MilanoNera - maggio 2010

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Numero 7 | maggio 2010 - anno III

Rivista mensile dedicata alla letteratura gialla e noir. Edizione gratuita

a pagina 13 La recensione

a pagina 3 Cover story

a pagina 10 L'intervista

Un colpo di vento

Il noir side del Salone del Libro

Paula Vene Smith

Patrizia Debicke

Francesca Colletti

Fabrizio Fulio Bragoni

L’ESCLUSIVA

Raccontiamo le storie che vengono taciute I sabot A pag. 6 fotografati da A. Cara


editoriale

Ventiquattro mesi da calabrone

C Paolo Roversi

appuntamenti

i sono fenomeni in natura che si fanno fatica a spiegare come, ad esempio, il volo del calabrone. Data la piccola dimensione delle ali, in rapporto alla sua massa, la scienza per anni non è riuscita a spiegare come riuscisse a volare. Non era possibile. Poi, grazie ad un'attenta analisi al microscopio, si è scoperto che le ali non erano lisce e per questo permettevano all'insetto di librarsi in aria. Il nostro volo è cominciato due anni fa. E a ripensare a tutto quello che è accaduto sembra davvero un'eternità. Se si trattasse di un fidanzamento si penserebbe alla convivenza, magari al matrimonio. Fosse un PC o un cellulare sarebbe quasi ora di cambiarlo, un'auto avrebbe superato la metà del leasing, un romanzo sarebbe stato ristampato in economica o scom-

parso per sempre dalle librerie. Non si tratta di nulla del genere però, ma di MilanoNera Mag, la rivista che stringete fra le mani, il primo web press in noir italiano, cartaceo e gratuito, che proprio in questi giorni spegne due candeline. L'avventura cartacea, dopo due anni di gavetta sul web, cominciò nel maggio 2008, proprio fra gli stand affollati del Salone del Libro. Un primo numero diventato ormai da collezione: aprivamo con interviste ad autori del calibro di Carlo Lucarelli, Joe Lansdale e Leonardo Padura Fuentes e presentavano la rivista in un evento estemporaneo con Massimo Carlotto e Andrea J.Pinketts.

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mesi sono passati, l'entusiasmo non è venuto meno e oggi siamo ancora qui con un Mag che è diventato mensile

MilanoNera E20

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ndiamo avanti per la nostra strada perché leggiamo noir e siamo ottimisti. E se vi è venuta voglia di sfogliare tutti i numeri cartacei del nostro Mag potete farlo cliccando qui: http://issuu.com/milanonera. Buona lettura.

~ In Redazione ~ MILANONERA Periodico mensile, n. 7 anno III Redazione: Via Galvani 24, 20124 Milano - Tel. +39 0200616886 www.milanonera.com

GIO 6 MAGGIO ore 19,00 Il libro nero del mondo (Gaffi) Gabriele Dadati Relatori: A. Casella, P.Grugni

EDITORE MilanoNera Eventi S.R .L. www.mne20.com DIRETTORE RESPONSABILE: Paolo Roversi paolo.roversi@mne20.com CAPOREDATTORE: Francesca Colletti francesca.colletti@mne20.com

VEN 7 MAGGIO ore 19,00 Carni estranee (Mondadori Epix) Adriano Barone Relatore: Stefano di Marino

REDATTORI: Adele Marini adele.marini@mne20.com Fabio Spaterna fabio.spaterna@mne20.com Hanno collaborato a questo numero: Alessandra Anzivino, Fabrizio Fulio Bragoni, Patrizia Debicke, Stefano Di Marino, Giampietro Marfisi, Cristina Marra, Eva Massari, Luigi Milani

GIO 20 MAGGIO ore 19,00 L’imbalsamatrice (Gaffi) Mary B. Tolusso Relatori: C. Sivieri Tagliabue e M. Santagostini

IMPAGINAZIONE E PROGETTO GRAFICO BloodyGraphX Bloodygraphx@gmail.com PUBBLICITà fabio.spaterna@mne20.com

GIO 27 MAGGIO ORE 19,00 Monza delle delizie (Frilli) Sergio Paoli Relatore: A.C. Cappi Letture: Sergio Scorzillo

SERVICE E PUBBLICITà TESPI s.r.l., C.so V. Emanuele II 154 00186 Roma Tel. 06/5551390 - mail: info@tespi.it STAMPA SIEM, Via delle Industrie, 5 Fisciano (Sa)

Particolare dello spazio milanonera in via Galvani

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(all'epoca era bimestrale) e full color. La passione continua a guidarci. Teniamo duro e usciamo in libreria tutto l'anno, nonostante le endemiche ristrettezze economiche del mondo della carta stampata, ma con la determinazione del calabrone: sapevamo di poter volare, a dispetto di tanti che sostenevano il contrario e lo stiamo dimostrando.

Registrazione presso il Tribunale di Milano n° 253 del 17/4/08

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COVER STORY

Francesca Colletti

Il noir side del Salone del Libro L’appuntamento con il Salone Internazionale del Libro è fissato dal 13 al 17 maggio. Un immenso scaffale nel quale il grande pubblico può incontrare il libro in tutte le sue forme. I titoli più belli e curiosi, i volumi introvabili e le ultime novità, e-book, audiolibri, libri antichi, fumetti, multimedia.

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nche quest’anno ampio spazio è dedicato a tutte le diverse declinazioni del giallo. Il pluripremiato Donato Carrisi, autore de Il suggeritore incontra il fenomeno Lars Kepler, ossia la coppia di scrittori svedesi, Alexander Ahndoril e Alexandra Coehlo, più famosa dopo quella formata da Maj Sjöwall e Per Wahlöö. L’ipnotista (Longanesi) è la storia di una strage familiare alla quale è sopravvissuto a stento l’adolescente Josef, rinvenuto in stato di shock e con ferite gravissime su tutto il corpo. Sarà lo psichiatra Erik Maria Bark, noto per le sue sperimentazioni con l’ipnosi, a interrogare Josef dopo averlo ipnotizzato. Quello che il ragazzo rivela in stato di trance e quello che segue alle rivelazio-

LE NOVITà dal salone

deve rassegnarsi ad accettare questa verità quando riceve un biglietto con un numero di telefono e una strana firma: Club 2027. Soltanto le persone che hanno avuto accesso alla Biblioteca, infatti, sanno che quello sterminato elenco di date si conclude il 9 febbraio 2027. Dal Messico arriva Élmer Mendoza, vincitore del premio Tusquets con Proiettili d’argento (La nuova frontiera). Abbandonato dall'unica donna che ha mai amato e in cura da uno psicanalista per superare un trauma della sua infanzia, al detective Edgar "Zurdo" Mendieta viene affidato un caso che sembra un vero rompicapo. Bruno Canizales, avvocato di suc-

