Il provinciale marzo 2016

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ANNO XXVIII

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2016 FONDATO DA FRANCO MARASCA

Tra le firme più prestigiose delle Edizioni del Rosone

Una copia € 2,00 Sped. in abb. post. 50%

Le contraddizioni di un territorio che non riesce ad amarsi

Improvvisa scomparsa del prof. Goussot grande uomo e pedagogista

Requiem per la «Magna Capitana»? E Colloquia registra un grande successo

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lain Goussot, pedagogista, educatore, storico e filosofo, docente presso l’Università di Bologna, non c’è più. Lo vogliamo ricordare come un grande amico ed estimatore della nostra Casa Editrice, più volte presente in convegni ed eventi a Foggia, anche in collaborazione con l’Università del nostro territorio. Lo facciamo con la Nota della Società Italiana di Pedagogia Speciale (della quale Alain Goussot è stato convinto socio fondatore e sostenitore) a cura di Fabio Bocci, docente di Pedagogia speciale presso L’Università di Roma Tre, nonché coautore dell’ultimo libro curato da Goussot e pubblicato con noi, in uscita proprio in questi giorni, Per una pedagogia della vita. Freinet: ieri ed oggi.

Adieu Alain «Il percorso di vita e di lavoro di Alain Goussot è costellato di significative esperienze nei diversi campi. In modo particolare va rimarcato il fatto che, in piena continuità con la tradizione della Pedagogia Speciale, Alain Goussot – seguendo in questo l’esempio del suo maestro Andrea Canevaro − ha sempre praticato una pedagogia attiva, militante, accanto ai più deboli, ai più vulnerabili, fossero essi disabili, migranti, poveri o socioculturalmente deprivati. La qual cosa lo ha portato a spendersi in ogni dove, con una straordinaria generosità e rara umiltà che gli è oggi testimoniata da più parti, non solo in Italia. Alain Goussot, infatti, ha incarnato pienamente lo spirito del vero studioso intessendo rapporti di collaborazione a livello nazionale e internazionale. Da non trascurare è anche il suo impegno nel campo dell’editoria scientifica. In questo campo è doveroso segnalare almeno la direzione delle collane Pedagogie attive: Educatori antichi e moderni (Edizioni del Rosone, Foggia), Paideia e Alterità (Aras, Fano), Disabilità, prevenzione dell’handicap e umanizzazione della cura (Maggioli, Sant’Arcangelo di Romagna) e le sue collaborazioni a vari comitati scientifici e riviste, tra le quali Educazione democratica (Edizioni del Rosone, Foggia), L’Autre - Ricerca clinica transculturale (La Pense Sauvage, Grenoble), Educazione interculturale (Erickson, Trento), l’Integrazione scolastica e sociale (Erickson, Trento). Questo impegno a trecentosessanta gradi, sostenuto da uno studio amplissimo e al tempo stesso rigoroso e accuratissimo nei diversi campi delle scienze dell’uomo e da una consapevolezza politica sul ruolo dell’intellettuale nel tessuto sociale e nei diversi contesti di azione di matrice gramsciana, lo ha portato a una prolifica produzione scientifica, coerente con un disegno scientifico culturale ben preciso e un discorso originale unitario e ben riconoscibile. Ne sono testimonianza le numerose opere presenti nella sua vastissima bibliografia. Alain Goussot lascia una testimonianza e soprattutto una eredità scientifica, culturale e umana ricchissima della quale è doveroso fare tesoro. Ha saputo, come pochi, intessere una trama unitaria tra impegno scientifico, accademico, sociale, culturale e politico all’insegna dell’attenzione all’altro, soprattutto a coloro i quali sono maggiormente esposti e vulnerabili alle ingiustizie e alle iniquità sociali. Il tutto a partire da una concezione dell’educazione come chiave salvifica dell’uomo come soggetto individuale e sociale. La pedagogia italiana, non solo la pedagogia speciale, possono trarre da questo studioso un esempio di impegno, di rigore e di passione per lo studio dell’uomo e dell’educazione come dimensione propriamente umana che umanizza anche laddove prevalgono ancora le logiche del conflitto e della diseguaglianza».

e contraddizioni di un territorio che il destino e la storia hanno dotato di risorse e valori unici e cospicui ma che gli uomini non sempre sono riusciti, e riescono, a promuovere e salvaguardare. Quello che si è temuto per mesi si sta, purtroppo, verificando. La Biblioteca provinciale «Magna Capitana», sta per essere declassata alla stregua di un ufficio pubblico, con personale ridotto rispetto all’organico del recente passato e la prospettiva di un ridimensionamento nelle attività e nei servizi offerti alla collettività. Accade nello stesso momento storico in cui, in Italia, la cultura sembra vivere un’incoraggiante stagione di rinascita, come mai negli ultimi decenni. Desta molta attenzione il risvolto per così dire umano della vicenda: quello, cioè, legato alla mobilità del personale impiegato nella struttura. Ed è certamente un problema. Ma l’emergenza vera, quella destinata a incidere negativamente sullo sviluppo culturale del territorio dauno, è il venir meno di una operatività apprezzata e unanimemente riconosciuta e al depotenziamento funzionale di un patrimonio librario e documentale unico nel Mezzogiorno d’Italia. Insomma, la Magna Capitana rischia di essere declassata alla stregua di una pura e semplice sala di lettura e di consultazione. Che fine hanno fatto le buone intenzioni manifestate qualche mese fa dal governatore Emiliano per un passaggio di competenze alla regione? E la dichiarata disponibilità del Ministero dei Beni culturali di statalizzare la struttura? Chi ne rallenta o, peggio, ne ostacola il tragitto? Si è ancora in

tempo prima che il peggio si stagli minaccioso all’orizzonte della Biblioteca? Possono una città e una provincia che vantano un’università in ascesa privarsi di una struttura culturale del livello della Magna Capitana? Certo non ci si può arrendere prima di aver tentato ogni strada percorribile che porti all’obiettivo del salvataggio di un tesoro palpitante invidiatoci da tutti. Dicevamo di contraddizioni. Infatti, a fronte delle preoccupazioni legate alla Biblioteca, Foggia riesce a offrire occasioni di riflessione e di approfondimento di elevato livello: è il caso dell’VIII edizione di «Colloquia-Festival delle idee» recentemente svoltosi nell’auditorium della Magna Capitana, organizzato come sempre dalla Fondazione Banca del Monte e dalla stessa Biblioteca. Si è trattato di un’occasione unica per la caratura dei relatori e per la valenza dei temi affrontati: per due giorni un pubblico numeroso e interessato ha ascoltato e riflettuto sulla situazione dell’Italia di oggi e sulle prospettive del prossimo futuro nel contesto europeo e internazionale. Davvero un successo che ha confermato l’esistenza di fermenti positivi e incoraggianti che non meritano di essere mortificati dall’indifferenza o dalla lentezza delle istituzioni che vorremmo vedere in prima linea in una battaglia culturale delicata e determinante come quella per salvare la Biblioteca. Non c’è dubbio: gli auguri per la Pasqua alla città capoluogo e alla provincia non possono che andare nella direzione di una positiva e rapida soluzione del «problema biblioteca». Altrimenti, sarà soltanto la celebrazione di un requiem. Duilio Paiano


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Anno XXVIII - n. 1 Marzo 2016

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Giornale di opinione della provincia di Foggia

La sezione FIDAPA di Foggia per la Giornata della donna

Talenti emergenti al femminile del nostro territorio S i può celebrare l’8 marzo senza le fanfare rumorose della contestazione aggressiva? Sì, si può. Lo sanno bene le responsabili della FIDAPA (Federazione Italiana Donne Arti Professioni e Affari) che hanno organizzato presso l’Archivio di Stato un incontro inserito nel tema nazionale dell’associazione e che tratta dei talenti delle donne come risorsa per lo sviluppo sociale, economico e politico del Paese. Il moderatore Duilio Paiano introduce agli indirizzi di saluto della Presidente FIDAPA BPW Italy, Maria Antonietta Narciso, della Consigliera comunale Ilaria Mari, in rappresentanza del Sindaco, del Direttore dell’Archivio, Viviano Iazzetti e della Vice presidente del Distretto Sud-Est, Rosa Vulpio. La relazione è svolta dalla Vice presidente Anna De Sanctis, che illustra in modo sintetico ma efficace l’evoluzione dell’emancipazione femminile, un percorso che parte da lontano, attraversa vicissitudini altalenanti, per approdare infine ai giorni nostri.

La ricerca scientifica Ed eccoci alla prima figura femminile che oggi si intende festeggiare. È la professoressa Carmen Lamacchia, ricercatrice della nostra Università, coordinatrice di un prestigioso gruppo di lavoro che lo scorso anno ha conseguito un risultato straordinario. Si tratta del primo premio assoluto sia nella classifica generale PNI 2015 (Premio Nazionale Innovazione), sia in quella life sciences, che tratta del miglioramento della salute delle persone. Il progetto è stato scelto tra 63 concorrenti, con valutazione unanime di 30 giudici. La ricerca viene incontro alle necessità dei celiaci, rendendo innocue le proteine del glutine per l’organismo degli intolleranti. È davvero un’innovazione straordinaria, perché evita di sostituire il glutine con altri ingredienti che ne sono privi e consente invece di conservarlo dopo aver eliminato con un processo fisico-chimico la componente tossica. È una «rivoluzione» scientifica che consente di superare il gluten free (prodotti senza glutine) per approdare al Gluten Friendly, che è il nome assegnato al brevetto di proprietà dell’Università di Foggia. Si passa quindi dalla 1libertà» dal glutine, al glutine «amico», lasciando intatte le proprietà del cereale. È anche una «rivoluzione» commerciale, che è affidata al Gruppo Casillo, partner industriale del progetto e che consentirà – probabilmente entro il 2018 – di lanciare sul mercato un prodotto il cui prezzo sarà di poco superiore a quello attuale, ma inferiore ai prodotti gluten free. È una vittoria della Capitanata, a suggello della sua denominazione di «granaio d’Italia» ed è una vittoria della sinergia tra ricerca universitaria e industria, a conferma – se ce ne fosse bisogno – dell’esigenza imprescindibile di questa collaborazione per lo sviluppo del territorio.

Alla professoressa Lamacchia e al suo gruppo va il plauso accorato dell’uditorio, di cui si fa interprete il moderatore, esaltando la passione con cui la ricercatrice assolve al suo impegno, quasi al confine con la missione.

La musica Dopo l’intervento della scrittrice Grazia Centra che legge un suo breve ma toccante racconto, Il dono, è la volta di un’altra donna, Roberta Procaccini, che qui si vuole festeggiare per la sua attività di arpista. Anche lei legittima non solo un generico «orgoglio donna», ma anche una brillante «specificità» territoriale, in quanto diplomata con lode presso il nostro Conservatorio musicale e laureata col massimo dei voti e lode in Discipline musicali. Ha collaborato con Katia Ricciarelli, Francesca Patanè, Nicola Martinucci, Andrea Bocelli e con Michele Placido e Giancarlo Giannini; insegna arpa presso la Scuola «Murialdo» e presso il Liceo «Poerio». La sua parentesi musicale è una composizione di Vincenzo Zitello, arpista affermato nel panorama italiano e internazionale. Il brano che viene eseguito, «Doratus» si ispira alla colonna, elemento che sostiene l’arpa, e che fu realizzato dagli irlandesi. Le dolci note volteggiano nell’aria, creando un’atmosfera sospesa, vagamente new age, che conduce chi ascolta ad esplorare un proprio percorso introspettivo di ricerca anche spirituale. Verso la parità La serata FIDAPA è trascorsa rapidamente, guidata sapientemente dal moderatore sui binari di un incontro festoso, senza rivendicazionismo di genere. La stessa Procaccini, prima dell’esecuzione del brano, aveva accennato al suo inserimento nel mondo del lavoro, che era avvenuto senza discriminazione di genere e aveva rivolto un grato pensiero a tutte le donne che in passato si erano battute per tale fine. Le disparità di genere non sono ancora completamente superate, ma se si pensa al passato si può apprezzare il progresso compiuto. Illuminante a questo proposito ci pare l’excursus che Alessia Lirosi propone nel suo Libere di pensare, appena pubblicato da Edizioni di storia e letteratura. Può sorprendere, ad esempio, che un campione del secolo dei lumi, Jean Jacques Rousseau, nel suo Émile, ou de l’éducation, preferisse una «ragazza semplice» ad «una donna saccente», che sarebbe secondo lui un vero «flagello di mariti e figli». Non va meglio nell’800, quando Cesare Lombroso definiva la femmina un maschio non sviluppato. Poco lusinghiera è anche la posizione del Papato, ove si pensi che Leone XIII, papa dal 1878 al 1903, nell’enciclica sulla famiglia, Arcanum divinae, si avventurava in un ardito parallelismo che associava il maschio a capo della femmina, così come Cristo è a capo della Chiesa. Si potrebbe continuare con citazioni che possono indurre al sorriso, ma

ancora oggi non si può ritenere che la parità di genere sia un obiettivo raggiunto. Ecco qualche dato. In Italia il tasso delle donne occupate nel 2014 è del 46,8%, mentre nell’UE a 28 Paesi è del 59,6%; nelle aziende italiane le donne manager sono solo il 29%; tra i 100 amministratori più pagati delle società quotate sono solo 3 le donne. Infine, è prassi quasi generalizzata che a parità di funzioni le donne siano meno remunerate degli uomini. C’è ancora molto da fare, conclude Rosa Vulpio. Riteniamo tuttavia superati i tempi del rivendicazionismo esasperato nella forma quanto spesso sterile nei risultati. Oggi il processo è

meno plateale e rumoroso e può assimilarsi ad una grande foresta che cresce, operando su un piano collaborativo e non antagonistico. Sembra questo lo spirito che aleggia in sala a fine serata, suggellato dal moderatore che riporta un pensiero conciliante di un autore – Shakespeare – solitamente arcigno: «La donna uscì dalla costola dell’uomo: non dai piedi per essere calpestata, né dalla testa per essere superiore, ma dal lato per essere uguale, sotto il braccio per essere protetta e accanto al cuore per essere amata». Vito Procaccini

