Tempo lontano

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all'angolo, davanti al Caffè Nuovo (da sempre) e giravo ancora a destra. Dopo un portone d’abitazione e il negozio della Stella c’era il “Sale e Tabacchi” dell’Afra (o di Toni), più avanti un’osteria lunga e stretta, poi il fornaio Comacchio, quindi il negozio di giocattoli Trivellin (che, per ironia della sorte o volere umano, era proprio di fronte a Trivellato, autofficina), poi una merceria, un barbiere, il bar Sartea e, dopo i portici, la fruttivendola Pinpinea. E tutto questo sempre restando sul marciapiedi, senza toccare la strada. Ovviamente per altri negozi dovevo invece attraversare almeno una delle strade del crocevia di Porta Padova, presidiato (non sempre) da due vigili urbani, uno in centro a dirigere il traffico e uno per dargli il cambio. Chissà se qualcuno si ricorda del vigile che dirigeva il traffico ritto sulla pedana centrale attorno alla quale a Natale lasciavano doni. Al “Nuovo” entravo per comprare un cucheto de rum quando mia madre faceva frito·e (fittelle) o grusto·i (crostoli, galani, chiacchiere, bugie) e qualche altra volta per acquistare non so cosa. Del bar ricordo un uomo, una donna e un setter. Nel portone dopo il bar a volte entravo per andare da un ragazzo della mia età che abitava all’ultimo piano o per pagare l’affitto mensile ai padroni di casa. Più frequentemente entravo con piacere dalla Stella: vendeva crema pasticcera (semplice e fritta), spumiglie, liquirizia, altri dolciumi e, d'estate, anche ghiaccioli e gelati. Nell’osteria lunga, buia e odorosa di vino andavo a prendere el crinto (vino clinton) quando mi mandavano. Da Comacchio mi recavo pressoché quotidianamente per il


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Tempo lontano by Massimo Pozzato - Issuu