Dicembre 2020_Layout 1 23/12/20 17:58 Pagina 1
ANNO XXXI
2
2020 FONDATO DA FRANCO MARASCA
Non solo la salute vittima della pandemia
Natale ai tempi del Covid-19
Ancora rinunce in attesa dell’incomparabile leggerezza di un abbraccio
«N
el prossimo numero de “Il Provinciale” vorremmo raccontare che si è trattato soltanto di un brutto sogno, che siamo già dentro una nuova normalità, che non cadremo mai più nella rete delle superficialità e delle presunzioni di conoscenza che ci hanno fatto precipitare nel baratro del coronavirus. È l’augurio che ci facciamo, e che trasferiamo con affetto a tutti i nostri lettori». Con queste parole di auspicio chiudevamo l’editoriale del numero di giugno 2020 de Il Provinciale. Erano parole di speranza, dettate forse anche dall’approssimarsi dell’estate e dall’ingenuo presentimento che la bella stagione avrebbe spazzato via i colpevoli comportamenti degli uomini e, con questi, anche il virus. Niente di tutto ciò. L’estate, viceversa, si è rivelata occasione di aggravamento della condizione di diffusione del Covid-19, agevolando assembramenti, feste, ritrovi di massa nelle discoteche, ammucchiate insopportabili sulle spiagge e nei locali. Il buon senso, la responsabilità che avrebbe dovuto guidarci, in attesa di un’arma farmacologica capace di annientare il virus (leggi: vaccino) sono stati sopraffatti dall’impetuosità e dalla dissennatezza dei più che hanno creduto superata l’emergenza al cospetto di numeri che andavano lentamente scemando. Non volevamo capire che quei numeri erano semplicemente l’effetto di un duro lockdown, di sacrifici e rinunce che ci erano sconosciuti ormai fin dai tempi del secondo conflitto mondiale! Al trascorrere di sei mesi, mancano pochi giorni al Natale 2020, ci ritroviamo a fare i conti con la risalita esponenziale dei contagi, con l’inaccettabile lievitare del numero dei decessi, con l’emergenza nei reparti di terapia intensiva, con la riconversione dei reparti ordinari in reparti Covid19 e la conseguente rinuncia a curare patologie croniche, e talvolta anche d’urgenza, per indisponibilità di strutture e personale. Il coronavirs, con la sua prepotenza, ha precettato tutto per sé! Ci annunciano che sarà un Natale connotato da ristrettezze. Zona rossa per tutti che somiglia molto al rinnovarsi del lockdown, con rinunce pesanti sul piano economico e su quello degli affetti costretti ancora una volta a rimanere distanziati. La provincia di Foggia ha pagato, e continua ancora a pagare, un prezzo salatissimo in termini di contagi e di vittime. Molto di più che nella prima ondata. Oggi, a voler cercare un barlume di ottimismo cui aggrapparci, possiamo immaginare che in fondo al tunnel cominci a materializzarsi il vaccino, la nostra scialuppa di salvataggio, l’arma letale per il virus. Ci assicurano che la campagna vaccinale potrà essere avviata già alla metà del mese di gennaio; ma ci fanno sapere, anche, che per una “copertura” di almeno il 70% della popolazione italiana occorrerà attendere la fine della prossima estate. Ancora nove mesi di incertezza, di attenzioni, di mascherine da indossare, di pratiche virtuose da attuare. Sempre che l’organizzazione di questa mega operazione venga condotta con puntualità e senza le smagliature che hanno connotato la più collaudata (almeno teoricamente…) vaccinazione antinfluenzale. Nel frattempo, lo affermiamo con la tristezza nel cuore, continuano a mancarci gli abbracci. Quei gesti istintivi, genuini, spontanei che racchiudono in sé senso di amicizia, riconoscenza, affetto, amore. Gesti semplici, liberatori, di affidamento reciproco che rinfrancano l’anima e ricaricano lo spirito di sentimenti ed emozioni. Aspettiamo di poter abbracciare e di poter essere abbracciati, appena il maledetto Covid-19 si sarà dileguato e avrà smesso di interporsi – invisibile, subdolo e cattivo – tra noi e tutti coloro che nell’abbraccio vorranno riscoprire umanità e vita. Perché, come scriveva Jacques Prévert: Migliaia e migliaia di anni / non basterebbero / per dire / il minuscolo secondo d’eternità / in cui tu m’hai abbracciato / in cui io t’ho abbracciato. Duilio Paiano
Una copia € 2,00 Sped. in abb. post. 50%
Istruzione e formazione tra le prime emergenze
L
o scrittore libanese Maaluf, autore di romanzi e saggi pieni di intuizioni e predizioni, nella sua ultima opera Il naufragio della civiltà (ed. La Nave di Teseo), premiata a Capri con il Premio Malaparte 2020, proprio nell’occasione, ha detto: «A livello mondiale e sociale il Covid è uno shock che ha fatto saltare tutto». E a chi gli chiedeva se la pandemia ci renderà migliori, ha risposto considerandola una consolazione di cui l’umanità ha bisogno e …una possibilità che renderà migliori. Noi decidiamo di essere ottimisti sul dopo. L’uomo non sempre è in grado di apprendere le lezioni, ma ha dimostrato di essere capace di immaginare il domani, proporre idee, fare progetti, suggerire strategie. Facciamo appello alla sua forza, al suo ingegno, alla sua creatività che non conoscono limiti, dolori e difficoltà. Sappiamo bene che il mondo dopo il Coronavirus non è facile da prevedere, ma il compito dell’uomo di questo tempo è quello di stare dentro al mondo che viviamo, lanciando una fune verso il futuro, l’invenzione, la condivisione delle idee, aumentando l’attenzione e gli investimenti dedicati allo sviluppo del capitale umano. L’istruzione e la formazione sono dunque tra le prime emergenze. Non c’è sviluppo senza investimenti nella scuola. La vera libertà dell’uomo nasce dall’istruzione. E, quando si parla di povertà educativa, la condizione in cui viene a trovarsi un individuo allorché viene privato dei diritti all’apprendimento, al sogno, alla realizzazione di desideri, ambizioni, aspirazioni, si vuole sottolineare quanto le istituzione fatichino a curarsi della crescita del mondo giovane, si vuole denunciare la mancanza di opportunità formative che riguardano la totalità e la complessità della persona umana, si vuole far com-
prendere che povertà educativa e povertà economica si alimentano a vicenda, creando un vero e proprio divario dovuto a disuguaglianze economiche, culturali e sociali. Nella situazione drammatica che sta interessando il mondo intero, la prospettiva di dover affrontare con urgenza e in maniera solidale la questione della povertà educativa è fondamentale. E le linee d’intervento devono scaturire da una volontà globale, su cui in Vaticano, nel maggio scorso, il Pontefice ha voluto un convegno molto importante: in questo senso va il pensiero di Papa Francesco sulla forza di una corretta educazione per una comunità sana, i cui pilastri si fondano sull’integrazione, sull’accoglienza delle diversità, sulle sfide nuove, sulle risposte all’inquietudine dei giovani, sull’importanza dell’audacia e della creatività degli educatori, sulla consapevolezza che l’educazione non è una tecnica, ma una fecondità generativa. Stiamo entrando in un’epoca seria, un’epoca che non può non tenere presente la pedagogia di Papa Bergoglio. Abbiamo messo piede in un nuovo tempo, dove i valori e gli interrogativi di ieri non saranno più solo mete da inseguire ma risultati da raggiungere, tenendo ben presente che la storia siamo noi. Falina Martino Marasca