Amici del Museo, Leoclub Giordano e FIDAPA di Foggia

Un concorso di poesia per conoscere il Museo L a F.I.D.A.P.A. BPW Italy sez. Foggia, sempre culturalmente e socialmente attiva nel territorio e con le Istituzioni, ha presentato, in interclub con Gli amici del Museo civico e con il Leoclub Giordano, il concorso di poesia «Museo in rima» per alunni di scuole elementari e medie, allo scopo di favorire la conoscenza e la frequentazione di un luogo della cultura. La cerimonia si è svolta nella sala Mazza del Museo civico, presenti Carmine de Leo, presidente degli «Amici del Museo» che ha introdotto la serata parlando delle Origini della poesia in Capitanata fra testi poetici; la presidente della FIDAPA, Maria Antonietta Narciso che ha letto il regolamento del concorso; il poeta Giucar Marcone che ha relazionato sulle ispirazioni poetiche in lingua ed in vernacolo fra le sale del Museo Civico. Ha concluso Francesco Murano, presidente del Leo Club Giordano. «La poesia nelle nostre scuole, in particolar modo in quelle elementari e medie inferiori – ha affermato Marcone nel corso della sua relazione – non ha uno spazio adeguato, ovviamente non per colpa degli insegnanti, ma per la presenza di programmi obbligati che non permettono di affrontare in maniera approfondita aspetti importanti della nostra cultura come può esserlo la poesia. Eppure, talvolta, il miracolo avviene: in alcune scuole, pochissime, si fa poesia. Museo e poesia: un binomio perfetto per raccontare in versi la storia, le tradizioni, l’arte del nostro territorio. Museo letto da giovani studenti che, in tal modo, potranno percorrere, con l’ausilio dei propri insegnanti, le sale di questo nostro contenitore culturale: uno stimolo all’emozione e l’emozione potrà fare da lievito alla loro sensibilità e alla loro creatività e potrà generare

poesia. Se il giovane studente riesce a catturare il significato, la storia, la bellezza non solo quella estetica, di un reperto, di un’antica statua, di un manufatto di altri tempi, ma anche testimonianze di oggi, ne farà la propria ispirazione per scrivere versi, sollecitato dal concorso che vuole promuovere la conoscenza della cultura seguendo la strada del museo e quella della poesia. Un aspetto particolare, ma non secondario, della nostra cultura riguarda il nostro parlare in vernacolo, qualcuno parla di dialetto foggiano. Ma vernacolo o dialetto che sia, sta di fatto che questo modo spontaneo, e a volte, arguto di parlare fa parte del dna dei foggiani. Palestra del vernacolo foggiano sono, ad esempio, i mercati rionali, dove le cantilene dei fruttivendoli talvolta assumono l’aspetto di coloriti versi. Se il museo è la casa delle testimonianze visibili, il vernacolo è il museo della parola antica, della parola dei nostri antenati. Il vernacolo ha una forza espressiva che non ha l’idioma nazionale, è immediatezza, è veicolo spontaneo di sentimenti, potremmo definirlo la lingua del cuore, dei ricordi, della nostalgia. È importante valorizzarlo nelle scuole perché a buon diritto rientra nel nostro patrimonio linguistico».


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Giornale di opinione della provincia di Foggia

Gli studenti della «Padre Pio» di Torremaggiore

La Grande Guerra raccontata dai ragazzi... ai ragazzi I

n pedagogia la chiamano peer to peer education, che letteralmente significa educazione tra pari: è l’approccio scelto per l’evento svoltosi nell’Auditorium della Biblioteca Provinciale di Foggia «La Magna Capitana». La Grande Guerra raccontata dai ragazzi ai ragazzi… è il titolo dell’incontro organizzato in collaborazione con Edizioni del Rosone di Foggia, che in occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale, lo scorso anno, hanno pubblicato il libro Clemente, Mario e gli altri. Lettere e cartoline raccontano la Grande Guerra. A rendere speciale questo appuntamento è stata la presentazione affidata ai ragazzi della III A dell’Istituto Secondario di Primo grado «Padre Pio» di Torremaggiore, coordinati dalla professoressa Anna di Nonno. Sono stati, infatti, i pic-

Biologico sì, biologico no B

iologico sì? biologico no? Innocuo? tossico? Apparentemente riesce facile dare una risposta. In realtà, così come raccomandano le Società Scientifiche Internazionali, la tossicità e la relativa nocività di un contaminante non rappresentano parametri assoluti ma devono rapportarsi a variabili quali fascia di età, reattività individuale, concentrazione, durata e frequenza dell’esposizione. Ed è quanto mai fondamentale tener conto della maggiore vulnerabilità del lattante e del bambino prescolare all’azione tossica delle sostanze presenti negli alimenti, dovuta alla fisiologica immaturità di organi e apparati. Chi di noi sa che 12 alimenti contengono rilevanti quantità di pesticidi? sul podio ritroviamo mele, sedano e fragole, seguite da pesche, spinaci, nettarine, uva, peperoni dolci, patate, mirtilli, lattuga e cavoli. Semaforo verde, invece, per cipolla, mais, ananas, avocado, asparagi, piselli dolci, mango, melanzane, cantalupo, kiwi, anguria, patate dolci, pompelmo, funghi. E che dire delle diossine? Almeno 13 di queste molecole sono considerate sicuramente tossiche per l’uomo e gli animali. Le principali fonti di diossina sono rappresentate da inceneritori di rifiuti urbani e ospedalieri, emissioni di processi industriali quali la produzione di cloruro di polivinile (PVC), gli impianti di riscaldamento domestico a legna, il traffico veicolare e gli incendi boschivi. L’uomo può assorbire le diossine attraverso prodotti quali latte e derivati, carni e pesci. Per proteggere il bambino dall’azione tossica delle diossine bisognerebbe: 1. ridurre il consumo di grassi animali: formaggi, burro, latte intero, salumi; 2. eliminare il grasso dalle carni; 3. evitare anguilla, fegato di pesce e pesci provenienti dal mar Baltico (aringhe, salmoni e trote); 4. preferire pesci di piccola taglia o di allevamento; 5. tenere a mente che ingrassare significa incamerare diossina. I nostri incontri, programmati dal dott. Nicola Fuiano, offrono una grandissima, irripetibile chance. All’Auditorium della Scuola delle Suore Sacramentine di Bergamo a San Severo giorno 7 aprile, alle ore 18.00, presentato da Suor Maria Gabriella Gomba – Coordinatrice della Scuola –parlerà un profondo conoscitore della nutrizione: il prof. Vito Leonardo Miniello, Docente di Nutrizione Pediatrica dell’Università «A. Moro» di Bari.

Lezioni di storia: La Chiesa e L’Unità d’Italia

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i è svolto a Foggia il 10 marzo scorso il secondo incontro delle «Lezioni di Storia» organizzato nell’Auditorium dell’Archivio di Stato dal Comitato provinciale dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, in collaborazione con l’Associazione Amici della Fondazione Banca del Monte di Foggia nell’ambito di un ciclo di incontri sulle principali tappe del processo di unificazione nazionale. Dopo i saluti, la presentazione

e l’introduzione all’incontro svolti dal dott. Viviano Iazzetti, direttore dell’Archivio di Stato di Foggia, dal dott. Massimiliano Monaco, presidente del Comitato di Foggia dell’Istituto per la Storia del Risorgimento e dalla prof.ssa Rina Di Giorgio Cavaliere, presidente degli Amici della Fondazione Banca del Monte di Foggia, la relazione della serata, incentrata sul tema: «La Chiesa e l’Unità d’Italia», è stata brillantemente

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coli storici ad illustrare agli altri studenti presenti il libro, con la raccolta della corrispondenza che Clemente Nazzaro, giovanissimo alberonese - chiamato al fronte nel XII Reggimento Fanteria - aveva intrattenuto con un gruppo di amici rimasti nel paese d’origine, tra cui Mario Querques. «Sempre più spesso – ha affermato il direttore della Biblioteca, Franco Mercurio – si parla di biblioteca come conversazione: l’idea è quella di moltiplicare e diffondere conoscenza e saperi secondo i metodi informali e integrati dell’apprendimento. Una biblioteca ha il compito di tessere reti e stringere sinergie con le altre agenzie educative, per consolidare un vero e proprio patto formativo, mettendo a disposizione documenti, risorse materiali e immateriali, competenze e professionalità, anche attraverso canali meno formali». Così, i piccoli storici hanno ripercorso la storia del primo conflitto mondiale e ne hanno parlato ai loro coetanei, sentendosi protagonisti e parte attiva del processo di apprendimento. Tra la prima e l’ultima lettera, che risalgono rispettivamente al 18 dicembre 1915 e al 21 ottobre 1916, intercorre uno

spaccato di vita attraverso il quale è possibile ricostruire la grande storia di quegli anni, ma anche ampi ritagli biografici di un gruppo di ragazzi che, a dispetto del conflitto e delle battaglie, conservava un forte attaccamento alla vita e un desiderio di normalità e di futuro. Lo dimostrano le missive ricche di aneddoti, di particolari, aggiunte e postille. «Scrivono, scrivono e… arrivati in fondo… hanno ancora qualcosa da dire. Tornano indietro, scrivono di lato, accanto alla data, persino sulle altre righe… ‘spargono’ parole»: ha scelto questa frase, incisiva e toccante, l’editore per introdurre il testo, custode di memorie e di vita, che per l’impostazione epistolare risulta particolarmente indicato alla lettura da parte dei giovanissimi. Clemente morì il 3 novembre 1916 presso l’ospedaletto da campo di Gorizia, dopo essere stato ferito da una granata antiuomo, in uso nell’esercito austriaco, durante un’azione di guerra. All’incontro sono state presenti rappresentanze delle scuole di Foggia «Bovio», «De Amicis-Altamura», «Foscolo-Gabelli», «Murialdo», «ParisiDe Sanctis», «Zingarelli». Marida Marasca

sviluppata dal prof. Angelo Giuseppe Dibisceglia, docente incaricato di Storia della Chiesa negli Istituti Superiori di Scienze Religiose «Giovanni Paolo II» di Foggia, !San Nicola il Pellegrino» di Trani e all’Istituto Teologico «Santa Fara» di Bari. Nonostante l’opposizione politica dei propri vertici, la Chiesa diede un grande apporto al processo di unificazione italiana, a partire dalla terminologia: Risorgimento equivale a Resurrezione, la

parola che per i cristiani ha il valore intrinseco più forte e centrale. Al di là degli scontri e della formazione certamente anti-clericale dei maggiori protagonisti di quelle dinamiche, il fatto centrale che ha segnato i rapporti fra Chiesa e Stato nel nostro Paese è stato il processo di unificazione, un processo che è continuato, in forme diverse, anche dopo la presa di Porta Pia del 1870. M.M.

Club UNESCO di Lucera

Premio letterario «Una poesia per la pace»

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abato 19 marzo 2016, nell’Auditorium dell’Istituto Comprensivo «Bozzini-Fasani» in Lucera, il Club per l’UNESCO di Lucera, presieduto dall’arch. Carmine Altobelli, ha celebrato la Giornata Mondiale della Poesia. Nel corso della manifestazione sono stati premiati i vincitori dell’undicesima edizione del concorso regionale «Una poesia per la pace», riservato agli studenti delle Scuole medie inferiori e superiori di tutta la Puglia, incentrato quest’anno sul tema «La pace dipende anche da me». I componenti la giuria, prof. Michele Urrasio (presidente), prof.ssa Liliana Grasso, prof.ssa Antonietta Forte, prof.ssa Vincenza Pergola, prof.ssa Giada Cimino, prof. Raffaele Manna e prof. Vincenzo Beccia, hanno premiato i primi tre classificati delle due sezioni del concorso e donato libri di poesie ai primi dieci classificati di ogni sezione. Questa la classifica dei vincitori, divisi per sezione: Scuole Medie Inferiori: 1° posto a Chiara Del Buono (3^ E Scuola Sec. 1°grado «Strizzi» di Alberona) per la poesia: Il cuore non distingue i colori; 2° posto a Miriam Potenza (3^ C I.C.

«Palmieri-S. Giovanni Bosco» di San Severo) per la poesia: Troverò la pace; 3° posto, a Nicole Giulia Porcaro (3^ B I.C. «Bozzini-Fasani» di Lucera) per la poesia: Non posso conoscerti pace. Scuole Medie Superiori: 1° posto a Maria Francesca Del Buono (3^ A Scientifico Liceo «Bonghi-Rosmini» di Lucera) per la poesia: Esseri di carta; 2° posto a Giovanni Mancaniello (3^ A CAT I.T.E.T. «Vittorio Emanuele III» di Lucera), autore della poesia: Perdona; 3° posto ad Angela Velardi (3^ A Scientifico Liceo «Bonghi-Rosmini» di Lucera) per il componimento poetico: Il senso della pace. Alla serata, coordinata dal dirigente scolastico prof. Mario Tibelli, ed arricchita dagli interventi musicali di Rosalia Angelilli, accompagnata al pianoforte dal M° prof. Giuseppe Marzano, hanno preso parte anche l’avv. Pietro Agnusdei, vicepresidente nazionale vicario della Federazione Italiana Club e Centri per l’UNESCO, l’Assessore alla Cultura e P.I. del Comune di Lucera dr.ssa Federica Triggiani, nonché numerosi dirigenti scolastici da Lucera, Foggia e San Severo. Massimiliano Monaco


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Tema d’attualità per un incontro FIDAPA

