Quaresima 2015

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Che cosa trovi in questo libretto? Un percorso, in 7 puntate (da vivere in famiglia o al catechismo), di preparazione alla Pasqua, di ricerca, scoperta e contemplazione del Volto di Dio nella sua Parola, di conoscenza della Sacra Sindone e della vita di san Giovanni Bosco.

In ogni puntata trovi: spiegato e illustrato un tratto del volto di Gesù, attraverso: Ascoltiamo…

il testo completo del vangelo domenicale

Riflettiamo

un commento a quel brano evangelico

Gesù: un volto…

uno slogan e un disegno da rispecchiare nella nostra vita

Preghiamo…

un Salmo per la preghiera, preceduto da una breve introduzione

due interessanti approfondimenti, su

un quadro “sindonico” presente nelle nostre parrocchie (perché questa primavera ci sarà l’ostensione della Sindone)

un sintetico episodio della vita di don Bosco (perché quest’anno ricorrono i 200 anni della sua nascita)


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Una delle parti certamente più importanti del nostro corpo sapete qual è? È il volto. Il nostro viso, infatti, con il naso, la bocca, gli occhi, fin dalla nascita dice chi siamo ed è quello spazio preciso della nostra persona da cui nascono lo sguardo e la parola. Sempre, fin da quando eravamo piccoli, per entrare in relazione con un’altra persona (un amico, mamma e papà, chi conosciamo o chi ci è estraneo) prima di ascoltarla la guardiamo e, in particolare, guardiamo il suo volto. Il volto dell’altro che sta di fronte a noi attira il nostro sguardo o lo respinge; accende in noi il desiderio dell’incontro o del rifiuto. Se leggiamo la Bibbia, il libro della nostra fede, scopriamo che l’uomo “fatto a immagine e somiglianza di Dio” (Gn 1,26) non può pensare a Dio, se non immaginando che abbia un volto. Per l’uomo cercare Dio è soprattutto cercare il suo volto. Eppure, ecco la cosa strana: il volto di Dio non può essere visto. Se leggiamo le storie di Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè e di tanti altri personaggi dell’Antico Testamento, ci accorgiamo di come il desiderio di vedere il volto di Dio è presente nel loro cuore: tutti riconoscono che Dio ha un volto ma, purtroppo, non lo fa vedere, perché con loro si limita semplicemente a parlare. Ma ecco la cosa sorprendente: ad un certo punto della storia, Dio decide di rivelare (cioè far vedere, svelare) il suo volto. Davvero? Ebbene sì, Dio si fa vedere in un volto umano: quello di Gesù di Nazareth, il figlio di Maria e di Giuseppe, il “Dio con

noi” (Mt 1,23). E i quattro Vangeli, che sovente leggiamo, ci raccontano il volto di Gesù attraverso gli incontri che ha vissuto, le parole che ha pronunciato, i gesti che ha compiuto: “noi lo abbiamo visto, i nostri orecchi hanno udito, le nostre mani lo hanno toccato” (1Gv 1,1) diranno i suoi discepoli (coloro che hanno vissuto per tre anni con lui, notte e giorno) dopo la sua morte e risurrezione. Dio, dunque, ha un volto, un volto che parla, un volto da cercare, incontrare e contemplare in un corpo di uomo: l’uomo Gesù. E allora, in questo tempo di Quaresima, a partire dai Vangeli domenicali e da particolari Salmi che abbiamo scelto, vogliamo scoprire alcuni tratti del volto di Gesù che ci aiutano a capire chi è Dio e quanto Dio tiene alla nostra vita e all’amicizia con noi. Teniamo fisso, quindi, in questo tempo, il nostro sguardo sul volto di Gesù: l’unico che può dare senso alla nostra vita e rendere bella e vera la nostra fede.


Cari amici di Gesù, desiderosi di cercare insieme a noi il suo volto, vogliamo attirare la vostra attenzione su un Volto speciale, unico, anche un po’ misterioso: è il Volto dell’uomo della Sindone. Cos’è la Sindone? Proviamo a spiegarvelo con parole facili… La Sindone è un lenzuolo antico, poco più lungo di 4 metri e largo un metro e dieci centimetri, sul quale è impressa l’immagine, a grandezza naturale, di un corpo umano nudo, visto di fronte e di schiena. Lo scoprì casualmente nel 1898 un fotografo: sul negativo delle fotografie da lui scattate alla Sindone si vedeva in maniera nitida e chiara l’immagine di un uomo, un volto con gli occhi chiusi, la barba e i capelli lunghi… Il ritratto di un uomo dall’espressione buona, che doveva aver sofferto immensamente. Gli studiosi ci dicono che questa immagine non è un dipinto e che le tracce che formano la figura umana sono di sangue, sangue umano di tipo AB: su questo non c’è dubbio! Studian-

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do il telo, possiamo sapere che quell’uomo, vissuto in Palestina al tempo di Gesù, è stato ucciso dopo aver subito la flagellazione e poi la crocifissione, il modo più crudele di morire! I romani facevano morire in questo modo gli schiavi e i peggiori malfattori. I biologi ci rivelano poi che sul lenzuolo sono presenti tracce di aloe e mirra, le sostanze che al tempo di Gesù si usavano in Palestina per seppellire i morti. Anche i pollini trovati sul telo appartengono a piante tipiche del Medio Oriente, che non crescono altrove, ma solo nella valle del Giordano, sulle mura della vecchia Gerusalemme… Studiando le fotografie dell’uomo della Sindone al computer, l’immagine tridimensionale ha rivelato la presenza di alcune monetine antiche poste sugli occhi di quell’uomo, monetine del tempo di Gesù perché recano il nome dell’imperatore Tiberio e hanno incisa l’iscrizione di Ponzio Pilato, il governatore della Palestina in quei tempi.

Da sinistra a destra: il negativo fotografico del volto impresso sul lino della Sindone; l’identica immagine in positivo; la prima elaborazione tridimesionale al computer del volto; la sua ricostruzione del volto dell’uomo della Sindone, sempre in 3D, senza ferite e colature di sangue.


