Giornalino 2018 vitruvio pollione

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HORMIAE

2017

Giornalino del Liceo Classico Vitruvio Pollione Anno III - Numero I- Novembre-Dicembre

“Prendiamo in mano i nostri libri e le nostre penne. Sono le nostre armi più potenti”

Notizie

Malala Yousafzai Eventi e Attività del nostro Liceo Da pag. 3 a pag. 8

Attualità e Società Da pag. 9 a pag. 13

Cultura Da pag. 14 a pag. 19

Sport e spettacolo Da pag. 20 a pag. 23


LA REDAZIONE

EDITORIALE Cari Hormiani, il nostro giornalino è giunto alla terza edizione. Partecipano numerosi stustudenti del ginnasio e del liceo, guidati dalla referente Maria Rosaria Capasso e dalle docenti Di Fazio e Trulli. La redazione si è riunita ufficialmente a novembre per discutere sulle tematiche da affrontare e per organizzare l’uscita del primo numero. Ciascun ragazzo ha potuto esprimere la propria creatività e i propri interessi proponendo tematiche, condividendo pensieri e suggerendo idee che hanno dato vita agli articoli che leggerete in questo e nei prossimi numeri. Quest’anno c’è una novità: in una scatola, collocata al secondo piano dell’Istituto, gli studenti potranno inserire messaggi, pensieri, riflessioni e dediche che saranno poi selezionati dalla redazione e via via pubblicati. Per rendere, inoltre, le comunicazioni più semplici, è stato creato un gruppo su Whatsapp, iniziativa accolta ben volentieri da tutti i componenti della redazione. Insomma, noi siamo pronti. E voi? Eleonora D’Arcangelo (IIC)

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LICEO CLASSICO “VITRUVIO POLLIONE”: 90 ANNI E NON SENTIRLI

Il 6 novembre 2017 sono iniziati i festeggiamenti per i 90 anni trascorsi dalla nascita del Liceo classico “Vitruvio Pollione”, istituto che forgia da quasi un secolo la forma mentis di tutti coloro che sentono la necessità di vincere l'ostacolo dell'apparenza e della superficialità attraverso lo studio delle materie umanistiche. La cerimonia di apertura si è tenuta la mattina del 6 novembre nel cortile del Liceo con Dirigente, docenti, personale ATA e studenti in festa che hanno fatto volare verso il cielo centinaia di palloncini verdi, bianchi e rossi, mentre nel pomeriggio i 90 anni di storia dell’Istituto sono stati ripercorsi nel documentario realizzato da Salvatore Dinotola.

Tanti gli eventi, alcuni dei quali sono stati preparati in prima persona dagli studenti, con l’ausilio dei docenti, come lo spettacolo “Libertà è partecipazione”; di altri invece sono stati protagonisti ex studenti, come Ambrogio Sparagna che, insieme al Coro Polifonia Aurunca, diretto da Anna Rita Colaianni, con la sua esibizione musicale, e la sua ben nota “verve”, ha allietato gli ospiti, o altri ex alunni che si sono esibiti sotto la guida del maestro Marco Ciampi. Il viaggio nella storia dell’Istituto è proseguito la mattina del 7 novembre all'Archivio comunale “F. Miele”, nei pressi della Torre di Mola, con l'inaugurazione della mostra di documenti nata dalla collaborazione tra gli studenti e il personale dell’archivio, mentre nel pomeriggio dello stesso giorno, nell’Aula Magna “Pietro Ingrao” del Liceo, si è tenuta la conferenza dell’ex-preside Nilo Cardillo su Gioacchino Gismundo, martire delle Fosse Ardeatine e docente del Liceo nell’a.s. 1932-33. Le celebrazioni sono continuate mercoledì 8 novembre con il ricordo, a cura dell’Associazione ex alunni del Liceo, del prof. Luigi Stammati insieme a Giovanni De Gaetano, seguito da un Recital di Maurizio Stammati accompagnato al pianoforte da Luigi Pecchia. A chiudere i festeggiamenti Luciano Canfora, noto filologo classico, storico e saggista italiano, che ha incontrato studenti, docenti e cittadini nella Palestra del Liceo, con l’accompagnamento musicale dell’ex alunno Paolo Zamuner. Vista la grande partecipazione e considerato il successo riscosso dall’iniziativa, non resta che darvi appuntamento fra 10 anni per il centenario: noi sicuramente saremo presenti in qualità di ex studenti di questo prestigioso Liceo.

Eleonora Di Biase (IIE) e Antonio Purificato (IIID)

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INTERVISTA AD UN EX ALUNNO DEL LICEO: FILIPPO D’URGOL0 junior intervista FILIPPO D’URGOLO senior

In quale periodo ha frequentato il Liceo Classico di Formia? Ho frequentato il Liceo Classico di Formia nel quinquennio 1945-1950. Quindi nell’immediato dopoguerra? Si. All’epoca il liceo era alloggiato nell’ex Convento degli Olivetani, adiacente alla Chiesa di Sant’Erasmo, in quanto l’originaria struttura era stata minata e distrutta dai tedeschi.

Per struttura originaria intende quella attuale? No, la struttura originaria, che comprendeva anche le scuole elementari e le medie, era ubicata in Via Vitruvio, in prossimità dell’attuale ufficio postale. Com’era organizzato all’epoca il liceo, era già suddiviso in sezioni? Più che in sezioni, il liceo era suddiviso in classi, una maschile ed una femminile. Il liceo di Formia, inoltre, raccoglieva studenti provenienti da tutto il sud pontino ed anche dalla provincia di Frosinone. Organizzavate eventi o manifestazioni? Organizzavamo gite, partite di calcio e feste da ballo alla pensione Paradiso. Come erano i professori e che rapporto avevate con loro? I professori erano piuttosto severi e ci incutevano timore. Ce n’era uno in particolare, che quando l’interrogazione non andava bene, mandava a posto il malcapitato dicendogli: “ti metto due per incoraggiamento”.

Avevamo poi un’ insegnante di scienze che, quando non sapevamo scrivere correttamente le formule chimiche, ci diceva: “Lavoisier strilla”. Il più bizzarro era il professore di latino e greco il quale, per interrogarci, usava la tombola che chiamava “santo sacchetiello” e, quando l’alunno estratto a sorte andava male, lo mandava a posto dicendogli. “ piccirì tu si ciuccio”. Ci sono episodi particolari che mi può raccontare? Ce ne sono diversi. Ricordo quando, durante il mio quarto anno di liceo arrivò un nuovo preside, il quale, avendo avuto notizia che la nostra classe era un po’ irrequieta, ci fece un piccolo sermone, invitandoci a rispettare la disciplina, altrimenti, disse: “vi faccio la pelle”. Ricordo anche la volta in cui, presentatomi in classe, nel mese di giugno, con una camicia a maniche corte, la professoressa di scienze mi interrogò e ponendomi solo le seguenti due domande: “Sei di turno in cucina? Devi lavare i piatti?” mi mandò a posto con un’ insufficienza. Quale insegnamento le ha lasciato il liceo classico? Ha aperto la mia mente alla cultura, al ragionamento e ad un corretto ed espressivo uso della nostra lingua. Che effetto le ha fatto la ricorrenza dei 90 anni del liceo classico di Formia? E’ stato senz’altro un bellissimo evento e mi ha colpito molto vedere, in occasione dei vari appuntamenti dei giorni scorsi, un liceo così dinamico e vitale. Devi sapere che, questo di Formia, è stato il primo liceo della provincia di Latina e, con la sua istituzione, la nostra città era diventata il centro culturale dell’intera provincia. Ritrovarlo a distanza di tanto tempo ancora così ricco di fermento culturale mi ha riempito di orgoglio Filippo D’Urgolo (VE)

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“IO SONO LA PORTA CHE NON TRATTIENE, CHE NON COSTRINGE MA RENDE LIBERI”

Questa è la frase con la quale Don Francesco accoglie tutti coloro che si recano per fede, diletto o aiuto presso l’Abbazia di San Magno di Fondi. E così siamo stati accolti anche noi, studenti della classe IIE del Liceo Vitruvio Pollione il giorno 24 Ottobre. Dopo una gradita merenda all’interno del monastero, con caffè e dolci fatti in casa, abbiamo conosciuto don Francesco, un prete alla mano e sicuramente un grande comunicatore. Abbiamo così appreso dalla sua voce che la struttura presenta chiari riferimenti architettonici che si sviluppano in altezza in tre epoche storiche: romana, medievale e rinascimentale. Ma l’intento di Don Francesco è stato quello di dimostrare come questi tre momenti storici non siano semplicemente un ricordo o una memoria, bensì tre tempi di vita che ciascuno di noi, prima o poi, si trova ad affrontare.