I settant’anni della Repubblica in Italia e in Capitanata I

l 2016 rappresenta un appuntamento importante per la Repubblica italiana che il prossimo 2 giugno celebra i suoi settant’anni di vita. Un avvenimento di non poco conto per la vita democratica e sociale del nostro Paese che troverà molteplici occasioni di riflessione su una svolta epocale i cui esiti ci hanno accompagnato fino ai giorni nostri. Ad… anticipare tutti, creando un momento di valutazione sia a livello nazionale che territoriale, ci ha pensato la sezione di Foggia della FIDAPA che nella Sala Mazza del Museo civico ha organizzato un incontro sul tema «I settanta anni della Repubblica italiana». Le relazioni ufficiali sono state affidate al professor Stefano Picciaredda, docente di Storia contemporanea all’Università di Foggia (La nascita della Repubblica italiana), e al giornalista Geppe Inserra (Foggia e la nascita della Repubblica). Nel ruolo di moderatrice Gloria Fazia, direttrice del Museo civico. Brevi saluti iniziali da parte della presidente della sezione FIDAPA di Foggia, Maria Antonietta Narciso («Il

tema di questa sera nasce dai valori stessi dello statuto FIDAPA»), e dell’assessore al comune di Foggia Anna Rita Tucci («La nascita della Repubblica ha dato l’avvio ad un processo identitario che non si è ancora completato del tutto»), in rappresentanza del sindaco Landella. Quindi, le due agili e interessanti relazioni che hanno ricordato ai presenti gli avvenimenti più significativi che hanno preceduto l’avvento della Repubblica, le modalità attraverso cui si è realizzato il passaggio dalla monarchia (il chiacchierato referendum), l’approccio degli italiani con una forma istituzionale nuova e un contesto democratico fino ad allora sconosciuto. Il professor Picciaredda ha dedicato buona parte del suo intervento sull’Assemblea costituente e all’impianto della Carta costituzionale. «Conoscere la storia – ha affermato tra l’altro il docente universitario – è il fondamento della nostra identità. La democrazia va intesa come la tutela delle minoranze nel rispetto della volontà della maggioranza». Geppe Inserra, giornalista e studioso

di storia locale, ha riportato sul territorio il dibattito più generale sulla nascita della Repubblica, non trascurando di sottolineare la particolare situazione di Foggia che dalla precedente esperienza bellica aveva avuto in eredità una serie di bombardamenti con conseguente distruzione del tessuto urbano e sociale, oltre che migliaia di vittime. Inserra, non venendo meno al suo ruolo di giornalista, si è servito di copie dei giornali dell’epoca (in particolare, anche Foggia Occupator, organo degli Alleati durante il periodo dell’occupazione) per supportare il suo intervento che ha delineato un quadro esauriente dei primi passi della neonata democrazia in Capitanata: la partecipazione di illustri personalità del territorio alla Costituente e i risultati delle elezioni amministrative che hanno connotato l’anno 1946, mettendo in moto un meccanismo di partecipazione democratica che per la prima

Premio di Poesia «Il Sentiero dell’anima» XII Edizione 2016

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e «Edizioni del Rosone», il Centro Culturale «Il Sentiero dell’Anima», il FAI Fondo Ambiente Italiano, Delegazione di Foggia, indicono, in collaborazione con la Fondazione Banca del Monte D. Siniscalco Ceci e l’Università della Terza Età «Unitre« di San Marco in Lamis, la XII Edizione (2016) del Concorso di Poesia «Il Sentiero dell’Anima». Le sezioni previste: Sez. A – Poesia edita in italiano; Sez. B – Poesia inedita in italiano; Sez. C – Poesia dialettale edita; Sez. D – Poesia dialettale inedita; Sez. E – Poesia in italiano o in dialetto (riservata a giovani autori della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado) È ammessa la partecipazione a più sezioni. Il tema dei componimenti poetici resta libero. Tuttavia, dato il nuovo sodalizio con il FAI Fondo Ambiente Italiano, e nella convinzione che si possa raccontare e parlare di ambiente e cultura anche attraverso la poesia, si propone il tema «Il Paesaggio come bene comune». Riflessione proposta in una prospettiva di «ambiente quale contenitore di natura, cultura e civiltà», quindi ecologia e rispetto per il paesaggio e il territorio, come già affermato dai padri costituenti nell’Art. 9 della nostra Costituzione Italiana. Per le sez. A e C: inviare 3 copie di un volume di poesie edite dall’anno 2011 in poi, corredate dai contatti dell’autore, all’indirizzo «Edizioni del Rosone» Via Zingarelli 10 – 71121 FOGGIA. Per le sez. B-D-E: inviare file in formato doc di 1 poesia di max 50 versi, corredata dai contatti dell’autore e dichiarazione che la lirica, di propria composizione, non è stata premiata in altri concorsi, all’indirizzo e mail: contatti@edizionidelrosone.it. I concorrenti iscritti al FAI devono allegare anche copia della propria tessera, valida per l’anno in corso. Il termine ultimo per inviare è fissato al 30 aprile 2016 (farà fede il timbro postale o la data di ricezione della e-mail). Il giorno 28 maggio 2016, alle ore 17,00, avrà luogo la cerimonia di premiazione nella splendida natura de Il Sentiero dell’Anima, km.13 sulla Strada Provinciale 48 S. Marco in Lamis – S. Nicandro Garganico. Le fasi principali del Concorso, l’elenco dei poeti partecipanti e le poesie premiate e segnalate saranno pubblicati sui periodici delle Edizioni del Rosone e sull’Antologia che riporta i risultati del premio. Il suo costo è di euro 10 (potrà essere acquistata durante la premiazione o richiesta alle Edizioni del Rosone). Per l’eventuale spedizione degli attestati e dell’Antologia, le spese sono a carico del concorrente. Il materiale inviato non sarà restituito. Non si terrà conto del materiale inviato che non corrisponda a ciò che il regolamento prevede. Le opere saranno valutate, a giudizio insindacabile ed inappellabile, da una giuria di letterati, critici e poeti, che sarà resa nota il giorno della cerimonia di premiazione. Il bando completo è scaricabile dai siti: www.edizionidelrosone.it – www.ilsentierodellanima.org www.clubdeglieditori.com Per informazioni rivolgersi a: Edizioni del Rosone – Via Zingarelli, 10 – 71121 Foggia – Tel. e Fax: 0881-687659

volta ha coinvolto anche l’universo femminile. Gloria Fazia ha tirato fuori dallo scrigno di storia rappresentato dal Museo civico che dirige copia di due numeri di giornali locali dell’epoca che sono risultati utili a contestualizzare e attualizzare il tema della serata. In conclusione, si è trattato di un’ottima occasione per un revival che ha fatto tornare indietro nel tempo i più avanti negli anni ma è servito ai più giovani per comprendere attraverso quali avvenimenti, e con quanta fatica e sacrificio, si è pervenuti alla condizione di democrazia di cui oggi beneficiamo. Un tema ben scelto da parte della sezione FIDAPA di Foggia che conferma ancora una volta la preziosa e benemerita azione di conoscenza e riflessione svolta dall’organismo foggiano. Stefania Paiano

A cura di «Mediterraneo è cultura»

Conversazione sulla poesia D

opo il primo concertino misterioso della serie «Te lo scrivo nell’orecchio», che ha visto come sorpresa il cantante Gnut, l’associazione «Mediterraneo è Cultura» di Lucera ha organizzato un incontro sulla poesia che non ha nulla di segreto. Sabato 5 marzo il salone del Circolo Unione di Lucera ha ospitato la «Conversazione sulla Poesia» che ha visto protagonista Mario De Santis con Sciami. Poeta, giornalista e conduttore radiofonico, De Santis è stato già ospite di «Mediterraneo è Cultura» durante la XII edizione del Festival della Letteratura Mediterranea insieme ai suoi compagni del readingshow di Radio Capital «Parole Note Live». Sciami (Landolfi Editore) è l’ultima raccolta di versi a cura di Mario De Santis che si occupa da sempre di poesia e critica letteraria. Tra le altre sue pubblicazioni inerenti la poesia si ricordano Le ore Impossibili (Empiria, 2007) e La polvere nell’acqua (Milano, Crocetti, 2012). Durante la serata Maria Del Vecchio, neopresidente di «Mediterraneo è Cultura», ha conversato con Mario De Santis su cosa è la Poesia, sui modi in cui può nascere, su come respira e si costruisce; se e in che misura la Poesia riesce ad essere «materia», viva e dotata di fisicità, pur essendo una struttura di forme leggera e impalpabile, cangiante e mai bloccata in un codice definito; su come il suo incontro può modificare e salvare una vita. A leggere una selezione di poesie da Sciami è stato il cantastorie e attore Salvatore Tota. «Vogliamo presentare alla città Mario De Santis – ha dichiarato Maria Del Vecchio – come poeta, giornalista, autore in radio e critico letterario, ma soprattutto come amico della nostra associazione. Il suo contributo sarà molto prezioso per noi che siamo già al lavoro per la prossima edizione del Festival. Uno dei nostri obiettivi è dimostrare che la ‘complessità’ e la ‘leggerezza’ non sono mondi opposti; impegnarsi in qualcosa, andarci a fondo, non significa appesantirsi di un fardello, ma al contrario librarsi in volo ed essere aperti agli incontri e agli scambi. La letteratura, la scrittura, così come lo studio e la divulgazione di conoscenze, sono parte della vita di ognuno e possono essere per noi strumenti così come lo sono una zappa o un processore. La dimensione poetica, la poesia del vivere e del sentire il e nel quotidiano, sarà uno dei nostri chiodi fissi. E vi promettiamo che non si tratterà di nulla di noioso».


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territorio

Marcia della pace per dire no alla guerra e alla violenza

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ettete una palma nei vostri droni. Potrebbe essere questo lo slogan della Marcia della Pace svoltasi il 20 marzo. I fiori nei cannoni non bastano più: la guerra per noi europei è diventata silenziosa, qualcosa che si fa ma non si dice, non bisogna disturbare il manovratore. L’Ambasciata di Pace, sigla antica e istituzionale, che riunisce a Palazzo Dogana un grande numero di associazioni foggiane, vuole invece dire i suoi NO alla guerra e alla violenza in maniera forte e chiara, e per questo ha indetto per la Domenica delle Palme, la Marcia della Pace, rinnovando una tradizione consolidata sul classico percorso dalla Comunità Emmaus all’aeroporto militare di Amendola, dove sono state lasciate le palme e i ramoscelli di ulivo benedetti. La Domenica delle Palme è percepita da sempre come momento di pace. I messaggi comunque sono laici, e toccano questioni precise: si è detto no all’interventismo in Libia e in Medio Oriente; sì all’accoglienza dei rifugiati; no alla vendita di armi all’Arabia Saudita e quindi basta ai bombardamenti in Yemen; verità per Giulio Regeni, ambasciatore di pace ucciso nell’Egitto comandato dai militari. Dalla Comunitù Emmaus i partecipanti alla marcia hanno raggiunto l’aeroporto di Amendola attraverso la complanare. Numerose le associazioni foggiane presenti unitamente a gruppi di cittadini. Ambasciata di Pace presso Palazzo Dogana

Non solo tesine Per pianificare un progetto di ricerca

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diventato ormai un rapporto consolidato quello tra la Biblioteca Provinciale di Foggia «La Magna Capitana» e Laura Ballestra, bibliotecaria dell’Università «Carlo Cattaneo» di Castellanza, in provincia di Varese, e collaboratrice del Cared, il centro di ateneo per la ricerca educativo-didattica e l’aggiornamento. Il 26 febbraio scorso la bibliotecaria - tra i massimi esperti nazionali di information literacy – è tornata per il terzo anno consecutivo a Foggia, a tenere il seminario dal titolo Non solo tesine, rivolto agli studenti degli istituti di istruzione secondaria di secondo grado. L’incontro è servito per fornire ai ragazzi gli strumenti necessari per pianificare e realizzare un progetto di ricerca - dalla stesura della tesina, fino agli elaborati più importanti - selezionando le risorse bibliografiche tradizionali ed elettroniche, con consapevolezza critica. Il seminario, organizzato dalla Biblioteca, era rivolto a 150 studenti. Presente una rappresentanza di allievi delle scuole «Giannone-Masi» di Foggia, «Zingarelli» di Cerignola, «Marconi» di Foggia. L’esperienza già consolidata conferma il grande interesse suscitato nei ragazzi da questo percorso formativo.Per la prima volta, infatti, gli studenti hanno avuto l’occasione di misurarsi con un vero e proprio piano di ricerca. Nell’edizione 2014 del progetto, tra gli studenti che vi hanno preso parte, si è distinto Gianmarco di Lella, neodiplomato al Liceo Scientifico «G. Marconi» di Foggia, che è risultato tra i vincitori con una ricerca finale sul tema delle psedudoscienze.

Il rettore Ricci nuovo presidente del CURC

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l prof. Maurizio Ricci, Rettore dell’Università di Foggia, è stato nominato nuovo presidente del Comitato universitario regionale di coordinamento (C.U.R.C.), l’organo di controllo e indirizzo che coordina e mette in relazione politiche e strategie dei cinque Atenei della Puglia (Foggia, Salento, Bari «Aldo Moro», Politecnico e L.U.M. Jean Monnet), fino al 31 dicembre 2017. Da quando, oltre due anni fa, all’interno del C.U.R.C. è stato introdotto il principio della rotazione della presidenza, che fino ad allora per storia spettava unicamente al Rettore dell’Università «Aldo Moro» di Bari, per la prima volta l’incarico più prestigioso è stato affidato al Rettore dell’Ateneo anagraficamente più giovane tra quelli che compongono il C.U.R.C.: cioè all’Università di Foggia.

La dottoressa Teresa Romei direttore generale di UniFg

Comunicato stampa n. 16 del 23 febbraio 2016 l Senato accademico e il Consiglio di amministrazione dell’Università di Foggia, riuniti in seduta congiunta, hanno approvato all’unanimità la nomina del nuovo Direttore generale dell’Università di Foggia: si tratta della dott.ssa Teresa Romei (44 anni, originaria di San Severo ma foggiana da sempre, direttore di Struttura complessa presso l’Azienda ospedaliero-universitaria Ospedali Riuniti di Foggia) che resterà in carica per i prossimi due anni con la possibilità di un eventuale rinnovo sempre biennale. La dott.ssa Teresa Romei si è laureata all’Università di Bari dove ha anche conseguito la specializzazione in Scienze delle autonomie costituzionali. Fino ad oggi ha ricoperto la carica di direttore della Struttura complessa di gestione del patrimonio dell’Azienda ospedaliero-universitaria Ospedali Riuniti di Foggia, oltre ad essere cultrice di Diritto costituzionale presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Foggia e collaboratrice delle rivista giuridica “Nuova rassegna

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Dalla Provincia a cura di mauro Galantino Monte S. Angelo: la notte dei falò È tornata la tradizione della «Notte dei Falò», notte di tradizione e sapori, di enogastronomia d’eccellenza e di musica popolare. Lo scenario è stato il centro storico di Monte Sant’Angelo. Quest’anno l’associazione ARCI Nuova Gestione, con il patrocinio ed il sostegno economico del Comune di Monte Sant’Angelo, insieme ad altre associazioni e Chef locali hanno proposto un percorso enogastronomico con falò in diverse piazze del Centro Storico. Il percorso è stato arricchito dalla presenza di un vero e proprio borgo degli antichi mestieri creando così una rivitalizzazione del centro storico rievocando la vera natura dello splendido territorio.

