Il Provinciale e il Rosone OGGI - 2/2021

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ANNO XXXII

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2021 FONDATO DA FRANCO MARASCA

Una copia € 2,00 Sped. in abb. post. 50%

Vi ha aderito anche La Magna Capitana

Inseguendo la perfida mutabilità del coronavirus ritroviamo l’autenticità del Natale

Bibliopride Giornata nazionale delle biblioteche

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siste un fil rouge che unisce, purtroppo, i più recenti numeri de Il Provinciale e lungo il quale si muove il Covid-19, una drammatica emergenza sanitaria mondiale che per tale caratteristica ha sin dall’inizio della sua comparsa ha assunto le dimensioni di una vera e propria pandemia. Nell’arco di due anni, da quando è apparso per la prima volta in Italia, l’infido virus ha impegnato in un severo e improbo lavoro ricercatori, scienziati, medici specialisti, operatori sanitari, strutture ospedaliere, governanti in una precipitosa riorganizzazione della vita sociale che ha costretto tutti ad inseguire le mutazioni e le variazioni di questo camaleontico quanto subdolo microrganismo. Ci ha “concesso” un’estate relativamente tranquilla, sia pure con l’adozione di ogni possibile accorgimento utile a contrastarlo e con il determinante ruolo svolto dalla campagna vaccinale avviata nell’inverno-primavera precedenti, per poi riapparire in autunno, e ancor più prepotente e diffusivo alle soglie dell’inverno 2021-2022, costringendo ancora una volta ad un robusto adeguamento degli interventi e dei comportamenti collettivi e individuali. Siamo giunti alla somministrazione della terza dose di vaccino per i più solerti (e sono la stragrande maggioranza, per fortuna), mentre resiste uno “zoccolo duro” di contrari a questa pratica preventiva che esibiscono, a giustificazione di tale loro convincimento, argomentazioni con sfumature le più svariate. La sagoma della quarta dose si staglia ormai all’orizzonte come ulteriore tappa irrinunciabile, così come la possibilità di mettere in conto, almeno per qualche anno, l’appuntamento con un centro vaccinale che ci immunizzi rispetto a chissà quale forma/variante del famigerato virus trasformista. Si naviga a vista, nel frattempo, in una corsa ad inseguimento che terminerà soltanto quando gli scienziati del pianeta riusciranno a mettere le mani sul… fuggitivo, domandolo definitivamente. Nessuno, oggi, è in grado di prevedere il giorno e l’anno in cui ciò potrà avverarsi. Per fortuna si è giunti a un equilibrio, precario ma capace di reggere, tra l’esigenza di difenderci dal virus e quella di salvaguardare le attività socio-economiche, il lavoro e una frequenza scolastica che garantisca ai nostri bambini/ragazzi il minimo indispensabile di rapporti interpersonali e di relazioni umane tra coetanei. È tempo di Natale, in ogni caso, e per non rischiare di rimanere sopraffatti dal disorientamento indotto dalla pandemia, ci piace proporre ai nostri lettori i versi di un’autrice sensibile e profonda qual è Anna Frediani che in una splendida poesia intitolata “Natale è altrove” (dalla silloge “Poesia in verticale”, Edizioni del Rosone, 2020) ci aiuta a riflettere da par suo: quante parole / il consumo ha deturpato / qual fedele servitore / del mercato universale / e anche il natale / subisce questa sorte / laddove si è confuso / il sacro col profano / vestito di buonismo / scintillante e sorridente / per sottrarre / paure dolore / verità nascenti / e sollevar gli sguardi / da una storia / che sembra correr giù / a capofitto verso un baratro / in assenza d’approdi di salvezza / … o tu interrogante / che assisti / a questo misero teatrino / solo tu puoi alzare il velo / di tal menzogna / ispessita e traditrice / per riprenderti il potere / di vedere di vedere / solo tu puoi spostar / lo sguardo altrove / oltre messaggi preconfezionati / perché colui che è nato / da sempre è incensato / da mercanti sacerdoti e re / … fermati / sposta lo sguardo / ascolta / il gran silenzio / del mistero / perché il natale / è altrove / è altrove Duilio Paiano

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a Magna Capitana per l’inclusione”: è questo il titolo scelto dalla Biblioteca “La Magna Capitana” di Foggia per aderire anche quest’anno al Bibliopride – La giornata nazionale delle biblioteche, giunta alla decima edizione. La sostenibilità nei suoi diversi aspetti, infatti, è il tema individuato quest’anno dalla manifestazione nazionale organizzata dall’AIB – Associazione Italiana Biblioteche, che partecipa al Festival dello Sviluppo Sostenibile. La promozione della lettura per favorire l’integrazione di settori socialmente esclusi è l’ambito di intervento selezionato dal Polo Biblio-Museale di Foggia, che da diversi anni porta avanti progetti di lettura ad alta voce, a favore di persone in condizioni temporanee o permanenti di fragilità. Sono state realizzate diverse iniziative, tutte tese a favorire la lettura, “portate” in ambienti particolarmente sensibili dal punto di vista sociale, sia nel capoluogo che in provincia. Interessate a questa programmazione: il “Bibliocep” presso l’oratorio della Chiesa di San Paolo a Foggia con un intervento curato da Milena Tancredi, responsabi-

le della Biblioteca dei ragazzi; “Letture ad alta voce”, sempre a cura di Milena Tancredi, è stato dedicato alle famiglie dei “Sistemi di accoglienza e integrazione – Sai” di Poggio Imperiale, Candela, Rocchetta Sant’Antonio e Orsara di Puglia. L’iniziativa era inserita nel solco del più ampio progetto dal titolo “Letture piccine senza confine”, destinato ai minori stranieri non accompagnati del SIPROIMI, Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati; incontri online di letture ad alta voce dedicati agli ospiti della Casa per la vita “Brecciolosa” di San Marco La Catola e della RSSA “Il Sorriso” di Foggia, strutture residenziali che accolgono, rispettivamente, persone con problematiche psicosociali e anziani; infine, il concorso fotografico “Una settimana in biblioteca”, promosso dall’AIB, in collaborazione con “Officine creative” e con il partenariato culturale di FIAF – Federazione Italiana Associazioni Fotografiche. L’obiettivo è stato quello di raccontare le biblioteche aderenti a Bibliopride 2021, attraverso il linguaggio delle immagini.


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Anno XXXII - n. 2 Dicembre 2021

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i è svolta lo scorso 10 ottobre nel suggestivo auditorium del convento di San Matteo Apostolo di San Marco in Lamis la cerimonia conclusiva della XVII edizione del Premio nazionale di Poesia Il Sentiero dell’Anima. Il Premio, bandito da “Il Sentiero dell’Anima” con le Edizioni del Rosone, è stato patrocinato dall’Università degli Studi di Foggia, la Fondazione dei Monti Uniti di Foggia, la Fondazione Pasquale ed Angelo Soccio, l’Associazione culturale “Per il Meglio della Puglia”. L’evento di quest’anno è stato dedicato a Dante Alighieri, in coincidenza con il settecentesimo anniversario della sua morte. Il professor Aldo Ligustro, presidente della Fondazione dei Monti Uniti, scrive a proposito della poesia nella presentazione dell’Antologia che riporta segnalati, menzionati e vincitori del concorso: «Abbiamo bisogno di poesia soprattutto perché è il tempo che ci è stato dato da vivere a chiederlo. Il dramma sanitario, con tutto il suo portato, ha ulteriormente peggiorato la condizione di chi vive nell’area del disagio, dalle nuove povertà all’emarginazione, fino alle dipendenze. I benefici della civiltà dell’immagine, della comunicazione e dell’economia globale, purtroppo nascondono anche dei difetti insidiosi, come quella sensazione di vuoto interiore incolmabile e di solitudine comune a tante persone, in molteplici vissuti emotivi. Ecco perché, quando mi chiedono a cosa serve la poesia, penso a tutto questo e faccio mie le parole del carismatico prof. Keating, l’immortale Robin Williams de “l’attimo fuggente”: “Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo”». «La poesia – afferma il prof. Sebastiano Valerio, presidente della commissione giudicatrice – ha il compito di affermare la funzione catartica della parola, che libera e unisce al contempo, che diventa ricerca di un senso che ridefinisca il rapporto tra uomo e uomo e tra uomo e mondo, nel momento in cui questi rapporti sembrano più che mai complessi e delicati». Marida Marasca PREMI E SEGNALAZIONI

POESIA EDITA IN ITALIANO E DIALETTO Segnalazione Nicola Feruglio – Dimensioni aurorali SaraTarantini – E mi guardi menzione Domenico Ruggiero – L’infinito di noi menzione speciale Tina Ferreri Tiberio – I sentieri del vento Anna Frediani – Poesia in verticale Poeta stellato Renzo Piccoli – Cantar de mi amor Premio speciale “Presenza viva” Colomba Di Pasquale – Poesie minuscole Cesira Donatelli – Nettare di Luce Primo premio Cosimo Rotolo – C-Side – 10 anni di poesie sul mare Al di là di ogni graduatoria Book ClubLeggerMete Noi – Orta Nova – Tu… io nel Sentiero dell’Anima… A riveder le stelle Associazione Camminatori Gargauni – S.G. Rotondo – Tra natura e amicizia POESIA INEDITA IN ITALIANO E DIALETTO Segnalazione Raimondo Ardolino (Rignano G.coFg) – Solo tu Daniele De Biase (Foggia) – Vorrei trovarti ragazza

Premi letterAri XVII edizione del Premio di Poesia Il Sentiero dell’Anima

Dedicato a Dante che c’insegna a sognare in grande Maria Foggetti (Bari) – Siamo tutti poeti Nazario Martino (Foggia) – Quedda porta Michele Pochiero (Polistena-CS) – Il dogma poetico Vanessa Rotundo – Respirare Maurizio Tancredi (S. Marco in Lamis-Fg) - Tempo menzione Pasquale Massimiliano Gravina (S.G. Rotondo-Fg) – La pandemia Onofrio Grifa (S.G. Rotondo-Fg) – Per te, uomo Simona Pironi (Gravellona Toce-VB) – E riaprono i musei, rinasce l’arte Maria Rosaria Strazzella (Foggia) menzione speciale Debora C. Borca (Rivoli-TO) – Stella fra le stelle Claudia D’Angelo (San Salvo-CH) – Lo sguardo delle stelle Vittorio Di Ruocco (Pontecagnano Faiano-SA) – Il treno per Treblinka Premio speciale della giuria “a riveder le stelle” Loredana Pozzo (Majano-UD) - ...e quindi uscimmo a riveder le stelle... Poeta stellato Anna Maria Colletti (Foggia) – Salire su un terrazzo Elisabetta Liberatore (Pratola PelignaAQ) - Le ragioni del silenzio Cittadinanza onoraria Pietro De Leo (Firenze) – Addio Michele Gerardo Mastracchio (Foggia) – E ‘nnamurat Delia Renghea (Foggia) – Narciso Antonio Vacca (Foggia) – Pandemia di stelle Premio speciale “Presenza viva” Michele Totta (S.G. Rotondo-FG) – Vicino a Dante gli fo’ confidenze Primo premio Francesco Paolo Maria Giuliani (S. Marco in Lamis-FG) - Pregami POESIA IN ITALIANO O IN DIALETTO RISERVATA A GIOVANI AUTORI DELLA SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO Segnalazione Emanuela Pia Diurno-Andrea Palumbo-Sofia Terbonetti-Raffaele Troiano (1^C-Scuola secondaria di I grado I.C. “Giovanni XXIII” - Monte S. AngeloFG) – La pandemia Michele Longo (1^A-Scuola secondaria di I grado “I.C. “S. Giovanni BoscoDe Carolis” - S. Marco in Lamis-FG) – Sole Antonio Mantuano (2^D-Scuola secondaria di I grado I.C. “Dante-Galiani” - S. Giovanni Rotondo-FG) – Il poeta eterno Mariarosa Parisi (2^C-Scuola secondaria di I grado I.C. “S.G. Bosco-De Carolis” - S. Marco in Lamis-FG) – Riusciremo a riveder le stelle menzione Beatrice Aucello (1^A-Scuola secondaria di I grado I.C. “S.G. Bosco-De Carolis” - S. Marco in Lamis-FG) – La primavera che mette allegria Alessia Buenza (2^D-Scuola secondaria di I grado I.C. “Dante-Galiani” - S.G. Rotondo-.FG) – Il sommo vate Giada De Maio (2^ D-Scuola secondaria di I grado I.C. “Dante-Galiani” - S.G. Rotondo-FG) – Dante Nicola Facciorusso-Matteo MiucciAntonio Rinaldi-Elisabetta Santoro (1^ C-Scuola secondaria di I grado I.C.

“Giovanni XXIII” - Monte S. AngeloFG) – Un nemico inaspettato Antonio Marcucci (2 D-Scuola secondaria di I grado I.C. “Dante-Galiani” S.G. Rotondo-FG) – Eroe e poeta Raffaella Villani (2^D-Scuola secondaria di I grado I.C. “S.Giovanni BoscoDe Carolis” - S. Marco in Lamis-FG) – Il pensier che in ciel va menzione speciale Lucia Altavilla (3^A-Scuola secondaria di I grado I.C. “Tancredi-Amicarelli” - Monte S. Angelo-FG) – Settimana di Dante-A sttmen d Dant, u poet! Emanuela Pia Diurno (1^C-Scuola secondaria di I grado I.C. “Giovanni XXIII” - Monte S. Angelo-FG) – L’amore in una danza Andrea Gentile-Marilina GuerraFrancesco Scirpoli-Fabio Totaro-Silvia Totaro (1^B-Scuola secondaria di I grado I.C. “Giovanni XXIII” - Monte S.

Angelo-FG) – La nostra desiderata normalità Sofia La Torre-Samuele Maratea-Nunzia Rignanese-Maria Vergura (1^CScuola secondaria di I grado I.C. “Giovanni XXIII” - Monte S. Angelo-FG) – Una minaccia da affrontare Matteo Nardella-Alessia PalmaMariarosa Parisi-Joana Zoga-Yzedin Zoga (2^C-Scuola secondaria di I grado I.C. “S. Giovanni Bosco-De Carolis” - S. Marco in Lamis-FG) – E uscimmo a riveder le stelle Tibisay Notarangelo (2^D-Scuola secondaria di I grado I.C. “Dante-.Galiani” - S.G. Rotondo-FG) - Biografia del sommo poeta Enrico Rendina (1^D-Scuola secondaria di I grado I.C. “S. Giovanni Bosco.De Carolis” - S. Marco in Lamis-FG) – La gioia della primavera Rayan Rihani (2^D-Scuola secondaria di I grado I.C. “Dante-Galiani” - S.G. Rotondo-FG) – Per il Dantedì Giusy Scirpoli (2^D-Scuola secondaria di I grado I.C. “Dante-Galiani” - S.G. Rotondo-FG) – Io sono Dante Ciro Tancredi (1^A-Scuola secondaria di I grado I.C. “S. Giovanni Bosco-De Carolis” - S. Marco in Lamis-FG) – Finalmente Primavera Noemi Urbano (2^D- Scuola secondaria di I grado I.C. “Dante-Galiani” - S.G. Rotondo-FG) – I tre regni

