Da madre a nonna

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Paola Cosolo Marangon

DA MADRE A NONNA

Gioia, ansia e consapevolezze di un cambiamento

edizioni la meridiana partenze

Marangon

DA MADRE A NONNA

Gioia, ansia e consapevolezze di un cambiamento

edizioni la meridiana partenze

Premessa

La transizione alla nonnità, come ogni fase critica, comporta il sorgere di interrogativi in virtù dei quali è possibile asserire che la nascita non generi solo un nipote, ma, con questi, un nonno

donne madri di figlie femmine; non per questo non è adatto alle madri di figli maschi, ci mancherebbe, ma una parte della storia si snoda da madre in figlia, perché è di questa esperienza che sono portatrice.

Le mie amiche, madri di figli maschi, mi hanno aiutato con i loro racconti e mi hanno spiegato che la faccenda è molto diversa, loro da nonne “paterne” nei confronti dei loro nipotini hanno un approccio radicalmente opposto alle nonne “materne”.

Ho esplorato un po’ questo e un po’ quello ma, come dicevo, la precedenza l’ha avuta la “nonnità” al femminile.

Non me ne voglia l’altra metà del cielo, non si arrabbino i nonni; del resto i libri sui nonni tengono quasi sempre il maschile, anche se poi il focus si sviluppa sulle nonne. Sfogliando i vari titoli, ci si concentra molto sui nonni in maniera generica e interessanti studi sono stati fatti proprio sull’esperienza al maschile. Uno fra questi è il bellissimo articolo di Stramaglia “La nonnità in una prospettiva di genere maschile” 1, lo consiglio ai padri che diventeranno, appunto, nonni.

Un altro libro sui nonni? Oh no! È già stato detto praticamente tutto, cosa pensi di poter raccontare di nuovo?

Probabilmente sì, è già stato detto tutto e anche in maniera molto autorevole ma, come tutti i riti di passaggio che appartengono alle persone, per ognuno l’esperienza è unica e originale. Dunque, anche se è già stato detto tutto, ciò che ho vissuto e vivo io non è stato raccontato. Una rassicurazione per i lettori: non farò la cronaca della mia nonnitudine, non mi metterò a competere con i saggi autorevoli che hanno guidato generazioni di nonni, ma condividerò alcune riflessioni e pensieri a partire dalla mia esperienza.

Prima di tutto, vorrei dire che questo libretto è indirizzato alle donne.

È dedicato alle nonne e, più in particolare, alle

Riti di passaggio mancanti

La nostra situazione attuale, così come siamo messi in questi turbolenti anni Duemila, ha visto sfumare alcune tappe significative per il processo di crescita.

Mi riferisco ai vari riti di passaggio che costituivano degli step significativi all’interno delle comunità di appartenenza.

Parola importante, appartenenza, oggi molto traballante.

Ogni rito di passaggio scandiva un gradino, poteva essere un esame scolastico o qualcosa legato

1. Stramaglia, 2013, pp. 35-52.

a un certo abbigliamento, alla possibilità di truccarsi o meno, di avere le chiavi di casa. Oggi di significativo rimane la patente di guida, non c’è nemmeno il desiderio di possedere un motorino, come spesso ci ricorda Matteo Lancini2.

L’adultizzazione dell’infanzia e il desiderio di eterna giovinezza dell’età adulta ci sta via via appiattendo su di un livellamento generazionale che vede compromesso il distanziamento tra le varie età con conseguente confusione di ruoli, stili, appartenenze.

Per noi donne rimangono, credo, quattro punti cruciali come step di crescita: il menarca, la maternità, la menopausa, la nonnitudine. Ovviamente non per tutte, non tutte infatti diventano madri e di conseguenza non tutte diventano nonne. Taglio con l’accetta questa storia dei riti di passaggio perché, a onor del vero, ci sarebbe molto da scrivere sia sul momento della separazione come figli – il momento in cui si decide di uscire di casa –, sia come genitori nel momento in cui i figli se ne vanno e dunque c’è da gestire il fatidico “nido vuoto”3.

Cercherò di accennare qualcosa in questo mio breve excursus.

Silvia Vegetti Finzi usa il termine “nonnitudine” nel suo libro sui nonni6, altro modo per raccontare il rapporto nonni e nipoti, distinguendo la funzione dal ruolo. Esiste anche il termine “nonnanza” 7, che indica il coinvolgimento emotivo dei nonni nella vita dei nipoti (il “sentirsi nonni”).

Io userò l’uno o l’altro termine in maniera indifferente, senza collocarmi necessariamente dentro un motivo specifico, ma semplicemente per “dire” il tipo di realtà che si sta vivendo: quella di essere nonna, appunto. Non me ne vogliano i puristi della lingua.