Orsara di Puglia: presentata docu-fiction Presentata nell’aula consiliare del Comune di Orsara di Puglia, la docu-fiction intitolata «Orsara Ieri e Oggi». Si tratta di un format televisivo innovativo, una storia che accompagna lo spettatore in un viaggio alla scoperta di Orsara e del suo territorio. Attrice protagonista della docu-fiction è la lucerina Stefania Benincaso. La regia è curata da Germano Benincaso. L’obiettivo dell’opera è quello di promuovere le risorse economiche, storiche, culturali e i luoghi del paese. Il format si articola in dieci puntate che saranno mandate in onda su un canale televisivo e in streaming, oltre a essere registrate su dvd.

Peschici: censimento delle antenne di telefonia mobile Nel corso di un incontro tenutosi presso la sede municipale, alla presenza dei componenti il Consiglio Comunale e di rappresentanti dei comitati spontanei di cittadini che si sono costituiti in relazione all’intervento relativo alla realizzazione di una stazione radio base Vodafone nell’area dell’ex campo sportivo comunale, si è addivenuti alla decisione di spostare il manufatto in questione, sempre all’interno dell’area ex campo sportivo comunale, ma lungo il lato sinistro a sud dell’area. L’Amministrazione comunale ha deciso, altresì, di procedere ad un censimento per la individuazione di antenne di telefonia mobile e simili, a qualsiasi titolo, installate nell’ambito del territorio comunale di Peschici al fine di adottare un piano comunale per la installazione di antenne e/o simili.

Manfredonia: celebrata Giornata dell’Unità nazionale In occasione del 17 marzo marzo – Giornata dell’Unità Nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera – il sindaco Angelo Riccardi ha dichiarato: «Le bandiere sono un simbolo immediato per percepire l’appartenenza ad una comunità di cittadini e questa ricorrenza può essere una maniera con cui far capire ai più giovani quanto nei colori e nella forma del nostro vessillo riposi un’idea di noi come popolo. Un modo anche per coinvolgere tanti bambini di nuova immigrazione nella scoperta dei simboli del territorio nel quale vivono. La data della nascita dell’Italia moderna potrebbe riunire tutti nel superamento delle divisioni e delle ricorrenti polemiche e nel rafforzamento del sentimento di identità nazionale».

Torremaggiore: Giornate Fai Celebrate anche a Torremaggiore le giornate FAI di primavera con i luoghi di visita più cari e rappresentativi del territorio: il parco archeologico di Fiorentino, dove è morto lo Stupor Mundi nel 1250 e il Castello ducale che, avuto origine da un castrum d’epoca normanno-sveva, è stato ampliato e modificato in residenza nobiliare tra il sec. XV e XVI dai feudatari «de Sangro» (duchi di Torremaggiore dal 1572 e principi di Sansevero dal 1587).

S. Agata di Puglia: domenica delle Palme dedicata alla pace Una domenica delle Palme dedicata tutta alla bellezza della Pace, a Sant’Agata di Puglia. Il Circolo Lettori «Kelvin 310» e l’Associazione Mamme Santagatesi, con il Patrocinio del Comune, hanno promosso una particolare iniziativa dedicata ai bambini: «Tu porti un’arma giocattolo a noi, o un disegno contro la guerra, e noi, in cambio, ti regaliamo un libro». Dal momento che gli adulti continuano ancora a trovare nelle guerre e nelle divisioni motivi di interessi legati a smanie ideologiche, nonostante la storia gridi ancora di olocausti e tragedie tremende, un motivo di speranza, allora, forse andrebbe cercato tra i sorrisi dei bambini. Se il cuore del mondo è ancora sordo al dolore delle guerre, forse un piccolo cuore, nella sua semplicità, riesce invece a contenere ancora amore.


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nche quest’anno la Fondazione Banca del Monte, in collaborazione con le Edizioni del Rosone, ha consentito la realizzazione del progetto «Foggia tra storia e memoria». La Fondazione ha provveduto a consegnare ad alcune scuole medie inferiori del capoluogo copie della pubblicazione «Dalla Valbrenta al Sud. I profughi raccontano la Grande Guerra», al fine di sottoporre alla conoscenza e alla riflessione dei giovani studenti delle classi terze uno spaccato relativo ad un avvenimento storico di rilevante portata per il nostro Paese. Non soltanto: il libro, infatti, narra le vicende di un fenomeno che va sotto il nome di profugato e che ha indotto migliaia di uomini e donne delle zone di guerra ad allontanarsi da casa per cercare rifugio e accoglienza in altre regioni. La Puglia, e la provincia di Foggia, tra queste. Il libro, benché si occupi di un avvenimento di cui in questi anni ricorre il centenario, appare di un’attualità sconcertante e ci insegna che a confrontarsi con il profugato non siamo soltanto noi cittadini del terzo millennio, ma anche i nostri avi ne sono stati interessati e coinvolti. Questa è la testimonianza che «Dalla Valbrenta al Sud. I profughi raccontano la Grande Guerra» intende trasferire ai giovani di oggi, affinché prendano coscienza di un mondo che è certamente cambiato rispetto a cento anni fa ma è costretto a proporre ancora povertà, difficoltà e umiliazioni che sembrano accompagnare le vicende umane senza soluzione di continuità. A beneficio dei lettori proponiamo alcuni passaggi, tra i più significativi, del libro in questione. Marida Marasca Premessa

Il primo conflitto mondiale è stato l’evento storico che ha influito in modo più incisivo sulla trasformazione politica e sociale nel mondo moderno. (…) L’Italia iniziò le ostilità nel maggio 1915 a fianco dell’Intesa, dopo aver rotto l’alleanza che dal 1882 la legava in modo innaturale alla Germania e soprattutto all’Austria, nemico tradizionale nelle tre guerre d’indipendenza risorgimentali combattute nel 18481849, 1859 e 1866. Gli Italiani chiamati sotto le armi furono circa 5 milioni. Di questi, provenienti da ogni parte d’Italia, 650.000 morirono sui campi di battaglia o negli ospedali per le ferite riportate, altri, circa 1.500.000, furono feriti e tanti di questi rimasero mutilati e invalidi. (…) Ma il prolungarsi del conflitto, con i suoi strascichi di lutti e di miseria, diffuse sempre più nel paese il desiderio di pace, mentre l’economia era in gravi difficoltà a causa delle enormi spese militari. (…) Nel periodo compreso fra il maggio e il settembre del 1917 le truppe italiane riuscirono comunque a penetrare, a costo di gravissime perdite, sull’altopiano della Bainsizza. Ma l’esercito austriaco, al quale si aggiunsero alcune divisioni tedesche, sferrò una violenta offensiva presso Caporetto il 24 ottobre. Le linee italiane furono travolte e questo costò un gran numero di vittime e di prigionieri, oltre alla perdita di armi e materiale bellico. (…) La situazione appariva drammatica, tanto che furono chiamati al fronte anche i giovani diciottenni della classe 1899. La resistenza dell’esercito italiano

miGrAzioni ieri e oGGi Dalla Valbrenta al Sud: il profugato da Caporetto a oggi

Tutto è cambiato, niente è cambiato

fu infine premiata e l’offensiva nemica venne bloccata sul fiume Piave, sull’altopiano di Asiago e sul monte Grappa. (…) Con la sconfitta di Caporetto anche la popolazione civile subì gravissimi disagi: molti furono coloro costretti ad abbandonare le loro terre, le loro case, per raggiungere zone d’Italia completamente sconosciute e del tutto diverse da quelle in cui erano nati. Nord, Centro e Sud diventarono una cosa sola. Da Caporetto, dunque, inizia «il travagliato periodo del profugato» . San Nazario e il profugato San Nazario (VI) è inserito in un paesaggio, quello della Valbrenta, completamente dominato dalle acque e dalle montagne. Il Comune si estende fin nella zona detta dei Colli Alti, in un territorio montano che comprende luoghi ormai famosi nella storia italiana per essere stati teatri di scontro durante la Prima Guerra Mondiale. Nel corso della Grande Guerra, la Valbrenta, nell’ipotesi di una possibile invasione da Nord, assunse un ruolo strategico importante. A partire dal 1916, a seguito degli interventi di sistemazione difensiva militare sul Monte Grappa, si rese necessario creare delle strutture di collegamento e continuità con le difese esistenti sull’Altopiano di Asiago. Numerose linee di sbarramento, formate da gallerie, trincee, camminamenti, postazioni... furono pertanto realizzate sui versanti che dal Monte Pertica, Col d’Anna e Col Moschin scendevano a valle. Le opere di difesa, che anche nel Comune di San Nazario furono realizzate, sono ancora presenti e servono a valorizzare lo straordinario patrimonio storico della zona. Oltre la guerra… la vita… nonostante tutto ... Il popolo di San Nazario, durante il profugato, abbiamo constatato, venne distribuito, nel vero senso della parola, in tante regioni e province italiane: dalla Puglia, alla Sicilia, alla Campania, alla Calabria, all’Emilia, alla Liguria, alla Lombardia, al Piemonte, e a onor di cronaca, come precisa il Campana, in Valle d’Aosta, in Toscana, in Abruzzo, in Umbria.

Tragica fu l’esperienza dei profughi con la sofferenza e la malattia, ma circa i sannazzaresi morti in giro per l’Italia... una statistica ed un elenco non è mai stato fatto. Unico modo per avere un quadro abbastanza chiaro è stato quello di scorrere tutti i fogli di famiglia dell’anagrafe di quel tempo. E da ritenersi però che il numero dei decessi in terra di profugato sia stato maggiore di quello rilevato. Bisogna sottolineare che, fino a che il Comune si trovava a Foggia, non registrò nei suoi atti alcun movimento anagrafico. Solo dopo il ritorno, negli anni 1921 e 1922, quando la vita cominciava a riprendere, l’ufficio comunale, facendosi interprete delle richieste dei familiari per avere documentazione relativa alla morte dei profughi, si mise a scrivere ai vari Comuni chiedendo l’invio della copia degli atti di morte. E questo ha potuto farlo solo su indicazione dei parenti in quanto l’ufficio comunale non ne era a conoscenza. È comprensibile quindi che non tutti i decessi siano stati registrati. Un esame..., compiuto oggi, a posteriori, dà comunque l’opportunità di tracciare una mappa significativa di tale realtà. Delle 97 rilevate, ben 42 sono le persone morte in provincia di Foggia. I bambini di età inferiore a cinque anni deceduti nel periodo del profugato furono 23, dei quali ben 11 a Foggia. Non tutte le note, però, sono state tristi. La vita è continuata pure nel disagio e nella sofferenza, e nonostante la lontananza da casa. I bambini nati nelle varie regioni italiane furono 54, tra cui anche la figlia del Commissario, Maria Benacchio, nata a Foggia il 14 febbraio 1918. Certamente essi andavano a scuola, tutti frequentavano le chiese, le donne fraternizzavano e i giovani “discorrevano”, e nacquero anche storie d’amore.

E si sposarono, sia tra paesani che coi “foresti”. Ma ci furono amicizie e matrimoni anche con i locali: Onorina Gheno di Domenico aveva vent’anni quando conobbe Alfredo Curiale da Foggia. Si sposarono a San Nazario dopo la guerra il 7 giugno 1922 e lei si trasferì subito in Puglia. Oggi Tanti ancora i conflitti nel mondo e i

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motivi che vengono sbandierati per giustificare una guerra (l’odio razziale e religioso) spesso ne nascondono altri, più squallidi. Come nei secoli passati si alimentavano conflitti per il controllo delle risorse, ancora oggi milioni di persone sono travolte dalle lotte per lo stesso motivo. Le guerre determinano sempre migliaia di profughi, persone che la furia dei combattimenti caccia dalle case, famiglie che non hanno più un luogo dove vivere, oppure uomini e donne che vedono distrutti i loro luoghi di lavoro. Se dare rifugio a questi disperati è un atto di doverosa umanità, diventa un problema drammatico quando si tratta di intere masse in fuga da un paese in guerra. Tra questi disgraziati spesso si diffonde un profondo senso di umiliazione e di disperazione, che producono odio e sentimento di vendetta, materie prime di cui, in genere, è costituito il terrorismo, l’altra grande piaga che avvelena i rapporti tra le nazioni e i popoli della terra. (…) Nell’opinione pubblica c’è confusione tra emigrazione clandestina, problemi di sicurezza e asilo ai rifugiati. Sempre più spesso chi chiede asilo viene ritenuto un immigrato illegale, un potenziale terrorista, un criminale... Ormai non viene fatta distinzione tra gli emigranti che cercano condizioni economiche migliori e rifugiati con un serio e fondato timore di persecuzione. Integrazione, la vera sfida L’intolleranza razziale, una piaga cancerosa. E tuttavia, nella diffidenza verso l’altro, verso il nuovo arrivato, non agisce sempre e soltanto la sindrome xenofoba. Perché colpevolizzare senza appello quanti, pur disposti a riservare agli immigrati l’uguaglianza di trattamento, si preoccupano dei loro codici morali, nel timore di paesaggi culturali che potrebbero risultare sconvolti? La civiltà è una costruzione fragile e complessa; c’è voluto un travaglio secolare di uomini e un incalcolabile dispendio di risorse per farla germogliare, basta poco per farla sprofondare nelle tenebre. Il problema, inevitabile, però, non consiste nell’indurre abiti di tolleranza indiscriminata, in nome di una fratellanza che sa più di pulpito che di concrete esperienze di vita vissuta, ma nel prendere atto che la comunità è cambiata e che occorre trovare nuove regole che valgano sia per i vecchi sia per i nuovi membri. (…) Il problema cruciale dell’incontro e della commistione delle etnie è di ordine giuridico e politico. Occorre fissare in maniera inequivocabile diritti e doveri dei cittadini, recenti e no. Le civiltà non sono specie da proteggere e da consegnare ai posteri pressoché incontaminate. Ma gli incroci delle culture debbono realizzarsi entro argini istituzionali sicuri. A loro fondamento debbono stare norme precise dettate da una ragione pratica che ignora ogni sorta di fondamentalismi, gerarchie di caste e di ceti, patriarcalismi. L’alto livello di accettazione dell’immigrazione è frutto di una conquista e non ha nulla di naturale e innato. Ben venga allora la società multiculturale, ma, una società che non si trasformi in un’accozzaglia di comunità ostili e settarie, educate in ghetti basati su visioni esclusiviste del mondo.