Dunque quest’uomo può proprio essere morto a Gerusalemme, come il Maestro! Questo lenzuolo, perciò, da sempre è stato ritenuto di valore e conservato gelosamente; per arrivare a noi ha viaggiato per molti chilometri e attraverso i secoli: da Gerusalemme è arrivato in Francia nel 1353, reliquia preziosa per i crociati, passando per Costantinopoli e Atene; poi è finita in eredità alla famiglia dei Savoia che da Chambéry la portò definitivamente a Torino nel 1578. Ha viaggiato arrotolato, chiuso in un’anfora, trasportato sui carri, sballottato e nascosto nei momenti di pericolo. È stato danneggiato da un incendio e poi restaurato. Tra mille peripezie è arrivato oggi davanti ai nostri occhi… Sembra impossibile che quella impressa possa davvero essere l’immagine di Gesù: qualcuno ha fatto ipotesi diverse dicendo che è un disegno a carboncino (ma sulla tela non ci sono pigmenti!), uno “scherzo” ben progettato in tempi antichi… ma in ogni caso nessuno è in grado di rifare un telo come questo. E poi nel medioevo nessuno sapeva più come avveniva la crocifissione! La nostra intelligenza mette insieme tutti questi indizi e li connette a ciò che i Vangeli ci raccontano della crocifissione e morte di Gesù. Dopo tre giorni le donne hanno trovato il sepolcro vuoto e il telo ripiegato. Tutti questi fatti sono accaduti a Gerusalemme. Ma allora, amici, possiamo dire che l’uomo della Sindone è davvero Gesù di Nazareth? La certezza assoluta non l’abbiamo, ma c’è una probabilità altissima che quell’uomo sia proprio lui. Se avremo la possibilità di osservare dal vivo questa immagine, sarà la fede ad aiutarci: in quel Volto i nostri occhi e il nostro cuore sapranno vedere Gesù, Amico fedele della nostra vita; sapranno cogliere nei segni di quella sofferenza la testimonianza dell’amore più grande, la grandezza del dono che è Gesù per noi; sapranno andare “oltre” quel lenzuolo per portare nel cuore e nella vita Gesù risorto che ci fa risorgere con Lui.

Dopo cinque anni dall'ultima Ostensione, la Sindone sarà nuovamente esposta nel Duomo di Torino dal 19 aprile al 24 giugno 2015 e milioni di persone, da tutto il mondo, si muoveranno per vederla. Anche Papa Francesco andrà in pellegrinaggio a Torino per venerare la Sacra Sindone e onorare San Giovanni Bosco, nella ricorrenza bicentenaria della sua nascita. E lo faremo anche noi, dalla diocesi di Cuneo, domenica 17 maggio, ragazzi e famiglie insieme. Siete perciò tutti invitati ad iscrivervi, nelle vostre parrocchie, per partecipare all’evento!


La Sindone è un lenzuolo di lino finissimo, tessuto al telaio a mano con la tecnica «a spina di pesce». Secondo l’usanza con cui i defunti si seppellivano in Palestina, il cadavere, lavato e profumato con oli aromatici, veniva adagiato su una metà del lenzuolo e ricoperto con l’altra metà. Questo semplice contatto avrebbe impresso sul lenzuolo, come in una «fotografia», l’impronta completa di un uomo crocifisso e ancora sanguinante, dal fisico robusto, sui 30-35 anni, di circa 79 chili e un metro e 80 di altezza. Vediamolo in dettaglio. Nell’ostensione la Sindone verrà esposta distesa come la vedete qua sotto. La lettura dei segni della condanna a morte e crocifissione non è immediata. Viene disturbata da alcuni inserimenti estranei all’immagine originaria (bruciature, rammendi, cuciture…). Cerchiamo di individuarli seguendo le frecce e i commenti.

La ferita sul polso

Un lungo chiodo da carpentiere ha forato il polso da parte a parte per fissare il braccio sul palo orizzontale della croce.

Il costato

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La ferita, aperta da un colpo di lancia per verificare la morte, fece uscire abbondante sangue.

Gli avambracci

i colpi di flagello

I colpi di flagello, 40 secondo la legge ebraica, furono impartiti da due soldati romani. Sul tessuto se ne contano 120, prodotti dal flagello taxillato, composto da tre strisce di cuoio con palline di piombo acuminate.

Rivoli di sangue scorrono sugli avambracci e sulla spalla destra.

Il volto

È una maschera di sangue; le ferite sono state provocate quando il condannato era ancora vivo.

Il setto nasale

Una caduta ha fratturato il setto nasale e causato contusioni alla fronte e gonfiore all’occhio.


O NSIONE DELLA SIND

TESTIMONIANZA L A PIÙ GRANDE GRANDE. DELL’AMORE PIÙ

I DANNI DEGLI INCENDI E DEI RATTOPPI

I restauri

Le suore di Chambéry nel 1534 cucirono dei rammendi nei punti rovinati dal fuoco, con tela bianca e colorata.

Le linee carbonizzate

Questi segni di bruciatura, lasciati dall’incendio del 1532, sono dovuti al contatto con la parete surriscaldata della teca.

Le macchie

L’acqua, usata nel 1532 per spegnere le fiamme, ha lasciato degli aloni.

Le bruciature

Questi fori e ustioni furono prodotti da un incendio precedente a Chambéry.

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A ARMANDO TEST

La nuca

Una fitta rete di rivoli di sangue sulla nuca indicano la presenza di un casco di rovi con aculei su tutto il capo.

La scapola e la spalla

Il condannato portava sulle spalle il legno orizzontale della croce; il suo peso ha lasciato dei segni vistosi.

Il sangue sulla schiena

La colata di sangue indica una delle zone più colpite dalle percosse.

Il piede sinistro

Appoggiato sopra il piede destro, ha lasciato il segno del tallone e del cavo plantare.


TESTIMONIANZA L A PIÙ GRANDE GRANDE. DELL’AMORE PIÙ

O NSIONE DELLA SIND

NE

Rock e rap! Etnica e Techno! Pop e salsa! La musica unisce sempre ed esprime i sentimenti della gente, soprattutto dei ragazzi e dei giovani. Chi di noi non si è sentito in pace ascoltando una canzone: sembrava scritta proprio per te in quel momento, l’avevi sentita già un sacco di altre volte, ma quella volta è risuonata dentro di te con una forza che mai aveva avuto prima. Con i canti e le danze della propria cultura, il popolo di Israele, accompagnato da Dio e dalla sua sapienza, esprimeva a lui le sue tristezze e le sue allegrie; gli chiedeva perdono; lo cercava nei momenti più bui per dire il proprio bisogno di luce e nei momenti più belli per ringraziarlo; si fermava a contemplarlo e a benedirlo scoprendo la sua presenza nel Tempio come nella creazione che aveva attorno a sé; si ritirava nel silenzio per dire sottovoce ma con intensità “ti amo perché mi hai fatto come un prodigio” oppure cantava ad alta voce con tutti “lodiamo il Signore perché il suo amore è per sempre”. Questi sono i Salmi: poesie sulla vita e sulla morte, sul peccato e sulla misericordia; sono A ARMANDO TEST

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canti da fare insieme e altri da pregare nel silenzio della propria camera; sono scritti da uomini che sentivano pulsare la vita in ogni istante: con un bambino fra le braccia aprivano la bocca per ringraziare, stupirsi, meravigliarsi; di fronte ad uno spettacolo della natura si fermavano a contemplare la bellezza che lascia a bocca aperta; di fronte ai momenti difficili hanno trovato la forza di continuare ad alzare lo sguardo per cercare Dio, la sua Parola e la sua presenza. Oggi sono fra le nostre mani. Alcune volte troviamo parole che non rispecchiano ciò che stiamo vivendo. Siamo allegri e ci troviamo a pregare un Salmo dove si parla di fatica e di dolore, e la tentazione è di saltare a quello dopo: l’invito è a rimanere lì e a pensare a chi in quel momento sta vivendo la fatica. Altre volte invece sei allegro, sereno e ti trovi un salmo che ti rispecchia e allora ballalo, danzalo con la tua vita. I salmi sono 150… ma è sempre possibile scrivere il 151!


