Un bel futuro
Con-tatto e cuore. Ragazze e ragazzi nel volontariato

Con-tatto e cuore. Ragazze e ragazzi nel volontariato
Con-tattoecuore. Ragazzeeragazzinelvolontariato
Le storie raccolte in questo libro, sebbene presentate in più parti per facilitare la lettura, avrebbero forse potuto rimanere mescolate, raccontate senza soluzione di continuità.
Sono accadute nel contesto del mio impegno professionale, ma anche nel mio personale impegno di volontariato; nel mio mondo lavorativo e nel privato, nella mia città e all’estero, vent’anni fa e l’anno scorso.
Ho cercato di ordinarle, separando quelle legate al mio lavoro con gli adolescenti delle scuole superiori (il progetto “Con-tatto”) da quelle che riguardano giovani più grandi o che appartengono strettamente alla mia vita privata. Il progetto “Con-tatto”, nato da un’intuizione nel 2003, è stato da me coordinato fino al mio pensionamento nel 2023. Si è sviluppato nella Direzione Coesione Sociale del Comune di Venezia ed è tuttora operativo. Le storie della mia vita privata continuano invece a vivere attraverso l’Associazione di Volontariato “Il Castello”, di cui mi occupo oggi.
Tirare fuori queste storie dal bagaglio dei ricordi ha permesso al mio cuore di ritrovare il ritmo gioioso della bellissima gioventù che ho avuto il dono di incontrare, di ripescare dai ricordi una carrellata di volti che ho visto illuminarsi quando hanno accettato di impegnarsi in gesti solidali e ho sentito nuovamente il potente fascino del bene, un fascino in grado di dare senso al crescere.
I dettagli che la mia memoria ha custodito sono narrati con “licenze letterarie” sparse; i nomi dei ragazzi e delle ragazze sono stati modificati per rispetto della privacy, ma le emozioni, quelle sono tutte ancora qui, sulla mia pelle! E vorrei ci rimanessero ancora a lungo.
Affidarle alla penna è il mio modo per custodirle.
Ragazzi di 14-19 anni
Le vicende che cambiano la vita nascono sempre da un’illuminazione, un lampo che si accende nella mente e arriva, come una scossa, dritto al cuore.
Ed è dal cuore che l’illuminazione si fa storia.
I racconti inseriti in questa prima parte del libro racchiudono un pezzo preziosissimo della mia vita professionale. Narrano di un progetto ventennale di lavoro con gli adolescenti, di una sfida a un mondo adulto che li definiva superficiali e poco solidali e di un’inguaribiledosediottimismochemihasempreaccompagnato.
“Con-tatto”, il progetto più caro di tutta la mia storia lavorativa – quello che resterà impresso in me fino a che la memoria mi assisterà – nasce da una domanda lanciata in un istante: “Proviamo a vedere se i ragazzi sono proprio così come ce li raccontano?”. La risposta è stato un progressivo affollarsi di volti, di vita, di esperienze entusiasmanti e di tanta, tanta, allegria.
Quando “Con-tatto” è nato, lavoravo prevalentemente “ per ” le associazioni di volontariato del territorio, un lavoro che nel giro di poco è diventato “ con ” le associazioni. Erano loro la principale fonte da cui arrivavano i giudizi sulle nuove generazioni: non più solidali, non più interessate, non disponibili a mettersi in gioco. Giudizi anche comprensibili (e quanto li sentiamo pronunciare anche oggi, a distanza di vent’anni?).
Non mi sono accontentata.
Ero mamma di due adolescenti che non mi parevano poi così male, i loro amici mi divertivano, mi sembravano spesso curiosi e interessati quando mi chiedevano “che lavoro fai?”.
Ho provato a cambiare il punto di osservazione.
“Basta guardarli sempre per il problema che sono, proviamo a guardarli per il bene che sono ” , dicevo ai colleghi.
“I ragazzi non sono solo a rischio dipendenze (e allora andiamo a parlargli di droghe), a rischio comportamenti violenti (e organizziamo incontri contro il bullismo), a rischio incidenti in
MANUELA CAMPALTO
motorino (e allora facciamogli lezioni di codice stradale)... I ragazzi sono prima di tutto portatori di bene. Andiamo a dirglielo.”