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i è rivelato un appuntamento di straordinario successo, non soltanto per la nutrita partecipazione di pubblico. L’VIII edizione di «Colloquia, Festival delle idee», svoltasi a Foggia nei9 giorni 18 e 19 marzo, ha proposto contenuti e protagonisti di primissimo ordine e di grande attualità. Ancora una volta la Fondazione Banca del Monte e la Biblioteca provinciale «La Magna Capitana» sono riuscite a «portare» nel capoluogo un’occasione di confronto e di riflessione di straordinario impatto culturale. La città e la provincia crescono anche attraverso questi appuntamenti che aiutano ad elevare il livello complessivo della collettività. «Italia istruzioni per l’uso» è il tema scelto quest’anno per stimolare le riflessioni di illustri esponenti del panorama intellettuale: differenti punti di vista per comprendere la situazione attuale e futura del nostro Paese rispetto alla sua realtà interna come alle relazioni internazionali. Nella prima giornata si è dibattuto sulla condizione «interna» dell’Italia, anche da punti di vista piuttosto originali e, per questo, di grande interesse. La storica dell’arte Anna Ottani Cavina si è soffermata su «Italia dipinta, il paesaggio interpretato dagli artisti»: i grandi artisti stranieri che già dal Settecento hanno dipinto gli incomparabili paesaggi del Bel Paese. Un tipo di pittura, questo, che può essere preso come la base per altri movimenti artistici, come l’impressionismo.

CronAChe dellA CulturA Colloquia, Festival delle idee, ottava edizione

Un appuntamento di grande appeal che ha aiutato a capire e riflettere L’antropologa Amalia Signorelli ha affrontato il tema «Morale pubblica e morale privata»: la principale protagonista della retorica italiana è la famiglia fino a trovare la giustificazione di comportamenti illegali pur di recare profitto al nucleo familiare. «Siamo illegali sempre – ha affermato la Signorelli – dai parcheggi agli scontrini, alla grande delinquenza. Chi non rispetta le regola non ci reca fastidio purché il suo comportamento non interferisca con le nostre attività». L’architetto e docente universitario Chiara Tonelli ha relazionato su «Il futuro dell’abitare»: abbiamo a disposizione conoscenze per riqualificare dal punto di vista energetico i nostri edifici, ma la tendenza è molto diffusa nei Paesi del Nord Europa, trovando più problematica attuazione nei centri storici italiani a causa del notevole impatto estetico. Riccardo Iacona, giornalista autore e conduttore di «Presa diretta» ha riflettuto sul tema «L’Italia e il mondo che preme alle sue porte. Paure e speranze»: sono migliaia i profughi che chiedono ai Paesi europei di poter accarezzare una prospettiva esistenziale e che, dopo anni di accoglienza sia

pure insufficiente e spesso approssimativa, cominciano a vedersi respinti, vittime delle nostre paure, della stanchezza, dei pregiudizi. Lo studioso di relazioni internazionali Vittorio Emanuele Parsi per affrontare il tema scelto ha usato una metafora calcistica «Il movimento “senza palla”. La politica estera dell’Italia di Renzi»: è emerso, nelle riflessioni dello studioso, un quadro ricco di perplessità sulla politica estera italiana di questo momento, non dissimile dalla politica del passato. In sostanza, sono sempre gli altri a «giocare la palla», anche oggi che Renzi si affida ai proclami, ben lontani dalla necessaria concretezza. L’esperto di strategie militari e geopolitica Alessandro Politi ha riflettuto su «Dove va il mondo e l’Italia nel mondo»: se possibile, il panorama delineato da Politi è ancora più fosco di quello proposto da Parsi. È innegabile la crisi delle grandi potenze, dagli USA alla Cina, e il mondo patisce la mancanza di una leadership sovranazionale. Russia e Medio Oriente sono in declino, l’Africa sta diventando economicamente e strategicamente importante.

I protagonisti di Colloquia 2016

Riccardo Iacona Reporter, autore e conduttore televisivo. A fine anni ‘80 inizia la sua esperienza televisiva nelle terza rete della Rai, prima in Scenario di Andrea Barbato e Duello; dopo l’incontro con Michele Santoro, in Samarcanda, Il Rosso e il nero e Temporeale. Lascia la Rai per seguire Santoro su Italia Uno; è autore, insieme a Ruotolo e Formigli, dei programmi Moby Dick e Moby’s. Nel 1999 vi rientra, sempre insieme a Michele Santoro, e lavora per le due testate Circus e Sciuscià. La serie Italiani, con W gli Sposi, W il Mercato e W la Ricerca ottiene numerosi riconoscimenti, fra cui il Premio Ilaria Alpi e il Premio Flajano. Dal 2009 è autore e conduttore di Presa diretta, il programma di reportage che da 6 anni presidia la domenica sera di Rai 3 alterandosi con Report. Alessandro Politi Analista politico e strategico. Direttore della NATO Defense College Foundation, l’unico centro di ricerca non governativo affiliato direttamente alla NATO. Ricercatore senior del CeMiSS per l’America Latina, ha creato e guidato il progetto Global Outlook dal 2013 al

2015, culminato in una pubblicazione in italiano ed inglese. Ha diretto la ricerca del CEMRES sulle misure di confidenza nell’ambito dell’Iniziativa del 5+5 Difesa, svolgendo la relazione conclusiva ai ministri della Difesa a Granada. Docente di geopolitica, geoeconomia ed intelligence presso la SIOI è anche docente di gestione di conflitto, crisi, pacificazione ed analisi presso istituti di formazione governativi. Facilitatore del gruppo Global Shapers del WEF ed oratore per il TEDxLUISS, è stato consigliere di tre ministri della Difesa italiani e di uno greco, ed ha lavorato anche con un SG/DNA, un Direttore del DIS ed un presidente del COPASIR. Già direttore vicario della Scuola d’Analisi Intelligence della LCU. Vittorio Emanuele Parsi È uno dei maggiori e più conosciuti esperti italiani di politica internazionale. Direttore di ASERI (Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali) che ha contribuito a fondare oltre 20 anni fa, è professore ordinario di Relazioni Internazionali e di Studi Strategici all’Università Cattolica di Milano, editorialista per II Sole 24 Ore e opinionista per Panorama. Vittorio Emanuele Parsi si è sempre occupato delle trasformazioni del sistema internazionale dopo la fine della Guerra Fredda, della politica estera italiana e della sicurezza in Medio Oriente. Un ulteriore tema costante della sua ricerca è stato quello del rapporto tra economia di mercato e democrazia politica, con particolare sensibilità alla questione della diseguaglianza.

Anna Ottani Cavina A lungo docente di Storia dell’Arte all’Università di Bologna, ha creato e diretto la Fondazione Federico Zeri. Insegna alla Johns Hopkins University SAIS Europe. Ha pubblicato sui temi della pittura caravaggesca, dell’età neoclassica, del paesaggio illuminista e romantico. Collabora alle pagine culturali de La Repubblica. Amalia Signorelli Si è laureata nel 1957 con una tesi sull’antropologia statunitense, diretta da Ernesto de Martino, che un anno dopo la chiamò a far parte dell’équipe impegnata sul campo nello studio del tarantismo pugliese. In seguito ha scelto come suo ambito di ricerca i processi di cambiamento culturale legati alla modernizzazione nell’Italia meridionale e, in misura minore, in Messico. Ha studiato i movimenti migratori, il clientelismo, le trasformazioni della condizione femminile ed ha inaugurato in Italia gli studi antropologici sulle culture urbane. Ha dedicato studi e

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I relatori si sono trovati d’accordo sulla considerazione che i terrorismi sono satelliti delle mafie, e che in Italia fino ad oggi non c’è stata una sola vittima del terrorismo internazionale, mentre i morti ammazzati dalla mafia sono tanti. Mafia che rimane la prima sfida che l’Italia deve affrontare. La «due giorni» di Colloquia è stata moderata dal noto giornalista Gad Lerner. In definitiva, una manifestazione che ha superato le più ottimistiche attese e che ha portato a Foggia e in Capitanata due giorni di dibattito di livello elevato, in linea con gli auspici espressi dal presidente della Fondazione Banca del Monte, professor Saverio Russo, in sede di presentazione dell’appuntamento. «Il tema proposto per l’ottava edizione di Colloquia – aveva dichiarato Russo – propone approcci diversi all’analisi dell’identità storica e culturale, del presente e del futuro del nostro Paese, in una fase cruciale degli equilibri euro-mediterranei. Dal paesaggio, da difendere e valorizzare, alla morale pubblica, da promuovere, erodendo lo spazio del prevaricante interesse personale o di gruppo, alla progettazione sostenibile delle nostre case, in un Paese eccessivamente urbanizzato, alla sua collocazione in un mondo profondamente cambiato, con cui dobbiamo imparare a convivere». Stefania Paiano saggi all’opera di Ernesto de Martino. Attualmente è impegnata in una riflessione sulle culture della crisi. Ha insegnato nelle università di Urbino, Napoli Federico II, Roma la Sapienza. Chiara Tonelli Architetto green oriented, esperta di energie sostenibili, docente universitario, ideatrice di diversi progetti vincitori di premi internazionali, Chiara Tonelli, docente di Tecnologia dell’architettura presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi Roma Tre, ha coordinato il primo progetto italiano ammesso a Solar Decathlon, competizione tra università di tutto il mondo per la progettazione e realizzazione di edifici ad alta efficienza energetica. Nel 2014 a Versailles il prototipo di

appartamento per il Social Housing, denominato «RhOME for density», si è classificato primo assoluto. Attualmente è responsabile del Coordinamento del Piano Energetico Regionale del Lazio. Si occupa di management del processo edilizio e di progettazione ambientale, applicati sia alla scala urbana, sia a quella dell’edificio.


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CronAChe dellA CulturA

Presentato Con la prossima luna di Giusi Fontana

Versi costruiti con la pazienza del suono che sempre li accompagna L

e poesie di Giusi Fontana sono frutto di letture e di meditazioni; parole apprese ma mai perse, che hanno radici antiche: Leopardi, Montale, le tre corone. «Ascoltami, i poeti laureati / si muovono soltanto fra le piante / dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti». Giusi come Montale predilige «Erbosi fossi», «viuzze che seguono i ciglioni», «le gazzarre degli uccelli», «una dolcezza inquieta». E l’odore dei limoni. Costruisce le sue liriche sul banco del poeta, su aurore e con la pazienza del suono che sempre accompagna le poesie, come il suono dolce suadente di Mario Rucci costruito e voluto solo per lei e per le sue poesie. Le poesie sono di poche parole che sono assunte a paradigmi. E meglio dice della sua poetica la poesia Scritto con le nuvole, in cui la grandezza di una lirica si misura con questi messaggi in cui si acciuffano le nuvole, le evanescenti nuvole, che parlano attraverso un’aria addensata, misteri che si concretizzano con i segni dell’inchiostro. Nei passi neri di polvere e che si materializzano in antichi monumenti inizia così il cammino di una storia antica: la stessa che Pasolini ricorda nella sua proposta in chiave delicatamente surreale di presentazione della tragedia shakespeariana di Otello, in Che cosa sono le nuvole. Ne sono interpreti alcune marionette parlanti, metà uomini, metà pupazzi. Il vero protagonista è Jago-Totò, che architetta alle spalle dell’ingenuo Otello il falso tradimento di Desdemona con Cassio, vantandosi con il pubblico della propria perfidia. Ricordate? È il loro ultimo messaggio: Otello: Iiiiih, che so’ quelle? Jago: Sono…sono le nuvole… Otello: E che so’ le nuvole? Jago: Boh! Otello: Quanto so’ belle! Quanto so’ belle! Jago: Oh, straziante, meravigliosa bellezza del Creato! E poi le nuvole passano veloci nel gran cielo azzurro. Giusi continua in La terra del dono, Stonata e Mattutino il suo viaggio poetico e ci ritorna in mente nuovamente Pasolini. Quell’ideologia che fa corpo con «l’inesplicabile mistero della vita, di quella disperata vitalità che assume valore e significato solo grazie al mistero del suo avere fine». In quest’ottica Giusi ritrae la vita come un viaggio senza senso. Cosa c’è di più sacro dell’azione di fidarsi e di affidarsi al mistero, al nostro istinto di umani destinati all’eternità, di nutrire la consapevolezza di custodire dentro di noi già tutto, compreso il senso di appartenenza a un’altra dimensione, quella dell’immortalità dell’arte e della poesia? Affiora il concetto di verità che nella sua astratta purezza appartiene al nostro intimo nel collegamento con la nostra anima e che, quando la esteriorizziamo, svanisce di fronte alle contaminazioni del mondo corrotto.

Ci imbattiamo ancora in un doppio piano di lettura: la sacralità del cielo rispetto alla volgarità del mondo. Cercare di spianare la strada dai ciottoli e spiccare il volo ed entrare nel mondo della vita. Non più finzione, gelosia e cattiveria, ma solo la sacralità del Creato. La fine si ribalta in un nuovo inizio e la realtà riconquista la sua dimensione sacrale con le nuvole, testimonianza del Creato e delle proprie ambizioni poetiche. Il valore del ricordo affiora in La casa dei nonni e La vecchia dimora. Le due poesie si basano interamente sulle metafore, su un gatto che si raggomitola, si acciambella su una sedia come alla ricerca di una pace e di una serenità infinita e soprattutto di una casa simbolo, di una vecchia dimora in cui entra «lo sciame dei pensieri», in cui la luce conservata di sbieco e quasi di soppiatto che si spegne e si accende, una sorta di Itaca interiore che viene ad indicare la sapienza, acquisibile solo con il tempo e la pazienza. Infatti oltre ad Itaca, troviamo un’altra parola chiave, tempo, che simboleggia il percorso di avvenimenti ed esperienze, che non deve essere affrettato. E il mio ricordo non può che andare a una poesia importante nella cultura tra Occidente e Oriente, tra Grecia e la sua classicità e il mondo rinnovato di una cultura sassone, anglica, moderna. Il messaggio è contenuto in Itaca di Costantino Kavafis. Bisogna sperare che la vita sia lunga per poter conoscere sempre più cose, in vari campi della cultura, imparandole dai sapienti. Le paure che si incontrano sul cammino non sono altro che fantasmi, scomparsi con le intenzioni nobili. La sapienza non dà beni materiali, ma non delude. In Itaca Kavafis esalta l’isola povera e nuda come simbolo della vita stessa che splende al termine di un lungo viaggio, un viaggio che l’uomo deve compiere senza fretta, imparando dai dotti che incontra e arricchendosi a poco a poco delle esperienze che fa. In quella vecchia dimora si attende il ritorno a casa, della vera conoscenza e che si aprano le porte della verità. Ma di quale verità? Porte solo aperte a respirare il buio? Giusi ci intriga sempre di più e ci dice cose che rimandano ad antiche letture. In una poesia di Guido Gozzano Ipotesi, l’autore, vagheggiando una tranquilla vita di provincia, immagina di sposare la signorina Felicita, e l’eroe dannunziano compare in chiave parodica, beffarda. Il protagonista narra alla moglie la sua versione della vicenda di Ulisse con «pace d’Omero e di Dante», demitizzando entrambi gli auctores attraverso l’anacronismo e l’abbassamento tonale, l’eroe antico diventa un marito infedele che gira il mondo su uno yacht e che ritornato a casa decide di ripartire con alcuni compagni alla volta dell’America per cercare lì fortuna. Ma a sera, se fosse deserto il cielo e l’aria tranquilla si cenerebbe all’aperto, tra i fiori, dinnanzi alla villa. Non villa. Ma un vasto edifizio modesto dai

piccoli e tristi balconi settecentisti fra il rustico ed il gentilizio... Si cenerebbe tranquilli dinnanzi alla casa modesta nell’ora che trillano i grilli, che l’ago solare s’arresta tra i primi guizzi selvaggi dei pipistrelli all’assalto e l’ultime rondini in alto, garrenti negli ultimi raggi. E noi ci diremmo le cose più semplici poi che la vita è fatta di semplici cose e non d’eleganza forbita. Così le tre poesie L’inferno passeggero, La dogana e I campi elisi introducono a quello che Giusi propone con insistenza. Un messaggio di speranza, un messaggio che passa per gradi dai momenti di tristezza e di disinganno a quelli di gioia e di speranza. Giusi è sempre pronta a fare la tara tra il lordo della vita e il netto della gioia, tra le felicità oscurate e i traguardi raggiunti. Pronta a pagare il suo tributo alla dogana della vita, come una transumante e come un pastore che vaga tra i monti, che tesaurizza i suoi valori fatti di ricordi e di speranze, con addosso il peso lieve della felicità che le permette di andar nuda con il suo fardello di amore, con le sua rendita accumulata senza affanno, come una formichina che si nutre del cibo accumulato nella sua grande casa e che consuma nel suo inverno. Accumula parole, voci, sentimenti, accumula sorrisi, affetti, pensieri, accumula carezze e sguardi. Troveremo così lo stupore, nell’intreccio tra cuore e meraviglia.