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Giovanni Bosco nacque il 16 agosto 1815 (esattamente 200 anni fa) al Colle dei Becchi, una località presso Castelnuovo d'Asti, ora Castelnuovo Don Bosco. Di famiglia povera si preparò, fra stenti ed ostacoli, lavorando e studiando, alla missione che gli era stata indicata attraverso un sogno fatto all’età di nove anni e confermata più volte in seguito, in modo straordinario. Studiò a Chieri, a pochi chilometri da Torino, e frequentava il duomo ogni giorno, mattino e sera. Pregando e riflettendo davanti all’altare della Cappella della Madonna delle Grazie egli decise il suo avvenire. A 19 anni voleva farsi religioso francescano. Mamma Margherita, avendolo saputo, scese a Chieri e gli disse: “Quando avrai deciso, segui la tua strada senza guardare in faccia nessuno. La cosa più importante è che tu faccia la volontà del Signore. Il parroco vorrebbe che io ti facessi cambiare idea, perché in avvenire potrei avere bisogno di te. Ma io ti dico: in queste cose tua madre non c'entra. Dio è prima di tutto!”. Dopo molta preghiera, ed essersi consultato con amici e col suo confessore don Cafasso, Giovanni Bosco entrò in seminario per gli studi di teologia. Fu poi ordinato sacerdote il 5 giugno del 1841 e prese con fermezza tre propositi: “Occupare rigorosamente il tempo. Patire, fare, umiliarsi in tutto e sempre quando si tratta di salvare le anime. La carità e la dolcezza di San Francesco di Sales mi guideranno in ogni cosa”. A Torino fu subito colpito dallo spettacolo di centinaia di ragazzi e giovani allo sbando, orfani e abbandonati, senza guida e lavoro: volle allora consacrare la sua vita per il loro bene. L’8 dicembre 1841, nella chiesa di San Francesco d'Assisi, ebbe l’incontro con il primo dei moltissimi ragazzi che l’avrebbero seguito: Bar-

tolomeo Garelli. Incomincia così l’opera dell’Oratorio, itinerante al principio, poi, dalla Pasqua 1846, nella sua sede stabile a Valdocco. Nel 1859 invitò i suoi primi collaboratori ad unirsi a lui nella Congregazione Salesiana: rapidamente si moltiplicheranno ovunque oratori, scuole professionali, collegi, centri vocazionali, parrocchie, missioni (oggi la “Famiglia salesiana” è sparsa in 132 nazioni nei cinque continenti). A 72 anni, all’alba del 31 gennaio 1888, don Bosco morì, fedele a queste sue parole: “Ho promesso a Dio che fin l’ultimo mio respiro sarebbe stato per i miei poveri giovani”. Fu dichiarato santo il l aprile 1934.


Ascoltiamo

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22 febbraio

1a Domenica di Quaresima

il Vangelo di Marco (1,12-15) In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il Vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Riflettiamo

Non sarà stato facile per Gesù vivere 40 giorni nel deserto, perché anche se non aveva uno stile di vita da riccone, tutto poteva essere preferibile a vivere in mezzo al nulla, senza ripari e senza compagnia. Ma invece di lasciarsi tentare dal lamento (ma chi me l’ha fatto fare?!), dalla rabbia (ma perché 40 giorni proprio nel deserto?!) o dalla tristezza (sono stato abbandonato…) concentra il suo tempo a dialogare con il Padre, rivolgendo il suo volto a Lui, per scoprire quale significato possa avere questo periodo della sua vita. Ed ecco che trascorsi i giorni nel deserto Gesù ha ben chiara la sua missione: parlare al mondo di Dio, testimoniando nei fatti come si vive da Figli di Dio. Oggi ci è chiesto di seguire l’esempio di Gesù: in questa settimana troviamo il tempo di creare un po’ di deserto attorno a noi e, in un clima di silenzio e di preghiera, chiediamo aiuto al Signore perché ci faccia scoprire qual è la nostra missione nel mondo. Così, come una nave ben guidata dal suo capitano segue la giusta rotta, lasciamoci orientare da Gesù verso la strada migliore da percorrere per vivere il Vangelo.



Preghiamo con il Salmo 33 (2-7.9.16.19-21) Pregando questo salmo veniamo contagiati dalla gioia di chi l’ha scritto: ci sembra possibile condividere l’entusiasmo di chi, dopo un momento di paura o di fatica, si sente finalmente liberato. Anche noi, quando non riusciamo a capire come uscire da una situazione difficile, possiamo metterci in preghiera, guardando al Signore. Egli poserà il suo sguardo su di noi e non ci lascerà soli. Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode. Io mi glorio nel Signore: i poveri ascoltino e si rallegrino. Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome. Ho cercato il Signore: mi ha risposto e da ogni mia paura mi ha liberato.

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22 febbraio

1a Domenica di Quaresima

Guardate a lui e sarete raggianti, i vostri volti non dovranno arrossire. Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo salva da tutte le sue angosce. Gustate e vedete com’è buono il Signore; beato l’uomo che in lui si rifugia. Gli occhi del Signore sui giusti, i suoi orecchi al loro grido di aiuto. Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato, egli salva gli spiriti affranti. Molti sono i mali del giusto, ma da tutti lo libera il Signore. Custodisce tutte le sue ossa: neppure uno sarà spezzato.

Le copie della Sindone Quante “sindoni” esistono? “Una!” direte voi… e invece no! O meglio, di sindone originale ce n’è una sola, ma in giro per il mondo ci sono moltissime copie. Una “produzione di copie” voluta dai Savoia, proprietari della reliquia, che da inizio Cinquecento le facevano confezionare per chi volesse averne un particolare ricordo; queste erano poi messe a contatto con l’originale, ed erano considerate esse stesse reliquie. Nel mondo esistono circa 70 esemplari di questo tipo, databili tra 1516 e 1933; il culmine della produzione si toccò nel Seicento, secolo delle grandi ostensioni.


Tutto comincia da una mamma

Non venivano create con l’intento di essere delle “false sindoni” (come invece spesso raccontano le trasmissioni televisive!). A riprova di ciò sono rimaste le firme di alcuni “copisti” come Giovanni Battista Fantino, o Maria Francesca Apollonia, figlia di Carlo Emanuele I di Savoia. A Cuneo, merita un cenno l’esemplare della chiesa parrocchiale di Santa Maria della Pieve, che sarà esposto in primavera al Museo Diocesano e reca la scritta “extractum ex originali Taurini – 1653”.