Quante volte poi hanno reagito dicendoci: “È la prima volta che ce lo dicono”, “Finalmente un progetto in cui possiamo scegliere”, “Forte che possiamo provare e fare esperienze anche diverse”.
Cambiare il punto di osservazione sulla persona, guardarla per il potenziale di bellezza ancor prima dei possibili danni che a quella bellezza sono stati arrecati, significa permettere al miracolo di accadere. Un miracolo, anche piccolo, meno eclatante rispetto alle aspettative degli adulti, ma vivo, reale e, soprattutto, capace di moltiplicarsi.
Il progetto ha funzionato – e tutto sommato funziona ancora oggi – nonostante i tanti vincoli burocratici che la sua gestione all’interno di un ente pubblico ha via via imposto. Per tanto tempo abbiamo avuto centinaia e centinaia di ragazzi che ogni anno si impegnavano in una qualche attività solidale; poi la citata burocrazia e la necessità di riflettere sulla sostenibilità del progetto con risorse umane risicate hanno indotto a passare dal lavoro con i singoli ragazzi, in orario post-scolastico, a un lavoro con le intere classi in orario didattico. Un’impostazione diversa, altrettanto interessante e ricca. Ma forse non è un caso se le storie più “fresche” che ricordo appartengono alla prima versione del progetto.
Gli anni del Covid hanno, da ultimo, modificato ancora più pesantemente le condizioni di realizzabilità delle attività e, una volta passata la pandemia, sono rimasti strascichi pesanti nella reattività dei ragazzi. Eppure ancora oggi, nel lavoro che continuo a fare da volontaria per la progettazione di interventi educativi nelle scuole (e che affido poi al meraviglioso gruppo di giovani professionisti che sono cresciuti con me), la cosa più emozionante è quando tornano a dirmi: “Ai ragazzi si sono illuminati gli occhi, anche questa volta si è riaccesa quella luce Manuela, ed è stato bellissimo!”.
Una volta uscita dal contesto lavorativo, sono stata più volte sollecitata a mettere per iscritto il metodo che nel progetto “Contatto” è stato sviluppato: le strategie che hanno permesso a un
servizio pubblico di far conoscere a migliaia di ragazzi il mondo delvolontariato,lescelteegliimpegnichesottendonoilrisultato.
Ho deciso di non farlo, di lasciare atti e strategie nell’archivio degli uffici e di cercare dentro di me semplicemente i ricordi più belli, quelli più cari: le fotografie di tanti giovani occhi che si sono illuminati per un gesto di solidarietà compiuto a scuola.
Raccontare storie credo sia la strada più adatta al mio modo di essere e al modo in cui ho immaginato la mia carriera lavorativa.
Nessun metodo, nel lavoro sociale, funziona se non è sostenuto da cuoriappassionati,darelazioniserenetrachiècoinvoltonell’impresa, daunafiducianelfuturosenzatentennamenti,dallavogliadifarestoria,unastoriabuona,unastoriabella.
Iocihoprovato,edèstataunagrande,emozionanteavventura.
Qualche ingrediente emotivo sento però di doverlo condividere, ma lo troverete dopo le storie.
La realtà ha diritto al primo posto; all’analisi tocca aspettare lo svolgersi della vita.
Perché la vita è un brivido che vola via è tutto un equilibrio sopra la follia
VASCO ROSSI
Lo cantava il grande Vasco.
E, a volte, una certa dose di follia educativa aiuta
“Voi siete fuori, non ci penso neanche per un secondo. No, ho detto no. No, no, no. ”
“Fidati, l’acrobatica è perfetta per cementare un gruppo di squinternati come quello che hai messo insieme.”
“Toglietevelo dalla testa, già ne combinano di tutti i colori, figurarsi se li faccio arrampicare l’uno sopra l’altro… se si rompono l’osso del collo, finisco a organizzare corsi di origami in galera.”
“È tutta una questione di leve; non si faranno male, credici. Ripassano la fisica, imparano a collaborare, si accorgono che devono avere cura dell’equilibrio dell’altro per stare in piedi tutti…”
“Belle parole, belle davvero, ma se succede qualcosa poi rispondo io.”