Si passa infatti da un momento “rigido e confuso” che ha chiaramente caratterizzato i secoli della civiltà romana, ad una “notte oscura” nella quale l’uomo sente se stesso completamente smarrito e non v’è modo per lui di trovare alcuna via di fuga; ma è questo clima tenebroso e apparentemente insoluto che inciterà l’essere umano a raggiungere la voglia di rinascere, reinventarsi e fare della propria vita qualcosa di meraviglioso. L’invito rivoltoci da Don Francesco è stato quello di compiere questo percorso privi di pregiudizi e di porci con un atteggiamento libero nell’accogliere tutto ciò che di positivo può derivare dalla visita dell’abbazia. È all’interno di

essa infatti che il parroco ci ha fornito insegnamenti di vita e principi cristiani eticamente condivisibili. Egli ci ha aperto il suo cuore parlando del problematico rapporto avuto con il padre, che ha generato in lui anni di sofferenza ma grazie al quale ha conosciuto un nobilissimo gesto, quello del perdono. Questo percorso etico-spirituale, caratterizzato da percorsi stretti e bui, è culminato all’interno della luminosa chiesa rinascimentale, nella quale don Francesco, dopo aver unto le nostre mani con il profumato olio di nardo, ci ha invitati ad un momento di intima riflessione prima di lasciare il luogo. È terminata così una visita profonda che esorta il singolo a fare i conti con la propria interiorità ed incita i giovani a sbocciare come mandorli in pieno inverno. Alessandra Batosi e Morena Rosato (IIE)

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NAPOLI: UNA LUNGA ATTESA,

MA NE È VALSA LA PENA

Un ‘venerdì nero’ in tutti i sensi quello che sembrava prospettarsi ai ragazzi del liceo “Vitruvio Pollione” nella mattinata di venerdì 24 novembre. Partiti dalla stazione di Formia alle 8.20 hanno raggiunto la stazione di Napoli dopo ben 4 ore; non è infatti bastato un traliccio dell’alta tensione caduto su un treno nei pressi della stazione di Aversa, ma ha contribuito ad aggravare la situazione il ritrovamento di un cadavere lungo la linea. Dopo tutte queste peripezie i ragazzi, accompagnati dai professori Raduazzo, Di Fazio, Trulli, Vecchio, Leone e Fucile, sono arrivati a destinazione: il Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa. Ad attenderli una donna in costumi ottocenteschi che li ha guidati da un vagone all’altro con il sostegno del gruppo di teatranti della Compagnia “Mudra”. I ragazzi hanno così appreso dagli “attori” che il Museo è stato realizzato dove c’era il reale opificio borbonico, fabbrica di locomotive a vapore che fu il primo e più importante nucleo industriale italiano all’epoca del re Ferdinando II di Borbone. Un momento particolarmente toccante è stata la rappresentazione della prima rivolta operaia, avvenuta il 6 agosto 1863 nella fabbrica di treni di Pietrarsa, rivissuta attraverso il racconto di quattro operai morti nel cosiddetto ‘eccidio di Pietrarsa’: Luigi Fabbricini, Aniello Marino, Domenico Del Grosso e Aniello Olivieri.

Impressionante il numero di locomotive appartenenti a varie epoche, a vapore e elettriche, e interessante poter vedere vagoni di vario tipo, come quello lussuosissimo della regina, con tanto di tavolo da pranzo, o quello dei carcerati, con celle strette e sedili di legno. Una volta terminata la visita, non poteva mancare una passeggiata tra i vicoli con gli addobbi natalizi, la pizza in un ristorante tipico napoletano e la famosa sfogliatella.

Antonio Purificato (IIID)

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“CANTAMI DELL’UNIVERSO” …. cioè di noi

Il 2 dicembre gli alunni delle classi seconde liceali hanno assistito, presso il Teatro “Remigio Paone”, allo spettacolo “Cantami dell’Universo” messo in scena dalla Compagnia teatrale “Imprevisti e probabilità” con la regia di Raffaele Furno. La rappresentazione prende spunto dalle “Metamorfosi” di Ovidio e, attraverso il mito, fa capire che l’uomo di oggi è uguale a quello di ieri o addirittura all’uomo di un passato mitico, lontano, lontanissimo ma pur sempre attuale. L’avidità, l’amore, l’egoismo, la mancanza di rispetto, la felicità e tante altre passioni o sentimenti cantati nel mito sono identici a quelli che noi proviamo ancora oggi. Il primo personaggio apparso sulla scena è Mida, il re che, nella versione del mito scelta per lo spettacolo, ha trasformato per la sua avidità di denaro l’amata figlia in una statua d’oro ed è per questo piegato in due dal dolore. Questo re, con giacca, cravatta e valigetta, che non ha tempo da dedicare ai suoi familiari perché torna a casa dal lavoro solo a notte fonda, che vuole accumulare ricchezza e ne vuole sempre di più ovviamente per il bene della sua famiglia, non ricorda forse l’uomo di oggi che corre di qua e di là con l’obiettivo di fare soldi? Ed Erisittone, che empiamente abbatte un bosco sacro a Demetra e per questo viene condannato dalla dea ad una fame insaziabile fino ad arrivare a divorare se stesso, non rappresenta l’uomo di oggi che saccheggia e divora la terra, senza alcun rispetto per la natura? E poi il capriccioso figlio di Apollo, Fetonte, in abiti moderni e luccicanti da cantante rock, che con il suo outfit e la sua interpretazione ha colpito molto positivamente gli spettatori, non è in fondo il giovane di oggi che chiede con insistenza le

chiavi della macchina per uscire con gli amici e che, se non segue i saggi consigli dei genitori, può andare a schiantarsi contro un guardrail? Ma non ci sono solo esempi negativi. Filemone e Bauci, due anziani sposi che vivono in una misera capanna sono gli unici ad offrire ospitalità a Zeus ed Ermes che viaggiano sulla terra sotto mentite spoglie. In tanti li mandano via, chiusi nel loro egoismo, ma non i due poveri coniugi che condividono quel po’ che hanno con i loro ospiti e che per questo avranno la loro misera casa trasformata in un tempio lussuoso. Tuttavia non era questo il loro desiderio: non volevano la ricchezza, desideravano poter morire insieme e vengono accontentati da Zeus che li trasforma in due alberi uniti per l’eternità. Ecco, questo mito ci parla di generosità, di altruismo, di amore, di valori positivi a cui tendere e ci fa pensare all’accoglienza, all’aiuto da offrire a chi è meno fortunato di noi, a chi viene da lontano, a chi soffre. E l’uomo di oggi è capace anche di questo. Quindi, non solo vizi e difetti accomunano l’uomo di oggi a quello di ieri, ma anche virtù e valori positivi. E a conclusione dello spettacolo, infatti, ritorna in scena re Mida che, seguendo le indicazioni di Dioniso, riesce ad espiare la sua colpa e può riabbracciare sua figlia, non più statua d’oro ma preziosa più dell’oro e con la quale, c’è da scommetterci, il padre passerà sicuramente più tempo, infischiandosene del lavoro. O almeno questo noi vogliamo sperare. E dal dibattito dopo lo spettacolo con regista e attori è emerso proprio questo, che il mito in fondo ci riguarda, che Alcione, Orfeo, Mida e tanti altri possono ancora dire qualcosa a chi li sa ascoltare. Quindi, complimenti, complimenti davvero da parte di docenti e studenti al regista e a tutta la Compagnia per la bellissima lezione di vita.