Ambito piemontese (1653) Sacra Sindone CUNEO, SANTA MARIA DELLA PIEVE

La vita di don Bosco inizia il 16 agosto 1815 in una famiglia dove tutti e cinque i componenti lavorano la terra con fatica, ma nella serenità di rapporti e soprattutto nella fede e nella preghiera, che diventano anche aiuto ai poveri o malati della frazione dove abitano. Un avvenimento molto triste segna l’infanzia di Giovannino e di tutta la famiglia: la morte improvvisa di papà Francesco in seguito ad una grave polmonite, quando Giovanni non ha ancora due anni. La mamma Margherita, rimasta vedova con tre figli da accudire, con grande cuore materno ma con fermezza e coraggio deve affrontare una terribile carestia, che riduce in miseria quelli già poveri, e delle epidemie, che seminano morte. Per evitare che i figli muoiano di fame prende una decisione che dice tutta la sua fede e coraggio: uccide un vitello della povera stalla, correndo il rischio di aumentare ancora le difficoltà di cibo per il futuro. Giovanni impara dalla mamma quel coraggio che viene dalla fiducia in Dio e che lo porterà ad affrontare con il sorriso, difficoltà e sacrifici per i suoi ragazzi, bisognosi di un amico e padre che creda in loro.


1 marzo

2a Domenica di Quaresima

Ascoltiamo

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il Vangelo di Marco (9,2-10) In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Riflettiamo

Gesù ama stare con i suoi amici, trascorrere del tempo con loro in un posto tranquillo, per guardarsi in faccia, per condividere, per sentire i cuori vicini… In questa occasione Gesù mostra un volto ‘trasfigurato’, ci dice il Vangelo. Ma cosa significa? Il volto di Gesù diventa così luminoso, così bello, così unico da mostrare ai suoi amici la luce, l’unicità e la bellezza di Dio Padre. Gesù è divenuto uomo come noi proprio per questo: per mostrarci quanto sia meraviglioso Dio Padre! E gli amici di Gesù, anche se un po’ spaventati, capiscono che stanno vivendo un momento unico, che stanno partecipando alla splendida relazione d’amore tra Gesù e il Padre. È tutto così bello che Pietro chiede di poter rimanere lì, sul monte. Proprio vedendo il vero volto di Gesù, volto che manifesta l’amore del Padre, gli amici capiscono che la bellezza di Dio consiste nell’amare Gesù, nel chiamarlo Figlio ‘amato’. Questo solo conta: Gesù è il Figlio amato da Dio e ci dice che anche noi siamo figli amati da Lui.



Preghiamo con il Salmo 26 (1.4-5.7-9.13-14) In ogni situazione della vita, ci dice il salmista, una sola cosa è importante: cercare il Volto di Dio, rimanere incantati davanti alla sua bellezza. Nel profondo del cuore anche io cerco il volto di Gesù: nella preghiera, nelle persone che mi vogliono bene, nell’amico in difficoltà, in quella situazione che proprio non riesco a risolvere… Sono sicuro, Dio non mi nasconderà il suo volto. Guardare la bellezza di Dio mi fa essere forte, mi dona coraggio e speranza per riuscire a vedere il suo riflesso negli occhi di chi vive accanto a me. Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura?

1 marzo

2a Domenica di Quaresima

Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario.

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Nella sua dimora mi offre riparo nel giorno della sventura. Mi nasconde nel segreto della sua tenda, sopra una roccia mi innalza. Ascolta, Signore, la mia voce. Io grido: abbi pietà di me, rispondimi! Il mio cuore ripete il tuo invito: “Cercate il mio volto!”. Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo. Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non abbandonarmi, Dio della mia salvezza. Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.

La tela di Pontebernardo parte seconda

Nella tela di Pontebernardo che raffigura la Sindone compaiono molti personaggi; la presenza dei santi non è certo casuale, ma strettamente legata alla devozione. La tela è collocata ancora oggi sul suo altare d’origine, dedicato ai Santi Giuseppe e Anna, che compaiono infatti ai lati della Madonna. Per la fondazione e la manutenzione di questo altare erano stati lasciati dei soldi da Giovanni de Dominicis, uno dei due committenti (oggi diremmo “sponsor”) della tela. Probabilmente proprio per richiamare il nome di battesimo


Un sogno che traccia una vita

di questo personaggio, nella parte bassa del dipinto, viene raffigurato San Giovanni Evangelista, nell’atto di “presentare” allo spettatore l’importante iscrizione. Di fronte a lui l’altro San Giovanni, il Battista, presente per onorare l’altro committente dell’opera: Giovanni Battista Martini, zio del de Dominicis e curato della chiesa di Larche. Molto bello è il gioco di sguardi e gesti dei personaggi raffigurati, che pongono tutti al centro la figura di Gesù Bambino, in braccio a Maria, e la reliquia della sua morte, la Sindone, appunto.

Ambito nizzardo (ante 1664) Sacra Sindone con la Madonna con Gesù Bambino, Sant’Anna, San Gioacchino, San Giuseppe e San Michele arcangelo, San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista PONTEBERNARDO

I sogni hanno avuto nella vita di don Bosco una grande importanza. Uno, in particolare, gli fa intuire una strada che diventerà la sua missione, la sua vita. Aveva nove anni e quella notte sognò di trovarsi in un prato vicino a casa con molti ragazzi che giocano, ma altri si picchiano e bestemmiano. Giovanni si butta in mezzo a loro per farli smettere ed impedire il male. Appare un luminoso personaggio che gli dice “Non con le percosse, ma con l’amicizia dovrai conquistare questi ragazzi. Guidali verso il bene”. Giovanni resta confuso e disorientato; appare allora una Signora affascinante (la madre del personaggio di prima) che lo prende per mano e gli fa vedere il prato di prima, ma al posto dei ragazzi ci sono animali selvatici che poco per volta si trasformano in agnellini saltellanti attorno alla Signora e al suo figlio. “Questo sarà il tuo campo d’azione e quello che vedi succedere ora, tu dovrai farlo per questi miei figli. Per questo renditi umile, forte e robusto”. Giovanni non capisce ed è spaventato per un compito superiore alle sue forze, ma la Signora lo saluta dicendo “Non avere paura, capirai tutto”.


8 marzo

3a Domenica di Quaresima

Ascoltiamo

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il Vangelo di Giovanni (2,13-25) Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

Riflettiamo

Raramente nel Vangelo incontriamo Gesù arrabbiato, qui è veramente furioso: non si limita ad urlare contro i sommi sacerdoti, ma butta tutto all’aria, cacciando uomini e animali da quella che lui chiama “casa del Padre mio”. È così arrabbiato che fa quasi paura: possiamo immaginare il suo volto arrossato, il suo sguardo acceso, il suo braccio che agita la frusta. Se agisce così non è per follia, ma perché è indignato e vuole affermare in modo chiaro che il tempio non deve essere luogo di commercio e di guadagno, ma va vissuto come luogo di silenzio e preghiera in cui coltivare nell’intimo il rapporto con Dio. Ciò che muove Gesù è il grande amore per la casa del Padre: è disposto a tutto pur di difenderla dal male, ad andare contro i sacerdoti, contro la tradizione, contro l’intera società. Quello che Gesù ha detto con tanta forza ai sacerdoti lo dice anche a noi: è il nostro cuore l’unico tempio, solo se vi lasciamo entrare lo Spirito e impariamo ad amare in modo gratuito, possiamo sentir Dio vicino.