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1 ni sono, per l’ipnotista e per la sua famiglia, l’inizio di un incubo terrificante. Tanti i giallisti stranieri presenti a Torino: a partire da Robert Hültner, autore di La Dea (Del Vecchio), seconda indagine dell’ispettore Paul Kajetan, che si è aggiudicato il Premio Glauser nel 1998. Arriva a Torino anche Glenn Cooper per presentare il sequel de La biblioteca dei morti, Il libro delle anime (Nord). Dopo essere stato costretto a dimettersi dall'FBI, Will Piper ha un unico desiderio: dimenticare. Dimenticare l'esistenza della Biblioteca dei Morti - la sconfinata raccolta di volumi in cui sono riportate le date di nascita e di morte di tutti gli uomini vissuti dall'VIII secolo in avanti - e, soprattutto, dimenticare gli innocenti che hanno perso la vota perché il segreto custodito nell'Area 51 non fosse rivelato. Ma la Biblioteca dei Morti è una maledizione che non può essere esorcizzata, e Will

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fatti di stretta attualità. Al Salone saranno presentati due nuovi romanzi. In anteprima Pesce mangia cane di Paolo Roversi (recensito in questo numero) e Solo fango, del vincitore dello Scerbanenco 2006 Giancarlo Narciso, l’ennesima indagine di Butch Moroni, che svela un Trentino differente, anch’esso risucchiato nella melma della criminalità ambientale e degli interessi politici. E di problemi ambientali tratta anche Neifilim, di Åsa Swartz, pubblicato dai tipi di Fanucci. La storia della diciannovenne Nova Barakel, attivista di Greenpeace che vive a Stoccolma, orfana di madre. Una sera, armata di vernice spray, penetra in casa dell’a.d. di un’importante azienda che scarica quantità eccessive di gas tossici nell’atmosfera, per scrivere slogan accu-

alla reputazione di una creatura, il Desmodus rotundus, vilipesa dall’ignoranza e dalla superstizione. L’India, paese ospite di quest’edizione, sarà presente nei romanzi di Carlo Buldrini, autore di Nel segno di Kali. Cronache indiane (Lindau)e di Shobhaa Dé, la scrittrice indiana, nota per i suoi romanzi trasgressivi : Sorelle, Notti di Bollywood e Ossessione. A Torino la Dè presenterà India Superstar (Tea), scritto per raccontare, ai suoi connazionali e a tutto il mondo, la strada che ha percorso il suo paese dall’indipendenza a oggi, trasformandosi da un’ex colonia a una grande potenza del terzo millennio.

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3 cesso e figlio di un importante politico, è ritrovato morto con la testa perforata da una pallottola d'argento. Chi c'è dietro a questo omicidio e a quelli che stanno insanguinando il paese? I narcos? La politica corrotta? O i membri della stravagante setta della Piccola Fratellanza Universale a cui lo stesso Canizales apparteneva? L’ambiente, le sfide di uno sviluppo sostenibile, la compatibilità di una corretta politica delle risorse, il ripensamento delle pratiche produttive, siano esse agricole o industriali, in un mondo in cui tutto si tiene, è uno dei temi centrali di quest’edizione. I crimini e l’illegalità ambientale, da anni sono al centro della collana Verdenero di Edizioni Ambiente, i cui noir di ecomafia prendono spunto liberamente da

satori, ma giunta nella stanza da letto scopre che il dirigente e sua moglie sono stati orrendamente massacrati. Nel frattempo George McAlley, veterano di guerra e scienziato, che ha dedicato molti anni alla ricerca dell’Arca di Noè, sta per rivelare i risultati delle sue scoperte negli Usa, viene ritrovato morto. Mentre Nova comincia ad essere sospettata del duplice omicidio, apprende con stupore di aver ereditato dalla madre un’ingente somma di denaro, metà della quale è destinata a una misteriosa fondazione, la Fon (Friends of Nefilim), rappresentata da un certo Dagon. L’osservazione della natura invece ha fatto di Danilo Mainardi un beniamino, per la sua straordinaria capacità di avvicinare a un pubblico non specialista le acquisizioni dell’etologia, trasformandole in storie. Mainardi ci sorprende con un originale giallo etologico, Un innocente vampiro (Cairo) un affettuoso risarcimento

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ROBERT HULTNER La dea Del Vecchio, 240 pagine, €14,00 LARS KEPLER L'ipnotista Longanesi, 585 pagine, €18,50 GLENN COOPER Il libro delle anime Nord, 512 pagine, €19,60 ELMER MENDOZA Proiettili d'argento La nuova frontiera, 256 pagine, €16,00

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L'INTERVISTA

Alessandra Anzivino

Le donne a perdere dei Sabot

Milanonera Mag incontra i Sabot (Ciro Auriemma, Piergiorgio Pulixi, Michele Ledda e Renato Troffa) in occasione dell’uscita di Donne a Perdere (E/O), un volume che riunisce i romanzi di tre autori differenti, una vera novità per l'editoria italiana.

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ella prefazione a questa innovativa raccolta Massimo Carlotto afferma che “il noir è sovversione per eccellenza”, e che la sperimentazione è d’obbligo per creare un forte legame tra letteratura di genere e realtà, cosa c’è di sovversivo e sperimentale nella composizione dei vostri romanzi? Non pensiamo che la realtà in cui viviamo si conformi allo schema classico del romanzo poliziesco: crimine - indagine soluzione del caso, come riaffermazione dello Stato di diritto. Crediamo che i fatti dimostrino, piuttosto, il contrario. Non solo, crediamo che i romanzi contengano delle inchieste e delle denunce di cui il mondo dell'informazione non si occupa, a volte troppo impegnato a dar spazio a casi che non sono in grado di spiegare le grandi mutazioni criminali che avvengono nel nostro paese. Fin dalle prime presentazioni (così era accaduto anche per Perdas de fogu) abbiamo visto le persone indignarsi, chiedere informazioni, rifiutare che lo stato delle cose sia quello che ci fanno apparire i mezzi di informazione quotidianamente. I romanzi diventano così degli strumenti di aggregazione, dei poli di attrazione, grazie ai quali creare rete e comunità. Non ultimo, il libro stesso è una sperimentazione, visto che per la prima volta nella letteratura italiana tre romanzi differenti ma uniti da un filo conduttore comune, convivono in un unico libro. Dalla vostra narrazione trasuda una grande ricerca sul territorio anche quando non è esattamente specificato un luogo, secondo voi la criminalità organizzata e globalizzata come riesce ad insinuarsi e a trasformare i territori che avete affrontato nelle Vostre inchieste? Le mafie sono ormai transnazionali. Dove è conveniente allearsi lo fanno superando qualunque steccato culturale e nazionale. Questo consente loro di essere molto

I tre romanzi, avevano un punto in comune: parlavano di donne vittime di una società maschilista

