Hormiae giornalino liceo classico di formia

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Giornalino del Liceo Classico Vitruvio Pollione -Dicembre

HORMIAE

Anno III - N.2 Gennaio - Febbraio

L’Editoriale Siamo giunti al secondo numero del giornalino, in cui, accanto ad articoli di cronaca locale e nazionale, di cultura e spettacolo e soprattutto delle attività a cui gli studenti hanno partecipato, abbiamo inserito una nuova rubrica, relativa ai talenti, cioè alle doti nascoste, degli alunni del nostro Liceo, e, ve lo garantiamo, non sono poche! Ampio spazio è stato dato naturalmente alle attività legate alla Notte nazionale del Liceo e alla commemorazione della Giornata della memoria. Il gruppo di redazione è sempre più numeroso e desideroso di collaborare in maniera attiva alla realizzazione di questo progetto. Buona lettura. La Redazione

NOTIZIE NOTIZIE Eventi e attività

Pag.1-5

Attualità e Società

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Cultura

Pag.10-22

Spettacolo e Sport

Pag.21-26

Rubriche

Pag.27-28

Messagistica Messaggistica

Pag.29-30

Divertimento

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Giornalino del Liceo Classico Vitruvio Pollione Via Rialto Ferrovia - Formia

“Notte del liceo” da record per il

Venerdì 12 gennaio 2018 dalle ore 18 alle ore 24 si è svolta la quarta edizione della “Notte nazionale del Liceo classico”, appuntamento al quale il Liceo classico “Pollione” partecipa fin dal primo anno. In tutta Italia hanno partecipato alla manifestazione ben 407 licei con attività di vario tipo, come laboratori, spettacoli, esperimenti, degustazioni o altro che hanno gli studenti come protagonisti, certo coordinati o aiutati dai docenti, ma la notte del liceo è tutta dei ragazzi! Il tema scelto per questa edizione è stato “Lo sguardo di Artemide. Natura, arte, scienza” e infatti i vari laboratori hanno dato vita ad una fusione incantevole di arte, scienza e letteratura. Passeggiando per i corridoi si potevano incontrare a pochi metri di distanza la Musa della danza Tersicore o della poesia Calliope e Galileo

Pollione.

esponeva le sue teorie sull’universo mentre discuteva con Margherita Hack; più in là Platone che banchettava con altri filosofi e subito dopo degli atleti olimpici che mettevano in mostra le proprie abilità nello sport; e poi Ipazia e le stelle e tanto altro. Tutti questi laboratori hanno attirato, come ogni anno, l’attenzione di molte persone ed in particolar modo è stato altissimo il numero di ragazzi (non solo studenti del liceo!) accorsi a questa manifestazione. Al termine dei laboratori, un momento molto toccante è stato il flash-mob contro la violenza sulle donne, che ha visto un gran numero di alunni docenti e cittadini partecipare in silenzio con abito nero e qualcosa di rosso. Infine gli ospiti si sono spostati nella palestra per assistere all’incontro con due ex allievi, cioè il medico ricercatore formiano Giorgio Treglia ed il musicista Erasmo Treglia, che si è esibito con il gruppo musicale “Acquaragia Drom”. A seguire uno spazio musicale in cui sono stati protagonisti, cantando o suonando al pianoforte o con altri strumenti, alcuni studenti del Liceo. La serata è terminata con la lettura, prima in greco, poi in traduzione, dell’Inno pseudo-omerico “A Selene”, in contemporanea su tutto il territorio nazionale: come ogni anno un riferimento alla “notte” (questa volta alla Luna) ha concluso degnamente la manifestazione.

Antonio Purificato (IIID)


“CIAK, SI GIRA: VIAGGIO IN OCCIDENTE” Lo scorso 12 Gennaio, in tutti i Licei Classici d’Italia, si è svolta la 4^ edizione della “Notte nazionale del Liceo Classico”. Il tema scelto per quest’anno era “Lo sguardo di Artemide”, Natura, Arte, Scienza, ed ogni attività è stata incentrata su questi temi.

così importanti è stato un modo per conoscerli meglio e apprezzarne le caratteristiche di grandezza e attualità a distanza di secoli. La partecipazione ad un laboratorio basato essenzialmente sulla recitazione e sulla musica cantata e suonata ha consentito a noi studenti di affrontare e di superare momenti di timidezza e di insicurezza che spesso sono elementi costitutivi della psicologia adolescenziale. In particolare la Notte nazionale ha permesso a noi ragazzi di far comprendere anche al mondo esterno che la nostra cultura è sì basata sui testi, ma molti di noi coltivano con entusiasmo e successo altre passioni quali il canto, lo studio di uno strumento, la recitazione. Nel cuore di ogni studente e speriamo anche in quello di ogni spettatore il ricordo di questa notte resterà indelebile e costituirà uno dei momenti più belli e magici Nel nostro Liceo ciascun alunno ha potuto scegliere, tra del nostro percorso da liceali. i tanti laboratori organizzati non solo dai professori ma anche dagli studenti, a quale aderire. Noi alunni della classe VA, insieme ai nostri compagni provenienti da altre classi, sostenuti e guidati da alcuni docenti di diverse discipline, abbiamo messo in scena uno spettacolo intitolato “Viaggio in Occidente”. La vicenda era ambientata su una nave da crociera, i cui passeggeri erano personaggi illustri del mondo classico e non solo come Omero, Eraclito, Platone, Lucrezio, Virgilio, Orazio, ma anche Leonardo Da Vinci, Albert Einstein, Bertolt Brecht, Pier Paolo Pasolini; essi discutevano tra loro proprio di arte e di scienza. Oltre che a lunghi dialoghi ed aforismi pronunciati in lingua italiana, il nostro pubblico ha potuto assistere alla recitazione di versi in esametro in greco e in latino. Per noi alunni prender parte a quest’iniziativa è stato molto emozionante: ci siamo divertiti durante le prove, e abbiamo potuto cogliere l’opportunità di conoscere altri studenti e sentirci davvero protagonisti della vita culturale del nostro Liceo. Immedesimarci in personaggi Chiara Bisecco (VA) Chiara Coccoluto (VA)

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UN LABORATORIO “BEYOND LIMITS”

Tra i tanti fantastici laboratori a cura degli studenti e docenti del liceo Vitruvio Pollione di Formia è doveroso ricordare quello di lingua e cultura inglese, diretto dalla professoressa Antonietta Di Principe, sostenuta dalle sue colleghe. Attraverso la realizzazione di uno spettacolo teatrale intitolato Beyond limits: In Search for Knowledge i ragazzi hanno potuto affrontare il tema dell’evoluzione della conoscenza dal Rinascimento fino ai nostri giorni, facendo riferimento ad opere letterarie, teatrali o cinematografiche realizzate dai più grandi artisti della cultura inglese ed americana. Nella prima parte dello spettacolo, infatti, hanno trattato il tema della scienza intesa come sviluppo delle arti magiche, cioè magia bianca e magia nera, rappresentando alcune scene provenienti da due delle opere più famose di William Shakespeare: il Macbeth e la Tempesta. Nella seconda parte, invece, il gruppo ha deciso di introdurre un monologo tratto dall’opera di John Milton, Paradise Lost. In questo brano, tramite le parole di Satana, cacciato dal Paradiso per essersi ribellato alle regole imposte da Dio, abbiamo la possibilità di percepire la scienza come una vera e propria inclinazione della natura umana verso una forma di conoscenza più complessa, che sfocia nella manipolazione. Sempre in questa seconda sequenza, poi, la coordinatrice ha scelto di inserire il racconto di uno dei passi più intensi della celeberrima opera di Mary Shelley (Frankenstein): la creazione del mostro.

In questa parte dello spettacolo il pubblico ha avuto l’opportunità di assistere, con orrore e raccapricciante curiosità alle azioni del dottor Victor Frankenstein, colpevole di aver cercato di sostituirsi a Dio, manipolando la naturale realtà delle cose e tentando di creare egli stesso la vita. Il laboratorio si è poi concluso con un monologo tratto dal film di Ridley Scott, Blade Runner, a sua volta adattato dal libro dell’americano P.K. Dick, Do Androids Dream of Electric Sheep?. In questa scena, ambientata nel futuro, si giunge ad una nuova concezione della scienza: all’ uomo non basta più ricreare la vita, ora il suo obbiettivo è superarla. Costruisce perciò i Replicanti, androidi destinati ad essere schiavi dei loro creatori e a morire dopo aver vissuto una vita inconsistente. Termina in questo modo la piccola, ma impegnativa rappresentazione teatrale che, però, è stata il modo perfetto per far emergere le fantastiche doti, in campo registico, recitativo, fotografico e musicale (oltre che linguistico), di tutti i ragazzi e della loro insegnante.

Eleonora D’Arcangelo (IIC) Chiara De Meo D’Onorio (IIC)

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UNA GIORNATA DELLA MEMORIA “INDIMENTICABILE” “Quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo”. Questa frase probabilmente spiega nel modo più preciso, ma allo stesso tempo sintetico il motivo dell’istituzione della giornata della memoria. Proprio nel giorno di questa ricorrenza, i ragazzi del liceo classico “Vitruvio Pollione” si sono recati al teatro Remigio Paone per assistere a una rappresentazione teatrale tenuta dalla compagnia Mudra sull’eccidio di Lidice in Boemia. In seguito ad un attentato dei partigiani il 27 maggio 1942 perse la vita uno dei più potenti gerarchi della Germania nazista, Reinhard Heydrich, così la città di Lidice venne rasa al suolo e i suoi abitanti sterminati o deportati. Fra di loro c’erano anche 99 bambini. Di questi, 82 furono spediti nel campo di sterminio di Chelmno e la maggior parte di loro venne subito uccisa; 17 invece furono affidati a delle famiglie tedesche per essere “germanizzati”. La città di Lidice fu ricostruita nel 1949 nei pressi delle sue macerie e ora lì sorge un museo della memoria con una scultura che ricorda i bambini vittime di tanto odio. Lo spettacolo è stato un vero successo: in platea era infatti possibile vedere volti emozionati e segnati dalle lacrime così come volti incuriositi da questo episodio che non viene ricordato nei libri scolastici con la necessaria importanza. Singolare poi la scelta della regia. Alcuni attori infatti entravano in scena dalle porte laterali del teatro, creando nel pubblico un effetto di sorpresa ma anche grande ansia, soprattutto quando si trattava di soldati che irrompevano violentemente urlando e con le armi in pugno. E così due poveri coniugi sono stati trascinati via dai soldati uscendo dalle stesse porte da cui erano entrati.

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Sul palco invece altri soldati senza scrupoli spintonavano e maltrattavano alcune donne fatte prigioniere, gettate a terra, umiliate, private dei loro figli e della loro dignità. Ma non tutti i soldati erano privi di sentimenti, uno infatti mostrava pietà per le povere vittime e per questo veniva anche minacciato da un commilitone. In scena anche un riferimento ad uno dei bambini “germanizzati”, tanto desiderato dalla moglie di un ufficiale che invece non approvava la decisione della moglie di tenerlo e di occuparsene. Un momento di ilarità c’è stato quando un attore è sceso tra il pubblico impersonando un personaggio un po’ folle che voleva essere un tentativo di sdrammatizzare, come quello messo in atto da Benigni nel film “La vita è bella”, come è stato poi spiegato dagli attori della compagnia a conclusione dello spettacolo. Gli attori hanno rappresentato nel migliore dei modi i personaggi del generale tedesco Adolf Eichmann e le vittime dal massacro, come le donne violentate e deportate nei campi di lavoro senza i loro figli, o gli uomini massacrati all’istante, utilizzando una scenografia essenziale ma chiaramente rappresentativa della distruzione della città operata dai Tedeschi, Insomma, un altro successo professionale per la compagnia teatrale napoletana già conosciuta da alcuni studenti in occasione della visita al Museo delle Ferrovie di Pietrarsa.