B. D.

Per le immagini, si ringrazia il fotografo Matteo Vocino

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IL TEATRO: LA VERA MAGIA

Anche quest’anno, per gli alunni del liceo CiceronePollione di Formia, è stata confermata la tradizione di recarsi a Roma per assistere ad uno spettacolo teatrale, tratto da un’opera di William Shakespeare, in lingua originale presso il Globe Theatre. Il Globe è una ricostruzione del più celebre teatro londinese del periodo Elisabettiano che è stato realizzato circa 14 anni fa, grazie alla geniale intuizione di Gigi Proietti e ai finanziamenti ottenuti dalla Fondazione Silvano Toti. L’opera proposta quest’anno è una delle commedie più amate dell’autore, coprodotta con The Bedouin Shakespeare Company e con la regia di Chris Pickles: “Much ado about nothing”(Molto rumore per nulla). Lo spettacolo, divertente e ricco di colpi di scena, è stato molto apprezzato da tutti gli alunni del liceo. Come ogni anno, dunque, l’uscita didattica dedicata al Globe Theatre, si è dimostrata davvero tra le più interessanti. Non solo, infatti, i ragazzi hanno potuto assistere ad uno spettacolo interamente in lingua inglese, mettendo alla prova più che mai le loro capacità, ma hanno avuto anche la possibilità di avvicinarsi ad una forma d’arte meravigliosa, che purtroppo è ormai poco apprezzata: quella del teatro. Il teatro, invece, è la maniera più efficace per far apprendere qualcosa ai giovani, poiché riesce ad affrontare i temi più seri della vita, facendo riflettere, senza annoiare, pertanto andrebbe maggiormente considerato ed incentivato anche all’interno delle scuole. Inoltre non bisogna sottovalutare l’atmosfera magica che gli attori riescono a creare con la loro espressività e

professionalità, arrivando spesso a coinvolgere i ragazzi, addirittura facendo loro vivere la storia rappresentata e stimolando la loro creatività e fantasia. Infine il teatro è il luogo dell’introspezione e della scoperta dell’inconscio, dunque il posto perfetto per degli adolescenti ancora alla ricerca della propria personalità. “Il teatro non è il paese della realtà: ci sono alberi di cartone, palazzi di tela, un cielo di cartapesta, diamanti di vetro, oro di carta stagnola, il rosso sulla guancia, un sole che esce da sotto terra. Ma è il paese del vero: ci sono cuori umani dietro le quinte, cuori umani nella sala, cuori umani sul palco.” ( Victor Hugo)

Eleonora D’Arcangelo (IIC)

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È MORTO RIINA, NON LA MAFIA Il giorno 17 Novembre 2017 alle ore 3:37 ha esalato l’ultimo respiro nel carcere di Parma il capo di “Cosa Nostra”, Salvatore Riina, detto Totò. Era ricoverato nel reparto detenuti dell’ospedale maggiore di Parma ormai da 24 anni. I familiari non sono riusciti ad incontrarlo prima che morisse nonostante il permesso straordinario autorizzato dal ministro della giustizia Orlando. Nato nel 1930 da una famiglia di contadini, all’età di sette anni perse il padre ed il fratello. Sette anni dopo fu condannato ad una pena di dodici anni per aver ucciso in una rissa un suo coetaneo: in quegli anni fu affiliato nella locale banda mafiosa di cui faceva parte anche lo zio. Egli è considerato il capo di Cosa Nostra dal 1982 al 1992 con un totale di 200 omicidi alle spalle e 14 ergastoli a cui è stato condannato. Di notevole importanza è la condanna per il resto dei suoi giorni nel 1999 come mandante della morte del giudice Falcone e, a distanza di 52 giorni dalla strage di Via D’Amelio in cui hanno perso la vita il giudice Paolo Borsellino e 5 uomini della sua scorta. Negli anni in carcere Riina ha confermato quanto Falcone ripeteva: “Cosa Nostra non prende ordini da forze esterne. Ma qualcuno in Cosa Nostra ha avuto intense relazioni con uomini della società civile, politica e delle istituzioni”. Con tono orgoglioso si vantava di “aver fatto fare la fine del tonno” a Falcone e diceva: “ Io sono un gran pensante e sono orgoglioso di tutto quello che ho fatto”, riferendosi a Borsellino. Una vita all’insegna della violenza e della latitanza: non si è mai pentito dei suoi crimini e ha più volte dichiarato che “si poteva fare anche tremila anni in carcere e non trenta”.

Fino alla fine ha continuato ad essere il mafioso di sempre provando a dire il contrario di tutto, non facendo mai distinguere la verità che ancora oggi cercano i magistrati. Con la sua morte “Totò U’Curtu” ha portato con sé nella tomba tutti i suoi segreti. A Ercolano, in via IV novembre, un manifesto funebre dà il “lieto annuncio” della morte del boss. Ai lati vi sono le foto dei due giudici Falcone e Borsellino, seguiti da un lungo elenco di nomi delle vittime della mafia, tra cui il generale Dalla Chiesa e Don Pino Puglisi. Inoltre la Chiesa ha vietato un funerale pubblico, in seguito alla scomunica del Papa ai mafiosi e ha invitato a non dimenticare i dolori provocati dal capo di “Cosa sua” e a continuare la guerra alla criminalità, perché, come è bene sottolineare: “Riina è morto, ma la mafia non è finita” Salvatore Pettrone (IIC) e Rubino Cristian (VC)

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Indipendentismo catalano: un pezzo di storia su cui interrogarsi. La Catalogna, regione settentrionale della Spagna, ha voluto rivendicare la propria indipendenza. Ma perché questa regione si è sentita da sempre "diversa" dalle altre della penisola iberica, tanto da volersi proclamare come vera e propria nazione, e non parte di uno Stato? La risposta sta tutta in una data: l'11 settembre, la Diada. In questa data ogni anno si commemora lo storico giorno del 1714 in cui, assediata da 14 mesi, Barcellona cadde nelle mani di Filippo V di Borbone che aspirava a diventare il nuovo re di Spagna contro altri pretendenti al trono. Fino ad allora la città era stata la capitale del Principato di Catalogna, uno stato che era stato indipendente fino all’unificazione della Spagna, nel 1469, e poi autonomo e retto dalle proprie istituzioni, anche se all’interno del Regno; da quell’11 settembre in poi, invece, Barcellona divenne una città spagnola come tante altre. Dalla Diada in poi, la storia catalana è sempre stata segnata da un’insofferenza nei confronti della corona e dalla lotta per recuperare l’autonomia. Questa lotta si fece aspra sotto il regime autoritario di Francisco Franco (1892-1975), che di nuovo cancellò ogni forma di autogoverno della Catalogna e dichiarò illegale il catalano. Solo con la morte del dittatore, nel 1975, la Catalogna ritrovò le proprie istituzioni, che hanno formato la Generalitat de Catalunya fino alla data cruciale del 27 ottobre 2017, giorno in cui il parlamento catalano è stato sciolto da Madrid. L'indipendentismo catalano ha quindi radici antiche e profonde e, saranno le ragioni storiche, sarà l’alto PIL della regione, che costituisce il 20% di quello nazionale, gli aneliti indipendentisti non sono stati soffocati, ma anzi, alimentati dal presidente della Generalitat Puigdemont e persino da importanti simboli del pallone, come Piqué e Guardiola, rispettivamente difensore e allenatore del Barça, la squadra della città. Tutto è sfociato nel referendum del 1 ottobre, con il quale la popolazione ha avuto il diritto di scegliere se rimanere o no con Madrid. Il pugno di ferro scagliato da Mariano Rajoy, capo del governo spagnolo, è allora partito: poliziotti inviati da Madrid hanno represso con violenza la folla di manifestanti a Barcellona. La questione catalana è così entrata nel panorama europeo e internazionale, cosa che ha sottolineato lo stato di agitazione in cui vive la Spagna: può considerarsi legittimo l’uso della forza