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I SABOT: da sinistra, Renato Troffa, Ciro Auriemma, Piergiorgio Pulixi e Michele Ledda più avanti nella cultura della globalizzazione di quanto non siano invece i singoli Paesi. D'altronde, parliamo della prima azienda del nostro paese con un fatturato di ben 130 miliardi di euro, realizzato grazie a interessi piuttosto ramificati - traffiking, usura, prostituzione sono quelli su cui ci siamo concentrati in questo lavoro ma solo alcuni degli interessi delle criminalità organizzate - che richiedono poi un ulteriore impegno per riciclare questi capitali. Ovunque ci sia la possibilità di trarre profitto, e in tutti quei casi in cui c'è la possibilità di far rientrare nel ciclo economico i capitali che provengono da tali attività, le mafie nutrono un interesse. La Costa Smeralda è uno di questi luoghi ma può diventarlo la Val di Susa con l'alta velocità. Le grandi opere, in generale, riscuotono un grandissimo interesse da parte della criminalità. Ciò ovviamente produce profondi mutamenti nei territori su cui la malavita può estendere la propria influenza: grandi opere e riciclaggio, una delle più grandi fortune per la criminalità organizzata. I vostri romanzi appaiono assolutamente indipendenti e con stili narrativi ben identificati, quale linguaggio o scelta comune sta alla base della scelta di volerli pubblicare in un unico volume? Siamo cresciuti insieme come gruppo mettendo insieme esperienze comuni, consigli, suggestioni, letture, ecc. ma cercando di mantenere sempre un'identità letteraria personale. Quando però ognuno di noi ha scritto la propria storia e successivamente l'ha fatta leggere agli altri, ci siamo resi

conto che i tre romanzi, oltre ad appartenere tutti al noir mediterraneo avevano anche un altro punto in comune: da diverse angolazioni, parlavano di donne vittime di una società che ha uno sguardo profondamente maschilista, che provavano a ribellarsi in qualche maniera, venendo tuttavia inghiottite dal sistema. Effettivamente, in questo preciso momento socio-politico il problema dell'attacco quotidiano mediatico e sociale contro le donne era di un'attualità bruciante, e queste storie andavano raccontate. Queste riflessioni hanno portato infine alla scelta di pubblicare i tre romanzi insieme, in modo che il messaggio che volevamo lanciare avesse più risonanza possibile. Inoltre, il fatto che venissimo da un'esperienza collettiva precedente ci ha portato a vedere questo libro come un passo ulteriore nel percorso di scrittura iniziato con Massimo, che prosegue con questo progetto "Sabot". L'obiettivo è quello di unire storie di ampio respiro con forti passioni ed emozioni ad inchieste critiche sulla nostra società, riversando in un libro solo tutta la nostra rabbia e l'indignazione per i temi trattati, veri carburanti della nostra macchina narrativa. I personaggi che avete costruito hanno una comune doppiezza, e una voglia di affrancamento sociale molto forte, disperati e ricattati cadono nel baratro, aprono gli occhi al lettore sul mondo. Che persone vorrebbero incontrare invece nella vita reale i Sabot? La nostra idea di scrittura è quella di raccontare storie che vengono taciute, di proporre al lettore un racconto che si svol-

ga in una realtà ben determinata, che possa descrivere l’ambiente e i fenomeni sociali nei quali viviamo. Per fare questo, i personaggi dei nostri romanzi devono essere persone il più possibile reali, e quindi avere una loro complessità. Uno degli obiettivi del Noir Mediterraneo è quello di seminare dubbi e smascherare alcune finzioni che servono a nascondere i problemi della nostra società. Quindi a noi piacerebbe (e piace) incontrare, nella vita reale, persone che si pongano dubbi, che si facciano domande, e che magari, come è capitato durante le presentazioni di Donne a Perdere (e prima ancora di Perdas de fogu), partano dal nostro romanzo per manifestare una sincera indignazione. Che significato ha per Voi appartenere ad una letteratura di genere, il Noir Mediterraneo, in continua evoluzione? Il Noir Mediterraneo è un genere che necessariamente deve reinventarsi di continuo per continuare a essere in grado di raccontare le mutazioni della società e della criminalità. Le nostre esperienze di scrittura hanno avuto questo in comune: destrutturare per prima la nostra stessa percezione della realtà. Poi il rapporto con i lettori, continuo e serrato, è una costante fonte di stimoli. Questo non può lasciarci indifferenti, e ci porta a dover riconsiderare di continuo i nostri modi di pensare. Ma questo, in definitiva, è uno dei motivi per i quali ci piace muoverci secondo le coordinate del Noir Mediterraneo: per poterci confrontare con i problemi ed i dubbi dei territori nei quali ci muoviamo.

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recensioni Un colpo di vento Ferdinand von Schirach Longanesi, p.240,€18,00 Traduttore I. A. Piccinini

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erché un anziano, stimato, irreprensibile medico di paese ha ucciso la moglie a colpi d’ascia? Questa è la domanda posta dal primo dei racconti, nati da storie vere, che l’autore ci narra da avvocato, in prima persona, pur attento a celare protagonisti e fatti dietro nomi e particolari di fantasia. La sua posizione di penalista gli impone di prendere le parti, di concedere ai suoi assistiti, colpevoli o innocenti che siano, la migliore difesa possibile. Sempre a fianco degli imputati per tutelarli, stavolta von Schirach fa uso di mezzi letterari sfruttando la penna con sapienza. Ogni racconto è incisivo, preciso e colpisce doloroso come una scudisciata. Il von Schirach che non fa sconti e non indora la pillola, mi convince e mi coinvolge emotivamente. Non crede a un’assoluta giustizia, a un’assoluta verità. Gli do volentieri ragione quando sostiene che in alcuni casi un delitto possa avere delle giustificazioni così forti da essere compreso. L’etica del mondo attuale, le leggi eque, fatte per proteggere i più deboli dalle prevaricazioni, spesso appaiono impotenti o inutili davanti all’ineluttabilità dello sbagliare, rubare, uccidere. Non sempre la giustizia riesce a fare centro. Scirach mischia sapientemente sofferenze morali, pulsioni malate. Spesso la realtà si rivela peggiore di qualunque romanzo. Ci lascia intuire neri abissi dell’animo umano. Ci ammanisce come piatto forte delitti efferati. E per dessert dolceamaro ci serve la favola triste di Michalka… Patrizia Debicke La bellezza è un malinteso

Sandrone Dazieri Mondadori, p. 279 € 17,50

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l Gorilla ritorna dopo quattro anni di silenzio. Invecchiato, sposato, ripulito al punto da sembrare quasi un travet visto il lavoro che fa – seppur da free lance - per un'assicurazione. Ma il malinteso dura un attimo. Si parte da un piccolo furto per poi venire proiettati in una spirale di situazioni estreme, divertenti e tragiche al tempo stesso, come del resto è nelle corde dell'autore. La dualità del personaggio, il Gorilla e il Socio, diventa addirittura triplice in questo romanzo dove lo scrittore, oltre che col nome, sembra anche entrare col suo vissuto milanese di tutti i giorni e la sua vita affettiva, pronto per mettersi in gioco. Ritmo incalzante, scrittura fluida,

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recensioni mai alla ricerca del parolone o del dialogo da virgolettare. Rifugge Dazieri, consapevolmente credo, dalla vanità dell'alta letteratura di quell'esercito d'autori che s'illudono di essere Proust e poi, dei loro romanzi, ti restano solo gli sbadigli. Con Sandrone non succede. Non ci si annoia, intrattiene e racconta, senza fronzoli, una storia che ti fa piacere seguire fino in fondo. Paolo Roversi Assalto a un tempo... Giuseppe Genna Minimum Fax, p. 323, € 15,00