Antonio Purificato (IIID)


L’ECO DI LIDICE ARRIVA A FORMIA nel giorno della memoria la strage di Lidice viene portata sul palcoscenico Sabato 27 gennaio, in occasione della giornata della memoria, il teatro Remigio Paone di Formia è stato scenario di una rappresentazione teatrale, ideata da una compagnia napoletana, che ha dato voce ad uno degli eccidi più efferati e al contempo più taciuti della Seconda Guerra Mondiale: la strage di Lidice. L’intera scuola ha preso parte all’iniziativa, che si è rivelata essere una valida alternativa all’assembla d’istituto solitamente organizzata in questa data, trovando il modo di salvare dal dimenticatoio una delle più atroci violenze a cui l’uomo abbia saputo dar vita attraverso uno spettacolo tanto realistico quanto d’impatto. Gli attori della compagnia, infatti, hanno saputo trattare abilmente, e con la giusta sensibilità, il ricordo di una città che i soldati tedeschi hanno completamente raso al suolo, livellandola e sradicandone gli alberi pur di gettarla nell’oblio più totale. Alternando momenti più drammatici ad altri più lirici, lo spettacolo ha rievocato le voci delle vittime di Lidice, tra cui neanche un uomo è sopravvissuto e dove donne e bambini sono stati deportati in massa, costretti a separarsi una volta arrivati in quei campi di concentramento da cui sapevano che non avrebbero fatto ritorno. E così la città boema è apparsa in tutto il suo dolore, tra le urla dei nazisti verosimilmente interpretate dagli attori, e il pianto dei suoi abitanti emerso senza alcun filtro.

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Un’esibizione sentita, vera, suggestiva nella sua crudeltà, ma capace di far riflettere grazie ad un finale che ha silenziosamente lanciato un forte messaggio di critica e condanna all’operazione di vendetta perseguita dai tedeschi. Erano originari di Lidice, infatti, gli attentatori protagonisti del piano Anthropoid, pensato appositamente per eliminare fisicamente il cosiddetto “boia di Praga”, il generale nazista Heydrich, che dopo il 1939 aveva instaurato un regime di terrore altamente repressivo per soffocare ogni tentativo di ribellione da parte del popolo ceco. La scoperta di una simile realtà, raramente citata nei libri di storia, è stata uno stimolo importante a mantenere sempre vivo l’interesse per quelle che sono le manifestazione più vivide del male che l’uomo è in grado di fare e che, dopotutto, non sono mai così lontane da noi come sembrano. Un’esperienza profonda, che merita di essere ascoltata e non banalmente sentita, guardata e non semplicemente vista, ma che soprattutto sia conservata in un ricordo fresco e non in una memoria lontana. Giulia Rescigno (IIIA)

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PICCOLE ARANCE MECCANICHE CRESCONO

Al giorno d’oggi, via radio, in televisione oppure sui giornali, si sente spesso parlare di “baby gang". In questo mondo frenetico, dove si deve fare di tutto, ma non si ha mai tempo per niente, tu che in questo momento stai leggendo questo articolo sul giornalino scolastico, ti sei mai chiesto che cosa sia una baby gang e hai mai riflettuto sulle cause di tale fenomeno? Se tu, lettore, provassi a cercare la definizione di “baby gang, apprenderesti che si tratta di più o meno grandi gruppi di adolescenti e pre-adolescenti, i quali, organizzati come in una sorta di associazione criminosa, commettono atti vandalici e reati di ogni genere, quali il taccheggio, l’aggressione, il furto o nei peggiori dei casi, omicidi e stupri. Numerosi sono i casi di crimini commessi da queste bande di ragazzini, basti pensare al ventiquattrenne di Torino assalito e mandato all’ospedale da otto minorenni oppure al centro per i disabili di Foggia devastato dall’ennesimo gruppo di piccoli teppisti, ma soffermiamoci ad analizzare le possibili cause di questa piaga sociale. Uno dei motivi principali è sicuramente la condizione di disagio di alcuni ragazzi, i quali magari spinti da rabbia e odio nei confronti di un mondo che a loro appare avverso e pieno di cattiveria, si gettano fra le subdole braccia della criminalità. Altre volte il tuffo nella spirale del vandalismo è dovuto proprio ad una situazione diametralmente opposta; cercando di

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essere più chiari si può dire che i giovani appartenenti ad una famiglia benestante, trascurati da familiari negligenti, e abituati ad avere tutto quello che vogliono appunto per colmare il vuoto lasciato dai propri genitori, i quali nella maggior parte dei casi sono divorziati. Alcuni sostengono che i mass media bombardano gli schermi dei cellulari e dei televisori di notizie traboccanti, piene di violenza gratuita, motivo per cui i giovani tendono a emulare involontariamente le gesta descritte, altri ancora affermano, giustamente, che nell’età adolescenziale si cerca l’approvazione del proprio gruppo quindi non è poi così difficile convincere gli amici o essere convinti in prima persona a commettere gesti folli. Qualsiasi sia la causa di tale fenomeno, l’unica cosa che si possa fare per aiutare questi ragazzi a non attuare gesta di cui potrebbero pentirsi è far sentire che noi in qualità di genitori, fratelli, sorelle, professori o amici li aiuteremo nel momento del bisogno.

Jacopo Di Viccaro (IE)


4 MARZO 2018: SVOLTA O DELUSIONE?

In tutta Italia è in corso la propaganda per le elezioni politiche del 4 marzo, che dovranno condurre alla formazione della nuova Camera dei Deputati e del Senato, precedentemente sciolti dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dopo la fine della legislatura, solitamente lunga cinque anni, si procede infatti alla campagna elettorale che rientra nei 70 giorni previsti dalla Carta Costituzionale per il periodo di transizione tra una legislatura e l'altra. Televisioni, radio e piazze sono in fermento, ansiose di sapere quale potrebbe essere il partito (o la coalizione) che potrebbe diventare protagonista della XVIII legislatura italiana. Queste elezioni rappresentano una novità anche per l'introduzione di un nuovo sistema elettorale, definito Rosatellum perché è stato Ettore Rosato, capogruppo PD alla Camera dei Deputati, a portare avanti il progetto di legge. Questo nuovo sistema è piuttosto complesso: prevede cinque collegi uninominali per l'assegnazione di 232 seggi alla Camera dei Deputati e di 116 al Senato; in questi collegi a essere letto sarà il candidato più votato. Gli altri seggi del Parlamento (386 per la Camera, 193 per il Senato) saranno attribuiti attraverso collegi plurinominali in cui verranno eletti i candidati per ordine di presentazione nelle liste, in base alla percentuale di voti raggiunta. Il Rosatellum, che è un sistema misto – in parte maggioritario, in parte proporzionale - prevede inoltre una soglia di sbarramento del 3%: questo vuol dire che, se la lista non raggiunge questa percentuale, i suoi voti saranno attribuiti al partito prevalente della coalizione di cui la lista stessa fa parte. Se la lista raggiunge la soglia dell’1% i suoi voti verranno spartiti fra le altre liste della coalizione; al di sotto dell’1%, invece, verranno dispersi.

Il programma per queste elezioni è ricco di emozioni e punti chiave: basta seguire le molte emissioni televisive dedicate all’approfondimento e al dibattito politico, i siti e le testate giornalistiche per rendersi conto delle proposte e delle posizioni di ciascun gruppo. Dal trentesimo giorno prima del voto, infine, al dibattito sui media si affiancheranno anche i comizi in luoghi pubblici, mentre nelle 24 ore precedenti il voto si rispetterà il silenzio elettorale. I simboli di ogni partito in gara sono stati depositati al Viminale fra il 19 e il 21 gennaio, mentre le liste sono state presentate tra il 29 e il 31 gennaio. Ecco gli schieramenti in campo.

CENTRODESTRA Forza Italia Noi con l'Italia Lega Fratelli d'Italia Energia per l'Italia Udeur

CENTRO-SINISTRA Partito Democratico Alternativa popolare Civica popolare Lista + Europa Lista Insieme MOVIMENTO 5 STELLE ALTRO Rinascimento di Vittorio Sgarbi Potere al popolo Casapound

Attualmente sembra essere la coalizione di centro-destra, secondo i più recenti sondaggi, a raccogliere il maggior numero di consensi, ma come è risaputo tutto è possibile. Il Rosatellum, tante coalizioni, tantissime aspettative: sarà questa la svolta?

Manuela Vinario (VB)

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UNA GUERRA DIMENTICATA Da tre anni ormai nello Yemen, un piccolo paese della penisola araba, si combatte un sanguinario conflitto, tenuto praticamente sotto silenzio stampa. Se si tenta di cercare informazioni sui giornali, si troverà ben poco. Se si tenta su internet, vi sono poche notizie, la maggior parte delle quali risalenti al 2016. Per trovare un minimo di informazioni sono stato costretto ad utilizzare siti di lingua inglese, e anche lì sono appena sufficienti. Ma la guerra civile Yemenita non ha nulla di invidiare al terribile conflitto Siriano. Ci sono stati circa 15.000 morti, 3.000.000. di sfollati e oltre 10.000.000 di Yemeniti si trovano senza acqua pulita e cibo a sufficienza. Ma quali forze hanno causato tale miseria e devastazione? In gioco ci sono varie potenze regionali e locali, tra cui anche l’ISIS e Al-Qaeda, tristemente nota per gli attentati del 11 settembre 2001. Ma partiamo dal principio. Le forze che si fronteggiano direttamente sono gli Houthi e le forze del presidente Hadi. Gli Houthi sono una minoranza etnica di fede islamica sciita, a differenza della maggioranza dello Yemen, che è sunnita. Hadi invece è il presidente “democraticamente eletto” (era l’unico candidato) dello Yemen, che ha esercitato il potere in maniera impopolare, causando nel 2014 rivolte e manifestazioni che furono sostenute dagli indipendentisti Houthi. Gli Houthi già dai primi anni 2000 tentavano di avere l’indipendenza, e nel 2011 si erano opposti al dittatore Saleh, che poi diventò il vicepresidente di Hadi. Gli Houthi riescono a prendere Sana’a, la capitale, con un colpo di mano a Settembre. Dopo varie trattative, gli Houthi rifiutano l’offerta di uno stato federale e dichiarano unilateralmente la nascita di un comitato rivoluzionario. Nel frattempo Hadi fugge ad Aden, seconda città dello yemen e sua città natale, dove dichiara l’illegittimità del governo Houthi. Saleh, fuori da ogni aspettativa, appoggia gli Houthi, tradendo Hadi. Si forma dunque una fragile alleanza fra Houthi e Saleh, appoggiati dall’Iran, mentre Hadi è appoggiato da Arabia Saudita e Usa, oltre alla maggioranza della comunità internazionale.