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La voce della poetessa si è fatta profonda, meditata, sobria, e sempre rapida e veloce, di una sensibilità pungente, di un gusto per la riflessione, con scarne evocazioni. Il sentimento è calato ancor più in profondo, a fare il discorso ancora più stringato, concreto e lieve ad un tempo, a suggerirci una poesia di cose più che di parole, nata per «accumulo» di impressioni, di echi interiori, di meraviglia. I Campi Elisi ricordano i luoghi dove secondo il mito dei greci e dei latini vengono accolte le anime buone, oppure il luogo della memoria e della pace, in cui uccelli caracollanti cercano rotte di volo ricamate che fanno pensare a migrazioni senza meta e senza tempo. Sono gli stessi campi elisi dell’Eneide di Virgilio o andando più in alto a quelli del sommo Dante o quelli mitissimi dei cieli lucani mediterranei di Leonardo Sinisgalli, l’inventore della parola alata del ricordo impresso delle colline e dei cieli nebulosi della vicina Basilicata; un ricordo che accompagna il poeta nel suo andare e riandare, nel suo pellegrinaggio silente per le lande del mondo. Sono gli stessi perché la poesia è universo, è ricerca comune, è il filo rosso della vita. Non credo che siamo alla fine del discorso. Le ultime poesie che leggiamo sono Il sud, La stazione e Le pietre del Gargano che idealmente chiudono e aprono disegni e speranze di una poesia che progredisce lentamente. Festina lente, le emozioni crescono ad ogni verso. Ci chiedi e ti chiedi dove si va e dove si viene in questa nostra vita, stazione degli inganni. Si va e si viene. Diremo e daremo tutto quello che potremmo dare? Costruiremo un futuro e un presente. La stazione degli inganni. La stazione da cui partire con la certezza di aver lasciato un messaggio, in qualsiasi modo e in qualsiasi maniera, in una bottiglia lasciata in mare aperto o in un campo di grano, in una fredda radura sepolto sotto pietre pesanti e quasi inamovibili, nell’indifferenza e con il sussiego degli indifferenti e degli stolti. Avremo fatto la nostra parte e questo ci basta. Avremo lasciato il messaggio che farà fragore come le pietre rotolanti dal monte verso il mare del Gargano. Giuseppe Trincucci

Vogliamo ricordarli ancora

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asquale Soccio, Filippo Fiorentino, Lucio Miranda, Benito Mundi: un quartetto di campioni della cultura dauna che, in progressione, negli ultimi anni sono volati via. Continuiamo a ricordarli a noi stessi (tutti, sia pure in misura diversa, hanno avuto legami e rapporti di forte collaborazione con le Edizioni del Rosone) e, soprattutto, alle giovani generazioni. Affinché in virtù del loro esemplare percorso terreno, arricchito da un impegno senza pari nel campo della cultura, possano diventare modello di amore e dedizione nei confronti del nostro territorio. L’eredità lasciata da Soccio, Fiorentino, Miranda e Mundi ci ha insegnato che il cammino da fare per la promozione e l’affermazione completa della Capitanata è lungo e non sempre agevole. Occorrono menti lungimiranti e tenacia. Lungimiranza e tenacia che non sono certo mancate ai nostri amici che proprio in questa stagione di anni diversi se ne sono andati.


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CronAChe dellA CulturA

Alla presenza del ministro Maurizio Martina

Inaugurato il XVII Anno Accademico dell’Università di Foggia

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naugurato il XVII Anno Accademico dell’Università di Foggia, alla presenza del ministro Maurizio Martina. Intervenuto alla cerimonia tenuta stamattina nell’aula magna «Valeria Spada», il titolare del Dicastero delle Politiche agricole e forestali ha diffusamente e pubblicamente elogiato l’Ateneo parlando «di una realtà accademica fondata dal basso che negli anni ha saputo conquistare traguardi importanti e affermazioni di grande rilievo nazionale e internazionale, dimostrando a tutti, anche ai Governi che troppo spesso parlano di “Sud in ritardo” generalizzando un po’ troppo a mio avviso, che un Sud vincente esiste e che andrebbe aiutato a far emergere di più e meglio le sue peculiarità». Un intervento ad ampio raggio quello del Ministro, che si è soffermato anche sulle strategie e sulle scelte che il Ministero sta adottando nell’ambito nei vari settori di competenza. «Noi siamo pronti a raccogliere grandi sfide esattamente come quella dell’Expo, grandi sogni che appaiono impossibili e invece poi sono più alla portata di quanto non sembri realmente – ha concluso il suo intervento l’On. Martina –. Siamo pronti a valorizzare le eccellenze e le professionalità di un territorio regionale, segnatamente quello pugliese, che ha dimostrato coi fatti di avere bene in testa un’idea di sviluppo socioeconomico e, perché no, anche un’idea di futuro che passa

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iù di una volta in questi ultimi anni mi è capitato di leggere recensioni o di vedere qualche fascetta editoriale in cui si elogiava l’autore come grande scrittore e la sua opera come grande romanzo. Abituato, da quando frequentavo il ginnasio, a leggere romanzi di diversa natura e avendo acquisito una certa competenza anche in ragione della mia professione oltre che per una certa passione incline alla lettura, a sentire o a leggere di un grande romanzo e di un grande scrittore il mio pensiero è sempre andato a certi uomini e a certe opere, come Manzoni e I Promessi Sposi, Tolstoj e Guerra e Pace, Svevo e La coscienza di Zeno, e ancora Mann e La montagna incantata o, per chiudere questa esemplificazione, Hemingway e Il vecchio e il mare. Per cui, nel leggere qualcuno dei romanzi definiti, ripeto, grandi romanzi, e i loro autori grandi scrittori, mi aspettavo di trovare qualcosa che somigliasse agli scritti che ho elencato, a mo’ di esempio, in precedenza. Ma, a lettura finita, e in qualche caso si trattava di romanzi i cui autori avevano ricevuto il Premio Nobel per la Letteratura, quasi sempre la delusione è stata forte perché avevo letto centinaia di pagine scritte, magari anche in maniera vivace se non brillante, ma mai che mi avessero provocato forti emozioni e determinato sussulti interiori.

attraverso il mondo accademico». Dallo staff del Ministro, inoltre, è filtrata disponibilità a incontrare i due ricercatori dell’Università di Foggia che stanno lavorando al caso del batterio killer della Xylella, ovvero i proff. Antonia Carlucci e Francesco Lops del Dipartimento di Scienze agrarie, degli alimenti e dell’ambiente dell’Università di Foggia. Al Ministro è stato consegnato, da parte del Rettore prof. Maurizio Ricci e a nome della Comunità accademica, il Sigillo dell’Università di Foggia. L’assessore regionale alle Politiche agricole Leonardo Di Gioia ha ufficialmente annunciato, intervenendo a nome del Governatore Emiliano, che «la Struttura di Cardiochirurgia verrà istituita presso l’Azienda ospedaliero universitaria Ospedali Riuniti di Foggia, assecondando l’istanza del Rettore prof. Maurizio Ricci di trasformare realmente quello della nostra città in un ospedale di eccellenza a tutti gli effetti. Tuttavia sarà compito dell’Azienda ospedaliero universitaria Ospedali Riuniti di Foggia e di Casa sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo dialogare sempre più costantemente e proficuamente, in modo tale da estendere il più possibile il concetto dell’eccellenza sanitaria a cui questo territorio merita di ambire». Nel solco della stretta collaborazione tra Regione Puglia e Università di Foggia, questo è il primo anno accade-

mico che celebra il pieno riconoscimento giuridico da parte dell’ex Iriip nei confronti dell’Ateneo: un «lento e macchinoso processo burocratico durato circa vent’anni – ha ricordato nel suo intervento il Rettore Ricci – a cui ha messo fine l’assessore regionale al Bilancio Raffaele Piemontese, che ha fatto in modo che l’Università di Foggia svolgesse le proprie attività didattiche, scientifiche e culturali a pieno titolo anche in questa struttura, senza improvvisare alcunché e senza accampare diritti che evidentemente non aveva». Una Università di tutti, quella di Foggia. Come ha sottolineato il Rettore durante il suo intervento, a cui tutti «devono partecipare attivamente tutti perché si tratta di un patrimonio comune. Penso a una alleanza università-territorio: università come luogo del sapere e della cultura, che dia senso e valore a quel sapere; territorio come sintesi di beni materiali e immateriali, luogo di identità, appartenenza, universalità, attrattività, alle-

La riflessione

Il romanzo tra grandezza e mediocrità Anzi, in più di un caso sembravano pagine di riviste abituate a proporre all’attenzione dei lettori vicende banali con un linguaggio altrettanto banale e insignificante. È vero che oggi non si può scrivere un romanzo con formule narrative e costruzioni linguistiche di tipo ottocentesco e possono anche andar bene accorgimenti stilistici desunti dal linguaggio che è proprio degli strumenti telematici ed elettronici. Ma rimane primaria l’esigenza che un romanzo che voglia lasciare il segno deve scuotere mente e coscienza del lettore, costringerlo alla riflessione non solo offrendogli il piacere e il diletto del momento. Per fare qualche esempio: quando leggo I Promessi Sposi, le pagine in cui il Manzoni descrive la notte agitata dell’Innominato scuotono ancora oggi la mia coscienza e mi obbligano a riflettere su certe questioni. Quando rileggo le pagine del romanzo Il vecchio e il mare, in cui il protagonista assapora la sconfitta che

ha subito per aver perso il pesce che aveva catturato, io mi rivedo nel personaggio e vedo me stesso alle prese con l’umiliazione di una sconfitta subita. Qui mi sovviene il ricordo del giudizio che un altro scrittore americano, William Faulkner dà del romanzo di Hemingway: «Ma questa volta ha scritto sulla pietà: su qualcosa che da qualche parte li ha creati tutti, il vecchio che doveva catturare il pesce e poi perderlo, il pesce che doveva essere catturato e poi perduto, i pescicani che dovevano derubare il vecchio del suo pesce; li ha creati tutti, li ha amati tutti e ha avuto pietà di tutti». Ecco di che cosa sono capaci i grandi scrittori, non soltanto di farti passare qualche ora piacevole offrendoti una lettura distensiva. Oggi sembra che basti vendere molte copie di un romanzo per avere la patente dello scrittore straordinario e fuoriclasse, uno scrittore che può anche ambire ad avere il Premio Nobel. Ho l’impressione che anche in que-

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anza come cooperazione, intermediazione e apertura su scala globale. Penso alla riconquista della funzione sociale dell’Università, sempre più volano per lo sviluppo socio-economico e il progresso culturale della nostra regione, penso a un laboratorio per l’impresa comune del progresso umano, penso al rilancio del merito come questione sociale». Commovente il ricordo di Nicola Minervini, dipendente dell’Area biblioteche presso il Dipartimento di Giurisprudenza, recentemente deceduto a seguito di un incidente d’auto, al quale l’Università di Foggia ha intitolato la Sala lettura della Biblioteca interdipartimentale di Area Economico-Giuridica in largo Papa Giovanni Paolo II. Significativo l’intervento del dottor Di Trani, in rappresentanza del personale tecnico-amministrativo, che ha tenuto a sottolineare il grande impegno e la professionalità della categoria troppo spesso bersagliata – evidentemente a torto – da una «insistente campagna mediatica che, con una generalizzazione troppo facile, identifica i dipendenti pubblici con lo stereotipo del soggetto sempre un po’ indolente che si aggrappa al carrozzone della pubblica amministrazione per lucrare uno stipendio sicuro a fronte di un minimo sforzo». Il rappresentante degli studenti Mario Di Pierro, infine, ha evidenziato come «tra mille problemi strutturali, gestionali, di risorse e in alcuni casi anche di mancanza di volontà politica, gli studenti dell’Università di Foggia negli anni stanno assimilando un vero e proprio spirito di appartenenza attraverso un processo identificativo che non può che fare bene a un Ateneo in via di crescita, consolidamento e potenziamento». sto campo prevalga il fenomeno, così diffuso oggi, della falsificazione dei fatti, dei concetti e delle parole, sicché la grandezza di uno scrittore si misura con il metro dell’audience televisiva e del sondaggio elettorale, senza chiamare in causa le reali qualità della scrittura e della narrazione. Ci sono, per fortuna, delle eccezioni, perché anche oggi si possono trovare in un romanzo pagine di grandi suggestioni che invitano a riflettere e a fare i conti con la propria coscienza. In romanzi come questi anche il ritmo narrativo, la costruzione stilistica, persino il gioco sintattico hanno il potere di coinvolgere il lettore che rimane affascinato dalla lettura e ne ricava notevole beneficio. A tali opere si addice un giudizio che utilizza giudizi impegnativi come «grande», «straordinario», «bellissimo», sicché il lettore ne trovi conferma durante la lettura. Ma per tanti altri romanzi, che non hanno tali qualità, e che possono ambire al massimo ad una «aurea mediocrità», usare certi aggettivi equivale ad operare una falsificazione concettuale che risponde ad altri scopi e ad altri interessi. A questo punto siamo fuori dalla vera Letteratura! Raffaele Cera