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Provinciale

Giornale di opinione della provincia di Foggia

Primo premio ex aequo Raffaela De Luca (2^D-Scuola secondaria di I grado I.C. “Dante-Galiani” S.G. Rotondo-FG) – Un sonetto per Dante Antonio Ricucci-Simone Santoro (1^B-Scuola secondaria di I grado I.C. “Giovanni XXIII” - Monte S. AngeloFG) – Un passo dal paradiso POESIA IN ITALIANO O IN DIALETTO RISERVATA A GIOVANI AUTORI DELLA SCUOLA SECONDARIA DI II GRADO Segnalazione Francesca Ciavarella (2^B-Scuola secondaria di II grado Liceo Scienze umane “M. Immacolata” - S.G. RotondoFG) – La speranza Luca Haziza (2^B-Scuola secondaria di II grado Liceo scientifico “M. Immacolata” - S.G. Rotondo-FG) – A Dante Rita Maria Marano (2^B-Scuola secondaria di II grado Liceo Scienze umane “M. Immacolata” - S.G. RotondoFG) – Le persone care son diventate stelle Ilenia Savino (2^B-Scuola secondaria di II grado Liceo Scienze umane “M. Immacolata” - S.G. Rotondo-FG) – Insolito silenzio Michele Vigilante (1^A-Scuola secondaria di II grado I.T.S.S. “P. Giannone” S. Marco in Lamis-FG) – Oltre la pendemia menzione Lucia Bruno (2^A-Scuola secondaria di II grado Liceo Scienze umane “M. Immacolata” - S.G. Rotondo-FG) – Dante e… le regole anti-Covid Aurora Antonietta Cocomazzi (2^BScuola secondaria di II grado Liceo Scientifico “M. Immacolata” - S.G. Rotondo-FG) – Rammento ancor Maria Rebecca Gaggiano (2^B-Scuola secondaria di II grado Liceo Scienze umane “M. Immacolata” - S.G. RotondoFG) – Il nemico invisibile Mattea Gorgoglione (2^A-Scuola secondaria di II grado Liceo Scienze umane “M. Immacolata” - S.G. RotondoFG) – Arriveranno le giornate liete Rosa Longo (2^A-Scuola secondaria di II grado Liceo Scienze umane “M. Immacolata” - S.G. Rotondo-FG) – La libertà in un cielo stellato Pio Lucio Miscio (2^B-Scuola secondaria di II grado Liceo Scienze umane “M. Immacolata” - S.G. Rotondo-FG) – La salute promessa Benedetta Napolitano (2^B-Scuola secondaria di II grado Liceo Scienze umane “M. Immacolata” - S.G. RotondoFG) – Al caro Dante Alighieri Martina Pompilio (2^A-Scuola secondaria di II grado Liceo Scienze umane “M. Immacolata” - S.G. Rotondo-FG) – Puntando alla libertà delle stelle Alessandra Pia Soccio (2^B-Scuola secondaria di II grado Liceo Scienze umane “M. Immacolata” - S.G. RotondoFG) – Uscimmo a riveder le stelle Antonietta Soccio (2^A-Scuola secondaria di II grado Liceo Scienze umane “M. Immacolata” - S.G. Rotondo-FG) – Dolore e speranza menzione speciale Ludovica Fezzoli (2^B-Scuola secondaria di II grado Liceo Scienze umane “M. Immacolata” - S.G. Rotondo-FG) – Virus letale e virtù stellare Graziana Giuliani (2^B-Scuola secondaria di II grado Liceo Scienze umane “M. Immacolata” - S.G. Rotondo-FG) – Le stelle luminose e belle Martina Ianzano (2^B-Scuola secondaria di II grado Liceo Scienze umane “M. Immacolata” - S.G. Rotondo-FG) – Dal virus spietato… alla rinascita Primo premio ex aequo Alessia Argentino (5^A-Scuola secondaria di II grado I.T.S.S. “P. Giannone” - S.G. Rotondo-FG) – Lettera al sommo poeta


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Provinciale

Premi letterAri

Giornale di opinione della provincia di Foggia

Castelmassa (Articolo 18). Al quarto posto ex aequo: Mario Trapletti (I sogni disperdono anche la polvere), Roberta Mezzabarba (Il potere di un rossetto), Samantha Falciatori (Il velo del tempo), Arnaldo Manuele (Albergo ad ore). Anche per quest’anno l’Associazione Daunia&Sannio ha inteso confermare il Premio alla carriera, riconoscimento attribuito a una personalità del territorio che si sia distinta, in Italia o all’estero, per meriti nel campo delle professioni, dell’imprenditoria, delle scienze, delle arti. Per l’edizione 2021 il riconoscimento è stato assegnato al professor Rocco Capozzi, docente emerito di Italianistica presso l’Università di Toronto, originario di Deliceto, di cui è stata proposta un’intervista curata dal dottor Giuseppe Trifiletti e realizzata nel corso del soggiorno estivo del docente nel suo paese d’origine. L’ambito riconoscimento è stato consegnato al sindaco sua produzione letteraria. In particolare la tragedia Fedra, il capolavoro che gli ha dato fama in tutto il territorio nazionale e il cui testo sembra essere inesistente nelle librerie e nelle biblioteche scolastiche della città. Noi vorremmo – ha continuato Lucianna Modola – che di Bozzini non si perdesse memoria. Lo abbiamo conosciuto attraverso le sue opere e desideriamo allargare questa conoscenza tra i giovani e tutti gli amanti e responsabili della cultura letteraria e teatrale, perché si crei una tela operativa che raccolga e diffonda l’eredità della sua arte». Su questa stessa necessità di “fare rete”, di coinvolgere, cioé, nell’azione di conoscenza e di divulgazione delle opere di Bozzini, tutti i soggetti, gli enti e le istituzioni del territorio deputati a “fare cultura”, si è soffermato anche il giornalista Duilio Paiano che ha sollecitato con forza l’intitolazione a Bozzini del teatro comunale di Lucera che da sempre porta il nome di Garibaldi. La professoressa Falina Martino Marasca, membro di commissione del Premio letterario Bozzini, si è soffermata sull’importanza della memoria e sulle motivazioni che inducono oggi, a cento anni dalla scomparsa, a parlare del grande drammaturgo, patrimonio di Lucera da consegnare alla conoscenza dei più giovani (soprattutto gli studenti) perché non ne vada dispersa

l’opera di letterato ma anche di uomo che ha tanto operato per la sua città natale, nonostante la morte prematura lo abbia colto all’età di 45 anni. Il professor Francesco De Martino si è assunto il compito di soffermarsi su Fedra, forse l’opera più importante di Bozzini, certamente la più conosciuta e che può vantare duecentocinquanta rappresentazioni teatrali in tutta Italia. Il docente dell’Università di Foggia ha proposto un parallelo tra il capolavoro bozziniano e le omonime opere di D’Annunzio e degli autori classici greci. In particolare, ha analizzato il significato del bacio di Fedra al giovane Ippolito, confrontandolo con analoghe situazioni riscontrabili in altre opere: il docente ha individuato l’archetitpo per il bacio di una donna matura al giovane amato in Afrodite che bacia il morto Adone, oltre a quello descritto da Quinto Smirneo: nel corso dei lamenti nella tenda Teti bacia la bocca del giovane Achille morto. In definitiva, una serata di eccellente gradevolezza, dove alla dovuta ricorrenza del centenario della morte di Bozzini si è aggiunta la lodevole iniziativa della ristampa della sua Fedra, con interventi che hanno dato spessore all’incontro e fatto conoscere ancora meglio agli intervenuti un autore che è stato trascurato e sottovalutato rispetto ai suoi notevoli meriti di uomo e di letterato. Marida Marasca

Riuscitissima manifestazione conclusiva del Premio letterario Daunia&Sannio 2021 o splendido scenario del Teatro comunale “Garibaldi” di Lucera ha ospitato la cerimonia conclusiva del Premio letterario Daunia&Sannio, edizione 2021. Nel pieno rispetto delle norme anti Covid-19, il numeroso pubblico presente ha potuto assistere ad un vero e proprio spettacolo, intenso e “carico” di cultura anche nelle fasi al di fuori della rituale serie di premiazioni dei vincitori delle diverse sezioni in cui è articolato il Premio, ormai giunto al secondo anno di vita. Numerosi, infatti, gli intermezzi musicali che hanno allietato la serata e che hanno avuto come protagonisti applauditi e apprezzati Antonietta Gramegna (presidente dell’Associazione Musicale Risonanze) al violoncello e Leonardo Petrillo al pianoforte. Sicura e professionale la conduzione dell’articolato programma da parte della poetessa e scrittrice Maria Teresa Infante. È stato il dinamico presidente di Daunia&Sannio, Pasquale Frisi, ad aprire la manifestazione con una sintesi del lavoro svolto e delle attività che l’Associazione ha attuato nell’anno 2021. Di queste ultime sono state proiettate immagini relative alle mostre di pittura tenute a Faeto e nel chiosco di San Pasquale a Lucera, quelle del Festival della poesia dialettale ospitato a Casalvecchio di Puglia e a Faeto; infine, il riscontro visivo della rappre-

sentazione teatrale in francoprovenzale A ette sule un suàjeme (È solo un sogno) della commedia scritta da Alfonso Piccirillo. Frisi ha anche manifestato soddisfazione per l’elevato riscontro che il Premio ha registrato, con centinaia di partecipanti provenienti da ogni regione italiana, sia per la sezione narrativa che per quella di poesia. al presidente di Accanto Daunia&Sannio anche il sindaco di Lucera, Giuseppe Pitta, che ha portato il saluto dell’Amministrazione comunale. Di seguito i vincitori e i destinatari di segnalazioni speciali per ciascuna sezione del Premio. Per la sezione Poesia ha vinto Rosa Francesca De Magistris di Spezzano Albanese con la poesia Nell’incerto io sono; seconda classificata Girma Mancini di Molfetta (Sorelle); terzo Maurizio Brasili di Tivoli (Ultima fermata). Al quarto posto ex aequo: Nunzio Buono (Sottovento), Maurizio Albarano (Così avremo la forza di gridare), Carmine De Masi (Paese mio) e Antonella Scinto (Incanto). Il Premio speciale della giuria se l’è aggiudicato Anna Rita Martire per la composizione Alessandria 415 d.C.. Per la narrativa la vittoria è andata ad Alessandro Lupis di Catanzaro con il racconto Crisalide; secondo classificato Alessandro Cuppini di Bergamo (La lista), terzo Marco Bottoni di

Lucera, presentata la ristampa di Fedra

Nel centenario della morte di Umberto Bozzini grande drammaturgo e grande uomo

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a presentazione della ristampa della tragedia Fedra di Umberto Bozzini è stata l’occasione per un convegno recentemente svoltosi a Lucera nel corso del quale si è anche ricordato il centenario della scomparsa del grande letterato lucerino. Il salone del prestigioso Circolo Unione si è prestato come location più che degna per l’argomento affrontato e per il personaggio ricordato. Egregiamente coordinati del neo presidente del Circolo, il giornalista Silvio Di Pasqua, i lavori sono cominciati con la presentazione della ristam-

pa di Fedra, curata dall’Associazione teatrale Mythos e dalla sua infaticabile presidentessa Lucianna Modola. Sono anche intervenuti il giornalista e scrittore Duilio Paiano, la responsabile delle Edizioni del Rosone, Falina Martino Marasca e il docente dell’Università di Foggia professor Francesco De Martino, curatore dell’opera omnia di Bozzini edita nel 2009, in occasione del centenario della prima rappresentazione di Fedra. Hanno letto brani dell’opera più conosciuta dell’autore lucerino i bravissimi attori Sarita Monti e Claudio Mione, con intermezzi musicali affidati alla sapienza di Chiara Maglia al violoncello e Michele Augelli al pianoforte. La professoressa Lucianna Modola ha illustrato le motivazioni che hanno indotto lei e la sua Associazione alla ristampa di Fedra: «La nuova ristampa – ha affermato, tra l’altro la presidentessa di Mythos – vuole essere un atto d’amore verso l’autore nel centenario della sua morte, per rinverdirne il ricordo e suscitare conoscenza o approfondimento di conoscenza della

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Giovanni Bizzarro, al vice sindaco Rocco Pacella e all’assessore Carmine Contardi, giunti a Lucera in rappresentanza del loro concittadino. Messaggi di congratulazioni per il Premio ricevuto sono giunti al prof. Capozzi dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano; dal presidente dei Club Pugliesi dell’Ontario, Grazia Piccolo; dal vice presidente del Consiglio Generale dei Pugliesi nel Mondo della Regione Puglia, Gianni Mariella e dal consigliere Filippo Antonio Zita. Ricorrendo il ventennale della scomparsa del giornalista-editoredocente Franco Marasca – già premiato nel 2020 per la sua attività di ambasciatore della Capitanata e della Puglia a Milano, nel corso di una cerimonia svoltasi in videoconferenza, il presidente Pasquale Frisi ha espresso la volontà che la consegna venisse replicata, questa volta in presenza, affidando la pergamena alla professoressa Falina Martino Marasca, moglie del premiato. A completamento della cronaca della godibilissima e riuscita serata aggiungiamo che hanno letto i testi degli autori vincitori o segnalati Gabriella Aufiero, Luisa Liguori, Roberto Vicario, Giovanni De Girolamo, Giovanni Guadagno (Ass. teatrale La Melagranata di Troia), Alfonso Piccirillo (Compagnia teatrale La Formica, Pietra Montecorvino). Ai vincitori delle tre sezioni è stato assegnata una pregevole scultura, rappresentante un lupo, opera dell’artista sanseverese Dino Bilancia che ha illustrato il particolare metodo di lavorazione e i materiali usati per la realizzazione dell’opera. Duilio Paiano

Nello splendido Teatro “Garibaldi” di Lucera

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riCordAndo FrAnCo mArASCA

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Provinciale

Giornale di opinione della provincia di Foggia

“Raccontato” in un convegno il fondatore delle Edizioni del Rosone

Franco Marasca: un percorso che continua, a vent’anni dalla scomparsa F

ranco Marasca è volato in Cielo ormai da vent’anni. Tanti, tantissimi per chi l’ha conosciuto e, soprattutto, ha avuto la fortuna di essergli compagno di alcune delle mille sue avventure culturali. In questi venti anni sono accadute moltissime cose: la Casa editrice che ha lasciato in eredità morale a Falina e Marida ha fatto passi da gigante, innervando il territorio della Capitanata di mille rivoli culturali che ancora oggi rappresentano un punto fermo e significativo per lo sviluppo della provincia di Foggia. Insomma, il sogno di Franco ha trovato epigoni convinti e appassionati che l’hanno ampliato e approfondito. Ecco spiegato il tema generale del convegno che ha inteso ricordare Franco l’11 novembre scorso, nel ventesimo anniversario della sua dipartita: Franco Marasca, un percorso che continua. Un tema generale all’interno del quale si è privilegiato un aspetto che a Franco stava tanto a cuore: Biblioteca, risorsa educativa per la comunità. Un “cavallo di battaglia”, come si direbbe, che viaggiava sulle ali del convincimento che la biblioteca al servizio della collettività cittadina sia una potente e indispensabile occasione di crescita culturale e morale. Intorno a questo tema, ma anche sulla figura di Franco amico, giornalista, editore, docente ed educatore illuminato, si è ragionato” nel corso del convegno con un intervento molto sentito di Falina, che non è riuscita a evitare uno… scivolamento nel personale affettivo con Franco, e con alcune pregevoli relazioni che di seguito riportiamo in sintesi. Geppe Inserra: Franco Marasca, pioniere e visionario Franco Marasca è stata un pioniere in tutti i sensi. Ha lanciato e vinto sfide che sembravano impossibili. Ha precorso i tempi. Ha fondato e pubblicato Il Rosone quando l’editoria locale cominciava a dare segni di crisi, e gli imprenditori che se ne occupavano preferivano orientare gli investimenti a settori più promettenti come l’emittenza locale. La sua virtù più significativa è stata la costanza, il non arrendersi anche di fronte a congiunture critiche. Marasca è stato un antesignano dell’impresa culturale in Capitanata. Prima di lui non esistevano aziende editoriali che pubblicassero in modo costante e coordinato giornali, riviste e libri, in un catalogo sistematico. Le sue armi vincenti sono state la costanza, la tenacia, il metodo. Le prime due qualità fanno parte del bagaglio morale di una persona: Franco ne aveva da vendere. Il metodo però non è una virtù. È qualcosa che nasce dall’osservazione, dalla sperimentazione, dall’intuizione. Il “metodo” di Marasca, direi anche la preziosa eredità che ci lascia, è la

caparbia ricerca delle relazioni. Relazioni con e tra le persone, relazione con e tra i territori. Ogni impresa umana, tanto più se affidata a quella complessa materia prima che è la carta stampata, si nutre di relazioni, e prospera se riesce a connettere persone, a metterle in rete, come si dice oggi, mantenendo, nello stesso tempo, un rapporto saldo con il territorio. L’attenzione verso il territorio è enunciata a mo’ di dichiarazione programmatica nella stessa intitolazione delle testate partorite da Franco: Il Rosone, il Provinciale. Il Rosone non è soltanto un richiamo al gioiello che adorna la cattedrale romanica della sua Troia: è simbolo e indicazione di un’idea di Puglia, di un’identità che va ritrovata nella valorizzazione del passato e delle sue tracce. Il Provinciale sta invece a suggerire il ribaltamento dell’accezione negativa che viene attribuita al termine, nel senso di periferico, dimesso, secondario. Sottolinea l’aspetto geografico, e l’importanza che la geografia ha per la Capitanata, che è tra le più grandi province d’Italia. L’essere provinciale, consolidare una identità provinciale per la Capitanata, era ed è una nevralgica questione di futuro, tuttora irrisolta. Marasca è stato tra i primi a rendersene conto. Il Rosone è esso stesso una relazione, essendo nato - ed essendosi consolidato - sul lungo ponte tra la Puglia e Milano, costruito da Marasca, soprattutto dopo la scelta di rientrare nella sua terra d’origine, a Troia. Questo lungo ponte ha permesso che nascesse e si sedimentasse la rete di cui dicevo prima: rete di persone, di autori, di intellettuali, che a loro volta hanno rappresentato l’humus su cui si è sviluppata l’intensa attività editoriale della casa editrice. Non è affatto un caso che uno dei primi libri dato alle stampe sia La cucina pugliese alla poverella, che è anche l’opera prima di quello che sarebbe poi diventato il nume tutelare della gastronomia pugliese, Luigi Sada. L’arte culinaria come espressione culturale primigenia di una terra, ma anche come strumento di marketing territoriale. Queste nozioni, queste idee sono oggi diventate patrimonio comune. Ma eravamo negli anni Ottanta quando il primo libro Miti e credenze della Puglia antica venne pubblicato. Parlare allora della cultura come impresa, di marketing territoriale era pura avanguardia. Chi lo faceva era un visionario e Franco, a suo modo, lo è stato. Da quella prima pubblicazione, datata 1983, è germogliato un catalogo possente: centinaia di libri e di riviste hanno fatto crescere quel territorio tanto amato da Marasca. Fondare e condurre una Casa editrice nel Mezzogiorno e in una provincia come la Capitanata, grande e bella, ma