Ritengo di aver chiuso l’argomento con gli artisti che mi hanno proposto questa nuova attività per i ragazzi, quando ecco che mi fanno sapere la loro: “Promettiamo di non farci male, capa, giurin giurello. Non facciamo neanche un passo di testa nostra. E faccelo fare ’sto corso di acrobatica! Quando mai ci ricapita tra versioni di greco ed equazioni matematiche?”.
Accidenti a me… quando la mettono giù così non sono proprio capace di dire di no.
“E va bene, dai, cominciate pure che io intanto vado a incrementare l’assicurazione infortuni.”
Non le ho volute vedere le prove, avrei rischiato un collasso cardiaco ogni volta che provavano a salire uno sopra l’altro. Ma alla fin fine avevano ragione loro: hanno messo su uno spettacolo di tutto rispetto, senza che sia successo nulla di grave.
No, non è vero, sono successe molte cose: tra loro sono diventati molto amici, hanno rallegrato la festa del volontariato cittadino, sono rotolati decine di volte a terra ridendo come matti e hanno portato a casa integri tutti i quattro arti.
Dapartemia,hoimparatoagovernarel’ansia...almenounpo’.
“Grandi ragazzi! Non lo avrei mai detto e invece siete stati davvero in gamba. Siete quasi meglio come acrobati che come studenti liceali!”
“Visto
capa? Allora adesso ce lo fai fare il corso di volo in deltaplano?”
“Scordatevelo!”
Giovani dai 20 anni in su
Inquestasecondapartesonoraccoltestorienonstrettamentelegate all’ambito lavorativo, oppure che hanno come protagonisti giovaninonpiùadolescenti,appartenentiaunafasciad’etàpiùalta.
Sono giovani che hanno condiviso con me l’esperienza del Servizio Civile, oppure un tirocinio, un progetto specifico o anche solo una singola attività.
Alcuni di loro sono confluiti nell’associazione di volontariato di cui mi occupo attualmente: sono diventati parte del direttivo e hanno ideato e sostenuto una miriade di iniziative solidali, molte delle quali non ho seguito direttamente e che, spero, un giorno saranno proprio loro a raccontare. Altri sono rimasti per un po ’ , ogni tanto tornano, danno una mano per un’iniziativa e poi ripartono per nuove strade. Anche loro, però, sono stati – e continuano ad essere – determinanti per la vita sociale che l’associazione ha saputo costruire.
Io ho amato vederli crescere, diventare professionisti di valore e, al contempo, rimanere ancorati al volontariato, ognuno con la propria intensità, ognuno con le proprie caratteristiche.
È sempre stato per me motivo d’orgoglio fare un passo indietro ogni volta che uno di loro mi superava in capacità, e mi commuove pensare che da anni continuiamo a condividere un ’avventura sociale che è diventata anche un ’amicizia tra generazioni. Ho una certezza: che nell’impegnarsi insieme si possano addolcire piccoli pezzi di mondo. Ho una consapevolezza: che un ’associazione ha senso solo se diventa una comunità di affetti tra chi la compone.
Attraverso questi giovani vedo il disegno che c ’ era nel retro del puzzle di questa mia vita variegata e a tratti confusa, sempre in bilico tra personale e professionale, tra privato e pubblico, tra passione e speranza e capisco perché sono sempre stata affascinata dalla bellezza che nasce dall’unione di singoli frammenti: i mosaici, le vetrate, gli intarsi marmorei.
MANUELA CAMPALTO
È una bellezza non precostituita, non te la puoi mai figurare fino in fondo, contiene il mistero del tutto nell’originalità del singolo.
È quello che immagino debba essere un ’associazione di volontariato, una classe scolastica, una famiglia, un team di lavoro: una bellezza composita, mai scontata, preziosa in ogni suo componente, necessaria al mondo in ogni suo pur minuscolo frammento.
La cappa del camino è il passaggio sotterraneo che unisce la terra al cielo.
