Editore), dove Garofano analizza le metodologie d’indagine che hanno permesso al RIS di Parma (che ha competenza per il Nord Italia) di risolvere alcuni notissimi casi, come il duplice omicidio di Novi Ligure o lo sterminio della famiglia Carretta, ecco arrivare in libreria Delitti e misteri del passato (Rizzoli). Qui l’autore, che per l’occasione si è avvalso degli importanti contributi di Giorgio Gruppioni, antropologo, e di Silvano Vinceti, autore e conduttore Rai, analizza sei casi in cui il Reparto della Scientifica di Parma è stato recentemente coinvolto. Non si tratta però di crimini recenti, ma di misteri di lunga data, che da qualche tempo si usa definire “cold case”, ovvero omicidi irrisolti del passato. Ma se per “cold case” generalmente intendiamo omicidi risalenti a un passato prossimo, forse per i casi trattati in questo libro si potrebbe quasi coniare il termine di “frozen case”, vista la grande distanza storica che li separa dai giorni nostri. Quali i protagonisti di queste storie? Giulio Cesare, Boiardo, Poliziano, Pico della Mirandola, Leopardi, e infine Pier Paolo Pasolini (l’unico caso relativamente recente), tutti grandissimi personaggi dietro la cui morte si celano alcuni secolari misteri che il RIS ha cercato di risolvere. Un approccio d’indagine affascinante ed evocativo, per un libro in grado di coniugare sapientemente storia, letteratura e scienza. Abbiamo avuto la fortuna di intervistare il Colonnello Garofano presso il Comando del Ris, situato nello scenario suggestivo del Palazzo Ducale parmense.

delle cause più probabili della loro morte. Un caso a parte è poi quello di Giulio Cesare; un’indagine nata da una mia collaborazione con una casa di produzione televisiva inglese, e che ci ha permesso di narrare un’ipotesi sviluppata con un modello investigativo d’avanguardia, grazie tra l’altro a una possibilità di simulazione che ci ha consentito, a distanza di secoli, di avanzare una teoria affascinante e non improbabile. Più in generale, questo libro scritto a più mani vuole essere una conferma di una mia convinzione: un’indagine necessita sempre di più esperienze. Sempre più spesso si parla di “cold case”: quanto possono influire i rapidi progressi della tecnologia in ambito forense sulla soluzione di questi casi rimasti purtroppo impuniti? Certamente tantissimo, basti pensare ad esempio all’esperienza di “Innocent Project” [www.innocentproject.org, l’organizzazione americana che, grazie all’analisi del dna, in pochi anni ha permesso di scarcerare oltre 200 innocenti, di cui molti condannati alla sedia elettrica, ndr] che ha ampiamente dimostrato come le indagini tradizionali non siano, in molti casi, sufficienti per individuare con certezza il vero colpevole, ma vadano riviste alla luce dei progressi delle tecniche di criminalistica. I progressi della tecnologia da questo punto di vista sono esponenziali e innegabili: va tuttavia specificato che, per permettere agli esperti un’analisi e una valutazione efficace, è necessario essere ancora in possesso di reperti in condizioni di conservazione accettabili.

“Le indagini tradizionali non sono, in molti casi, sufficienti per individuare con certezza il vero colpevole, ma vanno riviste alla luce dei progressi delle tecniche di criminalistica.”

Dottor Garofano, come nasce l’idea di questo libro? L’idea è venuta parallelamente all’esigenza di riunire le diverse esperienze di noi tre autori, tutti con una formazione professionale estremamente differente, ed è nata dopo il lavoro in comune sul caso di Matteo Maria Boiardo. Sulla base dei nostri diversi percorsi abbiamo deciso di condividere le nostre competenze, per tentare un esercizio scientifico e storico che cercasse di riscrivere non solo la storia legata alla morte di Boiardo, ma prendendo in mano anche altri casi del passato che avessero un enigma come filo conduttore. Per tutti i resti analizzati abbiamo per prima cosa effettuato un esame preliminare delle ossa e del dna e, nel caso di Poliziano e di Pico, del livello di arsenico presente nei loro corpi. Per Poliziano abbiamo anche eseguito una ricostruzione facciale. Abbiamo quindi ricavato, da queste antiche spoglie, il maggior numero di informazioni ottenibili oggigiorno con le moderne tecniche scientifiche, dati che ci hanno permesso di avanzare delle ipotesi sulle circostanze di morte di questi grandi personaggi del passato. Questo lavoro del resto non è ancora terminato: stiamo cercando tracce del Treponema Pallidum, il batterio della sifilide, nei resti di Pico e Poliziano, per poter confermare o smentire una