Nonnitudine, nonnità o che altro?

La parola “nonnità” è stata utilizzata per la prima volta in ambito pedagogico in un articolo del 19834. Era necessario sottolineare la differenza, non solo per evitare di “confondere l’anziano con il nonno”, ma anche per indicare in maniera specifica “quel rapporto particolare, diverso dalla maternità e dalla paternità, che inizia con la nascita di un nipote”5.

2. Lancini, 2022.

3. Blos, 1993.

4. Battistelli, Cavallero, Farneti, Zoli, 1983, pp. 8-13.

5. Gecchele, Danza, 1993.

6. Vegetti Finzi, 2008. 7. Gillini, Zattoni, 2012.

Mamma, aspetto un bambino!

Nel momento in cui nasce un bambino, nasce anche la madre.

Lei non è mai esistita prima. Esisteva la donna, ma la madre mai.

Una madre è qualcosa di assolutamente nuovo

Detto questo, posso raccontare di me e di tante altre donne con cui mi sono confrontata, che hanno vissuto e condiviso quello che mi accingo a raccontare. Esperienze molto simili, emozioni molto simili.

Arriva dunque il momento in cui il figlio o la figlia annuncia: “Avremo un bambino”. Un attimo di smarrimento, un capogiro, la sensazione di non capire bene dove ci si trova. Poi, immediatamente, una sorta di retro-pulsione: la mente ritorna prepotentemente a quel preciso istante in cui tu hai scoperto di aspettare un bambino. È una sorta di memoria del corpo; rivivi la sensazione di quella gioia impossibile da contenere e da esprimere, un crampo allo stomaco, un frullo d’ali che senti lì al centro della pancia, il tuo corpo ricorda quelle emozioni, rivive quel tremito, quella paura, quella scoperta di essere diventata madre.

E basta questo per catapultarti fuori da te stessa, tornando a quei momenti di totale ubriacatura emotiva.

Arriva come una luce intensa, spesso con una premessa: “Ti devo dire una cosa”.

A volte si è un po’ preparate, perché tuo figlio o tua figlia ha una vita di coppia stabile, convive con il suo compagno, magari ti ha già annunciato che stanno cercando di avere un bambino. Altre volte, invece, arriva come un fulmine a ciel sereno, una sorpresa inaspettata che ti coglie totalmente impreparata. Può essere una notizia meravigliosa che ti travolge di gioia, oppure un momento di difficoltà legato alla situazione contingente nella storia amorosa dei figli. Ogni vicenda è unica, ogni annuncio ha la sua pregnanza e ogni contesto le sue caratteristiche. Non si può scrivere nulla di generico, ogni annuncio ha la dignità dell’unicità.

Tuo figlio, tua figlia ti guarda e chiede: “Tutto bene? Non dici niente? Sei felice?”. E a te scendono le lacrime perché non riesci proprio a spiccicare una parola. Rivedi gli occhi dei tuoi genitori quando ricevettero l’annuncio a loro volta. Milioni di interrogativi rimbalzati dal passato, poi ti riprendi, ritorni al presente e realizzi che la tua “bambina” ti ha appena detto che diventerà madre, il tuo “bambino” diventerà padre.

Fai le feste, dici tutte le frasi di circostanza, ma ti accorgi che quelle parole ti suonano banali, scontate. Vorresti davvero parlare con il cuore, esprimere ciò che senti, ma ti trattieni. Il tuo bambino, la tua bambina, stanno diventando genitori ed è una cosa bellissima… eppure, ti provoca un profondo shock. L’emozione prende il sopravvento e ti ritrovi con lo sguardo da pesce lesso a chiedere quando nascerà.

Subentra la fase “mi sposto tutta su di voi, raccontatemi, fatemi sapere, come state”.

E mentre ascolti la narrazione che ogni primo momento di gestazione crea, rimani attonita a guardare quella tua figlia che in poco tempo si trasformerà, o quel tuo figlio che parteciperà come potrà alla gestazione della sua compagna. Eppure è diverso: è molto diverso se sei madre di una ragazza o di un ragazzo. Nel caso di un figlio maschio dovrai fare i conti con la gelosia verso l’altra madre, quella della compagna. Due neononne a confronto, sarà bellissimo oppure no?

La mamma della compagna di tuo figlio ha già vissuto l’esperienza della nonnitudine? Saprà dirti come funziona? Sarà comunque la mamma di lei, una figura più diretta nella storia della gestazione e della nascita.