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Dopo alterne vicende militari gli Houthi arrivano ad assediare Aden nel Marzo del 2017, venendo però respinta a Luglio. Nel frattempo la terza città dello Yemen, Taiz, è sconvolta dai bombardamenti sauditi. Durante l’assedio di Aden Hadi fugge in Arabia Saudita, mentre AlQaeda prende il controllo dei territori centrali dello Yemen. Dopo questo momento la stampa comincia a perdere interesse per la questione, che diventa via via sempre meno documentata. I principali avvenimenti successivi sono la rottura dell’alleanza tra Houthi e Saleh, che viene ucciso da un cecchino Houthi mentre tentava di fuggire da Sana’a a Dicembre e la nascita, nel 2018di un consiglio di transizione del Sud, formato da ex ministri secessionisti che hanno abbandonato Hadi e che controllano buona parte di Aden. Il conflitto è tutt’altro che risolto e ancora molto sangue dovrà scorrere prima che lo Yemen possa ritrovare una tanto agognata pace.

Verde: zone controllate dagli Houthi Rosso: zone controllate da Hadi Bianco: zone controllate da Al-Qaeda Giallo: zone controllate dal Consiglio di transizione del Sud Blu: Zone in mano a forze autonome Grigio: zone in mano all’ISIS Mappa aggiornata a Febbraio 2018

Federico Mallozzi IB


Erdogan: garante dei diritti umani

Il presidente della Turchia, Erdogan, è la preoccupazione più grande per l’Europa occidentale e non solo, una vera e propria spina nel fianco sia per la brutale soppressione dell’informazione libera del paese, sia per l’uso continuo della violenza per tacitare la rivolta curda per l’indipendenza. Recep Erdogan rappresenta attualmente, nel panorama mondiale, il campione dell’autoritarismo, più precisamente del dispotismo, fonte di imbarazzo per i sostenitori dei diritti civili. L’ascesa di Erdogan nel panorama dei leaders mondiali e la discesa verso il dispotismo è il frutto della politica americana di “protezione della Turchia” e del suo essere ponte tra l’Europa e l’Oriente, baluardo contro i fondamentalismi islamici e base strategica militare (NATO) contro il pericolo orientale. Ma allo stesso mtempo, l’invigorimento dispotico di Erdogan è figlio del fallimento dei paesi occidentali nel comprendere c ome la continua violazione dei di4ritti umani e civili istituzionalizzata in Turchia crei uno spazio irreversibile fuori dal diritto internazionale, contrapposto ai principi della Dichiarazione universale dei diritti inviolabili dell’uomo. Forte di questa congiuntura, Erdogan ha dapprima violentemente abolito la libertà di stampa, chiudendo e sopprimendo i giornali ed i giornalisti ostili, per poi progettare di realizzare una presidenza esecutiva abolendo il sistema parlamentare: una vera e propria autocrazia.

L’unica risposta dell’Europa fino ad oggi è stata opporsi all’ingressdo a pieno titolo della Turchia nell’Unione Europea, vera ambizione di Erdogan, proprio a causa delle continue violazioni dei diritti civili. Europea, vera ambizione di Erdogan, proprio a Causa delle continue violazioni dei diritti civili. In questo contesto, mal si conciliano le visite, i ricevimenti in pompa magna del presidente Erdogan in giro per i vari paesi, da ultimo in Italia, proprio a pochi giorni dagli attacchi militari nell’enclave di Afrin in territorio siriano, che hanno causato la morte di migliaia di civili curdi, oppositori del regime turco di Erdogan ed oggi vittime di una violenza paragonabile solo a quello dei nazisti contro gli ebrei.

Claudia Masiello VC

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ESPIAZIONE “Espiazione” è il titolo del romanzo scritto da Ian McEwan nel 2001, già nella sua presentazione il libro nasconde l’implicita domanda che ogni lettore si pone. Qual è la colpa da espiare? Nel corso della narrazione ogni risposta ha in se una domanda in un crescendo di tensione smorzato dalle frequenti riflessioni dei personaggi, che diventano parte attiva del romanzo rendendo la storia più avvincente e scorrevole. Diviso in parti questo romanzo conduce il lettore nella comoda monotonia di casa Tallisi sconvolta dall’arrivo dei cugini dal nord. Tutti i personaggi entrano in scena ma il ruolo principale è affidato a Briony, che all’età di tredici anni commette l’errore che segnerà la sua intera vita accusando un innocente ma sarà troppo tardi per fermare la Macchina dell’ingiustizia e la guerra porterà morte e desolazione. Una trama intensa caratterizzata dai realistici affreschi della psicologia dei personaggi scandagliati nella loro interiorità. Valeria Rossi (IIA)

Lo scrittore Ian McEwan

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Paura Raccolta di emozioni

di I. S.

di Luca Fanelli (VB)

Paure, trasformate in mostri, si aggrappano alle caviglie trascinandoti nel cuore della terra; ti soffocano aspettando che inali l’ ultimo soffio, lasciandoti senza vita. Tu, immobile, Ti lasci sopraffare.

Guarda…al di là del cielo e pensa… fermati a pensare. L’animo umano si colma di gioia, come fosse in un turbine di emozioni raccolte tutte in un fascio. Tra le nubi, la mia mente s’adagia al contemplar mari e monti a me sconosciuti, a me proibiti. Lo sguardo mio, stanco si posa. Riscalda il tuo spirito, che di calda luce alimenta il cuor.

13/01/2018

Se solo potessi di Morena Rosato (IIE)

Se solo potessi lo urlerei Se solo mi sentissi ti chiamerei Se solo avessi ancora un filo di voce direi il tuo nome Se solo riuscissi ad essere uragano nella tempesta lotterei Se solo tu mi volessi sarei acqua, fuoco ed anche vento Se solo ne valesse ancora la pena ci proverei Se solo avesse senso ancora qualcosa ci riuscirei Se solo potessi ti dimenticherei Se solo fossi abbastanza sarei più di quello che ti aspetti

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“CON AFFETTO, VINCENT” “Loving Vincent”: la biografia di Van Gogh diventa un giallo

La grande Arte al cinema continua portando sullo schermo uno dei personaggi più controversi e affascinanti del mondo dell’arte: Vincente Van Gogh. Uscito nelle sale nelle giornate dal 16 al 18 ottobre 2017, “Loving Vincent” è tornato al Teatro Ariston di Gaeta il 15 febbraio 2018 per i ragazzi dell’ultimo anno del liceo. Anche dopo l’esperienza della mostra multimediale dedicata all’artista olandese, le opere di Van Gogh restano le testimonianze più eloquenti di una personalità che merita di avere voce in tutte le forme che l’arte può assumere. E così i produttori Dorota Kobiela & Hungh Welchman hanno portato a termine l’ambizioso progetto di realizzare un lungometraggio che superasse abilmente i confini della banalità di un documentario, e che si inserisse piuttosto nelle sale cinematografiche come un prodotto alternativo assolutamente nuovo.

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Sono i suoi stessi quadri, infatti, a ricoprire il ruolo di protagonisti del film. Riprodotti da un equipe di 125 artisti, i dipinti dell’artista hanno letteralmente preso vita, trasformandosi in un prodotto d’animazione che in 95 minuti rende la biografia di un uomo la trama di un thriller integrante. Ad un anno dalla morte di Van Gogh, nell’estate del 1891, il postino, che più di chiunque altro conosceva la frequenza con cui il pittore si dedicava alla propria produzione epistolare, affida al figlio il compito di andare a Parigi per consegnare l’ultima lettera di Vincent a suo fratello Theo. Inizia così il viaggio di Armand Roulin che, dopo una fase di iniziale esitazione, non può fare a meno di lasciarsi travolgere da una vicenda dall’atmosfera estremamente avvincente, quale è quella che permea il mistero della morte di un artista così sorprendente. Tra un incontro e un altro, da Parigi e Auvers-surOise, Armand esplora gli aspetti più intimi e nascosti di un uomo che ha sempre dovuto convivere con la pazzia di cui veniva costantemente accusato, oltre che con pregiudizi di chi non ha saputo interpretare la sua inquieta sensibilità. Dubbi e rivelazioni fanno di “ Loving Vincent” un capolavoro del cinema fuori dal tempo, capace di avvicinare chiunque lo guardi al mondo interiore di un artista eterno. Un Van Gogh inedito, ma spettacolare, di cui non può che restare intatta la dolcezza delle parole con cui ha lasciato il mondo: “con affetto, Vincent”. Giulia Rescigno (IIIA)


WHO WANTS TO BE NORMAL, WHEN YUO CAN BE UNIQUE?

CHI VORREBBE ESSERE NORMALE, SE POSSIAMO ESSERE UNICI?

Helena Bonham Carter is one of the most talented english actresses. She started her career at the age of 13, when she won a national poetry writing competition and used the money to place her photos in a casting directory. She gained fame playing Lucy Honeychurch in “A room with a View”, a British romance film, directed by James Ivory and based on E.M. Foster’s famous novel. Helena can boast of having a wonderful, sofisticated career, but the movie that has increased her popularity is “Harry Potter”. She received very positive reviews as Bellatrix Lestrange, described as a “shining but underused talent”. Bonham Carter is also known and appreciated for her unconventional sense of fashion: she likes wearing strange boots, socks, coats and hats. Moreover, many films led to her the title of “corset queen”. In may 2006 she launched her own clothes line, “The Pantaloonies”, a Victorian collection of camisoles, mob caps and bloomers. With her big expressive eyebrows, her bright eyes and her uncombed curly hair she drew the attention of many directors: the most important was Tim Burton (her partner for 13 years and the father of her two children). They coopereted in 7 movies ( Sweeney Todd, Dark Shadows, The Corpse Bride…) with excellent results. Thanks to her uncommon way of life, her deep words and her strong personality she became a perfect “role-model” for many girls, particularly for those who were a bit “special”, “peculiar”… and sometimes even marginalized . “BE YOUR SELF, NO ONE ELSE CAN”.- this is her guiding philosophy and her advice for teenagers.

Helena Bonham Carter è una delle più famose attrici inglesi. Ha iniziato la sua carriera a soli 13 anni, dopo aver vinto un concorso nazionale di poesia ed aver usato il denaro ricevuto come premio per mettere le sue foto in un catalogo di casting. L’attrice ha raggiunto il successo interpretando il ruolo di Lucy Honeychurch, in “Camera con Vista”, un film britannico diretto da James Ivory e basato sul famoso romanzo di E.M. Foster. Helena può vantarsi di aver avuto una carriera meravigliosa e anche molto sofisticata, ma il film che più di tutti ha accresciuto la sua popolarità è “Harry Potter”. La star ha, appunto, ricevuto ottime recensioni per il personaggio di Bellatrix Lestrange ed è stata definita un “brillante, ma sottovalutato talento”. Bonham Carter è inoltre conosciuta e apprezzata per il suo abbigliamento anticonformista: è, infatti, solita indossare strani stivali, calzini, cappotti e cappelli. In più, molti dei suoi film le hanno conferito il soprannome di “regina del corsetto”. Nel 2006 ha persino creato una propria linea di abbigliamento, “The Pantaloonies”, una collezione di corpetti, copricapi e pantaloncini in stile Vittoriano. Con le sue folte ed espressive sopracciglia, i suoi occhi luminosi e i suoi capelli ricci sempre spettinati, è riuscita ad attirare l’attenzione di numerosi registi: il più importante è stato senza dubbio Tim Burton (suo compagno per 13 anni ed il padre dei suoi 2 figli). La coppia ha collaborato in 7 film (Sweeney Todd, Dark Shadows, La sposa cadavere…) con risultati eccellenti. Grazie al suo stile di vita anticonvenzionale, alle sue parole sempre profonde e alla sua forte personalità è diventata un modello perfetto per molte ragazze, soprattutto per quelle un po’ “speciali”, non omologate… e a volte anche sole. “SII TE STESSO. NESSUN ALTRO PUÒ.”- questa è la filosofia di vita di Helena ed il suo consiglio per le adolescenti.