che non brilla quanto a indici di lettura e consumi culturali, è impresa improba, che non produce arricchimento economico, come ben sanno Falina e Marida Marasca, che dopo la scomparsa di Franco ne hanno proseguito l’opera con altrettanto entusiasmo e altrettanta tenacia e diligenza consolidandone ulteriormente l’attività. Il successo di un’impresa non si misura soltanto sui dati dei bilanci finanziari. Se guardiamo alla storia delle Edizioni del Rosone dal punto di vista del capitale sociale prodotto in questi decenni, il risultato è straordinario. Scrivere un libro, pubblicarlo, distribuirlo, leggerlo è un circolo virtuoso che arricchisce tutti i protagonisti della filiera. Franco Marasca, e dopo di lui Falina e Marida, hanno dato un contributo inestimabile al capitale sociale della Capitanata e della Puglia. Grazie di cuore. Alfonso Palomba: un docente attento ai processi di cambiamento L’occasione del ventennale della morte di Franco Marasca mi obbliga a tornare indietro nel tempo per cercare il momento del mio primo incontro con Franco Marasca, della cui poliedrica personalità ormai è stata esplorata ogni dimensione. Un solo aspetto, tuttavia, mi pare che non sia stato evidenziato a sufficienza, quello di Franco-docente di lingua e letteratura inglese. Io ho avuto l’onore e il piacere di annoverarlo tra i miei docenti e, in vero, tra quelli migliori, tra quelli più attenti ai processi di cambiamento: era un docente riservato, elegante nei modi, culturalmente raffinato, colto, capace di stabilire un rapporto pregnante con i suoi studenti ed anche con i suoi colleghi, un vero e proprio gentleman inglese. Ci siamo incontrati al “Giannone” di Foggia, nell’anno scolastico 1989/1990, io preside, lui docente di Inglese presso la sede staccata di Candela. Trent’anni fa. Entrambi, in quel momento storico, eravamo contagiati

dalla necessità di esplorare nella scuola percorsi diversi, idonei a far fronte alle nuove domande educative poste dalla società. E su questo bisogno di far circolare aria nuova nella scuola e di “inventare” strategie coinvolgenti per gli allievi nacque l’idea di un giornale. Cioè di Zero. In realtà l’idea fu di Franco, che aveva alle spalle già due numeri di Zero. Mi piacque subito la proposta: prima, perché Zero mi sembrava che potesse incarnare l’esigenza di un modello diverso di intervento educativo, in grado di intrecciarsi con la volontà di un recupero della capacità progettuale della scuola, senza della quale l’insegnamento era un vacuo esercizio retorico; poi, perché mi sembrava interessante il progetto di un giornale scolastico aperto al contributo di tutte le scuole della Capitanata. Una sorta di agorà in cui studenti e di docenti provavano a dibattere insieme non solo problemi della scuola ma anche questioni sociali, sportive e culturali. Una novità per quei tempi. Mi piace ancora sottolineare come il giornale fosse inserito tra le attività della biblioteca dell’Istituto, che divenne in quella circostanza una vera e propria “risorsa educativa. Tutto qui, potrebbe dire il lettore più sofisticato? No, di certo, perché Franco era molto di più. Aveva una straordinaria carica di empatia, che gli consentiva di entrare profondamente in connessione con gli altri, una grande capacità di ascoltare in modo attivo e senza giudicare le persone che aveva accanto. Era quello che oggi si chiama “docente affettivo”. Ma chi è il “docente affettivo”? È colui che non si occupa solo di contenuti, di obiettivi o di competenze, colui che non incentra la sua identità professionale unicamente nell’insegnamento della propria disciplina, è colui che è capace di assumere la relazione tra docente ed alunno come incontro tra persone e come asse fondamentale dell’insegnamento. Di qui la sua speciale considerazione per i giovani, per gli studenti, che considerava semi di speranza e di futuro, anche ai fini del suo “sogno” di crescita culturale e di sviluppo sociale del territorio della Capitanata e della Puglia intera, quel “sogno” che lo ha accompagnato per tutta la vita, ante diem stroncata dalla sorte avversa. Tutto questo – specifichiamolo – si verificava quando ancora non era penetrato nella scuola il concetto del “benessere”, dello “star bene a scuola” e quando ancora non c’era il “Progetto Giovani ‘93”. Dunque, Franco c’era arrivato prima, avendo una grande capacità di saper leggere i cambiamenti in atto a livello di società e di scuola in particolare. Franco aveva, in altri termini, compreso, prima di tanti altri, che un apprendimento efficace aveva bisogno di stimoli motivanti e di una componente di fiducia reciproca tra alunno e docente. Qualche mese dopo, purtroppo, Franco andò via dalla mia scuola, ma non dalla mia memoria.


Grazie Maestro, fatti sentire ogni tanto qui c'è bisogno di «parole definitive»

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mpossibile dire, al di là di ogni retorica da cerimonia, cos’è stato Franco Marasca (almeno per me). Impossibile raccontarne l’universo immaginifico, la naturale curiosità, la straordinaria attrazione per il bello, il trasporto vero (senza infingimenti) per i giovani. A vent’anni dalla morte (già vent’anni Franco, come passa il tempo!) provare a trasmettere ai ragazzi d’oggi chi era quest’uomo, perché ha fatto l’Editore, perché aveva coi libri un rapporto così complice e simbiotico, potrebbe rivelarsi tempo perso. E forse lo è davvero. Allora perché farlo? E per chi? A chi restituire un ricordo così nobile, una memoria così appassionata, se non a chi non ha avuto la fortuna di conoscerlo? Franco Marasca è stato un “inconsapevole” patrimonio di tutti. È stato il mio e l’Editore di molti altri che, come me, tra inizi e metà anni Novanta si avvicinavano al giornalismo, alla narrativa, alla complessa seduzione della Scrittura. È stato un insegnante di lingue coraggioso, innovativo e sperimentale (difficile immaginarlo nella scuola d’oggi, in cui le scartoffie contano più dei destini dei ragazzi), un insegnante smart trent’anni prima che questo odioso anglismo facesse irruzione nel dizionario politico e accademico del Paese. Ed è stato un innovatore della tradizione, uno che aveva capito che (così com’era rappresentata dalla vecchia editoria territoriale) la narrazione dei luoghi e degli uomini avrebbe faticato a sopravvivere. Anche in questo caso era trent’anni avanti al proprio tempo, perché i suoi timori si sarebbero materializzati nel ciclone della rete che ha travolto tutto e tutti. Nella sua bottega – dove hanno ancora sede le Edizioni del Rosone, la sua creatura più fragile e al tempo stesso più infrangibile – certe sere si davano appuntamento senza saperlo Anacleto Lupo, Pasquale Soccio e Nino Casiglio, nomi che non dicono niente di niente (ai più giovani) ma che somigliano molto a quelle nostalgiche fotografie che girano, proprio in rete, e che ritraggono Pa-

di Davide Grittani solini, Flaiano, Morante, Moravia e Siciliano tutti insieme in un salotto romano, come se fossero a una tranquilla “scampagnata dentro il Novecento”. Ecco cos’era Franco Marasca, un attrattore. Una congiunzione. Come le e scomparse dalle frasi dei compiti in classe dei nostri figli e nipoti, che scrivono tutto d’un pezzo di cose di cui non sanno nulla. Franco congiungeva classico e moderno, pretesa e sfida, necessità e bisogni. E quando fui ammesso alla sua bottega, come uno degli allievi che potevano permettersi di bussare al citofono di via Zingarelli (a Foggia), capii subito che genere di concessione mi era stata fatta, che investimento ricadeva su di me e quali attese generava la mia (poco più che infantile) incoscienza. Certe sere si univa alla compagnia Paolo De Caro, allora il peso specifico di ognuno degli ospiti veniva (ri)distribuito in parti uguali, a seconda dei racconti e dello stupore che generavano. Come spiegare ai giovani d’oggi, per i quali Franco Marasca ha praticamente dato tutto ciò che aveva, che in questa città e in questo territorio sarebbero impensabili serate come quelle cui faccio riferimento, sarebbero inutili perdite di tempo dentro un quadrilatero urbano (specie di questi amari tempi) che sembra aver rinunciato a ogni dignità, a ogni verità, a ogni politica culturale (eccetto concerti che strizzano l’occhio agli elettori, con annessi fuochi d’artificio finali) e a ogni densità discorsiva. Come raccontarlo ai liceali d’oggi, che Franco si fermava a guardare con lo sguardo acceso di passione come fossero figli suoi, che Foggia e la Capitanata non hanno perso solo – più che prematuramente – un gigante dell’Editoria territoriale, ma soprattutto un Signore dai modi così desueti e nobili da far arrossire un ambasciatore (e ne ho conosciuti davvero molti). Cosa resta di quella lezione? Del suo transito umano, purtroppo breve? Il grande amore per la narrativa russa, che Franco riteneva «la madre di tutte le letterature». E la sfida verso la critica ufficiale del tempo (da Giu-


lio Ferroni ad Alberto Asor Rosa, per intenderci!) nel riferire che secondo lui «la grandezza e l’universalità di Shakespeare, nei confronti di Dante, consistevano nel ricorso a una lingua straordinariamente ricca, sostenuta da una fantasia narrativa senza uguali né precedenti». Per quel nulla che contano opinioni posticce e individuali come quella del sottoscritto, aveva (ed ha) largamente ragione. Lo percepivi quando (rigorosamente in Inglese, in un Inglese puro e non viziato dall’imbarbarimento d’oggi) ti prendeva da

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parte e recitava Tomorrow, and tomorrow, and tomorrow,Creeps in this petty pace from day to day, To the last syllable of recorded time; And all our yesterdays have lighted fools, The way to dusty death. Out, out, brief candle! Life’s but a walking shadow, a poor player, That struts and frets his hour upon the stage, And then is heard no more. It is a tale, Told by an idiot, full of sound and fury, Signifying nothing. Da Macbeth. Grazie Maestro, fatti sentire ogni tanto. Qui c’è bisogno di “parole definitive”.

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20 anni scomparsa dalla a c s a r a M o c n a r F di


Il Rosone CULTURA E INFORMAZIONE PUGLIESE

11 novembre 2021: Vent'anni dalla scomparsa di Franco Marasca

Un'eredità culturale che non si è adagiata sul ricordo. Un percorso che continua assecondando intuizioni e ideali V

ent’anni dalla scomparsa di Franco Marasca. Un anniversario che suscita sentimenti diversi, primo fra tutti il ricordo accompagnato dal rimpianto per una presenza amica che, sia pure soltanto attraverso il pensiero, non ha mai smesso di esserci vicina. Soprattutto, non ha mai cessato di ispirare il nostro lavoro. Tuttavia – condividiamo il desiderio di Falina e Marida – il ricordo non può, e non deve ridursi a una semplice e rituale commemorazione ma deve poter coniugare la necessità di accogliere ancora una volta, e ancor più vigorosamente, l’amico di tante avventure culturali con il dovere di guardare avanti, di verificare che cosa si è riusciti a realizzare per onorarne la memoria, tentando di percorrere un sentiero virtuoso già tracciato. E così, in questo numero particolare de Il Rosone, s’intrecciano la rievocazione dell’uomo Franco Marasca, del giornalista, dell’educatore, dell’editore e operatore culturale con le iniziative che sono seguite alla sua scomparsa. La Casa editrice da lui fondata ha continuato la sua presenza sul territorio per volontà di Falina e Marida, che prima di allora non se n’erano mai occupate, e dopo un breve ma necessario periodo di rodaggio ha ripreso il suo ruolo di riferimento per il movimento culturale e per gli uomini di cultura di Capitanata. Sono stati anni non facili, complicati, durante i quali gli aggiornamenti tecnologici e l’evoluzione naturale dei meccanismi dell’editoria (compreso il mercato) e della diffusione editoriale di libri e riviste hanno costretto ad un impegno di aggiornamento tutt’altro che scontato. Per di più, l’arricchimento del territorio di Capitanata con la presenza dell’Ateneo ha suggerito di intraprendere contatti col mondo accademico, e non solo daunio, per dare un respiro più ampio alle pubblicazioni che si sono moltiplicate per numero e diversificate per interesse contenutistico. Le collane sono diventate decine e la “fabbrica di cultura” di via Zingarelli ha vieppiù accentuato il suo ruolo di punto di riferimento qualificato e indifferibile per chiunque avesse a cuore le sorti della Capitanata. Anche le iniziative non propriamente editoriali, ma comunque legate all’attività culturale più in generale, sono state incrementate: convegni, incontri, seminari svolti anche con ciclicità annuale, diventati appuntamenti indifferibili e attesi. Naturalmente, non è mutata la mission della Casa editrice “targata” Franco Marasca: rivolgersi soprattutto ai giovani (quindi alle scuole), valorizzare in ogni modo possibile il territorio, esaltare la necessità di non dimenticare le radici per coltivare il senso dell’appartenenza e dell’identità. In sintesi: orgoglio della propria terra, senso di appartenenza, giovani e università. I “cavalli di battaglia” di Franco Marasca che già dagli anni della sua permanenza a Milano, proseguendo poi con pari entusiasmo e convinzione al rientro a Foggia, aveva individuato in questi filoni il senso da dare alla sua impresa culturale, in qualunque modo venisse espletata: da giornalista, da editore, da docente. Emblematico, a tal proposito, l’editoriale che apre il n. 1 del Il Rosone che porta la data di LuglioAgosto 1978 e che riportiamo in larghi stralci per co-

modità dei lettori e per una utile “ripassata” per noi che ancora siamo rimasti sulle sue tracce, sfidando il tempo. Il Rosone che era stato ideato qualche mese prima in quella straordinaria “culla” di pugliesità che è stato il ristorante La Porta Rossa dei pugliesissimi Chechele e Nennella. Un ristorante il cui menu prevedeva soprattutto pane e cultura, prima ancora delle tradizionali ricette della nostra terra, e dove si ritrovava il fior fiore della cultura pugliese a Milano e in Lombardia, in una sorta di cenacolo che celebrava insieme la cultura e l’appartenenza, con nostalgia ma guardando con lungimiranza e ottimismo al futuro. «Apro questo dialogo con voi, amici lettori –, affermava Marasca in quell’editoriale che ha il taglio di un vero e proprio “manifesto” programmatico – in un momento in cui potrebbe sembrare assurdo e fuori luogo la fondazione di un muovo periodico, per giunta, a carattere prevalentemente culturale: cose superflue in un mondo che comincia a mancare addirittura dell’indispensabile. Il nostro Paese (e non soltanto il nostro) è in crisi, dilaniato da eventi che sembrano farci ritornare ai secoli buoi di un nuovo Medioevo. Personalmente, però, nutro la segreta speranza che ci salveremo: l’uomo ha sempre trovato la forza di fronteggiare certe situazioni di emergenza. Una realtà, questa, riscontrabile anche a livello locale: il nostro rosone, la nostra città di Troia, risorta dai saccheggi e dalle pestilenze subite nel corso della storia, sono lì a testimoniarlo. È proprio questa fiducia nell’uomo che ci ha incoraggiati nell’intraprendere questa iniziativa. Ed è partendo da questa premessa che mi rivolgo a voi, per cercare insieme una strada da percorrere fino in fondo, numero per numero, per fare di questo periodico qualcosa di più di un foglio locale. C’è un sentimento comune che dovrebbe unirci in questa impresa, ed è l’orgoglio della propria terra. Un orgoglio che, eliminate le tendenze al campanilismo, dovrebbe stimolarci nella ricerca di tutti quegli elementi storico-artistici-culturali esistenti nella nostra città e nel suo territorio che potrebbero un domani entrare a far parte di diritto del patrimonio culturale. (…) Anche una storia organica della nostra città è ancora tutta da scriversi: una storia, pos-