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pproda alla versione – ma saremmo tentati di chiamarla release, in omaggio alla dizione informatica adottata dall’autore – 3.0 il celebre libro di Giuseppe Genna, già apparso in precedenti edizioni per i tipi di Pequod e Mondadori. Opera composita, costituisce per molti versi la Summa del Genna pensiero, declinato di volta in volta in forma narrativa, saggistica, giornalistica, con varietà di stili e linguaggi. Una varietà e una ricchezza, che, abbinate a un’innegabile, mostruosa, cultura possono intimorire e anche appesantire l’opera, specie quando assume un linguaggio iniziatico, o diviene suo malgrado concettosa. Ma Genna è così: autore che non suscita indifferenza, cattura o respinge con forza pari alla pregnanza degli argomenti esposti. Che sono tra i più vari: dal degrado urbano di una Milano disumanizzante alla miseria economica e morale di un popolo sfiduciato e avvilito. Colpisce la disarmante sincerità di certe pagine autobiografiche, rese con gli accenti lirici e ispirati cui Genna ci ha abituati in altre sue opere. Né mancano la critica socio-politica, la riflessione sui temi della religione e della letteratura. Il libro, concepito come un perenne work in progress, presenta un numero di pagine quasi raddoppiato rispetto all’ultima edizione. Luigi Milani Il rilegatore di Batignolles

Claude Izner Nord, p.361,€17,60 Traduttore M. Dompè

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ictor Legris, il libraio di rue Des Saints Pères ci ricasca. Nonostante la promessa fatta alla fidanzata Tasa di appendere al chiodo la sua passione per le indagini, cede al richiamo di un caso di omicidio e di una morte misterio-

sa. L’omicidio dello smaltatore Léopold Grandjean e la morte del rilegatore Andrésy sembrano essere collegate da un nome: leopardo. Il detective dilettante che opera in pieno Ottocento francese, nato dalla penna di Claude Izner, pseudonimo delle sorelle Liliane Korb e Laurence Lefèvre, è protagonista del quinto libro della serie pubblicato da Edizioni Nord. Spalleggiato dal giovane commesso Joseph Pignot, scrittore di romanzi e collezionista di articoli di cronaca e dalle intuizioni del padre adottivo Kenjii Mori, il giovane libraio riveste ancora una volta i panni dell’investigatore per risolvere i casi di omicidio in competizione con l’ispettore Lacacheur prima che l’assassino possa colpire ancora. Le indagini lo riportano agli eventi della Comune di Parigi di vent’anni prima e i ragionamenti e l’azione lo spingono per le vie della capitale. Ancora una volta Izner regala una perfetta e minuziosa ricostruzione storica e sociale della Parigi del tempo e un’accurata caratterizzazione dei personaggi che rispecchiano i mutamenti e le peculiarità della loro città. Cristina Marra Giornataccia a Blackrock

Kevin Power Tropea , p.228,€15,50 Traduttore S. Pezzani

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a giornataccia di Kevin Power potrebbe essere la metafora di un Paese, l'Irlanda, che cambia, passando dalla povertà alla ricchezza. Servendosi di una vicenda di cronaca, l'uccisione brutale di un ventunenne fuori da un club notturno, Power traccia le coordinate esistenziali della gioventù borghese di Dublino: i soliti problemi adolescenziali, qui narrati senza pedanteria o facili moralismi, il fenomeno dilagante del bullismo, l'alcolismo. La gioventù Irlandese descritta ne esce male, non malissimo se confrontata con altri libri che hanno parlato degli stessi temi: troppo poco fuori di testa e forse anche non sufficientemente ricchi per essere come gli universitari de Le regole dell'attrazione o Acqua dal sole di Bret Easton Ellis. I ragazzi Irlandesi raccontati da Power fanno usano alcoolici per sballarsi (ma non droghe), pensano in maniera intensa (ma non ossessiva) al sesso, si approcciano con distacco (ma non con nichilismo) ai temi sociali. Power si serve dell'espediente letterario del narratore onniscente per fare il ritratto socio-economico delle famiglie dei ragazzi coinvolti nella Giorantaccia, dando al testo un leggero ma deciso carattere cinematografico; la ricostruzione processuale è dettagliata senza annoiare chi legge con vezzosi termini giuridici. I bagordi di tanti a volte corrispon-

dono alle tragedie di pochi: più che una morale un monito. Giampietro Marfisi SPADE & ARCHER Joe Gores Mondadori, p. 296, € 19,00 Traduttore R. Agostini

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era una volta l’Hard Boiled School, la scuola dei duri. Romanzi che riportavano il crimine sulla strada, suo luogo di appartenenza. Storie che parlavano di gente vera, in posti veri, con i detective dal passato burrascoso capaci di prenderle e darle sempre con la battuta pronta e un animo virilmente romantico. Un'epopea cui sono cresciuti milioni di lettori e centinia di autori. Un'era definita da vecchi trench, da cappelli a tesa larga e sigarette rollate e lasciate pendere dal labbro. Un’atmosfera in bianco e nero. Personalmente non sono un sostenitore degli amarcord letterari e cinematografici, mi sembrano sempre un po’ dei compitini senz’anima. Joe Gores, però, ha le carte in regola. Su Hammett scrisse anche un grande noir che Wenders (forse con una mano abbastanza pesantemente guidata da Francis Ford Coppola) portò al cinema una ventina d’anni fa, Hammett, indagine a Chinatown. Studioso dell’argomento, conoscitore del genere e della famiglia Hammett, Gores ci regala un prequel a Il falcone maltese e mette sulla pagina ciò che la fantasia del lettore ha sempre immaginato. Sam Spade agli inizi della carriera tra il 1921 e il 1928, i rapporti con il socio Miles Archer e sua moglie, la polizia, la mala in un’America divisa tra corruzione, banditismo e innocenza perduta. Capiamo i complessi rapporti tra Sam Iva, Archer e la segretaria Effie Perine. Soprattutto diamo la caccia a un criminale senza volto che, con una trovata geniale, riappare negli anni in tre diverse avventure legate da un filo comune. È proprio questo recupero di una formula narrativa che ci ricorda Black Mask la rivista pulp sulle cui pagine scrissero Hammett e Chandler che impreziosisce un romanzo ben scritto ma senza troppi colpi d’ala. Un’operazione nostalgia ben riuscita dopotutto, a cominciare dalla copertina che sembra proprio quella di un volume uscito da una vecchia biblioteca. Se non fosse per il fatale errore di far impugnare una moderna Glock a un eroe degli anni Venti... Stefano Di Marino

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Pesce mangia cane Paolo Roversi Ed. Ambiente, p.176, € 16,00