Potresti sentirti un po’ messa da parte, ma sarà comunque bellissimo potersi confrontare con le emozioni del padre. Una scoperta unica e meravigliosa che ti offre una dimensione nuova, quella del paterno che vive a fianco, pur essendo compartecipe a pieno.

Una storia che continua: di madre in figlia

La memoria custodisce indizi, lavora su tracce e segni che vanno collegati e interpretati per poter ricostruire il passato. Un passato in continua trasformazione, un passato che dà senso al presente e permette di invadere il futuro

test prenatali per le malattie genetiche trasmissibili? Siamo sicuri che non ci siano patologie nella famiglia del compagno? Oddio, lo conosciamo abbastanza bene, vero? E che dire dello stato di salute dei suoi avi? Ci sono malattie ereditarie, malattie mentali? Come si metteranno insieme le due storie familiari? E quella volta che ti hanno parlato di un cugino… non è proprio a posto…

Dura qualche minuto questo scenario paranoico, il plusmaterno 8 che dilaga ti fa vivere quel momento di folle sospetto, di terrore che la tua bambina sia troppo piccola e fragile per affrontare una responsabilità così grande, così complicata; che tuo figlio non sappia davvero cosa comporti diventare padre, qualcosa di così difficile, così serio, così…

Meraviglioso.

Poi, per fortuna, ti risvegli e rinsavisci. Impedisci a quei pensieri tossici di farsi strada e realizzi che è proprio la tua bambina, quella bellissima giovane donna che si accinge a diventare madre. E tuo figlio diventerà padre.

Rientri nella fase razionale, accantonando (temporaneamente, perché lo sai, tornerà) quell’angoscia. Ti dici finalmente che ti fidi di lei, della sua capacità di fare una scelta così importante.

Il corpo si attiva di nuovo. Le viscere, che hanno generato questa tua bambina, replicheranno la storia. Per te è come rivivere la tua gravidanza: riprendono le emozioni di quel periodo, le nausee, il rifiuto del cibo, la stanchezza e non ti sembra vero. Sei preoccupata per lei, ma non vuoi darlo a vedere; sarà capace di affrontare un momento così importante? Saprà gestire se stessa, organizzare il suo tempo e fare attenzione a non strapazzarsi? Riuscirà a mangiare bene, a non bere l’aperitivo perché in gravidanza mamma beve, bimbo beve?

Starà lontano da ambienti fumosi e inquinati? Avrà fatto tutti i controlli necessari? Ha fatto i

Ci sei, sarai al suo fianco. Lo pensi con tutto il cuore. Poi, però, una domanda ti sorge spontanea: quanto effettivamente potrai essere al suo fianco?

Lo scoprirai a suo tempo. Ora ti crogioli in questo momento luminoso e quasi magico, superato lo shock positivo dell’annuncio, assorbita la buona novella, inizia a elaborarne il significato profondo.

8. Pigozzi (a cura di), 2018.

Prova a recuperare alcuni tuoi ricordi:

La

mia storia non è la tua storia

• Cosa hanno detto i tuoi genitori quando hai annunciato che aspettavi un bambino?

• Come ti sei sentita?

• Hai vissuto accettazione o rifiuto?

• Com'è andata?

• Quali fatiche hai affrontato a livello emotivo?

• Come sei stata fisicamente?

• Quali paure hai vissuto?

La gravidanza di tua figlia ti riporta alla tua

È piuttosto normale che affiorino tante domande. Cercare delle risposte può aiutare a elaborare questa fase così importante della vita. Il rito di passaggio, in definitiva, è proprio questo: darsi l’opportunità di prendersi del tempo per sé, per rivivere momenti non certo dimenticati, non certo sepolti sotto la cenere, ma rimasti collocati nel tempo in cui sono stati vissuti.

La gravidanza di tua figlia ti consente di rivedere la tua, di rivivere le emozioni che hai vissuto, di rivedere gli sguardi di approvazione o di perplessità.

La tua storia ti può aiutare a vivere in maniera più consapevole il tuo essere madre in questo preciso momento.

Riprendere in mano la tua storia, le emozioni che ti hanno attraversato, i problemi che hai dovuto affrontare, può esserti molto utile per considerare atteggiamenti e comportamenti.

• Che cosa ti ha ferito?

• Che cosa hai apprezzato?

• Che cosa non ti è piaciuto?

• Quali comportamenti ti hanno disturbato?

È importante saper leggere tutto questo e trarne insegnamenti.

Cosa fondamentale: la tua storia è solo tua, vietato proiettare la tua esperienza su quella che sta vivendo tua figlia.

Tu non sei i tuoi genitori.