contro la libera espressione delle idee e della volontà popolare? si potrebbe sfociare in una guerra civile? Dopo la vittoria del sì alle urne, la situazione della Catalogna non è cambiata, ma peggiorata. L’UE da un lato ha affermato che quello della Catalogna è un problema interno alla Spagna, dall’altro ha appoggiato Rajoy e la Costituzione spagnola; con il placito europeo Puigdemont e altri suoi colleghi sono stati arrestati a Bruxelles e con questo Madrid ha voluto dare un forte segnale ai movimenti indipendentisti catalani. Il sogno catalano sembra essersi frantumato con questo arresto e con la revoca dello statuto speciale di cui godeva la Catalogna. La vicenda di questa regione spagnola ci riguarda tutti e ci costringe a porci delle domande. Un movimento indipendentista può soffocare le idee di altri catalani, che ritengono più opportuno rimanere con la Spagna? Tanto più che alla fine con la Spagna i catalani ci sono rimasti. E perché non potrebbe esserci un'unica Spagna unita socialmente e politicamente? Separati si è deboli e, anche quando si considerino validi i motivi per cui la Catalogna intende dividersi dal resto del Paese, è davvero pensabile che nel 2017 si protraggano ancora questioni di quattro secoli avanti? Gli scenari mondiali cambiano e offrire il proprio sostegno a Madrid mi sembra fondamentale in periodi di crisi come quello che anche la Spagna ha attraversato e dal quale sta ora faticosamente uscendo. I catalani indipendentisti sono pur sempre spagnoli, come i loro vicini castigliani o andalusi. Oppure davvero non si sentono tali? E d’altra parte, in nome di queste riflessioni, i movimenti indipendentisti saranno per sempre soffocati, oppure la Catalogna diventerà una regione a sé? forse ciò non è possibile ora, ma in futuro? E magari come questa zona della Spagna, potrebbero diventarlo anche altre regioni d’Europa? In ogni caso, come è stato possibile vedere nello scontro fra Madrid e Barcellona, è chiaro che la gente non può guardare passare la Storia dalla finestra, ma contribuisce a crearla. E questo è veramente un pezzo di Storia. Manuela Vinario VB

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TRA CRISI IDRICA E POLITICA Il 27 novembre 2017 dopo 4 anni e 7 mesi di mandato si è dimesso il sindaco di Formia Sandro Bartolomeo. I segni dello sfaldamento della maggioranza furono già chiari quando ad aprile presentò le sue dimissioni per la prima volta e, ritirandole, evitò il commissariamento della città. La maggioranza che fu costruita, però, ora è venuta a mancare, nuovamente. Ad aprile la crisi fu innescata dalla mancata approvazione del bilancio comunale approvato poi grazie al sostegno di Forza Italia. Ora però la situazione di instabilità politica all’interno del consiglio comunale è esplosa. I 20 giorni per “ripensarci” sono scaduti il 17 dicembre ma, a quanto detto dalla coordinatrice del circolo formiano del PD Rak, “è il momento di voltare pagina”. E in effetti queste dimissioni segnano veramente la fine di un capitolo della storia formiana in cui Bartolomeo è stato insieme all’ex senatore Michele Forte un protagonista indiscusso. Un continuo alternarsi dell’uno sull’altro anche con parole “graffianti”. Indubbiamente la città è cambiata molto dagli anni 90 e forse cambierà a breve, dato che a maggio si terranno le elezioni comunali, in seguito a quelle nazionali e regionali di marzo. Il commissario prefettizio si troverà davanti a situazioni ancora irrisolte, come la crisi idrica protrattasi dall’inizio dell’estate e non ci sono dubbi che gli sforzi rivolti alla soluzione saranno la priorità. E’ giusto però attribuire a Bartolomeo tutte le colpe della crisi idrica ? Non si deve infatti dimenticare che l’ex sindaco è sempre stato uno dei maggiori oppositori della gestione di Acqualatina, chiedendo più volte le dimissioni dell’Amministratore delegato. All’inizio di settembre non furono poche le manifestazioni dei cittadini indirizzate alla risoluzione del problema. Addirittura vi fu un confronto tra manifestanti e sindaco nel quale lo si accusava di essere immobile davanti a questo problema, oppure addirittura di non curarsene perché “a Castellone l’acqua c’è”. Il sindaco, e non solo lui,

è accusato inoltre di non essersi impegnato neppure in una collaborazione con gli altri sindaci per la questione. Ancor più pesante è stato l’attacco ad Acqualatina sulla quale penderebbe la responsabilità di non aver compiuto la manutenzione degli impianti. Tuttavia è innegabile che ci sia stato un impegno, sia da parte della società che dell’amministrazione locale, in quanto il 16 settembre 2017 è stato attivato il pozzo in località “Venticinque ponti” che sembra aver almeno alleviato la gravità della situazione, aggiungendo 50 litri d’acqua al secondo per la città. Acqualatina poi ha aggiunto che continuerà i lavori di manutenzione per riuscire a risolvere nel più breve tempo possibile i problemi relativi agli impianti. Non sono però mancate critiche anche a questa risoluzione e le accuse al sindaco di essersi piegato all’ente, nonostante i suoi comunicati stampa andassero contro Acqualatina. C’è però da ricordare che non è una persona sola l’origine dei mali e dei problemi: a volte si attribuiscono a dei “frontman” gli errori e la negligenza di molti. Inoltre non sempre la critica è oggettiva e spesso non ha lo scopo di divulgare la verità ma ha dietro una strategia politica di destabilizzazione, soprattutto in vista delle future elezioni comunali e, come ben sappiamo, non è mai troppo presto per iniziare a fare campagna elettorale. Tutto ciò è amplificato dalla situazione di instabilità politica presente in città, causa di un malcontento fomentato non solo dall’evidente fragilità di questa amministrazione e dai problemi del territorio, ma talvolta anche dalle parole pungenti pronunciate da chi cerca un cambiamento.

Ivan D’Urso (IIE)

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IO NON HO PAURA!

Tante problematiche rendono soffocante l’aria che respiriamo: gli attentati in primo luogo, a seguire il bullismo ed il cyber bullismo, infine le violenze sia fisiche sia psicologiche. Partiamo dagli attentati; quali sono le ragioni? Differenze culturali, la religione, motivazioni politiche, la volontà di seminare terrore, delirio di onnipotenza. Ma che senso ha tutto questo? Le differenze non devono essere motivo di conflitto, bensì fattore di accrescimento volto alla felice e positiva integrazione tra popoli e culture diverse. Passiamo poi al bullismo o al cyber bullismo. Qui risulta proprio difficile trovare una spiegazione, perché si fa riferimento a situazioni che avvengono tra ragazzi che hanno più o meno la stessa età. Ed ecco cosa succede: si va a “bullizzare” cioè a ''ferire'' un ragazzo magari solo per un suo difetto, o magari, come accade la maggior parte delle volte, senza un motivo. Con l'espressione cyber bullismo il bullismo si sposta sul “virtuale”, sui social network, ma il dolore che provoca è “reale”, si tratta quindi di due situazioni simili. Infine le violenze; beh che dire. Cosa c’è di più brutto dell’usare le mani su chi non si può difendere? Succede tra uomo e donna, tra adulti e bambini, tra compagni, ma l’atto più brutto è quando la donna viene violentata e alcune volte la vittima preferisce non parlare di ciò che le accade, delle violenze che subisce, e questa è una cosa sbagliata, perché bisogna subito denunciare situazioni del genere per fermare i “mostri” che si sono macchiati di tali azioni crudeli.

Insomma, questi sono solo alcuni problemi che non ci fanno camminare con sicurezza, perché purtroppo la sicurezza non vi è più, nel momento in cui si ha sempre il timore di essere presi di mira, nel momento in cui si ci sente sempre fuori luogo, nel momento in cui non ci si sente integrati in una società che non ci sa proteggere. Il mio desiderio più grande è cercare o perlomeno tentare di trovare la strada per la serenità, innanzitutto singolarmente poi magari insieme agli altri, compiendo quindi il primo passo, per poi raggiungere, in un momento successivo, una nostra sicurezza, e non solo interiore, evitando di mostrare la propria fragilità. Eh sì, perché non bisogna mostrare la propria debolezza, MAI. Bisogna apparire forti davanti a tutti e tutto e mostrarci indifferenti nei confronti di coloro che tendono a voler sembrare superiori o che magari tendono a colpire un nostro lato debole. Spero quindi che progressivamente riesca a venir fuori questo cambiamento e che riescano ad esserci più sorrisi intorno a noi, in modo che l’aria che respiriamo non sia più soffocante ma pura, tersa, cristallina come le nostre anime.