Eleonora D’Arcangelo (IIC)

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FUGA DALLA REALTÀ

“The end of the f***ing world” è una breve serie televisiva britannica di otto episodi da una ventina di minuti ciascuno, creata da Jonathan Entwistle, distribuita inizialmente on demand su Channel 4 in Inghilterra e, in seguito al grande successo, sbarcata poi su Netflix. I protagonisti sono due adolescenti diciassettenni: James, interpretato da Alex Lawther, che possiamo ritrovare nell’episodio “Zitto e balla” della terza stagione di Black Mirror, e Alyssa, interpretata da Jessica Barden, attrice di “The Lobster” e “Penny Dreadful”. James pensa di essere psicopatico e cerca di fuggire dalla monotonia infliggendo dolore a se stesso ed ad altre creature, come piccoli animali, fino ad arrivare a fantasticare su come eseguire il grande passo: uccidere una persona. Quando conosce Alyssa, una ragazza ribelle, insoddisfatta dalla vita, James trova in lei quella che potrebbe essere la sua prima vittima umana.

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Alyssa propone a James di scappare, rubando l’auto del padre di lui. I due giovani partono per questa fuga disperata che li farà apparire come due criminali, ma sono solo due giovani che scappano dagli orribili ed egocentrici adulti da cui sono circondati, cercando di salvarsi a vicenda. Il racconto all’inizio è in prima persona, ma dopo poco emerge una seconda narrazione, quella di Alyssa, e le due visioni si contrappongono causando una distorsione tra ciò che vede lo spettatore e ciò che pensano i protagonisti. Questo crea una commedia graffiante, cinica e dall’umorismo nero, che solo all’apparenza è sopra le righe, ma viene usata come metafora di cose estremamente reali. I.S.


ROMANZO D’APPENDICE “LA FORMA DELL’AMORE ” SECONDA PARTE Il principino continuò a correre nella foresta, ridacchiando, con solo una logora, larga casacca indosso. L’erba solleticava i suoi piedi scalzi, mentre cercava di sfuggire al demone che, dietro di lui, correva disperato tentando di bloccarlo. La risata del bimbo era cristallina, riusciva ad incantare sempre il sovrano, ma in quel momento era l’ultima cosa a cui doveva pensare. In quegli anni si era preso cura di lui, osservandolo crescere, proteggendolo. Mai avrebbe potuto immaginare di poter finire in una situazione del genere. “Xavier, vieni subito qui!” urlava quel poveraccio, mentre il bimbo continuava a correre tra gli alberi, saltando per evitare buche e radici, nelle quali però, il suo inseguitore, inciampava ogni due per tre. Xavier, a quel richiamo, girò leggermente il volto e rise vedendolo in difficoltà, schernendolo. “Tanto non mi prendi!” urlò felice, ma così facendo, finì per distrarsi ed inciampare. Il suo corpicino stramazzò al suolo, strofinando sul duro sottobosco. Il diavolo si fermò e osservò preoccupato gli occhioni del figlio riempirsi di lacrime, mentre con le braccia esili si teneva le ginocchia sbucciate. “Papà! Mi fa tanto male!” la voce di Xavier era tremolante, il suo corpo magro scosso dai singhiozzi. Il diavolo gli si avvicinò e lo guardò dolcemente prima di prenderlo in braccio e portarlo verso la casetta dove vivevano da anni. Il piccolo Xavier continuava a tremare, bagnando di calde lacrime il petto del padre, stringendosi al corpo di quest’ultimo. Il diavolo lo cullava, cercando di calmare il suo piccolo tesoro e far cessare il suo pianto. I due entrarono in casa, un edificio caldo e accogliente, sempre pieno di luce, magico. Quindi il diavolo posò delicatamente il figlio sul tavolo, accarezzando la sua zazzera corvina, per poi fasciare con dolcezza le gambe del figlio. La soffice stoffa avvolgeva le sue piccole gambe, nascondendole, mentre venivano accarezzate dolcemente dalle mani esperte del demone. Xavier tirò su con il nasino, per poi abbracciare il padre, cercando conforto. Un sorriso increspò le sue labbra e ne approfittò per pettinare i capelli ribelli del piccolo, che lo osservava imbronciato. Il diavolo ridacchiò divertito e continuò a pettinargli i capelli setosi. Il piccolo rabbrividì quando, qualche minuto dopo,

il diavolo gli tolse la sua adorata casacca e sentì l’aria fresca accarezzare la sua pelle nuda. Il diavolo gli fece infilare una camicia bianca, per poi abbottonarla con cura, chiudendo accuratamente ogni bottone. Impresa ardua, visto che quel piccolo demonio non la smetteva di muoversi, facendogli perdere la presa sui bottoni. Dopo aver sbuffato ed imprecato per la millesima volta, riuscì finalmente ad abbottonare tutti quei bottoncini minuscoli. Lo alzò dolcemente e lo adagiò sul letto, per poi stringere morbidamente le cinghie delle giarrettiere legate alle pallide cosce di Xavier. Quest’ultimo lo guardò male, imbronciato, per poi lamentarsi:“Papà, perché mi devo pettinare e vestire con questi abiti cattivi?” Intanto il demone cercava di infilare le calze a quei maledetti piedini, che non ne volevano sapere di stare fermi. “Perché oggi è il tuo compleanno, principino, e ci sarà una grande festa!” gli rispose pazientemente, accarezzandogli il capo e finendo di alzargli le calze. Il piccolo sospirò triste e questo non passò inosservato agli occhi del demone. “Che hai Xavier?” gli chiese facendolo alzare e infilandogli i pantaloncini rigorosamente neri. Il bimbo sospirò nuovamente e abbassò il volto, facendo ricadere i capello corvini sui suoi occhi, nascondendoli. “Non ci voglio andare! A nessuno lì importa di me, papà!” sbottò triste, però non aveva torto era, in effetti, vero. Tutti i demoni lo guardavano con astio quell’umano che in un attimo, senza dover fare niente, era diventato principe dell’inferno. Xavier sentì la mano del padre bloccarsi di colpo, per poi spostarsi sul suo mento e alzarlo leggermente, per permettere ai loro occhi di incontrarsi. Giada nella pece.“Gli altri possono fare e dire quello che vogliono, ma finché io sarò con te, finché io sarò lì a proteggerti, finché il mio cuore batterà, finché il tuo batterà, nessuno e dico nessuno, avrà il coraggio o il permesso di, anche solo, sfiorarti. Devi ignorare tutti, devi sorridere sempre e guardare avanti, senza lasciare che nulla macchi la tua felicità.”

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Avvicinò le loro fronti e le fece combaciare, mentre le labbra di Xavier si aprivano in un sorriso incerto. “Lascia a me le tue preoccupazioni, non importa se le mie spalle un giorno si piegheranno, cederanno sotto questo peso, io ci sarò sempre e per sempre.” Il bimbo abbracciò il padre stritolandolo tra le sue piccole braccia, poggiando la testa nell’incavo del suo collo. “Sei il papà migliore del mondo! E un giorno ti sposerò, così staremo insieme per sempre, come in quelle belle storie di Dada. Vero papà?” Il diavolo gi accarezzò delicatamente il capo, sorridendo e osservandolo con tutto l’affetto di questo mondo. Annodò al suo collo, in un vistoso fiocco, un nastro verde, lo stesso meraviglioso verde dei suoi occhi. “Certo piccolo, staremo insieme per sempre …” fuori sorrise, ma dentro sapeva che quel per sempre sarebbe presto finito e che quel rarissimo fiore, forse troppo presto, sarebbe appassito. Il principe scese dalle grandi scale della sala con un meraviglioso sorriso sul volto, mentre teneva la mano al padre. Alcune giovani demoni rimasero ammaliate quando comparvero nella sala, mentre altri si affrettarono ad inchinarsi per timore del loro re. La maggior parte dei demoni odiava quel bambino umano, che all’improvviso aveva distrutto ogni loro speranza di arrivare al tanto agognato trono. Il principino rimase sempre vicino al padre e quando iniziarono le danze, lo trascinò al centro della sala, iniziando a saltellare e a volteggiare con lui. I demoni li osservavano stupefatti e, tra essi, qualcuno li guardava con odio. Però erano entrambi così stupendi, che nessuno distolse lo sguardo da loro, né chi li detestava, né chi li ammirava. Infatti, nessuno notò quel gruppetto di demoni che se ne stava rintanato in un angolo, troppo presi dalla visuale paradisiaca. Molto presto quei demoni sarebbero stati la causa della più grande sofferenza del loro sovrano. Dopo il ballo il re prese in braccio il piccolo Xavier, che si accoccolò sfinito tra le sue braccia, per poi aprire un portale e ritornare nella loro casetta in mezzo al bosco. Aiutò il piccolo a togliersi quegli abiti così scomodi e, dopo essersi cambiato, si sdraiò nel grande letto abbracciando il corpo esile

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di Xavier, ora avvolto nella sua solita casacca. Rimasero a guardarsi negli occhi per molto tempo, sorridendo complici. Si addormentarono così, uno di fronte all’altro, due dolci sorrisi sulle labbra, felici di esserci l’uno per l’altro. La mattina fu il sovrano a svegliarsi per primo, rimanendo per qualche istante a fissare il bimbo che dormiva accanto a lui. I suoi morbidi capelli corvini erano tutti arruffati e ricadevano morbidamente sul cuscino. Le sue guance erano colorate di rosa e le sue labbra rosse erano socchiuse. Il suo viso era così dolce e tranquillo che il diavolo non resistette e accarezzò il profilo di quel volto con una dolcezza e una delicatezza senza eguali, come se stesse sfiorando ancora quel piccolo groviglio di stoffa che aveva trovato nel bosco; erano passati otto anni da allora. Si costrinse ad alzarsi, ignorando il desiderio di stringere il suo piccolo e di ritornare a sonnecchiare, godendosi quel familiare aroma di menta che emanava. Si infilò lentamente i suoi indumenti, per poi prendere il suo grande mantello nero. Se lo mise sulle spalle, fissandolo sul petto, aggiustandone il colletto, mentre continuava ad osservare Xavier dormire. Prima di andarsene si avvicinò nuovamente al letto e diede un leggero bacio sulla fronte del piccolo, per poi allontanarsi. Appena fece un passo sentì qualcuno tirargli i mantello. Girò appena il volto, osservando il suo tesoro che si stropicciava gli occhi, in una mano un lembo del suo mantello. “Dove vai papà?” gli chiese, la sua voce era ancora impastata dal sonno, infatti, subito dopo, un grande sbadiglio lasciò le sue labbra. Il re sorrise e costrinse se stesso a non tornare indietro ed abbracciarlo. “Devo andare, ho dei compiti da portare a termine, principino, sono pur sempre il re.” disse calmo, osservandolo con la coda dell’occhio. Xavier spalancò gli occhi verdi e strinse più forte il mantello del diavolo. A quel punto il sovrano cedette e si accovacciò di fronte al bambino che lo osservava sorpreso e triste. “Voglio venire con te!” la sua richiesta lo divertì e scosse leggermente la testa, accarezzando il capo arruffato del piccolo. Xavier sfoggiò un adorabile broncio e incrociò le braccia, visibilmente offeso.