sibilmente non romanzata, e che tenga conto che la vita nel Medioevo non fu vissuta soltanto dai vescovi o dal clero, ma anche dai mercanti, dagli artigiani e dai contadini». Ci sono ancora da fare alcune precisazioni a beneficio dei lettori di questo numero de Il Rosone per meglio delineare e chiarire l’impegno di Franco Marasca. Pochi mesi prima, nell’aprile 1978, Marasca aveva promosso la costituzione dell’Associazione Il Rosone che diventa l’editrice dell’omonimo periodico e che nello statuto indica come suoi scopi quelli di “pubblicare stampe culturali e di informazione, rilevare, divulgare e fornire dati e notizie atti a facilitare la divulgazione di stampe culturali e di informazione, effettuare campagne promozionali, ricerche e studi….”. E, ancora, quel titolo dato al neo-nato giornale: Il Rosone. Certamente ispirato allo splendido rosone della cattedrale di Troia, ma altrettanto certamente comprensivo di tutti gli altri pregevoli rosoni delle cattedrali di Puglia che costellano come preziosi diamanti il territorio della regione. Dalla troianità alla pugliesità, insomma, in un ampliamento dell’orizzonte sentimentale e operativo che si è dimostrato un’intuizione tanto originale quanto intelligente. E così, progressivamente, ma con speditezza, Il Rosone è diventato il punto di riferimento, il ponte virtuale tra la Puglia e gli emigrati a Milano, in Lombardia, al Nord d’Italia più in generale, «per fare di questo periodico qualcosa di più di un foglio locale». In secondo luogo le sue “battaglie” perché anche la Capitanata avesse una sua Università che non fosse soltanto un biglietto da visita da esibire, bensì un santuario della cultura capace, allo stesso tempo di orientare lo sviluppo del territorio e di trattenere i giovani che per completare i loro studi erano costretti a recarsi altrove. Marasca ha sempre auspicato che fossero i giovani di questa terra ad occuparsi del suo progresso e della suo successo, forti dello spirito di appartenenza, del sentimento dell’identità, dell’amore per le radici. Impegnando “in loco” il sapere e la scienza acquisiti attraverso gli studi universitari. Lo dichiarava forte della sua esperienza di giovane studente emigrato che, però, una volta affermatosi nella Milano della grande industria e dell’ipereconomia, ha deciso senza tentennamenti di rientrare a Foggia per mettere competenze, idee e sentimento al servizio della cultura della terra d’origine. Così è stato fino al momento della scomparsa. Questa eredità è stata accolta da Falina e Marida con vigore e convinzione, supportate da una pattuglia di collaboratori che Franco aveva saputo trasformare in un vero e proprio cenacolo culturale e che oggi, purtroppo, l’inesorabile trascorrere del tempo ha ridotto a un’esigua, ma tenace, rappresentanza che ancora si batte nel nome e per gli ideali che erano nel Dna di Franco Marasca. Ricordarlo oggi, a distanza di vent’anni, ha insieme tutti questi significati e queste proiezioni verso il futuro, entrati a pieno titolo nel bagaglio operativo e nella sfera emozionale di tutti coloro che ne sono stati, e ne sono ancora oggi, eredi morali e riconoscenti. Duilio Paiano


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Cultura e informazione pugliese

Lo sviluppo del territorio e il legame viscerale con la sua terra

Sono molteplici e ricorrenti gli interventi di Franco Marasca sulla necessità dello sviluppo del territorio. La sua ostinata e appassionata rivendicazione delle radici, l’orgoglio delle origini, la necessità della costruzione di un solido spirito identitario: tutto questo tumulto di sentimenti non ha rappresentato soltanto un coacervo di emozioni che hanno nutrito il suo animo di troiano, di daunio e di pugliese doc. Il sentimento e le emozioni hanno rappresentato la sollecitazione e il substrato al tempo stesso su cui Marasca ha sempre tentato, convintamente e tenacemente, di costruire un progetto di sviluppo reale, concreto, partendo dalle peculiarità della sua terra: le risorse e le potenzialità naturalistiche, storiche, archeologiche, religiose. Il suo intendimento è stato chiaro fin dall’inizio della sua avventura milanese ed è proseguito fino all’ultimo giorno di vita. In prima pagina abbiamo riportato buona parte dell’editoriale del primo numero del Il Rosone che rappresenta una pietra miliare lungo il cammino del riscatto della Daunia e della Puglia. Quello stesso editoriale così continua e si conclude: «Esiste, poi, tutta una cultura minore da salvaguardare e da rivalutare, che abbraccia il dialetto, le tradizioni popolari, senza escludere la vita artigianale e agricola che hanno sempre costituito la principale attività della nostra terra. Questo è quanto “Il Rosone” si propone di poter fare con la collaborazione di tutti voi, amici lettori. E così, credetemi, parlare di storia, di arte, di tradizioni popolari, davvero non sembrerà assurdo». È l’intuizione, per quei tempi rivoluzionaria, di come la cultura, le tradizioni, il dialetto – oggi li definiremmo “beni immateriali” – possano rappresentare non solo un’occasione di conoscenza ma anche, se non soprattutto, una chance molto potente di sviluppo con ricadute economiche e sociali inimmaginabili. Lo spazio ci costringe a una severa selezione degli interventi di Franco Marasca in questa direzione. Ma i pochi esempi che riportiamo a beneficio dei lettori – tra i quali, siamo certi, sono ancora numerosi coloro che l’hanno conosciuto e apprezzato – risultano emblematici della sua concezione di cultura, del suo attaccamento alla terra natia, del percorso da seguire per giungere a un riscatto che gli avvenimenti della storia e, spesso, l’insipienza degli uomini, hanno ritardato se non addirittura rifiutato. Commentando su Civitas (un periodico nato nel 1888, fondato e diretto da Marasca, che nel sottotitolo esplicita senza possibilità di fraintendimenti la sua vocazione di “Periodico della cittadinanza troiana”) un convegno svoltosi ad Accadia all’avvio del 1990 («un paesino che, con tutti gli altri lungo i confini della Campania, fanno di questa parte della Puglia un immenso presepe») che verteva su “Cooperazione e Agriturismo”, ebbe a scrivere: «Forse siamo sulla strada giusta: alcune aree del profondo Sud potrebbero riscattarsi grazie alla cooperazione e all’agriturismo. (…) L’agriturismo è un’attività affascinante e vaga, affidata attualmente all’improvvisazione o improntata al concetto di turismo “in ambiente familiare” senza il supporto della preparazione e delle strutture indispensabili. Come facciamo a definirci “comunità” se

Tuo padre (A Marida)

Nei campi del sud intrisi di rugiada e speranza, solchi le impronte lievi ed antiche lasciate da tuo padre. Si adagia la sua presenza nelle fughe d’ombra e luce del tuo sguardo. Guizzi di vita e struggente malinconia per quella mano sapiente

Troia, la Cattedrale con il suo splendido rosone. Da questa cittadina è partita l'avventura umana e professionale di Franco Marasca. non abbiamo neanche le strade per comunicare tra di noi? (…) Ma quel che è peggio è che, nonostante le agevolazioni previste dalla legge regionale, i veri protagonisti dell’agriturismo, vale a dire gli agricoltori, stanno a guardare». Ricordiamo, ancora, ai nostri lettori il contenuto di un’intervista rilasciata a Marasca dall’appena eletto sindaco di Foggia Carmine Tavano. Intervista riportata a pagina intera su Il Popolo del 5 maggio 1988, storico quotidiano della Democrazia Cristiana di cui Marasca era abituale e apprezzato collaboratore. Dal contenuto e dal tono delle domande sottoposte a Tavano riusciamo a dedurre gli interessi di Marasca e gli aspetti del territorio sui quali puntava la sua attenzione. Carmine Tavano viene impegnato su argomenti quali: lo sviluppo e la promozione economica della città capoluogo; l’Università, per la quale Marasca ha combattuto tenacemente perché a giusta ragione ritenuta un volano indispensabile per la decisiva crescita culturale ed economica di Foggia; la cultura intesa come tessuto connettivo per l’intera città; l’industria; la Fiera dell’Agricoltura che all’epoca tra le manifestazioni più importanti del settore, a livello nazionale. I “suoi” giornali, oltre che gli organi di stampa con i quali aveva in atto prestigiose collaborazioni, riportano sempre articoli in cui la pugliesità viene sviscerata in ogni suo aspetto, sempre con la finalità esplicita, se non apertamente dichiarata, di contribuire alla conoscenza del territorio e alle conseguenti iniziative che potessero consentirgli il salto di qualità. Oltre, naturalmente, all’insistenza sulla necessità che non venisse mai meno il legame con la terra d’origine. Prendendo a caso un numero de Il Rosone (AprileMaggio 1987) troviamo sviluppati argomenti quali: Pugliesi si nasce… milanesi si diventa; Alle origini della pugliesità; Siamo tutti Normanni; Quando si dice Puglia; Viaggio tra gli immigrati pugliesi a Milano. Un primo consuntivo del suo progetto editorialeche ha lasciato la tua, per quei ricordi di bimba felice nel sentiero d’amore che insieme avete percorso. Tuo padre in te, nei tuoi gesti nel tuo sorriso assorto, nella passione arcana per la sua terra, terra di sete dove lui, ostinato, ha sparso semi di bellezza e cultura. Tuo padre come te,

culturale, invece, Marasca lo affida all’editoriale de Il Rosone n. 3 di Maggio-Giugno 1988, a dieci anni dall’uscita del primo numero: «In questi dieci anni “Il Rosone” non è stato semplicemente espressione della nostalgia di chi, forzatamente, ha dovuto abbandonare il luogo di nascita; si è proposto, invece, obiettivi culturali di ben più ampio respiro, promuovendo le nuove realtà della Puglia, non ultima quella economica, per un’immagine esterna, diciamo pure milanese». Insomma, l’idea di un legame forte tra la terra d’origine e i pugliesi emigrati al Nord andava, col tempo, prendendo corpo e realizzazione, unitamente all’altra “forte” intuizione di Marasca che, cioè, nei limiti consentiti dalle circostanze economico-sociali del Paese, i troiani, i foggiani, i pugliesi dovessero rientrare nei luoghi d’origine per mettere al servizio del loro sviluppo capacità, esperienza e conoscenze acquisite. Non solo, ma si andava consolidando anche un altro convincimento: quello secondo cui l’agricoltura doveva diventare l’attività di punta della rinascita e dell’affermazione, unitamente alla cultura che fosse stata capace di produrre economia e benessere. La conferma che Marasca avesse in grande considerazione le potenzialità dell’agricoltura, ci viene anche da quanto da lui scritto su Il Rosone n. 4 di Luglio-Agosto 1980, siamo al terzo anno di vita del periodico: «Occorre liberarsi del mito dell’industrializzazione ad ogni costo – affermava in quell’occasione – cercando modalità e caratteristiche che puntino su risorse e strutture produttive diverse da quelle proprie di altre zone. Perché non promuovere e favorire la cooperazione a tutti i livelli e in particolare nel settore agricolo? Perché non elaborare un sistema turistico (e agrituristico) meridionale che si rifaccia ai valori tipici del Sud?». Del resto, che Franco Marasca avesse in cima ai suoi pensieri la terra d’origine, il suo sviluppo, le potenzialità inespresse e da valorizzare; che avesse sempre lavorato utilizzando gli strumenti di cui era in possesso e che meglio maneggiava – il giornalismo e l’editoria, oltre che la propensione per l’attività di promotore culturale a tutto tondo – è confermato dalle numerose testimonianze di quanti, nel tempo, gli sono stati vicini e con lui hanno condiviso idee, speranze, progetti, successi e delusioni. Tra questi – uno per tutti – Lucio Miranda, avvocato e politico liberale di vecchio stampo, lodevolmente attivo sul versante delle iniziative culturali e molto vicino alle Edizioni del Rosone fino al giorno della sua scomparsa avvenuta nel 2009. «La cultura va interpretata come una cosa seria – affermava Miranda – soprattutto quando si lega al territorio e non lascia spazio a campanilismi. Eppure in tale ottica Franco Marasca, con il suo “Il Provinciale, con il suo “Il Rosone” e con tutte le opere realizzate dalla Casa editrice legava sempre la sua produzione alla sua Capitanata e alla sua Troia. Questo segno distintivo rende la testimonianza e il riscontro di un’azione culturale volta a scoprire le tradizioni, la cultura e la storia della nostra terra al di fuori dei limiti del localismo provinciale, così proiettandosi dalla Capitanata al panorama più grande della cultura italiana». nella testarda ricerca di verità. Tuo padre che respira in ogni sillaba dei libri che riempiono la stanza. In ogni angolo avverti il suo respiro, in ogni pagina vibra la sua anima che vive nel silenzio stupito dal tuo cuore di figlia… Liliana Di Dato


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L'importanza del dialetto e la biblioteca come “casa della cultura” N

elle pagine precedenti, in alcuni passaggi degli scritti lasciatici da Franco Marasca è emersa l’attenzione che egli ha sempre riservato all’agricoltura e alle enormi possibilità che questo settore lavorativo può offrire per lo sviluppo del territorio. Non sorprende, quindi, che Marasca vi ritorni di frequente con riflessioni che denotano il suo profondo attaccamento al mondo contadino, con la mente proiettata verso il futuro e lanciando un’intuizione – una delle tante che gli si devono riconoscere – che conferma ancora una volta la lungimiranza dell’uomo e dell’intellettuale. Ecco che cosa scriveva, ancora su Il Rosone, in un editoriale del GennaioAprile 1981. «… Non va sottovalutato l’interesse della cultura ufficiale per il mondo contadino e per la ricerca di una civiltà diversa che permetta di ricostruire i primi passi dell’uomo e un rapporto nuovo tra l’ambiente in cui si vive e il proprio passato. È tuttavia interessante notare come la nuova tendenza si vada soprattutto affermando per una spinta autonoma, al di fuori e ai margini delle grosse istituzioni. Ciò spiega la richiesta, spesso inevasa, da parte del mondo giovanile di possedere un centro dove integrare e coordinare l’attività di documentazione e di ricerca. Per colmare questa esigenza non esiste modo migliore della biblioteca civica. La biblioteca potrebbe infatti caratterizzarsi come “casa della cultura” dove le energie locali, oltre che recepire cultura potranno mettere a punto gli strumenti per promuoverla allestendo mostre didattiche, organizzando dibattiti su ogni tema, prediligendo, ovviamente, la cultura locale e le tradizioni popolari». Tutto perfetto e tutto meravigliosamente avanti con i tempi. Le dolenti note, allora come adesso (ci verrebbe da dire: più adesso che allora…), sono legate alla funzionalità di queste strutture nei paesini che costellano il variegato e affascinante paesaggio pugliese. Là dove esistono, non sempre sono aperte alla fruizione del pubblico, per motivi che vanno dalla mancanza di finanziamenti alla carenza del personale specializzato necessario per organizzare e gestire una struttura delicata e variamente articolata come una sia pur piccola biblioteca, fino alla incuria o, peggio, alla

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Una sala della Biblioteca civica di Troia sottovalutazione del valore e dell’importanza di una struttura culturale fondamentale soprattutto nelle aree periferiche del Paese. Se ne rendeva conto Franco Marasca già nel 1981 che concludeva il suo già citato editoriale con una domanda retorica che ha l’amaro sapore della stringente attualità: «Ma quanti sono i paesi della nostra Puglia in grado di vantare una biblioteca attrezzata per svolgere un’attività di questo tipo?». E c’è ancora un altro aspetto della cultura generale che la lungimiranza e l’acume di Franco Marasca hanno fatto spesso emergere nei suoi scritti e nei suoi interventi, in pubblico o nelle chiacchierate tra amici: l’importanza del dialetto. Il dialetto che, ancora oggi, rimane un contenitore prezioso di civiltà, di tradizioni, di valori che hanno connotato tante generazioni che ci hanno preceduto e dalle quali discendiamo. Un patrimonio sociale, umano e culturale che non possiamo permetterci di fare andare disperso. Il dialetto è lo strumento di comunicazione più prossimo alla vita quotidiana della gente e rappresenta una varietà/diversità di origini storiche, di culture, di esperienze umane che devono assolutamente essere

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conservate e incentivate nella loro conoscenza. Tutt’altro che marginale rispetto alla lingua nazionale che, pure, resta insostituibile nel suo ruolo di omogenizzazione dei sentimenti di un popolo e della necessità di poter comunicare e di comprendersi tra tutti gli appartenenti alla comunità nazionale. La forza espressiva del dialetto e la sua innegabile capacità espressiva derivano proprio dalle sue origini popolari e gli conferiscono il ruolo di “protettore” della memoria, dei valori e delle culture di una volta. «Il contadino che parla il suo dialetto – affermava Pasolini – è padrone di tutta la sua realtà». Lungimirante come sempre nelle intuizioni, Franco Marasca aveva già percepito che nel suo progetto di collegamento tra gli emigrati al Nord e la terra d’origine – per il riscatto sociale di coloro che, invece, vi fossero rimasti e fossero rientrati – la conoscenza e l’approfondimento del dialetto diventava la carta vincente e strategica. Infatti, l’esigenza di parlarlo e praticarlo era sollecitata già nel 1982, quando ancora il dialetto, rispetto alla sottovalutazione cui è relegato oggi, trovava estimatori, convinti studiosi e praticanti appassionati. E, tuttavia, ciò non gli impediva di scrivere (Il Rosone, Settembre-Ottobre 1982): «Fin dal suo primo numero “Il Rosone” ha sempre dato grande importanza al dialetto, nonostante la pubblicazione di testi dialettali sia molto dispendiosa. (…) In un momento in cui l’italiano tende a diventare una parlata televisiva, lo studio del proprio dialetto si rende necessario. Forse è uno dei pochi lavori utili che gli stessi insegnanti della scuola dell’obbligo potrebbero svolgere per vincere l’indifferenza di tanti loro alunni e fornirgli qualche strumento utile per la scuola e per la vita. Scendendo nello specifico pugliese, quanti, ragazzi e non, conoscono i termini italiani corrispondenti a tutte le erbe commestibili che crescono in Puglia? A quanti oggetti della nostra vita quotidiana: animali, fiori, frutti, utensili domestici riusciamo a dare un nome in italiano pur conoscendone il corrispettivo dialettale? (…) Il dialetto va insegnato, o quanto meno spiegato nei suoi termini e nelle sue espressioni più tipiche».