Denise Zangrillo (IVD)

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GENERATIONS

In sociologia il termine "generazione" identifica un insieme di persone che è vissuto nello stesso periodo ed è stato esposto a degli eventi che l’hanno caratterizzato. Una generazione raggruppa, cioè, tutti quegli individui segnati dagli stessi eventi. E quali eventi abbiamo noi? Molti di noi che canzoni ascoltano oltre alle ormai quotidiane musiche rap? A me vengono in mente "Albachiara" di Vasco Rossi e poi i testi di Ligabue, Baglioni e anche Venditti, ad esempio "Notte prima degli esami". Insomma, chi non è rimasto a bocca aperta ascoltando sua madre che cominciava a cantare una di queste canzoni, magari con gli occhi lucidi? Ora probabilmente sentirci dire dagli adulti "ai miei tempi" ci dà fastidio, e lo so anche io, ma loro, i nostri genitori, facevano qualcosa, loro lottavano per le loro idee, per ottenere sempre più considerazione nel mondo dei grandi, uscivano in strada a manifestare, rischiavano e parlavano in faccia. E noi? Noi, che dovremmo prendere esempio da loro ed essere da esempio per gli altri, cosa facciamo? Passiamo giornate intere davanti ad uno schermo! Il nostro sport preferito consiste nel muovere due pollici su uno schermo per scrivere stupidaggini o cattiverie! Bravi a scrivere o a parlare solo per criticare e spegnere gli altri, solo per sentirsi più forti o più grandi. Ma questi siamo noi? No! Noi non siamo questi, la nostra generazione non può e non deve essere questo. Siamo davvero cosi deboli? Siamo davvero tanto smidollati? Siamo davvero

capaci di fare solo cattiverie o di rinunciare subito a tutto, ideali, obiettivi nello sport, a scuola, a lavoro, nella vita, in famiglia, nelle amicizie, nell’amore? Chiediamo ai nostri genitori o magari ai nonni: tutti avevano il coraggio di essere se stessi e di mostrarsi per quello che erano. E noi? Ecco perché non ci prendono seriamente e non ci ascoltano. Se ci "ammazziamo" tra di noi, se non ci prendiamo seriamente tra coetanei, se non siamo pronti a difenderci e continuiamo con questa filosofia che l’altro non ci riguarda, come potranno mai prenderci sul serio gli adulti? Smettiamola di mostrarci indifferenti a tutto o di fare le vittime, perché le vittime, a quanto ne so, sono tutte le persone morte in guerra o in scontri, non noi. Ci sono generazioni che vengono ricordate di più e altre meno, ma nessuna è completamente dimenticata, perché ci sono poeti, scrittori, attori, cantanti e azioni che le ricordano. Ci sono generazioni che, anche se non sempre nel modo giusto, hanno avuto il coraggio di prenderselo il mondo. E allora? Andiamo anche noi a conquistare il mondo e facciamoci ricordare per qualcosa di positivo. Parliamo, ascoltiamoci, dimostriamo anche noi di valere qualcosa, perché potremmo essere una generazione d’oro, se solo avessimo il coraggio di fare squadra, ascoltarci e smetterla di distruggerci a vicenda, se solo fossimo capaci di essere noi stessi. Martina Todaro (IVD)

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Storge Un diavolo osservava il cielo limpido, una tela dipinta di blu dove pennellate bianche, candide come la neve, interrompevano quel colore così intenso, così bello da riuscire a tentare il re degli Inferi. Il demone chiuse gli occhi, lasciando che il leggero vento accarezzasse la pelle priva di imperfezioni, accarezzandola dolcemente. I suoi capelli argentei si sollevavano lentamente, ondeggiando pigramente, per poi ricadere morbidamente sul suo capo. Nei suoi occhi neri come la pece quella meravigliosa tela si specchiava vanitosa, imprigionando il suo riflesso in quelle iridi così profonde e tristi. Rimaneva immobile ad osservare il cielo, ponendosi domande a cui nessuno avrebbe mai risposto. Sapeva di sembrare incredibilmente patetico e debole, ma non gli importava. Era solo, solo con i suoi pensieri, nessuno lo avrebbe visto in quel momento se avesse pianto. Lui se ne stava lì. Silenzioso. Solo. Una candida farfalla osò posarsi sul suo naso e le sue labbra si curvarono in un sorriso amaro, malinconico, nostalgico; una malinconia e una nostalgia di qualcosa che non aveva e non avrebbe mai avuto, ma che desiderava con tutto il suo cuore. Le piccole zampe della farfalla solleticavano il suo naso, mentre essa sbatteva

immenso che tanto agognava e che pensava non avrebbe mai raggiunto. Si passò una mano tra i morbidi capelli, sfiorando le grandi corna corvine che nascevano dal suo cranio avvolgendosi su se stesse. Si appoggiò sulle braccia, supino sotto il cielo, chiudendo gli occhi, mentre continuava a godersi quegli attimi di libertà. I suoi abiti regali fasciavano il suo corpo esaltandone ogni pregio, evidenziando la sua natura immoralmente perfetta. Lui era un fiore che non sarebbe mai appassito, avrebbe continuato a vivere in eterno, osservando gli umani compiere disastri dopo disastri, senza poter fare niente per quelle anime che, macchiate dal peccato, venivano torturate nel suo regno, senza poter trovare un appiglio, uno scoglio, in quel tempo infinito che scorreva come impazzito. Senza poter dare un senso a quella che definiva vita. Forse gli umani avevano ragione… Forse davvero l’unica cosa che dà senso alla vita è la morte. Ma allora a cosa serviva la sua esistenza? Rimase qualche istante senza fiato, sconvolto. Chi era lui? Per cosa esisteva? Riprese fiato cercando di calmarsi, ascoltando il rumore del vento che muoveva pigramente le foglie degli alberi. Quel dolce fruscio riempiva la sua mente svuotandola completamente, facendo svanire quei pensieri così tristi. Era stato un giovane un tempo, un giovane libero e felice, voglioso e, alle volte, cattivo. I quei tempi era tutto così meravigliosamente affascinante, ma, allo stesso tempo, così

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verità. Si rimise seduto lentamente, pronto per aprire un portale ed andare via e per ricostruire la sua bugia, quando poi alle sue orecchie arrivò un suono diverso dagli altri, un suono che lo ridestò in un attimo da quella falsa quiete. Un pianto cristallino che riempì il suo cuore di un qualcosa che non riuscì a spiegare. Sapeva solo che quella cosa, qualunque cosa fosse, lo attirava a sé. Si alzò lentamente, scrollandosi di dosso l’erba rimasta attaccata ai suoi vestiti, per poi inseguire quel pianto disperato, ma così meraviglioso per lui. Senza rendersene conto, il suo passo si era affrettato e, ben presto, si ritrovò a correre verso la fonte di quel pianto. I suoi occhi guardavano fissi davanti a sé, risplendendo di una luce nuova e meravigliosa. Quando gli alberi si diradarono lasciando spazio ad un laghetto, che risplendeva come un diamante, sul volto del demone apparve un dolce sorriso. Ai piedi di un salice un piccolo groviglio di stoffa continuava a muoversi irrequieto e ad emettere quel suono che aveva attirato il sovrano. Il demone si avvicinò lentamente, quasi temendo che, con un movimento brusco, sarebbe scomparso. I suoi passi erano ovattati e calcolati, come quelli di un felino, mentre continuava ad avvicinarsi timoroso. Quando fu a qualche passo da lui, si inginocchiò curioso, avvicinando il volto a quel fagottino. Un intenso odore di menta invase le sue narici, inebriandolo, mandandolo in estasi, facendogli socchiudere gli occhi per godersi appieno quel fresco aroma. Subito però la tranquillità del diavolo venne interrotta da una tenaglia che quasi gli spappolò il naso. Si allontanò bruscamente, spostando la coperta che copriva l’esserino. Arretrò di qualche passo alzandosi, per poi voltarsi infuriato verso quel groviglio di stoffa. I suoi occhi iniziavano a sfumare nel rosso, lo stesso rosso del sangue, mentre si avvicinava minaccioso al fagotto. Il diavolo si bloccò di colpo strabuzzando gli occhi, vedendo due manine uscire fuori da quella stoffa, tendersi verso il cielo. Il pianto era cessato e da quelle coperte provenivano solo una serie di deboli lamenti e versi strani. Gli occhi del demone riassunsero il loro colore naturale, quel nero meraviglioso che tante donne bramavano. “Che ci fa un bambino umano qui?” si chiese il demonio borbottando tra sé e sé, avvicinandosi nuovamente per osservare quella piccola creatura. Non era tanto grande e quando si avvicinò notò che l’esserino era veramente grazioso, anche se un po’ rotondetto. La pelle dell’umano era di un candido rosa, delicata come l’omonimo fiore. Il demone non ebbe il coraggio di toccarla, con il terrore che, se lo avesse fatto, si sarebbe distrutta e il bambino svanito, lasciandolo di nuovo solo. Il capo del bambino era ricoperto da una soffice zazzera corvina che ricadeva dolcemente sulla piccola fronte. Il diavolo, non resistendo, sfiorò leggermente il volto del bimbo con i polpastrelli, accarezzando le guance piene e rosee e sfiorando le labbra piccole e soffici.

