Giornale_delle_Giudicarie_ottobre2020

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Porto Franco

OTTOBRE 2020

La politica a tempo (quasi) pieno di Ettore Zampiccoli Se il presidente del Consiglio, Walter Kaswalder, ordinasse una piccola indagine scoprirebbe certamente che altri consiglieri sono impegnatissimi sul fronte del business privato trovando modalità per rendere il loro lavoro “privato” compatibile con l’attività amministrativa e legislativa, propria delle funzione di consigliere provinciale o regionale. Per carità tutto lecito, non c’è che dire almeno fino a quando non ci sarà una norma che renderà più vincolante il tempo pieno, quello di consigliere provinciale nel caso specifico. Però sul piano dell’etica politica qualche domanda o perplessità resta. A un qualsiasi dipendente, privato o pubblico che sia e che abbia un contratto a tempo pieno, sarebbe permesso di svolgere contemporaneamente e pubblicamente altre attività? Lo dubitiamo. Crediamo che questa prassi

“Noi siamo quel che mangiamo”, dicono i filosofi dell’alimentazione. “Siamo quel che gettiamo”, rispondono i teorici della salvaguardia dell’ambiente. Probabilmente hanno ragione entrambi. Certo, oggi (in vista di un domani poco roseo) il problema più delicato riguarda ciò che gettiamo: i rifiuti. Milioni di tonnellate di rifiuti di ogni tipo, dai metalli alla carta, dagli alimenti (sì, anche quelli, e tanti!) alle plastiche, fino (addirittura) alle carte di famiglia. Una bestialità? Chi si occupa di rifiuti, nella dozzina di centri raccolta materiali delle Giudicarie, ne ha viste di tutti i colori. Ed è vero: nei rifiuti spesso c’è la storia delle famiglie. Una storia ignorata, perché capita un fatto curioso. Sono molti i teorici del “non si butta via niente”, salvo poi, quando capita di fare le grandi pulizie delle soffitte, oppure in occasione di un trasloco, beh, allora ci si libera di ciò che si ritiene inutile. E nell’inutile, ahinoi, cascano dentro anche documenti delicati. “Un giorno – ci racconta un operatore – entra al crm una persona che deve gettare merce. Getto un occhio su un fascio di carte e vedo la data dei primi anni del secolo scorso. La

Ivano Job (Lega), Alessandro Olivi (Pd), Lorenzo Ossana (Patt): sono questi i tre consiglieri provinciali che qualche mese fa avevano chiesto ed ottenuto un bonus - uno dei tanti bonus distribuiti in funzione anti Covid - a sostegno delle rispettive aziende. Una volta “scoperti” i tre consiglieri hanno fatto marcia indietro restituendo o dando in beneficenza le somme percepite. Insomma ci hanno dovrebbe valere anche per i consiglieri, a meno che il loro lavoro legislativo sia talmente modesto da consentire di avere ampi spazi nella giornata e nella settimana per dedicarsi anche agli affari privati. Ci rendiamo conto che il problema è complesso e delicato (non lo hanno risolto nemmeno a livello nazionale !). È evidente che una persona che viene eletta in Consiglio provinciale non può chiudere le attività professionali svolte fino a quel momento o le aziende gestite. Però ci possono essere modalità e strumenti utili per obbligare un consigliere eletto a dedicarsi a tempo pieno al lavoro legislativo, senza

che questo diventi un optional o una integrazione del lavoro e delle attività professionali o aziendali svolte sino al momento

messo una “pezza” e quindi capitolo chiuso. Ma questa vicenda ha evidenziato un aspetto, che forse ai più sfugge. Ci sono consiglieri provinciali e regionali – il riferimento non è necessariamente ai tre sopracitati – che svolgono sì il loro ruolo in Provincia ma contemporaneamente non perdono di vista le loro aziende o il loro ufficio professionale.

della sua nomina. È solo una questione di etica politica. Lo stesso discorso vale

anche per parecchi sindaci della Provincia. I sindaci, con le normative attuali, hanno diritto ad esercitare il mandato con tempo

pieno ed ovviamente con relativa indennità, che non è trascurabile. Invece accade che qualche sindaco, dipendente di un’azienda privata o pubblica che sia, anziché prendersi di fatto un periodo di aspettativa percepisca da una parte l’indennità piena e peraltro continui a lavorare, salvo prendersi - quando necessario - quel tot di ore per esercitare il ruolo di sindaco in Comune. E che cosa succede in pratica? Per essere chiari un esempio: se il sindaco dell’azienda X in un mese si è preso dieci ore di permesso, l’azienda chiede al Comune di rimborsare il costo delle dieci ore. Quindi il Comune paga l’indennità del sindaco ma al tempo stesso deve rimborsare l’azienda per le dieci ore di assenza del dipendente/ sindaco. Come dire che il postino suona sempre due volte. Tutto lecito di certo, ma anche in questo caso l’etica politica non va un po’ a farsi benedire?