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a sistematica azione criminale verso l’ambiente è ancora considerata dalla maggior parte dell’opinione pubblica un reato secondario e quasi invisibile, trascurato spesso dall’attenzione dei media. Contro questa tendenza alla rimozione generale lavora Edizioni Ambiente che ormai da un paio d’anni ha affidato a talentuosi scrittori noir l’incarico di creare appassionanti storie partendo dalla realtà. Paolo Roversi nel suo Pesce mangia cane parla di un territorio che conosce bene, la Bassa, quasi un personaggio seriale dei suoi romanzi, luogo d’elezione e dell’anima. E l’affetto che nutre per la sua terra si coglie con forza: l’amore per il Po deturpato da saccheggi di sabbia per l’edilizia e di contaminazione profonda dovuta a scarichi industriali abusivi. L’amore per quella Bassa turbata dal ritrovamento dei cadaveri di imprenditori senza scrupoli che hanno depredato e ferito il grande fiume. Roversi costruisce una trama credibile intrecciando due piani narrativi, quello dell’indagine a due, portata avanti da un magistrato donna e da un carabiniere del Cta (Comando per la tutela dell’ambiente) e una narrazione quasi sentimentale e lucidamente idealista del cattivo di turno. Due bei personaggi gli inquirenti, mai noiosi o troppo convinti del loro ruolo ma, anzi, assolutamente credibili sia sul piano lavorativo sia su quello della loro (sgangherata) vita privata fatta di doppiezza e frustrazione per una tranquillità esistenziale che non arriva mai. Il ritmo è sostenuto ma sempre venato di quella sorta di placida vaghezza e ironia che contraddistingue i luoghi e l’autore stesso. Alessandra Anzivino

Il carezzevole Massimo Lugli Newton Compton, p. 332, €14,90 a casa editrice fa torto all’autore, Massimo Lugli, affibbiandogli una copertina che sembra la fotocopia di quella de Il Suggeritore e non gli serve. In una sentita, calibrata ricostruzione giornalistica che cavalca gli inizi degli anni 70, con la politica che infiamma le piazze e le bande criminali in guerra tra loro a insanguinare le strade di Roma, Marco Corvino, avventizio in prova e alle prime armi, approda alla cronaca nera di un quotidiano di sinistra della Capitale, dove il male e la violenza sono pane e routine quotidiana. Deve imparare i trucchi e il distacco del mestiere che lo coinvolgono come spettatore e reporter delle ambiguità della metropoli, delle rapine, dei delitti e degli stupri. Ma qualcosa cambia quando il suo telefono squilla e un assassino psicopatico e spietato, imbevuto di pseudo filosofia cinese, che si fa chiamare il Carezzevole come il carnefice imperiale, tenta di trascinarlo e coinvolgerlo in un incubo crescente di orrore. Scelto dal killer come testimone della sua lucida follia, Corvino dovrà affrontarlo da solo e combattere la diabolica seduzione del male. Si legge trattenendo il fiato. Romanzo efficace ma duro, adatto a stomaci in grado di digerire anche i chiodi. Patrizia Debicke

al varco, nostalgici della forza narrativa de Il potere del cane, pronti ad immergerci nella sua nuova opera. Ad immergersi in realtà è Boone Daniels, un ex poliziotto con la passione del surf che attende eccitato la mareggiata del secolo, l’onda perfetta che nessun surfista vuole perdere. Lo sottrae al suo mare l’indagine su una maxi truffa a un’assicurazione, nella quale viene coinvolto da una conturbante avvocatessa. Sullo sfondo una San Diego di mare e violenza, forse più di mare. La prima parte è quasi interamente dedicata al mondo del surf, del quale racconta le consuetudini e svela lo slang (yo fratello, yo!), rendendo con efficacia il senso del clan, dell’appartenenza al gruppo. Ottimo espediente se ad un certo punto comparissero Keanu Reeves e Patrick Swayze, chiusi nelle mute che ne esaltano i corpi e impegnati a cavalcare le onde più ribelli. Però non c’è schermo e non è un film, è un romanzo, un noir. Troppo lunga l’attesa di entrare nella storia, troppo tempo prima che il plot prenda forma e l’azione raggiunga la velocità giusta. La pattuglia dell’alba viaggia su un diesel che fatica a carburare, che sale di giri quando ormai si è certi che si spenga, quando ormai il passeggero/lettore si è rassegnato a cambiare auto. Chi resiste sul sedile viene premiato e assiste alla nascita (intorno a pagina 200) di una trama ben congegnata che si modella sull’alternanza della vita di strada e quella di mare, tra la prigione mentale e la libertà dell’anima, che Winslow interpreta con il genio narrativo che gli compete. Peccato che si debba aspettare il colpo di scena finale. Eva Massari

La pattuglia dell’alba Don Winslow Einaudi, p. 365, € 14,80 Traduttore L. Conti

TWO FOR TEXAS James Lee Burke Meridiano Zero, p. 288, €14,00 Traduttori F. Saba Sardi, L.Conti

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vere tra le mani un libro di Don Winslow è una sorta di ipoteca temporale, la garanzia che in cambio delle ore di lettura si sarà forti di una lezione di stile. Lo aspettavamo

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he il western e l’hard-boiled siano parenti è cosa risaputa ma forse non ampiamente riconosciuta. In fin dei conti si tratta di due generi di letteratura pulp nati uno di se-

guito all’altro, storie che segnano il passaggio dell’America della frontiera a quella del banditismo. James Lee Burke creatore della saga di Robicheaux si spinge a raccontarci una vicenda dichiaratamente western senza lasciare le paludi per sottolineare una fratellanza intellettuale non da poco. Moltissimi thriller della scuola dei duri riprendono caratteri e situazioni del western. La vicenda di Son e Hugh, prigionieri in un carcere della Louisiana che colgono la fortuna e iniziano un percorso iniziatico attraverso l’America in fase di formazione per raggiungere il Texas è la riproposta del miglior nero on the road che sta alla base del poliziesco moderno. I due protagonisti sono la strana coppia, il giovane e la canaglia, eroi del West ma anche di centinaia di telefilm e romanzi della scuola dei duri sino a oggi. La loro avventura, avvincente, ben descritta, umanissima e spietata è la metafora di un mondo in cambiamento. Che poi è il succo di ogni vero thriller americano. Da leggere, sognando a ogni pagina come davanti a un bellissimo film in cinemascope. Il tema stesso del viaggio come percorso di formazione è emblematico. Il Texas è indipendente, incombe la battaglia di Alamo e Son e Hugh scoprono di non essere solo due carcerati in fuga. E capiscono di non essere così duri di fronte a una realtà selvaggia, popolata di personaggi strambi, feroci calati in situazioni pericolose. Il loro è un percorso di formazione, di costruzione di una amicizia virile. Un percorso che, a ben guardare, è comune al western quanto al poliziesco. Forse, c’è da chiedersi, non solo McCarthy ha saputo cogliere il senso della frontiera. Forse un giallista spesso maltrattato nelle edizioni italiane (troppi gli editori che lo hanno mollato prima del tempo) ha saputo sparare e colpire il bersaglio. Stefano Di Marino


L'INTERVISTA

Fabrizio Fulio Bragoni

Vene Smith: ecco a voi il mio art mistery MilanoNera Mag incontra Paula Vene Smith autrice del romanzo Il Silenzio della musa (Longanesi), in uscita in Italia. Docente di storia dell'arte, nel 2003 ha insegnato a Londra, dove ha conosciuto il pittore danese, Hammershoi, cui si è ispirata per il suo primo romanzo.

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l silenzio della Musa è il suo primo romanzo, ma so che in passato lei ha scritto e pubblicato diversi racconti. Com’è approdata alla scrittura? Ho cominciato a scrivere racconti e poesie fin dalla prima infanzia, e pubblicato su giornali scolastici e riviste universitarie come The North American Review; niente mi piace di più di immaginare dei personaggi, e dar loro vita sotto gli occhi del lettore.