Preghiamo con il Salmo 42 (2-3.6.9-12) Quando abbiamo tanta sete, non desideriamo altro che bere: ci precipitiamo verso un rubinetto e ci calmiamo solo dopo aver bevuto un bel bicchierone. Che sollievo! È quello che accade quando per un po’ di tempo ci allontaniamo da Dio: magari non riusciamo a frequentare la Chiesa, non dedichiamo abbastanza tempo alla preghiera, non leggiamo la sua Parola; in quei casi sentiamo che ci manca qualcosa di importante, ci sentiamo tristi, pieni di paura, scoraggiati. Questo salmo ci dice che possiamo ritrovare Dio in ogni momento dentro il nostro cuore: è come avere un rubinetto di speranza dentro di noi, basta aprirlo e la fiducia tornerà.

Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?

8 marzo

3a Domenica di Quaresima

Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio.

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Di giorno il Signore mi dona il suo amore e di notte il suo canto è con me, preghiera al Dio della mia vita. Dirò a Dio: “Mia roccia! Perché mi hai dimenticato? Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?”. Mi insultano i miei avversari quando rompono le mie ossa, mentre mi dicono sempre: “Dov’è il tuo Dio?”. Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio.

La tela di Pontebernardo Poiché la Sindone è conservata a Torino fin dal 1578, la religiosità Piemontese fu molto influenzata dalla sua presenza; ne sono testimonianza i molti dipinti che la rappresentano, come la grande tela della chiesa parrocchiale di Pontebernardo, in valle Stura. Molte delle notizie sono fornite nella scritta in basso, in cui si dice che la tela fu commissionata dal priore don Giovanni De Dominicis e da Giovanni Battista Martini, e si riporta la data 1665. Si tratta di uno dei ritratti più precisi del Sacro Lino presenti in zona (forse l’autore aveva potuto vedere l’originale?), dato che riproduce non solo la tenue sagoma dell’uomo, ma anche i segni in cui la stoffa fu rattoppata dopo il terribile incendio della cappella di Chambéry, scoppiato nella notte fra il 3 e il 4 dicembre 1532. La Sindone era infatti custodita in una teca metallica che, per azione del fuoco, si fuse e una goccia incandescente penetrò all’interno causando sulla tela una serie di bruciature con fori simmetrici perché era conservata ripiegata in 458 piccoli rettangoli.


Don Calosso: un amico dell’anima All’età di 11 anni Giovannino lavora la campagna e porta al pascolo le poche mucche della loro stalla. Ma si fa strada un desiderio: studiare per diventare prete. Ma non ci sono i soldi per mandarlo a scuola. Un giorno, mentre torna a piedi dopo una funzione religiosa, incontra un sacerdote, don Calosso, che gli chiede: “Scommetto che mi sai ripetere almeno un pensiero che ha detto il sacerdote che hai ascoltato in chiesa”. Giovanni ripete quasi a memoria la predica ascoltata e gli dice anche del desiderio di diventare sacerdote. Questi decide di aiutarlo dandogli libri e facendogli scuola. Il fratello più grande di Giovanni, Antonio, lo contesta con durezza: “Devi smetterla con questa grammatica. Io sono diventato grande e grosso e non ho mai aperto un libro”. E Giovanni, prontamente: “Anche l’asino che abbiamo nella stalla è più grosso di te e non ha mai visto un libro”. Don Calosso si prende cura di Giovanni che lo ricorderà così: “Non è stato soltanto un professore, ma un padre e un confidente; nessuno può immaginare la mia grande contentezza perché con lui ho capito cosa sia una guida dell’anima e il bene che può fare”. Ambito nizzardo (ante 1664) Sacra Sindone con la Madonna con Gesù Bambino, Sant’Anna, San Gioacchino, San Giuseppe e San Michele arcangelo, San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista PONTEBERNARDO


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15 marzo

4a Domenica di Quaresima

Ascoltiamo

il vangelo di Giovanni (3,14-21) In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Riflettiamo

Nicodemo era una persona buona che apparteneva ad un gruppo molto religioso e potente ai tempi di Gesù: i farisei. Una notte, di nascosto, per paura di essere visto e giudicato male dai suoi amici, che ce l’avevano a morte con Gesù, si reca da Lui. Per quale motivo? Perché considera Gesù un uomo di Dio, degno di fiducia. Mentre chiacchierano amichevolmente, ecco che Gesù coglie l’occasione per svelarsi a Nicodemo e per fargli capire chi è Dio. Anzitutto Gesù si presenta come il Figlio di Dio e cioè come colui che ha un legame unico e intimo con il Padre, che è stato mandato nel mondo per uno scopo ben preciso: far conoscere a tutti il volto di amore di Dio, un Dio che si preoccupa dell’uomo al punto che sogna di vederlo pienamente realizzato e felice. Ecco, dunque, il volto di Dio che risplende in Gesù: un volto di amore che merita fiducia. Se accogliamo nella nostra vita, come ha fatto Nicodemo, questo volto di amore diventeremo capaci anche noi, ogni giorno, di compiere opere buone e cammineremo verso la comunione piena con Dio, nostro Padre, che ci vuole un gran bene.



Preghiamo con il Salmo 104 (1-9) Al cuore di questo salmo c’è un verbo davvero bello: è il verbo “cercare”. Perché nella vita “si cerca”? Perché si ha la speranza di trovare ciò che si desidera e si ama. Chi ha scritto questa preghiera, ricordando le cose buone e meravigliose che Dio aveva compiuto nel passato, era mosso dal desiderio di cercare il volto di Dio, per trovare in lui la forza per vivere. Anche noi, pregando questo salmo, riconosciamo di essere in ricerca del volto di Dio, perché Lui si doni a noi e renda meravigliosa la nostra vita con la sua presenza e la sua forza. Dio in ogni momento dentro il nostro cuore: è come avere un rubinetto di speranza dentro di noi, basta aprirlo e la fiducia tornerà. Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome, proclamate fra i popoli le sue opere. A lui cantate, a lui inneggiate, meditate tutte le sue meraviglie. Gloriatevi del suo santo nome: gioisca il cuore di chi cerca il Signore. Cercate il Signore e la sua potenza, ricercate sempre il suo volto.

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4a Domenica di Quaresima

Ricordate le meraviglie che ha compiuto, i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca, voi, stirpe di Abramo, suo servo, figli di Giacobbe, suo eletto. È lui il Signore, nostro Dio: su tutta la terra i suoi giudizi. Si è sempre ricordato della sua alleanza, parola data per mille generazioni, dell’alleanza stabilita con Abramo e del suo giuramento a Isacco.