Franco Marasca e i giornali: un rapporto fecondo e ricco di successi

Milano Franco Marasca giunge poco più che diciottenne, con al seguito la sua famiglia, per frequentare l’Università cattolica. Laureatosi in Lingue e Letterature straniere, avvia la sua attività di traduttore e comincia la collaborazione con prestigiose testate giornalistiche quali L’Avvenire, Il Popolo e Il Giorno, assecondando la sua vocazione di cronista

che “avvicina” i fatti e vi si addentra per raccontarli ai suoi lettori. Eleganza nella narrazione, non priva della necessaria “cattiveria” quando le circostanze lo richiedono, puntigliosità nella descrizione degli aspetti salienti degli avvenimenti riportati, la spontanea ironia che è sempre stata la sua cifra più empatica anche nella vita di tutti i giorni: queste le naturali doti di Franco Marasca che hanno fatto di lui un autentico maestro di giornalismo. Le collaborazioni, nel tempo, si moltiplicano e si ampliano fino a comprendere anche riviste scientifiche e a contenuto economico, in virtù anche della sua conoscenza delle lingue, in particolare l’inglese e il russo. Per uno di questi periodici viaggia molto e nel 1977 è inviato a Houston, nel Texas.

Ancora a Milano realizza il sogno di un giornale che funga da ponte tra gli immigrati pugliesi nella capitale lombarda e la terra d’origine. Nasce, come già riportato, Il Rosone, il primo di una lunga serie di giornali che Marasca incoraggia e produce sempre con l’obiettivo primario di incrementare il tasso di conoscenza e di cultura legato alla sua terra. Questa operazione continua e si sviluppa anche, e soprattutto, al suo rientro in Capitanata, avvenuto nel 1984. La sede operativa de Il Rosone si sposta a Foggia, in via Zingarelli, dove trova collocazione anche la Casa editrice. Ed è proprio all’interno di questo “studio” – con il conforto e la collaborazione di un nugolo di intellettuali, giovani scrittori, aspiranti giornalisti che andranno a formare un cenacolo culturale di grande valenza professionale – che prendono corpo e si realizzano altre iniziative giornalistiche: Il Provinciale, prima di tutti, che vede la luce nel 1990 e che nella testata propone esplicitamente la sua mission informativa. Seguono, gradualmente, nel tempo: Carte di Puglia, Impegno forense, Percorsi grafologici, Agorà, Le Rotisseur, organo della Confrèrie de la Chaîne des Rôtisseurs, Baillage National d’Italie.

Ma Franco Marasca non si accontenta di “servire” il territorio con questo ampio e pregevole ventaglio di organi di informazione e di confronto tra opinioni, alcuni dei quali sono autentiche palestre di cultura e di approfondimento su aspetti storici e di costume, ma decide che anche la “sua” Troia debba essere servita da un giornale dedicato ai fatti, ai personaggi, alla vita pubblica, alle aspirazioni dei suoi cittadini. Nel 1988 fonda Civitas, periodico della cittadinanza troiana, attraverso il quale scuote le coscienze e mette a disposizione uno spazio di dibattito aperto a tutti e alle relazioni tra la gente e gli amministratori della cittadina. E non disdegna neanche di affidare alle Edizioni del Rosone il ruolo di service per il supporto e la pubblicazione di riviste specialistiche di Ordini professionali o associazioni. È il caso, per fare un esempio, di F.I.M.M.G. NEWS, notiziario politico-sindacale della Federazione Italiana Medici di Medicina generale della provincia di Foggia. Come è facile intuire, siamo di fronte ad una vera e propria macchina biologica i cui ingranaggi si muovono costantemente nella stessa direzione e con sempre uguali intendimenti: informare, conoscere e far conoscere, incentivare la crescita umana e culturale delle persone e delle comunità, pungolare le amministrazioni pubbliche, portare contributi di livello per la crescita e lo sviluppo del territorio. Un progetto sapiente e lungimirante che ha dovuto interrompere nel 2001 ma che ha trovato in Falina e Marida epigoni illuminati e convinti.


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Il giornalismo nella scuola: un'iniziativa diventata tradizione

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’attenzione che Franco Marasca ha riservato agli studenti, e ai giovani più in generale, ritenendo che l’incremento delle loro conoscenze altro non significasse se non dotarli di strumenti per meglio districarsi nel complicato e variegato mondo del lavoro, ha trovato esemplificazione pratica nell’iniziativa instaurata dallo stesso Marasca di introdurre il giornale scolastico nelle aule. Un’intuizione presto diventata tradizione perché, dopo gli inizi che risalgono agli anni terminali del decennio Ottanta – Franco rientrando a Foggia da Milano nel 1984 aveva intrapreso l’attività di docente di Lingua e letteratura inglese – ha continuato convintamente con questa sua iniziativa fino al pensionamento ed anche successivamente con collaborazioni esterne tese sempre a valorizzare l’importanza del giornale scolastico quale strumento di conoscenza e, per ciò stesso, di crescita culturale e sociale. Si può affermare che in ogni scuola dove ha insegnato è riuscito a coinvolgere i suoi studenti nell’impresa di costruire un giornale. Non a caso “costruire”, considerato che il progetto era affrontato nel suo insieme di impresa giornalistica: dalla scelta

degli argomenti da trattare alla scrittura, dall’impaginazione alla stampa. Una volta avuto tra le mani il frutto del laborioso e avvincente lavoro si poteva ben dire che era stato compiuto un passo decisivo verso l’incremento del tasso di libertà di pensiero e di scrittura, quindi di democrazia, con un giovamento per tutti i protagonisti dell’esaltante avventura. Alcuni di questi organi d’informazione, connotati dal forte imprinting del suo fondatore, hanno continuato ad alimentare la tradizione: è il caso, per fare un esempio, de Il Bonghiano, la “voce” degli studenti del Liceo classico-scientifico “Bonghi” di Lucera, erede de Il Bonghi che già nei primissimi anni Novanta aveva visto la luce all’interno del Progetto Giovani, avendo come

Festeggiati a Milano i primi dieci anni de Il Rosone I

n uno dei maggiori templi del giornalismo italiano, il Circolo della Stampa di Milano, sono stati celebrati i primi dieci anni di vita de “Il Rosone”, il periodico pugliese di cultura e informazioni che si pubblica a Milano dal 1978. A festeggiare l’inconsueto compleanno sono intervenuti numerosi giornalisti, autorità, lettori, amici e rappresentanti dei principali sodalizi pugliesi a Milano. (...) «In quel periodo – ha ricordato Franco Marasca, direttore del periodico – c’era un grande fermento associativo tra i pugliesi-meneghini; erano sorte più di dieci associazioni che si richiamavano ai diversi campanili di provenienza. Ma ci si rese conto che i Circoli non riuscivano a comunicare con tutta la vasta comunità dei pugliesi residenti nel capoluogo lombardo. “Il Rosone” nacque appunto da questa esigenza di comunicazione. Ma dare vita a una nuova rivista non fu cosa semplice: parlai dell’iniziativa all’ambasciatore della Puglia Milano, il grande Chechele Jacubino, il quale proprio in quegli anni con ostinazione e intelligenza si imponeva nel difficile mondo della ristorazione milanese con il locale La Porta Rossa. Chechele credette nell’iniziativa e la sostenne con il nostro stesso entusiasmo». (…) Tracciare un consuntivo dei primi dieci anni di attività del periodico richiederebbe molto spazio. Ci limitiamo a dire che “Il Rosone” è diventato un ponte ideale tra la Lombardia e la Puglia, mettendo sempre

in evidenza, senza mai cadere nel campanilismo, avvenimenti e personaggi del mondo della cultura, della politica e dell’economia legati alla Puglia e ospitando anche firme anche illustri come Francesco Gabrieli, Nino Casiglio, Luigi Sada, Nando Romano, Antonio Ventura e Raffaele Nigro. Né va dimenticata la sua attività editoriale che finora ha portato alla pubblicazione di quattro importanti quaderni: Miti e credenze della Puglia antica, dell’archeologo Vincenzo Bombacigno; Le fave dietro lo specchio, una serie di racconti dello scrittore pugliese Antonio Ventura, illustrati da Gabriele Mucchi, un maestro dell’arte contemporanea; Città e memoria, antologia critico-letteraria sul pittore pugliese Filippo Alto; Il lungo inverno (The long winter), racconto postumo bilingue di Roberto Ruberto, con disegni originali di Ibrahim Kodra. «Tutti mi invitano quando esce una nuova testata – ha affermato il Presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, Carlo De Martino – ma nascere è facile, difficile è rimanere. E qui ci troviamo per ricordare dieci anni di attività di un giornale che non è un giornale locale in senso stretto, ma che raccoglie umori, notizie e spirito di fratellanza di comunità fra loro lontane». Paolo Celone Dal quotidiano “Puglia” 3 gennaio 1989

propulsore e coordinatore proprio Franco Marasca. E Il Bonghiano, per onorare la memoria del suo fondatore nel ventennale della scomparsa, in queste settimane è stato stampato in un’edizione speciale specificamente “ispirata” al professore-giornalista Marasca. Vanno però ricordati, in una carrellata che certamente non è esaustiva della gamma completa dei giornali che hanno avuto come “padrino” Franco Marasca, almeno anche Noi oltre la Scuola (organo del Liceo classico “Lanza” di Foggia) e Zero (periodico delle scuole superiori daunie). Quest’ultimo trasferiva il suo quartier generale (leggi: la redazione), di anno in anno, negli istituti scolastici dove Marasca insegnava, pur rimanendo uno spazio a disposizione del pensiero e delle idee di tutti gli studenti degli istituti della provincia. Una passione, quella di Franco Marasca? Certamente si, ma anche una lucida e lungimirante strategia di uomo di scuola, di educatore che vedeva nella partecipazione attiva alla realizzazione del giornale un’occasione che, nello stesso tempo, incentivava le conoscenze e assicurava competenze, aprendo scenari nuovi per le occasione lavorative legate al futuro dei giovani. Lucio Miranda, presidente dell’Associazione culturale Agorà. Ci sono anche Falina e Marida, naturalmente. Di questa manifestazione, dal valore culturale e affettivo davvero notevole, riportiamo quanto scritto da Edoardo Beccia, che di Franco era anche medico personale, sul primo numero de Il Provinciale pubblicato dopo la sua scomparsa: Anno XII, n. 9-10-11-12. Settembre-Ottobre-Novembre-Dicembre 2001. «Eravamo tanti quella sera a ricordare Franco. Venuti soprattutto da fuori per riunirsi nella sala consiliare di Palazzo D’Avalos, nel cuore di Troia. Tutti composti, eleganti, mesti. (…) Tanti amici veri e tanti accomunati da un fattore comune che in quel momento era Franco e tutto quello che rappresentava. Luci, fiori, persone e libri. Tanti libri uno sull’altro, uno accanto all’altro su una larga tovaglia color ciclamino e su tutti, aperto a far bella mostra di sé il volume con la raccolta dei primi dieci anni de “Il Rosone”. Torreggiava nel centro della sala come e più di una fotografia di Franco. Silenzio. Il sindaco saluta. È il ricordo di Franco come uomo pubblico, come figlio di questa città. È il ringraziamento al bel gesto di offrire in dono le pubblicazioni delle Edizioni del Rosone al Comune. Parla Falina. Irreprensibile. Un’ombra di sorriso sulle labbra nel ricordo delle cose belle che racconta, cose da donna che parla del suo uomo e rievoca e scandisce bene le parole, cauta per controllare l’emozione e per non tralasciare niente. Poi, Antonio, Peppe, Lucio, Edoardo. È un rincorrersi di ricordi, di momenti personali e di attività pubbliche, di cose intime e di fatti generali, di apprezzamenti e di valutazioni, di cose dette e non fatte, di cose fatte e non annunciate, di iniziative e di ipotesi.

Donate al Comune di Troia le pubblicazioni delle Edizioni del Rosone

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affinché fosse chiaro anche pubblicamente, oltre che nel silenzio dell’anima addolorata di Falina e Marida, che l’intenzione e la promessa immediate di voler continuare gli ideali di Franco non era una rituale enunciazione del momento, ecco che, giusto ad un mese dalla sua scomparsa, le Edizioni del Rosone lanciano un segnale rilevante. Ancor più indicativo avendo come destinatari il Comune e la cittadinanza di Troia. Il 7 dicembre 2001 viene inaugurata, con il crisma di un significativo convegno, la mostra di tutte le pubblicazioni delle Edizioni del Rosone che la Casa editrice fondata e voluta da Franco Marasca ha deciso di donare proprio alla massima istituzione cittadina.

La Puglia e la Daunia nelle Edizioni del Rosone di Franco Marasca, questo il tema scelto per l’occasione e che sintetizza alla perfezione anche l’obiettivo editoriale portato avanti fino a quel momento, inserito nel progetto ideale di Franco che ambiva a valorizzare soprattutto le potenzialità del territorio provinciale e regionale. Nella storica sede di Palazzo D’Avalos sono chiamati a relazionare, dopo i saluti del primo cittadino Lorenzo Bonghi: l’assessore alla cultura del Comune di Troia, Edoardo Beccia; il giornalista troiano Antonio Velluto, componente del Direttivo della Federazione Europea dei Giornalisti; il giornalista Geppe Inserra; l’avvocato

Troia, 7 dicembre 2001: un momento della manifestazione È Franco con il suo sorriso aperto, con il suo impegno costante, con la sua inesauribile energia che campeggia su tutto, che vien fuori da ogni angolo. E i visi si rasserenano. I sorrisi si accendono con i ricordi. La comunione dei sentimenti fa forti. Ci salutiamo, ci abbracciamo. Il dopo Franco è già cominciato, con un impegno: continuare le sue opere. Buon lavoro e Franco continuerà a sorridere».


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Franco ci ha lasciati da sei mesi e a Milano il 14 maggio 2002...