Il passaggio dal racconto al romanzo è stato pianificato o casuale? Mi piace molto leggere romanzi (in particolare gialli) e ho sempre voluto scriverne uno. Purtroppo, l'insegnamento, e l'essere madre di due figli, mi hanno reso le cose difficili: ci vuole tempo, per scrivere un libro. Per questo, in passato, mi sono concentrata su opere brevi, racconti e poesie. Poi, i miei figli hanno acquisito una certa indipendenza, e io ho iniziato ad avere più tempo per scrivere; così è nato Il silenzio della musa. Mi sembra ci siano grandi somiglianze tra la sua storia -dalla vita nella Romania di Ceausescu (segnata da un capillare controllo politico, che gioca un ruolo di primo piano nel suo libro), all'interesse per il mondo dell'arte, e in particolare per Hammershoi- e quella di alcuni personaggi del romanzo. Quanto c'è di autobiografico nel suo libro?

Mi piacciono molto i romanzi di Andrea Barrett, i gialli di P.D. James e la letteratura poliziesca scandinava... LA SCRITTRICE americana Paula Vene Smith (©Paul Tjossem)

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Il mio trisnonno è emigrato in America dalla Danimarca nell' 800, lasciandosi alle spalle i familiari. Tra loro c'era sua sorella Charlotte, una pittrice nubile che ha diretto una scuola d'arte femminile. La sua figura di donna artista nella Danimarca di quel periodo mi ha sempre incuriosito. Per quanto riguarda la mia storia, mio padre faceva il diplomatico, e noi vivevamo un po' di anni qua, e un po' là. Siamo stati a Bucarest dal '79 all' 81. Non ho mai studiato arte: così, per ricreare il mondo del romanzo, ho dovuto affidarmi all'esperto di Arte Scandinava di Sotheby’s, visitare musei in tre diversi paesi, e trascorrere numerose ore all'interno della British Library. Vuole raccontarci il suo incontro con i quadri di Vilhelm Hammershoi? Lo ricordo perfettamente: ero alla National Gallery, e mi sono sentita inspiegabilmente attratta da un quadro in particolare. Sarà stato per il contrasto tra le sue linee semplici e i colori sobri, e la brillante intensità delle altre tele. Mi sono avvicina-

ta e ho letto il nome dell'autore e la dicitura “Interior, Copenhagen, 1899.” Mi è subito venuta in mente Charlotte, la sorella del mio trisnonno, che in quegli anni era a Copenhagen: la comunità degli artisti danesi doveva essere un circolo ristretto. Chissà, magari lei e Hammershoi si conoscevano, almeno per fama. Poi ho immaginato che la donna di spalle, ferma al centro della tela nel suo vestito nero, nascondesse un segreto. Ho deciso che volevo raccontare la sua storia, ricreando con le parole la potenza dei toni pittorici di Hammershoi. Ci sono degli autori dai quali si sente influenzata? Mi piacciono molto i romanzi di Andrea Barrett, i gialli di P.D. James e la letteratura poliziesca contemporanea, soprattutto scandinava: islandesi, svedesi e norvegesi affrontano tematiche sociali rivelando, nel contempo, la soluzione di un mistero. Il suo libro concilia poliziesco, romanzo rosa e di formazione muovendosi su tre piani temporali e affidandosi a tre diverse voci. Tutto pianificato, o la scrittura le ha preso la mano? Fin dal principio, volevo che ci fossero tre voci differenti nel romanzo. Ho scritto i tre racconti (ognuno relativo a uno dei punti di vista) separatamente, e pensavo di lasciarli separati. Poi, un amico mi ha consigliato di alternare ambientazioni e punti di vista capitolo per capitolo. Ora il lettore si trova sotto gli occhi tre diverse storie che si evolvono simultaneamente, risolvendosi solo alla fine. Pensa che il suo possa essere definito un romanzo di genere? Il silenzio della Musa è un art mystery: rimanda a una tradizione di romanzi incentrati sullo svelamento di misteri sepolti all'interno di opere d'arte “straordinarie”, che affascinano i personaggi, spingendoli ad indagare. Sta già scrivendo un secondo romanzo? Sto lavorando a un romanzo ispirato alla strana potenza dell'antica poesia anglosassone. Ai lettori prometto segreti, tesori nascosti, indovinelli irrisolti, antica saggezza, uomini e donne in esilio ed eroiche battaglie. Come ne Il silenzio della musa, i protagonisti dovranno approfondire le loro conoscenze per scoprire verità da sempre sepolte dentro di loro.

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white side CAINO Josè Saramago Feltrinelli, p. 144, €15,00

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uando l’autunno scorso Caino, è uscito nelle librerie portoghesi, la Chiesa lusitana ha gridato allo scandalo. I vescovi accusarono Josè Saramago di offendere milioni di cattolici in tutto il mondo, denunciando la rilettura ''irriverente se non oltraggiosa'' dell’episodio biblico. A vent'anni dall'uscita del Vangelo secondo Gesù Cristo (e dal clamore che suscitò), il premio Nobel torna a occuparsi dei testi sacri e di religione. E lo fa alla sua maniera, da ateo convinto e mai pentito: reinterpretando il primo fratricidio tramandato dalla Bibbia, quello di Abele. Caino, essere umano né migliore né peggiore degli altri, è voce narrante, protagonista e spettatore. Condannato a un destino errante, attraverso spazio e tempo, racconta della blasfema convivenza fra Eva e il cherubino Azaele, l'assassinio del fratello e il successivo dialogo filosofico con dio e l'incontro con l'insaziabile Lilith. Assistiamo al sacrificio di Isacco, alla costruzione della Torre di Babele e alla distruzione di Sodoma. É lui che dialoga con Mosé, che vede nascere l'identità israelita e che assiste alle prove inflitte al povero Giobbe. Riscrittura umanocentrica, ironica e personalissima della Bibbia, Caino è una singolare invenzione letteraria e una potente allegoria che mette in scena l’assurdo di un dio più crudele del peggiore degli uomini. Saramago ci delizia e ci fa riflettere con la sua lucida e inconfondibile ironia capace di trasformare in sublime letteratura la storia di un Caino che accetta il proprio castigo ma, contemporaneamente, insorge contro un dio crudele tanto quanto gli uomini che l’hanno inventato, invidioso, corresponsabile. E a questo dio che Saramago, chiede spiegazioni, per constatare che "la storia degli uomini è la storia dei loro fraintendimenti con dio, perché lui non capisce noi, e noi non capiamo lui". Un testo forte, intenso, perché “la grande letteratura è fatta per conficcarsi in noi lettori come un coltello nella pancia”. Francesca Colletti Tutti i figli di dio danzano

Haruki Murakami Einaudi, p. 130,,€ 17,60 Traduttore G. Amitrano

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ei racconti accomunati da un evento catastrofico: il terremoto di Kobe del 1995 che rase al suolo gran parte della città giapponese. Sei personaggi che assomigliano ad anime perse, che si tratti di un uomo abbandonato dalla moglie o di un