Due occhi verdi si puntarono su di lui e una di quelle malefiche manine imprigionò l’indice del demone. Lui sollevò lo sguardo, imprigionando le sue iridi in quegli smeraldi così splendenti. Non seppe il motivo, ma gentilmente prese tra le braccia il bimbo, cullandolo dolcemente, mentre questi gli sfiorava il volto con le manine paffute. Continuò a cullarlo per quelli che forse erano secondi, minuti, o forse anni, il diavolo non avrebbe potuto dirlo, ma sapeva che non poteva abbandonare quel piccolo umano lì. Così come sapeva che quella che sentiva nel cuore per la prima volta era ciò che veniva definita felicità. Con il vento a fargli da ninna nanna, il bimbo chiuse gli occhi, stringendosi forte al petto del diavolo, che lo guardava estasiato. Si alzò lentamente, con calma, stando attento a non svegliare quel piccolo angelo. Si incamminò nel bosco, ritornando al punto dove era comparso il portale e, con uno schiocco di dita, svanì, in un vortice oscuro, portando con sé il piccolo. Di certo non poteva sapere come quell’unica scelta avrebbe completamente rivoluzionario la sua vita. Mentre l’oscurità li avvolgeva, il demone strinse il piccolo fagotto e lacrime di gioia fuggirono dai suoi occhi, accarezzando il suo viso. Piangeva, ma sentiva nel petto uno strano calore che non riusciva a descrivere, ma lo faceva stare bene, incredibilmente bene. Nel suo cuore era sbocciato il meraviglioso fiore dell’amore, quel tipo di amore che lega un padre ad un figlio. Un amore puro, dolce e incondizionato: Storge. Delia Rivetti (IVD)

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IL LIBRO SEGRETO DI DANTE Intrighi, teoremi, sorprendenti rivelazioni sul poema più importante di tutti i tempi, la Divina Commedia. Dante Alighieri è morto di malaria oppure è stato assassinato? Quale segreto ha portato nella tomba con sé? Perché aveva deciso di nascondere con così grande cura gli ultimi canti del Paradiso? Tutto questo nel grande thriller di Francesco Fioretti, insegnante di studi danteschi presso l’Università di Eichstätt in Germania e scrittore di vari saggi critici e antologie scolastiche; Il libro segreto di Dante è il suo primo romanzo, che vanta trecentomila copie vendute e il posto nella top ten dei libri più a c q u i s t a t i p e r se i s e t t i ma n e . Un sogno, una selva, tre fiere, tra cui una lupa che impedisce il cammino: così un medico, Giovanni da Lucca, parte alla volta di Ravenna per scrivere una biografia sul poeta, ma questi è appena morto. Dopo aver esaminato il corpo, esclude che possa essere stato ucciso dalla malaria: chi avrebbe desiderato la sua morte e insieme a lui la scomparsa del suo segreto? Iniziano a indagare la figlia del poeta, suor Beatrice, un ex templare di nome Bernard e lo stesso Giovanni da Lucca. Il loro intento, però, è di risolvere anche un altro grande mistero: Dante aveva terminato l’opera? E se sì, dove aveva nascosto gli ultimi tredici canti del Paradiso? E poi: che rapporto vi era tra il sommo poeta e Giovanni? Il romanzo presenta tutta l’atmosfera di un thriller ma, se si considera che Fioretti utilizza prove e documenti frutto di ricerca e di studi, assume tutte le caratteristiche di un vero e proprio saggio; lui stesso afferma: “Sarò mai capace di superare l’invisibile ma enorme confine tra la scrittura di un saggio e quella di romanzo?” Un atto notarile del 1308 attesterebbe la nascita di un quarto figlio di Dante, Giovanni, “Iohannes filius Dantis Alagherii de Florentia”, che svelerebbe l’enigma

della terza colonna del quadrato di versi sulla stuoia al capoletto del poeta, dove alla prima riga c’è l’episodio del conte Ugolino con i suoi quattro figli, che in realtà erano due; alla seconda riga il nome di Gentucca, giovane lucchese, e alla terza riga due versi del Purgatorio in cui compaiono i nomi di Beatrice e dei tre apostoli, Pietro, Iacopo e Giovanni che Gesù portò con sé ad assistere alla propria Trasfigurazione. Sembrerebbe che in questa colonna il poeta parli di sé e dei suoi sentimenti di padre. Tuttavia, se Beatrice, Pietro e Iacopo sono effettivamente i suoi tre figli, perché qui compaiono quattro nomi? Il quarto potrebbe essere il nome di un quarto figlio chiamato Giovanni? Fioretti riuscirebbe in tal caso a sciogliere uno dei tanti misteri danteschi, ma ancora tanti sono gli enigmi che rimangono da svelare: “l’identità del Veltro e l’annuncio di un vendicatore … E soprattutto, quale grande segreto aveva deciso di nascondere Dante nella sua opera, tanto da celare gli ultimi tredici canti? Tutto questo nel thriller “Il libro segreto di Dante” , in cui si intrecciano vicende reali e personaggi di fantasia, misteri ed interrogativi.

Salvatore Pettrone (IIC)

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MESSAGGI DAI MAESTRI “Le cose intorno a noi nascondono una realtà più profonda dove il tempo e lo spazio abituali perdono il senso…è il mondo dei NUOVI MISTERI.” pazienti, ad esplorare tutto ciò che concerne il postmortem. Egli, inoltre, invita i lettori a conoscere le lezioni dei “Maestri”, spiriti guida che non sono in possesso di un proprio corpo ma molto evoluti a livello mentale, da sempre presenti tra gli uomini. I loro messaggi celebrano l’amore e offrono a tutti un cammino verso la felicità e la pace. Basta lasciarsi guidare. “Noi passiamo attraverso moltissimi stadi, durante l’esistenza presente lasciamo un corpo neonato, andiamo in uno bambino, da bambino in adulto, da adulto a vecchio. Perché non dovremmo fare un passo oltre, spogliarci del corpo adulto ed entrare in una dimensione spirituale?. Questo è ciò che facciamo. Non smettiamo proprio di crescere: continuiamo a crescere.”