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Il diario del giovane Federico di Gaetano Caricato

Una lezione di storia e di vita destinata alle giovani generazioni

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o letto, rimanendone avvinto, il recente Il diario del giovane Federico di Gaetano Caricato (Maria Pacini Fazzi editore, Lucca, novembre 2015) e al termine della piacevolissima lettura mi sono chiesto se le sue pagine fossero davvero un «diario» (perché in forma letteraria di diario è scritto) o non, piuttosto, un autentico saggio di storia, sia pure relativo al periodo trattato che va dal 31 gennaio 1943 all’aprile 1945. In realtà, si tratta dell’una cosa e dell’altra, aggiungendo la considerazione che se i libri di storia scolastici fossero

così palpitanti e così ricchi di pathos, avremmo risolto l’annoso problema dell’insegnamento di questa pur affascinante disciplina. Il giovane Federico è in realtà lo stesso Gaetano Caricato che, iscritto all’Università di Napoli per i suoi studi in Matematica e Fisica, si vede giungere una cartolina precetto che gli ordina di presentarsi il 31 gennaio 1943 in una caserma di Udine per frequentare un corso accelerato per allievo ufficiale di complemento nell’Arma del Genio per essere successivamente inviato in zona di guerra. Comincia così l’odissea di FedericoGaetano Caricato che lascia i suoi familiari a Foggia per andare incontro a un destino sconosciuto e dimostratosi non privo di rischi e agguati di diverso genere. Federico comincia la sua avventura nell’esercito italiano ma poi, successivamente all’armistizio dell’8 settembre, si trova di fronte ad un bivio: aggregarsi ai gruppi partigiani o infoltire le fila della milizia repubblicana che opera a fianco dei tedeschi per ostacolare l’avanzata delle truppe anglo-americane e scacciare dall’Italia l’alleato diventato nemico. Le pagine scorrono rapide, così come i giorni e gli avvenimenti descritti: problemi di salute del protagonista, più volte ricoverato in ospedale militare per la malaria e per un’infezione tubercolare; scorribande con i gruppi partigiani di cui è entrato a far parte, arresti ed evasioni, episodi di guerriglia. Ma anche un interminabile e continuo girovagare per l’Italia: da Udine alla Toscana, dalla Liguria

Il sogno eretico di Alfonso Maria Palomba

Ennesimo sussulto di speranza per l’Unione dei cinque reali siti

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l termine della lettura di questo recentissimo «Il sogno eretico. Pamphlet di abbandono e di resistenza» di Alfonso Palomba (Edizioni del Rosone, gennaio 2016, Euro 10.00) ho sentito il bisogno di riprendere tra le mani il suo precedente «La lunga marcia verso l’Unione», edito nell’ottobre 2009. L’ho fatto, spinto dal tono permeato di delusione e rabbia di questa sua più recente fatica letteraria, che contrasta con l’entusiasmo e la passione che trasudano dalle pagine della precedente. Ricordo ai lettori di questa nota di aver scritto nel 2009: «Di questo libro si può dire che sembra scritto al tempo

stesso con la lungimiranza e l’intuito dell’amministratore accorto e consapevole dei tempi e degli scenari attuali e futuri della nostra società; ma anche con il cuore dell’uomo e del cittadino che ama con passione questa terra, ne apprezza le potenzialità e desidera per essa quel salto di qualità capace di garantire lo sviluppo necessario alla sua valorizzazione e di creare livelli occupazionali tali da trattenere con successo i suoi figli più giovani». Cuore, passione, desiderio di sviluppo e valorizzazione del territorio: tutti sentimenti che albergavano saldamente nell’animo dell’amministratore (allora primo cittadino di Carapelle) e dell’uomo/cittadino Alfonso Palomba. Una prima lettura de «Il sogno eretico» ci consegna un’elaborazione critica connotata da rassegnazione, espressa spesso con parole dure e con valutazioni tutt’altro che tenere nei confronti dei protagonisti in negativo di un sogno che appare ormai svanito. Dopo aver manifestato tutta la sua rabbia («La delusione di oggi è l’esito della constatazione amara che sul territorio dei “5 Reali Siti” si è giocata una partita importante, purtroppo persa per l’”inadeguatezza della politica”, per l’”insipienza degli attori in campo”, “per la mancanza di fiducia della gente”. Il “mix” deleterio degli elementi citati ha così favorito le condizioni per

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al Piemonte, ed anche un tentativo di inoltro in campo di concentramento, a Dachau, dal quale riesce a venir fuori con uno stratagemma e per la benevolenza inattesa di un ufficiale «nemico». Sullo sfondo di questa intensa narrazione le notizie che da Radio Londra giungono sui vari fronti di guerra e, soprattutto, quelle che interessano la sua città, Foggia, che sa bersaglio dei bombardamenti anglo-americani e in gran parte sventrata, con migliaia di vittime e altrettante famiglie sfollate. Riuscirà mai a tornare a rivedere i suoi genitori e i fratelli Tina, Lino e Mariuccia ? E sono ancora in vita? Non ne ha notizie per oltre un anno. L’odissea, per quanto devastante sul piano fisico e psicologico, si conclude positivamente, col ritorno in città, l’abbraccio con i familiari, la vista di una città distrutta e la voglia di riprendere gli studi universitari, impedito però da un lunga degenza nell’ospedale sanatoriale di Foggia prima di riprendersi e ritornare alla normalità. Questo Diario del giovane Federico ha un ritmo narrativo incalzante e convincente, è scritto con esemplare scorrevolezza ma con puntigliosa precisione per i nomi, i luoghi, le date e le situazioni. È un inno alla solidarietà, all’accoglienza, al sacrificio, alla fratellanza: tutti valori che sembrano riservati ai momenti di grande difficoltà, dimenticati nella quotidianità della vita in tempo di pacifica convivenza. Di enorme impatto emotivo il rientro nella sua città allorquando, camminando per le strade e i palazzi ancora con i segni della violenza, dirigendosi verso casa, scopre una Foggia ancora dilaniata, pur essendo trascorsi ormai quasi due anni dalla nefasta stagione dei bombardamenti. Il valore aggiunto di questo «Diario» sono le riflessioni politico-filosoficoreligiose che Gaetano Caricato ci offre,

tutte tese a condannare la dissennatezza degli uomini e di coloro che hanno in mano le sorti delle nazioni, trovando nella guerra il mezzo più efficace per risolvere i contrasti. «Ho scritto questo “Diario” – afferma Caricato nella introduzione – soprattutto per la convinzione mia e dei miei compagni che lottavano con me, che, non con guerre sempre più cruente o con barbare persecuzioni, ma soltanto con il reciproco aiuto e una organizzazione profondamente democratica dei diversi popoli, l’Umanità potrà iniziare a vivere coralmente: ogni generazione potrà affidare alla successiva i frutti della sua operosità, nonché la consapevolezza sempre più piena che le conoscenze scientifiche e tecnologiche renderanno impossibile a qualunque popolo di isolarsi in una particolare regione del pianeta, ormai piccolo per il numero sempre crescente di creature che lo abiteranno, o di imporre la sua egoistica volontà». Gaetano Caricato è personalità poliedrica e affascinante: laureato in Scienze matematiche nell’Università di Napoli, è stato ricercatore nel campo della Fisica matematica e docente di ruolo di Meccanica razionale all’Università La Sapienza di Roma, e all’Istituto Universitario Navale di Napoli. Una carriera di ricercatore e di accademico di assoluta rilevanza. Riuscendo a coltivare brillantemente la sua passione per la poesia («la voce dell’anima che, vibrando all’unisono con le gioie e le sofferenze ne lasciava una traccia più o meno indelebile») che lo ha portato alla pubblicazione di una silloge e alla presenza in diverse antologie di sue composizioni che gli sono valsi prestigiosi riconoscimenti. Questo «Diario» è un’autentica lezione di vita e di umanità che fa bene all’anima e offre numerosi spunti di riflessione. Soprattutto ai più giovani. Duilio Paiano

il naufragio dell’”Unione”, colpita ormai, da almeno due anni a questa parte, da una lenta ma progressiva agonia, in attesa che “la tribù dei musi lunghi” – di colore, cioè, che hanno “lavorato” inesorabilmente per la fine del progetto e per la cessazione dell’esperienza di condivisione in atto sul territorio – proclami ufficialmente la morte dell’”ente sovracomunale”, ormai asfittico, privo di anima e senza credibilità alcuna»), però, Palomba, trova uno slancio di ottimismo, un fremito, un guizzo di speranza nella capacità di ravvedimento degli amministratori che hanno oggi in mano le sorti dei singoli comuni dei «5 Reali Siti» e dell’Unione nel suo complesso. Ricompare il Palomba inguaribile ottimista, razionalmente innamorato del progetto cui ha dedicato nel corso degli anni immani energie fisiche e intellettuali. Le pagine conclusive di questo «sogno eretico», infatti, sembrano voler ridare fiato alla possibilità di un’assunzione di responsabilità e di consapevolezza complessiva perché «se è vero che la politica si debba preoccupare di dare risposte concrete ai bisogni della gente “hic et nunc”, è pur vero che essa debba saper andare incontro al futuro con coerenza…, con grande lungimiranza e notevole capacità progettuale». Da qui, infine, la riproposizione per sintesi delle motivazioni e delle realtà che «spingono» naturalmente e ineluttabilmente verso una «città sovracomunale» all’interno della quale ognuna delle cinque componenti possa mettere a disposizione dello sviluppo del territorio e del benessere della collettività le proprie risorse e peculiarità. Che sono di ordine culturale (in primis Ordona e il suo parco archeologico, ma non solo),

agroalimentare, enogastronomico e che rendono possibile la creazione di veri e propri itinerari turistici capaci di rivitalizzare l’economia e la condizione sociale di questo lembo di terra dauna. Un sogno, un’illusione, un esercizio di megalomania? Niente di tutto ciò. Soltanto una illuminata e lungimirante visione del presente e una presa di coscienza dell’esistente per farlo rientrare in un progetto organico che si colleghi e si intersechi con la realtà circostante. Un orizzonte ampio, capace di dare respiro e finalità a risorse che, considerate singolarmente, possono a mala pena soddisfare le esigenze del quotidiano. L’Unione dei comuni dei cinque reali siti non è un lusso o un’architettura amministrativa di facciata. È un’esigenza irrinunciabile, indispensabile per offrire una prospettiva incoraggiante ai più giovani e conferire dignità civile e sociale a cinque «municipi» che la storia ha accomunato fin dalla nascita. Questo «Sogno eretico» di Palomba non è soltanto un pregevole saggio socio-economico-antropologico, scritto con lucidità e ricco di argomentazioni difficilmente confutabili, ma si offre come atto d’amore viscerale verso una terra e generazioni di uomini e donne che lo hanno adottato e che vengono ricambiati da oltre quarant’anni con dedizione e passione. Ha tutta l’aria di proporsi come l’ultima spiaggia, il tentativo al tempo stesso disperato e accorato di rimuovere l’indifferenza dei troppi e l’ostilità dei tanti, di sfondare per sempre la gabbia del campanilismo esasperato e insensato, senza sbocchi e senza prospettive, nella quale i più sembrano rimasti prigionieri. Duilio Paiano


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Dante e gli illustri eroi: Federico II, Manfredi e Fiorentino

Originale lavoro di Francesco Giuliani con le affinità tra i due personaggi

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ecentemente pubblicato dalle Edizioni del Rosone-Franco Marasca, il lavoro di critica letteraria di Francesco Giuliani «Dante e gli illustri eroi. Federico II, Manfredi e Fiorentino». Si tratta dell’ennesimo, pregevole, lavoro di ricerca letteraria di Francesco Giuliani, docente a contratto di Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea presso il Dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Foggia, che ha al suo attivo numerose pubblicazioni con approfondimenti su autori e movimenti letterari del territorio e nazionali. Di questa sua interessante e originale pubblicazione proponiamo ai nostri lettori l’introduzione firmata dallo stesso autore.