Celebrati i 25 anni de Il Rosone

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un grande milanese, con il conferimento del Premio Ciaia consistente in una biblioteca di libri che hanno contribuito alla diffusione della cultura pugliese e hanno reso celebre la Puglia nel mondo. Questi libri saranno consegnati nel prossimo autunno agli eredi del giornalistaeditore Marasca che decideranno di donarli a varie istituzioni operanti nella provincia di Foggia, dove si svolgerà una serie di manifestazioni nell’ambito delle giornate daunie dedicate a Franco Marasca». Francesco Lenoci Docente Università Cattaneo – Castellanza

ilano, 14 maggio 2002. Sono trascorsi soltanto sei mesi dalla scomparsa di Franco Marasca e la sua “creatura”, Il Rosone, compie 25 anni. Si va a Milano presso la Galleria d’Arte “Spazio Prospettive” di via Carlo Torre: l’Associazione culturale “Il Rosone”, le Edizioni del Rosone, la Regione Lombardia, la Regione Puglia, la Provincia di Foggia, il Comune di Foggia, l’Università degli Studi di Foggia e il Comune di Troia patrocinano e organizzano un convegno dal titolo: Il Rosone, ponte culturale tra Puglia e Lombardia. Com’è ovvio che fosse, è stato inevitabile ricordare e parlare di Franco Marasca, prima ancora che de Il Rosone. Diciamo che i due aspetti si sono sviluppati parallelamente, supportati da numerosi interventi, alla presenza significativa di Falina e Marida Marasca. Di seguito riportiamo gli echi più significativi dell’incontro, cominciando dallo stralcio di un consuntivo pubblicato su Il Rosone di Maggio-Agosto 2002. «Tanta gente alla Galleria d’arte “Spazio prospettive” di Milano per la celebrazione del venticinquennale di vita de “Il Rosone”. Tanta gente da superare perfino le più rosee aspettative del direttivo dell’Associazione omonima. (…) C’erano amministratori regionali lombardi – quasi tutti di origine pugliese –, docenti universitari, giornalisti. C’erano tantissimi amici de “Il Rosone”, tutti coinvolti nella crescita di questo periodico che si è conquistato uno spazio e un ruolo insostituibili lungo il cammino che l’ha portato alle nozze d’argento con lettori e sostenitori. (…) C’erano Falina e Marida interpreti, minute e gigantesche al tempo stesso, di una scommessa che si chiama “Il Rosone”: una scommessa che ha come obiettivo quello di portare avanti il periodico e la splendida Casa editrice che gli ruota intorno. C’era soprattutto lui, Franco Marasca, discreto come sempre, con il suo spiritello ironico, che aleggiava nella Galleria e si godeva soddisfatto lo spettacolo degli amici, imbarazzati nel dover celebrare insieme un venticinquennale e una dipartita. E si, perché quella che doveva essere la festa de “Il Rosone” si è trasformata nella “festa” per Franco, nella celebrazione del suo ricordo ancora troppo vivo rispetto ai pochi mesi trascorsi dalla sua scomparsa, nella proposizione delle testimonianze di fede, di amicizia, di stima. E per tutti Franco era davvero lì, invisibile ma presente, che si posava sulla spalla ora dell’uno ora dell’altro degli intervenuti per bisbigliare a tutti che la celebrazione si, andava anche bene, ma che, forse, si stava esagerando un po’ con le lodi e con gli elogi. (…) Proprio da quegli elogi, tutti strameritati, Franco avrà preso coscienza che la sua vita aveva cambiato scenario. Forse se ne sarà rammaricato, ma certamente avrà gioito nel contare i tanti amici che gli sono rimasti e gli rimarranno per sempre. Noi lo abbiamo ritrovato sereno e beffardo, come sempre, e abbiamo pensato che un amico così… no, non può davvero essere morto». (…) Duilio Paiano «La cultura è progetto globale, è nucleo centrale di un processo unitario e di questo si è fatto carico “Il Rosone”. Operazione di massima importanza in un mondo che privilegia il successo in campo politico ed economico, raggiunto a patto di qualsiasi sacrificio, ma anche di qualsiasi nefandezza. L’impegno e il profilo dei contributi, l’accuratezza editoriale e la politica culturale che hanno invece distinto “Il Rosone” in questi anni (…) si connota di un’alta professionalità, e nulla vi è di generoso o di celebrativo in ciò che mi piace affermare e ribadire. Incitare alla cultura, in ciò sembra riassumersi la

L'atto... di nascita de Il Rosone fatica del Rosone, sembra “prospettiva” efficacemente debole, comunque l’unica capace di risolvere il processo di radicamento/reinvenzione cui accennavo prima, e di proporre insieme la memoria dell’identità e l’oblio della dimensione etnocentrica che spinge alla “difesa dei diritti del campanile”. Oblio capace di far nascere una cultura della pace, di promuovere in un processo sincretico realizzato qui a Milano da quanti fra noi pugliesi sono stati costretti ad emigrare e rimanere lontani ma anche da quanti hanno potuto coronare il sogno di tornare nella propria terra, portandosi dietro un po’ della nuova patria. In un caso e nell’altro gli emigranti imparano il rispetto dell’altro ancor prima che la difesa di se stessi». Patrizia Resta Docente Università degli Studi di Foggia «Franco Marasca è stato un grande giornalista perché è stato capace di mettere in piedi un periodico culturale quale “Il Rosone” che oggi compie i suoi 25 anni. Ideare un giornale, farlo crescere e mantenerlo per un quarto di secolo non è un’impresa facile. Eppure “Il Rosone” – diretto ai Pugliesi residenti in Puglia, sia a quelli delle metropoli del Nord – è diventato il giornale della ”Little Puglia” emigrata in Lombardia che non ha dimenticato di avere alle spalle radici e storia propria. (…) Se “Il Rosone” è stato capace, questa sera, di gremire la Galleria d’Abbrescia, vuol dire che è riuscito nell’intento di servire da organo di collegamento fra tutti i nostri emigrati e la loro terra d’origine». Antonio Velluto Componente Direttivo Federazione Europea del Giornalismo «Rappresento in questa serata di festeggiamenti per i 25 anni del periodico pugliese di cultura e informazioni “Il Rosone” la Fondazione “Nuove Proposte Culturali” che ha sede a Martina Franca. E, a nome del presidente della Fondazione, l’avv. Elio Greco, sono qui per rendere omaggio al fondatore della rivista Franco Marasca, un grande pugliese divenuto anche

«Molte riviste sono nate in questi anni, ma hanno avuto vita breve; “Il Rosone” invece festeggia il suo 25^ compleanno perché non ha mai abbandonato il sogno di un riscatto civile e morale della nostra terra in nome della riscoperta delle sue tradizioni e della sua storia. Ed è proprio per questo che io, in qualità di rappresentante della città di Foggia e a nome del sindaco Agostinacchio, voglio sottolineare questa sera: “Il Rosone, il suo fondatore e tutti i suoi collaboratori hanno configurato in modo assolutamente nuovo il rapporto fra Nord e Sud, con uno sguardo rivolto più che al passato al futuro, con il desiderio di rivendicare le proprie radici e la propria identità, con la determinazione di valorizzare il patrimonio culturale della Puglia. Grazie, dunque, a Franco Marasca, giornalista ed editore impegnato per il territorio e a quanti continueranno il suo percorso». Vittorio Fidanza Assessore Arredi urbani Città di Foggia «La Provincia di Foggia ha aderito alla manifestazione promossa dal Rosone con sincero entusiasmo, per rendere il dovuto omaggio alla memoria di Franco Marasca ed al ruolo che egli ha avuto per la cultura e l’informazione in Puglia e Capitanata. Marasca è stato sempre particolarmente vicino alla nostra Amministrazione, ad essa legato dalla comune consapevolezza che l’informazione e la cultura sono risorse prioritarie per lo sviluppo del nostro territorio. Più precisamente, che senza informazione e senza cultura non sarà possibile un vero sviluppo economico, sociale e civile. (…) Di questa idea-forza, “Il Rosone” è stato un sicuro protagonista. Il periodico, nato proprio con l’idea di rappresentare un ponte tra la folta colonia di emigrati pugliesi a Milano e la loro terra d’origine, è diventato via via molto di più: uno strumento reale di riflessione e di confronto sullo sviluppo del Mezzogiorno, ma all’interno di un laboratorio non solo meridionale. Ponte, dunque, non solo di nostalgia ma di idee, dibattiti. Ma, soprattutto, “Il Rosone” è stato la cifra visibile di ciò che per Franco Marasca erano l’informazione e il suo ruolo. (…) Da amministratore della città di Troia, e soprattutto da suo concittadino e amico, ho avuto l’onore e il piacere di conoscere personalmente e profondamente Franco Marasca. Una cosa che mi ha sempre impressionato di lui è la rigorosa coerenza con cui ha perseguito questa sua idea riuscendo, alla fine, a dimostrare che “perfino” in una provincia marginale nel Mezzogiorno qual è la Capitanata, non è azzardato sognare una cultura che diventa, in se stessa, fattore di sviluppo: la conoscenza che si trasforma e si valorizza in lavoro, economia, reddito». Leonardo Lioce Consigliere Provinciale di Foggia

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Foggia, significativa cerimonia a Palazzo Dogana

A dieci anni dalla scomparsa di Franco Marasca con la cerimonia conclusiva del Premio letterario a lui intitolato U

n percorso per chi resta Il convegno, dal significativo titolo “Un percorso per chi resta”, è stato allestito per commemorare Franco Marasca a dieci anni dalla scomparsa ma anche, sempre nell’ottica che hanno voluto imprimere al “dopo Franco” Marida e Falina Marasca, per non perdere il filo di un discorso che parla di continuità, di futuro, di giovani da avvicinare alla cultura. Il modo più utile ed efficace per valorizzare le idee e la volontà di Franco. L’appuntamento, abbinato alla cerimonia di premiazione della IX edizione del Premio letterario “Franco Marasca”, organizzato in collaborazione con il Liceo classico-scientifico “Bonghi” di Lucera, ha visto la partecipazione di numerosi amici e colleghi del compianto editore troiano ed è stato coordinato dal Geppe Inserra. Nel corso della presentazione dell’evento, Inserra ha affermato tra l’altro: «Franco Marasca ha coltivato un’idea forte della Capitanata e della sua identità. Nel suo ricordo dobbiamo accettare la sfida della cultura e, con essa, anche una maggiore competitività. Il nostro è un territorio i cui cittadini devono conoscerne meglio la storia per costruire un’identità e un’idea di sviluppo. Non a caso a questo appuntamento è stato dato il titolo “Un percorso per chi resta”: fin da subito dopo la scomparsa di Franco è stato chiaro a Falina e Marida che l’impresa e l’idea di Franco andavano onorate con l’impegno di continuare. Marida ha avuto il coraggio di intraprendere questo percorso. Ha avuto coraggio perché l’editoria in questa provincia è un’impresa ai limiti della follia. Aver accettato di perseguire questa strada con coraggio e passione è davvero encomiabile». Dopo l’intervento istituzionale della vice presidente dell’Amministrazione provinciale e assessore alla cultura, Maria Elvira Consiglio, hanno portato saluti: il preside del Bonghi, Raffaele De Vivo, Massimiliano Monaco, presidente del Club Unesco di Lucera; la professoressa Marilena Di Salvia, animatrice del Premio fin dalle prime edizioni, dei quali riportiamo più avanti quanto da loro scritto nell’Antologia del Premio che nel contenuto riprendono quanto affermato nel corso del convegno. Marida Marasca, intervenendo non senza un’evidente, comprensibile stato di emozione, ha affermato: «Mia madre Falina è stata fondamentale per la continuazione di questa iniziativa. Fare cultura è un processo totale che si colloca all’interno del più complessivo processo di miglioramento del territorio. Di questo si era fatto carico mio padre. Incitare alla cultura è la missione del “Rosone” e delle Edizioni del Rosone, ed è anche l’obiettivo del Premio letterario “Novos Decerpere Flores”. Franco Marasca diceva che i giovani devono diventare i protagonisti della comunicazione e che compito dell’educatore è dare loro gli strumenti necessari per esprimere se stessi e la loro visione della vita in costruzione. Mi piace pensare che attraverso questo Premio Franco Marasca continui a guidare le nuove generazioni ad andare avanti e a fare della cultura la carta vincente». Anche l’intervento del dottor Edoardo Beccia, sindaco di Troia e amico personale di Franco Marasca e della sua famiglia, è risultato particolarmente “sentito” sul piano emozionale. «Il fatto che a distanza di dieci anni ci ritroviamo a parlare di Franco Marasca – ha affermato tra l’altro il primo cittadino troiano – ha un significato preciso. Forse perché ci rendiamo conto che ha lasciato numerosi messaggi che a noi tocca portare avanti. Sono messaggi che parlano di opportunità e di possibilità per gli altri di crescere. Dobbiamo prendere atto che il ricordo diventa testimonianza, comunicazione, educazione e per noi anche un modo per superare la paura che comincia a prenderci man mano che l’età avanza. Noi abbiamo avuto la capacità

di dare a Franco Marasca le radici e con soddisfazione abbiamo vissuto la sua capacità di aprire le ali e di mantenere forte questo contatto attraverso un ritorno continuo alle radici. Questo suo comportamento può diventare, per tutti noi, un’occasione di riflessione. Non c’è bisogno – ha concluso Beccia – di riportare qualcuno in vita: è importante raccogliere i suoi frutti». Prima della cerimonia di premiazione dei lavori vincitori del Premio letterario “Franco Marasca”, ancora qualche intervento di amici e collaboratori dell’editore scomparso che con lui hanno condiviso buona parte del cammino culturale dopo il rientro in Capitanata e, nel caso di Franco Presicci, anche durante la sua permanenza a Milano. «È stato come portare in questa sala – ha affermato il nostro direttore Duilio Paiano – le tessere di un mosaico che al termine della serata è stato completato consentendo alla figura di Franco di emergere in tutta

la sua nitidezza ed evidenza. Di Franco affermo che è stato un gentiluomo dal carattere mite ma caparbio e deciso; che è stato un narratore di fatti puntuale, arguto e ironico; che ha sempre mostrato una generosità totale e disponibilità incondizionata nell’accoglienza del prossimo e nel recepimento delle altrui ragioni. Soprattutto con i giovani, e non soltanto nella scuola, ha messo in campo una capacità d’ascolto senza confini, tenendo sempre una porta aperta al dialogo e al confronto, spendendo sempre parole di incoraggiamento e di fiducia». E Antonio Ventura, amico della prima ora e prezioso collaboratore delle Edizioni del Rosone, studioso, autore di pregevoli pubblicazioni e direttore del periodico Carte di Puglia, ha puntato sulla concezione di editore

che connotava Franco Marasca: «Era un editore puro che puntava soprattutto alla qualità delle pubblicazioni e al risultato culturale dell’opera piuttosto che al facile guadagno. È stato un uomo e un editore che ha sempre difeso le sue origini, adoperandosi anche lontano dalla sua terra per la promozione e la conoscenza. Ne sono testimonianza le numerose iniziative associative, culturali ed editoriali intraprese durante la sua permanenza a Milano». Non potendo essere presente personalmente al convegno, il giornalista pugliese trapiantato a Milano, Franco Presicci, ha fatto pervenire una commossa testimonianza nella quale, dopo aver ricordato i tempi trascorsi insieme a Milano che hanno visto nel 1978 la nascita de il Rosone, afferma: «Lui preferiva agire in silenzio, senza gradi, senza etichette, possibilmente assieme ad altri, capaci, sensibili, concreti, senza esibizionismi e vanterie, come purtroppo accade sempre più spesso nei giorni nostri. Parlava poco, Franco, ed era gentile, rispettoso, discreto, riservato. Generoso. Colto. Coltissimo. Giornalista coscienzioso, attento. (…) Gli rimaneva poco tempo. In quell’ospedale lo vidi l’ultima volta. E, nonostante il male, mi parlò della Puglia, dei pugliesi a Milano, del “Rosone”, chiedendomi di non smettere la mia collaborazione. Mi pregò di rimanere ancora un po’». La professoressa Loreta Nunziata ha parlato di Franco Marasca come di «Un uomo libero, di fede, creativo, altamente laborioso che ha creduto e dato speranza, sogno e opportunità a chiunque gli si sia affidato». Il Premio “Franco Marasca” Le testimonianze del “Bonghi” La celebrazione del decennale della scomparsa di Franco Marasca, come già accennato, era abbinata alla cerimonia di premiazione della IX edizione del Premio Letterario “Franco Marasca” che le Edizioni del Rosone organizzano in collaborazione con il Liceo classico-scientifico “Bonghi” di Lucera. È, questa, la scuola dove Marasca ha insegnato a lungo Lingua e letteratura inglese e dove, più che in altri istituti scolastici, ha potuto e saputo affermare la sua personalità e creare rapporti di proficuo lavoro, simpatia reciproca e simbiosi virtuosa con colleghi e discenti. Un insieme di valori che ne hanno fatto un simbolo umano, oltre che professionale, in grado di lasciare un segno forte del suo passaggio. Il Premio, destinato agli studenti delle Scuole secondarie di ogni ordine e grado dell’intero territorio nazionale, è stato concepito articolato sulle sezioni: racconti; poesia; saggi; fiabe; grafico-pittorica-fotografica. Si è andato affermando, col trascorrere delle edizioni, per la sua pregnanza culturale e il rigoroso impegno degli organizzatori tanto da meritarsi la medaglia di rappresentanza del Presidente della Repubblica. Dall’antologia del Premio – Novos Decerpere Flores – che viene pubblicata ogni anno e presentata in sede di cerimonia di premiazione, estrapoliamo testimonianze e ricordi di Marasca che ci aiutano a comprendere la caratura non solo dell’uomo ma anche del docente e la forza memoriale che ha saputo imprimere nell’ambiente di lavoro che, a dieci anni di distanza, lo ricorda ancora con rammarico e affetto immutati. Il preside Raffaele De Vivo, dopo aver affrontato l’aspetto legato alle risorse che Lucera può mettere in campo in funzione dello sviluppo – cultura, turismo, attività economiche immateriali come lo stimolo verso il giornalismo, le edizioni, la pubblicazione di testi – scrive, tra le altre cose, nell’Antologia: «Io penso che se vogliamo evitare un discorso puramente celebrativo su Franco Marasca, dovremmo proprio pensare a Continua alla pagina seguente