Brian Weiss, laureato alla Yale University School of Medicine, ha diretto per anni il dipartimento di psichiatria al Mount Sinai Medical Center di Miami, città della Florida nella quale ancora vive. Attualmente dirige uno studio privato per la terapia regressiva e la psicoterapia spirituale, pur continuando a coltivare la sua passione per la scrittura. Tra i suoi libri più importanti ricordiamo i capolavori: ”Molte vite”, “Molti maestri” e “Oltre le porte del tempo”(ai quali sono stati riconosciuti numerosissimi premi in tutto il mondo). Non dimentichiamoci però di prendere in considerazione un’altra delle sue opere, forse la più coinvolgente ed innovativa, intitolata “Messaggi dai maestri”. Weiss, in questo libro, illustra la “terapia regressiva”, una tecnica che consente, tramite la meditazione e la regressione, di rievocare e comprendere le proprie esistenze passate. Weiss ci guida, attraverso le esperienze dei suoi

Erica Conte (VC)

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TUTTI ABBIAMO DEI PECCATI DA CONFESSARE Una personalità ambigua e difficile da delineare quella di Caterina de’ Medici, regina di Francia dal 1547 al 1559 al fianco di Enrico II di Valois, meglio nota come «la regina madre» per il fatto di aver generato tre sovrani di Francia: Francesco II, Carlo IX e Enrico III. Bisnipote di Lorenzo il Magnifico, figlia di Lorenzo II de Medici e Maddalena de la Tour d’Auvergne, Caterina nacque il 13 aprile del 1519 a Firenze. Rimasta orfana dopo pochi mesi dalla nascita, venne allevata da sua nonna Alfonsina Orsini. A soli 10 anni subì l’assedio di Firenze da parte delle truppe pontificie, evento che segnerà profondamente il suo temperamento. Ragazza intelligente, con un interesse non comune per la matematica e l’astrologia, in Francia si distinse dalle altre donne di corte per il suo pragmatismo, per la sua astuzia, ma soprattutto per la sua temerarietà. La tradizione popolare, però, riconosce da sempre in Caterina de’ Medici l'incarnazione della spietatezza, del machiavellismo e del dispotismo. Cosa non si è detto, infatti, sui veleni mortali della “regina madre”? Chi non ha mai sentito parlare delle trappole segrete da lei tramate? Quindi è così che appare la de’ Medici: una donna malvagia ed egoista, priva di moralità e disposta a tutto pur di conservare il proprio potere.

Questo personaggio, dunque, così disprezzato, ma contemporaneamente così affascinante, unito a quello della moglie del suo primogenito, Maria Stuart (regina di Scozia), ha ispirato una meravigliosa serie TV statunitense trasmessa per la prima volta il 17 ottobre 2013 e terminata il 16 giugno 2017. Grazie all’esperienza di Megan Follows che ha interpretato magistralmente questo personaggio e diretto alcuni degli episodi della serie, la figura di Caterina sembra aver riscosso un enorme successo tra gli spettatori. Ogni atto di crudeltà della regina nel film viene abilmente giustificato, rendendola, nonostante i suoi numerosi errori, la più grande protettrice della Francia e della dinastia dei Valois.

Eleonora D’Arcangelo (IIC)

“The truth is, not one of is innocent. We all have sins to confess.”

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PRIMA SOLE…ORA URAGANO.

di Marika Siniscalchi (VC)

Pensieri notturni di Luca Fanelli (VB) Notte che scende

Eri il sole Giallo, luminoso, pieno di vita Tutto intorno a te viveva. Vivevo anch’io.

Al sospirar del sole Da’ il posto alle tue stelle E nell’immenso blu del cielo

Improvviso come un uragano Arrivava piano Portava con sé tutto

Luce porti al buio. Col soffio vitale addormento gli astri Che bianchi e luminosi guardi

Ed ora? Tutto distrutto. Distrutta anch’io.

Con occhi materni. Notte cala sulla città, Fa’ che i pensieri miei

Schiariscano l’alba e

Nebbia

Adagia l’animo umano sulle braccia, Che candida neve tanto spirasti. 23/03/2017

di I. S. Nella nebbia corrono urlanti cercando di trovare rifugio per i loro cuori infranti cadendo sulle ginocchia già sbucciate aspettando che l’oscurità li rapisca

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“MADRE!” IL FILM CHE DIVIDE

Il regista statunitense Darren Aronofsky torna sul grande schermo, dopo Noah (2014), con un progetto totalmente nuovo ed inaspettato “Mother!” (2017) con protagonisti l’attrice premio oscar Jennifer Lawrence e Javier Bardem. Il Film horror spazia oltre i confini del thriller-psicologico. La pellicola s’impone, s’incunea, s’infila tra le membra degli spettatori senza lasciare indifferenza. La nuova sfida del regista giunge in Italia per affrontare la pungente critica della Mostra del Cinema di Venezia trasmettendo sensazioni contrastanti allo spettatore, che ne esce disorientato, satollo, stremato e scindendo la critica in due: o ci sono fischi o applausi. Il marchio compositivo dell’autore sono le metafore, le allegorie di un regista che presenta un cinema che sa essere brutale, carnale anche se aspira al metafisico. Aronofsky rende palese la simbologia di un film che concentra nel nome “Madre!” l’idea di maternità come creazione e sacrificio. Il regista s’infatua dei suoi personaggi creando inquadrature quasi claustrofobiche, molto lunghe sul volto dell’innocente e bellissima

Jennifer Lawrence, costruisce l’intero film sull’eccezionale espressività dell’attrice registrando il cambiamento della donna che vede crollare le sue certezze e che, durante una crescente invadenza degli ospiti, sente di dover solamente proteggere ciò che è più importante della sua stessa vita, il suo bambino. Attraverso un itinerario che si fa sempre più cupo assistiamo ad un ripetitività ciclica che porta lo spettatore a perdersi completamente nelle semi-soggettive del regista e nella presentazione di un luogo semplicissimo, la casa, ambiente dove chiunque può riconoscersi. Film complesso, che necessita di una visione attenta e profonda, definito dal Time out New York “Film più controverso dell’ultimo decennio” 100% Darren Aronosky.

Chiara D’Onorio de Meo (IIC)

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ANGELINA JOLIE: UNA VERA FATA MADRINA Angelina Jolie può sicuramente essere considerata uno dei personaggi più noti del mondo del cinema, una delle star meglio retribuite di Hollywood e, perché no, anche la diva più bella del XXI secolo. Non tutti però sono a conoscenza di ciò che si nasconde dietro il suo ammaliante sorriso… Angelina Jolie nasce a Los Angeles il 4 giugno del 1975, è figlia del premio oscar Jon Voight e della celebre attrice Marcheline Bertrand. Si potrebbe, dunque, pensare che la Jolie abbia trascorso un’infanzia serena e spensierata, all’insegna dell’allegria e dell’amore. Purtroppo non è stato così. Dopo poco più di un anno dalla sua nascita, Angelina, infatti, ha la sfortuna di vivere la difficile separazione dei suoi genitori ed il conseguente allontanamento di suo padre. L’assenza di una figura paterna stabile, causata dai travagliati rapporti con l’attore, può essere ritenuta, quindi, una delle cause principali della malinconia che ha caratterizzato l’infanzia dell’attrice.

Spesso, però, occorre riconoscerlo, sono proprio le esperienze negative che rendono le persone migliori ed è questo il caso di Angelina Jolie. Va riconosciuto, infatti, che questi grandi dolori hanno rafforzato l’animo di quella triste bambina, così insicura e piena di complessi, rendendola la più grande protettrice mondiale dell’infanzia: la “fata madrina” di tutti i bambini che ne hanno bisogno. Più di ogni altra donna al mondo, infatti, la Jolie può affermare di aver dedicato la sua intera vita alla tutela dei più piccoli, prestando soccorso in Cambogia, Namibia, Etiopia e molte altre nazioni in stato di guerra, ma soprattutto svolgendo quotidianamente con amore e pazienza il meraviglioso “mestiere” di madre di 6 bambini.