In questo lavoro di critica letteraria, il crescente interesse che da alcuni anni suscitano in noi la figura e l’opera di Dante Alighieri si è sposato con la viva curiosità con la quale abbiamo sempre considerato l’imperatore Federico II di Svevia. Non sono poche, a ben guardare, le affinità tra i due personaggi. Entrambi nel corso dei secoli hanno saputo catturare, in modo straordinario, l’attenzione degli studiosi e della gente comune, suscitando sentimenti, emozioni e opinioni, ma la loro eccellenza li ha anche resi esposti a reazioni negative. Di qui, in alcuni, il desiderio di liberarsi di una presenza avvertita come oppressiva e negativa, quasi si trattasse di un padre troppo ingombrante o, addirittura, di un tiranno. C’è sempre, a ben pensarci, chi cerca di abbattere il colosso di marmo insito nell’opinione della gente. Dante è senz’altro un padre alla cui vita hanno attentato in parecchi, non solo nei secoli scorsi, come ricorda la storia della sua fortuna critica, ma anche in tempi recenti. Quando eravamo studenti liceali, ad esempio, ci capitava spesso di incontrare dei docenti desiderosi di rivolgimenti, che individuavano in lui il simbolo di una vieta mentalità e della tradizionale retorica scolastica, senza guardare alla

sostanza dei suoi versi. Sostituivano la Commedia con testi moderni di narrativa, più vicini alla realtà, dicevano, e non avevano dubbi o riguardi di fronte al vecchio poeta coronato d’alloro, da cui avrebbero potuto ricavare gli stessi spunti che cercavano altrove. Poi, però, il padre Dante ha vinto l’ennesima sfida, rivelando la sua inesauribile capacità di rinnovarsi come uomo e come poeta, ma la tendenza al parricidio resta insita nella gente, e cambia solo il modo attraverso cui viene esternata, anche al giorno d’oggi. Quanto a Federico II, lo Stupor Mundi, le reazioni sono state ancor più contrastanti, sin dal primo momento: si passa dall’amore all’odio, dalla lode tributata all’antesignano della modernità e dell’unità nazionale fino al disprezzo esternato verso un crudele bandito. Un illustre accademico amava ripetere che l’unico grande Federico era quello di Prussia, e lo diceva sapendo di colpire al cuore i tanti innamorati del sovrano svevo. Alcuni storici hanno scritto, anche di recente, dei veri e propri pamphlets contro l’imperatore, accusandolo di tutto, quasi si trattasse di un’inchiesta giornalistica; credevano di essere originali, ma in fondo, molto banalmente, hanno solo ripetuto il gioco delle parti che già nel Duecento divideva gli scrittori guelfi da quelli ghibellini (talvolta dietro la volontà di abbattere un idolo c’è anche l’ansia di innalzare un po’ di più se stessi…). Da questa attenzione verso i due personaggi alla ricerca di un nesso da sviluppare in chiave di ricerca italianistica il passo è stato breve, portandoci alla stesura del saggio in questione, in cui abbiamo esaminato l’opinione che Dante aveva di Federico II, allargando il quadro anche al non meno controverso figlio Manfredi, a seconda dei casi, ‘bastardo’ o degno erede del padre. Proprio nel tentativo di evitare le insidie delle posizioni preconcette, ci siamo concentrati sugli elementi primari di giudizio, ossia sui riferimenti diretti a Federico II che attraversano l’opera del nostro massimo autore. A ben vedere, i passi non sono molti e non mancano di difficoltà interpretative, ragion per cui nel tempo anche gli studiosi più scevri da pregiudizi sono giunti a delle conclusioni che presentano tra di loro delle non lievi differenze. Dato, quest’ultimo, che ha reso ancor più stimolante la nostra ricerca, che abbiamo ampliato, nell’ultima parte dello studio, con un capitolo incentrato sul momento della morte di Federico II, nel 1250, e sulla profezia del fiore, da molti attribuita a quello stesso Michele Scotto di cui parla Dante nel ventesimo canto dell’Inferno. Anche questo filo rosso è stato esaminato con la diligenza di cui siamo stati capaci, utilizzando tra l’altro alcune preziose risorse informatiche, che confermano l’importanza positiva

della rivoluzione telematica dei nostri tempi. Qualcuno si ostina ancora a discutere su questioni ormai assodate, quali la scelta tra il libro cartaceo e l’utilizzo del web. Non c’è che da convincersi che tutti gli strumenti sono utili, quando ci permettono di disporre di documenti sempre più precisi e facilmente consultabili. La morte dovrebbe essere la fine degli scontri e delle contrapposizioni, ma non è stato così per Federico II, che ha continuato a vivere in mille modi fino ai nostri giorni. Ancor oggi, chi voglia incontrarlo, può recarsi a Fiorentino, nel cuore della Capitanata, dove gli scavi archeologici hanno riportato alla luce i resti della domus nella quale l’imperatore si è spento in quel 13 dicembre del 1250. Se volgerà lo sguardo verso la pianura, però, non

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lo vedrà nel suo letto, alle prese con la fatale malattia, ma lo seguirà mentre si muove, spronando il cavallo, insieme al suo seguito festoso e variopinto. Proprio pensando a Fiorentino, vogliamo ringraziare gli amici del Centro Attività Culturali «Don Tommaso Leccisotti» di Torremaggiore, che nel dicembre 2015 hanno voluto invitarci per commemorare, con una conferenza intitolata Dante Alighieri incontra Federico II e Manfredi, il 765° anniversario della scomparsa dello Stupor Mundi. La nostra ricerca è nata proprio sviluppando la relazione preparata per l’occasione. Un altro caloroso ringraziamento va al prof. Domenico Cofano, squisito dantista, per i suoi preziosi consigli. Francesco Giuliani

Interessante ricerca di Carmine De Leo

Il reggimento Lancieri poi Cavalleggeri di Foggia

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armine De Leo è un profondo conoscitore della storia del nostro territorio. Ha al suo attivo tantissimi libri ed è una fonte inesauribile di notizie relative al passato di Foggia. Presidente dell’Associazione Amici del Museo Civico di Foggia, collabora con successo alla pagina culturale della Gazzetta della Capitanata (G.d.M.), deliziando i lettori con i suoi articoli su personaggi e tradizioni della Capitanata. Il suo ultimo lavoro Il Reggimento Lancieri poi cavalleggeri di Foggia – una storia dimenticata 1864-1920 è una nuova tessera del mosaico sulle vicende poco o niente affatto note delle nostre vicissitudini. Nella presentazione del libro si legge: «Riscoprire la nostra storia ed in particolare quella della nostra città, ritrovare eventi e vicende che hanno contrassegnato il nostro passato, rientra nella promozione culturale degli “Amici del Museo». Quella del Reggimento Lancieri è la storia di un valoroso corpo della Cavalleria italiana che De Leo ha scoperto grazie al libro Cuore di Edmondo De Amicis: «…Era una confusione di cavalleggeri d’Alessandria, di lancieri di Foggia, di fanteria, di ulani, di bersaglieri, un inferno che non se ne capiva più niente…». Documento dopo documento, De Leo ha resuscitato una storia dimenticata. E che storia! Dalla III guerra d’indipendenza

all’impegno sociale, in aiuto delle popolazioni della Sicilia durante un’epidemia di colera ed a quelle della Basilicata per soccorrere gli alluvionati; l’intervento a Napoli in occasione dei terremoti, le azioni di polizia per episodi di ordine pubblico…. Fu vera gloria? Altroché. Il nostro Reggimento si coprì di gloria in ogni frangente. A sua memoria fu realizzato un grande mosaico che ritrae una loro vittoriosa carica del 1866 contro la cavalleria nemica austriaca nel comune di Gazoldo degli Ippoliti. Non voglio addentrarmi oltre nelle vicende del Reggimento Lancieri, successivamente trasformato in Cavalleggeri Foggia, ed onorato anche con un foglietto erinnofilo in ricordo della battaglia di Gazoldo, ma voglio mettere in evidenza il lavoro meticoloso di Carmine De Leo che ci sta restituendo squarci di storia del nostro territorio che la storiografia ufficiale ignora, non sempre in buona fede. Per i foggiani è motivo d’orgoglio scoprire che i propri antenati hanno scritto pagine di storia nazionale, solo vorrei che il Reggimento Lancieri di Foggia potesse essere ricordato con un monumento anche nella nostra città. A Carmine De Leo l’invito a produrre altri testi di storia patria nella speranza che qualche scuola si convinca ad adottare un suo libro per far conoscere agli studenti che Foggia ha vissuto da protagonista secoli di storia. Giucar Marcone

Lutto Si è spenta in Formigine (Modena), al termine di una lunga sofferenza, Maria Luigia Marcone, sorella del nostro amico e collaboratore Giucar Marcone. A Mimmo (Giucar) i sentimenti di vicinanza e cordoglio da parte delle Edizioni del Rosone e dei redattori tutti de il Provinciale.


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SAlute & tempo libero

il

Provinciale

Giornale di opinione della provincia di Foggia

CRONAChe Del CINeMA Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese

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gnuno di noi ha tre vite: una pubblica, una privata e una segreta», affermava, non sbagliando, Gabriel Garcìa Marquez. E molto spesso, la custode della nostra vita segreta è proprio la sim di un cellulare, che insieme a tutti i nuovi «facilitatori di comunicazione» – chat, whatsapp, mail, sms, app, etc.– diventa una sorta di scatola nera alla quale affidare desideri inconfessati e pruriginosi, insomma, la nostra vita segreta. È questa la premessa narrativa dietro la storia di un gruppo di amici di vecchia data che si incontrano per una cena, o meglio, si scontrano. A scatenare l’irreparabile è l’ospite inatteso, il telefono che ogni partecipante, per gioco, mette sul tavolo alla mercé di tutti. Messaggi e chiamate in vivavoce, all’insaputa della persona all’altro capo dell’apparecchio, daranno vita ad una specie di roulette russa moderna, dagli esiti drammatici e sconcertanti per ciascuno dei commensali. Il vaso di Pandora verrà scoperchiato, mandando per aria routine sentimentali o amicali, serene o annoiate. I Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese si conoscono da una vita e si reggono il gioco a vicenda da sempre; probabilmente, fin da piccoli fanno il gioco della verità, ma sanno molto bene che di ludico e divertente in certi esperimenti c’è ben poco. Ciò nonostante illudendosi, sia pur poco convinti, di non andare incontro a conseguenze, anzi, di rendere tutto più eccitante, flirtano addirittura con quelle conseguenze. E si ostinano a non capire che è la protezione dell’altro e di se stessi, anche da tutto questo, a riempire la vita di senso. La sceneggiatura a dieci mani, quelle del regista comprese, unita alla bravura degli attori, denota uno sforzo corale ben riuscito che racconta una storia fatta intrinsecamente di frammenti. Il copione lavora bene sugli incastri e sugli snodi narrativi, fondamentalmente credibili, instilla verità nei dialoghi e descrive tipi umani riconoscibili. Una parte interessante la occupa il bel rapporto tra la figlia adolescente e il padre, il cui saper ascoltare e proteggere senza costrizioni e giudizi, ripaga a dispetto di una madre «stronza», come la definisce la figlia. E così quella del padre non è solo una presenza, ma risulta invece la parte più solida e sensata della famiglia, a differenza di come spesso viene liquidata in una società come la nostra, in cui è ancora radicata l’idea che la figura essenziale e insostituibile sia soprattutto quella materna. Perché questa società così liquida da tracimare di continuo, che spesso sommerge ogni nostra certezza, fa paura, tanto che qualcuno sembra aver già assunto la posizione del pugile che incassa e cerca di restare in piedi (o sopravvivere) come canta il motivo di apertura I will survive. Questa «cena delle beffe» attinge molto al cinema francese e americano, ma la declinazione dei rapporti fra i commensali è all’italiana, con continui riferimenti a un presente in cui il lavoro è precario, i legami fragili e i sogni irraggiungibili. La scrittura è crudele, precisa e disincantata e tratta argomenti delicati con eleganza e senza mai scadere nel banale o nella retorica; un’analisi sociologica accurata e, al contempo, divertente. C’è anche una coda alla Sliding Doors che mostra come il «gioco», prima che diventi «al massacro», sia gestibile solo con l’accettazione di regole non scritte; ed è questa la strada che più spesso scelgono gli esseri «frangibili»: l’ipocrisia. Quello che ancora manca, è la profondità abissale, quella vertigine di consapevolezza regalata agli spettatori senza preavviso dal miglior cinema italiano, su tutti quello di Ettore Scola (non a caso anche qui c’è una terrazza). Ma questo non è imputabile al regista o agli sceneggiatori. È piuttosto un segno dei tempi, giacché la «frangibilità» delle identità e dei rapporti, consente al massimo la rivelazione di qualche doppiofondo. E il fine serata è il solito: una conclusione in cui i giocatori hanno detto no e la partita non c’è stata. Marida Marasca

Gentili lettori, direttori di Biblioteche, responsabili di enti pubblici e Associazioni, il tempo che stiamo vivendo costringe a non pochi sacrifici quanti continuano a promuovere la cultura della propria terra. La nostra forza è quella che ci viene da chi ancora studia e lavora perché ciò avvenga, ... da chi ci legge. Per questo non è cambiata e non cambia “la missione” de Il Provinciale il periodico fondato da Franco Marasca nel 1989 con l’intento di mettere al servizio dell’informazione e della cultura di Capitanata un organo aperto, indipendente, in grado di proporre ed ospitare dibattiti sugli aspetti dello sviluppo e della promozione del territorio. Una vocazione che per noi delle Edizioni del Rosone resta ineludibile e obbligata. Anche per il 2016 ognuna delle uscite sarà accompagnata da un volume: 1° marzo 2016 Saggi, scrittori e paesaggi. Nuove occasioni letterarie pugliesi di F. Giuliani 2° giugno 2016 Ho viaggiato con l’apostolo Tommaso di C. Serricchio 3° settembre 2016 La macchia nell’occhio di L. Vecchiarino 4° dicembre 2016 Tracce-elementi di antropologia culturale di P. Resta Sottoscrivendo l’abbonamento si ha diritto ad una proposta a scelta dell’offerta, due proposte per i sostenitori, cinque per i benemeriti. Chi sottoscrive, oltre che per sè, un abbonamento per un’amico, conoscente o familiare, riceverà in omaggio il volume: Racconti di Joseph Tusiani. Chi sottoscrive un abbonamento a due o tre riviste (come pacchetti a destra) potrà scegliere un volume nell’elenco presente sul nostro sito. Riceverà il libro chi ha sottoscritto l’abbonamento e chi lo acquisterà con il giornale, a soli 3,00 Euro in più presso le edicole di seguito in elenco: Carapelle: Vallario - Edicola - L. della Rimembranza. Deliceto: Tarallo - Edicola - C. Umberto. Foggia: Bianco - Edicola 25 - V. Di Vittorio; Di Liso - Edicolè - P. Duomo; Montanari - V. Oberdan. Lucera: Finelli - Edicola V. Di Vagno; Catapano Libreria - V. Dante. Manfredonia: Guarino - Il Papiro - C. Manfredi. Orsara: Del Priore - Edicola - C. V. Emanuele. Ortanova: Tamburro - Cartolibreria/Edicola - Via V. Veneto. Rodi G.co: D’Errico - Emilcart - C. M. della Libera. San Severo: Notarangelo - Cartolibreria/Giornali - P. Repubblica. S. Marco in Lamis: Soccio - Edicola - P. M. delle Grazie. Stornara: Iagulli - Edicola - P. della Repubblica. Troia: Seppielli - Cartolibreria - C. R. Margherita.

DIRETTORE RESPONSABILE Duilio Paiano REDAZIONE Marcello Ariano – Mariangela Ciavarella – Silvana Del Carretto – Corrado Guerra – Lucia Lopriore – Marida Marasca – Stefania Paiano – Vito Procaccini – Leonardo Scopece – Michele Urrasio HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Raffaele Cera – Mauro Galantino – Francesco Giuliani – Giucar Marcone – Massimiliano Monaco – Giuseppe Trincucci La collaborazione a questo giornale è gratuita e su invito della Direzione. Gli articoli, le foto e le illustrazioni, anche se non pubblicati, non vengono restituiti.

STAMPA Arti Grafiche Favia - Modugno (Bari)


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