Tua figlia non è te.

Sembra un po’ drastica come affermazione, ma credo sia assolutamente fondamentale ricordarlo.

Perché?

Perché il pericolo della proiezione è dietro l’angolo e sappiamo quanto questo rischio possa diventare determinante per la prosecuzione di un sano rapporto con la futura madre.

L’importanza della narrazione

Nella ricostruzione autobiografica di marca materna, la nonna “dice” al nipote delle origini, e il nipote riscopre alcune possibilità di senso, in una circolarità che restituisce senso, ovvero direzione, al dispiegarsi del “materno”, per divenire, in ultimo, senso condiviso.

Ricordare è narrare, è non sentirsi soli. È risvegliare esperienze inviolate, poter sciogliere i nodi che si portano dentro, far emergere reti di immagini sfocate. È una preziosa occasione per continuare a pensare e ripensare, per uscire dai rischi dell’incomunicabilità.

Rammemorare significa continuare a incontrare gli altri con cui si sono condivise esperienze felici e infelici

Tre storie, tre esperienze che fanno parte della mia saga familiare e che ho raccontato a mia figlia, assieme a quella che è stata la mia esperienza, ovviamente unica, ovviamente esclusiva e diametralmente opposta alle altre.

Per me è accaduto una cosa singolare: ho sentito di essere incinta subito, ho fatto il test come scrupolo, ma già lo sapevo.

È stato il forte desiderio ad aiutare il concepimento? Chissà, di fatto non solo sapevo che ero incinta, ma sapevo anche che stavo aspettando una bambina.

Giunta in sala travaglio, l’ostetrica mi aveva chiesto il nome da dare al nascituro e io non avevo voluto conoscere il sesso, perché già lo sapevo. Non avevo un nome maschile, avevo solo Miriam, e Miriam è stata.

La mamma del futuro papà

Come abbiamo visto prima, il filo che lega una madre a una figlia femmina è qualcosa di molto speciale. È come ritrovare una stessa linea che percorre il tempo e le generazioni, e da madre a figlia, in figlia, in figlia, sembra di poter scrivere la stessa storia, aggiornandola.

Come probabilmente ricorderai, è estremamente utile avere una narrazione familiare. Prova a recuperare la tua, i racconti che tua madre faceva a te sulla sua gravidanza, oppure quelli delle nonne. C’è un filo conduttore che intreccia le vite e le storie.

La nonna è un’attendibile chiave di accesso alla storia di vita della madre. In altre parole, comprendiamo meglio noi stessi e la nostra storia se radicati in un consesso affettivo che ci parli delle nascite.

Le preoccupazioni che colgono la mamma di un figlio maschio non sono certo diverse da quelle della madre di una figlia femmina. Il timore per il nascituro, il ritrovare il senso della famiglia che si allarga, il sangue trasmesso, i geni che si uniscono a quelli di un’altra persona. La mamma del figlio maschio fa i conti però con una variabile a cui, ovviamente, anche le madri della figlia femmina devono sottostare: la madre della compagna, la madre del compagno.

È questa la sostanziale differenza: sapere che quell’esperienza esclusiva che lega madre a figlia non la fai tu, ma la fa la madre della compagna di tuo figlio.

Un elemento fondamentale è saper vivere il proprio ruolo con consapevolezza. Detto questo, è ovvio che ogni emozione profonda riporta alla propria storia e non c’è nulla di diverso nell’avere un figlio maschio o una figlia femmina per quanto riguarda il ripercorrere la propria gravidanza. È interessante interrogarsi e mettersi a nudo, perché diventare nonna cambia la vita. Sia che si sia madri di una figlia che di un figlio.

• Quando mio figlio mi ha detto che aspettano un bambino, cosa ho provato?

• Sono riuscita a mettermi in relazione con la mia gravidanza?

• Sono riuscita a far partecipe mio figlio della sua narrazione di nascita?

• Quali emozioni hanno prevalso?

• Come mi sono relazionata alla futura mamma? Ho raccontato a lei la storia della mia gravidanza?

• Ho raccolto i ricordi di quel periodo e li ho condivisi con la futura mamma?

• Ha accettato di buon grado quel primo golfino fatto a mano e conservato tanto gelosamente?

Nonna a tutti gli effetti

Alcuni dicono che la felicità bisogna cercarla lontano, altri dicono che dimora vicino, nella casa, ma la felicità perfetta è nella culla di un bimbo

Proverbio cinese

Quell’esserino rosso, affaticato dalla sua avventura, stremato dallo sforzo di uscire da quello stretto pertugio, con la fronte corrugata quasi a dirti che è una grande impresa affrontare il mondo là fuori: quell’esserino ti ha già conquistato. Lo guardi con gli occhi a forma di cuore, ti sembra bellissimo, il più bel neonato mai visto sulla faccia della terra.