La quesitone rifiuti è sempre più attuale, si pensi alle mascherine

Parola d’ordine riuso

faccio notare alla persona. Torno dopo qualche minuto e stava leggendo: aveva trovato le lettere di un avo che stava per gettare”. Ora la situazione si aggrava. Si pensi alle milionate di mascherine che finiranno in discarica. Senza pensare (ma invece bisognerebbe pensarci, eccome!) a quelle che finiscono per strada, nei prati, sulle spiagge, in mare e in montagna. “Se in Italia – commentava una operatrice del settore – un allievo (uno solo) per classe gettasse le sue mascherine per terra, alla fine dell’anno scolastico avremmo 68 milioni di mascherine, ossia di plastiche, polimeri”, e ci fermiamo qua. Conclusione banale di tutto questo ragionamento in tre parti. Anzitutto bisognerebbe produrre meno rifiuti. Impresa drammatica, se consideriamo solo gli imballaggi della distribuzione. Ci siamo sempre chiesti perché perfino le confezioni di farmaci siano avvolte da plasti-

che, carte e cartoncini in abbondanza. Per secondo occorrerebbe riciclare ordinatamente. Troppo spesso ce ne freghiamo del modo in cui gettiamo nei cassonetti la merce. Nei cassonetti o fuori, perché non è raro trovare fuori dal bidone in un’isola ecologica merce accatastata. Per terzo occorre avviarsi seriamente sulla strada del riuso. IL RIUSO. C’è chi si sta attrezzando anche nelle Giudicarie. La “LAVORO” Società Cooperativa Sociale con sede sul territorio di Borgo Lares, svolge per con-

to della Comunità delle Giudicarie, in base ad una convenzione, la “gestione della rete integrata di centri del riuso all’interno dei Centri di Raccolta della Comunità”, per dirla con i termini ufficiali. Tanto per capirci, gli addetti della Cooperativa operano nei centri per il riuso che stanno dentro i crm, raccogliendo il materiale che può essere riutilizzato. Lo portano nella zona di Tione, dov’è stato attrezzato un ampio spazio di magazzinaggio, selezione ed esposizione. La vendita, poi, avviene nel negozio in viale Dante, sempre a Tione.

L’intento, come spiegano in Cooperativa, è di “raccogliere più oggetti destinati al riuso e offrire una scelta più varia e di qualità a potenziali acquirenti”. Il lavoro è distinto in fasi precise: il ritiro della merce, il trasporto nel magazzino, il deposito (dove i beni vengono inventariati e stimati in qualità e valore), il trattamento. Gli oggetti più piccoli vengono ripuliti e portati al “Centro di Recupero Creativo (così si chiama il negozio), dove vengono esposti e venduti. I loro compagni più grandi (mobili, elettrodomestici, biciclette, reti metalliche, cornici, libri) dopo essere stati sistemati, se non danneggiati irrimediabilmente, vengono messi in esposizione nel magazzino a disposizione degli acquirenti. E ce ne sono acquirenti? Certo che sì. Per capirci, l’anno scorso sono stati venduti nel negozio più di 2.000 pezzi, mentre il magazzino ne contiene più di 1.000. E il flusso conti-

nua. Basta una visitina per trovare veramente di tutto, dalle tazzine del caffè alle tazze da tè, dai servizi di piatti a quelli di bicchieri (magari se ne rompe uno e si getta tutto il servizio), dalle anfore ai barattoli di tutti i tipi e dimensioni. Insomma, ogni oggetto che potrebbe venire utile in casa, ma che noi, figli dello spreco, gettiamo. Per non parlare dei giochi per bambini, delle paia di sci e dei passeggini. E i libri? Il popolo italiano è noto per la sua idiosincrasia rispetto alla lettura. A giudicare dalle centinaia di volumi stoccati nel magazzino, c’è anche l’idiosincrasia a tenerli. A colpire c’è pure l’arte: tanto inutile da finire nel centro raccolta. Vero, non tutti i quadri sono opere d’arte. Ma gettarli nelle immondizie... Verrebbe da concludere che oltre ad essere spreconi siamo anche poco attenti alle cose belle. Giuliano Beltrami


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