Attraverso questo tunnel stellato Babbo Natale maneggia – come fa l’allodola –tutto quello che è affine tra il cielo e la casa degli uomini
Il fascino di Babbo Natale non si esaurisce con l’infanzia, forse perché a qualsiasi età abbiamo bisogno di tuffarci tra le braccia della fantasia e a qualsiasi età poter contribuire alla magia del Natale ci fa sentire uomini e donne migliori
Natale, si sa, è magia e tenerezza, tradizione e fantasia, religiosità e fiaba. Nel nostro tempo storico tutto mescolato. Una gran fatica custodirne il senso. Vien voglia di chiudersi in casa, godersi il calore della famiglia e aspettare che passi.
A meno che tu non abbia a disposizione un Babbo Natale che è lui, quello vero un nonno Natale capace di incantare piccoli e grandi e che, giuro, di nome di battesimo fa Santo e che, in un bel giorno di inizio autunno, se ne esce con: “Se ci fosse qualche iniziativa dove un Babbo Natale potrebbe essere utile, io mi metto a disposizione”.
Ecco qua, neanche per le feste comandate si riposa e parte la macchina operativa.
Operazione numero uno: ci vuole un costume vero, di quelli da supermercato stile carnevale non se ne parla proprio. Perciò abbuffata di foto dei Santa Claus nordici, adattamento alle tradizioni locali e una sarta vera di quelle da rifiniture di lusso.
Uno spettacolo per gli occhi il risultato finale, ma manca ancora qualcosa. Ci vogliono elfi ed elfette ad accompagnare Babbo Natale nelle scuole, nelle case famiglia, nelle pediatrie della città. Non vorrai mica farlo girare da solo per le calli di Venezia o nei vari quartieri mestrini? Per uno che vive 364 giorni all’anno in Lapponia, il rischio di perdersi è troppo alto! E chi li sente poi i bambini se sotto l’albero non ci saranno i regali tanto attesi?
Perciò, operazione numero due: si rende indispensabile trovare giovani folletti, possibilmente sorridenti e che abbiano voglia di far volontariato.
“Io posso sabato, io solo domenica. Posso farlo solo due ore la Vigilia? Va bene anche se sono libera all’Epifania?”
Va bene tutto ragazzi, anche solo due ore di disponibilità sono preziose, la notte è lunga e ci sono un sacco di bambini che a Natale vogliono ascoltare storie magiche.
Alla fine guarda qua che gruppo di aiutanti ti abbiamo messo su quest’anno Babbo Natale, un paio di follette scendono pure dai camini e ce ne sono tre che spingono la slitta quando le renne sono stanche.
State facendo obiezione perché si tratta di un volontariato breve? Ci sono critiche perché è un volontariato semplice e perché in fondo l’impegno non è poi così significativo verso chi ha bisogno di aiuto?
Osservazioni legittime ma la risposta è: quanto ha dilatato il tempo ogni sguardo meravigliato di bambino che ha avuto la visita di Babbo Natale nel lettino di una pediatria? E di un anziano che in Casa di riposo non se lo aspettava più? O di una casa famiglia dove nemmeno ce l’avevano un camino dove far passare un sogno anche quest’anno?
Pensateci e, soprattutto, scrivetela di nuovo anche voi la letterina a Babbo Natale!
C’è un momento in cui, facendo qualcosa per gli altri, ci accorgiamo che stiamo cambiando anche noi. Non perché ci sentiamo “bravi”, ma perché ci scopriamo diversi: più aperti, più presenti, forse anche più vivi.
È lì che comincia il volontariato autentico.
Questo libro raccoglie vent’anni di esperienze nate dentro e attorno al progetto “Con-tatto”, un’iniziativa educativa promossa dal Comune di Venezia e pensata – e a lungo coordinata – da Manuela Campalto, per avvicinare gli adolescenti al mondo del volontariato.
Scuole, piazze, oratori, mense, tende da campo sono i luoghi dove ragazze e ragazzi hanno scelto di mettersi in gioco: c’è chi ha avuto paura, chi si è emozionato, chi ha sbagliato, chi si è appassionato. Ognuno ha trovato, nell’incontro con l’altro, un’occasione per crescere.
Un bel futuro è un invito a riscoprire che il volontariato non è “fare per”, ma “stare con”.
Che educare, per un adulto, significa soprattutto fare spazio. E che aiutare può voler dire cominciare a lasciare una traccia.
ISBN 979-12-5626-064-5