“Perché non posso venire!? Ho otto anni, sono grande!” protestò e osservando truce il demonio. Il sovrano scosse la testa sconsolato, per poi alzarsi e far alzare con se Xavier, che posò i suoi piedini scalzi sul pavimento freddo. “Puoi venire ma-” si interruppe per guardare triste il bambino “quello che mi vedrai dire e fare, ogni cosa, promettimi che non mi odierai, che mi parlerai ancora, promettimelo.” Quando lo vide annuire tirò un sospiro di sollievo, per poi vestirlo rapidamente e uscire con lui che gli saltellava dietro. Schioccando le dita, fece apparire quel familiare vortice oscuro, che li portò in uno dei grandi corridoi del palazzo infernale. Senza dire una parola e ignorando Xavier, il diavolo camminò sicuro per il corridoio, con il mantello che ondeggiava lentamente dietro di lui. Sul suo viso era calata una maschera di freddezza. Questo però non scoraggiò l’umano, che continuò a seguirlo saltellandogli attorno sorridente. Lo seguì fino ad una grande sala, con un enorme trono in cima a una moltitudine di gradini. Salirono insieme quella scalinata e quando il diavolo si sedette sul trono, lui rimase al suo fianco, in piedi alla sua destra. Osservò demoni di ogni tipo, razza e nobiltà presentarsi davanti a suo padre e lamentarsi di cose futili e banali. Anche avendo solo otto anni, riuscì a capire, a comprendere come si sentisse il vecchio diavolo e non gli era mai parso, come in quel momento, tanto solo. Quando una concubina si presentò al cospetto del sovrano, lui la osservò freddamente, per poi spostare la sua attenzione sul padre che, con uno schiocco di dita, la ridusse in cenere, disintegrandola. Xavier non sentì niente, non provò niente. Né paura, né repulsione, né orrore, niente, se non disgusto nei confronti di quella creatura. Le ceneri scomparvero velocemente, spargendosi per la grande sala, come se un vento misterioso le stesse portando lontano da lì. Altri tre sudditi fecero la stessa fine della demone e il principino osservò quelle esecuzioni senza batter ciglio, a volte sfiorando la mano del padre quando lo vedeva teso e lui all’istante, come per incanto, si calmava. Anche senza guardarlo negli occhi, Xavier percepiva la gratitudine di quel vecchio diavolo.

Ad un tratto il re si alzò e fulminando l’ennesimo demone che si presentò al suo cospetto, se ne andò. Xavier lo seguì, tentando di tenere il passo. Il diavolo gli fece attraversare lunghi corridoi, passare davanti a tante porte, ma mai si fermò. Dopo molto tempo arrivarono davanti a una porta candida, l’unica porta bianca tra tutte quelle nere. I suoi piedi dolevano, ma Xavier trattenne i mugolii di dolore che combattevano per lasciare le sue labbra secche e screpolate. Il re entrò in quella stanza e una volta che Xavier vi entrò, la chiuse, sospirando di sollievo e donando al piccolo un debole sorriso sghembo. Il piccolo sorrise in risposta, per poi osservare la stanza in cui si trovavano. Archi di tutte le grandezze e dimensioni erano appesi alle pareti, frecce appuntite erano riposte in decine di faretre e in fondo alla stanza tre grandi bersagli occupavano la parete. Gli occhi del bimbo brillarono eccitati, guardando con desiderio quelle armi tanto eleganti quanto letali. Il demone sorridendo accarezzò leggermente il capo del bimbo, per poi prendere un arco dalla parete e passarglielo. Xavier tentò di prenderlo, ma quando il re lasciò la presa, il peso dell’arco lo travolse e cadde a terra, dopo aver traballato per un po’. La risata del demone riempì la stanza, per poi riprendere l’arco e prendere in braccio il piccolo, che intanto lo guardava con un broncio offeso sul volto. “Mi sa, principino, che dovremmo fare qualcosa per questi ramoscelli” disse burlandolo, per poi riportarli entrambi nella loro casetta. Le stelle erano già alte nel cielo, Xavier non si era accorto che fosse passato così tanto. Si strinse al demone ed insieme entrarono nella loro casa. Quella sera il demone preparò la cena più buona che Xavier avesse mai assaggiato. Mangiarono ridendo e prendendosi in giro continuamente e il bimbo aveva ormai rinunciato a fare l’offeso, visto che le risate fuggivano al suo controllo facendolo ridere ancora più forte. Quando finirono il bimbo aiutò il demone a mettere a posto, per poi andare assieme a buttarsi sul soffice letto.

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Si sorrisero un’ultima volta prima che il sonno li rapisse, strappandoli da quel mondo, ma facendoli incontrare anche in quel mondo surreale. Si addormentarono con il sorriso sulle labbra, sfiniti, ma felici, sognandosi l’un l’altro, ignari di ciò che li aveva uniti fin dal primo momento sulle rive di quel laghetto in mezzo al bosco. Ignari di ciò che sarebbe accaduto qualche anno dopo. Qualche anno dopo il principino camminava lentamente dietro il diavolo, osservando tutti con il suo sguardo gelido, ormai famoso i tutto l’inferno e che incantava le demoni. Era diventato più alto e robusto, i suoi capelli erano cresciuti molto dall’ultima volta che li aveva tagliati e ora gli sfioravano leggermente le spalle, ricadendo dolcemente sulla sua fronte. Era vestito elegantemente ed era il ritratto della regalità. I due camminavano fieri nei corridoi deserti di quel palazzo. Alla cintura portava una lunga spada, dalla lama fine come una lastra di ghiaccio, ma più tagliente dell’artiglio di un drago. Entrarono nella grande sala del trono e come sempre Xavier si posizionò alla destra del diavolo, sfiorandogli dolcemente la mano, per poi osservare impassibile i demoni che passavano. Qualche demone venne ridotto in cenere, ma nei loro sguardi freddi non comparve nemmeno un minuscolo bagliore di pentimento. Xavier osservò annoiato i demoni susseguirsi, tenendo, deciso, una mano sull’elsa della spada. Poi ad un tratto una figura incappucciata si fece largo nella sala. I suoi passi erano lenti e cadenzati, quasi impossibili da percepire. I sensi di Xavier scattarono e non osò distogliere lo sguardo da quel demone. Il sovrano invece osservò annoiato la sala, dedicando al giovane delle occhiate curiose e confuse. Fu questione di un attimo. La figura mascherata scattò verso il trono, in mano, un pugnale dorato risplendeva come un raggio di sole. Il re vide accadere tutto questo lentamente, come se non fosse veramente lì, senza riuscire a controllare il suo corpo. Era bloccato, paralizzato e non ne capiva il motivo. Quando vide la lama a qualche palmo dal viso capì che la sua ora era giunta, che non era stato abbastanza veloce. Chiuse gli occhi, abbandonandosi al suo imminente destino ma, la lama non lo colpì. Quando riaprì gli occhi confuso, rimase meravigliato Veloce quanto la lama dorata, un lampo argenteo aveva fermato

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la corsa del demone. Xavier era davanti a lui, la lunga spada, sguainata che aveva respinto il pugnale lucente. Il re rimase incantato da quella visione e continuò ad osservare il giovane, che tentava con tutte le sue forze di respingere il demone. Il re rimaneva immobile, come bloccato, osservando Xavier come se fosse la cosa più bella dell’intero cosmo, mentre la sua piccola fronte si imperlava di sudore. In un istante vide la lama dorata scivolare lungo il filo tagliente di quella argentea e dirigersi verso il petto di Xavier. Provò ad urlare, ma la sua bocca rimase aperta, portandolo ad annaspare, mentre vedeva la morte avvicinarsi al suo più grande tesoro. Ebbe solo la forza di voltarsi, prima di udire un lamento soffocato, che gli fece sgranare gli occhi. Quando però posò lo sguardo laddove credeva di trovare solo il cadavere della persona che più amava, vide il suo bambino tagliare a metà il demone, la lama della spada era solo un fascio di luce che tranciava il corpo di quell’essere. Il demone stramazzò al suolo agonizzante, ma non si ridusse in polvere. Xavier sentì la lama della sua spada affondare nella carne, tranciando, distruggendo la vita di quella creatura indegna. Quando la spada lo spezzò a metà, Xavier scoprì di volerne di più, ancora e ancora. Alzò la spada pronto per dargli il colpo di grazia, negli occhi una nuova e inquietante luce. Fu in quel momento che il diavolo riuscì a muoversi e a intervenire. Schioccando le dita ridusse in cenere il corpo agonizzante, per poi stringere il corpo di Xavier, che guardava furente quel mucchietto di polvere, con ancora la spada alzata. Il demone strinse forte il suo principino e, solo allora, Xavier cedette. Le sue braccia iniziarono a tremare e le sue mani lasciarono cadere la lunga spada, che colpì il suolo con un fastidioso rumore metallico. Xavier si girò di scatto, gli occhi spalancati, ricolmi di lacrime, e strinse forte il demone, che gli accarezzò dolcemente il capo. Le guardie della sala guardavano meravigliate il ragazzino che aveva appena salvato il loro re e che, ora, lo stava abbracciando. Quando Xavier si separò dal petto caldo del demone e si voltò verso le guardie, esse si inchinarono rispettose e anche gli altri demoni nella sala seguirono il loro esempio. Ben presto tutti i presenti si inchinarono al suo Ben presto tutti i presenti si inchinarono al suo cospetto, lasciandolo stupefatto.


Il re sorrise e si inginocchiò anche lui, porgendogli la mano. Poi quell’applauso, quel maledetto applauso. Xavier vide le guardie cadere al suolo una dopo l’altra, morte. Ma i loro cadaveri rimasero lì, macchiando di sangue nero il pavimento della grande sala. Le fiaccole appese ai muri si spensero, facendo cadere la sala nell’oscurità. Il diavolo e Xavier unirono le loro mani, scrutando nel buio, in cerca di qualcosa, o qualcuno. Il silenzio regnava sovrano, interrotto solo dal leggero respiro del principe, che non osava separare la mano dalla presa calda del demone. Poi dalle tenebre si staccò una figura avvolta in un mantello scuro come una notte senza stelle. La sua macabra risata colmò il silenzio, mentre continuava ad avvicinarsi. Quando fu abbastanza vicino, Xavier riuscì a vedere il volto di quella figura. Era un umano. Avrà avuto una quarantina d’anni, aveva i capelli rossi tirati indietro, le ciocche simili agli aculei di un porcospino. I suoi occhi erano di un celeste chiaro, quasi innaturale, lo stesso colore del cielo dopo un temporale. Era alto e robusto, i suoi muscoli si contraevano al di sotto della camicia che indossava. Le sue braccia abbronzate erano in bella mostra, scoperte dalle maniche arrotolate della camicia. Un semplice pantalone nero avvolgeva le sue lunghe gambe e ai piedi, due scarpe consumate smorzavano leggermente quella figura. Sul volto dell’uomo era impresso un sorriso strafottente e pieno di sé, mentre osservava divertito il diavolo, come se tutto quello fosse uno scherzo che solo lui comprendeva. Fu quando sentì la presa del demone sulla sua mano diventare più forte, che il principino si preoccupò. La tensione era calata nella sala e gli unici suoni che sentiva erano i fruscii dei loro respiri. Dopo qualche secondo le labbra di suo padre sputarono una parola, un nome. “Crowl” nella voce del demone il disprezzo era palpabile e il suo volto era contorto in una smorfia di disgusto. L’uomo si inchinò leggermente, beffeggiando il diavolo. “Sempre lieto vostra maestà” la voce di Crowl era roca e raschiante e la risata che seguì le sue parole, pareva il verso dell’uccello di cui aveva il nome Xavier percepiva pericolo in quell’uomo, anche se non ne capiva il motivo. Si nascose dietro il padre, mentre il diavolo lanciava occhiate di fuco all’uomo. Crowl rimase con quel sorriso sulle labbra per tutto il tempo.