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Il lato candido di MilanoNera figlio che cerca il padre che non ha mai conosciuto, di una dottoressa che si isola in un luogo isolato della Thailandia o di uno scrittore che ritrova un vecchio amore. E ancora un bancario che viene ingaggiato da un ranocchio (un rimando kafkiano?) per combattere una battaglia contro il Gran Lombrico, che vive nelle viscere di Tokyo e minaccia di distruggere la città, o un pittore che ama raccogliere legna sulla spiaggia per farne dei falò sotto gli occhi ammirati di una giovane amica. Racconti che con la loro semplicità arrivano all’anima del lettore e la catturano. Chi conosce altre opere di Murakami riconoscerà alcuni riferimenti prettamente autobiografici, a partire da Kobe, dove l’autore è cresciuto. Trame che sfiorano il surreale e che non nella logicità, ma nelle atmosfere che suggeriscono trovano la loro ragion d’essere, esaltando l’emotività dei personaggi a discapito dei finali, che se qualche volta vengono accennati, spesso non sono nemmeno intuibili, a dimostrare che il fine ultimo dell’uomo non sta nella risoluzione degli eventi, ma dei conflitti dello spirito. Haruki Murakami si conferma, con Tutti i figli di Dio danzano, uno degli autori contemporanei dotati di maggiore sensibilità e delicatezza. Eva Massari GOmorra Roberto Saviano Mondadori, p. 395, € 10,00

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i è molto parlato, spesso discutendone con toni accesi, di Gomorra, libro d’esordio di Roberto Saviano. Oggi il volume è approdato nell’edizione economica degli Oscar, arricchito da una corposa antologia critica, che dà conto delle reazioni suscitate in tutto il mondo dal libro: non a caso, dato l’altissimo valore di denuncia e sensibilizzazione delle coscienze che ben pochi hanno il coraggio di negare a Gomorra, anche se sono storia purtroppo recente i nuovi attacchi sferrati allo scrittore partenopeo. Gli viene rimproverato, come è accaduto agli autori e agli interpreti dello sceneggiato tv La Piovra e, prima ancora, all’autore e al regista de Il padrino, di trasmettere all’estero un’immagine falsata del nostro Paese. Al contrario, il racconto che Saviano traccia de 'O Sistema è impresa assolutamente meritoria, se si vuole tentare di sradicare la mala pianta della criminalità organizzata, assurta ormai al rango di comitato d’affari. Solo attraverso la conoscenza di queste realtà, per quanto spiacevoli, si può sperare di poter influire sulle coscienze delle nuove generazioni, cui è rivolto il libro. Interessante e innovativa anche la forma utilizzata dall’autore: il romanzo-inchiesta, che, unendo la scrittura in prima persona alla puntuale ricostruzione dei fatti, oltre a ottenere un impressionante effetto verità, riesce a mantenere anche, e non è poco, una notevole qualità letteraria. Imperdibile. Luigi Milani

Il giallo della stretta bagnera Milano Diamante (Marsilio) è una guida speciale, un percorso a enigmi di Milano. Una raccolta di racconti, come quello che state per leggere, scritti da Paolo Roversi, che riguardano le leggende e le vicende meno note della città.

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desso fai attenzione perché quella che ti sto per raccontare è una storia gialla degna di un romanzo di Giorgio Scerbanenco, uno dei massimi autori che hanno raccontato la città attraverso i polizieschi. Prima d'imboccare questa strada riparati il collo: quello che sentirai è un misterioso soffio d’aria gelida che testimonia la “presenza” del muratore Antonio Boggia che dal 1849 al 1859 qui compì i suoicrimini. Come vedi siamo proprio nel cuore del centro storico di Milano, a ridosso di via Torino; quella che hai di fronte è via Bagnera, un tempo chiamata Stretta Bagnera. Il nome ricorda forse la vicinanza dei bagni pubblici di età romana - la zona è ricca di piccoli reperti nascosti - ed è comunque vicina all'antichissimo tracciato della via Nerino, dove scorreva un rigagnolo d' acqua. Si tratta di un vicolo di pietre e di mura imbrattate dai graffitari, di finestre minuscole e persiane chiuse; scorciatoiaprediletta dagli studenti e dai travet frettolosi. Un gomito di strada tra vecchi caseggiati silenziosi che custodisce una fama sinistra. Risale a metà Ottocento quando le cronache dei giornali erano zeppe di titoli come “Paura per il mostro di Milano”, forse il primo serial killer della città: Antonio Boggia, nato sul lago di Como, muratore, portinaio, e infine assassino. Il mistero della Stretta Bagnera di Milano andò in scena trent'anni prima dei vicoli londinesi di “Jack lo squartatore” ma non si concluse nello stesso modo. Boggia, al contrario del suo emulo inglese, finì appeso a una corda, all'alba, l'ora delle esecuzioni capitali. Era il 18 novembre 1861, la folla era in delirio e quella fu l' ultima impiccagione di un civile avvenuta a Milano, nel “prato della

morte” che si trovava tra l' attuale viale Bligny e viale Beatrice d'Este. L'uomo era accusato di aver ucciso e fatto a pezzi un uomo d'affari, un operaio, un commerciante e un'anziana donna. Li ammazzava e li stipava in uno scantinato di via Bagnera, situato dove adesso si affacciano le uscite di sicurezza di un cinema multisala. Un incubo durato una decina di anni che rappresentò una bella spina nel fianco per gli ispettori della polizia asburgica. Lui, l'Antonio, sembrava una persona perbene, un sessantenne amante del lusso e dei bei vestiti. Un gentiluomo che sceglieva con cura le sue vittime, ne conquistava la fiducia, per poi invitarle nello scantinato, con la scusa di mostrare loro dei pezzi d'antiquariato. La polizia lo catturò, per la prima volta, quando una sua vittima riuscì a fuggire. In tribunale, però, la corte lo assolse credendolo pazzo e non collegandolo agli altri omicidi. Gli toccarono solo quattro mesi di manicomio criminale. Uscito si rimise in cerca di un lavoro e di un'altra vittima: l' ultima. Si trattava di Ester Maria Perrocchio un'anziana ricca signora, che affidò fiduciosa al Boggia l'amministrazione dei suoi beni. Finì malissimo, la sfortunata fu tagliata a pezzi in quel maledetto pertugio di via Bagnera. Questa volta non ci furono dubbi e la sentenza fu la morte. Dopo la sua impiccagione il celebre criminologo Cesare Lombroso si interessò al caso, richiedendo e ottenendo il cranio del Boggia per effettuare studi fisiognomici. Risultato: lo studioso ne fece l’archetipo di “fisionomia tipica dell’assassino”. Ora, se non sei troppo spaventato, vediamo se il nostro cattivo si è ispirato al mostro ed ha nascosto il prezioso in questo budello di strada.