La tela di Rittana Sempre in diocesi di Cuneo, un altro interessante dipinto che raffigura la Sindone si trova nella chiesa parrocchiale di Rittana. In questa tela sono rappresentati alcuni personaggi storici significativi, come il beato Amedeo di Savoia, che ebbe molta importanza nella diffusione del culto della Sindone nel XV secolo, e san Carlo Borromeo, in favore del quale la santa reliquia fu trasferita da Chambéry a Torino nel 1578. Nel 1562 Torino diviene infatti la capitale del Ducato di Savoia e il duca Emanuele Filiberto vuole trasferirvi


L’amicizia con Luigi Comollo

anche la Sindone. Il “pretesto” per effettuare questo spostamento è dato dal voto dell’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo: questi aveva promesso che, se la peste di Milano fosse cessata, si sarebbe recato a piedi a venerare l’immagine della Sindone. Per abbreviare il viaggio del monsignore, che non godeva di buona salute, il duca fece portare il Sacro Lino a Torino, dando vita alla prima Ostensione. In ottobre, giunse l’arcivescovo. Alla sua partenza, la Sindone rimase a Torino e non tornò mai più a Chambéry.

Ambito piemontese (sec. XVIII) Sacra Sindone con San Mauro abate, San Carlo Borromeo, Beato Amedeo di Savoia, San Biagio e San Maurizio RITTANA

Quando Giovanni ha 18 anni si trova a Chieri per gli studi superiori e, tra i suoi compagni, conosce Luigi Comollo, dal carattere molto diverso dal suo, ma Giovanni lo ammira per la sua bontà, senso del dovere e amore alla preghiera. Più volte Luigi, timido e tranquillo, è preso in giro da alcuni compagni che si comportano da bulli e una volta viene preso a schiaffi dal solito gruppetto di strafottenti; anche se potrebbe vendicarsi, perché è più vecchio e robusto di loro, non reagisce. Giovanni, però, non sopporta di vederlo così maltrattato e prende le sue difese, richiamando con decisione quei ragazzi che si accaniscono su uno che li ha già perdonati. Il gruppetto si stringe per punire anche lui che però, con forza e coraggio, prende uno di loro per le spalle e lo fa girare come se fosse una clava, menando a destra e a sinistra. Alcuni vengono colpiti e buttati a terra, gli altri scappano. Giovanni Bosco avrà sempre una grande ammirazione per Luigi, così mite, paziente e benevolo verso tutti, e stringerà con lui una profonda amicizia che lo aiuterà a migliorare il suo carattere focoso e impulsivo.


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22 marzo

5a Domenica di Quaresima

Ascoltiamo

il Vangelo di Giovanni (12,20-33) In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

Riflettiamo

Nel Vangelo di oggi Gesù ci propone un simbolo: un piccolo chicco di grano che, cadendo a terra, si dona per poter germogliare, diventare spiga e, poi, pane per ognuno di noi, trovando, così, senso alla propria vita. Gesù, con questo paragone, parla di sé e ci racconta la cura che ha sempre avuto per ogni persona che ha incontrato, ci dice di avere il coraggio di donarci agli altri con amore: donare il nostro tempo, le nostre capacità. Donarci con gioia compie “grandi cose” in noi. Anche Gesù è caduto a terra nei giorni della passione e morte, ma poi, con la resurrezione, ha portato un grande frutto: la salvezza. Noi possiamo portare frutto guardando a Lui: al suo modo di comportarsi, di voler bene, di impegnarsi, di preoccuparsi degli altri. Gesù sa affidarsi all’amore del Padre che dal cielo dice: “L’ho glorificato e lo glorificherò”. Gesù spiega alla gente che quella voce è per ognuno di noi, per dirci che dobbiamo essere sempre attenti, non rimandare nulla al domani per poter, ogni giorno, cogliere l’amore e il segreto del chicco di grano che dona la vita per dare frutto! Per questo il volto di Gesù assume i tratti della cura “fino alla fine”.



Preghiamo con il Salmo 66 (2-8) Questo Salmo ci ricorda che la salvezza è offerta da Dio a tutti i popoli presentandoci il volto di un Dio che ha cura di ognuno di noi, che ci dona serenità e gioia. È un Volto che possiamo paragonare ai volti e alle parole delle persone che amiamo. Come loro, Dio ci rivolge parole che sanno dare tranquillità e serenità, che fanno nascere un sorriso nel nostro volto di figli, come quando siamo abbracciati da chi ci vuole bene. Un abbraccio che allontana ogni paura del momento, che riscalda il nostro cuore.

Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto; perché si conosca sulla terra la tua via, la tua salvezza fra tutte le genti. Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.

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22 marzo

5a Domenica di Quaresima

Gioiscano le nazioni e si rallegrino, perché tu giudichi i popoli con rettitudine, governi le nazioni sulla terra. Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti. La terra ha dato il suo frutto. Ci benedica Dio, il nostro Dio, ci benedica Dio e lo temano tutti i confini della terra.

La sindone in Valle Vermenagna Sul territorio della Diocesi di Cuneo, sono quasi una ventina le testimonianze che rimandano al culto sindonico e molte di esse si trovano in valle Vermenagna. A Roccavione esisteva addirittura una cappella dedicata al Santo Sudario: fondata sull’altura che domina l’abitato e decorata a metà Seicento, venne distrutta nel secolo successivo, ma la collina si chiama ancora “rupe del Santo Sudario”. A Vernante sono addirittura due le tele raffiguranti la Sindone, entrambe attribuite al pittore Lorenzo Gastaldi (originario della


Una sfida coraggiosa e memorabile

Liguria ma molto attivo nella nostra zona). Sono dipinti del Seicento e, in particolare, quella con i Santi Giovanni e Paolo faceva parte di un quadro molto più grande (un polittico) poi diviso in diversi pezzi, oggi conservati nei depositi della parrocchia. Nel corso dei secoli, la Sindone fu allontanata alcune volte da Torino e trasferita a Nizza per proteggerla durante le guerre; c’è chi pensa che questo viaggio sia avvenuto proprio attraverso la valle Vermenagna, il che giustificherebbe una così grande devozione alla Sindone in questa zona.

Lorenzo Gastaldi (1671?) La Sindone retta dai Santi Giovanni e Paolo VERNANTE

Nel periodo degli studi a Chieri, Giovanni ha costruito con i suoi amici un bel gruppo di ragazzi che si impegnano, pregano, si tengono uniti e si divertono. Alla domenica pomeriggio tutti partecipano al catechismo, ma un giocoliere-atleta li attira al suo spettacolo e molti di loro lasciano il catechismo e la preghiera. Giovanni chiede al giocoliere di sospendere lo spettacolo nell’ora di catechismo ma riceve un netto rifiuto, anzi una provocazione: sfida Giovanni in tre giochi di abilità e su questo scommette anche del denaro. Giovanni accetta e i suoi amici raccolgono il denaro per Giovanni e il giocoliere mette la sua parte. La prima prova è una corsa, la seconda il salto di un torrentello e in entrambe il giocoliere viene sconfitto. La terza consiste nel salire su un albero e nel portare i piedi più vicino alla cima. Il giocoliere riesce a salire fino al punto limite; Giovanni arriva a quel punto e poi, aggrappandosi forte al ramo, si ribalta e porta i piedi un metro più in altro dello sfidante. La sfida è vinta e si conclude con una merenda per tutti e con la promessa che il giocoliere non interromperà più la preghiera della domenica.