Poi i suoi occhi si posarono sul principe e avanzò lentamente, iniziando a salire i gradini che li separavano. “Oh caro demonietto, credo proprio che tu abbia qualcosa che mi appartenga e che mi serve!” Il diavolo sussultò, posando subito lo sguardo sul giovane Xavier, che lo osservava confuso. Poi accadde. Xavier non riuscì a comprendere quello che successe in quegli attimi, ma era certo che, qualunque cosa gli fosse successa, il diavolo lo avrebbe sempre aiutato. Questa certezza venne distrutta qualche istante dopo, quando si accorse di essere stato catturato da quell’uomo. Crowl lo teneva sulle spalle, dando le spalle al sovrano e permettendo al giovane di osservare il diavolo. Lui rimaneva fermo, seduto sul suo trono, immobile. Sul suo volto di ghiaccio non traspariva alcuna emozione. Xavier lo supplicò con lo sguardo, cercando in tutti i modi di liberarsi, ma Crowl lo teneva stretto impedendogli la fuga. “Ti prego aiutami!” la voce di Xavier era un grido disperato, un grido colmo di speranza. Ma il diavolo non si mosse. “Perché” questa volta la sua voce era debole e tremante, come una foglia in autunno, pronta a cadere da un momento all’altro.“PERCHE’?!” questa volta il giovane aveva urlato con tutte le sue forze, mentre i suoi occhi perdevano quella meravigliosa luce che li animava. In quel momento capì di non aver mai saputo niente su quell’essere che chiamava padre, ma non gli importava. Gli bastava solo poterlo abbracciare un’ultima volta. Si sentiva come svuotato, come se qualcuno lo avesse appena trafitto. Ed effettivamente era così. Aveva iniziato ad amare quel demone. Di un amore meraviglioso che non sapeva descrivere. Lo amava in tutte le forme dell’amore. Il ricordo di un abbraccio lo accompagnò mentre veniva portato via da Crowl.

Delia Rivelli IVD

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RACCONTO MORTE DI UNA GATTARA

Le luci dell’alba iniziavano a colorire la città ancora addormentata. Il silenzio del primo mattino era rotto soltanto dal passaggio dell’automezzo della nettezza urbana che, scendendo lungo la Via Tommaso Costa, dava la sveglia alla strada con il monotono rumore delle spazzole rotanti che strisciavano sull’asfalto. Alla guida del mezzo, Ciro Trovatore canticchiava allegramente un motivo di Vasco Rossi. Era di buon umore quella mattina e non immaginava che, svoltato l’angolo, la sua allegria si sarebbe infranta bruscamente. In un lato della piazzetta, infatti, giaceva qualcosa, sembrava un mucchio di abiti vecchi. Sceso dalla vettura per raccogliere quel mucchio di stracci si accorse che, in realtà, si trattava del corpo di una donna morta. Il pover’uomo lanciò un urlo di terrore e, con mani tremanti, compose il numero del commissariato di polizia. Quando l’ispettore Antonio Cordova giunse nella piazzetta della Marina si era già formato intorno al cadavere un piccolo capannello di persone. Si trattava, per lo più, di impiegati del vicino supermercato, che erano soliti parcheggiare le proprie macchine nella piazza. Questi avevano già riconosciuto nel corpo senza vita quella che loro chiamavano la gattara, cioè una anziana signora che era solita acquistare ogni sera, poco prima dell’orario di chiusura, del cibo per gatti, con il quale sfamava i numerosi randagi che popolavano la piazzetta. Dalla rigidità del cadavere l’ispettore desunse che la donna era deceduta da parecchie ore. L’assenza di una borsa, che sicuramente la poveretta aveva con sé per poter pagare le cibarie dei gatti al supermercato, gli fece immaginare che si potesse trattare di

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era verosimile considerato che la piazzetta, pur trovandosi nel pieno centro della città, era un po’ appartata, e dopo l’orario di chiusura delle attività commerciali della vicina Via Vitruvio rimaneva deserta e buia. Sì, v’era un piccolo condominio di anziani pescatori, ma questo era oramai pressoché disabitato e alcuni dei piccoli appartamenti ospitavano più che altro studi di vari professionisti i quali, dopo una certa ora, chiudevano i battenti. La piazzetta, inoltre, era incorniciata su due lati da un cantiere navale che chiudeva molto presto e su un terzo lato dalle mura quasi cadenti di un locale notturno in voga nel passato ma abbandonato da tempo. Insomma, di sera, quella piazzetta non era proprio un luogo sicuro. Le indagini, quindi, si indirizzarono verso la pista dell’omicidio a scopo di rapina. La donna, infatti, come aveva spiegato il medico legale, era deceduta a causa di un trauma cranico determinato dal forte impatto della testa sull’asfalto, provocato quasi sicuramente da una spinta; inoltre la poverina presentava delle ecchimosi sulle braccia che facevano pensare ad una colluttazione con l’aggressore. Ma l’ipotesi non convinceva l’Ispettore Cordova. Chi poteva avere interesse a derubare una donna che, a giudicare anche dai suoi abiti consunti, aveva ben poco di cui essere derubata? E poi c’era Salvatore Spanò, il figlio della vittima, quel ragazzo alto e allampanato, dallo sguardo cupo e sfuggente che, secondo le informazioni assunte, spesso litigava con la madre per motivi di danaro. Costui, come avevano maliziosamente riferito i vicini di casa, lavorava una volta ogni tanto e praticamente campava alle spalle della madre, non aveva amici e nel quartiere non parlava con nessuno. Chissà che non fosse stato proprio lui, magari in un eccesso di rabbia durante un litigio, a spingere la madre a terra, determinandone involontariamente la morte. Come aveva riferito il parcheggiatore del supermercato, Ad aggravare la posizione dell’uomo c’era poi la circostanza che egli non aveva dato alcuna


spiegazione convincente del fatto che non si fosse accorto dell’assenza della madre durante la notte, limitandosi a riferire che la sera dell’omicidio, dopo essere rientrato a casa a tarda sera e un po’ sbronzo, era andato direttamente nella propria camera a dormire. Sulla base di tali fatti ne era stato disposto l'arresto. La donna, dopo aver raccontato di essere andata in pensione da poco e di avere l’abitudine di passeggiare, il pomeriggio, sul lungomare della città, per respirare l’aria salmastra del mare e godersi un po’ di pace, riferì che, durante le sue passeggiate, aveva avuto modo di incontrare, in prossimità del porticciolo romano, la povera signora Flora - questo era il nome della vittima - intenta a far mangiare dei gatti randagi. La comune passione per i gatti l’aveva indotta ad avvicinarsi a quella strana vecchietta che, sebbene inizialmente non le desse confidenza, col passare dei giorni aveva preso a salutarla ed a scambiare con lei qualche parola. Negli ultimi tempi, aveva concluso la donna, la signora Flora era preoccupata perché mancavano diversi gatti che sparivano ogni giorno di più. Il racconto, ovviamente, nulla aggiungeva al quadro investigativo se non fosse per un piccolo particolare, e cioè che la Signora Flora, secondo quanto riferito dalla Di Iorio, sospettava che il responsabile delle sparizioni fosse un giovane, che abitava in villa davanti al porticciolo, il quale, a suo dire, dava i gatti in pasto al proprio cane. Questo particolare, che aveva fatto sorridere l’agente verbalizzante, scosse, invece, l’Ispettore Cordova, il quale decise di approfondire. Il mattino seguente, quindi, si recò nei pressi del porticciolo romano e, parcheggiata la propria Fiat Punto, cominciò a passeggiare. Era novembre e il luogo era deserto. Le poche villette, tra le quali ne spiccava una particolarmente bella e curata, erano chiuse. L’ispettore si avvicinò proprio a quella che lo aveva più colpito per la sua bellezza ed eleganza e fu colto di sorpresa dall’improvviso abbaiare di un cane al di là del cancello. Oltre al cane, che non smetteva di ringhiargli contro, l’ispettore intravide, all’interno della villa, uno scooter di grossa cilindrata, parcheggiato in giardino. Decise, quindi di fermarsi e, sedutosi su un muretto poco distante, iniziò ad aspettare. Dopo una mezzora il cancello della villa si aprì e ne uscì, alla guida del potente scooter, un uomo, che partì velocemente. Giunto al commissariato, l’ispettore Cordova, computer alla mano, cominciò le sue ricerche.

Quella splendida villa affacciata sul mare e sorvegliata dal temibile cane in realtà era composta da vari appartamenti che appartenevano a diverse persone, residenti in altre città L’unica parte della villa di proprietà comune era un locale seminterrato, con ingresso sul retro del giardino, destinato al custode – giardiniere, un certo Giannone Sergio . Antonio Cordova pensò tra sé che era il caso di conoscere da vicino questo Sergio Giannone e, con il finto pretesto di aver ricevuto denunce di furto di auto nella Via del Porto Vecchio, lo convocò in commissariato. Qualche giorno dopo, alla guida di un potente scooter, lo stesso che Cordova aveva visto all’interno della villa, giunse in commissariato il sig. Sergio Giannone. Informato dall’ispettore del furto delle auto, disse di non saperne nulla, aggiungendo che se avesse colto i ladri sul fatto gli avrebbe sguinzagliato contro il proprio cane, un pitbull, che li avrebbe convinti a non tornare più da quelle parti. Cordova cercò di portare la conversazione su un piano confidenziale e, parlando del più e del meno, gli chiese a bruciapelo se avesse sentito parlare, invece, della sparizione di gatti randagi nella zona in cui lui abitava, di cui, aveva aggiunto, gli aveva raccontato una signora che si era presentata al commissariato con l’intenzione, addirittura, di denunciare la cosa. Mal celando un lieve sobbalzo, che non sfuggì all’ Ispettore Cordova, il giovane rispose che a lui non risultava nulla di ciò. Quel Sergio Giannone non piaceva all’ispettore Cordova, il quale si domandava pure come un custode potesse permettersi quello scooter e l’orologio che portava al polso, che sicuramente costava qualche mese di stipendio. Decise, quindi, di conoscerlo un po’ più da vicino. Il ragazzo era incensurato e non risultavano denunce a suo carico, ma ciò non placò la curiosità dell’ispettore che cominciò a fare degli appostamenti nei pressi della villa dove abitava il giovane. A parte il pitbull, che abbaiava con la solita rabbia quando un gatto o un passante si avvicinavano al cancello, regnava in quel luogo un silenzio totale. Il ragazzo era incensurato e non risultavano

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denunce a suo carico, ma ciò non placò la curiosità dell’ispettore che cominciò a fare degli appostamenti nei pressi della villa dove abitava il giovane. A parte il pitbull, che abbaiava con la solita rabbia quando un gatto o un passante si avvicinavano al cancello, regnava in quel luogo un silenzio totale. Una sera, però, l’ispettore notò, nei pressi della villa, diverse macchine parcheggiate, mentre, dal giardino, provenivano schiamazzi ed urla di incitamento; il cane, poi, abbaiava più furiosamente del solito. Insospettito dall'insolito trambusto, l’uomo girò intorno alla villa e scavalcando un cancello che confinava con il retro del giardino si acquattò dietro il muro di recinzione per cercare di capire cosa stesse succedendo. Dalla sua postazione riuscì a scorgere due file di sedie, su cui era sistemato un piccolo pubblico e, a poca distanza, le sbarre di una gabbia, circondata da un fitta rete fissata dalla base. All’interno della gabbia si muoveva, in maniera forsennata, il feroce pitbull e si intravedevano delle piccole bestie che correvano da una parte all’altra, tentando, alcune, di arrampicarsi alla rete. L’ispettore fece appena in tempo a riconoscere in quegli sventurati animali dei gatti che il pitbull si avventò su uno di essi, azzannandolo. La scena, che strappò al pubblico un grido di entusiasmo, fece inorridire l’ispettore che, immediatamente, compose il numero del commissariato per chiedere rinforzi. Quando la polizia fece irruzione nel giardino della villa, gli spettatori di quel terribile spettacolo cercarono di fuggire, compreso lo stesso Sergio Giannone, sul quale si avventò, più furioso del pitbull, l’ispettore stesso, il quale, innanzitutto, gli ordinò di porre subito fine a quell’orrore. Nei pressi della gabbia c’era sangue dappertutto. A terra giacevano i corpi dei poveri gatti dilaniati dal cane mentre altri miagolavano disperatamente all’interno di piccole gabbie coperte da teli neri. Quando i poliziotti aprirono le minuscole porticine, le povere bestie fuggirono velocemente, sbandando e urtando tutto ciò che incontravano sui loro passi. Dagli interrogatori di quella squallida risma di spettatori emerse con chiarezza come, all’interno della villa, Sergio Giannone organizzava una specie di spettacoli dell’orrore, nei quali si scommetteva sul numero di gatti che il temibile pitbull sarebbe riuscito ad uccidere in una serata. Per assistere allo spettacolo si pagava fino a cento euro e non si accettavano scommesse al di sotto della posta stabilita dal Giannone. Insomma, c'erano abbastanza elementi per mandare Sergio Giannone dritto in galera, ma rimaneva da risolvere l'omicidio della povera signora Flora.