Eleonora D’Arcangelo (IIC)

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GIORGIO FERRARIO, IL MOSTRO Giovane rapper romano sulla vetta delle classifiche con il suo nuovo album “Ogni maledetto giorno”

Nato il 16 luglio 1992 e cresciuto a Roma, inizia a scrivere i suoi primi testi tra le mura dell’antico Liceo classico Mamiani. Tra i banchi di scuola incontra l’altrettanto famoso rapper Giulio Elia Sabatello, chiamato Lowlow, il quale sarà un suo stretto amico e collaboratore per molto tempo. Nel 2012 Ferrario entra in studio insieme a Nicksick e al suo fedelissimo produttore Yoshimitsu, che lo seguirà anche in tutti gli anni a venire. I tre formano un gruppo chiamatosi "Ill Movement" e nel settembre 2012 escono con il loro primo lavoro. “Noi, solo noi, ci credevamo solo noi, vogliamo prenderci tutto, distruggere i vostri eroi, dobbiamo farci notare senza soldi, solo con gli sforzi, senza contratto, ma il fatto è che siamo tre stronzi”, dice Giorgio nella canzone “Tre metri sotto terra”. Il disco ha un successo inaspettato, le visualizzazioni crescono e il loro nome inizia a girare; lui si definisce insieme ai propri soci “i falliti più in alto”. Poco dopo arriverà il contratto con Honiro Label, numeri da capogiro e tutti gli sforzi e l’amore sporco che troviamo nelle sue rime maledette verranno ripagati. Il primo lavoro con l'etichetta è il disco solista “La Nave Fantasma”; l'album è interamente prodotto da

Yoshimitsu. Nello stesso anno, in collaborazione con il giovane ed altrettanto emergente rapper Lowlow, esce l'EP Scusate per il sangue, anch'esso con tutte le basi di Yoshimitsu. Dopo altri 3 intensissimi anni di attività, “Mostro” il primo settembre del 2017 pubblica l'album “Ogni maledetto giorno”. Il disco riscuote come al solito grande successo, raggiungendo la prima posizione della Classifica FIMI Album nel settembre 2017. Quest’ultimo album può definirsi l’album della svolta: vediamo “Mostro” non più nelle vesti di un giovane ragazzino che scrive con frasi semplici ma di un vero e proprio uomo. ”È difendere quello che ami che ti rende un mostro” dice nel brano “Lo giuro solennemente”. Egli parla delle difficoltà che ha incontrato senza specificarle troppo, afferma la propria integrità e costanza, sforna punching motivazionali divertenti. La grande differenza è che, per la prima volta nella sua carriera, lo fa in maniera de-

cisamente convincente giungendo ad un lavoro che passa da basi elettroniche a rock, con contenuti pieni di odio che si alternano all’amore e alla passione: un risultato decisamente esplosivo.

Marika Siniscalchi (VC)

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CRISTIANO RONALDO: PALLONE D’ORO 2017

Il giorno 7 dicembre nella capitale francese, è stato assegnato il Pallone d’Oro 2017 di France Football al campione portoghese Cristiano Ronaldo. Il calciatore ottiene il riconoscimento per la quinta volta, dopo gli anni 2008, 2013, 2014 e 2016, uguagliandosi in questo modo a Leo Messi. Nessuna sorpresa per i tifosi che hanno visto Messi succedere a Ronaldo, al secondo posto, Neymar al terzo e Buffon al quarto. L’altro ed unico giocatore italiano, oltre al portiere juventino, ad essersi qualificato è Leonardo Bonucci, nella 21/a posizione. La cerimonia si è svolta al primo piano della Tour Eiffel, con un panorama spettacolare e con il presentatore David Ginola insieme a Ronaldo Fenomeno; il primo, ex nazionale francese, il secondo, campione del mondo brasiliano. Al momento della premiazione, Ronaldo non è apparso più emozionato come le prime volte ma perfettamente a suo agio. Idolo di moltissimi tifosi e spor-

tivi, Cristiano è nato nel 1985 a Funchal de Maria Dolores: il suo nome Cristiano è dovuto alla fede cristiana della madre, mentre Ronaldo al nome dell’attore preferito del padre. Nel corso della sua carriera ha vestito le maglie di Sporting Lisbona, Manchester United e Real Madrid, vincendo una lunga serie di premi e riconoscenze, tra cui spiccano le due Supercoppe UEFA del 2014 e 2017, tre Coppe del mondo per club FIFA degli anni 2008, 2014 e 2016 e quattro UEFA Champions League. Egli viene considerato come uno dei giocatori più veloci al mondo, con una velocità massima di 33,6 Km/h ed ottimo rigorista e tiratore di punizioni. È in grado di calciare con entrambi i piedi e nel suo bagaglio tecnico rientrano varie finte tra cui dribbling e rapidi cambi di direzione. Durante la cerimonia è stato lodato con un bellissimo complimento dal presidente Florentino Perez: “Cristiano Ronaldo è il miglior nostro giocatore di ogni tempo, più bravo perfino di Alfredo Di Stefano: rimarrà nella storia”. Ed uno dei tanti motivi di ciò è sicuramente il fatto che sia stato l’unico giocatore ad aver superato quota 100 goal in Champions League. Infine c’è da dire che Messi, il suo rivale del momento, è l’idolo del figlio di Ronaldo, Cristiano jr, che ha pubblicato un’istantanea con il calciatore argentino in seguito ad una serata di gala del mese scorso. Cristiano è stato anche definito “campione dal cuore d’oro” tra beneficenza, iniziative solidali e aiuti concreti per essere il bomber più generoso al mondo.

Salvatore Pettrone (IIC) Cristian Rubino (VC)

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ORIZZONTALI

VERTICALI

1) “Del compagno”

1) Edificio di adunanza del Senato

6) “Così”

2) “Briciola”

7) “Sii ancora caldo tu”

3) Nome dato alla città di Corfinio durante la guerra sociale

10) “Dell’Idalia” 12) Antica desinenza di genitivo singolare della prima declinazione 13) “A Ione”

4) “Taglione” 5) “Se” 8) 1 pers. sing. perfetto indicativo di “ēdo”

14) 2 pers. sing. imperativo presente di “dico” 9) “Che essi vadano” 16) Pronome personale di 2, Nom. Sing.

11) “Di lui”

17) “Fedele, fidata”, accusativo femm. sing.

15) “Ciò”

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Per la professoressa Bianca Di Fazio che è sempre presente e vicina a noi alunni in qualsiasi difficoltà

Per le professoresse Fracaro e Di Somma Siete persone splendide e sempre presenti nei momenti difficili, con affetto

Le voglio bene!

Maria Rosaria

Sei una delle persone più generose del mondo, ma c’è qualcuno che non lo vede. Quest’anno hai sofferto tanto, e fidati, non lo meriti

A Marcella, amica prima che collega, che sa trovare sempre la parola giusta al momento giusto e regalare un sorriso quando ne ho bisogno, con affetto Bianca

Dalla classe più simpatica, frizzante, solare del Liceo, tanti auguri e buon pentamestre a tutti La IIID

Per Z. N. Sei davvero bella!

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BUON NATALE

Redazione Hormiae Periodico Indipendente Liceo Classico V.Pollione Via Divisione Julia 04023 Formia

Anno 3 - Novembre-Dicembre

Dirigente scolastico Prof. Pasquale Gionta

Componente docente Maria Rosaria Capasso (docente referente) Bianca Di Fazio Silvia Trulli

DI ALDA MERINI

A Natale non si fanno cattivi pensieri ma chi è solo lo vorrebbe saltare questo giorno. A tutti loro auguro di vivere un Natale in compagnia. Un pensiero lo rivolgo a tutti quelli che soffrono per una malattia. A coloro auguro un Natale di speranza e di letizia. Ma quelli che in questo giorno hanno un posto privilegiato nel mio cuore sono i piccoli mocciosi che vedono il Natale attraverso le confezioni dei regali. Agli adulti auguro di esaudire tutte le loro aspettative. Per i bambini poveri che non vivono nel paese dei balocchi auguro che il Natale porti una famiglia che li adotti per farli uscire dalla loro condizione fatta di miseria e disperazione. A tutti voi auguro un Natale con pochi regali ma con tutti gli ideali realizzati.

Caporedattori: Marco Succodato, Eleonora D’Arcangelo, Filippo D’Urgolo, Luca Fanelli, Salvatore Pettrone, Cristian Rubino.

Vice caporedattori: Manuela Vinario, Antonio Purificato

Progettazione grafica: Marco Succodato

Redattori: Elisabetta Auletta, Noemi D’Acunto, Lara Numelli, Zoe Notarianni, Delia Rivetti, Martina Todaro, Denise Zangrillo, Sofia Schettino, Erica Conte, Valeria Rossi, Marika Siniscalchi, Giulia Antigiovanni, Alessandra Batosi, Ivan D’Urso, Eleonora Di Biase, Niccolò Graziano Marco Riciniello, Morena Rosato, Chiara D’Onorio De Meo, Irene Striani, Maria Vigorito, Iacopo Di Viccaro, Vladi Bednarski., Chiara Coccoluto, Chiara Bisecco, Chiara Ionta.

Creazione dell’Artista Enrico Grossi

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