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RACCONTI

Storiacce d'autore

Andrea FAZIOLI una piccola città

È tutta la vita che leggo i giornali e non ci ho mai creduto. Non sono un ingenuo, lo so che le cose succedono, ma ho sempre pensato che i giornali si divertissero a fantasticare, a imbrogliare le carte. Poi quando ho conosciuto Corazza nei giornali ci siamo finiti pure noi, anche se la storia non è andata proprio così come dicono. Io faccio il barista in una via poco fuori dal centro storico. Non arriva mai troppa gente: impiegati, ragazzini, gente di passaggio. Sono contento della mia vita. Mi piacciono le cose che si ripetono, i platani che perdono le foglie, i discorsi del sindaco a Capodanno, i tipi strambi che passano il tempo al bar. Il giorno che è arrivato Corazza, per esempio, c’era il vecchio Alfio che aspettava una telefonata. È una vita che aspetta, quello. Si presenta qui il mattino, vestito di tutto punto con la cravatta e la valigetta per i documenti, come per andare al lavoro. Poi si siede e mi fa: – Attendo una chiamata, Renzo, mi fai cenno se arriva? Naturalmente la chiamata non arriva mai. Del resto non c’è più nemmeno il vecchio telefono a muro, ormai hanno tutti il cellulare. Corazza ha cominciato proprio così, parlando forte nel cellulare. Allora ho capito che faceva sul serio. Discuteva di garanzie, di percentuali. Poi ha preso una birra, e mi guardava con la faccia da cane bastonato. – Qualche problema? – ho chiesto io, tanto per dire qualcosa. – Soldi – mi ha detto. – I soldi sono sempre un problema. Chi ne ha, chi non ne ha, chi li vuole cambiare. – Cambiare? Corazza ha buttato giù in un sorso metà della birra. – Ci vorrebbe uno di cui fidarsi, una

persona del posto… Mi pareva che parlasse fra sé, così ho preferito non insistere. Tante volte la gente dice troppo e poi si pente. Allora ti guardano male, come se volessero rimangiarsi le parole, e alla fine cambiano bar. Perché noi siamo qualcosa a metà fra la luce e l’ombra, e così dobbiamo rimanere. Ascoltiamo, non diamo troppi consigli. Ne passano tanti che avrebbero bisogno di cambiare strada: qualcuno ce la fa, altri scompaiono. Scompaiono. A dire il vero tutti rimangono qui. Questa non è una metropoli, sappiamo bene di chi è figlio uno e dov’è andato a finire l’altro. Se uno si chiama fuori, noi lo accettiamo; non perché siamo compassionevoli, ma perché l’abitudine ha la meglio. Il vecchio Alfio non lo vediamo nemmeno più, è parte del paesaggio. Ogni mattina Alfio beve un caffè corretto cognac, poi mi fa cenno di metterlo sul conto, prende la sua valigetta ed esce guardando l’orologio, con l’aria di chi ha un impegno. Corazza mi ha chiesto chi fosse. Io gli ho spiegato che era inoffensivo. – Ha una pensione d’invalidità ma gli piace fingere di avere un lavoro. – E voi fingete di crederci? Ho alzato le spalle. Non costa niente, credere alle persone. Corazza non mi ha chiesto subito di aiutarlo, ma dopo un po’ l’idea è arrivata con naturalezza. Abbiamo chiacchierato a lungo, lui era sempre al bar. Quando ho avuto l’idea, ne è rimasto quasi sorpreso. Mi ha detto che si occupava di transazioni finanziarie: commercio di valuta, azioni, prestiti e roba così. Un suo cliente che veniva dalla Spagna voleva cambiare tre milioni di euro in franchi svizzeri, e allora avevano combinato un appuntamento nella nostra città. E qui entravo in gioco io. Era un affare delicato, non potevano certo scambiarsi tre milioni di euro al bar.

Perciò Corazza aveva pensato di chiedere a una banca se potessero mettergli a disposizione una sala riunioni per un paio d’ore. Lui non conosceva nessuno, in città, ma io abito qui da sempre. Sono cliente di un istituto bancario, di me si fidano. A questo punto mi chiederete se non avevo sospetti. Forse sì, magari non volevo ascoltarli. Corazza mi piaceva, aveva l’aria di uno che conosce il mondo. Naturalmente le cose sono andate storte, lo avrete letto sui giornali. La banca mi ha dato una saletta al primo piano per due ore. Ma per farla breve, quel maledetto Corazza era un truffatore. Ha aspettato il suo cliente nella saletta, poi ha finto di essere il direttore dell’istituto e quell’altro idiota c’è cascato. Con la scusa di contare i soldi, Corazza si è assentato per qualche minuto. In realtà è uscito dalla banca e lo spagnolo non l’ha più visto. Naturalmente aveva con sé i tre milioni di euro. Il guaio però è che io l’ho visto, Corazza. Prima di sparire è passato dal bar e mi ha mollato una busta con qualche migliaio di euro. C’eravamo soltanto io e Alfio, nessun altro testimone. Io ho preso i soldi e questo alla polizia non è piaciuto. Mi hanno interrogato per ore, prima di rilasciarmi con la promessa che non era finita. In realtà sono nei guai, perché sono stato complice di Corazza, anche se è difficile stabilire con quale grado di consapevolezza. Insomma: la polizia è pronta a farmela pagare. Ma per fortuna stasera è successo qualcosa di strano. Era quasi l’ora di chiusura, al bar non c’era nessuno. Stavo pensando di andarmene anch’io quando si è aperta la porta ed è entrato il vecchio Alfio, con il suo solito vestito, la sua borsa e i capelli messi in piega. – Allora ho sentito che saresti un truffatore – mi ha detto. – Cosa ne sai tu? – ho ribattuto io. –

Chi te l’ha detto? – Ma stavolta direi che ci è andata bene. – Cosa? – Quello spagnolo ha scelto il modello giusto. Così dicendo, Alfio ha appoggiato la sua valigetta sul bancone. Anche allora non ho capito, e il vecchio ha dovuto spiegarmi. – È bastato un attimo, mentre lui controfirmava la ricevuta. – Il vecchio mi ha strizzato l’occhio. – Una frazione di secondo, capisci, è stato un azzardo… Un azzardo. Non so dove Alfio vada a pescare certe parole. Comunque non è stato lì a dilungarsi. Si è portato due dita alla fronte, come per sollevare un inesistente cappello. Poi ha fatto una specie d’inchino ed è uscito di corsa, lasciando lì la valigetta. Io mi sono precipitato sulla soglia: Alfio era già lontano, sulla sua vecchia bicicletta, confuso fra le luci e le ombre dei lampioni. Sono tornato al bancone e ho aperto la valigetta. Tre milioni di euro. Ho richiuso subito il coperchio. I giornali hanno riferito che la valigetta della truffa era stata ritrovata vuota alla periferia della città. Ma in realtà si trattava della valigetta del vecchio Alfio, che per un caso sorprendente era uguale a quella dello spagnolo. Alfio le aveva sostituite: era riuscito a fregare Corazza senza che nemmeno se ne accorgesse. Poi mi aveva riportato i soldi come nuovi. E adesso? Sono qui che scrivo da ore, e non ho ancora preso una decisione. Lo so, dovrei andare alla polizia. Ma mi piace immaginare i soldi nella valigetta e pensare ai viaggi, alle pazzie. Mi piace chiudere gli occhi e vedere come su uno schermo le avventure che non farò mai. È tardi. Dovrei chiudere il bar e andare a letto. Questa è la mia città, e non ho bisogno di altro. Questa è la mia vita. Come avventura, mi basta aprire il bar ogni mattina, mi basta scambiare due parole con il vecchio Alfio, con gli avventori abituali e con quelli che passano di qui. Non ho bisogno di altro. E allora perché non riesco a dormire?


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IL RITRATTO DI TIZIANO?

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