La macabra scoperta dei combattimenti clandestini all'interno della villa coincideva con il racconto della signora Di Iorio e l'ispettore Cordova era ormai convinto che il Giannone fosse il responsabile della morte della donna. Costui ovviamente negava l' accusa e l'ispettore aveva bisogno di prove per incastrarlo. Gli bastò, tuttavia, visionare nuovamente le cassette delle telecamere di sorveglianza di alcuni negozi della centrale Via Vitruvio per trovare quello che cercava. Queste, infatti, registravano il passaggio dello scooter dell'Esposito lungo la strada proprio la sera dell'omicidio. Messo alle strette Sergio Esposito confessò: aveva ucciso lui, senza volerlo, la signora Flora che aveva incontrato casualmente la sera dell'omicidio nella piazzetta della Marina, dove teneva parcheggiato il proprio scooter. Costei, raccontò l'uomo, non appena l'aveva visto arrivare, aveva iniziato ad urlare ed inveire contro di lui come una pazza accu-

sandolo di essere un assassino di gatti. Lui aveva cercato di evitarla ma, quando lei gli si era avvicinata per colpirlo con la borsa, l'aveva afferrata alle braccia e spintonata, mandandola a terra. Quindi, salito sullo scooter, si era subito allontanato con la borsa della donna ancora in mano, non immaginando che la caduta avesse potuto provocarne la morte. Il caso era risolto, ma l'ispettore Cordova sentiva una grande amarezza per la triste fine della Signora Flora, una donna coraggiosa ma indifesa di fronte al male, che aveva dato la sua vita per proteggere dei poveri randagi, soli ed indifesi, proprio come lei. Filippo D'Urgolo (VE)

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IL “POP DIDATTICO” DI LORENZO BAGLIONI

«Ogni secondo in Italia si sbagliano 79 congiuntivi, è ora di dire basta.» Scherza così Lorenzo Baglioni, nato a Grosseto, cresciuto tra le colline del Chianti e ora residente a Firenze per motivi di lavoro, il matematico affascinato dal palco che quest’anno è stato scelto tra le Nuove Proposte della 68esima edizione del Festival di Sanremo con la canzone “Il congiuntivo”. Canzone che piace anche alla Crusca: la prestigiosa Accademia un mesetto fa ha infatti condiviso su Facebook una spiegazione dettagliata sull’uso corretto del congiuntivo, inserendo come immagine di presentazione un estratto dal video ufficiale della traccia di Baglioni. La stessa Crusca non si era spinta a tanto tre anni fa, quando Giacomo Lariccia, con la sua “Piuttosto”, aveva lanciato una crociata contro le violenze alla grammatica. «La canzone di Baglioni è bella e spero abbia ricadute sulla società. Il tema della lingua italiana sta tornando d’attualità», ha asserito Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia. Il cantautore toscano così ha raccontato i suoi esordi: «Dopo la laurea in matematica, per due anni ho fatto il supplente in un liceo di Firenze. Nel frattempo cercavo un modo per fondere argomenti didattici, ironia e musica. [...] Con mio fratello Michele, che fa il ricercatore di chimica del restauro, ho iniziato a comporre parodie.»

«Non voglio sembrare il bravo ragazzo tuttologo» ha specificato Lorenzo. «Come col congiuntivo, non sono un esperto di quello che scrivo, voglio essere il primo destinatario dei brani. La mia è una provocazione verso la didattica: forse si può insegnare in modo diverso.» E forse Lorenzo non sarà un tuttologo, ma di sicuro è un tuttofare: attualmente infatti divide il suo tempo tra musica, recitazione, stand-up comedy e studio. E qualche anno fa ha persino preso parte a un film: è Sta per piovere di Haider Rashid, un regista italo-iracheno che ha girato i suoi primi due lavori in giro per il mondo, riscuotendo grandi riconoscimenti a livello di critica e pubblico. «Il film racconta la storia di Said, figlio di algerini, studente, la cui vita cambia drammaticamente quando il padre – per il suicidio del direttore della fabbrica in cui lavora – si ritrova disoccupato, impossibilitato a rinnovare il permesso di soggiorno, costretto a tornare in Algeria», ha detto Lorenzo al Gazzettino del Chianti e delle colline fiorentine il 15 novembre del 2012. «Said può rimanere in Italia, ma i suoi genitori no.

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Il ragazzo inizia una battaglia legale e mediatica, che lo porta a scontrarsi con un muro di gomma terribile. Io interpreto proprio il ruolo di Said, e sono davvero felice di aver avuto questa possibilità, che mi ha permesso grazie al talento del regista e di tutta la troupe di effettuare una grande crescita artistica.» Cantante, autore, attore, comico, matematico e insegnante: i talenti di Lorenzo Baglioni non si limitano solo a un campo. Un artista poliedrico, dunque, del genere che ormai è divenuto raro. E persino la sua sfida nei confronti dell’istruzione ha avuto esiti positivi: nelle scuole il suo metodo funziona. «Mi ha commosso il video di una quinta elementare in Campania che cantava e ballava la mia canzone.» Le canzoni didattiche di Lorenzo, oltre ad arrivare in televisione a febbraio con il nuovo format “Bella prof” in onda su Sky Uno, saranno raccolte nell’omonimo album contenente dodici tracce: Le leggi di Keplero, El Corazon, Il congiuntivo, L’apostrofo, Il piano inclinato, Logaritmi, La perifrastica passiva, Il teorema di Ruffini, Il modello atomico, La classificazione dei silicati, Le ossidoriduzioni e I principi della termodinamica.

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Attendiamo perciò con ansia la sua esibizione a Sanremo; d’altra parte, quest’anno è l’anno dei Baglioni. «Solo omonimia con il direttore artistico di questa edizione: ho passato una vita a sentirmi chiedere se Claudio era mio parente. Se sarò in gara, magari stavolta qualcuno lo chiederà a lui.» E di certo Lorenzo non ha bisogno di raccomandazioni per salire sul palco dell’Ariston e incantare il pubblico: le carte in regola ce le ha già. Federica Improda (ID)


“NON MI AVETE FATTO NIENTE” I VINCITORI DEL 68° FESTIVAL DI SANREMO

Si è da poco conclusa la 68ᵃ edizione del Festival della canzone italiana che ha visto come vincitori due cantanti che l’estate scorsa hanno incantato le radio di tutt’ Italia con le loro canzoni; sì, stiamo parlando proprio di Fabrizio Moro ed Ermal Meta che si sono presentati a Sanremo con una canzone dal tema molto profondo e attuale, ma del resto, cosa aspettarsi da due cantautori così? I due cantanti hanno già dato modo di dimostrare le loro indiscusse qualità canore: Fabrizio Moro con “Pensa”, brano uscito nel 2007, diventato disco di platino e vincitore di Sanremo di quell’anno, e anni dopo con il brano “Portami via”, vincitore del premio “Lucrezia” del Festival di Sanremo del 2017. Ermal Meta, invece, dopo aver partecipato volte con vari gruppi musicali, ha partecipato da solista nel 2016 con la canzone “Odio le favole”, piazzandosi al terzo posto, e l’anno dopo, con il singolo “Vietato morire” che ha venduto più di 50.000 copie. Quest'anno invece li abbiamo visti insieme con una canzone che nasce come inno, un inno alla vita, al coraggio, come descritto dagli stessi cantautori.

La scintilla che ha dato inizio alla composizione della canzone è stata data da un padre, un padre fermo di fronte ad un locale, il “Bataclan” di Parigi. All’epoca il padre aveva un figlio di 18 mesi e una moglie, una donna bellissima e giovane, morta in quel locale. Conosciamo tutti, purtroppo, la storia di quel locale e tutti conosciamo tanti altri avvenimenti simili avvenuti in questi anni. Ebbene, il brano parla proprio di questo, di queste privazioni di libertà, privazioni di vita e serenità, ma senza usare un tono da vinti, piuttosto mettendoci tutta la forza di cui solo un lottatore pronto alla vittoria è capace. Sulla canzone vincitrice non sono mancate le polemiche, come l’accusa di plagio, caduta appena scoperto che gli autori erano gli stessi cantanti, o quella riguardante la non idoneità del brano alla regola della novità; accuse cadute in seguito ad una riunione e a un’attenta analisi del regolamento e della canzone. Ciò non toglie che siano stati giorni duri per i due cantautori, i cui nervi, non sempre ben saldi, sono stati messi a dura prova dalla stampa. Fatto sta che la canzone aveva già in sé la risposta a tutte quelle accuse e a quelle malelingue: “Non mi avete fatto niente". Ed è proprio così, tutto ciò non è riuscito a scalfire la sua bellezza ma solo a renderla più forte; infatti, la canzone e i due cantautori sono stati riconosciuti per ciò che sono ed hanno vinto il Festival.