Osi addirittura pensare “è più bello di mia figlia”, “è più bello di mio figlio”, come se tu portassi memoria viva di quel momento.

Catturata, cotta, innamorata persa.

L’esserino inizia a strillare, forse ha già fame, la mamma lo attira a sé e lui sa già cosa fare, cerca il capezzolo e si attacca, ti viene da pensare ai gattini da latte. È uguale, somma tenerezza.

Lui è lì che ciuccia e sul suo volto si dipinge subito la maschera dell’appagamento. Se c’è una beatitudine, sembra dirti, è proprio questa.

La scintilla è scoccata e sai già che ti senti catturata fino all’impossibile da questi pochi chili di essere umano rossastro.

E a te come è andata?

E… arriva il momento in cui incontri il “cucciolo”. Non ti sembra possibile, la magia della nascita ti porta a un’esplosione di sentimenti che vanno dall’incredulità all’euforia. Ecco fatto il grande salto, ecco superata la barriera dell’essere madre. Ora ti senti più vicina a tua figlia, ora ti senti di poter condividere qualcosa di unico e meraviglioso, da donna a donna. Ora ti senti nonna e devi iniziare a entrare nel ruolo con tutta la serietà e la consapevolezza del caso. È piccolo, è minuscolo, è questo che senti. Non ti sembra possibile che sia uscito proprio dal ventre della “tua bambina”, della tua ex bambina. La commozione ha il sopravvento e non riesci a trattenere splendide lacrime di gioia.

Lasciale andare, lascia che le guance si riempiano di acqua, chi se ne importa del trucco, colerà tutto e macchierà il collo della camicetta. Va benissimo così.

• Ricordi il momento in cui hai visto per la prima volta il tuo nipotino o nipotina?

• Quale pensiero hai fatto?

• Lo hai preso in braccio? Come è andata?

• Ricordi il suo odore di bambino piccolissimo?

• Hai provato qualche sensazione sgradevole? Difficoltà? Paura?

• Non scacciare nulla, non toglierla dall’esperienza. Accoglila.

Cosa accade quando tua figlia o tuo figlio annuncia che sta per diventare genitore?

Inizia un viaggio inaspettato e profondo che mette in discussione ruoli, emozioni e ricordi, dando forma a una nuova identità: quella della nonna. La “nonnitudine” irrompe nella vita con la forza di emozioni contrastanti, mescolando gioia e smarrimento, entusiasmo e spaesamento in un inevitabile confronto con il proprio essere stata madre, figlia, donna. Perché diventare nonna non è solo una trasformazione biologica o un ruolo familiare: è un’esperienza che tocca in profondità la propria storia, la memoria, la relazione con i figli e, soprattutto, con se stesse.

Con un tono diretto, ironico e profondo Paola Cosolo Marangon accompagna le donne in questa trasformazione, invitandole ad ascoltarsi, ad attraversare con consapevolezza la propria storia e a costruire nuove relazioni familiari. Non si tratta solo di “fare la nonna”, si tratta di diventarlo, di scegliere come esserlo, senza cedere agli stereotipi né a modelli prestabiliti. Un percorso personale e relazionale che chiede cura, ascolto e autenticità verso chi cresce e verso se stessi.

Tra autobiografia, riflessioni e brevi “istruzioni per l’uso”, questo libro guida le neononne a nominare e riconoscere i cambiamenti, le aspettative e i timori che affiorano con la nascita di un nipote.

Un invito sincero ad aprirsi a un nuovo modo di esserci, di amare e sostenere.

Paola Cosolo Marangon, formatrice e consulente pedagogico-educativa, ha fatto parte per trent’anni del Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti di Piacenza (CPP). Per vent’anni è stata presidente di Ce.S.I. – Centro Solidarietà Immigrati di Udine. Giornalista di settore, fino al 2023 è stata vicedirettrice della rivista “Conflitti. Rivista italiana di ricerca e formazione psicopedagogica”. Insegnante di Hatha Yoga, è autrice di molti testi pedagogici e di narrativa, anche per bambini e ragazzi. Ricordiamo tra tutti Storia di Rosa (editrice universitaria Forum, 2020), E non mi chiami signora bella! (edizioni la meridiana, 2021), Come pesci in un acquario (edizioni la meridiana, 2022).

In copertina disegno di Fabio Magnasciutti

ISBN 979-12-5626-057-7

Euro 13,50 (I.i.)

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