Nella prefazione al libro auspica la creazione di un istituto nazionale di scienze forensi, con l’obiettivo di centralizzare le banche dati e unificare le metodologie di approccio all’investigazione: può dirci qualcosa di più? Per questa proposta non ho fatto altro che rifarmi alle esperienze già attuate con successo in Gran Bretagna, Olan.da e Finlandia. Ritengo che sarebbe utile armonizzare tutte le componenti in gioco, dalle forze dell’ordine fino ai privati, per mezzo di un istituto che in maniera organica racchiuda tutte le competenze chiamate in causa durante l’indagine forense. Credo che, concentrando le domande, questo istituto superiore di eccellenza potrebbe divenire un servizio indispensabile sia per l’accusa sia per la difesa, risolvendo, inoltre, l’annoso problema delle consulenze di parte. Gli omicidi sono statisticamente in diminuzione, ma l’opinione pubblica sembra avvertire il contrario. Quali secondo Lei le motivazioni di questo atteggiamento generalizzato? È vero, negli ultimi anni gli omicidi in Italia si sono più che dimezzati. Le statistiche parlano chiaro: grazie anche alla lotta alla criminalità organizzata, siamo passati dai 3 omicidi ogni 100.000 abitanti del 1991 a circa 1, quasi in linea con il resto dell’Europa, come dimostrano le statistiche inglesi e tedesche che assestano la percentuale di omicidi ogni 100.000 abitanti rispettivamente allo 0,7 e 0,9. Per rispondere alla sua domanda, va innanzitutto detto come oggi di questi delitti se ne parli molto di più. I media infatti hanno sostituito alcuni argomenti, penso per esempio alla politica, con la cronaca nera, sia per morbosità che per un senso di tragedia che inevitabilmente innesca interessi subliminali nello spettatore. Dando maggior spazio a questo argomento, è stato quindi creato un indotto che fa percepire di più gli omicidi all’opinione pubblica. Quello che è vero è che sono aumentati i cosiddetti

Luciano Garofano “omicidi di prossimità”, cioè quelli legati all’ambito famigliare o delle amicizie. Tutto questo esprime, evidentemente, un certo disagio nella nostra società, evidenziando come oggi ci sentiamo in generale meno protetti nell’affrontare le nostre sfide quotidiane. Da qui una maggiore aggressività che talvolta sfocia purtroppo in gesti estremi. Quali sono le tecniche investigative utilizzate nell’analisi della scena del crimine dalle maggiori potenzialità di sviluppo tecnologico? Sicuramente l’analisi del dna si sta facendo nel corso degli anni sempre più sensibile, consentendo di individuare un numero sempre crescente di marcatori, ovvero i parametri che permettono poi il riconoscimento univoco di un soggetto. In secondo luogo sono convinto che la BPA [Bloodstain Pattern Analysis, lo studio delle traiettorie degli schizzi di sangue, una tecnica già utilizzata con successo dal RIS per alcuni casi come quelli di Novi Ligure o di Cogne, ndr] possa diventare nel corso degli anni un presidio ideale per una ricostruzione accurata della scena del crimine, grazie all’utilizzo di software di supporto sempre più sofisticati. Credo anche che nei prossimi anni la psicologia forense, se utilizzata in modo intelligente e costante e a stretto contatto con la criminalistica, possa essere di grande aiuto all’investigazione. Infine non dobbiamo dimenticare tutti i recenti progressi compiuti dall’informatica forense: chiunque al giorno d’oggi fa un larghissimo uso di apparecchiature come il telefono cellulare o internet, finendo inevitabilmente per lasciare tracce. L’ultimo caso analizzato nel libro è quello di Pier Paolo Pasolini, un delitto che Lei definisce il “cold case per antonomasia”, e di cui auspica la riapertura del fascicolo: crede che con un futuro intervento del RIS la ricerca dei veri colpevoli potrebbe portare a nuovi sviluppi? Il caso Pasolini rappresenta a mio avviso un grido d’allarme. Per i vari motivi che conosciamo, all’epoca la scena del crimine non fu analizzata con la cautela e l’attenzione dovuta; questo ha inevitabilmente compromesso la successiva attività investigativa. Già la sentenza dell’epoca, condannando Pino Pelosi, avanzava dei grossi dubbi sull’effettiva dinamica dei fatti: se a questo aggiungiamo le recenti dichiarazioni dello stesso Pelosi, che confermano il fatto che quella sera il regista e il presunto assassino non erano soli, appare chiaro come il caso non possa ritenersi chiuso. Per rispondere alla sua domanda, sono convinto che varrebbe la pena di riesplorare questo caso, ma devo comunque necessariamente essere cauto: bisognerebbe infatti capire se i reperti disponibili siano in condizioni tali da prestarsi a una analisi scientifica particolareggiata, che solo in questo caso potrebbe portare a novità di rilievo. Una domanda quasi immancabile per una rivista come la nostra: che tipo di letture ama Luciano Garofano? Premetto di non avere un “genere” preferito: spazio infatti dal romanzo alla saggistica. Ultimamente mi sto concentrando sull’analisi del rapporto tra filosofia e scienza: potrebbe essere interessante, ad esempio, mettere a confronto un personaggio come Sherlock Holmes con la filosofia del linguaggio di Karl Popper. Anche il genere noir comunque mi interessa, soprattutto perché mi permette il confronto con diversi approcci e tecniche investigative, magari del passato, come quelle che troviamo nei classici del giallo. Confesso però che le mie giornate si concludono più frequentemente con la lettura di articoli scientifici, che soddisfano maggiormente la mia sete di sapere e che mi consentono un indispensabile aggiornamento professionale. Fabio Spaterna


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