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Le ceste
from Tempo lontano
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intervalli regolari; con una lama affilata le tagliava alla base, infilava le due estremità del manico tra i vimini e i due raggi della stessa lista; a volte inseriva tre o quattro gambe di 5-10 cm.
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Le ceste erano finite, scure. Se si volevano chiare erano poste sotto un grosso telone e sbiancate bruciandovi zolfo. Talvolta usando vimini scuri e chiari faceva ceste, più spesso cestelli, con righe nere su sfondo bianco o viceversa. Tutte finivano su nel deposito, pronte per le consegne di primavera fatte con carro e asino. Ne ricordo una a un grande emporio di Thiene, passando l’Astico a Montècio (Montecchio Precalcino) dove la strada entrava nel torrente quasi sempre asciutto: un viaggio che allora mi pareva lunghissimo.
Vita rusticana
In cucina si entrava dal portico, attraversata la cucina si entrava nel corridoio e girando subito a destra passando per la nostra camera e per l’altra stanza si finiva nella stalla e da lì (girando ancora a destra) si tornava nel portico per un grande portone di legno, l’entrata delle bestie (due vacche e un asino). Vista dal cortile a sud, nella metà a sinistra erano i due piani abitativi mentre a destra la parte inferiore era aperta e divisa in due da un pilastro: un ampio portico sul quale si affacciava la finestra dell’altra stanza e il portone della stalla. Sopra i due piani abitativi c’era il granaio.
Sopra l’altra stanza c’era una specie di magazzino e sopra la stalla il fienile, in un unico spazio libero fino al tetto. Nel portico una grossa trave andava dal fienile al muro opposto, dove era il pilastro; un soppalco di tavole era
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sistemato tra il centro della trave, il muro sud e il muro est; al di sopra di magazzino-fienile, soppalco e portico si vedevano i coppi del tetto; dentro e fuori per sei mesi volavano le rondini e per sei restavano i nidi vuoti. Una volta all'anno la trave veniva usata per appendervi e squartare il maiale, ma quando non serviva a quello scopo spesso vi si legavano i due capi di una corda per fare el brìscoℓo (l’altalena).
Una scala a pioli portava al fienile, da lì passavo al soppalco camminando sulla trave: tanta incoscienza bambinesca provocava il terrore negli adulti e conseguenti sgridate e punizioni; ma spesso durante la siesta non c’era nessuno a vedermi. Un’ altra scala a pioli saliva a una sporgenza della parete est ed al soppalco che sosteneva: là mi era permesso andare a raccogliere le uova di gallina; altri posti per le uova erano nel fienile e dentro il pagliaio, ma si cercavano e trovavano anche altrove.
Sull’angolo sud-est del portico, poggiata all’interno del muro c’era la pompa dal lungo manico e abbondante getto con sotto un grande contenitore (el seciòn): a volte dovevamo, più spesso ci divertivamo a pompare l’acqua, lì per le bestie o nei secchi per gli usi domestici; all’esterno del muro c’era el labio (l'albio); la latrina era un casotto di legno sopra il letamaio, laggiù oltre la casetta col porcile sotto al pollaio e poco lontana dal pagliaio conico, ai confini con l’orto del vicino.
In quella zona, ma vicino alla strada, cresceva un moraro, un gelso dalle tenere foglie che servivano anche a sfamare i voraci rumorosi vermetti sulle arelle stese sopra cavalletti nel granaio, fino a quando, silenziosi, si