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29 marzo

Domenica delle Palme

Ascoltiamo

il Vangelo di Marco (15,33-39) Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».

Riflettiamo

Siamo nel momento di maggior tristezza e angoscia di tutti i vangeli. Gesù è stato picchiato, insultato, deriso, flagellato, ha ricevuto sputi ed è stato inchiodato alla croce. Guardando il suo volto si può capire la sua immensa sofferenza per il male ricevuto e anche per l’abbandono di tutti i suoi amici. Gli apostoli, infatti, sono scappati in preda al panico, con tanta paura di fare la stessa fine del loro Maestro. Ecco però che guardando il suo volto sfigurato, ferito, sofferente e il modo in cui affronta la morte, possiamo capire la sua vita, il suo annuncio e la sua missione. Gesù mette in pratica tutto quello che ha predicato. Egli non ha mai fatto niente per se stesso, né durante la sua vita né ora, ma ha vissuto l’amore per gli altri fino alla fine, così da farci vedere l’amore di Dio Padre per noi.



Preghiamo con il quarto canto del servo del Signore (Isaia 52,14 e 53,2-5.7-9.11)

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29 marzo

Domenica delle Palme

Il profeta Isaia, vissuto circa 700 anni prima, anticipa con questo canto quello che accadrà durante la passione di Gesù. Fa la descrizione molto precisa e dettagliata di un volto sfigurato e di un corpo sofferente: leggendo questi versetti, è impossibile non pensare a Gesù. Molti si stupirono di lui - tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo. Gli si diede sepoltura con gli empi, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce.

La Veronica Parliamo ora di un’altra reliquia cristiana, simile alla Sindone per il significato: il Velo della Veronica. Veronica è, secondo la tradizione, la “pia donna” che, vedendo Cristo che trasportava la croce con il volto sporco di sudore e sangue, lo deterse con un panno di lino, sul quale sarebbe rimasta l’impronta del viso di Gesù. La leggenda del Velo della Veronica si è poi sviluppata lungo i secoli, sebbene non ci siano riferimenti alla sua esistenza e al velo nei Vangeli canonici. Nel Medioevo il racconto si diffonde e nasce l’im-


L’Oratorio inizia con Bartolomeo Garelli

magine tradizionale. Dal XV secolo, Veronica è venerata come una delle pie donne, che seguirono la crocifissione di Gesù; le viene dedicata la sesta stazione della Via Crucis. Nel dipinto con la Salita al Calvario, esposto al Museo diocesano di Cuneo, potete vedere una bellissima immagine della Veronica che accorre ad aiutare Cristo: tiene in mano il panno di lino con cui gli asciugherà il volto e si commuove davanti alla sofferenza di Gesù… avvicinandovi al quadro vedrete infatti che sulle sue guance scendono le lacrime.

Giovanni Battista Bruno (1620-1650) Scene della Passione CUNEO, MUSEO DIOCESANO SAN SEBASTIANO

Don Bosco diventa prete il 5 giugno 1841 e il giorno della festa dell’Immacolata (8 dicembre) sta preparandosi per celebrare la Messa. Bartolomeo, un ragazzo di 16 anni, con i vestiti sporchi di lavoro, entra dalla sacrestia e vuole andare in chiesa, ma il sacrestano lo ferma e gli chiede di servire la Messa. Bartolomeo gli dice che non è capace allora il sacrestano lo caccia via in malo modo. Don Bosco richiama il sacrestano per i suoi modi bruschi e poi lo manda a cercare il ragazzo. Questi lo trova e lo riporta in sacrestia. Dopo la Messa, tra i due, comincia un dialogo amichevole e don Bosco si accorge che il ragazzo non ha più i genitori, è carente di studi, è timido e impacciato. Allora lo apre alla confidenza chiedendogli se sa fischiare! A quel punto Bartolomeo gli fa un bel sorriso, contento finalmente di rispondere “sì” ad una domanda. Don Bosco si propone di aiutarlo dalla scuola al catechismo, al lavoro. Dicono insieme una Ave Maria e si danno l’appuntamento per la domenica successiva, con l’impegno di portare altri suoi amici. Domenica dopo arriveranno Bartolomeo e quattro suoi amici. L’oratorio è cominciato.


5 aprile

Domenica di Pasqua

Ascoltiamo

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il Vangelo di Giovanni (20,1-9) Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Riflettiamo

Tutto è iniziato da quella corsa e poi, curiosamente, non da indizi e prove concrete trovate nel sepolcro, ma da quello che le donne e i discepoli non trovano: il corpo di Gesù. Ma le bende sì. Strano. Se qualcuno l’avesse portato via, perché mai avrebbe dovuto toglierle? Molto più facile e pratico trasportare un cadavere ben avvolto e nascosto nelle sue bende, in modo che nessuno possa riconoscerlo. Pietro e Giovanni cominciano a intuire qualcosa: se bende e sudario sono qui, forse vuol dire che non servono più, che non c’è più nessun morto… Anche noi, ogni volta che celebriamo la Pasqua, ci possiamo sentire come loro: pieni di domande, desiderosi ed insieme timorosi di credere fino in fondo. Vorremmo che il Vangelo ci fornisse prove, dati scientifici, analisi certe. Invece non offre niente di tutto questo e ci propone piuttosto dei testimoni, uomini e donne che hanno annunciato con gioia, da quella domenica in poi, che Gesù è risorto! E questo fatto incredibile è il cuore della nostra fede. E allora corriamo anche noi, oggi. Per dirlo a tutti. Con gioia!



Preghiamo con il Salmo 80 (2-4.15-20) Un filosofo tedesco un giorno disse: “Io crederei all’esistenza del Salvatore se voi aveste una faccia da salvati”. Pregando questo salmo chiediamo di avere un volto da salvati, “da risorti”, cioè un volto sereno, gioioso, pieno di speranza, capace di contagiare chi ci sta intorno. Come la luna, che sappiamo non può brillare da sola, eppure, nella notte, la vediamo luminosa e splendente perché il sole la illumina, così tutti possano vedere riflessa sul nostro volto la luce del Risorto e si lascino illuminare e catturare da Lui. Tu, pastore d’Israele, ascolta, tu che guidi Giuseppe come un gregge. Seduto sui cherubini, risplendi davanti a Èfraim, Beniamino e Manasse.

5 aprile

Domenica di Pasqua

Risveglia la tua potenza e vieni a salvarci. O Dio, fa’ che ritorniamo, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.

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Dio degli eserciti, ritorna! Guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi quello che la tua destra ha piantato, il figlio dell’uomo che per te hai reso forte. È stata data alle fiamme, è stata recisa: essi periranno alla minaccia del tuo volto. Sia la tua mano sull’uomo della tua destra, sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte. Da te mai più ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome. Signore, Dio degli eserciti, fa’ che ritorniamo, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.