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2001-2021 - Vent'anni dopo: un percorso che continua

na scommessa vinta Vent’anni, pochi o troppi a seconda di come sono stati impiegati. Per le Edizioni del Rosone del dopo Franco Marasca sono stati anni d’impegno e di adeguamento alle mutate esigenze del mercato e all’introduzione di nuove tecnologie. Nel frattempo – avvenimento di grande significato culturale e sociale – Foggia e la Capitanata hanno ottenuto la tanto sospirata Università con la quale è stato indispensabile intraprendere una reciprocità di contatti utile a portare frutti al territorio. Sono stati vent’anni di fermenti nuovi, di cambiamenti e, nello stesso tempo, di apprendistato. Si, di apprendistato per Falina e Marida Marasca che fin da subito hanno deciso di non interrompere l’esaltante esperienza editoriale di Franco, cercando di adeguarla ai tempi pur partendo dall’assoluta non conoscenza dei meccanismi e delle esigenze di un’intrapresa così complessa e variegata. La vicinanza e la solerzia di amici e collaboratori è stata determinante, benché Falina e Marida ci abbiano messo molto del loro ingegno. Mi racconta Falina: «Quando Franco stava per morire mi disse che potevo liberamente decidere cosa farne della Casa editrice. Per lui non ci sarebbero stati problemi se avessimo deciso di chiudere l’attività. Del resto, sia io che Marida fino a quel momento ne eravamo rimaste completamente fuori, del tutto estranee ai meccanismi di un’azienda che, per quanto piccola, pretendeva competenze specifiche che noi non possedevamo. Tuttavia, decidemmo senza esitazione che l’impresa andava continuata nel rispetto della memoria di Franco e di tutto ciò che era stato costruito per la diffusione della cultura sul territorio. Di più: aggiungemmo il suo nome a quello della Casa editrice che da allora è diventata “Edizioni del Rosone – Franco Marasca”». Ed eccole, Falina e Marida, dopo vent’anni, alle prese con un’avventura culturale che ha dovuto necessariamente assumere i connotati di un’azienda, abbandonando i tratti pionieristici e romantici del suo fondatore per confrontarsi con il mercato e con i tempi che sono rapidamente mutati. Io che ne seguo il percorso con assiduità, garantisco che non è stato facile, ma i risultati testimoniano dell’impegno, della sagacia, delle competenze e della padronanza acquisite negli anni fino a fare delle Edizioni del Rosone la punta di diamante dell’editoria di Capitanata, tra le realtà più apprezzate in ambito regionale. Apprezzate per la rigorosa cura dei contenuti, la puntigliosa ricerca dell’impostazione grafica, per la serie di contatti con il territorio e le istituzioni che le riconoscono un ruolo di prestigio nel complicato processo di promozione della cultura in una terra dalla tradizione luminosa ma sofferente di pigrizia nel ritrovare se stessa per guardare con serenità al futuro. Oggi le Edizioni del Rosone vantano decine di collane, quasi tutte destinate alle storie e alla storia del territorio, ai personaggi che le hanno animate, alle tradizioni, all’arte, alla poesia, alla narrativa, alla valorizzazione dei talenti più giovani e aperte al contributo degli intellettuali più affermati. Ciascuna di queste collane si distingue per una sua specifica personalità – si, anche i libri possiedono una personalità – per l’attenzione che viene riservata ai contenuti, pur senza trascurare il gusto e la sobrietà della veste grafica. Una parte cospicua dei protagonisti della cultura daunia, e molti del movimento culturale pugliese e nazionale, accademici e docenti universitari hanno pubblicato e continuano a pubblicare con le Edizioni del Rosone. Lo spazio di via Zingarelli, a Foggia, è uno scrigno in cui è possibile, consultando le pubblicazioni esposte, conoscere la storia, le tradizioni, gli uomini, l’arte, il paesaggio, l’archeologia, la religiosità di una terra che il Destino ha gratificato di potenzialità straordinarie e che non sempre gli uomini che ne hanno avuto in dote le sorti sono stati capaci di valorizzare al meglio. A Falina e Marida, nel tempo, si sono aggiunte Laura e Maria Antonietta che, nell’insieme, hanno costituito un singolare quanto efficiente team al femminile che ha consentito un ulteriore avanzamento delle frontiere culturali e operative. La suddivisione dei ruoli ha permesso di curare con maggiore meticolosità i contatti con il territorio, potenziando legami e collaborazioni già in atto e favorendo il perseguimento di nuovi obiettivi.

La scuola, l’Università e non solo Un’attenzione particolare le Edizioni del Rosone riservano alle scuole di ogni ordine e grado. Il coinvolgimento dei giovani scolari e degli studenti non avviene soltanto proponendo libri idonei all’età e agli studi frequentati, ma anche attraverso percorsi formativi predisposti con i docenti che tendono ad avvicinare i giovani alla lettura, facendo loro conoscere i meccanismi dell’editoria. Un percorso, in particolare, chiamato GiochEditoria porta a scoprire la Casa editrice pensata come un laboratorio per garantire una partecipazione fattiva e attiva. Ma c’è anche GiocoLettura, Scrivendo Scrivendo, Disegnando mi racconto, Scrivendo mi racconto, English for Children; tutti sentieri virtuosi inseriti in un progetto complessivo chiamato Laboriosone. Con incoraggiante frequenza autori che hanno pubblicato con le Edizioni del Rosone sono invitati a incontrare gli allievi per parlare della loro esperienza, oltre che del contenuto dei loro scritti. La sinergia con le agenzie culturali del territorio non si ferma alla collaborazione con la scuola ma rivolge un’attenzione particolare anche all’Università. Con sempre maggiore frequenza singoli docenti o i Dipartimenti nel loro complesso si rivolgono alle Edizioni del Rosone per pubblicazioni di carattere didattico ma anche per la diffusione dei risultati di ricerche scientifiche su aspetti particolari del territorio. Anche l’organizzazione di eventi in collaborazione con l’Università è diventata una piacevole abitudine. Tra le manifestazioni che hanno ormai assunto il crisma della consuetudine, se non proprio della tradizione, occorre annoverare CoEduca, una “tre giorni” destinata a tutti gli aspetti della pedagogia declinata in ogni sua sfaccettatura che, tra il mese di ottobre e novembre di ogni anno, chiama a convegno esperti, studiosi, docenti universitari da ogni parte d’Italia per

incontrare insegnanti, studenti e uomini di cultura, proponendo di allargare l’orizzonte delle conoscenze nel delicato e fondamentale campo dell’educazione considerata a tutto tondo. È un’iniziativa, questa, nata dalla feconda e fortunata collaborazione con il grande pedagogista Alain Goussot, rimasto vicino alle Edizioni del Rosone, pubblicando saggi e studi di grande rilievo scientifico, fino alla sua prematura scomparsa avvenuta nel 2016. Feconda, e continua nel tempo, la collaborazione con la prestigiosa Fondazione Banca del Monte di Foggia (poi divenuta Fondazione dei Monti Uniti), così come con la Biblioteca provinciale “La Magna Capitana”. Da un’intuizione di Falina Marasca è nato il Buck Festival della letteratura per ragazzi, un’idea sponsorizzata fin dal primo momento dalla citata Fondazione dei Monti Uniti, successivamente supportata anche dall’Assessorato alla cultura del Comune di Foggia, dalla Biblioteca Provinciale “Magna Capitana”, dal Museo civico di Foggia, dall’Accademia delle Belle Arti e da tutte le altre più significative associazioni culturali del territorio. Nel corso di una settimana, centinaia di bambini e ragazzi vengono coinvolti in decine di appuntamenti che si svolgono in contenitori diversi della città, impegnati in laboratori, incontri con autori, spettacoli teatrali, letture, concerti e mostre.

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Un’altra manifestazione di cui la Casa editrice va fiera è il Concorso letterario Il Sentiero dell’Anima destinato a giovani scolari e studenti delle scuole di ogni parte d’Italia, oltre che agli adulti vogliosi di cimentarsi con la poesia. Il Sentiero dell’Anima, da cui il concorso prende il nome, è un angolo di grande impatto emotivo del nostro Gargano dove ogni anno si svolge la cerimonia di premiazione. Si tratta di un’invenzione del compianto Filippo Pirro, eclettico artista garganico, docente, pittore, scultore capace di regalare emozioni a profusione con le sue opere. In questi venti anni di “dopo Franco Marasca”, inoltre, grande impatto emozionale, oltre che culturale, ha avuto il Premio letterario “Franco Marasca” (di cui ci siamo occupati in altra parte di questo numero de Il Rosone) in collaborazione con il Liceo classicoscientifico “Bonghi” di Lucera che si è svolto fino all’edizione dell’anno scolastico 2011-2012. Da segnalare, infine, che le Edizioni del Rosone, sia pur nate sul territorio e prevalentemente al servizio del territorio, assecondando un’iniziativa del suo fondatore Franco Marasca, hanno partecipato e partecipano alle massime manifestazioni nazionali dedicate al libro e alla lettura, dalla Fiera Internazionale del libro di Torino al BookCity di Milano e alle altre manifestazioni similari di maggior rilievo. Una partecipazione che tende a ribadire una presenza importante nel panorama editoriale nazionale e a cercare il confronto con editori e scrittori di altre parti d’Italia, nel tentativo di diffondere e promuovere una parte significativa della cultura e della storia della nostra terra. Conclusioni Un ventaglio di iniziative, come si può dedurre, che vogliono “incitare alla cultura” per dirla ancora con Franco Marasca, il quale intendeva la cultura come una sfida meridionale, come occasione per scoprire e conoscere le proprie radici, la dignità delle proprie origini, premessa per costruire un avvenire di progresso. A conferma di questa vocazione per la cultura, intesa come attività complessiva e complessa per tenere in alto le sorti del territorio, le Edizioni del Rosone continuano ad organizzare tutta una serie di incontri e convegni con la finalità di ridestare interesse e passione e di sollecitare enti e istituzioni ad una più incisiva azione sul territorio. Non sempre, negli anni, le risposte sono state all’altezza delle aspettative. Emblematica di questo atteggiamento, assunto come costume dalle Edizioni del Rosone, la “tavola rotonda, organizzata nel novembre 2004 in collaborazione con l’Associazione culturale Agorà di Lucio Miranda sul tema “La cultura in Capitanata, la sfida della speranza”. In quell’occasione Falina Marasca ebbe ad affermare: «Dobbiamo volere tutti un progetto complessivo e coinvolgente e dobbiamo convincerci che la cultura e il senso civico diventano causa ed effetto l’uno dell’altro, se il concetto di cultura non si limita ad una sorte di “turris eburnea” dove si accumulano nozioni e sapere, ma sia inteso come partecipazione viva alla società aperta, utile indicazione di temi, anticipazione degli scenari futuri, linfa vitale per il processo civile del territorio». In questi venti anni, purtroppo, molti (troppi) dei collaboratori che avevano condiviso con Franco Marasca questa esaltante avventura sono venuti a mancare. Pur consapevoli del rischio imperdonabile della dimenticanza di qualcuno, tuttavia citiamo alcuni nomi che delle Edizioni del Rosone sono stati anche più che semplici seppur preziosi collaboratori, amici e fattivi suggeritori, protagonisti di iniziative culturali che oggi non ci sono più: Marcello Ariano, Benito Mundi, Maria Teresa Masullo Fuiano, Stefano Capone, Filippo Fiorentino, Pietro Saggese, Lucio Miranda, Enzo Lordi, Anacleto Lupo, Mario Pernice, Giuseppe De Matteis e tanti altri ancora... È stata, questa, un’altra sfida che Falina e Marida hanno dovuto affrontare. Il progetto è andato avanti ugualmente, procedendo a un ricambio generazionale che ha consentito a intellettuali e studiosi più giovani di avvicinarsi alle Edizioni del Rosone in un arricchimento reciproco che certamente avrebbe fatto piacere allo stesso Franco Marasca. Duilio Paiano


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«Nel cielo degli uomini costruttori di civiltà»

i accingo a raccontare qualche episodio della vita di Franco Marasca, l’uomo di cultura, il creatore di riviste ed eventi, l’inventore delle Edizioni del Rosone, una Casa editrice che tuttora costituisce un punto di riferimento per la cultura della Capitanata. Per me Franco è stato soprattutto un amico fraterno, termine con cui mi presentava a chiunque gli chiedesse chi fossi. Un’amicizia inossidabile, la nostra, una solidarietà reciproca per i problemi non sempre felici che ci sottoponeva talvolta la vita. Ora Franco è nel cielo degli uomini costruttori di civiltà, perché la cultura è fonte di civiltà. Perché non non fargli un’intervista immaginando di trovarmi lassù dove è tutto ovattato, di fronte a lui? Ciao Franco, non sei cambiato per niente. Eh Mimmo, tu mi vedi com’ero sulla terra, ma ora sono qualcosa di diverso, più spirituale. Hai ragione, avrei dovuto immaginarlo. Certo sono vent’anni che... Alt! Per voi laggiù il tempo, o quel che credete tempo, è una costante del vostro agire; ma qui il tempo, lo spazio non esistono: esiste l’eternità che coinvolge tutti coloro che hanno superato la prova terrena. In questo luogo-non luogo si sta favolosamente bene. Per te anche nei momenti tristi la vita era favolosa. Ricordi? Favoloso era il tuo aggettivo preferito. Quante volte lo hai pronunciato in presenza di un buon libro, di un articolo ben fatto, di una cena tra amici. A proposito di amici, mi sa che anche quassù si è riformato il cenacolo che avevi creato in via Zingarelli, 10. Fra chi ti ha preceduto in questo tuo viaggio e chi ti ha seguito, posso “rischiare” di affermare che si è ricomposto il gruppo principe della cultura daunia della seconda metà del ventesimo secolo. Ti riferisci a Stefano Capone, Giuseppe De Matteis, Benito Mundi, Marcello Ariano, Anacleto Lupo, Mario Pernice, Maria Teresa Masullo... Secondo il pensiero terreno è logico immaginare che sia così. Ma, ti ripeto, qui è tutto diverso, o per usare le tue parole, il cenacolo esiste ma è allargato a tutti coloro che laggiù hanno operato bene in ogni settore. Non c’è differenza, siamo tutti l’insieme di un’unica spiritualità. Risposta profonda, d’altronde mi è difficile credere che, nonostante “l’insieme”, tu non riesca a coinvolgere in questa vita spirituale altre entità. Mi vien da pensare al Premio giornalistico da te istituito a Milano alla famosa “Porta Rossa” di Chechele e Nenella, che interessò le firme più importanti della carta stampata e della televisione.