Elisabetta Auletta (IVD) Martina Todaro (IVD)

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CALCIATORE PAGATO IN BITCOIN Negli ultimi mesi si sente sempre più parlare di bitcoin: è una criptovaluta inventata nel 2009 e che non viene classificata come una moneta ma come mezzo di scambio. Nello scorso 18 gennaio il suo valore è sceso sotto i 10mila dollari: ciò significa che quest’ultimo è determinato solo dalla domanda e dall’offerta. La rete bitcoin fa sì che il possesso, e di conseguenza il trasferimento, delle monete sia completamente anonimo. Notizia che è stata in prima pagina sui più grandi quotidiani di calcio mercato e sport arriva direttamente dalla Turchia: Omer Faruk Kiroglu ha chiuso un’operazione da circa 1000 euro, pagando metà cartellino in bitcoin. Il calciatore, che gioca nella settima divisione, passerà alla storia per questa nuova formula di pagamento che non era ancora stata testata nel calciomercato. Il calciatore della Harumustaspor è riuscito a trovare il modo di far parlare di sé sborsando meno di mille euro: il club, insieme al presidente Haldun, ha depositato 500 euro in contanti, poco meno della metà di un bitcoin, equivalente a 450 euro al cambio moderno. Il governo turco però, a pochi giorni di distanza dall’affare appena conclusosi, si è espresso nettamente contrario all’utilizzo di questa criptovaluta. Il caso ha avuto una fama mondiale, sebbene sia difficile scommettere che l’operazione effettuata da Kiroglu sia subito utilizzata sul calciomercato mondiale, perché il bitcoin, al momento,

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risulta essere un salto nel vuoto troppo rischioso. Ad esempio il Paris Saint Germain ha acquistato Neymar per una cifra di 220mln di euro, quando allora il bitcoin valeva 4mila euro. Se tutto questo fosse avvenuto in criptovaluta, sarebbero stati necessari 500mila bitcoin che però oggi valgono circa 450mln di euro, cioè il doppio speso dai parigini! Per rendere di più l’idea i 160mln di euro pagati dal Barcellona per Coutinho sarebbero valsi al Liverpool 19mila bitcoin ,mentre 57mln di sterline sborsati per Laporte dal City avrebbero avuto il valore di più di 8mila bitcoin nelle casse dell’associazione basca dell’Athletic Bilbao. In conclusione , il continuo cambio del valore di questa criptovaluta potrebbe avere gravi conseguenze finanziarie ingestibili.

Salvatore Pettrone (IIC) Cristian Rubino (VC)


CUCINIAMO!!! A cura di D’Acunto Noemi e Rivetti Delia (IVD)

PAN DI SPAGNA    

7 uova intere 225 g di zucchero 300 g di farina 1 bustina di lievito in polvere ( facoltativo)

Procedimento 

Montare le uova con lo zucchero e aggiungere a poco a poco la farina e il lievito (se messo). Infornare a 190° per 15 minuti circa.

BISCUIT CLASSICO    

5 albumi 8 tuorli 175 g di zucchero 75 g di farina

CREMA PASTICCERA      

150 g di zucchero 0,5 l di latte 5 tuorli 50 g di farina 50 g di amido di mais Aromi a piacere (bacca di vaniglia, buccia di limone o arancia)

CREMA AL BURRO   

200 g di zucchero a velo 400 g di crema pasticcera 600 g di burro

Procedimento 

Preparare la crema pasticcera e mischiarla con lo zucchero a velo. Infine aggiungere il burro morbido.

Procedimento 

Montare a neve gli albumi con lo zucchero e poi unirli ai tuorli sbattuti. Mischiare il composto aggiungendo mano a mano la farina. Infornare a 200° per circa 16/17 minuti.

BAGNA CLASSICA  

1 l di acqua 1300 g di zucchero

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Ciao a tutti! Sono Manuela e ho il privilegio di inaugurare la nuova rubrica che abbiamo deciso di dedicare ai tanti sogni e ai tanti talenti degli studenti del nostro Liceo. Per questa prima intervista mi occuperò di musica e canto e intervisterò Ilaria, una studentessa che ama cantare e considera la musica uno dei pilastri della sua vita. Iniziamo allora! M. Ciao Ilaria! Ti farò un po’ di domande per far capire ai nostri lettori quanto sia profondo il tuo amore per la musica. Innanzitutto, com'è nata questa passione? Ilaria: Avevo 3 anni, avevo ascoltato una canzone di Vasco Rossi che mi piaceva tantissimo e da lì ho iniziato sempre a cantarla utilizzando le spazzole per capelli al posto del microfono! M. Cos'è per te il canto? Ilaria: Il canto è la mia migliore amica, la mia spalla che non mi fa sentire sola, la sola cosa che mi fa sentire unica ed utile, mi aiuta a superare momenti difficili e mi fa vivere emozioni. M. Da quanto studi canto? Ilaria: Ho sempre avuto questa passione fin da piccola, ma non ho ancora iniziato un vero e proprio percorso di studi; per qualche mese ho frequentato un corso, ma in futuro riprenderò a studiare canto sul serio! M. Quando canti davanti ad un pubblico, qual è il tuo principale scopo? Hai mai avuto paura? Ilaria: Purtroppo essendo agli inizi sono sempre agitata e ho tantissima paura prima di salire su un palco, però quando inizio a cantare dopo la prima strofa mi sento più a mio agio.

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M. Ti ispiri a qualcosa quando canti? Ilaria: Si mi ispiro alla mia cantante preferita, abbiamo la stessa estensione vocale e le sue canzoni rispecchiano i miei stati d'animo, anche se una cosa importante nel canto è essere unici. Ispirarsi va bene, ma fino ad un certo punto altrimenti non sarebbe più cantare ma imitare.

M. Cosa pensi sia fondamentale per cantare? Ilaria: Per cantare non serve una voce bellissima perché la cosa fondamentale è trasmettere emozioni! M. E per finire, potresti dare qualche consiglio a tutti quelli che vogliono dedicarsi a quest'arte? Ilaria: Non fatevi mai prendere dal panico e non pensate mai al giudizio altrui, perché se amate fare qualcosa non bisogna farsi distruggere dagli altri. Credete sempre in voi stessi e nelle vostre potenzialità, credete davvero nei vostri sogni e vedrete che si realizzeranno!! Grazie mille Ilaria! Al prossimo numero!

Manuela Vinario VB Ilaria Di Giorgio VB


“PENSIERI DA QUASI MATURI” 19/02/2018. Liceo Classico Vitruvio Pollione, primo piano, seconda aula sulla destra. Fuori piove, cade quella pioggerellina fitta e scivola lentamente sul vetro dell’aula, sembra quasi che abbia paura a cadere qui sulla terra, dove ci siamo anche noi, tra molte altre persone, i ragazzi dell’ultimo anno, i maturandi. Penso a ieri sera, quando ho lasciato Van Gogh fuori dalla mia stanza che cercava di dipingerne i tratti più semplici; penso poi a questa mattina quando correvo per venire a scuola e, essendo io in ritardo, la strada da percorrere sembrava infinita, così mi veniva in mente la lezione di matematica dove i limiti + / - infinito sono limiti forse irraggiungibili per noi umani, eppure ricordo che qualcuno mi disse che avrei dovuto superare ogni mio limite. Nel pomeriggio sono a casa e cerco di ricordare tutte le date della prima guerra mondiale, ma non ricordo quasi nulla; sul mio letto ci sono D’Annunzio e Nietzsche che parlano della loro concezione del Superuomo, nella quale non mi rispecchio nemmeno per sbaglio. Ad un certo punto chiudo i libri e noto una mail: “Università La Sapienza di Roma– Aperte le iscrizioni per la facoltà di Medicina e Chirurgia, Giurisprudenza, Odontoiatria, Ingegneria. Vieni a trovarci il tre Marzo, ti aspettiamo.” Spengo velocemente il telefono, avrei potuto evitare di lasciare il mio numero la scorsa volta, quando mi recai lì solamente per chiedere informazioni. Mi hanno incastrata. Ora sono qui nella mia stanza, e mi chiedo: dove sarò tra pochi mesi? Con chi? Cosa è meglio scegliere? Medicina è una facoltà impegnativa, però è il mio sogno, invece giurisprudenza mi affascina, anche se molti mi hanno parlato bene della facoltà di ingegneria. I dubbi mi assalgono e ho paura. So che non sono la sola ad averne, così la mattina successiva sono a scuola sperando che i miei compagni abbiano le idee più chiare di me e che siano già pronti. Invece no. Loro sono esattamente come me, hanno paura, paura del futuro perché è grande. E noi tutti ci sentiamo inevitabilmente piccoli, ci sentiamo schiacciati da qualcosa che è più grande di noi, più potente e al quale non siamo preparati. La paura di recarci in un’altra città non è la sola, ma una delle tante. Spero che dopo l’esame saremo più forti, più maturi per scegliere cosa è meglio per noi, anche se non bisognerebbe scegliere cosa è meglio, ma solamente cosa ci piace.

Il nostro sogno non ci farà paura perché il desiderio di raggiungerlo forse ci darà la forza di cui abbiamo bisogno per affrontarlo. Per ora siamo qui, con un nodo alla gola già mesi prima, perché tutto questo ci mancherà. Non possiamo mentire, questa scuola è stata per noi come una famiglia, una seconda casa. Ci ha fatto crescere e sono sicura che grazie ad essa riusciremo ad affrontare i grandi e faticosi gradini che ci aspettano con grande grinta.

Giada De Filippis (IIIB)

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"A tutti quelli che si disperano a San Valentino perché non hanno ricevuto un mazzo di fiori dal proprio amato/a ricordatevi che San Valentino è la festa degli innamorati, e il primo amore che bisogna provare è quello verso se stessi!”

"Gli amori platonici sono forse i più belli. Li sogni e li vivi senza che loro lo sappiano." Manuela Vinario

Manuela Vinario

"Ciò che non potrebbe mai mancare nella mia vita sono le mie amiche che mi appoggiano in qualsiasi pazzia e mi accompagnano nella mia strada. Vi voglio bene!”

Manuela Vinario

“Ci fissiamo a notare come le onde si infrangano tra loro e come vi sia la somiglianza tra queste e gli sguardi che si scambiano gli adolescenti.”

Denise Zangrillo

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“Passano veloci le giornate sfogliando libri e quaderni, osservando il mondo cambiare attraverso la finestra della classe, studiando e imparando dagli errori che si compiono, crescendo tra quei banchi e con quelle amicizie nate lì”.

Denise Zangrillo

“E’ assurdo come il tempo passi, ma i ricordi restino incastrati nei nostri cuori.” Denise Zangrillo


DIVERTIMENTO Il Sudoku

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La Redazione Periodico Indipendente Liceo Classico V.Pollione Via Divisione Julia 04023 Formia

Anno 3 - Gennaio-Febbraio

Dirigente scolastico Prof. Pasquale Gionta

Componente docente Maria Rosaria Capasso (docente referente) Bianca Di Fazio Silvia Trulli Impaginazione e immagini : ins. Maria Rosaria Capasso Caporedattori: Marco Succodato, Eleonora D’Arcangelo, Salvatore Pettrone, Filippo D’Urgolo, Luca Fanelli, Cristian Rubino, Manuela Vinario, Antonio Purificato, Federico Mallozzi, Delia Rivetti, Noemi D’Acunto.

Vice caporedattori: Federica Improda, Giulia Rescigno, Jacopo Di Viccaro.

Progettazione grafica: Marco Succodato

Redattori: Morena Rosato, Irene Striani, Martina Todaro, Chiara D’Onorio De Meo, Denise Zangrillo, Elisabetta Auletta,Valeria Rossi, Chiara Coccoluto, Chiara Bisecco, Claudia Masiello, Matilde Caramanica. Maria Vigorito, Giada De Filippis, Ilaria Di Giorgio, Gloria Giannetti, Lara Numelli, Zoe Giorgia Notarianni, , Erica Conte, Marika Siniscalchi, Giulia Antigiovanni, Alessandra Batosi, Ivan D’Urso, Eleonora Di Biase, Niccolò Graziano, Marco Riciniello, Vladi Bednarski,

Si ringraziano le docenti: Marcella Garau, Daniela Di Somma, Nadia Fracaro, Daniela Coia, Gabriella Seller.

La stagion del carnevale Di Carlo Goldoni La stagion del Carnevale tutto il mondo fa cambiar. Chi sta bene e chi sta male Carneval fa rallegrar. Chi ha denari se li spende; chi non ne ha ne vuol trovar; e s’impegna, e poi si vende, per andarsi a sollezzar. Qua la moglie e là il marito, ognuno va dove gli par; ognun corre a qualche invito, chi a giocar chi a ballar.


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