Gli affreschi votivi Tornando a parlare della Sindone, nel nostro territorio non ci sono solo dipinti su tela, ma anche moltissimi affreschi votivi che la rappresentano; solo nella provincia di Cuneo sono una quarantina le raffigurazioni del Sacro Lino dipinte sull’esterno delle abitazioni! La tipologia di raffigurazione che troviamo più spesso vede la Sindone in primo piano, presentata ai fedeli dalla Madonna e dai santi maggiormente venerati; vengono riprese, in modo piuttosto fedele, le pose e i modi delle solenni ostensioni che avevano luogo nella capitale, molto frequenti nel Sei e nel Settecento: la Sindone veniva infatti mostrata (dal latino “ostendere” che ha dato origine alla parola ostensione) in piazza Castello a Torino ed esposta sopra un alto palco, una sorta di balconata. Nella nostra zona vale la pena di ricordare i due affreschi nel centro storico di Cuneo (in Via Chiusa Pesio e in Via Savigliano), quello nella piazza antistante alla chiesa parrocchiale di Entracque e quello, purtroppo molto rovinato, della cappella di Sant’Anna di Robilante, del 1674.


La “Compagnia dell’Immacolata” Don Bosco è già prete e inizia l’Oratorio nella periferia di Torino. Accoglie tanti ragazzi poveri e pieni di buona volontà, ma anche altri abbandonati o un po’ indisciplinati. Ce ne sono però di ottimi e tra questi Domenico Savio (oggi santo). Un giorno Domenico chiama i suoi compagni migliori, una decina, tutti tra i 14 e i 19 anni; con il consenso di don Bosco, inizia un gruppo che chiama “Compagnia dell’Immacolata”, quasi a dire “vogliamo bene a Maria e chiediamo il suo aiuto per crescere secondo il Vangelo”. Oggi diremmo una piccola “task force” per fare del bene all’oratorio e aiutarsi a crescere. È una cosa impegnativa perché decidono di stilare un Regolamento con dei punti fermi per tutti. Assieme a impegni spirituali (letture, preghiera quotidiana, Messa settimanale e Confessione) vogliono aiutarsi a migliorare dicendosi le cose belle, ma anche i difetti da correggere. Poi un impegno di “animazione” in oratorio: avere occhio per aiutare i nuovi arrivati e curare specialmente i ragazzi indisciplinati o ribelli; ognuno di loro ne prende in consegna uno e gli fa da “Angelo Custode” per aiutarlo a migliorare. Lorenzo Gastaldi (1671?) La Sindone retta dai Santi Giovanni e Paolo VERNANTE


Preghiera a don Bosco (don Pascual Chavez) Padre e Maestro della gioventù, San Giovanni Bosco, docile ai doni dello Spirito e aperto alle realtà del tuo tempo sei stato per i giovani, soprattutto per i piccoli e i poveri, segno dell'amore e della predilezione di Dio. Sii nostra guida nel cammino di amicizia con il Signore Gesù, in modo che scopriamo in Lui e nel suo Vangelo il senso della nostra vita e la fonte della vera felicità. Aiutaci a rispondere con generosità alla vocazione che abbiamo ricevuta da Dio, per essere nella vita quotidiana costruttori di comunione, e collaborare con entusiasmo, in comunione con tutta la Chiesa, all'edificazione della civiltà dell'amore. Ottienici la grazia della perseveranza nel vivere una misura alta di vita cristiana, secondo lo spirito delle beatitudini; e fa' che, guidati da Maria Ausiliatrice, possiamo trovarci un giorno con te nella grande famiglia del cielo. Amen

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“E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine” (2Cor 3,18)

Mostrati, Signore (David Maria Turoldo) A tutti i cercatori del tuo volto, mostrati, Signore; a tutti i pellegrini dell'assoluto, vieni incontro, Signore; con quanti si mettono in cammino e non sanno dove andare cammina, Signore; affiancati e cammina con tutti i disperati sulle strade di Emmaus; e non offenderti se essi non sanno che sei tu ad andare con loro, tu che li rendi inquieti e incendi i loro cuori; non sanno che ti portano dentro: con loro fermati poiché si fa sera e la notte è buia e lunga, Signore.


TESTIMONIANZA L A PIÙ GRANDE GRANDE. DELL’AMORE PIÙ

NE

O NSIONE DELLA SIND

Gesù, il volto umano di Dio

pag. 3

In cerca dell’Amore più grande

pag. 4

La Sindone ai raggi X

pag. 6

I Salmi: musica e voce dei sentimenti

pag. 8

Don Bosco: un uomo, un sogno

pag. 9

1ª domenica di quaresima (22 febbraio) Le tentazioni Gesù: un volto sempre orientato verso il Padre

pag. 10

2ª domenica di quaresima (1 marzo) La trasfigurazione Gesù: un volto che riflette la bellezza di Dio pag. 14

3ª domenica di quaresima (8 marzo) La purificazione del tempio Gesù: un volto che brucia di amore per il Padre pag. 18 4ª domenica di quaresima (15 marzo) Gesù con Nicodemo Gesù: un volto di amore che merita fiducia pag. 22 5ª domenica di quaresima (22 marzo) Il chicco di grano Gesù: un volto di cura fino alla fine pag. 26 A ARMANDO TEST

domenica delle Palme (29 marzo) La morte di Gesù Gesù: un volto sfigurato e sofferente pag. 30 domenica di Pasqua (5 aprile) La tomba vuota Gesù: un volto da risorto pag. 34 Preghiere pag. 38


SUSSIDIO A CURA DI: COORDINAMENTO PASTORALE RAGAZZI Via Amedeo Rossi 28 - 12100 CUNEO tel. 0171 649334 - fax 0171 649337 e-mail: pastoraleragazzi@diocesicuneo.it sito internet: www.ragazzi.diocesicuneo.it

UFFICIO DIOCESANO FAMIGLIA Via Amedeo Rossi 28 - 12100 CUNEO tel. 0171 649328 - fax 0171 649337 e-mail: ufficiofamiglia@diocesicuneo.it sito internet: www.ufficiofamiglia.diocesicuneo.it

UFFICIO CATECHISTICO DIOCESANO Via Amedeo Rossi 28 - 12100 CUNEO tel. 0171 603543 - fax 0171 649337 e-mail: ufficiocatechistico@diocesicuneo.it sito internet: www.catechesi.diocesicuneo.it

UFFICIO BENI CULTURALI ECCLESIASTICI Via Roma 7 - 12100 CUNEO tel. - fax 0171 480612 e-mail: arte@diocesicuneo.it sito internet: www.arte.diocesicuneo.it

I disegni sono di: Ilaria Pigaglio - ilaria.pigaglio@tiscali.it La grafica é di: Emiliano Tosello I testi sono di: Federica Bernardi, Laura Caniggia, Maria Ciola, Monica Rosso, Paola Gallizia, Laura Marino, Tommy Reinero, don Gabriele Mecca, don Mariano Bernardi, don Stefano Macchi, don MIchele Molinar. Per le foto dei quadri “sindonici” si ringrazia l’ UFFICIO BENI CULTURALI della Diocesi di Cuneo

Partecipate ai laboratori organizzati dal Museo Diocesano per i bambini e i ragazzi

www.museodiocesanocuneo.it


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