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La locandina del Premio Milano di giornalismo di cui Franco Marasca è stato uno dei promotori. Fu importante perché dei meridionali come me e Chechele e Nenella, negli anni dell’emigrazione di massa, riuscirono a dimostrare che anche il Sud poteva creare uno spazio culturale dove il dialogo tra voci diverse era molto importante. A Milano tanti momenti decisivi per il tuo cammino terreno: il lavoro ai telefoni di Stato, l’università, l’incontro con colei che sarebbe diventata tua moglie, la nascita di una figlia, la nascita di una rivista che,

Riconoscimenti e Premi

umerosi i Premi e i riconoscimenti che Franco Marasca si è meritato per la sua attività giornalistica ed editoriale ma, soprattutto, per l’insieme delle sue iniziative tese alla promoz\ione culturale del territorio di Capitanata. Convinto assertore della unicità della cultura quale veicolo di sviluppo economico e di promozione intellettuale, è stato infaticabile nel perseguire questo processo che non sempre, purtroppo, ha trovato menti disponibili ad assecondarlo. Prima della sua scomparsa gli sono stati assegnati: • Premio dell’Associazione dei pugliesi a Milano, nel corso di una cerimonia svoltasi al teatro Manzoni del capoluogo lombardo; • La Spiga d’oro per la cultura da parte del Rotary Cerimonia di consegna del Rosone d'argento alla meClub di Foggia; moria nelle mani di Falina Marasca. Dopo la sua scomparsa gli sono state conferite, alla memoria, altre attestazioni di stima: • Il Rosone d’argento, da parte del Circolo dei Troiani di Torino, nel 2002; • Il Premio Augustale, dal periodico La Voce del Sud e dall’Amministrazione comunale di Foggia, nel 2003; • Premio Ignazio Ciaia, sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica, conferitogli dall’avv. Elio Greco presidente della Fondazione Nuove Proposte, nel 2003; • Premio Internazionale Daunia, assegnato dall’Associazione culturale Icaro di Foggia, nel 2005; • Intitolazione della Biblioteca civica di Troia, nel decennale della sua scomparsa, nel 2011; • Premio Daunia&Sannio, per la molteplicità e la significatività dei meriti acquisiti nel campo della cultura, da parte dell’omonima Associazione culturale, nel 2019.

secondo le tue intenzioni, doveva costituire il legame tra il Nord e il Sud. Si, Il Rosone che i miei eredi continuano a pubblicare unitamente all’altro periodico Il Provinciale… Poi la decisione, forse un po’ sofferta, di tornare in Capitanata: Troia, la città natia, era nel tuo DNA. L’insegnamento al Bonghi di Lucera ed in altri Istituti, l’incontro con Pasquale Soccio: tutto si svolgeva secondo l’indirizzo che volevi dare alla tua vita su questa terra. Pasquale Soccio, “il Preside”, fu maestro di vita, di cultura e di vivere civile. La sua infermità era fonte di ricchezza per il suo pensiero e nella sua casa foggiana c’era un via vai di scrittori, poeti, giovani universitari e il saggio preside, già “maestro di strada” dispensava loro consigli utili sul come affrontare la vita. Ma anche la campagna rientrava nei tuoi progetti di vita. Ricordo le frequenti visite ai terreni che avevi in agro di Troia, in particolare mi commosse il tuo legame con l’antica masseria paterna. La terra e i suoi frutti erano la tua passione. Ne ammiravi ogni zolla con trasporto a dir poco religioso. La terra, se non violentata, ti ripaga sempre. I suoi frutti sono l’aspetto più concreto del dono che Dio ci ha fatto. La terra, e non l’oro, è la vera ricchezza dell’umanità. La terra è un libro aperto che solo l’incoerenza, l’azione insensata di alcuni avventurieri può chiudere. Franco, nella tua presenza terrena non hai trascurato il piacere della tavola. Quale socio della Chaîne des Rôtisseurs hai partecipato a numerosi incontri enogastronomici, ma anche questi incontri conviviali avevano come sfondo la cultura. Certamente! La cultura non è solo poesia, scienza, filosofia. La cultura è anche l’arte del mangiare, dell’apprezzare le pietanze create nei vari periodi storici. L’enogastronomia è anche un mezzo per percorrere la storia della civiltà. Tanti i trattati scritti nel tempo che illustrano modi di vivere, usanze, comportamenti che hanno caratterizzato ogni epoca. Ma con la Chaîne ogni incontro comprendeva anche visite a monumenti, a scavi archeologici, a biblioteche, a musei: le tavole, preparate artisticamente da chef creativi, non stonavano di fronte alla bellezza di sculture o di un quadro d’autore. Era tutto così favoloso…. Ti ringrazio Franco per questo incontro surreale che mi hai concesso e perdonami se ho abusato della tua generosità, in quest’angolo d’infinito… Arrivederci! Giucar Marcone


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Provinciale

libri

Giornale di opinione della provincia di Foggia

Pasquale Soccio - Poesie 1925-1998 a cura di Michele Galante

La “scoperta” di una sensibilità sconosciuta dello studioso originario di S. Marco in Lamis

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isale al gennaio di quest’anno la ricerca di Michele Galante Pasquale Soccio- POESIE 1925-1998 pubblicata per i tipi delle Edizioni del Rosone e che si avvale di un saggio introduttivo di Ferdinando Pappalardo. Di questo lavoro proponiamo ai nostri lettori uno stralcio della parte conclusiva della recensione di Gianni Cavalli pubblicata sul Giornale di Puglia. (…) «Tornando al libro che Michele Galante, con impegno e coerenza

‘garganica’, ha voluto dedicare alle poesie di Soccio, bisogna premettere che sono il frutto di una ricerca avvenuta presso la Fondazione “Pasquale e Angelo Soccio”, al momento situata presso la Biblioteca comunale di San Marco in Lamis, controllando puntigliosamente faldoni, appunti, quaderni ammucchiati senza una catalogazione. Precisa Galante che ritiene di aver ‘rinvenuto’ quasi tutte le poesie di Soccio, salvo alcune di cui sono annotati i titoli, ma mancano i testi. (…) Encomiabile-ammirevole-stimabile il tentativo dello studioso Pappalardo, nato ad Acquaviva delle Fonti, che, nel saggio introduttivo al libro - non a caso intitolato ‘Significarsi con le parole’ - cerca di stilare un indiceguida anche per quello che riguarda le capacità di poeta di Soccio. Oserei dire che il saggio, per qualità e peculiarità, rende prezioso ed atipico il ‘poetare’ di Soccio, verso un livello ed una nobiltà cui, forse, il poliedrico autore non solo non aspirava, ma neanche desiderava (Per fortuna in Italia simili ‘analisi’, spesso errate, possono ancora essere formulate. Chiaramente mi riferisco alla mia!). A questa conclusione sono arrivato leggendo più volte, quasi imparandolo a memoria, l’ultimo periodo che il pro-

In compagnia di Eugenio Scalfari di Raffaele Cera

Non la contestazione, ma la confutazione di convinto ateo del fondatore di “Repubblica”

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er i tipi delle Edizioni del Rosone è stato recentemente pubblicato il libro In compagnia di Eugenio Scalfari. Di questo lavoro, di cui è autore il nostro collaboratore Raffaele Cera, pubblichiamo parte della recensione di Gianni Cavalli pubblicata sul Giornale di Puglia. Cavalli, dopo aver illustrato ampiamente la biografia di Eugenio Scalfari, così scrive del libro di Cera: (...)

«Cera nel suo ‘asciutto’ e pur ‘generoso’ prologo al suo libro, fra acute riflessioni, ci propina una sentenza “E Dio - il riferimento al Signore è una tenera ‘carezza’ alla professione di ateismo da sempre rivendicata da Scalfari - sa quanto oggi la scuola avrebbe bisogno di insegnanti capaci di essere anche veri maestri di vita”. Mettendomi dalla parte degli studenti potrei obiettare che forse basterebbero degli insegnanti coscienti e innamorati del loro ruolo, in grado di coinvolgerli e trainarli nei meandri della cultura e del sapere. Da supporto a ciò basilare risulta l’esserci della famiglia come… ‘maestra di vita’ (Discorso lungo, complesso e di non facile soluzione, specialmente da quando ‘…tengo famiglia’ è diventato un alibi per giustificare di tutto di più). Cera in maniera velata vuol far intendere a Scalfari, che è stato compagno di banco al liceo oltre che amico del cuore di Italo Calvino, come a Sanremo, in anni difficili, non se la passassero poi tanto male; dopo la morte di Calvino nel 1985 a Siena, avvenuta per emorragia celebrale, Scalfari ha ricordato più volte l’amico in occasioni di convegni e pubblicazioni postume. (...) Cera non ‘contesta, ma cerca di confu-

Anno XXXII - n. 2 Dicembre 2021

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fessore di Teoria e Storia dei generi letterari presso l’Università di Bari ha scritto per concludere il suo intervento: “La poesia possiede una sublime virtù:benché per millenni abbia identificato nella vista il principio e il fondamento della sovrana facoltà dell’immaginazione, pure essa riesce a rappresentare il mondo attraverso altri sensi, per esempio l’udito e l’odorato (che non a caso rivestono un ruolo rilevante nei versi senili di Soccio), a figurarselo attraverso i ricordi, i fotogrammi del ‘nastro della memoria’, su cui sono peraltro impressi anche i moti dell’interiorità. Per questo la reminiscenza è per Soccio ‘tra la vita e la morte/l’unico varco’; per questo la poesia costituisce per lui un viatico cui non vorrà rinunciare fino alla fine dei suoi giorni”. Lo spirito di Pasquale Soccio che aleggia lieve in quel contesto di cielo che va dal Santuario di San Matteo al Santuario Oasi di Santa Maria di Stignano, percorso in cui l’aria è pregna di profumi, aromi e fragranze che solo i nativi di San Marco in Lamis sono in grado di percepire e trasmettere a tutti i sammarchesi sparsi per il mondo, e, solo dopo aver fatto una veloce virata verso Borgo Celano e il suo Museo Paleontologico e il suo Parco dei Dinosauri considerati con valutazioni opposte e impossibili da conciliare, spostarsi verso Bosco Tenuta San Matteo, la Dolina Pozzatina e la Grotta di Montenero. Sarebbe stato bello che fosse stato Joseph Tusiani a scrivere un intervento per i versi di Soccio: da San Marco a New York, da New York

a San Marco avremmo sentito vibrare quell’influenza positiva che Leopardi, Montale, Pascoli ed Ungaretti - in rigoroso ordine alfabetico!- hanno avuto su Giuseppe e Pasquale: Joseph figlio unico di una sarta che aveva sposato un calzolaio che, emigrato in America, solo quando fu raggiunto dalla moglie diede un fratello americano al suo Giuseppe; Soccio uno dei tredici figli di un fabbro bravissimo non solo a ‘generare’ bambini, ma anche a creare oggetti di ferro e metallo coadiuvato dal fuoco e dall’ambiente mai abbandonato del paese natio. Qualora fosse andata in porto questa ‘audace’ idea avremmo assistito a vere ‘scintille’ incanalate in scarpe comode perché su ’misura’. Mi auguro che fra dieci anni, quando verrà pubblicato un nuovo testo delle poesie di Soccio (magari perdendone qualcuna per quei magnifici vicoli che vanno scomparendo non solo a San Marco e trovando le mancanti come annunciato da Michele Galante) venga ‘confezionato’ un prodotto tutto sammarchese dal curatore al prefatore…perché gli ‘odori’ poetici non sempre coincidono con gli odori accademici. (...) Questa la vera POESIA quella legata all’azione dello scrivere (realizzare un piatto) e mettere insieme delle parole (ingredienti) legate dalla metrica (amalgama del ripieno) e che faceva dire a padre Dante altro non è che “fictio rethorica musicaque poita” (…creazione, intuizione manifestata secondo ‘retorica’ e musica)». Gianni Cavalli

tare la posizione di ‘convinto’ ateo assunta da Scalfari, quel suo volere negare l’esistenza di Dio e lo fa citando lo stesso fondatore de “la Repubblica”, il quale chiamando in causa l’attuale Papa afferma: ”Il dio unico di Papa Francesco è la versione più alta e anche più consona per addivenire alle conclusioni che la sua fede gli ispira”. Cera, in questo concordo pienamente con lui, allontana da Scalfari ogni forma di ateismo, riconducendolo ad una sostanziosa razione di laicismo. Scalfari è riuscito nell’impresa titanica di amare due donne, non con il troppo riduttivo triangolo dell’amante, ma semplicemente prospettando loro che aveva bisogno del sentimento di entrambe…salvo che loro avessero deciso diversamente: ossia una sola ‘moglie’, l’altra optare per strada ‘diversa’. Secondo la versione ‘repubblicana’ di casa Scalfari le due donne la moglie sposata nel !950, Simona de Benedetti madre delle sue figlie Enrica e Donata, e quella sposata dopo la morte della prima, Serena Rossetti, nel 2006 - non sono state capaci di effettuare una scelta-rinuncia e hanno condiviso rabbia, amore e passione…in grazia di… Forse Scalfari - che negli anni aveva un po’ dimenticato il suo grande amico di liceo, salvo riscoprirlo negli ultimi racconti pubblicati - si sarà troppo immedesimato nel personaggio protagonista dell’ultimo libro di Calvino «Palomar», in cui il signor Palomar, con qualche problema esistenziale di difficile soluzione, grazie al telescopio Hale, guarda caso custodito presso

l’Osservatorio Astronomico di Monte Palomar, riesce in qualche modo ad assecondare il suo bisogno di conoscenza. Ogni lettore scelga il suo percorso per uscire fuori di ‘metafora’. Da San Marco in Lamis Raffaele Cera, coadiuvato dalla moglie Raffaela e dalle tre figlie Cinzia, Rachele, Angela e da Bari Gianni Cavalli, coadiuvato dalla moglie Angela e dalle figlie Gloria e Madia, ricordano ad Eugenio che quel filosofo, storico, polemista, poeta nato a Parigi e che all’anagrafe risulta Francois Marie Arouet, in arte Voltaire, figlio di quella Francia che nel 1999 gli ha concesso la prestigiosa onorificenza di Cavaliere della Legione d’onore, è colui che ha formulato un quesito semplice e pur veritiero: “L’orologio non può esistere senza l’orologiaio”. “Qui si dice che sono stato fascista, monarchico, socialista, azionista, comunista, demitiano… Ed il bello è che è tutto vero” in questa frase di Eugenio Scalfari ed in quei puntini sospesi vi è tutta la trasgressione di un personaggio che non vuole ammettere che il suo ‘CREDO’ narciso è capace di contemplare qualcosa di superiore: “L’amore è desiderio. Desiderio d’un corpo. O di un’anima. Desiderio d’un Dio. Desiderio del potere”. Eugenio il tuo Raffaele ti aspetta a San Marco, Raffaele il tuo Eugenio ti aspetta a Roma… magari in compagnia di quel Cielo che amate entrambi, da sponde diverse, ma dall’unica spiaggia capace di far nuotare… la vita. Gianni Cavalli


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Anno XXXII - n. 2 Dicembre 2021

il

Provinciale

Giornale di opinione della provincia di Foggia

La scomparsa di Maria Teresa Masullo Fuiano

Impegnata con dedizione e competenza nella scuola, nella cultura e nell’ambiente

R

icordare Maria Teresa Masullo significa riportare alla mente una donna che ha inciso profondamente nella storia culturale di Foggia e nella vita di tanti di noi. Innanzitutto, la Maestra. E, si badi bene, quella M maiuscola non è per un omaggio, pur doveroso, alla sua carriera, ma perché il suo insegnamento è stato per i fortunati allievi qualcosa che è rimasto nella mente e nel cuore. E ne ho visti diversi, ormai grandi e brizzolati, chiamarla così, con un grande senso di rispetto, ma anche di affettuosa dimestichezza. Una Maestra che, giovanissima, nelMaria Teresa Masullo con Joseph Tusiani l’immediato dopoguerra andava in bicicletnel corso di una visita al Museo Civico di Foggia ta in scuole periferiche utilizzando, per far sedere i bambini, gli involucri metallici delle bombe, segno della tragedia appena passata. La Maestra che, molto prima che le linee guida ministeriali lo indicassero, realizzava progetti specifici per far conoscere l’ambiente, al di là dei programmi previsti; conducendo, per esempio, i bimbi a conoscere le piante e gli alberi del quartiere, a realizzare erbari certo molto più utili e divertenti di un libro di testo. La Maestra che per insegnare il concetto di trama e ordito, portò nella “sua” scuola Garibaldi un telaio di San Marco in Lamis, poi donato al Museo Civico e diventato fulcro della cosiddetta “stanza della tessitrice”, su cui torneremo. E poi la Maria Teresa innamorata del concetto di ambiente da declinare il tutte le sue forme, per una conoscenza che doveva essere pratica e di prima mano, anche per lei, impegnata per diversi anni in Italia Nostra. In lei era presente un amore sconfinato per il Gargano, per San Marco (chiamato scherzosamente dal sig. Giulio, indimenticabile gentiluomo e suo consorte, e da me, “ombelico del mondo”) e per la città che l’aveva accolta, quella Foggia alla cui storia dedicò un semplice ma prezioso volumetto, che segnò l’inizio delle ricerche divulgative sulla città, cui prese parte per tutta la vita. Maria Teresa, madre affettuosa, pur nella distanza che la vita pose con le sue figlie, e moglie strettamente legata ad un uomo che era il suo contraltare e il suo completamento: la passione e la logica, l’entusiasmo e la discrezione. Ma indimenticabile, per chi scrive, è il rapporto con il Museo Civico e la nostra profonda amicizia, cementata da sincera stima e vero affetto. Tra i fondatori degli Amici del Museo, e poi presidente onoraria, è stata l’anima della sezione etnografica da lei rivista e ricreata e, appunto, di quella stanza della tessitrice cui si dedicò con la passione e la competenza che l’ha sempre contraddistinta. Le abbiamo voluto bene in tanti, è stata essenziale nella formazione culturale e umana di più di una generazione, e il sorriso animato dalla luce dei suoi occhi celesti resta ricordo indelebile di una piccola grande donna che, ancora oggi, rimane esempio di vita vissuta con caparbia volontà di conoscenza e amore. Gloria Fazia

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Anche per il 2022 ognuna delle uscite sarà accompagnata da un volume

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HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Gianni Cavalli – Raffaele Cera – Domenico Cofano – Domenico Di Nuovo – Gloria Fazia – Giovanni Guadagno – Walter Scudero – Antonia Torchella La collaborazione a questo giornale è gratuita e su invito della Direzione. Gli articoli, le foto e le illustrazioni, anche se non pubblicati, non vengono restituiti.

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